L' EVANGELO COME MI E' - Mariamadremia.Net
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MARIA VALTORTA<br />
Nuovo titolo:<br />
(Il poema dell'Uomo-Dio)<br />
<strong>L'</strong> <strong>EVANGELO</strong> <strong>COME</strong> <strong>MI</strong> <strong>E'</strong> STATO RIVELATO<br />
Per speciale concessione del<br />
CENTRO EDITORIALE VALTORTIANO<br />
Volume I La preparazione<br />
20 % ON LINE<br />
Volume II Il primo anno di vita pubblica<br />
Volume III Il secondo anno di vita pubblica: parte prima<br />
Edizione 2000<br />
Volume IV Il secondo anno di vita pubblica: parte seconda<br />
Volume V Il terzo anno di vita pubblica: parte prima<br />
Volume VI Il terzo anno di vita pubblica: parte seconda<br />
Volume VII Il terzo anno di vita pubblica: parte terza<br />
Volume VIII Preparazione alla passione<br />
Volume IX La passione<br />
Volume X La glorificazione<br />
Presentazione da :<br />
'La MADONNA negli scritti di Maria Valtorta'<br />
di P. Gabriele Maria ROSCHINI: Centro Editoriale Valtortiano 1996<br />
[Professore della Pontificia Università Lateranense,<br />
Professore nella Pontificia Facoltà teologica ''Marianum'',<br />
Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede<br />
Consultore della Congregazione per le Cause dei Santi]<br />
« <strong>E'</strong> da mezzo secolo che mi occupo di Mariologia: studiando, insegnando,<br />
predicando e scrivendo. Ho dovuto leggere perciò innumerevoli scritti mariani,<br />
d'ogni genere: una vera 'Biblioteca mariana'.<br />
Mi sento però in dovere di confessare candidamente che la Mariologia<br />
quale risulta dagli scritti, editi ed inediti, di Maria Valtorta, è stata per me<br />
una vera rivelazione. Nessun altro scritto mariano, e neppure la somma degli<br />
scritti mariani da me letti e studiati, era stato in grado di darmi, del<br />
Capolavoro di Dio, un'idea così chiara, così viva, così completa, così luminosa<br />
e così affascinante: semplice insieme e sublime.<br />
Tra la Madonna presentata da me e dai miei colleghi e la Madonna<br />
presentata da Maria Valtorta, a me sembra trovare la stessa differenza che corre<br />
tra una Madonna di cartapesta e una Madonna viva, tra una Madonna più o meno<br />
approssimativa e una Madonna completa in ogni sua parte, sotto tutti i suoi<br />
aspetti.<br />
. . . . . . .<br />
<strong>E'</strong> bene inoltre, che si sappia che io non sono stato un facile ammiratore
della Valtorta. Anch'io infatti, sono stato, un tempo, tra coloro che, senza<br />
un'adeguata conoscenza dei suoi scritti, hanno avuto un sorrisino di diffidenza<br />
nei riguardi dei medesimi. Ma dopo averli letti e ponderati, ho dovuto -come<br />
tanti altri- lealmente riconoscere di essere stato troppo corrivo; e ho dovuto<br />
concludere: "Chi vuol conoscere la Madonna (una Madonna in p e r f e t t a<br />
sintonia col Magistero ecclesiastico, particolarmente col Concilio Vaticano II,<br />
con la S.Scrittura e la Tradizione ecclesiastica), legga la Mariologia della<br />
Valtorta!".<br />
A chi poi volesse vedere, in questa mia asserzione, uno dei soliti<br />
iperbolici 'slogan' pubblicitari, non ho da dare che una sola risposta: "Legga,<br />
e poi giudichi..." . »<br />
. . . . . . .<br />
N.B. Nello stesso libro Padre G.M Roschini spiega la differenza tra<br />
'Rivelazioni pubbliche' come l'Antico e il Nuovo Testamento, e<br />
'rivelazioni private'.<br />
Tra queste, nelle 'principali mistiche mariane', elenca, in ordine di<br />
tempo :<br />
1) S. Ildegarda di Bingen (benedettina 1098-1179)<br />
2) S. Matilde di Hefta (cistercense 1241-1299)<br />
3) S. Geltrude la Grande (cistercense 1256-1302)<br />
4) Beata Angela da Foligno (T. Francescana 'la maestra dei teologi' 1246-1309)<br />
5) S. Brigida di Svezia ('la Mistica del Nord 1309-1373)<br />
6) S. Caterina da Siena (terziaria domenicana 1347-1380; Dottore della Chiesa)<br />
. . .<br />
18) Maria Valtorta (terziaria dell'Ordine dei Servi di Maria 1897-1961)<br />
/ / /<br />
Centro coordinamento Volontari: ' volontari_m_valtorta@katamail.com '<br />
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libera associazione on line su Maria Valtorta e le sue opere<br />
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' clubamicivaltortiani@yahoo.group.com '<br />
NOTA BENE<br />
In questo stesso SITO,<br />
sotto il titolo: 'NOTE estratte da <strong>L'</strong>Evangelo di Maria Valtorta'<br />
sono disponibili le note coerenti con i capitoli qui di seguito presentati.<br />
Indice del Volume Primo<br />
NASCITA E VITA NASCOSTA DI MARIA E DI GESU'<br />
* = in linea<br />
l. Pensiero d'introduzione. Dio volle un seno senza macchia.<br />
*
2. Gioacchino e Anna fanno voto al Signore.<br />
3. Alla festa dei Tabernacoli.<br />
Gioacchino e Anna possedevano la Sapienza.<br />
4. Anna con un cantico annunzia di esser madre.<br />
Nel suo seno è l'anima immacolata di Maria.<br />
5. Nascita di Maria.<br />
La sua verginità nell'eterno pensiero del Padre.<br />
6. Purificazione di Anna e offerta di Maria, che è la<br />
Fanciulla perfetta per il regno dei Cieli.<br />
7. La piccola Maria con Anna e Gioacchino.<br />
Sulle sue labbra è già la Sapienza del Figlio.<br />
8. Maria accolta nel Tempio.<br />
Ella, nella sua umiltà, non sapeva di essere la Piena di Sapienza.<br />
9. La morte di Gioacchino e Anna fu dolce,<br />
dopo una vita di sapiente fedeltà a Dio nelle prove.<br />
10. Cantico di Maria. Ella ricordava quanto il suo spirito<br />
aveva visto in Dio.<br />
11. Maria confida il suo voto al Sommo Sacerdote.<br />
12. Giuseppe prescelto come sposo della Vergine.<br />
13. Sposalizio della Vergine con Giuseppe, istruito dalla<br />
Sapienza ad essere custode del Mistero.<br />
14. Gli Sposi arrivano a Nazareth.<br />
15. A conclusione del Prevangelo.<br />
16. <strong>L'</strong>Annunciazione.<br />
17. La disubbidienza di Eva e l'ubbidienza di Maria.<br />
18. Maria annuncia a Giuseppe la maternità di Elisabetta<br />
e affida a Dio il compito di giustificare la sua.<br />
19. Maria e Giuseppe alla volta di Gerusalemme.<br />
20. Partenza da Gerusalemme. <strong>L'</strong>aspetto beatifico di Maria.<br />
Importanza della preghiera per Maria e Giuseppe.<br />
21. <strong>L'</strong>arrivo di Maria a Ebron e il suo incontro con Elisabetta.<br />
22. Le giornate ad Ebron.<br />
I frutti della carità di Maria verso Elisabetta.<br />
23. Nascita di Giovanni Battista.<br />
Ogni sofferenza si placa sul seno di Maria.<br />
24. Circoncisione di Giovanni Battista.<br />
Maria è Sorgente di Grazia per chi accoglie la Luce.<br />
25. Presentazione di Giovanni Battista al Tempio e partenza di Maria.<br />
La Passione di Giuseppe.<br />
26. Giuseppe chiede perdono a Maria.<br />
Fede, carità e umiltà per ricevere Dio.<br />
27. <strong>L'</strong>editto del censimento.<br />
Insegnamenti sull'amore allo sposo e sulla fiducia in Dio.<br />
28. <strong>L'</strong>arrivo a Betlemme.<br />
29. La nascita di Gesù.<br />
Efficacia salvifica della divina maternità di Maria.<br />
30. <strong>L'</strong>annuncio ai pastori, che diventano i primi adoratori del<br />
Verbo fatto Uomo.<br />
31. Visita di Zaccaria. La santità di Giuseppe e l'ubbidienza ai sacerdoti.<br />
32. Presentazione di Gesù al Tempio.<br />
La virtù di Simeone e la profezia di Anna.<br />
33. Ninna-nanna della Vergine.<br />
34. Adorazione dei Magi. <strong>E'</strong> "vangelo della fede".<br />
35. Fuga in Egitto.<br />
Insegnamenti sull'ultima visione legata all'avvento di Gesù.<br />
*
36. La sacra Famiglia in Egitto. Una lezione per le famiglie.<br />
37. Prima lezione di lavoro a Gesù, che non uscì dalla regola dell'età.<br />
38. Maria maestra di Gesù, Giuda e Giacomo.<br />
39. Preparativi per la maggiore età di Gesù e partenza da Nazareth.<br />
40. <strong>L'</strong>esame di Gesù maggiorenne al Tempio.<br />
41. La disputa di Gesù nel Tempio coi dottori.<br />
<strong>L'</strong>angoscia della Madre e la risposta del Figlio.<br />
42. La morte di Giuseppe.<br />
Gesù è la pace di chi soffre e di chi muore.<br />
43. A conclusione della vita nascosta.<br />
PRIMO ANNO DELLA VITA PUBBLICA DI GESU'<br />
44. <strong>L'</strong>addio alla Madre e partenza da Nazareth.<br />
Il pianto e la preghiera della Corredentrice.<br />
45. Predicazione di Giovanni Battista e Battesimo di Gesù.<br />
La manifestazione divina.<br />
46. Gesù tentato da Satana nel deserto.<br />
Come si vincono le tentazioni.<br />
47. <strong>L'</strong>incontro con Giovanni e Giacomo.<br />
Giovanni di Zebedeo è il puro fra i discepoli.<br />
48. Giovanni e Giacomo riferiscono a Pietro il loro incontro con il Messia.<br />
49. <strong>L'</strong>incontro con Pietro e Andrea dopo un discorso nella sinagoga.<br />
Giovanni di Zebedeo grande anche nell'umiltà.<br />
50. A Betsaida nella casa di Pietro.<br />
<strong>L'</strong>incontro con Filippo e Natanaele.<br />
51. Maria manda Giuda Taddeo ad invitare Gesù alle nozze di Cana.<br />
52. Le nozze di Cana.<br />
Il Figlio, non più soggetto alla Madre, compie per Lei il primo miracolo.<br />
53. La cacciata dei mercanti dal Tempio.<br />
54. <strong>L'</strong>incontro con Giuda di Keriot e con Tommaso.<br />
Simone Zelote sanato dalla lebbra.<br />
55. Un incarico affidato a Tommaso.<br />
56. Simone Zelote e Giuda Taddeo uniti nella sorte.<br />
57. A Nazareth con Giuda Taddeo e con altri sei discepoli.<br />
58. Guarigione di un cieco a Cafarnao.<br />
59. <strong>L'</strong>indemoniato guarito nella sinagoga di Cafarnao.<br />
60. Guarigione della suocera di Simon Pietro.<br />
61. Gesù benefica i poveri dopo aver detto la parabola<br />
del cavallo amato dal re.<br />
62. Gesù cercato dai discepoli mentre prega nella notte.<br />
63. Il lebbroso guarito presso Corazim.<br />
64. Il paralitico guarito a Cafarnao.<br />
65. La pesca miracolosa e l'elezione dei primi quattro apostoli.<br />
66. Giuda di Keriot al Getsemani diviene discepolo.<br />
67. Il miracolo delle lame spezzate alla porta dei Pesci.<br />
68. Gesù, nel Tempio con l'Iscariota, ammaestra.<br />
69. Gesù istruisce Giuda Iscariota.<br />
70. Al Getsemani con Giovanni di Zebedeo.<br />
Un paragone tra il Prediletto e Giuda di Keriot.<br />
71. Giuda Iscariota presentato a Giovanni e a Simone Zelote.<br />
72. Verso Betlem con Giovanni, Simone Zelote e Giuda Iscariota.
73. A Betlem, nella casa di un contadino e nella grotta della Natività.<br />
74. All'albergo di Betlem e sulle macerie della casa di Anna.<br />
75. Gesù ritrova i pastori Elia e Levi.<br />
76. A Jutta dal pastore Isacco. Sara e i suoi bambini.<br />
77. A Ebron nella casa di Zaccaria. <strong>L'</strong>incontro con Aglae.<br />
78. A Keriot. Morte del vecchio Saul<br />
MARIA VALTORTA<br />
L’ <strong>EVANGELO</strong> <strong>COME</strong> <strong>MI</strong> E’ STATO RIVELATO<br />
VOLUME I<br />
1. Pensiero d’introduzione.<br />
Dio volle un seno senza macchia.<br />
"Dio mi possedette all’inizio delle sue opere”<br />
(Salomone - Proverbi 8, 22)<br />
22 agosto 1944<br />
Gesù mi ordina: “Prendi un quaderno tutto nuovo. Copia sul primo foglio il<br />
dettato del giorno 16 agosto. In questo libro si parlerà di Lei.”<br />
Ubbidisco e copio.<br />
16 agosto 1944<br />
Dice Gesù:<br />
“Oggi scrivi questo solo. La purezza ha un valore tale che un seno di creatura<br />
poté contenere l’Incontenibile, perché possedeva la massima purezza che potesse<br />
avere una creatura di Dio.<br />
La Ss. Trinità scese con le sue perfezioni, abitò con le sue Tre Persone, chiuse<br />
il suo Infinito in piccolo spazio -né si diminuì per questo, perché l’amore<br />
della Vergine e il volere di Dio dilatarono questo spazio sino a renderlo un<br />
Cielo- si manifestò con le sue caratteristiche:<br />
il Padre, essendo Creatore nuovamente della Creatura come al sesto giorno ed<br />
avendo una ‘figlia’ vera, degna, a sua perfetta somiglianza. L’impronta di Dio<br />
era stampata in Maria così netta che solo nel Primogenito del Padre le era<br />
superiore. Maria può essere chiamata la ‘secondogenita’ del Padre perché, per<br />
perfezione data e saputa conservare, e per dignità di Sposa e Madre di Dio e di<br />
Regina del Cielo, viene seconda dopo il Figlio del Padre e seconda nel suo<br />
eterno Pensiero, che ab eterno in Lei si compiacque;<br />
il Figlio, essendo anche per Lei ‘il Figlio’ e insegnandole, per mistero di<br />
grazia, la sua verità e sapienza quando ancora non era che un Germe che le<br />
cresceva in seno;<br />
lo Spirito Santo, apparendo fra gli uomini per una anticipata Pentecoste, per<br />
una prolungata Pentecoste, Amore in ‘Colei che amò’, Consolazione agli uomini<br />
per il frutto del suo seno, Santificazione per la maternità del Santo.<br />
Dio, per manifestarsi agli uomini nella forma nuova e completa che inizia l’èra<br />
della Redenzione, non scelse a suo trono un astro del cielo, non la reggia di un<br />
potente. Non volle neppure le ali degli angeli per base del suo piede. Volle un<br />
seno senza macchia.<br />
Anche Eva era stata creata senza macchia. Ma spontaneamente volle corrompersi.<br />
Maria, vissuta in un mondo corrotto -Eva era invece in un mondo puro- non volle<br />
ledere il suo candore neppure con un pensiero volto al peccato. Conobbe che il<br />
peccato esiste. Ne vide i volti diversi e orribili. Tutti li vide. Anche il più<br />
orrendo: il deicidio. Ma li conobbe per espiarli e per essere, in eterno, Colei<br />
che ha pietà dei peccatori e prega per la loro redenzione.<br />
Questo pensiero sarà la introduzione ad altre sante cose che darò per conforto<br />
tuo e di molti”.
2. Gioacchino e Anna fanno voto al Signore.<br />
22 agosto 1944<br />
Vedo un interno di casa. In essa è seduta ad un telaio una donna di età. Direi,<br />
nel vederla coi capelli un tempo certo neri, ora brizzolati, e nel volto non<br />
rugoso ma già pieno di quella serietà che viene con gli anni, che ella possa<br />
avere dai cinquanta ai cinquantacinque anni. Non più.<br />
Nell’indicare queste età femminili prendo per base il volto di mia madre, la cui<br />
effigie ho più che mai presente in questi giorni che mi ricordano gli ultimi<br />
giorni presso il mio letto... Dopodomani è un anno che non la vedo più.... Mia<br />
mamma era molto
loro espansioni.<br />
Entra dall’orto un uomo anziano, un poco più basso di Anna, con una testa di<br />
folti capelli tutti bianchi. Un viso chiaro, dalla barba tagliata in quadrato,<br />
con due occhi azzurri come turchesi fra ciglia di un castano chiaro quasi<br />
biondo. E’ vestito di un marrone scuro.<br />
Anna non lo vede perché volge le spalle all’uscio, e lui le viene alle spalle<br />
dicendo: “E a me nulla?”. Anna si volge e dice: “O Gioacchino! Hai finito il tuo<br />
lavoro?” Contemporaneamente il piccolo Alfeo gli corre ai ginocchi dicendo:<br />
“Anche a te, anche a te”, e quando il vecchiotto si curva e lo bacia, il bambino<br />
gli si avvinghia al collo spettinandogli la barba con le manine e coi baci.<br />
Anche Gioacchino ha il suo dono: leva da dietro alla schiena la mano sinistra e<br />
offre una mela così bella che pare di ceramica, e dice ridendo al bambino che<br />
tende le manine avidamente: “Aspetta che te la faccio a pezzi. Così non puoi. E’<br />
più grossa di te”, e con un coltelluccio che ha alla cintola, un coltello da<br />
potatore, ne fa fette e fettine, e pare imbocchi un uccellino nidiace tanta è la<br />
cura con cui mette i bocconi nella bocchina aperta, che sgrana e sgrana.<br />
“Ma guarda che occhi, Gioacchino! Non sembrano due pezzettini del mar di Galilea<br />
quando il vento della sera spinge un velo di nube sul cielo?” Anna parla tenendo<br />
appoggiata una mano sulla spalla del marito e appoggiandovisi lievemente anche<br />
lei, una mossa che rivela un profondo amore di sposa, un amore intatto dopo i<br />
molti anni di coniugio.<br />
E Gioacchino la guarda con amore e annuisce dicendo: “Bellissimi! E quei<br />
ricciolini? Non hanno il colore delle biade che il sole ha seccato? Guarda: e<br />
dentro c’è misto oro e rame.”<br />
“Ah! se avessimo avuto un bambino lo avrei voluto così, con questi occhi e<br />
questi capelli...” Anna si è chinata, inginocchiata anzi, e bacia con un<br />
sospirone i due occhioni azzurro-grigi.<br />
Gioacchino sospira anche lui. Ma la vuol consolare. Le pone la mano sui capelli<br />
cresputi e canuti e le dice: “Ancora occorre sperare. Tutto può Dio. Finché si è<br />
vivi, il miracolo può avvenire, specie quando lo si ama e ci si ama.” Gioacchino<br />
calca molto sulle ultime parole.<br />
Ma Anna tace, avvilita, e sta a capo chino per non mostrare due lacrime che<br />
scendono e che vede solo il piccolo Alfeo, il quale, stupito e addolorato che la<br />
sua grande amica pianga come fa lui qualche volta, alza la manina e asciuga quel<br />
pianto.<br />
“Non piangere, Anna! Siamo felici lo stesso. Io, almeno lo sono perché ho te.”<br />
“Anche io per te. Ma non ti ho dato un figlio... Penso aver spiaciuto al<br />
Signore, poiché mi ha inaridito le viscere...”<br />
“Oh! moglie mia! In che puoi avergli spiaciuto tu, santa? Senti. Andiamo ancora<br />
una volta al Tempio. Per questo. Non solo per i Tabernacoli. Facciamo lunga<br />
preghiera... Forse ti avverrà come a Sara... come ad Anna di Elcana. Molto<br />
attesero e si credevano riprovate perché sterili. Invece per loro, nei Cieli di<br />
Dio, si maturava un figlio santo. Sorridi, mia sposa. Il tuo pianto mi è più<br />
dolore che l’essere senza prole.... Porteremo Alfeo con noi. Lo faremo pregare,<br />
lui che è innocente... e Dio prenderà la sua e nostra preghiera insieme e ci<br />
esaudirà.”<br />
“Sì. Facciamo voto al Signore. Suo sarà il nato. Purché ce lo conceda... Oh!<br />
sentirmi chiamare ‘mamma’!”<br />
E Alfeo, spettatore stupito e innocente: “Io ti ci chiamo!”<br />
“Sì, gioia cara... ma ce l’hai la mamma tu, e io... io non ho bambino...”<br />
La visione cessa qui.<br />
Comprendo che si è iniziato il ciclo della nascita di Maria. E ne sono molto<br />
contenta, perché lo desideravo tanto. Penso che ne sarà contento anche lei.<br />
Prima che io iniziassi a scrivere, ho sentito la Mamma dirmi: “Figlia, scrivi<br />
dunque di me. Ogni tua pena verrà consolata.” E mentre diceva questo, mi posava<br />
la mano sul capo in una carezza soave. Poi è venuta la visione. Ma sul<br />
principio, ossia finché non sentii chiamare la cinquantenne a nome, non compresi<br />
d’esser di fronte alla madre della Mamma e perciò alla grazia della sua nascita.<br />
3. Alla festa dei Tabernacoli. Gioaccino e Anna possedevano la Sapienza.<br />
23 agosto 1944
Prima che venga il seguito faccio una nota.<br />
La casa non mi è parsa quella solita di Nazaret. Almeno l’ambiente è molto<br />
diverso. Anche l’orto-giardino è più vasto, e oltre si vedono i campi. Non<br />
molti, ma insomma ci sono. Dopo, quando Maria è sposa, vi è solo l’orto, vasto<br />
ma limitato a orto, e questa stanza, che ho visto, non l’ho mai vista nelle<br />
altre visioni. Non so se pensare che per motivi pecuniari i genitori di Maria si<br />
disfecero di parte del loro avere o se Maria, uscendo dal Tempio, passò in<br />
un’altra casa, forse datale da Giuseppe. Non ricordo se nelle passate visioni e<br />
lezioni ebbi mai accenno sicuro che la casa di Nazareth era la casa natia.<br />
La mia testa è molto stanca. E poi, soprattutto per i dettati, io ne dimentico<br />
subito le parole, pur rimanendomene incisi i comandi e nell’anima la luce. Ma i<br />
particolari dileguano immediatamente. Se dopo un’ora dovessi ripetere quel che<br />
udii, tolto una o due frasi principali, non saprei più niente. Mentre le visioni<br />
restano vive alla mente, perché le ho dovute osservare da me. I Dettati li<br />
ricevo. Quelle invece le devo percepire. Restano perciò vive nel pensiero, che<br />
ha faticato a notarle nelle loro fasi.<br />
Speravo ci fosse un dettato sulla visione di ieri. Invece niente.<br />
Comincio a vedere e scrivo.<br />
Fuori delle mura di Gerusalemme, sui colli e fra gli ulivi, vi è gran folla.<br />
Pare un enorme mercato. Ma non ci sono banchi e baracconi. Non vocio di<br />
ciarlatani e venditori. Non giuochi. Vi sono tante tende di lana ruvida, certo<br />
impermeabili all’acqua, stese su pioli confitti al suolo, e legate ai pioli sono<br />
frasche verdi che fanno ornamento e frescura. Altre, invece, sono tutte di<br />
frasche confitte al suolo e legate così /\ che fanno delle piccole gallerie<br />
verdi. Sotto ognuna, gente di ogni età e condizione, e un parlare pacato e<br />
raccolto, rotto solo da qualche strillo di bambino.<br />
Scende la sera e già le luci di lucernette a olio splendono qua e là per<br />
l’accampamento strano. Intorno alle luci qualche famiglia consuma la cena stando<br />
seduta per terra, le madri coi più piccoli in grembo, e molti di questi,<br />
stanchi, si addormentano con ancora il pezzo di pane nelle ditine rosee e cadono<br />
col capino sul petto materno come pulcini sotto la chioccia, e le madri<br />
finiscono di mangiare come possono, con una sola mano libera, mentre l’altra<br />
tiene contro il cuore il figliolino. Altre famiglie, invece, non sono ancora a<br />
cena e parlano nel semibuio del crepuscolo, attendendo che il cibo sia pronto.<br />
Dei focherelli sono accesi qua e là, e intorno ad essi si affannano le donne.<br />
Qualche ninna nanna lenta lenta, direi quasi lamentosa, culla un infante che<br />
stenta ad addormentarsi.<br />
In alto un bel cielo sereno, che diviene sempre più azzurro cupo sino a parere<br />
un enorme velario di velluto pastoso d’un nero azzurro, su cui, piano piano,<br />
invisibili artefici e decoratori appuntino gemme e lumini, quali isolati, quali<br />
in bizzarre linee geometriche, fra le quali primeggia l’Orsa maggiore e minore<br />
con la sua forma di carro dalla stanga appoggiata al suolo, poi che i buoi<br />
furono staccati dal giogo. La stella polare ride con tutti i suoi bagliori.<br />
Comprendo che è ottobre perché una grossa voce d’uomo lo dice: "Bello questo<br />
ottobre come pochi ci furono!”<br />
Ecco Anna che viene da un fuoco con delle cose fra le mani, stese sul pane che è<br />
largo e piatto come una focaccia delle nostre e fa anche da vassoio. Alle<br />
gonnelle ha Alfeo, che ciaramella con la sua vocetta. Gioacchino, che sulla<br />
soglia della sua piccola capanna tutta di frasche parla con un uomo sui<br />
trent’anni -che Alfeo da lontano saluta con uno stridetto dicendo: “Papà”-<br />
quando vede avanzarsi Anna si affretta ad accendere la lucernetta.<br />
Anna passa con il suo incedere regale fra le file delle capanne. Regale e pure<br />
umile. Non è altera con nessuno. Rialza il piccino di una povera, molto povera<br />
donna, che le è caduto, inciampando nella sua corsa sbarazzina, proprio ai piedi<br />
e, posto che si è impiastricciato il visetto di terra e piange, ella lo pulisce<br />
e consola e lo rende alla madre accorsa, che si scusa, dicendo: “ Oh! non è<br />
nulla! Sono contenta che non si sia fatto male. E’ un bel bambino. Quanto ha?”<br />
“Tre anni. E’ il penultimo e fra poco ne avrò un altro. Ho sei maschi. Ora<br />
vorrei una bambina... Per la mamma è molto una bambina...”<br />
“L’Altissimo ti ha molto consolata, donna!” Anna sospira.<br />
E l’altra: “Sì. Sono povera, ma i figli sono la nostra gioia e già i più<br />
grandicelli aiutano al lavoro. E tu, signora, (che Anna sia di più elevata<br />
condizione tutto lo mostra, e la donna l’ha visto) quanti bambini hai?”
“Nessuno.”<br />
“Nessuno?! Non è tuo questo?”<br />
“No, di una vicina molto buona. E’ il mio conforto...”<br />
“Ti sono morti o...”<br />
“Non ne ho mai avuti.”<br />
“Oh!” La povera donna la guarda con pietà.<br />
Anna la saluta con un sospirone e va alla sua capanna.<br />
“Ti ho fatto attendere, Gioacchino. Mi ha trattenuta una povera donna madre di<br />
sei maschi, pensa!, e fra poco avrà un altro figlio.”<br />
Gioacchino sospira.<br />
Il padre d'Alfeo chiama il suo bimbo, ma questo risponde: “Con Anna resto io.<br />
L’aiuto.” Ridono tutti.<br />
“Lascialo. Non dà noia. Ancora non è tenuto alla Legge. Qui o lì non è che un<br />
uccellino che mangia” dice Anna e siede col bimbo in grembo a cui dà focaccia e,<br />
mi pare, pesce arrostito. Vedo che lavora prima di darlo, forse gli leva la<br />
spina. Prima ha servito il marito. Ultima mangia lei.<br />
La notte è sempre più gremita di stelle e i lumi sempre più numerosi nel campo.<br />
Poi piano piano molti lumi si spengono. Sono di quelli che hanno cenato per<br />
primi e che ora si mettono a dormire. Anche il brusio diminuisce lentamente.<br />
Voci di bimbo non se ne odono più. Solo qualche lattante fa sentire la sua<br />
vocina di agnellino che cerca il latte della mamma. La notte soffia il suo alito<br />
sulle cose e le persone, e annulla pene e ricordi, speranze e rancori. Anzi,<br />
forse questi due sopravvivono, per quanto attutiti, anche nel sonno, nel sogno.<br />
Anna lo dice al marito, mentre culla Alfeo che comincia a dormirle fra le<br />
braccia: “Questa notte ho sognato che il prossimo anno io verrò alla Città Santa<br />
per due feste invece che per una sola. E una sarà l’offerta al Tempio della mia<br />
creatura... Oh! Gioacchino!”<br />
“Spera, spera, Anna. Altro non hai sentito? Il Signore nulla ti ha mormorato al<br />
cuore?”<br />
“Nulla. Un sogno soltanto...”<br />
“Domani è l’ultimo giorno di preghiera. Già tutte le offerte sono state fatte.<br />
Ma le rinnoveremo domani ancora, solennemente. Vinceremo Dio col nostro fedele<br />
amore. Io penso sempre che ti abbia ad accadere come ad Anna d’Elcana.”<br />
“Lo voglia Dio... e avessi subito chi mi dice: “Và in pace. Il Dio d’Israele ti<br />
ha concesso la grazia che chiedi!”<br />
“Se la grazia verrà, il tuo bambino te lo dirà rivoltandosi per la prima volta<br />
nel tuo seno, e sarà voce di innocente, perciò voce di Dio.”<br />
Ora il campo tace nel buio. Anche Anna riporta Alfeo alla capanna contigua e lo<br />
pone da sé sul giaciglio di fieno presso ai fratellini, che dormono già. E poi<br />
si corica a fianco di Gioacchino, e anche la loro lampadetta si spegne. Una<br />
delle ultime stelline della terra. Restano più belle le stelle del firmamento a<br />
vegliare su tutti i dormienti.<br />
Dice Gesù:<br />
“I giusti sono sempre dei sapienti perché, essendo amici di Dio, vivono in sua<br />
compagnia e sono da Lui istruiti; da Lui, Infinita Sapienza.<br />
I miei nonni erano giusti e possedevano perciò la sapienza. Potevano dire con<br />
verità quanto dice il Libro, cantando le lodi della Sapienza nel libro di essa:<br />
‘Io l’ho amata e ricercata fin dalla giovinezza e procurai di prenderla in<br />
sposa’.<br />
Anna d’Aronne era la donna forte di cui parla l’Avo nostro. E Gioacchino, stirpe<br />
del re Davide, non aveva cercato tanto avvenenza e ricchezza quanto virtù. Anna<br />
possedeva una grande virtù. Tutte le virtù unite come mazzo fragrante di fiori<br />
per divenire un’unica bellissima cosa, che era la Virtù. Una virtù reale, degna<br />
di stare davanti al trono di Dio.<br />
Gioacchino aveva dunque sposato due volte la sapienza ‘amandola più di ogni<br />
altra donna’: la sapienza di Dio chiusa nel cuore della donna giusta. Anna<br />
d’Aronne altro non aveva cercato che di unire la sua vita a quella di un uomo<br />
retto, certa che nella rettezza è la gioia delle famiglie. E ad esser l’emblema<br />
della ‘donna forte’ non le mancava che la corona dei figli, gloria della donna<br />
sposata, giustificazione del coniugio, di cui parla Salomone, come alla sua<br />
felicità non mancavano che questi figli, fiori dell’albero che ha fatto un sol<br />
uno con l’albero vicino e ne ottiene dovizia di nuovi frutti, in cui le bontà si<br />
fondono in una, perché, per conto dello sposo, mai nessuna delusione le era
venuta.<br />
Ella, ormai volgente a vecchiezza, moglie da più e più lustri a Gioacchino, era<br />
sempre per lui ‘la sposa della sua giovinezza, la sua gioia, la cerva carissima,<br />
la graziosa gazzella’, le cui carezze avevano sempre il fresco incanto della<br />
prima sera nuziale e affascinavano dolcemente il suo amore, tenendolo fresco<br />
come fiore che una rugiada irrora e ardente come fuoco che sempre una mano<br />
alimenta. Perciò, nella loro afflizione di senza figli, l’un l’altro si dicevano<br />
‘parole di consolazione nei pensieri e negli affanni’.<br />
E su loro la Sapienza eterna, quando fu l’ora, dopo averli istruiti nella vita,<br />
li illuminò con i sogni della notte, diana del poema di gloria che doveva da<br />
essi venire e che era Maria Ss., la Madre mia. Se la loro umiltà non pensò a<br />
questo, il loro cuore però trepidò nella speranza al primo squillo della<br />
promessa di Dio. Già è certezza nelle parole di Gioacchino: ‘Spera, spera....<br />
Vinceremo Dio col nostro fedele amore’. Sognavano un figlio: ebbero la Madre di<br />
Dio.<br />
Le parole del libro della Sapienza paiono scritte per loro: ‘Per lei acquisterò<br />
gloria davanti al popolo.... per essa otterrò l’immortalità e lascerò eterna<br />
memoria di me a quelli che dopo me verranno’. Ma, per ottenere tutto questo,<br />
dovettero farsi re di una virtù verace e duratura che nessun evento lese. Virtù<br />
di fede. Virtù di carità. Virtù di speranza. Virtù di castità. La castità degli<br />
sposi! Essi l’ebbero, ché non occorre esser vergini per esser casti. E i talami<br />
casti hanno a loro custodi gli angeli e ad essi scendono figli buoni, che della<br />
virtù dei genitori fanno norma della loro vita.<br />
Ma ora dove sono? Ora non si vogliono figli, ma non si vuole però neppure la<br />
castità. Onde Io dico che l'amore e il talamo sono profanati"<br />
4. Anna con un cantico annunzia di essere madre. Nel suo seno è l’anima<br />
immacolata di Maria.<br />
24 agosto 1944<br />
Rivedo la casa di Gioacchino ed Anna. Nulla è mutato nell’interno, se si toglie<br />
i molti rami fioriti, messi in anfore qua e là, certo frutto delle potature<br />
fatte sugli alberi dell’orto che sono tutti in fiore: una nuvola che varia dal<br />
bianco neve al rosso di certi coralli.<br />
Anche il lavoro di Anna è diverso. Su un telaio più piccolo dell’altro ella<br />
tesse delle belle tele di lino, e canta, ritmando il moto del piede sul canto.<br />
Canta e sorride... A chi? A se stessa, a qualche cosa che ella vede nel suo<br />
interno.<br />
Il lento canto e pur lieto -che ho scritto a parte per seguirlo, perché lo<br />
ripete più volte come beandosi di esso, e lo dice sempre più forte e sicuro,<br />
come chi ha ritrovato un ritmo nel suo cuore e prima lo mormora in sordina e<br />
poi, sicuro, va più spedito ed alto di tono- dice (e lo trascrivo perché, nella<br />
sua semplicità, è tanto dolce):<br />
“Gloria al Signore Onnipotente che dei figli di Davide ebbe amore. Gloria<br />
al Signore!<br />
La sua suprema grazia dal Ciel m’ha visitata<br />
La vecchia pianta ha messo nuovo ramo, ed io son beata.<br />
Per la Festa delle Luci gettò seme la speranza;<br />
or di nisam la fragranza lo vede germogliar.<br />
Come il mandorlo si infiora la mia carne a primavera.<br />
Il suo frutto, sulla sera, essa sente di portar.<br />
Su quel ramo sta una rosa, sta un pomo dei più dolci.<br />
Sta una stella rilucente, sta un pargolo innocente.<br />
Sta la gioia della casa, dello sposo e della sposa.<br />
Lode a Dio, al mio Signore, che ebbe pietà di me.<br />
Me lo disse la sua luce: ‘Una stella a te verrà’.<br />
Gloria, gloria! Tuo sarà questo frutto della pianta,<br />
primo e estremo, santo e puro come dono del Signor.<br />
Tuo sarà e per lui venga gioia e pace sulla terra.<br />
Vola, o spola. Il filo serra per la tela dell’infante.<br />
Egli nasce! A Dio osannante vada il canto del mio cuor.”<br />
Entra Gioacchino quando ella sta per ripetere per la quarta volta il suo canto.
“Sei felice, Anna? Mi sembri un uccello che faccia primavera. Che canto è mai<br />
questo? Non l’ho mai udito da nessuno. Da dove viene?”<br />
“Dal mio cuore, Gioacchino.” Anna si è alzata ed ora si dirige verso lo sposo,<br />
tutta ridente. Pare più giovane e più bella.<br />
“Non ti sapevo poeta” dice il marito, guardandola con palese ammirazione. Non<br />
sembrano due sposi attempati. Nei loro sguardi è una tenerezza da giovani sposi.<br />
“Sono venuto dal fondo dell’orto udendoti cantare. Erano anni che non sentivo la<br />
tua voce di tortora innamorata. Vuoi ripetermi quel canto?”<br />
“Te lo ripeterei anche se tu non lo chiedessi. I figli di Israele hanno sempre<br />
affidato al canto i gridi più veri delle loro speranze, e gioie, e dolori. Io ho<br />
affidato al canto la cura di dirmi e di dirti una grande gioia. Sì, anche di<br />
dirmela, perché è cosa così grande che, per quanto ne sia certa, ormai, mi<br />
sembra ancora non vera...” e ricomincia il canto, ma arrivata al punto: ‘su quel<br />
ramo sta una rosa, sta un pomo dei più dolci, sta una stella...’ la sua ben<br />
tonata voce di contralto si fa prima tremula e poi si spezza, e con un<br />
singhiozzo di gioia ella guarda Gioacchino e, alzando le braccia, grida: “Sono<br />
madre, mio diletto!” e gli si rifugia sul cuore, fra le braccia che egli ha tese<br />
e che ora ha rinserrato intorno alla sua sposa felice. Il più casto e felice<br />
abbraccio che io abbia visto da quando sono al mondo. Casto e ardente nella sua<br />
castità.<br />
E il dolce rimprovero fra i capelli bianco-neri di Anna: “E non me lo dicevi?”<br />
“Perché volevo esserne certa. Vecchia come sono.... sapermi madre... Non lo<br />
potevo credere vero... e non volevo darti una delusione più amara di tutte. E’<br />
dalla fine del dicembre che io sento farsi nuove le mie viscere profonde e<br />
mettere, come dico, un nuovo ramo. Ma ora su quel ramo è sicuro il frutto...<br />
Vedi? Quella tela è già per quello che verrà.”<br />
“Non è il lino che hai comprato a Gerusalemme in ottobre?”<br />
“Sì. L’ho poi filato mentre attendevo.... e speravo. Speravo perché l’ultimo<br />
giorno, mentre pregavo nel Tempio, il più possibile che sia per una donna presso<br />
la Casa di Dio, ed era già sera... ricordi che dicevo: ‘Ancora, ancora un poco’.<br />
Non sapevo staccarmi di là senza aver avuto grazia! Ebbene, nell’ombra che già<br />
scendeva, dall’interno del luogo sacro, che io guardavo, con attrazione d’anima<br />
per strappare un assenso dal Dio presente, ho visto partire una luce, una<br />
scintilla di luce bellissima. Era candida come luna, eppure aveva in sé tutte le<br />
luci di tutte le perle e gemme che sono sulla terra. Pareva che una delle stelle<br />
preziose del Velo, le stelle poste sotto ai piedi dei cherubini, si staccasse e<br />
divenisse splendida di una luce soprannaturale... pareva che oltre il Velo<br />
sacro, dalla Gloria stessa, partisse un fuoco e venisse a me veloce, e nel<br />
tagliare l’aria cantasse con voce celeste dicendo: ‘Ciò che hai chiesto ti<br />
venga’. E’ per quello che io canto: ‘Una stella a te verrà’. Che figlio sarà mai<br />
il nostro, che si manifesta come luce di stella nel Tempio e che dice: ‘Io sono’<br />
nella Festa delle Luci? Che tu abbia visto giusto pensandomi una nuova Anna<br />
d’Elcana? Come la chiameremo la creatura nostra, che dolce come un canto<br />
d’acque sento parlarmi in seno col suo piccolo cuore che batte e batte come<br />
quello di una tortorina presa fra il cavo delle mani?”<br />
“Se sarà maschio la chiameremo Samuele. Se femmina Stella. La parola che ha<br />
fermato il tuo canto per darmi questa gioia di sapermi padre. La forma che ha<br />
preso per manifestarsi fra la sacra ombra del Tempio.”<br />
“Stella. La nostra Stella, perché, non so, penso, penso sia una bambina. Mi pare<br />
che carezze così dolci non possano venire che da una dolcissima figlia. Perché<br />
io non la porto, non ne ho sofferenza. E’ lei che porta me su un sentiero<br />
azzurro e fiorito, come se io fossi sorretta da angeli santi e la terra fosse<br />
già lontana... Ho sempre sentito dalle donne dire che il concepire e il portare<br />
è dolore. Ma io non ho dolore. Mi sento forte, giovane, fresca più di quando ti<br />
donai la mia verginità nella giovinezza lontana. Figlia di Dio -poiché è di Dio<br />
più che nostra questa che nasce da un tronco inaridito- alla sua mamma non dà<br />
pena. Ma solo le porta pace e benedizione: i frutti di Dio, suo vero Padre.”<br />
“Maria allora la chiameremo. Stella del nostro mare, perla, felicità. Il nome<br />
della prima grande donna d’Israele. Ma questa non peccherà mai contro il<br />
Signore, e a Lui solo darà il suo canto perché a Lui è offerta, ostia prima di<br />
nascere.”<br />
“A Lui è offerta, sì. Maschio o femmina che sia, dopo aver giubilato per tre<br />
anni sulla nostra creatura noi la daremo al Signore. Ostie noi pure con essa,<br />
per la gloria di Dio.”
Non vedo né odo altro.<br />
Dice Gesù:<br />
“La Sapienza dopo averli illuminati coi sogni della notte scese, Essa, ‘vapore<br />
delle virtù di Dio, certa emanazione della gloria dell’Onnipotente’ e divenne<br />
Parola per la sterile. Colui che ormai vedeva prossimo il suo tempo di redimere,<br />
Io, il Cristo, nipote di Anna, quasi cinquant’anni dopo, mediante la Parola,<br />
opererò miracoli sulle sterili e le malate, sulle ossesse, sulle desolate, su<br />
tutte le miserie della terra.<br />
Ma intanto, per la gioia di avere una Madre, ecco che mormoro arcana Parola<br />
nell’ombra del Tempio che conteneva le speranze d’Israele, del Tempio ormai al<br />
limitare della sua vita, perché nuovo e vero Tempio, non più contenente speranze<br />
di un popolo, ma certezza di Paradiso per il popolo di tutta la terra, e per i<br />
secoli dei secoli sino alla fine del mondo, sta per essere sulla terra. E questa<br />
Parola opera il miracolo di render fecondo ciò che infecondo era. E di darmi una<br />
Madre, la quale non ebbe soltanto ottimo naturale, come era sorte lo avesse<br />
nascendo da due santi; e, non avendo soltanto un’anima buona come molti ancor<br />
l’hanno, non avendo soltanto continuo accrescimento di questa bontà per il suo<br />
buon volere, non avendo soltanto un corpo immacolato, ebbe, unica fra le<br />
creature, immacolato lo spirito.<br />
Tu hai visto la generazione continua delle anime da Dio. Ora pensa quale dovette<br />
essere la bellezza di quest’anima che il Padre aveva vagheggiata da prima che il<br />
tempo fosse, di quest’anima che costituiva le delizie della Trinità, la quale<br />
Trinità ardeva di ornarla dei suoi doni per farne dono a Se stessa. O Tutta<br />
Santa, che Dio creò per Sé e poi per salute agli uomini! Portatrice del<br />
Salvatore, la prima salvezza tu fosti. Vivente Paradiso, hai col tuo sorriso<br />
cominciato a santificare la terra.<br />
L’anima creata per esser anima della Madre di Dio! Quando, da un più vivo<br />
palpito del Trino Amore, scaturì questa scintilla vitale, ne giubilarono gli<br />
angeli, ché luce più viva mai aveva visto il Paradiso. Come petalo di empirea<br />
rosa, un petalo immateriale e prezioso che era gemma e fiamma, che era alito di<br />
Dio che scendeva ad animare una carne ben diversamente che per altre, che<br />
scendeva tanto potente nel suo fuoco che la Colpa non poté contaminarla, essa<br />
valicò gli spazi e si chiuse in un seno santo.<br />
La terra aveva, e non lo sapeva ancora, il suo Fiore. Il vero, unico Fiore che<br />
fiorisce eterno: giglio e rosa, mammola e gelsomino, elianto e ciclamino insieme<br />
fusi, e con essi tutti i fiori della terra in un Fiore solo, Maria, nella quale<br />
ogni virtù e grazia si aduna.<br />
Nell’aprile la terra di Palestina pareva un enorme giardino, e fragranze e<br />
colori davano delizia al cuore degli uomini. Ma ancora ignota era la più bella<br />
Rosa. Ella era già fiorente a Dio nel segreto dell’alvo materno, poiché mia<br />
Madre amò da quando fu concepita, ma solo quando la vite dà il suo sangue per<br />
farne vino, e l’odor dei mosti, zuccherino e forte, empie le aie e le nari, Ella<br />
avrebbe sorriso prima a Dio e poi al mondo, dicendo col suo superinnocente<br />
sorriso: ‘Ecco, la Vite che vi darà il Grappolo da essere premuto nello<br />
strettoio per divenire Medicina eterna al vostro male, è fra voi’.<br />
Ho detto: ‘Maria amò da quando fu concepita’. Cosa è che dà allo spirito luce e<br />
conoscenza? La Grazia. Cosa è che leva la Grazia? Il peccato d’origine e il<br />
peccato mortale. Maria, la Senza Macchia, non fu mai priva del ricordo di Dio,<br />
della sua vicinanza, del suo amore, della sua luce, della sua sapienza. Ella<br />
potè perciò comprendere e amare quando non era che una carne che si condensava<br />
intorno ad un’anima immacolata che continuava ad amare.<br />
Più avanti ti farò contemplare mentalmente la profondità della verginità di<br />
Maria. Ne avrai una vertigine celeste come quando ti ho fatto considerare la<br />
nostra eternità. Intanto considera come il portare in seno una creatura esente<br />
dalla Macchia, che priva di Dio, dia alla madre, che pure l’ha concepita<br />
naturalmente, umanamente, una intelligenza superiore e ne faccia un profeta. Il<br />
profeta della figlia sua, che ella chiama: ‘Figlia di Dio’. E pensa cosa sarebbe<br />
stato se dai Primigenitori innocenti fossero nati innocenti figli, come Dio<br />
voleva.<br />
Questo, o uomini che dite di avviarvi al ‘superuomo’, e coi vostri vizi vi<br />
avviate unicamente al superdemone, sarebbe stato il mezzo per portare al<br />
‘superuomo’. Saper rimanere senza contaminazione di Satana per lasciare a Dio<br />
l’amministrazione della vita, della conoscenza, del bene, non desiderando più di
quanto -ed era poco meno che infinito- Dio non vi avesse dato, per poter<br />
generare, in una continua evoluzione verso il perfetto, dei figli che fossero<br />
uomini nel corpo e figli dell’Intelligenza nello spirito, ossia trionfatori,<br />
ossia forti, ossia giganti su Satana, che sarebbe stato atterrato tante migliaia<br />
di secoli avanti l’ora in cui lo sarà, e con lui tutto il suo male.”<br />
5. Nascita di Maria. La sua verginità nell’eterno pensiero del Padre.<br />
26 agosto 1944<br />
Vedo Anna uscire dall’orto-giardino. Si appoggia al braccio di una parente<br />
certo, perché le somiglia. E’ molto grossa e pare affaticata forse anche<br />
dall’afa, proprio simile a questa che accascia me.<br />
Per quanto l’orto sia ombroso, pure l’aria è rovente, pesante. Un’aria da<br />
tagliarsi come una pasta molle e calda, tanto è densa, sotto uno spietato cielo<br />
di un azzurro che la polvere sospesa negli spazi fa lievemente fosco. Da molto<br />
deve esservi siccità, perché la terra, dove non è irrigata, è letteralmente<br />
ridotta a polvere finissima e quasi bianca. Di un bianco lievemente tendente a<br />
rosa sporco, mentre è marrone rosso scuro, per essere bagnata, al piede delle<br />
piante o lungo le brevi aiuole dove crescono filari di ortaggi, e intorno ai<br />
rosai, ai gelsomini, ad altri fiori e fioretti, che sono specie sul davanti e<br />
lungo una bella pergola che taglia per metà il brolo sino al principio dei<br />
campi, ormai spogli di biade. Anche l’erba del prato, che segna la fine della<br />
proprietà, è arsiccia e rada. Solo ai margini di esso, là dove è una siepe di<br />
biancospino selvatico, già tutto tempestato dei rubini dei piccoli frutti,<br />
l’erba è più verde e folta, e là, in cerca di pastura e d’ombra, sono delle<br />
pecorelle con un piccolo mandriano.<br />
Gioacchino è intorno ai filari e agli ulivi. Ha con lui due uomini che<br />
l’aiutano. Ma, per quanto anziano, è svelto e lavora con gusto. Stanno aprendo<br />
delle piccole chiudende ai limiti di un campo, per dare acqua alle piante<br />
assetate; e l’acqua si fa strada gorgogliando fra l’erba e la terra arsa, e si<br />
stende in anelli che per un momento paiono di un cristallo giallastro e poi sono<br />
solo anelli scuri di terra umida, intorno ai tralci e agli ulivi stracarichi.<br />
Lentamente Anna, per la pergola ombrosa, sotto la quale api d’oro ronzano,<br />
ghiotte dello zucchero di acini biondi, va verso Gioacchino, che quando la vede<br />
le si affretta incontro.<br />
“Fin qui sei giunta?”<br />
“La casa è calda come un forno.”<br />
“E tu ne soffri.”<br />
“L’unica sofferenza di questa mia ultima ora di gravida. La sofferenza di tutti,<br />
uomini e bestie. Non ti accaldare troppo, Gioacchino.”<br />
“L’acqua, sperata da tanto, e che da tre giorni pareva proprio vicina, non è<br />
ancora venuta, e la campagna brucia. Buon per noi che vi è la sorgente vicina ed<br />
è così ricca d’acque. Ho aperto i canali. Poco sollievo per le piante, che hanno<br />
le foglie vizze e coperte di polvere. Ma quel tanto da tenerle in vita. Se<br />
piovesse!...” Gioacchino, con l’ansia di tutti gli agricoltori, scruta il cielo,<br />
mentre Anna, stanca, si sventola con un ventaglio che pare fatto con una foglia<br />
secca di palma, intrecciata con fili multicolori che la tengono rigida.<br />
La parente dice: “Là, oltre il Grande Hermon, sorgono nubi veloci. Vento di<br />
settentrione. Rinfrescherà e forse darà acqua.”<br />
“E’ tre giorni che si leva e poi cade col sorger della luna. Farà così ancora.”.<br />
Gioacchino è sconfortato.<br />
“Torniamo in casa. Anche qui non si respira e poi penso che sia bene tornare...”<br />
dice Anna, che sembra ancor più olivastra per un pallore che le è venuto sul<br />
viso.<br />
“Soffri?”<br />
“No. Ma sento quella gran pace che ho sentito nel Tempio quando mi fu fatta<br />
grazia, e che ho sentito ancora quando seppi d’esser madre. E’ come un’estasi.<br />
Un dolce sonno del corpo, mentre lo spirito giubila e si placa in una pace senza<br />
paragone umano. Ti ho amato, Gioacchino, e quando sono entrata nella tua casa e<br />
mi sono detta: ‘Sono sposa di un giusto’, ho avuto pace, e così tutte le volte<br />
che il tuo provvido amore aveva cure per la tua Anna. Ma questa pace è diversa.<br />
Vedi, io credo che è una pace come quella che dovette invadere, come olio che si<br />
spande e molce, lo spirito di Giacobbe, nostro padre, dopo il suo sogno
d’angeli; e, meglio ancora, simile alla pace gioiosa dei Tobia dopo che Raffaele<br />
si manifestò loro. Se mi vi sprofondo, nel gustarla essa sempre più cresce. E’<br />
come io salissi per gli spazi azzurri del cielo... e, non so perché, da quando<br />
io ho in me questa gioia pacifica, io ho un cantico in cuore, quello del vecchio<br />
Tobia. Mi pare sia stato scritto per quest’ora... per questa gioia... per la<br />
terra d’Israele che la riceve... per Gerusalemme peccatrice e ora perdonata...<br />
ma... -ma non ridete dei deliri di una madre...- ma quando dico: ‘Ringrazia il<br />
Signore per i tuoi beni e benedici il Dio dei secoli, affinché riedifichi in te<br />
il suo Tabernacolo’, io penso che colui che riedificherà nella Gerusalemme il<br />
Tabernacolo del Dio Vero sarà questo che sta per nascere..., e penso ancora che<br />
non più della Città santa, ma della mia creatura sia profetizzata la sorte<br />
quando il cantico dice: ‘Tu brillerai di luce splendida, tutti i popoli della<br />
terra a te si prostreranno, le nazioni verranno a te portando doni, adoreranno<br />
in te il Signore e terranno come santa la tua terra, perché dentro di te<br />
invocheranno il Grande Nome. Tu sarai felice nei tuoi figli, perché tutti<br />
saranno benedetti e si riuniranno presso il Signore. Beati quelli che ti amano e<br />
gioiscono della tua pace!...’ e la prima a gioirne sono io, la sua madre<br />
beata...”<br />
Anna si trascolora e si accende come cosa portata da luce lunare a gran fuoco e<br />
viceversa, nel dire queste parole. Delle dolci lacrime le scorrono sulle gote,<br />
né se ne avvede, e sorride alla sua gioia. E intanto va verso casa fra lo sposo<br />
e la parente, che ascoltano e tacciono commossi.<br />
Si affrettano perché le nubi, spinte da un vento alto, galoppano e crescono per<br />
il cielo, e la pianura si fa scura e abbrividisce per un avviso di temporale.<br />
Quando giungono alla soglia di casa, un primo lampo livido solca il cielo e il<br />
rumore del primo tuono pare il rullare di un’enorme grancassa che si mesca<br />
all’arpeggio delle prime gocce sulle foglie arse.<br />
Entrano tutti e Anna si ritira, mentre Giochino, raggiunto dai garzoni, parla<br />
sulla porta, di questa tanto attesa acqua, che è benedizione per la terra<br />
sitibonda. Ma la gioia si muta in timore, perché viene un temporale<br />
violentissimo con fulmini e nubi cariche di grandine. “Se la nube rompe, l’uva e<br />
le ulive saranno frante come da mola. Miseri noi!”<br />
Un’altra ansia ha poi Gioacchino, per la sposa a cui è giunta l’ora di dare alla<br />
luce il figlio. La parente lo rassicura che Anna non soffre affatto. Ma egli è<br />
in orgasmo, e ogni volta che la parente o altre donne, fra cui la mamma di<br />
Alfeo, escono dalla stanza di Anna per tornarvi con acqua calda e bacili e lini<br />
asciugati alla fiamma che splende ilare sul focolare centrale in un’ampia<br />
cucina, va e chiede, e non si placa per le loro rassicurazioni. Anche l’assenza<br />
di gridi da parte di Anna lo preoccupa. Dice: “Io sono uomo e non ho mai visto<br />
partorire. Ma mi ricordo d’aver sentito dire che l’assenza di doglie è<br />
fatale...”<br />
Viene la sera, anticipata dalla furia temporalesca che è violentissima. Acqua<br />
torrenziale, vento, fulmini, vi è di tutto, meno la grandine che è andata ad<br />
abbattersi altrove.<br />
Uno dei garzoni nota questa violenza e dice: "Sembra che Satana sia uscito coi<br />
suoi demoni dalla Geenna. Guarda che nubi nere! Senti che fiato di zolfo è<br />
nell'aria e fischi e sibili e voci di lamento e maledizione. Se è lui, è furente<br />
questa sera!"<br />
<strong>L'</strong>altro garzone ride e dice: “Gli sarà sfuggita una grande preda, oppure Michele<br />
lo ha percosso con nuova folgore di Dio, e lui ne ha corna e coda mozze e arse.”<br />
Passa di corsa una donna e grida: “Gioacchino! Sta per nascere! E tutto fu<br />
svelto e felice!” e scompare con un’anforetta fra le mani.<br />
Il temporale cade di colpo, dopo un ultimo fulmine così violento che sbatte<br />
contro le pareti i tre uomini; e sul davanti della casa, nel suolo dell’orto,<br />
resta a suo ricordo una buca nera e fumante. E mentre un vagito, che pare il<br />
lamento di una tortorina che per la prima volta non pigoli più ma tubi, viene da<br />
oltre la porta di Anna, un enorme arcobaleno stende la sua fascia a semicerchio<br />
su tutta l’ampiezza del cielo. Sorge, o per lo meno pare sorgere, dalla cima<br />
dell’Hermon che, baciata da una lama di sole, pare di alabastro di un bianco<br />
rosa delicatissimo; si alza fino al più terso cielo di settembre e, valicando<br />
per spazi detersi da ogni impurità, sorvola le colline di Galilea e la piana che<br />
appare, fra due alberi di fico, che è a sud, e poi ancora un altro monte; e<br />
sembra posare la sua punta estrema all’estremo orizzonte, là dove un’aspra<br />
catena di monti chiude ogni altra veduta.
“Che cosa mai vista!”<br />
“Guardate, guardate!”<br />
“Pare che leghi in un cerchio tutta la terra di Israele, e già, ma guardate, già<br />
vi è una stella mentre ancor non è scomparso il sole. Che stella! Brilla come un<br />
enorme diamante!...”<br />
“E la luna, là, è tutta piena, mentre ancor mancano tre giorni al suo esserlo.<br />
Ma guardate come splende!”<br />
Le donne sopraggiungono festanti con un batuffolino roseo fra candide tele.<br />
E’ Maria, la Mamma! Una Maria piccolina che potrebbe dormire fra il cerchio di<br />
braccia di un fanciullo, una Maria lunga al massimo quanto un braccio, una<br />
testolina di avorio tinto di rosa tenue, e delle labbruzze di carminio, che non<br />
piangono già più ma fanno l’istintivo atto si succhiare, così piccine che non si<br />
sa come faranno a prendere un capezzolo, un nasetto minuto fra due gotine tonde<br />
e, quando stuzzicandola le fanno aprire gli occhietti, due pezzettini di cielo,<br />
due puniti innocenti e azzurri che guardano, e non vedono, fra ciglia sottili e<br />
di un biondo quasi roseo, tanto è biondo. Anche i capellucci sulla testolina<br />
tonda hanno la velatura roseo-bionda di certi mieli che sono quasi bianchi.<br />
Per orecchie, due conchigliette rosee e trasparenti, perfette. E per manine...<br />
cosa sono quelle due cosine che annaspano per l’aria e poi vanno alla bocca?<br />
Chiuse come ora, due bocci di rosa borraccina che abbiano fenduto il verde dei<br />
sepali e sporgano la loro seta di rosa tenue; aperte come ora, due gioiellini<br />
d’avorio appena rosato, di alabastro appena rosato, con cinque pallide granate<br />
per unghiette. Come faranno quelle manine ad asciugare tanto pianto?<br />
E i piedini? Dove sono? Per ora sono solo uno zampettio nascosto fra i lini. Ma<br />
ecco che la parente si siede e la scopre.... Oh! i piedini! Lunghi un quattro<br />
centimetri, hanno per pianta una conchiglia corallata, per dorso una conchiglia<br />
di neve venata d’azzurro, per ditine dei capolavori di scultura lillipuziana,<br />
anche loro coronate di piccole scaglie di granata pallida. Ma come si troveranno<br />
sandaletti, quando quei piedini di bambola faranno i primi passi, tanto piccini<br />
da poter stare su quei piedini? E come faranno quei piedini a fare tanto aspro<br />
cammino e sorreggere tanto dolore sotto una croce?<br />
Ma ora questo non si sa, e si ride e sorride del suo annaspare e sgambettare,<br />
delle belle gambette tornite, delle cosce minute che fanno fossette e<br />
braccialetti tanto sono grassottelle, della pancina, una coppa capovolta, del<br />
piccolo torace perfetto sotto la cui seta candida si vede il moto del respiro e<br />
certo si ode, se, come fa il padre felice ora, vi si appoggia la bocca ad un<br />
bacio, battere un cuoricino.... Un cuoricino che è il più bello che ha la terra<br />
nei secoli dei secoli, l’unico cuore immacolato di uomo.<br />
E la schiena? Ecco che la rivoltano, e si vede la falcatura delle reni e poi le<br />
spalle grassottelle e la nuca rosea così forte che, ecco, la testolina si alza<br />
sull’arco delle vertebre minute, e pare il capino di un uccello che scruti<br />
intorno il mondo nuovo che vede, e ha un gridino di protesta per esser così<br />
mostrata, Lei, la Pura e Casta, agli occhi di tanti, Lei che uomo non vedrà mai<br />
più nuda, la Tutta Vergine, la Santa ed Immacolata. Coprite, coprite questo<br />
Boccio di giglio che non sarà mai aperto sulla terra e che darà, più bello ancor<br />
di Lei, il suo Fiore, pur restando boccio. Solo nei Cieli il Giglio del Trino<br />
Signore aprirà tutti i suoi petali. Perché lassù non vi è polvere di colpa che<br />
possa involontariamente profanare quel candore. Perché lassù vi è da accogliere,<br />
alla vista di tutto l’Empireo, il Trino Iddio che ora, fra pochi anni, celato in<br />
un cuore senza macchia, sarà in Lei: Padre, Figlio, Sposo.<br />
Eccola di nuovo fra i lini e fra le braccia del padre terreno, cui Ella<br />
somiglia. Non ora. Ora è un abbozzo d’uomo. Io dico che gli somiglia fatta<br />
donna. Della madre non ha nulla. Del padre il colore della pelle e degli occhi,<br />
e certo anche dei capelli che, se ora sono bianchi, in gioventù erano certo<br />
biondi come lo dicono le sopracciglia; del padre le fattezze, rese più perfette<br />
e gentili per essere Lei donna, e quella Donna; del padre il sorriso e lo<br />
sguardo e il modo di muoversi e la statura. Pensando a Gesù, come lo vedo, trovo<br />
che Anna ha dato la sua statura al Nipote e il colore più avorio carico della<br />
pelle. Mentre Maria non ha quell’imponenza di Anna, una palma alta e flessuosa,<br />
ma la gentilezza del padre.<br />
Anche le donne parlano del temporale e del prodigio della luna, della stella,<br />
dell’immenso arcobaleno, mentre con Gioacchino entrano dalla madre felice e le<br />
rendono la creaturina.<br />
Anna sorride ad un suo pensiero: “E’ la Stella” dice. “Il suo segno è nel cielo.
Maria, arco di pace! Maria, stella mia! Maria, pura luna! Maria, perla nostra!”<br />
“Maria la chiami?”<br />
“Sì. Maria, stella e perla e luce e pace...”<br />
“Ma vuol dire anche amarezza.... Non temi portarle sventura?”<br />
“Dio è con Lei. E’ sua da prima che fosse. Egli la condurrà per le sue vie ed<br />
ogni amarezza si muterà in paradisiaco miele. Or sii della tua mamma.... ancora<br />
per un poco, prima di esser tutta di Dio...”<br />
E la visione ha termine sul primo sonno di Anna madre e di Maria infante.<br />
27 agosto 1944<br />
Dice Gesù:<br />
“Sorgi e ti affretta, piccola amica. Ho ardente desiderio di portarti con Me<br />
nell’azzurro paradisiaco della contemplazione della Verginità di Maria. Ne<br />
uscirai con l’anima fresca come fossi tu pure testé creata dal Padre, una<br />
piccola Eva che ancora non conosce carne. Ne uscirai con lo spirito pieno di<br />
luce, perché ti tufferai nella contemplazione del capolavoro di Dio. Parlare del<br />
concepimento di Maria, la Senza Macchia, vuol dire tuffarsi nell’azzurro, nella<br />
luce, nell’amore.<br />
Vieni e leggi le glorie di Lei nel libro dell’Avo: ‘Dio mi possedete all’inizio<br />
delle sue opere, fin dal principio, avanti la creazione. Ab eterno fui<br />
stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra, non erano ancora gli<br />
abissi ed io ero già concepita. Non ancora le sorgenti dell’acque rigurgitavano<br />
ed i monti s’erano eretti nella loro grave mole, né le colline eran monili al<br />
sole, che io ero partorita. Dio non aveva ancora fatto la terra, i fiumi e i<br />
cardini del mondo, ed io ero. Quando preparava i cieli, io ero presente, quando<br />
con legge immutabile chiuse sotto la volta l’abisso, quando rese stabile in alto<br />
la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissava al mare i<br />
suoi confini e dava leggi alle acque, quando dava legge alle acque di non<br />
passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della terra, io ero con Lui<br />
a ordinare tutte le cose. Sempre nella gioia scherzavo dinanzi a Lui<br />
continuamente, scherzavo nell’universo...’ Le avete applicate alla Sapienza, ma<br />
parlan di Lei: la bella Madre, la santa Madre, la vergine Madre della Sapienza<br />
che Io sono che ti parlo.<br />
Ho voluto che tu scrivessi il primo verso di questo inno in capo al libro che<br />
parla di Lei, perché fosse confessata e nota la consolazione e la gioia di Dio;<br />
la ragione della sua costante, perfetta, intima letizia di questo Dio uno e<br />
trino, che vi regge e ama e che dall’uomo ebbe tante ragioni di tristezza; la<br />
ragione per cui perpetuò la razza anche quando, alla prima prova, s’era meritata<br />
d’esser distrutta; la ragione del perdono che avete avuto.<br />
Aver Maria che lo amasse. Oh! ben meritava creare l’uomo, e lasciarlo vivere, e<br />
decretare di perdonarlo, per avere la Vergine bella, la Vergine santa, la<br />
Vergine immacolata, la Vergine innamorata, la Figlia diletta, la Madre<br />
purissima, la Sposa amorosa! Tanto e più ancora vi ha dato e vi avrebbe dato<br />
Iddio pur di possedere la Creatura delle sue delizie, il Sole del suo sole, il<br />
Fiore del suo giardino. E tanto vi continua a dare per Lei, a richiesta di Lei,<br />
per la gioia di Lei, perché la sua gioia si riversa nella gioia di Dio e<br />
l’aumenta a bagliori che empiono di sfavillii la luce, la gran luce del<br />
Paradiso, ed ogni sfavillio è una grazia all’universo, alla razza dell’uomo, ai<br />
beati stessi, che rispondono con un loro sfavillante grido di alleluia ad ogni<br />
generazione di miracolo divino, creato dal desiderio del Dio trino di vedere lo<br />
sfavillante riso di gioia della Vergine.<br />
Dio volle mettere un re nell’universo che Egli aveva creato dal nulla. Un re<br />
che, per natura della materia, fosse il primo fra tutte le creature create con<br />
materia e dotate di materia. Un re che, per natura dello spirito, fosse poco men<br />
che divino, fuso alla Grazia come era nella sua innocente prima giornata. Ma la<br />
Mente suprema, a cui sono noti tutti gli avvenimenti più lontani nei secoli, la<br />
cui vista vede incessantemente tutto quanto era, è, e sarà; e che, mentre<br />
contempla il passato, e osserva il presente, ecco che sprofonda lo sguardo<br />
nell’ultimo futuro e non ignora come sarà il morire dell’ultimo uomo, senza<br />
confusione né discontinuità, non ha mai ignorato che il re da Lui creato per<br />
esser semidivino al suo fianco in Cielo, erede del Padre, giunto adulto al suo<br />
Regno dopo aver vissuto nella casa della madre -la terra con cui fu fatto-<br />
durante la sua puerizia di pargolo dell’Eterno per la sua giornata della terra,<br />
avrebbe commesso verso se stesso il delitto di uccidersi nella Grazia e il
ladrocinio di derubarsi del Cielo.<br />
Perché allora lo ha creato? Certo che molti se lo chiedono. Avreste preferito<br />
non essere? Non merita, anche per se stessa, pur così povera e ignuda, e fatta<br />
aspra dalla vostra cattiveria, di esser vissuta, questa giornata, per conoscere<br />
e ammirare l’infinito Bello che la mano di Dio ha seminato nell’universo?<br />
Per chi avrebbe fatto questi astri e pianeti che scorrono come saette e frecce,<br />
rigando l’arco del firmamento, o vanno, e paiono lenti, vanno maestosi nella<br />
loro corsa di bolidi, regalandovi luci e stagioni e dandovi, eterni, immutabili<br />
e pur mutabili sempre, una nuova pagina da leggere sull’azzurro, ogni sera, ogni<br />
mese, ogni anno, quasi volessero dirvi: ‘Dimenticate la carcere, lasciate le<br />
vostre stampe piene di cose oscure, putride, sporche, velenose, bugiarde,<br />
bestemmiatrici, corruttrici, e elevatevi, almeno con lo sguardo, nella<br />
illimitata libertà dei firmamenti, fatevi un’anima azzurra guardando tanto<br />
sereno, fatevi una riserva di luce da portare nella vostra carcere buia, leggete<br />
la parola che noi scriviamo cantando il nostro coro siderale, più armonioso di<br />
quello tratto da organo di cattedrale, la parola che noi scriviamo splendendo,<br />
la parola che noi scriviamo amando, poiché sempre abbiamo presente Colui che ci<br />
dette la gioia di essere, e lo amiamo per averci dato questo essere, questo<br />
splendere, questo scorrere, questo esser liberi e belli in mezzo a questo<br />
azzurro soave oltre il quale vediamo un azzurro ancor più sublime, il Paradiso,<br />
e del quale compiamo la seconda parte del precetto d’amore amando voi, prossimo<br />
nostro universale, amandovi col darvi guida e luce, calore e bellezza. Leggete<br />
la parola che noi diciamo, ed è quella su cui regoliamo il nostro canto, il<br />
nostro splendere, il nostro ridere: Dio’?<br />
Per chi avrebbe fatto quel liquido azzurro, specchio al cielo, via alla terra,<br />
sorriso d’acque, voce di onde, parola anch’essa che con fruscii di seta smossa,<br />
con risatelle di fanciulle serene, con sospiri di vecchi che ricordano e<br />
piangono, con schiaffi di violento, e cozzi, e muggiti e boati, sempre parla e<br />
dice: ‘Dio’? Il mare è per voi, come lo sono il cielo e gli astri. E col mare i<br />
laghi e i fiumi, gli stagni e i ruscelli, e le sorgenti pure, che servono<br />
tutti a portarvi, a nutrirvi, a dissetarvi e mondarvi, e che vi servono,<br />
servendo il Creatore, senza uscire a sommergervi come meritate.<br />
Per chi avrebbe fatto tutte le innumerabili famiglie degli animali, che sono<br />
fiori che volano cantando, che sono servi che corrono, che lavorano, che<br />
nutrono, che ricreano voi: i re?<br />
Per chi avrebbe fatto le innumerabili famiglie delle piante, e dei fiori che<br />
paiono farfalle, che paiono gemme e immoti uccellini, dei frutti che paiono<br />
monili o scrigni di gemme, che son tappeto ai vostri piedi, riparo alle vostre<br />
teste, svago, utile, gioia alla mente, alle membra, alla vista e all'olfatto?<br />
Per chi avrebbe fatto i minerali fra le viscere del suolo e i sali disciolti in<br />
algide o bollenti sorgive, gli zolfi, gli iodi, i bromi, se non perché se li<br />
godesse uno che non fosse Dio ma figlio di Dio? Uno: l’uomo.<br />
Alla gioia di Dio, al bisogno di Dio nulla occorreva. Egli si basta a Se stesso.<br />
Non ha che contemplarsi per bearsi, nutrirsi, vivere e riposarsi. Tutto il<br />
creato non ha aumentato di un atomo la sua infinità in gioia, bellezza, vita,<br />
potenza. Ma tutto l’ha fatto per la creatura che ha voluto mettere re nell’opera<br />
da Lui fatta: l’uomo.<br />
Per vedere tant’opera di Dio e per riconoscenza alla sua potenza che ve la dona,<br />
merita di vivere. E di esser viventi dovete esser grati. L’avreste dovuto anche<br />
se non foste stati redenti altro che alla fine dei secoli, perché, nonostante<br />
siate stati nei Primi e lo siate tuttora singolarmente, prevaricatori, superbi,<br />
lussuriosi, omicidi, Dio vi concede ancora di godere del bello dell’universo,<br />
del buono dell’universo, e vi tratta come foste dei buoni, dei figli buoni a cui<br />
tutto è insegnato e concesso per rendere loro più dolce e sana la vita. Quanto<br />
sapete, lo sapete per lume di Dio. Quanto scoprite, lo scoprite per indicazione<br />
di Dio. Nel bene. Le altre cognizioni e scoperte, che portano segno di male,<br />
vengono dal Male supremo: Satana.<br />
La Mente Suprema, che nulla ignora, prima che l’uomo fosse sapeva che l’uomo<br />
sarebbe stato di se stesso ladro e omicida. E poiché la Bontà eterna non ha<br />
limiti nel suo esser buona, prima che la Colpa fosse pensò il mezzo per<br />
annullare la Colpa. Il mezzo: Io. Lo strumento per fare del mezzo uno strumento<br />
operante: Maria. E la Vergine fu creata nel Pensiero sublime di Dio.<br />
Tutte le cose sono state create per Me, Figlio diletto del Padre. Io-Re avrei<br />
dovuto avere sotto il mio piede di Re divino tappeti e gioielli quale nessuna
eggia ne ebbe, e canti e voci, e servi e ministri intorno al mio essere quanti<br />
nessun sovrano ne ebbe, e fiori e gemme, tutto il sublime, il grandioso, il<br />
gentile, il minuto è possibile trarre dal pensiero di un Dio.<br />
Ma Io dovevo esser Carne oltre che Spirito. Carne per salvare carne. Carne per<br />
sublimare la carne, portandola in Cielo molti secoli avanti l’ora. Perché la<br />
carne abitata dallo spirito è il capolavoro di Dio, e per essa era stato fatto<br />
il Cielo. Per esser Carne avevo bisogno di una Madre. Per esser Dio avevo<br />
bisogno che il Padre fosse Dio.<br />
Ecco allora Dio crearsi la Sposa e dirle: ‘Vieni meco. Al mio fianco vedi quanto<br />
Io faccio per il Figlio nostro. Guarda e giubila, eterna Vergine, Fanciulla<br />
eterna, ed il tuo riso empia questo empireo e dia agli angeli la nota iniziale,<br />
al Paradiso insegni l’armonia celeste. Io ti guardo. E ti vedo quale sarai, o<br />
Donna immacolata che ora sei solo spirito: lo spirito in cui Io mi beo. Io ti<br />
guardo e dò l’azzurro del tuo sguardo al mare e al firmamento, il colore dei<br />
tuoi capelli al grano santo, il candore al giglio e il roseo alla rosa come è la<br />
tua epidermide di seta, copio le perle dai tuoi denti minuti, faccio le dolci<br />
fragole guardando la tua bocca, agli usignoli metto in gola le tue note e alle<br />
tortore il tuo pianto. E leggendo i tuoi futuri pensieri, udendo i palpiti del<br />
tuo cuore, Io ho il motivo di guida nel creare. Vieni, mia Gioia, abbiti i mondi<br />
per trastullo sinché mi sarai luce danzante nel Pensiero, i mondi per tuo riso,<br />
abbiti i serti di stelle e le collane d’astri, mettiti la luna sotto i piedi<br />
gentili, fàsciati nella sciarpa stellare di Galatea. Sono per te le stelle ed i<br />
pianeti. Vieni e godi vedendo i fiori, che saranno giuoco al tuo Bambino e<br />
guanciale al Figlio del tuo seno. Vieni e vedi creare le pecore e gli agnelli,<br />
le aquile e le colombe. Siimi presso mentre faccio le coppe dei mari e dei fiumi<br />
e alzo le montagne e le dipingo di neve e di selve, mentre semino le biade e gli<br />
alberi e le viti, e faccio l’ulivo per te, mia Pacifica, e la vite per te, mio<br />
Tralcio che porterai il Grappolo eucaristico. Scorri, vola, giubila, o mia<br />
Bella, e il mondo universo, che si crea d’ora in ora, impari ad amarmi da te,<br />
Amorosa, e si faccia più bello per il tuo riso, Madre del mio Figlio, Regina del<br />
mio Paradiso, Amore del tuo Dio’. E ancora, vedendo l’Errore e mirando la Senza<br />
Errore: ‘Vieni a Me, tu che cancelli l’amarezza della disubbidienza umana, della<br />
fornicazione umana con Satana, e dell’umana ingratitudine. Io prenderò con te la<br />
rivincita su Satana.’<br />
Dio, Padre Creatore, aveva creato l’uomo e la donna con una legge d’amore tanto<br />
perfetta che voi non ne potete più nemmeno comprendere le perfezioni. E vi<br />
smarrite nel pensare a come sarebbe venuta la specie se l’uomo non avesse<br />
ottenuta con l’insegnamento di Satana..<br />
Guardate le piante da frutto e da seme. Ottengono seme e frutto mediante<br />
fornicazione, mediante una fecondazione su cento coniugi? No. Dal fiore maschio<br />
esce il polline e, guidato da un complesso di leggi meteoriche e magnetiche, va<br />
all’ovario del fiore femmina. Questo si apre e lo riceve e produce. Non si<br />
sporca e lo rifiuta poi, come voi fate , per gustare il giorno dopo la stessa<br />
sensazione. Produce, e sino alla nuova stagione non si infiora, e quando<br />
s’infiora è per riprodurre.<br />
Guardate gli animali. Tutti. Avete mai visto un animale maschio ed uno femmina<br />
andare l’un verso l’altro per sterile abbraccio e lascivo commercio? No. Da<br />
vicino o da lontano, volando, strisciando, balzando o correndo, essi vanno,<br />
quando è l’ora, al rito fecondativo, né vi si sottraggono fermandosi al<br />
godimento, ma vanno oltre, alle conseguenze serie e sante della prole, unico<br />
scopo che nell’uomo, semidio per l’origine di Grazia che Io ho reso intera,<br />
dovrebbe fare accettare l’animalità dell’atto, necessario da quando siete<br />
discesi di un grado verso l’animale.<br />
Voi non fate come le piante e gli animali. Voi avete avuto a maestro Satana, lo<br />
avete voluto a maestro e lo volete. E le opere che fate sono degne del maestro<br />
che avete voluto. Ma, se foste stati fedeli a Dio, avreste avuto la gioia dei<br />
figli, santamente, senza dolore, senza spossarvi in copule oscene, indegne, che<br />
ignorano anche le bestie, le bestie senz’anima ragionevole e spirituale.<br />
All’uomo e alla donna, depravati da Satana, Dio volle opporre l’Uomo nato da<br />
Donna soprasublimata da Dio, al punto di generare senza aver conosciuto uomo:<br />
Fiore che genera Fiore senza bisogno di seme, ma per unico bacio del Sole sul<br />
calice inviolato del Giglio-Maria.<br />
La rivincita di Dio!<br />
Fischia, o Satana, il tuo livore mentre Ella nasce. Questa Pargola ti ha vinto!
Prima che tu fossi il Ribelle, il Tortuoso, il Corruttore, eri già il Vinto e<br />
Lei è la tua Vincitrice. Mille eserciti schierati nulla possono contro la tua<br />
potenza, cadono le armi degli uomini contro le tue scaglie, o Perenne, e non vi<br />
è vento che valga a disperdere il lezzo del tuo fiato. Eppure questo calcagno<br />
d’infante, che è tanto roseo da parere l’interno di una camelia rosata, che è<br />
tanto liscio e morbido che la seta è aspra al paragone, che è tanto piccino che<br />
potrebbe entrare nel calice di un tulipano e farsi di quel raso vegetale una<br />
scarpina, ecco che ti preme senza paura, ecco che ti confina nel tuo antro.<br />
Eppure ecco che il suo vagito ti fa volgere in fuga, tu che non hai paura degli<br />
eserciti, e il suo alito purifica il mondo dal tuo fetore. Sei vinto,. Il suo<br />
nome, il suo sguardo, la sua purezza sono lancia, folgore e pietrone che ti<br />
trafiggono, che ti abbattono, che ti imprigionano nella tua tana d’Inferno, o<br />
Maledetto, che hai tolto a Dio la gioia d’esser Padre di tutti gli uomini<br />
creati!<br />
Inutilmente ormai li hai corrotti, questi che erano stati creati innocenti,<br />
portandoli a conoscere e a concepire attraverso a sinuosità di lussuria,<br />
privando Dio, nella creatura sua diletta, di essere l’elargitore dei figli<br />
secondo regole che, se fossero state rispettate, avrebbero mantenuto sulla terra<br />
un equilibrio fra i sessi e le razze, atto ad evitare guerre fra popoli e<br />
sventure fra famiglie.<br />
Ubbidendo, avrebbero conosciuto l’amore. Anzi, solo ubbidendo avrebbero<br />
conosciuto l’amore e l’avrebbero avuto. Un possesso pieno e tranquillo di questa<br />
emanazione di Dio, che dal soprannaturale scende all’inferiore, perché anche la<br />
carne ne giubili santamente, essa che è congiunta allo spirito e creata dallo<br />
Stesso che le creò lo spirito.<br />
Ora il vostro amore, o uomini, i vostri amori, che sono? O libidine vestita di<br />
amore. O paura insanabile di perdere l’amore del coniuge per libidine sua e di<br />
altri. Non siete mai più sicuri del possesso del cuore dello sposo o della<br />
sposa, da quando libidine è nel mondo. E tremate e piangete e divenite folli di<br />
gelosia, assassini talora per vendicare un tradimento, disperati talaltra,<br />
abulici in certi casi, dementi in altri.<br />
Ecco che hai fatto, Satana, ai figli di Dio. Questi, che hai corrotti, avrebbero<br />
conosciuto la gioia di aver figli senza avere il dolore, la gioia di esser nati<br />
senza paura del morire. Ma ora sei vinto in una Donna e per la Donna. D’ora<br />
innanzi chi l’amerà tornerà ad essere di Dio, superando le tue tentazioni per<br />
poter guardare la sua immacolata purezza. D’ora innanzi, non potendo concepire<br />
senza dolore, le madri avranno Lei per conforto. D’ora innanzi l’avranno le<br />
spose a guida e i morenti a madre, per cui dolce sarà il morire su quel seno<br />
che è scudo contro te, Maledetto, e contro il giudizio di Dio.<br />
Maria, piccola voce, hai visto la nascita del Figlio della Vergine e la nascita<br />
al Cielo della Vergine. Hai visto perciò che ai senza colpa è sconosciuta la<br />
pena del dare alla vita e la pena nel darsi alla morte. Ma se alla<br />
superinnocente Madre di Dio fu riserbata la perfezione dei celesti doni, a<br />
tutti, che nei Primi fossero rimasti innocenti e figli di Dio, sarebbe venuto il<br />
generare senza doglie, come era giusto per aver saputo congiungersi e concepire<br />
senza lussuria, e il morire senza affanno.<br />
La sublime rivincita di Dio sulla vendetta di Satana è stata il portare la<br />
perfezione della creatura diletta ad una superperfezione, che annullasse almeno<br />
in una ogni ricordo di umanità, suscettibile al veleno di Satana, per cui non da<br />
casto abbraccio d’uomo ma da divino amplesso, che fa trascolorare lo spirito<br />
nell’estasi del Fuoco, sarebbe venuto il Figlio.<br />
La Verginità della Vergine!...<br />
Vieni. Medita questa verginità profonda, che dà nel contemplarla vertigini<br />
d’abisso! Cosa è la povera verginità forzata della donna che nessun uomo ha<br />
sposato? Meno che nulla. Cosa la verginità di quella che volle esser vergine per<br />
esser di Dio, ma sa esserlo solo nel corpo e non nello spirito, nel quale lascia<br />
entrare tanti estranei pensieri, e carezza e accetta carezze di umani pensieri?<br />
Comincia ad essere una larva di verginità. Ma ben poco ancora. Cosa è la<br />
verginità di una claustrata che vive solo di Dio? Molto. Ma sempre non è<br />
perfetta verginità rispetto a quella della Madre mia.<br />
Un coniugio vi è sempre stato, anche nel più santo. Quello di origine fra lo<br />
spirito e la Colpa. Quello che solo il Battesimo scioglie. Scioglie, ma, come di<br />
donna separata da morte dallo sposo, non rende verginità totale quale era quella<br />
dei Primi avanti il Peccato. Una cicatrice resta e duole, facendo ricordare di
sé, ed è sempre pronta a rifiorire in piaga, come certi morbi che periodicamente<br />
i loro virus acutizzano. Nella Vergine non vi è questo segno di disciolto<br />
coniugio con la Colpa.. La sua anima appare bella e intatta come quando il Padre<br />
la pensò adunando in Lei tutte le grazie.<br />
E’ la Vergine. E’ l'Unica. E’ la Perfetta. E’ la Completa. Pensata tale.<br />
Generata tale. Rimasta tale. Incoronata tale. E’ la Vergine. E’ l’abisso della<br />
intangibilità, della purezza, della grazia che si perde nell’Abisso da cui è<br />
scaturito: in Dio: Intangibilità, Purezza, Grazia perfettissime.<br />
Ecco la rivincita del Dio trino ed uno. Contro alle creature profanate Egli alza<br />
questa Stella di perfezione. Contro la curiosità malsana, questa Schiva, paga<br />
solo di amare Dio. Contro la scienza del male, questa sublime Ignorante. In Lei<br />
non è solo ignoranza dell’amore che Dio aveva dato agli uomini sposi. Ma più<br />
ancora. In Lei è l'ignotanza dei fomiti, eredità del Peccato. In Lei vi è solo<br />
la sapienza gelida e incandescente dell’Amore divino. Fuoco che corazza di<br />
ghiaccio la carne, perché sia specchio trasparente all’altare dove un Dio si<br />
sposa con una Vergine, e non si avvilisce, perché la sua Perfezione abbraccia<br />
Quella che, come si conviene a sposa, è di solo un punto inferiore allo Sposo,<br />
a Lui soggetta perché Donna, ma senza macchia come Egli è.”<br />
6. Purificazione di Anna e offerta di Maria, che è la Fanciulla perfetta per il<br />
regno dei Cieli.<br />
28 agosto 1944.<br />
Vedo Gioacchino ed Anna, insieme a Zaccaria e Elisabetta, uscire da una casa di<br />
Gerusalemme, certo di amici o parenti, e dirigersi al Tempio per la cerimonia<br />
della Purificazione.<br />
Anna ha fra le braccia la Bambina, tutta avvolta nelle fasce e, anzi, tutta<br />
stretta in un ampio tessuto di lana leggera ma che deve essere morbida e calda.<br />
E che con cura e amore ella porti e sorvegli la sua creaturina, sollevando di<br />
tanto in tanto il lembo del fine e caldo tessuto, per vedere se Maria respira<br />
bene, e poi raggiustandolo per ripararla dall’aria rigida di una giornata serena<br />
ma fredda di pieno inverno, non è da dire.<br />
Elisabetta ha degli involti fra le mani. Gioacchino trascina con una corda due<br />
grossi agnelli candidissimi, già più montoni che agnelli. Zaccaria non ha nulla.<br />
E’ tutto bello nella sua veste di lino, che un pesante mantello di lana, pure<br />
bianca, lascia intravedere. Uno Zaccaria molto più giovane di quello già visto<br />
per la nascita del Battista, nella piena virilità, come Elisabetta è una donna<br />
matura, ma ancora d’apparenza fresca, la quale, ogni volta che Anna guarda la<br />
Bambina, si piega in estasi sul visino dormiente. Anche lei è tutta bella in una<br />
veste d’un azzurro tendente al viola scuro e nel velo che le copre il capo,<br />
scendendo poi sulle spalle e sul mantello, scuro più della veste.<br />
Ma Gioacchino ed Anna, poi, sono solenni nei loro abiti di festa. Contrariamente<br />
al solito, egli non ha la tunica marrone scuro. Ma una lunga veste di un rosso<br />
cupissimo, noi diremmo ora ‘rosso S.Giuseppe’, e le frange messe al suo manto<br />
sono nuovissime e belle. In capo ha lui pure una specie di velo rettangolare,<br />
cinto da un cerchio di cuoio. Tutta roba nuova e fine.<br />
Anna, oh! non veste di scuro oggi! Ha una veste di un giallo tenuissimo, quasi<br />
color avorio vecchio, stretta alla vita, al collo e ai polsi da un cinturone<br />
che pare d’argento e oro. Il suo capo è velato da un velo leggerissimo e come<br />
damascato, pure trattenuto alla fronte da una lamina sottile ma preziosa. Al<br />
collo una collana di filigrana, e braccialetti ai polsi. Pare una regina, anche<br />
per la dignità con cui porta la veste e specie il mantello, di un giallo tenue<br />
bordato da una greca in ricamo, molto bello, tinta su tinta.<br />
“Mi sembra vederti il giorno in cui fosti sposa. Ero poco più che fanciulla,<br />
allora, ma ricordo ancora quanto eri bella e felice” dice Elisabetta.<br />
“Ma ora lo sono di più.... e ho voluto mettere la stessa veste per questo rito.<br />
L’avevo sempre tenuta per questo... e non speravo più metterla per questo.”<br />
“Il Signore ti ha molto amata...” dice con un sospiro Elisabetta.<br />
“E’ per questo che io gli dò la cosa più amata. Questo mio fiore.”<br />
“Come farai a strappartelo dal seno quando sarà l’ora?”<br />
“Ricordando che non l’avevo e che Dio me lo dette. Sarò sempre più felice ora di<br />
allora. Quando la saprò nel Tempio mi dirò: ‘Prega presso il Tabernacolo, prega<br />
il Dio d’Israele anche per la sua mamma’ e ne avrò pace. E più grande pace avrò
nel dire: ‘Ella è tutta sua. Quando questi due vecchi felici che l’ebbero dal<br />
Cielo non saranno più, Egli, l’Eterno, le sarà Padre ancora’. Credi, io ne ho la<br />
ferma convinzione, questa piccina non è nostra. Nulla io potevo più fare... Egli<br />
l’ha messa nel mio seno, dono divino per asciugare il mio pianto e confortare le<br />
nostre speranze e le nostre preghiere. Perciò è sua. Noi ne siamo i felici<br />
custodi... e di questo ne sia benedetto!”<br />
Le mura del Tempio sono raggiunte.<br />
“Mentre andate alla porta di Nicanore, io vado ad avvertire il sacerdote. E poi<br />
verrò io pure” dice Zaccaria. E scompare dietro ad un arco che immette in un<br />
cortilone cinto da portici.<br />
La comitiva continua ad inoltrare per le successive terrazze. Perché, non so se<br />
l’ho mai detto, il recinto del Tempio non è su terreno piano, ma sale, a<br />
scaglioni successivi, sempre più in alto. Ad ogni scaglione si accede mediante<br />
gradinate, ed in ogni scaglione sono cortili e portici e portali lavoratissimi,<br />
di marmo, bronzo e oro.<br />
Prima di raggiungere il posto prefisso, si fermano per liberare dagli involti le<br />
cose portate, ossia delle focacce, mi pare, larghe e basse e molto unte, della<br />
farina bianca, due colombi in una gabbiuzza di vimini e delle grosse monete<br />
d’argento, certe patacche così pesanti che per fortuna allora non c’erano<br />
tasche. Le avrebbero sfondate.<br />
Ecco la bella porta di Nicanore, tutta un lavoro di ricamo nel bronzo pesante<br />
laminato d’argento. Là è già Zaccaria, a fianco di un sacerdote tutto pomposo<br />
nella sua veste di lino.<br />
Anna riceve l’aspersione di un’acqua, suppongo lustrale, poi riceve l’ordine di<br />
avanzare verso l’ara del sacrificio. La Bambina non è più fra le sue braccia.<br />
L’ha presa Elisabetta, che resta al di qua della Porta.<br />
Invece Gioacchino entra dietro la moglie, tirandosi dietro un disgraziato<br />
agnello belante. E io...faccio come per la purificazione di Maria: chiudo gli<br />
occhi per non vedere sgozzamenti di sorta.<br />
Ora Anna è purificata.<br />
Zaccaria dice piano qualche parola al collega, il quale annuisce sorridendo. E<br />
poi si accosta al gruppo ricomposto e, felicitandosi con la madre e il padre per<br />
la loro gioia e per la loro fedeltà alle promesse, riceve il secondo agnello e<br />
la farina e le focacce.<br />
“Questa figlia è dunque sacra al Signore? La benedizione di Lui sia con lei e<br />
con voi. Ecco Anna che giunge. Sarà una delle sue maestre. Anna di Fanuel, della<br />
tribù di Aser. Vieni, donna. Questa piccina è offerta al Tempio in ostia di<br />
lode. Tu le sarai maestra, e santa crescerà sotto di te.”<br />
La già tutta bianca Anna di Fanuel vezzeggia la Bambina, che si è svegliata e<br />
guarda coi suoi occhi innocenti e stupiti tutto quel bianco e quell’oro che il<br />
sole accende.<br />
La cerimonia deve essere compiuta. Non ho visto speciale rito per l’offerta di<br />
Maria. Forse bastava dirlo al sacerdote, e soprattutto a Dio, presso il luogo<br />
sacro.<br />
“Vorrei dare l’offerta al Tempio e andare là dove vidi la luce lo scorso anno.”<br />
Vanno, accompagnati da Anna di Fanuel. Non entrano nel Tempio vero e proprio; si<br />
capisce che, essendo donne e trattandosi di una bambina, non vanno neppure là<br />
dove andò Maria per offrire il Figlio. Ma, da ben presso alla porta spalancata,<br />
guardano nell’interno semiscuro, da cui vengono dolci canti di fanciulle e<br />
brillano lumi preziosi che spandono una luce d’oro su due aiuole di testoline<br />
velate di bianco, due vere aiuole di gigli.<br />
“Fra tre anni anche tu sarai là, mio Giglio” promette Anna a Maria che guarda<br />
come affascinata verso l’interno e sorride al canto lento.<br />
“Pare comprenda” dice Anna di Fanuel. “E’ una bella bambina! Mi sarà cara come<br />
fosse delle mie viscere. Te lo prometto, o madre. Se l’età mi concederà di<br />
esserlo.”<br />
“Lo sarai, donna” dice Zaccaria. “Tu la riceverai fra le sacre fanciulle. Io<br />
pure vi sarò. Voglio esservi quel giorno per dirle di pregare per noi sin dal<br />
primo momento....” e guarda la moglie, che comprende e sospira.<br />
La cerimonia è finita e Anna di Fanuel si ritira, mentre gli altri escono dal<br />
Tempio parlando fra loro.<br />
Odo Gioacchino che dice: “Non due e i migliori, ma tutti li avrei dati i miei<br />
agnelli per questa gioia e per dare lode a Dio!”<br />
Non vedo altro.
Dice Gesù:<br />
“Salomone fa dire alla Sapienza: ‘Chi è fanciullo venga a me’. E veramente dalla<br />
rocca, dalle mura della sua città, l’eterna Sapienza diceva all’eterna<br />
Fanciulla: ‘Vieni a Me’. Ardeva di averla. Più tardi il Figlio della Fanciulla<br />
purissima dirà: ‘Lasciate venire a Me i bambini, poiché il Regno dei Cieli è<br />
loro e chi non diviene simile a loro non avrà parte nel mio Regno’. Le voci si<br />
rincorrono e, mentre la voce dal Cielo grida a Maria piccolina: ‘Vieni a Me’, la<br />
voce dell’Uomo dice, e pensa a sua Madre nel dirlo: ‘Venite a Me se sapete<br />
esser fanciulli’.<br />
Il modello ve lo do in mia Madre.<br />
Ecco la perfetta Fanciulla dal cuore di colomba semplice e puro, ecco, Quella<br />
che anni e contatti di mondo non inselvatichiscono in una barbarie di spirito<br />
corrotto, tortuoso, bugiardo. Perché Ella non lo vuole. Venite a Me guardando<br />
Maria.<br />
Tu che la vedi dimmi: il suo sguardo di infante è molto diverso da quello che le<br />
vedesti ai piedi della Croce, o nel giubilo della Pentecoste, o nell’ora che le<br />
palpebre scesero sul suo occhio di gazzella per l’ultimo sonno? No. Qui è lo<br />
sguardo incerto e stupito dell’infante, poi sarà quello stupito e verecondo<br />
dell’Annunciata, e poi quello beato della Madre di Betlemme, e poi quello<br />
adorante della mia prima sublime Discepola, poi quello straziato della Torturata<br />
del Golgota, poi il radioso sguardo della Risurrezione e Pentecoste, poi quello<br />
velato dall’estatico sonno dell’ultima visione. Ma sia che si apra alle prime<br />
viste, sia che si chiuda stanco sull’ultima luce, dopo tanto aver visto di<br />
gaudio e di orrore, l’occhio è sereno, puro, placido lembo di cielo che splende<br />
sempre uguale sotto la fronte di Maria. Ira, menzogna, superbia, lussuria, odio,<br />
curiosità, non lo sporcano mai delle loro nubi fumose.<br />
E’ l’occhio che guarda Dio con amore, sia che pianga o rida, e che per amore di<br />
Dio carezza e perdona e tutto sopporta, e dall’amore per il suo Dio è fatto<br />
inattaccabile agli assalti del Male, che tante volte si serve dell’occhio per<br />
penetrare nel cuore. L’occhio puro, riposante, benedicente che hanno i puri, i<br />
santi, gli innamorati di Dio.<br />
Io l’ho detto: ‘Lume del tuo corpo è l’occhio. Se l’occhio è puro, tutto il tuo<br />
corpo sarà illuminato. Ma se l’occhio è torbido, tutta la tua persona sarà nelle<br />
tenebre.’ I santi hanno avuto quest’occhio che è lume allo spirito e salvezza<br />
alla carne, perché come Maria non hanno che per tutta la vita guardato Dio.<br />
Anzi, più ancora, si sono ricordati di Dio.<br />
Ti spiegherò, piccola voce, cosa è il senso di questa mia parola.”<br />
7. La piccola Maria con Anna e Gioacchino. Sulle sue labbra è già la<br />
Sapienza del Figlio.<br />
29 agosto 1944<br />
Vedo ancora Anna. E’ da ieri sera che la vedo così: è seduta all’inizio della<br />
pergola ombrosa, intenta ad un lavoro di cucito. E’ tutta vestita di un color<br />
grigio sabbia, un abito molto semplice e sciolto, forse per il gran caldo che<br />
deve fare.<br />
Al termine della pergola si vedono i falciatori segare il fieno. Ma non deve<br />
essere, però, maggengo, perché l’uva è già dietro a colorarsi di d’oro, e un<br />
grosso melo mostra fra le foglie scure i suoi frutti che stanno divenendo di una<br />
lucida cera gialla e rossa, e poi il campo a grano non è che stoppia su cui<br />
ondeggiano lievi le fiammelle dei papaveri e si drizzano rigidi e sereni i<br />
fiordalisi, raggiati come una stella e azzurri come il cielo d’oriente.<br />
Dalla pergola ombrosa viene avanti una Maria piccina, ma già svelta e<br />
indipendente. Il suo breve passo è sicuro e i sandaletti bianchi non inciampano<br />
nei sassolini. Ha già in abbozzo il suo dolce passo lievemente ondulante di<br />
colomba, ed è tutta bianca come una colombina nella vesticciuola di lino lunga<br />
fino ai malleoli e ampia, arricciata al collo da un cordoncino celeste e dalle<br />
manichine corte che lasciano vedere gli avambracci rosei e grassottelli. Coi<br />
suoi capellucci serici e biondo miele, non molto ricci ma tutti a dolci onde che<br />
al termine finiscono in un lieve cannolo, gli occhi al cielo, e il dolce visino<br />
lievemente roseo e sorridente, sembra un piccolo angelo. Anche il venticello che
le entra dalle ampie maniche e le gonfia il lino della vesticciola alle spalle,<br />
contribuisce a darle l’aspetto di un piccolo angelo con le ali già socchiuse al<br />
volo.<br />
Nelle manine ha papaveri e fiordalisi e altri fioretti che crescono fra i grani,<br />
ma dei quali non so il nome. Va e, quando è prossima alla madre, spicca una<br />
breve corsa, gettando una vocina festosa e va, come una tortorina, a fermare il<br />
suo volo contro i ginocchi materni, che si sono un poco aperti per riceverla,<br />
mentre il lavoro è stato posato lì presso perché, Ella non si punga, e le<br />
braccia sono state tese ad abbracciarla.<br />
Fin qui ieri sera, e stamane si ripresenta e continua così.<br />
“Mamma! Mamma!” La tortorina bianca è tutta nel nido delle ginocchia materne,<br />
coi piccoli piedi sull’erba corta e la faccina curva sul grembo materno, e non<br />
si vede che l’oro pallido dei suoi capellucci sulla nuca sottile che Anna si<br />
curva a baciare con amore.<br />
Poi la tortorina alza il capino e dà i suoi fioretti. Tutti alla mamma, e di<br />
ogni fiore dice una storia che si è creata.<br />
Questo così azzurro e grande, è una stella che è venuta giù dal cielo per<br />
portare il bacio del Signore alla sua mamma. Ecco, lo baci lì, sul cuore, sul<br />
cuore, questo fiorellino celeste, e sentirà che ha sapore di Dio.<br />
Quest’altro, invece che è azzurro più pallido, come sono gli occhi del papà, ha<br />
scritto sulle foglie che il Signore vuole molto bene al papà perché è buono.<br />
E questo, piccino piccino, unico trovato (è un miosotis), è quello che il<br />
Signore ha fatto per dire a Maria che le vuol bene.<br />
E questi rossi, lo sa la mamma che sono? Sono pezzi della veste di re David,<br />
intrisi nel sangue dei nemici d’Israele e seminati sui campi di lotta e di<br />
vittoria. Sono nati da quei lembi di eroica veste regale, stracciata nella lotta<br />
per il Signore.<br />
Invece questo, bianco e gentile, che pare fatto di sette coppe di seta che<br />
guardino il cielo, piene di profumi, e che è nato là, presso la sorgente -glielo<br />
ha colto papà di fra le spine- è fatto con la veste che aveva re Salomone<br />
quando, nello stesso mese in cui la piccola sua nipote era nata, tanti anni -oh!<br />
quanti! quanti prima!- tanti anni prima, egli, nella pompa candida delle sue<br />
vesti, camminò in mezzo alla moltitudine d’Israele davanti all’Arca e al<br />
Tabernacolo, e giubilò per la nuvola tornata a circondar la sua gloria, e cantò<br />
il cantico e la preghiera della sua gioia.<br />
“Io voglio esser sempre come questo fiore, e come il re saggio io voglio cantare<br />
per tutta la vita cantico e preghiera davanti al Tabernacolo” termina la piccola<br />
bocca di Maria.<br />
“Mia gioia! Come sai queste cose sante? Chi te le dice? Il padre tuo?”<br />
“No. Non so chi sia. Mi par di averle sempre sapute. Ma forse è uno che me le<br />
dice e che io non vedo. Forse uno degli angeli che Dio manda a parlare agli<br />
uomini che son buoni. Mamma, me ne racconti ancora?...”<br />
“Oh! figlia mia! Quale fatto vuoi sapere?”<br />
Maria pensa; seria e raccolta, è da pitturarsi per eternarne l’espressione. Sul<br />
visetto infantile si riflettono l’ombre dei suoi pensieri. Sorrisi e sospiri,<br />
raggi di sole e ombre di nubi, pensando alla storia d’Israele. Poi sceglie:<br />
“Ancora quello di Gabriele a Daniele, in cui è promesso il Cristo.”<br />
E ascolta ad occhi chiusi, ripetendo piano le parole che la madre le dice, come<br />
per ricordarsele meglio. Quando Anna termina, chiede: “Quanto manca ancora ad<br />
aver l’Emmanuele?”<br />
“Trent’anni circa, diletta.”<br />
“Quanto ancora! E io sarò nel Tempio... Dimmi, se io pregassi tanto, tanto,<br />
tanto, giorno e notte, notte e giorno, e volessi esser solo di Dio, per tutta la<br />
vita, per questo scopo, l’Eterno mi farebbe la grazia di dare prima il Messia al<br />
suo popolo?”<br />
“Non lo so, cara. Il Profeta dice: ‘Settanta settimane’. Credo che profezia non<br />
erri. Ma è tanto buono il Signore” si affretta ad aggiungere Anna, vedendo<br />
imperlarsi di un pianto le ciglia d’oro della sua bambina, “che io credo che se<br />
tu pregherai tanto, tanto, tanto, Egli ti esaudirà”<br />
Il sorriso torna sul visetto che è lievemente alzato verso la madre, e un<br />
occhiellino di sole che passa fra due pampini fra brillare le stille del già<br />
cessato pianto, come fossero goccioline di rugiada sospese agli steli esilissimi<br />
del musco alpino.
“E allora io pregherò e mi farò vergine per questo.”<br />
“Ma tu sai cosa vuol dire tal cosa?”<br />
“Vuol dire non conoscere amore d’uomo ma solo di Dio. Vuol dire non aver altro<br />
pensiero che per il Signore. Vuol dire rimanere bambine nella carne e angeli nel<br />
cuore. Vuol dire non avere occhi altro che per guardare Dio, orecchie per<br />
udirlo, bocca per lodarlo, mani per offrirsi ostie, piedi per seguirlo veloci, e<br />
cuore e vita per darli a Lui.”<br />
“Te benedetta! Ma allora non avrai mai bambini, tu che ami tanto i bambini e gli<br />
agnellini e le tortorine... Sai? Un bambino per una donna è come un agnellino<br />
bianco e ricciuto, è come una colombina dalle piume si seta e la bocca di<br />
corallo che si possono amare, baciare e sentirsi dire: ‘Mamma’.<br />
“Non importa. Io sarò di Dio. Nel Tempio pregherò. E forse un giorno vedrò<br />
l’Emmanuele. La Vergine che gli deve esser Madre, come dice il gran Profeta, già<br />
deve esser nata ed è nel Tempio... Io le sarò compagna... e ancella.... Oh! sì!<br />
Se la potessi conoscere, per luce di Dio, la vorrei servire, quella beata! E,<br />
dopo, ella mi porterebbe il Figlio, mi porterebbe al suo Figlio, e servirei Lui<br />
pure. Pensa, mamma!... Servire il Messia!!...” Maria è sopraffatta da questo<br />
pensiero che la sublima e la annienta insieme. Con le manine incrociate sul<br />
piccolo seno e la testolina un poco curva in avanti e accesa d’emozione, pare<br />
una infantile riproduzione dell’Annunciata che io vidi. Riprende: “Ma me lo<br />
permetterà il Re d’Israele, l’Unto di Dio, di servirlo?”<br />
“Non ne aver dubbi. Non dice re Salomone: ‘Sessanta son le regine e ottanta le<br />
altre mogli e le fanciulle son senza numero’? Tu vedi che nella reggia del Re<br />
saranno senza numero le fanciulle vergini che serviranno il Signore.”<br />
“Oh! vedi allora che devo esser vergine? Lo devo. Se Egli per madre vuole una<br />
vergine, è segno che ama sopra ogni cosa la verginità. Voglio mi ami, me, sua<br />
serva, per la verginità che mi farà un poco simile alla sua Madre diletta....<br />
Questo voglio...Vorrei anche esser peccatrice, tanto peccatrice, se non temessi<br />
di offendere il Signore... Dimmi, mamma. Si può esser peccatrici per amore di<br />
Dio?”<br />
“Ma che dici, tesoro? Io non comprendo.”<br />
“Voglio dire: peccare per poter essere amata da Dio che diviene Salvatore. Si<br />
salva chi è perduto. Non è vero? Io vorrei esser salvata dal Salvatore per avere<br />
il suo sguardo d'amore. Per questo vorrei peccare, ma non fare peccato che lo<br />
disgusti. Come potrò salvarmi, se non mi perdo?”<br />
Anna è sbalordita. Non sa più che dire.<br />
La soccorre Gioacchino che, camminando sull’erba, si è avvicinato senza rumore<br />
dietro la siepe dei tralci bassi. “Ti ha salvata avanti, perché sa che tu lo ami<br />
e vuoi amare Lui solo. Per questo tu sei già redenta e puoi esser vergine come<br />
tu vuoi” dice Gioacchino.<br />
“Davvero, padre mio?” Maria gli si stringe ai ginocchi e lo guarda con le chiare<br />
stelle dei suoi occhi, così simili a quelli paterni e così felici per questa<br />
speranza che il padre le dà.<br />
“In verità, piccolo amore. Guarda. Io ti portavo ora questo piccolo passero<br />
volato, al suo primo volo, presso la fonte. Avrei potuto lasciarlo, ma le sue<br />
deboli ali e le zampine di seta non avevano la forza di sollevarsi a nuovo volo<br />
o di rattenerlo sulle pietre muscose che scivolano. Sarebbe caduto nella fonte.<br />
Non ho aspettato che avvenisse. L’ho preso e te lo dono. Ne fari ciò che vuoi.<br />
Il fatto è che è stato salvato prima di cadere nel pericolo. Lo stesso, Dio l’ha<br />
fatto con te. Ora dimmi, Maria. Ho amato più il passero salvandolo prima, o<br />
l’avrei amato di più salvandolo poi?”<br />
“Ora l’hai amato, perché non hai permesso si facesse male coll’acqua gelata.”<br />
“E Dio ti ha amata di più, perché ti ha salvata avanti che tu peccassi.”<br />
“Ed io allora lo amerò del tutto. Del tutto. Passerino bello, io son come te. Il<br />
Signore ci ha amati in modo uguale, dandoci salvezza... Ora io ti alleverò e poi<br />
ti lascerò andare. E tu canterai nel bosco e io nel Tempio le lodi di Dio, e<br />
diremo: ‘Manda, manda il tuo Promesso a chi attende’. Oh! papà mio! Quando mi<br />
conduci al Tempio?”<br />
“Presto, mia perla. Ma non ti duole lasciare il padre tuo?”<br />
“Tanto! Ma tu verrai... e poi, se non facesse male, che sacrificio sarebbe?”<br />
“E ti ricorderai di noi?”<br />
“Sempre. Dopo la preghiera per l’Emmanuele io pregherò per voi. Che Dio vi dia<br />
gioia e lunga vita... sino al giorno in cui Egli sarà Salvatore. Poi dirò che vi<br />
prenda per portarvi alla Gerusalemme del Cielo.”
