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Spagnoli Alberto, «… e divento sempre più vecchio ... - Univirtual.eu

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<strong>Spagnoli</strong> <strong>Alberto</strong>, <strong>«…</strong> e <strong>divento</strong> <strong>sempre</strong> <strong>più</strong> <strong>vecchio</strong>». Jung, Fr<strong>eu</strong>d, la<br />

psicologia del profondo e l’invecchiamento, Bollati Boringhieri, Torino,<br />

1995, pp. 1881.<br />

Recensione di Barbara Baschiera – 30 novembre 2006<br />

Abstract<br />

The question of old age has preoccupied psyco-analysts from Fr<strong>eu</strong>d to Joung; in this volume <strong>Spagnoli</strong><br />

produces an account that is specific to our last century.<br />

Il testo propone un percorso storico e antropologico per indagare la percezione della vecchiaia tra gli<br />

psicoanalisti del Ventesimo secolo.<br />

Recensione<br />

L’autore premette al testo poche pagine per spiegare le ragioni che l’hanno spinto a<br />

parlare di invecchiamento.<br />

Prime tra tutte le contraddizioni della nostra società che, nei confronti degli anziani,<br />

esprime al tempo stesso solidarietà e disprezzo, assistenza ed abbandono,<br />

valorizzazione e sarcasmo.<br />

Seconda, la necessità di attribuire importanza ai vissuti personali e collettivi, <strong>più</strong> o<br />

meno chiari e coscienti, attivati dai vecchi; vissuti che ne orientano i pensieri, le<br />

attese, i comportamenti.<br />

Nel testo l’autore fa una rassegna della letteratura disponibile in materia di<br />

invecchiamento, descrivendo brevemente i confini tracciati dalla demografia e dalle<br />

n<strong>eu</strong>roscienze, per poi passare alla discussione del pensiero di alcuni analisti; tra cui<br />

spiccano la figura di Jung e i contributi della scuola di pensiero psicologico che a lui<br />

fa riferimento: la psicologia analitica.<br />

Per lungo tempo la psicoanalisi ha interpretato l’invecchiamento come un fenomeno<br />

inerziale e privo di tratti originali. Se l’inconscio è assimilabile ad un magazzino<br />

caotico da riassettare ripercorrendo gli eventi della vita, quello del <strong>vecchio</strong> è stato<br />

considerato, in passato, come un magazzino troppo vasto e troppo in disordine<br />

perché gli psicoterap<strong>eu</strong>ti potessero dedicarvi la propria attenzione. Ne è un esempio<br />

l’opera stessa di Fr<strong>eu</strong>d.<br />

L’interesse di Fr<strong>eu</strong>d per la vecchiaia e l’invecchiamento è molto circoscritto ed i<br />

pensieri e i sentimenti manifestati, si presentano prevalentemente negativi.<br />

In Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come<br />

«nevrosi d’angoscia», del 1894, lo psicanalista sostiene che la situazione di<br />

angoscia tipica degli anziani non è altro che la manifestazione della riduzione della<br />

loro potenza sessuale, accompagnata da un’ultima riaccensione libidica.<br />

Nel trattato del 1903, Il metodo psicoanalitico fr<strong>eu</strong>diano e in Psicoterapia dell’anno<br />

successivo, spiega che quando il malato è vicino ai cinquant’anni crea condizioni<br />

sfavorevoli per la psicoanalisi. Dato che la massa del materiale psichico non può<br />

essere dominata, il tempo necessario alla guarigione diventa troppo lungo; se poi si<br />

aggiunge al fenomeno la mancata plasticità dei processi psichici, l’inattuabilità della<br />

terapia emerge in tutta la sua evidenza.<br />

Al trattamento psicoanalitico non rimane che una finalità sostanzialmente mnestica.<br />

1


Per Fr<strong>eu</strong>d l’invecchiamento è perdita, graduale sradicamento da ciò che ci lega alla<br />

vita, involuzione psicosessuale, ripiegamento narcisistico in difesa di un corpo<br />

troppo fragile.<br />

Nel contrasto tra vita e invecchiamento, tra pienezza esistenziale e sopravvivenza,<br />

restano, come uniche soluzioni, l’accettazione silenziosa e virile, il decoro, la<br />

resistenza ad un destino che riserva soltanto la prospettiva di un dissolvimento<br />

nell’inorganico.<br />

La lettura delle opere fr<strong>eu</strong>diane propone “in modo tragico l’immagine <strong>più</strong> opaca<br />

della vecchiaia e costituisce un crudo esame di realtà che ci tiene coi piedi su<br />

questa terra, aiutandoci a capire le vicende di chi invecchia nel dolore”. 1<br />