La visione mi cessa con Maria stretta nel laccio delle braccia paterne...<br />
Dice Gesù:<br />
“Sento già i commenti dei dottori del cavillo: ‘Come può una bambina di non<br />
ancora tre anni parlare così? E’ una esagerazione’. E non riflettono che loro mi<br />
fanno mostruoso alterando la mia infanzia ad atti da adulto.<br />
L’intelligenza non viene a tutti nello stesso modo e tempo. La Chiesa ha fissato<br />
la responsabilità delle azioni a sei anni, perché quella è l’età in cui anche un<br />
tardivo può distinguere, almeno rudimentalmente, il bene e il male. Ma vi sono<br />
bambini che molto prima sono capaci di discernere e intendere e volere con<br />
ragione già sufficientemente sviluppata. La piccola Imelde Lambertini, Rosa da<br />
Viterbo, Nellie Organ, Nennolina, vi diano base, o dottori difficili, per<br />
credere che mia Madre potesse pensare e parlare così. Non ho preso che quattro<br />
nomi a caso nelle migliaia di santi bambini che popolano il mio Paradiso, dopo<br />
aver ragionato da adulti sulla terra per più o meno anni.<br />
Cosa è la ragione? Un dono di Dio. Dio la può dunque dare nella misura che<br />
vuole, a chi vuole e quando vuole darla. La ragione è, anzi, una delle cose che<br />
più vi fanno somiglianti a Dio, Spirito intelligente e ragionante. La ragione e<br />
l’intelligenza furono grazie date da Dio all’Uomo nel Paradiso terrestre. E come<br />
erano vive quando la Grazia era viva, ancora intatta e operante nello spirito<br />
dei due Primi!<br />
Nel libro di Gesù Bar Sirac è detto. ‘Ogni sapienza viene dal Signore Iddio ed è<br />
stata sempre con Lui anche avanti i secoli’. Quale sapienza avrebbero perciò<br />
avuto gli uomini se fossero rimasti figli a Dio?<br />
Le vostre lacune nell’intelligenza sono il frutto naturale del vostro<br />
decadimento nella Grazia e nell’onestà. Perdendo la Grazia vi siete allontanata,<br />
per secoli, la Sapienza. Come meteora che si nasconde dietro a nebulosità di<br />
chilometri, la Sapienza non vi è più giunta coi suoi netti bagliori, ma<br />
attraverso foschie che le prevaricazioni vostre rendevano sempre più gravi.<br />
Poi è venuto il Cristo e vi ha reso la Grazia, dono supremo dell’amore di Dio.<br />
Ma voi la sapete custodire, questa gemma, netta e pura? No. Quando non la<br />
frantumate con individuale volontà di peccato, la sporcate con le continue colpe<br />
minori, le debolezze, le simpatie al vizio, anche le simpatie, che, se non sono<br />
veri coniugi col vizio settiforme, sono indebolimento della luce della Grazia e<br />
della sua attività. Avete poi, a indebolire la magnifica luce dell’intelligenza<br />
che Dio aveva dato ai Primi, secoli e secoli di corruzioni, che si ripercuotono<br />
deleterie sul fisico e sulla mente.<br />
Ma Maria era non solo la Pura, la nuova Eva ricreata per gioia di Dio: era la<br />
super Eva, era il capolavoro dell’Altissimo, era la Piena di Grazia, era la<br />
Madre del Verbo nella mente di Dio.<br />
‘Fonte della Sapienza’ dice Gesù Bar Sirac ‘è il Verbo’. Il Figlio non avrà,<br />
dunque, messo sul labbro della Madre la sua sapienza?<br />
Se a un Profeta, che doveva dire le parole che il Verbo, la Sapienza, gli<br />
affidava per dirle agli uomini, fu mondata la bocca coi carboni ardenti, non<br />
avrà l’Amore, alla sua Sposa infante che doveva portare la Parola, nettata ed<br />
esaltata la favella, perché non più parlasse da bambina e poi da donna, ma solo<br />
e sempre da creatura celeste, fusa alla gran luce e sapienza di Dio?<br />
Il miracolo non è nell’intelligenza superiore mostrata in puerile età da Maria,<br />
come poi da Me. Il miracolo è nel contenere la Intelligenza infinita, che vi<br />
abitava, negli argini atti a non trasecolare le folle e a non svegliare<br />
l’attenzione satanica.<br />
Ancora parlerò su questo, che rientra nel ‘ricordarsi’ che i santi hanno di<br />
Dio”.<br />
8. Maria accolta nel Temoio. Ella, nella sua umiltà, non sapeva di essere la<br />
Piena di Sapienza.<br />
30 agosto 1944<br />
Vedo Maria fra mezzo al padre e alla madre camminare per le vie di Gerusalemme.<br />
I passanti si fermano a guardare la bella Bambina, tutta vestita di un bianco di<br />
neve e avvolta in un leggerissimo tessuto che per i suoi disegni, a rami e
fiori, più opachi fra il tenue dello sfondo, mi pare sia lo stesso che aveva<br />
Anna il giorno della sua Purificazione. Soltanto che, mentre ad Anna esso non<br />
sorpassava la cintura, a Maria, piccolina, scende fin quasi a terra e l’avvolge<br />
in una nuvoletta leggera e lucida di una vaghezza rara.<br />
Il biondo dei capelli sciolti sulle spalle, meglio, sulla nuca gentile, traspare<br />
là dove non vi è damascatura nel velo, ma unicamente il fondo leggerissimo. Il<br />
velo è trattenuto sulla fronte da un nastro di un azzurro pallidissimo, su cui,<br />
certamente per opera della mamma, sono ricamati in argento dei piccoli gigli.<br />
L’abito, come ho detto, candidissimo, scende fino a terra, e i piedini appena si<br />
mostrano nel passo, coi loro sandaletti bianchi. Le manine sembrano due petali<br />
di magnolia che escano dalla lunga manica. Tolto il cerchio azzurro del nastro,<br />
non vi è altro punto di colore. Tutto è bianco. Maria pare vestita di neve.<br />
Gioacchino ed Anna sono vestiti, lui con lo stesso abito della Purificazione, e<br />
Anna, invece di viola scurissimo. Anche il mantello, che le copre anche il capo,<br />
è viola scuro. Ella se lo tiene molto calato sugli occhi. Due poveri occhi di<br />
mamma, rossi di pianto, che non vorrebbero piangere, e non vorrebbero,<br />
soprattutto, esser visti piangere, ma che non possono non piangere sotto la<br />
protezione del manto. Protezione che serve per i passanti, e anche per<br />
Gioacchino, che del resto ha il suo occhio, sempre sereno, oggi arrossato e<br />
opaco di lacrime già scese e ancora scendenti, e che va molto curvo sotto il suo<br />
velo messo a quasi turbante, con le ali laterali che scendono lungo il viso.<br />
Un vecchio affatto, ora, Gioacchino. Chi lo vede deve pensarlo nonno e forse<br />
bisnonno della piccolina che egli ha per mano. La pena di perderla dà al povero<br />
padre un passo strascicante, una lassezza di tutto il portamento che lo<br />
invecchia di un vent’anni, e il viso pare quello di un malato oltre che vecchio,<br />
tanto è stanco e triste, con la bocca che ha un leggero tremito fra le due<br />
rughe, che sono così marcate oggi, ai lati del naso.<br />
Cercano i due di celare il pianto. Ma, se possono farlo per molti, non lo<br />
possono per Maria, che per la sua statura li vede dal basso in alto e, alzando<br />
il piccolo capo, guarda alternativamente il padre e la madre. Ed essi si<br />
sforzano di sorriderle con la bocca che trema, e aumentano la stretta della loro<br />
mano sulla manina minuta ogni volta che la loro figliolina li guarda e sorride.<br />
Devono pensare: “Ecco. Un’altra volta di meno da vedere questo sorriso.”<br />
Vanno piano. A rilento. Pare vogliano protrarre il più a lungo il loro cammino.<br />
Tutto serve a fermarsi.... Ma una strada deve pur finire! E questa sta per<br />
finire. Ecco là, in cima a questo ultimo pezzo di strada che sale, le mura di<br />
cinta del Tempio. Anna ha un gemito e stringe più forte la manina di Maria.<br />
“Anna, cara, io sono con te!” dice una voce, uscendo dall’ombra di un basso arco<br />
gettato su un incrocio di strade. E Elisabetta, che certo era in attesa, la<br />
raggiunge e stringe al cuore. E, posto che Anna piange, le dice: “Vieni, vieni<br />
in questa casa amica per un poco. Poi andremo insieme. Vi è anche Zaccaria.”<br />
Entrano tutti in una stanza bassa e scura, in cui è lume un vasto fuoco. La<br />
padrona, certo amica di Elisabetta, ma estranea ad Anna, cortesemente si ritira<br />
lasciando liberi i sopraggiunti.<br />
“Non credere che io sia pentita, o che dia con mala volontà il mio tesoro al<br />
Signore” spiega Anna fra le lacrime.... “ma è che il cuore... oh! il mio cuore<br />
come duole, il mio vecchio cuore che torna nella sua solitudine di senza<br />
figli!... Se sentissi...”<br />
“Lo capisco, Anna mia... Ma tu sei buona e Dio ti conforterà nella tua<br />
solitudine. Maria pregherà per la pace della sua mamma. Non è vero?”<br />
Maria carezza le mani materne e le bacia, se le passa sul viso per esserne<br />
carezzata, e Anna serra fra le sue quel visino e lo bacia, lo bacia. Non si<br />
sazia di baciare.<br />
Entra Zaccaria e saluta: “Ai giusti la pace del Signore.”<br />
“Sì” dice Gioacchino, “supplicaci pace, perché le nostre viscere tremano<br />
nell’offerta come quelle di padre Abramo mentre saliva il monte, e noi non<br />
troveremo altra offerta per riscattare questa. Né lo vorremmo fare, perché siamo<br />
fedeli a Dio. Ma soffriamo, Zaccaria. Sacerdote di Dio, comprendici e non ti<br />
scandalizzare di noi.”<br />
“Mai. Anzi, il vostro dolore, che sa non soverchiare il lecito e portarvi<br />
all’infedeltà, mi è scuola nell’amare l’Altissimo. Ma fatevi cuore. Anna<br />
profetessa avrà molta cura di questo fiore di Davide e di Aronne. In questo<br />
momento è l’unico giglio della sua stirpe santa che Davide abbia nel Tempio, e<br />
sarà curato come perla regale. Per quanto i tempi volgano al termine e dovrebbe
esser cura delle madri della stirpe di consacrare le figlie al Tempio, poiché da<br />
una vergine di Davide uscirà il Messia, pure, per rilassamento di fede, i posti<br />
delle vergini sono vuoti. Troppo poche nel Tempio, e di questa stirpe regale<br />
nessuna, dopo che ne uscì sposa, or son tre anni, Sara di Eliseo. Vero che<br />
ancora sei lustri mancano al termine, ma... Ebbene, speriamo che Maria sia la<br />
prima di molte vergini di Davide davanti al Sacro Velo. E poi.... chissà...”<br />
Zaccaria non dice altro. Ma guarda pensoso Maria. Poi riprende: “Io pure<br />
veglierò su di Lei. Sono sacerdote ed ho il mio potere là dentro. Lo userò per<br />
quest’angelo. E Elisabetta verrà sovente a trovarla....”<br />
“Oh! di certo! Io ho tanto bisogno di Dio e verrò a dirlo a questa Bambina,<br />
perché lo dica all’Eterno.”<br />
Anna è rinfrancata. Elisabetta, per sollevarla più ancora, chiede: “Non è il tuo<br />
velo di sposa questo? Oppure hai filato del nuovo bisso?”<br />
“E’ quello. Lo consacro con Essa al Signore. Non ho più occhi... E anche le<br />
ricchezze sono molto scemate per tasse e sventure.... Non mi era lecito fare<br />
gravi spese. Ho provveduto solo ad un ricco corredo per il suo tempo nella Casa<br />
di Dio e per poi... perché penso che non sarò io quella che la vestirà per le<br />
nozze... e voglio sia sempre la mano di sua mamma, anche se fredda e immota, che<br />
la para alle nozze e le fila i lini e le vesti da sposa.”<br />
“Oh! perché pensare così?!”<br />
“Sono vecchia, cugina. Mai come sotto questo dolore me lo sento. L’ultime forze<br />
della mia vita le ho date a questo fiore, per portarlo e nutrirlo, ed ora... ed<br />
ora... sulle estreme soffia il dolore di perderlo e le disperde.”<br />
“Non dire così, per Gioacchino.”<br />
“Hai ragione. Vedrò di vivere per il mio uomo.”<br />
Gioacchino ha fatto mostra di non sentire, intento ad ascoltare Zaccaria, ma ha<br />
udito e sospira forte con gli occhi lucidi di pianto.<br />
“Siamo a mezzo fra terza e sesta. Credo sarebbe bene andare” dice Zaccaria.<br />
Si alzano tutti per rimettersi i mantelli e andare.<br />
Ma prima di uscire Maria si inginocchia sulla soglia a braccia aperte: un<br />
piccolo cherubino implorante: “Padre! Madre! La vostra benedizione!”<br />
Non piange, la piccola forte. Ma le labbruzze tremano e la voce, spezzata da un<br />
interno singulto, ha più che mai il trepido gemito della tortorina. Il visetto è<br />
più pallido e l’occhio ha quello sguardo di rassegnata angoscia che, più forte<br />
fino a divenire inguardabile senza soffrirne profondamente, le vedrò sul<br />
Calvario e nel Sepolcro.<br />
I genitori la benedicono e la baciano. Una, due, dieci volte. Non se ne sanno<br />
saziare... Elisabetta piange silenziosamente e Zaccaria, per quanto non voglia<br />
mostrarlo, è commosso.<br />
Escono. Maria fra il padre e la madre, come prima. Davanti, Zaccaria e la<br />
moglie.<br />
Eccoli dentro le mura del Tempio. “Vado dal Sommo Sacerdote. Voi salite sino<br />
alla Grande Terrazza.”<br />
Valicano tre cortili e tre atri sovrapposti. Eccoli ai piedi del vasto cubo di<br />
marmo incoronato d’oro. Ogni cupola, convessa come una mezza arancia enorme,<br />
sfolgora al sole che ora, sul mezzodì, cade a perpendicolo sul vasto cortile che<br />
circonda il fabbricato solenne, ed empie il vasto piazzale e l’ampia scalinata<br />
che conduce al Tempio. Solo il portico che fronteggia la scalinata, lungo la<br />
facciata, è in ombra, e la porta altissima di bronzo e oro è ancor più scura e<br />
solenne in tanta luce.<br />
Maria pare ancor più di neve fra il gran sole. Eccola ai piedi della scalinata.<br />
Fra padre e madre. Come deve battere il cuore a quei tre! Elisabetta è a fianco<br />
di Anna, ma un poco indietro, di un mezzo passo.<br />
Uno squillio di trombe argentine e la porta gira sui cardini, che pare diano<br />
suono di cetra nel girare sulle sfere di bronzo. Appare l’interno con le sue<br />
lampade nel profondo, ed un corteo viene dall’interno verso l’esterno. Un<br />
pomposo corteo fra suoni di trombe argentee, nuvole d’incenso e luci.<br />
Eccolo sulla soglia. Davanti, colui che deve essere il Sommo Sacerdote. Un<br />
vecchio solenne, vestito di lino finissimo, e sul lino una più corta tunica pure<br />
di lino, e su questa una specie di pianeta, qualcosa fra la pianeta e la veste<br />
dei diaconi, multicolore: porpora e oro, violaceo e bianco vi si alternano e<br />
brillano come geme al sole; due gemme vere brillano su esso ancor più vivamente<br />
al sommo delle spalle. Forse sono fibbie con il loro castone prezioso. Sul<br />
petto, una larga placca splendente di gemme, sostenuta da una catena d’oro. E
pendagli e ornamenti splendono alla base della tunica corta, e oro splende sulla<br />
fronte al disopra del copricapo, che mi ricorda quello dei preti ortodossi, la<br />
loro mitra fatta a cupola anziché a punta come quella cattolica.<br />
Il solenne personaggio viene avanti, da solo, sino al principio della scalinata,<br />
nell’oro del sole che lo fa ancora più splendido. Gli altri attendono stesi a<br />
corona fuor dalla porta, sotto il portico ombroso. A sinistra è un gruppo<br />
candido di fanciulle con Anna profetessa e altre anziane, certo maestre.<br />
Il Sommo Sacerdote guarda la Piccola e sorride, Le deve parere ben piccina ai<br />
piedi di quella scalinata degna di un tempio egizio! Alza le braccia al cielo in<br />
una preghiera. Tutti curvano il capo, come annichiliti davanti alla maestà<br />
sacerdotale in comunione con la Maestà Eterna.<br />
Poi, ecco. Un cenno a Maria. E Lei si stacca dalla madre e dal padre e sale,<br />
come affascinata sale. E sorride. Sorride all’ombra del Tempio, là dove scende<br />
il Velo prezioso... E’ in alto della scalinata, ai piedi del Sommo Sacerdote che<br />
le impone le mani sul capo. La vittima è accettata. Quale ostia più pura aveva<br />
mai avuto il Tempio?<br />
Poi si volge e, tenendole la mano sulla spalla come a condurla all’ara,<br />
l’Agnellina senza macchia, la conduce presso la porta del Tempio. Prima di farla<br />
entrare chiede: “Maria di David, sai il tuo voto?”. Al “sì” argentino che gli<br />
risponde, egli grida: “Entra, allora. Cammina in mia presenza e sii perfetta.”<br />
E Maria entra e l’ombra l’inghiotte, e lo stuolo delle vergini e delle maestre,<br />
poi quello dei leviti, sempre più la nascondono, la separano... Non c’è più....<br />
Ora anche la porta gira sui cardini armoniosi. Uno spiraglio sempre più stretto<br />
permette vedere il corteo che inoltra verso il Santo. Ora è proprio un filo. Ora<br />
non è più niente. Chiusa.<br />
All’ultimo accordo dei sonori cardini risponde un singhiozzo dei due vecchi ed<br />
un grido unico: “Maria! Figlia!”; e poi due gemiti che invocano: “Anna!”,<br />
“Gioacchino!”; e terminano: “Diamo gloria al Signore, che la riceve nella sua<br />
Casa e la conduce sulla sua via.”<br />
E tutto finisce così.<br />
Dice Gesù:<br />
“Il Sommo Sacerdote aveva detto: ‘Cammina in mia presenza e sii perfetta’. Il<br />
Sommo Sacerdote non sapeva che parlava alla Donna solo a Dio inferiore in<br />
perfezione. Ma parlava in nome di Dio e perciò sacro era il suo ordine. Sempre<br />
sacro, ma specie alla Ripiena di Sapienza.<br />
Maria aveva meritato che la ‘Sapienza la prevenisse le si mostrasse per prima’<br />
perché ‘dal principio del suo giorno Ella aveva vegliato alla sua porta e,<br />
desiderando d’istruirsi, per amore, volle esser pura per conseguire l’amore<br />
perfetto e meritare di averla a maestra’.<br />
Nella sua umiltà non sapeva di possederla da prima d’esser nata e che l’unione<br />
con la Sapienza non era che un continuare i divini palpiti del Paradiso. Non<br />
poteva immaginare questo. E quando nel silenzio del cuore Dio le diceva parole<br />
sublimi, Ella umilmente pensava fossero pensieri di orgoglio, e levando a Dio un<br />
cuore innocente supplicava: ‘Pietà della tua serva, Signore!’<br />
Oh! veramente che la vera Sapiente, la eterna Vergine, ha avuto un sol pensiero<br />
sin dall’alba del suo giorno: ‘Rivolgere a Dio il suo cuore sin dal mattino<br />
della vita e vegliare per il Signore, pregando davanti all’Altissimo’, chiedendo<br />
perdono per la debolezza del suo cuore, come la sua umiltà le suggeriva di<br />
credere, e non sapeva di anticipare le richieste di perdono dei peccatori, che<br />
avrebbe fatto ai piedi della Croce insieme al Figlio morente.<br />
‘Quando poi il gran Signore lo vorrà, Ella sarà riempita dello Spirito<br />
d’intelligenza’ e comprenderà allora la sua sublime missione. Per ora non è che<br />
una pargola, che nella pace sacra del Tempio allaccia, ‘riallaccia’ sempre più<br />
stretti i suoi conversari, i suoi affetti, i suoi ricordi con Dio.<br />
Questo è per tutti.<br />
Ma per te, piccola Maria, non ha nulla di particolare da dire il tuo Maestro?<br />
‘Cammina in mia presenza, sii perciò perfetta’. Modifico lievemente la sacra<br />
frase e te la do per ordine. Perfetta nell’amore, perfetta nella generosità,<br />
perfetta nel soffrire.<br />
Guarda una volta di più la Mamma. E medita su quello che tanti ignorano, o<br />
vogliono ignorare, perché il dolore è materia troppo ostica al loro palato e al<br />
loro spirito. Il dolore. Maria lo ha avuto dalle prime ore della vita. Esser<br />
perfetta come Ella era, era possedere anche una perfetta sensibilità. Perciò più
acuto doveva esserle il sacrificio. Ma per questo più meritorio. Chi possiede<br />
purezza possiede amore, chi possiede amore possiede sapienza, chi possiede<br />
sapienza possiede generosità ed eroismo, perché sa il perché per cui si<br />
sacrifica.<br />
In alto il tuo spirito anche se la croce ti curva, ti spezza, ti uccide. Dio è<br />
con te.”<br />
9. La morte di Gioacchino e Anna fu dolce, dopo una vita di sapiente fedeltà<br />
a Dio nelle prove.<br />
31 agosto 1944<br />
Dice Gesù:<br />
“Come un rapido crepuscolo d’inverno, in cui un vento di neve accumuli nubi sul<br />
cielo, la vita dei miei nonni conobbe rapida la notte, dopo che il loro Sole si<br />
era fissato a splendere davanti alla Sacra Cortina del Tempio.<br />
Ma non è detto: ‘La Sapienza ispira vita ai suoi figli, prende sotto la sua<br />
protezione quelli che la cercano... Chi ama lei ama la vita e chi veglia per lei<br />
godrà la sua pace. Chi la possiede avrà in eredità la vita... Chi la serve<br />
ubbidirà al Santo e chi l’ama è molto amato da Dio... Se crederà in lei l’avrà<br />
in eredità, che sarà confermata ai suoi discendenti perché l’accompagna nella<br />
prova. Prima di tutto lo sceglie, poi manderà sopra di lui timori, paure e<br />
prove, lo tormenterà con la sferza della sua disciplina, finché l’abbia provato<br />
nei suoi pensieri e possa fidarsi di lui. Ma poi gli darà stabilità, tornerà a<br />
lui per diritto cammino e lo renderà contento. Scoprirà a lui i suoi arcani,<br />
metterà in lui tesori di scienza e di intelligenza nella giustizia.’?<br />
Sì, è detto questo. I libri sapienziali sono applicabili a tutti gli uomini che<br />
in essi hanno uno specchio dei loro comportamenti e una guida. Ma felici coloro<br />
che possono esser ravvisati fra gli spirituali amanti della Sapienza.<br />
Io mi sono circondato di sapienti, nella mia parentela mortale. Anna,<br />
Gioacchino, Giuseppe, Zaccaria, e più ancora Elisabetta, e poi il Battista, non<br />
sono forse dei veri sapienti? Non parlo di mia Madre, in cui la Sapienza aveva<br />
dimora.<br />
Dalla giovinezza alla tomba, la sapienza aveva ispirato la maniera di vivere in<br />
modo grato a Dio ai nonni miei e, come una tenda che protegge dalle furie degli<br />
elementi, ella li aveva protetti dal pericolo di peccare. Il santo timore di Dio<br />
è base alla pianta della sapienza, la quale da esso si slancia con tutti i suoi<br />
rami per raggiungere col vertice l’amore tranquillo nella sua pace, l’amore<br />
pacifico nella sua sicurezza, l’amore sicuro nella sua fedeltà, l’amore fedele<br />
nella sua intensità, l’amore totale, generoso, attivo dei santi.<br />
‘Chi ama lei ama la vita e avrà in eredità la Vita’ dice l’Ecclesiastico. Ma<br />
questo si salda al mio: ‘Colui che perderà la vita per amor mio, la salverà’.<br />
Perché non si parla della povera vita di questa terra ma della eterna, non delle<br />
gioie di un’ora ma di quelle immortali.<br />
Gioacchino ed Anna l’hanno in tal senso amata. Ed essa fu seco loro nelle prove.<br />
Quante, voi che per non essere completamente malvagi vorreste non aver mai a<br />
piangere e soffrire! Quante ne ebbero questi giusti che meritarono di avere per<br />
figlia Maria! La persecuzione politica che li cacciò dalla terra di Davide,<br />
impoverendoli oltre misura. La tristezza di veder cadere nel nulla gli anni<br />
senza che un fiore dicesse loro: ‘Io vi continuo’. E dopo, il trepidare per<br />
averlo avuto in età in cui era certo non vederlo fiorire in donna. E poi, il<br />
doverselo strappare dal cuore per deporlo sull’altare di Dio. E, ancora, il<br />
vivere in un silenzio ancor più grave, ora che si erano abituati al cinguettio<br />
della loro tortorina, al rumore dei suoi passetti, ai sorrisi e ai baci della<br />
loro creatura, e attendere nei ricordi l’ora di Dio. E ancora e ancora.<br />
Malattie, calamità di intemperie, prepotenze di potenti.... tanti colpi di<br />
ariete nel debole castello della loro modesta prosperità. E non basta ancora: la<br />
pena di quella creatura lontana, che rimane sola e povera e che, nonostante ogni<br />
loro premura e sacrificio, non avrà che un resto del bene paterno. E come lo<br />
troverà se per anni ancora resterà incolto, chiuso in attesa di Lei? Timori,<br />
paure, prove e tentazioni. E fedeltà, fedeltà, fedeltà, sempre, a Dio.<br />
La tentazione più forte: non negarsi il conforto della figlia intorno alla loro<br />
vita declinante. Ma i figli sono di Dio prima che dei genitori. E ogni figlio<br />
può dire ciò che Io dissi alla Madre: ‘Non sai che Io devo fare gli interessi
del Padre dei Cieli?’. E ogni madre, ogni padre devono imparare l’attitudine da<br />
tenersi, guardando Maria e Giuseppe al Tempio, Anna e Gioacchino nella casa di<br />
Nazareth, che si fa sempre più spoglia e più triste, ma nella quale una cosa non<br />
diminuisce mai, anzi sempre più cresce: la santità di due cuori, la santità di<br />
un coniugio.<br />
Che resta a Gioacchino infermo e che alla sua dolente sposa per luce, nelle<br />
lunghe e silenziose sere di vecchi che si sentono morire? Le piccole vesti, i<br />
primi sandaletti, i poveri trastulli della loro piccina lontana, e i ricordi, i<br />
ricordi, i ricordi. E, con questi, una pace che viene dal dire: ‘Soffro, ma ho<br />
fatto il mio dovere d’amore verso Dio’.<br />
E allora ecco una gioia sovrumana, che brilla di una luce celeste, ignota ai<br />
figli del mondo, e che non si offusca per cadere di palpebra grave su due occhi<br />
che muoiono, ma che nell’ora estrema più splende, e illumina verità che erano<br />
state dentro per tutta la vita, chiuse come farfalle nel loro bozzolo, e davano<br />
segno d’esservi solo per dei movimenti soavi, fatti di lievi bagliori, mentre<br />
ora aprono le loro ali di sole e ne mostrano le parole che le decorano. E la<br />
vita si spegne nella conoscenza di un futuro beato per loro e la loro stirpe, e<br />
con una benedizione sul labbro per il loro Dio.<br />
Così la morte dei nonni miei. Come era giusto fosse per la loro santa vita. Per<br />
la santità hanno meritato d’essere i primi custodi della Amata da Dio, e solo<br />
quando un Sole più grande si mostrò nel loro vitale tramonto, essi intuirono la<br />
grazia che Dio aveva loro concessa.<br />
Per la loro santità, ad Anna non tortura di puerpera ma estasi di portatrice di<br />
chi è Senza Colpa. Per ambedue non affanno di agonia ma languore che spegne,<br />
come dolcemente si spegne una stella quando il sole sorge all’aurora. E se non<br />
ebbero il conforto di avermi Incarnata Sapienza, come mi ebbe Giuseppe, Io ero,<br />
invisibile Presenza che diceva sublimi parole, curvo sul loro guanciale per<br />
addormentarli nella pace in attesa del trionfo.<br />
Vi è che dice: ‘Perché non dovettero soffrire nel generare e nel morire, poiché<br />
erano figli di Adamo?’ A costui rispondo: ‘Se per esser stato avvicinato da Me<br />
nel seno della madre, fu presantificato il Battista, figlio di Adamo e concepito<br />
con la colpa d’origine, nulla avrà avuto di grazia la madre santa della Santa in<br />
cui non era Macchia, della Preservata da Dio che seco portò Dio nel suo spirito<br />
quasi divino e nel cuore embrionale, né mai se ne separò da quando fu pensata<br />
dal Padre, fu concepita in un seno e tornò a possedere Dio pienamente nel Cielo<br />
per una eternità gloriosa?’. A costui rispondo: ‘La retta coscienza dà morte<br />
serena e le preghiere dei santi vi ottengono tal morte’.<br />
Gioacchino ed Anna avevano tutta una vita di retta coscienza dietro a loro, e<br />
questa sorgeva come placido panorama e faceva loro guida sino al Cielo, e<br />
avevano la Santa in orazione davanti al Tabernacolo di Dio per i suoi genitori<br />
lontani, posposti a Dio, Bene supremo, ma amati, come legge e sentimento<br />
volevano, di un amore soprannaturalmente perfetto.”<br />
10. Cantico di Maria. Ella ricordava quanto il suo spirito aveva visto in Dio.<br />
2 settembre 1944.<br />
Soltanto ieri sera, venerdì, mi si è illuminata la mente a vedere. Non ho visto<br />
altro che una ben giovane Maria, una Maria dodicenne al massimo, il cui<br />
visetto non ha più quelle rotondità proprie della puerizia, ma già svela i<br />
futuri contorni della donna nell’ovale che si allunga. Anche i capelli non sono<br />
più sciolti sul collo coi loro boccoli lievi, ma stanno raccolti in due pesanti<br />
trecce di un oro pallidissimo -pare mescolato ad argento tanto sono chiari-<br />
lungo le spalle e scendono sino ai fianchi. Il viso è più pensoso, più maturo,<br />
per quanto sia sempre il viso di una fanciulla, una bella e pura fanciulla che,<br />
tutta vestita di bianco, cuce in una stanzetta piccina piccina e tutta bianca,<br />
dalla cui finestra spalancata si vede l’edificio imponente e centrale del Tempio<br />
e poi tutta la discesa delle gradinate, dei cortili, dei portici e, oltre le<br />
mura della cinta, la città colle sue vie e case e giardini e, in fondo, la cima<br />
gibbosa e verde del Monte Uliveto.<br />
Cuce e canta sottovoce:. Non so se sia un canto sacro. Dice:<br />
“Come una stella dentro un’acqua chiara
mi splende una luce in fondo al cuore.<br />
Fin dall’infanzia da me non si separa<br />
e soavemente mi guida con amore.<br />
In fondo al cuore è un canto.<br />
Da dove viene mai?<br />
Uomo, tu non lo sai.<br />
Da dove riposa il Santo.<br />
Io guardo la mia stella chiara<br />
né voglio cosa che non sia,<br />
sia pure la cosa più dolce e chiara,<br />
che questa dolce luce che è tutta mia.<br />
Mi hai portata dagli alti Cieli,<br />
Stella, dentro ad un sen di madre.<br />
Ora vivi in me, ma oltre ai veli<br />
ti vedo, o volto glorioso del Padre.<br />
Quando alla tua serva Tu darai l’onore<br />
d’esser umile ancella del Salvatore?<br />
Manda, dal Cielo manda a noi il Messia.<br />
Accetta, Padre Santo, l’offerta di Maria.”<br />
Maria tace, sorride e sospira, e poi si curva a ginocchi in preghiera. Il suo<br />
visetto è tutto una luce. Altolevato verso l’azzurro terso di un bel cielo<br />
estivo, pare ne aspiri tutta la luminosità e se ne irradi. O, meglio, pare che<br />
dal suo interno un nascosto sole irradi le sue luci ed accenda la neve appena<br />
rosata delle carni di Maria, e si effonda incontro alle cose e al sole che<br />
splende sulla terra, benedicendo e promettendo tanto bene.<br />
Mentre Maria sta per rialzarsi dopo la sua amorosa preghiera, e sul volto le<br />
permane una luminosità d’estasi, entra la vecchia Anna di Fanuel e si arresta<br />
stupita, o per lo meno ammirata dell’atto e dell’aspetto di Maria.<br />
Poi la chiama: “Maria”, e la Fanciulla si volge con un sorriso, diverso ma<br />
sempre tanto bello, e saluta: “Anna, a te pace.”<br />
“Pregavi? Non ti basta mai la preghiera?”<br />
La preghiera mi basterebbe. Ma io parlo con Dio. Anna, tu non puoi sapere come<br />
io me lo sento vicino. Più che vicino, in cuore. Dio mi perdoni tale superbia.<br />
Ma io non mi sento sola. Tu vedi? Là, in quella casa d’oro e di neve, dietro<br />
alla doppia Cortina, è il Santo dei santi. Né mai alcun occhio, che non sia<br />
quello del Sommo Sacerdote, può fissarsi sul Propiziatorio, sul quale riposa la<br />
gloria del Signore. Ma io non ho bisogno di guardare con tutta l’anima<br />
venerabonda quel doppio Velo trapunto, che palpita alle onde dei canti verginali<br />
e dei leviti e che odora di preziosi incensi, come per forarne la compagine e<br />
veder tralucere la Testimonianza. Sì che la guardo! Non temere che io non la<br />
guardi con occhio venerabondo come ogni figlio d’Israele. Non temere che<br />
l’orgoglio mi acciechi facendomi pensare ciò che or ti dico. Io la guardo, né vi<br />
è umile servo nel popolo di Dio che guardi più umilmente la Casa del suo Signore<br />
come io la guardo, convinta d’esser la più meschina di tutti. Ma che vedo? Un<br />
velo. Che penso oltre il Velo? Un Tabernacolo. Che, in quello? Ma se mi guardo<br />
in cuore, ecco, io vedo Dio splendere nella sua gloria d’amore e dirmi: ‘T’amo’,<br />
e io gli dico: ‘T’amo’, e mi liquefò e mi ricreo ad ogni palpito del cuore in<br />
questo bacio reciproco... Sono in mezzo a voi, maestre e compagne care. Ma un<br />
cerchio di fiamma mi isola da voi. Entro il cerchio, Dio e io. Ed io vi vedo<br />
attraverso al Fuoco di Dio e così vi amo... ma non posso amarvi secondo la carne<br />
né mai alcuno potrò amare secondo la carne. Ma solo Questo che mi ama, e secondo<br />
lo spirito. So la mia sorte. La Legge secolare di Israele vuole di ogni<br />
fanciulla una sposa e di ogni sposa una madre. Ma io, pur ubbidendo alla Legge,<br />
ubbidisco alla Voce che mi dice: ‘Io ti voglio’, e vergine sono e sarò. Come lo<br />
potrò fare? Questa dolce, invisibile Presenza che è meco mi aiuterà, poiché Essa<br />
vuole tal cosa. Io non temo. Non ho più padre e madre... e solo l’Eterno sa come<br />
in quel dolore si arse quanto io avevo d’umano. Si arse con dolore atroce. Ora<br />
non ho che Dio. A Lui dunque ubbidisco ciecamente... Già l’avrei fatto anche<br />
contro padre e madre, perché la Voce mi istruisce che chi vuol seguirla deve<br />
passare oltre padre e madre, amorose guardie di ronda intorno alle mura del<br />
cuore filiale, che vogliono condurre alla gioia secondo le loro vie.... e non<br />
sanno che vi sono altre vie, la cui gioia è infinita... Avrei loro lasciato<br />
vesti e mantello, pur di seguire la Voce che mi dice: ‘Vieni, o mia diletta, o
mia sposa’. Tutto avrei lasciato; e le perle delle lacrime, perché avrei pianto<br />
di doverli disubbidire, e i rubini del mio sangue, ché anche la morte avrei<br />
sfidato per seguire la Voce che chiama, avrebbero loro detto che vi è qualcosa<br />
di più grande dell’amore di un padre e una madre, e più dolce, ed è la Voce di<br />
Dio. Ma ora la sua volontà m’ha sciolta anche da questo laccio di pietà filiale.<br />
Già, laccio non sarebbe stato. Erano due giusti, e Dio certo parlava in loro<br />
come a me parla. Avrebbero seguito giustizia e verità. Quando io li penso, li<br />
penso nella quiete dell’attesa fra i Patriarchi, e affretto col mio sacrificio<br />
l’avvento del Messia per aprire loro le porte del Cielo. Sulla terra sono io che<br />
mi reggo, ossia è Dio che regge la sua povera serva dicendole i suoi comandi. Ed<br />
io li compio, poiché compierli è la mia gioia. Quando l’ora sarà, io dirò allo<br />
sposo il mio segreto... ed egli lo accoglierà.”<br />
“Ma, Maria.... quali parole troverai per persuaderlo? Avrai contro l’amore di un<br />
uomo, la Legge e la vita.”<br />
“Avrò con me Iddio... Iddio aprirà alla luce il cuore dello sposo... la vita<br />
perderà i suoi aculei di senso divenendo un puro fiore che ha profumo di carità.<br />
La Legge... Anna, non dirmi bestemmiatrice. Io penso che la Legge stia per<br />
essere mutata. Da chi, tu pensi, se è divina? Dal solo che mutare la può. Da<br />
Dio. Il tempo è prossimo più che non pensiate, io ve lo dico. Perché leggendo<br />
Daniele, una gran luce mi si è fatta venendo dal centro del cuore, e la mente ha<br />
compreso il senso delle arcane parole. Abbreviate saranno le settanta settimane<br />
per le preghiere dei giusti. Mutato il numero degli anni? No. Profezia non<br />
mente. Ma non il corso del sole, sibbene quello della luna è la misura del tempo<br />
profetico, onde io dico: ‘Prossima è l’ora che udrà vagire il Nato da una<br />
Vergine’. Oh! volesse, questa Luce che mi ama, dirmi, poiché tante cose mi dice,<br />
dove è la felice che partorirà il Figlio a Dio e il Messia al suo popolo!<br />
Camminando scalza percorrerei la terra, né freddo e gelo, né polvere e solleone,<br />
né fiere e fame mi farebbero ostacolo per giungere a Lei e dirle: ‘Concedi alla<br />
tua serva e alla serva dei servi del Cristo di vivere sotto il tuo tetto. Girerò<br />
la macina e lo strettoio, come schiava alla macina mettimi, come mandriana al<br />
tuo gregge, come colei che deterge i pannilini al tuo Nato, mettimi alle tue<br />
cucine, mettimi ai tuoi forni... dove tu vuoi, ma accoglimi. Che io lo veda! Ne<br />
oda la voce! Ne riceva lo sguardo’. E, se non mi volesse, mendica alla sua porta<br />
io vivrei di elemosina e scherni, all’addiaccio e al solleone, pur di udire la<br />
voce del Messia bambino e l’eco delle sue risa, e poi vederlo passare... E forse<br />
un giorno riceverei da Lui l’obolo di un pane... Oh! se la fame mi straziasse le<br />
viscere e mi sentissi mancare dopo tanto digiuno, non mangerei quel pane. Lo<br />
terrei come sacchetto di perle contro il cuore e lo bacerei per sentire il<br />
profumo della mano del Cristo, e non avrei più fame né freddo, perché il<br />
contatto mi darebbe estasi e calore, estasi e cibo...”<br />
“Tu dovresti essere la Madre del Cristo, tu che l’ami così! E’ per questo che<br />
vuoi rimanere vergine?”<br />
“Oh! no. Io sono miseria e polvere. Non oso alzare lo sguardo verso la Gloria.<br />
E’ per questo che più del doppio Velo, oltre il quale so esser l’invisibile<br />
Presenza di Jeovà, io amo guardare entro il mio cuore. Là è il Dio terribile<br />
del Sinai. Qua, in me, io vedo il Padre nostro, un’amorosa Faccia che mi<br />
sorride e benedice, perché sono piccola come un uccellino che il vento sorregge<br />
senza sentirne il peso, e debole come stelo del mughetto selvaggio che non sa<br />
che fiorire e odorare, e al vento non oppone altra forza che quella della sua<br />
profumata e pura dolcezza. Dio, il mio vento d’amore! Non per questo. Ma perché<br />
al Nato da Dio e da una Vergine, al Santo del Santissimo non può che piacere che<br />
ciò che nel Cielo ha scelto per Madre e ciò che sulla terra gli parla del Padre<br />
celeste: la Purezza. Se la Legge meditasse questo, se i rabbi, che l’hanno<br />
moltiplicata in tutte le sottigliezze del loro insegnamento, volgendo la mente<br />
ad orizzonti più alti si immergessero nel soprannaturale, lasciando l’umano e<br />
l’utile che perseguono dimenticando il Fine supremo, dovrebbero soprattutto<br />
volgere il loro insegnare alla Purezza, perché il Re d’Israele la trovi al suo<br />
venire. Con l’ulivo del Pacifico, colle palme del Trionfatore spargete gigli, e<br />
gigli, e gigli... Quanto sangue dovrà spargere per redimerci, il Salvatore!<br />
Quanto! Dalle mille e mille ferite che Isaia vide sull’Uomo dei dolori, ecco che<br />
cade, come rugiada da un vaso poroso, una pioggia di Sangue. Non cada dove è<br />
profanazione e bestemmia, questo Sangue divino, ma in calici di purezza<br />
fragrante, che lo accolgano e raccolgano per poi spargerlo ai malati dello<br />
spirito, ai lebbrosi dell’anima, ai morti a Dio. Date gigli, gigli date per
asciugare, con la candida veste dei petali puri, i sudori e le lacrime del<br />
Cristo! Date gigli, gigli date per l’ardore della sua febbre di Martire! Oh!<br />
dove sarà quel Giglio che ti porta? Dove quello che ti disseterà l’arsura? Dove<br />
quello che si farà rosso del tuo Sangue e morirà per il dolore di vederti<br />
morire? Dove quello che piangerà sul tuo Corpo svenato? Oh! Cristo! Cristo!<br />
Sospiro mio!...”<br />
Maria tace, lacrimante e sopraffatta.<br />
Anna tace per qualche tempo e poi, con la sua voce bianca di vegliarda commossa,<br />
dice: “Hai altro da insegnarmi, Maria?”<br />
Maria si scuote. Deve credere, nella sua umiltà, che la sua maestra la<br />
rimproveri e dice: “Oh! perdono! Tu sei maestra, io sono un povero nulla. Ma<br />
questa Voce mi sale dal cuore. Io ben la sorveglio, per non parlare. Ma come<br />
fiume che sotto émpito d’onda rompe le dighe, or ecco m’ha presa ed è<br />
straripata. Non far conto delle mie parole e mortifica la mia presunzione. Le<br />
arcane parole dovrebbero stare nell’arca segreta del cuore, che Dio nella sua<br />
bontà benefica. Lo so. Ma è tanto dolce questa invisibile Presenza, che io ne<br />
sono ebbra... Anna, perdona alla tua piccola serva!”<br />
Anna la stringe a sé, e tutto il vecchio viso rugoso trema e luccica di pianto.<br />
Le lacrime si insinuano fra le rughe come acqua per terreno accidentato che si<br />
muta in tremulo acquitrino. Ma la vecchia maestra non suscita riso, anzi il suo<br />
pianto eccita la più alta venerazione.<br />
Maria sta fra le sue braccia, il visetto contro il petto della vecchia maestra,<br />
e tutto finisce così.<br />
Dice Gesù:<br />
“Maria si ricordava di Dio. Sognava Dio. Credeva sognare. Non faceva che<br />
rivedere quanto il suo spirito aveva visto nel fulgore del Cielo di Dio,<br />
nell’attimo in cui era stata creata per essere unita alla carne concepita sulla<br />
terra. Condivideva con Dio, seppure in maniera molto minore, come giustizia<br />
voleva, una delle proprietà di Dio. Quella di ricordare, vedere e prevedere per<br />
l’attributo della intelligenza potente e perfetta, perché non lesa dalla Colpa.<br />
L’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Una delle somiglianze è nella<br />
possibilità, per lo spirito, di ricordare, vedere e prevedere. Questo spiega la<br />
facoltà di leggere nel futuro. Facoltà che viene, per volere di Dio, molte volte<br />
e direttamente, altre per ricordo che si alza come sole su un mattino,<br />
illuminando un dato punto dell’orizzonte dei secoli già visto dal seno di Dio.<br />
Sono misteri che sono troppo alti perché li possiate comprendere in pieno. Ma<br />
riflettete.<br />
Quell’Intelligenza suprema, quel Pensiero che tutto sa, quella Vista che tutto<br />
vede, che vi crea con un moto del suo volere e con un alito del suo amore<br />
infinito, facendovi suoi figli per l’origine e suoi figli per la mèta vostra,<br />
può forse darvi cosa che sia diversa da Lui? Ve la dà in parte infinitesimale,<br />
perché non potrebbe la creatura contenere il Creatore. Ma quella parte è<br />
perfetta e completa nella sua infinitesimalità.<br />
Quale tesoro di intelligenza non ha dato Dio all’uomo, ad Adamo! La colpa l’ha<br />
menomato, ma il mio sacrificio lo reintegra e vi apre i fulgori<br />
dell’Intelligenza, i suoi fiumi, la sua scienza. Oh! sublimità della mente<br />
umana, unita per la Grazia a Dio, compartecipe della capacità di Dio di<br />
conoscere!...Della mente umana unita per la Grazia a Dio.<br />
Non c’è altro modo. Lo ricordino i curiosi di segreti ultra umani. Ogni<br />
cognizione che non venga da anima in grazia -e non è in grazia chi è contrario<br />
alla Legge di Dio, che è ben chiara nei suoi ordini- non può che venire da<br />
Satana, e difficilmente corrisponde a verità, per quanto si riferisce ad<br />
argomenti umani, mai risponde a verità per quanto si riferisce al sopraumano,<br />
perché il Demonio è padre di menzogna e seco trascina su sentiero di menzogna.<br />
Non c’è nessun altro metodo, per conoscere il vero, che quello che viene da Dio,<br />
il quale parla e dice o richiama a memoria (ossia desta o sprona la conoscenza<br />
di segreti ultra umani), così come un padre richiama a memoria un figlio sulla<br />
casa paterna, e dice: ‘Ricordi quando con Me facevi questo, vedevi quello, udivi<br />
quell’altro? Ricordi quando ricevevi il mio bacio di commiato? Ricordi quando mi<br />
vedesti per la prima volta, il sole folgorante del mio volto sulla tua vergine<br />
anima testé creata e ancora monda, perché appena da Me uscita, dalla tabe che ti<br />
ha poi menomata? Ricordi quando comprendesti in un palpito d’amore cosa è<br />
l’Amore? Quale è il mistero del nostro Essere e Procedere?’. E dove la capacità
limitata dell’uomo in grazia non giunge, ecco lo Spirito di scienza che parla e<br />
ammaestra.<br />
Ma, per possedere lo Spirito, occorre la Grazia. Ma, per possedere Verità e<br />
Scienza, occorre la Grazia. Ma. per avere seco il Padre, occorre la Grazia.<br />
Tenda in cui le Tre Persone fanno dimora, Propiziatorio su cui posa l’Eterno e<br />
parla, non da dentro alla nube, ma svelando la sua Faccia al figlio fedele. I<br />
santi si ricordano di Dio. Delle parole udite nella Mente Creatrice e che la<br />
Bontà risuscita nel loro cuore per innalzarli come aquile nella contemplazione<br />
del Vero, nella conoscenza del Tempo.<br />
Maria era la Piena di Grazia. Tutta la Grazia una e trina era in Lei. Tutta la<br />
Grazia una e trina la preparava come sposa alle nozze, come talamo alla prole,<br />
come divina alla sua maternità e alla sua missione. Essa è Colei che conclude il<br />
ciclo delle profetesse dell’Antico Testamento e apre quello dei ‘portavoce di<br />
Dio’ nel Nuovo Testamento.<br />
Arca vera della Parola di Dio, guardando nel suo seno in eterno inviolato,<br />
scopriva, tracciate dal dito di Dio sul suo cuore immacolato, le parole di<br />
scienza eterna, e ricordava, come tutti i santi, di averle già udite nell’esser<br />
generata col suo spirito immortale da Dio Padre creatore di tutto quanto ha<br />
vita. E, se non tutto ricordava della sua futura missione, ciò era perché in<br />
ogni perfezione umana Dio lascia delle lacune, per legge di una divina prudenza,<br />
che è bontà e che è merito per e verso la creatura.<br />
Eva seconda, Maria, ha dovuto conquistarsi la sua parte di merito nell’esser la<br />
Madre del Cristo con una fedele, buona volontà, che Dio ha voluto anche nel suo<br />
Cristo per farlo Redentore.<br />
Lo spirito di Maria era nel Cielo. Il suo morale e la sua carne sulla Terra, e<br />
dovevano calpestare terra e carne per raggiungere lo spirito e congiungerlo allo<br />
Spirito nell’abbraccio fecondo.”<br />
Nota mia. Tutto ieri mi ero pensata di vedere l’annuncio della morte dei<br />
genitori e, chissà perché, dato da Zaccaria. Così anche mi pensavo a modo mio il<br />
come sarebbe stato trattato da Gesù il punto del ‘ricordo di Dio da parte dei<br />
santi’. Stamane, quando cominciò la visione, ho detto: “Ecco, ora le diranno che<br />
è orfana” e ne avevo già il cuore piccino perché.... era la mia stessa tristezza<br />
di questi giorni che avrei sentito e visto. Invece non c’è nulla di quanto avevo<br />
pensato vedere e udire. Ma neppure una parola per sbaglio. Questo mi consola,<br />
perché mi dice che proprio di mio non c’è nulla, neppure una onesta suggestione<br />
verso un dato punto. Tutto viene proprio da altra fonte. La mia paura continua<br />
cessa... fino alla prossima volta, perché mi accompagnerà sempre questa paura<br />
d’essere ingannata e di ingannare.<br />
11. Maria confida il suo voto al Sommo Sacerdote.<br />
3 settembre 1944.<br />
Che notte d’inferno! Pareva proprio che i demoni fossero a spasso sulla terra.<br />
Cannonate, tuoni, lampi, pericolo, paura, sofferenza per essere su un letto non<br />
mio, e in mezzo, come un fiore tutto bianco e soave fra vampe e triboli, la<br />
presenza di Maria, un poco più adulta che non nella visione di ieri, ma sempre<br />
giovinetta, con le sue trecce bionde sulle spalle, il suo abito bianco e il suo<br />
mite, raccolto sorriso, un sorriso interno, volto al mistero glorioso che Ella<br />
ha raccolto in cuore. Passo la notte confrontando il suo aspetto soave con la<br />
ferocia che è nel mondo e ripensando le sue parole di ieri mattina, canto di<br />
carità viva, con l’odio che si sbrana...<br />
Stamane ecco che, tornata nel silenzio della mia stanza, assisto a questa scena.<br />
Maria è sempre nel Tempio. E ora esce, fra altre vergini, dal Tempio vero e<br />
proprio.<br />
Deve esserci stata qualche cerimonia, perché odore di incensi si sparge per<br />
l’aria tutta rossa per un bel tramonto, che direi di autunno avanzato, perché un<br />
cielo già dolcemente stanco, come lo è in un ottobre sereno, si incurva sui<br />
giardini di Gerusalemme, nei quali il giallo ocra delle foglie prossime a cadere<br />
mette delle chiazze biondo-rosse fra il verde-argento degli ulivi.<br />
La schiera, anzi lo sciame candido delle vergini, traversa il cortile<br />
posteriore, sale la gradinata, varca un porticato, entra in un altro cortile<br />
meno splendido, quadrato e che non ha altre aperture fuor da quella a cui si
accede in esso. Deve essere quello dedicato ad accogliere le piccole dimore<br />
delle vergini adibite al Tempio, perché ogni fanciulla si dirige alla sua cella<br />
come una colombella al suo nido, e pare proprio uno stormo di colombe che si<br />
separi dopo essere stato unito a raccolta. Molte, potrei dire tutte, parlano fra<br />
loro, prima di lasciarsi, a voce bassa ma giuliva. Maria tace. Soltanto, prima<br />
di separarsi dalle altre, le saluta con affetto, e poi si dirige alla sua<br />
stanzetta, in un angolo, a destra.<br />
La raggiunge una maestra, non vecchia come Anna di Fanuel, ma già anziana.<br />
“Maria. Il Sommo Sacerdote ti attende.”<br />
Maria la guarda lievemente stupita, ma non fa domande. Risponde soltanto: “Mi<br />
affretto a lui.”<br />
Non so se l’ampia sala in cui entra sia della casa del Sacerdote o faccia parte<br />
delle dimore delle donne adibite al Tempio. So che è vasta e luminosa, ben<br />
messa, e che in essa, oltre al Sommo Sacerdote, tutto bello nelle sue vesti, vi<br />
è Zaccaria e Anna di Fanuel.<br />
Maria fa un profondo inchino sulla soglia e non avanza finché il Sommo Sacerdote<br />
non le dice: “Avanzati, Maria. Non temere.” Maria rialza persona e viso e viene<br />
avanti lentamente, non per malavoglia ma per un involontario che di solenne, che<br />
la fa parere più donna.<br />
Anna le sorride per incoraggiarla e Zaccaria la saluta con un: “La pace a te,<br />
cugina.”<br />
Il Pontefice la osserva attentamente, e poi a Zaccaria: “E’ palese il lei la<br />
stirpe di Davide e Aronne.”<br />
“Figlia, io so la tua grazia e bontà. So che ogni giorno tu crescesti in scienza<br />
e grazia agli occhi di Dio e degli uomini. So che la voce di Dio mormora al tuo<br />
cuore le sue parole più dolci. So che sei il Fiore del Tempio di Dio e che un<br />
terzo cherubino è davanti alla Testimonianza da quando tu vi sei. E vorrei che<br />
il tuo profumo continuasse a salire con gli incensi ad ogni nuovo giorno. Ma la<br />
Legge dice altre parole. Tu non sei più una fanciulla ormai, ma una donna. Ed<br />
ogni donna deve esser sposa in Israele per portare il suo maschio al Signore. Tu<br />
seguirai l’ordine della Legge. Non temere, non arrossire. Ho presente la tua<br />
regalità. Già te ne tutela la Legge, che ordina che ad ogni uomo sia data la<br />
donna della sua stirpe. Ma, anche ciò non fosse, io lo farei, per non corrompere<br />
il tuo magnifico sangue. Non conosci alcuno della tua stirpe, o Maria, che possa<br />
esserti sposo?”<br />
Maria alza un viso tutto rosso di pudore e sul quale, a ciglio delle palpebre,<br />
splende un primo brillio di pianto, e con voce trepida risponde: “ Nessuno.”<br />
“Non può conoscere alcuno, poiché entrò qui nella puerizia, e la stirpe di<br />
Davide è troppo percossa e dispersa per permettere che i diversi rami si<br />
riuniscano come fronda a far chioma alla palma regale” dice Zaccaria.<br />
“Allora daremo a Dio la scelta.”<br />
Le lacrime fin lì rattenute sgorgano e cadono sino alla bocca tremante, e Maria<br />
getta uno sguardo supplice alla sua maestra.<br />
“Maria si è promessa al Signore per la sua gloria e la salvezza d’Israele. Non<br />
era che una bambina che compitava appena, e già si era legata da voto...” dice<br />
Anna in suo aiuto.<br />
“Il tuo pianto è per questo, allora? Non per resistenza alla Legge.”<br />
“Per questo... non altro. Io ti ubbidisco, Sacerdote di Dio.”<br />
“Questo conferma quanto sempre mi fu detto di te. Da quanti anni sei vergine<br />
consacrata a Dio?”<br />
“Da sempre, io credo. Non ancora ero in questo Tempio e già al Signore m’ero<br />
data.”<br />
“Ma tu non sei la piccola che venisti, or sono dodici inverni, a chiedermi<br />
d’entrare?”<br />
“Lo sono.”<br />
“E come, allora, puoi dire che eri già di Dio allora?”<br />
“Se guardo indietro io mi ritrovo vergine consacrata... Non mi ricordo dell’ora<br />
in cui nacqui, né come cominciai ad amare la madre mia e a dire al padre: ‘O<br />
padre, io son la tua figlia’... Ma ricordo, né so quando ebbe inizio, d’aver<br />
dato a Dio il mio cuore. Forse fu col primo bacio che seppi dare, con la prima<br />
parola che seppi pronunciare, col primo passo che seppi fare... Sì, ecco. Io<br />
credo che il primo ricordo d’amore io lo trovo col mio rimo passo sicuro... La<br />
mia casa... la mia casa aveva un giardino pieno di fiori... aveva un frutteto e<br />
dei campi... e una sorgente era là, in fondo, sottomonte, e sgorgava da una
occia incavata che faceva grotta... era piena di erbe lunghe e sottili, che<br />
piovevano come cascatelle verdi da ogni ove e pareva piangessero, perché le<br />
fogliettine leggere, le fronde che parevano un ricamo, avevano tutte una<br />
gocciolina d’acqua che cadendo suonava come un campanellino piccino piccino. E<br />
anche la sorgente cantava. E vi erano uccelli sugli ulivi e i meli che erano<br />
sulla costa sopra la sorgente, e colombe bianche venivano a lavarsi nello<br />
specchio limpido della fontana.... Non mi ricordavo più tutto questo, perché<br />
avevo messo tutto il mio cuore in Dio e , fuorché il padre e la madre, amati in<br />
vita e in morte, ogni altra cosa della terra si era dileguata dal mio cuore...<br />
Ma tu mi vi fai pensare, Sacerdote...Devo cercare quando mi detti a Dio... e le<br />
cose dei primi anni tornano... Io amavo quella grotta, perché più del canto<br />
dell’acqua e degli uccelli vi udivo una Voce che mi diceva: ‘Vieni, mia<br />
diletta’. Io amavo quelle erbe diamantate di gocce sonore, perché in esse vedevo<br />
il segno del mio Signore e mi perdevo a dirmi: ‘Vedi come è grande il tuo Dio,<br />
anima mia? Colui che ha fatto i cedri del Libano per l’aquilone, ha fatto queste<br />
fogliette che piegano sotto il peso di un moscerino per la gioia del tuo occhio<br />
e per riparo al tuo piccolo piede’. Io amavo quel silenzio di cose pure: il<br />
vento lieve, l’acqua d’argento, la mondezza delle colombe... amavo quella pace<br />
che vegliava sulla grotticella, piovendo dai meli e dagli ulivi, ora tutti in<br />
fiore, ed ora tutti preziosi di frutti... E non so... mi pareva che la Voce<br />
dicesse, a me, proprio a me: ‘Vieni, tu, uliva speciosa; vieni, tu, dolce pomo;<br />
vieni, tu, fonte sigillata; vieni, tu, colomba mia’... Dolce l’amore del padre e<br />
della madre... dolce la loro voce che mi chiamava... ma questa! questa! Oh! nel<br />
terrestre Paradiso penso che così l’udisse colei che fu colpevole, né so come<br />
poté preferire un sibilo a questa Voce d’amore, come poté appetire ad altra<br />
conoscenza che non fosse Iddio... Con le labbra che ancora sapevano di materno<br />
latte, ma col cuore ebbro di celeste miele, io ho detto allora: ‘Ecco, io vengo.<br />
Tua. Né altro signore avrà la mia carne fuor di Te, Signore, come altro amore<br />
non ha il mio spirito’... E nel dirlo mi pareva di ridire cose già dette e<br />
compire un rito già compiuto, né estraneo m’era lo Sposo prescelto, perché io ne<br />
conoscevo già l’ardore, e la mia vista si era formata alla sua luce e la mia<br />
capacità d’amare s’era compiuta fra le sue braccia. Quando?...Non so. Oltre la<br />
vita, direi, perché sento di averlo sempre avuto, e che Egli mi ha sempre avuta,<br />
e che io sono poiché Egli mi ha voluta per la gioia del suo Spirito e del mio...<br />
Ora ubbidisco, Sacerdote. Ma dimmi tu come io devo agire... Non ho padre e<br />
madre. Sii tu la mia guida.”<br />
“Dio ti darà lo sposo, e santo sarà poiché a Dio ti affidi. Tu gli dirai il tuo<br />
voto.”<br />
“E accetterà?”<br />
“Lo spero. Prega, o figlia, che egli possa capire il tuo cuore. Vai, ora. Dio ti<br />
accompagni sempre.”<br />
Maria si ritira con Anna. E Zaccaria resta col Pontefice.<br />
La visione cessa così.<br />
12. Giuseppe prescelto come sposo della Vergine.<br />
4 settembre 1944<br />
Vedo una ricca sala dal bel pavimento e tende e tappeti e mobili d’intarsio.<br />
Deve ancora far parte del Tempio, perché in essa vi sono sacerdoti, fra cui<br />
Zaccaria, e molti uomini di ogni età, ossia da venti ai cinquant’anni, su per<br />
giù.<br />
Parlano fra loro piano ma animatamente. Paiono in ansia per qualche cosa che non<br />
so. Sono tutti vestiti a festa con vesti nuove o almeno molto fresche di<br />
lavatura, come fossero parati ad una festa. Molti si sono levati il telo che fa<br />
da copricapo, altri lo hanno ancora, specie gli anziani, mentre i giovani<br />
mostrano le loro teste nude, quali biondo scure, quali morate, alcune nerissime,<br />
una sola rosso-rame. Le capigliature sono per la maggior parte corte, ma ve ne<br />
sono di quelle lunghe sino alle spalle. Non devono conoscersi tutti fra di loro,<br />
perché si osservano curiosamente. Ma sembrano affini, perché si capisce li prema<br />
un unico pensiero.<br />
In un angolo vedo Giuseppe. Parla con un vecchiotto rubizzo. Giuseppe è sui<br />
trent’anni. Un bell’uomo dai capelli corti e piuttosto ricci, di un castagno<br />
morato come è la barba e i baffi che ombreggiano un bel mento e salgono le gote
une rosse, non olivastre come in altri bruni. Ha occhi scuri, buoni e<br />
profondi, seri molto, direi quasi un poco tristi. Ma però quando sorride, come<br />
fa ora, divengono lieti e giovanili. E’ tutto vestito di marrone chiaro, molto<br />
semplice ma molto ordinato.<br />
Entra un gruppo di giovani leviti e si dispone fra la porta e un tavolo lungo e<br />
stretto, che è presso la parete dove al centro è la porta che resta spalancata.<br />
Solo una tenda che pende sino a un venti centimetri da terra resta tesa a<br />
coprire il vano.<br />
La curiosità si acuisce. E più ancora quando una mano scosta la tenda per dare<br />
il passo ad un levita, che porta fra le braccia un fascio di rami secchi, sul<br />
quale è posato delicatamente un ramo fiorito. Una leggera spuma di petali<br />
bianchi, che appena si ricordano di una sfumatura di roseo che dal centro si<br />
irradia sempre più tenue sino al sommo dei petali leggeri. Il levita posa il<br />
fascio di rami sul tavolo con delicata cura, per non ledere il miracolo di quel<br />
ramo in fiore fra tanto seccume.<br />
Un brusio va per la sala. I colli si allungano, gli sguardi si fanno più acuti<br />
come per vedere. Anche Zaccaria, coi sacerdoti, essendo più vicino al tavolo,<br />
cerca di vedere. Ma non vede nulla.<br />
Giuseppe, nel suo angolo, dà appena un’occhiata al fascio di rami e, quando il<br />
suo interlocutore gli dice qualcosa, fa un cenno di diniego come chi dice:<br />
“Impossibile!”, e sorride.<br />
Uno squillo di trombe oltre la tenda. Tutti si zittiscono e si dispongono in<br />
bell’ordine colla faccia verso l’uscio, che ora appare spalancato, perché anche<br />
la tenda è fatta scorrere sui suoi anelli. Contornato da altri anziani, entra il<br />
Sommo Pontefice. Tutti si inchinano profondamente. Il Pontefice va al tavolo e<br />
parla restando in piedi.<br />
“Uomini della stirpe di Davide, qui convenuti per il mio bando, udite. Il<br />
Signore ha parlato, sia lode a Lui! Dalla sua Gloria un raggio è sceso e, come<br />
sole di primavera, ha dato vita ad un ramo secco, e questo ha fiorito<br />
miracolosamente mentre nessun ramo della terra è in fiore oggi, ultimo giorno<br />
dell’Encenie, mentre ancor non è sciolta la neve caduta sulle alture di Giuda ed<br />
è l’unico candore che sia tra Sion e Betania. Dio ha parlato facendosi padre e<br />
tutore della Vergine di Davide, che non ha altro che Lui a sua tutela. Santa<br />
fanciulla, gloria del Tempio e della stirpe, ha meritato la parola di Dio per<br />
conoscere il nome dello sposo gradito all’Eterno. Ben giusto deve essere costui<br />
per essere l’eletto del Signore a tutela della Vergine a Lui cara! Per questo il<br />
nostro dolore di perderla si placa, e cessa ogni preoccupazione sul suo destino<br />
di sposa. E all’indicato da Dio affidiamo con ogni sicurezza la Vergine sulla<br />
quale è la benedizione di Dio e la nostra. Il nome dello sposo è Giuseppe di<br />
Giacobbe betlemita, della tribù di Davide, legnaiolo a Nazaret di Galilea.<br />
Giuseppe, vieni avanti. Il Sommo Sacerdote te lo ordina.”<br />
Molto brusio. Teste che si volgono, occhi e mani che accennano, espressioni<br />
deluse ed espressioni sollevate. Qualcuno, specie tra i vecchi, deve esser stato<br />
lieto di non avere questa sorte.<br />
Giuseppe, molto rosso e impacciato, si fa avanti. E’ ora davanti al tavolo, di<br />
fronte al Pontefice che ha salutato reverente.<br />
“Venite e guardate il nome inciso sul ramo. Prenda ognuno la propria verga, per<br />
essere sicuro che non vi è frode.”<br />
Gli uomini ubbidiscono. Guardano il ramo tenuto delicatamente dal Sommo<br />
Sacerdote, prendono ognuno il proprio, e chi lo spezza e chi lo conserva. Tutti<br />
guardano Giuseppe. Vi è chi guarda e tace, e chi si felicita. Il vecchiotto col<br />
quale egli parlava prima, dice: “Te lo avevo detto, Giuseppe? Chi meno si sente<br />
sicuro è colui che vince la partita!” Ora tutti sono passati.<br />
Il Sommo Sacerdote dà a Giuseppe il ramo in fiore, e poi gli pone la mano sulla<br />
spalla e dice: “Non è ricca, e tu lo sai, la sposa che Dio ti dona. Ma ogni<br />
virtù è in Lei. Siine sempre più degno. Non vi è fiore in Israele vago e puro al<br />
par di Lei. Uscite tutti, ora. Resti Giuseppe. E tu, Zaccaria, parente, conduci<br />
la sposa.”<br />
Escono tutti meno il Sommo Sacerdote e Giuseppe. La tenda viene ricalcata<br />
sull’uscio.<br />
Giuseppe sta tutto umile presso il maestoso Sacerdote. Un silenzio, e poi questi<br />
gli dice: “Maria ha da dirti un suo voto. Tu aiuta la tua timidezza. Sii buono<br />
con la buona.”<br />
“Metterò la mia virilità al suo servizio e nessun sacrificio mi peserà per Lei.
Siine certo.”<br />
Entra Maria con Zaccaria e Anna di Fanuel.<br />
“Vieni, Maria” dice il Pontefice. “Ecco lo sposo che Dio ti destina. E’ Giuseppe<br />
di Nazareth. Tornerai perciò alla tua città. Ora vi lascio. Dio vi dia la sua<br />
benedizione. Il Signore vi guardi e benedica, mostri a voi la sua faccia e abbia<br />
pietà di voi sempre. Rivolga a voi il suo volto e vi dia pace.”<br />
Zaccaria esce, scortando il Pontefice. Anna si felicita con lo sposo e poi esce<br />
pure essa pure.<br />
I due promessi sono uno di fronte all’altra. Maria, tutta rossa, sta a capo<br />
chino. Giuseppe, pure colorito, l’osserva e cerca le parole da dire per prime.<br />
Le trova finalmente e un sorriso lo illumina. Dice: “Ti saluto, Maria. Ti ho<br />
vista bambina di pochi giorni...Ero amico del padre tuo ed ho un nipote di mio<br />
fratello Alfeo che era tanto amico di tua madre. Il suo piccolo amico, perché<br />
ora non ha che diciott’anni, e quando tu non eri ancor nata egli era affatto un<br />
affatto piccolo uomo, e pure rallegrava le tristezze della madre tua che l’amava<br />
tanto. Tu non ci conosci, perché sei venuta qui piccina. Ma a Nazareth tutti ti<br />
vogliono bene, e pensano e parlano della piccola Maria di Gioacchino, la cui<br />
nascita fu un miracolo del Signore che fece rifiorire la sterile... Ed io<br />
ricordo la sera in cui sei nata... Tutti la ricordiamo per il prodigio di una<br />
grande pioggia che salvò la campagna, e di un violento temporale nel quale i<br />
fulmini non schiantarono neppure uno stelo d’erica selvaggia, finito con un<br />
arcobaleno che più grande e vago mai più si vide. E poi... chi non ricorda la<br />
gioia di Gioacchino? Ti palleggiava mostrandoti ai vicini... Come tu fossi un<br />
fiore venuto dal Cielo, ti ammirava e voleva tutti ti ammirassero, felice e<br />
vecchio padre che morì parlando della sua Maria così bella e buona e dalle<br />
parole piene di grazia e di sapere... Aveva ragione di ammirarti e di dire che<br />
non vi è una di te più bella! E tua madre? Empiva del suo canto l’angolo in cui<br />
era la tua casa, e pareva un’allodola a primavera mentre ti portava e dopo,<br />
quando ti aveva al seno. Io ti ho fatto la culla. Una cullina tutta a intagli di<br />
rose, perché così la volle tua madre. Forse vi è ancora nella chiusa dimora...<br />
Sono vecchio io, Maria. Quando sei nata facevo i primi lavori. Lavoravo già...<br />
Chi me lo avesse detto che io ti avrei avuta a sposa! Forse sarebbero morti più<br />
lieti i tuoi, perché mi erano amici. Ho seppellito il padre tuo piangendolo con<br />
cuor sincero, perché mi era maestro buono nella vita.”<br />
Maria alza piano piano il viso, rinfrancandosi sempre di più, sentendo che<br />
Giuseppe le parla così, e quando accenna alla culla sorride lievemente, e quando<br />
Giuseppe dice del padre gli tende una mano e dice: “Grazie, Giuseppe.” Un<br />
‘grazie’ timido e soave.<br />
Giuseppe prende fra le sue corte e forti mani di legnaiolo la manina di<br />
gelsomino, e la carezza con un affetto che vuole sempre più rassicurare. Forse<br />
attende altre parole. Ma Maria tace di nuovo. Allora riprende lui: “La casa, lo<br />
sai, è intatta, meno che nella parte che fu abbattuta per ordine consolare, per<br />
fare del viottolo via ai carriaggi di Roma. Ma la campagna, quella che t’è<br />
rimasta, perché tu sai... la malattia del padre ha consumato molto tuo avere, è<br />
un poco trascurata. Sono oltre tre primavere che gli alberi e le viti non<br />
conoscono cesoia di ortolano, e la terra è incolta e dura. Ma gli alberi che ti<br />
hanno vista piccina, vi sono ancora e, se me lo permetti, io subito mi occuperò<br />
di loro.”<br />
“Grazie, Giuseppe. Ma tu già lavori...”<br />
“Lavorerò al tuo orto nelle prime e nelle ultime ore del giorno. Ora il tempo di<br />
luce si allunga sempre più. Per la primavera voglio sia tutto in orine per la<br />
tua gioia. Guarda, questo è ramo del mandorlo che sta contro casa. Ho voluto<br />
cogliere questo... -si entra per ogni dove dalla siepe rovinata, ma ora la<br />
rifarò solida e forte- ho voluto cogliere questo pensando che, se io fossi stato<br />
il prescelto- non lo speravo perché sono nazireo e ho ubbidito perché ordine di<br />
Sacerdote, non per desiderio di nozze- pensando, dicevo, che tu avresti avuto<br />
gioia ad avere un fiore del tuo giardino. Eccotelo, Maria. Con esso ti dono il<br />
mio cuore, che come esso è fiorito sino ad ora solo per il Signore, ed ora<br />
fiorisce per te, sposa mia.”<br />
Maria prende il ramo. E’ commossa e guarda Giuseppe con un viso sempre più<br />
sicuro e radioso. Si sente sicura di lui. Quando poi egli dice: ‘Sono nazireo’,<br />
il suo volto si fa tutto luminoso ed Ella si fa coraggio. “Io pure sono tutta di<br />
Dio, Giuseppe. Non so se il Sommo Sacerdote te l’ha detto...”<br />
“Mi ha detto solo che sei buona e pura, e che hai da dirmi un tuo voto, e
d’esser buono con te. Parla, Maria. Il tuo Giuseppe vuole farti felice in ogni<br />
tuo desiderio. Non t’amo con la carne. Ti amo con lo spirito mio, santa<br />
fanciulla che Dio mi dona! Vedi in me un padre e un fratello, oltre che uno<br />
sposo. E come a padre confidati, come a fratello affidati.”<br />
“Fin dall’infanzia mi sono consacrata al Signore. So che questo non si fa in<br />
Israele. Ma io sentivo una Voce chiedermi la mia verginità in sacrificio d’amore<br />
per l’avvento del Messia. Da tanto l’attende Israele!... Non è troppo rinunciare<br />
per questo alla gioia d’esser madre!”<br />
Giuseppe la guarda fissamente come volesse leggerle nel cuore, e poi prende le<br />
due manine, che hanno ancora fra le dita il ramoscello fiorito, e dice: “Ed io<br />
unirò il mio sacrificio al tuo, e ameremo tanto con la nostra castità l’Eterno<br />
che Egli darà più presto alla terra il Salvatore, permettendoci di vedere la sua<br />
Luce risplendere nel mondo. Vieni, Maria. Andiamo davanti alla sua Casa e<br />
giuriamo di amarci come gli angeli fra loro. Poi io andrò a Nazareth a preparare<br />
tutto per te, nella tua casa se ami andare in quella, altrove se vuoi altrove.”<br />
“Nella mia casa... Vi era una grotta là in fondo... Vi è ancora?”<br />
“Vi è, ma non è più tua... Ma te ne farò una ove starai fresca e quieta nelle<br />
ore più calde. La farò quanto possibile uguale. E dimmi, chi vuoi con te?”<br />
“Nessuno. Non ho paura. La madre d’Alfeo, che sempre viene a trovarmi, mi farà<br />
compagnia un poco nel giorno, e la notte preferisco esser sola. Nulla mi può<br />
accadere di male.”<br />
“E poi ora ci sono io... Quando devo venire a prenderti?”<br />
“Quando tu vuoi, Giuseppe.”<br />
“Allora verrò non appena la casa è ordinata. Non toccherò nulla. Voglio tu trovi<br />
come tua madre ha lasciato. Ma voglio sia piena di sole e ben monda, per<br />
accoglierti senza tristezza. Vieni, Maria. Andiamo a dire all’Altissimo che lo<br />
benediciamo.”<br />
Non vedo altro. Ma mi resta in cuore il senso di sicurezza che prova Maria...<br />
13. Sposalizio della Vergine con Giuseppe, istruito dalla Sapienza ad essere<br />
custode del Mistero.<br />
5 settembre 1944.<br />
Come è bella Maria nelle sue vesti di sposa, fra le amiche e maestre festanti!<br />
Vi è anche, fra queste, Elisabetta.<br />
Tutta vestita di candidissimo lino, così setoso e fino che pare una seta<br />
preziosa. Una cintura in oro e argento lavorata a bulino, fatta tutta a<br />
medaglioni tenuti insieme da catenelle -e ogni medaglione è un ricamo di linee<br />
d’oro fra il pesante argento che il tempo ha brunito- le cinge la vita sottile<br />
e, forse perché troppo larga per Lei, ancor giovinetta gentile, le pende davanti<br />
coi tre ultimi medaglioni, scendendo fra le pieghe della veste amplissima e<br />
lievemente a strascico tanto è lunga. Ai piedini, sandali di pelle bianchissima<br />
con fibbie in argento.<br />
Al collo la veste è tenuta da una catenella a rosette d'oro e di filigrana<br />
d'argento, che riprendono in piccolo il motivo della cintura, e che passa fra<br />
larghe asole che sono all'ampia scollatura, riunendola perciò in crespe che<br />
formano come una piccola gala. Il collo di Maria emerge da quel candore<br />
pieghettato con la grazia di uno stelo avvolto in una garza preziosa, e pare<br />
ancor più esile e bianco, uno stelo di giglio terminante nel volto liliale,<br />
ancor più pallido per l'emozione e più puro. un viso di ostia purissima.<br />
I capelli non pendono più sulle spalle. Sono vezzosamente disposti a nodo di<br />
trecce, e delle preziose forcine di argento brunito, tutte fatte a ricamo di<br />
filigrana nell’arco del sommo, le tengono a posto. Il velo materno è posato su<br />
queste trecce e ricade con belle pieghe al di sotto della lamina preziosa, che<br />
stringe la fronte bianchissima. Scende sino ai fianchi, perché Maria non è alta<br />
come sua madre e il velo le sorpassa le anche, mentre ad Anna giungeva alla<br />
cintura.<br />
Alle mani, nulla, ai polsi braccialetti. Ma sono così sottili questi polsi, che<br />
i pesanti braccialetti materni le ricadono fin sul dorso e forse, se scuotesse<br />
le mani, cadrebbero al suolo.<br />
Le compagne la rimirano in tutti i sensi e l’ammirano. Fanno un gaio cinguettio<br />
di passerette con le loro domande e le loro frasi di ammirazione.
“Son di tua madre?”<br />
“Antichi, vero?”<br />
“Che bella, Sara, questa cintura!”<br />
“E questo velo, Susanna? Ma guarda che finezza! Ma guarda questi gigli tessuti<br />
in esso!”<br />
“Fammi vedere i bracciali, Maria! Erano di tua madre?”<br />
“Li portò. Ma sono della madre di Gioacchino mio padre.”<br />
“Oh! guarda! Hanno il sigillo di Salomone intrecciato con esili rametti di palma<br />
d’ulivo, e fra questi son gigli e rose. Oh! chi ha fatto sì perfetto e minuto<br />
lavoro?”<br />
“Sono della casa di Davide” spiega Maria “Li mettono da secoli le donne della<br />
stirpe che vanno spose, e restano in retaggio all’erede.”<br />
“Già! Tu sei figlia erede...”<br />
“Ti hanno portato tutto da Nazareth?”<br />
“No. Quando morì mia madre, mia cugina portò il corredo nella sua casa per<br />
conservarlo senza guasto. Ora me lo ha portato.”<br />
“Dove è? dove è? Mostralo alle amiche.”<br />
Maria non sa come fare... Vorrebbe essere cortese, ma vorrebbe anche non<br />
smuovere tutta la roba, disposta in tre pesanti cofani.<br />
In suo aiuto intervengono le maestre: “Lo sposo sta per giungere. Non è tempo di<br />
metter confusione. Lasciatela stare, ché la stancate, e andate a prepararvi.”<br />
Lo sciame garrulo si allontana un po' imbroncio. Maria può godersi in pace le<br />
sue maestre, che le dicono parole di lode e di benedizione.<br />
Anche Elisabetta si è fatta vicina. E poiché Maria, commossa, piange perché Anna<br />
di Fanuel la chiama ‘Figlia’ e la bacia con affetto veramente materno,<br />
Elisabetta le dice: “Maria, tua madre non c’è, ma c’è. Il suo spirito esulta<br />
presso il tuo. E, guarda, le cose che tu porti ti ridanno la sua carezza. Vi<br />
trovi ancora il sapore dei suoi baci. Un giorno lontano, il giorno in cui tu<br />
venisti al Tempio, ella mi disse: ‘Le ho preparato le vesti e il corredo di<br />
sposa, perché voglio esser sempre io quella che le fila i lini e le fa le vesti<br />
di sposa, per non essere assente nel giorno della sua gioia’. E sai? Negli<br />
ultimi tempi, quando io l’assistevo, ella voleva ogni sera carezzare le tue<br />
prime vesti e queste che ora porti, e diceva: ‘Qui sento l’odore di gelsomino<br />
della mia piccina, e qui voglio Ella senta il bacio di sua mamma’. Quanti baci a<br />
questo velo che ti ombreggia la fronte! Più baci che fili!.... E quando metterai<br />
le tele da lei tessute, pensa che, più che lo stame, le ha formate l’amor di tua<br />
madre. E questi monili... Anche in ore penose furono salvati dal padre per te,<br />
per farti bella, come a principessa di Davide spetta, in quest’ora. Sii lieta,<br />
Maria. Non sei orfana, ché i tuoi sono teco e hai uno sposo che ti è padre e<br />
madre, tanto è perfetto...”<br />
“Oh! sì! Questo è vero! Di lui non mi posso certo rammaricare. In men di due<br />
mesi è venuto due volte, ed oggi viene per la terza, sfidando piogge e tempo<br />
ventoso, per prendere ordini da me... Pensa: ordini! Io che sono una povera<br />
donna e di lui tanto più giovane! E non mi ha mai negato nulla. Anzi neppur<br />
attende che io chieda. Pare che un angelo gli dica ciò che io desidero, e me lo<br />
dice lui prima che io parli. L’ultima volta ha detto: ‘Maria, io penso che tu<br />
preferisca stare nella tua casa paterna. Dato che sei figlia erede, lo può fare,<br />
se credi. Io verrò in casa tua. Solo, per osservare il rito, tu andrai per una<br />
settimana in casa di Alfeo, mio fratello. Maria ti ama tanto già. E da là<br />
partirà la sera delle nozze il corteo che ti porterà a casa’. Non è gentile? Non<br />
gli è importato neppure di far dire alla gente che egli non ha una casa che mi<br />
piaccia... A me sarebbe sempre piaciuta, perché vi è lui, tanto buono. Ma<br />
certo... preferisco la mia casa... per i ricordi... Oh! è buono Giuseppe!”<br />
“Che ha detto del voto? Ancora non mi dicesti nulla.”<br />
“Nulla ha opposto. Anzi, saputene le ragioni, ha detto: ‘Io unirò il mio<br />
sacrificio al tuo’ ”.<br />
“E’ un giovane santo!” dice Anna di Fanuel.<br />
Il ‘giovane santo’ entra in questo punto accompagnato da Zaccaria.<br />
E’ letteralmente splendido. Tutto giallo oro, pare un sovrano orientale. Una<br />
splendida cintura sorregge borsa e pugnale, l’una di marocchino a ricami in oro,<br />
l’altro in guaina pure di marocchino a fregi d’oro. In capo ha un turbante,<br />
ossia il solito telo messo a cappuccio come ancora lo hanno certi popoli<br />
dell’Africa, i beduini per esempio, tenuto a posto da un cerchio prezioso, un<br />
filo d’oro sottile al quale sono legati mazzetti di mirto. Ha un manto
nuovissimo, pieno di frange, nel quale si drappeggia con maestà, ed è<br />
sfolgorante di gioia. Fra le mani ha mazzetti di mirto in fiore.<br />
“Pace a te, sposa mia!” saluta. “Pace a tutti.” E avuto il saluto di risposta<br />
dice: “Ho visto la tua gioia quel giorno che ti ho dato il ramo del tuo orto. Ho<br />
pensato portarti il mirto colto presso la grotta a te tanto cara. Volevo<br />
portarti le rose, che già mettono i primi fiori contro la tua casa. Ma le rose<br />
non durano, in più giorni di viaggio... Sarei arrivato con sole spine. Ed io a<br />
te, diletta, voglio offrire solo rose, e di fiori morbidi e profumati spargere<br />
il cammino, perché su essi tu posi il piede senza incontrare sozzura o<br />
asprezza.”<br />
“Oh! grazie a te, buono! Come hai potuto farlo giungere fresco così?”<br />
“Ho legato un vaso alla sella e dentro vi ho messo i rami dei fiori in boccio.<br />
Lungo il cammino sono fioriti. Eccoteli, Maria. La tua fronte si inghirlandi di<br />
purezza, simbolo della sposa, ma sempre, sempre tanto minore a quella che t’è in<br />
cuore.”<br />
Elisabetta e le maestre ornano Maria della fiorita ghirlandetta che si forma<br />
fissando al cerchio prezioso i ciuffetti candidi del mirto, e intersecano<br />
piccole, candide rose, prese da un vaso posto su un cofano.<br />
Maria fa per prendere il suo ampio manto candido per metterlo puntato sulle<br />
spalle. Ma lo sposo la precede nel gesto e l’aiuta a fissare con due fibbie<br />
d’argento l’amplio mantello al sommo delle spalle. Le maestre dispongono le<br />
pieghe con amore e grazia.<br />
Tutto è pronto. Mentre attendono non so che, Giuseppe dice (lo dice appartandosi<br />
un poco con Maria): “Ho pensato in questo tempo al tuo voto. Io ti ho detto che<br />
lo condivido. Ma più vi penso e più comprendo che non basta il nazireato<br />
temporaneo, sebbene rinnovato più volte. Ti ho compresa, Maria. Non ancora<br />
merito la parola della Luce. Ma un murmure me ne viene. E questo mi fa leggere<br />
il tuo segreto, almeno nelle linee più forti. Sono un povero ignorante, Maria.<br />
Sono un povero operaio. Non so di lettere e non ho tesori. Ma ai tuoi piedi<br />
metto il mio tesoro. In perpetuo. La mia castità assoluta, per essere degno di<br />
starti accanto, Vergine di Dio, ‘sorella mia sposa, chiuso giardino, fonte<br />
sigillata’ come dice l’Avo nostro, che forse scrisse il Cantico vedendo te... Io<br />
sarò il guardiano di questo giardino d’aromi, in cui sono le più preziose frutta<br />
e da cui sgorga una polla d’acqua viva con impeto soave: la tua dolcezza, o<br />
sposa che col suo candore mi ha conquiso lo spirito, o tutta bella. Bella più di<br />
un’aurora, sole che splendi poiché ti splende il cuore, o tutta amore per il tuo<br />
Dio e per il mondo, a cui vuoi dare il Salvatore col tuo sacrificio di donna.<br />
Vieni, mia amata” e la prende delicatamente per mano guidandola verso la porta.<br />
Li seguono tutti gli altri, e fuori si uniscono le compagne festanti e tutte in<br />
bianco e con veli.<br />
Vanno per cortili e portici, fra la folla che osserva, sino ad un punto che non<br />
è il Tempio, ma pare quasi una sala data al culto, perché vi sono lampade e<br />
rotoli di pergamena come nelle sinagoghe. Gli sposi vanno fin contro ad un alto<br />
leggio, quasi una cattedra, e attendono. Gli altri si mettono dietro a loro in<br />
bell’ordine. Altri sacerdoti e curiosi si assiepano in fondo.<br />
Entra solenne il Sommo Sacerdote. Brusio fra i curiosi: “E’ lui che sposa?”<br />
“Sì, perché è di casta regale e sacerdotale. Fiore di Davide e Aronne la sposa,<br />
e Vergine del Tempio. Lo sposo è della tribù di Davide.”<br />
Il Pontefice mette la destra della sposa in quella dello sposo e li benedice<br />
solennemente: “Il Dio d’Abramo, Isacco e Giacobbe sia con voi. Egli vi unisca e<br />
si adempia in voi la sua benedizione, dandovi la sua pace e numerosa prosperità<br />
con lunga vita e morte beata nel seno d’Abramo”. E poi si ritira., solenne come<br />
è entrato.<br />
La promessa è scambiata. Maria è sposa a Giuseppe.<br />
Tutti escono e, sempre in bell’ordine, vanno in una sala, dove viene steso il<br />
contratto di nozze, in cui si dice che Maria, figlia-erede di Gioacchino di<br />
Davide e Anna di Aronne, porta in dote allo sposo la sua casa e annessi beni e<br />
il suo personale corredo e ogni altro bene, che ha dal padre ereditato.<br />
Tutto è compiuto.<br />
Gli sposi escono nel cortile e da questo passano oltre, verso l’uscita che è<br />
presso il quartiere delle donne adibite al Tempio. Un comodo, pesante carro<br />
attende. Su esso è stesa una tenda a riparo e sono già i pesanti cofani di<br />
Maria.<br />
Commiati, baci e lacrime, benedizioni, consigli, raccomandazioni, e poi Maria
sale con Elisabetta e si pone nell’interno del carro, e sul davanti si mettono<br />
Giuseppe e Zaccaria. Hanno levato i mantelli di festa e sono tutti avvolti in un<br />
mantellone scuro.<br />
Il carro parte al trotto pesante di un cavallone scuro. Le mura del Tempio si<br />
allontanano, e poi quelle della città, ed ecco la campagna, nuova, fresca,<br />
fiorita nei primi soli di primavera, coi grani alti un buon palmo dal suolo e<br />
che paiono smeraldi ridotti a foglioline ondeggianti ad una brezza leggera, che<br />
sa di fiori di pesco e melo, che sa di trifogli in fiore e di mentucce selvagge.<br />
Maria piange piano, sotto al suo velo, e ogni tanto scosta la tenda e guarda<br />
ancora il Tempio lontano, la città lasciata...<br />
La visione cessa così.<br />
Dice Gesù:<br />
“Che dice il libro della Sapienza, cantando le lodi di essa? ’Nella sapienza è<br />
infatti lo spirito d’intelligenza, santo, unico, molteplice, sottile’. E<br />
continua enumerandone le doti, terminando il periodo con le parole: ‘... che<br />
tutto può, tutto prevede, che comprende tutti gli spiriti, intelligente, puro,<br />
sottile. La sapienza penetra con la sua purezza, è vapore della virtù di Dio...<br />
per questo nulla vi è in lei d’impuro... immagine della bontà di Dio. Pur<br />
essendo unica può tutto, immutabile come è rinnovella ogni cosa, si comunica<br />
alle anime sante e forma gli amici di Dio, e i profeti.’<br />
Tu hai visto come Giuseppe, non per cultura umana ma per istruzione<br />
soprannaturale, sappia leggere nel libro sigillato della Vergine intemerata, e<br />
come rasenti le profetiche verità col suo ‘vedere’ un mistero soprumano là dove<br />
gli altri vedevano unicamente una grande virtù. Impregnato di questa sapienza,<br />
che è vapore della virtù di Dio e certa emanazione dell’Onnipotente, si dirige<br />
con spirito sicuro nel mare di questo mistero di grazia che è Maria, si intona<br />
con Lei con spirituali contatti in cui, più che le labbra, sono i due spiriti<br />
che si parlano nel sacro silenzio delle anime, dove ode voci unicamente Dio e le<br />
percepiscono coloro che a Dio sono grati, perché servi a Lui fedeli e di Lui<br />
pieni.<br />
La sapienza del Giusto, che aumenta per l’unione e vicinanza con la Tutta<br />
Grazia, lo prepara a penetrare nei segreti più alti di Dio e a poterli tutelare<br />
e difendere da insidie d’uomo e di demone. E intanto lo rinnovella. Del giusto<br />
fa un santo, del santo il custode della Sposa e del Figlio di Dio.<br />
Senza sollevare il sigillo di Dio, egli, il casto, che ora porta la sua castità<br />
ad eroismo angelico, può leggere la parola di fuoco scritta sul diamante<br />
virginale dal dito di Dio, e vi legge quella che la sua prudenza non dice, ma<br />
che è ben più grande di quel che lesse Mosè sulle tavole di pietra. E perché<br />
occhio profano non sfiori il mistero, egli si pone, sigillo sul sigillo,<br />
arcangelo di fuoco sulla soglia del Paradiso, entro il quale l’Eterno prende le<br />
sue delizie ‘passeggiando al rezzo della sera’ e parlando con Quella che è il<br />
suo amore, bosco di gigli in fiore, aura profumata di aromi, venticello di<br />
freschezza mattutina, vaga stella, delizia di Dio. La nuova Eva è lì, davanti a<br />
lui, non osso delle sue ossa né carne della sua carne, ma compagna della sua<br />
vita, Arca viva di Dio, che egli riceve in tutela e che a Dio egli deve rendere<br />
pura come l’ha ricevuta.<br />
‘Sposa a Dio’ era scritto in quel libro mistico dalle pagine immacolate.... E<br />
quando il sospetto, nell’ora della prova, gli fischiò il suo tormento, egli,<br />
come uomo e come servo di Dio, soffrì, come nessuno, per il sospettato<br />
sacrilegio. Ma questa fu la prova futura. Ora, in questo tempo di grazia, egli<br />
vede e mette sé al servizio più vero di Dio. Dopo verrà la bufera della prova,<br />
come per tutti i santi, per essere provati e resi coadiutori di Dio.<br />
Cosa si legge nel Levitico? ‘Dì ad Aronne tuo fratello di non entrare in ogni<br />
tempo nel santuario che è dietro al Velo dinanzi al Propiziatorio che copre<br />
l’Arca, per non morire -ché Io apparirò nella nuvola sopra l’oracolo- se prima<br />
non avrà fatto queste cose: offrirà un vitello per il peccato e un montone in<br />
olocausto, indosserà la tunica di lino e con brache di lino coprirà la sua<br />
nudità’.<br />
E veramente Giuseppe entra, quando Dio vuole e quanto Dio vuole, nel santuario<br />
di Dio, oltre il velo che cela l'Arca sulla quale si libra lo Spirito di Dio, e<br />
offre sé e offrirà l’Agnello, olocausto per il peccato del mondo e l’espiazione<br />
di esso peccato. E questo fa, vestito di lino e con mortificate le membra virili<br />
per abolirne il senso, che una volta, al principio dei tempi, ha trionfato
ledendo il diritto di Dio sull’uomo, e che ora sarà conculcato nel Figlio, nella<br />
Madre e nel padre putativo, per tornare gli uomini alla Grazia e rendere a Dio<br />
il suo diritto sull’uomo. Fa questo con la sua castità perpetua.<br />
Non vi era Giuseppe sul Golgota? Vi pare non sia fra i corredentori? In verità<br />
vi dico che egli ne fu il primo e che grande è perciò agli occhi di Dio. Grande<br />
per il sacrificio, la pazienza, la costanza e la fede. Quale fede più grande di<br />
questa, che credette senza aver visto i miracoli del Messia?<br />
Sia lode al mio padre putativo, esempio a voi di ciò che in voi più manca:<br />
purezza, fedeltà e perfetto amore. Al magnifico lettore del Libro sigillato,<br />
istruito dalla Sapienza a saper comprendere i misteri della Grazia ed eletto a<br />
tutelare la Salvezza del mondo contro le insidie di ogni nemico.”<br />
14. Gli Sposi arrivano a Nazareth.<br />
6 settembre 1944.<br />
Il più azzurro cielo di un mite febbraio si stende sulle colline di Galilea. Le<br />
dolci colline che in questo ciclo della Vergine fanciulla non ho mai visto, e<br />
che mi sono ormai così familiari all’occhio come se fra esse io fossi nata.<br />
La via maestra, fresca per nuova pioggia caduta forse la notte passata, non ha<br />
polvere, ma neppure ha fango. E’ compatta e pulita, come fosse una via<br />
cittadina, e si snoda fra due siepi di biancospini in fiore. Una nevicata che sa<br />
di amarognolo e di bosco, spezzata dalle mostruose agglomerazioni dei cactus,<br />
dalle foglie grasse a paletta, tutte irte di pungiglioni e decorate delle enormi<br />
granate dei frutti bizzarri, nati senza stelo in cima alle foglie che, per<br />
colore e forma, evocano sempre in me profondità marine e boschi di coralli e<br />
meduse, o altre bestie dei mari profondi.<br />
Oltre le siepi -la cui funzione è di recingere le proprietà dei singoli, per cui<br />
si allungano in ogni senso, facendo un bizzarro disegno geometrico di curve e di<br />
angoli, di rombi, losanghe, quadrati, semicircoli, triangoli dalle acutezze o<br />
ottusità più inverosimili, un disegno tutto spruzzato di bianco, come un nastro<br />
capriccioso che avessero steso così, per gioia, lungo le campagne e sul quale<br />
volano, pigolano, cantano a centinaia uccellini di ogni specie, nella gioia<br />
dell’amore e nell’opra dei nidi da ricostruire- oltre le siepi, la campagna, coi<br />
grani in erba, qui già più alti che nelle campagne di Giudea, e prati tutti in<br />
fiore, e su essi -in risposta alle leggere nuvolette del cielo che il tramonto<br />
fa rosee, fa di un lilla tenue, di un viola pervinca, di un opalino tinto di<br />
azzurro, di un arancio-corallo- a cento a cento, le nuvole vegetali degli alberi<br />
da frutto, bianche, rosee, rosse, in tutte le sfumature del bianco, rosa e<br />
rosso.<br />
Al lieve vento della sera sfarfallano e cadono i primi petali dagli alberi<br />
fioriti, e sembrano sciami di farfalline in cerca di polline sui fiori del<br />
campo. E, fra albero ed albero, festoni di vite ancora nuda, che solo nei sommi<br />
dei festoni, dove più colpisce il sole, hanno uno schiudersi innocente, stupito,<br />
palpitante delle prime foglioline.<br />
Il sole tramonta placido nel cielo, così mite nel suo azzurro che la luce fa<br />
ancora più chiaro, e lontano ne brillano le nevi dell’Hermon e di altre cime<br />
lontane.<br />
Un carro va per la via. Il carro che porta Giuseppe e Maria ed i cugini di Lei.<br />
Il viaggio è al termine.<br />
Maria guarda con l’occhio ansioso di chi vuol conoscere, anzi riconoscere, ciò<br />
che già vide, e non lo ricorda più, e sorride quando qualche larva di ricordo<br />
torna e si appoggia come una luce su questa o quella cosa, su questo o quel<br />
punto. Elisabetta, e con lei Zaccaria e Giuseppe, aiutano questo suo ricordare,<br />
accennando a questa o quella cima, a questa o quella casa. Case, ormai, perché<br />
Nazareth già si mostra, stesa sull’ondulazione della sua collina. Presa da<br />
sinistra dal sole occiduo, mostra il bianco delle sue casette, larghe e basse,<br />
che la terrazza sormonta, pennellato di rosa. E alcune, colpite in pieno, paiono<br />
presso ad un incendio, tanto la facciata su fa rossa di sole che accende anche<br />
l’acqua delle gore e dei pozzi bassi, quasi senza parapetto, da cui salgono<br />
cigolando le secchie per la casa o le ghirbe per l’ortaglia.<br />
Bambini e donne si fanno sul ciglio della via, occhieggiando nel carro, e<br />
salutano Giuseppe, molto conosciuto. Ma poi restano perplessi e intimoriti
davanti agli altri tre.<br />
Ma, quando proprio si entra nella cittadina, non vi è perplessità e timore.<br />
Molta e molta gente di ogni età è all’inizio del paese sotto un arco rustico di<br />
fiori e fronde, e appena il carro spunta, da dietro il gomito dell’ultima casa<br />
di campagna messa di sghembo, è un trillio di voci acute e un agitar di rami e<br />
fiori. Sono le donne, le fanciulle e i bambini di Nazareth, che salutano la<br />
sposa. Gli uomini, più gravi, stanno dietro alla siepe irrequieta e trillante, e<br />
salutano con gravità.<br />
Maria, ora che il carro è stato scoperto della sua tenda -l’hanno levata prima<br />
di giungere al paese, perché ormai il sole non dava noia e per permettere a<br />
Maria di vedere bene la terra natia- appare nella sua bellezza di fiore. Bianca<br />
e bionda come un angelo, Ella sorride con bontà ai bambini che le gettano fiori<br />
e baci, alle fanciulle della sua età che la chiamano a nome, alle spose, alle<br />
madri, alle vecchie che la benedicono con le loro voci cantanti. Si inchina agli<br />
uomini, e specie ad uno che forse è il rabbino o il maggiorente del paese.<br />
Il carro prosegue per la via principale a passo lento, seguito per un buon<br />
tratto dalla folla per la quale l’arrivo è un avvenimento.<br />
“Ecco la tua casa, Maria” dice Giuseppe, accennando con la frusta ad una casetta<br />
che è proprio sotto lo scrimolo di una ondulazione della collina, e che ha sul<br />
dietro un bello e vasto orto tutto in fiore, che termina con un piccolissimo<br />
uliveto. Oltre questo, la solita siepe di biancospino e cactee segna il limite<br />
della proprietà. I campi, un tempo di Gioacchino, sono oltre...<br />
“Poco, vedi, ti è rimasto” dice Zaccaria. “La malattia del padre tuo fu lunga e<br />
costosa. E costose le spese per riparare il danno fatto da Roma. Vedi? La<br />
strada ha portato via i tre principali ambienti e la casa si è ridotta, e per<br />
farla più ampia, senza spese soverchie, fu presa una parte del monte che fa<br />
grotta. Gioacchino vi teneva le provviste e Anna i suoi telai. Tu farai ciò che<br />
credi.”<br />
“Oh! che sia poca cosa non importa! Sempre mi basterà. Lavorerò...”<br />
“No, Maria.” E’ Giuseppe che parla. “Io lavorerò. Tu non farai che tessere e<br />
cucire le cose della casa. Sono giovane e forte e sono il tuo sposo. Non mi<br />
mortificare col tuo lavoro.”<br />
“Farò come tu vuoi.”<br />
“Sì, in questo io voglio. Per ogni altra cosa ogni tuo desiderio è legge. Ma<br />
in questo, no.”<br />
Sono arrivati. Il carro si ferma.<br />
Due donne e due uomini, rispettivamente sui quaranta e cinquant’anni, sono<br />
sull’uscio, e molti bambini e giovinetti sono con loro.<br />
“Dio ti dia pace, Maria” dice l’uomo più anziano, e una donna si accosta a Maria<br />
e l’abbraccia e bacia.<br />
“E’ mio fratello Alfeo e Maria sua moglie, e questi sono i figli loro. Sono<br />
venuti apposta per farti festa e dirti che la loro casa è tua, se tu vuoi” dice<br />
Giuseppe.<br />
“Sì, vieni, Maria, se ti è penoso vivere da sola. La campagna è bella in<br />
primavera e la nostra casa è in mezzo a campi in fiore. Tu sarai il più bel<br />
fiore in essi” dice Maria d’Alfeo.<br />
“Io ti ringrazio, Maria. Tanto volentieri verrei. E verrò qualche volta, verrò<br />
senza fallo per le nozze. Ma ho tanto desiderio di vedere, di riconoscere la mia<br />
casa. L’ho lasciata piccina e ho perduto il suo volto.... Ora lo ritrovo... e mi<br />
pare di ritrovare la mia madre perduta, il padre amato, di ritrovare l’eco delle<br />
loro parole... e il profumo del loro ultimo respiro. Mi pare di non esser più<br />
orfana, poiché ho intorno di nuovo l’abbraccio di quiete mura... Capiscimi,<br />
Maria.” Maria ha un poco di pianto nella voce e sulle ciglia.<br />
Maria di Alfeo risponde: “Come tu vuoi, cara. Voglio che tu mi senta sorella e<br />
amica e un poco anche tua madre, perché di tanto sono più anziana di te.”<br />
L’altra donna si è fatta avanti: “Maria, io ti saluto. Sono Lia, l’amica di tua<br />
madre. Ti ho visto nascere. E questo è Alfeo, nipote d’Alfeo e grande amico<br />
della madre tua. Quel che ho fatto per tua madre farò per te, se vuoi. Vedi? La<br />
mia casa è la più vicina alla tua e i tuoi campi sono ora di noi. Ma se vi vuoi<br />
venire, fallo ad ogni ora. Apriremo un varco nella siepe e saremo insieme, pur<br />
essendo ognuna in casa nostra. Questo è mio marito.”<br />
“Io vi ringrazio tutti e di tutto. Di tutto il bene che avete voluto ai miei e<br />
che mi volete. Ve ne benedica Iddio Onnipotente.”<br />
Le casse pesanti sono scaricate e portate in casa. Si entra. E riconosco ora la
casetta di Nazareth quale è poi nella vita di Gesù.<br />
Giuseppe prende per mano -il solito gesto- Maria, ed entra così. Sulla soglia le<br />
dice: “Ed ora, su questa soglia, io voglio da te una promessa: Che qualunque<br />
cosa ti avvenga o ti occorra, tu non abbia altro amico, altro aiuto a cui<br />
volgerti che Giuseppe, e che per nessun motivo tu ti abbia a crucciare da sola.<br />
Io sono tutto per te, ricordalo, e sarà mia gioia farti felice il cammino e,<br />
poiché la felicità non è sempre in nostro potere, almeno fartelo quieto e<br />
sicuro.”<br />
“Te lo prometto, Giuseppe.”<br />
Vengono aperte porte e finestre. L’ultimo sole entra curioso.<br />
Maria ora si è levato il manto e il velo, perché, meno i fiori di mirto, ha<br />
ancora la veste di nozze. Esce nell’orto in fiore. E guarda, e sorride e, sempre<br />
tenuta per mano da Giuseppe, fa un giro nell’orto. Pare riprenda possesso del<br />
luogo perduto.<br />
E Giuseppe mostra le sue fatiche: “Vedi? Qui ho fatto questo scasso per<br />
raccogliere l’acqua piovana, ché queste viti hanno sempre arsura. A questo ulivo<br />
ho risegato i rami più vecchi per dargli vigore, e ho messo a dimora questi meli<br />
perché due erano morti. E poi là ho messo dei fichi. Quando saranno cresciuti<br />
ripareranno la casa dal troppo sole e da sguardi curiosi. La pergola è quella<br />
antica. No ho fatto che cambiare i pali marciti e lavorare di cesoie. Darà molta<br />
uva, spero. E qua, guarda” e la conduce orgoglioso verso la costa che si alza a<br />
ridosso della casa e che fa limite al brolo dal lato di tramontana, “ e qua ho<br />
scavato una grotticella e l’ho rinforzata e, quando saranno attecchite queste<br />
piantine, sarà quasi uguale a quella che avevi. Non vi è la sorgente... ma spero<br />
portarne un filo. Lavorerò nelle lunghe sere estive mentre ti verrò a<br />
trovare...”<br />
“Ma come?” dice Alfeo. “Non fate nozze quest’estate?”<br />
“No. Maria desidera filare i pannolini, uniche cose che mancano al corredo. Ed<br />
io sono contento che sia così. E’ tanto giovane, Maria, che nulla è se si<br />
attende un anno e oltre. Intanto si ambienta alla casa...”<br />
“Mah! Tu sei sempre stato un poco diverso dagli altri e lo sei anche ora. Non so<br />
chi non avrebbe fretta di avere in moglie un fiore come è Maria, e tu ci metti<br />
dei mesi fra mezzo!..”<br />
“Gioia lungamente attesa, gioia più intensamente goduta” risponde Giuseppe con<br />
un fine sorriso.<br />
Il fratello si stringe nelle spalle e chiede: “E allora? Quando conti di pensare<br />
alle nozze?”<br />
“Al sedicesimo anno di Maria. Dopo le feste dei Tabernacoli. Saran dolci le sere<br />
d’inverno per i novelli sposi!...” e sorride ancora guardando Maria. Un sorriso<br />
d’intesa segreta e soave. Di una castità fraterna che consola.<br />
Poi riprende il suo giro: “Questo è lo stanzone nel monte. Se credi, ne farò una<br />
mia officina quando verrò. E’ unito, ma non nella casa. Così non darò disturbo<br />
di rumori e di disordine. Se però vuoi diversamente...”<br />
“No, Giuseppe. Va benissimo così.”<br />
Rientrano in casa e si accendono le lampade.<br />
“Maria è stanca” dice Giuseppe. “Lasciamola alla sua quiete, coi cugini.”<br />
Saluti di tutti che se ne vanno. Resta Giuseppe, ancora qualche minuto, e parla<br />
con Zaccaria sottovoce.<br />
“Tuo cugino ti lascia qualche tempo Elisabetta. Sei contenta? Io sì. Perché ti<br />
aiuterà a... farti una perfetta donna di casa. Con lei potrai disporre come vuoi<br />
le tue cose e i tuoi arredi, ed io verrò ogni sera ad aiutarti. Con lei potrai<br />
acquistare lana e quanto ti occorre. Ed io provvederò alla spesa. Ricordati che<br />
lo hai promesso di venire a me per ogni cosa. Addio, Maria. Dormi il primo sonno<br />
di signora in questa tua casa, e l’angelo di Dio te lo renda sereno. Il Signore<br />
sia sempre con te.”<br />
“Addio, Giuseppe. Anche tu sii sotto l' ali dell’angelo di Dio. Grazie,<br />
Giuseppe. Di tutto. Per quanto posso, ti compenserò del tuo amore col mio.”<br />
Giuseppe saluta i cugini ed esce.<br />
E con lui cessa la visione.<br />
15. A conclusione del Prevangelo.<br />
6 settembre 1944.
Dice Gesù:<br />
“Il ciclo è terminato. E con questo, così dolce e soave, il tuo Gesù ti ha<br />
portato senza scosse fuori del tumulto di questi giorni. Come un bambino<br />
fasciato da morbide lane e posato su soffici cuscini, tu sei stata fasciata da<br />
queste beate visioni, perché non sentissi, avendone terrore, la ferocia degli<br />
uomini che si odiano invece di amarsi. Non potresti più sopportare certe cose,<br />
ed Io non voglio che tu ne muoia, perché ho cura del mio ‘portavoce’.<br />
Sta per cessare nel mondo la causa per cui le vittime sono state torturate da<br />
tutte le disperazioni. Anche per te, Maria, cessa perciò il tempo del tremendo<br />
soffrire per troppe cause, così in contrasto col tuo modo di sentire. Non ti<br />
cesserà il soffrire: sei vittima. Ma a parte di esso: questa, cessa. Poi verrà<br />
il giorno in cui Io ti dirò, come a Maria di Magdala morente: ‘Riposa. Ora è<br />
tempo per te di riposare. Dammi le tue spine. Ora è tempo di rose. Riposa e<br />
aspetta. Ti benedico, benedetta.’<br />
Questo ti dicevo, ed era una promessa e tu non l’hai capita, quando veniva il<br />
tempo che saresti stata tuffata, rivoltolata, incatenata, empita, fin nelle<br />
latebre più fonde, di spine... Questo ti ripeto ora, con una gioia qual solo<br />
l’Amore che sono può provare quando può far cessare un dolore ad un suo diletto.<br />
Questo ti dico ora che quel tempo di sacrificio cessa. E Io, che so, ti dico,<br />
per il mondo che non sa, per l’Italia, per Viareggio, per questo piccolo paese,<br />
in cui tu mi hai portato -medita il senso di queste parole- il grazie che spetta<br />
agli olocausti per il loro sacrificio.<br />
Quando ti ho mostrato Cecilia vergine-sposa, ti ho detto che ella si è<br />
impregnata dei miei profumi e dietro ad essi ha trascinato marito, cognato,<br />
servi, parenti, amici. Tu hai fatto, e non lo sai, ma Io te lo dico, Io che so,<br />
la parte di Cecilia in questo mondo impazzito. Ti sei saturata di Me, della mia<br />
parola, hai portato i miei desideri fra le persone, e le migliori hanno compreso<br />
e dietro te, vittima, molte e molte ne sono sorte e, se non è la rovina completa<br />
della tua patria e dei luoghi che a te sono più cari, è perché molte ostie sono<br />
state consumate dietro il tuo esempio e il tuo ministero.<br />
Grazie, benedetta. Ma continua ancora. Ho molto bisogno di salvare la Terra. Di<br />
ricomprare la Terra. Le monete siete voi, vittime.<br />
La Sapienza, che ha istruito i santi, e istruisce te con un magistero diretto,<br />
ti elevi sempre più nel comprendere la Scienza di vita e nel praticarla. Drizza<br />
anche te la tua piccola tenda presso la casa del Signore. Ficca, anzi, i pioli<br />
della stessa tua dimora nella dimora della Sapienza e dimòravi senza mai<br />
uscirne. Riposerai, sotto la protezione del Signore che ti ama, come un uccello<br />
fra i rami fioriti, ed Egli ti farà riparo da ogni intemperia spirituale e sarai<br />
nella luce della gloria di Dio, da cui scenderanno per te parole di pace e<br />
verità.<br />
Va' in pace. Ti benedico, benedetta.”<br />
Dice, subito dopo, Maria:<br />
“A Maria il regalo della Mamma per la sua festa. Una catena di regali. E se<br />
qualche spina vi sarà contesta, non lamentarti al Signore che ti ha amata come<br />
ben pochi ama.<br />
Ti avevo detto al principio: ‘Scrivi di me. Ogni pena ti verrà consolata’. Lo<br />
vedi che fu vero. T’era serbato questo dono per questo tempo d’orgasmo, perché<br />
non abbiamo cura solo dello spirito, ma sappiamo averne anche per la materia,<br />
che non è regina ma ancella utile allo spirito, perché compia la sua missione.<br />
Sii grata all’Altissimo, che ti è veramente Padre, anche in senso<br />
affettuosamente umano, e ti culla con estasi soavi per celarti ciò che t’è<br />
spavento.<br />
Voglimi sempre più bene. Ti ho portata con me nel segreto dei miei primi anni.<br />
Ora tutto sai della Mamma. Voglimi bene da figlia e da sorella nella sorte di<br />
vittima. E ama Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo con perfezione d’amore.<br />
La benedizione del Padre, del Figlio, e dello Spirito passa dalle mie mani, si<br />
profuma del mio materno amore per te, e su te scende e posa. Sii<br />
soprannaturalmente beata.”<br />
16. L’Annunciazione.<br />
8 marzo 1944.<br />
Ciò che vedo. Maria, fanciulla giovanissima, quindici anni al massimo
all’aspetto, è in una piccola stanza rettangolare. Una vera stanza di fanciulla.<br />
Contro una delle due pareti più lunghe è il giaciglio: un basso lettuccio senza<br />
sponde, coperto di alte stuoie o tappeti. Si direbbe che sono stesi su una<br />
tavola o su un traliccio di canne, perché stanno molto rigidi e senza curve come<br />
avviene nei nostri letti. Contro l’altra parete, una scansia con una lucerna ad<br />
olio, dei rotoli di pergamena, un lavoro di cucito piegato con cura, pare un<br />
ricamo.<br />
Di fianco a questa, verso la porta che è aperta sull’orto ma velata da una<br />
tenda che palpita ad un leggero vento, è seduta su uno sgabello basso la<br />
Vergine. Fila del lino candidissimo e morbido come una seta. Le sue piccole<br />
mani, solo di poco più scure del lino, prillano sveltamente il fuso. Il visetto<br />
giovanile, e tanto tanto bello, è lievemente curvo e lievemente sorridente, come<br />
se accarezzasse o seguisse qualche dolce pensiero.<br />
Vi è molto silenzio nella casetta e nell’orto. Vi è molta pace tanto sul viso di<br />
Maria quanto nell’ambiente che la circonda. Pace e ordine. Tutto è lindo e<br />
ordinato, e l’ambiente, umilissimo nel suo aspetto e nelle suppellettili, quasi<br />
nudo come una cella, ha un che di austero e regale per il grande nitore e la<br />
cura con cui sono disposte le stoffe sul lettuccio, i rotoli, il lume, la<br />
piccola brocca di rame presso al lume, con entro un fascio di rami fioriti, rami<br />
di pesco o di pero. Non so. Sono certo di alberi da frutto di un bianco<br />
lievemente rosato.<br />
Maria si mette a cantare sottovoce e poi alza lievemente la voce. Non va al gran<br />
canto. Ma è già una voce che vibra nella stanzetta e nella quale si sente una<br />
vibrazione d’anima. Non capisco le parole, dette certo in ebraico. Ma dato che<br />
ripete ogni tanto: ‘Jehovà’, intuisco che sia qualche canto sacro, forse un<br />
salmo. Forse Maria ricorda i canti del Tempio. E deve essere un dolce ricordo,<br />
perché posa sul grembo le mani sorreggenti il filo e il fuso e alza il capo<br />
appoggiandolo indietro alla parete, accesa da un bel rossore nel viso, con gli<br />
occhi persi dietro a chissà quale soave pensiero, fatti lucidi da un’onda di<br />
pianto che non trabocca ma che li fa più grandi. Eppure quegli occhi ridono,<br />
sorridono al pensiero che vedono e che l’astrae dal sensibile. Il viso di Maria,<br />
emergente dalla veste bianca e semplicissima, così rosato e cinto dalle trecce<br />
che porta avvolte come corona intorno al capo, pare un bel fiore.<br />
Il canto si muta in preghiera: “Signore Iddio Altissimo, non tardare oltre a<br />
mandare il tuo Servo per portare la pace sulla terra. Suscita il tempo propizio<br />
e la vergine pura e feconda per l’avvento del tuo Cristo. Padre, Padre santo,<br />
concedi alla tua serva di offrire la sua vita a questo scopo. Concedimi di<br />
morire dopo aver visto la tua Luce e la tua Giustizia sulla terra e di aver<br />
conosciuto che la Redenzione è compiuta. O Padre santo, manda sulla terra il<br />
Sospiro dei Profeti. Manda alla tua serva il Redentore. Che nell’ora in cui<br />
cessi il mio giorno, si apra per me la tua Dimora, perché le sue porte sono<br />
state già aperte dal tuo Cristo per tutti coloro che hanno sperato in Te. Vieni,<br />
vieni, o Spirito del Signore. Vieni ai tuoi fedeli che ti attendono. Vieni,<br />
Principe della Pace!...” Maria resta assorta così....<br />
La tenda palpita più forte, come se qualcuno dietro ad essa ventilasse con<br />
qualcosa o la scuotesse per scostarla. E una luce bianca di perla fusa ad<br />
argento puro fa più chiare le pareti lievemente gialline, più vivi i colori<br />
delle stoffe, più spirituale il volto sollevato di Maria. Nella luce, e senza<br />
che la tenda sia scostata sul mistero che si compie -anzi non palpita più, pende<br />
ben rigida contro gli stipiti, come fosse parete che isola l’interno<br />
dall’esterno- si prosterna l’Arcangelo.<br />
Deve necessariamente assumere aspetto umano. Ma è un aspetto trasumano. Di quale<br />
carne è composta questa figura bellissima e sfolgorante? Di quale sostanza l’ha<br />
materializzata Iddio per renderla sensibile ai sensi della Vergine? Solo Dio può<br />
possedere queste sostanze e usarle in tal maniera perfetta. E’ un volto, è un<br />
corpo, sono occhi, bocca, capelli e mani come le nostre. Ma non sono la nostra<br />
opaca materia. E’ una luce che ha preso colore di carne, di occhi, di chioma, di<br />
labbra, una luce che si muove e sorride e guarda e parla.<br />
“Ave, Maria, piena di Grazia, ave!” La voce è un dolce arpeggio come di perle<br />
gettate su un metallo prezioso.<br />
Maria trasale e abbassa lo sguardo. E più trasale quando vede la fulgida<br />
creatura inginocchiata ad un metro circa di distanza da Lei e che, con le mani<br />
incrociate sul petto, la guarda con una venerazione infinita.<br />
Maria balza in piedi e si stringe alla parete. Diviene pallida e rossa
alternativamente. Il suo viso esprime stupore e sgomento. Si stringe<br />
inconsciamente le mani sul seno nascondendole sotto le larghe maniche, si curva<br />
quasi per nascondere il più possibile il suo corpo. Un atto di pudore soave.<br />
“No. Non temere. Il Signore è teco! Tu sei benedetta fra tutte le donne.”<br />
Ma Maria continua a temere. Da dove è venuto quell’essere straordinario? E’ un<br />
messo di Dio o dell’Ingannatore?<br />
“Non temere, Maria!” ripete l’Arcangelo. “Io sono Gabriele, l’Angelo di Dio. Il<br />
mio Signore mi ha mandato a te. Non temere, perché tu hai trovato grazia presso<br />
Dio. Ed ora tu concepirai nel seno e partorirai un Figlio e gli porrai nome<br />
‘Gesù’. Questi sarà grande, sarà chiamato Figlio dell’Altissimo (e tale sarà<br />
invero) e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà in<br />
eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo Regno non avrà mai fine. Comprendi, o<br />
santa Vergine amata dal Signore, Figlia benedetta di Lui, chiamata ad esser<br />
Madre del suo Figlio, quale Figlio tu genererai.”<br />
“Come può avvenire questo se io non conosco uomo? Forse che il Signore Iddio più<br />
non accoglie l’offerta della sua serva e non mi vuole vergine per amor di Lui?<br />
”.<br />
“Non per opera di uomo sarai Madre, o Maria. Tu sei l’eterna Vergine, la Santa<br />
di Dio. Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell’Altissimo ti<br />
adombrerà. Perciò Santo si chiamerà Colui che nascerà da te, e Figlio di Dio.<br />
Tutto può il Signore Iddio nostro. Elisabetta, la sterile, nella sua vecchiaia<br />
ha concepito un figlio che sarà il Profeta del tuo Figlio, colui che ne prepara<br />
le vie. Il Signore ha levato a questa il suo obbrobrio, e la sua memoria resterà<br />
nelle genti congiunta al nome tuo, come il nome della sua creatura a quello del<br />
tuo Santo, e fino alla fine dei secoli le genti vi chiameranno beate per la<br />
Grazia del Signore venuta a voi, ed a te specialmente; venuta alle genti per<br />
mezzo tuo. Elisabetta è nel suo sesto mese ed il suo peso la solleva al gaudio,<br />
e più la solleverà quando conoscerà la tua gioia. Nulla è impossibile a Dio,<br />
Maria, piena di Grazia. Che devo dire al mio Signore? Non ti turbi pensiero di<br />
sorta. Egli tutelerà gli interessi tuoi se a Lui ti affidi. Il mondo, il Cielo,<br />
l’Eterno attendono la tua parola!”<br />
Maria, incrociando a sua volta le mani sul petto e curvandosi in un profondo<br />
inchino, dice: “Ecco l’ancella di Dio. Si faccia di me secondo la sua parola.”<br />
L’Angelo sfavilla nella gioia. Adora, perché certo egli vede lo Spirito di Dio<br />
abbassarsi sulla Vergine curva nell’adesione, e poi scompare senza smuover<br />
tenda, ma lasciandola ben tirata sul Mistero santo.<br />
17. La disubbidienza di Eva e l’ubbidienza di Maria<br />
5 marzo 1944.<br />
Dice Gesù:<br />
“[...].<br />
Non si legge nella Genesi che Dio fece l’uomo dominatore su tutto quanto era<br />
sulla terra, ossia su tutto meno che su Dio e i suoi angelici ministri? Non si<br />
legge che fece la donna perché fosse compagna all’uomo nella gioia e nella<br />
dominazione su tutti i viventi? Non si legge che di tutto potevano mangiare<br />
fuorché dell’albero della scienza del Bene e del Male? Perché? Quale sottosenso<br />
è nella parola ‘perché domini’? Quale in quello dell’albero della scienza del<br />
Bene e del Male? Ve lo siete mai chiesto, voi che vi chiedete tante cose inutili<br />
e non sapete chiedere mai alla vostra anima le celesti verità?<br />
La vostra anima, se fosse viva, ve lo direbbe, essa che quando è in grazia è<br />
tenuta come un fiore fra le mani dell’angelo vostro, essa che quando è in grazia<br />
è come un fiore baciato dal sole e irrorato dalla rugiada per lo Spirito Santo<br />
che la scalda e illumina, che la irriga e la decora di celesti luci. Quante<br />
verità vi direbbe la vostra anima se sapeste conversare con essa, se l’amaste<br />
come quella che mette in voi la somiglianza con Dio che è Spirito come spirito è<br />
la vostra anima. Quale grande amica avreste se amaste la vostra anima in luogo<br />
di odiarla sino ad ucciderla; quale grande, sublime amica con la quale parlare<br />
di cose di Cielo, voi che siete così avidi di parlare e vi rovinate l’un l’altro<br />
con amicizie che, se non sono indegne (qualche volte lo sono) sono però quasi<br />
sempre inutili e vi si mutano in frastuono vano o nocivo di parole, e parole<br />
tutte di terra.
Non ho Io detto: ‘Chi mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio l’amerà e<br />
verremo presso di lui e faremo in lui dimora?’ L’anima in grazia possiede<br />
l’amore e, possedendo l’amore, possiede Dio, ossia il Padre che la conserva, il<br />
Figlio che l’ammaestra, lo Spirito che la illumina. Possiede quindi la<br />
Conoscenza, la Scienza, la Sapienza. Possiede la Luce. Pensate perciò quali<br />
conversazioni sublimi potrebbe intrecciare con voi la vostra anima. Sono quelle<br />
che hanno empito i silenzi delle carceri, i silenzi delle celle, i silenzi degli<br />
eremitaggi, i silenzi delle camere degli infermi santi. Sono quelle che hanno<br />
confortato i carcerati in attesa di martirio, i claustrati alla ricerca della<br />
Verità, i romiti anelanti alla conoscenza anticipata di Dio, gli infermi alla<br />
sopportazione, ma che dico?, all’amore della loro croce.<br />
Se sapeste interrogare la vostra anima, essa vi direbbe che il significato vero,<br />
esatto, vasto quanto il creato, di quella parola ‘domini’ è questo: ‘Perché<br />
l’uomo domini su tutto. Su tutti i suoi tre strati. Lo strato inferiore,<br />
animale. Lo strato di mezzo, morale. Lo strato superiore, spirituale. E tutti e<br />
tre li volga ad un unico fine: possedere Dio’. Possederlo meritandolo con questo<br />
ferreo dominio, che tiene soggette tutte le forze dell’io e le fa ancelle di<br />
questo unico scopo: meritare di possedere Dio. Vi direbbe che Dio aveva proibito<br />
la conoscenza del Bene e del Male, perché il Bene lo aveva elargito alle sue<br />
creature gratuitamente, e il Male non voleva che lo conosceste, perché è frutto<br />
dolce al palato ma che, sceso col suo succo nel sangue, ne desta una febbre che<br />
uccide e produce arsione, per cui più si beve di quel succo mendace e più se ne<br />
ha sete.<br />
Voi obbietterete: ‘E perché ce l’ha messo?’ E perché! Perché il Male è una forza<br />
che è nata da sola, come certi mali mostruosi nel corpo più sano.<br />
Lucifero era angelo, il più bello degli angeli. Spirito perfetto, inferiore a<br />
Dio soltanto. Eppure nel suo essere luminoso nacque un vapore di superbia che<br />
esso non disperse. Ma anzi condensò covandolo. E da questa incubazione è nato<br />
il Male. Esso era prima che l’uomo fosse. Dio l’aveva precipitato fuor del<br />
Paradiso, l’Incubatore maledetto del Male, questo insozzatore del Paradiso. Ma<br />
esso è rimasto l’eterno Incubatore del Male e, non potendo più insozzare il<br />
Paradiso, ha insozzato la Terra.<br />
Quella metaforica pianta sta a dimostrare questa verità. Dio aveva detto<br />
all’uomo e alla donna: ‘Conoscete tutte le leggi ed i misteri del creato. Ma non<br />
vogliate usurparmi il diritto di essere il Creatore dell’uomo. A propagare la<br />
stirpe umana basterà il mio amore che circolerà in voi, e senza libidine di<br />
senso ma solo per palpito di carità susciterà i nuovi Adami della stirpe. Tutto<br />
vi dono. Solo mi riserbo questo mistero della formazione dell’uomo’.<br />
Satana ha voluto levare questa verginità intellettuale all’uomo, e con la sua<br />
lingua serpentina ha blandito e accarezzato membra ed occhi di Eva, suscitandone<br />
riflessi e acutezze che prima non avevano, perché la Malizia non li aveva<br />
intossicati.<br />
Essa ‘vide’. E vedendo volle provare. La carne era destata. Oh! se avesse<br />
chiamato Dio! Se fosse corsa a dirgli: ‘Padre! Io son malata. Il Serpente mi ha<br />
accarezzata e il turbamento è in me’. Il Padre l’avrebbe purificata e guarita<br />
col suo alito, che, come le aveva infuso la vita, poteva infonderle nuovamente<br />
innocenza, smemorandola del tossico serpentino ed anzi mettendo in lei la<br />
ripugnanza per il Serpente, come è in quelli che un male ha assalito e che,<br />
guariti di quel male, ne portano una istintiva ripugnanza. Ma Eva non va al<br />
Padre. Eva torna dal Serpente. Quella sensazione è dolce per lei. ‘Vedendo che<br />
il frutto dell’albero era buono a mangiarsi e bello all’occhio e gradevole<br />
all’aspetto, lo colse e ne mangiò’.<br />
E ‘comprese’. Ormai la malizia era scesa a morderle le viscere. Vide con occhi<br />
nuovi e udì con orecchi nuovi gli usi e le voci dei bruti. E li bramò con folle<br />
bramosia. Iniziò sola il peccato. Lo portò a termine col compagno. Ecco perché<br />
sulla donna pesa condanna maggiore. E’ per lei che l’uomo è divenuto ribelle a<br />
Dio e ha conosciuto lussuria e morte. E’ per lei che non ha più saputo dominare<br />
i suoi tre regni: dello spirito, perché ha permesso che lo spirito disubbidisse<br />
a Dio; del morale, perché ha permesso che le passioni lo signoreggiassero; della<br />
carne, perché l’avvilì alle leggi istintive dei bruti. ‘Il Serpente mi ha<br />
sedotta’ dice Eva. ‘La donna mi ha offerto il frutto ed io ne ho mangiato’ dice<br />
Adamo. E la cupidigia triplice abbranca da allora i tre regni dell’uomo.<br />
Non c’è che la Grazia che riesca ad allentare le strette di questo mostro<br />
spietato. E, se è viva, vivissima, mantenuta sempre più viva dalla volontà del
figlio fedele, giunge a strozzare il mostro ed a non aver più a temere di nulla.<br />
Non dei tiranni interni, ossia della carne e delle passioni; non dei tiranni<br />
esterni, ossia del mondo e dei potenti del mondo. Non delle persecuzioni. Non<br />
della morte. E’ come dice l’apostolo Paolo: ‘Nessuna di queste cose io temo, né<br />
tengo alla mia vita più di me, purché io compia la mia missione ed il ministero<br />
ricevuto dal Signore Gesù per rendere testimonianza al Vangelo della Grazia di<br />
Dio’.<br />
[...]”.<br />
[8 marzo 1944.]<br />
Dice Maria:<br />
“Nella gioia, poiché quando ho compreso la missione a cui Dio mi chiamava fui<br />
ripiena di gioia, il mio cuore si aprì come un giglio serrato e se ne effuse<br />
quel sangue che fu zolla al Germe del Signore.<br />
Gioia di esser madre.<br />
M’ero consacrata a Dio dalla prima età, perché la luce dell’Altissimo m’aveva<br />
illuminato la causa del male del mondo ed avevo voluto, per quanto era in mio<br />
potere, cancellare da me la traccia di Satana.<br />
Io non sapevo di essere senza macchia. Non potevo pensare di esserlo. Il solo<br />
pensarlo sarebbe stata presunzione e superbia, perché, nata da umani genitori,<br />
non m’era lecito pensare che proprio io ero l’Eletta ad esser la Senza Macchia.<br />
Lo Spirito di Dio mi aveva istruita sul dolore del Padre davanti alla corruzione<br />
di Eva, che aveva voluto avvilire sé, creatura di grazia, ad un livello di<br />
creatura inferiore. Era in me l’intenzione di addolcire quel dolore riportando<br />
la mia carne alla purezza angelica col serbarmi inviolata da pensieri, desideri,<br />
e contatti umani. Solo per Lui il mio palpito d’amore, solo a Lui il mio essere.<br />
Ma, se non era in me arsione di carne, era però ancora il sacrificio di non<br />
esser madre.<br />
La maternità, priva di quanto ora la avvilisce, era stata concessa dal Padre<br />
Creatore anche ad Eva. Dolce e pura maternità senza pesantezza di senso! Io l’ho<br />
provata! Di quanto s’è spogliata Eva rinunciando a questa ricchezza! Più che<br />
dell’immortalità. E non vi paia esagerazione. Il mio Gesù, e con Lui io, sua<br />
Madre, abbiamo conosciuto il languore della morte. Io il dolce languore di chi<br />
stanco si addormenta, Egli l’atroce dolore di chi muore per la sua condanna.<br />
Dunque anche a noi è venuta la morte. Ma la maternità, senza violazioni di<br />
sorta, è venuta a me sola, Eva nuova, perché io potessi dire al mondo di qual<br />
dolcezza fosse la sorte della donna chiamata ad esser madre senza dolore di<br />
carne. E il desiderio di questa pura maternità poteva essere ed era anche nella<br />
Vergine tutta di Dio, poiché essa è la gloria della donna. Se voi pensate poi in<br />
quale onore era tenuta la donna madre presso gli israeliti, ancor più potete<br />
pensare quale sacrificio avevo compiuto consacrandomi a questa privazione.<br />
Ora alla sua serva l’Eterno Buono dava questo dono senza levarmi il candore di<br />
cui m’ero vestita per esser fiore al suo trono. Ed io ne giubilavo con la<br />
duplice gioia d’esser madre di un uomo e d’esser Madre di Dio.<br />
Gioia d’esser Quella per cui la pace si rinsaldava fra Cielo e terra.<br />
Oh! aver desiderato questa pace per amore di Dio e di prossimo, e sapere che per<br />
mezzo di me, povera ancella del Potente, essa veniva al mondo! Dire: ‘Oh!<br />
uomini, non piangete più. Io porto in me il segreto che vi farà felici. Non ve<br />
lo posso dire, perché è sigillato in me, nel mio cuore, come è chiuso il Figlio<br />
nel seno inviolato. Ma già ve lo porto fra voi, ma ogni ora che passa è più<br />
prossimo il momento in cui lo vedrete e ne conoscerete il Nome santo.’<br />
Gioia d’aver fatto felice Iddio: gioia di credente per il suo Dio fatto felice.<br />
Oh! l’aver levato dal cuore di Dio l’amarezza della disubbidienza d’Eva! Della<br />
superbia d’Eva! Della sua incredulità.<br />
Il mio Gesù ha spiegato di qual colpa si macchiò la Coppia prima. Io ho<br />
annullato quella colpa facendo a ritroso, per ascendere, le tappe della sua<br />
discesa.<br />
Il principio della colpa fu nella disubbidienza: ‘Non mangiate e non toccate di<br />
quell’albero’ aveva detto Iddio. E l’uomo e la donna, i re del creato, che<br />
potevano di tutto toccare e mangiare fuor che di quello, perché Dio voleva non<br />
renderli che inferiori agli angeli, non tennero conto di quel divieto.<br />
La pianta: il mezzo per provare l’ubbidienza dei figli.
Che è l’ubbidienza al comando di Dio? E’ bene, perché Dio non comanda che il<br />
bene. Che è la disubbidienza? E’ male, perché mette l’animo nelle disposizioni<br />
di ribellione su cui Satana può operare.<br />
Eva va alla pianta da cui sarebbe venuto il suo bene con lo sfuggirla o il suo<br />
male coll’avvicinarla. Vi va trascinata dalla curiosità bambina di vedere che<br />
avesse in sé di speciale, dall’imprudenza che le fa parere inutile il comando di<br />
Dio, dato che lei è forte e pura, regina dell’Eden, in cui tutto le ubbidisce e<br />
in cui nulla potrà farle del male. La sua presunzione la rovina. La presunzione<br />
è già lievito di superbia.<br />
Alla pianta trova il Seduttore il quale, alla sua inesperienza, alla sua vergine<br />
tanto bella inesperienza, alla sua maltutelata da lei inesperienza, canta la<br />
canzone della menzogna. ‘Tu credi che qui sia del male? No. Dio te l’ha detto,<br />
perché vi vuol tenere schiavi del suo potere. Credete d’esser re? Non siete<br />
neppur liberi come lo è la fiera. Ad essa è concesso di amarsi di amor vero. Non<br />
a voi. Ad essa è concesso d’esser creatrice come Dio. Essa genererà figli e<br />
vedrà crescere a suo piacere la famiglia. Non voi. A voi negata è questa gioia.<br />
A che pro dunque farvi uomo e donna se dovete vivere in tal maniera? Siate dèi.<br />
Non sapete quale gioia è l’esser due in una carne sola, che ne crea una terza e<br />
molte più terze? Non credete alle promesse di Dio di avere gioia di posterità<br />
vedendo i figli crearsi nuove famiglie, lasciando per esse padre e madre. Vi ha<br />
dato una larva di vita: la vita vera è di conoscere le leggi della vita. Allora<br />
sarete simili a dèi e potrete dire a Dio: ‘Siamo tuoi uguali’’.<br />
E la seduzione è continuata, perché non vi fu volontà di spezzarla, ma anzi<br />
volontà di continuarla e di conoscere ciò che non era dell’uomo. Ecco che<br />
l’albero proibito diviene, alla razza, realmente mortale, perché dalle sue rame<br />
pende il frutto dell’amaro sapere che viene da Satana. E la donna diviene<br />
femmina e, col lievito della conoscenza satanica in cuore, va a corrompere<br />
Adamo. Avvilita così la carne, corrotto il morale, degradato lo spirito,<br />
conobbero il dolore e la morte dello spirito privato della Grazia, e della carne<br />
privata dell’immortalità. E la ferita di Eva generò la sofferenza, che non si<br />
placherà finché non sarà estinta l’ultima coppia sulla terra.<br />
Io ho percorso a ritroso le vie dei due peccatori. Ho ubbidito. In tutti i modi<br />
ho ubbidito. Dio m’aveva ispirato d’esser vergine. Ho ubbidito. Amata la<br />
verginità, che mi faceva pura come la prima delle donne prima di conoscere<br />
Satana, Dio mi chiese d’esser sposa. Ho ubbidito, riportando il matrimonio a<br />
quel grado di purezza che era nel pensiero di Dio quando aveva creato i due<br />
Primi. Convinta d’esser destinata alla solitudine nel matrimonio e allo sprezzo<br />
del prossimo per la mia sterilità santa, ora Dio mi chiedeva d’esser madre. Ho<br />
ubbidito. Ho creduto che ciò fosse possibile e che quella parola venisse da Dio,<br />
perché la pace si diffondeva in me nell’udirla. Non ho pensato: ‘Me lo sono<br />
meritato’. Non mi son detta: ‘Ora il mondo mi ammirerà, perchè sono simile a Dio<br />
creando la carne di Dio’. No. Mi sono annichilita nella umiltà.<br />
La gioia mi è sgorgata dal cuore come uno stelo di rosa fiorita. Ma si ornò<br />
subito di acute spine e fu stretta nel viluppo del dolore, come quei rami che<br />
sono avvolti dai vilucchi dei convolvoli. Il dolore del dolore dello sposo: ecco<br />
la strettoia nel mio gioire. Il dolore del dolore del mio Figlio: ecco le spine<br />
del mio gioire.<br />
Eva volle il godimento, il trionfo, la libertà. Io accettai il dolore,<br />
l’annichilimento, la schiavitù. rinunciai alla mia vita tranquilla, alla stima<br />
dello sposo, alla libertà mia propria. Non mi serbai nulla. Divenni<br />
l’Ancella di Dio nella carne, nel morale, nello spirito, affidandomi a Lui non<br />
solo per il verginale concepimento, ma per la difesa del mio onore, per la<br />
consolazione dello sposo, per il mezzo con cui portare egli pure alla<br />
sublimazione del coniugio, di modo da fare di noi coloro che rendono all’uomo e<br />
alla donna la dignità perduta.<br />
Abbracciai la volontà del Signore per me, per lo sposo, per la mia Creatura.<br />
Dissi: ‘Sì’ per tutti e tre, certa che Dio non avrebbe mentito alla sua promessa<br />
di soccorrermi nel mio dolore di sposa che si vede giudicata colpevole, di madre<br />
che si vede generare per dare il Figlio al dolore.<br />
‘Sì’ ho detto. Sì. E basta. Quel ‘sì’ ha annullato il ‘no’ di Eva al comando di<br />
Dio. 'Sì, Signore, come Tu vuoi. Conoscerò quel che Tu vuoi. Vivrò come Tu vuoi.<br />
Gioirò se Tu vuoi. Soffrirò per quel che Tu vuoi. Sì, sempre sì, mio Signore,<br />
dal momento in cui il tuo raggio mi fe' Madre al momento in cui mi chiamasti a<br />
Te. Sì, sempre sì. Tutte le voci della carne, tutte le passioni del morale sotto
il peso di questo mio perpetuo sì. E sopra, come su un piedistallo di diamante,<br />
il mio spirito a cui mancan l' ali per volare a Te, ma che è signore di tutto<br />
l’io domato e servo tuo. Servo nella gioia, servo nel dolere. Ma sorridi, o Dio.<br />
E sii felice. La colpa è vinta. E’ levata, è distrutta. Essa giace sotto il mio<br />
tallone, essa è lavata nel mio pianto, distrutta dalla mia ubbidienza. Dal mio<br />
seno nascerà l’Albero nuovo che porterà il Frutto che conoscerà tutto il Male,<br />
per averlo patito in Sé, e darà tutto il Bene. A questo potranno venire gli<br />
uomini, ed io sarò felice se ne coglieranno, anche senza pensare che esso nasce<br />
da me. Purché l’uomo si salvi e Dio sia amato, si faccia della sua ancella quel<br />
che si fa della zolla su cui un albero sorge: gradino per salire.”<br />
Maria, bisogna sempre saper essere gradino perché gli altri salgano a Dio. Se ci<br />
calpestano, non fa niente. Purché riescano ad andare alla Croce. E’ il nuovo<br />
albero che ha il frutto della conoscenza del Bene e del Male, perché dice<br />
all’uomo ciò che è male e ciò che è bene perché sappia scegliere e vivere, e sa<br />
nel contempo fare di sé liquore per guarire gli intossicati del male voluto<br />
gustare. Il nostro cuore sotto ai piedi degli uomini, purché il numero dei<br />
redenti cresca e il Sangue del mio Gesù non sia effuso senza frutto. Ecco la<br />
sorte delle ancelle di Dio. Ma poi meritiamo di ricevere nel grembo l’Ostia<br />
santa e ai piedi della Croce, intrisa del suo Sangue e del nostro pianto, dire:<br />
‘Ecco, o Padre, l’Ostia immacolata che ti offriamo per la salute del mondo.<br />
Guardaci, o Padre, fuse con Essa, e per i suoi meriti infiniti dacci la tua<br />
benedizione.’<br />
Ed io ti do la mia carezza. Riposa, figlia. Il Signore è con te.”<br />
Dice Gesù:<br />
“La parola della Madre mia dovrebbe sperdere ogni titubanza di pensiero anche<br />
nei più inceppati nelle formule.<br />
[...].<br />
Ho detto: ‘metaforica pianta’. Dirò ora: ‘simbolica pianta’. Forse capirete<br />
meglio. Il suo simbolo è chiaro: dal come i due figli di Dio avrebbero agito<br />
rispetto ad essa, si sarebbe compreso come era in loro tendenza al Bene e al<br />
Male. Come acqua regia che prova l’oro e bilancia d’orafo che ne pesa i carati,<br />
quella pianta, divenuta una ‘missione’ per il comando di Dio rispetto ad essa,<br />
ha dato la misura della purezza del metallo d’Adamo e di Eva.<br />
Sento già la vostra obbiezione: ‘Non è stata soverchia la condanna e puerile il<br />
mezzo usato per giungere a condannarli?’<br />
Non è stato. Una disubbidienza attualmente in voi, che siete gli eredi loro, è<br />
meno grave che non fosse in essi. Voi siete redenti da Me. Ma il veleno di<br />
Satana rimane sempre pronto a risorgere, come certi morbi che non si annullano<br />
mai totalmente nel sangue. Essi, i due progenitori, erano possessori della<br />
Grazia senza aver mai avuto sfioramento con la Disgrazia. Perciò più forti,<br />
sorretti dalla Grazia, che generava innocenza e amore. Infinito era il dono che<br />
Dio aveva loro dato. Ben più grave perciò la loro caduta nonostante quel dono.<br />
Simbolico anche il frutto offerto e mangiato. Era il frutto di una esperienza<br />
voluta compiere per istigazione satanica contro il comando di Dio. Io non avevo<br />
interdetto agli uomini l’amore. Volevo unicamente che si amassero senza malizia;<br />
come Io li amavo con la mia santità, essi dovevano amarsi in santità d’affetti,<br />
che nessuna libidine insozza.<br />
Non si deve dimenticare che la Grazia è lume, e chi la possiede conosce ciò che<br />
è utile e buono conoscere. La Piena di Grazia conobbe tutto, perché la Sapienza<br />
la istruiva, la Sapienza che è Grazia, e si seppe guidare santamente. Eva<br />
conosceva perciò ciò che le era buono conoscere. Non oltre, perché è inutile<br />
conoscere ciò che non è buono. Non ebbe fede nelle parole di Dio e non fu<br />
fedele nella sua promessa di ubbidienza. Credette a Satana, infranse la<br />
promessa, volle sapere il non buono, lo amò senza rimorso, rese l’amore, che Io<br />
avevo dato così santo, una corrotta cosa, una avvilita cosa. Angelo decaduto, si<br />
rotolò nel fango e sullo strame. mentre poteva correre felice fra i fiori del<br />
Paradiso terrestre e vedersi fiorire intorno la prole, così come una pianta si<br />
copre di fiori senza curvare la chioma nel pantano.<br />
Non siate come i fanciulli stolti che io indico nel Vangelo, i quali hanno udito<br />
cantare e si sono turati gli orecchi, hanno udito suonare e non hanno ballato,<br />
hanno udito piangere e hanno voluto ridere Non siate gretti e non siate<br />
negatori. Accettate, accettate senza malizia e cocciutaggine, senza ironia e<br />
incredulità, la Luce. E basta su ciò.
Per farvi capire di quanto dovete esser grati a Colui che è morto per rialzarvi<br />
al Cielo e per vincere la concupiscenza di Satana, ho voluto parlarvi, in questo<br />
tempo di preparazione alla Pasqua, di questo che è stato il primo anello della<br />
catena con cui il Verbo del Padre fu tratto alla morte, l’Agnello divino al<br />
macello. Ve ne ho voluto parlare perché ora il novanta per cento fra voi è<br />
simile ad Eva intossicata dal fiato e dalla parola di Lucifero, e non vivete per<br />
amarvi ma per saziarvi di senso, non vivete per il Cielo ma per il fango, non<br />
siete più creature dotate d’anima e ragione ma cani senz’anima e senza ragione.<br />
L’anima l’avete uccisa e la ragione depravata. In verità vi dico che i bruti vi<br />
superano nella onestà dei loro amori.”<br />
18. Maria annuncia a Giuseppe la maternità di Elisabetta e affida a Dio il<br />
compito di giustificare la sua.<br />
25 marzo 1944.<br />
Mi appare la casetta di Nazareth e Maria è in essa. Maria giovinetta come quando<br />
l’Angelo di Dio le apparve. Il solo vedere mi fa l’anima piena del profumo<br />
verginale di quella dimora. Del profumo angelico che ancora permane<br />
nell’ambiente dove l’Angelo ha ventilato le sue ali d’oro. Del profumo divino<br />
che si è tutto concentrato su Maria per fare di Lei una Madre e che ora da Lei<br />
si effonde.<br />
E’ sera, perché le ombre cominciano ad invadere l’ambiente dove prima era scesa<br />
tanta luce di Cielo.<br />
Maria, in ginocchio presso il suo lettuccio, prega con le braccia incrociate sul<br />
seno e col volto molto curvato verso terra. E’ ancora vestita come lo era al<br />
momento dell’Annuncio. Tutto è come allora. Il ramo fiorito nel suo vaso, le<br />
suppellettili nello stesso ordine. Soltanto la rocca e il fuso sono appoggiati<br />
in un angolo, col suo pennacchio di stame l’una, col suo lucido filo avvolto<br />
intorno l’altro.<br />
Maria cessa di pregare e si alza, col volto acceso come da una fiamma. La bocca<br />
sorride ma il pianto fa lucido il suo occhio azzurro. Prende il lume ad olio e<br />
con la pietra focaia lo accende. Guarda che tutto sia ordinato nella cameretta.<br />
Raddrizza la coperta del lettuccio, che si era spostata. Aggiunge acqua nel vaso<br />
del ramo fiorito e lo porta fuori, nel fresco della notte. Poi rientra. Prende<br />
il ricamo piegato sul mobile a scansia e il lume acceso, ed esce chiudendo la<br />
porta.<br />
Fa pochi passi nell’orticello, costeggiando la casa, e poi entra nella stanzetta<br />
dove ho visto avvenire l’addio di Gesù a Maria. La riconosco, benché manchi ora<br />
di qualche suppellettile che vi era allora. Maria scompare, portando seco il<br />
lume, in un altro piccolo ambiente presso a questo, ed io resto lì con l’unica<br />
compagnia del suo lavoro posato sull’angolo del tavolo. Odo il passo leggero di<br />
Maria andare e venire, l’odo smuovere dell’acqua come chi lava qualche cosa, poi<br />
rompere dei rametti, capisco che è legna spezzata dal suono che fa. Sento che<br />
accende il fuoco.<br />
Poi torna. Esce nel giardinetto. Rientra con delle mele e delle verdure. Posa le<br />
mele sul tavolo, in un vassoio di metallo inciso, mi pare rame bulinato. Torna<br />
in cucina (certo di là è la cucina). Ora la fiamma del focolare si proietta<br />
gioconda dalla porta aperta sin qua dentro e fa una danza d’ombre sulle pareti.<br />
Passa qualche tempo e Maria torna con un pane piccolo e bruno e una ciotola di<br />
latte caldo. Si siede e bagna delle fettine di pane nel latte. Mangia quieta e<br />
adagio. Poi, lasciando metà tazza di latte, entra di nuovo in cucina e torna con<br />
le verdure, sulle quali versa dell’olio, e le mangia col pane. Si disseta col<br />
latte. Poi prende una mela e la mangia. Una cena da bambina.<br />
Maria mangia e pensa, e sorride ad un interno pensiero. Alza e gira gli occhi<br />
sulle pareti e pare che comunichi loro un suo segreto. Ogni tanto però si fa<br />
seria, quasi mesta. Ma poi il sorriso torna.<br />
Si ode bussare alla porta. Maria si alza e apre. Entra Giuseppe. Si salutano.<br />
Poi Giuseppe siede su uno sgabello di fronte a Maria, al di là del tavolo.<br />
Giuseppe è un bell’uomo nella pienezza dell’età. Avrà un trentacinque anni al<br />
massimo. I suoi capelli castano scuri e la sua barba, pure castana scura, gli<br />
incorniciano un viso regolare con due dolci occhi di un castano quasi nero. Ha<br />
fronte spaziosa e liscia, naso sottile, lievemente arcuato, guance piuttosto
tonde di un bruno non olivastro, ma anzi rosato ai pomelli. Non è molto alto.<br />
Ma è robusto e ben fatto.<br />
Prima di sedere si è levato il mantello che (è il primo che vedo fatto così) è a<br />
ruota intera, fermato alla gola da un gancio o simile, ed ha il cappuccio. E’ di<br />
color marrone chiaro e pare di una stoffa impermeabile di lana grezza. Sembra un<br />
mantello da montanaro, adatto a far riparo alle intemperie.<br />
Anche prima di sedere offre a Maria due uova e una pigna d’uva, un poco vizza ma<br />
ben conservata. E sorride dicendo: “Me l’hanno portata da Cana. Le uova me le ha<br />
date il Centurione per un lavoro che ho fatto ad un suo carro. Si era rotto in<br />
una ruota e il loro operaio è malato. Sono fresche. Le ha prese nel suo pollaio.<br />
Bevile. Ti faranno bene.”<br />
“Domani, Giuseppe. Ora ho mangiato.”<br />
“Ma l’uva la puoi prendere. E’ buona. Dolce come il miele. L’ho portata piano<br />
per non sciuparla. Mangiala. Ce ne ho ancora. Te la porterò domani in un<br />
canestrello. Questa sera non potevo, perché vengo direttamente da casa del<br />
Centurione.”<br />
“Allora non hai ancora cenato.”<br />
“No. Ma non importa.”<br />
Maria si alza subito e va in cucina, e torna con dell’altro latte e delle ulive<br />
e formaggio. “Non ho altro” dice. “Prendi un uovo.”<br />
Giuseppe non lo vuole. Le uova sono per Maria. Mangia con gusto il suo pane e<br />
formaggio e beve il latte ancor tiepido. Poi accetta una mela. La cena è finita.<br />
Maria prende il suo ricamo, dopo aver sbarazzato la tavola delle stoviglie, e<br />
Giuseppe l’aiuta e resta in cucina anche quando Lei torna di qua. Lo sento<br />
smuovere riponendo tutto a posto. Riattizza il fuoco perché la sera è fresca.<br />
Quando torna, Maria lo ringrazia.<br />
Parlano fra loro. Giuseppe racconta come ha passato la giornata. Parla dei suoi<br />
nipotini. Si interessa del lavoro di Maria e dei suoi fiori. Promette di<br />
portarle dei fiori tanto belli che il Centurione gli ha promessi. “Sono fiori<br />
che noi non abbiamo. Li hanno portati da Roma. Mi ha promesso le piantine. Ora,<br />
quando la luna è propizia, te li pianto. Hanno bei colori e un odore molto<br />
buono. Li ho visti l’estate scorsa, perché fioriscono d’estete. Ti profumeranno<br />
tutta la casa. Poi poterò le piante a luna buona. E’ tempo.”<br />
Maria sorride e ringrazia. Un silenzio. Giuseppe guarda la testa bionda di Maria<br />
curva sul suo ricamo. Uno sguardo di amore angelico. Certo, se un angelo amasse<br />
una donna d’amore di sposo, la guarderebbe così.<br />
Maria, come chi prenda una decisione, posa in grembo il ricamo e dice:<br />
“Giuseppe, anche io ho qualcosa da dirti. Non ho mai nulla, perché tu sai come<br />
vivo ritirata. Ma oggi ho una notizia. Ho avuto notizia che la parente nostra<br />
Elisabetta, moglie di Zaccaria, sta per avere un figlio...”<br />
Giuseppe sgrana gli occhi e dice: “A quell’età?”<br />
“A quell’età” risponde sorridendo Maria. “Tutto può il Signore. Ed ora ha voluto<br />
dare questa gioia alla parente nostra.”<br />
“Come lo sai? E’ sicura la notizia?”<br />
“E’ venuto un messaggero. Ed è uno che non può mentire. Vorrei andare da<br />
Elisabetta, per servirla e dirle che giubilo con lei. Se tu lo permetti...”<br />
“Maria, tu sei la mia donna ed io il tuo servo. Tutto quanto fai è ben fatto.<br />
Quando vorresti partire?”<br />
“Al più presto. Ma starò via dei mesi.”<br />
“Ed io conterò i giorni aspettandoti. Va' tranquilla. Alla casa e al tuo<br />
orticello penserò io. Troverai i tuoi fiori belli come se tu li avessi curati.<br />
Soltanto... aspetta. Devo andare prima della Pasqua a Gerusalemme per acquistare<br />
degli oggetti per il mio lavoro. Se attendi qualche giorno ti accompagno sin là.<br />
Non oltre, perché devo tornare sollecito. Ma fin là possiamo andare insieme.<br />
Sono più quieto se non ti so sola per le strade. Al ritorno, me lo farai sapere,<br />
ti verrò incontro.”<br />
“Sei tanto buono, Giuseppe. Il Signore ti compensi con le sue benedizioni e<br />
tenga lontano da te il dolore. Lo prego sempre per questo.”<br />
I due casti sposi si sorridono angelicamente. Il silenzio si ristabilisce per<br />
qualche tempo.<br />
Poi Giuseppe si alza. Si rimette il mantello, alza il cappuccio sul capo. Saluta<br />
Maria, che si è pure alzata, ed esce.<br />
Maria lo guarda uscire, con un sospiro di pena. Poi alza gli occhi al cielo.<br />
Prega certo. Chiude la porta con cura. Piega il ricamo. Va in cucina. Spegne o
copre il fuoco. Guarda che tutto sia a posto. Prende il lume ed esce chiudendo<br />
la porta. Fa riparo con la mano alla fiammella che trema al vento freddino della<br />
notte. Entra nella stanza e prega ancora.<br />
La visione cessa così.<br />
Dice Maria:<br />
“Figlia cara, quando, cessata l’estasi che mi aveva fatta piena di inesprimibile<br />
gioia, io tornai ai sensi della terra, il primo pensiero che, pungente come una<br />
spina di rose, mi punse il cuore fasciato nelle rose del Divino Amore, a me<br />
Sposo da qualche istante, fu il pensiero di Giuseppe.<br />
Io l’amavo, ormai, questo mio santo e previdente custode. Da quando il volere di<br />
Dio, attraverso la parola del suo Sacerdote, mi aveva voluta sposata a Giuseppe,<br />
io avevo potuto conoscere ed apprezzare la santità di questo Giusto. Congiunta a<br />
lui, avevo sentito cessare il mio smarrimento d’orfana, né avevo più rimpianto<br />
il perduto asilo del Tempio. Egli era dolce come il padre perduto. Presso a lui<br />
mi sentivo sicura come presso il Sacerdote. Ogni titubanza era caduta, non solo<br />
caduta. Ma anche dimenticata, tanto si era allontanata dal mio cuore di vergine,<br />
perché avevo capito che non avevo da titubare, da temere di nulla rispetto a<br />
Giuseppe. Più sicura di un bambino nelle braccia della mamma, era la mia<br />
verginità affidata a Giuseppe.<br />
Ora come dirgli che ero Madre? Cercavo le parole per dargli l’annuncio.<br />
Difficile ricerca. Ché non volevo lodarmi del dono di Dio, e non potevo in<br />
nessuna maniera giustificare la mia maternità senza dire: “Il Signore mi ha<br />
amata fra tutte le donne e di me, sua serva, ha fatto la sua Sposa”. Ingannarlo,<br />
celandogli il mio stato, non volevo neppure.<br />
Ma, mentre pregavo, lo Spirito di cui ero piena mi aveva detto: “Taci. Affida a<br />
Me il compito di giustificarti presso lo sposo”. Quando? Come? Non l’avevo<br />
chiesto. Mi ero sempre affidata a Dio come un fiore si affida all’onda che lo<br />
porta. Mai l’Eterno mi aveva fatta rimanere senza il suo aiuto. La sua mano mi<br />
aveva sorretta, protetta, guidata fin qui. Lo avrebbe fatto anche ora.<br />
Figlia mia, come è bella e confortevole la fede nel nostro eterno, buono Iddio!<br />
Ci raccoglie nelle sue braccia come una cuna, ci porta come una barca nel<br />
luminoso porto del Bene, ci scalda il cuore, ci consola, ci nutre, ci dà riposo<br />
e letizia, ci dà luce e guida. Tutto è fiducia in Dio, e Dio tutto dà a chi ha<br />
fiducia in Lui. Dà Se stesso.<br />
Quella sera portai la mia fiducia di creatura alla perfezione. Ora lo potevo<br />
fare, perché Dio era in me. Prima avevo avuto la fiducia di povera creatura<br />
quale ero. Sempre un nulla, anche se la Tanto Amata da esser la Senza Macchia.<br />
Ma ora avevo la fiducia divina, perché Dio era mio: mio Sposo, mio Figlio! Oh!<br />
gioia! Esser Una con Dio. Non per mia gloria, ma per amarlo in un’unione totale,<br />
ma per potergli dire: “Tu, Tu solo che sei in me, opera con la tua divina<br />
perfezione in tutte le cose che io faccio.”<br />
Se Egli non mi avesse detto: “Taci!”, avrei forse osato, col volto contro il<br />
suolo, dire a Giuseppe: “Lo Spirito mi ha penetrata ed in me è il Germe di Dio”;<br />
ed egli mi avrebbe creduto, perché mi stimava e perché, come tutti coloro che<br />
non mentono mai, non poteva credere che altri mentisse. Sì, pur di non<br />
addolorarlo in futuro, avrei vinto la ritrosia di darmi tal lode. Ma ubbidii al<br />
divino comando.<br />
E per dei mesi, da quel momento, ho sentito la prima ferita insanguinarmi il<br />
cuore. Il primo dolore della mia sorte di Corredentrice. L’ho offerto e sofferto<br />
per riparare e per dare a voi una norma di vita in momenti analoghi di<br />
sofferenza per una necessità di silenzio, per un evento che vi pone in luce<br />
cattiva presso chi vi ama.<br />
Date a Dio la tutela del vostro buon nome e dei vostri interessi affettivi.<br />
Meritate con una vita santa la tutela di Dio, e poi andate sicuri. Anche tutto<br />
il mondo vi fosse contro, Egli vi difenderà presso chi vi ama e farà emergere la<br />
verità.<br />
Riposa ora, figlia. E sii sempre più figlia mia.”<br />
19. Maria e Giuseppe alla volta di Gerusalemme.<br />
27 marzo 1944<br />
Assisto alla partenza per andare da Santa Elisabetta.<br />
Giuseppe è venuto a prendere Maria con due ciuchini grigi: uno per sé, uno per<br />
Maria. Le due bestiole hanno la sella abituale, ma una è aumentata da un
izzarro arnese che poi comprendo esser fatto per portare il carico: una specie<br />
di portabagagli sul quale Giuseppe assicura un piccolo cofano di legno -un<br />
bauletto, diremmo ora- che ha portato a Maria per riporvi i suoi indumenti senza<br />
che l’acqua possa bagnarli.<br />
Sento Maria che ringrazia molto Giuseppe per questo dono previdente, nel quale<br />
sistema quanto leva da un fagotto che aveva prima preparato.<br />
Chiudono la porta di casa e si mettono in cammino. E’ lo spuntare del giorno,<br />
perché vedo l’aurora rosare appena ad oriente. Nazareth dorme ancora. I due<br />
mattinieri viaggiatori incontrano unicamente un mandriano, che spinge avanti le<br />
sue pecorelle trotterellanti l’una contro l’altra, incastrate l'una fra le altre<br />
come tanti cunei, e belanti. Gli agnellini belano più di tutti con voce acuta e<br />
sottile, e vorrebbero cercare, anche camminando, la poppa materna. Ma le madri<br />
si affrettano al pascolo e li invitano a trottare loro pure col loro belato più<br />
forte.<br />
Maria guarda e sorride e, posto che si è fermata per lasciare passare la<br />
mandra, si curva sulla sua sella e carezza le miti bestiole, che passano rasente<br />
al ciuchino. Quando giunge il pastore con un agnellino appena nato fra le<br />
braccia e si ferma a salutare, Maria ride carezzando sul musetto roseo<br />
l’agnellino belante disperatamente, e dice: “Cerca la mamma. Eccola la mamma.<br />
Non ti lascia, no, piccolino.” Infatti la pecora madre si strofina al pastore e<br />
si alza in piedi per leccare sul musetto il suo nato.<br />
La mandra passa con rumore di acqua sulle fronde, e lascia dietro a sé la<br />
polvere sollevata dagli zoccoletti in corsa e tutto un ricamo di pedate sulla<br />
terra della via.<br />
Giuseppe e Maria riprendono il cammino. Giuseppe ha il suo mantellone, Maria è<br />
avvolta in una specie di scialle a righe, perché la mattina è molto fresca.<br />
Ormai sono in campagna e vanno l’una vicino all’altro. Parlano raramente.<br />
Giuseppe pensa ai suoi affari e Maria segue i suoi pensieri e, raccolta come è<br />
in essi, sorride ad essi e sorride alle cose quando, uscendo dalla sua<br />
concentrazione, gira lo sguardo su quanto la circonda. Di tanto in tanto guarda<br />
Giuseppe, e un velo di serietà mesta le oscura il viso; poi le torna il sorriso<br />
anche nel guardare questo suo sposo previdente, che poco parla, ma che se parla<br />
è per chiederle se è comoda e se non ha bisogno di nulla.<br />
Ora le strade si sono popolate di altre persone, specie nelle vicinanze di<br />
qualche paese o dentro allo stesso. Ma i due non fanno molto caso alle persone<br />
che incontrano. Vanno sui loro ciuchini trotterellanti in un gran rumore di<br />
bubboli, e si fermano solo una volta, all’ombra di un boschetto, per mangiare un<br />
poco di pane e ulive e bere ad una fonte che scende da una grotticella, e<br />
un’altra per ripararsi da un acquazzone violento che si abbatte all’improvviso<br />
fuori da un nuvolone scuro scuro.<br />
Si sono messi al riparo del monte, contro una sporgenza del masso che li copre<br />
dal più forte dell’acqua. Ma Giuseppe vuole assolutamente che Maria si metta il<br />
suo mantellone di lana impermeabile, sul quale l’acqua scivola via senza<br />
bagnare, e Maria deve cedere alla premurosa insistenza dello sposo che, per<br />
rassicurarla sulla propria immunità, si mette sulla testa e sulle spalle una<br />
piccola coperta bigia che era sulla sella. La coperta del ciuchino,<br />
probabilmente. Ora Maria pare un fraticello, col cappuccio che le incornicia il<br />
volto e il mantello marrone che le si chiude alla gola e la copre tutta.<br />
L’acquazzone rallenta, ma si muta in pioggia noiosa e fine. I due riprendono ad<br />
andare per la strada già tutta fangosa. Ma è primavera, e dopo qualche tempo<br />
torna il sole a fare più comodo il cammino. I due ciuchini zampettano più<br />
volentieri sulla via.<br />
Non vedo altro perché la visione cessa qui.<br />
20. Partenza da Gerusalemme. L’aspetto beatifico di Maria.<br />
Importanza della preghiera per Maria e Giuseppe.<br />
28 marzo 1944.<br />
Siamo a Gerusalemme. La conosco bene, ormai, con le sue strade e le sue porte.<br />
I due sposi si dirigono verso il Tempio per prima cosa. Riconosco lo stallaggio<br />
dove Giuseppe ha lasciato il ciuchino il giorno della Presentazione al Tempio.<br />
Anche ora lascia lì i due ciuchi dopo averli pasturati, e con Maria va ad<br />
adorare il Signore.
Poi tornano fuori, e Maria e Giuseppe vanno in una casa di persone conosciute, a<br />
quanto pare. E lì si rifocillano, e Maria riposa finché torna Giuseppe con un<br />
vecchietto. “Questo uomo va per la tua stessa strada. Ben poco avrai da andare<br />
da sola per giungere dalla parente. Fidati di lui, ché lo conosco.”<br />
Rimontano sui ciuchini e Giuseppe accompagna Maria sino alla Porta (non quella<br />
per la quale sono entrati, un’altra) e là si salutano, e Maria va sola col<br />
vecchietto che parla per quanto Giuseppe non parlava e si interessa di mille<br />
cose. Maria risponde pazientemente.<br />
Ora ha sul davanti della sua sella il piccolo cofano che prima aveva portato<br />
sempre il ciuco di Giuseppe, e non ha più il mantellone. Non ha più neppure il<br />
suo scialle, che è piegato sul cofano, ed è tutta bella nella sua veste azzurro<br />
scura e nel suo velo bianco che la ripara dal sole. Come è bella.!<br />
Il vecchietto deve essere un poco sordo, perché per farsi udire Maria ha dovuto<br />
parlare ben forte, Lei che parla sempre a voce bassa. E ora si è stancato. Ha<br />
esaurito tutto il suo repertorio di domande e di notizie e sonnecchia sulla<br />
sella, lasciandosi guidare dal ciuco che conosce bene la strada.<br />
Maria approfitta di questa tregua per raccogliersi nei suoi pensieri e per<br />
pregare. Deve essere una preghiera quella che Ella canta a bassa voce, guardando<br />
il cielo azzurro e tenendo le braccia sul seno, con un viso che un'interna<br />
emozione fa acceso e beato.<br />
Non vedo altro.<br />
E anche ora che la visione mi si sospende, come ieri, resto con la Mamma presso<br />
a me, visibile alla mia interna vista così nitidamente che le posso descrivere<br />
il rosato tenue della guancia, così poco paffuta ma dolcemente morbida, il rosso<br />
vivo della piccola bocca e lo splendore dolce degli occhi azzurrini fra il<br />
biondo scuro delle ciglia.<br />
Le posso dire come i capelli, bipartiti sul sommo del capo, scendano morbidi con<br />
tre ondulazioni per parte sino a coprire a metà le piccole orecchie rosate, e<br />
scompaiano col loro oro pallido e lucente dietro al velo che le copre il capo<br />
(poiché la vedo col manto sul capo, vestita della sua veste di seta paradisiaca<br />
e col suo manto sottile come velo, e pure opaco, della stessa stoffa della<br />
veste).<br />
Le posso dire che la veste è come stretta al collo da una guaina, nella quale<br />
scorre un cordone i cui capi si annodano sul davanti alla radice del collo, come<br />
la veste è raccolta alla vita da un più grosso cordone, sempre di seta bianca,<br />
che scende con due nappe lungo il fianco.<br />
Le posso persino dire che la veste, stretta come è al collo e alla vita, le fa<br />
sul petto sette pieghe rotonde e molli, unico ornamento del suo castissimo<br />
abito.<br />
Le posso dire la castità che emana da tutto l’aspetto di Maria, dalle sue forme<br />
così delicate e armoniose, che la fanno tanto angelicamente donna.<br />
E più la guardo e più soffro pensando a quanto l’hanno fatta soffrire, e mi<br />
chiedo come hanno potuto non avere pietà di Lei, così mite e gentile, così<br />
delicata nell’aspetto anche fisico. La guardo e risento tutte le urla del<br />
Calvario anche contro di Lei, tutti gli scherni e i lazzi. Tutte le maledizioni<br />
a Lei per essere la Madre del Condannato. La vedo bella e tranquilla, ora. Ma il<br />
suo aspetto attuale non mi annulla il ricordo del suo tragico viso di quelle ore<br />
di agonia e quello del suo volto desolato nella casa di Gerusalemme, dopo la<br />
morte di Gesù. E vorrei poterla carezzare e baciare sulla guancia così<br />
delicatamente rosea e morbida, per levare col mio bacio quel ricordo di pianto,<br />
che certo è in Lei come in me.<br />
Non può credere che pace mi dà l’averla vicina. Penso che morire vedendola sia<br />
dolce come e più della più dolce ora di vita. In questo tempo che non la vedevo<br />
così, tutta per me, ho sofferto della sua assenza come per quella di una mamma.<br />
Ora risento l’ineffabile gioia che mi fu compagna nel dicembre e nei primi tempi<br />
di gennaio. E sono felice. Felice, nonostante che l’aver visto lo strazio della<br />
Passione getti su ogni mia felicità un velo di dolore.<br />
E’ difficile dire e far capire quello che provo e quello che è avvenuto dall’11<br />
febbraio, dalla sera che ho visto soffrire Gesù nella sua Passione. E’ stata una<br />
vista che mi ha mutata radicalmente. Morissi ora o fra cent’anni, quella visione<br />
rimarrà sempre uguale di intensità e di effetti. Prima pensavo ai dolori di<br />
Cristo. Ora li vivo perché mi basta una parola, un’occhiata su un’immagine, per<br />
risoffrire quanto ho sofferto quella sera e inorridire di quei supplizi e
angosciarmi di quel desolato suo patire, e anche se nulla lo ricorda, il ricordo<br />
spasima in me.<br />
Maria comincia a parlare e taccio io.<br />
Dice Maria:<br />
“Poco parlerò perché sei molto stanca, povera figlia.<br />
Richiamo unicamente la tua attenzione e quella di chi legge, sulla abitudine<br />
costante di Giuseppe e mia di dare sempre il primo posto alla preghiera.<br />
Stanchezza, fretta, crucci, occupazioni erano cose che non impedivano la<br />
preghiera, ma anzi la aiutavano. Essa era sempre la regina delle nostre<br />
occupazioni. Il nostro ristoro, la nostra luce, la nostra speranza. Se nelle ore<br />
tristi era conforto, nelle or felici era canto. Ma era sempre l’amica costante<br />
dell’anima nostra. Quella che ci staccava dalla terra, dall’esilio, e che ci<br />
librava in alto verso il Cielo, la Patria.<br />
Non io sola, che ormai avevo dentro di me Dio e non avevo che guardare il mio<br />
seno per adorare il Santo dei Santi, ma anche Giuseppe si sentiva unito a Dio<br />
quando pregava, perché la nostra preghiera era adorazione vera di tutto<br />
l’essere, che si fondeva con Dio adorandolo ed essendone abbracciato.<br />
E, guardate, neppure io, ormai avente in me l’Eterno, mi sono sentita esente dal<br />
riverente ossequio al Tempio. La santità più alta non esime dal sentirsi un<br />
nulla rispetto a Dio, e dall’umiliare questo nulla, poiché Egli ce lo permette,<br />
in un continuo osanna alla sua gloria.<br />
Siete deboli, poveri, difettosi? Invocate la santità del Signore: “Santo, Santo,<br />
Santo!” Chiamatelo questo Santo benedetto, sulla vostra miseria. Egli verrà<br />
trasfondendovi la sua santità. Siete santi e ricchi di meriti ai suoi occhi?<br />
Invocate ugualmente la santità del Signore. Essa, infinita, accrescerà sempre<br />
più la vostra. Gli angeli, esseri superiori alle debolezze dell’umanità, non<br />
cessano un istante di cantare il loro “Sanctus”, e la loro bellezza<br />
soprannaturale si aumenta ad ogni invocare la santità del nostro Dio. Imitate<br />
gli angeli.<br />
Non spogliatevi mai della protezione della preghiera, contro la quale si<br />
spuntano le armi di Satana, le malizie del mondo e gli appetiti della carne e le<br />
superbie della mente. Non deponete mai quest’arma per la quale i Cieli si aprono<br />
e ne piovono grazie e benedizioni.<br />
La terra ha bisogno di un lavacro di preghiere per mondarsi dalle colpe che<br />
attirano i castighi di Dio. E, posto che pochi pregano, quei pochi devono<br />
pregare come fossero tanti. Moltiplicare le loro preghiere vive per fare di<br />
esse quella somma necessaria per ottenere grazia. Sono vive le preghiere quando<br />
sono condite di vero amore e di sacrificio.<br />
E che tu, figlia, soffra, oltre che per il tuo soffrire, per il soffrire mio e<br />
del mio Gesù, è cosa buona. Gradita a Dio e meritoria. Mi è tanto caro il tuo<br />
amore compassionevole. Ma mi vuoi baciare? Bacia le piaghe del mio Figlio.<br />
Imbalsamale col tuo amore. Io ho sentito spiritualmente lo spasimo dei flagelli<br />
e delle spine e la tortura dei chiodi e della croce. Ma ugualmente sento<br />
spiritualmente tutte le carezze date al mio Gesù, e sono tanti baci dati a me. E<br />
poi vieni. Sono la Regina del Cielo. Ma sono sempre la Mamma...”<br />
E io sono beata.<br />
MARIA VALTORTA<br />
L’ <strong>EVANGELO</strong> <strong>COME</strong> <strong>MI</strong> E’ STATO RIVELATO<br />
VOLUME II<br />
* = in linea<br />
Indice del Volume Secondo<br />
*
79. Andando dai pastori. I gioielli di Aglae e una parabola<br />
sulla sua conversione.<br />
80. Sul monte del digiuno e al masso della tentazione.<br />
81. Al guado del Giordano con i pastori Simeone, Giovanni e Mattia.<br />
Un piano per liberare il Battista.<br />
82. A Gerico. <strong>L'</strong>Iscariota racconta come ha venduto i gioielli di Aglae.<br />
83. Gesù soffre a causa di Giuda, che è una lezione vivente per gli apostoli di<br />
ogni tempo.<br />
84. <strong>L'</strong>incontro con Lazzaro di Betania.<br />
85. Prima di andare al Getsemani, Gesù e lo Zelote salgono al Tempio, dove sta<br />
parlando l'Iscariota.<br />
86. <strong>L'</strong>incontro con il milite Alessandro alla porta dei Pesci.<br />
87. Con pastori e discepoli presso Doco. Isacco resta in Giudea.<br />
88. Dal pastore Giona nella pianura di Esdrelon.<br />
89. Commiato da Giona e arrivo di Gesù a Nazareth.<br />
90. <strong>L'</strong>arrivo a Nazareth dei discepoli con i pastori..<br />
91. Prima lezione ai discepoli nell'uliveto presso Nazareth.<br />
92. Seconda lezione ai discepoli presso la casa di Nazareth.<br />
93. Terza lezione ai discepoli nell'orto di Nazareth e un conforto a Giuda<br />
d'Alfeo.<br />
94. Guarigione della Bella di Corazim. Gesù parla nella sinagoga di Cafarnao.<br />
95. Giacomo d'Alfeo accolto tra i discepoli. Gesù parla presso il banco di<br />
Matteo.<br />
96. Gesù risponde all'accusa di aver guarito in sabato la Bella di Corazim.<br />
97. La chiamata di Matteo.<br />
98. Incontro con la Maddalena sul lago e lezione ai discepoli presso Tiberiade.<br />
99. A Tiberiade nella casa di Cusa.<br />
100. A Nazareth dal vecchio e malato Alfeo. Non è facile la vita dell'apostolo.<br />
*<br />
101. Gesù interroga la Madre sui discepoli.<br />
102. Incontro con l'ex-pastore Gionata e guarigione di Giovanna di Cusa.<br />
103. Sul Libano dai pastori Beniamíno e Daniele.<br />
104. Aava riconciliata con il marito.<br />
Notizie sulla morte di Alfeo e sul riscatto di Giona.<br />
105. A Nazareth per la morte di Alfeo. Lenta conversione del cugino Simone.<br />
106. Cacciata da Nazareth e conforto alla Madre.<br />
Riflessioni su quattro contemplazioni.<br />
107. Gesù e la Madre da Giovanna di Cusa.<br />
108. Discorso ai vendemmiatori e guarigione di un bambino paralitico.<br />
109. Nei campi di Giocana e in quelli di Doras. Morte di Giona.<br />
110. In casa di Giacobbe presso il lago Meron.<br />
111. Incontro con Salomon al guado del Giordano.<br />
Parabola sulla conversione dei cuori.<br />
112. Da Gerico a Betania. <strong>L'</strong>incontro con Marta, che parla di Maria.<br />
113. Ritorno a Betania dopo la festa dei Tabernacoli.<br />
114. Al convito di Giuseppe d'Arimatea. Incontro con Gamaliele e Nicodemo.<br />
115. Guarigione del bambino colpito dal cavallo di Alessandro.<br />
Gesù scacciato dal Tempio.<br />
116. Al Getsemani con Gesù, i discepoli parlano dei pagani e della "velata".<br />
Il colloquio con Nicodemo.<br />
117. Lazzaro mette a disposizione di Gesù una casetta nella piana dell'Acqua<br />
Speciosa.
118. Inizio di vita in comune all'Acqua Speciosa e discorso di apertura.<br />
119. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Io sono il Signore Dio tuo.<br />
Gesù battezza come Giovanni.<br />
120. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Non ti farai degli dèi nel mio cospetto.<br />
121. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Non proferire invano il mio Nome.<br />
La visita di Mannanen.<br />
122. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Onora il padre e la madre.<br />
Guarigione di un ebete.<br />
123. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Non fornicare.<br />
<strong>L'</strong>affronto di cinque notabili.<br />
124. La "velata" viene ospitata nella casetta dell'Acqua Speciosa.<br />
125. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Santìfica la festa.<br />
Il bambino dalle gambe fratturate.<br />
126. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Non ammazzare.<br />
Morte di Doras.<br />
127. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Non tentare il Signore Iddio tuo.<br />
Testimonianza del Battista.<br />
128. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Non desiderare la donna d'altri.<br />
Il giovane lussurioso.<br />
129. La guarigione, all'Acqua Speciosa, di un romano indemoniato.<br />
130. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Non dirai falsa testimonianza.<br />
Il piccolo Asrael.<br />
131. I discorsi dell'Acqua Speciosa: Non rubare e non desiderare ciò<br />
che è d'altri. Il peccato dì Erode.<br />
132. Discorso conclusivo, all'Acqua Speciosa, prima della festa della<br />
Purificazione.<br />
133. Il lavoro nascosto di Andrea. Una lettera della Madre a Gesù,<br />
che deve lasciare l'Acqua Speciosa.<br />
134. La guarigione di Jerusa a Doco.<br />
135. <strong>L'</strong>arrivo a Betania e il discorso di Gesù ascoltato dalla Maddalena.<br />
136. Alla festa delle Encenie, in casa di Lazzaro, viene ricordata la<br />
nascita di Gesù.<br />
137. Gesù torna all'Acqua Speciosa, che però deve abbandonare.<br />
138. Commiato dal fattore dell'Acqua Speciosa<br />
e dal sinagogo Timoneo, che diviene discepolo.<br />
139. Sui monti presso Emmaus.<br />
Il carattere di Giuda Iscariota e le qualità dei buoni.<br />
140. A Emmaus, dal sinagogo Cleofa.<br />
Un caso di incesto. Fine del primo anno.<br />
SECONDO ANNO DELLA VITA PUBBLICA DI GESU'<br />
141. Andando verso Arimatea con i discepoli e con Giuseppe di Emmaus.<br />
142. Con i dodici verso la Samaria.<br />
143. La samaritana Fotinai.<br />
144. I samaritani invitano Gesù a Sicar.<br />
145. Il primo giorno a Sicar.<br />
146. Il secondo giorno a Sicar e commiato dai samaritani.<br />
147. Guarigione di una donna di Sicar e conversione di Fotinai.<br />
148. Gesù visita il Battista presso Enon.<br />
149. La visita al Battista è motivo di ammaestramenti ai discepoli.<br />
150. A Nazareth dalla Madre, che dovrà seguire il Figlio.<br />
151. A Cana in casa di Susanna, che diventerà discepola. <strong>L'</strong>ufficiale regio.<br />
152. Maria Salome viene accolta come discepola.
153. Le donne dei discepoli al servizio di Gesù.<br />
154. Gesù a Cesarea Marittima parla ai galeotti.<br />
Le stanchezze dell'apostolato.<br />
155. Guarigione della piccola romana a Cesarea.<br />
156. Annalia, la prima delle vergini consacrate.<br />
157. Istruzioni alle discepole a Nazareth.<br />
158. Sul lago di Genezaret con Giovanna di Cusa.<br />
159. Discorso a Gherghesa. La risposta sul digiuno ai discepoli del Battista.<br />
MARIA VALTORTA<br />
L’AVANGELO <strong>COME</strong> <strong>MI</strong> E’ STATO RIVELATO<br />
Volume 2<br />
MARIA VALTORTA<br />
IL SECONDO ANNO DI VITA PUBBLICA<br />
L’AVANGELO <strong>COME</strong> <strong>MI</strong> E’ STATO RIVELATO<br />
Volume 2<br />
79. Andando dai pastori.<br />
I gioielli di Aglae e una parabola sulla conversione.<br />
15 gennaio 1945.<br />
Gesù cammina fra i discepoli per una strada lungo il torrente. Lungo, per modo<br />
di dire. Il torrente è in basso; in alto, lungo la costa, è la strada a<br />
giravolte, come è facile trovarne nei luoghi montuosi.<br />
Giovanni è rosso come una porpora, carico, come un portatore, di una grossa<br />
sacca ben gonfia. Giuda porta invece quella di Gesù, unita alla sua. Simone non<br />
ha che la sua e i mantelli. Gesù rià la sua veste ed i suoi sandali. Però la<br />
madre di Giuda la deve aver fatta lavare, perché è senza spiegazzature.<br />
“Quante frutta! Belli quei vigneti su quelle colline!” dice Giovanni, che non<br />
perde il suo buon umore per il caldo e la fatica. “Maestro, è questo il fiume<br />
sulle cui sponde colsero i padri i grappoli miracolosi?”<br />
“No, è l’altro più a mezzogiorno. Ma tutta la regione era luogo benedetto da<br />
frutti opimi.”<br />
“Ora non lo è più tanto, per quanto bella ancora.”<br />
“Troppe guerre hanno devastato il suolo. Qui si fece Israele... ma per farsi<br />
dovette fecondarsi col sangue suo e dei nemici.”<br />
“Dove li troviamo i pastori?”<br />
“A cinque miglia da Ebron, sulle rive del fiume di cui chiedevi.”<br />
“Oltre quel colle, allora.”<br />
“Oltre.”<br />
“E’ molto caldo. L’estate... Dove andiamo dopo, Maestro?”<br />
“In un luogo ancor più caldo. Ma vi prego di venire. Viaggeremo di notte. Le<br />
stelle sono tanto chiare che non vi è tenebra. Vi voglio mostrare un luogo...”<br />
“Una città?”<br />
“No... Un luogo... che vi farà capire il Maestro... forse meglio delle sue<br />
parole.”<br />
“Abbiamo perduto dei giorni con quello stupido incidente. Ha sciupato tutto... e<br />
mia madre, che tanto aveva fatto, è rimasta delusa. Non so poi perché Tu hai<br />
voluto segregarti sino alla purificazione.”<br />
“Giuda, perché chiami stupido un fatto che fu grazia per un vero fedele? Non<br />
vorresti tu, per te, tal morte? Aveva atteso tutta la vita il Messia; si era<br />
portato, già anziano, per vie disagiate ad adorarlo quando gli dissero: ‘C’è’.<br />
Aveva conservato in cuore per trent’anni la parola di mia Madre. L’amore e la
fede lo hanno investito, nell’ultima ora che Dio gli serbava, dei loro fuochi.<br />
Il cuore gli si è spezzato nella gioia, incenerito, come olocausto gradito, dal<br />
fuoco di Dio. Quale sorte migliore di questa? Ha sciupato la festa che tu avevi<br />
preparata? Vedi in questo una risposta di Dio. Non vada mescolato ciò che è<br />
dell’uomo con ciò che è di Dio... Tua madre mi avrà ancora. Quel vecchio non mi<br />
avrebbe più avuto. Tutta Keriot può venire al Cristo, il vegliardo non aveva più<br />
forze per farlo. Sono stato felice di aver raccolto sul cuore il vecchio padre<br />
morente e di avergli raccomandato lo spirito. E per il resto... Perché dare<br />
scandalo mostrando sprezzo alla Legge? Per dire: ‘Seguitemi’ occorre camminare.<br />
Per portare su via santa bisogna fare la stessa via. Come avrei potuto, o come<br />
potrei dire: ‘Siate fedeli’, se infedele fossi Io?”<br />
“Credo che questo errore sia la causa della nostra decadenza. I rabbi e i<br />
farisei accasciano il popolo sotto i precetti e poi... poi fanno come quello che<br />
ha profanato la casa di Giovanni facendone un luogo di vizio” osserva Simone.<br />
“E’ un di Erode...” ribarre l'Iscariota.<br />
“Sì, Giuda. Ma le stesse colpe sono anche nelle caste che si dicono, da sé se lo<br />
dicono, sante. Che ne dici, Maestro?” dice Simone.<br />
“Dico che solo se vi sarà un pugno di vero lievito e di vero incenso in Israele,<br />
si formerà il pane e si profumerà l’altare.”<br />
“Che vuoi dire?”<br />
“Voglio dire che, se vi sarà chi verrà alla Verità con cuore retto, la Verità si<br />
spargerà come lievito nella massa della farina e come incenso per tutto<br />
Israele.”<br />
“Che ti ha detto quella donna?” chiede Giuda.<br />
“Gesù non risponde. Si volge a Giovanni: “Pesa molto e fatichi. Dammi il tuo<br />
carico.”<br />
“No, Gesù. Sono uso ai pesi e poi... me lo fa leggero il pensiero della gioia<br />
che ne avrà Isacco.”<br />
Il poggio è girato. All’ombra del bosco, sull’altro versante, sono le pecore di<br />
Elia. E i pastori, seduti all’ombra, le guardano. Vedono Gesù e corrono.<br />
“La pace a voi. Qui siete?”<br />
“Eravamo in pensiero per Te... e per il ritardo... incerti se venirti incontro o<br />
ubbidire... abbiamo deciso di venire sin qui... per ubbidire a Te e al nostro<br />
amore insieme. Dovevi esser qui da molti giorni.”<br />
“Abbiamo dovuto sostare...”<br />
“Ma... nulla di male?”<br />
“No, nulla, amico. La morte di un fedele sul mio petto. Non altro.”<br />
“Cosa vuoi che accadesse, pastore? Quando le cose sono ben preparate... Certo<br />
bisogna saperle preparare, e preparare i cuori a riceverle. La ma città ha dato<br />
al Cristo ogni onore. Non è vero, Maestro?”<br />
“E’ vero. Isacco, siamo passati, nel ritorno, da Sara. Anche la città di Jutta,<br />
senza altra preparazione fuori di quella della sua semplice bontà e della verità<br />
delle parole di Isacco, ha saputo capire l’essenza della mia dottrina e amare,<br />
di un amore pratico, disinteressato e santo. Ti ha mandato vesti e cibo, Isacco,<br />
e agli oboli rimasti sul tuo giaciglio tutti hanno voluto unire qualcosa per te<br />
che torni al mondo e che sei privo di tutto. Tieni. Io non porto mai denaro. Ma<br />
questo l’ho preso perché è purificato dalla carità..”<br />
“No, Maestro, tienilo Tu. Io... sono abituato a farne senza.”<br />
“Ora dovrai andare per i paesi in cui ti manderò. E ti occorre. L’operaio ha<br />
diritto alla mercede, anche se operaio d’anima... perché ancora vi è un corpo da<br />
nutrire, come fosse l’asinello che aiuta il padrone. Non è molto. Ma tu saprai<br />
fare... Giovanni in quella sacca ha vesti e sandali. Gioacchino ha preso dei<br />
suoi. Saranno grandi... ma c’è tanto amore nel dono!”<br />
Isacco prende la bisaccia e si ritira a vestirsi dietro un cespuglio. Era ancora<br />
scalzo e nella sua bizzarra toga fatta di una coperta.<br />
“Maestro” dice Elia. “Quella dona... quella donna che sta nella casa di<br />
Giovanni... quando Tu eri via da tre giorni e noi pasturavamo le pecore sui<br />
prati di Ebron - ché son di tutti, i prati, e non ci potevano cacciare - ci<br />
mandò una servente con questa borsa e dicendo che ci voleva parlare... Non so se<br />
ho fatto bene... ma per la prima volta ho reso la borsa e ho detto: ‘Non ho<br />
nulla da udire’... Poi lei mi ha fatto dire: ‘Vieni, in nome di Gesù’ e sono<br />
andato... Ho aspettato che non ci fosse il suo... insomma l’uomo che la tiene...<br />
Quante cose ha voluto... anzi, voleva sapere. Ma io... ho detto poco. Per<br />
prudenza. E’ una meretrice. Temevo fosse un tranello per Te. Mi ha chiesto chi
sei, dove stai, che fai, se sei un signore... Io ho detto: ‘E’ Gesù di Nazaret,<br />
è dapertutto perché è un maestro e va insegnando per la Palestina’; ho detto che<br />
sei un uomo povero, semplice, un operaio che la Sapienza ha fatto sapiente...<br />
Non di più.”<br />
“Hai fatto bene” dice Gesù, e contemporaneamente Giuda esclama: “Hai fatto male!<br />
Perché non hai detto che è il Messia, e che è il Re del mondo? Schiacciarla, la<br />
superba romana, sotto il fulgore di Dio!”<br />
“Non mi avrebbe capito... E poi? Ero certo se era sincera? L’hai detto tu,<br />
quando la vedesti, cosa è lei. Potevo gettare le cose sante - e tutto ciò che è<br />
Gesù è santo - in bocca a lei? Potevo mettere in pericolo Gesù dando troppe<br />
notizie? Da tutti gli venga male, ma non da me.”<br />
“Andiamo noi, Giovanni, a dirle chi è il Maestro, a spiegarle la verità santa.”<br />
“Io no. A meno che Gesù non me lo ordini.”<br />
“Hai paura? Che vuoi che ti faccia? Hai schifo? Non lo ha avuto il Maestro!”<br />
“Non paura e non schifo. Ho pietà di lei. Ma penso che se Gesù voleva, poteva<br />
fermarsi ad istruirla. Non lo ha fatto... non è necessario farlo noi.”<br />
“Allora non c’erano segni di conversione... Ora... Fai vedere, Elia, la borsa.”<br />
E Giuda rovescia su un lembo del mantello, poiché si è seduto sull’erba, il<br />
contenuto della borsa. Anelli, armille, braccialetti, una collana rotolano:<br />
giallo oro sul giallo opaco della veste di Giuda. “Tutti gioielli!... Che ce ne<br />
facciamo?”<br />
“Si possono vendere” dice Simone.<br />
“Sono cose noiose” obbietta Giuda, che però li ammira.<br />
“Gliel’ho detto anche io, nel prenderli; ho anche detto: ‘Il tuo signore ti<br />
batterà’. Mi ha risposto: ‘Non è roba sua. Mia è, ne faccio ciò che voglio. So<br />
che è oro di peccato... ma diventerà buono se usato per chi è povero e santo.<br />
Perché si ricordi di me’, e piangeva.”<br />
“Vacci, Maestro.”<br />
“No.”<br />
“Mandaci Simone.”<br />
“No.”<br />
“Allora vado io.”<br />
“No.”<br />
I ‘no’ di Gesù sono secchi e imperiosi.<br />
“Ho fatto male, Maestro, a parlare con lei, a prendere quell’oro?” chiede Elia<br />
che vede Gesù serio.<br />
“Non hai fatto male. Ma non c’è nulla di più da fare,”<br />
“Ma forse quella donna vuole redimersi e ha bisogno di essere ammaestrata”<br />
obbietta ancora Giuda.<br />
“In lei son già tante scintille atte a suscitare l’incendio in cui può ardersi<br />
il suo vizio e rimanere l’anima riverginizzata dal pentimento. Poco fa vi ho<br />
parlato di lievito che si sparge per la farina e la fa santo pane. Udite una<br />
breve parabola. Quella donna è farina. Una farina in cui il Maligno ha mescolato<br />
le sue polveri di inferno. Io sono il lievito. Ossia, la mia parola è il<br />
lievito. Ma se troppa pula è nella farina, o se sassi e rena vi è mescolata, e<br />
cenere con essa, può farsi il pane anche se il lievito è buono? Non può farsi.<br />
Occorre che pazientemente si levi dalla farina pula, cenere, sassi e rena. La<br />
Misericordia passa e offre il crivello... Il primo: quello fatto da brevi verità<br />
fondamentali. Quali sono necessarie per esser comprese da uno che è nella rete<br />
della completa ignoranza, del vizio, del gentilesimo. Se l’anima lo accoglie,<br />
comincia la prima purificazione. La seconda avviene col crivello dell’anima<br />
stessa, che confronta il suo essere con l’Essere che si è rivelato. E ne ha<br />
orrore. E inizia la sua opera. Per una operazione sempre più minuta, dopo i<br />
sassi, dopo la rena, dopo la cenere, giunge anche a levare quello che è già<br />
farina, ma con granelli ancor pesanti, troppo pesanti per dare ottimo pane. Ora<br />
eccola tutta pronta. Ripassa allora la Misericordia e si immette in quella<br />
farina preparata - anche questa è preparazione, Giuda - e la solleva e la fa<br />
pane. Ma è operazione lunga e di ‘volontà’ dell’anima.<br />
Quella donna... quella donna ha già in sé quel minimo che era giusto darle e che<br />
le può servire a compiere il suo lavoro. Lasciamo lo compia, se vorrà farlo,<br />
senza turbarla. Tutto turba un’anima che si lavora: la curiosità, gli zeli<br />
inconsulti, le intransigenze come le eccessive pietà.”<br />
“Allora non ci andiamo?”<br />
“No. E perché nessuno fra voi abbia la tentazione, partiamo subito. Nel bosco è
ombra. Sosteremo alle falde della valle del Terebinto. E là ci separeremo. Elia<br />
tornerà a i suoi pascoli con Levi. Mentre Giuseppe verrà con Me sino al guado di<br />
Gerico. Poi... ci riuniremo ancora. Tu Isacco, continua ciò che facesti a<br />
Jutta, andando da qui per Arimatea e Lidda, sino a raggiungere Doco. Là ci<br />
ritroveremo. Vi è da preparare la Giudea. E tu sai come farlo. Come hai fatto a<br />
Jutta.”<br />
“E noi?”<br />
“Voi? Verrete, l’ho detto, per vedere la mia preparazione. Anche Io mi sono<br />
preparato alla missione.”<br />
“Andiamo da un rabbi?”<br />
“No.”<br />
“Da Giovanni?”<br />
“Ne presi solo il Battesimo.”<br />
“E allora?”<br />
“Betlemme ha parlato con le pietre ed i cuori. Anche lì dove ti porto, Giuda, le<br />
pietre ed un cuore, il mio, parleranno e ti daranno risposta.”<br />
Elia, che ha portato latte e pane scuro, dice: “Ho cercato, mentre attendevo, e<br />
con me ha cercato Isacco, di persuadere quelli di Ebron... Ma non credono, non<br />
giurano, non vogliono che Giovanni. E’ il loro ‘santo’ e non vogliono che<br />
quello.”<br />
“Peccato comune a molti paesi e a molti credenti presenti e futuri. Guardano<br />
l’operaio e non il padrone che ha mandato l’operaio. Chiedono all’operaio senza<br />
neppure dirgli: ‘Di’ al tuo padrone questo’. Dimenticano che l’operaio c’è<br />
perché c’è il padrone, e che è il padrone che istruisce l’operaio e lo rende<br />
atto al lavoro. Dimenticano che l’operaio può intercedere. Ma uno solo può<br />
concedere: il padrone. In questo caso, Dio e il suo Verbo con Lui. Non importa.<br />
Il Verbo ne ha dolore, ma non rancore. Andiamo.”<br />
La visione ha termine.<br />
80. Sul monte del digiuno e al masso della tentazione.<br />
17 gennaio 1945.<br />
Un’alba bellissima in un luogo selvaggio. Un’alba dall’alto di una costa di<br />
monte. Appena un principio di giorno. In cielo ancora le superstiti stelle e un<br />
sottile arco di luna calante che persiste, virgola d’argento, sul velluto ancora<br />
azzurro scuro del cielo.<br />
Il monte pare a sé, non congiunto ad altre catene. Ma è un vero monte, non un<br />
colle. La cima è molto più su, eppure da mezza costa già si domina un largo<br />
raggio d’orizzonte, segno che si è elevati di molto sul livello del suolo.<br />
Nell’aria fresca del mattino, in cui si fa strada la luce incerta, biancoverdastra<br />
dell’alba che sempre più si fa chiara, si svelano i contorni ed i<br />
particolari che prima erano in quella caligine che precede il giorno, sempre più<br />
cupa di una notte perché pare che la luce degli astri, nel trapasso da notte a<br />
giorno, diminuisca e, direi, si annulli. Vedo così che il monte è roccioso e<br />
nudo, spaccato da anfratti che formano grotte, antri e seni nel monte. Un luogo<br />
proprio selvaggio su cui - e solo nei luoghi dove un poco di terra si è deposta<br />
in modo da poter raccoglier anche l’acqua del cielo e conservarla - sono<br />
ciuffetti di verde, per lo più piante rigide, spinose, dalla poca fronda, e<br />
bassi e duri cespugli di quelle erbe che paiono bastoncini verdi di cui non so<br />
il nome.<br />
In basso vi è una distesa più arida ancora, piatta, sassosa e che sempre più<br />
diviene arida quanto più si avvicina a un punto scuro, molto più lungo che<br />
largo, almeno cinque volte più lungo che largo, che penso sia un’oasi folta,<br />
nata in tanto squallore, per acque sotterranee. Però, quando la luce si fa più<br />
viva, vedo che non è che acqua. Un’acqua ferma, cupa, morta. Un lago di<br />
tristezza infinita. In questa luce ancora incerta mi fa ricordare la visione del<br />
mondo morto. Pare che aspiri tutto il cupo del cielo, tutto il triste del suolo<br />
circostante, e stemperi nelle sue acque ferme il verde cupo delle piante spinose<br />
e delle rigide erbe - che per chilometri e chilometri, in piatto e in altezza,<br />
sono l’unica decorazione del suolo - e, fattosene un filtro di cupezza, la emani<br />
poi e spanda tutto intorno. Come è diverso dal solare, ridente lago di<br />
Genezaret! In alto, guardando il cielo, di un assoluto sereno che si fa sempre<br />
più chiaro, guardando la luce che avanza da oriente a fiotti sempre più vasti,<br />
lo spirito si rallegra. Ma guardando quel grandissimo lago morto si stringe il<br />
cuore. Non un uccello trasvola sulle sue acque. Non un animale è sulle rive.
Nulla.<br />
Mentre guardo questa desolazione, mi scuote la voce del mio Gesù: “Ed eccoci<br />
giunti dove volevo.” Mi volgo. Lo vedo alle mie spalle, fra Giovanni, Simone e<br />
Giuda, presso la costa rocciosa del monte, là dove giunge un sentiero...<br />
sarebbe meglio dire: là dove un lungo lavoro di acque, nei mesi di pioggia, ha<br />
graffiato il calcare scavando nei secoli un canale appena disegnato, che sarà<br />
scolo alle acque delle cime e che ora è via per le capre selvatiche più che per<br />
gli uomini.<br />
Gesù si guarda intorno e ripete “Sì, qui vi volevo portare. Qui il Cristo si è<br />
preparato alla sua missione.”<br />
“Ma qui non c’è nulla!”<br />
“Non c’è nulla. L’hai detto.”<br />
“Con chi eri?”<br />
“Col mio spirito e col Padre.”<br />
“Ah! fu sosta di poche ore!”<br />
“No, Giuda. Non di poche ore. Di molti giorni...”<br />
“Ma chi ti serviva? Dove dormisti?”<br />
“Avevo a servi gli onagri che nella notte venivano a dormire nella loro tana...<br />
in questa, dove Io pure m’ero intanato... Avevo a serve le aquile che mi<br />
dicevano: ‘E’ giorno’ col loro grido aspro, partendo per la preda. Avevo ad<br />
amici le piccole lepri che venivano a rodere le erbe selvagge quasi ai miei<br />
piedi... Mi era cibo e bevanda ciò che è cibo e bevanda del fiore selvaggio: la<br />
rugiada notturna, la luce del sole. Non altro.”<br />
“Ma perché?”<br />
“Per prepararmi bene, come tu dici, alla mia missione. Le cose ben preparate<br />
riescono bene. Tu lo hai detto. E la mia cosa non era la piccola, inutile cosa<br />
di far brillare Me, Servo del Signore, ma di far comprendere agli uomini ciò che<br />
è il Signore e, attraverso questa comprensione, farlo amare in spirito di<br />
verità. Misero quel servo del Signore che pensa al suo trionfo e non a quello di<br />
Dio! Che cerca averne utile, che sogna mettersi in alto su un trono fatto... oh!<br />
fatto degli interessi di Dio, avviliti sino a toccare il suolo, essi che sono<br />
celesti interessi. Non è più servo, costui, anche se ne ha l’aspetto esterno. E’<br />
un mercante, un trafficante, un falso che inganna sé, gli uomini e vorrebbe<br />
ingannare Dio... uno sciagurato che si crede principe ed è schiavo... E’ del<br />
Demonio, il suo re di menzogna. Qui, in questa tana, il Cristo per molti giorni<br />
visse di macerazioni e preghiera per prepararsi alla sua missione. E dove<br />
vorresti fossi andato a prepararmi, Giuda?”<br />
Giuda è perplesso, disorientato. Risponde infine: “Ma non saprei... Pensavo...<br />
da qualche rabbi... presso gli esseni... non so.”<br />
“E potevo trovare un rabbi che mi dicesse più di quanto mi diceva la potenza e<br />
la sapienza di Dio? E potevo Io - Io Verbo Eterno del Padre, Io che ero quando<br />
il Padre creò l’uomo e so di quale spirito immortale è animato, e di quale<br />
potenza di giudizio libero e capace, abbia il Creatore dotato l’uomo - andare ad<br />
attingere scienza e capacità da quelli che negano l’immortalità dell’anima<br />
negando la finale risurrezione, e negano la libertà d’azione dell’uomo<br />
addossando virtù e vizi, azioni sante e malvagie al destino che dicono fatale e<br />
non vincibile? Ah! no.<br />
Avete un destino. Sì. Lo avete. Nella mente di Dio che vi crea è un destino per<br />
voi. Ve lo desidera il Padre. Ed è destino d’amore, di pace, di gloria: ‘la<br />
santità d’esser suoi figli’. Questo il destino che, presente alla mente divina<br />
dal momento nel quale col fango fu fatto Adamo, presente sarà sino all’ultima<br />
creazione di anima d’uomo. Ma non vi violenta il Padre nella vostra condizione<br />
di re. Il re, se prigione, non è più re, è un reietto. Voi re siete perché<br />
liberi nel vostro piccolo regno individuale. Nell’io . In esso potete fare ciò<br />
che volete, come volete.<br />
Di fronte e ai confini del vostro piccolo regno avete un Re amico e due potenze<br />
nemiche. L’Amico che vi mostra le regole che Egli ha date per far felici quelli<br />
che sono suoi. Ve le mostra. Vi dice: ‘Eccole. Con queste è sicura l’eterna<br />
vittoria’. Ve le mostra, Egli, il Saggio e Santo, perché voi possiate, se volete<br />
farlo, praticarle e averne gloria eterna. Le due potenze nemiche sono Satana e<br />
la carne. Nella carne metto la vostra e quella del mondo, ossia le pompe e le<br />
seduzioni del mondo, ossia la ricchezza, le feste, gli onori, i poteri che dal<br />
mondo e nel mondo si hanno e che non sempre si hanno onestamente e meno ancora<br />
si sanno usare onestamente se, per un complesso di cause, ad essi l’uomo
perviene.<br />
Satana, maestro della carne e del mondo, parla anche per esso e per la carne.<br />
Anche lui ha le sue regole... Oh! se le ha! E poiché l’io è fasciato di carne e<br />
la carne tende alla carne come le scaglie di ferro tendono alla calamita, e<br />
poiché il canto del Seduttore è più dolce di gorgheggio di usignolo in amore fra<br />
raggi di luna e profumo di roseti, più facile è andare verso queste regole,<br />
piegare verso queste potenze, dire loro: ‘Vi considero amiche. Entrate’.<br />
Entrate... Avete mai visto un alleato che resti onesto sempre, senza chiedere il<br />
cento per uno per un aiuto dato? Così fanno esse. Entrano... E divengono<br />
padroni. Padroni? No: aguzzini. Vi legano, o uomini, al loro banco di galera,<br />
vi ci incatenano, non vi lasciano più alzare il collo dal loro giogo, e la loro<br />
sferza vi riga a sangue se cercate sfuggir loro. O farsi ferire sino a giungere<br />
ad essere un ammasso di carne frantumata, così inutile, come carne, da essere<br />
respinta dal loro piede crudele, o morire sotto di loro.<br />
Se sapete darvi questo martirio, darvi quel martirio, ecco allora che passa la<br />
Misericordia, l’Unica che può ancora aver pietà di quella ripugnante miseria<br />
della quale il mondo, uno dei padroni, ha ora schifo e sulla quale l’altro<br />
padrone, Satana, invia le sue frecce di vendetta. E la Misericordia, l’Unica che<br />
passa, si china, la raccoglie, la medica, la risana e dice: ‘Vieni. Non temere.<br />
Non ti guardare. Le tue piaghe non sono più che cicatrici, ma sono così<br />
innumerevoli che ti farebbero orrore, tanto ti deturpano. Ma Io non ti guardo<br />
quelle, guardo la tua volontà. Per essa volontà buona sei così segnata. Perciò<br />
Io ti dico: ti amo. Vieni con Me’, e la porta nel suo Stato. Allora voi capite<br />
che Misericordia e Re amico sono una stessa persona. Ritrovate le regole che<br />
Egli vi aveva mostrate e che voi non avete voluto seguire. Ora lo volete... e<br />
giungete alla pace della coscienza prima, alla pace di Dio dopo.<br />
Ditemi, allora. Questo destino fu imposto da Un Solo per tutti, o fu<br />
individualmente voluto da ognuno per sé?”<br />
“Fu da ognuno voluto.”<br />
“Bene giudichi, Simone. Potevo Io andare dai negatori della beata risurrezione e<br />
del dono di Dio per formarmi? Qui sono venuto. Ho preso la mia anima di Figlio<br />
dell’uomo e me la sono lavorata con gli ultimi tocchi, finendo il lavoro di<br />
trent’anni di annichilimento e di preparazione per andare perfetto al mio<br />
ministero. Ora Io vi chiedo di stare meco qualche giorno, in questa tana. Sarà<br />
sempre meno desolata la sosta, perché saremo quattro amici che fanno forza<br />
contro le tristezze, le paure, le tentazioni, le necessità della carne. Io ero<br />
solo. Sarà sempre meno penosa, perché ora è estate e qui, in alto, vi è il vento<br />
delle cime a temperare il calore. Io vi venni al finir della luna di tebet, e<br />
rigido era il vento che scendeva dalle nevi della vetta. Sarà sempre meno<br />
tormentosa, perché più breve e perché abbiamo ora quel minimo di cibo che può<br />
dare conforto alla nostra fame, e nelle piccole ghirbe di pelle che vi ho fatto<br />
dare dai pastori vi è tant’acqua da bastare per questi giorni di sosta. Io... io<br />
ho bisogno di strappare due anime a Satana. Non vi è che la penitenza che lo<br />
possa. Vi chiedo aiuto. Sarà formazione anche per voi. Imparerete come si<br />
strappano le prede a Mammona. Non tanto con le parole, quanto col sacrificio...<br />
Le parole!... Il frastuono satanico impedisce che siano udite... Ogni anima<br />
preda del Nemico è avvolta in turbini di voci infernali... Volete rimanere con<br />
Me? Ma se non volete, andate. Io resto. Ci ritroveremo a Tecua, presso il<br />
mercato.”<br />
“No, Maestro, io non ti lascio” dice Giovanni, mentre Simone contemporaneamente<br />
esclama: “Tu ci elevi volendoci teco in questa redenzione.” Giuda... non mi pare<br />
molto entusiasta. Ma fa buon viso al... destino e dice: “Io resto.”<br />
“Prendete allora le ghirbe e le sacche e portatele dentro e, prima che il sole<br />
arda, spezzate legna e accumulatela presso lo spacco. La notte è rigida anche<br />
d’estate, qui, e non tutte le bestie sono buone. Un ramo lo accenderete subito.<br />
Là, di quella pianta di acacia gommosa. Brucia bene. Guarderemo fra le fessure<br />
per cacciare col fuoco aspidi e scorpioni. Andate”...<br />
... Lo stesso punto di monte. Solo ora è notte. Una notte tutta stellata. Una<br />
bellezza di cielo notturno come credo se ne possa godere solo in quei paesi già<br />
quasi tropicali. Stelle di una larghezza e di un brillio meravigliosi. Le<br />
costellazioni maggiori paiono grappoli di brillanti, di chiari topazi, di<br />
pallidi zaffiri, di miti opali, di tenui rubini. Tremolano, si accendono, si<br />
spengono come sguardi che la palpebra cela per un attimo, tornano ad accendersi<br />
più belle. Ogni tanto una stella riga il cielo e scompare verso chissà quale
orizzonte. Una riga di luce che pare un grido di giubilo stellare per poter<br />
volare così per quei prati sterminati.<br />
Gesù è seduto sull’apertura della spelonca e parla ai tre che fanno cerchio con<br />
Lui. Deve esservi stato del fuoco perché, in mezzo al cerchio dei quattro, un<br />
mucchietto di tizzi ha ancora bagliori di bragia e getta il suo riflesso rosso<br />
sui quattro volti.<br />
“Sì. La sosta è finita. Questa sosta. L’altra volta durò quaranta giorni... E vi<br />
dico ancora: era ancora inverno su questi pendii... e non avevo cibo. Un poco<br />
più difficile di questa volta, non è vero? So che avete sofferto anche ora. Il<br />
poco che avevamo e che vi davo era nulla, specie per la fame dei giovani. Era<br />
sufficiente solo a non farvi cadere languenti. L’acqua ancor meno. Il calore è<br />
torrido nel giorno. E voi direte che ciò non c’era nell’inverno. Ma allora c’era<br />
un vento secco, che scendeva bruciando i polmoni da quella cima, e saliva da<br />
quella bassura carico di polvere desertica e asciugava più ancora di questo<br />
calore estivo, a cui può dare sollievo succhiare questi aciduli frutti che quasi<br />
son maturi. Allora il monte non dava che vento ed erbe bruciate dal gelo intorno<br />
alle acacie scheletrite. Non vi ho dato tutto perché ho serbato gli ultimi pani<br />
e l’ultimo formaggio con l’ultima ghirba per il ritorno... Io so cosa fu il<br />
ritorno, esausto come ero, nella solitudine del deserto... Raccogliamo le nostre<br />
cose e andiamo. La notte è ancor più chiara di quella che qui ci condusse. Non<br />
vi è luna. Ma il cielo piove luce. Andiamo. Ricordatevi questo posto. Sappiate<br />
ricordare come si preparò Cristo e come si preparano gli apostoli. Come Io<br />
insegno si preparino gli apostoli.”<br />
Si alzano. Simone, con un ramo, fruga nelle bracie, le ravviva, prima di<br />
sperderle col piede, gettandovi sopra delle erbe disseccate, e alla fiamma<br />
accende una frasca di acacia e la tiene alta, all’ingresso della tana, mentre<br />
Giuda e Giovanni raccolgono mantelli, sacche e dei piccoli otri di pelle, di cui<br />
solo uno è ancora gonfio. Poi spegne la frasca contro la roccia, si carica della<br />
sua sacca e si mette il manto, come tutti, legandoselo alla vita perché non dia<br />
noia nell’andare.<br />
Scendono senza altre parole l’uno dietro l’altro per un sentiero ripidissimo,<br />
mettendo in fuga piccoli animali che brucano le poche erbe che ancora resistono<br />
al sole. Il cammino è lungo e disagiato. Finalmente giungono al piano. Non è<br />
molto comodo il cammino neppur qui dove pietre e schegge di pietre si muovono<br />
traditore sotto al piede, ferendo anche, perché la terra ridotta a polvere le<br />
nasconde e non si possono evitare, dove arsi cespugli di spini graffiano e<br />
intralciano attaccandosi al basso delle vesti. Ma è più spedito.<br />
In alto le stelle sono sempre più belle.<br />
Vanno, vanno, vanno per ore. La pianura è sempre più sterile e triste. Luccichii<br />
di scaglie brillano in certe piccole rughe del terreno, in pozzette fra asperità<br />
del suolo. Paiono scaglie di brillanti sporchi. Giovanni si china a guardarle.<br />
“E’ il sale del sottosuolo. Ne è saturo. Affiora con le acque di primavera e poi<br />
si secca. Per questo la vita non regge qui. Il mare Orientale, per profonde<br />
vene, sparge la sua morte a molti stadi intorno. Solo dove sorgive dolci<br />
combattono il suo mordente è possibile trovare piante e ristoro” spiega Gesù.<br />
Vanno ancora. Poi Gesù si ferma presso la roccia cava in cui lo vidi tentato da<br />
Satana. “Sostiamo qui. Sedete. Fra poco sarà il canto del gallo. Camminiamo da<br />
sei ore e dovete avere fame, sete e stanchezza. Prendete. Mangiate e bevete,<br />
seduti qui, a Me intorno, mentre Io vi dico ancora una cosa che voi direte agli<br />
amici e al mondo.” Gesù ha aperto la sua sacca e ne ha tratto pane e formaggio,<br />
che taglia e distribuisce, e dalla sua zucchetta mesce acqua in una ciotoletta e<br />
distribuisce pure.<br />
“Tu non mangi, Maestro?”<br />
“No. Io vi parlo. Udite. Una volta ci fu uno, un uomo, che mi chiese se ero mai<br />
stato tentato. Che mi chiese se non avevo mai peccato. Che mi chiese se, nella<br />
tentazione, non avevo mai ceduto. E che si stupì perché Io, il Messia, ho<br />
chiesto, per resistere, l’aiuto del Padre dicendo: ‘Padre, non mi indurre in<br />
tentazione’.”<br />
Gesù parla piano, calmo, come narrasse un fatto a tutti ignoto... Giuda china<br />
il capo come impacciato. Ma gli altri sono tanto intenti a guardare Gesù che non<br />
lo vedono.<br />
Gesù continua: “Ora voi, miei amici, potrete sapere ciò che solo lievemente<br />
seppe quell’uomo. Dopo il battesimo - ero mondo, ma non si è mai mondi<br />
abbastanza rispetto all’Altissimo, e l’umiltà di dire: ‘Sono uomo e peccatore’ è
già battesimo che fa mondo il cuore - sono venuto qui. Ero stato chiamato<br />
‘l’agnello di Dio’ da colui che, santo e profeta, vedeva la Verità e vedeva<br />
scendere lo Spirito sul Verbo e farlo Unto del suo crisma d’amore, mentre la<br />
voce del Padre empiva i cieli del suo suono dicendo: ‘Ecco il mio Figlio diletto<br />
nel quale mi sono compiaciuto’. Tu, Giovanni, eri presente quando il Battista ha<br />
ripetuto le parole... Dopo il battesimo, benché mondo per natura e mondo per<br />
figura, volli ‘prepararmi’. Sì, Giuda. Guardami. Il mio occhio ti dica ciò che<br />
ancor tace la bocca. Guardami, Giuda. Guarda il tuo Maestro che non si è sentito<br />
superiore all’uomo per essere il Messia e che anzi, sapendo di esser l’Uomo, ha<br />
voluto esserlo in tutto, fuorché nel condiscendere al male. Ecco, così.”<br />
Ora Giuda ha alzato il viso e guarda Gesù che ha di fronte. La luce delle stelle<br />
fa brillare gli occhi di Gesù come fossero due stelle fisse in un pallido volto.<br />
“Per prepararsi ad essere maestri, bisogna essere stati scolari. Io sapevo tutto<br />
come Dio. La mia intelligenza mi poteva anche far capire le lotte dell’uomo, per<br />
potere intellettivo e intellettualmente. Ma un giorno qualche mio povero amico,<br />
qualche mio povero figlio, avrebbe potuto dire e dirmi: ‘Tu non sai cosa è<br />
essere uomo e avere senso e passioni’. Sarebbe stato rimprovero giusto. Sono<br />
venuto qui, anzi là, su quel monte, per prepararmi... non solo alla missione...<br />
ma alla tentazione. Vedete? Qui dove voi siete, Io fui tentato. Da chi? Da un<br />
mortale? No. Troppo lieve sarebbe stato il suo potere. Sono stato tentato da<br />
Satana, direttamente.<br />
Ero sfinito. Da quaranta giorni non mangiavo... Ma finché ero stato perso<br />
nell’orazione, tutto si era annullato nella gioia del parlare con Dio, più che<br />
annullato: reso sopportabile. Lo sentivo come un disagio della materia,<br />
circoscritto alla materia sola... Poi sono tornato nel mondo... sulle vie del<br />
mondo... e ho sentito i bisogni di chi è sul mondo. Ho avuto fame. Ho avuto<br />
sete. Ho sentito il freddo pungente della notte desertica. Ho sentito il corpo<br />
affranto dalla mancanza di riposo, del letto, e dal lungo cammino fatto in<br />
condizioni di spossatezza tale che mi impedivano di andare oltre...<br />
Perché ho una carne anch’Io, amici. Una vera carne. Ed essa è soggetta alle<br />
stese debolezze che hanno tutte le carni. E con la carne ho un cuore. Sì.<br />
Dell’uomo ho preso la prima e la seconda delle tre parti che fanno l’uomo. Ho<br />
preso la materia con le sue esigenze e il morale con le sue passioni. E, se per<br />
mia volontà ho piegato in sul nascere tutte le passioni non buone, ho lasciato<br />
crescessero potenti come cedri secolari le sante passioni dell’amore filiale,<br />
dell’amore patrio, delle amicizie, del lavoro, di tutto quanto è ottimo e santo.<br />
E qui ho sentito nostalgia della Mamma lontana, qui ho sentito bisogno delle sue<br />
cure sulla mia fralezza umana, qui ho sentito rinnovarsi il dolore di essermi<br />
staccato dall'Unica che mi amasse perfettamente, qui ho presentito il dolore che<br />
mi è serbato e il dolore del suo dolore, povera Mamma, che non avrà più lacrime,<br />
tante ne dovrà spargere per il suo Figlio e per opera degli uomini. E qui ho<br />
sentito la stanchezza dell’eroe e dell’asceta, che in un’ora di premonizione si<br />
rende cognito dell’inutilità del suo sforzo... Ho pianto... La tristezza...<br />
richiamo magico per Satana. Non è peccato essere tristi se l’ora è penosa. E’<br />
peccato cedere oltre alla tristezza e cadere in inerzia o disperazione. Ma<br />
Satana subito viene quando vede uno caduto in languore di spirito.<br />
E’ venuto. In veste di benigno viandante. Prende sempre aspetti benigni... Avevo<br />
fame... e avevo trent’anni nel sangue. Mi ha offerto il suo aiuto. E prima mi ha<br />
detto: ‘Dì a queste pietre che divengano pane’. Ma prima ancora... sì... prima<br />
ancora mi aveva parlato della donna... Oh! egli ne sa parlare. La conosce a<br />
fondo. L’ha corrotta per il primo, per farne sua alleata di corruzione. Non sono<br />
solo il Figlio di Dio. Sono Gesù, l’operaio di Nazaret. Ho detto a quell’uomo<br />
che mi parlava allora, chiedendomi se conoscevo la tentazione, e quasi mi<br />
accusava di essere ingiustamente beato per non aver peccato: ‘L’atto placa nel<br />
soddisfacimento. La tentazione respinta non cade, ma si fa più forte, anche<br />
perché Satana l’aizza’. Ho respinto la tentazione e della fame della donna e<br />
della fame del pane. E sappiate che Satana mi prospettava la prima, né aveva<br />
torto, umanamente giudicando, come la migliore alleata per affermarsi nel mondo.<br />
La Tentazione, non vinta dal mio: ‘Non di solo senso vive l’uomo’, mi parlò<br />
allora della mia missione. Voleva sedurre il Messia dopo aver tentato il<br />
Giovane. E mi spronò ad annichilire gli indegni Ministri del Tempio con un<br />
miracolo... Non si piega il miracolo, fiamma del Cielo, a farne cerchio di<br />
vimini per incoronarsi di esso... E non si tenta Dio chiedendo miracoli a fini<br />
umani. Questo voleva Satana. Il motivo presentato era il pretesto; la verità
era: ‘Gloriati d'essere il Messia’, per portarmi all’altra concupiscenza: quella<br />
dell’orgoglio.<br />
Non vinto dal mio: ‘Non tenterai il Signore Dio tuo’, mi circuì con la terza<br />
forza della sua natura: l’oro. Oh! l’oro. Grande cosa il pane e più grande la<br />
donna per chi conosce la bramosia di cibo o di piacere. Grandissima cosa<br />
l’acclamazione delle folle per l’uomo... Per queste tre cose quanti delitti si<br />
fanno! Ma l’oro... Ma l’oro... Chiave che apre, cerchio che salda, esso è l’alfa<br />
e l'omega di novantanove su cento delle azioni umane. Per il pane e la donna<br />
l’uomo diviene ladro. Per il potere anche omicida. Ma per l’oro diviene<br />
idolatra. Il re dell’oro, Satana, mi ha offerto il suo oro purché lo adorassi...<br />
L’ho trapassato con le parole eterne: ‘Adorerai solo il Signore Iddio tuo’.<br />
Qui. Qui è avvenuto questo.”<br />
Gesù si è alzato. Pare più alto del solito nella piatta natura che lo circonda,<br />
nella luce lievemente fosforescente che piove dalle stelle. Anche i discepoli si<br />
alzano. Gesù continua a parlare fissando intensamente Giuda.<br />
“Allora sono venuti gli Angeli del Signore... L’Uomo aveva vinto la triplice<br />
battaglia. L’Uomo sapeva cosa voleva dire essere uomo e aveva vinto. Era<br />
esausto. La lotta era stata più esauriente del lungo digiuno.... Ma lo spirito<br />
giganteggiava... Io credo che ne hanno trasalito i Cieli a questo mio<br />
completamento di creatura dotata di cognizione. Io credo che da quel momento è<br />
venuto in Me il potere di miracolo. Ero stato Dio. Ero divenuto l’Uomo. Ora,<br />
vincendo l’animale che era connesso alla natura dell’uomo, ecco Io ero l’Uomo-<br />
Dio. Lo sono. E come Dio tutto posso. E come Uomo tutto conosco. Fate anche voi<br />
come Me, se vorrete fare ciò che Io faccio. E fatelo in memoria di Me.<br />
Quell’uomo si stupiva che avessi chiesto l’aiuto del Padre. E l’avessi pregato<br />
di non indurmi in tentazione. Di non lasciarmi cioè in balia della Tentazione<br />
oltre le mie forze. Credo che quell’uomo, ora che sa, non se ne stupirà più.<br />
Fate anche voi così, in memoria di Me e per vincere come Me, e non dubitate mai,<br />
vedendomi forte in tutte le tentazioni della vita, vittorioso nelle battaglie<br />
dei cinque sensi, e del senso e del sentimento, sulla mia natura di vero Uomo<br />
oltre che di Dio. Ricordatevi di tutto ciò.<br />
Vi avevo promesso di portarvi là dove avreste potuto conoscere il Maestro...<br />
all’alba del suo giorno, un’alba pura come questa che sorge, al meriggio della<br />
sua vita. Quello da cui mi sono partito per andare incontro alla mia umana<br />
sera... Ho detto a un di voi: ‘Anche Io mi sono preparato’. Lo vedete che era<br />
vero. Vi ringrazio di avermi fatto compagnia in questo ritorno nel luogo natale<br />
e nel luogo penitenziale. I primi contatti col mondo mi avevano già nauseato e<br />
sconfortato. E’ troppo brutto. Ora la mia anima si è nutrita del midollo del<br />
leone: della fusione col Padre nell’orazione e nella solitudine. E posso tornare<br />
nel mondo per riprendere la mia croce, la mia prima croce di Redentore: quella<br />
del contatto col mondo. Col mondo, nel quale troppo poche sono le anime che han<br />
nome Maria, che han nome Giovanni...<br />
Ora udite, tu in specie, Giovanni. Torniamo verso la Madre e verso gli amici. Io<br />
ve ne prego: non dite alla Madre la durezza che fu opposta all’amore del suo<br />
Figlio. Ne soffrirebbe troppo. Soffrirà per questa crudeltà dell’uomo tanto,<br />
tanto, tanto... ma non presentiamole il calice sin da ora. Sarà tanto amaro,<br />
quando le sarà dato! Così amaro che, come un tossico, le scenderà serpendo nelle<br />
viscere sante e nelle vene e gliele morderà, le gelerà il cuore. Oh! non dite<br />
alla Madre mia che Betlem ed Ebron mi hanno respinto come un cane! Pietà per<br />
Lei! Tu, Simone, sei vecchio e buono, sei spirito di riflessione e non parlerai,<br />
lo so. Tu, Giuda, sei giudeo e non parlerai per orgoglio regionale. Ma tu,<br />
Giovanni, tu, galileo e giovane, non cadere in peccato d’orgoglio, di critica,<br />
di crudeltà. Taci. Più tardi... più tardi agli altri dirai quanto ora ti prego<br />
di tacere. Anche agli altri. Vi è già tanto da dire su quanto è del Cristo.<br />
Perché unirvi ciò che è di Satana contro il Cristo? Amici: mi promettete tutto<br />
ciò?”<br />
“Oh! Maestro! Sì che te lo promettiamo! Sta’ sicuro!”<br />
“Grazie. Andiamo sino a quella piccola oasi. Là vi è una sorgiva, una cisterna<br />
piena di fresche acque e ombra e verzura. La strada verso il fiume la lambe.<br />
Potremo trovare cibo e ristoro fino a sera. Al chiaro delle stelle raggiungeremo<br />
il fiume, il guado. E attenderemo Giuseppe o ci uniremo a lui se già è tornato.<br />
Andiamo.”<br />
E si incamminano mentre il primo roseo in cielo, al limite d’oriente, dice che<br />
un nuovo giorno sorge.
MARIA VALTORTA<br />
L’AVANGELO <strong>COME</strong> <strong>MI</strong> E’ STATO RIVELATO<br />
Volume 2<br />
79. Andando dai pastori.<br />
I gioielli di Aglae e una parabola sulla conversione.<br />
15 gennaio 1945.<br />
Gesù cammina fra i discepoli per una strada lungo il torrente. Lungo, per modo<br />
di dire. Il torrente è in basso; in alto, lungo la costa, è la strada a<br />
giravolte, come è facile trovarne nei luoghi montuosi.<br />
Giovanni è rosso come una porpora, carico, come un portatore, di una grossa<br />
sacca ben gonfia. Giuda porta invece quella di Gesù, unita alla sua. Simone non<br />
ha che la sua e i mantelli. Gesù rià la sua veste ed i suoi sandali. Però la<br />
madre di Giuda la deve aver fatta lavare, perché è senza spiegazzature.<br />
“Quante frutta! Belli quei vigneti su quelle colline!” dice Giovanni, che non<br />
perde il suo buon umore per il caldo e la fatica. “Maestro, è questo il fiume<br />
sulle cui sponde colsero i padri i grappoli miracolosi?”<br />
“No, è l’altro più a mezzogiorno. Ma tutta la regione era luogo benedetto da<br />
frutti opimi.”<br />
“Ora non lo è più tanto, per quanto bella ancora.”<br />
“Troppe guerre hanno devastato il suolo. Qui si fece Israele... ma per farsi<br />
dovette fecondarsi col sangue suo e dei nemici.”<br />
“Dove li troviamo i pastori?”<br />
“A cinque miglia da Ebron, sulle rive del fiume di cui chiedevi.”<br />
“Oltre quel colle, allora.”<br />
“Oltre.”<br />
“E’ molto caldo. L’estate... Dove andiamo dopo, Maestro?”<br />
“In un luogo ancor più caldo. Ma vi prego di venire. Viaggeremo di notte. Le<br />
stelle sono tanto chiare che non vi è tenebra. Vi voglio mostrare un luogo...”<br />
“Una città?”<br />
“No... Un luogo... che vi farà capire il Maestro... forse meglio delle sue<br />
parole.”<br />
“Abbiamo perduto dei giorni con quello stupido incidente. Ha sciupato tutto... e<br />
mia madre, che tanto aveva fatto, è rimasta delusa. Non so poi perché Tu hai<br />
voluto segregarti sino alla purificazione.”<br />
“Giuda, perché chiami stupido un fatto che fu grazia per un vero fedele? Non<br />
vorresti tu, per te, tal morte? Aveva atteso tutta la vita il Messia; si era<br />
portato, già anziano, per vie disagiate ad adorarlo quando gli dissero: ‘C’è’.<br />
Aveva conservato in cuore per trent’anni la parola di mia Madre. L’amore e la<br />
fede lo hanno investito, nell’ultima ora che Dio gli serbava, dei loro fuochi.<br />
Il cuore gli si è spezzato nella gioia, incenerito, come olocausto gradito, dal<br />
fuoco di Dio. Quale sorte migliore di questa? Ha sciupato la festa che tu avevi<br />
preparata? Vedi in questo una risposta di Dio. Non vada mescolato ciò che è<br />
dell’uomo con ciò che è di Dio... Tua madre mi avrà ancora. Quel vecchio non mi<br />
avrebbe più avuto. Tutta Keriot può venire al Cristo, il vegliardo non aveva più<br />
forze per farlo. Sono stato felice di aver raccolto sul cuore il vecchio padre<br />
morente e di avergli raccomandato lo spirito. E per il resto... Perché dare<br />
scandalo mostrando sprezzo alla Legge? Per dire: ‘Seguitemi’ occorre camminare.<br />
Per portare su via santa bisogna fare la stessa via. Come avrei potuto, o come<br />
potrei dire: ‘Siate fedeli’, se infedele fossi Io?”<br />
“Credo che questo errore sia la causa della nostra decadenza. I rabbi e i<br />
farisei accasciano il popolo sotto i precetti e poi... poi fanno come quello che<br />
ha profanato la casa di Giovanni facendone un luogo di vizio” osserva Simone.<br />
“E’ un di Erode...” ribarre l'Iscariota.<br />
“Sì, Giuda. Ma le stesse colpe sono anche nelle caste che si dicono, da sé se lo<br />
dicono, sante. Che ne dici, Maestro?” dice Simone.<br />
“Dico che solo se vi sarà un pugno di vero lievito e di vero incenso in Israele,<br />
si formerà il pane e si profumerà l’altare.”
“Che vuoi dire?”<br />
“Voglio dire che, se vi sarà chi verrà alla Verità con cuore retto, la Verità si<br />
spargerà come lievito nella massa della farina e come incenso per tutto<br />
Israele.”<br />
“Che ti ha detto quella donna?” chiede Giuda.<br />
“Gesù non risponde. Si volge a Giovanni: “Pesa molto e fatichi. Dammi il tuo<br />
carico.”<br />
“No, Gesù. Sono uso ai pesi e poi... me lo fa leggero il pensiero della gioia<br />
che ne avrà Isacco.”<br />
Il poggio è girato. All’ombra del bosco, sull’altro versante, sono le pecore di<br />
Elia. E i pastori, seduti all’ombra, le guardano. Vedono Gesù e corrono.<br />
“La pace a voi. Qui siete?”<br />
“Eravamo in pensiero per Te... e per il ritardo... incerti se venirti incontro o<br />
ubbidire... abbiamo deciso di venire sin qui... per ubbidire a Te e al nostro<br />
amore insieme. Dovevi esser qui da molti giorni.”<br />
“Abbiamo dovuto sostare...”<br />
“Ma... nulla di male?”<br />
“No, nulla, amico. La morte di un fedele sul mio petto. Non altro.”<br />
“Cosa vuoi che accadesse, pastore? Quando le cose sono ben preparate... Certo<br />
bisogna saperle preparare, e preparare i cuori a riceverle. La ma città ha dato<br />
al Cristo ogni onore. Non è vero, Maestro?”<br />
“E’ vero. Isacco, siamo passati, nel ritorno, da Sara. Anche la città di Jutta,<br />
senza altra preparazione fuori di quella della sua semplice bontà e della verità<br />
delle parole di Isacco, ha saputo capire l’essenza della mia dottrina e amare,<br />
di un amore pratico, disinteressato e santo. Ti ha mandato vesti e cibo, Isacco,<br />
e agli oboli rimasti sul tuo giaciglio tutti hanno voluto unire qualcosa per te<br />
che torni al mondo e che sei privo di tutto. Tieni. Io non porto mai denaro. Ma<br />
questo l’ho preso perché è purificato dalla carità..”<br />
“No, Maestro, tienilo Tu. Io... sono abituato a farne senza.”<br />
“Ora dovrai andare per i paesi in cui ti manderò. E ti occorre. L’operaio ha<br />
diritto alla mercede, anche se operaio d’anima... perché ancora vi è un corpo da<br />
nutrire, come fosse l’asinello che aiuta il padrone. Non è molto. Ma tu saprai<br />
fare... Giovanni in quella sacca ha vesti e sandali. Gioacchino ha preso dei<br />
suoi. Saranno grandi... ma c’è tanto amore nel dono!”<br />
Isacco prende la bisaccia e si ritira a vestirsi dietro un cespuglio. Era ancora<br />
scalzo e nella sua bizzarra toga fatta di una coperta.<br />
“Maestro” dice Elia. “Quella dona... quella donna che sta nella casa di<br />
Giovanni... quando Tu eri via da tre giorni e noi pasturavamo le pecore sui<br />
prati di Ebron - ché son di tutti, i prati, e non ci potevano cacciare - ci<br />
mandò una servente con questa borsa e dicendo che ci voleva parlare... Non so se<br />
ho fatto bene... ma per la prima volta ho reso la borsa e ho detto: ‘Non ho<br />
nulla da udire’... Poi lei mi ha fatto dire: ‘Vieni, in nome di Gesù’ e sono<br />
andato... Ho aspettato che non ci fosse il suo... insomma l’uomo che la tiene...<br />
Quante cose ha voluto... anzi, voleva sapere. Ma io... ho detto poco. Per<br />
prudenza. E’ una meretrice. Temevo fosse un tranello per Te. Mi ha chiesto chi<br />
sei, dove stai, che fai, se sei un signore... Io ho detto: ‘E’ Gesù di Nazaret,<br />
è dapertutto perché è un maestro e va insegnando per la Palestina’; ho detto che<br />
sei un uomo povero, semplice, un operaio che la Sapienza ha fatto sapiente...<br />
Non di più.”<br />
“Hai fatto bene” dice Gesù, e contemporaneamente Giuda esclama: “Hai fatto male!<br />
Perché non hai detto che è il Messia, e che è il Re del mondo? Schiacciarla, la<br />
superba romana, sotto il fulgore di Dio!”<br />
“Non mi avrebbe capito... E poi? Ero certo se era sincera? L’hai detto tu,<br />
quando la vedesti, cosa è lei. Potevo gettare le cose sante - e tutto ciò che è<br />
Gesù è santo - in bocca a lei? Potevo mettere in pericolo Gesù dando troppe<br />
notizie? Da tutti gli venga male, ma non da me.”<br />
“Andiamo noi, Giovanni, a dirle chi è il Maestro, a spiegarle la verità santa.”<br />
“Io no. A meno che Gesù non me lo ordini.”<br />
“Hai paura? Che vuoi che ti faccia? Hai schifo? Non lo ha avuto il Maestro!”<br />
“Non paura e non schifo. Ho pietà di lei. Ma penso che se Gesù voleva, poteva<br />
fermarsi ad istruirla. Non lo ha fatto... non è necessario farlo noi.”<br />
“Allora non c’erano segni di conversione... Ora... Fai vedere, Elia, la borsa.”<br />
E Giuda rovescia su un lembo del mantello, poiché si è seduto sull’erba, il<br />
contenuto della borsa. Anelli, armille, braccialetti, una collana rotolano:
giallo oro sul giallo opaco della veste di Giuda. “Tutti gioielli!... Che ce ne<br />
facciamo?”<br />
“Si possono vendere” dice Simone.<br />
“Sono cose noiose” obbietta Giuda, che però li ammira.<br />
“Gliel’ho detto anche io, nel prenderli; ho anche detto: ‘Il tuo signore ti<br />
batterà’. Mi ha risposto: ‘Non è roba sua. Mia è, ne faccio ciò che voglio. So<br />
che è oro di peccato... ma diventerà buono se usato per chi è povero e santo.<br />
Perché si ricordi di me’, e piangeva.”<br />
“Vacci, Maestro.”<br />
“No.”<br />
“Mandaci Simone.”<br />
“No.”<br />
“Allora vado io.”<br />
“No.”<br />
I ‘no’ di Gesù sono secchi e imperiosi.<br />
“Ho fatto male, Maestro, a parlare con lei, a prendere quell’oro?” chiede Elia<br />
che vede Gesù serio.<br />
“Non hai fatto male. Ma non c’è nulla di più da fare,”<br />
“Ma forse quella donna vuole redimersi e ha bisogno di essere ammaestrata”<br />
obbietta ancora Giuda.<br />
“In lei son già tante scintille atte a suscitare l’incendio in cui può ardersi<br />
il suo vizio e rimanere l’anima riverginizzata dal pentimento. Poco fa vi ho<br />
parlato di lievito che si sparge per la farina e la fa santo pane. Udite una<br />
breve parabola. Quella donna è farina. Una farina in cui il Maligno ha mescolato<br />
le sue polveri di inferno. Io sono il lievito. Ossia, la mia parola è il<br />
lievito. Ma se troppa pula è nella farina, o se sassi e rena vi è mescolata, e<br />
cenere con essa, può farsi il pane anche se il lievito è buono? Non può farsi.<br />
Occorre che pazientemente si levi dalla farina pula, cenere, sassi e rena. La<br />
Misericordia passa e offre il crivello... Il primo: quello fatto da brevi verità<br />
fondamentali. Quali sono necessarie per esser comprese da uno che è nella rete<br />
della completa ignoranza, del vizio, del gentilesimo. Se l’anima lo accoglie,<br />
comincia la prima purificazione. La seconda avviene col crivello dell’anima<br />
stessa, che confronta il suo essere con l’Essere che si è rivelato. E ne ha<br />
orrore. E inizia la sua opera. Per una operazione sempre più minuta, dopo i<br />
sassi, dopo la rena, dopo la cenere, giunge anche a levare quello che è già<br />
farina, ma con granelli ancor pesanti, troppo pesanti per dare ottimo pane. Ora<br />
eccola tutta pronta. Ripassa allora la Misericordia e si immette in quella<br />
farina preparata - anche questa è preparazione, Giuda - e la solleva e la fa<br />
pane. Ma è operazione lunga e di ‘volontà’ dell’anima.<br />
Quella donna... quella donna ha già in sé quel minimo che era giusto darle e che<br />
le può servire a compiere il suo lavoro. Lasciamo lo compia, se vorrà farlo,<br />
senza turbarla. Tutto turba un’anima che si lavora: la curiosità, gli zeli<br />
inconsulti, le intransigenze come le eccessive pietà.”<br />
“Allora non ci andiamo?”<br />
“No. E perché nessuno fra voi abbia la tentazione, partiamo subito. Nel bosco è<br />
ombra. Sosteremo alle falde della valle del Terebinto. E là ci separeremo. Elia<br />
tornerà a i suoi pascoli con Levi. Mentre Giuseppe verrà con Me sino al guado di<br />
Gerico. Poi... ci riuniremo ancora. Tu Isacco, continua ciò che facesti a<br />
Jutta, andando da qui per Arimatea e Lidda, sino a raggiungere Doco. Là ci<br />
ritroveremo. Vi è da preparare la Giudea. E tu sai come farlo. Come hai fatto a<br />
Jutta.”<br />
“E noi?”<br />
“Voi? Verrete, l’ho detto, per vedere la mia preparazione. Anche Io mi sono<br />
preparato alla missione.”<br />
“Andiamo da un rabbi?”<br />
“No.”<br />
“Da Giovanni?”<br />
“Ne presi solo il Battesimo.”<br />
“E allora?”<br />
“Betlemme ha parlato con le pietre ed i cuori. Anche lì dove ti porto, Giuda, le<br />
pietre ed un cuore, il mio, parleranno e ti daranno risposta.”<br />
Elia, che ha portato latte e pane scuro, dice: “Ho cercato, mentre attendevo, e<br />
con me ha cercato Isacco, di persuadere quelli di Ebron... Ma non credono, non<br />
giurano, non vogliono che Giovanni. E’ il loro ‘santo’ e non vogliono che
quello.”<br />
“Peccato comune a molti paesi e a molti credenti presenti e futuri. Guardano<br />
l’operaio e non il padrone che ha mandato l’operaio. Chiedono all’operaio senza<br />
neppure dirgli: ‘Di’ al tuo padrone questo’. Dimenticano che l’operaio c’è<br />
perché c’è il padrone, e che è il padrone che istruisce l’operaio e lo rende<br />
atto al lavoro. Dimenticano che l’operaio può intercedere. Ma uno solo può<br />
concedere: il padrone. In questo caso, Dio e il suo Verbo con Lui. Non importa.<br />
Il Verbo ne ha dolore, ma non rancore. Andiamo.”<br />
La visione ha termine.<br />
80. Sul monte del digiuno e al masso della tentazione.<br />
17 gennaio 1945.<br />
Un’alba bellissima in un luogo selvaggio. Un’alba dall’alto di una costa di<br />
monte. Appena un principio di giorno. In cielo ancora le superstiti stelle e un<br />
sottile arco di luna calante che persiste, virgola d’argento, sul velluto ancora<br />
azzurro scuro del cielo.<br />
Il monte pare a sé, non congiunto ad altre catene. Ma è un vero monte, non un<br />
colle. La cima è molto più su, eppure da mezza costa già si domina un largo<br />
raggio d’orizzonte, segno che si è elevati di molto sul livello del suolo.<br />
Nell’aria fresca del mattino, in cui si fa strada la luce incerta, biancoverdastra<br />
dell’alba che sempre più si fa chiara, si svelano i contorni ed i<br />
particolari che prima erano in quella caligine che precede il giorno, sempre più<br />
cupa di una notte perché pare che la luce degli astri, nel trapasso da notte a<br />
giorno, diminuisca e, direi, si annulli. Vedo così che il monte è roccioso e<br />
nudo, spaccato da anfratti che formano grotte, antri e seni nel monte. Un luogo<br />
proprio selvaggio su cui - e solo nei luoghi dove un poco di terra si è deposta<br />
in modo da poter raccoglier anche l’acqua del cielo e conservarla - sono<br />
ciuffetti di verde, per lo più piante rigide, spinose, dalla poca fronda, e<br />
bassi e duri cespugli di quelle erbe che paiono bastoncini verdi di cui non so<br />
il nome.<br />
In basso vi è una distesa più arida ancora, piatta, sassosa e che sempre più<br />
diviene arida quanto più si avvicina a un punto scuro, molto più lungo che<br />
largo, almeno cinque volte più lungo che largo, che penso sia un’oasi folta,<br />
nata in tanto squallore, per acque sotterranee. Però, quando la luce si fa più<br />
viva, vedo che non è che acqua. Un’acqua ferma, cupa, morta. Un lago di<br />
tristezza infinita. In questa luce ancora incerta mi fa ricordare la visione del<br />
mondo morto. Pare che aspiri tutto il cupo del cielo, tutto il triste del suolo<br />
circostante, e stemperi nelle sue acque ferme il verde cupo delle piante spinose<br />
e delle rigide erbe - che per chilometri e chilometri, in piatto e in altezza,<br />
sono l’unica decorazione del suolo - e, fattosene un filtro di cupezza, la emani<br />
poi e spanda tutto intorno. Come è diverso dal solare, ridente lago di<br />
Genezaret! In alto, guardando il cielo, di un assoluto sereno che si fa sempre<br />
più chiaro, guardando la luce che avanza da oriente a fiotti sempre più vasti,<br />
lo spirito si rallegra. Ma guardando quel grandissimo lago morto si stringe il<br />
cuore. Non un uccello trasvola sulle sue acque. Non un animale è sulle rive.<br />
Nulla.<br />
Mentre guardo questa desolazione, mi scuote la voce del mio Gesù: “Ed eccoci<br />
giunti dove volevo.” Mi volgo. Lo vedo alle mie spalle, fra Giovanni, Simone e<br />
Giuda, presso la costa rocciosa del monte, là dove giunge un sentiero...<br />
sarebbe meglio dire: là dove un lungo lavoro di acque, nei mesi di pioggia, ha<br />
graffiato il calcare scavando nei secoli un canale appena disegnato, che sarà<br />
scolo alle acque delle cime e che ora è via per le capre selvatiche più che per<br />
gli uomini.<br />
Gesù si guarda intorno e ripete “Sì, qui vi volevo portare. Qui il Cristo si è<br />
preparato alla sua missione.”<br />
“Ma qui non c’è nulla!”<br />
“Non c’è nulla. L’hai detto.”<br />
“Con chi eri?”<br />
“Col mio spirito e col Padre.”<br />
“Ah! fu sosta di poche ore!”<br />
“No, Giuda. Non di poche ore. Di molti giorni...”<br />
“Ma chi ti serviva? Dove dormisti?”<br />
“Avevo a servi gli onagri che nella notte venivano a dormire nella loro tana...<br />
in questa, dove Io pure m’ero intanato... Avevo a serve le aquile che mi
dicevano: ‘E’ giorno’ col loro grido aspro, partendo per la preda. Avevo ad<br />
amici le piccole lepri che venivano a rodere le erbe selvagge quasi ai miei<br />
piedi... Mi era cibo e bevanda ciò che è cibo e bevanda del fiore selvaggio: la<br />
rugiada notturna, la luce del sole. Non altro.”<br />
“Ma perché?”<br />
“Per prepararmi bene, come tu dici, alla mia missione. Le cose ben preparate<br />
riescono bene. Tu lo hai detto. E la mia cosa non era la piccola, inutile cosa<br />
di far brillare Me, Servo del Signore, ma di far comprendere agli uomini ciò che<br />
è il Signore e, attraverso questa comprensione, farlo amare in spirito di<br />
verità. Misero quel servo del Signore che pensa al suo trionfo e non a quello di<br />
Dio! Che cerca averne utile, che sogna mettersi in alto su un trono fatto... oh!<br />
fatto degli interessi di Dio, avviliti sino a toccare il suolo, essi che sono<br />
celesti interessi. Non è più servo, costui, anche se ne ha l’aspetto esterno. E’<br />
un mercante, un trafficante, un falso che inganna sé, gli uomini e vorrebbe<br />
ingannare Dio... uno sciagurato che si crede principe ed è schiavo... E’ del<br />
Demonio, il suo re di menzogna. Qui, in questa tana, il Cristo per molti giorni<br />
visse di macerazioni e preghiera per prepararsi alla sua missione. E dove<br />
vorresti fossi andato a prepararmi, Giuda?”<br />
Giuda è perplesso, disorientato. Risponde infine: “Ma non saprei... Pensavo...<br />
da qualche rabbi... presso gli esseni... non so.”<br />
“E potevo trovare un rabbi che mi dicesse più di quanto mi diceva la potenza e<br />
la sapienza di Dio? E potevo Io - Io Verbo Eterno del Padre, Io che ero quando<br />
il Padre creò l’uomo e so di quale spirito immortale è animato, e di quale<br />
potenza di giudizio libero e capace, abbia il Creatore dotato l’uomo - andare ad<br />
attingere scienza e capacità da quelli che negano l’immortalità dell’anima<br />
negando la finale risurrezione, e negano la libertà d’azione dell’uomo<br />
addossando virtù e vizi, azioni sante e malvagie al destino che dicono fatale e<br />
non vincibile? Ah! no.<br />
Avete un destino. Sì. Lo avete. Nella mente di Dio che vi crea è un destino per<br />
voi. Ve lo desidera il Padre. Ed è destino d’amore, di pace, di gloria: ‘la<br />
santità d’esser suoi figli’. Questo il destino che, presente alla mente divina<br />
dal momento nel quale col fango fu fatto Adamo, presente sarà sino all’ultima<br />
creazione di anima d’uomo. Ma non vi violenta il Padre nella vostra condizione<br />
di re. Il re, se prigione, non è più re, è un reietto. Voi re siete perché<br />
liberi nel vostro piccolo regno individuale. Nell’io . In esso potete fare ciò<br />
che volete, come volete.<br />
Di fronte e ai confini del vostro piccolo regno avete un Re amico e due potenze<br />
nemiche. L’Amico che vi mostra le regole che Egli ha date per far felici quelli<br />
che sono suoi. Ve le mostra. Vi dice: ‘Eccole. Con queste è sicura l’eterna<br />
vittoria’. Ve le mostra, Egli, il Saggio e Santo, perché voi possiate, se volete<br />
farlo, praticarle e averne gloria eterna. Le due potenze nemiche sono Satana e<br />
la carne. Nella carne metto la vostra e quella del mondo, ossia le pompe e le<br />
seduzioni del mondo, ossia la ricchezza, le feste, gli onori, i poteri che dal<br />
mondo e nel mondo si hanno e che non sempre si hanno onestamente e meno ancora<br />
si sanno usare onestamente se, per un complesso di cause, ad essi l’uomo<br />
perviene.<br />
Satana, maestro della carne e del mondo, parla anche per esso e per la carne.<br />
Anche lui ha le sue regole... Oh! se le ha! E poiché l’io è fasciato di carne e<br />
la carne tende alla carne come le scaglie di ferro tendono alla calamita, e<br />
poiché il canto del Seduttore è più dolce di gorgheggio di usignolo in amore fra<br />
raggi di luna e profumo di roseti, più facile è andare verso queste regole,<br />
piegare verso queste potenze, dire loro: ‘Vi considero amiche. Entrate’.<br />
Entrate... Avete mai visto un alleato che resti onesto sempre, senza chiedere il<br />
cento per uno per un aiuto dato? Così fanno esse. Entrano... E divengono<br />
padroni. Padroni? No: aguzzini. Vi legano, o uomini, al loro banco di galera,<br />
vi ci incatenano, non vi lasciano più alzare il collo dal loro giogo, e la loro<br />
sferza vi riga a sangue se cercate sfuggir loro. O farsi ferire sino a giungere<br />
ad essere un ammasso di carne frantumata, così inutile, come carne, da essere<br />
respinta dal loro piede crudele, o morire sotto di loro.<br />
Se sapete darvi questo martirio, darvi quel martirio, ecco allora che passa la<br />
Misericordia, l’Unica che può ancora aver pietà di quella ripugnante miseria<br />
della quale il mondo, uno dei padroni, ha ora schifo e sulla quale l’altro<br />
padrone, Satana, invia le sue frecce di vendetta. E la Misericordia, l’Unica che<br />
passa, si china, la raccoglie, la medica, la risana e dice: ‘Vieni. Non temere.
Non ti guardare. Le tue piaghe non sono più che cicatrici, ma sono così<br />
innumerevoli che ti farebbero orrore, tanto ti deturpano. Ma Io non ti guardo<br />
quelle, guardo la tua volontà. Per essa volontà buona sei così segnata. Perciò<br />
Io ti dico: ti amo. Vieni con Me’, e la porta nel suo Stato. Allora voi capite<br />
che Misericordia e Re amico sono una stessa persona. Ritrovate le regole che<br />
Egli vi aveva mostrate e che voi non avete voluto seguire. Ora lo volete... e<br />
giungete alla pace della coscienza prima, alla pace di Dio dopo.<br />
Ditemi, allora. Questo destino fu imposto da Un Solo per tutti, o fu<br />
individualmente voluto da ognuno per sé?”<br />
“Fu da ognuno voluto.”<br />
“Bene giudichi, Simone. Potevo Io andare dai negatori della beata risurrezione e<br />
del dono di Dio per formarmi? Qui sono venuto. Ho preso la mia anima di Figlio<br />
dell’uomo e me la sono lavorata con gli ultimi tocchi, finendo il lavoro di<br />
trent’anni di annichilimento e di preparazione per andare perfetto al mio<br />
ministero. Ora Io vi chiedo di stare meco qualche giorno, in questa tana. Sarà<br />
sempre meno desolata la sosta, perché saremo quattro amici che fanno forza<br />
contro le tristezze, le paure, le tentazioni, le necessità della carne. Io ero<br />
solo. Sarà sempre meno penosa, perché ora è estate e qui, in alto, vi è il vento<br />
delle cime a temperare il calore. Io vi venni al finir della luna di tebet, e<br />
rigido era il vento che scendeva dalle nevi della vetta. Sarà sempre meno<br />
tormentosa, perché più breve e perché abbiamo ora quel minimo di cibo che può<br />
dare conforto alla nostra fame, e nelle piccole ghirbe di pelle che vi ho fatto<br />
dare dai pastori vi è tant’acqua da bastare per questi giorni di sosta. Io... io<br />
ho bisogno di strappare due anime a Satana. Non vi è che la penitenza che lo<br />
possa. Vi chiedo aiuto. Sarà formazione anche per voi. Imparerete come si<br />
strappano le prede a Mammona. Non tanto con le parole, quanto col sacrificio...<br />
Le parole!... Il frastuono satanico impedisce che siano udite... Ogni anima<br />
preda del Nemico è avvolta in turbini di voci infernali... Volete rimanere con<br />
Me? Ma se non volete, andate. Io resto. Ci ritroveremo a Tecua, presso il<br />
mercato.”<br />
“No, Maestro, io non ti lascio” dice Giovanni, mentre Simone contemporaneamente<br />
esclama: “Tu ci elevi volendoci teco in questa redenzione.” Giuda... non mi pare<br />
molto entusiasta. Ma fa buon viso al... destino e dice: “Io resto.”<br />
“Prendete allora le ghirbe e le sacche e portatele dentro e, prima che il sole<br />
arda, spezzate legna e accumulatela presso lo spacco. La notte è rigida anche<br />
d’estate, qui, e non tutte le bestie sono buone. Un ramo lo accenderete subito.<br />
Là, di quella pianta di acacia gommosa. Brucia bene. Guarderemo fra le fessure<br />
per cacciare col fuoco aspidi e scorpioni. Andate”...<br />
... Lo stesso punto di monte. Solo ora è notte. Una notte tutta stellata. Una<br />
bellezza di cielo notturno come credo se ne possa godere solo in quei paesi già<br />
quasi tropicali. Stelle di una larghezza e di un brillio meravigliosi. Le<br />
costellazioni maggiori paiono grappoli di brillanti, di chiari topazi, di<br />
pallidi zaffiri, di miti opali, di tenui rubini. Tremolano, si accendono, si<br />
spengono come sguardi che la palpebra cela per un attimo, tornano ad accendersi<br />
più belle. Ogni tanto una stella riga il cielo e scompare verso chissà quale<br />
orizzonte. Una riga di luce che pare un grido di giubilo stellare per poter<br />
volare così per quei prati sterminati.<br />
Gesù è seduto sull’apertura della spelonca e parla ai tre che fanno cerchio con<br />
Lui. Deve esservi stato del fuoco perché, in mezzo al cerchio dei quattro, un<br />
mucchietto di tizzi ha ancora bagliori di bragia e getta il suo riflesso rosso<br />
sui quattro volti.<br />
“Sì. La sosta è finita. Questa sosta. L’altra volta durò quaranta giorni... E vi<br />
dico ancora: era ancora inverno su questi pendii... e non avevo cibo. Un poco<br />
più difficile di questa volta, non è vero? So che avete sofferto anche ora. Il<br />
poco che avevamo e che vi davo era nulla, specie per la fame dei giovani. Era<br />
sufficiente solo a non farvi cadere languenti. L’acqua ancor meno. Il calore è<br />
torrido nel giorno. E voi direte che ciò non c’era nell’inverno. Ma allora c’era<br />
un vento secco, che scendeva bruciando i polmoni da quella cima, e saliva da<br />
quella bassura carico di polvere desertica e asciugava più ancora di questo<br />
calore estivo, a cui può dare sollievo succhiare questi aciduli frutti che quasi<br />
son maturi. Allora il monte non dava che vento ed erbe bruciate dal gelo intorno<br />
alle acacie scheletrite. Non vi ho dato tutto perché ho serbato gli ultimi pani<br />
e l’ultimo formaggio con l’ultima ghirba per il ritorno... Io so cosa fu il<br />
ritorno, esausto come ero, nella solitudine del deserto... Raccogliamo le nostre
cose e andiamo. La notte è ancor più chiara di quella che qui ci condusse. Non<br />
vi è luna. Ma il cielo piove luce. Andiamo. Ricordatevi questo posto. Sappiate<br />
ricordare come si preparò Cristo e come si preparano gli apostoli. Come Io<br />
insegno si preparino gli apostoli.”<br />
Si alzano. Simone, con un ramo, fruga nelle bracie, le ravviva, prima di<br />
sperderle col piede, gettandovi sopra delle erbe disseccate, e alla fiamma<br />
accende una frasca di acacia e la tiene alta, all’ingresso della tana, mentre<br />
Giuda e Giovanni raccolgono mantelli, sacche e dei piccoli otri di pelle, di cui<br />
solo uno è ancora gonfio. Poi spegne la frasca contro la roccia, si carica della<br />
sua sacca e si mette il manto, come tutti, legandoselo alla vita perché non dia<br />
noia nell’andare.<br />
Scendono senza altre parole l’uno dietro l’altro per un sentiero ripidissimo,<br />
mettendo in fuga piccoli animali che brucano le poche erbe che ancora resistono<br />
al sole. Il cammino è lungo e disagiato. Finalmente giungono al piano. Non è<br />
molto comodo il cammino neppur qui dove pietre e schegge di pietre si muovono<br />
traditore sotto al piede, ferendo anche, perché la terra ridotta a polvere le<br />
nasconde e non si possono evitare, dove arsi cespugli di spini graffiano e<br />
intralciano attaccandosi al basso delle vesti. Ma è più spedito.<br />
In alto le stelle sono sempre più belle.<br />
Vanno, vanno, vanno per ore. La pianura è sempre più sterile e triste. Luccichii<br />
di scaglie brillano in certe piccole rughe del terreno, in pozzette fra asperità<br />
del suolo. Paiono scaglie di brillanti sporchi. Giovanni si china a guardarle.<br />
“E’ il sale del sottosuolo. Ne è saturo. Affiora con le acque di primavera e poi<br />
si secca. Per questo la vita non regge qui. Il mare Orientale, per profonde<br />
vene, sparge la sua morte a molti stadi intorno. Solo dove sorgive dolci<br />
combattono il suo mordente è possibile trovare piante e ristoro” spiega Gesù.<br />
Vanno ancora. Poi Gesù si ferma presso la roccia cava in cui lo vidi tentato da<br />
Satana. “Sostiamo qui. Sedete. Fra poco sarà il canto del gallo. Camminiamo da<br />
sei ore e dovete avere fame, sete e stanchezza. Prendete. Mangiate e bevete,<br />
seduti qui, a Me intorno, mentre Io vi dico ancora una cosa che voi direte agli<br />
amici e al mondo.” Gesù ha aperto la sua sacca e ne ha tratto pane e formaggio,<br />
che taglia e distribuisce, e dalla sua zucchetta mesce acqua in una ciotoletta e<br />
distribuisce pure.<br />
“Tu non mangi, Maestro?”<br />
“No. Io vi parlo. Udite. Una volta ci fu uno, un uomo, che mi chiese se ero mai<br />
stato tentato. Che mi chiese se non avevo mai peccato. Che mi chiese se, nella<br />
tentazione, non avevo mai ceduto. E che si stupì perché Io, il Messia, ho<br />
chiesto, per resistere, l’aiuto del Padre dicendo: ‘Padre, non mi indurre in<br />
tentazione’.”<br />
Gesù parla piano, calmo, come narrasse un fatto a tutti ignoto... Giuda china<br />
il capo come impacciato. Ma gli altri sono tanto intenti a guardare Gesù che non<br />
lo vedono.<br />
Gesù continua: “Ora voi, miei amici, potrete sapere ciò che solo lievemente<br />
seppe quell’uomo. Dopo il battesimo - ero mondo, ma non si è mai mondi<br />
abbastanza rispetto all’Altissimo, e l’umiltà di dire: ‘Sono uomo e peccatore’ è<br />
già battesimo che fa mondo il cuore - sono venuto qui. Ero stato chiamato<br />
‘l’agnello di Dio’ da colui che, santo e profeta, vedeva la Verità e vedeva<br />
scendere lo Spirito sul Verbo e farlo Unto del suo crisma d’amore, mentre la<br />
voce del Padre empiva i cieli del suo suono dicendo: ‘Ecco il mio Figlio diletto<br />
nel quale mi sono compiaciuto’. Tu, Giovanni, eri presente quando il Battista ha<br />
ripetuto le parole... Dopo il battesimo, benché mondo per natura e mondo per<br />
figura, volli ‘prepararmi’. Sì, Giuda. Guardami. Il mio occhio ti dica ciò che<br />
ancor tace la bocca. Guardami, Giuda. Guarda il tuo Maestro che non si è sentito<br />
superiore all’uomo per essere il Messia e che anzi, sapendo di esser l’Uomo, ha<br />
voluto esserlo in tutto, fuorché nel condiscendere al male. Ecco, così.”<br />
Ora Giuda ha alzato il viso e guarda Gesù che ha di fronte. La luce delle stelle<br />
fa brillare gli occhi di Gesù come fossero due stelle fisse in un pallido volto.<br />
“Per prepararsi ad essere maestri, bisogna essere stati scolari. Io sapevo tutto<br />
come Dio. La mia intelligenza mi poteva anche far capire le lotte dell’uomo, per<br />
potere intellettivo e intellettualmente. Ma un giorno qualche mio povero amico,<br />
qualche mio povero figlio, avrebbe potuto dire e dirmi: ‘Tu non sai cosa è<br />
essere uomo e avere senso e passioni’. Sarebbe stato rimprovero giusto. Sono<br />
venuto qui, anzi là, su quel monte, per prepararmi... non solo alla missione...<br />
ma alla tentazione. Vedete? Qui dove voi siete, Io fui tentato. Da chi? Da un
mortale? No. Troppo lieve sarebbe stato il suo potere. Sono stato tentato da<br />
Satana, direttamente.<br />
Ero sfinito. Da quaranta giorni non mangiavo... Ma finché ero stato perso<br />
nell’orazione, tutto si era annullato nella gioia del parlare con Dio, più che<br />
annullato: reso sopportabile. Lo sentivo come un disagio della materia,<br />
circoscritto alla materia sola... Poi sono tornato nel mondo... sulle vie del<br />
mondo... e ho sentito i bisogni di chi è sul mondo. Ho avuto fame. Ho avuto<br />
sete. Ho sentito il freddo pungente della notte desertica. Ho sentito il corpo<br />
affranto dalla mancanza di riposo, del letto, e dal lungo cammino fatto in<br />
condizioni di spossatezza tale che mi impedivano di andare oltre...<br />
Perché ho una carne anch’Io, amici. Una vera carne. Ed essa è soggetta alle<br />
stese debolezze che hanno tutte le carni. E con la carne ho un cuore. Sì.<br />
Dell’uomo ho preso la prima e la seconda delle tre parti che fanno l’uomo. Ho<br />
preso la materia con le sue esigenze e il morale con le sue passioni. E, se per<br />
mia volontà ho piegato in sul nascere tutte le passioni non buone, ho lasciato<br />
crescessero potenti come cedri secolari le sante passioni dell’amore filiale,<br />
dell’amore patrio, delle amicizie, del lavoro, di tutto quanto è ottimo e santo.<br />
E qui ho sentito nostalgia della Mamma lontana, qui ho sentito bisogno delle sue<br />
cure sulla mia fralezza umana, qui ho sentito rinnovarsi il dolore di essermi<br />
staccato dall'Unica che mi amasse perfettamente, qui ho presentito il dolore che<br />
mi è serbato e il dolore del suo dolore, povera Mamma, che non avrà più lacrime,<br />
tante ne dovrà spargere per il suo Figlio e per opera degli uomini. E qui ho<br />
sentito la stanchezza dell’eroe e dell’asceta, che in un’ora di premonizione si<br />
rende cognito dell’inutilità del suo sforzo... Ho pianto... La tristezza...<br />
richiamo magico per Satana. Non è peccato essere tristi se l’ora è penosa. E’<br />
peccato cedere oltre alla tristezza e cadere in inerzia o disperazione. Ma<br />
Satana subito viene quando vede uno caduto in languore di spirito.<br />
E’ venuto. In veste di benigno viandante. Prende sempre aspetti benigni... Avevo<br />
fame... e avevo trent’anni nel sangue. Mi ha offerto il suo aiuto. E prima mi ha<br />
detto: ‘Dì a queste pietre che divengano pane’. Ma prima ancora... sì... prima<br />
ancora mi aveva parlato della donna... Oh! egli ne sa parlare. La conosce a<br />
fondo. L’ha corrotta per il primo, per farne sua alleata di corruzione. Non sono<br />
solo il Figlio di Dio. Sono Gesù, l’operaio di Nazaret. Ho detto a quell’uomo<br />
che mi parlava allora, chiedendomi se conoscevo la tentazione, e quasi mi<br />
accusava di essere ingiustamente beato per non aver peccato: ‘L’atto placa nel<br />
soddisfacimento. La tentazione respinta non cade, ma si fa più forte, anche<br />
perché Satana l’aizza’. Ho respinto la tentazione e della fame della donna e<br />
della fame del pane. E sappiate che Satana mi prospettava la prima, né aveva<br />
torto, umanamente giudicando, come la migliore alleata per affermarsi nel mondo.<br />
La Tentazione, non vinta dal mio: ‘Non di solo senso vive l’uomo’, mi parlò<br />
allora della mia missione. Voleva sedurre il Messia dopo aver tentato il<br />
Giovane. E mi spronò ad annichilire gli indegni Ministri del Tempio con un<br />
miracolo... Non si piega il miracolo, fiamma del Cielo, a farne cerchio di<br />
vimini per incoronarsi di esso... E non si tenta Dio chiedendo miracoli a fini<br />
umani. Questo voleva Satana. Il motivo presentato era il pretesto; la verità<br />
era: ‘Gloriati d'essere il Messia’, per portarmi all’altra concupiscenza: quella<br />
dell’orgoglio.<br />
Non vinto dal mio: ‘Non tenterai il Signore Dio tuo’, mi circuì con la terza<br />
forza della sua natura: l’oro. Oh! l’oro. Grande cosa il pane e più grande la<br />
donna per chi conosce la bramosia di cibo o di piacere. Grandissima cosa<br />
l’acclamazione delle folle per l’uomo... Per queste tre cose quanti delitti si<br />
fanno! Ma l’oro... Ma l’oro... Chiave che apre, cerchio che salda, esso è l’alfa<br />
e l'omega di novantanove su cento delle azioni umane. Per il pane e la donna<br />
l’uomo diviene ladro. Per il potere anche omicida. Ma per l’oro diviene<br />
idolatra. Il re dell’oro, Satana, mi ha offerto il suo oro purché lo adorassi...<br />
L’ho trapassato con le parole eterne: ‘Adorerai solo il Signore Iddio tuo’.<br />
Qui. Qui è avvenuto questo.”<br />
Gesù si è alzato. Pare più alto del solito nella piatta natura che lo circonda,<br />
nella luce lievemente fosforescente che piove dalle stelle. Anche i discepoli si<br />
alzano. Gesù continua a parlare fissando intensamente Giuda.<br />
“Allora sono venuti gli Angeli del Signore... L’Uomo aveva vinto la triplice<br />
battaglia. L’Uomo sapeva cosa voleva dire essere uomo e aveva vinto. Era<br />
esausto. La lotta era stata più esauriente del lungo digiuno.... Ma lo spirito<br />
giganteggiava... Io credo che ne hanno trasalito i Cieli a questo mio
completamento di creatura dotata di cognizione. Io credo che da quel momento è<br />
venuto in Me il potere di miracolo. Ero stato Dio. Ero divenuto l’Uomo. Ora,<br />
vincendo l’animale che era connesso alla natura dell’uomo, ecco Io ero l’Uomo-<br />
Dio. Lo sono. E come Dio tutto posso. E come Uomo tutto conosco. Fate anche voi<br />
come Me, se vorrete fare ciò che Io faccio. E fatelo in memoria di Me.<br />
Quell’uomo si stupiva che avessi chiesto l’aiuto del Padre. E l’avessi pregato<br />
di non indurmi in tentazione. Di non lasciarmi cioè in balia della Tentazione<br />
oltre le mie forze. Credo che quell’uomo, ora che sa, non se ne stupirà più.<br />
Fate anche voi così, in memoria di Me e per vincere come Me, e non dubitate mai,<br />
vedendomi forte in tutte le tentazioni della vita, vittorioso nelle battaglie<br />
dei cinque sensi, e del senso e del sentimento, sulla mia natura di vero Uomo<br />
oltre che di Dio. Ricordatevi di tutto ciò.<br />
Vi avevo promesso di portarvi là dove avreste potuto conoscere il Maestro...<br />
all’alba del suo giorno, un’alba pura come questa che sorge, al meriggio della<br />
sua vita. Quello da cui mi sono partito per andare incontro alla mia umana<br />
sera... Ho detto a un di voi: ‘Anche Io mi sono preparato’. Lo vedete che era<br />
vero. Vi ringrazio di avermi fatto compagnia in questo ritorno nel luogo natale<br />
e nel luogo penitenziale. I primi contatti col mondo mi avevano già nauseato e<br />
sconfortato. E’ troppo brutto. Ora la mia anima si è nutrita del midollo del<br />
leone: della fusione col Padre nell’orazione e nella solitudine. E posso tornare<br />
nel mondo per riprendere la mia croce, la mia prima croce di Redentore: quella<br />
del contatto col mondo. Col mondo, nel quale troppo poche sono le anime che han<br />
nome Maria, che han nome Giovanni...<br />
Ora udite, tu in specie, Giovanni. Torniamo verso la Madre e verso gli amici. Io<br />
ve ne prego: non dite alla Madre la durezza che fu opposta all’amore del suo<br />
Figlio. Ne soffrirebbe troppo. Soffrirà per questa crudeltà dell’uomo tanto,<br />
tanto, tanto... ma non presentiamole il calice sin da ora. Sarà tanto amaro,<br />
quando le sarà dato! Così amaro che, come un tossico, le scenderà serpendo nelle<br />
viscere sante e nelle vene e gliele morderà, le gelerà il cuore. Oh! non dite<br />
alla Madre mia che Betlem ed Ebron mi hanno respinto come un cane! Pietà per<br />
Lei! Tu, Simone, sei vecchio e buono, sei spirito di riflessione e non parlerai,<br />
lo so. Tu, Giuda, sei giudeo e non parlerai per orgoglio regionale. Ma tu,<br />
Giovanni, tu, galileo e giovane, non cadere in peccato d’orgoglio, di critica,<br />
di crudeltà. Taci. Più tardi... più tardi agli altri dirai quanto ora ti prego<br />
di tacere. Anche agli altri. Vi è già tanto da dire su quanto è del Cristo.<br />
Perché unirvi ciò che è di Satana contro il Cristo? Amici: mi promettete tutto<br />
ciò?”<br />
“Oh! Maestro! Sì che te lo promettiamo! Sta’ sicuro!”<br />
“Grazie. Andiamo sino a quella piccola oasi. Là vi è una sorgiva, una cisterna<br />
piena di fresche acque e ombra e verzura. La strada verso il fiume la lambe.<br />
Potremo trovare cibo e ristoro fino a sera. Al chiaro delle stelle raggiungeremo<br />
il fiume, il guado. E attenderemo Giuseppe o ci uniremo a lui se già è tornato.<br />
Andiamo.”<br />
E si incamminano mentre il primo roseo in cielo, al limite d’oriente, dice che<br />
un nuovo giorno sorge.<br />
81. Al guado del Giordano con i pastori Simeone, Giovanni e Mattia.<br />
Un piano per liberare il Battista.<br />
18 gennaio 1945.<br />
Rivedo il guado del Giordano: la via verde che costeggia il fiume tanto dall’una<br />
che dall’altra parte, molto battuta da viandanti per la sua ombra. File di<br />
asinelli vanno e vengono, e uomini con essi. Sul margine del fiume tre uomini<br />
pascolano poche pecore. Sulla via Giuseppe, in attesa, guarda in su e giù.<br />
Da lontano, là dove una strada si innesta in questa fluviale, spunta Gesù coi<br />
tre discepoli. Giuseppe chiama i pastori e questi spingono via le pecorelle,<br />
facendole camminare sulla proda erbosa. Vanno lesti incontro a Gesù.<br />
“Io quasi non oso...Che gli dirò per salutarlo?”<br />
“Oh! è tanto buono! Gli dirai: ‘La pace sia con Te’. Anche Lui saluta sempre<br />
così.”<br />
“Lui sì... ma noi...”<br />
“Ed io chi sono? Non sono neppure uno dei suoi primi adoratori, e mi vuole tanto
ene... oh! un bene!”<br />
“Quale è?”<br />
“Quello più alto e biondo.”<br />
“Gli diremo del Battista, Mattia?”<br />
“Oh! sì!”<br />
“Non crederà che lo abbiamo preferito a Lui?”<br />
“Ma no, Simeone. Se è il Messia, vede nei cuori e vedrà nel nostro che nel<br />
Battista cercavamo ancora Lui.”<br />
“Hai ragione.<br />
Ormai i due gruppi sono a pochi metri l’uno dall’altro. Gesù già sorride del suo<br />
sorriso che non si può descrivere. Giuseppe affretta il passo. Le pecore di<br />
dànno a trottare anche loro, spinte dai mandriani.<br />
“La pace sia con voi” dice Gesù alzando le braccia come per un abbraccio. E<br />
specifica: “La pace a te, Simeone, Giovanni e Mattia, miei fedeli, e fedeli di<br />
Giovanni il Profeta! Pace a te Giuseppe” e lo bacia sulla gota. Gli altri tre<br />
sono ora in ginocchio. “Venite, amici. Sotto queste piante, sul greto del fiume,<br />
e parliamo.”<br />
Scendono, e Gesù siede su un radicone sporgente, gli altri in terra. Gesù<br />
sorride e li guarda fisso fisso, uno per uno: “Lasciate che Io conosca i vostri<br />
volti. Gli animi già li conosco come quelli di giusti che perseguono il Bene, da<br />
loro amato contro tutte le utilità del mondo. Vi porto il saluto di Isacco,<br />
Elia, Levi. E un altro saluto, quello della Madre mia. Notizie del Battista ne<br />
avete?”<br />
Gli uomini, sin qui imbavagliati dalla soggezione, si rinfrancano. Trovano<br />
parole: “E’ ancora in prigione. E il nostro cuore trema per lui, perché è in<br />
mano di un crudele dominato da una creatura d’inferno e circondato da una corte<br />
corrotta. Noi lo amiamo... Tu sai che lo amiamo e che egli merita il nostro<br />
amore. Dopo che Tu lasciasti Betlemme, noi fummo percossi dagli uomini... ma più<br />
che dal loro odio fummo desolati, abbattuti, come piante che un vento ha<br />
troncato, per aver perduto Te. Poi, dopo anni di pena, come chi abbia le<br />
palpebre cucite e cerchi il sole e non lo possa vedere, perché è anche chiuso<br />
entro una carcere e neppur lo vede il sole nel tepore che sente sulle sue carni,<br />
ecco che abbiamo sentito che il Battista era l’uomo di Dio, predetto dai Profeti<br />
per preparare le vie al suo Cristo, e siamo andati da lui. Ci siamo detti: ‘Se<br />
egli lo precede, andando da lui lo troveremo.’ Perché eri Tu, Signore, quello<br />
che cercavamo.”<br />
“Lo so. E mi avete trovato. Io sono con voi.”<br />
“Giuseppe ci ha detto che Tu sei venuto dal Battista. Noi non c’eravamo, quel<br />
giorno. Forse eravamo andati per lui in qualche luogo. Lo servivamo, nei servizi<br />
d’anima che egli ci chiedeva, con tanto amore, come con amore l’ascoltavamo,<br />
benché tanto severo, perché non eri Tu-Verbo, ma diceva sempre parole di Dio.”<br />
“Lo so. E questo non lo conoscete?” e indica Giovanni.<br />
“Lo vedemmo con gli altri galilei nelle folle più fedeli al Battista. E, se non<br />
erriamo, tu sei quello che ha nome Giovanni e del quale egli diceva, a noi suoi<br />
intimi: ‘Ecco: il primo, egli l’ultimo. E poi sarà: egli il primo ed io<br />
l’ultimo’ Nè mai si comprese che voleva dire.”<br />
“Gesù si volge alla sua sinistra dove è Giovanni e se lo attira contro il cuore,<br />
con un sorriso ancor più luminoso, e spiega: “Egli voleva dire che egli era il<br />
primo a dire: ‘Ecco l’Agnello’, e che questi sarà l’ultimo degli amici del<br />
Figlio dell’uomo che parlerà alle folle dell’Agnello; ma che, nel cuore<br />
dell’Agnello, questi è il primo, perché gli è caro sopra ogni uomo. Questo<br />
voleva dire. Ma quando vedrete il Battista - lo vedrete ancora, e ancora lo<br />
servirete sino all’ora segnata - ditegli che non è egli l’ultimo nel cuore del<br />
Cristo. Non tanto per il sangue quanto per la santità, egli è l'amato pari a<br />
questo. E voi ricordatevelo. Se l’umiltà del santo si proclama ‘ultima’, la<br />
Parola di Dio lo proclama compagno al discepolo a Me caro. Ditegli che amo<br />
questo, perché ha il suo nome e perché in lui trovo i segni del Battista,<br />
preparatore di animi a Cristo.”<br />
“Lo diremo... Ma lo vedremo ancora?”<br />
“Lo vedrete.”<br />
“Sì, Erode non osa ucciderlo per paura del popolo e, in quella corte di avidità<br />
e corruzione, facile sarebbe liberarlo se avessimo molto denaro. Ma... ma, per<br />
quanto molto ci sia - gli amici hanno dato - molto manca ancora. E noi abbiamo<br />
gran paura di non fare a tempo... e che egli sia ucciso.”