Se Fr<strong>eu</strong>d ha diviso la vita in stadi di sviluppo libidico (infanzia) e stadio edipico<br />

(prima giovinezza); se Anna Fr<strong>eu</strong>d ha teorizzato l’adolescenza come il periodo di<br />

consolidamento dell’identità sessuale, chi ha elaborato una visione complessiva<br />

delle fasi di vita è stato Erik Erikson.<br />

Nel ritenere che il genere umano non è irrevocabilmente determinato dai suoi primi<br />

cinque anni di vita, introduce il concetto di life cycle.<br />

In Vital Involvement in Old Age (1986), Erikson spiega che il ciclo di vita avviene in<br />

otto fasi di sviluppo sociale, ognuna caratterizzata dalla contrapposizione di due<br />

tensioni antitetiche e in gran parte inconsce, il cui integrarsi dà origine al tipo<br />

specifico di forza necessaria per il coinvolgimento adattivo. La mancata integrazione<br />

delle tensioni, invece, crea disagio, dolore e disadattamento.<br />

Quello di Erikson è un tentativo di dare senso all’intero ciclo della vita attraverso<br />

l’idea di percorso, un percorso aperto e mai definitivamente concluso che si snoda in<br />

diverse fasi e ruoli, con forte enfasi sui valori dello scambio e della reciprocità.<br />

Nella vecchiaia, la crisi di sviluppo è contrassegnata da due forze antagonistiche: la<br />

generatività contro la stagnazione. Il conflitto conosce fasi alterne e l’equilibrio<br />

psichico del singolo è, pertanto, instabile. Si tratta, tuttavia, di un normale stadio di<br />

crescita per la qual cosa il soggetto va sollecitato a far prevalere le forze sane e a<br />

resistere agli stimoli patogeni.<br />

Per generatività, l’autore intende la disposizione del soggetto a concepire individui,<br />

prodotti, idee; ad arricchire la propria personalità e a farsi guida di chi cresce. Si<br />

tratta, quindi, di una capacità che abbraccia un’ampia gamma di attività, di progetti<br />

e di intenzioni, in quanto concerne non solo l’attitudine ad avere figli, ma anche la<br />

tendenza a seguire l’ascesa dei giovani alla vita adulta.<br />

La stagnazione, in cui Erikson ravvisa il nucleo patologico della vita senile, è, al<br />

contrario, un affievolimento delle tendenze che rendono l’individuo un essere<br />

produttivo e creativo.<br />

Dall’antinomia tra generatività e stagnazione deriva la virtù della cura, termine che<br />

indica un tipo di impegno e di premura in continua espansione, ove confluiscono le<br />

forze positive dell’età anteriore. Il caring, visto come l’essenza della prima e<br />

dell’ultima fase della vita, assume un’importanza centrale: è esso a conferire<br />

all’esistenza il profilo del ciclo, il significato del ritorno.<br />

Per Erikson non ci sono dubbi: il ruolo dell’età senile dev’essere riconsiderato e<br />

rivisto alla luce del fatto che l’ultimo stadio della vita assume un enorme rilievo per<br />

il primo: nelle culture <strong>più</strong> vitali, i bambini maturano mentalmente grazie al rapporto<br />

che vengono ad avere con le persone anziane.<br />

Erikson denuncia l’attuale disorganizzazione della vita familiare come causa della<br />

perdita del coinvolgimento vitale che fa sentire veramente vivi gli anziani.<br />

Non c’è niente di naturale, avverte Erikson, nella solitudine degli anziani: non è<br />

nella loro natura rinunciare all’incontro con l’altro, allo scambio. Anzi, appartenere a<br />

2


pieno titolo alla comunità, e con tutta la ricchezza della propria storia personale,<br />

appare come uno dei bisogni <strong>più</strong> forti di questa stagione della vita.<br />