“Quanto credete che vi manchi per il riscatto?”<br />
“Non per il riscatto, Signore. E’ troppo inviso ad Erodiade, ed essa è troppo<br />
padrona di Erode, per poter pensare che si avvenga ad un riscatto. Ma... in<br />
Macheronte sono adunati, io credo, tutti gli avidi del regno. Tutti vogliono<br />
godere, tutti vogliono grandeggiare, dai ministri ai servi. E per fare questo ci<br />
vuole denaro... Avremmo anche trovato chi per grossa somma lascerebbe uscire il<br />
Battista. Anche Erode forse lo desidera... perché ha paura. Non per altro. Paura<br />
del popolo e paura della moglie. Così farebbe contento il popolo e non sarebbe<br />
accusato dalla moglie di averla scontentata.”<br />
“E quanto vi chiede questa persona?”<br />
“Venti talenti d’argento. Ne abbiamo solo dodici e mezzo.”<br />
“Giuda, tu hai detto che quei gioielli sono molto belli.”<br />
“Belli e preziosi.”<br />
“Quanto potranno valere? Mi sembra che tu te ne intendi.”<br />
“Sì, me ne intendo. Perché vuoi sapere il loro valore, Maestro? Li vuoi vendere?<br />
Perché?”<br />
“Forse... Di': quanto potranno valere?”<br />
“Se ben venduti, almeno, almeno sei talenti.”<br />
“Ne sei sicuro”<br />
“Sì, Maestro. La collana sola, così grossa e pesante, d’oro purissimo, vale<br />
almeno tre talenti. L’ho guardata bene. E anche i bracciali... Non so neppure<br />
come i polsi sottili di Aglae li potessero sostenere.”<br />
“Erano i suoi ceppi, Giuda.”<br />
“E’ vero, Maestro... Ma molti vorrebbero avere di questi ceppi!”<br />
“Lo credi? Chi?”<br />
“Ma... molti!”<br />
“Sì, molti che di uomo hanno solo il nome... E conosceresti un possibile<br />
compratore?”<br />
“Li vuoi vendere, insomma? E per il Battista? Ma guarda, è oro maledetto!”<br />
“Oh! incoerenza umana! Finisci ora di dire, con palese desiderio, che molti<br />
vorrebbero avere quell’oro, e poi lo chiami maledetto?! Giuda, Giuda! ... E’<br />
maledetto, sì. E’ maledetto! Ma ella lo ha detto: ‘Si santificherà servendo per<br />
chi è povero e santo’, e lo ha dato per questo, perché il beneficato preghi per<br />
la sua povera anima che, come embrione di futura farfalla, si gonfia nel seme<br />
del cuore. Chi più santo e povero del Battista? Egli è per missione pari a Elia,<br />
ma per santità più grande di Elia. Egli è più povero di Me. Io ho una Madre e<br />
una casa... Quando si ha queste, e pure sante come Io le ho, non si è mai<br />
derelitti. Egli non ha più casa e non ha più neppure il sepolcro della madre.<br />
Tutto manomesso, profanato dalla nequizia umana. Chi è dunque il compratore?”<br />
“Ve ne è uno a Gerico e molti a Gerusalemme. Ma quello di Gerico!!! Ah! è un<br />
astuto levantino battiloro usuraio, barattiere, mercante d’amore, certo ladro,<br />
forse omicida... di sicuro perseguitato da Roma. Si fa chiamare Isacco per<br />
parere ebreo. Ma il suo vero nome è Diomede. Lo conosco bene...”<br />
“Lo vediamo!” interrompe Simone Zelote, che poco parla ma che tutto osserva. E<br />
chiede: “Come fai a conoscerlo tanto bene?”<br />
“Ma... sai... Per far piacere a degli amici potenti. Sono andato da lui... e ho<br />
fatto affari... Noi del Tempio... sai...”<br />
“Già!... fate tutti i mestieri” termina Simone con fredda ironia. Giuda avvampa<br />
ma tace.<br />
“Può comprare?” chiede Gesù.<br />
“Io credo. Non gli manca mai il denaro. Certo bisogna saper vendere perché il<br />
greco è astuto, e se cede di avere a che fare con un onesto, un... colombo di<br />
nido, lo spenna a dovere. Ma se ha a che fare con un avvoltoio suo pari...”<br />
“Vacci tu, Giuda. Sei il tipo adatto. Hai l’astuzia della volpe e la rapacità<br />
dell’avvoltoio. Oh! perdona, Maestro. Ho parlato prima di Te!” aggiunge ancora<br />
Simone Zelote.<br />
“La penso come tu pensi, e perciò dico a Giuda di andare. Giovanni, va' con<br />
lui.. Noi vi raggiungeremo al calar del sole. Il luogo di ritrovo sarà presso la<br />
piazza del mercato. Vai. E fa' per il meglio.”<br />
Giuda si alza subito. Giovanni ha occhi imploranti di un cagnolo scacciato. Ma<br />
Gesù parla di nuovo coi pastori e non vede questo sguardo implorante. E Giovanni<br />
si avvia dietro a Giuda.<br />
“Vorrei farvi contenti” dice Gesù.<br />
“Lo farai sempre, Maestro. L’Altissimo ti benedica per noi. Quell’uomo è tuo
amico?”<br />
“Lo è. Non ti pare possa esserlo?”<br />
Il pastore Giovanni china il capo e tace. Parla il discepolo Simone: “Solo chi è<br />
buono sa vedere. Io non sono buono e non vedo quel che la Bontà vede. Vedo<br />
l’esterno. Il buono scende anche nell’interno. Anche tu, Giovanni, vedi come me.<br />
Ma il Maestro è buono... e vede...”<br />
“Che vedi, Simone, in Giuda? Ti ordino di parlare.”<br />
“Ecco: penso, guardandolo, a certi luoghi misteriosi che paiono antri di fiere e<br />
stagni di febbre. Se ne vede solo un grande intrico e si gira al largo paurosi.<br />
Invece... invece dietro sono anche tortore e usignoli, e il suolo è ricco<br />
d’acque di salute e di erbe salutifere. Io voglio credere che Giuda sia così...<br />
Lo credo perché Tu lo hai preso. Tu che sai... ”<br />
“Sì. Io che so... Vi sono molte pieghe nel cuore di quell’uomo... Ma non manca<br />
di lati buoni. Lo hai visto a Betlemme e anche a Keriot. Va alzato, questo lato<br />
buono, e che è tutto un buono umano, ad una bontà che sia spirituale. Allora<br />
Giuda sarà come tu vorresti che fosse. E’ giovane...”<br />
“Anche Giovanni è giovane...”<br />
“E tu concludi in cuor tuo: ed è migliore. Ma Giovanni è Giovanni! Amalo,<br />
Simone, questo povero Giuda... Te ne prego. Se lo amerai... ti parrà più buono.”<br />
“Mi sforzo di farlo... per Te... Ma è lui che rompe i miei sforzi come fossero<br />
canne del fiume... Ma, Maestro, io ho una legge sola: fare ciò che Tu vuoi.<br />
Perciò amo Giuda, nonostante qualcosa gridi in me contro di lui e verso me<br />
stesso.”<br />
“Che cosa, Simone?”<br />
“Non so di preciso... Qualcosa che è come il grido del milite di guardia nella<br />
notte... e che mi dice: ‘Non dormire! Osserva!’. Non so... Non ha nome questa<br />
cosa. Ma c’è... c’è in me contro di lui.”<br />
“Non ci pensare più, Simone. Non sforzarti a definirla. Fa male conoscere certe<br />
verità... e potresti sbagliare la conoscenza. Lascia fare al tuo Maestro. Tu<br />
dàmmi il tuo amore e pensa che esso mi fa felice...”<br />
E tutto ha termine.<br />
82. A Gerico. L’Iscariota racconta come ha venduto i gioielli di Aglae.<br />
19 gennaio 1945.<br />
La piazza del mercato di Gerico. Ma non è mattina. Solo sera, in un lungo<br />
tramonto caldissimo di piena estate. Del mercato del mattino non restano che i<br />
segni, ossia, detriti di verdure, mucchi di escrementi, paglia caduta dalle<br />
ceste o dalle cavezze degli asini, e sbrendoli di cenci.... Su tutto le mosche<br />
trionfano e da tutto il sole fermenta e fa evaporare fetori e odori di cose poco<br />
piacevoli.<br />
La vasta piazza è vuota. Qualche raro passante, qualche monello rissoso che<br />
prende a sassate gli uccelli che sono sulle piante della piazza. Qualche donna<br />
diretta alla fontana. E basta.<br />
Gesù arriva da una strada e si guarda intorno. Non vede ancora nessuno.<br />
Pazientemente si addossa ad un tronco e aspetta, trovando il modo di parlare ai<br />
monelli sulla carità che si inizia da Dio e scende dal Creatore a tutte le<br />
creature.<br />
“Non siate crudeli. Perché volete turbare gli uccelli dell’aria? Hanno nidi<br />
lassù. Hanno i loro piccoli figli. Non fanno del male a nessuno. Ci dànno canti<br />
e pulizia, mangiando i rifiuti dell’uomo e gli insetti che nuocciono alle messi<br />
e alle frutta. Perché ferirli e ucciderli, privando i piccoli dei padri e delle<br />
madri, o questi dei piccoli? Sareste contenti che un malvagio entrasse nella<br />
vostra casa e ve la distruggesse, o che vi uccidesse i genitori o vi portasse<br />
lontano da loro? No, che non lo sareste. E allora perché fare a questi innocenti<br />
quello che non vorreste vi fosse fatto? Come potrete un giorno non fare del male<br />
all’uomo, se da bambini vi indurite il cuore su creaturine inermi e gentili<br />
quali gli uccellini? E non sapete che la Legge dice: ‘Ama il tuo prossimo come<br />
te stesso’? Chi non ama il prossimo non può neppure amare Dio. E chi non ama<br />
Dio, come può andare nella sua Casa e pregarlo? Dio potrebbe dirgli, e lo dice<br />
nei Cieli: ‘ Va' via. Non ti conosco. Figlio tu? No. Non ami i fratelli, non<br />
rispetti in loro il Padre che li fece, perciò non sei fratello e figlio, ma un
astardo: figliastro a Dio, fratellastro ai fratelli’. Vedete come ama Lui, il<br />
Signore Eterno? Nei mesi più freddi fa trovare colmi i fienili perché in essi si<br />
annidino i suoi uccellini. In quelli caldi dà ombra di figlie per proteggerli<br />
dal sole. Nell’inverno nei campi è il grano appena coperto di terra e facile è<br />
scovare il seme e nutrirsene. Nell’estate la sete si allevia con le frutta<br />
succose, e i nidi possono farsi ben solidi e caldi coi fili dei fieni e la lana<br />
che le pecore lasciano ai rovi. Ed è il Signore. Voi, piccoli uomini, creati<br />
come gli uccelli da Lui, fratelli perciò in creazione ad essi, perché volete<br />
essere diversi da Lui, credendovi lecito incrudelire su questi piccoli animali?<br />
Siate a tutti misericordiosi, non privando del giusto nessuno, né fra gli uomini<br />
fratelli, né fra gli animali, vostri servi e amici, e Dio...”<br />
“Maestro?” chiama Simone. “Giuda sta venendo.”<br />
“... e Dio sarà con voi misericorde, dandovi tutto quanto vi occorre come lo dà<br />
a questi innocenti. Andate e portate con voi la pace di Dio.”<br />
Gesù fende il cerchio dei ragazzi, al quale si erano uniti degli adulti, e va<br />
verso Giuda e Giovanni che vengono svelti da un’altra via. Giuda è gongolante.<br />
Giovanni sorride a Gesù... ma non pare proprio felice.<br />
“Vieni, vieni, Maestro. Credo di aver fatto bene. Però vieni con me. Sulla via<br />
non si può parlare.”<br />
“Dove, Giuda?”<br />
“All’albergo. Ho già fissato quattro stanze... oh! roba modesta, non temere.<br />
Tanto per poter riposare in un letto dopo tanto disagio in questo calore, e<br />
mangiare da uomini e non da uccelli sulla frasca, e parlare anche in pace. Ho<br />
venduto molto bene. Vero, Giovanni?”<br />
Giovanni assente senza molto entusiasmo. Ma Giuda è talmente contento della sua<br />
opera che non nota né la poca contentezza di Gesù, per la prospettiva di un<br />
alloggio comodo, né l’ancor meno entusiastico atteggiamento di Giovanni. E<br />
prosegue: “Avendo venduto a più di quanto avevo stimato, ho detto: ‘E’ giusto<br />
che ne levi una piccola somma, cento denari, per i nostri letti e per i nostri<br />
pasti. Se siamo sfiniti noi che abbiamo sempre mangiato, Gesù deve essere<br />
sfinito del tutto’. Ho il dovere di guardare che non si ammali, il mio Maestro!<br />
Dovere d’amore, perché Tu mi ami ed io ti amo... C’è posto anche per voi e per<br />
le pecore” dice ai pastori. “Ho pensato a tutto.”<br />
Gesù non dice una parola. Lo segue insieme agli altri.<br />
Giungono ad una piazzetta secondaria. Giuda dice: “Vedi quella casa senza<br />
finestre sulla via e con quella porticina così stretta da parere una fessura?<br />
E’ la casa del battiloro Diomede. Sembra una povera casa, vero? Ma là dentro è<br />
tant’oro da comprare Gerico e... ah! ah!...” Giuda ride maligno... “e in<br />
quell’oro si possono trovare anche molti monili e vasellami e... e anche altre<br />
cose di tutte le persone più influenti in Israele. Diomede... oh! tutti fingono<br />
di non conoscerlo ma tutti lo conoscono: dagli erodei a... a tutti, ecco. Su<br />
quel muro liscio, povero, si potrebbe scrivere: ‘Mistero e Segreto’. Se<br />
parlassero quelle mura! Altro che scandalizzarsi del modo come ho trattato<br />
l’affare, Giovanni!... Tu... tu moriresti affogato dallo stupore e dallo<br />
scrupolo. Anzi, senti Maestro. Non mi mandare più con Giovanni a certi negozi.<br />
Per poco non mi fa fallire tutto. Non sa capire a volo, non sa negare, e con un<br />
furbo come Diomede bisogna essere svelti e franchi.”<br />
Giovanni mormora: “Dicevi certe cose! Così impensate e così... e così... Sì,<br />
Maestro. Non mi mandare più. Non sono capace che di amare, io...”<br />
“Difficilmente avremo ancora bisogno di simili vendite” risponde Gesù, che è<br />
serio.<br />
“Ecco là l’albergo. Vieni, Maestro. Parlo io perché... ho fatto tutto io.”<br />
Entrano e Giuda parla col padrone, che fa condurre le pecore in una stalla, e<br />
poi conduce personalmente gli ospiti in una stanzetta dove sono due stuoie a<br />
letto, dei sedili e un tavolo pronto. Poi si ritira.<br />
“Parliamo subito, Maestro, mentre i pastori sono intenti a sistemare le pecore.”<br />
“Ti ascolto.”<br />
“Giovanni può dire se sono sincero.”<br />
“Non ne dubito. Fra uomini onesti non deve essere necessario giuramento e<br />
testimonianza. Parla.”<br />
“Siamo arrivati a Gerico a sesta. Eravamo sudati come bestie da soma. Non ho<br />
voluto dare impressione a Diomede di avere urgente bisogno. E prima sono venuto<br />
qui, e mi sono tutto rinfrescato e ho messo veste monda, e così ho voluto<br />
facesse lui. Oh! non voleva saperne di farsi ungere e accomodare i capelli... Ma
io avevo fatto il mio piano, mentre venivo per via!... Quando era prossimo il<br />
vespero, ho detto: ‘Andiamo’. Ormai eravamo riposati e freschi come due ricconi<br />
in viaggio di piacere. Quando siamo stati per arrivare da Diomede, ho detto a<br />
Giovanni: ‘Tu assecondami. Non negare e sii svelto a capire.’ Ma era meglio se<br />
lo lasciavo fuori! Non mi ha aiutato per nulla. Anzi... Per buona sorte io sono<br />
svelto per due e ho riparato tutto.<br />
Dalla sua casa usciva il gabelliere. ‘Bene!’ ho detto. ‘Se esce quello lì,<br />
troveremo denari e quel che voglio per fare paragone’. Perché il gabelliere,<br />
usuraio e ladro come tutti i suoi pari, ha sempre monili strappati con minacce e<br />
strozzinaggio a quei disgraziati che egli tassa più del lecito, per avere poi<br />
molto da godere in crapule e donne. Ed è molto amico di Diomede, che compra e<br />
vende oro e carne... Siamo entrati dopo che mi sono fatto conoscere. Dico:<br />
entrati. Perché altro è andare nell’androne dove lui finge di lavorare<br />
onestamente l’oro, e altro è scendere nel sotterraneo dove egli fa i veri<br />
affari. Bisogna essere molto conosciuti da lui per potere fare ciò. Quando mi ha<br />
visto mi ha detto: ‘Ancora vuoi vendere oro? Sono momenti brutti e ho poco<br />
denaro.’ La sua solita canzone. Gli ho risposto: ‘Non vengo a vendere. Ma a<br />
comprare. Hai gioielli per donna? Ma belli, ricchi, preziosi e pesanti, d’oro<br />
puro?’ Diomede è rimasto stupito. E ha chiesto: ‘Vuoi una donna?’. ‘Non te ne<br />
occupare’ gli ho risposto. ‘Non è per me. E’ per questo mio amico che è sposo e<br />
vuole comprare l’oro per la sua amata.’<br />
E qui Giovanni ha cominciato a fare il bambino. Diomede, che lo guardava, lo ha<br />
visto diventare una porpora e ha detto, da quel vecchio lurido che è: ‘Eh! il<br />
ragazzo solo a sentire nominare la sposa va in febbre d’amore. E’ molto bella la<br />
tua donna?’ ha chiesto. Ho dato un calcio a Giovanni per svegliarlo e fargli<br />
capire di non fare lo stolto. Ma ha risposto un ‘sì’ così strangolato, che<br />
Diomede si è insospettito. Allora ho parlato io: ‘Se è bella o meno non ti deve<br />
interessare, vecchio. Non sarà mai del numero delle femmine per cui l’inferno ti<br />
avrà. E’ vergine onesta, e presto onesta sposa. Fuori il tuo oro. Io sono il<br />
paraninfo ed ho l’incarico di aiutare il giovane... io giudeo e cittadino’. ‘Lui<br />
è galileo, vero?’. Sempre per quei capelli vi tradite! ‘E’ ricco?’. ‘Molto.’<br />
Allora siamo andati abbasso e Diomede ha aperto cofani e forzieri. Ma di' il<br />
vero, Giovanni? Non pareva d’esser in Cielo davanti a tutte quelle gemme e ori?<br />
Collane, serti, bracciali, orecchini, reticelle di oro e pietre preziose per i<br />
capelli, forcine, fibbie, anelli... ah! che splendori! Con molto sussiego ho<br />
scelto una collana su per giù come quella di Aglae, e anelli, fibbie,<br />
bracciali... tutto come quello che avevo nella borsa e in numero uguale. Diomede<br />
stupiva e chiedeva: ‘Ancora? Ma chi è costui? E la sposa chi è? Una<br />
principessa?’ Quando ho avuto tutto quel che volevo, ho detto: ‘Il prezzo?’<br />
Oh! che litania di lamenti preparatori sui tempi, sulle tasse, sui rischi, sui<br />
ladri! Oh! che altra litania di assicurazioni di onestà! Poi ecco la risposta:<br />
‘Proprio perché sei te, ti dirò il vero. Senza esagerazioni. Ma meno di questo<br />
neppure un dramma. Chiedo dodici talenti d’argento’. ‘Ladro!’ ho detto. Ho<br />
detto: ‘Andiamo, Giovanni. A Gerusalemme troveremo qualcuno meno ladro di<br />
costui!’. E ho fatto finta di uscire. Mi è corso dietro. ‘Mio alto amico, mio<br />
diletto amico, vieni, senti il povero tuo servo. Meno non posso. Non posso<br />
proprio. Guarda. Faccio proprio uno sforzo e mi rovino. Lo faccio perché tu mi<br />
hai sempre dato la tua amicizia e mi hai fatto fare affari. Undici talenti,<br />
ecco. E’ quello che darei se dovessi comperare questo oro da un che ha fame. Non<br />
uno spicciolo in meno. Sarebbe come levare il sangue dalle mie vecchie vene’.<br />
Vero che diceva così? Faceva ridere e faceva nausea.<br />
Quando l’ho visto ben fermo sul prezzo ho fato il colpo. ‘Vecchio sporco, sappi<br />
che non comprare, ma vendere voglio. Questo voglio vendere. Guarda: è bello come<br />
il tuo. Oro di Roma e di foggia nuova. Ti andrà a ruba. E’ tuo per undici<br />
talenti. Quanto hai chiesto per questo. Tu ne hai fatto la stima e tu paga’.<br />
Uh! allora!... 'E’ un tradimento! Hai tradito la mia stima in te! Tu sei la mia<br />
rovina! Non posso dare tanto!’. ‘L’hai stimato tu. Paga’. ‘Non posso’. ‘Guarda<br />
che lo porto ad altri’. ‘No, amico’ e allungava le mani adunche sul mucchio di<br />
Aglae. ‘E allora paga: dodici talenti dovrei volere. Ma mi accontento della tua<br />
ultima richiesta’. ‘Non posso’. ‘Usuraio! Guarda che qui ho un testimonio e ti<br />
posso denunciare come ladro...’ e gli ho detto anche altre virtù che non ripeto<br />
per questo ragazzo...<br />
Infine, poiché mi premeva vendere e fare presto, gli ho detto una cosetta, fra<br />
me e lui, che non manterrò... Ma che valore ha promessa fatta a un ladro? E ho
concluso con dieci talenti e mezzo. Siamo venuti via fra pianti e profferte di<br />
amicizia e ... di donne. E Giovanni per poco ci piange. Ma che ti importa che ti<br />
credano un vizioso? Basta che tu non lo sia. Non sai che il mondo è così e tu<br />
sei un aborto del mondo? Un giovane che non sa il sapore della donna? Chi vuoi<br />
che ti creda? O se ti credono... oh! io non vorrei pensassero di me ciò che può<br />
pensare di te chi ti crede non desideroso di donna.<br />
Ecco, Maestro. Conta Tu stesso. Avevo un mucchio di denari. Ma sono passato dal<br />
gabelliere e gli ho detto: ‘Riprenditi questa zavorra e rendimi i talenti che ti<br />
ha dato Isacco’. Perché avevo saputo anche questo per ultima notizia, ad affare<br />
fatto. Però, per ultima cosa, ho detto ad Isacco-Diomede: ‘Ricordati che Giuda<br />
del Tempio non esiste più. Ora sono discepolo di un santo. Fingi perciò di non<br />
avermi mai conosciuto, se ti preme il collo’. E per poco glielo torco subito,<br />
perché mi ha risposto male.”<br />
“Che ti ha detto?” chiede con indifferenza Simone.<br />
“Mi ha detto: ‘Tu discepolo di un santo? Non lo crederò mai, o presto vedrò<br />
anche qui il santo a chiedermi una donna’. Mi ha detto: ‘Diomede è una vecchia<br />
sciagura del mondo. Ma tu ne sei quella nuova. Ed io potrei ancora cambiare,<br />
perché sono diventato quel che sono da vecchio. Ma tu non cambi. Sei nato così.’<br />
Vecchio lurido! Nega il tuo potere, capisci?”<br />
“E, da buon greco, dice molte verità.”<br />
“Che vuoi dire, Simone? Per me parli?”<br />
“No. Per tutti. E’ uno che conosce l’oro e i cuori nella stessa maniera. E’ un<br />
ladro, un lurido di tutti i più luridi commerci. Ma si sente in lui la filosofia<br />
dei grandi greci. Conosce l’uomo, animale dalle sete branche di peccato, polipo<br />
che strozza il bene, l’onestà, l’amore, e tante altre cose, in sé e negli<br />
altri.”<br />
“Ma non conosce Dio.”<br />
“E tu glielo vorresti insegnare?”<br />
“Io. Sì. Perché? Sono i peccatori che hanno bisogno di conoscere Dio.”<br />
“Vero. Però... il maestro deve conoscerlo per insegnarlo.”<br />
“E non lo conosco?”<br />
“Pace, amici. Vengono i pastori. Non turbiamo il loro animo con querele fra noi.<br />
Hai contato il denaro tu? Basta. Porta a termine bene ogni tua azione come hai<br />
portato a termine questa e, te lo ripeto, se puoi, in futuro, non mentire<br />
neppure per raggiungere una azione buona...”<br />
Entrano i pastori.<br />
“Amici. Qui sono dieci talenti e mezzo. Mancano solo cento denari che Giuda ha<br />
tenuto per le spese di alloggio. Prendete.”<br />
“Tutti li dai?” chiede Giuda.<br />
“Tutti. Non voglio uno spicciolo di quel denaro. Noi abbiamo l’obolo di Dio e di<br />
coloro che onestamente cercano Dio... e non ci mancherà mai l’indispensabile.<br />
Credilo. Prendete e siate felici, come Io lo sono, per il Battista. Domani<br />
andrete verso la sua prigione. Due, ossia Giovanni e Mattia. Simeone con<br />
Giuseppe andrà da Elia a riferire e ad istruirsi per il futuro. Elia sa. Poi<br />
Giuseppe tornerà con Levi. Il luogo di ritrovo, fra dieci giorni, presso la<br />
Porta dei Pesci a Gerusalemme, all’ora di prima. E ora mangiamo e prendiamo<br />
riposo. Domani, a mattutino, Io parto coi miei. Altro non ho da dirvi per ora.<br />
Più tardi saprete di Me.”<br />
E tutto si offusca sulla frazione del pane fatta da Gesù.<br />
83. Gesù soffre a causa di Giuda, che è una lezione vivente per gli apostoli di<br />
ogni tempo.<br />
20 gennaio 1945.<br />
La campagna in cui si trova Gesù è opima. Magnifici frutteti, vigneti splendidi<br />
coi grappoli fitti e già tendenti a colorarsi di oro e rubino. Gesù è seduto in<br />
un frutteto e mangia della frutta che gli ha offerto un contadino.<br />
Forse ha parlato poco prima, perché l’uomo dice: “Soccorrere alla tua sete mi è<br />
gioia, Maestro. Il tuo discepolo ci aveva parlato della tua sapienza, ma noi<br />
siamo rimasti stupiti nell’ascoltarti. Vicini come siamo alla Città Santa, si va<br />
di frequente in essa per vendere frutta e verdure. E allora si sale anche al<br />
Tempio e si sentono i rabbi. Ma non parlano, no, come Te. Si veniva via dicendo:
‘Se così è, chi si salva?’. Tu invece! Oh! pare di avere il cuore alleggerito!<br />
Un cuore che torna bambino pur restando uomo. Sono rozzo... non mi so spiegare,<br />
ecco. Ma Tu capisci certo.”<br />
“Sì. Ti capisco. Tu vuoi dire che con la serietà e la conoscenza delle cose,<br />
propria di chi è adulto, senti, dopo aver ascoltato la Parola di Dio, la<br />
semplicità, la fede, la purezza rinascerti in cuore, e ti pare di tornare<br />
bambino, senza colpe e malizie, con tanta fede, come quando per mano della mamma<br />
salivi al Tempio per la prima volta o pregavi sulle sue ginocchia. Questo vuoi<br />
dire.”<br />
“Questo, sì, proprio questo. Felici voi che siete sempre con Lui!” dice poi a<br />
Giovanni, Simone e Giuda, che mangiano succosi fichi, seduti su un basso<br />
muretto. E termina: “E me felice per averti ospite per una notte. Non temo più<br />
sciagura in questa mia casa, perché la tua benedizione è entrata in essa.”<br />
Gesù risponde: “La benedizione opera e dura se gli animi rimangono fedeli alla<br />
Legge di Dio ed alla mia dottrina. In caso contrario la grazia cessa. Ed è<br />
giusto. Perché se è vero che Dio dà sole e aria tanto ai buoni come ai cattivi,<br />
perché vivano, e se buoni si facciano migliori, se cattivi si convertano, è<br />
anche giusto che altrove si volga la protezione del Padre, a castigo di chi è<br />
malvagio, per richiamarlo, con delle pene, al ricordo di Dio.”<br />
“Non è sempre male il dolore?”<br />
“No, amico. E’ un male dal lato umano, ma dal sovrumano è un bene. Aumenta i<br />
meriti dei giusti che lo subiscono senza disperazione e ribellione e lo offrono,<br />
offrendosi con la loro rassegnazione, come sacrificio di espiazione per le<br />
proprie manchevolezze e le colpe del mondo, ed è redenzione per coloro che<br />
giusti non sono.”<br />
“E’ tanto difficile soffrire!” dice il contadino, al quale si sono uniti i<br />
famigliari, una decina fra adulti e bambini.<br />
“Lo so che l’uomo lo trova difficile. E, sapendo come avrebbe trovato tale, il<br />
Padre non aveva dato il dolore ai suoi figli. Venne per la colpa. Ma quanto dura<br />
il dolore sulla terra? Nella vita di un uomo? Poco tempo. Sempre poco, anche se<br />
dura tutta la vita. Ora Io dico: non è meglio soffrire per poco che per sempre?<br />
Non è meglio soffrire qui che nel Purgatorio? Pensate che il tempo là è<br />
moltiplicato per uno a mille. Oh! che in verità vi dico che non maledire, ma<br />
benedire il soffrire si dovrebbe, e chiamarlo ‘grazia’, e chiamarlo ‘pietà’.”<br />
“Oh! le tue parole, Maestro! Noi le beviamo come un assetato, d’estate, beve<br />
acqua e miele presa da fresca anfora. Vai proprio via domani, Maestro?”<br />
“Sì, domani. Ma tornerò ancora. Per ingraziarti di quanto hai fatto per Me e per<br />
questi miei, e per chiederti ancora un pane e un riposo.”<br />
“Sempre, Maestro, qui li troverai.”<br />
Si avanza un uomo con un asinello carico di verdure.<br />
“Ecco. Se il tuo amico vuole andare... Il figlio mio va a Gerusalemme per il<br />
grande mercato di Parasceve.”<br />
“Vai, Giovanni. Tu sai quanto devi fare. Fra quattro giorni ci rivedremo. La mia<br />
pace sia con te.” Gesù abbraccia Giovanni e lo bacia. Anche Simone fa lo stesso.<br />
“Maestro” dice Giuda “Se Tu lo permetti, andrei con Giovanni. Mi preme vedere<br />
un amico. Ogni sabato è a Gerusalemme. Andrei con Giovanni sino a Betfage e poi<br />
andrei per conto mio... E’ un amico di casa... sai... mia madre mi ha detto...”<br />
“Non ti ho chiesto nulla, amico.”<br />
“Mi piange il cuore a lasciarti. Ma fra quattro giorni sarò con Te di nuovo. E<br />
sarò così fedele che ti verrò anche a noia.”<br />
“Vai pure. All’alba che sorgerà tra quattro giorni siate alla Porta dei Pasci.<br />
Addio, e che Dio ti vegli.”<br />
Giuda bacia il Maestro e se ne va vicino al ciuchino che trotterella per la via<br />
polverosa.<br />
La sera scende sulla campagna che si fa silenziosa. Simone osserva il lavoro<br />
degli ortolani che irrigano i loro solchi..<br />
Gesù è rimasto al suo posto per qualche tempo. Poi si alza, gira dietro la casa,<br />
si dilunga per il frutteto. Si isola. Va sino ad un folto in cui melagrani<br />
poderosi sono intersecati a bassi cespugli, che direi di uva spina. Ma non so di<br />
preciso. Perché sono spogli di frutti e poco conosco la foglia di questa pianta.<br />
Gesù si nasconde là dietro. Si inginocchia. Prega... e poi si curva col volto<br />
contro il suolo, sull’erba, e piange. Me lo dicono i suoi sospiri profondi e<br />
spezzati. Un pianto sconfortato, senza singhiozzi, ma tanto triste.<br />
Passa del tempo così. La luce è ormai crepuscolare. Ma non è ancora così buio da
non poter vedere. E nella poca luce ecco spuntare da sopra un cespuglio la<br />
faccia brutta e onesta di Simone. Guarda, cerca di distinguere la forma<br />
rannicchiata del Maestro, tutto coperto del manto blu scuro che lo annulla quasi<br />
nelle ombre del suolo. Solo ha spicco la testa bionda e le mani congiunte a<br />
preghiera, che sporgono al di sopra del capo al quale i polsi fanno da appoggio.<br />
Simone lo guarda coi suoi occhi piuttosto bovini. Capisce che Gesù è triste per<br />
i sospiri che trae, e la sua bocca dalle labbra tumide, e persino violacee, si<br />
apre: “Maestro” chiama.<br />
Gesù alza il volto.<br />
“Tu piangi, Maestro? Perché? Mi permetti di venire?”. Il viso di Simone è tutto<br />
stupito e accorato. E’ un brutto uomo, decisamente. Alle fattezze non belle, al<br />
colorito olivastro scuro si unisce il ricamo bluastro e incavato delle cicatrici<br />
lasciate dal suo male. Ma ha uno sguardo così buono che la bruttezza scompare.<br />
“Vieni, Simone, amico.”<br />
Gesù si è seduto sull’erba. Simone gli si siede vicino.<br />
“Perché sei triste, Maestro mio? Io non sono Giovanni e non saprò darti tutto<br />
quanto ti dà lui. Ma è in me il desiderio di darti ogni conforto. E ho un solo<br />
dolore, quello di essere incapace di farlo. Dimmi: ti ho forse spiaciuto in<br />
questi ultimi giorni al punto che il dovere stare con me ti accascia?”<br />
“No, amico buono. Non mi hai mai spiaciuto dal momento che ti ho visto. E credo<br />
che non mi sarai mai cagione di pianto.”<br />
“E allora, Maestro? Non sono degno delle tue confidenze. Ma per l’età quasi ti<br />
potrei essere padre, e Tu sai che sete di figli ho sempre avuto... Lascia che io<br />
ti accarezzi come fossi un figlio e che ti faccia in quest’ora di pena, da padre<br />
e da madre. E’ di tua Madre che Tu hai bisogno per dimenticare tante cose...”<br />
“Oh! sì! E’ di mia Madre.!”<br />
“Ebbene, in attesa di poterti consolare in Lei, lascia al tuo servo la gioia di<br />
consolarti. Tu piangi, Maestro, perché ci fu chi ti spiacque. Da più giorni il<br />
tuo viso è come sole offuscato da nubi. Io ti osservo. La tua bontà cela la tua<br />
ferita, perché noi non si odii colui che ti ferisce. Ma questa ferita duole e ti<br />
dà nausea. Ma dimmi, mio Signore, perché non allontani la sorgente della pena?”<br />
“Perchè è inutile umanamente e sarebbe anticarità”<br />
“Ah! Tu hai capito che io parlo di Giuda! E’ per lui che soffri. Come puoi, Tu,<br />
Verità, sopportare quel menzognero? Egli mente e non cambia colore. E’ falso più<br />
di una volpe. Chiuso più di un macigno. Ora è andato via. Che va a fare? Quanti<br />
amici ha egli mai? Mi duole lasciarti. Ma vorrei seguirlo e vedere... Oh! Gesù<br />
mio! Quell’uomo... allontanalo, Signore mio.”<br />
“E’ inutile. Quello che deve essere sarà.”<br />
“Che vuoi dire?”<br />
“Nulla di speciale.”<br />
“Tu lo hai lasciato andare volentieri perché... perché ti sei ripugnato del suo<br />
modo di Gerico.”<br />
“E’ vero. Simone, Io ti dico ancora: quello che deve essere sarà. E Giuda è<br />
parte di questo futuro. Vi deve essere anche lui.”<br />
“Ma Giovanni mi ha detto che Simon-Pietro è tutto schiettezza e fuoco... Lo<br />
sopporterà costui?”<br />
“Lo deve sopportare. Pietro è destinato anche lui ad una parte, e Giuda è il<br />
canovaccio su cui egli deve tessere la sua parte, o, se più ti piace, è la<br />
scuola in cui Pietro si farà più che con ogni altro. Esser buoni con Giovanni,<br />
capire gli spiriti come Giovanni, è virtù anche degli ebeti. Ma esser buoni con<br />
chi è un Giuda, e saper capire gli spiriti come quello di Giuda, ed esser medico<br />
e sacerdote per essi, è difficile. Giuda è il vostro insegnamento vivente.”<br />
“Il nostro?”<br />
“Sì. Il vostro Il Maestro non è eterno sulla terra. Se ne andrà dopo aver<br />
mangiato il più duro pane e bevuto il più aspro vino. Ma voi resterete a<br />
continuarmi... e dovete sapere. Perché il mondo non finisce col Maestro. Ma dura<br />
oltre, sino al ritorno finale del Cristo e al giudizio finale dell’uomo. E in<br />
verità ti dico che per un Giovanni, un Pietro, un Simone, un Giacomo, Andrea,<br />
Filippo, Bartolomeo, Tommaso vi sono almeno altrettante volte sette Giuda. E<br />
più, più ancora!...”<br />
Simone riflette e tace. Poi dice: “I pastori sono buoni. Giuda li sprezza. Ma io<br />
li amo.”<br />
“Io li amo e li lodo.”<br />
“Sono anime semplici come piacciono a Te.”
“Giuda è vissuto in città.”<br />
“Sua unica scusa. Ma tanti lo sono, vissuti in città, eppure... Quando verrai<br />
dal mio amico?”<br />
“Domani, Simone. E ben volentieri perché siamo Io e te, soli. Penso sia uomo<br />
colto ed esperto come te.”<br />
“E molto sofferente... Nel corpo e più nel cuore. Maestro... Ti vorrei pregare<br />
di una cosa: se non ti parla delle sue tristezze, Tu non interrogarlo sulla sua<br />
casa.”<br />
“Non lo farò. Io sono per chi soffre, ma non forzo le confidenze. Il pianto<br />
ha il suo pudore....”<br />
“Ed io non l’ho rispettato... Ma mi hai fatto tanta pena...”<br />
“Tu sei mio amico e avevi già dato un nome al mio dolore. Io per il tuo amico<br />
sono il Rabbi sconosciuto. Quando mi conoscerà... allora... Andiamo. La notte è<br />
venuta. Non facciamo attendere gli ospiti che stanchi sono. Domani all’alba<br />
andremo a Betania.”<br />
Gesù dice poi:<br />
“Piccolo Giovanni, quante volte ho pianto colla faccia al suolo per gli uomini!<br />
E voi vorreste essere da meno di Me?<br />
Anche per voi i buoni sono nella proporzione che vi era fra i buoni e Giuda. E<br />
più uno è buono, più ne soffre. Ma anche per voi, e questo dico specialmente per<br />
coloro che sono preposti alla cura dei cuori, è necessario imparare studiando<br />
Giuda. Tutti siete dei ‘Pietri’, voi sacerdoti. E dovete legare e slegare. Ma<br />
quando, quanto, quanto spirito di osservazione, quanta fusione in Dio, quanto<br />
studio vivo, quante comparazioni col metodo del vostro Maestro, dovete fare per<br />
esserlo come dovreste esserlo!<br />
A qualcuno sembrerà inutile, umano, impossibile quanto illustro. Sono i soliti<br />
che negano le fasi umane della vita di Gesù, e di Me fanno una cosa tanto fuor<br />
della vita umana da esser solo cosa divina. Dove va allora la Santissima<br />
Umanità, dove il sacrificio della Seconda Persona a vestire una carne? Oh! che<br />
invero ero Uomo fra gli uomini. Ero l’Uomo. E perciò soffrivo di vedere il<br />
traditore e gli ingrati. E perciò gioivo di chi mi amava o a Me si convertiva. E<br />
perciò fremevo e piangevo davanti al cadavere spirituale di Giuda. Ho fremuto e<br />
pianto davanti al morto amico. Ma sapevo che l’avrei chiamato alla vita e gioivo<br />
di vederlo già con lo spirito nel Limbo. Qui... qui avevo di fronte il Demoni. E<br />
di più non dico.<br />
Tu seguimi, Giovanni. Diamo agli uomini anche questo dono. E poi.... Beati<br />
quelli che ascoltano la Parola di Dio e si sforzano di fare ciò che essa dice.<br />
Beati quelli che vogliono conoscermi per amarmi. In loro e a loro Io sarò<br />
benedizione.”<br />
84. L’incontro di Lazzaro di Betania.<br />
21 gennaio 1945.<br />
Una chiarissima aurora estiva. Più che aurora, già infanzia di giorno, perché il<br />
sole è già fuori da ogni limite d’orizzonte e sale sempre più, ridente alla<br />
terra ridente. Non vi è stelo che non rida con un luccichio di rugiade. Pare che<br />
gli astri notturni si siano polverizzati divenendo ori e gemme per tutti gli<br />
steli, per tutte le fronde; persino per i sassi sparsi al suolo, le cui<br />
scagliette silicee, bagnate dalla guazza, paiono cipria di diamanti o polvere<br />
d’oro.<br />
Gesù e Simone camminano lungo una stradetta che si allontana facendo una V dalla<br />
via maestra. Vanno verso dei magnifici frutteti e campi di lino alto quanto un<br />
uomo, già prossimo alla segatura. Altri campi, più lontani, mostrano solo un<br />
grande rosseggiare di papaveri fra il giallore delle stoppie.<br />
“Siamo già nei possessi dell’amico mio. Vedi, Maestro, che la distanza stava<br />
nella prescrizione della Legge. Mai mi sarei permesso inganno con Te. Dietro<br />
quel pometo è la cinta del giardino, in essa è la casa. Ti ho fatto venire da<br />
questa scorciatoia appunto per stare nel miglio prescritto.”<br />
“E’ molto ricco il tuo amico!”<br />
“Molto. Ma non felice. La sua casa ha possessi anche altrove.”<br />
“E’ fariseo?”<br />
“Il padre non lo era. Lui... è molto osservante. Ti ho detto: un vero<br />
israelita.”<br />
Camminano ancora un poco. Ecco un alto muro; poi, oltre questo, piante e
piante, dalle quali appena emerge la casa. Il terreno qui fa una piccola<br />
elevazione, ma non tale da permettere che l’occhio penetri nel giardino, tanto<br />
vasto che noi lo chiameremmo parco.<br />
Girano l’angolo. Il muro prosegue uguale, lasciando cadere dal suo sommo rami<br />
scapigliati di rose e gelsomini tutti olezzanti e splendidi nelle loro corolle<br />
rugiadose.<br />
Ecco il cancello pesante di ferro lavorato. Simone batte col pesante battente di<br />
bronzo.<br />
“L’ora è molto mattutina per entrare, Simone” obbietta Gesù.<br />
“Oh! il mio amico si alza al primo sole, non trovando conforto che nel suo<br />
giardino o fra i libri. La notte è per lui tormento. Non tardare oltre, Maestro,<br />
a dargli la tua gioia.”<br />
Un servo apre il cancello.<br />
“Aseo, ti saluto. Di' al tuo padrone che Simone lo Zelote è venuto, col suo<br />
Amico.”<br />
Il sevo parte di corsa dopo averli fatti entrare dicendo: “Il vostro servo vi<br />
saluta. Entrate, ché la casa di Lazzaro è aperta agli amici.”<br />
Simone, pratico del luogo, piega non verso il viale centrale, ma verso un<br />
sentiero che fra siepi di rose va verso una pergola di gelsomini.<br />
Infatti è da lì che dopo poco si avanza Lazzaro. Sempre magro e pallido, come<br />
sempre l’ho visto, alto, dai capelli corti e non folti né ricci, dalla barbetta<br />
rada e appena limitata al basso del mento. Veste di lino candidissimo e cammina<br />
a fatica, come chi ha male alle gambe.<br />
Quando vede Simone fa un gesto di affettuoso saluto e poi, come può, corre verso<br />
Gesù e si getta a ginocchio, curvandosi sino al suolo per baciare l’orlo della<br />
veste di Gesù, dicendo: “Io non sono degno di tanto onore. Ma, poi che la tua<br />
santità si umilia sino alla mia miseria, vieni, mio Signore, entra, e sii<br />
padrone nella mia povera casa.”<br />
“Alzati, amico. E ricevi la mia pace.”<br />
Lazzaro si alza e bacia le mani di Gesù e lo guarda con venerazione non scevra<br />
da curiosità. Camminano verso la casa.<br />
“Quanto ti ho aspettato, Maestro! Ogni alba dicevo: ‘Oggi verrà’, e ogni sera<br />
dicevo: ‘E anche oggi non l’ho visto!’ ”<br />
“Perché mi attendevi con tanta ansia?”<br />
“Perché... che attendiamo noi di Israele se non Te?”<br />
“E tu credi che Io sia l’Atteso?”<br />
“Simone non ha mai mentito, né è un ragazzo che si esalti per delle nubi<br />
menzognere. L’età e il dolore lo hanno fatto maturo come un sapiente. E poi...<br />
anche se egli non ti avesse conosciuto per la verità del tuo essere, le tue<br />
opere avrebbero parlato e ti avrebbero detto ‘Santo’. Chi fa le opere di Dio<br />
deve essere uomo di Dio. E Tu le fai. E le fai in modo che dice quanto Tu sei<br />
l’Uomo di Dio. Egli, l’amico mio, è venuto a Te per nomea di miracolo, e<br />
miracolo ebbe. E di altri miracoli so che la tua via è segnata. Perché non<br />
credere allora che Tu sei l’Atteso? Oh! è così dolce credere ciò che è buono!<br />
Tante cose non buone dobbiamo fingere di credere buone, per amore di pace, per<br />
inutilità di poterle mutare; tante parole subdole che paiono adulazioni, lodi,<br />
benignità, e sono invece sarcasmo e biasimo, veleno coperto di miele, dobbiamo<br />
mostrare di credere pur sapendole veleno, biasimo e sarcasmo... dobbiamo farlo<br />
perché... non si può fare altrimenti e siamo deboli contro tutto un mondo che è<br />
forte, e siamo soli contro tutto un mondo che ci è contro nemico... Perché,<br />
allora, aver difficoltà a credere ciò che è buono? Del resto i tempi sono<br />
maturi e i segni dei tempi ci sono. Quanto ancora potrebbe mancare a fare<br />
quadrato il credere e inintaccabile dal dubbio, lo mette la nostra volontà di<br />
credere e di placarci il cuore nella certezza che l’attesa è finita e che il<br />
Redentore c’è, c'è il Messia... Colui che renderà pace ad Israele e ai figli di<br />
Israele, Colui che... ci farà morire senza affanno, sapendoci redenti, e vivere<br />
senza quel pungolo di nostalgie per i nostri morti... Oh! i morti! Perché<br />
rimpiangerli se non perché, non avendo più i figli, non hanno ancora il Padre e<br />
Dio?”<br />
“E’ molto che ti è morto il padre?”<br />
“Tre anni, e sette che mi è morta la madre... Ma non li rimpiango più da qualche<br />
tempo... Anche io vorrei essere dove spero che siano in attesa del Cielo.”<br />
“Non avresti allora a ospite il Messia.”<br />
“E’ vero. Ora io sono da più di loro perché ti ho... e il cuore si placa per
questa gioia. Entra, Maestro. Concedimi l’onore di fare della mia casa la tua.<br />
Oggi è sabato e non posso farti onore convitando amici...”<br />
“Non lo desidero. Oggi sono tutto per l’amico di Simone e mio.<br />
Entrano in una bella sala, dove dei servi sono pronti a riceverli. “Vi prego<br />
seguirli” dice Lazzaro. “Vi potrete rinfrescare prima del pasto mattutino.” E<br />
mentre Gesù e Simone vanno in un altro luogo, Lazzaro dà ordini ai servi.<br />
Comprendo che la casa è ricca e signorile oltre che ricca...<br />
... Gesù beve latte che Lazzaro gli vuole assolutamente servire personalmente<br />
prima di sedersi per il pasto mattutino.<br />
Sento Lazzaro volgersi a Simone e dirgli: “Ho trovato l’uomo che è disposto ad<br />
acquistare i tuoi beni, e al prezzo che il tuo intendente ha fatto come giusto.<br />
Non leva una dramma..”<br />
“Ma è disposto ad osservare le mie clausole?”<br />
“E’ disposto. Accetta tutto pur di essere in quelle terre. Ed io ne sono<br />
contento, perché almeno so con chi confino. Però, come tu vuoi rimanere assente<br />
alla vendita, così egli pure vuole rimanerti sconosciuto. Ed io ti prego di<br />
cedere a questo suo desiderio.”<br />
“Non vedo motivo di non farlo. Tu, amico mio, mi farai le veci... Tutto sarà<br />
bene quello che fai. Mi basta solo che il mio servo fedele non sia messo sulla<br />
via... Maestro, io vendo, e per mio conto sono felice di non avere più nulla che<br />
mi leghi ad una qualsiasi cosa che non sia il tuo servizio. Ma ho un vecchio<br />
servo fedele, l’unico che è rimasto dopo la mia sventura e che, già te l’avevo<br />
detto, mi ha sempre aiutato nella segregazione, curando i miei beni come i<br />
propri, facendoli anzi passare, con l’aiuto di Lazzaro, per propri, per<br />
salvarmeli e potermi sovvenire con essi. Ora non sarebbe giusto che io lo<br />
rendessi senza casa, adesso che vecchio è. Ho deciso che una piccola casa, ai<br />
margini dei beni, resti sua, e che parte della somma gli sia data per suo<br />
sostentamento futuro. I vecchi, sai? Sono come l’edera. Vissuti sempre in un<br />
posto, troppo soffrono ad esserne strappati. Lazzaro lo voleva con lui, perché<br />
Lazzaro è buono. Ma ho preferito fare così. Soffrirà meno il vecchio...”<br />
“Anche tu sei buono, Simone. Se tutti fossero giusti come te, più facile sarebbe<br />
la mia missione...” osserva Gesù.<br />
“Trovi il modo restio, Maestro?” chiede Lazzaro.<br />
“Il mondo?... No. La forza del mondo: Satana. Se esso non fosse padrone dei<br />
cuori e li tenesse in sua possessione, Io non troverei resistenza. Ma i Male è<br />
contro il Bene, ed Io devo vincere in ognuno il male per mettervi il bene... e<br />
non tutti vogliono...”<br />
“E’ vero. Non tutti vogliono! Maestro, che parole trovi per chi è colpevole, per<br />
convertirlo, per piegarlo? Parole di rampogna severa, come quelle che empiono la<br />
storia di Israele verso i colpevoli, e l’ultimo a usarle è il Precursore, oppure<br />
parole di pietà?”<br />
“Amore uso, e misericordia. Credi, Lazzaro, che su chi è caduto ha più potere<br />
uno sguardo d’amore che una maledizione.”<br />
“E se l’amore è deriso?”<br />
“Insistere ancora. Insistere sino all’estremo. Lazzaro, conosci quelle terre in<br />
cui il suolo traditore inghiotte gli incauti?”<br />
“Sì. Ho letto, poiché nel mio stato molto leggo, e per passione e per<br />
trascorrere le lunghe ore di insonnia, ho letto di esse. So che ve ne sono nella<br />
Siria e nell’Egitto, ed altre presso i Caldei. E so che esse sono come ventose.<br />
Aspirano quando hanno preso. Un romano dice che sono bocche dell’Inferno,<br />
abitate da mostri pagani. E’ vero?”<br />
“Non è vero. Non sono che speciali formazioni del suolo terrestre. L’Olimpo non<br />
c’entra. L’Olimpo cesserà di essere creduto ed esse ci saranno ancora, e il<br />
progredire dell’uomo non potrà che dare una più veridica spiegazione del fatto<br />
ma non eliminare il fatto. Ora Io ti dico: come hai letto di esse, avrai pure<br />
letto come si possa salvare colui che in esse è caduto.”<br />
“Sì, con un canapo lanciato, con un palo, anche un ramo. Talora poca cosa basta<br />
a dare a colui che affonda quel minimo per sorreggersi, e più, quel tanto da<br />
star calmo, senza dibattersi in attesa di maggiori soccorsi.”<br />
“Ebbene. Il colpevole, il posseduto è uno che è assorbito dall’ingannevole suolo<br />
coperto di fiori alla superficie e che sotto è mobile fango. Credi tu che, se<br />
uno sapesse cosa è mettere anche un atomo di sé in possesso di Satana, lo<br />
farebbe? Ma non sa... e dopo... O lo paralizza lo stupore e il veleno del Male,<br />
o lo fa impazzire, e, per sfuggire al rimorso di essersi perduto, colui si
dibatte, si appiglia ad altro fango, suscita pesanti onde col suo moto<br />
inconsulto, e queste sempre più affrettano il suo perire. L’amore è il canapo,<br />
il filo, il ramo di cui tu parli. Insistere, insistere... finché è afferrato...<br />
Una parola... un perdono... un perdono più grande della colpa... tanto per<br />
fermare la discesa e attendere il soccorso di Dio... Lazzaro, sai che potere ha<br />
il perdono? Porta Dio in aiuto del soccorritore... Tu leggi molto?”<br />
“Molto. Né so se faccio bene. Ma la malattia e... e altre cose mi hanno privato<br />
di molte delizie dell’uomo,... e ora non ho che la passione dei fiori e dei<br />
libri... Delle piante e anche dei cavalli... So che mi si critica. Ma posso io<br />
andare nei miei possessi, in questo stato (e scopre delle enormi gambe tutte<br />
fasciate), a piedi o anche a cavallo di una mula? Devo usare un carro, e rapido<br />
anche. Perciò ho preso dei cavalli e mi ci sono affezionato, lo dico. Ma se Tu<br />
mi dici che è male... li mando a vendere.”<br />
“No, Lazzaro. Non son queste le cose che corrompono. Corrompe quello che turba<br />
lo spirito e lo allontana da Dio.”<br />
“Ecco, Maestro. Questo vorrei sapere. Io leggo molto. Non ho che questo<br />
conforto. Mi pare sapere... credo che in fondo sia meglio sapere che fare il<br />
male, sia meglio leggere che... che fare altre cose. Ma io non leggo solo le<br />
pagine nostre. Mi piace conoscere anche il mondo degli altri, e Roma e Atene m<br />
attirano. Ora io so quanto male venne ad Israele quando si corruppe con gli<br />
Assiri e l’Egitto, e quanto male fecero a noi i governi ellenizzanti. Non so se<br />
un privato possa fare a sé lo stesso male che Giuda fece a se stesso e a noi<br />
suoi figli. Ma Tu che ne pensi? Voglio Tu mi ammaestri. Tu che non sei un rabbi,<br />
ma sei il Verbo sapiente e divino.”<br />
Gesù lo guarda fissamente, per qualche minuto, uno sguardo penetrante e nello<br />
stesso tempo lontano. Pare che, trapassando il corpo opaco di Lazzaro, Egli ne<br />
scruti il cuore e, passando oltre ancora, veda chissà che... Parla infine: “Ne<br />
hai turbamento, di quello che leggi? Ti stacca da Dio e dalla sua Legge?”<br />
“No, Maestro. Mi spinge invece a confronti fra il nostro vero e la falsità<br />
pagana. Confronto e medito le glorie di Israele, i suoi giusti, i patriarchi, i<br />
profeti, e le losche figure delle storie altrui. Paragono la nostra filosofia,<br />
se così si può chiamare la Sapienza che parla nei testi sacri, con la povera<br />
filosofia greca e romana, in cui sono faville di fuoco ma non la sicura fiamma<br />
che arde e splende nei libri dei nostri Saggi. E dopo, con ancora maggiore<br />
venerazione, mi inchino con lo spirito ad adorare il nostro Dio parlante in<br />
Israele attraverso atti, persone e scritti nostri,”<br />
“E allora continua a leggere... Ti servirà conoscere il mondo pagano...<br />
Continua. Puoi continuare. Manca in te il fermento del male e della cancrena<br />
spirituale. Perciò puoi leggere e senza paura. L’amore vero che hai al tuo Dio<br />
rende sterili i germi profani che la lettura può spargere in te. In tutte le<br />
azioni dell’uomo vi è possibilità di bene o di male. A seconda che si compiono.<br />
Amare non è peccato se si ama santamente. Lavorare non è peccato se si lavora<br />
quando è giusto. Guadagnare non è peccato se ci si accontenta dell’onesto.<br />
Istruirsi non è peccato se, per l’istruzione, non si uccide l’idea di Dio in<br />
noi. Mentre è peccato anche servire l’altare, se lo si fa per utile proprio. Ne<br />
sei persuaso, Lazzaro?”<br />
“Sì, Maestro. Avevo chiesto questo ad altri, e mi hanno finito di sprezzare...<br />
Ma Tu mi dài luce e pace. Oh! se tutti ti udissero!... Vieni, Maestro. Fra i<br />
gelsomini è rezzo e silenzio. Dolce è riposare in attesa della sera fra le loro<br />
fresche ombre.”<br />
Escono e tutto ha fine.<br />
85. Prima di andare al Getsemani,Gesù e lo Zelote salgono al Tempio, dove<br />
sta parlando l’Iscariota.<br />
22 gennaio 1945.<br />
Gesù è con Simone in Gerusalemme. Fendono la folla di venditori e di ciuchini,<br />
che pare una processione per la via, e mentre lo fanno Gesù dice: “Saliamo al<br />
Tempio prima di andare al Get-Sammì. Pregheremo il Padre nella sua Casa.”<br />
“Solo quello, Maestro?”<br />
“Solo quello. Non posso trattenermi. Domani all’alba vi è il convegno alla porta<br />
dei Pesci e, se la folla insiste, come posso esser libero di andarvi? Voglio<br />
vedere gli altri pastori. Li spargo, veri pastori, per la Palestina, perché<br />
chiamino a raccolta le pecore e il Padrone del gregge sia conosciuto, almeno di<br />
nome, di modo che, quando quel nome Io lo dica, esse sappiano che sono Io il
Padrone del gregge e vengano a Me per avere carezze.”<br />
“E’ dolce avere un Padrone come Te! Le pecore ti ameranno.”<br />
“Le pecore... ma non i capri... Dopo aver visto Giona, andremo a Nazaret e poi a<br />
Cafarnao. Simon Pietro e gli altri soffrono di tanta assenza... Andremo a farli<br />
felici e a farci felici. Anche l’estate a questo ci consiglia. La notte è fatta<br />
per il riposo, e troppo pochi sono quelli che pospongono il riposo alla<br />
conoscenza della Verità. L’uomo... oh! l’uomo! Si dimentica troppo di avere<br />
un’anima e pensa e si preoccupa solo della carne. Il sole, nel giorno, è<br />
violento. Impedisce l’andare e impedisce l’ammaestrare nelle piazze e per le<br />
vie. Rende gli spiriti assonnati come i corpi, tanto spossa, E allora... andiamo<br />
ad ammaestrare i miei discepoli. Là nella dolce Galilea, verde e fresca d’acque.<br />
Ci sei mai stato?”<br />
“Una volta di passaggio e d’inverno, in una delle mie peregrinazioni penose da<br />
un medico all’altro. Mi piacque...”<br />
“Ho! è bella! Sempre. Nell’inverno e più nelle altre stagioni. Ora, d’estate, ha<br />
delle notti così angeliche... Sì, pare proprio che siano fatte per i voli degli<br />
angeli, tanto sono pure. Il lago... Il lago. nella sua cerchia di monti più o<br />
meno vicini, sembra proprio fatto per parlare di Dio ad anime che cercano Dio.<br />
E’ un pezzo di cielo caduto fra il verde, ed il firmamento non lo abbandona, ma<br />
vi si specchia con i suoi astri e li moltiplica così... quasi per presentarli al<br />
Creatore sparsi su una lastra di zaffiro. Gli ulivi scendono sin quasi alle onde<br />
e son pieni di usignoli. E anche essi cantano la loro lode al Creatore, che li<br />
fa vivere in quel luogo tanto dolce e placido.<br />
E la mia Nazaret! Tutta stesa al bacio del sole, tutta bianca e verde, ridente,<br />
fra i due giganti del grande e del piccolo Hermon, e il piedistallo dei monti<br />
che sorreggono il Tabor, piedistallo dalle dolci chine tutte verdi, che alzano<br />
incontro al sole il loro signore spesso nevoso, ma così bello quando il sole ne<br />
fascia la cima, che allora diviene di un alabastro rosato, mentre al lato<br />
opposto il Carmelo è di lapislazzuli in certe ore di gran sole, in cui tutte le<br />
vene di marmi o di acque, di boschi o di prati, si mostrano coi loro diversi<br />
colori, ed è delicata ametista alla prima luce, e di viola-celeste berillo alla<br />
sera, ed è un blocco solo di sardonice quando la luna lo mostra tutto nero, sul<br />
latteo-argenteo della sua luce. E poi, giù, a meridione, il tappeto fertile e<br />
fiorito della piana di Esdrelon.<br />
E poi... e poi, oh! Simone! Là c’è un Fiore! Un Fiore c’è che vive solitario,<br />
olezzando purezza e amore per il suo Dio e per suo Figlio! C’è mia Madre. Tu la<br />
conoscerai, Simone, e mi dirai se c’è creatura simile a Lei, anche in umana<br />
grazia, sulla terra. Bella è, ma tutto è superato da ciò che dal suo interno<br />
emana. Se un brutale la dispogliasse d’ogni sua veste, la sfregiasse e la<br />
mandasse raminga, Ella ancora apparirebbe Regina e in veste regale, perché la<br />
sua santità le farebbe manto e splendore. Tutto può darmi il mondo di male, ma<br />
tutto al mondo perdonerò perché per venire al mondo e redimerlo ho avuto Lei,<br />
l’umile grande Regina del mondo, che il mondo ignora, ma che per la quale ha<br />
avuto il Bene ed ancor più avrà nei secoli.<br />
Eccoci al Tempio. Osserviamo la forma giudaica del culto. Ma in verità ti dico<br />
che la vera Casa di Dio, l’Arca Santa è il suo Cuore, a cui è velo la carne<br />
purissima, e su cui sono le virtù a fare ricamo.”<br />
Sono entrati e camminano per il primo ripiano. Passano per un portico, diretti<br />
ad un secondo ripiano.<br />
“Maestro: guarda là Giuda fra quel crocchio di gente. E ci sono anche farisei e<br />
sinedristi. Io vado a sentire che dice. Mi lasci?”<br />
“Vai. Ti attenderò presso il Gran Portico.”<br />
Simone va lesto e si mette in modo da udire ma non da essere visto.<br />
Giuda parla con molta convinzione: “...e qui ci sono persone che voi tutti<br />
conoscete e rispettate, che possono dire chi io ero. Ebbene io vi dico che Egli<br />
mi ha mutato. Il primo redento sono io. Molti fra voi venerano il Battista. Egli<br />
pure lo venera, e lo chiama ‘il santo pari ad Elia per missione, ma ancor più<br />
grande di Elia’. Ora se Battista è tale, Costui che il Battista chiama<br />
‘l’Agnello di Dio’ e sulla sua santità giura di averlo visto incoronare dal<br />
Fuoco dello Spirito di Dio mentre una voce dai Cieli lo proclamava ‘Figlio<br />
diletto di Dio che va ascoltato’, non può essere che il Messia. Lo è. Io ve lo<br />
giuro. Non sono un rozzo né uno stolto. Lo è. Io l’ho visto nelle opere e ne ho<br />
udito la parola. E vi dico: è Lui, il Messia. Il miracolo lo serve come uno<br />
schiavo il padrone. Malattie e sventure cadono come cose morte e viene gioia e
salute. E i cuori si mutano ancor più dei corpi. Lo vedete da me. Non avete<br />
malati, non pene da soccorrere? Se le avete, venite domani all’alba alla porta<br />
dei Pesci. Egli vi sarà e vi farà felici. Intanto ecco in suo nome ai poveri io<br />
do questo soccorso.”<br />
E Giuda distribuisce delle monete a due storpi e a tre ciechi, e per ultimo<br />
forza una vecchietta ad accettare le ultime monete. Poi congeda la folla e resta<br />
con Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo, ed altri tre che non conosco.<br />
“Ah! ora sto bene!” esclama Giuda. “Non ho più nulla. E sono come Egli vuole.”<br />
“In verità non ti conosco più. Credevo fosse uno scherzo. Ma vedo che fai sul<br />
serio.” esclama Giuseppe.<br />
“Sul serio. Oh! io per primo non mi riconosco. Sono ancora una belva immonda<br />
rispetto a Lui. Ma già sono molto mutato.”<br />
“E non apparterrai più al Tempio?” chiede uno degli a me sconosciuti.<br />
“Oh! no. Sono del Cristo. Chi lo avvicina, a meno che non sia un aspide, non può<br />
che amarlo. E non desidera più che Lui.”<br />
“Non verrà più qui?” chiede Nicodemo.<br />
“Certo che verrà. Ma non ora.”<br />
“Vorrei udirlo.”<br />
“Ha già parlato in questo luogo, Nicodemo.”<br />
“Lo so. Ma io ero con Gamaliele... lo vidi... ma non mi fermai.”<br />
“Che disse Gamaliele, Nicodemo?”<br />
“Disse: ‘Qualche nuovo profeta’. Non altro disse.”<br />
“E tu non gli dicesti quello che io ti dissi, Giuseppe? Tu gli sei amico...”<br />
“Lo dissi. Ma mi rispose: ‘Abbiamo già il Battista e, secondo le dottrine degli<br />
scribi, almeno cent’anni devono essere fra questo e quello per preparare il<br />
popolo alla venuta del Re. Io dico che ce ne vogliono meno’ ha soggiunto,<br />
‘perché il tempo è compiuto ormai’. E ha finito: ‘Però io non posso ammettere<br />
che il Messia si manifesti così... Un giorno ho creduto iniziasse la<br />
manifestazione messianica, perché il suo primo bagliore era veramente lampo<br />
celeste. Ma poi... un grande silenzio si è fatto ed io penso di essermi<br />
sbagliato”.<br />
“Prova a parlarne ancora. Se Gamaliele fosse con noi e voi con lui...”<br />
“Non vi ci consiglio” obbietta uno dei tre sconosciuti. “Il Sinedrio è potente,<br />
ed Anna lo regge con astuzia e avidità. Se il tuo Messia vuol vivere, gli<br />
consiglio di rimanere oscuro. A mano che non si imponga con la forza. Ma allora<br />
c’è Roma...”<br />
“Se il Sinedrio lo udisse si convertirebbe al Cristo.”<br />
“Ah! Ah! Ah! ” ridono i tre sconosciuti e dicono: “Giuda, ti credevamo mutato,<br />
ma ancora intelligente. Se è vero quello che tu dici di Lui, come puoi pensare<br />
che il Sinedrio lo segua? Vieni, vieni, Giuseppe. E’ meglio per tutti. Dio ti<br />
protegga, Giuda. Ne hai bisogno.” E se ne vanno. Giuda resta solo con Nicodemo.<br />
Simone si squaglia e va dal maestro. “Maestro, io mi accuso di aver peccato di<br />
calunnia con la parola e col cuore. Quell’uomo mi disorienta. Lo credevo quasi<br />
un tuo nemico, e l’ho udito parlare di Te in tal modo che pochi fra noi lo<br />
fanno, specie qui dove l’odio potrebbe sopprimere prima il discepolo e poi il<br />
Maestro. E l’ho visto dare denaro ai poveri, e cercare di convincere i<br />
sinedristi...”<br />
“Lo vedi, Simone? Sono contento che tu lo abbia visto in tal momento. Lo dirai<br />
anche agli altri quando lo accuseranno. Benediciamo il Signore per questa gioia<br />
che mi dài, per la onestà tua nel dire: ‘Ho peccato’, e per l’opera del<br />
discepolo che credevi malvagio e non lo è.”<br />
Pregano a lungo poi escono.<br />
“Non ti ha visto?”<br />
“No. Ne sono sicuro.”<br />
“Non gli dire nulla. E’ un’anima molto malata. Una lode sarebbe simile a cibo<br />
dato ad un convalescente di gran febbre di stomaco. Lo farebbe peggiorare,<br />
perché si glorierebbe del sapersi notato. E dove entra orgoglio...”<br />
“Tacerò. Dove andiamo?”<br />
“Da Giovanni. Sarà, in quest’ora calda, alla casa dell’Uliveto.”<br />
Vanno lesti, cercando ombra per le vie tutte di fuoco dal gran sole. Superano il<br />
sobborgo polveroso, valicano la porta delle mura, escono nell’abbacinante<br />
campagna e da questa negli ulivi, dagli ulivi alla casa.<br />
Nella cucina, fresca e oscura per la tenda messa alla porta, è Giovanni.<br />
Sonnecchia, e Gesù lo chiama: “Giovanni!”
“Tu, Maestro? Ti aspettavo per la sera.”<br />
“Sono venuto prima. Come ti sei trovato, Giovanni?”<br />
“Come un agnello che ha smarrito il pastore. E parlavo a tutti di Te, perché<br />
parlarne era già un poco averti. Ad alcuni parenti ne ho parlato, a conoscenti,<br />
ad estranei. Anche ad Anna... E ad uno storpio che mi sono fatto amico con tre<br />
denari. Me li avevano dati ed io li ho dati a lui. E anche ad una povera donna,<br />
dell’età di mia madre, che piangeva in un crocchio di donne su una porta. Ho<br />
chiesto: ‘Perché piangi?’ Mi ha detto: ‘Il medico mi ha detto: ‘Tua figlia è<br />
malata di tisi. Rassegnati. Ai primi temporali di ottobre morrà.’. Non ho che<br />
quella: è bella, buona e ha quindici anni. Doveva andare sposa a primavera, e<br />
invece del cofano di nozze le devo preparare il sepolcro.’ Le ho detto: ‘Io<br />
conosco un Medico che te la può guarire se hai fede’. ‘Più nessuno la può<br />
guarire. Tre medici l’hanno vista. Sputa già sangue’. ‘Il mio’ ho detto ‘non è<br />
un medico come i tuoi. Non cura con le medicine. Ma col suo potere. E’ il<br />
Messia...’. Una vecchietta ha allora detto: ‘Oh! credi! Elisa! Io conosco un<br />
cieco che ha visto per Lui!’, e la madre allora è passata dalla sfiducia alla<br />
speranza e ti attende... Ho fatto bene? Non ho fatto che questo.”<br />
“Hai fatto bene. E a sera andremo dai tuoi amici. Giuda lo hai più visto?”<br />
“Più, Maestro. Ma mi ha mandato cibo e denari, che ho dato ai poveri. E mi ha<br />
mandato a dire che li usassi pure, perché erano suoi.”<br />
“E’ vero. Giovanni, domani andiamo verso la Galilea...”<br />
“Ne sono lieto, Maestro. Penso a Simon Pietro. Chissà come ti attende! Passiamo<br />
anche da Nazaret?”<br />
“Anche, e vi sostiamo in attesa di Pietro, Andrea e di tuo fratello Giacomo.”<br />
“Oh! restiamo in Galilea?”<br />
“Vi restiamo per qualche tempo.”<br />
Giovanni ne è felice. E sulla sua felicità cessa tutto.<br />
86. L’incontro con il milite Alessandro alla porta dei Pesci.<br />
24 gennaio 1945.<br />
Ancora un’aurora. Ancora le teorie di asinelli che si affollano presso la porta<br />
ancor chiusa. E ancora Gesù con Simone e Giovanni. Dei venditori lo riconoscono<br />
e gli si affollano intorno.<br />
Anche un milite di guardia accorre a Lui quando la porta viene aperta e lo vede.<br />
E lo saluta: “Salve, galileo. Di' a questi irrequieti di esser meno ribelli. Si<br />
lamentano di noi. Ma non fanno che maledirci e disubbidire. E dicono che ciò è<br />
culto per loro. Che religione hanno se è fondata sulla disubbidienza?”<br />
“Compatiscili, soldato. Sono come coloro che hanno in casa un ospite non voluto<br />
e più forte di loro. E non possono che vendicarsi con la lingua e col ripicco.”<br />
“Sì. Ma noi dobbiamo fare il nostro dovere. E allora li dobbiamo punire. E così<br />
sempre più diventiamo gli ospiti non voluti.”<br />
“Hai ragione. Tu devi fare il tuo dovere. Ma fàllo sempre con umanità. Pensa<br />
sempre: ‘Se fossi nel loro caso, che farei?’ Vedrai che allora ti verrà per i<br />
soggetti tanta pietà.”<br />
“Mi piace sentirti parlare. Tu sei senza sprezzo, senza alterigia. Gli altri<br />
palestinesi ci sputano dietro, ci insultano, mostrano schifo di noi... a meno<br />
che non ci sia da spellarci a dovere per una donna o per degli acquisti. Allora<br />
l’oro di Roma non fa più schifo.”<br />
“L’uomo è l’uomo, soldato.”<br />
“Sì. Ed è più bugiardo della scimmia. Non è piacevole però stare fra chi è come<br />
serpe in agguato... Anche noi abbiamo casa e madri e spose e figli, e la vita ci<br />
preme.”<br />
“Ecco, se ognuno ricordasse questo, non ci sarebbero più odii. Tu lo hai detto:<br />
‘Che religione hanno?’ Ti rispondo: una religione santa che per primo comando ha<br />
l’amore verso Dio e verso il prossimo. Una religione che insegna ubbidienza alle<br />
leggi. Anche se di stati nemici.<br />
Perché, udite, o miei fratelli in Israele, nulla avviene senza che Dio lo<br />
permetta. Anche le dominazioni: sventure senza pari per un popolo. Ma che quasi<br />
sempre, se questo popolo con rettezza si esamina, possono dirsi volute dallo<br />
stesso, coi suoi modi di vivere contrari a Dio. Ricordatevi i Profeti. Quante<br />
volte hanno parlato su questo! Quante hanno mostrato coi fatti passati, presenti
e futuri, che il dominatore è il castigo, la verga de castigo sulle spalle del<br />
figlio ingrato. E quante volte hanno insegnato il modo di non più averlo:<br />
tornare al Signore. Non è ribellione né guerra quella che sana ferite e lacrime<br />
e scioglie catene. E’ il vivere da giusti. Allora Dio interviene. E che possono<br />
le armi e le schiere di armati contro i fulgori delle coorti angeliche lottanti<br />
in favore dei buoni? Siamo colpiti? Meritiamo di non esserlo più, col nostro<br />
vivere da figli di Dio. Non ribadite le vostre catene con dei peccati sempre<br />
novelli. Non permettete che i gentili vi credano senza religione o più pagani di<br />
loro per il vostro modo di vivere. Siete il popolo che ha avuto da Dio stesso la<br />
Legge. Osservatela. Fate ce anche i dominatori si inchinino davanti alle vostre<br />
catene dicendo: ‘Sono soggetti, ma sono più grandi di noi, di una grandezza che<br />
non sta nel numero, nel denaro, nelle armi, nella potenza, ma che viene dal loro<br />
provenire da Dio. Qui brilla la divina paternità di un Dio perfetto, santo,<br />
potente. Qui è il segno di una vera Divinità. Traluce dai suoi figli.’ E<br />
meditino su questo, e vengano alla verità del Dio vero, lasciando l’errore.<br />
Ognuno, anche il più povero, anche il più ignorante fra il popolo di Dio, può<br />
essere maestro ad un gentile, maestro con la sua maniera di vivere e predicare<br />
Dio ai pagani con gli atti di una vita santa.<br />
Andate. La pace sia con voi.”<br />
“Tarda Giuda, e anche i pastori” osserva Simone.<br />
“Attendi qualcuno, galileo?” chiede il soldato che ha ascoltato attentamente.<br />
“Degli amici.”<br />
“Entra nel fresco dell’androne. Il sole scotta sin dalle prime ore. Vai in<br />
città?”<br />
“No. Torno in Galilea.”<br />
“A piedi?”<br />
“Sono povero: a piedi.”<br />
“Hai moglie?”<br />
“Ho una Madre.”<br />
“Anche io. Vieni... se di noi non hai lo schifo che gli altri hanno.”<br />
“Solo la colpa mi fa ribrezzo.”<br />
Il soldato lo guarda ammirato e pensoso. “Con Te non avremo mai da intervenire.<br />
Il gladio non si alzerà mai su di Te. Sei buono. Ma gli altri!...”<br />
Gesù è seduto nella penombra dell’androne. Giovanni è verso la città. Simone si<br />
è seduto su un masso che fa da panchina.<br />
“Come ti chiami?”<br />
“Gesù.”<br />
“Ah! sei quello che fa miracoli anche sui malati? Io credevo che fossi solo un<br />
mago... Ne abbiamo anche noi. Un mago buono, però. Perché ce ne sono certuni...<br />
Ma i nostri non sanno guarire i malati. Come fai?”<br />
Gesù sorride e tace.<br />
“Usi formule magiche? Hai unguenti di midollo di morti, serpenti disseccati e<br />
resi polvere, pietre magiche prese negli antri dei pitoni?”<br />
“Nulla di questo. Ho solo il mio potere.”<br />
“Allora sei proprio santo. Noi abbiamo gli arùspici e le vestali... e alcuni fra<br />
loro fanno prodigi... e dicono che sono i più santi. Ma ci credi Tu? Sono peggio<br />
degli altri.”<br />
“E allora perché li venerate?”<br />
“Perché... perché è la religione di Roma. E se un suddito non rispetta la<br />
religione del suo Stato, come può rispettare il Cesare e la patria, e giù, giù,<br />
tante cose?”<br />
Gesù guarda fissamente il soldato. “In verità tu sei avanti nella via della<br />
giustizia. Procedi, o milite, e giungerai a conoscere ciò che la tua anima sente<br />
avere in sé, senza saper dare a questa cosa un nome.”<br />
“L’anima? Cosa è?”<br />
“Quando tu morrai, dove andrai?”<br />
“Mah!... non so. Se morrò da eroe, sul rogo degli eroi... se sarò un povero<br />
vecchio, un niente, forse marcirò nella mia tana o sul bordo di una via.”<br />
“Questo è per il corpo. Ma l’anima dove andrà?”<br />
“Non so se tutti gli uomini hanno l’anima o se l’hanno solo quelli che Giove<br />
destina ai Campi Elisi dopo una vita portentosa, seppure non li trae all’Olimpo<br />
come fu di Romolo.”<br />
“Tutti gli uomini hanno un’anima. E questa è quella cosa che distingue l’uomo<br />
dall’animale. Vorresti essere simile ad un cavallo? Ad un uccello? Ad un pesce?
Carene che, morendo, è solo marciume?”<br />
“Oh! no. Io sono uomo e preferisco essere tale.”<br />
“Ebbene, ciò che ti fa uomo è l’anima. Senza questa tu saresti nulla più che un<br />
animale parlante.”<br />
“E dove è? Come é?”<br />
“Non ha corpo. Ma è. <strong>E'</strong> in te. Viene da Chi ha creato il mondo e a Lui ritorna<br />
dopo la morte del corpo.”<br />
“Dal Dio d’Israele, secondo voi.”<br />
“Dal Dio solo, uno, eterno, supremo Signore e Creatore dell’universo.”<br />
“E anche un povero soldato come me ha l’anima e questa torna a Dio?”<br />
“Sì. Anche un povero soldato, e la sua anima avrà Dio ad Amico se fu sempre<br />
buona, o Dio a Punitore se fu malvagia.”<br />
“Maestro, ecco Giuda coi pastori e delle donne. Se vedo bene, vi è la fanciulla<br />
di ieri” dice Giovanni.<br />
“Io vado, soldato. Sii buono.”<br />
“Non ti vedrò più? Vorrei sapere ancora...”<br />
“Io resto in Galilea sino al settembre. Se puoi, vieni. A Cafarnao o a Nazaret<br />
tutti ti diranno di Me. A Cafarnao chiedi di Simon-Pietro. A Nazaret di Maria di<br />
Giuseppe. E’ mia Madre. Vieni. Ti parlerò del Dio vero.”<br />
“Simon-Pietro... Maria di Giuseppe. Verrò, sol che possa. E se Tu torni,<br />
ricordati di Alessandro. Sono della centuria di Gerusalemme.”<br />
Giuda e i pastori sono ormai nell’androne.<br />
“Pace a voi tutti” dice Gesù.<br />
E vorrebbe dire altro, ma una giovinetta esile, ma ridente, fende il gruppo e<br />
gli si butta ai piedi: “La benedizione tua, ancora, su me, Maestro e Salvatore,<br />
e il mio bacio ancora a Te!” E gli bacia le mani.<br />
“Va’. Sii lieta, buona. Buona figlia, poi buona sposa, e poi buona madre.<br />
Insegna ai tuoi pargoli futuri il mio Nome e la mia dottrina. Pace a te e a tua<br />
madre. Pace e benedizione a tutti quelli che sono amici di Dio. Pace anche a te,<br />
Alessandro.”<br />
Gesù si allontana.<br />
“Abbiamo fatto tardi. Ma ci hanno assediato quelle donne” spiega Giuda. “Erano<br />
al Getsciemmì e volevano vederti. Noi eravamo andati, senza sapere gli uni degli<br />
altri, là, per fare con Te la strada. Ma Tu eri già andato via e c’erano invece<br />
loro. Le volevamo lasciare... Ma erano più insistenti di mosche. Volevano sapere<br />
tante cose... Hai guarito la fanciulla?”<br />
“Sì.”<br />
“E hai parlato al romano?”<br />
“Sì. E’ un cuore onesto. E cerca la Verità.”<br />
Giuda sospira.<br />
“Perché sospiri, Giuda?” chiede Gesù.<br />
“Sospiro perché... perché vorrei che fossero i nostri quelli che cercano la<br />
Verità. Invece o la fuggono, o la scherniscono, o restano indifferenti. Sono<br />
sfiduciato. Ho voglia di non rimettere piede qui e di non fare altro che<br />
ascoltare Te. Tanto, come discepolo non riesco a fare nulla.”<br />
“E credi tu che Io riesca molto? Non ti sconfortare, Giuda. Sono le lotte<br />
dell’apostolato. Più sconfitte che vittorie. Ma sconfitte qui. Lassù sono sempre<br />
vittorie. Il Padre vede la tua buona volontà e, se anche questa non riesce, ti<br />
benedice lo stesso.”<br />
“Oh! Tu sei buono!”. Giuda gli bacia una mano. “Io diventerò mai buono?”.<br />
“Sì. Se lo vorrai.”<br />
“Credo di esserlo stato in questi giorni... Ho sofferto ad esserlo... perché ho<br />
molti appetiti... ma lo sono stato pensando sempre a Te.”<br />
“Persevera, allora. Tu mi dài tanta gioia. E voi che notizie mi date?” chiede ai<br />
pastori.<br />
“Elia ti saluta e ti manda un poco di cibo. E dice di non dimenticarlo.”<br />
“Oh! Io ho nel cuore i miei amici! Andiamo sino a quel paesello nel verde. Poi a<br />
sera proseguiremo. Sono felice di essere con voi, di andare dalla Madre e di<br />
aver parlato della Verità ad un onesto. Sì, sono felice. Se sapeste che è per Me<br />
fare la mia missione e vedere che ad essa vengono i cuori, ossia al Padre, oh!<br />
come sempre più mi seguireste con lo spirito!...”.<br />
Non vedo altro.<br />
87. Con pastori e discepoli presso Doco. Isacco resta in Giudea.<br />
25 gennaio 1945.
“E io ti dico, Maestro, che sono più buoni gli umili. Questi a cui mi rivolsi<br />
ebbero derisione o noncuranza. Oh! i piccoli di Jutta!”.<br />
Isacco parla a Gesù. Sono tutti a crocchio sull’erba del margine fluviale.<br />
Isacco pare dia il resoconto delle sue fatiche.<br />
Giuda interviene e, caso raro, chiama a nome il pastore: “Isacco, io penso come<br />
te. Perdiamo tempo e fede a loro contatto. Io ci rinuncio.”<br />
“Io no. Ma ne soffro. Rinuncerò solo se il Maestro lo dice. Sono abituato da<br />
anni a soffrire per fedeltà alla verità. Non potevo mentire per ingraziosirmi i<br />
potenti. E sai quante volte vennero per burlarsi di me, nella mia stanza di<br />
infermo, promettendomi - oh! certo false promesse - aiuti se avessi detto che<br />
avevo mentito e che Tu, Gesù, non eri Tu, il Neonato Salvatore?! Ma io non<br />
potevo mentire. Mentire sarebbe stato un rinnegare la mia gioia, sarebbe stato<br />
uccidere la mia speranza unica, sarebbe stato respingerti, o Signore mio!<br />
Respingere Te! Nel buio della mia miseria, nello squallore della mia infermità,<br />
avevo sempre un cielo sparso di stelle: il volto di mia madre, unica gioia della<br />
mia vita di orfano, il volto di una sposa che non fu mai mia e della quale<br />
serbai l’amore anche oltre la morte. Queste le due stelle minori. E poi due<br />
stelle più grandi, pari a purissime lune: Giuseppe e Maria, sorridenti ad un<br />
Neonato e a noi poveri pastori, e fulgido, al centro del mio cielo del cuore, il<br />
volto tuo, innocente, soave, santo, santo, santo. Non potevo respingere questo<br />
mio cielo! Non volevo levarmi la sua luce che più pura non vi è. La vita<br />
piuttosto avrei respinto, e fra i tormenti, che respingerti, mio ricordo<br />
benedetto, mio Gesù Neonato!”<br />
Gesù posa la mano sulla spalla di Isacco e sorride.<br />
“Giuda parla ancora: “Allora tu insisti?”<br />
“Io insisto. Oggi, domani e domani ancora. Qualcuno verrà.”<br />
“Quanto durerà il lavoro?”<br />
“Non so. Ma credi. Basta non guardare avanti, né indietro. Fare giorno per<br />
giorno. E se a sera si è fatto con utile, dire: ‘Grazie, mio Dio’; se senza<br />
utile, dire: ‘Spero nel tuo aiuto per domani’.”<br />
“Sei saggio.”<br />
“Non so neppure che voglia dire ciò. Ma faccio nella mia missione quello che ho<br />
fatto nella mia malattia. Quasi trent’anni di infermità non sono un giorno!”<br />
“Eh! lo credo! Io non ero ancora nato e tu già eri infermo.”<br />
“Ero infermo. Ma non li ho mai contati, quegli anni. Non ho mai detto: ‘Ecco:<br />
torna nisam ed io non rifiorisco con le rose. Ecco, torna tisri ed io ancora qui<br />
languo’. Andavo avanti, parlando a me ed ai buoni di Lui. Mi accorgevo che gli<br />
anni passavano, perché i piccoli di un giorno venivano a portarmi i loro dolci<br />
di nozze e quelli delle nascite dei loro piccini. Ora se guardo indietro, ora<br />
che sono da vecchio tornato giovane, che vedo del passato? Nulla. <strong>E'</strong> passato.”<br />
“Nulla qui. Ma in Cielo è ‘tutto’ per te, Isacco, e quel tutto ti attende” dice<br />
Gesù.<br />
E poi, parlando a tutti: “Bisogna fare così. Lo faccio anche Io. Andare avanti.<br />
Senza stanchezze. La stanchezza è ancora una radica della superbia umana. E così<br />
la fretta. Perché ci si nausea delle sconfitte, perché ci si inquieta delle<br />
lentezze? Perché l’orgoglio dice: ‘A me dire di no? Con me tanta attesa? Questa<br />
è mancanza di rispetto per l’Apostolo di Dio’. No, amici. Guardate tutto il<br />
creato e pensate a Chi lo fece. Meditate sul progredire dell’uomo e pensate alla<br />
sua origine. Pensate a quest’ora che si compie e calcolate quanti secoli l’hanno<br />
preceduta. Il creato è opera di calma creazione. Il Padre non fece<br />
disordinatamente tutto. Ma fece per successivi tempi il creato. L’uomo è opera<br />
di un progredire paziente, l’uomo attuale, e sempre più progredirà nel sapere e<br />
nel potere. Questi poi saranno santi o non santi, a seconda del suo volere. Ma<br />
l’uomo non si fece dotto di un subito. I Primi, espulsi dal Giardino, dovettero<br />
imparare tutto, lentamente, continuamente. Imparare persino le cose più<br />
semplici: il chicco del grano è più buono sfarinato e poi impastato e poi cotto.<br />
E imparare come sfarinarlo, e come cuocerlo. Imparare come fare accesa la legna.<br />
Imparare come si fa una veste guardando il vello degli animali. Come una tana<br />
osservando le fiere. Come un giaciglio osservando i nidi. Imparare a curarsi con<br />
le erbe e le acque osservando le bestie che con esse si curano per istinto.<br />
Imparare a viaggiare per deserti e per mari studiando le stelle, domando i<br />
cavalli, imparando l’equilibrio nelle acque, a lui insegnato da un guscio di<br />
noce galleggiante sull’onda di un rio. Quante sconfitte prima di riuscire! Ma
iuscì. E andrà oltre. Non sarà più felice per questo, perché, più che nel bene,<br />
si farà esperto nel male. Ma progredirà. La Redenzione non è opera paziente?<br />
Decisa nei secoli dei secoli, e oltre decisa, ecco che viene ora che i secoli<br />
l’hanno preparata. Tutto è pazienza. Perché essere impazienti, allora? Non<br />
poteva Dio far tutto in un baleno? Non poteva l’uomo, dotato di ragione, uscito<br />
dalle mani di Dio, saper tutto in un baleno? Non potevo Io venire all’inizio dei<br />
secoli? Tutto poteva essere. Ma nulla deve essere violenza. Nulla. La violenza è<br />
sempre contraria all’ordine; e Dio, e ciò che da Dio viene, è ordine. Non<br />
vogliate essere da più di Dio.”<br />
“Ma allora quando sarai conosciuto?”<br />
“Da chi, Giuda?”<br />
“Ma dal mondo!”<br />
“Mai.”<br />
“Mai? Ma non sei il Salvatore?”<br />
“Lo sono. Ma il mondo non vuole essere salvato. Solo nella misura da uno a mille<br />
mi vorrà conoscere, e nella misura da uno a diecimila mi seguirà realmente. E<br />
dico ancora molto. Non sarò conosciuto neppure dai miei più intimi.”<br />
“Ma, se ti sono intimi, ti conosceranno.”<br />
“Sì, Giuda. Mi conosceranno come Gesù, l’israelita Gesù. Ma non mi conosceranno<br />
come Quello che sono. In verità vi dico che non sarò conosciuto da tutti i miei<br />
intimi. Conoscere vuol dire amare con fedeltà e virtù... e vi sarà chi non mi<br />
conoscerà.” Gesù ha la sua mossa di rassegnato sconforto, che sempre ha quando<br />
annuncia il futuro tradimento: apre le mani e le tiene così, volte all’infuori,<br />
col volto accorato che non guarda né gli uomini né il cielo, ma solo il suo<br />
futuro destino di Tradito.<br />
“Non lo dire, Maestro” supplica Giovanni.<br />
“Noi ti seguiamo per sempre più conoscerti” dice Simone, e a lui fanno coro i<br />
pastori.<br />
“Come una sposa ti seguiamo e ci sei più caro di essa; più gelosi di Te che di<br />
una donna noi siamo. Oh! no. Noi ti conosciamo già tanto che non possiamo più<br />
misconoscerti. Lui (e Giuda indica Isacco) dice che rinnegare il tuo ricordo di<br />
Neonato sarebbe stato per lui più atroce che perdere la vita. E non eri che un<br />
neonato. Noi ti abbiamo Uomo e Maestro. Noi ti udiamo e vediamo le tue opere.<br />
Il tuo contatto, il tuo alito, il tuo bacio, sono la nostra continua<br />
consacrazione e la nostra continua purificazione. Solo un satana potrebbe<br />
rinnegarti dopo esser stato tuo intimo!”<br />
“E’ vero, Giuda. Ma vi sarà.”<br />
“Guai a lui! Sarò il suo giustiziere” esclama Giovanni di Zebedeo.<br />
“No. Lascia al Padre la giustizia. Sii il suo redentore. Il redentore di<br />
quest’anima che tende a Satana. Ma salutiamo Isacco. La sera è venuta. Io ti<br />
benedico, servo fedele. Sai allora che Lazzaro di Betania è nostro amico e che<br />
vuole aiutare i miei amici. Io vedo. Tu resti. Arami il terreno arido di Giuda.<br />
Poi verrò. Tu sai, al bisogno, dove trovarmi. La mia pace a te” e Gesù benedice<br />
e bacia il suo discepolo.<br />
88. Dal pastore Giona nella pianura di Esdrelon.<br />
26 gennaio 1945.<br />
Per un sentieruolo fra campi arsi, tutti stoppie e grilli, Gesù cammina avendo<br />
ai lati Levi e Giovanni. Dietro, in gruppo, sono Giuseppe, Giuda e Simone.<br />
E’ notte. Ma non c’è refrigerio. La terra è un fuoco che continua a bruciare<br />
anche dopo l’incendio del giorno. La rugiada non può nulla su questa arsione. Io<br />
credo che si asciughi ancor prima di toccare il suolo, tanta è la vampa che esce<br />
dai solchi e dalle crepe del suolo.<br />
Tacciono tutti, spossati e accaldati. Ma vedo Gesù sorridere. La notte è chiara,<br />
per quanto la luna calante appena appaia ora all’estremo oriente.<br />
“Credi che ci sarà?” chiede Gesù a Levi.<br />
“Ci sarà certo. In questo tempo sono riposte le messi, né ancora sono iniziate<br />
le raccolte delle frutta. I contadini sono perciò occupati a sorvegliare vigneti<br />
e pometi dai predoni, e non si allontanano, specie quando i padroni sono esosi<br />
come quello che ha Giona. Samaria è vicina e quando quei rinnegati possono...<br />
oh! ci danneggiano volentieri, noi di Israele. Non sanno che poi i servi sono<br />
bastonati? Sì, che lo sanno. Ma ci odiano, ecco.”<br />
“Non avere astio, Levi.” dice Gesù.<br />
“No. Ma vedrai per colpa loro come fu ferito Giona cinque anni sono. Da allora
vive la notte di guardia. Perché il flagello è supplizio crudele...”<br />
“C’è ancora molto ad arrivare?”<br />
“No, Maestro. Vedi là dove finisce questo squallore e c’è quel mucchio scuro? Là<br />
sono i pometi di Doras, il duro fariseo. Se mi lasci, vado avanti per farmi<br />
udire da Giona.”<br />
“Va’.”<br />
“Ma sono tutti così i farisei, Signor mio?” chiede Giovanni. “Oh! non vorrei<br />
essere al loro servizio! Preferisco la barca.”<br />
“E’ la barca la prediletta?” chiede semiserio Gesù.<br />
“No, sei Tu! La barca lo era quando io non sapevo che c’era l’Amore sulla terra”<br />
risponde pronto Giovanni.<br />
Gesù ride della sua veemenza. “Non sapevi che sulla terra c’era l’amore? E come<br />
sei nato, allora, se tuo padre non amò tua madre?” chiede Gesù, come per burla.<br />
“Quell’amore è bello, ma non mi seduce. Sei Tu il mio amore, sei Tu l’Amore<br />
sulla terra per il povero Giovanni.”<br />
Gesù lo stringe a Sé e dice: “Avevo voglia di sentirtelo dire. L’Amore è avido<br />
di amore e l’uomo alla sua avidità dà e darà sempre impercettibili stille, come<br />
queste che cadono dal cielo e sono tanto meschine che si consumano a mezz’aria,<br />
nella vampa dell’estate. Anche le stille d’amore degli uomini si consumeranno a<br />
mezz’aria, uccise da vampe di troppe cose. Il cuore ancora le spremerà... ma gli<br />
interessi, gli amori, gli affari, le avidità, tante, tante cose umane, le<br />
bruceranno. E che salirà a Gesù? Oh! troppo poca cosa! Gli avanzi, i superstiti<br />
di tutti i palpiti umani, gli interessati palpiti degli umani per chiedere,<br />
chiedere, chiedere, mentre il bisogno urge. Amarmi solo per amore sarà proprietà<br />
di pochi: dei Giovanni... Guarda una spiga rinata. E’ forse un seme caduto alla<br />
mietitura. Ha saputo nascere, resistere al sole, alla siccità, alzarsi,<br />
incespire, far spiga... Senti, è già formata. Non c’è che lei viva in questi<br />
campi spogliati. Fra poco i chicchi maturi cadranno al suolo rompendo la veste<br />
glabra che li tiene serrati allo stelo, e saranno carità per gli uccellini,<br />
oppure, dando il cento per uno, rinasceranno ancora e, prima che l’inverno<br />
riporti l’aratro alle zolle, saranno di nuovo maturi, e sfameranno molti uccelli<br />
già stretti dalla fame delle più tristi stagioni... Vedi, Giovannino mio, quanto<br />
può fare un seme coraggioso? Così saranno i pochi che mi ameranno per amore. Uno<br />
solo servirà alla fame di tanti. Uno solo farà bella la zona dove è, prima era,<br />
il brutto del nulla. Uno solo farà vita dove era morte e a lui verranno gli<br />
affamati. Mangeranno un chicco del suo amore operoso e poi, egoisti e svagati,<br />
voleranno via. Ma anche a loro insaputa quel chicco deporrà germi vitali nel<br />
loro sangue, nel loro spirito... e torneranno... E oggi, e domani, e domani<br />
ancora, come diceva Isacco, verrà aumentata la cognizione dell’Amore nei cuori.<br />
Lo stelo, spogliato, non sarà più nulla. Un arso filo di paglia. Ma dal suo<br />
sacrificio quanto bene! E sul suo sacrificio quanto premio!”<br />
Gesù, che si era fermato un istante davanti a un’esile spiga nata ai bordi del<br />
sentiero, in una cunella che in tempi di pioggia forse era un ruscello, ha poi<br />
proseguito, ascoltato sempre da Giovanni nella sua solita posa di innamorato che<br />
beve non solo le parole ma le mosse dell’amato.<br />
Gli altri, che parlano fra loro, non si accorgono del dolce colloquio. Ora è<br />
raggiunto il pometo e sostano, riunendosi tutti. Il caldo è tale che sudano<br />
nonostante siano senza mantello. Tacciono e attendono.<br />
Dal folto oscuro, che ora appena la luna illumina, emerge la macchia chiara di<br />
Levi e, dietro, un’altra ombra più scura. “Maestro, qui è Giona.”<br />
“La mia pace venga a te!” saluta Gesù, prima ancora che Giona lo raggiunga.<br />
Ma Giona non risponde. Corre e si butta piangendo ai suoi piedi e li bacia.<br />
Quando può parlare dice: “Quanta attesa di Te! Quanta! Quanto sconforto sentire<br />
la vita passare, venire la morte, e dover dire: ‘E non l’ho visto!’. Eppure, no,<br />
non tutta la speranza moriva. Neppur quando fui per morire. Dicevo: ‘Ella lo ha<br />
detto: ,Voi lo servirete ancora’, ed Ella non può aver detto cosa non vera. E’<br />
la Madre dell’Emmanuele. Nessuna perciò più di Lei ha seco Dio, e chi ha Dio sa<br />
ciò che è di Dio.”<br />
“Alzati. Ella ti saluta. L’hai avuta vicina e vicina l’hai. Nazaret l'ospita.”<br />
“Tu! Lei! A Nazaret? Oh! l’avessi saputo! Di notte, nei freddi mesi del<br />
ghiaccio, quando dorme la campagna e i cattivi non possono nuocere ai<br />
coltivatori, sarei venuto, di corsa, a baciarvi i piedi, e sarei tornato via<br />
col mio tesoro di certezza. Perché non ti sei manifestato, Signore?”<br />
“Perché non era l’ora. Ora l’ora è venuta. Bisogna saper attendere. Tu l’hai
detto: ‘Nei mesi del gelo quando la campagna dorme’. Eppure è già seminata, non<br />
è vero? Ebbene, Io pure ero come il chicco già seminato. E tu mi avevi visto<br />
all’atto della semina. Poi ero scomparso. Seppellito sotto un necessario<br />
silenzio. Per crescere e giungere al tempo della messe e splendere agli occhi di<br />
chi mi aveva visto Neonato e del mondo. Quel tempo è venuto. Ora il Neonato è<br />
pronto ad essere Pane del mondo. E per primi cerco i miei fedeli, ed a loro<br />
dico: ‘Venite. Sfamatevi di Me’.”<br />
L’uomo lo ascolta sorridendo beato, e continua a dire come fra sé: “Oh! ci sei<br />
proprio! Ci sei proprio!”<br />
“Sei stato per morire? Quando?”<br />
“Quando fui fustigato a morte perché m’erano state spogliate due vigne. Guarda<br />
quante ferite!” Cala la veste e mostra le spalle tutte segnate da cicatrici<br />
irregolari. “Con una frusta di ferro mi ha percosso. Ha contato i grappoli<br />
raccolti, si vedeva dove il picciolo era stato strappato, e mi ha dato un colpo<br />
per ogni grappolo. E poi mi ha lasciato là, semimorto. Mi ha soccorso Maria, una<br />
giovane sposa di un mio compagno e che mi ha sempre voluto bene. Suo padre era<br />
il fattore prima di me, ed io, venuto qui, alla bambina ho messo amore perché si<br />
chiamava Maria. Mi ha curato e sono guarito dopo due mesi, perché le piaghe col<br />
caldo si erano invelenite e davano febbre forte. Ho detto al Dio d’Israele: ‘Non<br />
importa. Fammelo rivedere il tuo Messia. E non mi importa questo male. Prendilo<br />
per sacrificio. Non posso sacrificarti mai. Sono servo di un crudele e Tu lo<br />
sai. Neppure a Pasqua mi permette di venire al tuo altare. Prendi me per ostia.<br />
Ma dammi Lui’.”<br />
“E l’Altissimo ti ha fatto contento. Giona, mi vuoi servire, come i tuoi<br />
compagni già fanno?”<br />
“Oh! come farò?”<br />
“Come essi fanno. Levi sa e ti dirà quanto è semplice servire Me. Voglio solo la<br />
tua buona volontà.”<br />
“Quella te l’ho già data fin da quando Tu vagivi. Per essa tutto ho superato.<br />
Tanto gli sconforti che gli odii. E’... che qui non si può parlare che poco...<br />
Il padrone una volta mi ha colpito col piede, perché io insistevo che Tu eri. Ma<br />
quando egli era lontano, e con chi potevo fidarmi, oh! lo dicevo il prodigio di<br />
quella notte!”<br />
“E allora ora dì il prodigio del mio incontro. Vi ho trovati quasi tutti, e<br />
tutti fedeli. Non è questo un prodigio? Sol per avermi contemplato con fede e<br />
amore vi siete fatti giusti presso Dio e gli uomini.”<br />
“Oh! ora avrò un coraggio! Un coraggio! Ora so che ci sei e posso dire: ‘Egli è<br />
là. Andate a Lui!...’ Ma dove, Signore mio?”<br />
“Per tutto Israele. Sino a settembre starò in Galilea. Nazaret o Cafarnao mi<br />
avranno sovente, e da lì mi si potrà trovare. Poi... sarò dovunque. Sono venuto<br />
a radunare le pecore d’Israele.”<br />
“Oh! mio Signore! Troverai molti caproni. Diffida dei grandi in Israele!”<br />
“Nulla mi faranno di male se non sarà l’ora. Tu, ai morti, ai dormienti, ai<br />
vivi, di': ‘Il Messia è fra noi’.”<br />
“Ai morti, Signore?”<br />
“Ai morti dello spirito. Gli altri, i giusti morti nel Signore, già trasalgono<br />
di gioia per la prossima liberazione dal Limbo. Dillo ai morti: Io sono la Vita.<br />
Dillo ai dormienti: Io sono il Sole che sorge levando dal sonno. Dillo ai vivi:<br />
Io sono la Verità che essi cercano.”<br />
“E guarisci anche i malati? Levi mi ha detto di Isacco. Solo per lui il<br />
miracolo, perché il tuo pastore, o per tutti?”<br />
“Ai buoni il miracolo per giusto premio. Ai men buoni per spingerli alla bontà<br />
vera. Ai malvagi anche, talora, per scuoterli e farli persuasi che Io sono e che<br />
Dio è con Me. Il miracolo è un dono. Il dono è per i buoni. Ma Colui che è<br />
Misericordia e che vede la pesantezza umana, non scuotibile che per evento<br />
potente, ricorre anche a questo per poter dire: ‘Tutto ho fatto con voi e nulla<br />
è valso. Dite dunque da voi stessi che vi devo più fare.”<br />
“Signore, non ti sdegna entrare nella mia casa? Se Tu mi assicuri che il ladro<br />
non penetrerà nei poderi, io ti vorrei ospitare, e chiamare intorno a Te i pochi<br />
che ti conoscono per la mia parola. Il padrone ci ha piegati e franti come steli<br />
ignobili. Non abbiamo che la speranza di un premio eterno. Ma se Tu ti mostri ai<br />
cuori avviliti, essi avranno un’altra forza in loro.”<br />
“Vengo. Non temere per piante e vigneti. Puoi credere che gli angeli ti faranno<br />
guardia fedele?”
“Oh! Signore! Li ho visti i tuoi servi celesti. Credo. E vengo con Te sicuro.<br />
Benedette queste piante e queste vigne che hanno vento e canzone di ali e voci<br />
angeliche! Benedetto questo suolo che Tu santifichi col tuo piede! Vieni,<br />
Signore Gesù! Udite, piante e viti. Udite, zolle. Ora quel Nome che a voi<br />
confidai per la mia pace, lo dico a Lui. Gesù è qui. Udite, e per rami e tralci<br />
sussulti la linfa. Il Messia è con noi.”<br />
Tutto termina su queste gioiose parole.<br />
89. Commiato da Giona e arrivo di Gesù a Nazareth.<br />
27 gennaio 1945.<br />
Appena un baluginare di luce. Sulla porta di una misera capanna, e dico così<br />
perché chiamarla casa è troppo onore, sono Gesù coi suoi e Giona e altri miseri<br />
contadini come lui. E’ l’ora del commiato.<br />
“Non ti vedrò più, mio Signore? chiede Giona. “Tu ci hai portato la luce nel<br />
cuore. La tua bontà ha fatto di queste giornate una festa che durerà per tutta<br />
la vita. Ma Tu hai visto come siamo trattati. Il giumento ha più cure di noi. E<br />
la pianta è più umanamente trattata. Essi sono denaro. Noi siamo solo macine che<br />
diamo denaro. E andiamo usati sinché uno muore per eccesso d’uso. Ma le tue<br />
parole sono state tante carezze d’ali. Il pane ci è parso più abbondante e<br />
buono, poiché Tu con noi lo gustavi, questo pane che egli non dà ai suoi cani.<br />
Torna a spezzarlo con noi, Signore. Solo perché sei Tu, oso dire questo. Per<br />
chiunque altro sarebbe offesa offrirti un ricovero ed un cibo che sdegna il<br />
mendico. Ma Tu...”<br />
“Ma Io trovo in essi un profumo e un sapore celesti, perché vi è in essi fede e<br />
amore. Verrò, Giona. Verrò. Resta al tuo posto, tu legato come un animale alle<br />
stanghe. Il tuo posto sia la tua scala di Giacobbe. E invero dal Cielo a te<br />
vanno e vengono gli angeli, attenti a raccogliere tutti i tuoi meriti e portarli<br />
a Dio. Ma Io verrò a te. A sollevare il tuo spirito. Rimanetemi tutti fedeli.<br />
Oh! Io vorrei darvi pace anche umana. Ma non posso. Vi devo dire: soffrite<br />
ancora. E ciò è molto triste per Uno che ama...”<br />
“Signore, se Tu ci ami, non è più soffrire. Prima non avevamo nessuno che ci<br />
amasse... Oh! se potessi, io almeno, vedere tua Madre!”<br />
“Non ti angustiare. Io te la condurrò. Quando più dolce è la stagione, verrò con<br />
Lei. Non incorrere in castighi disumani per fretta di vederla. Sappila<br />
attendere come si attende il sorgere di una stella, della prima stella. Ella ti<br />
apparirà d’improvviso, proprio come fa la stella vespertina che ora non c’era e<br />
subito dopo palpita nel cielo. E pensa che anche da ora Ella effonde i suoi doni<br />
d’amore su te. Addio, voi tutti. La mia pace vi sia tutela contro le durezze di<br />
chi vi angustia. Addio, Giona. Non piangere. Hai atteso tanti anni, con fede<br />
paziente. Io ti prometto ora un’attesa ben breve. Non piangere. Non ti lascerò<br />
solo. La tua bontà ha asciugato il mio pianto puerile. Non basta la mia ad<br />
asciugare il tuo?”<br />
“Sì... ma Tu vai... e io resto... “<br />
“Amico, Giona, non farmi partire accasciato dal peso di non poterti<br />
sollevare...”<br />
“Non piango, Signore... Ma come farò a vivere senza più vederti, ora che so che<br />
sei vivo?”<br />
Gesù carezza ancora il vecchio disfatto e poi si stacca. Ma, ritto sul limite<br />
della misera aia, apre le braccia benedicendo la campagna. Poi si avvia.<br />
“Che hai fatto, Maestro?” chiede Simone, che ha notato l’insolito gesto.<br />
“Ho messo un sigillo su tutte le cose. Perché i satana non possano, nuocendo ad<br />
esse, nuocere a quegli infelici. Non potevo nulla di più...”<br />
“Maestro... andiamo avanti più svelti. Ti vorrei dire una cosa che non fosse<br />
udita.”<br />
Si staccano ancor più dal gruppo e Simone parla.<br />
“Vorrei dirti che Lazzaro ha ordine di usare la somma per soccorrere tutti
coloro che in nome di Gesù ad esso ricorrono. Non potremmo affrancare Giona?<br />
Quell’uomo è sfinito e non ha più che la gioia di averti. Diamogliela. La sua<br />
opera, lì, che vuoi che sia? Libero, sarebbe il tuo discepolo in questa pianura<br />
così bella e così desolata. Qui i più ricchi in Israele hanno terre opime e le<br />
spremono con usura crudele, esigendo dai lavoratori il cento per uno. Lo so da<br />
anni. Qui poco potrai sostare, perché qui impera la setta farisaica e non credo<br />
ti sarà mai amica. I più infelici in Israele sono questi lavoratori oppressi e<br />
senza luce. Tu l’hai udito, neppure per la Pasqua hanno pace e preghiera, mentre<br />
i duri padroni, con grandi gesti e studiate manifestazioni, si mettono in prima<br />
fila tra i fedeli. Avranno almeno la gioia di sapere che Tu ci sei, di udire,<br />
ripetute da uno che non ne altererà un iota, le tue parole. Se credi, Maestro,<br />
dà ordini, e Lazzaro farà.”<br />
“Simone, Io avevo compreso perché tu ti spogliavi di tutto. Non mi è ignoto il<br />
pensiero dell’uomo. E ti ho amato anche per questo. Facendo felice Giona, fai<br />
felice Gesù. Oh! come mi angustia vedere soffrire chi è buono! La mia condizione<br />
di povero e spregiato dal mondo non mi angustia che per questo. Giuda, se mi<br />
udisse, direbbe: ‘Ma non sei Tu il Verbo di Dio? Ordina, e le pietre diverranno<br />
oro e pane per i miseri’. Ripeterebbe l’insidia di Satana. Ben Io voglio sfamare<br />
le fami. Ma non come Giuda vorrebbe. Ancora siete troppo informi per capire la<br />
profondità di quanto dico. Ma a te lo dico: se Dio a tutto provvedesse,<br />
commetterebbe furto verso i suoi amici. Li priverebbe della facoltà di essere<br />
misericordiosi e di ubbidire perciò al comandamento d’amore. I miei amici devono<br />
avere questo segno di Dio in comune con Lui: la santa misericordia che è di<br />
opere e di parole. E le infelicità altrui danno modo ai miei amici di<br />
esercitarla. Hai compreso il pensiero?”<br />
“E’ profondo. Lo medito. E mi umilio, comprendendo quanto sono ottuso e quanto<br />
grande è Dio, che ci vuole con tutti i suoi attributi più dolci per dirci suoi<br />
figli. Dio mi si svela, nella sua molteplice perfezione, da ogni luce che Tu mi<br />
getti nel cuore. Di giorno in giorno, come uno che procede in luogo sconosciuto,<br />
io aumento la cognizione di questa immensa Cosa che è la Perfezione che ci vuole<br />
chiamare ‘figli’, e mi pare di salire come un’aquila o di immergermi come un<br />
pesce in due profondità senza confine quali sono il cielo e il mare, e sempre<br />
più salgo e mi immergo, né mai tocco il limite. Ma che è dunque Dio?”<br />
“Dio è l’irraggiungibile Perfezione, Dio è la compiuta Bellezza, Dio è<br />
l’infinita Potenza, Dio è l’incomprensibile Essenza, Dio è l’insuperabile Bontà,<br />
Dio è l’indistruttibile Compassione, Dio è l’immisurabile Sapienza, Dio è<br />
l’Amore divenuto Dio. E’ l’Amore! E’ l’Amore! Tu dici che più conosci Dio nella<br />
sua perfezione e più ti pare di salire o immergerti in due profondità senza<br />
confine, di azzurro senz’ombre.... Ma quando tu capirai cosa è l’Amore divenuto<br />
Dio, non salirai, non ti immergerai più nell’azzurro, ma in un gorgo<br />
incandescente di fiamme, e sarai aspirato verso una beatitudine che ti sarà<br />
morte e vita. Dio lo avrai, con completo possesso, quando, per la tua volontà,<br />
sari riuscito a comprenderlo e a meritarlo. Allora ti fisserai nella sua<br />
perfezione.”<br />
“O Signore!”... Simone è sopraffatto.<br />
Si fa il silenzio. La strada viene raggiunta. Gesù sosta in attesa degli altri.<br />
Quando il gruppo si riunisce, Levi si inginocchia: “Dovrei lasciarti, Maestro.<br />
Ma il tuo servo ti fa una preghiera. Portami da tua Madre. Costui è orfano come<br />
me. Non negare a me ciò che a lui dài perché veda un volto di madre...”<br />
“Vieni. Quanto in nome di mia Madre si chiede, in nome di mia Madre Io do...”<br />
...Gesù è solo. Cammina velocemente fra boschi di ulivi carichi di ulivette già<br />
ben formate. Il sole, per quanto verso il tramonto, dardeggia oltre la cupola<br />
grigio verde delle piante preziose e pacifiche, ma non buca l’intrico dei rami<br />
che con minuti occhiellini di luce. La via maestra, invece, incassata fra due<br />
prode, è un nastro di polverosa incandescenza abbacinante.<br />
Gesù procede e sorride. Raggiunge un balzo... e sorride ancor più vivamente.<br />
Ecco là Nazaret... pare tremolare nel sole, tanto l’incandescenza del sole la<br />
stringe. Gesù scende ancor più veloce. Raggiunge la via, ora, senza curarsi del<br />
sole. Pare che voli, tanto va lesto, col mantello, che si è messo a riparo sul<br />
capo, che si gonfia e palpita ai lati e dietro a Lui. La via è deserta e<br />
silenziosa sino alle prime case. Lì qualche voce di bimbo o di donna si sente<br />
venire dagli interni e dagli orti, che spenzolano sin sulla via le fronde dei<br />
loro alberi. Gesù ne approfitta, di queste chiazze d’ombra, per sfuggire<br />
all’implacabile sole. Svolta per una stradetta che per metà è nell’ombra. Lì vi
sono donne che si affollano ad un pozzo fresco. Lo salutano quasi tutte e con<br />
voci acute di ben tornato.<br />
“La pace sia a voi tutte... Ma fate silenzio. Voglio fare una sorpresa a mia<br />
Madre.”<br />
“Sua cognata è andata via ora con una brocca fresca. Ma deve tornare. Sono<br />
rimaste senz’acqua. La sorgiva è asciutta o si sperde nel suolo ardente prima di<br />
giungere al tuo orto. Non sappiamo. Maria d’Alfeo lo diceva ora. Eccola che<br />
viene.”<br />
La madre di Giuda e Giacomo viene con un’anfora sul capo e una per mano. Non<br />
vede subito Gesù e grida: “Così faccio più presto. Maria è tutta triste, perché<br />
i suoi fiori muoiono di sete. Sono ancora quelli di Giuseppe e di Gesù, e le<br />
pare che le si strappi il cuore a vederli languire”.<br />
“Ma ora che vede Me...” dice Gesù apparendo da dietro il gruppo.<br />
“Oh! il mio Gesù! Te benedetto! Lo vado a dire...”<br />
“No. Vado Io. Dàmmi le anfore.”<br />
“La porta è solo accostata. Maria è nell’orto. Oh! come sarà felice! Parlava di<br />
Te anche stamane. Ma con questo sole! Venire! Sei tutto sudato! Sei solo?”<br />
“No. Con amici. Ma sono venuto avanti. Per vedere prima la Mamma. E Giuda?”<br />
“E’ a Cafarnao. Ci va spesso...” Maria non dice altro. Ma sorride, mentre<br />
asciuga col suo velo il volto bagnato di Gesù.<br />
Le brocche sono pronte. Gesù se ne carica due a bilico sulle spalle usando la<br />
sua cintura, e l’altra la porta con la mano. Va, svolta, giunge alla casa,<br />
spinge la porta, entra nella stanzetta che pare scura rispetto al gran sole<br />
esterno, alza piano la tenda che fa riparo alla porta dell’orto, osserva.<br />
Maria è ritta presso un rosaio, volgendo le spalle alla casa, e compassiona la<br />
pianta assetata. Gesù posa la brocca a terra, e il rame suona sbattendo contro<br />
un sasso. “Già qui, Maria? dice la Mamma senza voltarsi. “Vieni, vieni. Guarda<br />
questo rosaio! E questi poveri gigli. Morranno tutti, se non li soccorriamo.<br />
Porta anche delle cannucce per sorreggere questo stelo che cade.”<br />
“Tutto ti porto, Mamma.”<br />
Maria si volge di scatto. Resta per un secondo ad occhi sbarrati, poi con un<br />
gran grido corre a braccia tese verso il Figlio, che ha già aperto le sue e<br />
l’attende con un sorriso tutto amore.<br />
“Oh! Figlio mio!”<br />
“Mamma! Cara!”<br />
L’espansione è lunga, soave, e Maria è tanto felice che non vede, non sente,<br />
quanto sia accaldato Gesù. Ma poi si sovviene: “Perché, Figlio, in tale ora? Sei<br />
di porpora e sudi come una spugna. Vieni, vieni dentro. Che la Mamma ti asciughi<br />
e rinfreschi. Ora ti porto una veste nuova e sandali mondi. Ma Figlio! Figlio!<br />
Perché in giro con questo sole? Muoiono le piante per il calore e Tu, mio Fiore,<br />
vai in giro!”<br />
“Per venire prima da te, Mamma!”<br />
“Oh! Caro! Hai sete? Certo l’hai. Ora ti preparo...”<br />
“Sì, del tuo bacio, Mamma. Delle tue carezze. Lasciami stare così, col capo<br />
sulla tua spalla, come quando ero piccino... Oh! Mamma! Come mi manchi!”<br />
“Ma dimmi di venire, Figlio, ed io verrò. Che ti è mancato per la mia assenza?<br />
Cibo a Te gradito? vesti fresche? letto ben fatto? Oh! dimmelo, mia Gioia, che<br />
t’è mancato. La tua serva, o Signor mio, cercherà di provvedere.”<br />
“Nulla che tu non fossi...”<br />
Gesù, che è rientrato tenuto per mano dalla Mamma e che si è seduto sulla<br />
cassapanca presso la parete, avendo di fronte Maria che cinge con le braccia,<br />
stando col capo contro il suo cuore e baciandola di tanto in tanto, ora la<br />
guarda fissa. “Lascia che Io ti guardi. Che mi empia la vista di te, Mamma mia<br />
santa!”<br />
“Prima la veste. E’ male stare così bagnato. Veni”.<br />
Gesù ubbidisce. Quando torna in una veste fresca, il colloquio riprende soave.<br />
“Sono venuto con discepoli e amici. Ma li ho lasciati nel bosco di Melca.<br />
Verranno domani all’aurora. Io... non potevo più attendere. La mia Mamma!... ” e<br />
le bacia le mani. “Maria di Alfeo si è ritirata per lasciarci soli. Anche lei ha<br />
capito la mia sete di te. Domani... domani sarai tu dei miei amici ed Io dei<br />
nazareni. Ma questa sera tu sei l’Amica mia ed Io il tuo. Ti ho portato... oh!<br />
Mamma, ho trovato i pastori di Betlemme. E ti ho portato due di essi: sono<br />
orfani e tu sei la Madre. Di tutti. E più degli orfani. E ti ho portato anche<br />
uno che ha bisogno di te per vincere se stesso. E un altro che è un giusto e che
ha pianto. E poi Giovanni... E ti ho portato il ricordo di Elia, di Isacco,<br />
Tobia ora Mattia, Giovanni e Simeone. Giona è il più infelice. Ti porterò a lui.<br />
L’ho promesso. Altri li cercherò ancora. Samuele e Giuseppe sono nella pace di<br />
Dio.”<br />
“Fosti a Betlemme?”<br />
“Sì, Mamma. Vi ho portato i discepoli che avevo meco. E ti ho portato questi<br />
fioretti, nati fra le pietre della soglia.”<br />
“Oh!” Maria prende gli steli disseccati e li bacia. “E Anna?”<br />
“E’ morta nella strage di Erode.”<br />
“Oh! misera! Ti amava tanto!”<br />
“I betlemmiti hanno molto sofferto. E non sono stati giusti coi pastori. Ma<br />
hanno molto sofferto...”<br />
“Ma con Te furono buoni allora!”<br />
“Sì. Per questo vanno compatiti. Satana è invidioso di quella loro bontà e li<br />
aizza al male. Sono stato anche a Ebron. I pastori, perseguitati...”<br />
“Oh! fino a tanto?”<br />
“Sì. Furono aiutati da Zaccaria, e per lui ebbero padroni e pane anche se duri<br />
padroni. Ma sono anime di giusti, e delle persecuzioni e delle ferite si sono<br />
fatti pietre di santità. Li ho radunati. Ho guarito Isacco e... e ho dato il mio<br />
Nome ad un piccino... A Jutta, dove Isacco languiva e da dove risorse, vi è ora<br />
un gruppo innocente che si chiama Maria, Giuseppe e Jesai...”<br />
“Oh! il tuo Nome!”<br />
“E il tuo, e quello del Giusto. E a Keriot, patria di un discepolo, un fedele<br />
israelita mi morì sul cuore. Di gioia di avermi avuto... E poi... oh! quante<br />
cose ho da dirti, mia perfetta Amica, Madre soave! Ma per prima, Io te ne prego,<br />
chiedo da te tanta pietà per quelli che verranno domani. Ascolta: mi amano... ma<br />
non sono perfetti. Tu, Maestra di virtù... oh! Madre, aiutami a farli buoni...<br />
Io li vorrei tutti salvare...” Gesù è scivolato ai piedi di Maria. Ora lei<br />
appare nella sua maestà di Madre.<br />
“Figlio mio! Che vuoi che faccia la tua povera Mamma più di Te?”<br />
“Santificarli... La tua virtù santifica. Te li ho portati apposta. Mamma...<br />
un giorno ti dirò: ‘Vieni’, perché allora sarà urgente santificare gli spiriti,<br />
perché Io trovi in loro volontà di redenzione. E Io solo non potrò.... Il tuo<br />
silenzio sarà attivo come la mia parola. La tua purezza aiuterà la mia potenza.<br />
La tua presenza terrà indietro Satana... e tuo Figlio, Mamma, troverà forza nel<br />
saperti vicina. Verrai, non è vero, mia dolce Madre?”<br />
“Gesù! Caro! Figlio! Non ti sento felice... Che hai, Creatura del mio cuore? Fu<br />
duro con Te il mondo? No? Mi è sollievo crederlo... ma... Oh! sì. Verrò. Dove Tu<br />
vuoi. Come Tu vuoi. Quando Tu vuoi. Anche ora, sotto al sole, sotto le stelle<br />
come nel gelo e fra i piovaschi. Mi vuoi? Eccomi.”<br />
“No. Ora no. Ma un giorno... Come è dolce la casa! E la tua carezza! Lasciami<br />
dormire così, col capo sui tuoi ginocchi. Sono tanto stanco! Sono sempre il tuo<br />
Figliolino!...” E Gesù realmente si addormenta, stanco e spossato, seduto sulla<br />
stuoia, col capo in grembo alla Madre che lo carezza sui capelli, beata.<br />
90. L’arrivo a Nazareth dei discepoli con i pastori.<br />
28 gennaio 1945.<br />
Vedo Maria che, scalza e solerte, va e viene per la sua casetta alle prime luci<br />
del giorno. Nella sua veste di un azzurro tenue pare una gentile farfalla che<br />
sfiori senza rumore pareti e oggetti. Si accosta alla porta che dà sulla strada<br />
e l’apre con cura di non far rumore; la lascia socchiusa, dopo aver dato<br />
un’occhiata sulla via ancora deserta. Riordina, apre porte e finestre, entra nel<br />
laboratorio dove, ora che è abbandonato dal Legnaiuolo, sono i telai di Maria, e<br />
anche lì si dà fare. Copre con cura uno dei telai, su cui è una tessitura<br />
iniziata, e sorride ad un suo pensiero nel guardarla.<br />
Esce nell’orto. I colombi le si affollano sulle spalle. E con voli brevi, da una<br />
spalla all’altra, per avere il posto migliore, rissosi e gelosi per amore di<br />
Lei, l’accompagnano sino ad un ripostiglio dove sono provviste di cibarie. Ella<br />
ne trae grani per loro e dice: “Qui, oggi qui. Non fate rumore. E’ tanto<br />
stanco!”
E poi prende farina e va in una stanzetta presso il forno e si pone a fare il<br />
pane. Lo impasta e sorride. Oh! come sorride oggi, la Mamma. Pare la giovanetta<br />
Madre della Natività, tanto è ringiovanita dalla gioia. Dalla pasta del pane ne<br />
leva un mucchio e la pone da parte, coprendolo, e poi ripiglia il lavoro,<br />
accaldandosi, coi capelli resi più chiari da una lieve incipriatura di farina.<br />
Entra piano Maria d’Alfeo. “Già al lavoro?”<br />
“Sì. Faccio il pane e, guarda, le focacce di miele che a Lui piacciono tanto.”<br />
“Fa’ quelle. La pasta del pane è tanta. Te la lavoro io.”<br />
Maria d’Alfeo, robusta e più popolana, lavora con lena al suo pane, mentre Maria<br />
intride miele e burro nei suoi dolci e ne fa tanti tondi che pone su una lastra.<br />
“Non so come fare ad avvisare Giuda... Giacomo non osa.. e gli altri...” Maria<br />
d’Alfeo sospira.<br />
“Oggi verrà Simon Pietro. Viene sempre il secondo giorno dopo il sabato, col<br />
pesce. Manderemo lui da Giuda.”<br />
“Se vorrà andare...”<br />
“Oh! Simone non dice mai di no.”<br />
“La pace sia su questo vostro giorno” dice Gesù, apparendo.<br />
Le due donne sobbalzano alla voce di Lui.<br />
“Già alzato? Perché? Volevo Tu dormissi...”<br />
“Ho dormito un sonno da cuna, Mamma. Tu, non devi aver dormito...”<br />
“Ti ho guardato dormire... Facevo sempre così quando eri piccino. Nel sonno<br />
sorridevi sempre... e quel tuo sorriso mi restava tutto il giorno in cuore come<br />
una perla... Ma questa notte non sorridevi, Figlio. Sospiravi come chi è<br />
afflitto... ” Maria se lo guarda con struggimento.<br />
“Ero stanco, Mamma. E il mondo non è questa casa dove tutto è onestà e amore.<br />
Tu... tu sai Chi sono e puoi capire cosa è per Me il contatto con il mondo. E’<br />
come chi cammina su una strada fetida e motosa. Anche se è attento, un poco di<br />
fango lo spruzza, e il fetore penetra anche se egli si sforza di non<br />
respirare... e se costui è uomo che ama ciò che è lindura e aria pura, puoi<br />
pensare se ciò gli fa noia...”<br />
“Sì, Figlio. Io capisco. Ma mi fa pena che Tu soffra...”<br />
“Ora sono con te e non soffro. C’è il ricordo... Ma serve a fare più bella la<br />
gioia di essere con te”. E Gesù si china a baciare la Mamma.<br />
Carezza anche l’altra Maria, che entra tutta rossa per aver acceso il forno.<br />
“Bisognerà avvisare Giuda” è la preoccupazione di Maria d’Alfeo.<br />
“Non occorre. Giuda sarà qui, oggi.”<br />
“Come lo sai?”<br />
Gesù sorride e tace.<br />
“Figlio, tutte le settimane, in questo giorno, viene Simon Pietro. Mi vuole<br />
portare il pesce pescato nelle prime vigilie. E giunge verso il finire dell’ora<br />
prima. Sarà felice, oggi. E’ buono Simone. Nelle ore che resta, ci aiuta. Vero<br />
Maria?”<br />
“Simon Pietro è un onesto e un buono” dice Gesù. “Ma anche l’altro Simone, che<br />
fra poco vedrai, è un grande cuore. Vado loro incontro. Staranno per venire.”<br />
E Gesù esce, mentre le donne, infornato il pane, tornano in casa dove Maria si<br />
rimette i sandali e torna con una veste di lino tutta candida.<br />
Passa qualche tempo e nell’attesa Maria d’Alfeo dice: “Non hai fatto in tempo a<br />
finire quel lavoro.”<br />
“Lo finirò presto. E il mio Gesù ne avrà refrigerio d’ombra senza averne gravato<br />
il capo.”<br />
La porta viene spinta dal di fuori. “Mamma, ecco i miei amici. Entrate.”<br />
Entrano in gruppo i discepoli e i pastori. Gesù tiene per le spalle i due<br />
pastori e li guida alla Madre: “Ecco due figli che cercano una madre. Sii la<br />
loro gioia, Donna.”<br />
“Io vi saluto... Tu?... Levi?.. tu? Non so, ma per l’età, Egli mi ha detto, sei<br />
certo Giuseppe. Quel nome è dolce e sacro qui dentro. Vieni, venite. Con gioia<br />
vi dico: la mia casa vi accoglie e una Madre vi abbraccia, in ricordo di quanto<br />
voi, tu in tuo padre, avete avuto amore per il mio Bambino.”<br />
I pastori sembrano incantati, tanto sono estatici.<br />
“Sono Maria, sì. Tu hai visto la Madre felice. Sono sempre quella. Anche ora<br />
felice di vedere il Figlio mio fra cuori fedeli.”<br />
“E questo è Simone, Mamma.”<br />
“Tu hai meritato grazia perché sei buono. Lo so. E la Grazia di Dio sia sempre<br />
con te.”
Simone, più esperto degli usi del mondo, si inchina fino a terra, tenendo le<br />
braccia incrociate sul petto, e saluta: “Ti saluto, Madre vera della Grazia, e<br />
altro non chiedo all’Eterno, ora che conosco la Luce e te, più di luna soave.”<br />
“E questo è Giuda di Keriot.”<br />
“Ho una madre, ma il mio amore per lei scompare rispetto alla venerazione che<br />
sento per te.”<br />
“No. Non per me. Per Lui. Io sono perché Egli è. Né nulla per me voglio. Ma solo<br />
per Lui chiedo. So quanto hai onorato il Figlio mio nella tua patria. Ma ancora<br />
ti dico: sia il tuo cuore il luogo in cui Egli riceve da te il sommo onore.<br />
Allora io ti benedirò con cuore di Madre.”<br />
“Il mio cuore è sotto il calcagno del Figlio tuo. Felice oppressione. La morte<br />
sola scioglierà la mia fedeltà.”<br />
“E questo è il nostro Giovanni, Mamma.”<br />
“Ero tranquilla da quando sapevo che tu eri presso Gesù. Ti conosco e riposo<br />
nello spirito, quando ti so col Figlio mio. Sii benedetto, mia quiete”. “ E lo<br />
bacia.<br />
La voce aspra di Pietro si fa udire da fuori: “Ecco il povero Simone che porta<br />
il suo saluto e...”<br />
E’ entrato ed è rimasto di stucco. Ma poi getta per terra il paniere rotondo,<br />
che aveva penzoloni sulla schiena, e si getta giù anche lui dicendo: “Ah!<br />
Signore eterno! Però... No, questa non me la dovevi fare, Maestro! Esser qui...<br />
e non far sapere niente al povero Simone! Dio ti benedica, Maestro! Ah! come<br />
sono felice! Non ne potevo più di stare senza di Te!” e gli carezza la mano,<br />
senza dar retta a Gesù che gli dice: “Alzati, Simone. Ma alzati, dunque.”<br />
“Mi alzo, sì. Ma però... Ehi, tu, ragazzo! (il ragazzo è Giovanni) tu almeno<br />
potevi correre a dirmelo! Ora fila, subito. A Cafarnao, a dirlo agli altri... e<br />
prima in casa di Giuda. Sta per arrivare tuo figlio, donna. Svelto. Fa’ conto di<br />
essere una lepre che ha dietro i cani.”<br />
Giovanni parte ridendo.<br />
Pietro si è infine alzato. Continua a tenere tra le sue corte, tozze mani dalle<br />
vene rilevate, la lunga mano di Gesù e lo bacia senza lasciarlo, nonostante<br />
voglia dare il suo pesce che è a terra, nel paniere. “Eh! no. Non voglio che Tu<br />
te ne vada un’altra volta senza di me. Mai più, mai più così tanto senza<br />
vederti! Ti seguirò come l’ombra segue il corpo e la corda l’ancora. Dove sei<br />
stato, Maestro? Io mi dicevo: ‘Oh! dove sarà? Che farà? E quel bambino di<br />
Giovanni saprà curarlo? Starà attento che non si stanchi troppo? Che non resti<br />
senza cibo?’ Eh! Ti conosco!... Sei più magro! sì. Più magro. Non ti ha curato<br />
bene! Gli dirò che... Ma dove sei stato, Maestro? Non mi dici nulla!”<br />
“Aspetto che tu mi lasci parlare!”<br />
“E’ vero. Ma.. ah! vederti è come un vino nuovo. Va al capo solo con l’odore.<br />
Oh! il mio Gesù” Pietro quasi piange per reazione di gioia.<br />
“Anche Io ho sentito il desiderio di te, di voi tutti, anche se ero con cari<br />
amici. Ecco, Pietro. Questi sono due che mi hanno amato da quando ero di poche<br />
ore. Più ancora: hanno già sofferto per Me. Qui vi è un figlio senza padre né<br />
madre per causa mia. Ma ha tanti fratelli in voi tutti, non è vero?”<br />
“Lo chiedi, Maestro? Ma se, per un caso, il Demonio ti amasse, lo amerei perché<br />
ti ama. Siete poveri anche voi, vedo. E allora siamo uguali. Venite che vi baci.<br />
Sono pescatore, ma ho il cuore più tenero di un piccioncino. E sincero Non<br />
guardate se sono rude. Il duro è fuori. Dentro sono tutto miele e burro. Coi<br />
buoni, però... perché coi malvagi...”<br />
“E questo è il nuovo discepolo.”<br />
“Mi pare di averlo già visto...”<br />
“Sì. E’ Giuda di Keriot, e il tuo Gesù per merito suo ebbe buone accoglienze in<br />
quella città. Vi prego di amarvi, anche se di diversa regione. Siete tutti<br />
fratelli nel Signore.”<br />
“E come tale lo tratterò, se sarà proprio tale. E... sì... (Pietro guarda fisso<br />
Giuda, uno sguardo aperto e ammonitore) e.. sì.. é meglio che lo dica, così i<br />
conosci subito, e bene. Lo dico: non ho molta stima per dei giudei in genere e<br />
dei cittadini di Gerusalemme in particolare. Ma sono onesto. E sulla mia onestà<br />
ti assicuro che metto da parte tutte le idee che ho su voi e che voglio vedere<br />
in te solo il fratello discepolo. Ora a te a non farmi mutare pensiero e<br />
decisione.”<br />
“Anche con me, Simone, hai tali preconcetti?” chiede lo Zelote sorridendo.<br />
“Oh! non ti avevo visto! Con te? Oh! con te, no. Hai l’onestà dipinta sul volto.
Ti trasuda la bontà dal cuore all’esterno, come olio odorifero da vaso poroso. E<br />
sei anziano. Ciò non è sempre un merito. Delle volte più si invecchia, più si<br />
diventa falsi e cattivi. Ma tu sei di quelli che fanno come i vini pregiati. Più<br />
diventano vecchi e più si fanno schietti e buoni.”<br />
“Hai giudicato bene, Pietro” dice Gesù. “Ora venite. Mentre le donne lavorano<br />
per noi, sostiamo sotto la pergola fresca. Come è bello stare con gli amici!<br />
Andremo poi tutti insieme per la Galilea e oltre. Ossia: tutti, no. Levi, ora<br />
che è fatto contento, tornerà da Elia a dirgli che la Maria lo saluta. Vero,<br />
Mamma?”<br />
“Che lo benedico, e così Isacco e gli altri. Il Figlio mio mi ha promesso di<br />
condurmi seco... ed io verrò da voi, primi amici del mio Bambino.”<br />
“Maestro, vorrei che Levi portasse a Lazzaro lo scritto che sai.”<br />
“Preparalo, Simone. Oggi è festa piena. Domani sera Levi partirà. In tempo per<br />
giungere prima del Sabato. Venite, amici...”<br />
Escono nella verde ortaglia e tutto ha fine.<br />
91. Prima lazione ai discepoli nell’uliveto presso Nazareth.<br />
29 gennaio 1945.<br />
Vedo Gesù con Pietro, Andrea, Giovanni, Giacomo, Filippo, Tommaso, Bartolomeo,<br />
Giuda Taddeo, Simone e Giuda Iscariota e il pastore Giuseppe, uscire dalla sua<br />
casa e andare fuori Nazaret. Ma nelle immediate vicinanze, sotto un folto<br />
d’ulivi. Dice:<br />
“Venite a Me intorno. In questi mesi di presenza e di assenza Io vi ho pesati e<br />
studiati. Vi ho conosciuti ed ho conosciuto, con esperienza d’uomo, il mondo.<br />
Ora Io ho deciso di mandarvi nel modo. Ma prima devo ammaestrarvi per rendervi<br />
capaci di affrontare il mondo con la dolcezza e la sagacia, la calma e la<br />
costanza, con la coscienza e la scienza della vostra missione. Questo tempo di<br />
furore solare, che vieta ogni lunga peregrinazione per la Palestina, sarà usato<br />
da Me per la vostra istruzione e formazione di discepoli. Come un musico ho<br />
sentito ciò che in voi è discorde e vengo a mettervi in nota per l’armonia<br />
celeste che dovete trasmettere al mondo, in mio nome. Trattengo questo figlio,<br />
(e accenna a Giuseppe) perché delego a lui l’incarico di portare ai suoi<br />
compagni le mie parole, perché anche là si formi un nucleo valido che mi annunci<br />
non con il solo annuncio del mio essere, ma con le più essenziali<br />
caratteristiche della mia dottrina.<br />
Per prima cosa vi dico che è assolutamente necessario in voi amore e fusione.<br />
Cosa siete voi? Uomini di ogni classe sociale, e di ogni età, e di ogni luogo.<br />
Ho preferito prendere coloro che sono vergini di dottrine e di cognizioni,<br />
perché più facilmente in essi penetrerò con la mia dottrina, ed anche perché -<br />
essendo voi destinati ad evangelizzare coloro che saranno nell’assoluta<br />
ignoranza del Dio vero - voglio che, ricordando la loro primitiva ignoranza di<br />
Dio, non ne abbiano sdegno, e con pietà li ammaestrino, ricordando con quanta<br />
pietà Io li ho ammaestrati.<br />
Io sento in voi un’obbiezione: ‘Noi non siamo dei pagani, anche se senza cultura<br />
intellettuale’. No. Non lo siete. Ma non solo voi, sibbene anche quelli che fra<br />
voi rappresentano i dotti ed i ricchi, siete avvolti in una religione che,<br />
snaturata per troppe ragioni, di religione non ha che il nome. In verità vi dico<br />
che molti sono coloro che si gloriano di essere figli della Legge. Ma di essi<br />
otto parti su dieci non sono che idolatri che hanno confuso fra nebbie di mille<br />
piccole religioni umane la vera, santa, eterna Legge del Dio di Abramo, Isacco,<br />
Giacobbe. Perciò, guardandovi l’un l’altro, tanto voi pescatori umili e senza<br />
cultura, come voi che siete mercanti o figli di mercanti, ufficiali o figli di<br />
ufficiali, ricchi o figli di ricchi, dite: ‘Siamo tutti uguali. Tutti abbiamo le<br />
stesse manchevolezze e tutti abbisogniamo dello stesso ammaestramento. Fratelli<br />
nei difetti personali o nazionali, dobbiamo d’ora in poi divenire fratelli nella<br />
conoscenza della Verità e nello sforzo di praticarla’.<br />
Ecco: fratelli. Voglio che tali vi chiamiate e tali vi vediate. Voi siete come<br />
una famiglia sola. Quando è che una famiglia prospera e il mondo l’ammira?<br />
Quando è unita e concorde. Se un figlio diviene nemico dell’altro, se un<br />
fratello nuoce all’altro, può mai la prosperità di quella famiglia durare? No.<br />
Invano il padre di famiglia si sforza a lavorare, a spianare le difficoltà, ad<br />
imporsi al mondo. I suoi sforzi restano senza riuscita, e perché i beni si
sgretolano, le difficoltà aumentano, il mondo deride per questo stato di lite<br />
perpetua che spezzetta cuore e sostanze, che unite erano potenti contro il<br />
mondo, in un mucchietto di piccoli, piccósi interessi contrari, di cui si<br />
approfittano i nemici della famiglia per sempre più accelerarne la rovina. Così<br />
non sia mai in voi. Siate uniti. Amatevi. Amatevi per aiutarvi. Amatevi per<br />
insegnare ad amare.<br />
Osservate. Anche ciò che ci circonda ci insegna questa grande forza. Guardate<br />
questa tribù di formiche che accorre tutta verso un luogo. Seguiamola. E<br />
scopriremo la ragione del loro non inutile accorrere verso un punto... Ecco qua.<br />
Questa loro piccola sorella ha scoperto con i suoi organi minuscoli e a noi<br />
invisibili, un grande tesoro sotto questa larga foglia di radicchio selvatico.<br />
E’ un pezzo di midolla di pane, forse caduta ad un contadino qui venuto a curare<br />
i suoi ulivi, a qualche viandante che ha sostato in quest’ombra mangiando il suo<br />
cibo, o ad un bambino festoso sull’erba fiorita. Come poteva da sola trascinare<br />
nella tana questo tesoro mille volte più grosso di lei? Ed, ecco, ha chiamato<br />
una sorella e le ha detto: ‘Guarda. E corri, presto, a dire alle sorelle che qui<br />
c’è cibo per tutta la tribù e per molti giorni. Corri, prima che scopra questo<br />
tesoro un uccello e chiami i suoi compagni e lo divorino’. E la formichina è<br />
corsa, anelante per asperità di terreno, su, giù per ghiaie e steli sino al<br />
formicaio e ha detto: ‘Venite. Una di noi vi chiama. Ha trovato per tutte. Ma da<br />
sola non può portarlo qui. Venite.’ E tutte, anche quelle che, già stanche di<br />
tanto lavoro fatto per tutto il giorno, riposavano per le gallerie della tana,<br />
sono corse; anche quelle che stavano ammucchiando le provviste nelle celle di<br />
ammasso. Una, dieci, cento, mille... Guardate... Afferrano con le branche,<br />
sollevano facendo del loro corpo carretto, strascicano puntando le zampine al<br />
suolo Questa cade... l’altra, là, quasi si storpia perché la punta del pane la<br />
inchioda in un rimbalzo fra la sua estremità e un sasso; questa, così piccina,<br />
una giovinetta della tribù, si ferma spossata... ma pure, ecco, ripreso fiato,<br />
riparte. Oh! Come sono unite! Guardate: ora il pezzo di pane è tutto abbracciato<br />
da esse e va, va, lentamente, ma va. Seguiamolo... Ancora un poco, piccole<br />
sorelle, ancora un poco e poi la vostra fatica sarà premiata. Non ne possono<br />
più. Ma non cedono. Riposano e poi ripartono... Ecco raggiunto il formicaio. E<br />
ora? Ora al lavoro per recidere in briciole la grossa mollica. Guardate che<br />
lavoro! Chi taglia e chi trasporta... Ecco finito. Ora tutto è in salvo e felici<br />
esse scompaiono dentro quella crepa, giù per le gallerie. Sono formiche.<br />
Null’altro che formiche. Eppure sono forti, perché unite. Meditate su questo.<br />
Avete nulla da chiedermi?<br />
“Io vorrei chiederti: ma in Giudea non ci torniamo più?” chiede Giuda Iscariota.<br />
“E chi lo dice?”<br />
“Tu, Maestro. Hai detto di preparare Giuseppe perché istruisca gli altri in<br />
Giudea! Tanto te ne sei avuto a male, da non tornare più là?”<br />
“Che ti hanno fatto in Giudea?” chiede Tommaso curioso, e Pietro, veemente,<br />
nello stesso tempo: “Ah! allora avevo ragione a dire che eri tornato sciupato.<br />
Che ti hanno fatto i ‘perfetti’ in Israele?”<br />
“Nulla, amici. Nulla più di quanto troverò anche qui. Girassi tutta la terra,<br />
avrò da per tutto amici mescolati ai nemici. Ma, Giuda, Io ti avevo pregato di<br />
tacere...”<br />
“E’ vero, ma... No, non posso tacere quando vedo che Tu preferisci la Galilea<br />
alla mia patria. Sei ingiusto, ecco. Anche là hai avuto onori...”<br />
“Giuda! Giuda... oh! Giuda. Tu sei ingiusto in questo rimprovero. E da te ti<br />
accusi, lasciandoti prendere dall’ira e dall’invidia. Io mi ero industriato a<br />
far conoscere solo il bene ricevuto nella tua Giudea, e senza mentire avevo<br />
potuto, con gioia, dire questo bene per farvi amare, voi di Giudea. Con gioia.<br />
Perché per il Verbo di Dio non esiste separazione di regioni, antagonismi,<br />
inimicizie, diversità. Vi amo tutti, o uomini. Tutti... Come puoi dire che<br />
preferisco la Galilea, quando ho voluto compiere i primi miracoli e le prime<br />
manifestazioni sul suolo sacro del Tempio e della Città Santa e cara ad ogni<br />
israelita? Come puoi dire che faccio parzialità se di voi undici discepoli -<br />
ossia dieci, perché mio cugino è famiglia, non è amicizia - quattro sono giudei?<br />
E se vi unisco i pastori, tutti giudei, tu vedi di quanti di Giuda Io sono<br />
amico. Come puoi dire che non vi amo se, Io che so, ho regolato l’andare in modo<br />
di dare il Nome mio ad un piccolo d’Israele e di raccogliere lo spirito ad un<br />
giusto d’Israele? Come puoi dire che non vi amo, voi giudei, se alla rivelazione<br />
della mia Nascita e della mia preparazione alla missione ho voluto due giudei
contro uno solo di Galilea? Mi rimproveri di ingiustizia. Ma esaminati, Giuda, e<br />
vedi se l’ingiusto non sei tu.”<br />
Gesù ha parlato con maestà e dolcezza. Ma anche non avesse detto di più,<br />
sarebbero bastati i tre modi come ha detto: ‘Giuda’ all’inizio del discorso per<br />
dare una grande lezione. Il primo ‘Giuda’ era detto dal Dio maestoso che<br />
richiama al rispetto, il secondo dal Maestro che insegna una dottrina già<br />
paterna, il terzo era preghiera di amico addolorato dal modo dell’amico.<br />
Giuda ha chinato il capo mortificato, ancora iracondo, reso brutto dal suo<br />
affiorare di bassi sentimenti.<br />
Pietro non sa tacere. “E almeno chiedi perdono, ragazzo. Se ero io al posto di<br />
Gesù, non te la cavaci con delle parole! Altro che ingiusto! Sei senza rispetto,<br />
bel signorino! E’ così che vi educano quelli del Tempio? O sei tu non educabile?<br />
Perché se sono loro...”<br />
“Basta, Pietro. Ho detto Io quanto era da dire. Anche da questo vi darò domani<br />
ammaestramento. E ora ripeto a tutti quanto avevo detto a questi in Giudea: non<br />
dite a mia Madre che suo figlio fu maltrattato dai giudei. Già è tutta accorata<br />
per aver intuito che ho pena. Rispettate mia Madre. Vive nell’ombra e nel<br />
silenzio. Attiva solo in virtù ed orazione per Me, per voi, per tutti. Lasciate<br />
che le luci fosche del mondo e le aspre contese restino lungi dal suo asilo<br />
fasciato di riserbo e di purezza. Non mettete neppur l’eco dell’odio dove tutto<br />
è amore. Rispettatela. Ella è coraggiosa più di Giuditta, e lo vedrete. Ma non<br />
forzatela, prima dell’ora, a gustare la feccia che sono i sentimenti dei<br />
disgraziati del mondo. Di coloro che non sanno neppure rudimentalmente cosa è<br />
Dio e Legge di Dio. Quelli di cui vi parlavo in principio: gli idolatri che si<br />
credono sapienti di Dio e che perciò uniscono idolatria a superbia. Andiamo.”<br />
E Gesù si avvia di nuovo verso Nazaret.<br />
92. Seconda lezione ai discepoli presso la casa di Nazareth.<br />
30 gennaio 1945.<br />
Ancora Gesù istruisce i suoi, che ha portato all’ombra di un enorme noce che si<br />
spenzola dal suo posto, soprastante l’orto di Maria, fin sullo stesso orto. La<br />
giornata è burrascosa, prossima ad un temporale, e forse per questo Gesù non si<br />
è allontanato molto dalla casa. Maria va e viene dalla casa all’orto, ed ogni<br />
volta alza il capo e sorride al suo Gesù seduto sull’erba, presso il tronco, e<br />
circondato dai discepoli. Gesù dice:<br />
“Vi ho detto ieri che quanto ieri ha provocato una parola imprudente sarebbe<br />
servito di lezione oggi. Ecco la lezione.<br />
Pensate certo, e vi sia regola nell’agire, che nulla di quanto è nascosto rimane<br />
sempre tale. O è Dio che prende cura di rendere note le opere di un suo figlio<br />
attraverso i suoi segni di miracolo, o attraverso le parole dei giusti che<br />
riconoscono i meriti di un fratello. Oppure è Satana che, attraverso la bocca di<br />
un imprudente - non voglio dire di più - compie rivelazioni su ciò che i buoni<br />
hanno preferito tacere per non eccitare l’anticarità, o svisa la verità in modo<br />
da creare confusine nei pensieri. Perciò viene sempre il momento che l’occulto<br />
viene reso noto.<br />
Ora abbiate sempre questo presente al pensiero. E vi sia freno nel male, senza<br />
peraltro darvi pungolo di bandire ciò che è il bene che compite. Quante volte<br />
uno fa per bontà, vera bontà, ma umana bontà! Ed essendo umano, ossia essendo di<br />
non perfetta intenzione il suo agire, desidera sia noto agli uomini, e spuma e<br />
si arrovella nel vedere che resta ignoto, e studia il modo di farlo noto. No,<br />
amici. Non così. Fate il bene e datelo al Signore eterno. Oh! Lui saprà, se è<br />
bene per voi che sia, farlo noto anche agli uomini. Se invece questo potrebbe<br />
annullare il vostro agire da giusti sotto un rigurgito di compiacimento<br />
d’orgoglio, ecco allora che il Padre lo tiene segreto, riserbandosi di<br />
rendervene gloria in Cielo al cospetto di tutta la Corte celeste.<br />
E chi vede un atto mai giudichi dalle apparenze. Non accusate mai, perché le<br />
azioni degli uomini possono avere talora brutti aspetti e celare altri motivi.<br />
Un padre, ad esempio, può dire al figlio ozioso e crapulone: ‘Vattene’, e ciò<br />
parere durezza e negazione dei doveri paterni. Ma non sempre lo è. Il suo<br />
‘vattene’ è condito di un pianto bene amaro, più del padre che del figlio, ed è<br />
accompagnato dalla parola, e dal voto che essa si avveri: ‘Tornerai quando sarai
pentito del tuo ozio’. E’ anche giustizia verso gli atri figli, perché impedisce<br />
che un crapulone consumi in vizi ciò che è degli altri oltre che suo. Male,<br />
invece, se quella parola viene detta da un padre che è lui in colpa, verso Dio e<br />
verso la prole, perché nel suo egoismo si giudica più di Dio e reputa di avere<br />
diritto anche sullo spirito del figlio. No. Lo spirito è di Dio e neppur Dio<br />
violenta la libertà dello spirito di donarsi o meno. Per il mondo paiono uguali<br />
gli atti. Ma quanto è diverso l’uno dall’altro! Il primo è giustizia, il secondo<br />
è arbitrio colpevole. Perciò non giudicate mai alcuno.<br />
Ieri Pietro ha detto a Giuda: ‘Che maestro hai avuto?’ Non lo dica più. Nessuno<br />
accusi gli altri di quanto vede in uno o in lui. I maestri hanno una stessa<br />
parola per tutti gli scolari. Come avviene allora che dieci scolari divengono<br />
giusti e dieci divengono malvagi? E’ perché ognuno aggiunge di suo ciò che ha<br />
nel cuore, e questo pesa verso il bene o pesa verso il male. Come può allora il<br />
maestro essere accusato di aver male insegnato, se il bene da lui inculcato<br />
viene annullato dal troppo male che regna in un cuore? Il primo fattore di<br />
riuscita è in voi. Il maestro lavora il vostro io. Ma se voi siete non<br />
suscettibili di migliorie, che può fare il maestro? Che sono Io? In verità vi<br />
dico che non vi sarà maestro più sapiente, paziente e perfetto, di Me. Eppure,<br />
ecco, anche di qualcuno dei miei si dirà: ’Ma che maestro ebbe?’<br />
Non vi fate mai soverchiare, nel giudicare, da motivi personali. Ieri Giuda,<br />
amando la sua regione più che giusto non sia, ha reputato vedere in Me<br />
ingiustizia verso la stessa. Sovente l’uomo soggiace a questi elementi<br />
imponderabili che sono l’amore patrio, o l’amore ad una idea, e devia, come<br />
alcione disorientato, dalla sua mèta. La mèta è Dio. Tutto vedere in Dio per<br />
vedere bene. Non mettere sè o altra cosa al di sopra di Dio. E se proprio uno<br />
sbaglia... o Pietro! o voi tutti! non siate intransigenti. Lo sbagli che tanto<br />
vi urta fatto da uno di voi, non lo avete proprio mai fatto voi? Ne siete<br />
sicuri? E ammesso che non lo abbiate mai fatto, che vi resta a fare?<br />
Ringraziarne Dio e basta. E vigilare. Tanto vigilare. Continuamente. Per non<br />
cadere domani in quello che fino ad oggi è stato evitato. Vedete? Oggi il cielo<br />
è scuro per prossima grandine. E noi, scrutando il cielo, abbiamo detto: ‘Non<br />
allontaniamoci da casa’. Orbene, se così sappiamo giudicare per le cose che, per<br />
quanto pericolose, sono un nulla rispetto ai pericoli di perdere l’amicizia di<br />
Dio col peccare, perché non sappiamo giudicare dove può essere pericolo per<br />
l’anima?<br />
Guardate, ecco là mia Madre. Potete pensare in Lei tendenza al male? Ebbene,<br />
posto che amor la sprona a seguirmi, Ella lascerà la sua casa quando il mio<br />
amore lo vorrà. Ma stamane Ella, dopo avermene ancora pregato - perché Ella, la<br />
Maestra mia, mi diceva: ‘Fra i tuoi discepoli vi sia anche tua Madre, Figlio. Io<br />
voglio imparare la tua dottrina’, Ella che questa dottrina ha posseduto nel suo<br />
seno e prima ancora nel suo spirito, per dono dato da Dio alla Madre futura del<br />
suo Verbo incarnato - Ella ha detto: ‘Però... Tu giudica se posso io venire<br />
senza che possa perdere l’unione con Dio, senza che ciò che è mondo, e che Tu<br />
dici penetra coi suoi fetori, possa corrompere questo mio cuore che fu ed è, e<br />
vuole essere, solo di Dio. Io mi scruto e, per quanto so, mi pare di poterlo<br />
fare, perché... (e qui si è data senza sapere la più alta lode) perché non trovo<br />
diversità dalla mia pace candida di quando ero un fiore del Tempio a questa che<br />
ho in me, ora che da più di sei lustri sono la donna di casa. Ma io sono una<br />
indegna serva che mal conosce e più male ancora giudica le cose dello spirito.<br />
Tu sei il Verbo, la Sapienza, la Luce. E puoi essere luce per la tua povera<br />
Mamma che accetta di non vederti più, piuttosto che di essere non grata al<br />
Signore’. Ed Io le ho dovuto dire, col cuore che mi tremava di ammirazione:<br />
‘Mamma: Io te lo dico. Non tu sarai corrotta da mondo. Ma il mondo sarà<br />
imbalsamato da te’.<br />
Mia Madre, lo udite, ha saputo vedere i pericoli del vivere fra il mondo, anche<br />
per Lei pericoli, anche per Lei. E voi uomini non li vedreste? Oh! che invero<br />
Satana è in agguato. E solo i vigilanti saranno i vincitori. Gli altri? Chiedete<br />
degli altri? Per gli altri quel che è scritto sarà.”<br />
“Che è scritto, Maestro?”<br />
“ ‘E Caino saltò addosso ad Abele e l’uccise. E il Signore disse a Caino: ‘Dove<br />
è tuo fratello? Che ne hai fatto? La voce del suo sangue grida a Me. Or dunque<br />
sarai maledetto sopra la terra, che ha conosciuto il sapore del sangue umano per<br />
mano di un fratello che ha aperto le vene al fratello suo, né più cesserà<br />
quest’orrida fame della terra per il sangue umano. E la terra, avvelenata da
questo sangue, ti sarà sterile più di una donna che l’età ha disseccata. E tu<br />
fuggirai cercando pace e pane. E non li troverai. Il tuo rimorso ti farà vedere<br />
sangue su ogni fiore ed erba, su ogni acqua e cibo. Il cielo ti parrà sangue e<br />
sangue il mare, e dal cielo e dalla terra e dal mare ti verranno tre voci:<br />
quella di Dio, quella dell’Innocente, quella del Demonio. E, per non udirle, ti<br />
darai la morte’.”<br />
“Non dice così la Genesi” osserva Pietro.<br />
“No. Non la Genesi. Io lo dico. E non erro. Io lo dico per i nuovi Caini dei<br />
nuovi Abeli. Per coloro che, per non vigilare su se stessi e sul Nemico,<br />
diverranno tutt’uno con lui.”<br />
“Ma fra noi non ve ne saranno, non è vero, Maestro?”<br />
“Giovanni, quando il Velo del Tempio sarà lacerato, una grande verità brillerà<br />
scritta su tutta Sionne.”<br />
“Quale, mio Signore?”<br />
“Che i figli delle tenebre invano sono stati a contatto con la Luce. Ricordalo,<br />
Giovanni.”<br />
“Sarò io, Maestro, un figlio delle tenebre?”<br />
“No. Tu no. Ma ricordalo per spiegare il Delitto al mondo.”<br />
“Quale delitto, Signore? Quello di Caino?”<br />
“No, quello è il primo accordo dell’inno di Satana. Parlo del Delitto perfetto.<br />
L’inconcepibile Delitto. Quello che, per comprenderlo, bisogna guardarlo<br />
attraverso il sole del divino Amore e attraverso la mente di Satana. Perché solo<br />
l’Amor perfetto ed il perfetto Odio, solo l’infinito Bene e l’infinito Male<br />
possono spiegare tale Offerta e tale Peccato. Sentite? Pare Satana oda e urli di<br />
desiderio di compierlo. Andiamo, prima che la nube si rompa in folgori e<br />
grandine.”<br />
E scendono di corsa giù per il balzo, saltando nell’orto di Maria mentre la<br />
tempesta scoppia veemente.<br />
93. Terza lezione ai discepoli nell’orto di Nazareth<br />
e un conforto a Giuda d’Alfeo<br />
31 gennaio 1945.<br />
Gesù esce nell’orto, che appare tutto lavato dal temporale della sera avanti. E<br />
vede sua Madre curva su delle pianticelle. La saluta, raggiungendola. Come è<br />
dolce il loro bacio! Gesù la cinge alle spalle col braccio sinistro e se la<br />
attira baciandola sulla fronte, al limite dei capelli, e poi si china per essere<br />
baciato sulla guancia dalla Madre. Ma quello che completa la soavità dell’atto è<br />
lo sguardo che accompagna il bacio. Quello di Gesù tutto amore, pur con quel che<br />
di maestoso e protettore che ha; quello di Maria tutto venerazione per quanto<br />
sia tutto amore. Quando si baciano così, pare che il più adulto sia Gesù e Lei<br />
una figlia giovanetta che riceve dal padre, o dal fratello di molto maggiore, il<br />
bacio del mattino.<br />
“Hanno avuto danno i tuoi fiori dalla grandine di ieri sera e dal vento della<br />
notte?” chiede Gesù.<br />
“Nessun danno, Maestro. Solo una grande spettinatura nelle fronde” risponde,<br />
prima di Maria, la voce un poco rauca di Pietro.<br />
Gesù alza il capo e vede Simon Pietro che, con la sola tunica più corta, lavora<br />
a raddrizzare dei rami curvati in alto del fico. “Sei già al lavoro?”<br />
“Eh! noi pescatori dormiamo come i pesci: in ogni ora, in ogni luogo, ma per<br />
quel tanto che ci lasciano stare in riposo. E ci si fa l’abitudine. Questa<br />
mattina ho sentito cigolare la porta all’alba e mi sono detto: ‘Simone, Ella già<br />
è alzata. Su, svelto! Va' con le tue grosse mani a darle aiuto’. Lo pensavo che<br />
Ella pensasse ai suoi fiori nella notte tutta vento. E non ho sbagliato. Eh! le<br />
conosco le donne... Anche mia moglie si rivolta nel letto come un pesce nella<br />
rete, quando c’è tempesta, e pensa alle sue piante... Poveretta! Qualche volta<br />
le dico: ‘Scommetto che ti ruzzoli meno quando è il tuo Simone sbattuto come un<br />
fuscello sul lago’. Ma sono ingiusto, perché è una brava moglie. Pare non vero<br />
che abbia per madre.. Bene: taci, Pietro. Questo non c’entra. Non sta bene<br />
mormorare e imprudentemente far sapere ciò che è bontà tacere. Vedi, Maestro,<br />
che anche nella mia testa d’asino è entrata la tua parola?”<br />
Gesù risponde ridendo: “Dici tutto da te. A Me non resta che approvare ed
ammirare la tua sapienza di agricoltore.”<br />
“Ha già legato tutti i tralci che si erano slegati, puntellato quel pero carico,<br />
e passato quelle funi sotto quel melograno cresciuto solo da una parte” osserva<br />
Maria.<br />
“Già! Pare un vecchio fariseo. Non pende che dove gli fa comodo. E io l’ho<br />
lavorato come una vela e gli ho detto: ‘Non sai che il giusto è in mezzo? Vieni<br />
qui, testone, se no ti schianti per troppo peso’. Ora sono dietro a questo fico.<br />
Ma per egoismo. Penso alla fame di tutti: fichi freschi e pane caldo! Ah!<br />
neanche l’Antipa ha un pasto così buono! Ma bisogna andare adagio, perché il<br />
fico ha rami tenerelli come il cuore di una fanciulla quando dice la sua prima<br />
parola d’amore, e io sono pesante, e i fichi più buoni sono in alto. Si sono già<br />
asciugati a questo primo sole. Devono essere una delizia. Ehi! tu, ragazzo. Non<br />
mi guardare solamente. Svegliati! Dammi quel cesto.”<br />
Giovanni, che è apparso dal laboratorio, ubbidisce, arrampicandosi anche lui sul<br />
grosso fico. Quando i due pescatori scendono, sono usciti dal laboratorio anche<br />
Simone Zelote, Giuseppe e Giuda Iscariota. Non vedo gli altri.<br />
Maria porta del pane fresco, piccoli pani scuri e tondi, e Pietro, col suo<br />
coltelluccio li apre e sopra vi apre i fichi, e offre prima a Gesù e poi a Maria<br />
e agli altri. Mangiano con gusto nell’orto rinfrescato e tutto bello, nel sole<br />
di un mattino sereno, anche per la recente pioggia che ha deterso l’aria.<br />
Pietro dice: “E’ venerdì... Maestro, domani è sabato...”<br />
“Non fai una scoperta” osserva l’Iscariota.<br />
“No. Ma il Maestro sa che voglio dire...”<br />
“Lo so. Questa sera andremo al lego, dove hai lasciato la barca, e veleggeremo<br />
per Cafarnao. Domani parlerò là.”<br />
Pietro gongola.<br />
Entrano in gruppo Tommaso, Andrea, Giacomo, Filippo, Bartolomeo e Giuda Taddeo,<br />
che certo dormono altrove. Si salutano.<br />
Gesù dice: “Rimaniamo qui uniti. Così ci sarà anche un nuovo Discepolo. Mamma,<br />
vieni.”<br />
Si siedono chi su un sasso, chi su un sediolo, facendo cerchio intorno a Gesù,<br />
che si è seduto sul banco di pietra che è contro al casa, avendo a fianco la<br />
Madre e ai piedi Giovanni, che ha scelto di stare per terra pur di stare vicino.<br />
Gesù parla, piano e con maestà come sempre.<br />
“A che paragonerò la formazione apostolica? Alla natura che ci circonda. Voi<br />
vedete. La terra nell’inverno pare morta. Ma dentro ad essa i semi lavorano e le<br />
linfe si nutrono di umori, depositandoli nelle fronde sotterranee - così potrei<br />
chiamare le radici - per poi averne gran dovizia per le fronde superiori quando<br />
è il tempo di fiorire. Anche voi siete paragonabili a questa terra invernale:<br />
brulla, spogliata, brutta. Ma su voi è passato il Seminatore ed ha gettato un<br />
seme. Presso di voi è passato il Coltivatore ed ha fatto gli scassi intorno al<br />
vostro tronco piantato nella terra dura, duro ed aspro come essa, perché alle<br />
radici giungesse nutrimento di umori delle nubi e dell’aria, e lo fortificasse<br />
per futuro frutto. E voi avete accolto il seme e lo scasso, perché è in voi<br />
buona volontà di fruttificare nel lavoro di Dio.<br />
Ancora paragonerò la formazione apostolica a quel temporale che ha percosso e<br />
piegato, e parve violenza inutile. Ma guardate quanto bene ha fatto. Oggi l’aria<br />
è più pura, nuova, senza polvere e afa. Il sole è lo stesso sole di ieri. Ma non<br />
ha più quell’ardere che pareva febbre, perché giunge a noi attraverso a strati<br />
purificati e freschi. Le erbe, le piante sono sollevate come gli uomini, perché<br />
la mondezza, perché la serenità sono cose che allietano. Anche i contrasti<br />
servono per giungere ad una più esatta conoscenza e ad una chiarificazione.<br />
Altrimenti sarebbero soltanto cattiveria. E che cosa sono i contrasti se non i<br />
temporali che provocano le nubi di diversa specie? E queste nubi non si<br />
accumulano piano piano nei cuori coi malumori inutili, con le piccole gelosie,<br />
con le fumose superbie? Poi viene il vento della Grazia e le unisce, perché<br />
scarichino tutti i loro cattivi umori e torni il sereno.<br />
Ancora la formazione apostolica è simile al lavoro che Pietro faceva stamane per<br />
dar gioia a mia Madre: è raddrizzare, legare, sostenere, oppure sciogliere, a<br />
seconda delle tendenze e delle necessità, per fare di voi dei ‘forti’ al<br />
servizio di Dio. Raddrizzare le idee sbagliate, legare le prepotenze carnali,<br />
sostenere le debolezze, tagliare all’occorrenza le tendenze, sciogliere le<br />
schiavitù e le timidezze. Voi dovete essere liberi e forti. Come aquile che,<br />
lasciato il picco natio, sono solo del volo sempre più alto. Il servizio di Dio
è il volo. Le affezioni sono il picco.<br />
Uno di voi oggi è triste perché suo padre declina a morte. E vi declina col<br />
cuore chiuso alla Verità e al figlio che la segue. Più ancora che chiuso,<br />
ostile. Ancor non gli ha detto l’ingiusto: ‘Vattene’ di cui ieri parlavo,<br />
autoproclamandosi da più di Dio. Ma il suo cuore serrato e le sue labbra<br />
suggellate non sono ancora capaci di dire neppure: ‘Segui la voce che ti<br />
chiama’. Non pretenderebbero, né il figlio, né Io che vi parlo, di sentir dire<br />
da quelle labbra: ‘Vieni e con te venga il Maestro. E Dio sia benedetto per aver<br />
scelto nella mia casa un suo servo, creando così una parentela più eccelsa del<br />
sangue col Verbo del Signore’. Ma almeno Io, per il suo bene, e il figlio, per<br />
ancor più complesso motivo, vorremmo sentire in lui non parole nemiche.<br />
Ma non pianga questo figlio. Sappia che in Me non vi è rancore né sdegno verso<br />
il padre suo. Ma solo pietà. Sono venuto ed ho sostato, pur sapendo l’inutilità<br />
della sosta, perché un giorno questo figlio non mi dicesse: ‘Oh! perché non sei<br />
venuto?!’ Sono venuto per dargli la persuasione che tutto è inutile quando il<br />
cuore si serra nell’astio. Sono venuto per confortare anche una buona che di<br />
questa scissura della famiglia soffre come di un coltello che le separi fasci di<br />
fibre. Ma tanto questo figlio che questa buona siano persuasi che in Me non<br />
risponde astio ad astio. Io rispetto l’onestà del vecchio credente che è fedele,<br />
anche se ha una fede deviata, a ciò che è stata la sua religione sino a<br />
quest’ora.<br />
Tanti ve ne sono in Israele... Per questo vi dico: sarò accettato più dai pagani<br />
che dai figli di Abramo. L’umanità ha corrotto l’idea del Salvatore e ne ha<br />
abbassato la soprannaturale regalità ad una povera idea di sovranità umana. Io<br />
devo fendere la dura scorza dell’ebraismo, penetrare, ferire per giungere al<br />
fondo e portare, là dove è l’anima di esso ebraismo, la fecondazione della nuova<br />
Legge. Oh! che invero Israele, cresciuto intorno al nocciolo vitale della Legge<br />
del Sinai, è divenuto simile ad un mostruoso frutto dalla polpa a strati sempre<br />
più fibrosi e duri, protetti dall’esterno da un guscio tetragono ad ogni<br />
penetrazione, anche alla espulsione del germe, che l’Eterno giudica essere<br />
venuto il momento che crei la nuova pianta della fede nel Dio uno e trino. Io,<br />
per permettere che la volontà di Dio si compia e l’ebraismo divenga<br />
cristianesimo, devo intaccare, perforare, penetrare, fare strada sino al<br />
nocciolo, e scaldarlo col mio amore, perché si desti e si gonfi, germogli,<br />
cresca, cresca, cresca, divenga la pianta potente del cristianesimo, religione<br />
perfetta, eterna, divina. E in verità vi dico che l’ebraismo sarà perforabile<br />
solo per una parte a cento.<br />
Perciò non reputo reprobo questo israelita che non mi vuole e che non vorrebbe<br />
darmi il figlio. Perciò dico al figlio: non piangere per la carne ed il sangue<br />
che soffrono di sentirsi respinti dalla carne e dal sangue che li generarono.<br />
Perciò dico: non piangere neppure per lo spirito. La tua sofferenza lavora più<br />
di ogni altra cosa a pro dello spirito tuo e suo, di questo tuo padre che non<br />
comprende e non vede. E dico anche: non ti creare dei rimorsi per essere più di<br />
Dio che del padre.<br />
A tutti voi dico: più del padre, della madre, dei fratelli, è Dio. Io sono<br />
venuto ad unire non secondo la terra, la carne e il sangue, ma secondo lo<br />
spirito e il Cielo. Perciò deve disunire le carni ed i sangui per prendere meco<br />
gli spiriti atti al Cielo sin da questa terra, per prendere i servi del Cielo.<br />
Perciò sono venuto a chiamare i ‘forti’, a farli ancor più forti, perché di<br />
‘forti’ è fatto il mio esercito di miti. Miti ai fratelli, forti verso il<br />
proprio io e l’io del sangue famigliare.<br />
Non piangere, cugino. Il tuo dolore, Io te lo assicuro, opera presso Dio a pro<br />
di tuo padre e dei tuoi fratelli più di ogni parola, non solo tua, ma anche mia.<br />
Non entra la parola dove il preconcetto fa barriera, credilo. Ma la Grazia<br />
entra. E il sacrificio è calamita di grazia.<br />
In verità vi dico che quando Io chiamo a Dio, non vi è altra ubbidienza più alta<br />
di questa. E occorre farla senza neppure arrestarsi a calcolare quanto e come<br />
reagiranno gli altri al nostro andare verso Dio. Neppure deve arrestarsi per<br />
seppellire il padre. Di questo eroismo ne avrete premio, e premio non per voi<br />
soli, ma anche per coloro dai quali vi strappate con urlo di cuore, e la cui<br />
parola sovente vi percuote più di una guanciata, perché vi accusa di essere<br />
figli ingrati e vi maledice, nel suo egoismo, come ribelli. No. Non ribelli.<br />
Santi. I primi nemici dei vocati sono i famigliari. Ma fra amore e amore bisogna<br />
saper distinguere e amare soprannaturalmente. Ossia amare più il Padrone del
soprannaturale che i servi di esso Padrone. Amare i parenti in Dio. E non più di<br />
Dio.”<br />
Gesù tace e si alza andando presso al cugino che, a capo chino, frena a fatica<br />
il pianto. Lo carezza. “Giuda... Io ho lasciato mia Madre per seguire la mia<br />
missione. Questo ti levi ogni dubbio sull’onestà del tuo agire. Se non fosse<br />
stato atto buono, l’avrei fatto Io verso la Madre mia che non ha, oltre tutto,<br />
altri dopo Me?”<br />
Giuda si passa la mano di Gesù sul volto e annuisce col capo. Ma non può dire<br />
altro.<br />
“Andiamo noi due, da soli, come quando eravamo bambini, e Alfeo giudicava che Io<br />
ero il più giudizioso fra i ragazzi di Nazaret. Andiamo a portare al vecchio<br />
questi bei grappoli d’uva d’oro. Che non creda che lo trascuro e che gli sono<br />
nemico. Anche tua madre e Giacomo ne avranno piacere. Gli dirò che domani Io<br />
sarò a Cafarnao e che suo figlio è tutto per lui. Sai, i vecchi sono come i<br />
bambini: gelosi. E sospettosi sempre di essere trascurati. Bisogna<br />
compatirli...”<br />
Gesù è scomparso, lasciando nell’orto i discepoli, ammutoliti dalla rivelazione<br />
di un dolore e di una incompatibilità fra un padre e un figlio per causa di<br />
Gesù. Maria ha accompagnato Gesù sino alla porta, ed ora rientra sospirando con<br />
pena.<br />
Tutto finisce.<br />
94. Guarigione della Bella di Corazim.<br />
Gesù parla nella sinagoga di Cafarnao.<br />
1 febbraio 1945.<br />
Gesù esce dalla casa della suocera di Pietro insieme ai suoi discepoli, meno<br />
Giuda Taddeo. Lo vede per primo un ragazzo e dà l’avviso anche a chi non lo<br />
vuole sapere.<br />
Gesù, che va sulla riva del lago e si siede sul bordo della barca di Pietro, è<br />
subito attorniato da cittadini che lo festeggiano per il suo ritorno e gli fanno<br />
mille domande, alle quali Gesù risponde con la sua insuperabile pazienza,<br />
sorridente e placido come se tutto quel cicaleggio fosse un’armonia celeste.<br />
Viene anche l’archisinagogo. Gesù si alza per salutarlo. Il loro reciproco<br />
saluto è pieno di orientale rispetto.<br />
“Maestro, posso attenderti per l’istruzione al popolo?”<br />
“Senza dubbio, se tu e il popolo lo desiderate.”<br />
“Lo abbiamo desiderato per tutto questo tempo. Essi lo possono dire.” Il popolo<br />
infatti lo dice con un nuovo gridio.<br />
“E allora a metà del vespro sarò da te. Ora andate tutti. Devo andare a trovare<br />
uno che mi vuole.”<br />
La gente si allontana a malincuore, mentre Gesù con Pietro e Andrea va con la<br />
barca su lago. Gli altri discepoli restano a terra.<br />
La barca veleggia per breve tratto e poi i due pescatori la spingono in un<br />
piccolo seno fra due basse colline, che paiono essere state in origine una sola,<br />
franata al centro per erosione di acque o moto tellurico, formando un minuscolo<br />
fiordo che, per non essere norvegese, non ha abeti, ma solo scapigliati ulivi,<br />
nati non si sa come su quelle pareti scoscese, fra massi franati e scheggioni<br />
affioranti, e intreccianti le loro fronde, contorte dai venti del lago che qui<br />
devono lavorare non poco, fino a formare come un tetto sotto cui spuma un<br />
torrentello bizzoso, tutto rumore perché tutto cascate, tutto spuma perché casca<br />
di metro in metro, ma in realtà un vero nanerottolo fra i corsi d’acqua.<br />
Andrea salta in acqua per tirare la barca il più possibile contro la sponda e<br />
legarla ad un tronco, mentre Pietro lega la vela e assicura un asse per far<br />
ponte a Gesù. “Però” dice “ti consiglierei a scalzarti, levarti la veste e fare<br />
come noi. Quel matto lì (e accenna al torrentello) fa bollire l’acqua del lago e<br />
non è sicuro il ponte con quel rollio.”<br />
Gesù ubbidisce senza discutere. A terra si rimettono i sandali e Gesù anche la<br />
lunga veste. Gli altri due restano con le corte sottovesti scure.<br />
“Dove é?” chiede Gesù.<br />
“Si sarà inselvata, sentendo delle voci. Sai... con quel che ha addosso e
indietro...”<br />
“Chiamala.”<br />
Pietro urla forte: “Sono il discepolo del Rabbi di Cafarnao. E c’è il Rabbi.<br />
Vieni fuori”<br />
Nessuno dà segni di vita.<br />
“Non si fida” spiega Andrea. “Un giorno ci fu chi la chiamò dicendo: ‘Vieni che<br />
c’è cibo’, e poi la prese a sassate. Noi l’abbiamo vista allora per la prima<br />
volta, perché, io almeno, non me la ricordavo quando era la Bella di Corazim.”<br />
“E che avete fatto allora?”<br />
“Le abbiamo gettato un pane e del pesce e uno straccio, un pezzo di vela rotta<br />
che tenevamo per asciugarci, perché era nuda. Poi siamo fuggiti per non<br />
contaminarci.”<br />
“Come siete tornati allora?”<br />
“Maestro... Tu eri via e noi si pensava che fare per farti conoscere sempre più.<br />
Abbiamo pensato a tutti i malati, a tutti i ciechi, storpi, muti... e anche a<br />
lei. Abbiamo detto: ‘Proviamo’. Sai... molti... oh! per colpa nostra certo, ci<br />
hanno dato dei pazzi e non ci hanno voluto ascoltare. Altri invece ci hanno<br />
creduto. A lei ho parlato proprio io, Sono venuto solo con la barca e per più<br />
notti di luna. La chiamavo, le dicevo: ‘Sul sasso, ai piedi dell’ulivo, è pane e<br />
pesce. Vieni sicura’, e me ne andavo. Lei doveva aspettare di vedermi scomparire<br />
per venire, perché non la vedevo mai. La sesta volta la vidi ritta sulla riva,<br />
proprio dove sei. Mi aspettava... Che orrore! Non scappai pensando a Te... Mi<br />
disse: ‘Chi sei? Perché hai pietà?’. Ho detto: ‘Perché sono un discepolo della<br />
Pietà’. ‘Chi è?’. ‘E’ Gesù di Galilea.’. ‘E vi insegna ad avere pietà di noi?’.<br />
‘Di tutti’. ‘Ma sai chi sono?’. ‘Sei la Bella di Corazim, ora lebbrosa.’. ‘E<br />
anche per me vi è pietà?’. ‘Lui dice che la sua pietà è su tutti, e noi, per<br />
essere come Lui, la dobbiamo avere per tutti.’. Qui, Maestro, la lebbrosa ha<br />
bestemmiato senza volere. Ha detto: ‘Allora anche Lui deve essere stato un<br />
grande peccatore’. Le ho detto: ‘No. E’ il Messia, il Santo di Dio’. Volevo<br />
dirle: ‘Sii maledetta per la tua lingua’, ma non ho detto che quello perché ho<br />
pensato: ‘Nella sua rovina ella non può pensare alla misericordia divina’.<br />
Allora si è messa a piangere e ha detto: ‘Oh! se è il Santo non può, non può<br />
avere pietà della Bella. Per la lebbrosa potrebbe... ma per la Bella no. Ed io<br />
che speravo...’. Ho chiesto: ‘Che speravi, donna?’. ‘La guarigione... tornare<br />
nel mondo... fra gli uomini... morire mendicante, ma fra gli uomini..., non come<br />
belva in covo di belve alle quali faccio orrore.’. Le ho detto: ‘Mi giuri che,<br />
se troni nel mondo sarai onesta?’ E lei: ‘Sì. Dio mi ha colpita giustamente per<br />
il mio peccare. Il pentimento è in me. L’anima mia porta la sua espiazione, ma<br />
aborre il peccato in eterno’. Mi è sembrato allora di poterle promettere in tuo<br />
nome salvezza. Mi ha detto. ‘Torna, torna ancora... Parlami di Lui. Che la mia<br />
anima lo conosca prima del mio occhio...’ E venivo a parlarle di Te, come so...”<br />
“E Io vengo a dare la salvezza alla prima convertita del mio Andrea” (perché è<br />
Andrea che ha sempre parlato, mentre Pietro è andato su per il torrente,<br />
saltando di sasso in sasso e chiamando la lebbrosa).<br />
Infine ella mostra il suo orrido volto fra le fronde di un ulivo. Vede ed ha un<br />
grido.<br />
“E scendi dunque” esclama Pietro. “Non ti voglio lapidare! Là, lo vedi? C’è il<br />
Rabbi Gesù.”<br />
La donna si lascia ruzzolare sul pendio, dico così tanto scende veloce, e giunge<br />
ai piedi di Gesù prima che Pietro torni presso il Maestro. “Pietà, Signore!”<br />
“Puoi credere che Io te la possa dare?”<br />
Sì. perché sei santo e perché io sono pentita. Io sono il Peccato, ma Tu sei la<br />
Misericordia. Il tuo discepolo è stato il primo ad avere misericordia di me ed è<br />
venuto a darmi pane e fede. Mondami, Signore, prima l’anima della carne. Perché<br />
io sono tre volte impura, e se una mondezza devi darmi, una sola, ecco, ti<br />
chiedo quella dell’anima mia peccatrice. Prima di aver udito le tue parole, che<br />
egli mi ripeteva, io dicevo: ‘guarire per tornare fra gli uomini’. Ora che so,<br />
dico: ‘esser perdonata per avere vita eterna’.”<br />
“E perdono ti do. Null’altro che questo, però...”<br />
“Che Tu sia benedetto! Vivrò nella pace di Dio nella mia tana... libera... oh!<br />
libera dai rimorsi e dalle paure. Più paura la morte ora che sono perdonata! Più<br />
paura Dio ora che Tu mi hai assolta!”<br />
“Vai al lago e lavati. Sta’ dentro finché ti chiamo.”<br />
La donna, miserrima larva di donna scheletrita, corrosa, dalle chiome
spettinate, dure, canute, si alza dal suolo e scende nell’acqua del lago, si<br />
immerge insieme al suo sbrendolo di veste che ben poco copre.<br />
“Perché l’hai mandata a lavarsi? E’ vero che il suo fetore ammorba, ma... non<br />
capisco” dice Pietro.<br />
“Donna: esci e vieni qui. Prendi quel telo che è su quel ramo” (è il telo usato<br />
da Gesù per asciugarsi dopo il breve guado da barca a terra).<br />
La donna emerge ubbidiente, nuda affatto, essendosi spogliata del suo straccio<br />
nell’acqua per prendere il telo asciutto. Il primo ad urlare è Pietro che la<br />
guarda, mentre Andrea, più schivo, le volta le spalle. Ma all’urlo del fratello<br />
si volta e urla a sua volta. La donna, che aveva gli occhi tanto fissi su Gesù<br />
da non occuparsi d’altro, a quegli urli, a quelle mani che l’accennano, si<br />
guarda.. E vede che, con la veste stracciata, è rimasta nel lago anche la sua<br />
lebbra. Non corre, come sarebbe da pensarsi. Si accascia, raggomitolandosi sulla<br />
riva, vergognosa della sua nudità, emozionata al punto che rimane incapace<br />
d’altro che non sia piangere con un lamento lungo e sfinito, che è più<br />
straziante di qualunque grido.<br />
Gesù si avvia... la raggiunge... le getta addosso il telo, la carezza appena sul<br />
capo, le dice: “Addio. Sii buona. Hai meritato, per la sincerità del tuo<br />
pentimento, la grazia. Cresci nella fede del Cristo. E ubbidisci alla legge<br />
della purificazione.”<br />
La donna piange sempre, sempre, sempre... Solo quando sente lo struscio<br />
dell’asse che Pietro ritira sulla barca, alza il capo, tende le braccia e grida:<br />
“Grazie, Signore. Grazie, benedetto. Oh! benedetto, benedetto!...”<br />
Gesù le fa un gesto di addio prima che la barca svolti lo sperone del piccolo<br />
fiordo e scompaia...<br />
...Gesù, ora, con tutti i discepoli, entra nella sinagoga di Cafarnao dopo aver<br />
attraversato la piazza e la via che ivi conducono. La notizia del nuovo miracolo<br />
deve esser già corsa, perché vi è molto sussurrio e molti commenti.<br />
Proprio sul limitare della porta della sinagoga vedo Levi, il gabelliere di<br />
Cafarnao, futuro apostolo Matteo. Se ne sta lì, mezzo dentro e mezzo fuori, non<br />
so se vergognoso o se seccato da tutti gli ammicchi di cui è fatto segno e anche<br />
da qualche epiteto poco piacevole che gli viene indirizzato. Due impaludati<br />
farisei raccolgono studiatamente i loro ampli manti, come avessero paura di<br />
raccattare la peste sfiorando con essi il vestimento di Matteo.<br />
Gesù, entrando, lo fissa per un attimo e per un attimo sosta. Ma Matteo china il<br />
capo e basta.<br />
Pietro, appena passati oltre, dice piano a Gesù: “Sai chi è quell’uomo<br />
arricciato, profumato più di una femmina? E’ Matteo il nostro esattore... Che ci<br />
viene a fare qui? E’ la prima volta. Forse non ha trovato i compagni, e le<br />
compagne soprattutto, con i quali passa il sabato, spendendo in orge quel che ci<br />
succhia in tasse duplicate e triplicate per averne per il fisco e per il vizio.”<br />
Gesù guarda Pietro così severamente che Pietro diventa rosso come un papavero e<br />
china il capo, fermandosi, in modo che da primo diventa l’ultimo del gruppo<br />
apostolico.<br />
Gesù è al suo posto. Dopo dei canti e delle preghiere fatti col popolo, si volta<br />
per parlare. L’archisinagogo gli chiede se vuole qualche rotolo, ma Gesù<br />
risponde: “Non occorre. Ho già il soggetto.” E inizia:<br />
“Il grande re d’Israele, Davide di Betlemme, dopo aver peccato pianse, nella<br />
contrizione del suo cuore, gridando a Dio il suo pentimento e chiedendo a Dio<br />
perdono. Davide aveva avuto lo spirito oscurato dalla caligine del senso, e<br />
questo gli aveva impedito di più vedere il volto di Dio, e di comprenderne la<br />
parola.<br />
Il volto, ho etto. Nel cuore dell’uomo è un punto che si ricorda del volto di<br />
Dio, il punto più eletto, quello che è il nostro Sancta Sanctorum, quello da cui<br />
vengono le sante ispirazioni e le sante decisioni, quello che profuma come un<br />
altare, splende come un rogo, canta come sede di serafini. Ma quando il peccato<br />
fuma in noi, ecco che quel punto si offusca tanto che cessa la luce, il profumo,<br />
il canto, e solo resta puzzo di pesante fumo e sapor di cenere. Ma quando torna<br />
la luce, perché un servo di Dio seco la porta all’oscurato, ecco che allora<br />
costui vede la sua bruttezza, la sua condizione inferiore, e inorridito di sé<br />
esclama come re Davide: ‘Abbi pietà di me, Signore, secondo la tua grande<br />
misericordia, e per la tua infinita bontà lavami dal mio peccato’, e non dice:<br />
‘Non posso essere perdonato, perciò insisto nel peccare’. Ma dice: ‘Io sono<br />
umiliato, contrito io sono, ma, te ne prego, Tu che sai come nella colpa sono
nato, di aspergermi e mondarmi perché pari a neve delle cime io ritorni’. Ma<br />
dice ancora: ‘Non di arieti e di bovi sarà il mio olocausto, ma la contrizione<br />
vera del cuore. Perché io so che questa Tu vuoi da noi e non la disprezzi.’<br />
Questo diceva Davide dopo il peccato e dopo che il servo del Signore, Natan, lo<br />
ebbe fatto pentito. Questo, a più ragione, devono dire i peccatori, ora che il<br />
Signore non manda ad essi un suo servo, ma il Redentore stesso, il suo Verbo, il<br />
quale, giusto e dominatore non solo degli uomini, ma anche dei superi e degli<br />
inferi, è sorto fra il suo popolo come la luce dell’aurora, che al levarsi del<br />
sole al mattino brilla senza nubi.<br />
Avete già letto come l’uomo, preda a Mammona, sia più debole di un etico<br />
morente, anche se avanti era il ‘forte’. Sapete come Sansone fu nulla dopo aver<br />
ceduto al senso. Io voglio che voi conosciate la lezione di Sansone, figlio di<br />
Manue, destinato a vincere i filistei, oppressori d’Israele. Condizione prima<br />
per essere tale era che sin dal suo concepimento fosse tenuto vergine da ciò che<br />
stuzzica il senso basso e fa connubio di viscere d’uomo con carni immonde: ossia<br />
vino e sicera e carni grasse, che accendono i lombi di un fuoco impuro.<br />
Condizione seconda: per essere il liberatore fosse sacro al Signore sin<br />
dall’infanzia, e tale restasse per continuo nazireato. Sacro è colui che non<br />
solo esternamente ma internamente santo si conserva. Allora Dio è con lui.<br />
Ma la carne è carne, e Satana è Tentazione. E Tentazione prende strumento per<br />
combattere Dio in un cuore e nei suoi santi decreti, con la carne che eccita<br />
l’uomo: con la donna. Ecco allora tremare la forza del ‘forte’, ed esso divenire<br />
un debole che sciupa la dote datagli da Dio. Ora ascoltate: Sansone venne legato<br />
con sette corde dei nervi freschi, con sette corde nuove, fissato al suolo con<br />
sette trecce dei suoi capelli. E sempre egli aveva vinto. Ma non si tenta invano<br />
il Signore neppure nella sua bontà. Non è lecito. Egli perdona, perdona,<br />
perdona. Ma esige volontà di uscire dal peccato per continuare a perdonare.<br />
Stolto chi dice: ‘Signore, perdono’ e poi non fugge ciò che lo induce a continuo<br />
peccato! Sansone, vittorioso tre volte, non fugge Dalila, il senso, il peccato,<br />
e annoiato a morte, dice il Libro, ed essendogli venuto meno l’animo, dice il<br />
Libro, svelò il segreto: ‘La mia forza è nelle mie sette trecce’.<br />
Non vi è nessuno tra voi che, stanco della grande stanchezza del peccato, senta<br />
venirgli meno l’animo, perché nulla accascia quanto la mala coscienza, e sta per<br />
darsi vinto al Nemico? No, chiunque tu sia, no, non lo fare. Sansone dette alla<br />
Tentazione il segreto di vincere le sue sette virtù: le sette simboliche trecce,<br />
le sue virtù, ossia la sua fedeltà di nazireo; si addormentò stanco sul seno<br />
della donna e fu vinto. Cieco, schiavo, impotente, per aver rifiutato la fede al<br />
suo voto. Né tornò il ‘forte’, il ‘liberatore’ che quando nel dolore di un<br />
pentimento vero ritrovò la sua forza...<br />
Pentimento, pazienza, costanza, eroismo, e poi, o peccatori, Io vi prometto di<br />
essere i liberatori di voi stessi. In verità vi dico che non vi è battesimo che<br />
valga, né vi è rito che serva, se non vi è pentimento e volontà di rinunciare al<br />
peccato. In verità vi dico che non vi è peccatore tanto peccatore, che non possa<br />
far rinascere col suo pianto le virtù che il peccato ha strappate dal suo cuore.<br />
Oggi una donna, una colpevole d’Israele, punita da Dio per il suo peccato, ha<br />
ottenuto misericordia per il suo pentimento. Misericordia, ho detto. Meno ne<br />
avranno coloro che per essa non ne ebbero e sulla già punita infierirono senza<br />
pietà. Costoro non avevano lebbra di colpa in loro? Ognun si esamini... e abbia<br />
pietà per averne. Io vi tendo la mano per questa pentita che torna fra i vivi<br />
dopo una segregazione di morte. Simone di Giona, non Io, ritirerà l’obolo per la<br />
pentita, che sulle soglie della vita, torna alla Vita vera. E non mormorate, voi<br />
grandi. Non mormorate. Io non ero quando ella era la Bella. Ma voi eravate.<br />
Altro non dico.”<br />
“Ci accusi di essere stati suoi amanti?” chiede astioso uno dei due vecchi.<br />
“Ognuno abbia di fronte il suo cuore e le sue azioni. Io non accuso. Parlo in<br />
nome della Giustizia. Andiamo.” E Gesù esce coi suoi.<br />
Ma Giuda Iscariota viene trattenuto dai due che pare lo conoscano alquanto. Odo<br />
che dicono: “Anche Tu sei con Lui? E’ santo veramente?”<br />
L’Iscariota ha uno di quei suoi disorientanti scatti: “Vi auguro di giungere<br />
almeno a capire la sua santità.”<br />
“Ma ha guarito in sabato, intanto.”<br />
“No. Ha perdonato in sabato. E che giorno più atto al perdono del sabato? Non mi<br />
date nulla per la redenta?”<br />
“Non diamo il nostro denaro alle meretrici. E’ offerto al Tempio santo.”
Giuda fa una risata irriverente e li pianta in asso, raggiungendo il Maestro che<br />
sta rientrando nella casa di Pietro, il quale gli sta dicendo: “Ecco, il piccolo<br />
Giacomo appena fuor della sinagoga, mi ha dato oggi due borse in luogo di una, e<br />
sempre per incarico di quello sconosciuto. Ma chi è, Maestro? Tu lo sai...<br />
Dimmelo.”<br />
Gesù sorride: “Te lo dirò quando avrai imparato a non mormorare su nessuno.”<br />
E tutto finisce.<br />
95. Giacomo d’Alfeo accolto tra i discepoli.<br />
Gesù parla presso il banco di Matteo.<br />
2 febbraio 1945.<br />
E’ una mattina di mercato in Cafarnao. La piazza è piena di venditori di ogni e<br />
più disparata merce.<br />
Gesù, che arriva nella stessa venendo dal lago, vede venirgli incontro i cugini<br />
Giuda e Giacomo. Si affretta alla loro volta e, dopo averli abbracciati con<br />
affetto, chiede premurosamente: “Vostro padre? Che è avvenuto?”<br />
“Nulla di nuovo per la sua vita” risponde Giuda.<br />
“E allora, perché sei venuto? Ti avevo detto: ‘resta’.”<br />
Giuda abbassa il capo e tace. Ma quello che esplode, ora, è Giacomo: “E’ per<br />
colpa mia che egli non ti ha ubbidito. Sì. Per colpa mia. Ma io non ho potuto<br />
sopportare ancora. Tutti contro. E perché? Faccio forse del male ad amarti? Lo<br />
facciamo forse? Mi aveva fin qui trattenuto uno scrupolo di fare male. Ma ora<br />
che so, ora che Tu lo hai detto che sopra Dio neppure il padre è, allora io non<br />
ho più sopportato. Oh! ho cercato di essere rispettoso, di far capire le<br />
ragioni, di raddrizzare le idee. Ho detto: ‘Perché mi combattete? Se è il<br />
Profeta, se è il Messia, perché volete che il mondo dica: ‘La sua famiglia gli<br />
fu nemica. In un mondo che lo seguiva essa mancò’? Perché, se è l’infelice che<br />
voi dite, non dobbiamo essere noi di famiglia presso la sua demenza, per<br />
impedirle di essere nociva e di esserci nociva?’’ O Gesù, così dicevo per<br />
ragionare umanamente, come loro ragionavano. Ma Tu lo sai che io e Giuda non ti<br />
crediamo folle. Tu lo sai che vediamo in Te il Santo di Dio. Tu lo sai che<br />
sempre ti abbiamo guardato come la nostra Stella maggiore. Ma non ci hanno<br />
voluto capire. Neanche più ascoltare ci hanno voluto. Ed io sono venuto via.<br />
Fra la scelta, o Gesù o la famiglia, ho scelto Te. Eccomi, se appena mi vuoi. Se<br />
poi non mi vorrai, allora sarò il più infelice degli uomini, perché non avrò più<br />
nulla. Non la tua amicizia e non l’amore della famiglia.”<br />
“A questo siamo? O Giacomo mio, mio povero Giacomo! Non avrei voluto vederti<br />
soffrire così, perché ti amo. Ma se il Gesù-Uomo con te piange, il Gesù-Verbo<br />
per te giubila. Vieni. Io sono certo che la gioia di essere portatore di Dio fra<br />
gli uomini aumenterà di ora in ora il tuo gaudio sino a raggiungere la piena<br />
estasi nell’ora estrema della terra e nella eterna del Cielo.”<br />
Gesù si volge e chiama i suoi discepoli, che si erano fermati prudentemente<br />
qualche metro lontano. “Venite, amici. Il mio cugino Giacomo è ora dei miei<br />
amici e perciò vostro amico. Quanto ho desiderato quest’ora, questo giorno per<br />
lui, il mio perfetto amico d’infanzia, il mio buon fratello di giovinezza.!”<br />
I discepoli fanno festa al nuovo venuto e a Giuda che da giorni non vedevano.<br />
“Ti avevamo cercato a casa... ma eri sul lago.”<br />
“Sì, sul lago per due giorni con Pietro e gli altri. Pietro ha avuto buona<br />
pesca. Non è vero?”<br />
“Sì, e ora, questo mi spiace, dovrò dare tante didramme a quel ladro là...” e<br />
accenna al gabelliere Matteo, che ha il banco assediato da gente che paga per il<br />
suolo, credo, o per le derrate.<br />
“Sarà tutto in proporzione, dico. Più peschi e più paghi, ma anche più<br />
guadagni.”<br />
“No, Maestro. Più pesco e più guadagno. Ma se faccio peso doppio di pesca,<br />
quello là non mi fa pagare il doppio. Mi fa dare il quadruplo... Sciacallo!”<br />
“Pietro! Ebbene, andiamo proprio là vicino. Voglio parlare. Vi è gente sempre<br />
presso quel banco di gabella.”<br />
“Sfido io!” borbotta Pietro. “Gente e maledizioni.”<br />
“Ebbene, Io andrò a mettervi benedizioni. Chissà che un poco di onestà non entri<br />
nel gabelliere.”
“Stai pure tranquillo che la tua parola non passerà per la sua pelle di<br />
coccodrillo.”<br />
“Vedremo.”<br />
“Che gli dirai?”<br />
“Nulla direttamente. Ma parlerò in modo che vada anche a lui.”<br />
“Dirai che è ladro tanto chi assalta sulle strade come chi scortica i poveri che<br />
lavorano per avere il pane, non per le femmine e le ebbrezze?”<br />
“Pietro: vuoi parlare tu per Me?”<br />
“No, Maestro. Non saprei parlare bene.”<br />
“E con l’acre che hai dentro faresti male a te e a lui.”<br />
Sono giunti presso al banco della gabella.<br />
Pietro fa per pagare. Gesù lo ferma e dice: “Dammi le monete. Pago Io, oggi.”<br />
Pietro la guarda stupito e poi dà una borsa di pelle con dei soldi.<br />
Gesù aspetta il suo turno e, quando è di fronte al gabelliere, dice: “Pago per<br />
otto corbe di pesce di Simone di Giona. Le corbe eccole là, ai piedi dei<br />
garzoni. Verifica, se credi. Ma fra onesti non dovrebbe che bastare la parola. E<br />
credo tu mi creda tale. Quanto è la tassa?”<br />
Matteo, che era seduto al banco, al punto in cui Gesù dice: “Credo tu mi creda<br />
tale”, si alza in piedi. Basso e già anzianotto, su per giù come Pietro, mostra<br />
però il viso stanco del gaudente ed una palese confusione. Sta a capo chino sul<br />
principio, poi lo alza e guarda Gesù. E Gesù lo guarda fisso, serio, dominandolo<br />
con tutta la sua imponente statura.<br />
“Quanto?” ripete Gesù, dopo un poco.<br />
“Non vi è tassa per il discepolo del Maestro” risponde Matteo. E a voce più<br />
bassa aggiunge: “Prega per l’anima mia.”<br />
“La porto in Me, perché raccolgo i peccatori. Ma tu... perché non la curi?” E<br />
Gesù gli volge le spalle subito dopo, tornando a Pietro che è trasecolato di<br />
stupore. Anche altri sono trasecolati. Bisbigliano ammiccano...<br />
Gesù si pone addossato ad un albero, a un dieci metri da Matteo e inizia a<br />
parlare.<br />
“Il mondo è paragonabile ad una grande famiglia i cui componenti fanno mestieri<br />
diversi e tutti necessari. Vi sono gli agricoltori, i pastori, i vignaioli, i<br />
carpentieri, i pescatori, i muratori, gli operai del legno e del ferro, e poi<br />
gli scrivani, i soldati, gli ufficiali destinati a speciali missioni, i medici,<br />
i sacerdoti. Di tutto, c’è. Non potrebbe il mondo esser fatto di una sola<br />
classe. Tutte necessarie, tutte sante, se tutte fanno ciò che devono con onestà<br />
e giustizia. Come si può giungere a questo se Satana tenta da tante parti?<br />
Pensando a Dio che tutto vede, anche le opere più nascoste, e alla sua legge che<br />
dice: ‘Ama il tuo prossimo come ti ami, non fargli ciò che non vorresti a te<br />
fatto, non rubare in nessun modo.<br />
Dite, o voi che mi udite: quando uno muore, porta forse seco le borse dei suoi<br />
denari? E anche se fosse così stolto da volerle seco nel sepolcro, le può forse<br />
usare nell’altra vita? No. Le monete divengono metalli corrosi sulla putredine<br />
di un corpo disfatto. Ma la sua anima altrove sarebbe nuda, più povera del<br />
Giobbe beato, priva del più piccolo quattrino, anche se qui e nella tomba essa<br />
avesse lasciato talenti e talenti. Anzi, udite, udite! Anzi in verità vi dico<br />
che con le ricchezze difficilmente si acquista il Cielo, ma anzi generalmente<br />
con esse si perde il Cielo, anche se ricchezze onestamente avute o per eredità o<br />
per guadagno, perché pochi sono i ricchi che sanno usare giustamente delle<br />
ricchezze.<br />
Che occorre allora per avere questo Cielo benedetto, questo riposo nel seno del<br />
Padre? Occorre non essere avidi di ricchezze. Non avidi nel senso di volerle ad<br />
ogni costo, anche mancando ad onestà e amore. Non avidi nel senso che, avendole,<br />
si amino più del Cielo e del prossimo, negando carità al prossimo che è<br />
bisognoso. Non avidi per quanto le ricchezze possono dare, ossia donne, piaceri,<br />
ricca mensa, vesti di sfarzo che sono offesa a chi ha freddo e fame. Vi è, sì,<br />
vi è una moneta per cambiare le monete ingiuste del mondo in valuta che vale nel<br />
Regno dei Cieli. Ed è la santa furbizia di fare delle ricchezze umane, sovente<br />
ingiuste o causa d’ingiustizia, delle ricchezze eterne. Ossia guadagnare con<br />
onestà, rendere ciò che ingiustamente si ebbe, usare dei beni con parsimonia e<br />
distacco, sapendosene separare, perché prima o poi essi ci lasciano - oh!<br />
pensare a questo! - mentre il bene compiuto non mai più ci lascia.<br />
Tutti vorremmo esser detti ‘giusti’ e tali esser creduti, e come tali premiati<br />
da Dio. Ma come può Dio premiare chi solo ha nome di giusto ma non ha le opere?
Come può dire: ‘Ti perdono’, se vede che il pentimento è solo verbale, ma non<br />
accompagnato da vero mutamento di spirito? Non vi è pentimento finché dura<br />
l’appetito per l’oggetto per cui peccammo. Ma quando uno si umilia, quando uno<br />
si mutila del membro morale di una mala passione, che può chiamarsi donna o oro,<br />
dicendo: ‘Per Te, Signore, non più di questo’, ecco allora che veramente è<br />
pentito. E Dio lo accoglie dicendo: ‘Vieni, mi sei caro come un innocente ed un<br />
eroe’.”<br />
Gesù ha finito. Se ne va senza neppure voltarsi verso Matteo, che è venuto<br />
presso il cerchio degli ascoltatori sin dalle prime parole.<br />
Quando sono presso la casa di Pietro, la moglie di lui corre incontro a dire al<br />
marito qualcosa. Pietro fa cenno a Gesù di venirgli vicino. “C’è la madre di<br />
Giuda e Giacomo. Vuol parlare con Te, ma non vuole esser vista. Come facciamo?”<br />
“Così. Io entro in casa come per riposare e voi tutti andate a distribuire<br />
l’obolo ai poveri. Tieni anche le monete della tassa non voluta. Va’.”<br />
Gesù fa un cenno di commiato a tutti, mentre Pietro li arringa per persuaderli<br />
ad andare con lui.<br />
“Dove è la madre, donna?” chiede Gesù alla moglie di Pietro.<br />
“Sulla terrazza, Maestro. Vi è ombra ancora e fresco. Sali pure. Vi è anche più<br />
libertà che in casa.”<br />
Gesù sale per la scaletta.<br />
In un angolo, sotto la folta pergola di vite, seduta su una panchetta messa<br />
presso il parapetto, tutta vestita di scuro, col velo molto calato sul volto, è<br />
Maria di Alfeo. Piange piano, senza rumore.<br />
Gesù la chiama: “Maria! Zia cara!”.<br />
Lei alza un povero viso angosciato e tende le mani: “O Gesù! Quanto dolore è nel<br />
mio cuore!”<br />
Gesù le è presso. La forza a stare seduta. Ma Lui resta in piedi col suo<br />
mantello ancor drappeggiato addosso, tenendo una mano sulle spalle della zia e<br />
l’altra fra le mani di lei. “Che hai? Perché tanto pianto?”<br />
“Oh! Gesù! Sono scappata di casa dicendo: ‘Vado a Cana a cercare uova e vino per<br />
il malato’. Presso Alfeo è tua Madre che cura come Lei sa fare, e sono<br />
tranquilla. Ma in realtà sono venuta qui. Ho corso per tutte le notti per<br />
giungere qui più resto. E non ne poso più... Ma la fatica è nulla. E’ il dolore<br />
del cuore che mi fa male!... Il mio Alfeo... il mio Alfeo... i miei figli... oh!<br />
perché fra quelli di un sangue tanta differenza, e questa essere come le due<br />
pietre di una macina per stritolare il cuore di una madre? Sono con Te Giuda e<br />
Giacomo? Sì? Allora sai... Oh! Gesù! Il mio Alfeo perché non comprende? Perché<br />
muore? Perché vuol morire così? E Simone e Giuseppe? Perché, perché non con Te<br />
ma contro di Te?”<br />
“Non piangere, Maria. Io non ho rancore per loro. L’ho detto anche a Giuda. Io<br />
capisco e compatisco. Se è per questo che piangi, non piangere più.”<br />
“Per questo, sì, perché ti offendono. Per questo e poi, e poi, e poi... perché<br />
non voglio che lo sposo mio muoia a Te nemico. Dio non lo perdonerà... e io...<br />
oh! non lo avrò più neppur nell’altra vita...”<br />
Maria è proprio angosciata. Piange a grossi lacrimoni sulla mano sinistra che<br />
Gesù le ha abbandonata, ed ogni tanto la bacia, e alza il suo povero volto<br />
straziato.<br />
“No.” dice Gesù. “No. Non dire così. Io perdono. E se perdono Io...”<br />
“Oh! vieni Gesù. Vieni a salvargli l’anima e il corpo. Vieni... Dicono anche,<br />
per accusarti, già dicono che hai levato due figli ad un padre che muore, e lo<br />
dicono per Nazaret, capisci? Ma dicono anche: ‘Fa da per tutto miracoli e nella<br />
sua casa non li sa fare’, e perché ti difendo dicendo: ‘Che può, se l’avete<br />
cacciato quasi coi vostri rimproveri, se non credete?’ mi contendono.”<br />
“Hai detto bene: se non credete. Come posso fare dove non si crede?”<br />
“Oh! Tu puoi tutto! Io credo per tutti! Vieni. Fa’ un miracolo... per la tua<br />
povera zia...”<br />
“Non posso.” Gesù è mestissimo nel dirlo. Ritto in piedi, stringendo al suo<br />
petto la testa della piangente, pare confessi la sua impotenza alla natura<br />
serena, pare chiamarla testimone della sua pena di non potere per decreto<br />
eterno.<br />
La donna piange più forte.<br />
“Ascolta Maria. Sii buona. Io ti giuro che se potessi, se fosse bene farlo, lo<br />
farei. Oh! strapperei al Padre questa grazia, per te, per mia Madre, per Giuda e<br />
Giacomo e anche, sì, anche per Alfeo, Giuseppe e Simone. Ma non posso. Tu ora
hai tanto male al cuore e non puoi capire la giustizia di questo mio non potere.<br />
Te la dico, ma non la capirai lo stesso. Quando fu l’ora del transito di mio<br />
padre, e tu sai se era giusto e se mia Madre lo amava, Io non lo trassi a vita<br />
ancora. Non è giusto che la famiglia in cui un santo vive sia esente dalle<br />
inevitabili sventure della vita. Se così fosse, Io dovrei essere eterno sulla<br />
terra, eppure presto morrò, né Maria, la Santa Madre mia, potrà strapparmi alla<br />
morte. Non posso. Quel che posso è questo. E lo farò” Gesù si è seduto e si è<br />
preso il capo della parente sulla spalla. “Questo farò. Prometterti, per questo<br />
dolore, la pace del tuo Alfeo, assicurarti che non ne sarai divisa, darti la mia<br />
parola che la nostra famiglia sarà riunita nel Cielo, ricomposta in eterno e<br />
che, finché Io viva ed oltre, infonderò sempre alla mia cara parente tanta pace,<br />
tanta forza, sino a fare di lei una apostola presso tante povere donne che più<br />
facile sarà a te, donna, avvicinare. Sarai la mia diletta amica in questo tempo<br />
di evangelizzazione. La morte, non piangere, la morte di Alfeo ti libera dai<br />
doveri maritali e ti eleva a quelli più sublimi di un mistico sacerdozio<br />
femminile, tanto necessario presso l’altare della gran Vittima e presso tanti<br />
pagani che piegheranno più l’animo davanti all’eroismo santo delle donne<br />
discepole che non a quello dei discepoli. Oh! che il tuo nome, zia cara, sarà<br />
come una fiamma nel cielo cristiano... Non piangere più. Va' in pace. Forte,<br />
rassegnata, santa. Mia Madre... fu vedova prima di te... e ti conforterà come<br />
Lei sa. Vieni. Non voglio che tu parta sola sotto questo sole. Pietro ti<br />
accompagnerà con la barca sino al Giordano e di lì a Nazaret con un asinello.<br />
Sii buona.”<br />
“Benedicimi, Gesù. Dammi forza Tu.”<br />
“Sì, ti benedico e ti bacio, zia buona.” E la bacia teneramente, tenedola ancora<br />
a lungo contro il suo cuore sinché la vede calmata.<br />
96. Gesù risponde all’accusa di aver guariti in sabato la Bella di Corazim.<br />
3 febbraio 1945.<br />
Gesù è a Betsaida. Parla stando ritto sulla barca che lo ha ivi portato e che è<br />
quasi arenata sulla riva, tenuta legata ad un palo di moletto rudimentale. Molta<br />
gente, seduta a semicerchio sulla rena, lo ascolta. Gesù ha appena iniziato il<br />
suo discorso.<br />
“... e qui vedo che mi amate anche voi di Cafarnao, voi che mi avete seguito,<br />
trascurando commerci e comodi pur di udire la parola che vi ammaestra. So anche<br />
che, più che trascuranza di commerci e perciò danno alla vostra borsa, questo vi<br />
porta derisione e può portarvi anche danno sociale. Lo so che Simone, Eli, Uria<br />
e Gioacchino sono a Me contrari. Oggi contrari, domani nemici. E vi dico -<br />
perché Io non inganno nessuno, né voglio ingannare voi, miei amici fedeli - che<br />
per nuocere a Me, per darmi dolore, per vincermi coll’isolarmi, essi, i potenti<br />
di Cafarnao, useranno tutti mezzi... Insinuazioni come minacce, derisioni come<br />
calunnie. Tutto userà il Nemico comune per strappare anime al Cristo e farsene<br />
prede. Io vi dico: chi persevererà sarà salvo; ma anche vi dico: chi ha più<br />
amore alla vita e al benessere,che alla salute eterna è libero di andare, di<br />
lasciarmi, di occuparsi della piccola vita e del transitorio benessere. Io non<br />
trattengo nessuno.<br />
L’uomo è essere libero. Io sono venuto a liberare vieppiù l’uomo. E dal peccato,<br />
e ciò per lo spirito. E dalle catene di una religione svisata, oppressiva, che<br />
soffoca sotto fiumi di clausole, di parole, di precetti, la vera parola di Dio,<br />
netta, breve, luminosa, facile, santa, perfetta. La mia venuta è vaglio delle<br />
conoscenze. Io raccolgo il mio grano sull’aia e lo batto colla dottrina di<br />
sacrificio e lo crivello col crivello della sua stessa volontà. La pula, le<br />
saggine, le vecce, le zizzanie voleranno via leggere e inutili, cadranno pesanti<br />
e nocive e saranno pasto ai volatili, e nel mio granaio entrerà solo il grano<br />
eletto, puro, solido, buono. Il grano: i santi.<br />
Una sfida è corsa da secoli fra l’Eterno e Satana. Satana, inorgoglito dalla<br />
prima vittoria sull’uomo, ha detto a Dio: ‘I tuoi creati saranno per sempre<br />
miei. Nulla, neppure il castigo, neppure la Legge che loro vuoi dare li farà<br />
capaci di guadagnarsi il Cielo, e questa tua Dimora da cui mi hai cacciato,<br />
cacciato me, l’unico intelligente fra tuoi creati, ti rimarrà vuota, inutile,<br />
triste come tutte le cose inutili’. E l’Eterno rispose al Maledetto: ‘Questo
ancora potrai sinché il tuo veleno è solo a regnare nell’uomo. Ma Io manderò il<br />
mio Verbo, e la sua parola neutralizzerà il tuo veleno, sanerà i cuori, li<br />
guarirà dalla demenza di cui li hai macchiati o insatanassati, ed essi<br />
torneranno a me. Come pecore sviate che ritrovano il pastore, essi torneranno al<br />
mio Ovile, e il Cielo sarà popolato. Per essi l’ho fatto. E tu digrignerai i<br />
tuoi denti per rabbia impotente, là nel tuo orrido regno, prigione e maledetto,<br />
e su te verrà ribaltata dagli Angeli la pietra di Dio e sigillata, e tenebre e<br />
odio saranno teco e coi tuoi, mentre luce ed amore, canto e beatitudine e<br />
libertà infinita, eterna, sublime, sarà dei miei.’ E Mammona con risata di<br />
scherno ha giurato: ‘E sulla mia Geenna io giuro che quando sarà l’ora io verrò.<br />
Sarò onnipresente presso gli evangelizzati, e vedremo se io o Tu saremo<br />
vincitori’.<br />
Sì, che Satana vi insidia per vagliarvi. Ed Io pure vi circuisco per vagliarvi.<br />
I contendenti sono due: Io e lui. Voi nel mezzo. Il duello dell’Amore con<br />
l’Odio, della Sapienza con l’Ignoranza, della Bontà col Male, è su voi e intorno<br />
a voi. A stornare i colpi malvagi su voi, Io basto. Mi frappongo fra l’arma<br />
satanica e il vostro essere, e accetto di essere ferito in vostra vece perché vi<br />
amo. Ma i colpi all’interno di voi, voi li dovete stornare con la vostra<br />
volontà, correndo verso di Me, mettendovi nella mia Via che è Verità e Vita. Chi<br />
non è voglioso di Cielo non avrà il Cielo. Chi non è atto ad esser discepolo del<br />
Cristo sarà pula leggera che il vento del mondo seco trasporta. Chi è nemico del<br />
Cristo è seme nocivo che rinascerà nel regno satanico.<br />
Io so perché siete venuti, voi di Cafarnao. E tanto ho la coscienza pura del<br />
peccato che mi si addebita, e in nome del quale inesistente peccato mi si<br />
mormora dietro, insinuandovi che udirmi e seguirmi è complicità col peccatore,<br />
che non temo di rendere la ragione a questi di Betsaida.<br />
Fra voi, cittadini di Betsaida, vi sono degli anziani che non hanno dimenticato,<br />
per diverse ragioni, la Bella di Corazim. Vi sono uomini che con essa peccarono,<br />
vi sono donne che per essa piansero. Piansero e - oh! ancor non ero venuto a<br />
dire: ‘Amate chi vi nuoce’! - piansero e poi giubilarono quando la seppero morsa<br />
dalla putredine, trasudata dalle sue viscere impure all’esterno del suo<br />
splendido corpo, figura di quella lebbra più grave che le aveva roso l’anima di<br />
adultera, omicida e meretrice. Adultera settanta volte sette, e con chiunque<br />
avesse nome ‘uomo’ e avesse denaro. Omicida sette volte sette dei suoi<br />
concepimenti bastardi; meretrice per vizio e neppur per bisogno.<br />
Oh! vi capisco, mogli tradite! Comprendo il vostro giubilare quando vi fu detto:<br />
‘Le carni della Bella sono più fetide e sfatte di quelle di una carogna giacente<br />
nel fosso di una via maestra, preda ai corvi ed ai vermi’. Ma vi dico: sappiate<br />
perdonare. Dio ha fatto le vostre vendette, e poi Dio ha perdonato. Perdonate<br />
voi pure. Io l’ho perdonata anche in nome vostro, perché vi so buone, o donne di<br />
Betsaida che mi salutate col grido: ‘Benedetto l’Agnello di Dio! Benedetto Colui<br />
che viene in nome del Signore!’. Se sono Agnello, e tale mi conoscete, se vengo<br />
fra voi, Io Agnello, voi dovete divenire tutte pecore mansuete, anche quelle che<br />
un lontano, ormai lontano dolore di sposa tradita, fa con istinti di fiera che<br />
difende il suo nido. Non potrei rimanere fra voi se tigri e iene foste, Io che<br />
Agnello sono.<br />
Colui che viene nel nome santissimo di Dio a raccogliere giusti e peccatori per<br />
portarli al Cielo, è andato anche dalla pentita e le ha detto: ‘Sii mondata.<br />
Va', ed espia’. Questo l’ho fatto in sabato. E di questo mi si accusa. Accusa<br />
ufficiale. La seconda è di aver avvicinato una meretrice. Una che fu meretrice.<br />
Ora non era che un’anima piangente sul suo peccato.<br />
Ebbene, Io dico: l’ho fatto e lo farò. Portatemi il Libro, scrutatelo,<br />
studiatelo, svisceratelo. Trovate, se vi riesce, un punto che vieti al medico di<br />
curare un malato, ad un levita di occuparsi dell’altare, ad un sacerdote di non<br />
ascoltare un fedele, solo perché è sabato. Ed Io, se lo trovate e me lo<br />
mostrate, dirò, battendomi il petto: ‘Signore, ho peccato al tuo cospetto e a<br />
quello degli uomini. Non sono degno del perdono. Ma, se Tu vuoi essere pietoso<br />
al tuo servo, Io ti benedirò finché duri il mio soffio vitale’. Perché<br />
quell’anima era una malata. E del medico hanno bisogno i malati. Era un altare<br />
profanato ed aveva bisogno che un levita lo mondasse. Era un fedele che andava a<br />
piangere nel Tempio vero del Dio Vero, ed aveva bisogno del sacerdote che ve<br />
l’introducesse. In verità vi dico che Io sono il Medico, il Levita, il<br />
Sacerdote. In verità vi dico che, se Io non farò il mio dovere, sperdendo anche<br />
una sola delle anime che hanno pungolo di salvezza col non salvarla, Dio Padre
me ne chiederà conto e mi punirà per quest’anima perduta.<br />
Ecco il mio peccato, secondo i potenti di Cafarnao. Avrei potuto attendere il<br />
giorno dopo il sabato a farlo. Sì. Ma perché tardare di altre ventiquattro ore a<br />
riammettere nella pace di Dio un cuore contrito? Era in quel cuore l’umiltà<br />
vera, la sincerità cruda, il dolore perfetto. Io ho letto in quel cuore. La<br />
lebbra era ancora sul suo corpo. Ma il cuore ne era già guarito per il balsamo<br />
di anni di pentimento, di lacrime, di espiazione. Non aveva bisogno quel cuore,<br />
per essere avvicinato da Dio, senza per questa vicinanza rendere impura l’aura<br />
santa che circonda Iddio, altro che della mia riconsacrazione. L’ho fatto. Ella<br />
è uscita dal lago monda anche nelle carni. Ma ancor più monda nel cuore.<br />
Quanti, oh! quanti di quelli che sono entrati nelle acque del Giordano, per<br />
ubbidire al comando del Precursore, non ne sono usciti mondi come lei! Perché il<br />
loro battesimo non era un atto volontario, sentito, sincero di uno spirito che<br />
voleva prepararsi al mio avvento. Ma solo una forma per apparire perfetti in<br />
santità agli occhi del mondo. Perciò era ipocrisia e superbia. Due colpe che<br />
aumentavano il cumulo di colpe preesistenti nel loro cuore. Il battesimo di<br />
Giovanni non è che un simbolo. Vi vuol dire: ‘Mondatevi dalla superbia<br />
umiliandovi a dirvi peccatori; dalle lussurie lavandovi dalle scorie di esse’.<br />
Ma è l’anima che va battezzata con la volontà vostra, per essere monda al<br />
convito di Dio. Non vi è colpa tanto grande che non possa essere lavata dal<br />
pentimento prima, dalla Grazia poi, dal Salvatore infine. Non vi è peccatore<br />
tanto grande che non possa alzare la faccia atterrata e sorridere ad una<br />
speranza di redenzione. Basta che egli sia completo nel rinunciare alla colpa,<br />
eroico nel resistere alla tentazione, sincero nella volontà di rinascere.<br />
Io ora vi dico una verità che ai miei nemici sembrerebbe bestemmia. Ma voi siete<br />
i miei amici. Parlo specialmente per voi, miei discepoli già scelti, e poi per<br />
tutti voi che mi ascoltate. Vi dico: gli angeli, spiriti puri e perfetti,<br />
viventi nella luce della Ss. Trinità e in essa giubilanti, nella loro perfezione<br />
hanno, e riconoscono di averla, una inferiorità rispetto a voi, uomini lontani<br />
dal Cielo. Hanno l’inferiorità del non potersi sacrificare, del non poter<br />
soffrire per cooperare alla redenzione dell’uomo. E che vi pare? Dio non prende<br />
un suo angelo per dirgli: ‘Sii il redentore dell’Umanità’. Ma prende suo Figlio.<br />
E sapendo che, per quanto incalcolabile il Sacrificio e infinito il suo potere,<br />
ancor manca - ed è bontà paterna che non vuole fare differenza fra il Figlio del<br />
suo amore e i figli del suo potere - alla somma di meriti da contrapporre alla<br />
somma dei peccati che d’ora in ora l’Umanità accumula, ecco che non prende altri<br />
angeli a colmare la misura e non dice loro: ‘Soffrite per imitare il Cristo’, ma<br />
lo dice a voi, a voi uomini. Vi dice: ‘Soffrite, sacrificatevi, siate simili al<br />
mio Agnello. Siate corredentori...’ Oh! ecco: Io vedo coorti di angeli che,<br />
lasciando per un istante di roteare nell’estasi adorante intorno al Fulcro<br />
Trino, si inginocchiano, volti alla terra, e dicono: ‘Voi benedetti che potete<br />
soffrire col Cristo e per l’Eterno Dio, nostro e vostro!’<br />
Molti non comprenderanno ancora questa grandezza. E troppo superiore all’uomo.<br />
Ma quando l’ostia sarà immolata, quando il Grano eterno risorgerà per mai più<br />
morire, dopo esser stato colto, battuto, spogliato e sepolto nelle viscere del<br />
suolo, allora verrà l’Illuminatore superspirituale e illuminerà gli spiriti,<br />
anche quelli più tardi, rimasti però fedeli al Cristo Redentore, e allora<br />
comprenderete che non ho bestemmiato, ma vi ho annunciato la più alta dignità<br />
dell’uomo, quella di essere corredentore, anche se prima non era che peccatore.<br />
Intanto preparatevi ad essa con purità di cuore e di intenti. Più puri sarete e<br />
più comprenderete. Perché l’impurità, quale essa sia, è sempre fumo che annebbia<br />
e appesantisce vista ed intelletto.<br />
Siate puri. Iniziate ad esserlo nel corpo per passare allo spirito. Iniziate dai<br />
cinque sensi per passare alle sette passioni. Iniziate dall’occhio: senso che è<br />
re, e che apre la via alla più mordente e complessa delle fami. L’occhio vede la<br />
carne della donna e cuncupisce la carne. L’occhio vede la ricchezza dei ricchi e<br />
concupisce l’oro. L’occhio vede la potenza dei governanti e concupisce il<br />
potere. Abbiate occhio pacato, onesto, morigerato, puro, e avrete desideri<br />
pacati, onesti, morigerati e puri. Più puro sarà il vostro occhio e più puro<br />
sarà il vostro cuore. Siate vigilanti sul vostro occhio, avido scopritore dei<br />
pomi tentatori. Siate casti negli sguardi se volete esser casti nel corpo. Se<br />
avrete castità di carne, avrete castità di ricchezza e di potere. Tutte le<br />
castità avrete e sarete amici di Dio. Non temete di esser beffati per esser<br />
casti. Temete solo di essere nemici di Dio.
Un giorno udii dire: ‘Sarai beffato dal mondo come bugiardo o come eunuco se<br />
mostri di non appetire alla donna’. In verità vi dico che Dio ha messo il<br />
coniugio per elevarvi a suoi imitatori nel procreare e a suoi aiutanti nel<br />
popolare i Cieli. Ma vi è uno stato più alto, davanti al quale si inchinano gli<br />
angeli che ne vedono la sublimità senza poterla imitare. Uno stato che, perfetto<br />
quando durò dalla nascita alla morte, non è però precluso a coloro che più non<br />
sono vergini, ma strappano la loro fecondità, maschile o femminile che sia,<br />
annullano la loro virilità animale per divenire fecondi e virili solo nello<br />
spirito. E’ l’eunuchismo senza imperfezione naturale, né mutilazione violenta o<br />
volontaria. L’eunuchismo che non vieta di accostarsi all’altare, ma anzi da esso<br />
sarà, nei futuri secoli, servito e circondato l’altare. L’eunuchismo più alto:<br />
quello a cui fa da strumento amputatore la volontà di appartenere a Dio solo, e<br />
conservare a Lui casto il corpo e il cuore perché siano in eterno fulgidi della<br />
candidezza cara all’Agnello.<br />
Ho parlato per il popolo e per gli eletti fra il popolo. Ora prima di entrare a<br />
spezzare il pane e dividere il sale nella casa di Filippo, ecco che Io vi<br />
benedico tutti: i buoni per premio, i peccatori per infondere coraggio di venire<br />
verso Colui che è venuto a perdonare. La pace sia con tutti voi.”<br />
Gesù scende dalla barca e passa fra la folla che gli si accalca intorno.<br />
All’angolo di una casa è ancora Matteo che ha ascoltato da lì il Maestro, non<br />
osando di più. Giunto a quell’altezza, Gesù si ferma e, come se benedicesse<br />
tutti, benedice ancora una volta, guarda Matteo, e poi se ne va di nuovo fra il<br />
gruppo dei suoi, seguito dal popolo, e scompare in una casa.<br />
Tutto ha fine.<br />
97. La chiamata di Matteo.<br />
4 febbraio 1945.<br />
[...].<br />
Quasi subito dopo vedo questo.<br />
Ancora la piazza del mercato di Cafarnao. Ma in un’ora più calda, in cui il<br />
mercato è già finito e sulla piazza sono solo degli sfaccendati che parlano e<br />
dei bambini che giuocano.<br />
Gesù, in mezzo al suo gruppo, viene dal lago verso la piazza, carezzando bambini<br />
che gli corrono incontro e interessandosi alle loro confidenze.<br />
Una bambina mostra un graffio sanguinante sulla fronte e accusa il fratellino di<br />
averglielo fatto.<br />
“Perché hai fatto male alla sorella? Non sta bene.”<br />
“Non l’ho fatto apposta. Volevo cogliere quei fichi e ho preso un bastone. Ma<br />
era troppo pesante e mi è cascato addosso a lei... Li coglievo anche per lei.”<br />
“E’ vero, Giovanna?”<br />
“E’ vero.”<br />
“Vedi allora che tuo fratello non ti ha voluto fare del male. Voleva anzi darti<br />
una gioia. Perciò ora fate subito pace e vi date un bacio. I buoni fratellini, e<br />
anche i buoni bambini, non devono conoscere mai il rancore. Su...”<br />
I due bambini piangenti si baciano. Piangono tutti e due: una per il dolore<br />
dello sgraffio, l’altro per il dolore di aver dato dolore.<br />
Gesù sorride davanti a quel bacio condito di lacrimoni. “Oh! ecco! Ora, perché<br />
vedo che siete buoni, i fichi ve li raccolgo Io. E senza bastone.”<br />
Sfido io! Alto come è, e col braccio così lungo, arriva senza fatica a farlo.<br />
Coglie e distribuisce.<br />
Accorre una donna: “Prendi, prendi, Maestro. Ora ti porto del pane.”<br />
“No. Non per Me. E’ per Giovanna e Tobiolo. Ne avevano voglia.”<br />
“E avete disturbato il Maestro per questo? Oh! che indiscreti! Perdona,<br />
Signore!”<br />
“Donna, c’era da fare una pace... e l’ho fatta con l’oggetto stesso della<br />
guerra: i fichi. Ma i bambini non sono mai indiscreti A loro piacciono i dolci<br />
fichi e a Me... piacciono le loro dolci anime innocenti. Mi levano tanto<br />
amaro...”<br />
“Maestro... sono i signori quelli che non ti amano. Ma noi, popolo, ti vogliamo<br />
bene. E loro sono pochi, mentre noi siamo tanti...”<br />
“Lo so, donna. Grazie del tuo conforto. La pace sia con te. Addio, Giovanna!
Addio Tobiolo! Siate buoni. Senza farvi del male e senza volervi del male. Non è<br />
vero?”<br />
“Sì, sì Gesù” rispondono i due bambinelli.<br />
Gesù si incammina e dice sorridendo: “Oh! ora che con l’aiuto dei fichi si è<br />
messo sereno dove erano nubi, andiamo a... Dove dite che andiamo?”<br />
Gli apostoli non sanno. Chi dice in luogo, chi l’altro. Ma Gesù scrolla sempre<br />
il capo e ride.<br />
Pietro dice: “Io rinuncio. A meno che Tu non lo dica... Ho delle idee nere,<br />
oggi. Tu non lo hai visto. Ma quando sbarcavamo c’era Eli, il fariseo. Più verde<br />
del solito! E ci guardava in un modo!”<br />
“Lascialo guardare!”<br />
“Eh! per forza. Ma ti assicuro, Maestro, che per fare pace con quello lì non<br />
bastano due fichi!”<br />
“Cosa ho detto alla mamma di Tobiolo?” ‘Ho fatta pace con lo stesso oggetto<br />
della guerra’. E così cercherò di fare pace riverendo, posto che secondo loro li<br />
ho offesi, i notabili di Cafarnao. Così anche qualcun altro sarà contento.”<br />
“Chi?”<br />
Gesù non risponde alla domanda e continua: “Non riuscirò probabilmente, perché<br />
manca la volontà, in loro, di fare pace. Ma udite: se in tutte e contese il più<br />
prudente sapesse cedere e, in luogo di accanirsi a voler ragione, conciliasse,<br />
magari spartendo a metà quello che, anche voglio ammettere, fosse suo di<br />
diritto, sarebbe sempre meglio e più santo. Non sempre uno nuoce col partito<br />
preso di nuocere. Delle volte fa male senza volere. Pensate sempre questo e<br />
perdonate. Eli e gli altri credono di servire Dio con giustizia agendo come<br />
fanno. Con pazienza e costanza, e tanta umiltà e buona grazia, cercherò di farli<br />
persuasi che un nuovo tempo è venuto e che Dio, ora, vuole essere servito a<br />
seconda che Io insegno. La furbizia dell’apostolo è la buona grazia, l’arma la<br />
costanza, la riuscita l’esempio e la preghiera per i convertendi.”<br />
Sono giunti sulla piazza. Gesù va diritto verso il banco delle gabelle, dove<br />
Matteo sta tirando i suoi conti e verificando le monete, che suddivide per<br />
categorie, mettendole in sacchetti di diverso colore e collocandoli in un<br />
forziere di ferro, che due servi attendono di trasportare altrove.<br />
Appena l’ombra gettata dall’alto corpo di Gesù si allunga sul banco, Matteo alza<br />
il capo per vedere chi è il ritardatario pagatore. Pietro, intanto, dice,<br />
tirando Gesù per una manica: “Non c’è nulla da pagare, Maestro. Che fai?”<br />
Ma Gesù non gli dà retta. Guarda fisso Matteo, che si è subito alzato in piedi<br />
con atto reverente. Un altro sguardo trapanante. Ma questo non è lo sguardo del<br />
giudice severo dell’altra volta. E’ uno sguardo di chiamata e di amore. Lo<br />
avviluppa, lo satura di amore. Matteo diventa rosso. Non sa che fare, che dire..<br />
“Matteo, figlio di Alfeo, l’ora è suonata. Vieni. Seguimi!” impone Gesù,<br />
maestosamente.<br />
“Io? Maestro, Signore! Ma sai chi sono? Per Te, non per me lo dico...”<br />
“Vieni. Seguimi, Matteo, figlio d’Alfeo” ripete più dolce.<br />
“Oh! come posso aver trovato grazia presso Dio? Io... Io..”<br />
“Matteo, figlio di Alfeo, Io ti ho etto il cuore. Vieni, seguimi.” Il terzo<br />
invito è una carezza.<br />
“Oh! subito, no Signore!” e Matteo, piangente, esce da dietro il banco, senza<br />
neppure occuparsi di raccogliere le monete sparse sul banco, di chiudere il<br />
cofano. Nulla.<br />
“Dove andiamo, Signore?” chiede quando è presso Gesù. “Dove mi porti?”<br />
“A casa tua. Vuoi ospitare il Figlio dell’uomo?<br />
“Oh!... ma ... ma che diranno quelli che ti odiano?”<br />
“Io ascolto quel che si dice in Cielo, e là si dice: ‘Gloria a Dio per un<br />
peccatore che si salva’, e il Padre dice: ‘In eterno la Misericordia si alzerà<br />
nei Cieli e si librerà sulla terra e, poiché di un eterno amore, di un perfetto<br />
amore Io ti amo, ecco che anche a te uso misericordia’. Vieni. E, con la mia<br />
venuta, oltre che il cuore ti si santifichi la casa.”<br />
“Già purificata l’ho, per una speranza che avevo nell’anima mia... ma che la<br />
ragione non poteva credere che fosse vera... Oh! io coi tuoi santi...” e guarda<br />
i discepoli.<br />
“Sì. Coi miei amici. Venite. Vi unisco. E siate fratelli.”<br />
I discepoli sono talmente stupefatti che non hanno ancor trovato modo di dire<br />
parola. Hanno camminato in gruppo dietro a Gesù e Matteo nella piazza tutta<br />
sole, e ormai assolutamente vuota di popolo, per un breve tratto di strada che
arde in un sole abbacinante. Non c’è un vivente per le strade. Solo il sole e la<br />
polvere.<br />
Entrano in casa. Una bella casa dal largo portone che si apre sulla via. Un<br />
bell’atrio ombroso e fresco, oltre il quale si vede un ampio cortile messo a<br />
giardino.<br />
“Entra, Maestro mio! Portate acqua e bevande.”<br />
I servi accorrono col richiesto. Matteo esce a dare ordini, mentre Gesù e i suoi<br />
si rinfrescano. Poi torna.<br />
“Ora vieni, Maestro. La sala è più fresca... Ora verranno amici... Oh! voglio<br />
sia fatta gran festa! E’ la mia rigenerazione... E’ la mia... è la mia<br />
circoncisione vera, questa... Tu mi hai circonciso il cuore col tuo amore...<br />
Maestro, sarà l’ultima festa... Ora non più feste per il pubblicano Matteo. Non<br />
più feste di questo mondo... Solo la festa interna dell’essere redento e di<br />
servire Te... di essere amato da Te... Quanto ho pianto... Quanto, in questi<br />
mesi... Sono quasi tre mesi che piango... Non sapevo come fare... volevo<br />
venire... Ma come venire da Te, Santo, con la mia anima sporca?...”<br />
“Tu la lavavi col pentimento e con la carità. Per Me e per il prossimo. Pietro?<br />
Vieni qui.”<br />
Pietro, che ancora non ha parlato tanto è sbalordito, viene avanti. I due<br />
uomini, ugualmente anziani, bassotti, tarchiati, sono di fronte, e Gesù è fra<br />
l’uno e l’altro, sorridente, bello.<br />
“Pietro, tu mi hai chiesto tante volte chi era lo sconosciuto della borsa<br />
portata da Giacomo. Eccolo, lo hai di fronte.”<br />
“Chi? Questo lad... Oh! perdona, Matteo! Ma chi lo poteva pensare che eri tu? e<br />
che proprio tu, nostra disperazione per la tua usura, fossi capace di strapparti<br />
tutte le settimane un pezzo di cuore dando quel ricco obolo?”<br />
“Lo so. Vi ho ingiustamente tassati. Ma ecco, io mi inginocchio davanti a voi<br />
tutti e vi dico: non mi cacciate! Egli mi ha accolto. Non siate da più di Lui<br />
nella severità”<br />
Pietro, che si trova ai piedi Matteo, lo alza di colpo, di peso, rudemente e<br />
affettuosamente: ‘Su, su. Non a me né agli altri. A Lui chiedi perdono. Noi...<br />
va’ là, su per giù siamo tutti ladri come te... Oh! l’ho detto! Maledetta<br />
lingua! Ma sono fatto così: quel che penso dico, quel che ho in cuore ho sul<br />
labbro. Vieni, che facciamo patto di pace e di amore” e bacia sulle guance<br />
Matteo.<br />
Anche gli altri lo fanno, più o meno affettuosamente. Dico così perché Andrea è<br />
sostenuto, per la sua timidezza, e Giuda Iscariota è gelido. Pare che abbracci<br />
un fascio di rettili, tanto il suo abbraccio è scostante e breve.<br />
Matteo esce, sentendo rumore.<br />
“Però, Maestro” dice Giuda Iscariota “mi pare che ciò non sia prudente. Già ti<br />
accusano i farisei di qui, e Tu... Un pubblicano fra i tuoi! Un pubblicano dopo<br />
una meretrice!... Hai deciso di rovinarti? Se così è, dillo che...”<br />
“Che noi ce la filiamo, vero?” termina Pietro ironico.<br />
“E chi parla con te?”<br />
“Lo so che tu non parli con me, ma io, invece, parlo con la tua signora anima,<br />
con la tua purissima anima, con la tua sapiente anima. Lo so che tu, membro del<br />
Tempio, senti fetore di peccato in noi, poveri, che del Tempio non siamo. Lo so<br />
che tu, completo giudeo, amalgama di fariseo, sadduceo ed erodiano, mezzo scriba<br />
e briciola di esseno - ne vuoi altre di nobili parole? - ti senti male fra noi,<br />
come uno splendido agone capitato in una rete piena di ghiozzi. Ma che ci vuoi<br />
fare? Egli ci ha presi e noi... ci restiamo. Se ti senti male... va’ via tu.<br />
Respireremo meglio tutti. Anche Lui, che, lo vedi?, è sdegnato per me e per te.<br />
Per me perché manco di pazienza e anche... sì, anche di carità, ma più con te<br />
che non capisci nulla, con tutta la tua tela di nobili attributi, e che non hai<br />
carità, non umiltà, non rispetto. Nulla hai, ragazzo. Ma solo un gran fumo... e<br />
voglia Dio sia fumo innocuo.”<br />
Gesù ha lasciato che Pietro parlasse rimanendo ritto, severo, con le braccia<br />
conserte, la bocca ben serrata e gli occhi... poco raccomandabili. Alla fine<br />
dice: “Hai detto tutto, Pietro? Anche tu hai purificato il tuo cuore dal lievito<br />
che c’era dentro? Bene hai fatto. Oggi è Pasqua d’Azzimi per un figlio di<br />
Abramo. La chiamata del Cristo è come il sangue dell’agnello sulle vostre anime,<br />
e dove essa è non scenderà più la colpa. Non scenderà se colui che la riceve ad<br />
essa è fedele. Liberazione è la mia chiamata e va festeggiata senza lieviti di<br />
sorta.”
A Giuda non una parola. Pietro tace mortificato.<br />
“L’ospite torna” dice Gesù. “E con degli amici. Non mostriamo ad essi altro che<br />
virtù. Chi non riesce a tanto, esca. Non siate pari a farisei che opprimono con<br />
comandi che loro per primi non osservano.”<br />
Rientra Matteo con altri uomini, e il convito ha luogo. Gesù è al centro, tra<br />
Pietro e Matteo. Parlano di molte cose e Gesù con pazienza spiega a questo e a<br />
quello quanto vogliono. Vi sono anche lamenti sui farisei che li sprezzano.<br />
“Ebbene, venite a chi non vi sprezza. E poi agite in modo che i buoni, almeno,<br />
non vi posano sprezzare” risponde Gesù.<br />
“Tu sei buono. Ma sei solo!”<br />
“No. Questi sono come Me, e poi... c’è il Padre Iddio che ama chi si pente e<br />
vuole tornare suo amico. E mancasse all’uomo ogni cosa, ma restasse il Padre,<br />
non sarebbe già piena la gioia dell’uomo?”<br />
Il convito è ai dolciumi, quando un servo fa un cenno al padrone di casa e gli<br />
dice qualche cosa.<br />
“Maestro: Eli, Simone e Gioacchino chiedono di entrare e parlarti. Li vuoi<br />
vedere?”<br />
“Certo.”<br />
“Ma.. i miei amici sono pubblicani,”<br />
“Ed essi vengono per vedere proprio questo. Lasciamolo loro vedere. Non<br />
servirebbe il nasconderlo. Non servirebbe per il bene, ché il male aumenterebbe<br />
l’episodio sino a dire che qui erano anche meretrici. Entrino.”<br />
Entrano i tre farisei, si guardano intorno con un riso cattivo e stanno per<br />
parlare.<br />
Ma Gesù, che si è alzato e andato loro incontro insieme a Matteo, li precede.<br />
Mette una mano sulla spalla di Matteo e gli dice: “O veri figli d’Israele, Io vi<br />
saluto, e vi do una grande notizia che certo farà giubilante il vostro cuore di<br />
perfetti israeliti, che sospira all’osservanza della Legge da parte di tutti i<br />
cuori per dare gloria a Dio. Ecco: Matteo, figlio di Alfeo, da oggi non è più il<br />
peccatore, lo scandalo di Cafarnao. Una pecora rognosa di Israele si è sanata.<br />
Giubilate! Dietro a lui altre pecore peccatrici si saneranno e la vostra città,<br />
della cui santità tanto vi interessate, diverrà gradita al Signore come santa.<br />
Egli lascia tutto per servire Dio. Date il bacio di pace all’israelita sviato<br />
che torna nel seno di Abramo.”<br />
“E vi torna coi pubblicani? In gaio convito? Oh! invero che è una conversione<br />
propizia! Guarda là, Eli, quello è Giosia, il procacciatore di femmine.”<br />
“E quello Simon d’Isacco, l’adultero.”<br />
“E quello? Ecco Azaria, il biscazziere nella cui bisca romani e giudei giuocano,<br />
rissano, si ubriacano e vanno a donne.”<br />
“Ma, Maestro. Sai almeno chi sono costoro? Lo sapevi?”<br />
“Lo sapevo.”<br />
“E voi, allora, voi di Cafarnao, voi discepoli, perché lo avete permesso? Mi fa<br />
stupore, Simone di Giona!”<br />
“E tu, Filippo, noto anche qui, e tu Natanaele! Ma io trasecolo! Tu, vero<br />
israelita! Come mai hai permesso che il tuo Maestro mangiasse coi pubblicani e i<br />
peccatori?”<br />
“Ma non c’è dunque più ritegno in Israele”<br />
I tre sono scandalizzati del tutto.<br />
Gesù dice: “Lasciate in pace i miei discepoli. Io l’ho voluto. Io solo.”<br />
“Eh! già! si capisce. Quando si vuol fare i santi e non lo si è, si cade presto<br />
in errori imperdonabili!”<br />
“E quando si allevano al non rispetto i discepoli - e ancor mi brucia la<br />
risata irriverente di costui, giudeo e del Tempio, a me Eli il fariseo! - non si<br />
può che esser senza rispetto per la Legge. Si insegna ciò che si sa.”<br />
“Ti sbagli, Eli. Vi sbagliate tutti. Si insegna ciò che si sa. E’ vero. Ed Io,<br />
che so la Legge, la insegno a chi non la sa: ai peccatori, perciò. Voi... vi so<br />
già padroni della vostra anima. I peccatori non lo sono. Io ricerco la loro<br />
anima, la ridò loro, perché a loro volta me la portino, così come è: malata,<br />
ferita, sporca, ed Io la curi e mondi. Sono venuto per questo. Sono i peccatori<br />
che hanno bisogno del Salvatore. Ed Io vengo a salvarli. Comprendetemi... e non<br />
mi odiate senza ragione.”<br />
Gesù è dolce, persuasivo, umile... Ma i tre sono tre ispidi cardi tutti<br />
aculei... ed escono con mosse di disgusto.<br />
“Sono andati!... Ora ci criticheranno dovunque” mormora Giuda Iscariota.
“E lasciali fare! Fa' solo che il Padre non ti abbia a criticare. Non esser<br />
mortificato, Matteo, né voi, suoi amici. La coscienza ci dice: ‘Non fate del<br />
male’. Basta così.”<br />
Gesù si risiede al suo posto e tutto ha fine.<br />
98. L’incontro con la Maddalena sul lago<br />
e lezione ai discepoli presso Tiberiade.<br />
5 febbraio 1945.<br />
Gesù con tutti i suoi - ormai sono in tredici, più Lui - sono, sette per barca,<br />
sul lago di Galilea. Gesù è nella barca di Pietro, la prima, insieme a Pietro,<br />
Andrea, Simone, Giuseppe e i due cugini. Nell’altra sono i due figli di Zebedeo<br />
con gli altri: ossia l’Iscariota, Filippo, Tommaso, Natanaele e Matteo.<br />
Le barche veleggiano svelte, spinte da un vento fresco di borea, che appena<br />
increspa l’acqua in tante rughettine, appena sottolineate da un filo di spuma<br />
che fa un tulle sull’azzurro di turchese del lago sereno. Vanno, lasciandosi<br />
dietro due scie che alle basi si baciano, confondendo le loro spume gioconde in<br />
un unico riso di acque, perché vanno quasi di conserva, quella di Pietro appena<br />
più avanti di un due metri.<br />
Da barca a barca, lontane pochi metri l’una dall’altra, si scambiano parole e<br />
commenti. Da questi arguisco che i galilei illustrano e spiegano ai giudei i<br />
punti del lago, i loro commerci, le personalità che vi abitano, le distanze dal<br />
luogo di partenza e di arrivo, ossia Cafarnao e Tiberiade. Le barche non<br />
pescano, sono solo adibite a trasporto delle persone.<br />
Gesù è seduto a prua e gode visibilmente della bellezza che lo circonda, dal<br />
silenzio, di tutto quell’azzurro puro di cielo e di acque a cui fanno anello<br />
sponde verdi, disseminate di paesi tutti bianchi fra il verde. Si astrae dai<br />
discorsi dei discepoli, molto in avanti sulla prora, quasi sdraiato su un fascio<br />
di vele, a capo sovente chino su quello specchio di zaffiro che è il lago, come<br />
studiasse il fondale e si interessasse di quanto vive in quelle acque<br />
limpidissime. Ma chissà a cosa pensa...<br />
Pietro lo interroga due volte per sapere se il sole - che ormai, alzato del<br />
tutto da oriente, prende in pieno la barca nel suo raggio, non ancora rovente ma<br />
già caldo - lo disturbi; un’altra volta gli dice se vuole anche pane e cacio<br />
come gli altri. Ma Gesù non vuole nulla, né tenda né pane. E Pietro lo lascia in<br />
pace.<br />
Un gruppetto di piccole barche da diporto, quasi scialuppe, ma tutte ricche di<br />
baldacchini purpurei e di morbidi cuscini, taglia per traverso la strada alle<br />
barche dei pescatori. Suoni, risate, profumi, passano con esse.<br />
Sono piene di belle donne e di gaudenti romani e palestinesi, ma più romani, o<br />
per lo meno non palestinesi, perché qualcuno deve essere greco; almeno così<br />
arguisco dalle parole di un giovane magro, snello, bruno come un’uliva quasi<br />
matura, tutto azzimato in una corta veste rossa, limitata da una pesante greca<br />
al fondo e tenuta alla vita da una cintura che è un capolavoro di orafo. Dice:<br />
“Ellade è bella! Ma neppur la olimpica mia patria ha questo azzurro e questi<br />
fiori. E, invero, non stupisce che le dee l’abbiano abbandonata per qui venire.<br />
Sfogliamo sulle dee, non più greche ma giudee, i fiori, le rose e gli omaggi...”<br />
E sparge sulle donne della sua barca i petali di splendide rose, e altre ne<br />
getta nella barca vicina.<br />
Risponde un romano: “Sfoglia, sfoglia, greco! Ma Venere è con me. Io non<br />
sfoglio: io colgo le rose su questa bella bocca. E’ più dolce!” E si china a<br />
baciare, sulla bocca aperta al riso, Maria di Magdala, semisdraiata sui cuscini<br />
e col capo biondo in grembo al romano.<br />
Ormai le barchette sono proprio contro alle barche pesanti, e sia per imperizia<br />
dei vogatori, sia per giuoco di vento, per poco non cozzano.<br />
“State attenti, se vi preme la vita” urla Pietro inferocito mentre vira, dando<br />
un colpo di barra, per evitare il cozzo. Insulti di uomini e grida di spavento<br />
delle donne vanno da barca a barca.<br />
I romani insultano i galilei dicendo “Scansatevi, cani di ebrei che siete.”<br />
Pietro e gli altri galilei non lasciano cadere l’insulto e Pietro specialmente,<br />
rosso come un galletto, ritto proprio sul bordo della barca che beccheggia<br />
fortemente, con le mani sui fianchi, risponde per le rime, non risparmiando né
omani, né greci, né ebrei, né ebree. Anzi a queste dedica tutta una collana di<br />
appellativi onorifici che lascio nella penna.<br />
Il battibecco dura finché dura il groviglio di chiglie e remi non si è dipanato,<br />
e ognuno va per la sua via.<br />
Gesù non ha mai cambiato posizione. E’ rimasto seduto, assente, senza sguardi né<br />
parole per le barche e i loro occupanti. Appoggiato su un gomito, ha continuato<br />
a guardare la sponda lontana come nulla accadesse. Gli viene gettato anche un<br />
fiore. Non so da chi, certo da una donna, perché sento una risatina femminile<br />
accompagnare l’atto. Ma Lui... niente. Il fiore lo colpisce quasi sul volto e<br />
casca sulle tavole, finendo sotto ai piedi del bollente Pietro.<br />
Quando le barchette stanno per allontanarsi, vedo che la Maddalena si alza in<br />
piedi e segue la traccia che le indica una compagna di vizio, ossia appunta i<br />
suoi occhi splendidi sul volto sereno e lontano di Gesù. Quanto lontano dal<br />
mondo quel volto!...<br />
“Di’, Simone!” interpella l’Iscariota. “Tu che sei giudeo come me, rispondi. Ma<br />
quella bellissima bionda in grembo al romano, quella che si è alzata in piedi<br />
poco fa, non è la sorella di Lazzaro di Betania?”.<br />
“Non so nulla io” risponde asciutto Simon Cananeo. “Sono tornato tra i vivida<br />
poco e quella donna è giovane...”<br />
“Non mi vorrai dire che tu non conosci Lazzaro di Betania, spero! So bene che<br />
gli sei amico e che ci sei stato anche col Maestro.”<br />
“E se ciò fosse?”<br />
“E posto che ciò è, dico io, tu devi conoscere anche la peccatrice che è la<br />
sorella di Lazzaro. La conoscono anche le tombe! E’ dieci anni che fa parlare di<br />
sé. Ha incominciato ad esser leggera appena fu pubere. Ma da oltre quattro anni!<br />
Non puoi ignorare lo scandalo, anche se eri nella ‘valle dei morti’. Ne parlò<br />
tutta Gerusalemme. E Lazzaro si è rinchiuso allora a Betania... Ha fatto bene,<br />
del resto. Nessuno avrebbe più messo piede nel suo splendido palazzo di Sionne,<br />
dove anche lei andava e veniva. Intendo dire: nessuno che fosse santo. In<br />
campagna... si sa!... E poi, ormai lei è da per tutto, fuorché a casa sua... Ora<br />
certo è a Magdala... Sarà in qualche nuovo amore... Non rispondi? Puoi<br />
smentirmi?”<br />
“Non smento. Taccio.”<br />
“Allora è lei? Anche tu l’hai riconosciuta!”<br />
“L’ho vista bambina, e pura, allora. La rivedo ora... Ma la riconosco.<br />
Impudicamente ripete l’effigie della madre sua, una santa.”<br />
“E allora perché quasi negavi che il tuo amico l’avesse per sorella?”<br />
“Le nostre piaghe, e quelle di coloro che amiamo, si cerca di tenerle coperte.<br />
Specie quando si è onesti.”<br />
Giuda ride verde.<br />
“Dici bene, Simone. E tu sei un onesto” osserva Pietro.<br />
“E tu l’avevi riconosciuta? A Magdala, a vendere il tuo pesce, ci vai di certo,<br />
e chissà quante volte l’hai vista!...”<br />
“Ragazzo, sappi che quando si hanno le reni stanche di un onesto lavoro, le<br />
femmine non fanno più voglia. Si ama solo il letto onesto della nostra sposa.”<br />
“Eh! ma la roba bella piace a tutti! Almeno, non foss’altro, si guarda.”<br />
“Perché? Per dire: ‘Non è cibo per la tua mensa?’ No, sai. Dal lago e dal<br />
mestiere ho imparato diverse cose, e una è questa: che pesce d’acqua dolce e di<br />
fondale non è fatto per acqua salsa e corso vorticoso.”<br />
Vuoi dire?”<br />
“Voglio dire che ognuno deve stare al suo posto, per non morire in malo modo.”<br />
“Ti faceva morire la Maddalena?”<br />
“No. Ho cuoio duro. Ma... me lo dici: ti senti male tu, forse?”<br />
“Io? Oh! non l’ho neppur guardata!...”<br />
“Bugiardo! Scommetto che ti sei roso per non essere su questa prima barca e<br />
averla più vicina... Avresti sopportato anche me per essere più vicino... Tanto<br />
è vero quel che dico, che mi onori della tua parola, in grazia sua, dopo tanti<br />
giorni di silenzio.”<br />
“Io? Ma se non sarei stato neppur visto! Guardava continuamente il Maestro,<br />
lei!”<br />
“Ah Ah! Ah! e dice che non la guardava! Come hai fatto a vedere dove guardava,<br />
se non la guardavi?”<br />
Ridono tutti, meno Giuda, Gesù e lo Zelote, all’osservazione di Pietro.<br />
Gesù pone termine alla discussione, che ha mostrato di non udire, chiedendo a
Pietro: “Quella è Tiberiade?”<br />
“Sì, Maestro. Ora faccio l’accostata.”<br />
“Attendi. Puoi metterti in quel seno quieto? Vorrei parlare a voi soltanto.”<br />
“Misuro il fondo e te lo so dire” E Pietro cala una lunga pertica e va lento<br />
verso riva. “Si può, Maestro. Vado ancora contro la sponda?”<br />
“Il più che puoi. C’è ombra e solitudine. Mi piace.”<br />
Pietro va fin sotto riva. La terra è lontana al massimo un quindici metri. “Ora<br />
toccherei.”<br />
“Ferma. E voi venite accosto più che potete e udite.”<br />
Gesù lascia il suo posto e viene a sedersi al centro della barca, su una<br />
panchetta che va da sponda a sponda. Di fronte ha l’altra barca, intorno gli<br />
altri della sua.<br />
“Udite. Vi parrà che Io mi astragga talora dai vostri discorsi e sia perciò un<br />
maestro infingardo che non sorveglia la propria scolaresca. Sappiate che l’anima<br />
mia non vi lascia un momento. Avete mai visto un medico che studia un malato di<br />
un male ancora incerto e di contrastanti sintomi? Lo tiene d’occhio, dopo averlo<br />
visitato, lo sorveglia, e nel sonno e nella veglia, al mattino e alla sera, e<br />
nel silenzio e nel parlare, perché tutto può essere sintomo e guida a decifrare<br />
il morbo nascosto e ad indicare una cura. Lo stesso faccio Io con voi. Vi tengo<br />
con fili invisibili, ma sensibilissimi, che si innestano in Me e mi trasmettono<br />
anche le più lievi vibrazioni del vostro io. Vi lascio credere di essere liberi,<br />
perché vi palesiate sempre più per quello che siete, cosa che avviene quando uno<br />
scolaro, o un maniaco, si crede perso di vista dal sorvegliante.<br />
Voi siete un gruppo di persone, ma formate un nucleo, ossia una sola cosa.<br />
Perciò siete un complesso che si forma a ente e che va studiato nelle singole<br />
sue caratteristiche, più o meno buone, per formarlo, amalgamarlo, smussarlo,<br />
accrescerlo nei lati poliedrici e farne un unico ‘che’ perfetto. Perciò Io vi<br />
studio. E studio su voi anche mentre voi dormite.<br />
Cosa siete voi? Cosa dovete divenire? Voi siete il sale della terra. Tali dovete<br />
divenire: sale della terra. Con il sale si preservano le carni dalla corruzione<br />
e con la carne molte altre derrate. Ma potrebbe il sale salare se non fosse<br />
salato? Con voi Io voglio salare il mondo per renderlo insaporito di sapore<br />
celeste. Ma come potete salare se mi perdete voi sapore?<br />
Cosa vi fa perdere sapore celeste? Ciò che è umano. L’acqua del mare, del vero<br />
mare, non è buona a bere tanto è salata, non è vero? Eppure, se uno prende una<br />
coppa di acqua di mare e la getta in un’idria d’acqua dolce, ecco che può bere,<br />
perché l’acqua di mare è tanto diluita che ha perso il suo mordente. L’umanità è<br />
come l’acqua dolce che si mescola alla vostra salsedine celeste. Ancora, se per<br />
un supposto si potesse derivare un rio dal mare e immetterlo nell’acqua di<br />
questo lago, potreste poi voi ritrovare quel filo d’acqua salata? No. Si sarebbe<br />
perso in tanta acqua dolce. Così avviene di voi quando immergete la vostra<br />
missione, meglio: la sommergete, in tanta umanità.<br />
Siete uomini. Sì. Lo so. Ma, e Io chi sono? Sono Colui che ha seco ogni forza. E<br />
che faccio Io? Io vi comunico questa forza poi che vi ho chiamati. Ma che giova<br />
che Io ve la comunichi se voi la disperdete sotto valanghe di senso e di<br />
sentimenti umani?<br />
Voi siete, dovete essere, la luce del mondo. Vi ho scelti, Io, Luce di Dio, fra<br />
gli uomini, per continuare ad illuminare il mondo dopo che Io sarò tornato al<br />
Padre. Ma potete voi dare luce se siete lanterne spente o fumose? No, che anzi<br />
col vostro fumo - peggio è il fumo ambiguo all’assoluta morte di un lucignolo -<br />
voi offuschereste quel barlume di luce che ancora possono avere i cuori. Oh!<br />
miseri quelli che cercando Dio si rivolgeranno agli apostoli e in luogo di luce<br />
avranno fumo! Scandalo e morte ne avranno. Ma maledizione e castigo ne avranno<br />
gli apostoli indegni.<br />
Grande sorte la vostra! Ma anche grande, tremendo impegno! Ricordatevi che colui<br />
a cui più è dato, più è tenuto a dare. E a voi il massimo è dato, di istruzione<br />
e di dono. Siete istruiti da Me, Verbo di Dio, e ricevete da Dio il dono di<br />
essere ‘i discepoli’, ossia i continuatori del Figlio di Dio. Io vorrei che voi<br />
meditaste sempre questa vostra elezione, e ancor vi scrutaste, e ancor vi<br />
pesaste... e se uno sente di esser atto ad esser fedele - non voglio neppur<br />
dire: se uno non si sente che peccatore e impenitente; dico solo: se uno si<br />
sente atto ad esser solo un fedele - ma non sente in sé nerbo di apostolo, si<br />
ritiri.<br />
Il mondo, per chi è amante di esso, è tanto vasto, bello, sufficiente, vario!
Offre tutti i fiori e tutti i frutti atti al ventre e al senso. Io non offro che<br />
una sola cosa: la santità. Questa, sulla terra, è la cosa più angusta, povera,<br />
erta, spinosa, perseguitata che esista. Nel Cielo la sua angustia si muta in<br />
immensità, la sua povertà in ricchezza, la sua spinosità in tappeto fiorito, il<br />
suo essere erta in sentiero liscio e soave, la sua persecuzione in pace e<br />
beatitudine. Ma qui è fatica da eroe esser santi. Io non vi offro che questo.<br />
Volete voi rimanere con Me? Non vi sentite di farlo? Oh! non vi guardate stupiti<br />
o addololorati! Mi sentirete fare ancora molte volte questa domanda. E quando la<br />
sentirete, pensate che il mio cuore nel farla piange, perché è ferito dalla<br />
vostra sordità alla vocazione. Esaminatevi, allora, e poi giudicate con onestà e<br />
sincerità, e decidete. Per non essere dei reprobi, decidete. Dite: ‘Maestro,<br />
amici, io conosco di non essere fatto per questa via. Vi do bacio di commiato e<br />
vi dico: pregate per me’. Meglio così che tradire. Meglio così...<br />
Che dite? Chi tradire? Chi? Me. La mia causa, ossia la causa di Dio - perché Io<br />
sono uno col Padre - e voi. Sì. Vi tradireste. L’anima vi tradireste, dandola a<br />
Satana. Volete rimanere ebrei? Ed Io non vi forzo a cambiare. Ma non tradite.<br />
Non tradite la vostra anima, il Cristo, e Dio. Io vi giuro che né Io, né i<br />
fedeli a Me vi criticheranno, né vi additeranno allo sprezzo delle turbe fedeli.<br />
Poco fa un vostro fratello ha detto una grande parola: ‘Le nostre piaghe e<br />
quelle di coloro che amiamo si cerca di tenerle nascoste’. E colui che si<br />
separerebbe sarebbe una piaga, una cancrena che, nata nel nostro organismo<br />
apostolico, si staccherebbe per cancrena completa, lasciando un segno doloroso<br />
che con ogni cura terremmo nascosto.<br />
No. Non piangete, o voi migliori. Non piangete. Io non vi porto rancore, né sono<br />
intransigente per vedervi così tardi. Siete appena presi e non posso pretendere<br />
che siate perfetti. Ma non lo pretenderò neppure fra anni, dopo aver detto cento<br />
e duecento volte le stesse cose inutilmente. Anzi, udite, fra anni sarete,<br />
almeno alcuni, meno ardenti di ora che siete neofiti. La vita è così....<br />
l’umanità è così... Perde lo slancio dopo il primo balzo. Ma (Gesù si alza di<br />
scatto) ma Io vi giuro che Io vincerò. Depurati per natural selezione,<br />
fortificati da soprannaturale mistura, voi migliori diverrete i miei eroi. Gli<br />
eroi del Cristo. Gli eroi del Cielo. La potenza dei Cesari sarà polvere rispetto<br />
alla regalità del vostro sacerdozio. Voi, poveri pescatori di Galilea, voi<br />
ignoti giudei, voi, numeri fra la massa degli uomini presenti, sarete più noti,<br />
acclamati, venerati di Cesare e di tutti i Cesari che ebbe e avrà la terra. Voi<br />
noti, voi benedetti in un prossimo futuro e nel più remoto dei secoli, sino alla<br />
fine del mondo.<br />
A questa sublime sorte Io vi eleggo. Voi che siete onesti nella volontà. E,<br />
perché di essa siate capaci, vi do le linee essenziali del vostro carattere di<br />
apostoli.<br />
Esser sempre vigili e pronti. I vostri lombi siano cinti, sempre cinti, e le<br />
vostre lampade accese come è di coloro che da un attimo all’altro devono partire<br />
o correre incontro ad un che arriva. E infatti voi siete, voi sarete, sin che la<br />
morte vi fermi, gli instancabili pellegrini alla ricerca di chi è errante; e<br />
finché la morte la spenga, la vostra lampada deve essere tenuta alta e accesa<br />
per indicare la via agli sviati che vengono verso l’ovile di Cristo.<br />
Fedeli dovete essere al Padrone che vi ha preposti a questo servizio. Sarà<br />
premiato quel servo che il Padrone trova sempre vigilante e che la morte<br />
sorprende in stato di grazia. Non potete, non dovete dire: ‘Io sono giovane. Ho<br />
tempo di fare questo e quello, e poi pensare al Padrone, alla morte, all’anima<br />
mia’. Muoiono i giovani come i vecchi, i forti come i deboli. E all’assalto<br />
della tentazione sono vecchi e giovani, forti e deboli, ugualmente soggetti.<br />
Guardate che l’anima può morire prima del corpo e voi potete portare, senza<br />
sapere, in giro un’anima putrida. E’ così insensibile il morire di un’anima!<br />
Come la morte di un fiore. Non ha grido, non ha convulsione... china solo la sua<br />
fiamma come corolla stanca, e si spegne. Dopo, molto dopo talora, immediatamente<br />
dopo talaltra, il corpo si accorge di portare dentro un cadavere verminoso, e<br />
diviene folle di spavento, e si uccide per sfuggire a quel connubio... Oh! non<br />
sfugge! Cade proprio con la sua anima verminosa su un brulicare di serpi nella<br />
Geenna.<br />
Non siate disonesti come sensali o causidici che parteggiano per due opposti<br />
clienti, non siate falsi come i politicanti che dicono ‘amico’ a questo e a<br />
quello, e poi sono di questo e di quello nemici. Non pensate di agire in due<br />
modi. Dio non si iride e non si inganna. Fate con gli uomini come fate con Dio,
perché offesa fatta agli uomini è come fatta a Dio. Vogliate che Dio veda voi<br />
quali voi volete essere veduti dagli uomini.<br />
Siate umili. Non potete rimproverare il vostro Maestro di non esserlo. Io vi do<br />
l’esempio. Fate come faccio. Umili, dolci, pazienti. Il mondo si conquista con<br />
questo. Non con la violenza e forza. Forti e violenti siate contro i vostri<br />
vizi. Sradicateli, a costo di lacerarvi anche lembi di cuore. Vi ho detto,<br />
giorni sono, di vigilare gli sguardi. Ma non lo sapete fare. Io vi dico: meglio<br />
sarebbe diveniste ciechi con lo strapparvi gli occhi ingordi, anziché divenire<br />
lussuriosi.<br />
Siate sinceri. Io sono la Verità. Nelle eccelse come nelle umane cose. Voglio<br />
siate schietti voi pure. Perché andare con inganno o con Me, o coi fratelli, o<br />
con il prossimo? Perché giocare di inganno? Che? Tanto orgogliosi qual siete, e<br />
non avete l’orgoglio di dire: ‘Voglio non esser trovato bugiardo’? E schietti<br />
siate con Dio. Credete di ingannarlo con forme di orazioni lunghe e palesi? Oh!<br />
poveri figli! Dio vede il cuore!<br />
Siate casti nel fare il bene. Anche nel fare elemosina. Un pubblicano ha saputo<br />
esserlo prima della sua conversione. E voi non lo sapreste? Sì, ti lodo, Matteo,<br />
della casta offerta settimanale che Io e il Padre solo conoscevamo tua, e ti<br />
cito ad esempio. E’ una castità anche questa, amici. Non scoprite la vostra<br />
bontà, come non scoprireste una figlia giovinetta agli occhi di una folla. Siate<br />
vergini nel fare il bene. E’ vergine l’atto buono quando è esente da connubio di<br />
pensiero di lode e di stima, o da fomite di superbia.<br />
Siate sposi fedeli della vostra vocazione a Dio. Non potete servire due padroni.<br />
Il letto nuziale non può accogliere due spose contemporaneamente. Dio e Satana<br />
non possono dividersi i vostri amplessi. L’uomo non può, e non lo possono né Dio<br />
né Satana, condividere un triplice abbraccio in antitesi fra i tre che se lo<br />
dànno.<br />
Siate alieni da fame d’oro come da fame di carne, da fame di carne come da fame<br />
di potenza. Satana questo vi offre. Oh! le sue bugiarde ricchezze! Onori,<br />
riuscita, potere, dovizie: mercati osceni che hanno a moneta la vostra anima.<br />
Siate contenti del poco. Dio vi dà il necessario. Basta. Questo ve lo garantisce<br />
come lo garantisce all’uccello dell’aria, e voi siete da ben più degli uccelli.<br />
Ma vuole da voi fiducia e morigeratezza. Se avete fiducia, Egli non vi deluderà.<br />
Se avete morigeratezza, il suo dono giornaliero vi basterà.<br />
Non siate pagani, pur essendo, di nome, di Dio. Pagani sono coloro che, più che<br />
Dio, amano l’oro e il potere per apparire dei semidei. Siate santi e sarete<br />
simili a Dio nell’eternità.<br />
Non siate intransigenti. Tutti peccatori, vogliate essere con gli altri come<br />
vorreste che gli altri con voi fossero: ossia pieni di compatimento e perdono.<br />
Non giudicate. Oh! non giudicate! Da poco siete con Me, eppure vedete quante<br />
volte già Io, innocente, fui a torto mal giudicato e accusato di peccati<br />
inesistenti. Il mal giudizio è offesa. E solo chi è santo vero non risponde<br />
offesa ad offesa. Perciò astenetevi da offendere per non essere offesi. Non<br />
mancherete così né alla carità né alla santa, cara, soave umiltà, la nemica di<br />
Satana insieme alla castità. Perdonate, perdonate sempre. Dite: ‘Perdono o<br />
Padre, per essere da Te perdonato dei miei infiniti peccati.’<br />
Miglioratevi d’ora in ora, con pazienza, con fermezza, con eroicità. E chi vi<br />
dice che divenire buoni non sia penoso? Anzi vi dico: è fatica più grande di<br />
tutte. Ma il premio è il Cielo e merita perciò consumarsi in questa fatica.<br />
E amate. Oh! quale, quale parola devo dire per persuadervi all’amore? Nessuna<br />
ve ne è atta a convertirvi ad esso, poveri uomini che Satana aizza! E allora,<br />
ecco Io dico: ‘Padre, affretta l’ora del lavacro. Questa terra e questo tuo<br />
gregge è arido e malato. Ma vi è una rugiada che lo può molcere e mondare. Apri,<br />
apri la fonte di essa. Me apri, Me. Ecco, Padre. Io ardo di fare il tuo<br />
desiderio che è il mio e quello dell’Amore eterno. Padre, Padre, Padre! Guarda<br />
il tuo Agnello, e siine il Sacrificatore’.”<br />
Gesù è realmente ispirato. Ritto in piedi, a braccia aperte a croce, il volto<br />
verso il cielo, coll’azzurro del lago di dietro, nella sua veste di lino, pare<br />
un arcangelo orante.<br />
Mi si annulla il vedere su questo suo atto.<br />
99. A Tiberiade nella casa di Cusa.
6 febbraio 1945.<br />
Vedo la bella e nuova città di Tiberiade. Che sia nuova e ricca me lo dice tutto<br />
il suo insieme, che ha un piano regolatore più ordinato di quello delle altre<br />
città palestinesi e presenta un insieme armonico e civile, come neppure lo ha<br />
Gerusalemme.<br />
Bei viali e vie dritte, munite già di un sistema di fognature per cui non<br />
stagnano acque e immondezze per le strade, vaste piazze con fontane, fatte di<br />
larghi bacini di marmo le più belle. Palazzi già arieggianti allo stile di Roma<br />
con porticati ariosi. Da alcuni portoni aperti in quest’ora mattutina l’occhio<br />
vede ampi vestiboli, peristili di marmo decorati di tende preziose, di sedili,<br />
di tavolini; quasi tutti hanno al centro un cortile lastricato di marmo, con una<br />
fonte a zampillo, e vasche di marmo piene di piante in fiore. Insomma è una<br />
imitazione dell’architettura di Roma, abbastanza bene copiata e riccamente<br />
scimmiottata. Le case più belle sono nelle vie più prossime al lago. Le tre<br />
prime, parallele al medesimo, sono veramente signorili. La prima, lungo il viale<br />
che segue la dolce curva del lago, è addirittura splendida.<br />
L’ultima parte di essa è un seguito di ville che hanno la facciata principale<br />
sulla via posteriore, e verso il lago hanno degli opulenti giardini che scendono<br />
sino ad essere lambiti dalle onde. Quasi tutte hanno un piccolo porticciolo, in<br />
cui sono barche da diporto con baldacchini preziosi e sedili purpurei.<br />
Gesù pare sia sceso dalla barca di Pietro non nel porto di Tiberiade, ma in<br />
qualche altro luogo, forse dei sobborghi, e viene avanti per il viale lungo<br />
lago.<br />
“Sei mai stato a Tiberiade, Maestro?” chiede Pietro.<br />
“Mai.”<br />
“Eh! l’Antipa ha fatto le cose bene, e in grande, per adulare Tiberio! E’ un bel<br />
venduto, quello lì!...”<br />
“Mi pare più città di riposo che di commerci.”<br />
“I commerci sono dall’altra parte. Ma ha anche molto commercio. E’ ricca.”<br />
“Queste case? Palestinesi?”<br />
“Sì e no. Molte sono di romani, ma molte!... eh! sì! Per quanto piene di statue<br />
e simili fole, sono di ebrei.” Pietro sospira e mormora: “...ci avessero levato<br />
solo l’indipendenza... ma ci hanno levato la fede... Più pagani di loro stiamo<br />
diventando!...”<br />
“Non per colpa loro, Pietro. Loro hanno le loro abitudini e non ci forzano a<br />
farle nostre. Ma siamo noi che ci vogliamo corrompere. Per utile, per moda, per<br />
servilismo...”<br />
“Dici bene. Ma il primo è il Tetrarca..”<br />
“Maestro, siamo giunti” dice il pastore Giuseppe. “Questa è la casa<br />
dell’intendente d'Erode.”<br />
Sono fermi al limite del viale, dove questo presenta una biforcazione per cui il<br />
viale diviene la seconda delle vie, mentre le ville restano tra questa e il<br />
lago. La casa indicata è la prima, bellissima, tutta avvolta in un giardino<br />
fiorito. Fragranze e rami di gelsomini e rose si spargono fino sul lago.<br />
“E qui sta Gionata?”<br />
“Qui, mi hanno detto. E’ l’intendente dell’intendente. Lui è capitato bene. Cusa<br />
non è cattivo, ed è giusto nel riconoscere i meriti del suo intendente. E’ uno<br />
dei pochi della corte che sia un onesto. Vado a chiamarlo?”<br />
“Va’.”<br />
“Giuseppe va all’alto portone e bussa. Accorre il portinaio. Confabulano tra<br />
loro. Vedo che Giuseppe ha una mossa di disappunto e che il portinaio mette<br />
fuori la sua testa grigia e guarda Gesù, e poi chiede qualche cosa alla quale<br />
Giuseppe annuisce. Parlano ancora fra loro.<br />
Poi Giuseppe viene verso Gesù, che ha atteso pazientemente all’ombra di un<br />
albero. “Gionata non c’è. E’ sull’Alto-Libano. E’ andato a portare in quell’aria<br />
fresca e pura Giovanna di Cusa, molto malata. Dice il servo che è andato lui<br />
perché Cusa è a corte, e non può venire via dopo lo scandalo della fuga di<br />
Giovanni il Battezzatore, e la malata peggiorava e il medico diceva che qui<br />
sarebbe morta. Però il servo dice di entrare a riposarti. Gionata ha parlato del<br />
Messia bambino e anche qui sei, di nome, conosciuto e atteso.”<br />
“Andiamo.”<br />
Il gruppo si muove. Il portinaio, che ha sbirciato, vede, e chiama altri servi,<br />
e spalanca il portone, fino allora socchiuso, e corre incontro a Gesù con vero
ispetto. “Spargi, Signore, la tua benedizione su noi e su questa triste casa.<br />
Entra. Oh! come Gionata se ne dorrà di non esserci! Era la sua speranza:<br />
vederti. Entra, entra, e con Te i tuoi amici.”<br />
Nell’atrio sono servi e serve di ogni età. Tutti rispettosamente proni nel<br />
saluto, e pur curiosi. Una vecchietta piange in un angolo.<br />
Gesù entra e benedice col suo gesto e il suo saluto di pace. Gli offrono<br />
ristoro. Gesù siede su un sedile e tutti gli si fanno intorno.<br />
“Vedo che non vi sono ignoto” osserva Gesù.<br />
“Oh! Gionata ci ha allevati col tuo racconto. E’ buono Gionata. Lui dice di<br />
esserlo solo perché il bacio che ti ha dato lo ha fatto buono. Ma è anche perché<br />
lo è”.<br />
“Io ho dato e ricevuto baci... ma, come dici tu, solo nei buoni questi aumentano<br />
la bontà. Ora è assente? Ero venuto per lui.”<br />
“L’ho detto: è sul Libano. Là ha degli amici... E’ l’ultima speranza per la<br />
giovane padrona; e se questo non giova...”<br />
La vecchierella nel suo angolo piange più forte. Gesù la guarda<br />
interrogativamente.<br />
“E’ Ester, la nutrice della padrona. Piange perché non si può rassegnare a<br />
perderla.”<br />
“Vieni, madre. Non piangere così.” invita Gesù. “Vieni qui presso a Me. Non è<br />
detto che malattia voglia dire morte!”<br />
“Oh! è morte! è morte! Da quando ebbe quell’unico parto infelice, ella mi muore!<br />
Le adultere hanno parti segreti e pur vivono, e lei, lei buona, onesta, cara,<br />
tanto cara, deve morire!”<br />
“Ma che ha ora?”<br />
“Febbre che la consuma... E’ come una lampada che arde a gran vento... ogni<br />
giorno più forte, e lei più debole. Oh! io volevo andare con lei. Ma Gionata ha<br />
voluto serve giovani, perché ella è priva di forze e va mossa di peso ed io non<br />
sono più buona.... Buona di quello, no... ma di amarla, sì... Io l’ho raccolta<br />
dal seno di sua madre... ero serva sposa io pure, e avevo da un mese avuto un<br />
figlio, ed io le ho dato il latte, perché la madre, debole, non poteva... io da<br />
madre le ho fatto quando fu orfana, e appena sapeva dir mamma. Mi sono fatta<br />
canuta e rugosa vegliandola nelle sue malattie... io l’ho vestita da sposa, io<br />
l’ho condotta nel talamo... io ho sorriso alle sue speranze di madre... io ho<br />
pianto con lei sul nato, morto... Tutti i sorrisi e le lacrime della sua vita ho<br />
raccolto... Tutti i sorrisi e i conforti del mio amore le ho dato... e ora ella<br />
muore e non mi ha vicina...”<br />
La vecchia fa pena. Gesù la accarezza, ma non giova.<br />
“Ascolta, madre, hai fede?”<br />
“In Te? Sì.”<br />
“In Dio, donna. Puoi credere che Dio può tutto?”<br />
“Lo credo, e credo che Tu, suo Messia, lo puoi. Oh! già si parla nella città del<br />
tuo potere! Quell’uomo lì (accenna a Filippo) tempo fa parlava dei tuoi miracoli<br />
presso la sinagoga. E Gionata gli chiese: ‘Dove è il Messia?’, e lui le ha<br />
detto: ‘Non so.’ Gionata mi disse allora: ‘Fosse qui, io te lo giuro, ella si<br />
sanerebbe.’ Ma Tu non eri qui... e lui è andato via con lei... e ora ella<br />
morirà...”<br />
“No. Abbi fede. Dimmi proprio quel che hai nel cuore: puoi credere che ella non<br />
morrà per la tua fede?”<br />
“Per la mia fede? Oh! se vuoi quella, eccotela. Anche la vita prenditi, la mia<br />
vecchia vita... solo fammela veder sanata.”<br />
“Io sono la Vita. Do vita e non morte. Tu le hai dato la vita, un giorno, col<br />
latte del tuo seno, ed era povera vita che poteva finire. Ora con la tua fede le<br />
dài una vita senza fine. Sorridi, madre.”<br />
“Ma lei non c’è...” La vecchia è fra la speranza e il timore. “Lei non c’è, e Tu<br />
sei qui...”<br />
“Abbi fede. Ascolta. Io ora vado a Nazaret per qualche giorno. Ho anche là degli<br />
amici malati... Poi andrò al Libano. Se Gionata torna entro sei giorni, mandalo<br />
a Nazaret, da Gesù di Giuseppe. Se non viene, andrò Io.”<br />
“Come lo troverai?”<br />
“Mi guiderà l’arcangelo di Tobia. Tu fortificati nella fede. Non ti chiedo che<br />
questo. Non piangere più, madre.”<br />
La vecchia, invece, piange più forte. E’ ai piedi di Gesù e tiene il capo sulle<br />
ginocchia divine, baciando e lacrimando sulla mano benedetta.