Egli invita a tracciare il progetto di una cultura nuova, fatta di leggi ma anche di<br />

comportamenti, capace di vedere nell’invecchiamento quel momento della vita in<br />

cui si fondono e acquistano senso tutti i temi di quel che si è vissuto, appreso, e<br />

sofferto.<br />

Kathleen Woodward, esaminando il tema della vecchiaia, nelle opere letterarie,<br />

cinematografiche e figurative, ritiene che negli anziani e nei giovani vivano le stesse<br />

paure. La vera tragedia della vecchiaia non sta nel divenire vecchi, quanto nel<br />

rimanere, nel proprio intimo, giovani.<br />

Per porre fine all’indifferenza nei confronti del senescente, Kathleen Woodward<br />

propone un’opportunità empatica; l’identificazione prospettica. Far discutere giovani<br />

ed adulti sulla vecchiaia attivando fantasie anticipatorie che operano a livello<br />

subliminale, suscita atteggiamenti di protezione e preservazione in grado di<br />

superare il disinteresse, la svalutazione e il sarcasmo cui sono spesso oggetto le<br />

persone anziane.<br />

Lo psicoanalista Peter Hildebrand, autore di un saggio sulla creatività e la vecchiaia<br />

dal titolo The Other Side of the Wall: a Psychoanalytic Study of Creativity in Later<br />

Life, ha notato il frequente permanere nell’età anziana di capacità artistiche<br />

elevate.<br />

Egli ritiene che il genio creativo permanga anche nella vecchiaia, trovando come<br />

matrice la rielaborazione, in forme diverse, di contenuti psichici che mantengono la<br />

propria forza dinamica lungo l’intero arco della vita. Una produzione <strong>più</strong><br />

frammentaria ed allusiva, ma <strong>più</strong> ricca di significati e di motivi psichici già emersi<br />

durante la prima infanzia e l’adolescenza.<br />

E’ nella psicoanalisi, e in particolare nella psicologia analitica di Jung, che si può<br />

trovare un'interessante chiave di lettura in positivo dell'invecchiamento, che pone<br />

con forza il tema della saggezza.<br />

Jung pone il quesito sul senso di questo processo. Che cosa può spingerci a dire che<br />

il nostro invecchiamento non è riducibile al ritornare inorganici di Fr<strong>eu</strong>d? La risposta<br />

junghiana viene formulata nei termini seguenti. Mentre il senso del mattino della<br />

vita consiste nel mettere radici nel mondo, trovare il proprio posto nella società,<br />

lavorare ed amare, il senso del pomeriggio della vita consiste nel mettere radici<br />

nell'anima per accedere a un tipo di saggezza che supera l'Io e la sua prospettiva<br />

sul mondo. Durante la prima metà della vita il fine è la "natura", durante la seconda<br />

metà della vita è la "cultura", ovvero l'allargamento della soggettività, la<br />

differenziazione e l'integrazione delle parti della propria personalità fino ad allora<br />

rimaste inconsce.<br />

Il mutamento e la trasformazione costituiscono gli aspetti essenziali della vita e<br />

dell’energia che anima la psiche; la vita scorre in avanti, l’invecchiamento del corpo<br />

scandisce il passare del tempo, tutto scorre e a questa legge è sottoposta anche la<br />

vita umana.<br />

Jung propone ad ogni uomo la necessità di autorealizzarsi e di ampliare quanto<br />

possibile la propria coscienza, per raggiungere il pieno grado di sviluppo, dando<br />

senso a tutta la vita. Tramite il processo di individuazione l’uomo esplica la propria<br />

pulsione ad attuare sé stesso, correggendo l’unilateralità della coscienza e dei suoi<br />

valori e aprendo una possibilità di riscatto da una vecchiaia vissuta come<br />

decadimento.<br />

Secondo Hillman, uno degli ultimi autori passati in rassegna da <strong>Spagnoli</strong>, il Puer e il<br />

Senex sono polarità dello stesso archetipo - l'archetipo Puer-Senex - che rimanda<br />

3


alla tensione tra vitalità e ordine, Io e Sé. Hillman vede nei "sintomi della vecchiaia"<br />

- rigidità, ottusità e isolamento - non solo la conseguenza di una generica<br />

incapacità di entrare in contatto con l'inconscio quanto, <strong>più</strong> specificamente, il<br />

risultato della scissione del Senex dal Puer. Essa produce un ibrido senile e puerile<br />

che manifesta i lati negativi del Senex e del Puer.<br />

L’autore ritiene che il fine dell'invecchiamento coincida con il compimento e il<br />

disvelamento del "carattere". Il tempo della vecchiaia non è tempo inutile di<br />

decadimento e desituazione, vissuto nell'attesa della morte, bensì una grande<br />

avventura verso il compimento di sé, un'avventura che ha bisogno di longevità per<br />

svolgersi e concludersi.<br />

Guggenbühl-Craig arricchisce le immagini della vecchiaia con quella del Vecchio<br />

Stolto. Si tratta di un aspetto dell'ombra del Senex che possiede una funzione<br />

compensatoria rispetto alle visioni idealizzate dell'invecchiamento.<br />

Il Vecchio Stolto non è un re ma un buffone tutt'altro che inorganico.<br />

Qualcosa di simile alla saggezza può essere raggiunto durante la vecchiaia, ma ciò<br />

che rende difficile tale acquisizione è, secondo Guggenbühl-Craig, la perdita del<br />

contatto con l'inconscio e con la coscienza collettiva. Il <strong>vecchio</strong> desituato si<br />

trasforma in figura storica, anacronismo vivente. Ma non se ne accusa e accusa i<br />

giovani di disorientamento etico. Dice che il mondo vive all'insegna dell'insicurezza,<br />

ma non vede che lui stesso è insicuro e non sa <strong>più</strong> capire il mondo.<br />

Mentre Hillman sottolinea la necessità di integrare il Puer col Senex, Guggenbühl-<br />

Craig propone di integrare l'immagine del Vecchio Saggio con quella del Vecchio<br />

Stolto. Ciascuna immagine è in sé parziale e perciò genera contenuti psichici<br />

distorti, emozioni, aspettative e convinzioni problematiche. È cosa saggia invece<br />

accettare il deterioramento fisico e mentale, le malattie e la morte, accettare di<br />

essere anche una figura storica che ha perso il contatto con la coscienza e<br />

l'inconscio collettivi.<br />

La società non deve imprigionare il <strong>vecchio</strong> nel mito della saggezza, non deve<br />

costringerlo a partecipare in modo costruttivo alle vicende della comunità, ma<br />

concedergli di essere saggio o sciocco, profondo o superficiale, di lavorare oppure<br />

oziare; in ogni caso di essere leale verso sé stessi e gli altri.<br />

Indice analitico del testo:<br />

7 Invecchiamento e vecchiaia<br />

Premessa Il tempo Il corpo L’ambiente e la cultura L’isolamento<br />

25 Prefazione<br />

31 Introduzione<br />

La vecchiaia dimenticata La psicologia e i suoi confini Vincoli e possibilità<br />

37 Il contesto<br />

La vecchiaia conquistata Invecchiamento cerebrale Cicli, archi, corsi e nuovi miti<br />

Per proseguire<br />

46 Fr<strong>eu</strong>d<br />

Analisi impossibile La teoria psicoanalitica e gli anziani Le ragioni di un disinteresse Le lettere<br />

63 La psicoanalisi dopo Fr<strong>eu</strong>d<br />

Erikson e il ciclo della vita Kathleen Woodward e l’identificazione prospettica Hildebrand e la<br />

creatività<br />

4


92 Il pensiero di Jung<br />

<strong>«…</strong> e <strong>divento</strong> <strong>sempre</strong> <strong>più</strong> <strong>vecchio</strong>»: le lettere Gli scritti teorici L’Anima Il Puer Il Senex<br />

Individuazione e invecchiamento La trasformazione<br />

119 Dopo Jung<br />

Gli archetipi dell’inconscio collettivo Hillman e l’archetipo Senex/Puer GuggenbÜhl-Craig e il<br />

Vecchio Folle<br />

142 Riflessioni<br />

Invecchiamento e società La psicologia, l’irrazionale e le possibilità Il tempo e la complessità<br />

Immagini della vecchiaia: le ombre Le immagini della saggezza Relazione e individuazione<br />

Saggezza e individuaizione<br />

183 Bibliografia<br />

187 Indice degli autori<br />

Autore ed opere<br />

<strong>Alberto</strong> <strong>Spagnoli</strong> è medico specialista in n<strong>eu</strong>rologia, psicoterap<strong>eu</strong>ta, analista del<br />

Centro Italiano di Psicologia Analitica (CIPA), membro della International<br />

Association for Analytical Psychology (IAAP), impegnato nel progetto del Consiglio<br />

Nazionale delle Ricerche "Aging, Progetto Finalizzato Invecchiamento."<br />

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Commento<br />

Note<br />

1 <strong>Spagnoli</strong> A., <strong>«…</strong> e <strong>divento</strong> <strong>sempre</strong> <strong>più</strong> <strong>vecchio</strong>». Jung, Fr<strong>eu</strong>d, la psicologia del profondo e<br />

l’invecchiamento, Bollati Boringhieri, Torino, 1995, p. 62.<br />

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