Gesù, con l’altra, l’accarezza e, posto che altri servi dolcemente la rampognano<br />
di sfinirsi nel pianto, Egli dice: “Lasciatela fare. Ora è pianto di sollievo.<br />
Le fa bene. Siete contenti tutti che la padrona risani?”<br />
“Oh! è tanto buona! Quando uno è così, non è padrone, è un amico e lo si ama.<br />
Noi l’amiamo. Credilo.”<br />
“Vi leggo in cuore. Siate voi pure sempre più buoni. Io vado. Non posso<br />
attendere. Ho la barca. Vi benedico.”<br />
“Torna, Maestro! Torna ancora!”<br />
“Tornerò. Più e più volte. Addio. La pace a questa casa e a voi tutti.”<br />
Gesù esce con i suoi, accompagnato dai servi che lo acclamano.<br />
“Sei più conosciuto qui che a Nazaret” osserva tristemente il cugino Giacomo.<br />
“Questa casa è stata preparata da uno che ha avuto fede vera nel Messia. Per<br />
Nazaret Io sono il legnaiuolo... Nulla più.”<br />
“E... e noi non abbiamo la forza di predicarti per quel che sei...”<br />
“Non l’avete?”<br />
“No, cugino. Non siamo eroici come i tuoi pastori...”<br />
“Lo credi, Giacomo?” Gesù sorride guardando il suo cugino che tanto assomiglia<br />
al suo padre putativo, così di un bruno castano negli occhi e nei capelli, e<br />
colorito nel volto brunetto, mentre Giuda è più pallido nella cornice della<br />
barba nerissima e dei capelli ondulati e ha i suoi occhi di un azzurro quasi<br />
violaceo, che vagamente ricordano quelli di Gesù. “Ebbene, Io ti dico che non ti<br />
conosci. Tu e Giuda siete due forti.”<br />
I cugini crollano il capo.<br />
“Vi persuaderete che non erro.”<br />
“Andiamo proprio a Nazaret?”<br />
“Sì. Voglio parlare a mia Madre e... e fare ancora qualche altra cosa. Chi vuole<br />
venire, venga.”<br />
Tutti vogliono venire. I più contenti sono i cugini: “E’ per il padre e la<br />
madre, capisci?”<br />
“Capisco. Passeremo da Cana poi andremo là.”<br />
“Da Cana? Oh! allora andremo da Susanna. Ci darà uova e frutta per il padre,<br />
Giacomo.”<br />
“E certo anche del suo buon miele. Egli lo ama tanto!”<br />
“E lo nutre.”<br />
“Povero padre! Soffre tanto! Come pianta sradicata si sente mancare la vita... e<br />
non vorrebbe morire...” Giacomo guarda Gesù. Con muta preghiera... Ma Gesù non<br />
mostra di vederlo. “Giuseppe pure morì così, di dolori, vero?”<br />
“Sì” risponde Gesù. “Ma egli soffriva meno perché era rassegnato.”<br />
“E poi aveva Te.”<br />
“Anche Alfeo potrebbe avere Me...”<br />
I cugini sospirano mesti, e tutto ha fine.<br />
100. A Nazareth dal vecchio e malato Alfeo.<br />
Non è facile la vita dell’apostolo.<br />
7 febbraio 1945. S. Romualdo.<br />
Gesù è con i suoi per le belle colline di Galilea. Per sfuggire al sole ancora<br />
alto, per quanto volgente al tramonto, camminano sotto gli alberi, quasi sempre<br />
ulivi.<br />
“Oltre quel ciglio è Nazaret” dice Gesù. “Fra poco ci siamo. Ora Io vi dico che<br />
al limite della città ci separeremo. Giuda e Giacomo andranno subito dal padre<br />
loro, come il loro cuore desidera. Pietro e Giovanni distribuiranno ai poveri,<br />
che certo saranno presso la fontana, l’obolo. Io e gli altri andremo a casa per<br />
la cena e poi penseremo al riposo.”<br />
“Noi torneremo dal buon Alfeo. Glielo abbiamo promesso l’altra volta. Ma però io<br />
verrò solo per salutarlo. Cedo il letto a Matteo, che ancor non è uso ai disagi”<br />
dice Filippo.<br />
“No. Tu no, che sei anziano. Non lo permetto. Ho avuto comodo giaciglio fino ad<br />
ora, ma che sonni d’inferno vi facevo! Credi, ora sono così in pace che mi pare<br />
dormire fra le piume anche se mi sdraio sui sassi. Oh! è la coscienza quella che<br />
fa o non fa dormire!” risponde Matteo.<br />
Si accende una gara di carità con Matteo fra i discepoli Tommaso, Filippo,
Bartolomeo, che, si capisce, sono quelli che l’altra volta erano in casa di<br />
questo Alfeo (che non è certo il padre di Giacomo, perché costui parla con<br />
Andrea e dice: “Un posto per te ci sarà sempre come l’altra volta, anche se il<br />
padre è più malato”).<br />
Vince Tommaso: “Io sono il più giovane del gruppo. Il letto lo cedo io. Lasciami<br />
fare, Matteo. Un poco per volta ti abituerai. Credi mi pesi? No. Sono come un<br />
innamorato che pensa: ‘ ...sarò sul duro, ma sono vicino al mio amore’.”<br />
Tommaso, uomo sui trentotto anni, ride gioviale, e Matteo cede.<br />
Nazaret è ormai a pochi metri, con le sue prime case.<br />
“Gesù... noi andiamo” dice Giuda.<br />
“Andate, andate.”<br />
I due fratelli vanno quasi di corsa.<br />
“Eh! il padre è padre” mormora Pietro. “Anche se ci fa il broncio, è sempre il<br />
nostro sangue, e il sangue tira più di una fune. E poi... Mi piacciono i tuoi<br />
cugini. Sono molto buoni.”<br />
“Sono molto buoni, sì. E sono umili, tanto da non studiarsi neppure per misurare<br />
quanto lo sono. Credono sempre di esser manchevoli, perché il loro spirito vede<br />
il buono in tutti, men che in loro. Faranno molta strada...”<br />
Ormai sono in Nazaret. Delle donne vedono Gesù e lo salutano, anche uomini e<br />
bimbi lo fanno. Ma qui non vi sono le acclamazioni degli altri luoghi al Messia:<br />
qui sono amici che salutano l’Amico che torna. Chi più, chi meno espansivamente.<br />
In molti vedo anche una ironica curiosità nell’osservare il gruppo eterogeneo<br />
che è con Gesù, e che non è certo un gruppo di dignitari regali, né di pomposi<br />
sacerdoti. Accaldati, impolverati, vestiti molto modestamente, meno Giuda<br />
Iscariota, Matteo, Simone e Bartolomeo - e li ho messi in ordine decrescente di<br />
eleganza - paiono più un’accolta di popolani in viaggio per qualche mercato, che<br />
non dei seguaci di un re. Il quale Re, di suo, non ha che l’imponenza della<br />
statura e soprattutto l’imponenza dell’aspetto.<br />
Fanno qualche metro poi Pietro e Giovanni si staccano andando a destra, mentre<br />
Gesù con gli altri procede fino ad una piazzetta piena di bambini vocianti<br />
intorno ad una vasca piena di acqua, alla quale le madri attingono.<br />
Un uomo vede Gesù e fa un cenno di stupore gioioso. Si affretta verso di Lui<br />
e lo saluta: “Ben tornato! Non ti attendevo così presto! Tieni: bacia il tuo<br />
ultimo nipote. E’ il piccolo Giuseppe. E’ nato in questa tua assenza” e gli<br />
porge un piccolino che ha fra le braccia.<br />
“Giuseppe, l’hai chiamato?”<br />
“Sì. Non dimentico il mio quasi parente e, più ancora che parente, il mio grande<br />
amico. Ora ho tutti i nomi più cari messi anche ai nipoti: Anna, la mia amica di<br />
quando ero piccino, e Gioacchino. Poi Maria... oh! quando nacque che festa! Me<br />
lo ricordo quando me la dettero a baciare e mi dissero: ‘Vedi? Quel<br />
bell’arcobaleno è stato il ponte per il quale Essa è scesa dal Cielo. Gli angeli<br />
usano quella via lì’, e davvero pareva un angiolino tanto era bella... Ora ecco<br />
Giuseppe. Se sapevo che tornavi tanto presto, aspettavo Te per la<br />
circoncisione.”<br />
“Ti ringrazio per il tuo amore ai nonni e al padre e Madre mia. E’ un bel<br />
bambino. Sia giusto in eterno come il giusto Giuseppe”. Gesù palleggia il<br />
piccolino che fa abbozzi di risatine piene di latte.<br />
“Se mi attendi, vengo con Te. Aspetto che siano piene le anfore. Non voglio che<br />
mia figlia Maria si affatichi. Anzi, guarda, faccio così. Do le brocche ai tuoi,<br />
se le prendono, e parlo un poco con Te, da solo.”<br />
“Ma certo che le prendiamo! Non siamo dei re assiri” esclama Tommaso, e per<br />
primo afferra una brocca.<br />
“Allora, guardate, Maria di Giuseppe in casa non c’è. E’ dal cognato, sai? Ma la<br />
chiave è in casa mia. Fatevela dare per entrare in casa, nel laboratorio, voglio<br />
dire.”<br />
“Sì, sì, andate. Anche in casa. Poi vengo Io.”<br />
Gli apostoli se ne vanno e Gesù resta con Alfeo.<br />
“Volevo dirti... Sono tuo vero amico... E quando uno è vero amico ed è più<br />
vecchio, ed è del luogo, può parlare. Credo che debba parlare... Io... io non<br />
ti voglio consigliare. Tu sai meglio di me. Solo ti voglio avvertire che... oh!<br />
non voglio fare la spia, né metterti in cattiva luce i parenti. Ma io credo in<br />
Te, Messia, e... e mi fa male, ecco, vedere che essi dicono che Tu non sei Tu,<br />
che Tu sei un malato, che Tu rovini la famiglia e i parenti. La città... Sai,<br />
Alfeo è molto stimato e perciò la città ascolta anche loro, e ora è malto e fa
pena.... Anche la pena delle volte serve a far fare cose ingiuste. Vedi, io<br />
c’ero quella sera che Giuda e Giacomo difesero Te e la loro libertà di<br />
seguirti... Oh! che scena! Io non so come tua Madre ci resista! E quella povera<br />
Maria di Alfeo? Le donne sono sempre vittime in certe situazioni di famiglia.”<br />
“Ora i cugini sono dal padre...”<br />
“Dal padre? Oh! li compiango! Il vecchio è proprio fuori di sé e, sarà l’età e<br />
la malattia certo, ma fa cose da pazzo. Se pazzo non fosse, mi farebbe ancora<br />
più pena perché... rovinerebbe l’anima sua.”<br />
“Pensi che tratterà male i figli?”<br />
“Ne sono certo. Mi dispiace per loro e per le donne... Dove vai?”<br />
“A casa d’Alfeo.”<br />
“No, Gesù! Non ti fare mancare di rispetto!”<br />
“I cugini mi amano al di sopra di loro stessi, ed è giusto Io li paghi di uguale<br />
amore... Là vi sono due donne a Me care.. Vado. Non trattenermi.” E Gesù si<br />
affretta verso la casa di Alfeo, mentre l’altro resta pensieroso in mezzo alla<br />
via.<br />
Gesù va veloce. Eccolo sul limite dell’orto di Alfeo. Lo raggiunge un pianto di<br />
donna e urla scomposte di un uomo. Gesù va ancora più veloce per quei pochi<br />
metri che separano la via dalla casa, attraversa l’orto tutto verde.<br />
E’ quasi sulla soglia della casa quando alla porta si affaccia la Mamma e vede<br />
il Figlio. “Mamma!”. “Gesù!”. Due gridi d’amore.<br />
Gesù fa per entrare, ma Maria dice: “No, Figlio”. E si mette sulla soglia a<br />
braccia aperte, le mani strette agli stipiti, una barriera di carne e d’amore, e<br />
ripete: “No, Figlio. Non lo fare.”<br />
“Lascia, Mamma. Non accadrà nulla.” Gesù è calmissimo, nonostante l’accentuato<br />
pallore di Maria certo lo turbi. Prende il polso sottile di Lei, stacca la mano<br />
dallo stipite e passa.<br />
Nella cucina sono sparse al suolo, e ridotte a viscida melma, le uova, i<br />
grappoli d’uva, il vaso di miele portati da Cana.<br />
Da un’altra stanza viene una voce querula di vecchio che impreca, che accusa,<br />
che si lamenta, in una di quelle collere senili così ingiuste, impotenti, penose<br />
a vedersi e dolorose a subirsi: “... ecco la mia casa distrutta, divenuta<br />
zimbello di tutta Nazaret, ed io qui, solo, senza aiuto, colpito nel cuore, nel<br />
rispetto, nei bisogni!... Ecco che ti resta, Alfeo, per aver agito da vero<br />
fedele! E perché? Perché? Per un folle. Un folle che fa folli i miei stolti<br />
figli. Ahi! Ahi! Che dolori!”<br />
E la voce di Maria d’Alfeo, lacrimosa, che supplica: “Buono, Alfeo, buono! Lo<br />
vedi che ti fai del male? Vieni, che ti aiuto a coricarti... Sempre buono tu,<br />
sempre giusto... Perché ora così con te? Con me? Con quei poveri figli?...”<br />
“Niente! Niente! Non mi toccare! Non voglio! Buoni i figli? Ah! sì! Davvero! Due<br />
ingrati! Mi portano miele dopo avermi fatto pieno d’assenzio. Mi portano uova e<br />
frutta, dopo essersi cibati del mio cuore! Va' via, ti dico. Non voglio te.<br />
Voglio Maria. Lei sa fare. Dove è ora quella debole femmina che non sa farsi<br />
ubbidire dal Figlio?”<br />
Maria d’Alfeo, cacciata, entra in cucina mentre Gesù sta per entrare nella<br />
stanza di Alfeo. Lo vede e gli crolla addosso singhiozzando disperata, mentre<br />
Maria, la Vergine, va umile e paziente dal vecchio iroso.<br />
“Non piangere, zia. Ora vado Io!”<br />
“Nooh! Non ti fare insultare! Pare pazzo. Ha il bastone. No, Gesù, no. Ha<br />
colpito anche i figli.”<br />
“Non mi farà nulla” e Gesù fermamente, sebbene dolcemente, mette da parte la zia<br />
ed entra.<br />
“Pace a te, Alfeo.”<br />
Il vecchio, che sta per coricarsi tra mille querele e rimproveri a Maria, perché<br />
non sa fare (prima diceva che Lei sola sapeva fare), si volta di scatto. “Qui?<br />
Qui a beffarti di me? Anche questo?”<br />
“No. A portarti pace. Perché così inquieto? Ti peggiori. Mamma, lascia. Lo<br />
sollevo Io. Non ti farò male e non farai fatica. Mamma, solleva le coperture.” E<br />
Gesù prende con cura quel mucchietto d’ossa rantolante, bolso, cattivo,<br />
piangente, misero, e lo appoggia con cura, come fosse un neonato, sul letto.<br />
“Ecco, così. Come facevo al padre mio. Più alto questo cuscino. Starai sollevato<br />
e respirerai meglio. Mamma, metti qui, sotto le reni, quello lì, piccolino.<br />
Starà più morbido. Ora così la luce, che non gli colpisca gli occhi pur<br />
lasciando entrare aria pura. Ecco fatto. Ora... ho visto un decotto sul fuoco.
Portalo, Mamma. E ben dolce. Sei tutto sudato e stai raffreddando. Ti farà<br />
bene.”<br />
Maria esce ubbidiente.<br />
“Ma io... ma io... Perché sei così buono con me?”<br />
“Perché ti voglio bene, lo sai.”<br />
“Io te ne volevo... ma ora...”<br />
“Ora non me ne vuoi più. Lo so. Ma Io te ne voglio, e ciò mi basta. Poi mi<br />
amerai...”<br />
“E allora... ahi!, ahi... che dolori! e allora, se è vero che mi vuoi bene,<br />
perché fai offesa ai miei capelli bianchi?”<br />
“Non ti offendo, Alfeo, in nessun modo. Ti onoro.”<br />
“Onoro? Sono lo zimbello d Nazaret, ecco.”<br />
“Perché, Alfeo, dici così? Zimbello in che ti faccio?”<br />
“Nei figli. Perché ribelli? Per Te. Perché deriso? Per Te.”<br />
“Dimmi: se Nazaret ti lodasse per la sorte dei tuoi figli, sentiresti lo stesso<br />
dolore?”<br />
“Allora no! Ma Nazaret non mi loda. Mi loderebbe se davvero Tu fossi un che va a<br />
conquista. Ma di lasciarmi per un poco men che demente, che va per il mondo<br />
attirandosi odî e beffe, povero, in mezzo ai poveri! Ah! chi non riderebbe!<br />
Povera mia casa! Povera casa di Davide, come finisci! Ed io dovevo vivere tanto<br />
per vedere questa sventura? Vedere Te, tralcio ultimo della gloriosa stirpe,<br />
corromperti in demenza per troppa servilità! Ah! sventura su noi dal giorno che<br />
il mio imbelle fratello si lasciò unire a quella insipida e pur prepotente<br />
donna, che su lui ebbe ogni imperio. L’ho detto allora: ‘Giuseppe, non è per le<br />
nozze. Sarà infelice!’. E lo fu. Lui lo sapeva come era, e di nozze non ne aveva<br />
mai voluto sapere. Maledizione alla legge delle orfane eredi! Maledizione al<br />
destino. Maledizione a quegli sponsali.”<br />
La ‘Vergine erede’ è tornata col decotto, in tempo per sentire le geremiadi del<br />
cognato. E’ ancor più pallida. Ma la sua grazia paziente non è turbata. Va da<br />
Alfeo e con un dolce sorriso lo aiuta a bere.<br />
“Sei ingiusto, Alfeo. Ma hai tanto male che tutto ti è perdonato.” dice Gesù,<br />
che gli sorregge il capo.<br />
“Oh! sì Tanto male! Dici che sei il Messia! Fai prodigi! Così dicono. Almeno,<br />
per pagarmi dei figli che hai preso, mi guarissi. Guariscimi... e ti perdonerò.”<br />
“Tu perdona ai figli. Comprendi la loro anima, ed Io ti darò sollievo. Se hai<br />
rancore, non posso fare nulla.”<br />
“Perdonare?” Il vecchio fa uno scatto che naturalmente acutizza tutti gli<br />
spasimi, e ciò lo inferocisce di nuovo. “Perdonare? Mai! Va' via! Via, se devi<br />
dirmi questo! Via! Voglio morire senza essere oltre turbato.”<br />
Gesù ha un gesto rassegnato. “Addio, Alfeo. Me ne vado... Devo proprio andare?<br />
Zio... devo proprio andare?”<br />
“Se non mi accontenti, sì, vattene. E di' a quei due serpenti che il vecchio<br />
padre muore in rancore con loro.”<br />
“No. Questo no. Non perdere l’anima tua. Non amarmi, se vuoi. Non credermi il<br />
Messia. Ma non odiare. Non odiare, Alfeo. Deridimi. Dimmi folle. Ma non odiare.”<br />
“Ma perché mi vuoi bene, se ti insulto?”<br />
“Perché son Quello che tu non vuoi riconoscere. Sono l'Amore. Mamma, Io vado<br />
alla casa.”<br />
“Sì, Figlio mio. Fra poco verrò.”<br />
“Ti lascio la mia pace, Alfeo. Se mi vuoi, mandami a chiamare, a qualunque ora,<br />
e verrò.”<br />
Gesù esce, calmo come niente fosse accaduto. Solo è più pallido.<br />
“Oh! Gesù, Gesù, perdonalo” geme Maria d’Alfeo.<br />
“Ma sì, Maria. Non ce n’è neppure bisogno di farlo. Ad uno che soffre tutto si<br />
perdona. Ora è più calmo, già. La Grazia lavora anche all’insaputa dei cuori. E<br />
poi c’è il tuo pianto, e certo il dolore di Giuda e Giacomo e la loro fedeltà<br />
alla vocazione. La pace nel tuo ambasciato cuore, zia.” La bacia ed esce<br />
nell’orto per andare a casa.<br />
Quando sta per porre piede nella via, ecco entrare Pietro e, dietro a questo,<br />
Giovanni, anelanti come chi ha corso. “Oh! Maestro! Ma che è stato? Giacomo mi<br />
ha detto: ‘Corri a casa mia. Chissà come è trattato Gesù’. Ma no, sbaglio. E’<br />
entrato Alfeo, quello della fontana, e ha detto a Giuda: ‘Gesù è a casa tua.’ e<br />
allora Giacomo ha detto così... I tuoi cugini sono atterrati. Io non ci capisco<br />
nulla. Ma ti vedo... e mi rassicuro.”
“Niente, Pietro. Un povero malto che i dolori rendono insofferente. Ora è tutto<br />
finito.”<br />
“Oh! ne sono lieto! E Tu perché qui?” Pietro interpella l’Iscariota che accorre<br />
lui pure, e il tono non è molto soave.<br />
“Ci sei anche tu, mi pare.”<br />
“Mi hanno pregato di venirci e ci sono venuto.”<br />
“Anche io ci sono venuto. Se il Maestro era in pericolo, e nella sua patria, io,<br />
che l’ho già difeso nella Giudea, lo posso difendere anche in Galilea.”<br />
“A questo bastiamo noi. Ma non ce n’è bisogno in Galilea.”<br />
“Ah! Ah! Ah! Infatti! La sua patria lo espelle come un cibo indigesto. Bene. Ne<br />
sono contento per te, che ti sei fatto scandalo per un piccolo incidente<br />
avvenuto in Giudea, dove Lui è sconosciuto. Qui, invece!... ” E Giuda termina<br />
con una fischiatina che è un poema di satira.<br />
“Senti, ragazzo. Sono poco in vena di sopportarti. Smettila, perciò, se ti<br />
preme... qualcosa. Maestro, ti hanno fatto del male?”<br />
“Ma no, Pietro mio. Te lo assicuro. Andiamo più svelti a consolare i cugini.”<br />
Vanno, entrano nel grande laboratorio. Giuda e Giacomo sono presso il grande<br />
bancone da falegname, Giacomo in piedi, Giuda seduto su uno sgabello e col<br />
gomito sul banco, il capo sulla mano.<br />
Gesù va a loro sorridente, per rassicurarli subito che il suo cuore li ama:<br />
“Alfeo è più quieto, ora. I dolori si calmano e tutto torna pace. State quieti<br />
voi pure.”<br />
“Lo hai visto? E la mamma?”<br />
“Ho visto tutti.”<br />
Giuda chiede: “Anche i fratelli?”<br />
“No. Non c’erano.”<br />
“C’erano. Non si sono voluti mostrare a Te. Ma a noi! Oh! se avessimo fatto un<br />
delitto, così non saremmo stati trattati. E noi che venivamo volando da Cana per<br />
la gioia di rivederlo e portargli ciò che a lui piace! Lo amiamo e... e non ci<br />
capisce più... non ci crede più.”<br />
Giuda piega il braccio e piange col capo sul banco. Giacomo è più forte. Ma il<br />
suo viso esprime un interno martirio.<br />
“Non piangere, Giuda. E tu, non soffrire.”<br />
“Oh! Gesù! Siamo figli... e ci ha maledetti. Ma anche se questo ci strazia, no,<br />
non torniamo indietro! Siamo tuoi, e tuoi saremo anche se per staccarci da Te ci<br />
minacciano di morte!” esclama Giacomo.<br />
“E tu dicevi che non eri capace di eroismo? Io lo sapevo. Ma tu, da te lo dici.<br />
In verità tu sarai fedele anche contro la morte. E tu pure.”<br />
Gesù li carezza. Ma essi soffrono. Il pianto di Giuda empie la volta di pietra.<br />
E qui ho modo di vedere meglio l’anima dei discepoli.<br />
Pietro, che ha il suo onesto viso addolorato, esclama: “Eh! sì! E’ un dolore...<br />
Cose tristi. Ma, ragazzi miei (e li scuote con affetto) non è da tutti meritare<br />
quelle parole... Io... io mi accorgo che sono stato un fortunato nella mia<br />
chiamata. Quella brava donna di mia moglie mi dice sempre: ‘E’ come fossi<br />
ripudiata, perché tu non sei più mio. Ma dico: Oh! felice ripudio!’. Ditelo<br />
anche voi. Perdete un padre, ma acquistate Dio”.<br />
Il pastore Giuseppe, stupito, nella sua ignara sorte di orfano, che un padre<br />
possa essere cagione di pianto, dice: “Credevo di essere il più infelice perché<br />
senza padre. Mi accorgo che è meglio piangerlo morto, che nemico.”<br />
Giovanni si limita a baciare e carezzare i compagni.<br />
Andrea sospira e tace. Si strugge di parlare, ma la sua timidezza lo<br />
imbavaglia.<br />
Tommaso, Filippo, Matteo, Natanaele parlano piano in un angolo col rispetto di<br />
chi è presso un dolore vero.<br />
Giacomo di Zebedeo prega, appena intelligibilmente, perché Dio dia pace.<br />
Simone Zelote, oh! quanto mi piace il suo atto! Lascia il suo angolo e viene<br />
presso i due affitti, pone una mano sul capo di Giuda, l’altro braccio attorno<br />
alla vita di Giacomo, e dice: “Non piangere, figlio. Egli ce lo aveva detto, a<br />
me e a te: ‘Vi unisco: tu che per Me perdi un padre e tu che hai cuore di padre<br />
senza aver figli’. E non abbiamo capito quanto vi era di profezia nelle sue<br />
parole. Ma Egli sapeva. Ecco, io ve ne prego. Sono vecchio e sempre ho sognato<br />
d’esser detto ‘padre’. Accettatemi per tale ed io, come padre, vi benedirò<br />
mattina e sera. Ve ne prego, accettatemi per tale.”<br />
I due annuiscono fra singhiozzi più forti.
Entra Maria e corre presso i due afflitti. Carezza sulla testa morata Giuda e<br />
sulle guance Giacomo. E’ pallida come un giglio.<br />
Giuda le prende la mano e la bacia, e chiede: “Che fa?”<br />
“Dorme, figlio. La mamma vi manda il suo bacio” e li bacia ambedue.<br />
La voce aspra di Pietro esplode: “Senti, vieni qui un momento, che ti voglio<br />
dire una cosa” e vedo Pietro che afferra con la sua robusta mano un braccio<br />
dell’Iscariota e lo porta fuori, sulla via. E poi torna solo.<br />
“Dove l’hai mandato?” chiede Gesù.<br />
“Dove? A prendere aria, se no finivo che l’aria glie la davo io in un altro<br />
modo... e non l'ho fatto solo per Te. Oh! ora si sta meglio. Chi ride davanti ad<br />
un dolore è un aspide, ed io le serpi le schiaccio!... Qui ci sei Tu... e l’ho<br />
solo mandato al chiaro di luna. Sarà... ma io diventerò anche uno scriba, cosa<br />
che solo Dio può farla in me che appena so che sono al mondo, ma lui, neanche<br />
con l’aiuto di Dio diventa buono. Te lo assicura Simone di Giona, e non sbaglio.<br />
No! Non te la prendere! Non gli è parso vero di uscire da una tristezza. E’ più<br />
arido di una selce al sole d’agosto. Su, ragazzi! Qui c’è una Madre che più<br />
dolce non l’ha neppure il Cielo. Qui c’è un Maestro che è più buono di tutto i<br />
Paradiso, qui ci sono tanti cuori onesti che vi amano sinceramente. Le burrasche<br />
fanno bene: fan cadere la polvere. Domani sarete più freschi di fiori, più<br />
svelti di uccelli, per seguire il nostro Gesù.”<br />
E su queste semplici e buone parole di Pietro tutto ha fine.<br />
Dice poi Gesù:<br />
“Dopo questa visione metterai quella che ti ho dato nella primavera 1944,<br />
quella in cui Io chiedevo alla Madre mia le sue impressioni sugli apostoli.<br />
Ormai le loro figure morali hanno già dato sufficienti bagliori perché possa<br />
essere messa qui quella visione, senza creare scandalo in nessuno. Non avevo<br />
bisogno del consiglio di alcuno. Ma quando eravamo soli, mentre i discepoli<br />
erano sparsi in famiglie amiche o per le borgatelle vicine, durante le soste mie<br />
a Nazaret, come m’era dolce parlare e chiedere consiglio alla mia dolce Amica,<br />
la Mamma, e avere conferma, dalla sua bocca di grazia e sapienza, di quanto già<br />
Io avevo visto. Non sono mai stato altro che ‘il Figlio’ con Lei. E fra i nati<br />
di donna non ci fu una madre più ‘madre’ di Lei, in tutte le perfezioni delle<br />
materne virtù umane e morali, né ci fu figlio più ‘figlio’ di Me nel rispetto,<br />
nella confidenza, nell’amore.<br />
Ed ora, che anche voi avete avuto un minimo di conoscenza coi Dodici, delle loro<br />
virtù, dei loro difetti, del loro carattere, delle loro lotte, c’è ancora<br />
qualcuno che dice che mi fu facile unirli, elevarli, formarli? E c’è ancora<br />
qualcuno che giudica essere facile la vita dell’apostolo, e per essere apostolo,<br />
ossia, sovente, per credersi tale, giudica avere diritto ad una vita piana,<br />
senza dolori, contrasti, sconfitte? C’è ancora qualcuno che, perché mi serve,<br />
pretende che Io sia il suo servo, e faccia miracoli a getto continuo in suo<br />
favore, facendo della sua vita un tappeto fiorito, facile, umanamente glorioso?<br />
La mia via, il mio lavoro, il mio servizio è la croce, il dolore, le rinunce, il<br />
sacrificio. L’ho fatto Io. Lo facciano coloro che si vogliono dire ‘miei’.<br />
Questo non è per i Giovanni, ma per i dottori malcontenti e difficili.<br />
E ancora per i dottori del cavillo dico che ho usato il termine ‘zio’ e ‘zia’<br />
inusato nelle lingue palestinesi, per chiarire e definire una irrispettosa<br />
questione sulla mia condizione di Unigenito di Maria, e sulla Verginità pre e<br />
post parto di mia Madre, la quale mi ebbe per spirituale e divino connubio e, lo<br />
ripeto ancora una volta, non conobbe altre unioni, né ebbe altri parti. Carne<br />
inviolata, che neppure Io lacerai, chiusa sul mistero di un seno-tabernacolo,<br />
trono della Trinità e del Verbo incarnato.”<br />
Indice del Volume Terzo<br />
* = in linea<br />
*<br />
160. Incontro con Gamaliele sulla strada da Neftali a Giscala.
161. Guarigione del nipote del fariseo Eli di Cafarnao.<br />
162. Le conversioni umane del fariseo Eli e di Simone d'Alfeo.<br />
163. A mensa in casa del fariseo Eli di Cafarnao.<br />
164. Il ritiro sul monte per l'elezione apostolica.<br />
165. <strong>L'</strong>elezione dei dodici ad apostoli.<br />
166. I miracoli dopo l'elezione apostolica.<br />
Prima predica di Simone Zelote e di Giovanni.<br />
167. <strong>L'</strong>incontro con le romane nel giardino di Giovanna di Cusa<br />
168. Aglae in casa di Maria a Nazareth.<br />
169. Primo discorso della Montagna:<br />
la missione degli apostoli e dei discepoli.<br />
170. Secondo discorso della Montagna: il dono della Grazia e le beatitudini.<br />
171. Terzo discorso della Montagna:<br />
i consigli evangelici che perfezionano la Legge.<br />
172. Quarto discorso della Montagna:<br />
il giuramento, 16 preghiera, il digiuno. Il vecchio Ismaele e Sara.<br />
173. Quinto discorso della Montagna:<br />
l'uso delle ricchezze, l'elemosina, la fiducia in Dio.<br />
174. Sesto discorso della Montagna:<br />
la scelta tra Bene e Male, l'adulterio, il divorzio.<br />
<strong>L'</strong>arrivo importuno di Maria di Magdala.<br />
175. Il lebbroso guarito ai piedi del Monte. Generosità dello scriba Giovanni.<br />
176. Nella sosta del sabato l'ultimo discorso della Montagna:<br />
amare la volontà di Dio.<br />
177. Guarigione del servo del centurione.<br />
178. Tre uomini che vogliono seguire Gesù.<br />
179. La parabola del seminatore. A Corozim con il nuovo discepolo Elia.<br />
180. Disputa nella cucina di Pietro a Betsaida. Spiegazione della<br />
parabola del seminatore. La notizia della seconda cattura del Battista.<br />
181. La parabola del grano e del loglio.<br />
182. Discorso ad alcuni pastori con il piccolo orfano Zaccaria.<br />
183. La guarigione di un uomo ferito in casa di Maria di Magdala.<br />
184. Il piccolo Beniamino di Magdala e due parabole sul regno dei Cieli.<br />
185. La tempesta sedata. Un insegnamento nell'antefatto.<br />
186. I due indemoniati della regione dei Geraseni.<br />
187. Verso Gerusalemme per la Pasqua. Da Tarichea al monte Tabor.<br />
188. A Endor. La spelonca della maga e l'incontro con Felice<br />
chiamato poi Giovanni.<br />
189. A Naim. Resurrezione del figlio di una ve dova.<br />
190. <strong>L'</strong>arrivo nella piana di Esdrelon al tramonto del venerdì.<br />
191. Il sabato a Esdrelon. Il piccolo Jabé e la parabola del ricco Epulone.<br />
192. Una predizione a Giacomo d'Alfeo.<br />
<strong>L'</strong>arrivo ad Engannim dopo una sosta a Mageddo.<br />
193. <strong>L'</strong>arrivo a Sichem dopo due giorni di cammino.<br />
194. La rivelazione al piccolo Jabé durante il cammino da Sichem a Berot.<br />
195. Una lezione di Giovanni di Endor all'Iscariota e l'arrivo a Gerusalemme.<br />
196. Il sabato al Getsemani.<br />
Gesù parla della Madre e degli amori di diverse potenze.<br />
197. Nel Tempio con Giuseppe d'Arimatea. <strong>L'</strong>ora dell'incenso.<br />
198. <strong>L'</strong>incontro con la Madre a Betania. Jabé cambia il suo nome in Margziam.<br />
199. Dai lebbrosi di Siloan e di Ben Hinnom.<br />
Pietro ottiene Margziam per mezzo di Maria.<br />
200. Aglae a colloquio con il Salvatore.<br />
201. <strong>L'</strong>esame della maggiore età di Margziam.<br />
*
202. Un rimprovero a Giuda Iscariota e l'arrivo dei contadini di Giocana.<br />
203. La preghiera del "Padre nostro".<br />
204. La fede e l'anima spiegate ai pagani con la parabola dei templi.<br />
205. La parabola del figlio prodigo.<br />
206. Con due parabole sul regno dei Cieli termina la sosta a Betania.<br />
207. Alla grotta di Betlemme la Madre rievoca la nascita di Gesù.<br />
208. Maria Ss. rivede il pastore Elia e con Gesù va da Elisa a Betsur.<br />
209. La fecondità del dolore nel discorso di Gesù<br />
presso la casa di Elisa a Betsur.<br />
210. Le inquietudini di Giuda Iscariota durante il cammino verso Ebron.<br />
211. Ritorno ad Ebron, patria del Battista.<br />
212. Un'onda di amore per Gesù, che a Jutta parla dalla casetta di Isacco.<br />
213. A Keriot una profezia di Gesù e l'inizio della predicazione apostolica.<br />
214. La madre di Giuda si confida con la Madre di Gesù,<br />
giunta a Keriot con Simone Zelote.<br />
215. <strong>L'</strong>albergatore di Betginna e la sua figlia lunatica.<br />
216. Le infedeltà dei discepoli nella parabola del soffione.<br />
217. Le spighe colte nel giorno di sabato.<br />
218. <strong>L'</strong>arrivo ad Ascalona, città filistea.<br />
219. I diversi frutti della predicazione degli apostoli nella città di<br />
Ascalona.<br />
220. Gli idolatri di Magdalgad e il miracolo sulla partoriente.<br />
221. Le prevenzioni degli apostoli verso i pagani e la parabola del figlio<br />
deforme.<br />
222. Un segreto dell'apostolo Giovanni.<br />
223. Una carovana nuziale evita l'assalto dei predoni dopo un discorso di<br />
Gesù.<br />
224. Nell'apostolo Giovanni opera l'Amore. <strong>L'</strong>arrivo a Bètér.<br />
225. Il paralitico della piscina di Betseida e la disputa sulle opere del<br />
Figlio di Dio.<br />
211. Ritorno ad Ebron, patria del Battista.<br />
160. Incontro con Gamaliele sulla strada da Neftali a Giscala.<br />
10 maggio 1945.<br />
"Maestro! Maestro! Ma non sai chi è avanti a noi? Vi è rabbi Gamaliel! Seduto<br />
coi suoi servi, in una carovana, fra l'ombra del bosco, al riparo dei venti!<br />
Stanno cuocendo un agnello. E ora? Che facciamo?"<br />
"Ma quello che volevamo fare, amici. Noi andiamo per la nostra via..."<br />
"Ma Gamaliele è del Tempio."<br />
"Gamaliele non è un perfido. Non abbiate paura. Vado avanti Io."<br />
"Oh! vengo anche io" dicono insieme i cugini e tutti i galilei e Simone. Solo<br />
l'Iscariota e, un po’ meno, Tommaso, mostrano poca voglia di procedere. Ma<br />
seguono gli altri.<br />
Qualche metro ancora per una strada montagnosa infossata fra le pareti boscose<br />
del monte. E poi la strada piega e sbocca in una specie di pianoro che traversa,<br />
allargandosi, per poi tornare stretta e tortuosa sotto il suo tetto di rami<br />
intrecciati. Nella radura soleggiata, ma nello stesso tempo ombreggiata dalle<br />
prime foglie del bosco, molta gente è sotto una ricca tenda, e altra si dà da<br />
fare in un angolo per girare l'agnello sulla fiamma.
Non c'è che dire! Gamaliele si trattava bene. Per un uomo che viaggia, lui, ha<br />
messo in moto un reggimento di servi e smosso non so quanti mai bagagli. Ora è<br />
là seduto, al centro della sua tenda: un telo steso su quattro bastoni dorati,<br />
una specie di baldacchino sotto cui sono sedili bassi coperti di cuscini e una<br />
tavola montata su caprette intarsiate, coperta da una finissima tovaglia sulla<br />
quale i servi dispongono le stoviglie preziose. Gamaliele pare un idolo. Con le<br />
mani aperte sulle ginocchia, rigido, ieratico, mi sembra una statua. Intorno a<br />
lui i servi volteggiano come farfalloni. Ma lui non se ne occupa. Pensa, con le<br />
palpebre piuttosto abbassate sugli occhi severi, e quando le alza i due<br />
scurissimi occhi fondi e pieni di pensiero si mostrano in tutta la loro severa<br />
bellezza ai lati del lungo naso sottile e sotto la fronte un poco calva di<br />
vecchio, alta, segnata da tre rughe parallele e sulla quale una vena grossa,<br />
bluastra, mette quasi un V al centro della tempia destra.<br />
Lo scalpiccio dei sopravvenienti fa volgere i servi. E anche Gamaliele si volge.<br />
Vede Gesù avanzarsi per primo e fa un atto di sorpresa. Si alza in piedi e va<br />
sul limitare della tenda. Non oltre. Ma da lì fa un profondo inchino con le<br />
braccia incrociate sul petto. Gesù risponde con lo stesso modo.<br />
"Qui sei, Rabbi?" chiede Gamaliele.<br />
"Qui sono, rabbi." risponde Gesù.<br />
"<strong>E'</strong> lecito chiederti dove vai?"<br />
"Mi è caro risponderti. Da Neftali vengo, diretto a Giscala."<br />
"A piedi? Ma è lunga e penosa via per questi monti. Ti stanchi troppo."<br />
"Credimi. Se sono accettato e ascoltato mi si cancella ogni stanchezza."<br />
"Allora... concedimi per una volta di essere io quello che ti cancella la<br />
stanchezza. <strong>L'</strong>agnello è pronto. Avremmo lasciato i resti agli uccelli perché non<br />
uso portare dietro gli avanzi. Vedi che non mi disturba offrirtelo e con Te ai<br />
tuoi seguaci. Ti sono amico, Gesù. Non ti credo inferiore a me, ma più grande."<br />
"Lo credo. E accetto."<br />
Gamaliele parla ad un servo che sembra il primo in autorità, e questo passa<br />
l'ordine, e la tenda viene prolungata e vengono scaricati dai molti muli altri<br />
sedili per i discepoli di Gesù e altre stoviglie.<br />
Portano le coppe per purificarsi le dita. Gesù, con la massima signorilità,<br />
procede al rito mentre gli apostoli, sbirciati acutamente da Gamaliele, lo fanno<br />
alla meno peggio, meno Simone, Giuda di Keriot, Bartolomeo, Matteo, più rotti<br />
alle raffinatezze giudaiche.<br />
Gesù è al fianco di Gamaliele che è solo su un lato della tavola. Di fronte a<br />
Gesù, lo Zelote. Dopo la preghiera di offerta, che Gamaliele dice con lentezza<br />
solenne, i servi scalcano l'agnello e lo spartiscono fra gli ospiti, e empiono<br />
le coppe di vino o di acqua melata per chi la preferisce.<br />
"Il caso ci ha riunito, Rabbi. Non credevo proprio di trovarti e diretto a<br />
Giscala."<br />
"Sono diretto a tutto il mondo."<br />
"Sì. Sei il Profeta instancabile. Giovanni è lo stabile. Tu sei il<br />
peregrinante."<br />
"Più facile perciò alle anime di trovarmi."<br />
"Non direi. Nello spostarti Tu le disorienti."<br />
"Disoriento i nemici. Ma coloro che mi vogliono, perché amano la Parola di Dio,<br />
mi trovano. Non tutti possono venire al Maestro. E il Maestro, che vuole tutti,<br />
va a loro, beneficando così i buoni e stornando le congiure di chi mi odia."<br />
"Per me lo dici? Io non ti odio."<br />
"Non per te. Ma poiché sei giusto e sincero puoi dire che Io dico ciò che è<br />
vero."<br />
"Sì. Così è. Ma... vedi... <strong>E'</strong> che noi vecchi ti comprendiamo male."<br />
"Sì. Il vecchio Israele mi comprende male. Per sua sventura... e per sua<br />
volontà."<br />
"Nooo!"<br />
"Sì, rabbi. Non applica la sua volontà ad intendere il Maestro. E chi si limita<br />
a questo fa male, ma un male relativo. Molti invece applicano la loro volontà ad<br />
intendere male e a travisare il mio verbo per nuocere a Dio."<br />
"A Dio? Esso è al di sopra delle insidie umane."<br />
"Sì. Ma ogni anima che si travia o che viene traviata - ed è traviamento lo<br />
svisare a se stessi o agli altri la mia parola e la mia opera - nuoce a Dio<br />
nell'anima che si perde. Ogni anima che si perde è una ferita fatta a Dio."<br />
Gamaliele china il capo e pensa ad occhi chiusi. Poi si stringe la fronte fra le
lunghe e magre dita, con un movimento involontario di pena. Gesù lo scruta.<br />
Gamaliele alza il capo, apre gli occhi, guarda Gesù, e dice: "Però Tu sai che io<br />
non sono di questi."<br />
"Lo so. Ma sei dei primi."<br />
"Oh! <strong>E'</strong> vero! Ma non è che io non mi applichi a capirti. <strong>E'</strong> che la tua parola si<br />
ferma nella mia mente e non scende oltre. La mente l'ammira come parola di un<br />
dotto e lo spirito..."<br />
"E lo spirito non può riceverla, Gamaliele, perché è ingombro di troppe cose. E<br />
cose rovinate. Poco fa, venendo da Neftali a questa volta, sono passato per un<br />
monte che sporge dalla catena. Mi è piaciuto passare di lì per vedere il bello<br />
dei due laghi di Genezaret e di Meron visti dall'alto, come li vedono le aquile<br />
e gli angeli del Signore, per dire ancora una volta: 'Grazie, Creatore, del<br />
bello che Tu ci concedi'. Ebbene, mentre tutta la montagna è in un fertile<br />
fiorire, incespire, fogliare di prati, di frutteti, di campi, di boschi, e i<br />
lauri odorano presso gli ulivi, preparando già la neve dei mille fiori, e anche<br />
il robusto rovere pare farsi più buono perché si veste delle corone delle<br />
vitalbe e dei madreselva, ecco che là non vi è fioritura, non fertilità, né<br />
d'uomo né di natura. Ogni fatica dei venti, ogni fatica degli uomini abortiscono<br />
là, perché le rovine ciclopiche dell'antica Hatzor ingombrano tutto e non può,<br />
fra pietrone e pietrone, che crescere l'ortica e il rovo e annidarsi il<br />
serpente. Gamaliele..."<br />
"Ti capisco. Noi pure siamo macerie... Capisco la parabola, Gesù. Ma... non<br />
posso... Non posso fare diversamente. Le pietre sono troppo profonde."<br />
Uno in cui credi ti ha detto: 'Le pietre fremeranno alle mie ultime parole'. Ma<br />
perché attendere le ultime parole del Messia? Non ne avrai rimorso di non avermi<br />
voluto seguire prima? Le ultime!... Tristi parole anche per quelle di un amico<br />
che muore e che siamo andati ad ascoltare troppo tardi. Ma le mie sono da più<br />
delle parole di un amico."<br />
"Hai ragione... Ma non posso. Aspetto quel segno per credere."<br />
"Quando un terreno è desolato non basta un fulmine a dissodarlo. Non lo riceve<br />
il terreno. Ma le pietre che lo coprono. Lavora almeno a rimuoverle, Gamaliele.<br />
Altrimenti, se saranno così, nel profondo di te, il segno non ti porterà a<br />
credere."<br />
Gamaliele tace, assorto. Il pasto ha fine.<br />
Gesù si alza e dice: "Io ti rendo grazie, mio Dio, e del pasto e dell'aver<br />
potuto parlare al saggio. E grazie a te, Gamaliele."<br />
"Maestro, non andare così. Temo che Tu sia con me adirato."<br />
"Oh! no! Mi devi credere."<br />
"Allora non andare. Io vado alla tomba di Hillele. Sdegneresti venire con me?<br />
Faremo presto perché ho muli e asini per tutti. Non faremo che liberarli dai<br />
basti che porteranno i servi. E ti si accorcerà la strada nel pezzo più penoso."<br />
"Di venire con te e sulla tomba di Hillele non ne ho sdegno, ma onore. Andiamo<br />
pure."<br />
Gamaliele dà ordini e, mentre tutti lavorano a smontare la temporanea sala da<br />
pranzo, Gesù e il rabbino montano a cavallo di una mula, a fianco l'uno<br />
dell'altro vanno avanti per la strada erta, silenziosa, su cui suonano forte gli<br />
zoccoli ferrati.<br />
Gamaliele tace. Solo due volte chiede a Gesù se è comodo in sella. Gesù risponde<br />
e tace poi, assorto nel suo pensiero. Tanto da non vedere che Gamaliele,<br />
trattenendo un poco la sua mula, lo lascia passare avanti di tutta una<br />
incollatura per studiarne ogni moto. Gli occhi del vecchio rabbino paiono occhi<br />
di falco che guatino la preda tanto sono attenti e fissi. Ma Gesù non se ne<br />
avvede . Va calmo, secondando il passo ondulante della cavalcatura, pensa, e<br />
pure coglie ogni aspetto di ciò che gli è intorno. Allunga una mano a cogliere<br />
un pendulo grappolo di citiso d'oro, sorride a due uccellini che si fanno il<br />
nido in un folto ginepro, ferma la mula per ascoltare un capinero e assente,<br />
come benedicendo, al grido di ansia con cui una tortora selvatica sprona il<br />
compagno al lavoro.<br />
"Tu ami molto le erbe e gli animali, non è vero?"<br />
"Molto. <strong>E'</strong> il mio libro vivente. <strong>L'</strong>uomo ha sempre davanti le fondamenta della<br />
fede. La Genesi vive nella natura. Ora, uno che sa vedere, sa anche credere.<br />
Questo fiore, così dolce nel profumo e nella materia delle sue pendule corolle,<br />
e così in contrasto con questo spinoso ginepro e con quel ginestrone pungente,<br />
può essersi fatto da sé? E, guarda là, quel pettirosso può essersi così da solo
fatto, con quella ditata di sangue disseccato sulla gola molle? E quelle due<br />
tortore dove e come hanno potuto dipingersi quel collare di onice sul velo delle<br />
piume grigie? E là, quelle due farfalle, una nera a grandi occhi d'oro e rubino,<br />
bianca con righe d'azzurro l'altra, dove avranno trovato le gemme e i nastri per<br />
le loro ali? E questo rio? <strong>E'</strong> acqua. Sta bene. Ma da dove venuta? Quale la fonte<br />
prima dell'acqua-elemento? Oh! guardare vuol dire credere, se si sa vedere."<br />
"Guardare vuol dire credere. Noi guardiamo troppo poco la Genesi viva che ci sta<br />
davanti."<br />
"Troppa scienza, Gamaliele. E troppo poco amore, e troppo poca umiltà."<br />
Gamaliele sospira e crolla il capo.<br />
"Ecco. Io sono giunto, Gesù. Là è sepolto Hillele. Scendiamo lasciando qui le<br />
cavalcature. Un servo le prenderà."<br />
Smontano legando ad un tronco le due mule e si dirigono ad un sepolcreto che<br />
sporge dal monte presso una vasta dimora tutta chiusa.<br />
"Qui io vengo per meditare, in preparazione alle feste d'Israele" dice Gamaliele<br />
accennando la casa.<br />
"La sapienza ti dia tutte le sue luci."<br />
"E qui (e Gamaliele accenna il sepolcro) per prepararmi alla morte. Era un<br />
giusto."<br />
"Era un giusto. Prego volentieri presso le sue ceneri. Ma, Gamaliele, non deve<br />
solo insegnarti a morire Hillele. Ti deve insegnare a vivere."<br />
"Come, Maestro?"<br />
" '<strong>L'</strong>uomo è grande quando si umilia' " è il suo motto preferito..."<br />
"Come lo sai se non lo hai conosciuto?"<br />
"<strong>L'</strong>ho conosciuto... e del resto anche non avessi conosciuto Hillele il rabbi<br />
personalmente, il suo pensiero l'ho conosciuto perché nulla ignoro del pensiero<br />
umano."<br />
Gamaliele china il capo e mormora: "Solo Dio può dire questo."<br />
"Dio e il suo Verbo. Perché il Verbo conosce il Pensiero e il Pensiero conosce<br />
il Verbo e lo ama, comunicandosi a Lui coi suoi tesori per farlo partecipe di<br />
Esso. <strong>L'</strong>Amore stringe i legami e ne fa una sola Perfezione. <strong>E'</strong> la Triade che si<br />
ama e che divinamente si forma, si genera, procede e completa. Ogni pensiero<br />
santo è nato nella Mente perfetta, ed è riflesso nella mente del giusto. Può il<br />
Verbo ignorare allora i pensieri dei giusti, che sono pensieri del Pensiero?"<br />
Pregano presso il sepolcro chiuso. A lungo. Li raggiungono i discepoli e poi i<br />
servi, i primi a cavallo gli altri sotto il peso dei bagagli. Ma si fermano ai<br />
margini del prato oltre il quale è il sepolcro. La preghiera finisce.<br />
"Addio, Gamaliele. Ascendi come Hillele."<br />
"Che vuoi dire?"<br />
"Ascendi. Egli ti è avanti perché ha saputo credere più umilmente di te. La pace<br />
a te."<br />
161. Guarigione del nipote del fariseo Eli di Cafarnao.<br />
11 maggio 1945.<br />
Gesù sta per giungere con la barca a Cafarnao. La giornata sta per volgere al<br />
tramonto e il lago è tutto un brillio giallo rosso.<br />
Mentre le due barche fanno le manovre per accostare, Giovanni dice: "Ora vado<br />
subito alla fonte e ti prendo l'acqua per la tua sete."<br />
"<strong>E'</strong> buona l'acqua qui" esclama Andrea.<br />
"Sì, è buona. E più buona ancora me la fa il vostro amore."<br />
"Io porterò a casa il pesce. Le donne lo prepareranno per la cena. Dopo ci<br />
parli, a noi e loro?"<br />
"Sì, Pietro."<br />
"<strong>E'</strong> più bello ora tornare a casa. Prima sembravamo tanti nomadi. Ma ora, con le<br />
donne, c'è più ordine, più amore. E poi! Vedere tua Madre mi fa passare subito<br />
la stanchezza. Non so..."<br />
Gesù sorride e tace.<br />
La barca sfrega sul greto. Giovanni e Andrea, che sono con le sottovesti corte,<br />
saltano nell'acqua e con l'aiuto dei garzoni tirano a riva la barca, mettono<br />
l'asse per far da pontile. Gesù scende per primo e aspetta che anche la seconda
arca sia a riva per unirsi con tutti i suoi. Poi, a passi lenti, vanno verso la<br />
fonte. Una fonte naturale, una sorgiva che sgorga un poco fuori del paese<br />
ricadendo nel bacino di pietra, fresca, abbondante, argentea. Invita a berla,<br />
quell'acqua, tanto è limpida. Giovanni, che è corso avanti con l'anfora, ne<br />
torna già e porge la brocca gocciolante a Gesù che beve a lungo.<br />
"Quanta sete avevi, Maestro mio! E io, stolto, non mi ero procurato acqua."<br />
Non fa nulla, Giovanni. Ora tutto è passato." e lo carezza.<br />
Stanno per tornare indietro quando vedono arrivare, con tutta la velocità di cui<br />
è capace, Simon Pietro, che era andato in casa a portare il suo pesce. "Maestro,<br />
Maestro!" grida col fiato mozzo. "C'è il paese in subbuglio perché l'unico<br />
nipote di Eli il fariseo sta per morire per il morso di una serpe. Era andato<br />
proprio con il vecchio, e contro la volontà della madre, nel loro uliveto. Eli<br />
sorvegliava dei lavori, il bambino giocava presso le radici di un vecchio ulivo.<br />
Ha messo la mano in un buco sperando trovare qualche lucertola e ha trovato il<br />
serpe. Il vecchio pare pazzo. La madre del bambino, che fra parentesi odia il<br />
suocero e ne ha ragione, lo accusa di essere un assassino. Il bambino diviene<br />
freddo di attimo in attimo. Fra parenti non si sono amati! E sì che più parenti<br />
di così!"<br />
"Brutta cosa gli asti in famiglia!"<br />
"Ma, Maestro, io dico che le serpi non hanno amato il serpente: Eli. E gli hanno<br />
ammazzato la serpicina. Mi spiace che mi ha visto e mi ha urlato dietro: 'C'è il<br />
Maestro?', e mi spiace per il piccolo. Era un bel bambino e non ha colpa se è<br />
nipote di un fariseo."<br />
"Sì. Non ne ha colpa..."<br />
Camminano verso il paese e vedono venire verso loro un mucchio di gente urlante<br />
e piangente alla testa del quale è il vecchio Eli.<br />
"Ci ha trovato! Torniamo indietro"<br />
"Ma perché? Quel vecchio soffre."<br />
"Quel vecchio ti odia, ricordatelo. Uno dei più accaniti e primi accusatori tuoi<br />
presso il Tempio."<br />
"Ricordo di essere la Misericordia."<br />
Il vecchio Eli, spettinato, stravolto, con le vesti in disordine, corre verso<br />
Gesù a braccia tese e crolla ai suoi piedi urlando: "Pietà! Pietà! Perdono! Non<br />
ti vendicare sull'innocente della mia durezza. Tu solo puoi salvarlo! Dio, tuo<br />
Padre, qui ti ha condotto. Io credo in Te! Io ti venero! Ti amo! Perdono! Sono<br />
stato ingiusto! Menzognero! Ma sono punito. Queste ore sole valgono punizione.<br />
Aiuto! <strong>E'</strong> il maschio! <strong>L'</strong>unico figlio del mio maschio morto. Ed ella mi accusa di<br />
averlo ucciso" e piange battendo il capo per terra ritmicamente.<br />
"Ma su! Non piangere così. Vuoi tu morire senza più occuparti di crescere il<br />
nipote?"<br />
"Muore! Muore! Forse è già morto Fammi morire anche me. Ma non vivere in quella<br />
casa vuota! Oh! miei tristi, ultimi giorni!"<br />
"Eli alzati e andiamo..."<br />
"Tu... vieni proprio? Ma sai chi sono io?"<br />
"Un disgraziato, andiamo"<br />
Il vecchio si alza e dice: "Vado avanti, ma Tu corri, corri, fa' presto!" E va<br />
via, veloce per la sua disperazione che lo pungola nel cuore.<br />
"Ma, Signore, credi che lo muterai con questo? Oh! che miracolo sprecato! Ma<br />
lasciala morire quella serpicina! Morirà anche il vecchio di crepacuore e... ce<br />
ne avrai uno di meno sulla tua strada. Ci ha pensato Dio a..."<br />
"Ma Simone! In verità ora la serpe sei tu". Gesù respinge severamente Pietro,<br />
che resta a capo chino e va avanti.<br />
Presso la piazza più grande di Cafarnao è una bella casa davanti alla quale è<br />
folla che fa baccano... Gesù a quella si dirige e sta per arrivarvi quando dalla<br />
porta spalancata esce il vecchio, seguito da una donna scarmigliata che stringe<br />
tra le braccia un esserino agonizzante. Il veleno paralizza già gli organi e la<br />
morte è prossima. La manina ferita pende col segno del morso alla radice del<br />
pollice. Eli non fa che gridare: "Gesù! Gesù!"<br />
E Gesù, pigiato, sopraffatto dalla fola che quasi gli impedisce ogni atto,<br />
prende la manina e se la porta alla bocca, sugge la ferita, poi alita sul<br />
visetto cereo dagli occhi socchiusi e vitrei. Poi si raddrizza: "Ecco" dice "ora<br />
il bambino si sveglia. Non lo spaventare con tutti quei volti stravolti. Avrà<br />
già paura per il ricordo del serpe."<br />
Infatti il piccolo, il cui volto si colora di rosa, apre la bocca ad un lungo
sbadiglio, si sfrega gli occhietti, poi li apre e resta stupito di essere fra<br />
tanta gente, poi ricorda, e fa per fuggire con un balzo così repentino che<br />
cadrebbe se Gesù non fosse pronto a riceverlo fra le braccia.<br />
"Buono, buono! Di che hai paura? Guarda che bel sole! Là è il lago, là la tua<br />
casa, qui la mamma e il nonno."<br />
"E la serpe?"<br />
"Non c 'è più. Ci sono Io."<br />
"Tu. Si... Il bambino pensa... poi, voce della verità innocente, dice: "Mi<br />
diceva il nonno di dirti 'maledetto'. Ma io non lo dico. Ti voglio bene, io."<br />
"Io? Io ho detto questo? Il piccolo delira. Non ci credere, Maestro. Io ti ho<br />
sempre rispettato". La paura che sta passando fa già riaffiorare l'antica<br />
natura.<br />
"Le parole hanno e non hanno valore. Le prendo per quello che valgono. Addio<br />
piccino, addio donna, addio Eli. Vogliatevi bene e vogliatemi bene, se potete."<br />
Gesù volge le spalle e va verso la casa dove abita.<br />
"Perché, Maestro, non hai fatto un miracolo strepitoso? Dovevi dare comando al<br />
veleno di lasciare il piccolo. Mostrarti Dio dovevi. Invece hai succhiato il<br />
veleno come un povero uomo qualunque". Giuda di Keriot è poco contento. Voleva<br />
qualcosa di strepitoso.<br />
Anche gli altri sono dello stesso parere: "Schiacciarlo dovevi, quel nemico, con<br />
la tua potenza. Hai sentito eh! Subito ha rimesso veleno..."<br />
"Non importa del veleno. Ma considerate che, se avessi fatto come voi volevate<br />
facessi, egli avrebbe detto che ero aiutato da Belzebù. Nella sua anima rovinata<br />
può ancora ammettersi la mia potenza di medico. Non oltre. Il miracolo porta<br />
alla fede coloro che sono già per quella via. Ma nei senza umiltà - la fede<br />
prova sempre che esiste in un'anima umiltà - porta ad una bestemmia. Meglio<br />
perciò evitare questo pericolo con il ricorrere a forme di apparenza umana. <strong>E'</strong><br />
la miseria degli increduli, l'inguaribile miseria. Nessuna moneta la elimina,<br />
perché nessun miracolo li porta a credere, né ad essere buoni. Non importa. Io<br />
il mio compito. Essi la loro mala sorte."<br />
"Ma perché lo hai fatto, allora?"<br />
"Perché sono la Bontà e perché non si possa dire che sono stato vendicativo coi<br />
nemici e provocatore presso i provocatori. Accumulo carboni sul loro capo. E<br />
loro me li porgono perché Io li accumuli. Sta' buono, Giuda di Simone. Tu cerca<br />
di non fare come loro! E basta. Andiamo dalla Madre mia. Sarà contenta di sapere<br />
che ho guarito un piccino."<br />
162. Le conversioni umane del fariseo Eli e di Simone d’Alfeo.<br />
13 maggio 1945.<br />
Da un'ortaglia che comincia ad essere florida in tutti i suoi solchi, Gesù<br />
penetra in una cucina vastissima dove le due Marie anziane (Maria Cleofe e Maria<br />
Salome) cucinano preparando la cena.<br />
"La pace a voi!"<br />
"Oh! Gesù! Maestro!" Le due donne si volgono e lo salutano, una con un bel pesce<br />
che sta sventrando fra le mani, l'altra tenendo ancora il paiolo, colmo di erbe<br />
che si lessano, che aveva staccato dal suo uncino per vedere a che punto era la<br />
cottura. I loro visi buoni e appassiti, accaldati dalla fiamma e dal lavoro,<br />
sorridono di gioia e sembrano farsi più giovani e belli nella loro felicità.<br />
"A momenti è pronto, Gesù. Sei stanco? Avrai fame" dice la zia Maria, che ha<br />
confidenza di parente e che ama Gesù credo più dei suoi stessi figli.<br />
"Non più del solito. Ma mangerò certo con piacere i buoni cibi che tu e Maria mi<br />
avete preparato. E anche gli altri lo faranno. Eccoli che vengono."<br />
"La Mamma è nella stanza alta. Sai!... <strong>E'</strong> venuto Simone... Oh! sono contenta del<br />
tutto questa sera! No. Non del tutto perché... Tu lo sai quando sarei contenta<br />
del tutto."<br />
"Sì, lo so". Gesù si attira vicino la zia e la bacia in fronte e poi dice: "So<br />
il tuo desiderio e la tua invidia senza peccato verso Salome. Ma verrà il giorno<br />
che come lei potrai dire: 'Tutti i miei figli sono di Gesù'. Vado dalla Mamma."<br />
Esce e sale la scaletta esterna entrando sul terrazzo soprastante la casa per
una buona metà, mentre l'altra metà è occupata da un vasto stanzone da cui<br />
escono grosse voci di uomo e a intervalli la dolce voce di Maria, la limpida<br />
voce verginale, di fanciulla che gli anni non hanno incrinata, la stessa voce<br />
che disse: 'Ecco l'Ancella di Dio' e che cantava la ninna nanna al suo Bambino.<br />
Gesù si avvicina senza far rumore, sorridendo perché sente la Mamma che dice:<br />
"La mia dimora è mio Figlio. E non sento dolore per essere via da Nazaret altro<br />
che quando Egli è lontano. Ma se mi è vicino... oh! nulla più mi manca. E poi<br />
non temo della mia casa. Ci siete voi..."<br />
"Oh! ma guarda là Gesù!" grida Alfeo di Sara che, avendo il volto verso la<br />
porta, vi vede per primo apparire Gesù.<br />
"Sono qui, sì. La pace a voi tutti. Mamma!". Bacia sua Madre sulla fronte e ne è<br />
baciato. Poi si volge agli ospiti inattesi, che sono il cugino Simone, Alfeo di<br />
Sara, il pastore Isacco e quel Giuseppe che era stato raccolto da Gesù ad Emmaus<br />
dopo il verdetto del Sinedrio.<br />
"Eravamo andati a Nazaret e Alfeo ci ha detto che bisognava venire qui. Siamo<br />
venuti. E Alfeo ci ha voluto accompagnare, e anche Simone" spiega Isacco.<br />
"Non mi è parso vero di venire" dice Alfeo.<br />
"E anche io ti volevo salutare, stare un poco con Te e con Maria" termina<br />
Simone.<br />
"Ed Io sono molto contento di stare con voi. Ho fatto bene a non rimanere oltre,<br />
come volevano gli abitanti di Chedech, dove ero giunto venendo da Gherghesa a<br />
Meron e girando poi per l'altra parte."<br />
"Di là, vieni?!"<br />
"Sì. Mi sono fatto vedere nei posti dove già ero stato e anche oltre. Fino a<br />
Giscala sono andato."<br />
"Quanto cammino!"<br />
"Ma quanta raccolta! Sai, Isacco? Siamo stati ospiti di rabbi Gamaliele. Fu<br />
molto buono. E poi ho incontrato il sinagogo dell'Acqua Speciosa. Viene anche<br />
lui. Te lo affido. E poi... e poi.... ho acquistato tre discepoli..." Gesù<br />
sorride apertamente, beato.<br />
"Chi sono?"<br />
"Un vecchietto a Corazim. <strong>L'</strong>ho beneficato un tempo, e il poveretto, che è un<br />
vero israelita senza prevenzioni, per mostrarmi il suo amore mi ha lavorato la<br />
zona come un perfetto aratore il suolo. <strong>L'</strong>altro è un bambino, cinque anni, poco<br />
più. Intelligente, ardito. Anche a lui avevo parlato la prima volta che fui a<br />
Betsaida e se ne è ricordato meglio dei grandi. Il terzo è un antico lebbroso.<br />
<strong>L'</strong>ho guarito presso Corazim una sera ormai lontana e poi l'ho lasciato. Ora lo<br />
ritrovo, mio annunziatore sui monti di Neftali. E, a conferma delle sue parole,<br />
egli alza i resti delle sue mani, guarite ma menomate di parti, e mostra i suoi<br />
piedi guariti ma deformi, con cui pure fa tanta strada. La gente capisce quanto<br />
era malato da quanto resta di lui e crede alle sue parole condite di lacrime di<br />
riconoscenza. Mi è stato facile parlare là, perché c'era chi mi aveva già fatto<br />
conoscere e portato gli altri a credere in Me. E ho potuto fare molti miracoli.<br />
Tanto può uno che crede realmente..."<br />
Alfeo assente senza parlare, continuamente assente col capo, mentre Simone curva<br />
la testa sotto il sottinteso rimprovero e Isacco giubila apertamente della gioia<br />
del suo Maestro, che sta per raccontare del miracolo operato poco prima sul<br />
piccolo di Eli.<br />
Ma la cena è pronta e le donne, insieme a Maria, preparano la tavola nello<br />
stanzone e portano le pietanze, ritirandosi poi abbasso. Restano solo gli uomini<br />
e Gesù offre, benedice e distribuisce le parti.<br />
Ma pochi bocconi sono consumati quando sale Susanna dicendo: "<strong>E'</strong> venuto Eli con<br />
dei servi e molti doni. Ma vorrebbe parlare con Te."<br />
"Vengo subito, o meglio, fallo salire."<br />
Susanna va e torna poco dopo col vecchio Eli accompagnato da due servi che<br />
portano un grande cesto. Dietro, le donne, meno Maria Santissima, occhieggiano<br />
curiose.<br />
"Dio sia con Te, mio benefattore" saluta il fariseo.<br />
"E con te, Eli. Entra. Che vuoi? Ancora non sta bene il nipote?"<br />
"Oh! benissimo. Salta nell'orto come un capretto. Ma prima ero così sbalordito,<br />
così confuso che ho mancato al mio dovere. Ti voglio mostrare la mia gratitudine<br />
e ti prego di non rifiutare l'inezia che ti offro. Un poco di cibo per Te e per<br />
i tuoi. Sono prodotti delle mie campagne. E poi... vorrei... vorrei averti<br />
domani alla mensa. Per dirti ancora grazie e farti onore, fra amici. Non
icusare, Maestro. Comprenderei che non mi ami e che, se hai guarito Eliseo, è<br />
solo per amore di lui, non di me."<br />
"Io ti ringrazio. Ma non occorrevano doni."<br />
"Ogni grande ed ogni dotto li accetta. <strong>E'</strong> uso."<br />
"Io pure. Ma Io accetto molto volentieri un dono solo, quello anzi lo cerco."<br />
"Ed è? Dillo. Se posso te lo darò."<br />
"Il vostro cuore. Il vostro pensiero. Datemelo. Per vostro bene."<br />
"Ma io te lo consacro, Gesù benedetto! Ma lo puoi dubitare? Io ho avuto... sì...<br />
ho avuto dei torti verso di Te. Ma ora ho compreso. Ho anche saputo della morte<br />
di Doras che ti ha offeso.... Perché sorridi, Maestro?"<br />
"Seguivo un ricordo."<br />
"Credevo avessi dell'incredulità circa il mio dire."<br />
"Oh! no. So che ti ha commosso la morte di Doras. Più ancora del miracolo di<br />
questa sera. Ma non temere Dio, se realmente hai compreso e se realmente vuoi<br />
d'ora in avanti essermi amico."<br />
"Vedo che sei realmente profeta. Io, è vero, temevo più... venivo più a Te per<br />
paura di un castigo uguale a quello di Doras - e questa sera ho detto: 'Ecco. Il<br />
castigo è venuto. E ancora più atroce perché non ha colpito la vecchia quercia<br />
nel suo proprio vivere, ma nel suo affetto, nella sua gioia di vivere,<br />
fulminandomi il querciolo di cui mi beavo' - che non per sciagura. Avevo capito<br />
che sarebbe stato giusto come per Doras..."<br />
"Avevi capito che sarebbe stato giusto. Ma ancora non credevi in chi è buono."<br />
"Hai ragione. Ma ora non più. Ho capito. Ci vieni allora in casa mia domani?"<br />
"Eli, avevo deciso di partire all'aurora. Ma perché tu non possa pensare che Io<br />
ti sprezzo, rimando di un giorno. Domani sarò da te."<br />
"Oh! Sei proprio buono. Lo ricorderò sempre."<br />
"Addio, Eli. Grazie di tutto. Queste frutta sono bellissime, e burrose devono<br />
essere queste formaggelle, certo ottimo il vino. Ma potevi dare tutto ai poveri<br />
in mio nome."<br />
"C'è anche per essi, se vuoi, in fondo, sotto a tutto. Era l'offerta per Te."<br />
"Questo allora lo distribuiremo domani insieme, dopo o prima del convito, a tuo<br />
piacere. La notte ti sia placida, Eli."<br />
"E a Te. Addio" e se ne va coi servi.<br />
Pietro, che ha estratto, con tutta una mimica sul volto, quanto conteneva la<br />
cesta, per renderla ai servi, mette la borsa sul tavolo davanti a Gesù e dice,<br />
come finendo un interno discorso: "E sarà la prima volta che quel vecchio gufo<br />
fa elemosina."<br />
"<strong>E'</strong> vero" conferma Matteo. "Io ero esoso, ma lui mi superava. Ha raddoppiato il<br />
suo con lo strozzinaggio."<br />
"Ebbene... se si ravvede... <strong>E'</strong> una bella cosa, non è vero?" dice Isacco.<br />
"<strong>E'</strong> una bella cosa, certo. E pare che proprio così sia" annuiscono Filippo e<br />
Bartolomeo.<br />
"Il vecchio Eli convertito! Ah! Ah!". Pietro ride di gusto.<br />
"Il cugino Simone, che è stato sempre pensieroso, dice: "Gesù, io vorrei... io<br />
vorrei seguirti. Non come questi. Ma almeno come le donne. Lascia che io mi<br />
unisca a mia madre e alla tua. Tutti vengono... io, io parente... Non pretendo<br />
di avere un posto fra questi. Ma almeno così, come buon amico..."<br />
"Dio ti benedica, figlio mio! Quanto era che attendevo questa parola da te!"<br />
grida Maria d'Alfeo.<br />
"Vieni. Io non respingo nessuno e non sforzo nessuno. Non esigo neppure tutto da<br />
tutti. Prendo quanto mi potete dare. Le donne è bene che non siano sempre sole,<br />
quando andremo in regioni a loro sconosciute. Grazie, fratello."<br />
"Lo vado a dire a Maria" dice la madre di Simone, e termina: "Essa è giù nella<br />
sua cameretta, e prega. Ne sarà ben felice."...<br />
...La sera scende rapida. Si accende una lucerna per scendere per la scala ormai<br />
buia nel crepuscolo, e chi va a destra, chi a sinistra per riposare.<br />
Gesù esce, va sulla riva del lago. Il paese è tutto quieto, deserte le vie,<br />
deserta la riva, spopolato il lago in questa sera senza luna. Solo stelle in<br />
cielo e parlottio di risacca sul greto. Gesù entra nella barca tratta a riva, si<br />
siede, mette un braccio sul bordo e su esso china il capo e sta così. Se pensi o<br />
preghi non so.<br />
Lo raggiunge molto cautamente Matteo: "Maestro, dormi?" chiede piano.<br />
"No, penso. Vieni qui con Me, posto che non dormi."<br />
"Mi sei parso turbato e ti ho seguito. Non sei contento della tua giornata? Hai
toccato il cuore di Eli, hai acquistato come discepolo Simone d'Alfeo..."<br />
"Matteo, tu non sei un semplice come Pietro e Giovanni. Astuto sei, e sei<br />
istruito. Sii anche schietto. Saresti tu felice per queste conquiste?"<br />
"Ma... Maestro... Loro sono sempre migliori di me, e Tu mi hai detto, quel<br />
giorno, che eri molto felice perché io mi ero convertito..."<br />
"Si. Ma tu eri realmente convertito. Ed eri schietto nella tua evoluzione al<br />
Bene. Venivi a Me senza tutto un lavoro di pensiero, venivi per volontà di<br />
spirito. Non così Eli... e neppure Simone. Il primo non è che toccato in<br />
superficie: l'uomo-Eli è scosso. Non lo spirito-Eli. Quello è sempre uguale.<br />
Caduta l'effervescenza che il miracolo di Doras e del nipotino ha prodotto in<br />
lui, sarà l'Eli di ieri e di sempre. Simone!... Simone, lui pure non è ancora<br />
altro che un uomo. Se mi avesse visto insolentito, invece che celebrato, mi<br />
avrebbe compatito e mi avrebbe, come sempre, lasciato. Questa sera ha sentito<br />
che un vecchietto, che un bambino, che un lebbroso sanno fare ciò che egli,<br />
parente, non sa fare; ha visto che l'orgoglio di un fariseo si è curvato davanti<br />
a Me, e ha deciso: 'Io pure'. Ma non sono queste conversioni sotto pungolo di<br />
considerazioni umane, quelle che mi fanno felice. Mi avviliscono anzi. Resta con<br />
Me, Matteo. In cielo non vi è luna, ma almeno brillano le stelle. Nel mio cuore<br />
questa sera non ci sono che lacrime. La tua compagnia sia la stella<br />
dell'afflitto Maestro tuo..."<br />
"Ma, Maestro, se posso... figurati! <strong>E'</strong> che io sono un grande infelice sempre, un<br />
povero inetto. Ho troppo peccato per poterti piacere. Non so parlare. Non so<br />
ancora parlare le parole nuove, pure, sante, ora che ho lasciato il mio antico<br />
linguaggio di frode e lussuria. E temo che non sarò mai capace di parlare con Te<br />
e di Te."<br />
"No, Matteo. Tu sei l'uomo, con tutta la sua penosa esperienza d'uomo. Sei<br />
perciò quello che, per aver mangiato il fango ed ora per mangiare il miele<br />
celeste, puoi dire i due sapori e dare, di essi, la vera analisi, e capire,<br />
capire, e far capire, ai tuoi simili di ora e di poi. E ti crederanno, perché<br />
appunto tu sei l'uomo, il povero uomo che, per sua volontà, diviene l'uomo, il<br />
giusto uomo sognato da Dio. Lascia che Io, l'Uomo-Dio, mi appoggi a te, umanità<br />
che amo fino a lasciare il Cielo per te ed a morire per te."<br />
"No, morire no. Non dirmi che per me muori!"<br />
"Non per te, Matteo, ma per tutti i Mattei della terra e dei secoli.<br />
Abbracciami, Matteo, bacia il tuo Cristo, per te, per tutti. Solleva la mia<br />
stanchezza di Redentore incompreso. Io ti ho sollevato dalla tua di peccatore.<br />
Asciuga il mio pianto... perché di essere così poco capito, Matteo, è la mia<br />
amarezza."<br />
"Oh! Signore, Signore! Sì! Sì..." e Matteo, seduto presso il Maestro che cinge<br />
con un braccio, lo consola col suo amore...<br />
163. A mensa in casa del fariseo Eli di Cafarnao.<br />
14 maggio 1945.<br />
C'è molto da fare in casa di Eli oggi. Servi e serve che vanno e che vengono e<br />
fra essi, frugolino lieto, il piccolo Eliseo. Poi ecco due e altri due<br />
personaggi pomposi, dei quali riconosco i due primi come quelli che erano andati<br />
con Eli in casa di Matteo, e altri due altri due non li conosco, ma sento che<br />
vengono chiamati Samuele e Gioacchino. Ultimo viene Gesù insieme all'Iscariota.<br />
Grandi saluti reciproci e poi la domanda: "Solo con questo? E gli altri?"<br />
"Gli altri sono per le campagne. Verranno a sera."
"Oh! mi spiace. Ma credevo che fosse... Ecco, io ieri sera non ho invitato che<br />
Te, comprendendo in Te tutti i tuoi. Adesso ho temuto si fossero sentiti offesi,<br />
oppure... oppure avessero a sdegno venire da me, per passati malumori... eh!<br />
eh!" Il vecchio ride...<br />
"Oh! no! I miei discepoli non conoscono suscettibilità orgogliose, né rancori<br />
inguaribili."<br />
"Già! Già! Molto bene. Entriamo dunque."<br />
Il solito cerimoniale di purificazioni e poi eccoli avanzarsi alla sala del<br />
convito, aperta sul vasto cortile dove le prime rose mettono una nota allegra.<br />
Gesù carezza il piccolo Eliseo che giuoca nel cortile e che del passato pericolo<br />
non ha che quattro segnetti rossi sulla manina. Non ha più neppure il ricordo<br />
della passata paura, ma però ha quello di Gesù e lo vuole baciare ed essere<br />
baciato, con la spontaneità dei bambini. Con le braccine intrecciate al collo di<br />
Gesù, gli parla fra i capelli confidandogli che quando sarà grande andrà con Lui<br />
e chiede: "Mi vuoi?"<br />
"Tutti io voglio. Sii buono e verrai con Me."<br />
Il bambino se ne va saltellando.<br />
Si siedono a mensa ed Eli vuole essere tanto perfetto che mette al suo fianco<br />
Gesù e dall'altro lato Giuda, che si trova così fra Eli e Simone, come Gesù si<br />
trova tra Eli e Uria.<br />
Il pasto ha inizio. Discorsi vaghi sul principio. Poi divengono più<br />
interessanti. E, posto che le ferite dolgono e le catene pesano, ecco che si<br />
affaccia l'eterno discorso della schiavitù di Roma sulla Palestina. Fatti ad<br />
arte o fatti senza scopo cattivo, non so. So che i cinque farisei si lamentano<br />
di nuove sopraffazioni romane come di un sacrilegio e vogliono interessare Gesù<br />
alla discussione.<br />
"Capisci! Le entrate nostre vogliono scrutare fino in fondo! E poiché hanno<br />
capito che ci raduniamo nelle sinagoghe per parlare di questo e di loro, ecco<br />
che minacciano di entrarvi, senza rispetto. Io temo entreranno anche nelle case<br />
dei sacerdoti, un bel giorno! " urla Gioacchino.<br />
"E Tu che dici? Non ne sei disgustato?" chiede Eli.<br />
Gesù, interpellato direttamente, risponde: "Come israelita sì, come uomo no."<br />
"Perché questa distinzione? Non capisco. Sei due in uno?"<br />
"No. Ma in Me vi è la carne e il sangue: l'animale insomma. E vi è uno spirito.<br />
Lo spirito di israelita ossequiente alla Legge soffre di queste profanazioni. La<br />
carne e il sangue no, perché per Me manca il pungolo che ferisce voi."<br />
"Quale?"<br />
"<strong>L'</strong>interesse. Voi dite che nelle sinagoghe vi riunite per parlare anche di<br />
affari senza tema di orecchie indiscrete. E temete non poterlo più fare e perciò<br />
temete non potere celare neppure uno spicciolo al fisco ed averne tassazione in<br />
proporzione esatta dell'avere. Io no ho nulla. Vivo della bontà del prossimo e<br />
amando il prossimo. Non ho ori, non ho campi, non ho vigneti, non ho case, se si<br />
eccettua la casetta materna a Nazaret, così piccola e povera che è trascurata<br />
dal fisco. Perciò non mi pungola tema di essere scoperto in mendacio di<br />
denunzia, né tassato e punito. Tutto quanto ho è la Parola che Dio mi ha data e<br />
che Io do. Ma essa è cosa tanto alta che l'uomo non la può colpire con niente."<br />
"Ma se fossi nel nostro caso come ti comporteresti?"<br />
"Ecco, Non ve abbiate a male se dico netto il mio pensiero tanto in contrasto<br />
col vostro. In verità vi dico che Io agirei diverso."<br />
"E come?"<br />
"Non ledendo la santa verità. <strong>E'</strong> una virtù sublime sempre, anche se applicata a<br />
cose umane come sono le tasse."<br />
"Ma allora! Ma allora! Come saremmo spellati! Ma Tu non rifletti che noi abbiamo<br />
molto e dovremmo dare molto!"<br />
"<strong>L'</strong>avete detto: Dio vi ha concesso molto. In proporzione dovete dare molto.<br />
Perché agire così male, come purtroppo avviene, che il povero sia tassato<br />
sproporzionatamente? Fra noi si sa. Quante tasse sono in Israele, tasse nostre,<br />
e ingiuste! Servono ai grandi, che hanno già tanto. Mentre sono la disperazione<br />
dei poverelli che le devono versare spremendo se stessi fino alla fame. La<br />
carità di prossimo non consiglia così. Dovrebbe essere cura di noi israeliti<br />
sottoporre le nostre spalle al peso del povero."<br />
"Parli così perché sei povero Tu pure!"<br />
"No, Uria. Parlo così perché così è giustizia. Perché anche Roma ci ha potuto e<br />
ci può premere così? Perché abbiamo peccato e perché siamo divisi dagli asti. Il
icco odia il povero, il povero odia il ricco. Perché non c'è giustizia e il<br />
nemico se ne approfitta facendo di noi dei soggetti."<br />
"Tu hai accennato a più motivi... Quali altri?"<br />
"Non mancherei alla verità svisando il carattere del locale consacrato al culto<br />
col farne un rifugio sicuro per cose umane."<br />
"Ci fai un rimprovero."<br />
"No. Rispondo. Voi ascoltate la vostra coscienza. Maestri siete e perciò..."<br />
"Io direi che sarebbe ora di sollevarsi, di ribellarsi, di punire l'invasore e<br />
ristabilire il regno nostro."<br />
"Vero, vero! Hai ragione Simone. Ma qui è il Messia. Lui deve essere a farlo"<br />
risponde Eli.<br />
"Ma il Messia per ora, perdona Gesù, è solo Bontà. Consiglia a tutto fuorché a<br />
rivolta. Noi faremo e..."<br />
"Simone, ascolta. Ricordati il libro dei Re. Saul era a Galgala, i filistei<br />
erano a Macmas, il popolo aveva paura e si sbandava, il profeta Samuele non<br />
veniva. Saul volle precedere il servo di Dio e fare da sé il sacrificio.<br />
Ricordati la risposta data da Samuele, sopraggiunto, all'imprudente re Saul:<br />
'Hai agito stoltamente e non hai osservato gli ordini che il Signore ti aveva<br />
dati. Se tu non avessi fatto questo, ora il Signore avrebbe già stabilito in<br />
sempiterno il tuo regno sopra Israele. Ma invece non sussisterà mai più il tuo<br />
regno'. Una intempestiva e superba azione non ha giovato né al re né al popolo.<br />
Dio sa l'ora. Non l'uomo. Dio sa i mezzi, non l'uomo. Lasciate fare a Dio,<br />
meritando il suo aiuto con una condotta santa. Il mio Regno non è di ribellione<br />
e di ferocia. Ma si stabilirà. Non sarà una riserva di pochi. Ma sarà<br />
universale. Beati quelli che ad esso verranno, non tratti in errore dalle mie<br />
apparenze meschine, secondo lo spirito della terra, e che sentiranno in Me il<br />
Salvatore. Non abbiate paura. Io sarò Re. Il Re venuto da Israele. Il Re che<br />
stenderà il suo Regno su tutta l'Umanità. Ma voi, maestri d'Israele, non<br />
fraintendete le mie parole e quelle dei Profeti che mi annunciano. Nessun regno<br />
umano, per potente che sia, è universale ed eterno. I Profeti dicono che il mio<br />
tale sarà. Questo vi illumini sulla verità e sulla spiritualità del Regno mio.<br />
Vi lascio. Ho una preghiera però da fare ad Eli. Qui è la tua borsa. In un<br />
ricovero di Simone di Giona sono dei poverelli venuti da ogni dove. Vieni con Me<br />
per dare loro l'obolo dell'amore. La pace a voi tutti."<br />
"Ma resta ancora!" pregano i farisei.<br />
"Non posso. Vi sono malati di carne e di cuore che attendono di essere<br />
consolati. Domani andrò lontano. Voglio che tutti mi vedano partire senza<br />
delusione."<br />
"Maestro, io... sono vecchio e stanco. Va' Tu in mio nome. Hai con Te Giuda di<br />
Simone, e lo conosciamo bene... Fai, fai da Te. Dio sia teco."<br />
Gesù esce con Giuda che appena sulla piazza dice: "Vecchia vipera! Che avrà<br />
voluto dire?"<br />
"Ma non ci pensare! O meglio, pensa che abbia voluto lodarti."<br />
"Impossibile, Maestro! Quelle bocche non lodano mai chi fa il bene. Mai con<br />
sincerità, voglio dire. E per quanto al venire!... <strong>E'</strong> perché ha schifo del<br />
povero ed ha paura della sua maledizione. Li ha torturati tante volte i poveri<br />
di qui. Lo posso giurare senza tema. E perciò..."<br />
"Buono, Giuda. Buono. Lascia il giudizio a Dio."<br />
164. Il ritiro sul monte per l’elezione apostolica.<br />
15 maggio 1945.<br />
[...].<br />
Le barche di Pietro e Giovanni veleggiano sul lago quieto, seguite da tutte le<br />
imbarcazioni che sono sulle rive di Tiberiade, io credo, tante sono le barche e<br />
barchette che vanno e vengono cercando di raggiungere, di superare, per poi<br />
mettersi in coda di nuovo, la barca di Gesù. E preghiere, suppliche, clamori,<br />
richieste si incrociano sulle onde azzurre.<br />
Gesù, che nella sua barca ha anche Maria e la madre di Giacomo e Giuda, mentre<br />
nell'altra barca, col figlio Giovanni è anche Maria Salome con Susanna,<br />
promette, risponde, benedice, instancabile. "Tornerò. Sì. Ve lo prometto. Siate<br />
buoni. Ricordate le mie parole, per unirle a quelle che vi dirò poi. Sarà una
eve separazione. Non siate egoisti. Sono venuto anche per gli altri. Buoni!<br />
Buoni! Vi farete del male. Sì. Pregherò per voi. Mi avrete sempre vicino. Il<br />
Signore sia con voi. Certo, mi ricorderò del tuo pianto e sarai consolato.<br />
Spera, abbi fede."<br />
E così, andando, benedicendo, promettendo, la barca giunge a riva. Non è<br />
Tiberiade, ma è un minuscolo paesello, proprio un pugno di case, povere, quasi<br />
abbandonate. Gesù e i suoi scendono e le barche tornano indietro guidate dai<br />
garzoni e da Zebedeo. Anche le altre le imitano, però molti che sono in esse<br />
scendono pure e vogliono a tutti i costi seguire Gesù. Fra questi vedo Isacco<br />
coi suoi due patrocinati: Giuseppe e Timoneo. Non riconosco altri fra i molti di<br />
tutte le età, dagli adolescenti ai vecchi.<br />
Gesù lascia il paese, che resta indifferente nei suoi pochi abitanti molto<br />
cenciosi, ai quali Gesù fa dare degli oboli, e raggiunge la via maestra. Si<br />
ferma. "Ed ora dividiamoci" dice. "Madre, tu con Maria e con Salome vai pure a<br />
Nazaret. Susanna può tornare a Cana. Presto Io tornerò. Sapete ciò che c'è da<br />
fare. Dio sia con voi!"<br />
Ma per sua Madre ha uno speciale saluto pieno di sorriso, ed anche quando Maria<br />
si inginocchia, dando l'esempio alle altre, per essere benedetta, Gesù sorride<br />
con tanta dolcezza.<br />
Le donne, con le quali sono Alfeo di Sara e Simone, vanno verso la loro città.<br />
Gesù si volge ai rimasti: "Io vi lascio. Ma non vi rimando. Vi lascio per<br />
qualche tempo, ritirandomi con questi in quelle gole che vedete là. Chi vuole<br />
attendermi mi attenda in questa pianura, chi non vuole torni alla sua casa. Io<br />
mi ritiro in preghiera perché sono alla vigilia di grandi cose. Chi ama la causa<br />
del Padre preghi, unendosi in spirito a Me. La pace sia con voi, figli. Isacco,<br />
tu sai ciò che devi fare. Ti benedico, piccolo pastore." Gesù sorride allo<br />
scarno Isacco, pastore ormai di uomini che si raggruppano attorno a lui.<br />
Gesù cammina ora volgendo le spalle al lago, dirigendosi sicuro verso una gola<br />
fra le colline che vanno dal lago verso ovest in righe quasi parallele. Fra<br />
l'una e l'altra collina rocciosa, scabra, che si apre a picco come un fiordo,<br />
scende un torrentello spumoso dal molto fragore e sopra sale il monte selvaggio,<br />
con piantacce cresciute in ogni senso, come hanno potuto, fra pietra e pietra.<br />
Un sentiero da capre attacca la collina più scabra. E Gesù prende proprio<br />
quello.<br />
I discepoli lo seguono faticosamente, in fila indiana, nel più assoluto<br />
silenzio. Solo quando Gesù si ferma, per dare loro respiro, in qualche posto un<br />
poco più largo del sentiero che pare una graffiatura sulla costa impervia, essi<br />
si guardano senza parlare. I loro sguardi dicono: "Ma dove ci porta?". Ma non<br />
parlano. Solo si guardano, e sempre più desolatamente quanto più vedono che Gesù<br />
sempre riprende l'andare per la gola selvaggia, piena di caverne, di spacchi, di<br />
massi su cui è difficile l'andare e per gli stessi, e per i rovi, e mille altre<br />
piantacce che afferrano le vesti da ogni parte, e graffiano, e fanno<br />
incespicare, e battono sul viso. Anche i più giovani, carichi di pesanti borse,<br />
hanno perduto il buon umore.<br />
Infine Gesù si ferma e dice:<br />
"E qui resteremo per una settimana in orazione. Per prepararvi ad una grande<br />
cosa. Per questo ho voluto isolarmi così, in questo luogo deserto, lontano da<br />
ogni carovaniera, da ogni paese. Qui vi sono grotte che hanno servito altre<br />
volte a uomini. Serviranno anche a noi. Qui vi sono acque fresche e abbondanti,<br />
mentre il terreno è asciutto. Abbiamo pane e cibo sufficiente per la sosta.<br />
Quelli che lo scorso anno sono stati con Me nel deserto sanno come Io vissi.<br />
Questa è una reggia rispetto a quel luogo, e la stagione, ormai buona, leva<br />
l'asprezza del gelo e quella del sole alla sosta. Vogliate perciò starvi di buon<br />
animo, Forse mai più saremo così tutti insieme e tutti soli. Questa sosta deve<br />
unirvi, facendo di voi non più dodici uomini, ma una sola istituzione.<br />
Non parlate? Non mi chiedete nulla? Deponete su quel masso i pesi che portate, e<br />
gettate a valle l'altro peso che avete nel cuore: la vostra umanità. Qui vi ho<br />
portato per parlarvi allo spirito, per nutrirvi lo spirito, per farvi spirito. E<br />
non dirò molte parole. Ve ne ho dette tante in un anno circa che sono con voi!<br />
Ora basta di questo. Se dovessi mutarvi con la parola dovrei tenervi dieci e<br />
cento anni ed ancora sareste sempre imperfetti.<br />
Ora è tempo che Io vi usi. Per usarvi vi devo formare. Ricorro alla grande<br />
medicina, alla grande arma: la preghiera. Io ho sempre pregato per voi. Ma ora<br />
voglio che voi preghiate da voi. Non ancora vi insegno la mia preghiera. Ma vi
endo cogniti del modo come si prega e di cosa è la preghiera. Essa è colloquio<br />
di figli col Padre, di spiriti a Spirito, aperto, caldo, confidente, raccolto,<br />
schietto. Tutto è la preghiera: è confessione, è conoscenza di noi stessi, è<br />
pianto su noi stessi, è promessa a noi stessi e a Dio, è richiesta a Dio, tutto<br />
fatto ai piedi del Padre. E non può farsi nel frastuono, fra le distrazioni, a<br />
meno di essere colossi nell'orazione. Ed anche i colossi ne soffrono di questo<br />
urto e rumore del mondo nelle loro ore di orazione. Voi non siete colossi, siete<br />
pigmei. Non siete che infanti nello spirito. Non siete che deficienti dello<br />
spirito. Qui raggiungerete la età della ragione spirituale. Il resto verrà poi.<br />
Mattina, mezzogiorno e sera ci riuniremo per pregare insieme con le antiche<br />
parole d'Israele e per spezzare il pane, e poi ognuno tornerà nella sua grotta,<br />
stando di fronte a Dio e alla sua anima, stando di fronte a quanto vi ho detto<br />
sulla vostra missione e alle vostre capacità. Misuratevi, ascoltatevi, decidete.<br />
<strong>E'</strong> l'ultima volta che ve lo dico. Ma dopo dovrete essere perfetti, per quanto<br />
potete, senza stanchezza né umanità. Dopo non sarete più Simone di Giona e Giuda<br />
di Simone. Non sarete più Andrea o Giovanni, Matteo o Tommaso. Ma sarete i miei<br />
ministri.<br />
Andate. Ognuno da solo. Io sarò in quella grotta. Sempre presente. Ma non venite<br />
senza seria ragione. Dovete imparare a fare da voi ed a stare da voi. Perché, in<br />
verità ve lo dico, un anno fa stavamo per conoscerci, e fra due staremo per<br />
lasciarci. Guai a voi e guai a Me se non aveste imparato a fare da voi. Dio sia<br />
con voi.<br />
Giuda, Giovanni, portate dentro la mia grotta, quella, le cibarie. Devono durare<br />
ed Io le distribuirò."<br />
"Saranno poche!...." obbietta qualcuno.<br />
"Il sufficiente per non morire. Il ventre troppo satollo appesantisce lo<br />
spirito. Io vi voglio elevare e non rendervi zavorra."<br />
165. L’elezione dei dodici ad apostoli.<br />
16 maggio 1945.<br />
Vi è un'alba che imbianca i monti e sembra ammorbidire questa selvaggia costa in<br />
cui ha voce solo il torrentello che spuma nel fondo, una voce che ripercossa dai<br />
monti, pieni di caverne, acquista un singolare rumore. Lì, nel posto dove hanno<br />
sostato i discepoli, non c'è che qualche cauto fruscio fra le fronde e le erbe:<br />
dei primi uccelli che si destano, degli ultimi animali notturni che si<br />
rintanano.<br />
Un gruppo di lepri o conigli selvatici, che sta rodendo un basso cespuglio di<br />
more, fugge spaurito per il precipitare di un sasso. Poi tornano cauti, muovendo<br />
le orecchie per raccogliere ogni suono e, visto che tutto è pace, tornano al<br />
loro cespuglio. La guazza lava tutte le fronde, tutte le pietre, e il bosco<br />
odora forte di musco, di mentuccia e maggiorane.<br />
Un pettirosso scende fin sullo scrimolo di una caverna a cui fa da tetto uno<br />
scheggione sporgente e, muovendo il capino, ben ritto sulle zampine di seta,<br />
pronto a fuggire, guarda dentro, guarda per terra, mormora i suoi cip cip<br />
d'interrogazione e di... golosità per delle briciole di pane che sono al suolo,<br />
ma non si decide a scendere altro che quando si vede preceduto da un grosso<br />
merlo che avanza saltellando di sbieco, buffo nel suo fare da monello e nel suo<br />
profilo di vecchio notaio al quale mancano solo gli occhiali per essere compito.<br />
Allora scende anche il pettirosso e si mette in coda all'ardito messere, che<br />
ogni tanto ficca il becco giallo nella terra umida in ricerche di... archeologia<br />
cibareccia e poi va oltre dopo un ciop o dopo un fischio breve, proprio da<br />
monellaccio. Il pettirosso si ingozza delle mollichine e resta stupito quando<br />
vede che il merlo, penetrato sicuro nella caverna silenziosa, ne esce con una<br />
crosta di formaggio, che sbatte e risbatte su una pietra per sminuzzarla<br />
facendosene un lauto pasto. Poi torna dentro, sbircia e, non trovando piú nulla,<br />
fa una bella fischiata di beffa e vola via per finire la cantata in cima ad un<br />
rovere, che tuffa la sua vetta nell'azzurro mattutino. Anche il pettirosso vola<br />
via, per un rumore che sente venire dall'interno della caverna... e resta su un<br />
rametto sottile che spenzola nel vuoto.<br />
Gesù si avanza sul limitare e sbriciola del pane chiamando piano piano gli
uccellini, con un fischio modulato che ben imita il cinguettio di molti piccoli<br />
pennuti. Poi si scosta e va più su, immobilizzandosi contro una parete rocciosa<br />
per non spaventare i suoi amici che presto scendono: primo il pettirosso e poi<br />
molti altri di varie specie. <strong>L'</strong>immobilità di Gesù o anche il suo sguardo - io<br />
amo pensare così, perché ho l'esperienza che le bestie anche più diffidenti si<br />
avvicinano a coloro che per istinto sentono non nemici ma protettori - fanno sì<br />
che dopo poco, a pochi centimetri da Gesù, saltellano gli uccellini, e il<br />
pettirosso, ormai sazio, vola in alto del masso a cui è appoggiato Gesù e si<br />
aggrappa ad un esilissimo rametto di vitalba e si altalena sul capo di Gesù con<br />
una voglia di scendere sulla testa bionda o sulla spalla. Il pasto è finito. Il<br />
sole indora la cima del monte e poi i più alti rami della boscaglia, mentre a<br />
valle ancora tutto è nella luce pallida dell'alba. Gli uccellini volano,<br />
soddisfatti e sazi, al sole e cantano con tutte le loro piccole gole.<br />
"E ora andiamo a svegliare questi altri miei figli" dice Gesù, e scende, perché<br />
la sua caverna è la più alta, entrando di volta in volta nelle grotte e<br />
chiamando a nome i dodici dormenti.<br />
Simone, Bartolomeo, Filippo, Giacomo, Andrea, rispondono subito. Matteo, Pietro<br />
e Tommaso sono più tardi a rispondere. E mentre Giuda Taddeo si fa incontro a<br />
Gesù non appena lo vede farsi sulla soglia, già pronto e ben desto, l'altro<br />
cugino, e con lui l'Iscariota e Giovanni, dormono sodo, tanto che Gesù deve<br />
scuoterli sul loro letto di foglie perché si destino.<br />
Giovanni, ultimo chiamato, dorme così profondamente che non si raccapezza di chi<br />
lo chiama, e nelle nebbie del sonno per metà interrotto dice fra le labbra: "Sì,<br />
mamma. Vengo subito...". Ma poi si gira di là.<br />
Gesù sorride, si siede sul silvestre pagliericcio di fogliame colto nel bosco,<br />
si china e bacia sulla guancia il suo Giovanni, che apre gli occhi e resta di<br />
stucco nel vedere lì Gesù. Si siede di scatto e dice: "Hai bisogno di me?<br />
Eccomi."<br />
"No. Ti ho svegliato come tutti. Ma tu mi hai creduto tua mamma. E allora ti ho<br />
baciato, per fare quello che fanno le mamme."<br />
Giovanni, seminudo nella sottoveste, perché si è messo il vestito e il mantello<br />
come coperta, si attacca al collo di Gesù e ci si rifugia col capo fra la spalla<br />
e la guancia dicendo: "Oh! sei ben più della mamma Tu! Lei l'ho lasciata per Te.<br />
Ma Tu, non ti lascerei per essa! Lei mi ha partorito alla terra. Ma Tu mi<br />
partorisci al Cielo. Oh! lo so!"<br />
"Che sai più degli altri?"<br />
"Quello che mi ha detto il Signore in questo speco. Vedi, io non sono mai venuto<br />
da Te e penso che i compagni abbiano detto che ciò era indifferenza e superbia.<br />
Ma ciò che pensano non mi importa. So che Tu sai la verità. Io non venivo da<br />
Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, ma ciò che Tu sei in seno del Fuoco che è<br />
l'Amore eterno della Trinità Santissima, la sua Natura, la sua Essenza, la sua<br />
vera Essenza - oh! che non so dire tutto quanto ho pure capito in questa tetra<br />
grotta oscura che mi è divenuta così piena di luci, in questa fredda caverna in<br />
cui sono stato arso da un fuoco senza aspetto ma che mi è sceso nel profondo e<br />
lo ha acceso di un dolce martirio, in questo antro senza voce ma che mi ha<br />
cantato delle verità celesti - ma ciò che Tu sei, Seconda Persona<br />
dell'ineffabile Mistero che è Dio e che io penetro perché Dio a Sé mi ha<br />
aspirato, io l'ho avuto sempre con me. E tutti i miei desideri, tutti i miei<br />
pianti, tutte le mie domande, le ho versate sul tuo seno divino, Verbo di Dio.<br />
Né ci fu mai parola, fra le tante che ho da Te ho udite, vasta così come quella<br />
che Tu mi dicesti qui, Tu, Dio Figlio; Tu, Dio come il Padre; Tu, Dio come lo<br />
Spirito Santo; Tu, Tu che sei il perno della Triade... oh! forse bestemmio! ma<br />
così mi pare perché se Tu non fossi, amore del Padre e amore al Padre, ecco che<br />
mancherebbe l'Amore, il divino Amore, e la Divinità più non sarebbe Trina, e<br />
mancherebbe ad Essa il più confacente attributo di Dio: il suo amore! Oh! ho<br />
tanto qui, ma è come dell'acqua che gorgoglia contro una chiusa e non può<br />
uscire... mi sembra di morirne tanto è violento e sublime il tumulto che mi è<br />
sceso in cuore da quando ti ho capito... ma per nulla al mondo vorrei esserne<br />
liberato... Fammi morire di questo amore, mio dolce Iddio!"<br />
Giovanni sorride e piange, affannato, acceso dal suo amore, abbandonato sul<br />
petto di Gesù, come se la fiamma lo spossasse. E Gesù se lo carezza, ardendo di<br />
amore a sua volta.<br />
Giovanni si riprende sotto un'onda di umiltà che lo fa supplicare. "Non dire<br />
agli altri quanto io ti ho detto. Certo essi pure hanno saputo vivere di Dio
come io vissi in questi giorni. Ma lascia sul mio segreto la pietra del<br />
silenzio."<br />
"Sta' sicuro, Giovanni. Nessuno saprà le tue nozze con l'Amore. Vestiti, vieni.<br />
Dobbiamo partire."<br />
Gesù esce sul sentiero dove sono già gli altri. I volti hanno un aspetto più<br />
venerabile, più raccolto. Gli anziani sembrano patriarchi, i giovani hanno un<br />
che di maturo, di dignitoso, che prima la gioventù nascondeva. <strong>L'</strong>Iscariota<br />
guarda Gesù con un timido sorriso sul volto segnato di pianto. Gesù lo carezza<br />
nel passare. Pietro... non parla. Ed è così strano in lui che stupisce più di<br />
ogni altro mutmento. Guarda attentamente Gesù, ma con una dignità nuova che pare<br />
fargli più spaziosa la fronte un poco stempiata e più severo l'occhio fino<br />
allora tutto un brillio di arguzie. Gesù se lo chiama vicino e se lo tiene<br />
vicino in attesa di Giovanni, che finalmente esce col volto non so se dire più<br />
pallido o più rosso, ma certo acceso da una fiamma che non muta il colore ma<br />
pure è palese. Tutti lo guardano.<br />
"Vieni qui, Giovanni, presso a Me. E anche tu, Andrea, e tu Giacomo di Zebedeo.<br />
Poi tu Simone e tu, Bartolomeo, Filippo e voi, fratelli miei, e Matteo. Giuda di<br />
Simone qui, di fronte a Me. Tommaso, vieni qui. Sedete. Vi devo parlare."<br />
Si siedono quieti come bambini, tutti un poco assorti nel loro mondo interiore e<br />
pure attenti a Gesù come non furono mai.<br />
"Sapete che vi ho fatto? Tutti lo sapete. <strong>L'</strong>anima lo ha detto alla ragione. Ma<br />
l'anima, che in questi giorni fu regina, ha insegnato alla ragione due grandi<br />
virtù: l'umiltà e il silenzio, figlio dell'umiltà e della prudenza, le quali<br />
sono le figlie della carità. Solo otto giorni sono sareste venuti a proclamare,<br />
come bravi bambini che vogliono stupire e superare il rivale, le vostre bravure,<br />
le vostre nuove cognizioni. Ora tacete. Vi siete mutati da bambini in<br />
adolescenti e già sapete che questa proclamazione potrebbe mortificare il<br />
compagno forse meno beneficato da Dio, e non parlate.<br />
Siete inoltre come fanciulle non più impuberi. <strong>E'</strong> nato in voi il santo pudore<br />
sulla metamorfosi che vi ha rivelato il mistero nuziale delle anime con Dio.<br />
Queste caverne il primo giorno vi parvero fredde, ostili, repellenti... ora le<br />
guardate come profumate e luminose camere nuziali. In esse avete conosciuto Dio.<br />
Prima sapevate di Lui. Ma non lo conoscevate nell'intimità che fa di due uno.<br />
Fra voi sono uomini che da anni sono sposati, altri che non ebbero che fallaci<br />
rapporti con donne, alcuni che per cause diverse sono casti. Ma i casti sanno<br />
ora cosa è l'amore perfetto così come lo sanno gli sposati. Anzi posso dire che<br />
nessuno come l'ignaro di ogni carnale appetito sa cosa è l'amore perfetto.<br />
Perché Dio si rivela ai vergini in tutta la sua pienezza, e per sua delizia di<br />
darsi a chi è puro, ritrovando parte di Sé, Purissimo, nella creatura monda di<br />
lussuria, e per compensarla di quanto essa si nega per amore di Lui.<br />
In verità vi dico che per l'amore che ho per voi e per la sapienza che posseggo,<br />
se non avessi il dovere di compiere l'opera del Padre, Io vorrei tenervi qui e<br />
stare con voi, isolati, certo che così farei di voi, e sollecitamente, dei<br />
grandi santi, senza più smarrimenti, senza defezioni, cadute, rallentamenti,<br />
ritorni. Ma non posso. Io devo andare. E voi dovete andare. Il mondo ci aspetta.<br />
Il profanato e profanatore mondo che ha bisogno di maestri e redentori. Io vi ho<br />
voluto far conoscere Dio perché lo amaste ben più del mondo, che con tutti i<br />
suoi affetti non vale un solo sorriso di Dio. Ho voluto che poteste meditare su<br />
ciò che è il mondo e su ciò che è Dio per farvi anelanti del migliore. In questo<br />
momento voi non siete anelanti che di Dio. Oh! potessi fissarvi in quest'ora, in<br />
questo anelito! Ma il mondo ci aspetta. E noi andremo al mondo che ci aspetta.<br />
Per la santa Carità che, come ha mandato Me al mondo, così manda voi, per mio<br />
ordine, al mondo. Ma ve ne scongiuro! Come perla nello scrigno chiudetevi il<br />
tesoro di questi giorni - in cui vi siete guardati, curati, alzati, rivestiti,<br />
disposati a Dio - nel vostro cuore e, come le pietre della testimonianza elevate<br />
dai Patriarchi a ricordo delle alleanze con Dio, conservate e guardate questi<br />
preziosi ricordi nel vostro cuore.<br />
Da oggi non siete più i prediletti discepoli, ma gli apostoli, i capi della mia<br />
Chiesa. Da voi verranno, nei secoli dei secoli, tutte le gerarchie della stessa<br />
e maestri sarete detti, avendo a Maestro vostro Dio nella sua triplice potenza,<br />
sapienza, carità.<br />
Non ho scelto voi perché siete i più meritevoli. Ma per un complesso di cause<br />
che non necessita voi conosciate ora. Vi ho scelti al posto dei pastori che sono<br />
i miei discepoli da quando vagivo. Perché l'ho fatto? Perché così era bene di
fare. Fra di voi sono galilei e giudei, dotti e indotti, ricchi e poveri. Questo<br />
per il mondo. Acciò non dica che ho preferito una sola categoria. Ma voi non<br />
bastereste a tutto quanto c'è da fare. Né ora, né poi.<br />
Non tutti avrete presente un punto del Libro. Ve lo ricordo. Nel II° dei<br />
Paralipomeni, al 29° capitolo, è narrato come Ezechia, re di Giuda, fece<br />
purificare il Tempio e, dopo che fu purificato, fece sacrificare per il peccato,<br />
per il regno, per il santuario e per Giuda, e poscia ebbe inizio l'offerta dei<br />
singoli. Ma non bastando alle immolazioni i sacerdoti, furono chiamati in aiuto<br />
i leviti, consacrati con rito più breve che i sacerdoti.<br />
Questo è quello che Io farò. Voi siete i sacerdoti, preparati con lunga cura da<br />
Me, Pontefice eterno. Ma non bastate al lavoro sempre più vasto di immolazione<br />
dei singoli al Signore Iddio loro. Onde Io vi associo i discepoli che tali<br />
restano, quelli che ci attendono ai piedi del monte, quelli che già stanno più<br />
su, quelli che sparsi sono per la terra d'Israele e che saranno poi sparsi per<br />
ogni punto della terra. A loro verranno dati compiti uguali, perché unica è la<br />
missione, ma diversa sarà la loro classifica agli occhi del mondo. Non agli<br />
occhi di Dio presso il quale è giustizia, di modo che l'oscuro discepolo,<br />
ignorato da apostoli e confratelli, che vivrà santamente portando a Dio anime,<br />
sarà più grande del conosciuto apostolo che di apostolo non ha che il nome e che<br />
abbassa la sua dignità di apostolo a scopi umani.<br />
Compito di apostoli e di discepoli sarà sempre quello dei sacerdoti e leviti di<br />
Ezechia: praticare il culto, abbattere le idolatrie, purificare i cuori e i<br />
luoghi, predicare il Signore e la sua Parola. Compito più santo non c'è sulla<br />
terra. Dignità più alta della vostra neppure. Ma è per questo che vi ho detto:<br />
'Ascoltatevi, esaminatevi.'<br />
Guai all'apostolo che cade! Seco trascina molti discepoli, ed essi trascinano un<br />
ancor più grande numero di fedeli, e la rovina sempre più cresce come valanga<br />
che cade o come cerchio che si estende sul lago per un susseguirsi di pietre<br />
lanciate nello stesso punto.<br />
Sarete tutti perfetti? No. Lo spirito di ora durerà? No. Il mondo lancerà i suoi<br />
tentacoli per strozzare la vostra anima. Vittoria del mondo, figlio di Satana<br />
per cinque parti, servo di Satana per altre tre, apatico verso Dio nelle altre<br />
due, quella di spegnere le luci dei cuori dei santi. Difendete voi stessi da voi<br />
stessi contro di voi, contro il mondo, la carne, il demonio. Ma soprattutto<br />
difendetevi da voi stessi. Sulle difese, o figli, contro la superbia, la<br />
sensualità, la doppiezza, la tiepidezza, il sopore spirituale, contro<br />
l'avarizia! Quando l'io inferiore parla e piagnucola sopra pretese crudeltà a<br />
suo danno, mettetelo a tacere dicendo: 'Per un attimo di privazione che ti do,<br />
ti procuro, ed eternamente, il banchetto d'estasi avuto nella caverna montana al<br />
finire della luna di scebat.'<br />
Andiamo. Andiamo incontro agli altri che in gran numero attendono la mia venuta.<br />
E poi Io andrò per poche ore a Tiberiade e voi, predicando di Me, mi andrete ad<br />
attendere ai piedi del monte che è sulla strada diretta da Tiberiade al mare. Io<br />
verrò là e salirò a predicare. Prendete borse e mantelli. La sosta è finita e<br />
l'elezione è avvenuta."<br />
17 maggio 1945<br />
Dice Gesù:<br />
"Stai male e ti lascio quieta. Solo ti faccio osservare come può cambiare tutto<br />
una sola frase omessa o una parola male trascritta. E tu, scrivente, sei viva e<br />
puoi riparare subito. Pensa dunque e comprendi come venti secoli abbiano potuto<br />
privare di parti, non deleterie nella dottrina ma alla facilità di comprendere<br />
il Vangeli, il Vangelo apostolico. Questo, opera che se risaliamo alle origini<br />
scopriamo ancora fatica del Disordine, spiega tante cose e si presta ai figli<br />
del Disordine per tante altre cose. E tu vedi come è facile cadere in errore di<br />
trascrizione... Piccolo Giovanni, sta buono oggi. Sei un fiore spezzato. Passerò<br />
poi Io a ristorare il tuo stelo. Per oggi mi occorrono le lacrime della tua<br />
ferita. Dio è con te."<br />
166. I miracoli dopo l’elezione apostolica.<br />
Prima predica di Simone Zelote e di Giovanni.
18 maggio 1945.<br />
Gesù, scendendo a mezza costa, trova molti discepoli e molti altri ancora che si<br />
sono uniti piano piano ai discepoli, portati qui, in questo luogo fuori via, dal<br />
bisogno del miracolo, dal desiderio della parola di Gesù, venuti sicuri per<br />
indicazioni di gente o per istinto dell'anima. Io penso che gli angeli degli<br />
uomini guidassero gli stessi, desiderosi di Dio, al Figlio di Dio. Né credo di<br />
fare in ciò della leggenda. Se si pensa con quale pronta e astuta costanza<br />
Satana portava i nemici a Dio e al suo Verbo, nei momenti in cui lo spirito<br />
demoniaco poteva fare apparire agli uomini una parvenza di colpa nel Cristo, è<br />
lecito poter pensare, più che lecito è giusto, che anche gli angeli non fossero<br />
inferiori ai demoni e portassero gli spiriti non demoniaci al Cristo.<br />
E Gesù, a tutti questi che lo hanno atteso senza stanchezze e timori, si prodiga<br />
in soccorsi di miracoli e in soccorsi di parola. Quanti miracoli! Una<br />
fioritura pari a quella che decora le balze del monte: grandi come è quello di<br />
un fanciullo, estratto ustionato atrocemente da un pagliaio in fiamme, portato<br />
qui su una barella, mucchio di carne arsa che mugola lamentosamente sotto al<br />
lino di cui lo hanno ricoperto tanto è atroce il suo aspetto arso, morente<br />
ormai, e che Gesù risana alitandogli sopra e risarcendo le bruciature che si<br />
annullano completamente, tanto che il fanciullo sorge nudo affatto, e corre<br />
felice verso la mamma che ne carezza piangendo di gioia le carni tutte guarite,<br />
senza tracce di fuoco, ne bacia gli occhi che si pensavano arsi e invece sono<br />
vivi e scintillanti di gioia, i capelli che sono appena corti, ma non distrutti,<br />
quasi la vampa avesse fatto da rasoio e non da distruzione; fino al piccolo<br />
miracolo di un vecchietto tossicoloso che dice: "Non per me, ma perché devo fare<br />
da padre ai nipotini orfani e non posso lavorare il suolo con questo umore fermo<br />
qui, in gola, e che mi affoga"...<br />
E poi il miracolo non visibile, ma certo esistente, che provocano le parole di<br />
Gesù: "Fra voi è uno che piange con l'anima e non osa dire con la parola: 'Abbi<br />
pietà!'. Io rispondo: 'Sia come tu chiedi. Tutta la pietà. Perché tu sappia che<br />
Io sono la Misericordia'. Solo a mia volta ti dico: 'Abbi generosità'. Sii<br />
generoso con Dio. Strappa ogni legame col passato. Dio lo senti e a Lui che<br />
senti vieni allora con libero cuore, con totale amore". Chi sia, fra la folla,<br />
colui o colei al quale vanno queste parole, non so.<br />
Gesù dice ancora: "Questi sono i miei apostoli. Altrettanti Cristi sono, perché<br />
Io tali li ho eletti. Rivolgetevi ad essi con fiducia. Essi sanno da Me tutto<br />
quanto vi abbisogna per le anime vostre...". Gli apostoli guardano Gesù<br />
perfettamente spaventati. Ma Egli sorride e prosegue: " ...e daranno alle vostre<br />
anime luce di stella e ristoro di rugiada tanto da impedirvi di languire nelle<br />
tenebre. E poi Io verrò, e vi darò pienezza di sole e di onde, tutta la sapienza<br />
per farvi forti e felici di soprannaturale fortezza e gioia. La pace a voi,<br />
figli. Sono atteso da altri, più infelici e poveri di voi. Ma soli non vi<br />
lascio. Vi lascio i miei apostoli, ed è come lasciassi i figli del mio amore<br />
affidati alle cure delle più amorose e fidate delle nutrici."<br />
Gesù fa un gesto di addio e di benedizione e si avvia, fendendo la fola che non<br />
lo vuole lasciare partire; ed è allora che si ha l'ultimo miracolo, quello di<br />
una vecchierella semiparalizzata, condotta qui dal nipote e che agita festosa il<br />
braccio destro prima inerte e grida: "Egli mi ha sfiorata col suo manto, nel<br />
passare, e sono guarita! Neppure lo chiedevo, perché vecchia sono... Ma Egli ha<br />
avuto pietà anche del mio desiderio segreto. E col manto, un lembo di esso che<br />
mi ha sfiorato il braccio perduto, mi ha guarita! Oh! che grande Figlio ha avuto<br />
il santo Davide nostro! Gloria al suo Messia! Ma guardate! Ma guardate! Anche la<br />
gamba è spedita come il braccio... Oh! come a vent'anni sono!"<br />
Il convergere di molti verso la vecchietta, che strilla con tutto il suo fiato<br />
la sua felicità, fa si che Gesù possa svignarsela senza essere più oltre<br />
impedito. E gli apostoli dietro.<br />
Quando sono in un luogo deserto, quasi al piano, fra una folta brughiera che va<br />
verso il lago, si fermano un momento. Gesù per dire: "Vi benedico! Tornate al<br />
vostro lavoro e fatelo finché Io verrò come ho detto."<br />
Pietro, fino ad allora sempre zitto, prorompe: "Ma Signor mio, che hai fatto?<br />
Perché dire che noi abbiamo tutto quanto abbisogna alle anime? <strong>E'</strong> vero! Tu ci<br />
hai detto molto. Ma noi siamo zucconi, io almeno, e... e di quello che mi hai<br />
dato me ne è rimasto poco, molto poco mi è rimasto. <strong>E'</strong> come uno che, di un<br />
pasto, ha ancora nello stomaco il più greve. Il resto non c'è più."
Gesù sorride apertamente: "E dove è allora il resto del cibo?"<br />
"Ma... non so. So che, se io mangio piattini delicati, dopo un'ora non mi sento<br />
più niente nello stomaco. Mentre se mangio radici pesanti o lenticchie con<br />
l'olio, eh! ci vuole a mandarle giù!"<br />
"Ci vuole. Ma credi che radici e lenticchie, che sembra ti empiano di più, sono<br />
quelle che meno ti lasciano di sostanza: tutta scoria che passa con poco utile.<br />
Mentre i piattini che in un'ora non li senti più, sono non nello stomaco dopo<br />
un'ora, ma nel tuo stesso sangue. Quando un cibo è digerito non è più nello<br />
stomaco, ma il suo succo è nel sangue e giova di più. Ora a te e ai tuoi<br />
compagni vi pare che di quanto vi ho detto più nulla o ben poco sia in voi.<br />
Forse vi ricordate bene le parti che più sono consone alla vostra particolare<br />
natura: i violenti le parti violente, i meditativi le parti meditative, gli<br />
amorosi le parti tutto amore. Senza forse è così. Ma credete: tutto è in voi.<br />
Anche se vi pare che sia dileguato. Lo avete assorbito. Il pensiero vi si<br />
dipanerà come un filo multicolore portandovi le tinte dolci o severe a seconda<br />
che ne avete bisogno. Non abbiate paura. Pensate pure che Io so e che mai vi<br />
manderei se vi sapessi incapaci di fare. Addio, Pietro. Su! Sorridi! Abbi fede!<br />
Un bell'atto di fede nella Sapienza onnipresente. Addio a tutti. Il Signore<br />
resta con voi". E rapido li lascia ancora stupiti e agitati di quanto hanno<br />
udito dire di dover fare.<br />
"Eppure bisogna ubbidire" dice Tommaso.<br />
"Eh!... già!... Oh! povero me! Quasi gli corro dietro... " mormora Pietro.<br />
"No. Non lo fare. <strong>L'</strong>ubbidienza è amore a Lui" dice Giacomo di Alfeo.<br />
"E cominciare mentre ancora Egli ci è presso, e può consigliarci se sbagliamo, è<br />
elementare e anche santa prudenza. Aiutarlo dobbiamo" consiglia lo Zelote.<br />
"<strong>E'</strong> vero. Gesù è piuttosto affaticato. Bisogna sollevarlo un poco, come<br />
possiamo. Non basta portare le sacche, preparare i letti e il cibo. Questo<br />
chiunque lo può fare. Ma aiutarlo, come Egli vuole, nella sua missione" conferma<br />
Bartolomeo.<br />
"Tu dici bene perché sei dotto. Ma io... Quasi ignorante sono io..." geme<br />
Giacomo di Zebedeo.<br />
"O Dio! Ecco che arrivano quelli che erano lassù! Come facciamo?" esclama<br />
Andrea.<br />
"E Matteo: "Scusate se io, il più miserabile, consiglio. Ma non sarebbe meglio<br />
pregare il Signore, invece di stare qui a lamentarsi su ciò che coi lamenti non<br />
si ripara? Su, Giuda, tu che sai tanto bene la Scrittura, di' per tutti la<br />
preghiera di Salomone per ottenere la Sapienza. Presto! Prima che ci<br />
raggiungano."<br />
E il Taddeo con la sua bella voce baritonale inizia: "Dio dei miei padri,<br />
Signore di Misericordia che tutto hai creato..." ecc... ecc..., fino al punto:<br />
"... per la sapienza furono salvati tutti quelli che a Te, Signore, piacquero<br />
fin dal principio."<br />
Appena in tempo prima che la gente li raggiunga, li attorni, li assalga con<br />
mille domande sul dove è andato il Maestro, sul quando tornerà, e, più difficile<br />
ad essere accontentata, con la richiesta: "Ma come si fa a seguire il Maestro<br />
non con le gambe, ma con l'anima, per le vie della Via che Egli indica?"<br />
A questa domanda gli apostoli restano imbarazzati. Si guardano fra di loro e<br />
l'Iscariota risponde: "Col seguire la perfezione" quasi fosse una risposta che<br />
possa spiegare tutto!...<br />
Giacomo d'Alfeo, più umile e più pacato, pensa e poi dice: "La perfezione a cui<br />
accenna il mio compagno si raggiunge ubbidendo alla Legge. Perché la Legge è<br />
giustizia e la giustizia è perfezione."<br />
Ma la gente ancora non è contenta e chiede per bocca di uno che pare un capo:<br />
"Ma noi siamo piccoli come fanciulli nel Bene. I fanciulli non sanno ancora il<br />
significato del Bene e del Male, non distinguono. E noi, in questa Via che Egli<br />
indica, siamo così informi da essere incapaci di distinguere. Avevamo una via<br />
nota. Quella antica che ci è stata insegnata nelle scuole. Così difficile,<br />
lunga, paurosa! Ora, dalle sue parole, sentiamo che è come quell'acquedotto che<br />
vediamo di qui. Sotto c'è la via delle bestie e dell'uomo, sopra, sugli archi<br />
leggeri, alta nel sole e nell'azzurro, presso ai rami più alti che frusciano e<br />
cantano per il vento e gli uccelli, vi è un'altra via, liscia, pulita, luminosa<br />
quanto quella inferiore è scabra, sporca, oscura, una via per l'acqua che è<br />
limpida e sonante, che è benedizione, per l'acqua che viene da Dio e che è<br />
accarezzata da ciò che è di Dio: raggi di sole e di stelle, fronde novelle,
fiori, ali di rondine. Noi vorremmo salire a quella via più alta, e che è la<br />
sua, e non sappiamo, perché siamo confitti qui, in basso, sotto il peso di tutta<br />
la costruzione antica. Come facciamo?"<br />
Colui che ha parlato è un giovane sui venticinque anni, bruno, robusto, dallo<br />
sguardo intelligente e l'aspetto meno popolano della maggioranza dei presenti.<br />
Si appoggia ad un altro più maturo.<br />
<strong>L'</strong>Iscariota, che alto come è lo vede, sussurra ai compagni: "Presto, parlate<br />
bene. Vi è Erma con Stefano, Stefano, amato da Gamaliele!" Cosa che finisce di<br />
imbarazzare del tutto gli apostoli.<br />
Infine lo Zelote risponde: "<strong>L'</strong>arco non sarebbe se non ci fosse la base nella via<br />
oscura. Questa è la matrice di quello, che da essa si lancia e sale nell'azzurro<br />
di cui tu sei voglioso. Le pietre confitte nel suolo, e che sorreggono il peso<br />
senza godere dei raggi e dei voli, non ignorano però che essi ci sono, perché<br />
talora una rondine cala con uno strido fino al fango e carezza la base<br />
dell'arco, e scende un raggio di sole o di stella a dire quanto è bello il<br />
firmamento. Così nei secoli passati è scesa di tempo in tempo una parola celeste<br />
di promessa, un raggio celeste di sapienza, per carezzare le pietre oppresse dal<br />
cruccio divino. Perché le pietre erano necessarie. Non sono, non furono e non<br />
saranno mai inutili. Su di esse si è levato lentamente il tempo e la perfezione<br />
del conoscere umano fino a raggiungere la libertà del tempo presente e la<br />
sapienza del conoscere sovrumano.<br />
Già leggo la tua obbiezione, ti è scritta in volto. <strong>E'</strong> quella che tutti abbiamo<br />
avuto, prima di saper comprendere che questa è la Nuova Dottrina, la Buona<br />
Novella predicata a coloro che per un processo a ritroso non sono divenuti<br />
adulti con l'elevarsi delle pietre del sapere, ma si sono sempre più oscurati<br />
come muro che sprofonda in un abisso cieco.<br />
Noi, per uscire da questa malattia di oscuramento soprannaturale, dobbiamo<br />
liberare coraggiosamente la pietra fondamentale da tutte le pietre sovrapposte.<br />
Non abbiate tema di demolire quello che è un alto muro ma che non porta la linfa<br />
pura della sorgente eterna. Tornate alla base. Quella non va mutata. <strong>E'</strong> da Dio.<br />
Ed immobile è. Ma prima di scartare le pietre, perché non tutte sono malvagie e<br />
inutili, provatele una ad una, al suono della parola di Dio. Se le sentite non<br />
discordi, ritenetele, riusatele per ricostruire. Ma se in esse sentite il suono<br />
discorde della voce umana o quello lacerante della voce satanica - e non vi<br />
potete sbagliare perché se è voce di Dio è suono d'amore, se è voce umana è<br />
suono di senso, se voce satanica è voce d'odio - allora frantumate le pietre<br />
malvagie. Dico: frantumate, perché è carità non lasciare indietro germi od<br />
oggetti di male che possano sedurre il viandante ed indurlo ad usarle per suo<br />
danno. Frantumate letteralmente ogni cosa non buona che fu vostra in opere,<br />
scritti, insegnamenti o atti. Meglio restare con poco, elevarsi appena di un<br />
cubito ma con buone pietre, che non per dei metri ma con pietre malvagie. I<br />
raggi e le rondini scendono anche sulle muricce appena elevate dal suolo e i<br />
fioretti umili della proda con facilità giungono ad accarezzare le pietre basse.<br />
Mentre le superbe pietre che vogliono elevarsi inutili e scabre non hanno che<br />
schiaffi di rovi e abbracci di tossici. Demolite per ricostruire e per salire<br />
provando la bontà delle vostre antiche pietre alla voce di Dio."<br />
"Bene parli, uomo. Ma salire! Come? Ti abbiamo detto che meno di pargoli siamo.<br />
Chi ci fa salire sull'erta colonna? Proveremo le pietre al suono di Dio,<br />
frantumeremo le meno buone. Ma come salire? <strong>E'</strong> vertigine solo a pensarlo!" dice<br />
Stefano.<br />
Giovanni, che ha ascoltato a capo chino sorridendo a se stesso, alza un volto<br />
luminoso e prende la parola.<br />
"Fratelli! Vertigine è pensare di salire. <strong>E'</strong> vero. Ma chi vi dice che è<br />
necessario attaccare l'altezza direttamente? Questo non i pargoli, ma neppure<br />
gli adulti lo possono fare. Solo gli angeli possono lanciarsi negli azzurri,<br />
perché hanno libertà da ogni peso di materia. E negli uomini solo gli eroi della<br />
santità lo possono fare.<br />
Abbiamo un vivente che tuttora, in questo mondo avvilito, sa essere eroe di<br />
santità come gli antichi di cui si infiora Israele, quando i Patriarchi erano<br />
amici di Dio e la parola del Codice eterno era la sola, ma la ubbidita da ogni<br />
retta creatura. Giovanni, il Precursore, insegna come si attacca l'altezza<br />
direttamente. <strong>E'</strong> un uomo, Giovanni. Ma la Grazia che il Fuoco di Dio gli ha<br />
comunicata, mondandolo dal ventre della madre, così come fu mondato dal serafino<br />
il labbro del Profeta, perché potesse precedere il Messia senza lasciare fetore
di colpa d'origine sulla via regale del Cristo, ha dato a Giovanni ali d'angelo<br />
e la penitenza le ha fatte crescere, abolendo insieme quel peso di umanità che<br />
la sua natura di nato di donna aveva conservato. Onde Giovanni, dal suo speco<br />
dove predica penitenza, e dal suo corpo dove arde lo spirito sposato alla<br />
Grazia, lancia, può lanciare se stesso al sommo dell'arco oltre il quale è Dio,<br />
l'altissimo Signore Iddio nostro, e può, dominando i secoli passati, il giorno<br />
presente, il tempo futuro, annunciare, con voce di profeta, con occhio d'aquila<br />
che può fissare il Sole eterno e riconoscerlo: 'Ecco l'Agnello di Dio. Colui che<br />
leva i peccati del mondo', e morire dopo questo suo canto sublime, che sarà<br />
usato non solo nel tempo limitato, ma nel tempo senza fine, nella Gerusalemme<br />
per sempre eterna e beata, per acclamare la Seconda Persona, per invocarla sulle<br />
miserie umane, per osannarla nei fulgori eterni.<br />
Ma l'Agnello di Dio, il dolcissimo Agnello che ha lasciato la sua luminosa<br />
dimora dei Cieli nei quali è Fuoco di Dio in abbraccio di fuoco - oh! eterna<br />
generazione, del Padre che concepisce col Pensiero illimitato e santissimo il<br />
suo Verbo, e se lo assorbe producendo una fusione d'amore che crea lo Spirito di<br />
Amore in cui si accentra la Potenza e la Sapienza! - ma l'Agnello di Dio che ha<br />
lasciato la sua purissima, incorporea forma, per chiudere la sua purezza<br />
infinita, la sua santità, la sua natura divina in carne mortale, sa che noi non<br />
siamo i mondati dalla Grazia, ancora non lo siamo, e sa che non potremmo, come<br />
l'aquila che è Giovanni, lanciarci nelle altezze, sul culmine dove è Dio Uno e<br />
Trino. Noi siamo i piccoli passeri del tetto e della via, siamo le rondini che<br />
toccano l'azzurro ma si cibano di insetti, siamo le calandre che vogliono<br />
cantare per imitare gli angeli ma rispetto al cui canto il nostro è fremito<br />
discorde di cicala estiva. Questo, il dolce Agnello di Dio, venuto per levare i<br />
peccati del mondo, lo sa. Perché, se non è più lo Spirito infinito dei Cieli,<br />
avendo costretto Se stesso in carne mortale, la sua infinità non è menomata per<br />
questo, e tutto sa essendo sempre infinita la sua sapienza.<br />
Ed ecco allora che ci insegna la sua via. La via dell'amore. Egli è l'Amore che<br />
per misericordia di noi si fa carne. Ecco allora che questo Amore misericordioso<br />
ci crea la via che anche i piccoli possono salire. Ed Egli, non per bisogno<br />
proprio, ma per insegnarcela, la percorre per primo. Egli neppure avrebbe<br />
bisogno di aprire le ali per rifondersi col Padre. Il suo spirito, io ve lo<br />
giuro, è chiuso qui, sulla misera terra, ma è sempre col Padre, perché tutto può<br />
Dio, e Dio Egli è. Ma va avanti, lasciando dietro di Sé gli aromi della sua<br />
santità, l'oro e il fuoco del suo amore. Osservate la sua via. Oh! ben giunge<br />
all'arco sommo! Ma come è placida e sicura! Non è una retta: è una spirale. Più<br />
lunga, e il suo sacrificio di amore misericordioso si svela in questa lunghezza<br />
su cui Egli trattiene Se stesso per amore di noi deboli. Più lunga, ma più<br />
adatta alla nostra miseria. La salita all'Amore, a Dio, è semplice come è<br />
semplice l'Amore. Ma è profonda perché Dio è un abisso che direi irraggiungibile<br />
se Egli non si abbassasse per farsi raggiungere, per sentirsi baciare dalle<br />
anime di Lui innamorate (Giovanni parla e piange sorridendo con la bocca,<br />
nell'estasi del suo svelare Dio). <strong>E'</strong> lunga la semplice via dell'Amore, perché<br />
l'Abisso che è Dio non ha fondo, e tanto uno potrebbe salire quanto volesse. Ma<br />
l'Abisso mirabile chiama il nostro abisso miserabile. Chiama con le sue luci e<br />
dice: 'Venite a Me!'. Oh! invito di Dio! Invito di Padre!<br />
Udite! Udite! Dai Cieli lasciati aperti, perché il Cristo ne ha spalancato le<br />
porte - mettendo a tenerle tali gli angeli della Misericordia e del Perdono,<br />
perché in attesa della Grazia sugli uomini ne fluissero almeno luci, profumi,<br />
canti e sereni, atti a sedurre santamente i cuori umani - vengono incontro a noi<br />
parole soavissime. <strong>E'</strong> la voce di Dio che parla. E la voce dice: 'La vostra<br />
puerizia? Ma è la vostra moneta migliore! Vorrei che tutt'affatto piccoli<br />
diveniste per avere in voi l'umiltà, la sincerità e l'amore dei pargoli, il<br />
confidente amore dei pargoli verso il padre. La vostra incapacità? Ma è la mia<br />
gloria! Oh! venite. Neppure vi chiedo che voi da voi stessi proviate il suono<br />
delle pietre buone e cattive. Ma datele a Me! Io le sceglierò e voi vi<br />
costruirete. La scalata alla perfezione? Oh! no, piccoli figli miei. Qui la mano<br />
nella mano del Figlio mio, fratello vostro, ora e così, al suo fianco<br />
ascendete...'<br />
Ascendere! Venire a Te, eterno Amore! Prendere la tua somiglianza, ossia<br />
l'Amore! Amare! Ecco il segreto!... Amare! Darsi... Amare! Abolirsi... Amare!<br />
Fondersi... La carne? Un nulla. Il dolore? Un nulla. Il tempo? Un nulla. Il<br />
peccato stesso diviene nulla se io lo sciolgo nel tuo fuoco, o Dio! <strong>L'</strong>Amore solo
è. <strong>L'</strong>Amore! <strong>L'</strong>Amore, che ci ha dato l'incarnato Iddio, ci darà ogni perdono. E<br />
amare è atto che nessuno sa meglio dei pargoli fare. E nessuno è amato più di un<br />
pargolo.<br />
O tu che non conosco, ma che vuoi conoscere il Bene per distinguerlo dal Male,<br />
per avere l'azzurro, il sole celeste, tutto quanto è letizia soprannaturale, ama<br />
e l'avrai. Ama Cristo. Morirai nella vita, ma risusciterai nello spirito. Con<br />
uno spirito nuovo, senza più avere bisogno di usare le pietre, sarai per<br />
l'eternità un fuoco che non muore. La fiamma sale. Non abbisogna di scalini né<br />
di ali per salire. Libera il tuo io da ogni costruzione, poni in te l'Amore.<br />
Fiammeggerai. Lascia che ciò avvenga senza restrizioni. Aizza anzi la fiamma<br />
gettandovi ad alimentarla tutto il tuo passato di passioni, di sapere. Si<br />
distruggerà nella fiamma il men buono, e ciò che già è metallo nobile si farà<br />
puro. Gettati, o fratello, nell'amore attivo e gaudente della Trinità.<br />
Comprenderai ciò che ora ti pare incomprensibile, perché comprenderai Dio, il<br />
Comprensibile solo da quelli che si dànno senza misura al suo fuoco<br />
sacrificatore. Ti fisserai in ultimo in Dio in un abbraccio di fiamma, pregando<br />
per me, il pargolo di Cristo, che ha osato parlarti dell'Amore."<br />
Sono tutti di stucco: apostoli, discepoli, fedeli.... <strong>L'</strong>interpellato è pallido,<br />
mentre Giovanni è di porpora non tanto per la fatica quanto per l'amore.<br />
Infine Stefano ha un grido: "Te benedetto! Ma dimmi, chi sei?"<br />
E Giovanni - ed ha un atto che mi ricorda molto la Vergine nell'atto<br />
dell'Annunciazione - dice piano, curvandosi come adorando Colui che nomina:<br />
"Sono Giovanni. Tu vedi in me il minimo fra i servi del Signore."<br />
"Ma chi il tuo maestro prima d'ora?"<br />
"Alcuno che Dio non sia, poiché ho avuto il latte spirituale da Giovanni, il<br />
presantificato di Dio, mangio il pane di Cristo Verbo di Dio, e bevo il fuoco di<br />
Dio che mi viene dai Cieli. Sia gloria al Signore!"<br />
"Ah! ma io non vi lascio più! Né te né costui, nessuno lascio. Prendetemi!"<br />
"Quando... Oh! ma qui è Pietro, il capo fra noi" e Giovanni prende lo sbalordito<br />
Pietro e lo proclama così 'il primo'.<br />
E Pietro ritrova se stesso: "Figlio, a grande missione occorre severa<br />
riflessione. Questo è l'angelo di noi e accende. Ma occorre sapere se la fiamma<br />
in noi potrà durare. Misura te stesso. E poi vieni al Signore. Noi ti apriremo<br />
il cuore come a fratello carissimo. Per intanto, se vuoi conoscere meglio la<br />
nostra vita, resta. Le greggi del Cristo possono crescere a dismisura per essere<br />
scelti, fra i perfetti e gli imperfetti, i veri agnelli dai falsi montoni."<br />
E con questo ha fine la prima manifestazione apostolica.<br />
167. L’incontro con le romane nel giardino di Giovanna di Cusa.<br />
19 maggio 1945.<br />
Gesù, con l'aiuto di un barcaiolo che lo ha accolto nella sua barchetta, sbarca<br />
sul pontile del giardino di Cusa. Già lo ha visto un giardiniere ed accorre ad<br />
aprirgli il cancello che intercetta agli estranei l'entrata nella proprietà<br />
dalla parte del lago, un alto e forte cancello che però si nasconde in una siepe<br />
foltissima e alta di lauri e bossi dalla parte esterna, verso il lago, e di rose<br />
di ogni colore dalla parte interna, verso la casa. Gli splendidi rosai infiorano<br />
le fronde bronzee dei lauri e dei bossi, si insinuano fra le ramaglie, fanno<br />
capolino dall'altro lato, oppure sormontano del tutto la verde barriera e fanno<br />
cadere le loro chiome fiorite al di là. Solo ad un punto, all'altezza di un<br />
viale, il cancello si mostra nudo, ed è lì che si apre per dare passaggio a chi<br />
viene dal lago e a chi va al lago.<br />
"La pace a questa casa e a te, Joanna. Dove è la tua padrona?"<br />
"Là con le sue amiche. Ora la chiamo. Ti attendono da tre giorni per paura di<br />
giungere in ritardo."<br />
Gesù sorride. Il servo va di corsa a chiamare Giovanna. Intanto Gesù cammina<br />
lentamente verso il luogo accennato dal servo, ammirando lo splendido giardino,<br />
si potrebbe dire lo splendido roseto, che Cusa ha fatto costruire per la moglie.<br />
Rose di tutti i colori, grandezze e forme, in questo seno riparato di lago,<br />
ridono già, precoci e splendide. Vi sono anche altre piante da fiore. Ma sono<br />
ancora senza fioritura e la loro presenza è minima di fronte alla quantità dei<br />
roseti.<br />
Accorre Giovanna. Non ha neppure posato un cestello pieno di a metà di rose, né<br />
le forbici che aveva per coglierle, e corre così, a braccia tese, snella e<br />
gentile nella ricca veste di sottile lana di un rosa tenuissimo, le cui
increspature sono tenute in sesto da borchie e fibbie di filigrana d'argento su<br />
cui splendono pallide granate. Sui capelli neri e ondulati, un diadema a foggia<br />
di mitra, pure in argento e granate, trattiene un velo di bisso leggerissimo,<br />
tinto pure in rosa, che ricade all'indietro, lasciando scoperte le piccole<br />
orecchie appesantite da orecchini simili al diadema e il volto ridente, il collo<br />
sottile sulla cui radice brilla una collana uguale nel lavoro al resto degli<br />
ornamenti preziosi.<br />
Lascia cadere il suo cesto davanti ai piedi di Gesù e si inginocchia a baciargli<br />
la veste, fra le rose sparse.<br />
"Pace a te, Giovanna. Sono venuto."<br />
"Ed io ne sono felice. Esse pure sono venute. Oh! ora mi pare di avere fatto<br />
male a fare questo! Come farete ad intendervi? Sono affatto pagane!" Giovanna è<br />
un poco agitata.<br />
Gesù sorride, le pone la mano sul capo: "Non avere paura. Ci intenderemo<br />
benissimo. E tu hai fatto benissimo a 'fare questo'. <strong>L'</strong>incontro sarà fiorito di<br />
bene come il tuo giardino di rose. Raccogli ora queste povere rose che hai<br />
lasciato cadere e andiamo dalle tue amiche."<br />
"Oh! di rose ce ne sono tante! Lo facevo per passare il tempo e poi le amiche<br />
sono così... così... voluttuose... Amano i fiori come fossero... non so..."<br />
"Ma li amo Io pure! Vedi che abbiamo già trovato un argomento per intenderci tra<br />
Me e loro? Su! Raccogliamo queste splendide rose... " e Gesù si china per dare<br />
l'esempio.<br />
"Non Tu! Non Tu, Signore! Se proprio vuoi, ecco... è fatto."<br />
Camminano fino ad un chiosco che è fatto di un intreccio multicolore di rose.<br />
Dalla soglia occhieggiano tre romane: Plautina, Valeria e Lidia. La prima e<br />
l'ultima stanno in sospeso, ma Valeria corre fuori e si inchina dicendo: "Salve,<br />
Salvatore della mia piccola Fausta!"<br />
"Pace e luce a te e alle tue amiche."<br />
Le amiche s'inchinano senza parlare.<br />
Plautina la conosciamo di già: Alta, imponente, dagli splendidi occhi neri, un<br />
poco imperiosi, sotto la fronte liscia e bianchissima, naso dritto, perfetto,<br />
bocca un poco tumida ma ben fatta, mento rotondetto e marcato, mi ricorda certe<br />
bellissime statue di imperatrici romane. Pesanti anelli splendono sulle<br />
bellissime mani e larghi bracciali d'oro fasciano le braccia, veramente<br />
statuarie, al polso e oltre il gomito, che appare di un bianco rosato, liscio e<br />
perfetto fuori dalla corta manica drappeggiata.<br />
Lidia invece è bionda, più sottile e più giovane. La sua non è la bellezza<br />
imponente di Plautina, ma ha tutta la grazia di una gioventù femminea ancora un<br />
poco acerba. E posto che siamo in tema pagano potrei dire che, se Plautina pare<br />
la statua di una imperatrice, Lidia potrebbe essere una Diana o una ninfa di<br />
gentile e pudico aspetto.<br />
Valeria, ora che non è nella disperazione di quando la vedemmo a Cesarea, appare<br />
nella sua bellezza di giovane madre, dalle forme piene ma ancora molto<br />
giovanili, dall'occhio quieto della madre felice di nutrire e veder crescere<br />
del suo latte il suo nato. Rosea e castana, ha un sorriso pacato ma tanto dolce.<br />
Ho l'impressione che siano dame di grado inferiore a Plautina, che anche con lo<br />
sguardo esse venerano come una regina.<br />
"Vi occupate di fiori? Continuate, continuate. Potremo parlare anche mentre<br />
cogliete queste splendide opere del Creatore che sono i fiori e mentre le<br />
disponete con l'abilità di cui Roma è maestra in queste coppe preziose, per<br />
allungarne la vita, ahimé, troppo breve... Se noi ammiriamo questo boccio, che<br />
appena apre il riso dei suoi petali giallo rosa, come non possiamo rimpiangere<br />
di vederlo morire? Ma, oh! come sarebbero stupiti gli ebrei di sentirmi dire<br />
questa cosa! Ma è perché anche nella creatura floreale noi sentiamo un che, che<br />
ha vita. E di vederne la fine ci duole. Però la pianta è più saggia di noi. Sa<br />
che su ogni ferita di stelo tagliato nasce un nuovo virgulto che sarà la nuova<br />
rosa. Ed ecco allora che la nostra mente deve cogliere l'insegnamento e farsi,<br />
dell'amore un poco sensuale per il fiore, uno sprone a pensiero più alto."<br />
"Quale, Maestro?" interroga Plautina, che ascolta attenta e sedotta dal pensiero<br />
elegante del Mastro ebreo.<br />
"Questo. Che come la pianta non muore finché la sua radice è nutrita dal suolo,<br />
non muore per morire di steli, così l'umanità non muore per chiedersi al vivere<br />
terreno di un essere. Ma sempre nuovi fiori rampolla. E - pensiero ancora più<br />
alto, atto a farci benedire il Creatore - e mentre il fiore, morto che sia, più
non rivive, e ciò è tristezza, l'uomo, addormentato che sia nel sonno ultimo,<br />
non è morto, ma vivo di una più fulgida vita, traendo con la sua parte migliore<br />
eterna vita e splendore dal Creatore che lo ha formato. Per questo, Valeria, se<br />
la tua bambina fosse morta tu non avresti perduto la sua carezza. Sulla tua<br />
anima sarebbe sempre venuto il bacio della tua creatura, separata ma non<br />
dimentica del tuo amore. Vedi come è dolce avere una fede nella vita eterna?<br />
Dove è ora la tua piccina?"<br />
"In quella cuna coperta. Non me ne ero mai separata avanti, perché l'amore per<br />
il marito e per la figlia erano i due scopi della mia vita. Ma ora che so cosa è<br />
vederla morire, non la lascio neppure per un attimo."<br />
Gesù si dirige ad un sedile su cui è posata una specie di cunella di legno,<br />
tutta coperta da una ricca coltre. La scopre e guarda la piccina dormiente che<br />
l'aria più viva sveglia dolcemente. I suoi occhietti si aprono stupiti e un<br />
sorriso d'angelo schiude la bocchina mentre le manine, prima chiuse a pugnello,<br />
si aprono avide di afferrare gli ondeggianti capelli di Gesù mentre un<br />
cinguettio di passerotto segna il procedere di un discorso nel suo pensiero.<br />
Infine trilla la grande, universale parola: "Mamma!"<br />
"Prendila, prendila" dice Gesù, che si scosta per lasciare che Valeria si curvi<br />
sulla cuna.<br />
"Ma ti darà noia!... Ora chiamerò una schiava e la farò portare per il<br />
giardino."<br />
"Noia? Oh! no! Mai noia i bambini. Sono sempre miei amici."<br />
"Hai figli o nipoti, Maestro?" chiede Plautina, che osserva con che sorrisi Gesù<br />
stuzzica la piccola per farla ridere.<br />
"Non ho né figli né nipoti. Ma amo i bambini come amo i fiori. Perché sono puri<br />
e senza malizia. Anzi, dàmmi, o donna, la tua piccina. Stringermi al cuore un<br />
piccolo angelo mi è tanto dolce". E si siede con la piccolina, che l'osserva e<br />
che gli spettina la barba e poi trova da fare meglio con le frange del mantello<br />
e il cordone della veste, ai quali dedica un lungo e misterioso discorso.<br />
Plautina dice: "La nostra amica buona e saggia, una delle poche che non si<br />
sdegni di noi e non si corrompa con noi, ti avrà detto che abbiamo avuto<br />
desiderio di vederti ed udirti per giudicarti per quello che sei. Perché Roma<br />
non crede alle fole... Perché sorridi, Maestro?"<br />
"Dopo te lo dirò. Prosegui."<br />
"Perché Roma non crede alle fole e vuole giudicare con scienza e coscienza prima<br />
di condannare e di esaltare. Il tuo popolo ti esalta e ti calunnia con euguale<br />
misura. Le tue opere porterebbero a farti esaltare. Le parole di molti ebrei a<br />
crederti poco meno di un delinquente. Le tue parole sono solenni e sagge come<br />
quelle di un filosofo. Roma ha molto amore alle dottrine filosofiche e... devo<br />
dirlo, i nostri filosofi attuali non hanno una dottrina che soddisfi, anche<br />
perché non corrisponde ad essa la loro forma di vita."<br />
"Non possono avere una forma di vita corrispondente alla loro dottrina."<br />
"Perché sono pagani, non è vero?"<br />
"No. Perché sono atei."<br />
"Atei? Hanno i loro dèi."<br />
"Non hanno più neppure quelli, donna. Io ti ricordo gli antichi filosofi, i più<br />
grandi. Erano pagani essi pure, ma ciononostante guarda che elevatezza di vita<br />
fu la loro! Mescolata all'errore, perché l'uomo è portato ad errare. Ma quando<br />
furono davanti ai misteri più grandi: la vita e la morte; ma quando furono messi<br />
davanti al dilemma dell'onestà o della disonestà, della virtù o del vizio, della<br />
eroicità o della vigliaccheria, e pensarono che dal loro volgere al male sarebbe<br />
venuto male alla patria e ai cittadini, ecco allora che con volontà gigante<br />
gettarono lungi da loro le branche dei mali polipi, e liberi e santi seppero<br />
volere il Bene, a qualunque costo. Questo Bene che altri non è che Dio."<br />
"Tu sei Dio, si dice. <strong>E'</strong> vero?"<br />
"Io sono il Figlio del Dio vero, fatto Carne restando Dio."<br />
"Ma chi è Dio? Il più grande dei maestri, se guardiamo Te."<br />
"Dio è ben più di un maestro. Non avvilite l'idea sublime della Divinità ad una<br />
limitazione di sapienza."<br />
"La sapienza è una deità. Noi abbiamo Minerva. <strong>E'</strong> la dea del sapere."<br />
"Avete anche Venere, dea del piacere. Potete ammettere che un dio, ossia un<br />
superiore ai mortali, abbia, portata alla perfezione, tutto quanto è bruttura<br />
nei mortali? Potete pensare che uno che è eterno abbia in eterno le piccole,<br />
meschine, avvilenti delizie di che ha un'ora di tempo? E che ne faccia scopo del
suo vivere? Non pensate che lurido Cielo è quello che voi chiamate Olimpo e dove<br />
fermentano i più acri succhi dell'umanità? Se guardate il vostro Cielo, che<br />
vedete? Lussurie, delitti, odi, guerre, furti, crapule, tranelli, vendette. Se<br />
volete celebrare le feste dei vostri dei, che fate? Orge. Che culto date ad<br />
essi? Dove è la vera castità delle sacrate a Vesta? Su quale divino codice si<br />
appoggiano per giudicare i vostri pontefici? Quali parole possono leggere nel<br />
volo degli uccelli o dal rombo di un tuono i vostri àuguri? E le sanguinanti<br />
viscere degli animali sacrificati che risposte possono dare ai vostri arùspici?<br />
Hai detto: "Roma non crede alle fole". E allora perché crede che dodici poveri<br />
uomini, col far fare il giro dei campi ad un porco, una pecora e un toro, e<br />
coll'averli immolati, possano propiziarsi Cerere, se avete infinite deità, in<br />
odio l'una verso le altre, e di cui credete alle vendette? No. Ben altra cosa è<br />
Dio. Esso è eterno, unico e spirituale."<br />
"Ma Tu dici di essere Dio e sei carne."<br />
"Vi è un altare senza dio nella patria degli dèi. La saggezza umana lo ha<br />
dedicato al Dio ignoto. Perché i saggi, i veri filosofi hanno intuito esservi<br />
qualcosa oltre lo scenario istoriato creato per quegli eterni bambini che sono<br />
gli uomini dagli spiriti avvolti nelle bende dell'errore. Se ora questi saggi -<br />
che hanno intuito esservi qualcosa oltre lo scenario bugiardo, qualcosa di<br />
veramente sublime e divino che ha fatto quanto è, e dal quale viene quanto di<br />
buono vi è nel mondo - hanno voluto un altare al Dio ignoto, che essi sentivano<br />
il vero Iddio, come potete voi dare nome di dèi a ciò che dio non è, e dire di<br />
sapere ciò che in realtà non sapete? Sappiate dunque cosa è Dio per poterlo<br />
conoscere ed onorare. Dio è Quello che dal suo pensiero ha fatto dal Nulla il<br />
Tutto. Vi può persuadere e soddisfare la favola dei sassi che si mutano in<br />
uomini? In verità vi sono uomini più duri e malvagi del sasso e sassi vi sono<br />
che sono più utili dell'uomo. Ma non ti è più dolce, Valeria, guardando questa<br />
tua piccolina pensare: '<strong>E'</strong> una vivente volontà di Dio, da Lui creata e formata,<br />
da Lui dotata di una seconda vita che non muore, di modo che io l'avrò ancora,<br />
la mia piccola Fausta, e per l'eternità, se credo nel Dio vero'; anziché dire:<br />
'Queste carni di rosa, questi capelli più sottili di filo di ragno, queste<br />
pupille serene vengono da un sasso'? Oppure dire: 'Io sono in tutto simile alla<br />
lupa o alla cavalla e brutalmente mi accoppio, brutalmente genero, brutalmente<br />
allevo, e questa figlia è frutto del mio istinto bruto, è un bruto pari a me, e<br />
domani, morta lei, morta io, saremo due carogne che si disciolgono in fetore e<br />
che mai più si rivedranno'? Dimmi! Il tuo cuore di madre che vorrebbe delle due<br />
ragioni?"<br />
"La seconda no certo, Signore! Se avessi saputo che Fausta non era cosa che per<br />
sempre poteva essere dissolta, il mio dolore, nella sua agonia, sarebbe stato<br />
meno spietato. Perché avrei detto: 'Ho smarrito una perla. Ma essa vi è ancora.<br />
Ed io la ritroverò."<br />
"Lo hai detto. Quando Io sono venuto verso di voi la vostra amica mi disse che<br />
si stupiva della vostra passione per i fiori. E temeva che ciò mi potesse<br />
urtare. Ma Io l'ho rassicurata dicendo: 'Io pure li amo, e perciò ci intenderemo<br />
veramente bene'. Ma voglio portarvi ad amare i fiori così come porto Valeria ad<br />
amare la sua creatura di cui, sono certo, avrà più grande cura ora che sa che ha<br />
l'anima, che è particella di Dio chiusa nella carne fattale da lei, mamma; una<br />
particella che non muore, e che la mamma ritroverà nel Cielo, se crederà nel Dio<br />
vero.<br />
Così voi. Guardate questa splendida rosa. La porpora che orna la veste imperiale<br />
è meno splendida di questo petalo, che non solo è gioia degli occhi per il<br />
colore ma è gioia del tatto per la sua morbidezza e dell'olfatto per il suo<br />
profumo. E guardate questa ancora, e questa, e questa. La prima è sangue<br />
sgorgato da un cuore, la seconda è neve testé caduta, la terza è pallido oro,<br />
l'ultima sembra fatta con questa dolce faccia infantile che mi sorride in<br />
grembo. Ancora: la prima è rigida su un grosso stelo quasi senza spine,<br />
rossastro nel fogliame come fosse spruzzato di sangue, la seconda ha rari uncini<br />
di spine e opache e pallide foglie lungo lo stelo, la terza è flessuosa come<br />
giunco ed ha un fogliame piccolo e lucido come una verde cera, l'ultima pare<br />
precluda la via ad ogni assalto alla rosea corolla tanto è cosparsa di spine.<br />
Sembra una lima dalle acutissime punte.<br />
Ora pensate. Chi ha fatto questo? Come? Quando? Dove? Che era questo luogo nella<br />
notte dei tempi? Nulla era. Era informe agitarsi di elementi. Uno, Dio, disse:<br />
'Voglio' e gli elementi si separarono riunendosi per famiglie. E un altro
'voglio' tuonò, e si ordinarono l'uno nell'altro: l'acqua fra le terre; l'uno<br />
sull'altro: l'aria e la luce sul pianeta composto. Ancora un 'voglio' e furono<br />
le piante. E poi furono le stelle, e poi gli animali, e poi l'uomo. E perché<br />
l'uomo avesse diletto, come splendidi balocchi al suo prediletto, Dio elargì i<br />
fiori, gli astri, e per ultimo gli donò la gioia di procreare non ciò che muore,<br />
ma ciò che sopravvive alla morte per il dono di Dio, che è l'anima. Queste rose<br />
sono altrettante volontà del Padre. <strong>L'</strong>infinita sua potenza si esplica in<br />
infinità di bellezze.<br />
Mi è inceppato il dire perché urta contro il bronzo serrato della vostra<br />
credenza. Ma spero che, per essere il primo incontro, ci si sia già un poco<br />
intesi. <strong>L'</strong>anima vostra lavori su quanto ho detto. Avete domande da fare? Fatele.<br />
Sono qui per chiarirle. Non è vergogna l'ignoranza. <strong>E'</strong> vergogna il persistere<br />
nell'ignoranza quando c'è chi è pronto a chiarire i dubbi."<br />
E Gesù, come fosse il più esperto dei papà, esce dal chiosco sorreggendo la<br />
piccolina che fa i primi passetti e che vuole andare verso uno zampillo che<br />
ondeggia al sole.<br />
Le dame restano dove sono parlottando tra loro. E Giovanna, combattuta fra due<br />
desideri, sta sulla soglia del chiosco...<br />
Infine Lidia si decide, e dietro di lei le altre, e va da Gesù che ride perché<br />
la piccola vuole afferrare lo spettro solare dell'acqua e non stringe che luce e<br />
insiste, insiste con tutto un pigolio di pulcino sulle labbruzze di rosa.<br />
"Maestro... io non ho capito perché Tu hai detto che i nostri maestri non<br />
possono avere forme di vita buona essendo atei. Credono ad un Olimpo. Ma<br />
credono..."<br />
"Non hanno più che l'esteriorità del credere. Finché hanno veramente creduto,<br />
come i veri saggi credettero a quell'Ignoto di cui ti ho detto, a quel Dio che<br />
soddisfaceva la loro anima anche se senza nome, anche inavvertitamente dal<br />
volere, finché hanno volto il loro pensiero a questo Ente, ben superiore, ben<br />
superiore ai poveri dèi pieni di umanità, e bassa umanità, che il paganesimo si<br />
è dati, hanno, necessariamente, specchiato un poco di Dio. <strong>L'</strong>anima è uno<br />
specchio che riflette e un'eco che riporta."<br />
"Cosa, Maestro?"<br />
"Dio."<br />
"<strong>E'</strong> grande parola!"<br />
"<strong>E'</strong> grande verità"<br />
Valeria, che è sedotta dal pensiero dell'immortalità, chiede: "Maestro, spiegami<br />
dove è l'anima della mia bambina. Bacerò quel posto come un sacrario e<br />
l'adorerò, perché è parte di Dio."<br />
"<strong>L'</strong>anima! <strong>E'</strong> come questa luce che la tua Faustina vuole stringere e non può<br />
perché è incorporea. Ma c'è. Io, tu, le tue amiche la vediamo. Ugualmente<br />
l'anima è visibile in tutto quanto differenzia l'uomo dal bruto. Quando la tua<br />
piccina ti dirà i primi suoi pensieri, pensa che quell'intelligenza è la sua<br />
anima che si disvela. Quando ti amerà non con l'istinto ma con la ragione, pensa<br />
che quell'amore è la sua anima. Quando ti crescerà al fianco bella, non tanto di<br />
corpo ma di virtù, pensa che quella bellezza è la sua anima. E non adorare<br />
l'anima, ma Dio Creatore della stessa, Dio che di ogni anima buona si vuole fare<br />
un trono."<br />
"Ma dove è questa cosa incorporea e sublime: nel cuore? nel cervello?"<br />
"<strong>E'</strong> nel tutto che è l'uomo. Vi contiene ed è in voi contenuta. Quando vi lascia<br />
siete cadaveri. Quando viene uccisa, da un delitto di uomo a se stesso, siete<br />
dannati, separati per sempre da Dio."<br />
"Tu dunque ammetti che il filosofo che ci disse 'immortali' aveva ragione benché<br />
pagano?" chiede Plautina.<br />
"Non lo ammetto. Faccio di più. Dico che ciò è articolo di fede. <strong>L'</strong>immortalità<br />
dell'anima, ossia l'immortalità della parte superiore dell'uomo è il mistero più<br />
certo e più consolante del credere. <strong>E'</strong> quello che ci assicura di dove veniamo,<br />
di dove andiamo, di chi siamo, e ci leva l'amaro di ogni separazione."<br />
Plautina pensa profondamente. Gesù l'osserva e tace. Infine chiede: "E Tu l'hai<br />
l'anima?"<br />
Gesù risponde: "Sicuramente".<br />
"Ma sei o non sei Dio?"<br />
"Sono Dio. Te l'ho detto. Ma ora ho preso natura di Uomo. E sai per quale<br />
motivo? Perché solo con questo mio sacrificio Io potevo risolvere i punti<br />
insuperabili della vostra ragione, e dopo aver abbattuto l'errore, liberando il
pensiero, potevo liberare anche l'anima da una schiavitù che per ora non ti<br />
posso spiegare. Perciò ho chiuso la Sapienza in un corpo, la Santità in un<br />
corpo. La Sapienza la spargo come seme sul terreno e polline ai venti, la<br />
Santità come da preziosa anfora infranta fluirà sul mondo nell'ora della Grazia<br />
e santificherà gli uomini. Allora il Dio ignoto sarà noto."<br />
"Ma Tu sei già noto. Chi pone in dubbio la tua potenza e la tua sapienza è<br />
malvagio o mentitore."<br />
"Noto sono. Ma questa non è che un'alba. Il meriggio sarà pieno della cognizione<br />
di Me."<br />
"Quale sarà il tuo meriggio? Un trionfo? Lo vedrò io?"<br />
"In verità sarà un trionfo. E tu vi sarai. Perché in te è nausea di ciò che sai<br />
e appetito di ciò che ignori. La tua anima ha fame."<br />
"<strong>E'</strong> vero! Ho fame di verità."<br />
"Io sono la Verità."<br />
"Concediti allora all'affamata."<br />
"Non hai che da venire alla mia mensa. La mia parola è pane di verità."<br />
"Ma che diranno i nostri dèi se li abbandoniamo? Non si vendicheranno su di<br />
noi?" chiede Lidia paurosa.<br />
"Donna, hai mai visto un mattino nebbioso? I prati si perdono sotto un vapore<br />
che li nasconde. Viene il sole e il vapore si dissolve, i prati splendono più<br />
belli. Così i vostri dèi, nebbia di povero pensiero umano che, ignorando Dio e<br />
avendo bisogno di credere, perché la fede è lo stato permanente e necessario<br />
dell'uomo, si è creato questo Olimpo, vera fola insussistente. Così i vostri dèi<br />
al sorgere del Sole, Iddio vero, nei vostri cuori, si dissolveranno senza poter<br />
nuocere. Perché essi non sono."<br />
"Bisognerà ascoltarti ancora... molto... Siamo assolutamente davanti all'ignoto.<br />
Tutto quanto Tu dici è nuovo."<br />
"Ma ti ripugna? Non lo puoi accettare?"<br />
Plautina risponde sicura: "No. Mi sento più orgogliosa di quel minimo che ora<br />
so, e che Cesare non sa, che del mio nome."<br />
"E allora persevera. Io vi lascio con la mia pace."<br />
"Ma come? Non resti, mio Signore?" Giovanna è desolata.<br />
"Non resto. Ho molto da fare..."<br />
"Oh! che ti volevo dire la mia pena!"<br />
Gesù, che si incammina, dopo l'ossequio delle romane, si volge e dice: "Vieni<br />
sino alla barca. Mi dirai il tuo affanno."<br />
E Giovanna va. E dice: "Cusa mi vuole mandare per qualche tempo a Gerusalemme, e<br />
io ne ho dolore. Lo fa perché non vuole che io sia più relegata, ora che sono<br />
sana..."<br />
"Anche tu ti crei nebbie inutili!". Gesù ha già un piede sulla barca. "Se<br />
pensassi che così potrai ospitarmi o seguirmi con più facilità, saresti contenta<br />
e diresti: "La Bontà ci ha pensato."<br />
"Oh!... è vero, mio Signore! Non avevo riflettuto."<br />
"Vedi dunque! Ubbidisci, da brava moglie. <strong>L'</strong>ubbidienza ti darà il premio di<br />
avermi per la prossima Pasqua e l'onore di aiutarmi ad evangelizzare le tue<br />
amiche. La pace sia sempre con te!"<br />
La barca si stacca e tutto ha fine.<br />
168. Aglae in casa di Maria a Nazareth.<br />
20 maggio 1945. Pentecoste.<br />
Maria lavora quieta ad una tela. <strong>E'</strong> sera, tutte le porte sono chiuse, una<br />
lucerna a tre becchi illumina la piccola stanza di Nazaret e specie la tavola<br />
presso cui è seduta la Vergine. La tela, forse un lenzuolo, ricade dal<br />
cassapanco e dai ginocchi fino a terra e Maria, vestita di azzurro cupo, pare<br />
emergere da un mucchio di neve. <strong>E'</strong> sola. Cuce lesta, col capo chino verso il suo<br />
lavoro, e il lume accende il sommo del suo capo con riflessi di pallido oro. Il<br />
resto del volto è in penombra.<br />
Nella stanza ben ordinata regna il massimo silenzio. Anche dalla via, deserta<br />
nella notte, non viene rumore. E dall'orto neppure. La pesante porta che dalla<br />
stanza dove Maria lavora, quella dove Ella è solita prendere i suoi pasti e
icevere gli amici, conduce all'orto, è chiusa e impedisce anche al rumore della<br />
fontanella che spiccia nella vasca di penetrare. <strong>E'</strong> proprio il silenzio più<br />
profondo. Vorrei sapere dove è il pensiero della Vergine mentre le sue mani<br />
lavorano leste...<br />
Un bussare discreto all'uscio che dà sulla via. Maria alza il capo, ascolta...<br />
<strong>E'</strong> stato così lieve il bussare che Maria deve pensare che è stato causato da<br />
qualche animale notturno o da un poco di vento che abbia scosso la porta, e<br />
torna a chinare la testa sul lavoro. Ma il busso si ripete più distinto. Maria<br />
si alza e va verso la porta. Chiede, prima di aprire: "Chi bussa?"<br />
Risponde una voce sottile: "Una donna. In nome di Gesù, pietà di me."<br />
Maria apre subito, tenendo sollevata la lampada per conoscere questa pellegrina.<br />
Vede un ammasso di stoffa, un viluppo da cui nulla traspare. Un povero viluppo<br />
che sta curvo in profondo inchino dicendo: "Ave! Domina!" E ripete ancora: "In<br />
nome di Gesù, pietà di me."<br />
"Entra e dimmi che vuoi. Io non ti conosco."<br />
"Nessuno e molti mi conoscono, Domina. Mi conosce il Vizio. E mi conosce la<br />
Santità. Ma ho bisogno che ora la Pietà mi apra le braccia. E la Pietà sei<br />
tu..." e piange.<br />
"Ma entra dunque... E dimmi... Hai detto abbastanza perché io comprenda che sei<br />
una infelice... Ma chi sei non lo so ancora. Il tuo nome, sorella..."<br />
"Oh! no! Non sorella! Io non ti posso essere sorella... Tu sei la Madre del<br />
Bene... io... io sono il Male... " e piange sempre più forte sotto il suo manto<br />
calato a nasconderla tutta.<br />
Maria posa la lucerna su un sedile, prende la mano della sconosciuta<br />
inginocchiata sulla soglia, la obbliga ad alzarsi.<br />
Maria non la conosce... io sì. <strong>E'</strong> la velata dell'Acqua Speciosa.<br />
Si alza, avvilita, tremante, scossa dal suo pianto, e ancora resiste ad entrare<br />
dicendo: "Sono pagana, Domina. Per voi ebrei: lordura, anche se fossi santa.<br />
Doppia lordura perché sono una meretrice."<br />
"Se vieni a me, se cerchi il Figlio mio attraverso me, non puoi più che essere<br />
un cuore che si pente. Questa casa accoglie chi ha nome Dolore" e la attira<br />
dentro, chiudendo la porta, rimettendo il lume sul tavolo, offrendole un sedile,<br />
dicendole." Parla."<br />
Ma la velata non vuole sedere; un poco curva, continua il suo pianto. Maria è<br />
davanti a lei dolce e maestosa. Attende, pregando, che il pianto si calmi. La<br />
vedo pregare con tutto il suo aspetto, per quanto nulla prenda in Lei forma di<br />
preghiera. Né le mani, che sempre tengono fra le sue la piccola mano della<br />
velata, né le labbra che sono chiuse.<br />
Infine il pianto si calma. La velata si asciuga il volto col suo velo e poi<br />
dice: "Eppure, non sono venuta da tanto lontano per rimanere ignota. <strong>E'</strong> l'ora<br />
della mia redenzione e mi devo denudare per... per mostrarti di quante piaghe è<br />
coperto il mio cuore. E... e tu sei una madre... e la sua Madre... Avrai dunque<br />
pietà di me."<br />
"Sì, figlia."<br />
"Oh! sì! Dimmi figlia!... Avevo una madre... e l'ho abbandonata... Mi hanno<br />
detto poi che è morta di dolore... Avevo un padre... mi ha maledetta... e dice a<br />
quelli della città: 'Non ho più figlia'... (il pianto riprende violento. Maria<br />
impallidisce di pena. Ma le pone una mano sul capo per confortarla). La velata<br />
riprende: "Non avrò più nessuno che mi chiami figlia!... Sì, così, carezzami<br />
così, come faceva la mamma mia... quando ero pura e buona... Lascia che io ti<br />
baci questa mano, e mi asciughi con essa il pianto. Il mio pianto solo non mi<br />
lava. Quanto ho pianto da quando ho capito!... Prima anche avevo pianto, perché<br />
è orrore essere soltanto una carne sfruttata, insultata dall'uomo. Ma erano<br />
pianti di bestia malmenata che odia e si rivolta a chi la tortura, e sporcavano<br />
sempre più perché... cambiavo padrone ma non cambiavo bestialità... Da otto mesi<br />
io piango... perché ho capito... Ho capito la mia miseria, il mio marciume. Ne<br />
sono coperta e satura e ne ho la nausea... Ma il mio pianto sempre più cosciente<br />
non mi lava ancora. Si mescola col mio marciume e non lo leva. Oh! Madre!<br />
Asciugami tu dal pianto, ed io sarò mondata in modo di poter avvicinare il mio<br />
Salvatore!"<br />
"Sì, figlia, sì. Siedi. Qui, con me. E parla con pace. Lascia tutto il tuo peso,<br />
qui, su questi miei ginocchi di Madre" e Maria si siede.<br />
Ma la velata le scivola ai piedi volendo parlarle così. Comincia piano: "Sono di<br />
Siracusa... Ho ventisei anni... Ero figlia di un intendente, direste voi, noi
diciamo del procuratore di un grande signore romano. Ero figlia unica. Vivevo<br />
felice. Abitavamo presso la marina nella villa bellissima di cui mio padre era<br />
intendente. Ogni tanto veniva il padrone della villa, o sua moglie, e i figli...<br />
Ci trattavano bene ed erano buoni con me. Le fanciulle giocavano con me... Mia<br />
mamma era felice... era orgogliosa di me. Ero bella... ero intelligente... tutto<br />
mi riusciva facile... Ma amavo più le cose frivole delle cose buone. A Siracusa<br />
vi è un grande teatro. Un grande teatro... Bello... vasto... Serve ai giuochi e<br />
alle commedie... Nelle commedie e tragedie che in esso si danno sono molto usate<br />
le mime. Esse sottolineano con le loro mute danze il significato del coro. Tu<br />
non sai... Ma anche con le mani, con le mosse del corpo possiamo esprimere i<br />
sentimenti dell'uomo agitato da qualche passione... Giovanetti e fanciulle<br />
vengono istruiti ad esser mimi in un'apposita palestra. Devono essere belli come<br />
dèi, agili come farfalle... A me piaceva molto andare su una specie d'altura da<br />
cui si dominava questo luogo e vedere le danze delle mime. E poi le rifacevo sui<br />
prati fioriti, sulle sabbie bionde della mia terra, nel giardino della villa.<br />
Parevo una statua d'arte, oppure un vento che trasvola, tanto sapevo fissarmi in<br />
pose statuarie o trasvolare quasi non toccando il suolo. Le mie ricche amiche mi<br />
ammiravano... e la mamma mia ne era orgogliosa..."<br />
La velata parla, ricorda, rivede, sogna il passato e piange. I singhiozzi sono<br />
le virgole del suo dire.<br />
"Un giorno... era maggio... tutta Siracusa era in fiore. Da poco erano finite le<br />
feste ed io ero rimasta entusiasta di una danza eseguita nel teatro.... Mi ci<br />
avevano portato, con le loro figlie, i padroni. Avevo quattordici anni... In<br />
quella danza le mime, che dovevano rappresentare le ninfe di primavera<br />
accorrenti ad adorare Cerere, danzavano incoronate di rose, vestite di rose...<br />
Di quelle sole, perché la veste era un velo leggerissimo, una rete di fili di<br />
ragno su cui erano sparse rose... Nella danza parevano alate Ebi tanto<br />
scorrevano leggere, gli splendidi corpi apparendo dalle scomposte sciarpe di<br />
velo fiorito che facevano ali dietro di loro... Studiai la danza... e un<br />
giorno... un giorno...".<br />
La velata piange ancor più forte... Poi si riprende.<br />
"Ero bella. Lo sono. Guarda." Sorge in piedi gettando rapida indietro il velo e<br />
lasciando ricadere il mantellone. E resto di stucco io, perché vedo emergere<br />
dalle stoffe respinte Aglae, bellissima pur nella dimessa veste, nella semplice<br />
acconciatura a trecce, senza gioielli, senza pompose stoffe, un vero fiore di<br />
carne, snello e pur perfetto, dal volto bellissimo, di un bruno pallido e dagli<br />
occhi di velluto ma pieni di fuoco.<br />
Si torna ad inginocchiare davanti a Maria: "Ero bella, per mia sventura. Ed ero<br />
folle. Quel giorno mi vestii di veli, mi aiutarono le fanciulle mie signore che<br />
amavano vedermi danzare... Mi vestii su un lembo di spiaggia bionda, in faccia<br />
all'azzurro mare. Sulla spiaggia, in quel luogo deserta, erano selvaggi fiori<br />
bianchi e gialli dal profumo acuto di mandorla, di vaniglia, di carne appena<br />
monda. Anche dagli agrumeti venivano ondate di profumo acuto, e odoravano i<br />
roseti siracusani, anche il mare, anche la rena odoravano; il sole traeva odore<br />
da tutte le cose... un che di panico che mi andava al capo. Mi sentivo ninfa io<br />
pure e adoravo... chi? La Terra feconda? Il Sole fecondatore? Non so. Pagana fra<br />
i pagani credo adorassi il Senso, il mio dispotico re che non sapevo di avere ma<br />
che era potente più di un dio... Mi incoronai delle rose prese nel giardino... e<br />
danzai... Ero ebbra di luce, di profumi, del piacere di essere giovane, agile e<br />
bella. Danzai... e fui vista. Vidi di essere guardata. Ma non mi vergognai di<br />
apparire nuda al cospetto di due occhi avidi di uomo. Anzi mi compiacqui di<br />
aumentare i miei voli... Il compiacimento di essere ammirata mi metteva<br />
veramente le ali... E fu la mia rovina. Tre giorni dopo rimasi sola perché i<br />
padroni erano partiti per tornare nella loro patrizia dimora di Roma. Ma non<br />
rimasi in casa... Quei due occhi ammiratori mi avevano svelato un'altra cosa<br />
oltre la danza... Mi avevano svelato il senso ed il sesso."<br />
Maria fa un atto di disgusto involontario che Aglae avverte. "Oh! ma tu sei<br />
pura! E forse ti ripugno..."<br />
"Parla, parla, figlia. Meglio a Maria che a Lui. Maria è mare che lava..."<br />
"Sì. Meglio a te. Me lo dissi io pure quando seppi che Egli aveva una madre...<br />
Perché prima, vedendolo tanto diverso da ogni uomo, l'unico tutto spirito - ora<br />
so che lo spirito c'è, e cosa è - prima non avrei potuto dire di che era fatto<br />
il tuo Figlio, così senza sensualità pur essendo uomo, e dentro di me pensavo<br />
non avesse madre, ma fosse sceso così, sulla terra, per salvare le orrende
miserie di cui io sono la più grande...<br />
Tutti i giorni tornai in quel luogo sperando di rivedere quell'uomo giovane,<br />
bruno, bello... E dopo qualche tempo lo rividi... Mi parlò. Mi disse: "Vieni con<br />
me a Roma. Ti porterò alla corte imperiale, sarai la perla di Roma". Dissi: "Sì.<br />
Sarò la tua moglie fedele. Vieni dal padre mio". Rise beffardo e mi baciò.<br />
Disse: "Non moglie. Ma tu dea ed io il tuo sacerdote che svelerò a te stessa i<br />
segreti della vita e del piacere". Ero folle, ero fanciulla. Ma per quanto<br />
fanciulla non ignoravo cosa è la vita... ero scaltra. Ero folle, ma non<br />
depravata ancora... e ne ebbi schifo della sua proposta. Gli sfuggii dalle<br />
braccia correndo a casa... Ma non parlai alla madre... e non seppi resistere al<br />
desiderio di rivederlo... I suoi baci mi avevano resa ancor più folle... E<br />
tornai... Non ero che appena tornata nella spiaggia solitaria che egli mi<br />
abbracciò baciandomi con frenesia, una pioggia di baci, di parole di amore, di<br />
domande: 'Non è tutto in questo amore? Non è più dolce di un legame? Che altro<br />
vuoi? Puoi vivere senza di questo?'<br />
Oh! Madre!... Fuggii la sera stessa con il lurido patrizio... e fui il cencio<br />
che si calpesta sotto la sua animalità... Non dea: fango. Non perla: sterco. Non<br />
mi si rivelò la vita, ma la lordura della vita, l'infamia, lo schifo, il dolore,<br />
la vergogna, l'infinita miseria di non essere più neanche mia... E poi... la<br />
caduta totale. Dopo sei mesi di orgia, stanco di me, egli passò a nuovi amori e<br />
fui della strada. Sfruttai la mia capacità di danzatrice... Sapevo ormai che mia<br />
madre era morta di dolore e che non avevo più casa, più padre... Mi accolse nel<br />
suo ginnasio un maestro di danze. Mi perfezionò... mi godette... e mi lanciò<br />
come un fiore esperto di ogni arte del senso in mezzo al corrotto patriziato di<br />
Roma. Il fiore, già sporco cadde in una cloaca. Sono dieci anni di discesa<br />
nell'abisso. Sempre più in basso. Poi fui portata qui per rallegrare gli ozi di<br />
Erode e qui venni presa dal nuovo padrone. Oh! non c'è cane tenuto a catena più<br />
cane incatenato di una di noi! E non c'è padrone di canizza più brutale<br />
dell'uomo che possiede una donna! Madre... tu tremi! Ti faccio orrore!"<br />
Maria si è portata la mano al cuore come ne avesse ferita. Ma risponde: "No. Non<br />
tu. Mi fa orrore il Male che è tanto signore sulla terra. Continua, povera<br />
creatura."<br />
"Mi portò ad Ebron... Ero libera? Ero ricca? Sì, poiché non ero nella carcere e<br />
poiché affogavo nei gioielli. No, perché non potevo vedere che chi egli voleva e<br />
non possedevo neppure più il diritto su me stessa.<br />
Un giorno è venuto ad Ebron un uomo: l'Uomo, tuo Figlio. Quella casa gli era<br />
cara. Lo seppi e lo invitai ad entrare. Sciammai non c'era... e dalla finestra<br />
io avevo già udito parole e visto un aspetto che mi avevano sconvolto il cuore.<br />
Ma ti giuro, o Madre, che non fu la carne quella che mi spinse al tuo Gesù. Fu<br />
quella cosa che Egli mi rivelò che mi spinse sulla soglia, sfidando i lazzi del<br />
volgo, per dirgli: 'Entra'. Fu l'anima che seppi allora di avere. Mi disse: 'Il<br />
mio Nome vuol dire: Salvatore. Salvo chi ha buona volontà di salvezza. Salvo<br />
insegnando ad essere puri, a volere il dolore ma l'onore, il Bene ad ogni costo.<br />
Io sono Colui che cerca i perduti, che dà la Vita. Io sono Purezza e Verità'. Mi<br />
disse che anche io avevo un'anima e che l'avevo uccisa col mio modo di vivere.<br />
Ma non mi maledì, non mi derise. E non mi guardò mai! Il primo uomo che non mi<br />
succhiò con lo sguardo avido, perché ho con me la tremenda maledizione di<br />
attirare l'uomo... Mi disse che chi lo cerca lo trova perché Egli è dove è<br />
bisogno di medico e di medicina. E se ne andò. Ma le sue parole erano qui. E non<br />
sono più uscite. Mi dicevo: 'Il suo Nome vuol dire Salvatore' come per<br />
cominciare a guarire. Mi erano rimaste le sue parole e i suoi amici pastori. E<br />
feci il primo passo dando obolo ad essi e chiedendo preghiera... E poi...<br />
fuggii...<br />
Oh! santa fuga questa! Fuggii il peccato in cerca del Salvatore. Andai cercando.<br />
Certa di trovarlo perché Egli me lo aveva promesso. Mi mandarono da un uomo di<br />
nome Giovanni come fosse Lui. Ma non era. Un ebreo mi indirizzò all'Acqua<br />
Speciosa. Vivevo vendendo il molto oro che avevo. Nei mesi che ero stata vagante<br />
avevo dovuto tener coperto il mio volto per non essere ripresa e perché,<br />
realmente, Aglae era sepolta sotto quel velo. Morta la antica Aglae. Vi era<br />
sotto la sua anima ferita e dissanguata che cercava il suo medico. Molte volte<br />
dovetti sfuggire al senso del maschio che mi perseguitava anche così annullata<br />
nella mia veste. Anche uno degli amici di tuo Figlio...<br />
All'Acqua Speciosa vivevo come una bestia, povera ma felice. E le rugiade e il<br />
fiume mi mondarono meno delle sue parole. Oh! non una si è persa! Una volta
perdonò ad un uomo assassino. Udii... e fui per dire: 'Perdona me pure'.<br />
Un'altra parlò dell'innocenza perduta... Oh! che pianto di rimpianto! Un'altra<br />
guarì un lebbroso... e fui per gridare: 'Monda me dal mio peccato...'. Un'altra<br />
guarì un folle, e romano era... e piansi... e mi fece dire che le patrie passano<br />
ma il Cielo resta. Una sera di tempesta mi accolse nella casa... e poi mi fece<br />
ospitare dal fattore... e da un bambino mi fece dire: 'Non piangere'... Oh! sua<br />
bontà! Oh! mia miseria! Tanto grandi ambedue che non osai portare la mia miseria<br />
ai suoi piedi... nonostante un dei suoi mi istruisse nella notte sulla infinita<br />
misericordia del tuo Figlio. E poi, insidiato da chi vedeva peccato nel<br />
desiderio di un'anima rinata, il mio Salvatore è partito... ed io l'ho atteso...<br />
Ma lo attendeva anche la vendetta di chi è ben ancora più indegno di me di<br />
guardarlo. Perché io ho peccato da pagana contro me stessa, mentre essi peccano,<br />
già conoscendo Dio, contro il Figlio di Dio... e mi hanno percossa... e più che<br />
con le pietre mi hanno ferita con l'accusa, e più che nella carne mi hanno<br />
ferita nella povera anima mia, potandola alla disperazione.<br />
Oh! lotta tremenda con me stessa! Lacera, sanguinante, ferita, febbrile, senza<br />
più il mio Medico, senza tetto, né pane, ho guardato indietro, avanti... Il<br />
passato mi diceva: 'Torna', il presente mi diceva: 'Ucciditi', il futuro mi<br />
diceva: 'Spera'. Ho sperato... Non mi sono uccisa. Lo farei se Egli mi cacciasse<br />
perché non voglio più essere ciò che ero!... Mi sono trascinata in un paese<br />
chiedendo ricovero... Ma sono stata riconosciuta. Come una bestia ho dovuto<br />
fuggire, qua, là, sempre inseguita, sempre schernita, sempre maledetta, perché<br />
volevo essere onesta e perché avevo deluso coloro che, col mio mezzo, volevano<br />
colpire tuo Figlio. Seguendo il fiume sono risalita fino alla Galilea e sono<br />
venuta qui... Tu non c'eri.... Sono andata a Cafarnao. Ne eri appena partita. Ma<br />
mi vide un vecchio. Uno dei suoi nemici, e mi ha fatto testo d'accusa per Lui,<br />
tuo Figlio, e poiché io piangevo senza reagire mi ha detto... mi ha detto...:<br />
'Tutto potrebbe cambiare per te se volessi essere mia amante e mia complice<br />
nell'accusare il Rabbi nazareno. Basta che tu dica, davanti ai miei amici, che<br />
Egli era il tuo amante...'. Sono fuggita come colui che vede aprirsi un<br />
cespuglio di fiori sotto lo snodarsi del serpe.<br />
Io ho compreso così che non posso più andare ai suoi piedi... e vengo ai tuoi.<br />
Ecco, calpestami, io sono fango. Ecco, scacciami, io sono la peccatrice. Ecco,<br />
dimmi il mio nome: meretrice. Tutto accetterò da te. Ma abbi pietà, tu, Madre.<br />
Prendi la mia povera anima sporca e portatala a Lui. Nelle tue mani è delitto<br />
mettere la mia lussuria. Ma solo lì sarà protetta dal mondo che la vuole, e<br />
diverrà penitenza. Dimmi come devo fare. Dimmi cosa devo fare. Dimmi quale mezzo<br />
devo usare per non essere più Aglae. Cosa devo mutilare in me? Cosa devo<br />
strappare da me per non essere più peccato, più seduzione, per non avere più a<br />
temere di me stessa e dell'uomo? Mi devo strappare gli occhi? Mi devo bruciare<br />
le labbra? Mi devo tagliare la lingua? Occhi, labbra, lingua mi hanno servito<br />
nel male. Non voglio più il male e sono disposta a punire me e loro col<br />
sacrificarli. O vuoi che mi strappi questi lombi avidi che mi hanno spinto ai<br />
pravi amori? Queste viscere insaziabili di cui temo sempre un risveglio? Dimmi,<br />
dimmi come si fa a dimenticarsi di essere femmine e come si fa a far dimenticare<br />
che si è femmine!"<br />
Maria è sconvolta. Piange, soffre, ma del suo dolore non sono segno che le<br />
lacrime che cadono sulla pentita.<br />
"Io voglio morire perdonata. Io voglio morire non ricordando altro che il<br />
Salvatore. Io voglio morire con la sua Sapienza a mia amica... e non posso più<br />
andargli vicino perché il mondo guata Lui e me per accusarci...". Aglae piange<br />
gettata del tutto a terra, come uno straccio.<br />
Maria si alza in piedi mormorando: "Come è difficile essere Redentori!" Affanna<br />
quasi.<br />
Aglae, che sente il mormorio e intuisce l'atto, geme: "Lo vedi? Lo vedi che<br />
anche tu hai ribrezzo? Ora me ne vado. <strong>E'</strong> finita per me!"<br />
"No, figlia. Non è finita. Ora per te ha inizio. Ascolta, povera anima. Non gemo<br />
per te. Ma per il mondo crudele. Non ti lascio andare, ma ti raccolgo, povera<br />
rondine sbattuta dalla bufera contro le mie pareti. Io ti porterò da Gesù ed<br />
Egli ti dirà la tua via di redenzione..."<br />
"Non spero più... Il mondo ha ragione. Non posso essere perdonata."<br />
"Dal mondo no. Ma da Dio sì. Lascia che io ti parli in nome del supremo Amore<br />
che mi ha dato un Figlio perché io lo doni al mondo. Mi ha tratto dalla beata<br />
ignoranza della mia verginità consacrata perché il mondo avesse il Perdono. Mi
ha tratto non sangue dal parto ma dal cuore col rivelarmi che la mia Creatura è<br />
la Gran Vittima. Guardami, figlia. In questo cuore è una grande ferita. Geme da<br />
trenta e più anni e sempre più si allarga e mi consuma. Sai che nome ha?"<br />
"Dolore".<br />
"No. Amore. <strong>E'</strong> amore questo che mi svena per fare che non sia solo il Figlio nel<br />
salvare. <strong>E'</strong> amore che mi dà fuoco perché io purifichi coloro che non osano<br />
andare al Figlio mio. <strong>E'</strong> amore che mi dà pianto perché io lavi i peccatori. Tu<br />
volevi la mia carezza. Ti do le mie lacrime che ti fanno già bianca per potere<br />
guardare il mio Signore. Non piangere così! Non sei la sola peccatrice che viene<br />
al Signore e ne parte redenta. Altre ce ne furono, altre ce ne saranno.<br />
Dubiti che Egli ti possa perdonare? Ma non vedi in ogni cosa che ti è avvenuta<br />
un misterioso volere della Bontà Divina? Chi ti ha condotta in Giudea? Chi nella<br />
casa di Giovanni? Chi ti mise alla finestra quella mattina? Chi ti accese una<br />
luce per illuminarti le sue parole? Chi ti diede la capacità di comprendere che<br />
la carità, unita alla preghiera del beneficato, ottengono aiuto divino? Chi ti<br />
diede la forza di fuggire dalla casa di Sciammai? Chi di perseverare nelle prime<br />
giornate fino al suo arrivo? Chi ti portò sulla sua via? Chi ti fece capace di<br />
vivere da penitente per mondare sempre più l'anima tua? Chi ti rese anima di<br />
martire, anima di credente, anima di perseverante, anima di pura?...<br />
Sì, non scuotere il capo. Credi tu che sia puro solo chi non ha conosciuto il<br />
senso? Credi tu che l'anima non possa tornare mai più vergine e bella? Oh!<br />
figlia! Ma fra la mia purezza che è tutta grazia del Signore e la tua eroica<br />
ascesa a ritroso verso la vetta della tua purezza perduta, credi che è più<br />
grande la tua. Tu la costruisci: contro il senso, il bisogno e l'abitudine. Per<br />
me è la dote naturale come il respiro. Tu devi stroncare il pensiero, gli<br />
affetti, la carne, per non ricordare, per non appetire, per non secondare. Io...<br />
oh! può mai una creaturina di poche ore desiderare la carne? E ne ha merito di<br />
non farlo? Così io. Io non so che sia questa tragica fame che ha fatto<br />
dell'umanità una vittima. Io non so altro che la santissima fame di Dio. Ma tu<br />
questa non la conoscevi e da te l'hai appresa. Ma tu l'altra, tragica ed<br />
orrenda, l'hai domata per amore di Dio, tuo unico amore ora. Sorridi, figlia<br />
della Misericordia divina! Mio Figlio fa in te ciò che ti ha detto in Ebron. Lo<br />
ha già fatto. Tu sei già salvata perché hai avuto la buona volontà di salvarti,<br />
perché hai appreso la purezza, il dolore, il Bene. <strong>L'</strong>anima è rinata. Sì. Ti<br />
occorre la sua parola per dirti in nome di Dio: 'Sei perdonata'. Io questo non<br />
lo posso dire. Ma ti do il mio bacio a promessa, a principio di perdono...<br />
O Spirito eterno, un poco di Te è sempre nella tua Maria! Lascia che Ella ti<br />
effonda, Spirito santificatore, sulla creatura che piange e spera. Per il nostro<br />
Figlio, o Dio d'amore, salva costei che da Dio attende salvezza. La Grazia, di<br />
cui disse l'Angelo che Dio mi ha colmata, si posi per un miracolo su costei e la<br />
sorregga sinché Gesù, il Salvatore benedetto, il supremo Sacerdote, l'assolverà<br />
nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito...<br />
<strong>E'</strong> notte, figlia. Sei stanca e lacera. Vieni. Riposa. Domani partirai... Ti<br />
manderò presso una famiglia di onesti. Perché qui troppi vengono ormai. E ti<br />
darò una veste in tutto simile alla mia. Sembrerai un'ebrea. E, poiché rivedrò<br />
mio Figlio solo in Giudea, perché la Pasqua si approssima e al novilunio di<br />
aprile saremo a Betania, parlerò allora di te. Vieni alla casa di Simone lo<br />
Zelote. Mi troverai e ti porterò a Lui."<br />
Aglae piange ancora. Ma ora con pace. Si è seduta per terra. Anche Maria si è<br />
tornata a sedere. E Aglae le posa la testa sui ginocchi e bacia la mano di<br />
Maria... Poi geme: "Mi riconosceranno..."<br />
"Oh! no. Non temere. Il tuo abito era ormai troppo noto. Ma io ti preparerò per<br />
questo tuo viaggio verso il Perdono e sarai come la vergine che va a nozze:<br />
diversa e ignota per la folla ignara del rito. Vieni. Ho una piccola camera<br />
presso la mia. Vi hanno alloggiato santi e pellegrini desiderosi di andare a<br />
Dio. Ospiterà anche te."<br />
Aglae fa per raccogliere il mantellone e il velo.<br />
"Lascia. Sono le vesti della povera Aglae sperduta. Essa non è più... e neppure<br />
più deve di lei rimanere la veste. Ha sentito troppo odio... e fa male l'odio<br />
quanto il peccato."<br />
Escono nell'orto oscuro, entrano nella cameretta di Giuseppe. Maria accende la<br />
lucernetta che è su una mensola, carezza ancora la pentita, chiude la porta e<br />
con la sua triplice fiammella si illumina per vedere dove portare il mantello<br />
sdrucito di Aglae acciò nessun visitatore domani lo veda.
169. Primo discorso della Montagna: la missione degli apostoli e dei<br />
discepoli.<br />
22 maggio 1945.<br />
Gesù va solo e svelto per una via maestra. Diretto verso un monte che è bene<br />
spiegare come è fatto, perché col grafico credo che non riuscirò. Il grafico è<br />
così: (disegno)<br />
Dunque questo monte, che si alza presso la via maestra che dal lago va ad ovest,<br />
dopo qualche tempo dà inizio di sé con una dolce e bassa elevazione che si<br />
prolunga per molto spazio, un pianoro da cui si vede tutto il lago con la città<br />
di Tiberiade verso il sud e le altre, meno belle, che salgono verso il nord. Poi<br />
il monte ha un altro balzo in altezza e sale con una salita piuttosto accentuata<br />
fino ad un picco, che poi si abbassa per rialzarsi di nuovo con un picco simile,<br />
in una bizzarra forma di sella.<br />
Gesù intraprende la salita al pianoro per una mulattiera ancora abbastanza bella<br />
e raggiunge un paesetto, i cui abitanti sono lavoratori di questa pianura<br />
soprelevata dove già il grano tende a spighire. Traversa il paese e procede fra<br />
campi e prati tutti sparsi di fiori e tutti fruscianti di messi. Il giorno è<br />
sereno e mostra tutte le bellezze della natura circostante.<br />
Oltre la solitaria montagnola, alla quale si dirige Gesù, vi è al nord la vetta<br />
imponente dell'Hermon, la cui sommità pare un'enorme perla posata su una base di<br />
smeraldi, tanto è candida la cima incappucciata di neve mentre è verde la<br />
pendice per i boschi che la coprono. Oltre il lago, ma fra questo e l'Hermon, la<br />
pianura verde dove è il lago di Meron, che però da qui non si vede, e poi altri<br />
monti che vanno verso il lago di Tiberiade nel lato nord occidentale e, oltre il<br />
lago, monti ancora, in lontananze che li ammorbidiscono, e altre dolci pianure.<br />
A sud, oltre la via maestra, le colline che credo celino Nazaret. Più si sale e<br />
più la vista spazia. Non vedo ciò che è a occidente perché il monte fa da<br />
parete.<br />
Gesù incontra per primo l'apostolo Filippo, che pare messo di sentinella in quel<br />
posto. "Come, Maestro? Tu qui? Ti attendevamo sulla via. Io sono qua ad<br />
attendere i compagni andati in cerca di latte presso dei pastori che pasturano<br />
su queste cime. In basso, alla via, è Simone con Giuda di Simone e con loro sono<br />
Isacco e... Oh! ecco. Venite! Venite! <strong>E'</strong> qui il Maestro!"<br />
Gli apostoli, che stanno scendendo con fiaschette e borracce, si danno a correre<br />
e i più giovani arrivano naturalmente per primi. La loro festa al Maestro è<br />
commovente. Infine si sono riuniti e mentre Gesù sorride, vogliono tutti<br />
parlare, raccontare...<br />
"Ma ti aspettavamo sulla via!"<br />
"Avevamo pensato che non venissi neppure per oggi."<br />
"C'è tanta gente, sai?"<br />
"Oh! ma eravamo molto impicciati perché ci sono scribi e persino dei discepoli<br />
di Gamaliele..."<br />
"Ma sì, Signore! Ci hai lasciato proprio sul momento buono! Non ho mai avuto<br />
tanta paura come in quel momento. Non me lo fare più uno scherzo così!"<br />
Pietro si lamenta e Gesù sorride e chiede: "Ma vi è accaduto del male?"<br />
"Oh! no! Anzi... Oh! mio Maestro! Ma non sai che Giovanni ha parlato?... Pareva<br />
che Tu parlassi in lui. Io... noi eravamo sbalorditi... Questo ragazzo, che solo<br />
un anno fa era capace solo di gettare la rete... oh!". Pietro è ancora ammirato<br />
e si scrolla il ridente Giovanni che tace. "Guardate se pare possibile che<br />
questo fanciullo abbia detto con questa bocca ridente quelle parole! Pareva<br />
Salomone."<br />
"Anche Simone ha parlato bene, mio Signore. <strong>E'</strong> stato proprio il 'capo' " dice<br />
Giovanni.<br />
"Sfido io! Mi ha preso e messo lì! Ma!... Dicono che ho parlato bene. Sarà. Io<br />
non lo so... perché tra lo stupore per le parole di Giovanni e la paura di<br />
parlare in mezzo a tanti e di farti fare una brutta figura, ero sbalordito..."<br />
"Di farmi fare? A Me? Ma eri tu che parlavi e la brutta figura l'avresti fatta<br />
tu, Simone" lo stuzzica Gesù.<br />
"Oh! per me... Non mi importava niente di me. Non volevo che ti schernissero<br />
come stolto per avere preso un ebete per tuo apostolo."<br />
Gesù sfavilla di gioia per l'umiltà e l'amore di Pietro. Ma non chiede che: "E<br />
gli altri?"
"Anche lo Zelote ha parlato bene. Ma lui... si sa. Questo è stato la sorpresa!<br />
Ma già, da quando siamo stati in orazione, il ragazzo pare sempre con l'anima in<br />
Cielo."<br />
"<strong>E'</strong> vero! <strong>E'</strong> vero!" Tutti confermano le parole di Pietro. E poi continuano a<br />
narrare.<br />
"E sai? Fra i discepoli ora ci sono due che, a detta di Giuda di Simone, sono<br />
molto importanti. Giuda si dà molto da fare. Eh! già! Lui conosce molti di<br />
quelli... in su, e li sa trattare. E gli piace parlare... Parla bene. Ma la<br />
gente preferisce sentire Simone, i tuoi fratelli e soprattutto questo ragazzo.<br />
Ieri un uomo mi ha detto: 'Parla bene quel giovane (era di Giuda che parlava) ma<br />
preferisco te a lui'. Oh! poveretto! Preferire me che non so dire quattro<br />
parole!... Ma perché sei venuto qui? Il luogo di incontro era sulla via, e là<br />
siamo stati."<br />
"Perché sapevo che vi avrei trovati qui. Ora udite. Scendete e dite agli altri<br />
di venire. Anche ai discepoli noti. E che la gente non venga per oggi. Voglio<br />
parlare a voi soli."<br />
"Allora è meglio attendere a sera. Quando ha inizio il tramonto la gente si<br />
sparge per le borgate vicine e torna al mattino attendendo Te. Se no... chi li<br />
tiene?"<br />
"Va bene. Fate così. Vi attendo là, sulla cima. La notte è ormai mite. Possiamo<br />
dormire anche all'aperto."<br />
"Dove vuoi, Maestro. Basta Tu sia con noi."<br />
I discepoli vanno e Gesù riprende a salire fino alla cima, che è quella già<br />
vista nella visione dello scorso anno per la fine del discorso del Monte e per<br />
il primo incontro con la Maddalena. Ancora più ampio è il panorama che si sta<br />
facendo acceso per il tramonto che si inizia.<br />
Gesù si siede su un masso e si raccoglie in meditazione. E così sta finché lo<br />
scalpiccio dei passi sul sentiero non lo fa avvertito che gli apostoli sono di<br />
ritorno. La sera si fa vicina. Ma su quell'altura ancora il sole persiste<br />
traendo odore da ogni erba e fioretto. Dei mughetti selvaggi odorano forte e gli<br />
alti steli dei narcisi scuotono le loro stelle e i loro bocci come per chiamare<br />
le rugiade.<br />
Gesù si alza in piedi e saluta col suo: "La pace sia con voi."<br />
Sono molti i discepoli che salgono con gli apostoli. Isacco li capitana col suo<br />
sorriso d'asceta sul volto sottile. Si affollano tutti intorno a Gesù che sta<br />
salutando particolarmente Giuda Iscariota e Simone lo Zelote.<br />
"Vi ho voluti tutti con Me, per stare per qualche ora con voi soli e per parlare<br />
a voi soli. Ho qualcosa da dirvi per prepararvi sempre più alla missione.<br />
Prendiamo il cibo e poi parleremo, e nel sonno l'anima continuerà ad assaporare<br />
la dottrina."<br />
Consumano la parca cena e poi si stringono a cerchio intorno Gesù seduto su un<br />
pietrone. Sono un centinaio circa, forse più, fra discepoli ed apostoli. Una<br />
corona di volti attenti che la fiamma di due fuochi rischiara bizzarramente.<br />
Gesù parla piano, gestendo pacato, col viso che pare più bianco, emergente come<br />
è dall'abito azzurro cupo e al raggio della luna novella che scende proprio dove<br />
è Lui, una piccola virgola di luna nel cielo, una lama di luce che carezza il<br />
Padrone del Cielo e della terra.<br />
"Vi ho voluti qui, in disparte, perché siete i miei amici. Vi ho chiamati dopo<br />
la prima prova fatta dai dodici, e per allargare il cerchio dei miei discepoli<br />
operanti e per udire da voi le prime reazioni dell'essere diretti da coloro che<br />
Io do a voi come miei continuatori. So che tutto è andato bene. Io sorreggevo<br />
con la preghiera le anime degli apostoli usciti dall'orazione con una forza<br />
nuova nella mente e nel cuore. Una forza che non viene da studio umano ma da<br />
completo abbandono in Dio.<br />
Coloro che più hanno dato sono coloro che più si sono dimenticati.<br />
Dimenticare se stessi è ardua cosa. <strong>L'</strong>uomo è fatto di ricordi, e quelli che più<br />
hanno voce sono i ricordi del proprio io. Bisogna distinguere fra l'io e l'io.<br />
Vi è lo spirituale io dato dall'anima che si ricorda di Dio e della sua origine<br />
da Dio, e vi è l'io inferiore della carne che si ricorda di mille esigenze che<br />
tutto abbracciano di se stessa e delle passioni e che - poiché sono tante voci<br />
da fare un coro - e che soverchiano, se lo spirito non è ben robusto, la voce<br />
solitaria dello spirito che ricorda la sua nobiltà di figlio di Dio. Perciò -<br />
meno che per questo ricordo santo che bisognerebbe sempre più aizzare e tenere<br />
vivo e forte - perciò per essere perfetti come discepoli bisogna sapere
dimenticare se stessi, in tutti i ricordi, le esigenze, le pavide riflessioni<br />
dell'io umano.<br />
In questa prima prova, fra i miei dodici, coloro che hanno più dato sono coloro<br />
che più si sono dimenticati. Dimenticati non solo per il loro passato, ma anche<br />
nella loro limitata personalità. Sono coloro che non si sono più ricordati di<br />
ciò che erano e si sono talmente fusi a Dio da non temere. Di nulla.<br />
Perché la sostenutezza di alcuni? Perché si sono ricordati dei loro scrupoli<br />
abituali, le loro abituali considerazioni, le loro abituali prevenzioni. Perché<br />
la laconicità di altri? Perché si sono ricordati le loro incapacità dottrinali e<br />
hanno temuto di fare brutte figure o di farmele fare. Perché le vistose<br />
esibizioni di altri ancora? Perché questi si sono ricordati le loro abituali<br />
superbie, i desideri di mettersi in vista, di essere applauditi, di emergere, di<br />
essere 'qualcosa'. Infine, perché l'improvviso svelarsi di altri in una<br />
rabbinica oratoria sicura, persuasiva, trionfale? Perché questi, e questi soli -<br />
così come quelli che fino allora umili e cercanti di passare inosservati e che<br />
al momento buono hanno saputo di colpo assumere la dignità di primato a loro<br />
conferita e non mai voluta esercitare per tema di troppo presumere - hanno<br />
saputo ricordarsi di Dio. Le prime tre categorie si sono ricordate dell'io<br />
inferiore. <strong>L'</strong>altra, la quarta, dell'io superiore, e non hanno temuto. Sentivano<br />
Dio con sé, Dio in sé, e non hanno temuto. Oh! santo ardimento che viene<br />
dell'essere con Dio!<br />
Or dunque ascoltate, e voi e voi, apostoli e discepoli. Voi apostoli avete già<br />
sentito questi concetti. Ma ora li capirete con più profondità. Voi discepoli<br />
non li avete ancora uditi o ne avete udito frammenti. E vi necessita di<br />
scolpirveli nel cuore. Perché Io sempre più vi userò, dato che sempre più cresce<br />
il gregge di Cristo. Perché il mondo sempre più vi assalirà, crescendo in esso i<br />
lupi contro Me Pastore e contro il mio gregge, ed Io voglio mettervi in mano le<br />
armi di difesa della Dottrina e del gregge mio. Quanto basta al gregge non basta<br />
a voi, piccoli pastori. Se è lecito alle pecore di commettere errori, brucando<br />
erbe che fanno amaro il sangue o folle il desiderio, non è lecito che voi<br />
commettiate gli stessi errori, portando molto gregge a rovina. Perché pensate<br />
che là dove è un pastore idolo periscono per veleno le pecore o per assalto dei<br />
lupi.<br />
Voi siete il sale della terra e la luce del mondo. Ma se falliste alla vostra<br />
missione diverreste un insipido e inutile sale. Nulla più potrebbe ridarvi<br />
sapore, posto che Dio non ve l'ha potuto dare, posto che avendolo avuto in dono<br />
voi lo avete dissalato lavandolo con le insipide e sporche acque dell'umanità,<br />
addolcendolo con il corrotto dolciore del senso, mescolando al puro sale di Dio<br />
detriti e detriti di superbia, avarizia, gola, lussuria, ira, accidia, di modo<br />
che risulta un granello di sale ogni sette volte sette granelli di ogni singolo<br />
vizio. Il vostro sale allora non è che una mescolanza di pietre in cui si sperde<br />
il misero granello sperduto, di pietre che stridono sotto il dente, che lasciano<br />
in bocca sapore di terra e fanno ripugnante e sgradito il cibo. Neppur più per<br />
usi inferiori è buono, ché farebbe nocumento anche alle missioni umane un sapere<br />
infuso nei sette vizi. E allora il sale non serve che ad essere sparso e<br />
calpestato sotto i piedi incuranti del popolo. Quanto, quanto popolo potrà<br />
calpestare così gli uomini di Dio! Perché questi vocati avranno permesso al<br />
popolo di calpestarli incurante, dato che non sono più sostanza al quale si<br />
accorre per avere sapore di elette, di celesti cose, ma saranno unicamente<br />
detriti.<br />
Voi siete la luce del mondo. Voi siete come questo culmine che fu l'ultimo a<br />
perdere il sole ed è il primo a inargentarsi di luna. Chi è posto in alto brilla<br />
ed è visto perché l'occhio anche più svagato si posa qualche volta sulle alture.<br />
Direi che l'occhio materiale, che viene detto specchio dell'anima, riflette<br />
l'anelito dell'anima, l'anelito inavvertito spesso ma sempre vivente finché<br />
l'uomo non è un demone, l'anelito dell'alto, dell'alto dove la istintiva ragione<br />
colloca l'Altissimo. E cercando i Cieli alza, almeno qualche volta nella vita,<br />
l'occhio alle altezze.<br />
Vi prego di ricordarvi di ciò che facciamo tutti, fin dalla fanciullezza,<br />
entrando in Gerusalemme. Dove corrono gli sguardi? Al monte Moria, incoronato<br />
dal trionfo di marmo e oro del Tempio. E che, quando siamo nel recinto dello<br />
stesso? Di guardare le cupole preziose che splendono al sole. Quanto bello è nel<br />
sacro recinto, sparso nei suoi atrii, nei suoi portici e cortili! Ma l'occhio<br />
corre lassù. Ancora vi prego ricordarvi di quando si è in cammino. Dove va il
nostro occhio, quasi per dimenticare la lunghezza del cammino, la monotonia, la<br />
stanchezza, il calore, o il fango? Alle cime, anche se piccole, anche se<br />
lontane. E con che sollievo le vediamo apparire se siamo in una pianura piatta e<br />
uniforme! Qui è fango? Là è nitore. Qui è afa? Là è frescura. Qui è limitazione<br />
all'occhio? Là è ampiezza. E solo a guardarle ci sembra meno caldo il giorno,<br />
meno viscido il fango, meno triste l'andare. Se poi una città splende in cima al<br />
monte, ecco che allora non vi è occhio che non l'ammiri. Si direbbe che anche un<br />
luogo da poco si abbellisce si posa, quasi aereo, sul culmine di una montagna.<br />
Ed è per questo che nella vera e nelle false religioni, sol che si sia potuto,<br />
si sono posti i templi in alto e, se un colle od un monte non c'era, si è fatto<br />
ad essi un piedistallo di pietre, costruendo a fatica di braccia l'elevazione su<br />
cui posare il tempio. Perché si fa questo? Perché si vuole che il tempio sia<br />
visto per richiamare con la sua vista il pensiero a Dio.<br />
Ugualmente ho detto che voi siete una luce. Chi accende un lume a sera in una<br />
casa dove lo mette? Nel buco sotto il forno? Nella caverna che fa da cantina? O<br />
chiuso dentro un cassapanco? O anche semplicemente e solamente lo si opprime col<br />
moggio? No. Perché allora sarebbe inutile accenderlo. Ma si pone il lume<br />
sull'alto di una mensola, o lo si appende al suo portalume perché essendo alto<br />
rischiari tutta la stanza e illumini tutti gli abitanti in essa. Ma appunto<br />
perché ciò che è posto in alto ha incarico di ricordare Iddio e di fare luce,<br />
deve essere all'altezza del suo compito.<br />
Voi dovete ricordare il Dio vero. Fate allora di non avere in voi il paganesimo<br />
settemplice. Altrimenti diverreste alti luoghi profani con boschetti sacri a<br />
questo o quel dio, e trascinereste nel vostro paganesimo coloro che vi guardano<br />
come templi di Dio. Voi dovete portare la luce di Dio. Un lucignolo sporco, un<br />
lucignolo non nutrito di olio, fuma e non fa luce, puzza e non illumina. Una<br />
lampada nascosta dietro un quarzo sudicio non crea la leggiadria splendida, non<br />
crea il fulgido giuoco della luce sul lucido minerale. Ma langue dietro il velo<br />
di nero fumo che fa opaco il diamantifero riparo.<br />
La luce di Dio splende là dove è solerte la volontà a pulire giornalmente dalle<br />
scorie che lo stesso lavoro, coi suoi contatti, e reazioni, e delusioni,<br />
produce. La luce di Dio splende là dove il lucignolo è immerso in abbondante<br />
liquido di orazione e di carità. La luce di Dio si moltiplica in infiniti<br />
splendori, quante sono le perfezioni di Dio delle quali ognuna suscita nel santo<br />
una virtù esercitata eroicamente, se il servo di Dio tiene netto il quarzo<br />
inattaccabile della sua anima dal nero fumo di ogni fumigante mala passione.<br />
Inattaccabile quarzo. Inattaccabile! (Gesù tuona in questa chiusa e la voce<br />
rimbomba nell'anfiteatro naturale).<br />
Solo Dio ha il diritto e il potere di rigare quel cristallo, di scriverci sopra<br />
col diamante del suo volere il suo santissimo Nome. Allora quel Nome diviene<br />
ornamento che segna un più vivo sfaccettare di soprannaturali bellezze sul<br />
quarzo purissimo. Ma se lo stolto servo del Signore, perdendo il controllo di sé<br />
e la vista della sua missione, tutta ed unicamente soprannaturale, si lascia<br />
incidere falsi ornamenti, sgraffi e non incisioni, misteriose e sataniche cifre<br />
fatte dall'artiglio di fuoco di Satana, allora no, che la lampada mirabile non<br />
splende più bella e sempre integra, ma si crepa e rovina, soffocando sotto i<br />
detriti del cristallo scheggiato la fiamma, o se non si crepa fa un groviglio di<br />
segni di inequivocabile natura nei quali si deposita la fuliggine e si insinua e<br />
corrompe.<br />
Guai, tre volte guai ai pastori che perdono la carità, che si rifiutano di<br />
ascendere giorno per giorno per portare in alto il gregge che attende la loro<br />
ascesi per ascendere. Io li percuoterò abbattendoli dal loro posto e spegnendo<br />
del tutto il loro fumo.<br />
Guai, tre volte guai ai maestri che ripudiano la Sapienza per saturarsi di<br />
scienza sovente contraria, sempre superba, talora satanica, perché li fa uomini,<br />
mentre - udite e ritenete - mentre se ogni uomo ha destino di divenire simile a<br />
Dio, con la santificazione che fa dell'uomo un figlio di Dio, il maestro, il<br />
sacerdote ne dovrebbe avere già l'aspetto sulla terra, e questo solo, di figlio<br />
di Dio. Di creatura tutt'anima e perfezione dovrebbe avere aspetto. Dovrebbe<br />
avere, per aspirare a Dio i suoi discepoli. Anatema ai maestri di soprannaturale<br />
dottrina che divengono idoli di umano sapere.<br />
Guai, sette volte guai ai morti allo spirito fra i miei sacerdoti, a quelli<br />
che col loro insapore, col loro tepore di carne mal viva, col loro sonno pieno<br />
di allucinate apparizioni di tutto ciò che è fuorché Dio uno e trino, pieno di
calcoli di tutto ciò che è fuorché soprumano desiderio di aumentare le ricchezze<br />
dei cuori e di Dio, vivono umani, meschini, torpidi, trascinando nelle loro<br />
acque morte quelli che li seguono credendoli 'vita'. Maledizione di Dio sui<br />
corruttori del mio piccolo, amato gregge. Non a coloro che periscono per ignavia<br />
vostra, o inadempienti servi del Signore, ma a voi, di ogni ora e di ogni tempo,<br />
e per ogni conseguenza, Io chiederò ragione e vorrò punizione.<br />
Ricordatevi queste parole. Ed ora andate. Io salgo sulla cima. Voi dormite pure.<br />
Domani, per il gregge, il Pastore aprirà i pascoli della Verità."<br />
170. Secondo discorso delle Montagna:<br />
il dono della Grazia e le beatitudini.<br />
24 maggio 1945.<br />
Gesù parla agli apostoli mettendoli ognuno al loro posto per dirigere e<br />
sorvegliare la folla, che sale fin dalle prime ore del mattino con malati<br />
portati a braccio o in barella o trascinantisi sulle grucce. Fra la gente è<br />
Stefano e Erma.<br />
<strong>L'</strong>aria è tersa e un poco freschetta, ma il sole tempera presto questo frizzare<br />
di aria montanina che, rendendo mite il sole, se ne avvantaggia però, facendosi<br />
di una purezza fresca ma non rigida.<br />
La gente si siede sui sassi e pietroni che sono sparsi nella valletta tra le due<br />
cime, altri attendono che il sole asciughi l'erba rugiadosa per sedersi sul<br />
suolo. <strong>E'</strong> molta la gente e di tutte le plaghe palestinesi e tutte le condizioni.<br />
Gli apostoli si sperdono nella moltitudine ma, come api che vanno e vengono dai<br />
prati all'alveare, ogni tanto tornano presso il Maestro per riferire, per<br />
chiedere, per il piacere di essere guardati da vicino dal Maestro.<br />
Gesù sale un poco più in alto del prato che è il fondo della valletta,<br />
addossandosi alla parete, e inizia a parlare.<br />
"Molti mi hanno chiesto, durante un'annata di predicazione: 'Ma Tu, che ti dici<br />
il Figlio di Dio, dicci cosa è il Cielo, cosa il Regno, cosa è Dio. Perché noi<br />
abbiamo idee confuse. Sappiamo che vi è il Cielo con Dio e con gli angeli. Ma<br />
nessuno è mai venuto a dirci come è, essendo chiuso ai giusti'.<br />
Mi hanno chiesto anche cosa è il Regno e cosa è Dio. Ed Io mi sono sforzato di<br />
spiegarvi cosa è il Regno e cosa è Dio. Sforzato non perché mi fosse difficile a<br />
spiegarmi, ma perché è difficile, per un complesso di cose, farvi accettare la<br />
verità che urta, per quanto è il Regno, contro tutto un edificio di idee venute<br />
nei secoli e, per quanto è Dio, contro la sublimità della sua Natura.<br />
Altri ancora mi hanno chiesto: 'Va bene. Questo è il Regno e questo è Dio. Ma<br />
come si conquistano questo e quello?' Anche qui Io ho cercato di spiegarvi,<br />
senza stanchezze, l'anima vera della Legge del Sinai. Chi fa sua quell'anima fa<br />
suo il Cielo. Ma per spiegarvi la Legge del Sinai bisogna anche far sentire il<br />
tuono forte del Legislatore e del suo Profeta, i quali, se promettono<br />
benedizioni agli osservanti, minacciano tremende pene e maledizioni ai<br />
disubbidienti. La epifania del Sinai fu tremenda e la sua terribilità si<br />
riflette in tutta la Legge, si riflette su tutti i secoli, si riflette su tutte<br />
le anime.<br />
Ma Dio non è solo Legislatore. Dio è Padre. E Padre di immensa bontà.<br />
Forse, e senza forse, le vostre anime, indebolite dal peccato d'origine, dalle<br />
passioni, dai peccati, da molti egoismi vostri e altrui - facendovi gli altrui<br />
un'anima irritata, i vostri un'anima chiusa - non possono elevarsi a contemplare<br />
le infinite perfezioni di Dio, meno di ogni altra bontà, perché è la virtù che<br />
con l'amore è meno dote dei mortali. La bontà! Oh! dolce essere buoni, senza<br />
odio, senza invidie, senza superbie! Avere occhi che solo guardano per amare, e<br />
mani che si tendono a gesto d'amore, e labbra che non profferiscono che parole<br />
d'amore, e cuore, cuore soprattutto che colmo unicamente d'amore sforza occhi,<br />
mani e labbra ad atti d'amore!<br />
I più dotti fra voi sanno di quali doni Dio aveva fatto ricco Adamo, per sé e<br />
per i suoi discendenti. Anche i più ignoranti fra i figli d'Israele sanno che in<br />
noi vi è lo spirito. Solo i poveri pagani lo ignorano questo ospite regale,<br />
questo soffio vitale, questa luce celeste che santifica e vivifica il nostro<br />
corpo. Ma i più dotti sanno quali doni erano stati dati all'uomo, allo spirito<br />
dell'uomo.<br />
Non fu meno munifico allo spirito che alla carne e al sangue della creatura da
Lui fatta con poco fango e col suo alito. E come dette i doni naturali di<br />
bellezza e integrità, di intelligenza e di volontà, di capacità di amarsi e di<br />
amare, così dette i doni morali con la soggezione del senso alla ragione, di<br />
modo che nella libertà e padronanza di sé e della propria volontà, di cui Dio<br />
aveva beneficato Adamo, non si insinuava la malvagia prigionia dei sensi e delle<br />
passioni, ma libero era l'amarsi, libero il volere, libero il godere in<br />
giustizia, senza quello che fa schiavi voi facendovi sentire il mordente di<br />
questo veleno che Satana sparse e che rigurgita, portandovi fuor dell'alveo<br />
limpido su campi fangosi, in putrefacenti stagni, dove fermentano le febbri dei<br />
sensi carnali e dei sensi morali. Perché sappiate che è senso anche la<br />
concupiscenza del pensiero. Ed ebbero doni soprannaturali, ossia la Grazia<br />
santificante, il destino superiore, la visione di Dio.<br />
La Grazia santificante: la vita dell'anima. Quella spiritualissima cosa deposta<br />
nella spirituale anima nostra. La Grazia che ci fa figli di Dio perché ci<br />
preserva dalla morte del peccato, e chi morto non è 'vive' nella casa del Padre:<br />
il Paradiso; nel regno mio: il Cielo. Cosa è questa Grazia che santifica e che<br />
dà Vita e Regno? Oh! non usate molte parole! La Grazia è amore. La Grazia è,<br />
perciò, Dio. <strong>E'</strong> Dio che ammirando Se stesso nella creatura creata perfetta si<br />
ama, si contempla, si desidera, si dà ciò che è suo per moltiplicare questo suo<br />
avere, per bearsi di questo moltiplicarsi, per amarsi per quanti sono altri Se<br />
stesso .<br />
Oh! figli! Non defraudate Dio di questo suo diritto! Non derubate Dio di questo<br />
suo avere! Non deludete Dio in questo suo desiderio! Pensate che Egli opera per<br />
amore. Se anche voi non foste, Egli sempre sarebbe l'Infinito, né sarebbe<br />
sminuita la sua potenza. Ma Egli, pur essendo completo nella sua misura<br />
infinita, immisurabile, vuole non per Sé e in Sé - non lo potrebbe perché è già<br />
l'Infinito - ma per il Creato, sua creatura, Egli vuole aumentare l'amore per<br />
quanto esso Creato di creature contiene, onde vi dà la Grazia: l'Amore, perché<br />
voi in voi lo portiate alla perfezione dei santi, e riversiate questo tesoro,<br />
tratto dal tesoro che Dio vi ha dato con la sua Grazia e aumentato di tutte le<br />
vostre opere sante, di tutta la vostra vita eroica di santi, nell'Oceano<br />
infinito dove Dio è: nel Cielo.<br />
Divine, divine, divine cisterne dell'Amore! Voi siete, né vi è data al vostro<br />
essere morte, perché siete eterne come Dio, dio essendo. Voi sarete, né vi sarà<br />
data al vostro essere termine, perché immortali come gli spiriti santi che vi<br />
hanno supernutrite, tornando in voi arricchiti dei propri meriti. Voi vivete e<br />
nutrite, voi vivete e arricchite, voi vivete e formate quella santissima cosa<br />
che è la Comunione degli spiriti, da Dio, Spirito perfettissimo, al piccolo<br />
pargolo testé nato, che poppa per la prima volta il materno seno.<br />
Non criticatemi in cuor vostro, o dotti! Non dite: 'Costui è folle, Costui è<br />
menzognero! Perché come folle parla dicendo la Grazia in noi, privi di essa per<br />
la Colpa. Perché mente dicendoci già uni con Dio'. Sì, la Colpa è; sì, la<br />
separazione è. Ma davanti al potere del Redentore, la Colpa, separazione crudele<br />
sorta fra il Padre e i figli, crollerà come muraglia scossa dal nuovo Sansone;<br />
già Io l'ho afferrata e la scrollo ed essa vacilla, e Satana trema d'ira e di<br />
impotenza non potendo nulla contro il mio potere e sentendosi strappare tanta<br />
preda e farsi più difficile trascinare l'uomo al peccato. Perché quando Io vi<br />
avrò, attraverso di Me, portato al Padre mio, e nel filtrare dal mio Sangue e<br />
dal mio dolore voi sarete divenuti mondi e forti, tornerà viva, desta, potente<br />
la Grazia in voi, e voi sarete i trionfatori, se lo vorrete.<br />
Non vi violenta Iddio nel pensiero e neppure nella santificazione. Voi siete<br />
liberi. Ma vi rende la forza. Vi rende la libertà sull'impero di Satana. A voi<br />
riporvi il giogo infernale o mettere all'anima le ali angeliche. Tutto a voi,<br />
con Me a fratello per guidarvi e nutrirvi del cibo immortale.<br />
'Come si conquista Iddio e il suo Regno attraverso altra più dolce via che non<br />
la severa del Sinai?' voi dite.<br />
Non vi è altra via. Quella è. Ma però guardiamola non attraverso il colore della<br />
minaccia, ma attraverso il colore dell'amore. Non diciamo: 'Guai se non farò<br />
questo!' rimanendo tremanti in attesa di peccare, di non essere capaci di non<br />
peccare. Ma diciamo. 'Beato me se farò questo!' e con slancio di soprannaturale<br />
gioia, giubilando, lanciamoci verso queste beatitudini, nate dall'osservanza<br />
della Legge come corolle di rose da un cespuglio di spine.<br />
'Beato me se sarò povero di spirito perché mio allora è il Regno dei Cieli!<br />
Beato me se sarò mansueto perché erediterò la Terra!
Beato me se sarò capace di piangere senza ribellione perché sarò consolato!<br />
Beato me se più del pane e del vino per saziare la carne avrò fame e sete di<br />
giustizia. La Giustizia mi sazierà!<br />
Beato me se sarò misericordioso perché mi sarà usata divina misericordia!<br />
Beato me se sarò puro di cuore perché Dio si piegherà sul mio cuore puro ed io<br />
lo vedrò!<br />
Beato me se avrò spirito di pace perché sarò da Dio chiamato suo figlio, perché<br />
nella pace è l'amore, e Dio è Amore che ama chi è simile a Lui!<br />
Beato me se per fedeltà alla giustizia sarò perseguitato, perché a compensarmi<br />
delle terrene persecuzioni Dio, mio Padre, mi darà il Regno dei Cieli!<br />
Beato me se sarò oltraggiato e accusato bugiardamente per saper essere tuo<br />
figlio, o Dio! Non desolazione ma gioia mi deve venire da questo, perché questo<br />
mi uguaglia ai tuoi servi migliori, ai Profeti, per la stessa ragione<br />
perseguitati, e coi quali io credo fermamente di condividere la stessa<br />
ricompensa grande, eterna, nel Cielo che è mio!'<br />
Guardiamo così la via della salute. Attraverso la gioia dei santi.<br />
'Beato me sarò povero di spirito'<br />
Oh! delle ricchezze, arsura satanica, a quanti deliri tu porti! Nei ricchi, nei<br />
poveri. Il ricco che vive per il suo oro: l'idolo infame del suo spirito<br />
rovinato. Il povero che vive dell'odio al ricco perché egli ha l'oro, e se anche<br />
non fa materiale omicidio lancia i suoi anatemi sul capo dei ricchi, desiderando<br />
loro male d'ogni sorta. Il male non basta non farlo, bisogna anche non<br />
desiderare di farlo. Colui che maledice augurando sciagure e morti non è molto<br />
dissimile da colui che materialmente uccide, poiché ha in lui il desiderio di<br />
veder perire colui che odia. In verità vi dico che il desiderio non è che un<br />
atto trattenuto, come un concepito da ventre già formato ma non ancora espulso.<br />
Il desiderio malvagio avvelena e guasta, poiché permane più a lungo dell'atto<br />
violento, più in profondità dell'atto stesso.<br />
Il povero di spirito se è ricco non pecca per l'oro, ma del suo oro fa la sua<br />
santificazione perché ne fa amore. Amato e benedetto, egli è simile a quelle<br />
sorgive che salvano nei deserti e che si danno, senza avarizia, liete di potersi<br />
dare per sollevare le disperazioni. Se è povero, è lieto nella sua povertà, e<br />
mangia il suo pane dolce della ilarità del libero dall'arsione dell'oro, e dorme<br />
il suo sonno scevro da incubi, e sorge riposato al suo sereno lavoro che pare<br />
sempre leggero se viene fatto senza avidità e invidia.<br />
Le cose che fanno ricco l'uomo sono l'oro come materia, gli affetti come morale.<br />
Nell'oro sono comprese non solo le monete ma anche le case, i campi, i gioielli,<br />
i mobili, le mandre, tutto quanto insomma fa materialmente doviziosa la vita.<br />
Nelle affezioni: i legami di sangue o di coniugio, le amicizie, le dovizie<br />
intellettuali, le cariche pubbliche. Come vedete, se per la prima categoria il<br />
povero può dire: 'Oh! per me! Basta che io non invidi chi ha e poi sono a posto<br />
perché io sono povero e perciò a posto per forza', per la seconda anche il<br />
povero ha da sorvegliarsi, potendo, anche il più miserabile tra gli uomini,<br />
divenire peccaminosamente ricco di spirito. Colui che si affeziona<br />
smoderatamente ad una cosa, ecco che pecca.<br />
Voi direte: 'Ma allora dobbiamo odiare il bene che Dio ci ha concesso? Ma allora<br />
perché comanda di amare il padre e la madre, la sposa, i figli, e dice: 'Amerai<br />
il prossimo tuo come te stesso?' '<br />
Distinguete. Amare dobbiamo il padre e la madre e la sposa e il prossimo, ma<br />
nella misura che Dio ha dato: 'come noi stessi'. Mentre Dio va amato sopra ogni<br />
cosa e con tutti noi stessi. Non amare Dio come amiamo fra il prossimo i più<br />
cari, questa perché ci ha allattato, l'altra perché dorme sul nostro petto e ci<br />
procrea i figli, ma amarlo con tutti noi stessi, ossia con tutta la capacità di<br />
amare che è nell'uomo: amore di figlio, amore di sposo, amore di amico e, oh!<br />
non vi scandalizzate! e amore di padre. Sì, per l'interesse di Dio dobbiamo<br />
avere la stessa cura che un padre ha per la sua prole, per la quale con amore<br />
tutela le sostanze e le accresce, e si occupa e preoccupa della sua crescita<br />
fisica e culturale e della sua riuscita nel mondo.<br />
<strong>L'</strong>amore non è un male e non lo deve divenire. Le grazie che Dio ci concede non<br />
sono un male e non lo devono divenire. Amore sono. Per amore sono date. Occorre<br />
con amore usarne di queste ricchezze che Dio ci concede in affetti e in bene. E<br />
solo chi non se ne fa degli idoli ma dei mezzi per servire in santità Dio,<br />
mostra di non avere un attaccamento peccaminoso ad esse. Pratica allora la santa<br />
povertà dello spirito, che di tutto si spoglia per essere più libero di
conquistare Iddio santo, suprema Ricchezza. Conquistare Dio, ossia avere il<br />
Regno dei Cieli.<br />
'Beato me se sarò mansueto'<br />
Ciò può parere in contrasto con gli esempi della vita giornaliera. I non<br />
mansueti sembrano trionfare nelle famiglie, nelle città, nelle nazioni. Ma è<br />
vero trionfo? No. <strong>E'</strong> paura che tiene apparentemente proni i soverchiati dal<br />
despota, ma che in realtà non è che velo messo sul ribollire di ribellione<br />
contro il tiranno. Non possiedono i cuori dei famigliari, né dei concittadini,<br />
né dei sudditi, coloro che sono iracondi e prepotenti. Non piegano intelletti e<br />
spiriti alle loro dottrine quei maestri dell' 'ho detto e ho detto'. Ma solo<br />
creano degli autodidatti, dei ricercatori di una chiave atta ad aprire le porte<br />
chiuse di una sapienza o di una scienza che essi sentono essere e che è opposta<br />
a quella che viene loro imposta.<br />
Non portano a Dio quei sacerdoti che non vanno alla conquista degli spiriti con<br />
dolcezza paziente, umile, amorosa, ma sembrano guerrieri armati che si lancino<br />
ad un assalto feroce tanto marciano con irruenza e intransigenza contro le<br />
anime... Oh! povere anime! Se fossero sante non avrebbero bisogno di voi,<br />
sacerdoti, per raggiungere la Luce. <strong>L'</strong>avrebbero già in sé. Se fossero giusti non<br />
avrebbero bisogno di voi giudici per essere tenuti nel freno della giustizia,<br />
l'avrebbero già in sé. Se fossero sani non avrebbero bisogno di chi cura. Siate<br />
dunque mansueti. Non mettete in fuga le anime. Attiratele con l'amore. Perché la<br />
mansuetudine è amore, così come lo è la povertà di spirito.<br />
Se tali sarete erediterete la Terra e porterete a Dio questo luogo, già prima di<br />
Satana, perché la vostra mansuetudine, che oltre che amore è umiltà, avrà vinto<br />
l'odio e la superbia uccidendo negli animi il re abbietto della superbia e<br />
dell'odio, e il mondo sarà vostro, ossia di Dio perché voi sarete giusti che<br />
riconoscerete Dio come Padrone assoluto del creato, al Quale va dato lode e<br />
benedizione e reso tutto quanto è suo.<br />
'Beato me se saprò piangere senza ribellione'<br />
Il dolore è sulla terra. E il dolore strappa lacrime all'uomo. Il dolore non<br />
era. Ma l'uomo lo mise sulla terra e per una depravazione del suo intelletto si<br />
studia di sempre più aumentarlo, con tutti i modi. Oltre le malattie e le<br />
sventure conseguenti da fulmini, tempeste, valanghe, terremoti, ecco che l'uomo<br />
per soffrire, e per far soffrire soprattutto - perché vorremmo solo che gli<br />
altri soffrissero, e non noi, dei mezzi studiati per far soffrire - ecco che<br />
l'uomo escogita le armi micidiali sempre più tremende e le durezze morali sempre<br />
più astute. Quante lacrime l'uomo trae all'uomo per istigazione del suo segreto<br />
re che è Satana! Eppure in verità vi dico che queste lacrime non sono una<br />
menomazione ma una perfezione dell'uomo.<br />
<strong>L'</strong>uomo è uno svagato bambino, è uno spensierato superficiale, è un nato di<br />
tardivo intelletto finché il pianto non lo fa adulto, riflessivo, intelligente.<br />
Solo coloro che piangono, o che hanno pianto, sanno amare e capire. Amare i<br />
fratelli ugualmente piangenti, capirli nei loro dolori, aiutarli colla loro<br />
bontà, esperta di come fa male essere soli nel pianto. E sanno amare Dio perché<br />
hanno compreso che tutto è dolore fuorché Dio, perché hanno compreso che il<br />
dolore si placa se pianto sul cuore di Dio, perché hanno compreso che il pianto<br />
rassegnato che non spezza la fede, che non inaridisce la preghiera, che è<br />
vergine di ribellione, muta natura, e da dolore diviene consolazione.<br />
Sì. Coloro che piangono amando il Signore saranno consolati.<br />
'Beato me se avrò fame e sete di giustizia'<br />
Dal momento che nasce al momento che muore l'uomo tende avido al cibo. Apre la<br />
bocca alla nascita per afferrare il capezzolo, apre le labbra per inghiottire<br />
ristoro nelle strette dell'agonia. Lavora per nutrirsi. Fa della terra un enorme<br />
capezzolo dal quale insaziabilmente succhia, succhia per ciò che muore. Ma che è<br />
l'uomo? Un animale? No, è un figlio di Dio. In esilio per pochi o molti anni. Ma<br />
non cessa la sua vita col mutare della sua dimora.<br />
Vi è una vita nella vita così come in una noce vi è il gheriglio. Non è il<br />
guscio la noce, ma è l'interno gheriglio che è la noce. Se seminate un guscio di<br />
noce non nasce nulla, ma se seminate il guscio con la polpa nasce grande albero.<br />
Così è l'uomo. Non è la carne che diviene immortale, è l'anima. E va nutrita per<br />
portarla all'immortalità, alla quale, per amore, essa poi porterà la carne per<br />
la resurrezione beata. Nutrimento dell'anima è la Sapienza, è la Giustizia. Come<br />
liquido e cibo esse vengono aspirate e corroborano, e più se ne gusta e più<br />
cresce la santa avidità di del possedere la Sapienza e conoscere la Giustizia.
Ma verrà pure un giorno in cui l'anima insaziabile di questa santa fame sarà<br />
saziata. Verrà. Dio si darà al suo nato, se lo attaccherà direttamente al seno e<br />
il nato al Paradiso si sazierà della Madre ammirabile che è Dio stesso, e non<br />
conoscerà mai più fame, ma si riposerà beato sul seno divino. Nessuna scienza<br />
umana equivale a questa divina. La curiosità della mente può essere appagata, ma<br />
la necessità della spirito no. Anzi nella diversità del sapore lo spirito prova<br />
disgusto e torce la bocca dall'amaro capezzolo, preferendo soffrire la fame<br />
all'empirsi di un cibo che non sia venuto da Dio.<br />
Non abbiate timore, o sitibondi, o affamati di Dio! State fedeli e sarete<br />
saziati da Colui che vi ama.<br />
'Beato me se sarò misericordioso'<br />
Chi fra gli uomini può dire: 'Io non ho bisogno di misericordia?' Nessuno. Ora<br />
se anche nell'Antica Legge è detto: 'Occhio per occhio e dente per dente',<br />
perché non deve dirsi nella nuova: 'Chi sarà stato misericordioso troverà<br />
misericordia'? Tutti hanno bisogno di perdono.<br />
Ebbene, non è la formula e la forma di un rito, figure esterne concesse per la<br />
opaca mentalità umana, quelle che ottengono perdono. Ma è il rito interno<br />
dell'amore, ossia ancora della misericordia. Che se fu imposto il sacrificio di<br />
un capro o di un agnello e l'offerta di qualche moneta, ciò fu fatto perché a<br />
base di ogni male ancora si trovano sempre due radici: l'avidità e la superbia.<br />
<strong>L'</strong>avidità è punita con la spesa dell'acquisto dell'offerta, la superbia con la<br />
palese confessione di quel rito: 'Io celebro questo sacrificio perché ho<br />
peccato'. <strong>E'</strong> fatto anche per precorrere i tempi e i segni dei tempi, e nel<br />
sangue che si sparge è la figura del Sangue che sarà sparso per cancellare i<br />
peccati degli uomini.<br />
Beato dunque colui che sa essere misericordioso agli affamati, ai nudi, ai<br />
senza tetto, ai miseri delle ancor più grandi miserie che sono quelle del<br />
possedere cattivi caratteri che fanno soffrire chi li ha e chi con loro convive.<br />
Abbiate misericordia. Perdonate, compatite, soccorrete, istruite, sorreggete.<br />
Non chiudetevi in una torre di cristallo dicendo: 'Io sono puro e non scendo tra<br />
i peccatori'. Non dite: 'Io sono ricco e felice, e non voglio udire le miserie<br />
altrui'. Badate che più rapido di fumo dissipato da gran vento può dileguarsi la<br />
vostra ricchezza, la vostra salute, il vostro benessere famigliare. E ricordate<br />
che il cristallo fa da lente, e ciò che mescolandovi tra la folla sarebbe<br />
passato inosservato, mettendovi in una torre di cristallo, unici, separati,<br />
illuminati da ogni parte, non potete più tenerlo nascosto.<br />
Misericordia per compiere un segreto, continuo, santo sacrificio di espiazione e<br />
ottenere misericordia.<br />
'Beato me se sarò puro di cuore'<br />
Dio è purezza. Il Paradiso è Regno della Purezza. Niente di impuro può entrare<br />
in Cielo dove è Dio. Perciò se sarete impuri non potrete entrare nel Regno di<br />
Dio. Ma, oh! gioia! Anticipata gioia che il Padre concede ai figli! Colui che è<br />
puro ha dalla terra un principio di Cielo, perché Dio si curva sul puro e l'uomo<br />
dalla terra vede il suo Dio. Non conosce sapore di amori umani, ma gusta, fino<br />
all'estasi, il sapore dell'amore divino, e può dire: 'Io sono con Te e Tu in me,<br />
onde io ti possiedo e conosco come sposo amabilissimo all'anima mia'. E,<br />
credetelo, che chi ha Dio ha inspiegabili, anche a e stesso, mutamenti<br />
sostanziali per cui diviene santo, sapiente, forte, e sul suo labbro fioriscono<br />
parole, e i suoi atti assumono potenze che non sono, no, della creatura, ma di<br />
Dio che vive in essa.<br />
Cosa è la vita di colui che vede Dio? Beatitudine. E vorreste privarvi di simile<br />
dono per fetide impurità?<br />
'Beato me se avrò spirito di pace'.<br />
La pace è una delle caratteristiche di Dio. Dio non è che nella pace. Perché la<br />
pace è amore, mentre la guerra è odio. Satana è Odio. Dio è Pace. Non può dirsi<br />
figlio di Dio, né può Dio dire figlio suo un uomo se costui ha spirito<br />
irascibile sempre pronto a scatenare tempeste. Non solo. Ma neppure può dirsi<br />
figlio di Dio colui che, pur non essendo di proprio scatenatore delle stesse,<br />
non contribuisce con la sua grande pace a calmare le tempeste suscitate da<br />
altri. Colui che è pacifico effonde la pace anche senza parole. Padrone di sé e,<br />
oso dire, padrone di Dio, egli lo porta come una lampada porta il suo lume, come<br />
un incensiere sprigiona il suo profumo, come un otre porta il suo liquido, e si<br />
fa luce fra le nebbie fumiganti dei rancori, e si purifica l'aria dai miasmi dei<br />
livori e si calmano le onde infuriate delle liti, per quest'olio soave che è lo
spirito di pace emanato dai figli di Dio.<br />
Fate che Dio e gli uomini vi possano chiamare così.<br />
'Beato me se sarò perseguitato per amore della giustizia'.<br />
<strong>L'</strong>uomo è tanto insatanassato che odia il bene ovunque si trovi, che odia il<br />
buono, quasi che chi è buono, anche se tace, lo accusi e rampogni. Infatti la<br />
bontà di uno fa apparire ancor più nera la malvagità del malvagio. Infatti la<br />
fede del credente vero fa apparire ancora più viva la ipocrisia del falso<br />
credente. Infatti non può non essere odiato dagli ingiusti colui che col suo<br />
modo di vivere è un continuo testimoniare la giustizia. E allora, ecco, che si<br />
infierisce sugli amanti della giustizia.<br />
Anche qui è come per le guerre. <strong>L'</strong>uomo progredisce nell'arte satanica del<br />
perseguitare più che non progredisca nell'arte santa dell'amare. Ma non può che<br />
perseguitare ciò che ha breve vita. <strong>L'</strong>eterno che è nell'uomo sfugge all'insidia,<br />
e anzi acquista una vitalità ancor più vigorosa dalla persecuzione. La vita<br />
fugge dalle ferite che aprono le vene o per gli stenti che consumano il<br />
perseguitato. Ma il sangue fa la porpora del re futuro e gli stenti sono tanti<br />
scalini per montare sui troni che il Padre ha preparato per i suoi martiri, ai<br />
quali sono serbati i seggi regali del Regno dei Cieli.<br />
'Beato me se sarò oltraggiato e calunniato'.<br />
Fate solo che di voi possa essere scritto il nome nei libri celesti, là dove non<br />
sono segnati i nomi secondo le menzogne umane nel lodare i meno meritevoli di<br />
lode. Ma dove però, con giustizia e amore, sono scritte le opere dei buoni per<br />
dare ad essi il premio promesso ai benedetti da Dio.<br />
Prima di ora furono calunniati ed oltraggiati i Profeti. Ma quando si apriranno<br />
le porte dei Cieli, come imponenti re, essi entreranno nella Città di Dio, e li<br />
inchineranno gli angeli, cantando di gioia. Pure voi, pure voi, oltraggiati e<br />
calunniati per essere stati di Dio, avrete il trionfo celeste, e quando il tempo<br />
sarà finito e completo sarà il Paradiso, ecco che allora ogni lacrima vi sarà<br />
cara, perché per essa avrete conquistato questa gloria eterna che in nome di Dio<br />
Io vi prometto.<br />
Andate. Domani vi parlerò ancora. Restino ora solo i malati acciò li soccorra<br />
nelle loro pene. La pace sia con voi e la meditazione della salvezza, attraverso<br />
l'amore, vi instradi sulla via la cui fine è il Cielo."<br />
Indice del Volume Quarto<br />
* = in linea<br />
*<br />
226. Un buon segno da Maria di Magdala. Morte del vecchio Ismaele.<br />
227. Un episodio incompiuto<br />
228. Marziam affidato a Porfirea<br />
229. Discorso ai cittadini di Betsaida sul gesto di carità di Simon Pietro.<br />
230. Guarigione dell’emorroissa e resurrezione della figlia di Giairo.<br />
231. A Cafarnao, Gesù e Marta parlano della crisi che tormenta Maria di<br />
Magdala.<br />
232. Guarigione di due ciechi e di un muto indemoniato.<br />
233. La parabola della pecorella smarrita, ascoltata anche da Maria di<br />
Magdala.<br />
234. A commento di tre episodi sulla conversione di Maria di Magdala.<br />
235. Marta ha avuto dalla sorella Maria la certezza della conversione.<br />
236. La cena in casa di Simone il fariseo e l’assoluzione a Maria di<br />
Magdala.<br />
237. La richiesta di operai per la messe e la parabola del tesoro nascosto<br />
nel campo. Marta teme ancora per la sorella Maria.<br />
238. L’arrivo a Cafarnao, sotto un temporale, di Maria Ss. con Maria di<br />
Magdala.<br />
239. La parabola dei pesci, la parabola della perla e il tesoro
degli insegnamenti antichi e nuovi.<br />
240. A Betsaida da Porfirea e Marziam, che insegna alla Maddalena la<br />
preghiera di Gesú.<br />
241. Vocazione della figlia di Filippo. L’arrivo a Magdala e la<br />
parabola della dramma perduta.<br />
242. Discorso sulla Verità al romano Crispo, unico ascoltatore di Gesù a<br />
Tiberiade.<br />
243. A Cana nella casa di Susanna. Le espressioni, i gesti e la voce di<br />
Gesú. Disputa tra gli apostoli sulle possessioni.<br />
244. Giovanni ripete un discorso di Gesù sul creato e sui popoli che<br />
attendono la Luce.<br />
245. Un’accusa dei nazareni a Gesù, respinta con la parabola del lebbroso<br />
guarito.<br />
246. Un apologo per i cittadini di Nazareth, che restano increduli.<br />
247. Maria Ss. ammaestra la Maddalena sull’orazione mentale.<br />
248. A Betlem di Galilea. Giudizio per un omicidio e parabola delle foreste<br />
pietrificate.<br />
249. Maria Ss. ammaestra Giuda Iscariota sul dovere preminente della fedeltà<br />
a Dio.<br />
250. Ai discepoli venuti con Isacco, la parabola del fango che<br />
diviene fiamma. Giovanni di Endor è anima vittima.<br />
251. Ai pescatori siro-fenici, la parabola del minatore<br />
perseverante.<br />
Ermasteo di Ascalona.<br />
252. I1 ritorno da Tiro. Miracoli e parabola della vite e dell’olmo.<br />
253. Maria Ss. svela a Maria d’Alfeo il senso della maternità<br />
spiritualizzata.<br />
La Maddalena deve temprarsi soffrendo.<br />
254. L’incontro con Sintica, schiava greca, e l’arrivo a Cesarea Marittima.<br />
255. Partenza delle sorelle Marta e Maria con Sintica. Una lezione a Giuda<br />
Iscariota.<br />
256. Parabola sulla virtù della speranza che sorregge la fede e la carità.<br />
257. Gesù e Giacomo d’Alfeo in ritiro sul monte Carmelo.<br />
258. Gesù rivela a Giacomo d’Alfeo quale sarà la sua missione di apostolo.<br />
259. Lezione sulla Chiesa e sui Sacramenti a Giacomo d’Alfeo, che<br />
opera un miracolo.<br />
260. Due parabole di Pietro per i contadini della pianura di Esdrelon.<br />
261. Esortazione ai contadini di Doras, passati alle dipendenze di Giocana.<br />
262. Una figlia indesiderata e il ruolo della donna redenta.<br />
L’Iscariota chiede l’aiuto di Maria.<br />
263. Guarigione dell’uomo dal braccio atrofizzato.<br />
264. Una giornata di Giuda Iscariota a Nazareth.<br />
265. Istruzioni ai dodici apostoli che iniziano il loro ministero.<br />
266. I discepoli del Battista vogliono accertarsi che Gesù è il<br />
Messia. Testimonianza sul Precursore e invettiva contro le città<br />
impenitenti.<br />
267. Gesù falegname a Corozim.<br />
268. Lezione sulla carità con la parabola dei nòccioli. Il giogo di Gesù è<br />
leggero.<br />
269. La disputa con scribi e farisei a Cafarnao. L’arrivo della Madre e dei<br />
fratelli.<br />
270. La notizia dell’uccisione di Giovanni Battísta.<br />
271. Partenza alla volta di Tarichea con gli apostoli rientrati a Cafarnao.<br />
272. Rincarnazione e vita eterna nel dialogo con uno scriba.<br />
273. La prima moltiplicazione dei pani.<br />
274. Gesù cammina sulle acque. La sua prontezza nel soccorrere chi lo<br />
*
invoca.<br />
275. Quattro nuovi discepoli. Discorso sulle opere di misericordia<br />
corporale e spirituale.<br />
276. L’uomo avido e la parabola del ricco stolto.<br />
Le inquietudini e la vigilanza nei servi di Dio.<br />
277. A Magdala, nei giardini di Maria. L’amore e la correzione tra fratelli.<br />
278. I1 perdono e la parabola del servo iniquo. Il mandato a settantadue<br />
discepoli.<br />
279. Incontro con Lazzaro al campo dei Galilei.<br />
280. Il ritorno dei settantadue. Profezia sui mistici futuri.<br />
281. Al Tempio nella festa dei Tabernacoli. Le condizioni per<br />
seguire Gesù.<br />
La parabola dei talenti e la parabola del buon samaritano.<br />
282. La delazione al Sinedrio riguardo ad Ermasteo, a Giovanni di Endor e a<br />
Sintica.<br />
283. Sintica parla del suo incontro con la Verità.<br />
284. La casetta donata, da Salomon. Quattro apostoli resteranno in<br />
Giudea.<br />
285. Lazzaro offre un rifugio per Giovanni di Endor e Sintica.<br />
Viaggio lieto verso Gerico senza l’Iscariota.<br />
286. A Ramot con il mercante Alessandro Misace.<br />
Lezione a Sintica sul ricordo delle anime.<br />
287. Da Ramot a Gerasa con la carovana del mercante.<br />
288. Discorso ai cittadini di Gerasa e lode di una donna alla Madre di Gesù.<br />
289. Il sabato a Gerasa. Lo svago di Marziam e il quesito di Sintica<br />
sulla salvezza dei pagani.<br />
290. L’uomo dagli occhi ulcerati. La sosta alla “fonte del<br />
Cammelliere”. Ancora sul ricordo delle anime.<br />
291. Marziam scopre perché Gesù prega ogni giorno all’ora nona.<br />
292. A Bozra l’insidia di scribi e farisei.<br />
293. I1 discorso e i miracoli a Bozra dopo l’irruzione di due<br />
farisei. Il dono della fede ad Alessandro Misace.<br />
294. I1 ricco obolo lasciato dal mercante. Commiato dalla Madre e dalle<br />
discepole.<br />
295. I1 discorso e i miracoli ad Arbela, già evangelizzata da Filippo di<br />
Giacobbe.<br />
Maria Valtorta<br />
L’evangelo<br />
come mi è stato<br />
rivelato<br />
VOLUME QUARTO
226. Un buon segno da Maria di Magdala. Morte del vecchio Ismaele<br />
22 luglio 1945<br />
1Gesù con la compagnia dello Zelote, giunge al giardino di Lazzaro in un mattino<br />
bellissimo d’estate. Ancora non è terminata l’aurora e perciò tutto è fresco e<br />
ridente.<br />
Il servo-giardiniere, che accorre a ricevere il Maestro, indica allo stesso un<br />
lembo di veste bianca che scompare dietro una siepe, dicendo: «Lazzaro va alla<br />
pergola dei gelsomini con dei rotoli da leggere. Ora lo chiamo».<br />
«No. Vado Io. Da solo».<br />
E Gesù cammina svelto lungo un sentiero bordato da siepi in fiore. L’erbetta<br />
che è sul limite della siepe attutisce il umore dei passi, e Gesù cerca di<br />
posare il piede proprio su quella per giungere all’improvviso davanti a Lazzaro.<br />
Lo sorprende così che, ritto in piedi, coi rotoli appoggiati ad un tavolo di<br />
marmo, prega a voce alta. «Non mi deludere, Signore. Questo filo di speranza che<br />
mi è nato nel cuore, fàllo Tu crescere. Dàmmi ciò che con lacrime ti ho chiesto<br />
dieci e centomila volte. Ciò che ti ho chiesto con le azioni, col perdono, con<br />
tutto me stesso. Dàmmelo in cambio della mia vita. Dàmmelo in nome del tuo Gesù<br />
che mi ha promesso questa pace. Può mai Egli mentire? Devo pensare che la sua<br />
promessa fu solo di parole? Che il suo potere è inferiore all’abisso di peccato<br />
che è mia sorella? Dimmelo, Signore, che io mi rassegnerò per tuo amore...».<br />
«Sì, te lo dico!» dice Gesù.<br />
Lazzaro si volge di scatto e grida: «Oh! mio Signore! Ma quando sei venuto?» e<br />
si china a baciare la veste di Gesù.<br />
«Da qualche minuto».<br />
«Solo?»<br />
«Con Simone Zelote. Ma qui, dove eri tu, sono venuto solo. So che mi devi dire<br />
una grande cosa. Dimmela dunque».<br />
«No. Prima rispondi alle domande che io faccio a Dio. A seconda della tua<br />
risposta, te la dirò».<br />
«Dimmela, dimmela, questa tua grande cosa. La puoi dire...» e Gesù sorride<br />
aprendo le braccia in atto d’invito.<br />
«Dio Altissimo! Ma è vero? Tu allora sai che è vero?!» e Lazzaro va fra le<br />
braccia di Gesù a confidare la sua grande cosa.<br />
2«Maria ha chiamato Marta a Magdala. E Marta è partita in affanno temendo<br />
qualche forte sventura... Ed io qui, con lo stesso timore, solo sono rimasto. Ma<br />
Marta, dal servo che l’ha accompagnata, mi ha mandato una lettera che mi ha<br />
empito di speranza. Guarda, l’ho qui sul cuore. La tengo lì perché mi è più<br />
preziosa di un tesoro. Sono poche parole ma le leggo ogni poco per essere certo<br />
che sono proprio state scritte. Guarda...» e Lazzaro leva dalla veste un piccolo<br />
rotolo legato da un nastrino violetto e lo spiega. «Vedi? Leggi, leggi. A voce<br />
alta. Letta da Te mi parrà più certa la cosa».<br />
«“Lazzaro, fratello mio. A te pace e benedizione. Sono giunta presto e bene. E<br />
il mio cuore non ha più palpitato di tema di nuove sciagure perché ho visto<br />
Maria, la nostra Maria sana e... te lo devo dire? E meno frenetica nell’aspetto<br />
di prima. Mi ha pianto sul cuore. Un grande pianto... E poi, a notte, nella<br />
stanza dove mi aveva condotto, mi ha chiesto tante e tante cose sul Maestro. Non<br />
di più che questo, per ora. Ma io, che vedo il volto di Maria oltre che sentirne<br />
le parole, dico che nel mio cuore è nata la speranza. Prega, fratello. Spera.<br />
Oh! fosse vero! Io resto ancora perché sento che elle mi vuole vicina come per<br />
essere difesa dalla tentazione. E per imparare... Che? Ciò che noi già sappiamo.<br />
La bontà infinita di Gesù. Le ho detto di quella donna venuta a Betania... Vedo
che pensa, pensa, pensa... Ci vorrebbe Gesù. Prega. Spera. Il Signore sia con<br />
te”». Gesù ripiega il rotolo e lo rende.<br />
«Maestro...»<br />
«Andrò. Hai modo di avvisare Marta che mi venga incontro a Cafarnao fra quindici<br />
giorni al massimo?».<br />
«Ne ho modo, Signore. E io?».<br />
«Tu resti qui. Anche Marta la rimanderò qui.»<br />
«Perché?».<br />
«Perché le redenzioni hanno un pudore profondo. E nulla fa più vergogna<br />
dell’occhio di un genitore o di un fratello. Io pure ti dico: “Prega, prega,<br />
prega”».<br />
Lazzaro piange sul petto di Gesù... Dopo, quando si è ripreso, racconta ancora<br />
del suo orgasmo, dei suoi scoramenti... «È quasi un anno che spero... che<br />
dispero... Come è lungo il tempo della resurrezione!...» esclama.<br />
3Gesù lo lascia parlare, parlare, parlare... finché Lazzaro si accorge di<br />
mancare ai suoi doveri di ospitalità, e si alza per condurre Gesù in casa. Per<br />
farlo, passano presso una folta siepe di gelsomini in fiore, sulle cui corolle<br />
stellari ronzano api d’oro.<br />
«Ah! mi dimenticavo di dirti... Il vecchio patriarca che Tu mi hai mandato, è<br />
tornato in grembo ad Abramo. Lo trovò Massimino, seduto qui, con la testa<br />
appoggiata a questa siepe, come se si fosse addormentato presso gli alveari che<br />
egli curava come fossero case piene di bambini d’oro. Egli chiamava le api così.<br />
Pareva le comprendesse e ne fosse compreso. E sul patriarca addormentato nella<br />
pace della buona coscienza, quando Massimino lo trovò, era un velo prezioso di<br />
piccoli corpi d’oro. Tutte le api posate sul loro amico. I servi dovettero<br />
lavorare non poco per staccarle da lui. Era tanto buono che forse sapeva di<br />
miele... Era tanto onesto che forse per le api era come una corolla non<br />
contaminata... Ne ho avuto dolore. Avrei voluto averlo più a lungo nella mia<br />
casa. Era un giusto...».<br />
«Non lo rimpiangere, Egli è in pace, e dalla pace prega per te che gli hai resi<br />
dolci gli ultimi giorni. Dove è sepolto?».<br />
«In fondo al verziere. Ancora vicino ai sui alveari. Vieni che ti ci<br />
conduco...».<br />
E se ne vanno, per un piccolo bosco di laurocèrasi, verso gli alveari da cui<br />
viene un brusio operoso...<br />
227. Un episodio incompiuto.<br />
23 luglio ore 8 antimeridiane<br />
1È un ben pallido Giuda quello che scende dal carro insieme alla Madonna e alle<br />
discepole, ossia alle Marie, a Giovanna e a Elisa...<br />
...e in grazia alla confusione che ho avuto in casa questa mattina non ho potuto<br />
scrivere mentre vedevo, e perciò, ora che sono le 18, non posso che dire che ho<br />
capito e sentito che Giuda convalescente torna da Gesù, che è al Getsemani,<br />
insieme a Maria che lo ha curato e Giovanna che insiste perché le donne e il<br />
convalescente tornino col carro in Galilea. E Gesù aderisce facendo salire anche<br />
il bambino con esse. Invece Giovanna con Elisa restano a Gerusalemme per qualche<br />
giorno, per poi tornare Elisa a Betsur, Giovanna a Bètér.<br />
Ricordo che Elisa dice: «Ora ho coraggio di tornare là perché la mia vita non è<br />
più senza scopo. Ti farò amare dai miei amici». E ricordo che Giovanna aggiunge:<br />
«E io lo farò nelle mie terre, finché Cusa mi lascia qui. Sarà servirti ancora<br />
benché preferirei seguirti».<br />
Ricordo anche che Giuda dice che non ha desiderato sua madre neppure nelle ore<br />
peggiori della malattia, perché «tua Madre fu una vera madre per me, soave e<br />
amorosa, e non lo dimenticherò mai» dice.<br />
Il resto è confuso (nelle parole) e perciò non lo dico perché sarebbe detto da<br />
me e non dalle persone della visione.<br />
[…].<br />
228. Marziam affidato a Porfirea.<br />
24 luglio 1945
1Gesù è sul lago di Galilea insieme ai suoi apostoli. È mattina presto. Tutti<br />
gli apostoli, perché anche Giuda, perfettamente guarito, e con un volto fatto<br />
più dolce dal male sofferto e dalle cure avute, è della compagnia. E vi è anche<br />
Marziam, un poco impressionato dall’essere sull’acqua per la prima volta. Non lo<br />
vuole far vedere, ma ad ogni beccheggio più forte si aggrappa con un braccio al<br />
collo della pecora, che condivide la sua paura belando lamentosamente, e con<br />
l’altro braccio afferra ciò che può, albero, sedile o remo che sia, o anche la<br />
gamba di Pietro o di Andrea o dei garzoni di barca che passano facendo le loro<br />
manovre, e chiude gli occhi, forse convinto di essere alla sua ultima ora.<br />
Pietro gli dice ogni tanto, dandogli un buffetto sulle guance: «Non hai paura<br />
eh? Un discepolo non deve mai avere paura...», e il bambino dice di no col capo<br />
ma, posto che il vento aumenta e l’acqua si fa più mossa man mano che si<br />
avvicina allo sbocco del Giordano nel lago, stringe più forte e chiede più di<br />
sovente gli occhi finché ad un improvviso piegarsi della barca, per un’onda che<br />
la prende di fianco, ha uno strillo di paura.<br />
Chi ride e chi motteggia scherzando Pietro per il fatto di essere divenuto padre<br />
di uno che non sa stare in barca, e chi scherza Marziam che dice sempre di<br />
volere andare per terre e per mari a predicare Gesù e poi ha paura di fare pochi<br />
stadi su un lago. Ma Marziam si difende dicendo: «Ognuno ha paura di qualche<br />
cosa che non conosce. Io, dell’acqua, Giuda della morte...».<br />
2Capisco che Giuda deve avere avuto una grande paura di morire, e mi stupisco<br />
che non reagisca all’osservazione ma anzi dica: «Hai detto bene. Si ha paura di<br />
quello che non si conosce. Ma ora stiamo per arrivare. Betsaida è a pochi stadi.<br />
E tu sei sicuro di trovarvi amore. Così vorrei essere io a poca distanza dalla<br />
Casa del Padre ed essere sicuro di trovarvi amore!». Lo dice con stanchezza e<br />
mestizia.<br />
«Diffidi di Dio?» chiede stupito Andrea.<br />
«No. Di me diffido. In quei giorni di malattia, circondato da tante donne pure e<br />
buone, io mi sono sentito così minimo nello spirito! Quanto ho pensato! Dicevo:<br />
“Se esse ancora lavorano per migliorarsi e acquistare il Cielo, cosa non devo<br />
fare io?” Perché esse, e a me parevano tutte già sante, si sentono ancora<br />
peccatrici. E io?... Ci arriverò mai, Maestro?».<br />
«Con la buona volontà si può tutto».<br />
«Ma la mia volontà è molto imperfetta».<br />
«L’aiuto di Dio mette ad essa ciò che le manca per diventare completa. La tua<br />
umiltà presente è nata nella malattia. Vedi dunque che il buon Dio ha<br />
provveduto, mediante un incidente penoso, a darti una cosa che non avevi».<br />
«È vero, Maestro. Ma quelle donne! Che discepole perfette! Non parlo di tua<br />
Madre. Lei si sa. Dico le altre. Oh! veramente ci hanno superato! Io sono stato<br />
una delle prime prove del loro futuro ministero. Ma, credi, Maestro, ti puoi<br />
riposare sicuro su loro. Io ed Elisa eravamo in loro cura, ed essa è tornata a<br />
Betsur con l’anima rifatta, e io... io spero di rifarmela, ora che esse me<br />
l’hanno lavorata...». Giuda, ancora debole, piange.<br />
Gesù che gli è seduto vicino gli mette una mano sul capo, facendo cenno agli<br />
altri di non fare parola. Ma Pietro e Andrea sono molto occupati delle ultime<br />
manovre di approdo, e non parlano, e lo Zelote, Matteo, Filippo e Marziam non<br />
cercano certo di farlo, chi perché distratto dall’ansia dell’arrivo, e chi<br />
perché è prudente di suo.<br />
3La barca infila il corso del Giordano e dopo poco si ferma sul greto. Mentre i<br />
garzoni scendono per assicurarla legandola con una fune ad un macigno e per<br />
assicurare un’asse per fare da pontile, e Pietro si riveste della veste lunga e<br />
così fa Andrea, l’altra barca fa la stessa manovra e ne scendono gli altri<br />
apostoli. Anche Gesù e Giuda scendono mentre Pietro mette al bambino la<br />
vesticciola, lo ravvia per presentarlo in ordine alla moglie. Eccoli tutti a<br />
terra, pecorelle comprese.<br />
«E ora andiamo» dice Pietro. È proprio emozionato.<br />
Dà la mano al bambino che è a sua volta emozionato, tanto che dimentica le<br />
pecorine di cui si occupa Giovanni e chiede, in un improvviso sorgere di paura:<br />
«Ma mi vorrà poi? E mi vorrà bene proprio?».<br />
Pietro lo rassicura; ma forse la paura gli si contagia e dice a Gesù: «Diglielo<br />
Tu, Maestro, a Porfirea. Io credo di non sapere dire bene».<br />
Gesù sorride, ma promette di occuparsene Lui.<br />
4La casa è presto raggiunta seguendo il greto della riva. Dalla porta aperta si<br />
sente che Porfirea sta facendo le sue faccende domestiche.
«La pace a te!» dice Gesù affacciandosi sulla porta della cucina dove la donna<br />
sta mettendo in ordine delle stoviglie.<br />
«Maestro! Simone!». La donna corre a prostrarsi ai piedi di Gesù, e poi a quelli<br />
del marito. Poi si raddrizza, e col suo viso buono, se non bello, dice<br />
arrossendo: «Era tanto che vi desideravo! Siete tutti bene! Venite! Venite!<br />
Sarete stanchi...».<br />
«No. Veniamo da Nazaret, dove abbiamo sostato qualche giorno e fummo a Cana per<br />
altra sosta. A Tiberiade erano le barche. Tu ci vedi che non siamo stanchi.<br />
Avevamo un bambino con noi, e Giuda di Simone indebolito da una malattia».<br />
«Un bambino? Un discepolo così piccino?».<br />
«Un orfano che abbiamo raccolto per via».<br />
«Oh! caro! Vieni, tesoro, che ti baci!».<br />
Il bambino, che era stato timoroso seminascosto dietro a Gesù, si lascia<br />
prendere dalla donna che si è inginocchiata quasi per essere all’altezza di lui<br />
e si lascia baciare senza riluttanza.<br />
«E ora ve lo portate dietro, sempre dietro, così piccino? Si stancherà...». La<br />
donna è tutta pietosa. Si tiene stretto il bambino fra le braccia e tiene la<br />
guancia appoggiata a quella del bambino.<br />
«Veramente Io avevo un altro pensiero. Quello di affidarlo a qualche discepola,<br />
quando andiamo lontano dalla Galilea, dal lago...».<br />
«A me, Signore? Io non ho mai avuto bambini. Ma nipotini sì, e so come si fa coi<br />
bambini. Sono la discepola che non sa parlare, che non ha tanta salute da<br />
seguirti come fanno le altre, che... oh! Tu lo sai! Sarò vile anche, se vuoi. Ma<br />
Tu sai in che tenaglia sono. Tenaglia ho detto? No, sono fra due canapi che mi<br />
attirano in direzione opposta, e non ho il coraggio di spezzarne uno. Lascia che<br />
almeno ti serva un pochino, essendo la mamma-discepola di questo bambino. Gli<br />
insegnerò tutto quello che le altre insegnano a tanti... Ad amare Te…».<br />
5Gesù le pone la mano sul capo, sorride e dice: «Il bambino è stato portato qui<br />
perché qui avrebbe trovato una madre e un padre. Ecco. Facciamo la famiglia». E<br />
Gesù mette la mano di Marziam in quelle di Pietro, che ha gli occhi lucidi, e di<br />
Porfirea. «E allevatemi santamente questo innocente».<br />
Pietro sa già e perciò non fa che asciugarsi una lacrima col dorso della mano.<br />
Ma sua moglie, che non se lo aspettava, resta per poco muta di stupore. Poi<br />
torna ad inginocchiarsi e dice: «Oh! mio Signore. Tu mi hai levato lo sposo<br />
facendomi quasi vedova. Ma ora mi dai un figlio... Tu dunque rendi tutte le rose<br />
alla mia vita, non solo quelle che mi hai prese, ma quelle che non ho mai avute.<br />
Che Tu sia benedetto! Più che se fosse nato dalle mie viscere mi sarà caro<br />
questo fanciullo. Perché questo mi viene da Te». E la donna bacia la veste di<br />
Gesù e bacia il bambino, se lo siede poi in grembo... È felice...<br />
«Lasciamola alle sue espansioni» dice Gesù. «Resta tu pure, Simone. Noi andiamo<br />
in città per predicare. Verremo a sera tardi a chiederti cibo e riposo». E Gesù<br />
esce con gli apostoli lasciando in pace i tre...<br />
Giovanni dice: «Mio Signore, Simone oggi è beato!».<br />
«Vuoi pure tu un bambino?».<br />
«No, vorrei solo un paio di ali per alzarmi fino alle porte dei Cieli ed<br />
imparare il linguaggio della Luce, per ridirlo agli uomini» e sorride.<br />
Sistemano le pecorelle nel fondo dell’orto, presso il camerone delle reti, dànno<br />
loro fronde, erba e acqua del pozzo, e se ne vanno verso il centro della città.<br />
229. Discorso ai cittadini di Betsaida sul gesto di carità di Simon Pietro.<br />
25 luglio 1945.<br />
1Gesù parla dalla casa di Filippo. Molta gente è adunata lì, davanti e Gesù è<br />
ritto sulla soglia, che ha due alti scalini.<br />
La novità del figlio adottivo di Pietro, che è venuto con la sua minuscola<br />
ricchezza di tre pecorelle a chiedere di ritrovare la grande ricchezza di una<br />
famiglia, si sparsa come una goccia d’olio su un tessuto. Tutti ne parlano e<br />
bisbigliano con commenti rispondenti ai diversi modi di pensare.<br />
Chi, sincero amico di Simone e Porfirea, è contento per la loro gioia. Chi,<br />
malevolo, dice: «Per farglielo accettare lo ha dovuto corredare di dote». Chi,<br />
buono, dice: «Vorremo tutti bene a questo piccolo che Gesù ama». Chi, maligno,<br />
dice: «La generosità di Simone? Sì proprio! Sarà un lucro, se no!...».
Altri avidi: «Lo avrei fatto anche io se avessi avuto un bambino con delle<br />
pecore. Tre, capite!? Un piccolo gregge. E belle! Lana e latte assicurati, e poi<br />
gli agnelli da vendere o tenere! Ricchezze sono! E il bambino può servire,<br />
lavorare...».<br />
Altri dànno sulla voce: «Oh! vergogna! Farsi pagare una buona azione? Simone non<br />
ha certo pensato a questo. Nella sua modesta ricchezza di pescatore lo abbiamo<br />
sempre conosciuto generoso verso i poveri, specie bambini. È giusto, ora che<br />
egli non guadagna più nulla colla pesca e gli cresce una persona in famiglia,<br />
che abbia un poco di guadagno in altro nodo».<br />
2Intanto che ognuno commenta, traendo dal proprio cuore ciò che ha di buono o di<br />
cattivo e vestendolo di parole, Gesù ascolta e parla con uno di Cafarnao che è<br />
venuto a raggiungerlo per dirgli di andare al più presto perché la figlia del<br />
sinagogo è morente e anche perché da qualche giorno viene una dama con<br />
un’ancella a cercare Lui. Gesù promette di andare la mattina di poi. Cosa che<br />
addolora quelli di Betsaida che vorrebbero averlo lì per più giorni.<br />
«Voi siete meno bisognosi di altri di Me. Lasciatemi andare. Del resto ora,<br />
finché dura l’estate, Io starò in Galilea, e molto a Cafarnao. Ci vedremo con<br />
facilità. Là vi è un padre e una madre in angoscia. È carità soccorrerli. Voi<br />
approvate la bontà di Simone verso l’orfano. I buoni fra di voi. Ma solo il<br />
giudizio dei buoni ha valore. I non buoni non vanno ascoltati nei loro giudizi<br />
sempre intinti di veleno e di menzogna. Allora voi, buoni, dovete anche<br />
approvare la mia bontà di andare a sollevare un padre ed una madre. E non fate<br />
che l’approvazione rimanga sterile, ma bensì vi porti a imitare.<br />
3Quanto bene viene da un atto buono lo dicono le pagine della Scrittura.<br />
Ricordiamo Tobia. Meritò che l’arcangelo tutelasse il suo Tobiolo e che gli<br />
insegnasse con che rendere la vista al padre. Ma quanta carità, e senza pensiero<br />
di utile, aveva compiuto il giusto Tobia, nonostante i rimproveri della moglie e<br />
i pericoli alla sua vita! E ricordate le parole dell’arcangelo: “Buona cosa è la<br />
preghiera col digiuno e l’elemosina vale più di monti di tesori d’oro, perché<br />
l’elemosina libera dalla morte, purifica dai peccati, fa trovare la misericordia<br />
e la vita eterna... Quando tu pregavi fra le lacrime e seppellivi i morti... io<br />
presentai le tue preghiere al Signore”.<br />
Il mio Simone, in verità ve lo dico, supererà di molto le virtù del vecchio<br />
Tobia. Vi resterà come un tutore delle vostre anime nella mia Vita, dopo che Io<br />
me ne sarò andato. Ed ora inizia la sua paternità di anima per essere domani<br />
padre santo di tutte le anime a Me fedeli. Non mormorate dunque. Ma se un<br />
giorno, come uccello caduto dal nido, trovate sulla vostra via un orfano,<br />
raccoglietelo. Non è il boccone spartito con l’orfano quello che impoverisce la<br />
mensa dei figli veri. Ma anzi porta alla casa la benedizione di Dio.<br />
Fate questo perché Dio è i Padre degli orfani e ve li presenta egli stesso<br />
perché li aiutiate rifacendo ad essi il nido disfatto dalla morte. E fatelo<br />
perché così insegna la Legge data da Dio a Mosè, che è il nostro legislatore<br />
proprio perché in terra nemica e di idoli trovò sulla sua debolezza di infante<br />
un cuore pietoso che si curvò salvandolo dalla morte, traendolo da essa, fuor<br />
dalle acque, fuor dalle persecuzioni, perché Dio aveva destinato che Israele<br />
avesse un giorno il suo liberatore. Un atto di pietà ha ottenuto a Israele il<br />
suo duce.<br />
Le ripercussioni di un atto buono sono come onde di suono che si spargono molto<br />
lontano dal punto dove vengono emesse o, se più vi piace, come onde di vento che<br />
seco portano molto lontano i semi rapiti a fertili zolle.<br />
Andate ora. La pace sia con voi».<br />
4Gesù dice poi: «Qui metterete la visione della resurrezione della figlia di<br />
Giairo avuta il giorno 11 marzo 1944».<br />
230. Guarigione dell’emorroissa e resurrezione della figlia di Giairo.<br />
11 marzo 1944.<br />
1Apparsa mentre prego molto stanca e crucciata e perciò proprio nelle peggiori<br />
condizioni per pensare a simili cose di mio. Ma stanchezza fisica, mentale e<br />
cruccio si sono dileguati al primo apparire del mio Gesù, e scrivo.<br />
Egli è per una strada assolata e polverosa che bordeggia le rive del lago. Si<br />
incammina verso il paese circondato da gran folla che l’attendeva di certo e che<br />
gli si pigia attorno nonostante che gli apostoli lavorino di braccia e di spalle
per fargli largo e alzino la voce per indurre la folla a lasciare un poco di<br />
posto.<br />
Ma Gesù non è inquieto per tanta confusione. Più alto di tutta la testa di chi<br />
lo circonda, guarda con un dolce sorriso la turba che gli si stringe intorno,<br />
risponde ai saluti, accarezza qualche bambino che riesce a insinuarsi fra la<br />
siepe degli adulti e giunge a venirgli vicino, posa la mano sul capo degli<br />
infanti che le madri sollevano oltre il capo dei presenti perché Egli li tocchi.<br />
E cammina intanto. Lentamente, pazientemente in mezzo a questo vocio, e a queste<br />
continue pressioni che infastidirebbero chiunque.<br />
2Una voce d’uomo grida «Fate largo, fate largo». È una voce affannata e deve<br />
essere conosciuta da molti e rispettata come quella di persona influente, perché<br />
la folla si apre, con molta fatica tanto è pigiata, e lascia passare un uomo<br />
sulla cinquantina tutto coperto da un vestone lungo e sciolto e con una specie<br />
di fazzoletto bianco intorno al capo e ricadente con le falde lungo il viso e il<br />
collo.<br />
Giunto davanti a Gesù, si prostra ai suoi piedi e dice: «Oh! Maestro, perché sei<br />
stato via tanto tempo? La mia bambina è tanto malata. Nessuno la può guarire. Tu<br />
solo sei la speranza mia e della madre. Vieni, Maestro. Ti attendevo con<br />
un’ansia infinita. Vieni, vieni subito. La mia unica creatura sta morendo...» e<br />
piange.<br />
Gesù posa la mano sul capo dell’uomo piangente, sul capo curvo e scosso dai<br />
singhiozzi, e gli risponde: «Non piangere. Abbi fede. La tua bambina vivrà.<br />
Andiamo da lei. Alzati! Andiamo!». Queste due ultime parole hanno il tono<br />
d’imperio. Prima era il Consolatore. Ora è il Dominatore che parla.<br />
Si rimettono in moto. Gesù ha al fianco il padre piangente e lo tiene per<br />
mano. Quando un singhiozzo più forte scuote il pover’uomo, vedo Gesù che lo<br />
guarda e gli stringe la mano. Non fa altro, ma quanta forza deve rifluire in<br />
un’anima quando si sente trattata così da Gesù!<br />
Prima al posto del padre era Giacomo. Ma Gesù gli ha fatto cedere il posto al<br />
povero padre. Pietro è dell’altro lato. Giovanni è di fianco a Pietro e cerca<br />
con lo stesso di fare argine alla folla, come fa Giacomo e l’Iscariota<br />
dall’altro lato, dopo il padre piangente. Gli altri apostoli sono parte davanti<br />
e parte dietro a Gesù. Ma ci vuol altro! Specie i tre di dietro, fra cui vedo<br />
Matteo, non ce la fanno a tenere indietro la muraglia viva. Ma quando brontolano<br />
un po’ troppo e quasi quasi insultano la folla indiscreta, Gesù volge il capo e<br />
dice dolcemente: «Lasciate fare a questi miei piccoli!…».<br />
3Ad un certo momento però si volge di scatto, lasciando anche andare la mano del<br />
padre, e si ferma. Si volge non solo col capo. Ma con tutto il corpo. Sembra<br />
anche più alto perché ha preso un atteggiamento da re. Col volto e lo sguardo<br />
fatto severo, inquisitore, scruta la folla. I suoi occhi hanno lampi, non di<br />
durezza ma di maestà.<br />
«Chi mi ha toccato?» chiede. Nessuno risponde. «Chi mi ha toccato, ripeto»<br />
insiste Gesù.<br />
«Maestro» rispondono i discepoli, «non vedi come la folla ti pigia da ogni lato?<br />
Tutti ti toccano, nonostante i nostri sforzi».<br />
«Chi mi ha toccato per ottenere un miracolo, chiedo. Ho sentito potenza di<br />
miracolo uscire da Me perché un cuore l’invocava con fede. Chi è questo cuore?».<br />
Gli occhi di Gesù si chinano due o tre volte, mentre parla, su una donnetta<br />
sulla quarantina, molto poveramente vestita e molto sciupata nel volto, la quale<br />
cerca di eclissarsi nella folla, di farsi inghiottire dalla calca. Quegli occhi<br />
le devono bruciare addosso. Comprende che non può sfuggire e torna avanti e gli<br />
si butta ai piedi, quasi col volto nella polvere, le mani protese che però non<br />
osano toccare Gesù.<br />
«Perdono. Sono io. Ero malata. Dodici anni che ero malata! Sfuggita da tutti!<br />
Mio marito mi ha abbandonata. Ho speso tutto il mio avere per non essere<br />
considerata obbrobrio, per vivere come vivono tutti. Ma nessuno ha potuto<br />
guarirmi. Lo vedi, Maestro? Sono una vecchia anzi tempo. La forza è defluita da<br />
me col mio flusso inguaribile, e la mia pace con essa. M’han detto che Tu sei<br />
buono. Me l’ha detto uno che è stato guarito da Te della sua lebbra e che per<br />
essere stato tanti anni sfuggito da tutti non ha avuto schifo di me. Non ho<br />
osato dirlo prima. Perdono! Ho pensato che solo se ti avessi toccato sarei<br />
guarita. Ma non ti ho reso immondo. Ho appena sfiorato il lembo della tua veste<br />
là dove striscia al suolo, sulle lordure del suolo... Sono io pure lordura... Ma<br />
son guarita, che Tu sia benedetto! Nel momento che ti ho toccato la veste il mio
male è cessato. Sono tornata come tutte. Non sarò più schivata da tutti. Mio<br />
marito, i miei figli, i parenti potranno stare con me, li potrò accarezzare.<br />
Sarò utile alla mia casa. Grazie, Gesù, Maestro buono. Che Tu sia benedetto in<br />
eterno!».<br />
Gesù la guarda con bontà infinita. Le sorride. Le dice: «Va’ in pace, figlia. La<br />
tua fede ti ha salvata. Sii guarita per sempre. Sii buona e felice. Va’».<br />
4Mentre parla ancora, sopraggiunge un uomo, direi un servo, il quale si rivolge<br />
al padre che è stato tutto quel tempo in una attesa rispettosa ma tormentosa<br />
come fosse sulla brace. «Tua figlia è morta. Inutile importunare più il Maestro.<br />
Il suo spirito l’ha lasciata e già le donne ne fanno i lamenti. La madre ti<br />
manda a dire ciò e ti prega di venire subito».<br />
Il povero padre ha un gemito. Si porta le mani alla fronte e se la stringe<br />
comprimendosi gli occhi e curvandosi come fosse colpito.<br />
Gesù, che pare non debba vedere e udire nulla, intento come è ad ascoltare e<br />
rispondere con la donna, si volge invece e pone la mano sulle spalle curve del<br />
povero padre. «Uomo, ti ho detto: abbi fede. Ti ripeto: abbi fede. Non temere.<br />
La tua bambina vivrà. Andiamo da lei». E si incammina tenendo stretto a Sé<br />
l’uomo annichilito.<br />
La folla, davanti a quel dolore e alla grazia già avvenuta, si ferma intimorita,<br />
si divide, lascia camminare speditamente Gesù e i suoi, e poi segue come scia la<br />
Grazia che passa.<br />
Si fanno così un cento metri circa, forse più - non sono calcolatrice - e si<br />
entra sempre più al centro del paese.<br />
5Un affollamento di gente è davanti ad una casa di civile condizione e commenta<br />
a voce alta e stridula l’accaduto, rispondendo a più alti stridi che escono<br />
dalla porta spalancata. Sono stridi trillati, acuti, tenuti su una nota<br />
monocorde, e sembrano diretti da una voce più acuta che fa da a solo, e alla<br />
quale rispondono prima un gruppo di voci più esili, poi un altro di voci più<br />
piene. Un baccano da far morire anche chi sta bene.<br />
Gesù ordina ai suoi di sostare davanti all’uscio e chiama con Sé Pietro,<br />
Giovanni e Giacomo. Entra con questi in casa tenendo sempre stretto per un<br />
braccio il padre piangente. Sembra voglia infondergli la certezza che Egli è lì<br />
per farlo felice, con quella stretta.<br />
Le... piangenti (io le chiamerei: le urlatrici) nel vedere il capo di casa e il<br />
Maestro raddoppiano il gridio. Battono le mani, scuotono dei tamburelli,<br />
percuotono dei triangoli, e su questa... musica appoggiano i loro lamenti.<br />
«Tacete» dice Gesù. «Non occorre piangere. La fanciulla non è morta, ma dorme».<br />
Le donne gettano gridi più forti e alcune si rotolano per terra, si graffiano,<br />
si strappano i capelli (o meglio: ne fanno mostra) per mostrare che è proprio<br />
morta. I suonatori e gli amici scuotono il capo davanti all’illusione di Gesù.<br />
Loro la credono tale.<br />
Ma Egli ripete un: «Tacete!» talmente energico che il baccano, se non cessa del<br />
tutto, diviene brusio. E passa oltre.<br />
6Entra in una cameretta. Sul letto è stesa una fanciulla morta. Magra,<br />
pallidissima, ella giace già vestita e coi bruni capelli accomodati con cura. La<br />
madre piange presso quel lettino dal lato destro e bacia la cerea manina della<br />
morta.<br />
Gesù... come è bello ora! Come poche volte l’ho visto! Gesù si accosta<br />
sollecito. Pare che scivoli sul pavimento, in volo, tanto si affretta a quel<br />
letticciuolo. I tre apostoli restano contro la porta che chiudono in faccia ai<br />
curiosi. Il padre si ferma ai piedi del letto.<br />
Gesù va alla sinistra del lettuccio, tende la mano sinistra e prende con questa<br />
la manina abbandonata della morticina. La mano sinistra. Ho visto bene. È la<br />
mano sinistra tanto di Gesù che della bambina. Alza il braccio destro portando<br />
la mano aperta sino all’altezza della spalla e poi l’abbassa con l’atto di uno<br />
che giura o comanda. Dice: «Fanciulla, Io te lo dico. Alzati!».<br />
Un attimo in cui tutti, meno Gesù e la morta, restano sospesi. Gli apostoli<br />
allungano il collo per vedere meglio. Il padre e la madre guardano con occhi<br />
straziati la loro creatura. Un attimo. Poi un sospiro alza il petto della<br />
morticina. Un lieve colore monta al visetto cereo e ne annulla le lividure di<br />
morte. Un sorriso si disegna sulle labbra pallide prima ancora che gli occhi si<br />
aprano, come la fanciulla facesse un bel sogno. Gesù le tiene sempre la mano<br />
nella sua mano. La bambina apre dolcemente gli occhi, li gira intorno come se si<br />
svegliasse allora. Vede per primo il volto di Gesù che la fissa coi suoi
splendidi occhi e le sorride con bontà che incoraggia, e gli sorride.<br />
«Alzati» ripete Gesù. E scosta con la sua mano gli apparati funebri che erano<br />
sparsi sul lettuccio e ai lati (fiori, veli, ecc. ecc.) e l’aiuta a scendere, le<br />
fa fare i primi passi tenendola sempre per mano.<br />
«Datele da mangiare, ora» ordina. «Essa è guarita. Dio ve l’ha resa.<br />
Ringraziatelo. E non dite a nessuno ciò che è accaduto. Voi sapete che era<br />
avvenuto di lei. Avete creduto e avete meritato il miracolo. Gli altri non hanno<br />
avuto fede. Inutile cercare di persuaderli. A chi nega il miracolo Dio non si<br />
mostra. E tu, fanciulla, sii buana. Addio! La pace sia a questa casa». Ed esce<br />
rinchiudendo l’uscio dietro di Sè.<br />
La visione cessa.<br />
7Le dirò che i due punti in cui essa mi ha particolarmente letificata sono stati<br />
quelli in cui Gesù cerca nella folla chi l’ha toccato e soprattutto quando,<br />
ritto presso la morticina, le prende la mano e le ordina di alzarsi. La pace, la<br />
sicurezza è entrata in me. Non è possibile che un Pietoso suo pari e un Potente<br />
non possa avere pietà di noi e vincere il Male che ci fa morire.<br />
Gesù per ora non commenta, come non dice nulla su altre cose. Mi vede quasi<br />
morta e non giudica opportuno che io stia meglio questa sera. Sia fatto come<br />
Egli vuole. Sono felice abbastanza nell’avere in me la sua visione.<br />
231.A Cafarnao, Gesù e Marta parlano della crisi che tormenta Maria di<br />
Magdala.<br />
27 luglio 1945<br />
1Accaldato e polveroso, Gesù, con Pietro e Giovanni, rientra nella casa di<br />
Cafarnao.<br />
Ha appena messo piede nell’orto, diretto alla cucina, quando il padrone di casa<br />
lo chiama famigliarmente dicendogli: «Gesù è tornata quella dama di cui ti ho<br />
parlato a Betsaida, è tornata a cercarti. Le ho detto di aspettarti e l’ho<br />
condotta di sopra, nella stanza alta».<br />
«Grazie, Tommaso, vado subito. Se vengono gli altri trattienili qui». E Gesù<br />
sale lesto la scala senza neppure levarsi il mantello.<br />
Sulla terrazza dove la scala immette vi è ferma Marcella, l’ancella di Marta.<br />
«Oh! Maestro nostro! La mia padrona è là dentro. Ti aspetta da tanti giorni»<br />
dice la donna inginocchiandosi a venerare Gesù.<br />
«Lo immaginavo. Vado subito da lei. Dio ti benedica, Marcella».<br />
Gesù alza la tenda messa a fare da riparo alla luce ancora violenta nonostante<br />
che il tramonto sia avanzato e faccia di fuoco l’aria e pare accenda le case<br />
bianche di Cafarnao con il riverbero rosso di un enorme braciere. Nella stanza,<br />
tutta velata a avvolta in un mantello, seduta presso una finestra, è Marta.<br />
Forse guarda uno scorcio di lago in cui si tuffa il muso di un colle boscoso.<br />
Forse non guarda che i suoi pensieri. Certo è molto assorta, tanto da non<br />
sentire il lieve scalpiccio di Gesù che le sei avvicina. E ha un sussulto quando<br />
Egli la chiama.<br />
«Oh! Maestro!» grida. E scivola in ginocchio a braccia tese, come invocando<br />
aiuto, e poi si curva fino a toccare con la fronte il pavimento e piange.<br />
2«Ma perché? Su, alzati! Perché questo grande pianto? Hai qualche sventura da<br />
dirmi? Sì? Quale dunque? Sono stato a Betania, lo sai? Sì? E là ho saputo che<br />
c’erano buone notizie. Ora tu piangi... che cosa è avvenuto?» e la forza ad<br />
alzarsi facendola sedere sul sedile messo contro la parete e sedendosi di fronte<br />
a lei. «Andiamo, levati il velo e il mantello, come faccio Io. Devi soffocare<br />
lì sotto. E poi voglio vedere il viso di questa Marta turbata, per cacciare<br />
tutte le nuvole che l’oscurano».<br />
Marta ubbidisce piangendo sempre, e appare il suo viso arrossato, dagli occhi<br />
gonfi.<br />
«Dunque? Ti aiuterò Io. Maria ti ha mandato a chiamare. Ha pianto molto, ha<br />
voluto sapere molto di Me, e tu hai pensato che ciò fosse un buon segno, tanto<br />
che per compiere il miracolo hai desiderato Me. E Io sono venuto. E ora?…».<br />
«Ora più nulla, Maestro! Mi sono sbagliata! È la troppo viva speranza che fa<br />
vedere ciò che non c’è... Ti ho fatto venire per nulla... Maria è peggio di<br />
prima... No! Che dico! Calunnio, mento. Non è peggio, perché non vuole più
uomini d’intorno. È diversa, ma è sempre tanto cattiva. Mi sembra pazza... Io<br />
non la capisco più. Prima, almeno, la capivo. Ma ora! Ora chi la capisce più?» e<br />
Marta piange desolatamente.<br />
«Su, mettiti calma e dimmi cosa fa. Perché è cattiva? Uomini, dunque, non ne<br />
vuole più intorno. Suppongo perciò che viva ritirata in casa. È così? Sì? Bene.<br />
Ciò è molto bene. L’averti desiderato vicina come per essere difesa dalla<br />
tentazione - sono le tue parole - e lo schivare la tentazione inibendosi le<br />
colpevoli relazioni, o anche semplicemente ciò che potrebbe indurre a colpevoli<br />
relazioni, è segno di volontà buona».<br />
«Dici di sì, Maestro? Proprio lo credi che è così?».<br />
«Ma certo. In che allora ti sembra cattiva? 3Raccontami cosa fa...».<br />
«Ecco». Marta, un poco rianimata dalla certezza di Gesù, parla con più ordine.<br />
«Ecco. Maria da quando sono venuta non è più uscita dalla casa e dal giardino,<br />
neppure per andare sul lago con la barca. E mi ha detto la sua nutrice che anche<br />
prima non usciva quasi più. Dalla Pasqua pare che abbia avuto inizio questo<br />
mutamento. Però prima della mia venuta ancora venivano persone a trovarla e non<br />
sempre lei le respingeva. Delle volte dava l’ordine che nessuno fosse fatto<br />
passare. E pareva un ordine dato per sempre. Poi giungeva a percuotere i servi,<br />
presa da un’ira ingiusta se, accorrendo lei verso il vestibolo per avere sentito<br />
la voce dei visitatori, li trovava già partiti. Da quando sono venuta io, non lo<br />
ha fatto più. Mi ha detto la prima notte, e per questo io ho tanto sperato:<br />
“Tienimi, legami magari. Ma non mi lasciare più uscire, non lasciare più che io<br />
veda altri che te e la nutrice. Perché io sono una malata e voglio guarire. Ma<br />
quelli che vengono da me, o che vogliono che io vada da loro, sono come degli<br />
stagni di febbre. Mi fanno sempre più ammalare. Ma sono tanto belli,<br />
all’apparenza, sono tanto fioriti e pieni di canti, con frutta d’aspetto<br />
piacevole, che io non so resistere perché sono una disgraziata, una disgraziata<br />
sono. La tua sorella è una debole, Marta. E c’è chi si approfitta della sua<br />
debolezza per farle compiere cose infami alle quali un resto di me non consente.<br />
L’unico resto che ho ancora della mamma, della povera mamma mia...” e piangeva,<br />
piangeva. E io l’ho fatto questo. Con dolcezza, nelle ore che lei è più<br />
ragionevole; con fermezza nelle ore che mi sembra una fiera in gabbia. Non si è<br />
mai ribellata a me. Anzi, passati i momenti di maggiore tentazione, viene a<br />
piangere ai miei piedi, col capo sul grembo e dice: “Perdonami, perdonami!” E se<br />
io le chiedo: “Ma di che, sorella? Tu non mi hai dato dolore”, lei mi risponde:<br />
“Perché poco fa, o ieri sera, quando tu mi hai detto: ‘Tu non vai fuori di qui’,<br />
io nel mio cuore ti ho odiata, maledetta, e ti ho desiderato la morte”. Non fa<br />
pena, Signore? Me è pazza forse? Il suo vizio l’ha resa pazza? Penso che qualche<br />
amante le abbia dato un filtro per rendersela schiava nella lussuria e ciò le<br />
sia salito al cervello...».<br />
«No. Niente filtro. Niente pazzia. È un’altra cosa. 4Ma continua».<br />
«Dunque con me è rispettosa ed ubbidiente. Anche i servi non li ha più<br />
maltrattati. Ma però, dopo la prima sera, non ha più chiesto di sapere nulla di<br />
Te. Anzi se io ne parlo devia il discorso. Salvo poi a stare ore e ore sullo<br />
scoglio dove è il belvedere a guardare il lago, fino ad esserne abbacinata, e a<br />
chiedermi, ad ogni barca che vede passare: “Ti pare quella dei pescatori<br />
galilei?”. Non dice mai il tuo Nome, né quello degli apostoli. Ma io so che<br />
pensa a loro e a Te nella barca di Pietro. E anche capisco che pensa a Te perché<br />
delle volte alla sera, mentre passeggiamo nel giardino oppure attendiamo l’ora<br />
del riposo, io cucendo, lei stando con le mani in mano, mi dice: “Così dunque<br />
bisogna vivere secondo la dottrina che segui?”. E delle volte piange, altre ride<br />
con una risata sarcastica, da pazza o da demonio. Altre volte invece si scioglie<br />
i capelli, sempre così artisticamente acconciati, e ne fa due trecce, e si mette<br />
una delle mie vesti e mi viene davanti con le trecce giù per le spalle o portate<br />
sul davanti, tutta accollata, pudica, fatta giovanetta dall’abito, dalle trecce<br />
e dall’espressione del volto, e dice ancora: “Così dunque dovrebbe divenire<br />
Maria?”, e anche lì delle volte piange baciandosi le sue splendide trecce grosse<br />
come braccia, lunghe fino ai ginocchi, tutto quell’oro vivo che era la gloria di<br />
mia madre, e alle volte invece fa quell’orrenda risata oppure mi dice: “Ma<br />
piuttosto, guarda, faccio così, e mi levo di mezzo”, e si annoda le trecce alla<br />
gola e stringe fino a diventare paonazza come per volersi strozzare. Altre<br />
volte, si capisce quando più forte sente la sua... carne, ella si compassiona<br />
oppure si malmena. L’ho trovata che si percuoteva ferocemente il seno, il<br />
grembo, e si graffiava la faccia, picchiava la testa contro il muro, e se io le
chiedevo: “Ma perché fai così?”, mi si voltava stravolta, feroce, dicendo: “Per<br />
spezzarmi. Me, le mie viscere e la mia testa. Le cose nocive, maledette, vanno<br />
distrutte. Mi distruggo”. E se io le parlo della misericordia divina, di Te -<br />
perché io ne parlo lo stesso, di Te, come se lei fosse la più fedele delle tue<br />
discepole, e ti giuro che delle volte ho ribrezzo di parlarne davanti a lei -<br />
lei mi risponde: “Per me non ci può essere misericordia. Ho passato la misura”.<br />
E allora le prende una furia di disperazione, e grida, percuotendosi a sangue:<br />
“Ma perché? Perché a me questo mostro che mi dilania? Che non mi dà pace. Che mi<br />
porta al male con voci di canto e poi mi ci unisce le voci maledicenti del<br />
padre, della mamma, di voi, perché anche tu e Lazzaro mi maledite, e mi maledice<br />
Israele, me le porta per farmi impazzire...”. Io allora, quando così dice,<br />
rispondo: “Perché pensi a Israele, un popolo sempre, e non a Dio? Ma posto che<br />
non hai pensato prima a calpestare tutto, pensa ora a superare tutto, e a non<br />
curarti altro che di quello che non è mondo, ossia di Dio, del padre, della<br />
madre. Ed essi non ti maledicono se tu cambi vita, ma ti aprono le braccia...”.<br />
E lei mi ascolta, pensierosa, stupita come io dicessi una favola impossibile, e<br />
poi piange... Ma non risponde. Delle volte invece ordina ai servi vini e droghe,<br />
e beve e mangia questi cibi artificiosi e spiega: “Per non pensare”. Ora da<br />
quando sa che Tu sei sul lago, dice a me, tutte le volte che si accorge che<br />
vengo: “Qualche volta vengo anche io” e ridendo di quel riso che è un insulto a<br />
se stessa, termina: “Così almeno l’occhio di Dio cadrà anche sul letame”. Ma io<br />
non voglio che venga. E ora aspetto a venire quando lei, stanca di ira, di vini,<br />
di pianto, di tutto, dorme spossata. Anche oggi sono fuggita così, in modo da<br />
tornare a notte, prima che lei si ridesti. Questa è la mia vita... e io non<br />
spero più...» e il pianto non più frenato dal pensiero di dire tutto con ordine,<br />
riprende più forte di prima.<br />
5«Ti ricordi, Marta, cosa ti ho detto una volta? “Maria è una malata”. Tu non lo<br />
volevi credere. Ora lo vedi. Tu la chiami pazza. Lei stessa si dice malata di<br />
febbri peccaminose. Io dico: inferma per possesso demoniaco. È sempre una<br />
malattia. E queste incoerenze, queste furie, questi pianti, e desolazioni, e<br />
aneliti a Me sono le fasi del suo male che, giunto al momento della guarigione,<br />
ha le più violenti crisi. Tu fai bene ad essere buona con lei. Fai bene ad<br />
essere paziente. Fai bene a parlarle di Me. Non averne ribrezzo a dire il mio<br />
Nome in sua presenza. Povera anima della mia Maria! È pure essa uscita dal Padre<br />
Creatore, non dissimile dalle altre, dalla tua, da quella di Lazzaro, da quelle<br />
degli apostoli e discepoli. Pure essa è stata inclusa e contemplata fra le anime<br />
per cui Io mi sono fatto carne per essere Redentore. Anzi per lei più che per<br />
te, per Lazzaro, apostoli e discepoli, Io sono venuto. Povera, cara anima che<br />
soffre, della mia Maria! Della mia Maria avvelenata con sette veleni oltre che<br />
col veleno primogenito e universale!” Della mia Maria prigioniera! Ma lascia che<br />
venga a Me! Lascia che respiri il mio respiro, che senta la mia voce, che<br />
incontri il mio sguardo!... Si dice: “letame”... Oh! povera cara, che dei sette<br />
demoni ha in sé meno forte quello della superbia! Ma solo per questo si<br />
salverà!».<br />
6«Ma se poi uscendo trova qualcuno che la devia di nuovo verso il vizio? Lei<br />
stessa lo teme...».<br />
«E sempre lo temerà, ora che è giunta ad avere nausea del vizio. Ma non temere.<br />
Quando un’anima ha già questo desiderio di venire al Bene, e ne è trattenuta<br />
solo dal Nemico diabolico, che sa di perdere la preda, e dal nemico personale<br />
dell’io, che ragiona ancora umanamente e giudica se stesso umanamente,<br />
applicando a Dio il suo giudizio per impedire allo spirito di dominare l’io<br />
umano, allora quell’anima è già forte contro gli assalti del vizio e dei<br />
viziosi. Ha trovato la Stella Polare, e non devia più. E ugualmente non dirle<br />
più: “E non hai pensato a Dio e invece pensi a Israele?”. È un rimprovero<br />
implicito. Non lo fare. È una uscita dalle fiamme. È tutta una piaga. Non la<br />
sfiorare altro che con balsami di dolcezza, di perdono, di speranza... Lasciala<br />
libera di venire. Anzi, devi dirle quando conti di venire, ma non dirle: “Vieni<br />
con me”. Anzi, se riesci a capire che viene, tu non venire. Torna indietro.<br />
Attendila a casa. Ti verrà spezzata dalla Misericordia. Perché Io le devo levare<br />
la malvagia forza che ora la tiene, e per qualche ora sarà come una svenata, una<br />
a cui un medico ha levato le ossa. Ma poi starà meglio. Sarà sbalordita. Avrà un<br />
grande bisogno di carezze e di silenzio. Assistila come fossi il suo secondo<br />
angelo custode: senza farti sentire. E se la vedrai piangere, lasciala piangere.<br />
E se la udrai farsi domande, lasciala fare. E se la vedrai sorridere, e poi
farsi seria, e poi sorridere con un sorriso mutato, con un occhio mutato, con un<br />
volto mutato, non farle domande, non metterla in soggezione. Soffre più ora,<br />
nell’ascendere, che quando discese. E deve fare da sé, come da sé ha fatto<br />
quando è discesa. Non ha sopportato allora i vostri sguardi sulla sua discesa,<br />
perché nei vostri occhi era il rimprovero. Ma ora non può, nella sua vergogna<br />
finalmente risvegliata, sopportare il vostro sguardo. Allora era forte perché<br />
aveva in sé Satana che era il padrone, e la mala forza che la reggeva e poteva<br />
sfidare il mondo, eppure non ha potuto essere vista da voi nel suo peccare. Ora<br />
non ha più Satana per padrone. Egli è ospite in lei, ancora, ma è già tenuto<br />
alla gola dal volere di Maria. E non ha ancora me. Perciò è troppo debole. Non<br />
può sostenere neppure la carezza dei tuoi occhi fraterni sulla sua confessione<br />
al suo Salvatore. Tutta la sua energia è volta e consumata a tenere alla gola il<br />
suo settemplice demone. Per tutto il resto ella è indifesa, nuda. Ma Io la<br />
rivestirò e fortificherò. 7Va’ in pace, Marta. E domani, con tatto, dille che Io<br />
parlerò presso il torrente della Fonte, qui a Cafarnao, dopo il vespero. Và in<br />
pace! Va’ in pace! Ti benedico».<br />
Marta è perplessa ancora.<br />
«Non cadere in incredulità, Marta» le dice Gesù che l’osserva.<br />
«No, Signore. Ma penso... Oh! dàmmi qualche cosa che io possa dare a Maria, per<br />
darle un poco di forza... Soffre tanto... e io ho tanta paura che non riesca a<br />
trionfare sul demonio!».<br />
«Sei una bambina! Ha Me e te, Maria. Può mai non riuscire? Però vieni e tieni.<br />
Dàmmi questa mano che non ha mai peccato, che ha saputo essere dolce,<br />
misericordiosa, attiva, pia. Ha sempre fatto gesti di amore e di preghiera. Non<br />
si è impoltrita nell’ozio. Non si è corrotta mai. Ecco, la tengo fra le mie per<br />
farla più santa ancora. Alzala contro il demonio ed esso non la sopporterà. E<br />
prendi questa mia cintura. Non te ne separare mai. E tutte le volte che la<br />
vedrai di’ a te stessa: “Più forte di questa cintura di Gesù è il potere di<br />
Gesù, e con esso tutto si vince: demoni e mostri. Non devo temere”. Sei contenta<br />
ora? La mia pace sia con te. Va’ tranquilla».<br />
Marta lo venera ed esce.<br />
Gesù sorride mentre la vede riprendere posto nel carro, che Marcella ha fatto<br />
venire alla porta, e andare verso Magdala.<br />
232. Guarigione di due ciechi e di un indemoniato<br />
28 luglio 1945<br />
1Poi Gesù scende nella cucina e, vedendo che Giovanni sta per andare alla<br />
fonte, anziché rimanere nella cucina calda e fumosa preferisce andare con<br />
Giovanni, lasciando Pietro alle prese con dei pesci che hanno portato allora<br />
allora i garzoni di Zebedeo per la cena del maestro e degli apostoli.<br />
Non vanno alla fonte sorgiva che è all’estremo del paese, ma a quella sulla<br />
piazza e dove certo l’acqua viene portata ancora da quella bella e abbondante<br />
sorgiva che spiccia dalla costa del monte presso il lago. Sulla piazza è la<br />
solita folla dei paesi palestinesi a sera. Donne con le anfore, bambini che<br />
giuocano, uomini che trattano di affari o… di pettegolezzi locali. Passano<br />
anche, attorniati da servi o da clienti, i farisei diretti alle ricche case.<br />
Tutti si scansano per farli passare ossequiandoli, salvo poi, appena passati,<br />
maledirli di cuore narrando i loro ultimi soprusi e strozzinaggi.<br />
2Matteo, in un angolo della piazza, conciona i suoi antichi amici, il che fa<br />
dire con sprezzo e a voce alta il fariseo Uria: «Le famose conversioni!<br />
L’affetto al peccato rimane e lo si vede dalle amicizie che durano. Ah! Ah!».<br />
Al che Matteo si volge risentito rispondendo: «Durano per convertirli».<br />
«Non ce n’è bisogno! Basta il tuo Maestro. Tu stacci lontano, che non ti torni<br />
la malattia, ammesso che tu sia guarito proprio».<br />
Matteo diviene paonazzo nello sforzo di non dirne quattro, ma si limita a<br />
rispondere: «Non temere e non sperare».<br />
«Cosa?».<br />
«Non tenere che io torni ad essere Levi il pubblicano e non sperare che io ti<br />
imiti per perdere queste anime. Le separazioni e gli sprezzi li lascio a te e ai<br />
tuoi amici. Io imito il mio Maestro e avvicino i peccatori per portarli alla<br />
Grazia».<br />
Uria vorrebbe ribattere, ma sopraggiunge l’altro fariseo, il vecchio Eli, e<br />
dice: «Ma non sporcare la tua purezza e non contaminare la tua bocca, amico.<br />
Vieni con me» e prende sotto braccio Uria portandolo verso la sua casa.
3Intanto la folla, specie di bambini, si è stretta ancora a Gesù. Vi è fra i<br />
bambini la coppia dei fratellini Giovanna e Tobiolo, quelli che in un giorno<br />
lontano si litigavano per i fichi, e dicono a Gesù, brancicando con le loro<br />
manine l’alto corpo di Gesù per richiamare la sua attenzione: «Senti, senti.<br />
Anche oggi siamo stati buoni, sai? Non abbiamo mai pianto. Non ci siamo mai<br />
fatti dispetti, per amore di Te. Ci dai un bacio?».<br />
«Siete stati buoni dunque, e per amor mio! Che gioia mi date. Eccovi il bacio. E<br />
domani siate meglio ancora».<br />
E vi è Giacomo, il piccolo che portava ogni sabato la borsa di Matteo a Gesù.<br />
Dice: «Levi non mi dà più nulla per i poveri del Signore, ma io ho messo via<br />
tutti gli spiccioli che mi danno quando sono buono e ora te li do. Li dai ai<br />
poveri per il mio nonno?».<br />
«Certamente. Che ha il nonno?».<br />
«Non cammina più. È tanto vecchio e le gambe non lo reggono più».<br />
«Ti spiace questo?».<br />
«Sì, perché era il mio maestro quando si andava per la campagna. Mi diceva tante<br />
cose. Mi faceva amare il Signore. Anche ora mi dice di Giobbe e mi fa vedere le<br />
stelle del cielo, ma dalla sua sedia… Era più bello prima».<br />
«Verrò da tuo nonno domani. Sei contento?».<br />
E Giacomo è surrogato da Beniamino, non quello di Magdala, il Beniamino di<br />
Cafarnao, quello di una lontana visione. Giunto sulla piazza insieme alla madre<br />
e visto Gesù, lascia la mano materna e si getta con un grido che pare un garrito<br />
di rondine fra la piccola calca e, arrivato davanti a Gesù, lo abbraccia ai<br />
ginocchi dicendo: «Anche a me, anche a me una carezza!».<br />
4Passa in quel momento il fariseo Simone e fa un pomposo inchino a Gesù che<br />
glielo ricambia. Il fariseo si ferma e, mentre la folla si scansa come<br />
intimorita, il fariseo dice: «E a me non daresti una carezza?» e ha un lieve<br />
sorriso.<br />
«A tutti che me lo chiedono. Mi felicito con te, Simone, per la tua ottima<br />
salute. Mi avevano detto a Gerusalemme che eri stato alquanto malato».<br />
«Sì. Molto. Ti ho desiderato per guarire».<br />
«Credevi che Io potessi?».<br />
«Non ne ho mai dubitato. Ma ho dovuto guarire da me perché Tu sei stato molto<br />
assente. Dove sei stato?».<br />
«Ai confini di Israele. Così ho occupato i giorni fra Pasqua e Pentecoste».<br />
«Molti successi? Ho saputo dei lebbrosi di Innon e Siloan. Grandioso. Quello<br />
solo? No, certo. Ma ciò si sa per il sacerdote Giovanni. Chi non è prevenuto<br />
crede in Te ed è beato».<br />
«E chi non crede perché è prevenuto? Che è di lui, saggio Simone?».<br />
Il fariseo si turba un poco… è combattuto fra la voglia di non condannare i<br />
suoi troppi amici che sono prevenuti contro Gesù e quella di ben meritare gli<br />
elogi di Gesù. Ma vince questa e dice: «E chi non vuol credere in Te nonostante<br />
le prove che dài è condannato».<br />
«Io vorrei che nessuno lo fosse…».<br />
«Tu sì. Noi non ti ricambiamo con la stessa misura di bontà che Tu hai per noi.<br />
Troppi non ti meritano…. Gesù, ti vorrei mio ospite domani…».<br />
«Domani non posso. Facciamo fra due giorni. Accetti?».<br />
«Sempre. Avrò… amici… e li dovrai compatire se…».<br />
«Sì, sì. Verrò con Giovanni».<br />
«Solo lui?».<br />
«Gli altri hanno altre missioni. Eccoli che tornano dalle campagne. La pace a<br />
te, Simone».<br />
«Dio sia con Te, Gesù».<br />
Il fariseo se ne va e Gesù si riunisce agli apostoli.<br />
5Tornano a casa per la cena.<br />
Ma mentre mangiano il pesce arrostito li raggiungono dei ciechi che già avevano<br />
implorato Gesù per la via. Ripetono ora il loro: «Gesù, Figlio di Davide, abbi<br />
pietà di noi!».<br />
«Ma andate via! Vi ha detto: “domani”, e domani sia. Lasciatelo mangiare»<br />
rimprovera Simon-Pietro.<br />
«No, Simone. Non li cacciare. Tanta costanza merita un premio. Venite avanti,<br />
voi due» dice poi ai ciechi, e quelli entrano tastando col bastone il suolo e le<br />
pareti. «Credete voi che Io vi possa rendere la vista?».<br />
«Oh! sì! Signore! Siamo venuti perché ne siamo certi».
Gesù si alza da tavola, li avvicina, pone i suoi polpastrelli sulle palpebre<br />
cieche, alza il volto, prega e dice: «Siavi fatto secondo la fede che avete».<br />
Leva le mani e le palpebre senza moto si muovono perché la luce colpisce di<br />
nuovo le pupille rinate in uno, e si disigillano le palpebre all’altro, e dove<br />
prima era una naturale sutura dovuta certo a ulceri mal curate, ecco che si<br />
riforma l’orlo palpebrale senza difetti e si alza e si abbassa con moto d’ala.<br />
I due cadono in ginocchio.<br />
«Alzatevi e andate. E badate bene che nessuno sappia ciò che vi ho fatto.<br />
Portate alle vostre città la novella della grazia ricevuta, ai parenti, agli<br />
amici. Qui non è necessario e non è propizio all’anima vostra.. Conservatela<br />
immune da lesioni alla sua fede così come, ora che sapete cosa è l’occhio, lo<br />
preserverete da lesioni per non accecare di nuovo».<br />
6La cena ha termine. Salgono sulla terrazza dove è un poco di frescura. Il lago<br />
è tutto un brillio sotto il quarto di luna.<br />
Gesù si siede sull’orlo del muretto e si astrae a guardare quel lago di argento<br />
mosso. Gli altri parlano fra di loro a voce sommessa per non disturbarlo. Ma lo<br />
guardano come affascinati.<br />
Infatti! Come è bello! Tutto aureolato di luna che ne illumina il volto severo e<br />
sereno nello stesso tempo, permettendo di studiarne i più lievi particolari,<br />
Egli sta con la testa lievemente riversa, appoggiata al tralcio ruvido della<br />
vite che sale di lì per stendersi poi sulla terrazza. I suoi occhi lunghi, di un<br />
azzurro che nella notte pare quasi color dell’onice, pare riversino onde di pace<br />
su tutte le cose. Qualche volta si alzano verso il cielo sereno, sparso d’astri,<br />
talaltra si abbassano sulle colline, e più giù, sul lago, altre ancora fissano<br />
un punto indeterminato e pare che sorridano ad un loro proprio vedere. I capelli<br />
ondeggiano al vento leggero. Con una gamba sospesa a poca distanza dal suolo,<br />
l’altra che al suolo si appoggia, sta così, seduto di sbieco, con le mani<br />
abbandonate sul grembo, e l’abito bianco pare accentuare il suo candore, farsi<br />
quasi d’argento per la luce lunare, mentre le mani lunghe e di un bianco<br />
d’avorio sembrano accentuare la loro tinta di vecchio avorio e la loro bellezza<br />
virile e pure affusolata. Anche il volto, dalla fronte alta, dal naso diritto,<br />
dall’ovale sottile delle guance, che la barba biondo rame allunga, sembra, in<br />
questa luce lunare, farsi di avorio vecchio perdendo la sfumatura rosea che nel<br />
giorno si nota al sommo delle guance.<br />
«Sei stanco, Maestro?» interroga Pietro.<br />
«No».<br />
«Mi sembri pallido e pensieroso…».<br />
«Pensavo. Ma non credo di essere più pallido del solito. 7Venite qui… Il lume di<br />
luna vi fa tutti più pallidi voi pure. Domani andrete a Corozim. Forse troverete<br />
dei discepoli. Parlate loro. E badate di essere domani al vespero qui.<br />
Predicherò presso il torrente».<br />
«Che bella cosa! Lo diremo a quelli di Corozim. Oggi, nel ritorno, abbiamo<br />
incontrato Marta e Marcella. Erano state qui?» chiede Andrea.<br />
«Si».<br />
«A Magdala si faceva un gran parlare di Maria che non esce più, che non dà più<br />
feste. Abbiamo riposato presso la donna dell’altra volta. Beniamino mi ha detto<br />
che quando ha voglia di fare il cattivo pensa a Te e…».<br />
«…e a me, dillo pure, Giacomo» dice l’Iscariota.<br />
«Non lo ha detto».<br />
«Ma lo ha sottinteso dicendo: “Non voglio essere bello ma cattivo, io” e mi ha<br />
guardato storto. Non mi può soffrire…».<br />
«Antipatie senza peso, Giuda. Non ci pensare» dice Gesù.<br />
«Sì, Maestro. Ma è seccante che…».<br />
8«C’è il Maestro?» grida una voce dalla via.<br />
«C’è. Ma che volete da capo? Non vi basta il giorno quanto è lungo? È questa<br />
l’ora da disturbare dei poveri pellegrini? Tornate domani» ordina Pietro.<br />
«È che abbiamo con noi un muto indemoniato. E per la strada ci è scappato tre<br />
volte. Se non era così si arrivava prima. Siate buoni! Fra poco, quando la luna<br />
sarà alta, urlerà forte e spaventerà il paese. Vedete come già si agita?!».<br />
Gesù si sporge dal muretto dopo aver attraversato tutta la terrazza. Gli<br />
apostoli lo imitano. Una collana di visi curvi su una turba di gente che alza la<br />
testa verso quelli che la chinano. In mezzo, con mosse e mugolio da orso o da<br />
lupo incatenato, un uomo ben legato ai polsi perché non fugga. Mugola<br />
dimenandosi con mosse bestiali e come cercando al suolo chissà che. Ma quando
alza gli occhi e incontra lo sguardo di Gesù ha un urlo bestiale, inarticolato,<br />
un vero ululato, e cerca di fuggire. La folla, quasi tutta Cafarnao nei suoi<br />
adulti, si scansa impaurita.<br />
«Vieni, per carità! Gli riprende come prima…».<br />
«Vengo subito». E Gesù scende svelto andando di faccia al disgraziato che è più<br />
che mai agitato.<br />
«Esci da costui. Lo voglio».<br />
L’ululo chi schianta in una parola: «Pace!».<br />
«Sì, pace. Abbi pace ora che sei liberato».<br />
La folla urla di meraviglia vedendo il subitaneo passaggio dalla furia alla<br />
quiete, dalla possessione alla liberazione, dal mutismo alla favella.<br />
9«Come avete saputo che ero qui?».<br />
«A Nazaret ci dissero: “È a Cafarnao”. A Cafarnao ce lo confermarono due che si<br />
dicevano risanati negli occhi da Te, in questa casa».<br />
«È vero! È vero! Anche a noi lo dissero!» gridano in molti. E commentano: «Mai<br />
si videro cose simili in Israele!».<br />
«Se non avesse l’aiuto di Belzebù non le farebbe” ghignano i farisei di<br />
Cafarnao, fra i quali manca Simone.<br />
«Aiuto o non aiuto, io sono guarito e i ciechi pure. Voi non lo potreste fare,<br />
nonostante le vostre gran preghiere» rimbecca il muto indemoniato guarito e<br />
bacia la veste di Gesù, che non risponde ai farisei, ma si limita a licenziare<br />
la folla col suo: «La pace sia con voi», mentre trattiene il miracolato e chi lo<br />
accompagna offrendo ricovero nella stanza alta per il riposo fino all’alba.<br />
10…Dice Gesù: «Qui metterete la Parabola della pecorella smarrita, avuta il<br />
12-8-1944».<br />
133.La parabola della pecorella smarrita, ascoltata anche da Maria di<br />
Magdala.<br />
12 agosto 1944<br />
1Gesù parla alle folle. Montato sul margine arborato di un torrentello, parla a<br />
molta gente sparsa su un campo che ha il grano segato e mostra l’aspetto<br />
desolante delle stoppie arse.<br />
È sera. Il crepuscolo scende, ma già sale la luna. Una bella e chiara sera di<br />
prima estate. Dei greggi tornano all’ovile e il din-don dei campanacci si<br />
mescola ad un gran cantare di grilli o cicale, un grande gri, gri, gri...<br />
Gesù prende lo spunto dalle mandre che passano. Dice:<br />
«Il Padre vostro è come un pastore sollecito.<br />
Che fa il pastore buono? Cerca pascoli buoni per le sue pecorelle, quelli dove<br />
non sono cicute e tossici, ma dolci trifogli, aromatiche mentucce e amari ma<br />
salutiferi radicchi. Cerca là dove insieme al cibo sia fresco e puro ruscello e<br />
ombra di piante e non regnino aspidi fra il verde delle zolle. Non si cura di<br />
preferire i pascoli più grassi perché sa che in essi è più facile trovare<br />
insidia di colubri e d’erbe nocive, ma dà le sue preferenze ai pascoli montani,<br />
dove le rugiade fan monda e fresca l’erbetta, ma il sole la pulisce dai rettili,<br />
là dove l’aria è mossa e buona e non pesante e malsana come quella di pianura.<br />
Il buon pastore osserva una per una le sue pecore. Le cura se sono malate, e<br />
medica se ferite. A quella che si ammalerebbe per troppa ingordigia di cibo dà<br />
la voce, all’altra che prenderebbe un male per rimanere troppo all’umido o<br />
troppo al sole dice di venire in altro luogo. E se una svogliata non mangia,<br />
egli le cerca gli steli aciduli e aromatici atti a risvegliarle l’appetito e<br />
glieli porge di sua mano parlandole come a persona amica.<br />
Così fa il Padre buono che è nei Cieli coi suoi figli erranti sulla terra. Il<br />
suo amore è la verga che li raduna, la sua voce è la guida, i suoi pascoli la<br />
sua Legge, il suo ovile il Cielo.<br />
2Ma ecco che una pecorella lo lascia. Quanto Egli l’amava! Era giovane, pura,<br />
candida, come nuvola in cielo d’aprile. Il pastore la guardava con tanto amore,<br />
pensando a quanto bene poteva ad essa fare e quanto amore riceverne. Ed essa lo
abbandona.<br />
È passato, lungo la via che costeggia il pascolo, un tentatore. Non ha la<br />
casacca austera, ma veste una veste di mille colori. Non ha cintura di pelle con<br />
l’ascia e il coltello pendenti, ma una cintura d’oro da cui pendono sonagli<br />
argentini, melodiosi come voce di usignolo, e fiale di essenze che inebbriano…<br />
Non ha bordone come il pastore buono col quale radunare e difendere le pecore, e<br />
se non basta il bordone egli è pronto a difenderle con l’ascia e coltello e<br />
anche con la vita. Ma, questo tentatore che passa ha fra le mani un turibolo<br />
brillante di gemme, da cui sale un fumo che è lezzo e profumo insieme, ma che<br />
sbalordisce così come lo sfaccettio dei gioielli - oh! quanto falsi! - abbacina.<br />
Egli va cantando e lascia cadere manate di un sale che brilla sulla strada<br />
oscura…<br />
Novantanove pecore guardano e stanno. La centesima, più giovane e cara, fa un<br />
balzo e scompare dietro al tentatore. Il pastore la chiama. Ma lei non torna. Va<br />
più veloce del vento per raggiungere colui che è passato e, per sorreggersi<br />
nella corsa, gusta di quel sale che le scende dentro e la brucia di un delirio<br />
strano per cui anela acque fonde e verdi in un cupo di selve. E nelle selve,<br />
dietro il tentatore, si sprofonda e penetra e sale e scende e cade… una, due,<br />
tre volte. E una, due, tre volte sente intorno al suo collo l’abbraccio viscido<br />
dei rettili, e volendo bere beve acque inquinate, e volendo nutrirsi morde erbe<br />
lucide di bave schifose.<br />
3Che fa intanto il pastore buono? Chiude al sicuro le novantanove fedeli e poi<br />
si pone in cammino, e non resta di andare sinché non trova tracce della perduta.<br />
Poiché ella non torna a lui, che pure affida ai venti le sue parole di richiamo,<br />
egli va a lei. E la vede da lungi, ebbra fra le spire dei rettili, tanto ebbra<br />
che non sente nostalgia del volto che l’ama; e lo deride. E la rivede, colpevole<br />
di essere penetrata, ladra, nell’altrui dimora, tanto colpevole che non osa più<br />
guardarlo… Eppure il pastore non si stanca… e va. La cerca, la cerca, la segue,<br />
l’incalza. Piangendo sulle tracce della perduta - lembi di vello: lembi d’anima;<br />
tracce di sangue: delitti diversi; lordure: prove della sua lussuria - egli va e<br />
la raggiunge.<br />
Ah! Ti ho trovata, diletta. Ti ho raggiunta! Quanto cammino ho fatto per te. Per<br />
riportarti all’ovile. Non chinare la fronte avvilita. Il tuo peccato è sepolto<br />
nel mio cuore. Nessuno, fuorché Io che ti amo, lo conoscerà. Io ti difenderò<br />
dalle critiche altrui, ti coprirò con la mia persona per farti scudo contro le<br />
pietre degli accusatori. Vieni. Sei ferita? Oh! mostrami le tue ferite. Le<br />
conosco. Ma voglio che tu me le mostri con la confidenza che avevi quando eri<br />
pura e guardavi a me, tuo pastore e dio, con occhio innocente. Eccole. Hanno<br />
tutte un nome. Come sono profonde! Chi te le ha fatte tanto profonde queste nel<br />
fondo del cuore? Il Tentatore, lo so. È lui che non ha bordone né ascia, ma che<br />
colpisce più a fondo col suo morso avvelenato, e dietro a lui colpiscono i<br />
gioielli falsi del suo turibolo: coloro che ti hanno sedotta col loro brillare…<br />
E che erano zolfi d’inferno tratti alla luce per arderti il cuore. Guarda quante<br />
ferite! Quanto vello lacerato, quanto sangue, quanti rovi!<br />
4O povera piccola anima illusa! Ma dimmi: se Io ti perdono tu mi ami ancora? Ma<br />
dimmi: se Io ti tendo le braccia, tu vi accorri? Ma dimmi: hai sete dell’amore<br />
buono? E allora vieni e rinasci. Torna nei pascoli santi. Piangi. Il tuo col mio<br />
pianto lavano le tracce del tuo peccato, ed Io per nutrirti, poiché sei<br />
consumata dal male che ti ha arsa, mi apro il petto, le vene mi apro, e ti dico:<br />
“Pasciti ma vivi!”. Vieni, che ti prendo sulle braccia. Andremo più solleciti ai<br />
pascoli santi e sicuri. Tutto dimenticherai di quest’ora disperata. E le<br />
novantanove sorelle, le buone, giubileranno per il tuo ritorno perché, Io te o<br />
dico, mia pecorella smarrita che ho cercato venendo da tanto lontano, che ho<br />
raggiunto, che ho salvato, si fa più festa fra i buoni per uno smarrito che<br />
torna, che non per novantanove giusti che mai si sono allontanati dall’ovile».<br />
5Gesù non si è mai voltato a guardare sulla via che ha alle spalle e sulla quale<br />
è sopraggiunta, fra le penombre della sera, Maria di Magdala, ancora<br />
elegantissima, ma vestita almeno, e ricoperta da un velo oscuro che ne confonde<br />
i tratti e le forme. Ma quando Gesù parla dal punto: «Io ti ho trovata,<br />
diletta», Maria porta le mani sotto al velo e piange, piano e continuamente.<br />
La gente non la vede perché ella è di qua dall’argine che borda la via. La vede<br />
solo la luna ormai alta e lo spirito di Gesù…<br />
…il quale mi dice: «Il commento è nella visione. Ma te ne parlerò ancora. Ora<br />
riposa perché è ora. Ti benedico, Maria fedele».
234. A commento di tre episodi sulla conversione di Maria di Magdala.<br />
13 agosto 1944<br />
1Dice Gesù:<br />
«Dal gennaio, da quando ti ho fatto vedere la cena in casa di Simone il<br />
lebbroso, tu e chi ti guida avete desiderato di conoscere di più Maria di<br />
Magdala e quali parole ho avuto per lei. Sette mesi dopo vi scopro queste pagine<br />
di passato per fare contenti voi e per dare una norma a quelli che devono<br />
sapersi curvare su queste lebbrose di anima, e una voce che invita a queste<br />
infelici che soffocano nel loro sepolcro di vizio ad uscirne.<br />
2Dio è buono. Con tutti è buono. Non misura con misure umane. Non fa differenze<br />
fra peccato e peccato mortale. Il peccato lo addolora, quale che sia. Il<br />
pentimento lo rende lieto e pronto al perdono. La resistenza alla Grazia lo<br />
rende inesorabilmente severo, perché la Giustizia non può perdonare<br />
all’impenitente che muore tale nonostante tutti gli aiuti avuti perché si<br />
convertisse.<br />
Ma delle mancate conversioni, se non la metà almeno i quattro decimi, sono causa<br />
prima la trascuranza dei preposti al convertire, un male inteso e bugiardo zelo<br />
che è tenda messa su un reale egoismo e orgoglio per cui si sta tranquilli nel<br />
proprio asilo, senza scendere fra il fango per strapparne un cuore. “Io sono<br />
puro, io sono degno di rispetto. Non vado là dove vi è marciume e dove mi si può<br />
mancare di riverenza”. Ma colui che così parla non ha letto il Vangelo dove è<br />
detto che il Figlio di Dio andò per convertire pubblicani e meretrici, oltre a<br />
onesti che solo erano nella Legge antica? Ma non pensa costui che l’orgoglio è<br />
impurità di mente, che l’anticarità è impurità di cuore? Sarai vilipeso? Io lo<br />
fui prima e più di te, ed ero Figlio di Dio. Dovrai portare la tua veste<br />
sull’immondezze? Ed Io non la toccai con le me mani questa immondezza per<br />
metterla in piedi e dirle: “Cammina su questa nuova via”?<br />
Non ricordate cosa ho detto ai vostri primi predecessori? “In qualunque città o<br />
villaggio entrerete informatevi chi vi sia che lo meriti e dimorate presso di<br />
lui”. Questo perché il mondo non mormori. Il mondo troppo facile a vedere il<br />
male in tutte le cose. Ma ho aggiunto: “Nell’entrare poi nelle case - ‘casÈ ho<br />
detto, non ‘casa’ - salutatele dicendo: ‘Pace a questa casa’. Se la casa ne è<br />
degna la pace verrà sopra di essa, se non ne è degna tornerà a voi”. Questo per<br />
insegnarvi che, sino a prova sicura di impenitenza, dovete avere per tutti uno<br />
stesso cuore. E ho completato l’insegnamento dicendo: “E se alcuno non vi riceve<br />
e non ascolta le vostre parole, uscendo da quelle case e da quelle città<br />
scuotete la polvere che vi è rimasta attaccata alle suole”. La fornicazione, sui<br />
buoni che la Bontà costantemente amata fa come cubo di cristallo liscio, non è<br />
che polvere. Polvere che basta scuotere o soffiarle sopra perché voli via senza<br />
lasciare lesione.<br />
Siate veramente buoni. Un blocco solo con la Bontà eterna al centro. E nessuna<br />
corruzione potrà salire a sporcarvi oltre le suole che poggiano al suolo.<br />
L’anima è tanto in alto! L’anima di chi è buono e di chi è tutta una cosa con<br />
Dio. L’anima è in Cielo. Là non giunge polvere e fango, neppure se è lanciato<br />
con astio contro lo spirito dell’apostolo. Può colpirvi la carne, ferirvi cioè<br />
materialmente e moralmente, perseguitandovi, perché il Male odia il Bene, o<br />
offendendovi. E che perciò? Non fui offeso Io? Non fui ferito? Ma incisero<br />
quelle percosse e quelle parole oscene sul mio spirito? Lo turbarono? No. Come<br />
sputo su uno specchio o come sasso lanciato contro la succosa polpa di un<br />
frutto, scivolarono senza penetrare, o penetrarono ma solo in superficie, senza<br />
ferire il germe chiuso nel nocciolo, anzi favorendone il germogliare, perché più<br />
facile è erompere da una massa socchiusa che non da una integra. È morendo che<br />
il grano germina e l’apostolo produce. Morendo materialmente talora, morendo<br />
quasi giornalmente, nel senso metaforico perché non ne è che frantumato l’io<br />
umano. E questa non è morte, è Vita. Trionfa lo spirito sulla morte<br />
dell’umanità.<br />
3Venuta a Me per capriccio di oziosa che non sa come empire le sue ore d’ozio,<br />
alle sue orecchie, rintronate dai bugiardi ossequi di chi la cullava con gli
inni al senso per averla sua schiava, è suonata, alle sue orecchie, la voce<br />
limpida e severa della Verità. Della Verità che non ha paura d’esser schernita e<br />
incompresa e parla le sue parole guardando Dio. E come coro di campane a festa<br />
tutte le voci si sono fuse nella Parola. Le voci use a suonare nei cieli,<br />
nell’azzurro libero dell’aria, propagandosi per valli e colline, pianure e<br />
laghi, per ricordare le glorie del Signore e le sue festività.<br />
Non ricordate il doppio di festa che nei tempi di pace faceva tanto lieto il<br />
giorno dedicato al Signore? La campana maggiore dava, col maglio sonoro, il<br />
primo squillo in nome della Legge divina. Diceva: “Parlo in nome di Dio: Giudice<br />
e Re”. Ma poi le minori campane arpeggiavano: “che è buono, misericorde e<br />
paziente”, sinché la campana più argentina, con voce d’angelo, diceva: “la cui<br />
carità spinge a perdonare e a compatire per insegnarvi che il perdono è più<br />
utile del rancore, e il compatimento dell’inesorabilità. Venite a Chi perdona.<br />
Abbiate fede in Chi compatisce”.<br />
Anche Io, dopo aver ricordato la Legge, calpestata dalla peccatrice, ho fatto<br />
cantare la speranza del perdono. Come una serica fascia di verde e di azzurro<br />
l’ho scossa fra le tinte nere perché vi mettesse le sue confortevoli parole. Il<br />
perdono! La rugiada sull’arsione del colpevole. La rugiada non è grandine che<br />
saetta, colpisce, rimbalza e va, senza penetrare, uccidendo il fiore. La rugiada<br />
scende così lieve che il fiore anche più tenue non la sente posarsi sui petali<br />
di seta. Ma poi ne beve il fresco e si ristora. Essa si posa presso le radici,<br />
sull’arsa gleba, e va oltre… È un umidore di lacrime, pianto delle stelle,<br />
amoroso pianto di nutrici sui figli che hanno sete, e che scende, esso stesso<br />
ristoro, insieme al latte dolce e fecondo. Oh! i misteri degli elementi che<br />
operano anche quando l’uomo riposa o pecca! Il perdono è come questa rugiada.<br />
Porta seco non solo mondezza, ma succhi vitali rapiti non agli elementi, ma ai<br />
focolari divini.<br />
Poi dopo la premessa di perdono ecco la Sapienza che parla e dice ciò che è<br />
lecito o non lecito, e richiama e scuote. Non per durezza. Ma per sollecitudine<br />
materna di salvare. Quante volte la vostra selce non si fa ancora più<br />
impenetrabile e tagliente verso la Carità che su voi si curva!… Quante volte<br />
fuggite mentre Essa vi parla!… Quante le deridete! Quante la odiate!… Se la<br />
Carità usasse con voi i modi che voi usate con Lei, guai alle vostre anime!<br />
Invece, lo vedete? Essa è l’instancabile Camminatrice che viene alla ricerca<br />
vostra. Viene a raggiungervi anche se voi vi intanate in luride tane.<br />
4Perché Io sono voluto andare in quella casa? Perché non ho operato in essa il<br />
miracolo? Per insegnare agli apostoli come agire, sfidando prevenzioni e<br />
critiche per compiere un dovere tanto alto che è esente da queste cosucce del<br />
mondo.<br />
Perché ho detto a Giuda quelle parole? Gli apostoli erano molto uomini. Tutti i<br />
cristiani sono molto uomini, anche i santi della terra lo sono, sebbene in<br />
maniera minore. Qualcosa di umano sopravvive anche nei perfetti. Ma gli apostoli<br />
non erano ancora tali. I loro pensieri erano compenetrati di umano. Io li<br />
portavo in alto. Ma il peso della loro umanità li riportava in basso. Per farli<br />
scendere sempre meno, dovevo mettere sulla via dell’ascesa delle cose atte ad<br />
arrestarne la discesa, di modo che contro esse si fermassero meditando e<br />
riposando, per poi salire più oltre del limite di prima. Cose che fossero di un<br />
tenore atto a persuaderli che Io ero un Dio. Perciò introspezione d’anime,<br />
perciò vittoria sugli elementi, perciò miracoli, perciò trasfigurazione,<br />
risurrezione e ubiquità. Io fui sulla strada di Emmaus mentre ero nel Cenacolo;<br />
e l’ora delle due presenze, confrontate fra apostoli e discepoli, fu una delle<br />
ragioni che più li scosse, svellendoli dai loro lacci e scagliandoli nella via<br />
del Cristo. Più che per Giuda, membro che covava in sé già la morte, Io parlai<br />
per gli altri undici. Che ero Dio dovevo necessariamente farlo loro brillare<br />
davanti, non per orgoglio ma per necessità di formazione. Ero Dio e Maestro.<br />
Quelle parole mi indicano tale. Mi rivelo in una facoltà extraumana e insegno<br />
una perfezione: non avere discorsi cattivi neppure col nostro interno. Poiché<br />
Dio vede, e Dio deve vedere un interno puro per potervi scendere e farvi dimora.<br />
Perché non ho operato il miracolo in quella casa? Per fare capire a tutti che la<br />
presenza di Dio esige un ambiente puro. Per rispetto alla sua eccelsa maestà.<br />
Per parlare, senza parole di labbra ma con una parola ancor più profonda, allo<br />
spirito della peccatrice e dirle: “Lo vedi, infelice? Sei tanto sozza che tutto<br />
intorno a te si fa sozzo. Tanto sozzo che non vi può operare Dio. Tu sozza più<br />
di costui. Perché tu ripeti la colpa d’Eva e offri il frutto agli Adami,
tentandoli e levandoli al Dovere. Tu, ministra di Satana”.<br />
Perché però non voglio che sia chiamata “satana” dalla madre angosciata? Perché<br />
nessuna ragione giustifica l’insulto e l’odio. Necessità prima e condizione<br />
prima per avere Dio con noi è non avere rancore e saper perdonare. Necessità<br />
seconda saper riconoscere anche noi, o chi è nostro, è colpevole. Non vedere<br />
solo le colpe altrui. Necessità terza saper conservarsi grati e fedeli, dopo<br />
aver avuto grazia, per giustizia verso l’Eterno. Infelici quelli che, a grazia<br />
ottenuta, sono peggio dei cani e non si ricordano del loro Benefattore, mentre<br />
l’animale se ne ricorda!<br />
5Non ho detto parola alla Maddalena. Come fosse una statua l’ho guardata un<br />
attimo, e poi l’ho lasciata. Sono tornato ai “vivi” che volevo salvare. Lei,<br />
materia morta come e più di un marmo scolpito, l’ho avvolta di noncuranza<br />
apparente. Ma non ho detto parola e fatto atto che non avesse a principale mira<br />
la sua povera anima che volevo redimere. E l’ultima parola: “Io non insulto. Non<br />
insultare. Prega per i peccatori. Null’altro”, come ghirlanda di fiori che si<br />
compie, si è andata a saldare con la prima detta sul monte: “Il perdono è più<br />
utile del rancore e il compatimento dell’inesorabilità”. E l’hanno chiusa, la<br />
povera infelice, in un cerchio vellutato, fresco, profumato di bontà, facendole<br />
sentire come è diversa la amorosa servitù a Dio dalla feroce schiavitù di<br />
Satana, come è soave il profumo celeste rispetto al lezzo della colpa e come<br />
riposa l’esser amati santamente, rispetto all’esser posseduti satanicamente.<br />
Vedete come è misurato il Signore nel volere. Non esige conversioni fulminee.<br />
Non pretende l’assoluto da un cuore. Sa attendere. E sa accontentarsi. E mentre<br />
attende che la perduta ritrovi la via, la folla la ragione, si accontenta di<br />
quanto le può dare la madre sconvolta. Non le chiedo altro che: “Puoi<br />
perdonare?”. Quante altre cose avrei avuto a chiederle per renderla degna del<br />
miracolo, se avessi giudicato alla stregua umana! Ma Io misuro divinamente le<br />
forze vostre. Quella povera madre sconvolta era già molto se giungeva a<br />
perdonare. E le chiedo questo soltanto, in quell’ora. Dopo, resole il figlio, le<br />
dico: “Sii santa e fa’ santa la tua casa”. Ma mentre lo spasimo la sconvolge non<br />
le chiedo che perdono per la colpevole. Non si deve esigere tutto da chi poco<br />
prima era nel nulla delle Tenebre. Quella madre sarebbe poi venuta alla luce<br />
totale, e con lei la sposa e i bambini. Sul momento, ai suoi occhi, ciechi di<br />
pianto, occorreva far giungere il primo crepuscolo della Luce: il perdono,<br />
l’alba del giorno di Dio.<br />
6Dei presenti uno solo - non conto Giuda, parlo dei cittadini ivi accolti, non<br />
dei miei discepoli - uno solo non sarebbe venuto alla Luce. Queste disfatte sono<br />
connesse alle vittorie dell’apostolato. Vi è sempre qualcuno per cui l’apostolo<br />
si affatica invano. Ma non devono, queste sconfitte, far perdere lena.<br />
L’apostolo non deve pretendere di ottenere tutto. Contro di lui sono forze<br />
avverse dai molti nomi, che come tentacoli di piovre riafferrano la preda che<br />
egli aveva loro strappato. Il merito dell’apostolo resta ugualmente. Infelice<br />
quell’apostolo che dice: “So che là non potrò convertire e perciò non vado”.<br />
Costui è apostolo di ben scarso valore. Occorre andare anche se uno solo su<br />
mille si salverà. La sua giornata apostolica sarà fruttuosa per quell’uno come<br />
per mille. Poiché egli avrà fatto tutto quanto poteva, e Dio premia questo.<br />
Occorre anche pensare che dove l’apostolo non può convertire, perché il<br />
convertendo è troppo abbrancato da Satana e le forze dell’apostolo sono<br />
inferiori allo sforzo richiesto, può intervenire Iddio. E allora? Chi più da<br />
Dio?<br />
7Altra cosa che deve assolutamente praticare l’apostolo è l’amore. Palese amore.<br />
Non solo l’amore segreto dei cuori dei fratelli. Quello basta ai fratelli buoni.<br />
Ma l’apostolo è operaio di Dio e non deve limitarsi a pregare, deve agire.<br />
Agisca con amore. Grande amore. Il rigore paralizza il lavoro dell’apostolo e il<br />
movimento delle anime verso la Luce. Non rigore ma amore. L’amore è la veste<br />
d’amianto che rende incorruttibile al morso delle vampe delle malvagie passioni.<br />
L’amore è saturazione di essenze preservatrici che impediscono alla putredine<br />
umano-satanica di penetrare in voi. Per conquistare un’anima occorre sapere<br />
amare. Per conquistare un’anima occorre portarla ad amare. Amare il Bene<br />
ripudiando i suoi poveri amori di peccato.<br />
Io volevo l’anima di Maria. E come per te, piccolo Giovanni, non mi sono<br />
limitato a parlare dalla mia cattedra di Maestro. Sono sceso a cercarla per le<br />
vie del peccato. L’ho inseguita e perseguitata col mio amore. Dolce<br />
persecuzione! Sono entrato, Io-Purezza, dove era ella-impurità. Non ho temuto
scandalo né per Me né per gli altri. Scandalo in Me non poteva entrare perché<br />
ero la Misericordia; e questa piange sulle colpe ma non se ne scandalizza.<br />
Infelice quel pastore che si scandalizza e dietro questo paravento si trincera<br />
per abbandonare un’anima! Non sapete che le anime sono più soggette dei corpi a<br />
risorgere, e la parola pietosa e amorosa che dice: “Sorella, sorgi per tuo bene”<br />
opera sovente il miracolo? Non temevo lo scandalo altrui. Davanti all’occhio di<br />
Dio il mio operato era giustificato. Davanti all’occhio dei buoni era compreso.<br />
L’occhio malevolo in cui fermenta malizia, evaporando da un interno corrotto,<br />
non ha valore. Esso trova colpe anche in Dio. Non vede perfetto che sé. Perciò<br />
non lo curavo.<br />
8Le tre fasi della salvazione di un’anima sono:<br />
Essere integerrimi per poter parlare senza timore d’esser posti a tacere.<br />
Parlare a tutta una folla, di modo che la nostra apostolica parola detta alle<br />
turbe che si affollano intorno alla mistica barca vada, per cerchi d’onda,<br />
sempre più lontano, sino alla riva motosa dove sono coricati coloro che stagnano<br />
nel fango e non si curano di conoscere la Verità. Questo è il primo lavoro per<br />
rompere la crosta della dura zolla e prepararla al seme. Il più severo per chi<br />
lo compie e per chi lo riceve perché la parola deve, come vomere tagliente,<br />
ferire per aprire. E in verità vi dico che il cuore dell’apostolo buono si<br />
ferisce e sanguina per il dolore di dover ferire per aprire. Ma anche questo<br />
dolore è fecondo. Col sangue e il pianto dell’apostolo si fa fertile la zolla<br />
incolta.<br />
Seconda qualità: Operare anche là dove uno, men compreso della sua missione,<br />
fuggirebbe. Spezzarsi nello sforzo di strappare zizzania, gramigna e spine per<br />
mettere a nudo il terreno arato e far balenare su esso, come il sole, il potere<br />
di Dio e la sua bontà, e nello stesso tempo, con modo di giudice e di medico,<br />
essere severo e pur pietoso, fermo in una pausa di attesa per dare tempo alle<br />
anime di superare la crisi, meditare, decidere.<br />
Terzo punto: non appena l’anima che nel silenzio si è pentita, piangendo e<br />
pensando sui suoi trascorsi, osa venire timidamente, paurosa d’esser cacciata,<br />
verso l’apostolo, l’apostolo abbia un cuore più grande del mare, più dolce di un<br />
cuore di mamma, più innamorato di un cuore di sposo, e lo apra tutto per farne<br />
fluire onde di tenerezza. Se avrete Dio in voi - Dio che è Carità - troverete<br />
facilmente le parole di carità da dire alle anime. Dio parlerà in voi e per voi<br />
e, come miele che scola da un favo, come balsamo che fluisce da un’ampolla,<br />
l’amore andrà alle labbra arse e disgustate, andrà agli spiriti feriti e sarà<br />
sollievo e medicina.<br />
9Fate che i peccatori vi amino, voi dottori delle anime. Fate che sentano il<br />
sapore della carità celeste e se ne rendano tanto ansiosi da non cercare più<br />
altro cibo. Fate che sentano nella vostra dolcezza un tale sollievo che lo<br />
cerchino per tutte le loro ferite. Bisogna che la vostra carità mandi via da<br />
loro ogni timore perché, come dice l’epistola che hai letto oggi: “Il timore<br />
suppone il castigo, chi teme non è perfetto nella carità”. Ma non lo è neppure<br />
chi fa temere. Non dite: “Che hai fatto?” Non dite: “Va’ via”. Non dite: “Tu non<br />
puoi aver gusto all’amore buono.” Ma dite, dite in mio nome: “Ama ed io ti<br />
perdono”. Ma dite: “Vieni, le braccia di Gesù ti sono aperte”. Ma dite: “Gusta<br />
questo pane angelico e questa Parola e dimentica la pece d’inferno e gli scherni<br />
di Satana”. Fatevi soma per le altrui debolezze. L’apostolo deve portare le sue<br />
e quelle altrui, insieme alle croci sue e altrui. E mentre venite a Me, carichi<br />
delle pecore ferite, rassicuratele, queste erranti, dite: “Tutto è dimenticato<br />
di quest’ora”; dite: “Non aver paura del Salvatore. Egli è venuto dal Cielo per<br />
te, proprio per te. Io non sono che il ponte per portarti a Lui che ti aspetta,<br />
oltre il rio dell’assoluzione penitenziale, per condurti ai suoi pascoli santi,<br />
i cui principi sono qui, sulla terra, ma poi proseguono, con una bellezza eterna<br />
che nutre e bea, nei Cieli”.<br />
10Ecco il commento. Voi poco vi tocca, voi pecore fedeli al Pastore buono. Ma se<br />
a te, piccola sposa, sarà aumento di fiducia, al Padre sarà ancor più luce nella<br />
sua luce di giudice, e per tanti sarà non pungolo a venire al Bene. Ma sarà la<br />
rugiada che penetra e nutre, di cui ti ho parlato, e che fa rialzare i fiori<br />
appassiti.<br />
Alzate il capo. Il Cielo è in alto.<br />
Va’ in pace, Maria. Il Signore è con te».
235. Marta ha avuto dalla sorella Maria la certezza della conversione.<br />
29 luglio 1944<br />
1Gesù sta per salire sulla barca, ed è una chiara aurora estiva che sfoglia<br />
rose sulla seta crespa del lago, quando sopraggiunge Marta con la sua ancella.<br />
«Oh! Maestro! Ascoltami per amore di Dio».<br />
Gesù scende di nuovo sulla riva e dice agli apostoli: «Andate ad attendermi<br />
vicino al torrente. Preparate intanto tutto per la missione verso Magedan. Anche<br />
la Decapoli aspetta la parola. Andate». E mentre la barca si stacca e prende il<br />
largo, Gesù cammina a fianco di Marta seguita rispettosamente da Marcella.<br />
Si dilungano così dal paese camminando sulla riva che subito dopo una striscia<br />
di rena, già sparsa di erbe selvagge e rade, si copre di vegetazione e perde la<br />
linea orizzontale per assumere quella verticale, dando l’assalto alle coste che<br />
si specchiano nel lago.<br />
2Quando raggiungono un luogo solitario, Gesù dice sorridendo: «Che mi vuoi<br />
dire?».<br />
«Oh!, Maestro… questa notte, da poco era terminata la seconda vigilia, è tornata<br />
a casa Maria.<br />
Ah! ma mi dimenticavo di dirti che mi aveva detto mentre mangiavamo, a sesta:<br />
“Ti dispiacerebbe prestarmi un tuo abito e un mantello? Saranno un po’ corti. Ma<br />
lascerò sciolta la veste e terrò basso il mantello…”. Le ho detto: “Prendi<br />
quello che vuoi, sorella mia” e il cuore mi batteva forte perché prima, nel<br />
giardino, avevo detto, parlando con Marcella: “A vespero bisogna essere a<br />
Cafarnao perché il Maestro parla alla folla questa sera” e avevo visto Maria<br />
sussultare, cambiare colore, non sapere più stare ferma, ma andava e veniva<br />
sola, come chi è in pena, in orgasmo, nel punto di decidere… e non sa ancora<br />
quale cosa accettare e quale respingere.<br />
Dopo il pasto è andata nella mia stanza e ha preso la veste più oscura che<br />
avessi, la più modesta, se la è provata e ha pregato la nutrice di abbassare<br />
tutto l’orlo perché era troppo corta. Ci si era provata lei, ma aveva confessato<br />
piangendo: “Non sono più capace di cucire. Ho dimenticato tutto ciò che è utile<br />
e buono…” e mi ha gettato le braccia al collo dicendo: “Prega per me”. È uscita<br />
sola verso il tramonto… Quanto ho pregato perché non incontrasse nessuno che la<br />
trattenesse dal venire qui, perché la tua parola fosse compresa da lei, perché<br />
ella riuscisse a strozzare definitivamente il mostro che la fa schiava… Guarda:<br />
ho messo alla mia cintura la tua cintura, bene stretta sotto le altre, e quando<br />
sentivo l’oppressione del cuoio duro alla mia vita, non usa a cinture rigide<br />
così, dicevo: “Egli è più forte di tutto”.<br />
Poi - col carro si fa presto - poi siamo venute io e Marcella. Non so se ci<br />
hai visto nella folla…. Ma che dolore, che spina nel cuore non vedendo Maria!<br />
Pensavo: “Si è pentita. È tornata a casa. Oppure… oppure è fuggita non potendo<br />
più resistere alla dominazione mia, da lei richiesta” Ti ascoltavo e piangevo<br />
sotto il mio velo. Quelle parole parevano proprio per lei… e non le sentiva!<br />
Così pensavo io che non la vedevo. Sono tornata a casa sconfortata. È vero. Ti<br />
ho disubbidito perché mi avevi detto: “Se lei viene, tu attendila a casa”. Ma<br />
considera il mio cuore, Maestro! Era mia sorella che veniva a Te! Potevo non<br />
esserci a vedere lei presso Te? E poi!… Tu mi avevi detto: “Sarà spezzata”. Io<br />
volevo esserle vicino subito, per sostenerla…<br />
Ero inginocchiata in lacrime e preghiera nella mia stanza, e da molto era<br />
terminata la seconda vigilia, quando lei è entrata. Così piano che non l’ho<br />
sentita altro che quando mi si è rovesciata addosso abbracciandomi stretta e<br />
dicendo: “È vero tutto quanto tu dici, sorella benedetta. Anzi, è molto più di<br />
quando tu dici. La sua misericordia è molto più grande. Oh! Marta mia! Non hai<br />
più bisogno di tenermi! Non mi vedrai più cinica e disperata! Non mi sentirai<br />
più dire: ‘Per non pensare!’. Ora voglio pensare. So a che pensare. Alla Bontà<br />
fatta carne. Tu pregavi, sorella mia, certo pregavi per me. Ma tu hai la tua<br />
vittoria già in pugno. La tua Maria che non vuole più peccare, che rinasce ora.<br />
Eccola. Guardala bene in faccia. Perché è una Maria nuova, dal volto lavato dal<br />
pianto della speranza e del pentimento. Mi puoi baciare, pura sorella. Non c’è<br />
più traccia di vergognosi amori sul mio volto. Egli ha detto che ama l’anima<br />
mia. Perché ad essa parlava, e di essa. La pecorella smarrita ero io. Ha detto,<br />
ascolta se dico bene. Tu lo conosci il modo di parlare del Salvatore…” e mi ha<br />
ripetuto, ma perfettamente, la tua parabola.
È tanto intelligente Maria! Molto più di me. E sa ricordare. Così io ti ho<br />
sentito due volte; e se sul tuo labbro quelle parole erano sante e adorabili,<br />
sul suo erano per me sante, adorabili e amabili perché era un labbro di sorella,<br />
della mia sorella ritrovata, ritornata all’ovile familiare che me le diceva.<br />
Stavamo abbracciate insieme, sedute sulla stuoia del pavimento, come quando<br />
eravamo bambine e stavamo così nella camera della mamma o presso al telaio dove<br />
ella tesseva o ricamava le sue splendide stoffe, stavamo così, non più divise<br />
dal peccato, e mi pareva che anche la mamma fosse presente col suo spirito.<br />
Piangevamo senza dolore, ma anzi con tanta pace! Ci baciavamo felici… E poi<br />
Maria, stanca del cammino fatto a piedi, dall’emozione, di tante cose, mi si è<br />
addormentata fra le braccia, e con l’aiuto della nutrice l’ho coricata sul mio<br />
letto… e l’ho lasciata, correndo qui…» e Marta bacia le mani di Gesù, beata.<br />
3«Ti dico Io pure ciò che ha detto Maria: “Tu hai la tua vittoria in pugno”. Va’<br />
e sii felice. Va’ in pace. Segui una condotta tutta dolcezza e prudenza con la<br />
rinata. Addio, Marta. Fàllo sapere a Lazzaro che laggiù si angustia».<br />
«Sì, Maestro. Ma Maria quando verrà con noi discepole?».<br />
Gesù sorride e dice: «Il Creatore fece il creato in sei giorni e il settimo<br />
riposò».<br />
«Comprendo. Bisogna avere pazienza…».<br />
«Pazienza, sì. Non sospirare. È una virtù anche questa. La pace a voi, donne. Ci<br />
rivedremo presto» e Gesù le lascia andando verso il luogo dove la barca attende<br />
presso la riva.<br />
4Dice Gesù: «Qui metterete la visione della cena in casa del fariseo Simone,<br />
avuta il 21-1-44».<br />
236. La cena in casa di Simone il fariseo e l’assoluzione a Maria di Magdala.<br />
21 gennaio 1944.<br />
1A conforto del mio complesso soffrire, e per farmi dimenticare le cattiverie<br />
degli uomini, il mio Gesù mi concede questa soave contemplazione.<br />
Vedo una ricchissima sala. Un ricco lampadario a molti becchi pende nel centro<br />
ed è tutto acceso. Alle pareti tappeti bellissimi, sedili intarsiati ed<br />
incrostati di avorio e di laminature preziose e mobili pure molto belli.<br />
Nel centro una grande tavola quadrata ma composta di quattro tavole unite. La<br />
tavola è certo apparecchiata in tal modo per i molti convitati (tutti uomini) ed<br />
è ricoperta di bellissime tovaglie e di ricco vasellame. Vi sono anfore e coppe<br />
preziose e molti sono i servi che si muovono intorno ad essa portando pietanze e<br />
mescendo vini. Nel centro del quadrato non c’è nessuno. Vedo il pavimento molto<br />
bello su cui si riflette la luce del lampadario ad olio. Dal lato esterno,<br />
invece, ci sono molti letti-sedili, tutti occupati dai commensali.<br />
Mi pare d’essere nell’angolo semibuio posto in fondo alla sala, presso ad una<br />
porta che è spalancata dalla parte esterna, ma che è nello stesso tempo chiusa<br />
da un pesante tappeto o arazzo che pende dal suo architrave.<br />
Nel lato più lontano dalla porta, è il padrone di casa con gli invitati più<br />
importanti. È un uomo vecchiotto, vestito con un’ampia tunica bianca stretta<br />
alla vita da una cintura ricamata. La veste ha anche, al collo e al fondo delle<br />
maniche e della veste stessa, dei bordi di ricamo applicato come fossero nastri<br />
ricamati o galloni, se più le piace chiamarli così. Ma il volto di questo<br />
vecchiotto non mi piace. È un volto maligno, freddo, superbo e avido.<br />
Nel lato opposto, di fronte a lui, sta il mio Gesù. Io lo vedo di fianco e direi<br />
quasi di dietro, alle spalle. Ha la sua solita veste bianca, i sandali, i<br />
capelli bipartiti sulla fronte e lunghi come sempre.<br />
Noto che tanto Lui che tutti i commensali non siedono, come io credevo si<br />
sedesse su quei letti-sedili, ossia perpendicolarmente alla tavola, ma<br />
parallelamente. Nella visione delle nozze di Cana non avevo fatto molto caso a<br />
questo particolare, avevo visto che mangiavano stando appoggiati sul gomito<br />
sinistro, ma mi pareva che fossero meno adagiati, forse perché i letti erano<br />
meno lussuosi e molto più corti. Questi sono veri letti, paiono i moderni divani<br />
alla turca.<br />
Gesù ha vicino Giovanni e, dato che Gesù sta appoggiato col gomito sinistro<br />
(come tutti), risulta che la posizione dei due è così. Insomma Giovanni è
incastrato fra la tavola e il corpo del Signore, giungendo col suo gomito verso<br />
l’inguine del Maestro, di modo che non gli ostacola di mangiare, ma che gli<br />
permette anche, se vuole, di appoggiarsi confidenzialmente al suo petto.<br />
Di donne non ce ne è nessuna. Tutti parlano, e il padrone di casa ogni tanto si<br />
rivolge, con affetta condiscendenza e con palese degnazione, a Gesù. È chiaro<br />
che vuole dimostrargli, e dimostrare a tutti i presenti, che gli ha fatto un<br />
grande onore ad invitarlo alla sua ricca casa, lui, povero profeta giudicato<br />
anche un poco esaltato… Vedo che Gesù risponde con cortesia, pacatamente.<br />
Sorride del suo lieve sorriso a chi lo interroga, sorride con un sorriso<br />
luminoso se chi gli parla, o anche solo lo guarda, è Giovanni.<br />
2Vedo alzarsi la ricca tenda che copre il vano della porta ed entrare una donna<br />
giovane, bellissima, riccamente vestita e accuratamente pettinata. La sua<br />
abbondantissima chioma bionda le fa sulla testa un vero ornamento di ciocche<br />
intrecciate con arte. Pare porti un elmo d’oro tutto a rilievi, tanto la chioma<br />
splende ed è abbondante. Ha una veste che, se la confronto con quella sempre<br />
vista alla Vergine Maria, direi molto eccentrica e complicata. Fibbie sulle<br />
spalle, gioielli per trattenere le increspature al sommo del petto, catenelle<br />
d’oro per delineare il petto stesso, cintura a borchie d’oro e gemme. Una veste<br />
procace che mette in rilievo le linee del bellissimo corpo. Sulla testa un velo<br />
così leggero che… non vela niente. È un’aggiunta ai suoi vezzi e basta. Ai<br />
piedi, sandali molto ricchi con fibbie d’oro, di pelle rossa e con lacci<br />
intrecciati sulla caviglia.<br />
Tutti, meno Gesù, si voltano a guardarla. Giovanni la osserva un attimo, poi si<br />
volge verso Gesù. Gli altri la fissano con apparente e maligna golosità. Ma la<br />
donna non li guarda per niente e non si cura del sussurrio che si è destato al<br />
suo entrare e dell’ammiccare di tutti i presenti, meno Gesù e il discepolo. Gesù<br />
mostra di non accorgersi di nulla. Continua a parlare terminando il discorso che<br />
aveva intavolato col padrone di casa.<br />
La donna va verso Gesù e si inginocchia presso i piedi del Maestro. Appoggia in<br />
terra un vasetto a forma di anfora molto panciuta, si leva il velo dal capo<br />
spuntando lo spillone prezioso che lo tratteneva puntato ai capelli, si sfila<br />
dalle dita gli anelli e posa tutto sul letto-sedile presso i piedi di Gesù, e<br />
poi prende fra le sue mani i piedi, prima il destro, poi il sinistro, e ne<br />
slaccia i sandali, li depone al suolo, poi bacia, con gran scoppio di pianto,<br />
quei piedi, vi appoggia contro la fronte, se li carezza e le lacrime cadono come<br />
una pioggia, che luccica alle fiamme del lampadario, che riga la pelle di quei<br />
piedi adorabili.<br />
3Gesù volge lentamente il capo, appena appena, e il suo sguardo azzurro cupo si<br />
posa un istante sulla testa reclina. Uno sguardo che assolve. Poi torna a<br />
guardare verso il centro. La lascia libera nel suo sfogo.<br />
Ma gli altri no. Motteggiano fra loro, ammiccano, ghignano. E il fariseo si<br />
mette un momento seduto per vedere meglio, e ha uno sguardo fra desideroso,<br />
crucciato e ironico. Desideroso della donna. È palese questo sentimento.<br />
Crucciato che sia entrata tanto liberamente, cosa che potrebbe far pensare agli<br />
altri che la donna è… ospite frequente della sua casa. Ironico riguardo a Gesù…<br />
Ma la donna non si accorge di niente. Continua a piangere dirottamente, senza<br />
gridi. Solo lacrimoni e rari singulti. Poi si spunta i capelli, traendone le<br />
forcine d’oro che sostenevano la complicata pettinatura, e pone anche queste<br />
forcine vicino agli anelli e allo spillone. Le matasse d’oro si srotolano per le<br />
spalle. Ella le prende a due mani, se le porta sul petto e le passa sui piedi<br />
bagnati di Gesù, finché li vede asciutti. Poi immerge le dita nel vasetto e ne<br />
trae una pomata lievemente giallina e odorosissima. Un profumo fra di giglio e<br />
tuberosa si spande per tutta la sala. La donna attinge senza avarizia e stende e<br />
spalma e bacia e carezza.<br />
Gesù di tanto in tanto la guarda con tanta amorosa pietà. Giovanni, che si è<br />
voltato stupito dallo scoppio di pianto, non sa distaccare l’occhio dal gruppo<br />
di Gesù e della donna. Guarda l’Uno e l’altra alternativamente. Il volto del<br />
fariseo è sempre più arcigno.<br />
4Odo qui le note parole del Vangelo, e le odo accompagnate da un tono e da uno<br />
sguardo che fanno abbassare il capo al vecchio astioso.<br />
Odo le parole di assoluzione alla donna, che se ne va lasciando ai piedi di Gesù<br />
i suoi gioielli. Ella si è arrotolato il velo intorno al capo serrando in esso<br />
alla bene e meglio le chiome sfatte. Gesù nel dirle: «Va’ in pace» le pone la<br />
mano sulla testa china, per un attimo. Ma con atto dolcissimo.
5Gesù ora mi dice:<br />
«Quello che ha fatto chinare il capo al fariseo e ai suoi compagni, e che non è<br />
riportato nel Vangelo, sono le parole che il mio spirito, attraverso al mio<br />
sguardo, ha dardeggiato e confitto in quell’anima arida e avida. Ho risposto<br />
molto più di quanto non sia detto, perché nulla mi era occulto dei pensieri<br />
degli uomini. Ed egli mi ha capito nel mio muto linguaggio, che era ancor più<br />
denso di rimprovero di quanto non lo fossero le mie parole.<br />
Gli ho detto: “No. Non fare insinuazioni malvagie per giustificare te stesso a<br />
te stesso. Io non ho la tua libidine. Costei non viene a Me per attrazione di<br />
senso. Io non sono te e come sono i tuoi simili. Ella viene a Me perché il mio<br />
sguardo e la mia parola, udita per puro caso, le hanno illuminata l’anima in cui<br />
la lussuria aveva creato la tenebra. E viene perché vuol vincere il senso, e<br />
comprende, povera creatura, che da sola non vi riuscirebbe mai. Essa ama in Me<br />
lo spirito, nulla più che lo spirito che sente soprannaturalmente buono. Dopo<br />
tanto male che ha ricevuto da voi tutti, che avete sfruttato la sua debolezza<br />
per i vostri vizi ricambiandola poi con le staffilate dello sprezzo, ella viene<br />
a Me perché sente di aver trovato il Bene, la Gioia, la Pace, inutilmente<br />
cercate fra le pompe del mondo. Guarisci da questa tua lebbra di anima, fariseo<br />
ipocrita, sappi vedere giusto nelle cose. Deponi superbia di mente e lussuria di<br />
carne. Queste sono lebbre ben più fetide di quelle della vostra persona. Di<br />
quest’ultima il mio tocco vi può guarire perché per essa mi invocate, ma della<br />
lebbra dello spirito no, perché voi di questa non volete guarire perché vi<br />
piace. Costei lo vuole. Ed ecco che Io la mondo, ecco che Io la affranco dalle<br />
catene della sua schiavitù. La peccatrice è morta. Essa è là, in quegli<br />
ornamenti che ella si vergogna di offrirmi perché Io li santifichi usandoli per<br />
i bisogni miei e dei miei discepoli, per i poveri che Io soccorro con l’altrui<br />
superfluo perché Io, Padrone dell’universo, non possiedo nulla ora che sono il<br />
Salvatore dell’uomo. Essa è là in quel profumo sparso sui miei piedi, avvilito<br />
come i suoi capelli, su quella parte del corpo che tu hai spregiato di<br />
rinfrescare con l’acqua del tuo pozzo dopo che ho fatto tanto cammino per venire<br />
a portare luce anche a te. La peccatrice è morta. Ed è rinata Maria, rifatta<br />
bella come fanciulla pudica dal suo vivo dolore, dal suo retto amore. S’è lavata<br />
nel suo pianto. In verità ti dico, o fariseo, che fra costui che m’ama nella sua<br />
giovinezza pura e questa che m’ama nella sincera contrizione di un cuore rinato<br />
alla Grazia, Io non faccio differenza, e al puro e alla pentita commetto<br />
l’incarico di comprendere il mio pensiero come nessuno, e quello di dare al mio<br />
Corpo le estreme onoranze ed il primo saluto (non conto quello particolare di<br />
mia Madre) quando Io sarò risorto”.<br />
Ecco quanto volevo dire col mio sguardo al fariseo. 6Ma a te faccio notare<br />
un’altra cosa, a tua gioia e a gioia di molti.<br />
Anche a Betania Maria ripeté il gesto che segnò l’alba della sua redenzione. Vi<br />
sono gesti personali che si ripetono e denunciano una persona come lo stile<br />
della stessa. Gesti inconfondibili. Ma, poiché era giusto, a Betania il gesto è<br />
meno avvilito e più confidenziale nella sua riverente adorazione. Molto ha<br />
camminato Maria da quell’alba di sua redenzione. Molto. L’amore l’ha trascinata<br />
come rapido vento in alto e in avanti. L’amore l’ha arsa come un rogo<br />
distruggendo in lei la carne impura e facendo signore in lei uno spirito<br />
purificato. E Maria, diversa nella sua risorta dignità di donna come diversa<br />
nella veste, ora semplice come quella della Madre mia, nell’acconciatura, nello<br />
sguardo, nel contegno, nella parola, nuova, ha un nuovo modo di onorarmi con lo<br />
stesso gesto. Prende l’ultimo dei suoi vasi di profumo, serbato per Me, e me lo<br />
sparge sui piedi, senza pianto, con sguardo che l’amore e la sicurezza d’esser<br />
perdonata e salvata fa lieto, e sul capo. Può ben ungermi e toccarmi il capo,<br />
ora, Maria. Il pentimento e l’amore l’hanno mondata col fuoco dei serafini ed<br />
ella è un serafino.<br />
7Dillo a te stessa, o Maria, mia piccola “voce”, dillo alle anime. Va’, dillo<br />
alle anime che non osano venire a Me perché si sentono colpevoli. Molto, molto,<br />
molto è perdonato a chi molto mi ama. A chi molto mi ama. Voi non sapete, povere<br />
anime, come vi ama il Salvatore! Non temete di Me! Venite. Con fiducia. Con<br />
coraggio. Io vi apro il Cuore e le braccia.<br />
Ricordatelo sempre: “Io non faccio differenza fra colui che mi ama con la sua<br />
purezza integra e colui che mi ama nella sincera contrizione d’un cuore rinato<br />
alla Grazia”. Sono il Salvatore. Ricordatelo sempre.
Va’ in pace. Ti benedico».<br />
22 gennaio 1944.<br />
8Quest’oggi ho sempre pensato al dettato di Gesù di ieri sera e a quanto vedevo<br />
e comprendevo anche se non detto.<br />
Intanto, per incidenza, le dico che i discorsi dei commensali, per quelli che<br />
capivo, ossia quelli particolarmente rivolti a Gesù, vertevano su fatti del<br />
giorno: i romani, la Legge contrastata da essi, e poi la missione di Gesù come<br />
Maestro di una nuova scuola. Ma sotto l’apparente benevolenza si capiva che<br />
erano domande viziose e capziose, fatte per trarlo in impiccio. Cosa non facile<br />
perché Gesù con poche parole poneva una risposta giusta e conclusiva ad ogni<br />
discorso.<br />
Alla domanda, per esempio, di quale particolare scuola o setta si fosse fatto<br />
maestro nuovo, rispose semplicemente: «Della scuola di Dio. È Lui che seguo<br />
nella sua santa Legge ed è di Lui che mi curo facendo sì che a questi piccoli (e<br />
guardava con amore Giovanni ed in Giovanni guardava tutti i retti di cuore)<br />
venga rinnovata in tutta la sua essenza così come era il giorno che il Signore<br />
Iddio la promulgò sul Sinai. Riporto gli uomini alla Luce di Dio».<br />
All’altra su cosa pensasse dell’abuso di Cesare, che s’era fatto dominatore<br />
della Palestina, aveva risposto: «Cesare è ciò che è perché così vuole Iddio.<br />
Ricorda il Profeta Isaia. Non chiama egli, per ispirazione divina, Assur<br />
“bastone” della sua collera? La verga che punisce il popolo di Dio che troppo<br />
s’è staccato da Dio ed ha la finzione per sua veste e per suo spirito? E non<br />
dice che, dopo averlo usato per punizione, lo spezzerà perché esso del suo<br />
compito se ne sarà abusato, divenendo di troppo superbo e feroce?».<br />
Queste sono le due risposte che più mi hanno colpito.<br />
9Questa sera, poi, il mio Gesù, mi dice sorridendo:<br />
«Ti dovrei chiamare come Daniele. Sei quella dei desideri e quella che mi sei<br />
cara perché desideri tanto il tuo Dio. E potrei continuare a dirti ciò che fu<br />
detto a Daniele dall’angelo mio: “Non temere perché fin dal primo giorno in cui<br />
applicasti il tuo cuore a comprendere e ad affliggerti nel cospetto di Dio, sono<br />
state esaudite le tue preghiere, ed Io sono venuto a causa di esse”. Ma qui non<br />
è l’angelo che parla. Io sono che ti parlo: Gesù.<br />
Sempre, o Maria, Io vengo quando uno “applica il suo cuore a comprendere”. Non<br />
sono un Dio duro e severo. Sono Misericordia viva. E più rapido del pensiero<br />
vengo a chi si volge a Me. 10Anche alla povera Maria di Magdala, così immersa<br />
nel suo peccare, sono andato veloce, con lo spirito mio, non appena ho sentito<br />
sorgere in lei il desiderio di comprendere. Comprendere la luce di Dio e<br />
comprendere il suo stato di tenebre. E mi sono fatto a lei Luce.<br />
Parlavo a molti quel giorno, ma in verità parlavo per lei sola. Non vedevo che<br />
lei, che s’era accostata portata da un empito d’anima che si rivoltava alla<br />
carne che la teneva soggetta. Non vedevo che lei col suo povero volto in<br />
tempesta, col suo sforzato sorriso che nascondeva, sotto una veste di sicurezza<br />
e gioia mendace che era una sfida al mondo e a se stessa, tanto interno pianto.<br />
Non vedevo che lei, ben più avvolta nei rovi della pecorella smarrita della<br />
parabola, lei che affogava nel disgusto della sua vita, venuto a galla come<br />
quelle ondate profonde che portano seco l’acqua del fondo.<br />
Non ho detto grandi parole, né ho toccato un argomento indicato per lei,<br />
peccatrice ben nota, per non mortificarla e per non costringerla a fuggire, a<br />
vergognarsi o a venire. L’ho lasciata in pace. Ho lasciato che la mia parola e<br />
il mio sguardo scendessero in lei e vi fermentassero per fare di quell’impulso<br />
di un momento il suo glorioso futuro di santa. Ho parlato con una delle più<br />
dolci parabole: un raggio di luce e di bontà effuso proprio per lei. 11E quella<br />
sera, mentre ponevo piede nella casa del ricco superbo, nel quale la mia parola<br />
non poteva fermentare in futura gloria perché uccisa dalla superbia farisaica,<br />
già sapevo che ella sarebbe venuta, dopo aver tanto pianto nella sua stanza di<br />
vizio e, alla luce di quel pianto, già deciso per il suo futuro.<br />
Gli uomini, arsi di lussuria, nel vederla entrare hanno trasalito nella carne e<br />
insinuato col pensiero. Tutti l’hanno desiderata, meno i due “puri” del convito:<br />
Io e Giovanni. Tutti hanno creduto che ella venisse per uno di quei facili<br />
capricci che, vera possessione demoniaca, la gettavano in improvvise avventure.<br />
Ma Satana era ormai vinto. E tutti hanno, con invidia, pensato, vedendo che ad<br />
essi non si volgeva, che venisse per Me. L’uomo sporca sempre anche le cose più<br />
pure, quando è solo uomo di carne e sangue. Solo i puri vedono giusto perché il
peccato non è in loro a fare turbamento al pensiero.<br />
12Ma che l’uomo non comprenda, non deve sgomentare, Maria. Dio comprende. E<br />
basta per il Cielo. La gloria che viene dagli uomini non aumenta di un grammo la<br />
gloria che è sorte degli eletti in Paradiso. Ricordalo sempre.<br />
La povera Maria di Magdala è sempre stata mal giudicata nei suoi atti buoni. Non<br />
lo era stata nelle sue azioni malvagie perché esse erano bocconi di lussuria<br />
offerti alla insaziabile fame dei libidinosi. Criticata e mal giudicata a Naim,<br />
in casa del fariseo, criticata e rimproverata a Betania, in casa sua. Ma<br />
Giovanni, che dice una grande parola, dà la chiave di quest’ultima critica:<br />
“Giuda… perché era ladro…”. Io dico: “Il fariseo e i suoi amici perché erano<br />
lussuriosi.”. Ecco, vedi? L’avidità del senso, l’avidità del denaro alzano la<br />
voce a critica dell’atto buono. I buoni non criticano. Mai. Comprendono.<br />
Ma, ripeto, non importa della critica del mondo. Importa del giudizio di Dio.<br />
[…]».<br />
237.La richiesta di operai per la messe e la parabola del tesoro nascosto nel<br />
campo. Marta teme ancora per la sorella Maria.<br />
29 luglio 1945<br />
1Gesù si trova sulla via che del lago di Meron, viene verso quello di Galilea.<br />
Sono con Lui lo Zelote e Bartolomeo, e pare attendano presso un torrente,<br />
ridotto ad un filo d’acqua che però nutre folte piante, gli altri che stanno<br />
giungendo da due parti diverse.<br />
La giornata è torrida, eppure molta gente ha seguito i tre gruppi che devono<br />
aver predicato per le campagne, convogliando i malati al gruppo di Gesù e<br />
riserbandosi di predicare di Lui ai sani. Molti miracolati fanno un gruppo<br />
felice, seduto fra le piante, e in loro la gioia è tale che non sentono neppure<br />
la stanchezza data dal calore, dalla polvere, dalla luce abbacinante, tutte cose<br />
che mortificano non poco tutti gli altri.<br />
Quando il gruppo capitanato da Giuda Taddeo giunge per primo presso Gesù, appare<br />
evidente la stanchezza di tutti quelli che lo formano e lo seguono. Ultimo viene<br />
il gruppo capitanato da Pietro, in cui sono molti di Corozim e di Betsaida.<br />
«Abbiamo fatto, Maestro. Ma bisognerebbe essere molti gruppi… Tu vedi. Camminare<br />
a lungo non si può, per il caldo. E allora come si fa? Sembra che il mondo si<br />
allarghi più noi si deve fare, per sparpagliare i paesi e accrescere le<br />
distanze. Non mi ero mai accorto che fosse così grande la Galilea. Siamo in un<br />
angolo di essa, proprio in un angolo, e non si riesce ad evangelizzarla, tanto è<br />
vasta e tanto vasti sono i bisogni e i desideri di Te» sospira Pietro.<br />
«Non è che il mondo cresca, Simone. È che cresce la conoscenza del Maestro<br />
nostro» risponde il Taddeo.<br />
«Sì, è vero. Guarda quanta gente. Ci seguono da questa mattina, taluni. Nelle<br />
ore calde ci siamo rifugiati in un bosco. Ma anche ora che si avvicina la sera è<br />
una pena camminare. E questi poveretti sono molto più lontani da casa di noi. Se<br />
sempre tutto cresce così non so come faremo…» dice Giacomo di Zebedeo.<br />
«In ottobre verranno anche i pastori» conforta Andrea.<br />
«Eh! sì! Pastori, discepoli, belle cose! Ma servono solo per dire: “Gesù è il<br />
Salvatore. È là”. Non di più» risponde Pietro.<br />
«Ma almeno la gente saprà dove trovarlo. Ora invece! Noi si va qui e loro<br />
corrono qui; intanto che loro vengono qui noi si va là, e loro devono correrci<br />
dietro. E con bambini e malati non è molto comodo».<br />
2Gesù parla: «Hai ragione, Simon-Pietro. Ho anche Io compassione di queste anime<br />
e di queste turbe. Per molti non trovarmi in un dato momento può essere causa<br />
irreparabile di sventura. Guardate come sono stanchi e smarriti quelli che<br />
ancora non possiedono la certezza della mia Verità, e come sono affamati quelli<br />
che già hanno gustato la mia parola e non sanno più starne senza, né nessuna<br />
altra parola li accontenta più. Sembrano pecore senza pastore che vaghino non<br />
trovando chi li guida e chi li pasce. Io provvederò. Ma voi dovete aiutarmi. Con<br />
tutte le vostre forze spirituali, morali e fisiche. Non più a gruppi numerosi,<br />
ma a coppie dovete sapere andare. E manderemo a coppie i discepoli migliori.
Perché la messe è veramente grande. Oh! In questa estate vi preparerò a questa<br />
grande missione. Per tamuz saremo raggiunti da Isacco coi migliori discepoli. E<br />
vi preparerò. Non basterete ancora. Perché se ella messe è veramente grande, gli<br />
operai in compenso sono pochi. Pregate dunque il Padrone della terra che mandi<br />
molti operai alla sua messe».<br />
«Sì, mio Signore. Ma non muterà molto la situazione di questi che ti cercano»<br />
dice Giacomo d’Alfeo.<br />
«Perché, fratello?».<br />
«Perché essi cercano non solo dottrina e parola di Vita, ma anche guarigioni ai<br />
loro languori, alle loro malattie, ad ogni menomazione che la vita o Satana<br />
portino alla loro parte inferiore o superiore. E questo lo puoi fare Tu solo,<br />
perché in Te è il Potere».<br />
«Coloro che sono uni con Me giungeranno a fare ciò che Io faccio, e i poveri<br />
saranno soccorsi in tutte le loro miserie. Ma ancora voi non avete in voi quanto<br />
basti per fare questo. Sforzatevi a superare voi stessi, a calcare la vostra<br />
umanità per fare trionfare lo spirito. Assimilate non solo la mia parola, ma lo<br />
spirito di essa, ossia santificatevi per essa e poi tutto potrete. Ed ora<br />
andiamo a dire loro la mia parola, posto che non vogliono andarsene se Io non ho<br />
dato loro la parola di Dio. E poi ritorneremo a Cafarnao. Anche là ci sarà c chi<br />
attende…».<br />
3«Signore, ma è vero che Maria di Magdala ha chiesto perdono a Te, in casa del<br />
fariseo?».<br />
«È vero, Tommaso».<br />
«E Tu glielo hai dato?» chiede Filippo.<br />
«Gliel’ho dato».<br />
«Ma hai fatto male!» esclama Bartolomeo.<br />
«Perché? Era un pentimento sincero e meritava perdono».<br />
«Ma non dovevi farlo in quella casa, pubblicamente…» rimprovera l’Iscariota.<br />
«Ma non vedo in che ho errato».<br />
«In questo: Tu sai chi sono i farisei, quanti cavilli hanno nella testa, come ti<br />
sorvegliano, come ti calunniano, come ti odiano. Uno ne avevi a Cafarnao, di<br />
amico, ed era Simone. E Tu chiami in casa sua una prostituta per profanare la<br />
casa e dare scandalo all’amico Simone».<br />
«Non l’ho chiamata Io. Vi è venuta. Non era una prostituta. Era una pentita. Ciò<br />
cambia molto. Se non si aveva schifo ad avvicinarla e a desiderarla sempre,<br />
anche in mia presenza, anche ora che ella non è più una carne ma un’anima, non<br />
si deve avere schifo di vederla entrare per inginocchiarsi ai miei piedi e<br />
piangere accusandosi, avvilendosi nella pubblica umile confessione che è tutta<br />
in quel pianto. Simone fariseo ha avuto la casa santificata da un miracolo<br />
grande: la resurrezione di un’anima. Sulla piazza di Cafarnao, or sono cinque<br />
giorni, mi chiedeva: “Hai fatto quello solo di miracolo?”, e rispondeva da sé:<br />
“No, certo”, avendo molto desiderio di vederne uno. Gliel’ho ho dato. L’ho<br />
scelto per essere il testimone, il paraninfo di questo fidanzamento dell’anima<br />
con la Grazia. Deve esserne fiero».<br />
«Invece ne è scandalizzato. Forse hai perduto un amico».<br />
«Ho trovato un’anima. Merita di perdere un uomo con la sua amicizia, la sua<br />
povera amicizia d’uomo, pur di rendere l’amicizia con Dio ad un’anima».<br />
«È inutile. Con Te non si può ottenere una umana riflessione. Siamo sulla terra,<br />
Maestro! Ricordatelo. E vigono le leggi e le idee della terra. Tu agisci col<br />
metodo del Cielo, ti muovi nel tuo Cielo che hai in cuore, vedi tutto attraverso<br />
luci di Cielo. Povero Maestro mio! Come sei divinamente inetto a vivere tra noi<br />
perversi!». Giuda Iscariota lo abbraccia, ammirato e desolato, finendo: «E me ne<br />
dolgo, perché Tu ti crei, per troppa perfezione, tanti nemici».<br />
«Non te ne dolere, Giuda. È scritto che così sia. Ma come sai che Simone è<br />
offeso?».<br />
«Non ha detto che è offeso. Ma a me e Tommaso ha fatto capire che ciò non andava<br />
fatto. Non dovevi invitarla a casa sua, dove non entrano che persone oneste».<br />
«Bene! Sull’onestà di chi va da Simone piantiamola lì» dice Pietro.<br />
E Matteo: «Io potrei dire che il sudore delle prostitute è colato più volte sui<br />
pavimenti, sulle mense, e oltre, di Simone il fariseo».<br />
«Ma non pubblicamente» ribatte l’Iscariota.<br />
«No. Con ipocrisia intesa a celarlo».<br />
«Vedi che allora cambia».<br />
«Cambia anche l’entrata di una prostituta che entra per dire: “Lascio il mio
peccato infame” da quella di una che entra per dire: “Eccomi a te per compiere<br />
il peccato insieme”».<br />
«Matteo ha ragione» dicono tutti.<br />
«Sì. Ha ragione. Ma loro non la pensano come noi. E bisogna venire a transazioni<br />
con loro, adattarsi a loro per averli amici».<br />
«Questo mai, Giuda. Nella verità, nell’onestà, nella condotta morale, non ci<br />
sono adattamenti e transazioni» tuona Gesù. E termina: «Del resto Io so di avere<br />
agito bene e per il bene. E basta. 4Andiamo a congedare questi stanchi».<br />
E va da quelli che, sparsi sotto gli alberi, guardano nella sua direzione con<br />
ansia di udirlo.<br />
«La pace a voi tutti che per stadi e solleoni siete venuti ad udire la Buona<br />
Novella.<br />
In verità vi dico che voi cominciate a comprendere realmente ciò che è il Regno<br />
di Dio, quanto sia prezioso il suo possesso e beato l’appartenervi. Ed ogni<br />
fatica perde per voi il valore che per altri conserva, perché l’animo comanda in<br />
voi e dice alla carne: “Giubila che io ti opprima. È per la tua beatitudine che<br />
lo faccio. Quando sarai riunita a me, dopo la finale risurrezione, tu mi amerai<br />
per quanto ti ho conculcata e vedrai in me il tuo secondo salvatore”. Non dice<br />
così lo spirito vostro? Ma sì che lo dice!<br />
Voi ora basate le vostre azioni sull’insegnamento delle mie parabole lontane. Ma<br />
ora Io vi do altre luci per sempre più farvi innamorati di questo Regno che vi<br />
aspetta e il cui valore non è misurabile.<br />
Udite: Un uomo, andato per caso in un campo per prendere terriccio per portarlo<br />
nel suo orticello, nello scavare faticosamente la terra dura trova, sotto<br />
qualche strato di terra, un filone di metallo prezioso. Che fa allora<br />
quell’uomo? Ricopre con la terra la scoperta fatta. Non gli importa di lavorare<br />
più ancora, perché la scoperta merita la fatica. E poi va a casa sua,<br />
raggranella tutte le sue ricchezze in denaro o in oggetti, e queste ultime le<br />
vende per avere molto denaro. Poi va dal padrone del campo e gli dice: “Mi piace<br />
il tuo campo. Quanto vuoi per vendermelo?”. “Ma io no lo vendo” dice l’altro. Ma<br />
l’uomo offre somme sempre più forti, sproporzionate al valore del campo, e<br />
finisce col sedurre il padrone di esso, il quale pensa: “Questo uomo è un pazzo!<br />
Ma posto che lo è, io me ne avvantaggio. Prendo la somma che mi offre. Non è uno<br />
strozzinaggio perché è lui che me la vuole dare. Con essa mi comprerò almeno tre<br />
altri campi, e più belli” e fa la vendita, convinto di avere fatto uno splendido<br />
affare. Ma invece è l’altro che fa l’affare splendido, perché si priva di<br />
oggetti che possono essere asportati dal ladro o perduti o consumati, e si<br />
procura un tesoro che per essere vero, naturale, è inesauribile. Merita dunque<br />
di sacrificare quanto ha per questo acquisto, rimanendo per qualche tempo col<br />
solo possesso del campo, ma in realtà possedendo per sempre il tesoro celato in<br />
esso.<br />
Voi questo lo avete capito e fate come l’uomo della parabola. Lasciate le<br />
effimere ricchezze per possedere il Regno dei Cieli. Le vendete agli stolti del<br />
mondo, le cedete ad essi, accettate di essere derisi per questo che agli occhi<br />
del mondo pare stolto modo di agire. Fate così, sempre così, e il Padre vostro<br />
che è nei Cieli, giubilando, vi darà un giorno il vostro posto nel Regno.<br />
Tornate alle vostre case prima che venga il sabato, e nel giorno del Signore<br />
pensate alla parabola del tesoro che è il Regno celeste. La pace sia con voi».<br />
5La gente si sparge lentamente per le vie e i sentieri della campagna mentre<br />
Gesù va alla volta di Cafarnao nella sera che scende.<br />
Vi giunge a notte fatta. Traversano in silenzio la città silenziosa sotto il<br />
lume della luna che è l’unico lume esistente per le viette oscure e malselciate.<br />
Entrano pure in silenzio nell’orticello a fianco della casa, credendo che tutti<br />
siano a letto. Ma invece un lume arde nella cucina e tre ombre, rese mobili per<br />
il muoversi della fiammella, si proiettano sul muretto bianco del forno lì<br />
vicino.<br />
«C’è gente che ti aspetta, Maestro. Ma così non può andare! Ora vado a dire che<br />
sei troppo stanco. Va’ sulla terrazza, intanto».<br />
«No, Simone. Vado in cucina. Se Tommaso ha trattenuto queste persone segno è che<br />
vi è un serio motivo».<br />
Ma intanto quelli di dentro hanno sentito il bisbiglio e Tommaso, padrone di<br />
casa, viene sulla soglia.<br />
«Maestro, vi è la solita dama. Ti attende da ieri al tramonto. È con un servo»;<br />
e poi, sottovoce: «È molto agitata. Piange senza sosta…».
«Sta bene. Dille di venire di sopra. Dove ha dormito?».<br />
«Non voleva dormire. Ma infine si è ritirata per qualche ora, verso l’alba,<br />
nella mia camera. Il servo l’ho fatto dormire in uno dei vostri letti».<br />
«Va bene. Dormirà anche questa notte. E tu dormirai nel mio».<br />
«No, Maestro. Andrò sulla terrazza, su delle stuoie. Avrò buon sonno lo stesso».<br />
6Gesù sale sul terrazzo. Ecco Marta che sale lei pure.<br />
«La pace a te, Marta».<br />
Un singhiozzo di risposta.<br />
«Piangi ancora? Ma non sei felice?».<br />
La testa di Marta fa segno di no.<br />
«Ma perché mai?»…<br />
Una lunga pausa piena di singhiozzi. Infine un gemito: «Da molte sere Maria non<br />
è più tornata. E non si trova. Non io, non Marcella, non la nutrice la troviamo…<br />
Era uscita ordinando il carro. Era tutta pomposa nelle vesti… Oh! non aveva<br />
voluto rimettere la mia!… Non era seminuda, ne ha anche di quelle, ma era molto<br />
procace in questa… E ori e profumi ha preso con sé… e non è più tornata. Ha<br />
licenziato il servo alle prime case di Cafarnao dicendo: “Tornerò con altra<br />
compagnia”. Ma non è più tornata. Ci ha ingannati! Oppure si è sentita sola,<br />
forse tentata… o le è accaduto del male… Non è tornata più…». E Marta scivola<br />
in ginocchio, piangendo col capo reclinato sull’avambraccio messo su un mucchio<br />
di sacchi vuoti.<br />
Gesù la guarda e dice lento e sicuro, dominatore: «Non piangere. Maria è venuta<br />
da Me tre sere sono. Mi ha imbalsamato i piedi, mi ha messo ai piedi tutti i<br />
suoi gioielli. Si è consacrata così, e per sempre, prendendo posto tra le mie<br />
discepole. Non la denigrare nel tuo cuore. Ti ha superata».<br />
«Ma dove, dove è allora mia sorella?» grida Marta alzando un volto sconvolto.<br />
«Perché non è tornata a casa? È stata forse assalita? Ha preso forse una barca e<br />
si è affogata? Oppure qualche amante respinto l’ha rapita? Oh! Maria! La mia<br />
Maria! L’avevo ritrovata e subito l’ho perduta!». Marta è proprio fuori di sé.<br />
Non pensa più che quelli abbasso la possano sentire. Non pensa più che Gesù può<br />
dirle dove è la sorella. Si dispera senza riflettere a nulla.<br />
7Gesù la prede per i polsi e la costringe a stare ferma, ad ascoltarlo,<br />
dominandola con la sua alta statura e col suo sguardo magnetico. «Basta! Voglio<br />
da te fede nelle mie parole. Voglio da te generosità. Hai capito?». Non la<br />
lascia andare altro che quando Marta si quieta un poco. «Tua sorella è andata a<br />
gustarsi la sua gioia, avvolgendosi di una solitudine santa perché è in lei il<br />
supersensibile pudore dei redenti. Te l’ho detto in anticipo. Non può sopportare<br />
lo sguardo dolce ma indagatore dei parenti sulla sua nuova veste di sposa della<br />
Grazia. E ciò che Io dico è sempre vero. Mi devi credere».<br />
«Sì, Signore, sì. Ma la mia Maria è troppo, troppo stata del demonio. Egli l’ha<br />
ripresa subito, egli…».<br />
«Egli si vendica su di te della preda perduta per sempre. Devo dunque vedere che<br />
tu, la forte, divieni sua preda per un folle sgomento senza ragione d’essere?<br />
Devo vedere che per lei che ora crede in Me, tu perdi la tua bella fede che<br />
sempre ti ho conosciuta? Marta! Guardami bene. Ascolta Me. Non ascoltare Satana.<br />
Non sai che quando è costretto ad abbandonare la preda per una vittoria di Dio<br />
su di lui, esso si dà subito da fare, questo instancabile torturatore degli<br />
esseri, questo instancabile ladro dei diritti di Dio, per trovare altre prede?<br />
Non sai che sono le torture di un terzo, che resiste agli assalti perché è buono<br />
e fedele, quelle che consolidano la guarigione di un altro spirito? Non sai che<br />
nulla è slegato di tutto quanto avviene ed esiste nel creato, ma tutto segue una<br />
legge eterna di dipendenze e di conseguenze, per cui l’atto di uno ha<br />
ripercussioni naturali e soprannaturali vastissime? 8Tu piangi qui, tu conosci<br />
il dubbio atroce, e resti fedele al tuo Cristo anche in quest’ora di tenebre.<br />
Là, in un punto vicino a te ignoto, Maria sente dissolversi l’ultimo dubbio<br />
sulla infinità del perdono avuto, e il suo pianto si muta in sorriso e le sue<br />
ombre in luce. È il tuo tormento che l’ha guidata là dove è pace, là dove si<br />
rigenerano le anime presso la Generatrice senza macchia, presso quella che è<br />
tanto Vita da avere ottenuto di avere dato al mondo il Cristo che è la Vita. Tua<br />
sorella è da mia Madre. Oh! Non è la prima che raccoglie le vele in quel porto<br />
di pace dopo che il raggio soave della viva Stella Maria l’ha chiamata a quel<br />
seno d’amore per amore, muto e attivo, del Figlio suo! Tua sorella è a Nazaret».<br />
«Ma come vi è andata se non conosce tua Madre, la tua casa?… Sola… Di notte…<br />
Così… Senza mezzi… In quella veste… Tanta strada… Come?».
«Come? Come va la rondine stanca al nido natio, traversando mari e monti,<br />
superando tempeste, nebbie e venti nemici. Come vanno le rondini nei luoghi di<br />
svernamento. Per istinto che le guida, per tepore che le invita, per sole che le<br />
chiama. Anche lei è corsa al raggio che chiama… alla Madre universale. E la<br />
vedremo tornare all’aurora, felice… uscita per sempre dalle tenebre, con una<br />
Madre al fianco, la mia, e per non essere mai più orfana. Puoi credere questo?».<br />
«Sì, mio Signore».<br />
Marta è come affascinata. Infatti Gesù è stato veramente dominatore. Alto,<br />
eretto, e pure lievemente curvato su Marta inginocchiata, ha parlato lentamente,<br />
ma incisivamente, quasi per trasfondere Se stesso nella discepola sconvolta.<br />
Poche volte l’ho visto potente così, per persuadere con la parola un suo<br />
ascoltatore. Ma alla fine che luce, che sorriso è sul suo volto! Marta lo<br />
riflette con un sorriso e una luce più pacata nel suo stesso volto.<br />
«E ora vai al riposo. Con pace».<br />
E Marta gli bacia le mani e scende rasserenata…<br />
[…].<br />
238. Cafarnao, sotto un temporale, di Maria Ss. con Maria di<br />
Magdala.<br />
30 luglio 1945.<br />
1«Forse sarà tempesta oggi, Maestro. Vedi là quelle strisce di piombo avanzarsi<br />
di dietro all’Hermon? E vedi come si corruga il lago? E senti che soffi di<br />
tramontana alternati alle larghe onde calde dello scirocco? Vortice di vento:<br />
segno certo di bufera.<br />
«Fra quanto, Simone?».<br />
«Prima che termini l’ora di prima. Guarda come i pescatori si affrettano a<br />
tornare. Sentono che il lago brontola. Fra poco sarà esso pure di piombo, e poi<br />
sarà di pece, e poi verrà la furia».<br />
«Ma se sembra così calmo!» dice Tommaso incredulo.<br />
«Tu conosci l’oro io l’acqua. Come dico sarà. Non è neppure una tempesta<br />
improvvisa. Si prepara con chiari segni. L’acqua è calma alla superficie, appena<br />
quel crespo che sembra uno scherzo. Ma se fossi in barca! Sentiresti come<br />
migliaia di nocche battere contro la carena e scuotere stranamente la barca.<br />
L’acqua bolle già, di sotto. Aspetta il segnale del cielo e poi vedrai!… Lascia<br />
che il tramontano si annodi allo scirocco! E poi!… Ehi, donne! ritirate ciò che<br />
avete steso e riparate le vostre bestie. Fra poco piovono sassi e secchie<br />
d’acqua».<br />
Infatti il cielo si va facendo sempre più verdognolo, con venature di ardesia<br />
per l’invasione continua di lame di nuvole che sembrano eruttate dal grande<br />
Hermon. Esse respingono l’aurora da dove è venuta, come se l’ora retrocedesse<br />
verso la notte anziché avanzare verso il meriggio. Solo una lama di sole<br />
persiste a sfuggire obliqua da dietro alla barricata dei nuvoli di pece, e getta<br />
una irreale pennellata di un giallo verde sulla vetta di un colle al sud ovest<br />
di Cafarnao. Il lago è già mutato da azzurro in un nero blu, e le prime spume,<br />
fra ondetta e ondetta, esili, spezzate, sembrano di un bianco irreale su<br />
quell’acqua scura. Sul lago non è più una barca. Gli uomini si affrettano a<br />
portare sul greto le barche, a riporre reti, ceste, vele e remi, oppure, se<br />
contadini, a ritirare derrate, ad assicurare pali e legami, a chiudere nelle<br />
stalle le bestie, e le donne si affrettano alla fonte prima che piova, oppure<br />
racimolano i bambini alzati al primo sole e li spingono in casa e chiudono le<br />
porte, sollecite come chiocce che sentano la grandine prossima.<br />
2«Simone, vieni con Me. Chiama anche il servo di Marta e chiama Giacomo, mio<br />
fratello. Prendi una grossa tela. Grossa e larga. Due donne sono sulla via, e<br />
bisogna andare loro incontro».<br />
Pietro lo guarda, curioso, ma ubbidisce senza perdere tempo. È sulla via, mentre<br />
di corsa attraversano il paese andando verso sud, che Simone chiede: «Ma chi<br />
sono?».<br />
«Mia Madre e Maria di Magdala».<br />
La sorpresa è tale che Pietro si arresta un momento come inchiodato al suolo, e
dice: «Tua Madre e Maria di Magdala?!!! Insieme?!!!». Poi riprende a correre<br />
perché Gesù non si ferma, e non si fermano Giacomo e il servo. Ma torna a dire:<br />
«Tua Madre e Maria di Magdala! Insieme!… Ma da quando?».<br />
«Da quando non è più altro che Maria di Gesù. Fa’ presto, Simone. Vengono le<br />
prime gocce…».<br />
E Pietro si sforza a stare alla pari con questi suoi compagni, tutti più alti e<br />
svelti di lui.<br />
La polvere si alza ora a nuvoli dalla via arsa, per un vento che si fa più forte<br />
di attimo in attimo, un vento che rompe il lago e lo alza in creste d’onde che<br />
si frangono con un primo scroscio sul lido. Quando è possibile vedere il lago,<br />
lo si vede mutato in un enorme paiolo nel furore dell’ebollizione. Onde alte<br />
almeno un metro lo corrono in tutti i sensi, si urtano, crescono fondendosi, si<br />
separano correndo in direzioni opposte in cerca di un’altra onda con cui<br />
cozzarsi, tutto un duello di spume, di creste, di gobbe panciute, di scrosci, di<br />
muggiti, di schiaffi fin contro le case più prossime alla riva. Quando le case<br />
parano la vista, il lago si tiene presente col suo fragore, che supera il<br />
fischio del vento che piega gli alberi strappandone foglie e facendo cadere<br />
frutti, e il boato dei tuoni lunghi, minacciosi, preceduti da lampi sempre più<br />
spessi e potenti.<br />
«Chissà che paura avranno quelle donne!» soffia Pietro col fiato grosso.<br />
«Mia Madre, no. Non so l’altra. Ma certo se non facciamo presto si bagneranno<br />
forte».<br />
3Cafarnao è superata di qualche centinaio di metri quando, fra nuvoli di<br />
polvere, in mezzo al primo scroscio di un acquazzone che scende obliquo e<br />
violento, rigando l’aria cupa, divenendo presto cataratta che si polverizza, che<br />
accieca, che mozza il fiato, si vede una coppia di donne correre, cercando<br />
riparo sotto qualche albero folto.<br />
«Eccole! Corriamo!».<br />
Ma per quanto il suo amore per Maria dia ali a Pietro, egli, con le sue gambe<br />
corte e non certo da corridore, giunge quando Gesù e Giacomo, hanno già raccolto<br />
le donne sotto un pesante pezzo di vela.<br />
«Qui non si può stare. C’è pericolo di folgori e fra poco la via sarà un<br />
torrente. Andiamo, Maestro. Almeno alla prima casa» dice Pietro affannato.<br />
Vanno con le donne al centro, tenendo il telo steso sulle loro teste e schiene.<br />
4La prima parola che Gesù dice alla Maddalena, che è ancora nella veste della<br />
sera del convito in casa di Simone, ma con un mantello di Maria Ss. sulle<br />
spalle, è questa: «Hai paura, Maria?».<br />
Questa, che è sempre stata a capo chino sotto il velo delle sue chiome, che nel<br />
correre si sono disfatte, avvampa, china ancora di più la testa, e mormora: «No,<br />
Signore».<br />
Anche la Madonna ha perduto le forcine e pare una bambina con le trecce giù per<br />
le spalle. Ma sorride al Figlio che è al suo fianco e gli parla con quel<br />
sorriso.<br />
«Sei molto bagnata, Maria» dice Giacomo d’Alfeo toccando il velo e il mantello<br />
della Madonna.<br />
«Non fa nulla. E ora non ci bagniamo più. Non è vero, Maria? Egli ci ha salvato<br />
anche dalla pioggia» dice dolcemente Maria alla Maddalena, di cui sente il<br />
doloroso imbarazzo. Questa annuisce col capo.<br />
«Tua sorella sarà contenta di rivederti. È a Cafarnao. Ti cercava» dice Gesù.<br />
Maria alza per un momento il capo e fissa i suoi splendidi occhi in volto a<br />
Gesù, che le parla con la naturalezza che usa con le altre discepole. Ma non<br />
dice niente. È strozzata da troppe emozioni.<br />
Gesù termina: «Sono contento di averla trattenuta. Vi lascerò andare dopo avervi<br />
benedette».<br />
5La parola si perde nello schianto secco di un fulmine vicino. La Maddalena ha<br />
un atto di spavento. Si porta le mani al viso e si curva con uno scoppio di<br />
pianto.<br />
«Niente paura!» conforta Pietro. «Ormai è passato. E con Gesù non c’è mai da<br />
avere paura».<br />
Anche Giacomo, che è al fianco della Maddalena, dice: «Non piangere. Ormai le<br />
case sono vicine».<br />
«Non piango di paura… Piango perché Egli mi ha detto che mi benedirà… Io… io…» e<br />
non può dire altro.<br />
La Vergine interviene a calmarla dicendo: «Tu, Maria, hai già superato il tuo
temporale. Non ci pensare più. Ora tutto è sereno e pace. Non è vero, Figlio<br />
mio?».<br />
«Sì, Madre. È tutto vero. Fra poco tornerà il sole e tutto sarà più bello,<br />
mondo, fresco di ieri. Così per te, Maria».<br />
La Madre riprende, stringendo la mano alla Maddalena: «Dirò a Marta le tue<br />
parole. Sono contenta di poterla vedere subito e dirle quanto la sua Maria sia<br />
piena di buona volontà».<br />
Pietro, sguazzando nella fanghiglia e prendendo il diluvio con pazienza, esce da<br />
sotto il riparo per andare verso una casa e chiedere ricovero.<br />
«No, Simone. Preferiamo tutti ritornare nella nostra. Non è vero?» dice Gesù.<br />
Tutti approvano e Pietro torna sotto il telo.<br />
6Cafarnao è un deserto. Vi regnano padroni il vento, la pioggia, i tuoni, i<br />
lampi, e ora la grandine che suona e rimbalza su terrazzi e facciate. Il lago è<br />
di una terribilità imponente. Le case vicine ad esso sono schiaffeggiate dalle<br />
onde perché la spiaggetta non esiste più e le barche, assicurate presso le case,<br />
sembrano naufragate tanto sono colme d’acqua, che ogni maroso aumenta facendone<br />
traboccare quella già esistente in esse.<br />
Entrano correndo nell’orto divenuto un’enorme pozzanghera in cui galleggiano<br />
detriti sull’acqua motosa, e da questo nella cucina dove tutti sono radunati.<br />
Il gridio di Marta, quando vede la sorella tenuta per mano da Maria, è acuto. Le<br />
si stringe al collo, senza sentire quanto si bagna nel farlo, la bacia, la<br />
chiama: «Mirì, Mirì, gioia mia!» Forse è il vezzeggiativo che usavano per la<br />
Maddalena piccina.<br />
Maria piange, curva, col capo sulla spalla fraterna, rivestendo la veste scura<br />
di Marta di un pesante velo d’oro, unica cosa che splenda, nella cucina buia,<br />
dove solo è un fuocherello di stipe per rompere la tenebra che non è sufficiente<br />
a vincere una lampadetta accesa.<br />
Gli apostoli sono di stucco, e così lo è il padrone di casa e la padrona che si<br />
sono affacciati per lo strillo di Marta, ma che dopo un momento di curiosità<br />
comprensibile si ritirano discreti.<br />
7Quando la furia degli abbracci si è un poco sedata, Marta si ricorda di Gesù,<br />
di Maria, della stranezza della loro venuta tutti insieme, e chiede alla<br />
sorella, alla Madonna, a Gesù, e non saprei dire a chi più con insistenza: «Ma<br />
come? Come tutti insieme?».<br />
«Il temporale, Marta, si faceva vicino. Sono andato con Simone, Giacomo e il tuo<br />
servo incontro alle due pellegrine».<br />
Marta è tanto stupita che non riflette al fatto il che Gesù andasse così sicuro<br />
incontro a loro e non chiede: «Ma Tu sapevi?».<br />
È Tommaso che lo chiede a Gesù. Ma non ha risposta perché Marta dice alla<br />
sorella: «Ma come eri con Maria?». La Maddalena china il capo.<br />
La soccorre la Madonna prendendola per mano e dicendo: «È venuta da me come una<br />
pellegrina che vada al luogo dove può esserle detto il cammino da fare per<br />
raggiungere la mèta. E mi ha detto: “Insegnami come devo fare per essere di<br />
Gesù”. Oh! poiché in lei è volontà vera e totale, ha subito compreso e appreso<br />
questa sapienza! Ed io l’ho trovata subito pronta per prenderla per mano, così,<br />
e condurla a Te, Figlio mio, a te Marta buona, a voi, fratelli discepoli, e<br />
dirvi: “Ecco la discepola e la sorella che non darà che soprannaturali gioie al<br />
suo Signore e ai fratelli suoi”. Vogliatemi credere ed amarla tutti come Gesù ed<br />
io l’amiamo».<br />
8Allora gli apostoli si avvicinano salutando la nuova sorella. Non è escluso che<br />
ci sia della curiosità… Ma come si fa?! Si è ancora uomini…<br />
È il buon senso di Pietro che dice: «Va bene tutto. Voi le assicurate aiuto e<br />
amicizia santa. Ma bisognerebbe pensare che la Madre e la sorella sono molto<br />
bagnate… Lo siamo anche noi veramente... Ma per esse è peggio. I loro capelli<br />
stillano acqua come salici dopo l’uragano, le vesti sono fangose e bagnate.<br />
Facciamo fuoco, chiediamo vesti, prepariamo del cibo caldo…».<br />
Tutti si danno da fare e Marta conduce nella stanza le due inzuppate<br />
viaggiatrici, mentre viene riattivato il fuoco e stesi davanti alla fiamma i<br />
mantelli, i veli, le vesti inzuppate. Non so come provvedano di là… So che<br />
Marta, ritrovata la sua energia di ottima donna di casa, va e viene sollecita,<br />
con catini e acqua calda, con tazze di latte fumante, con vesti prestate dalla<br />
padrona, per soccorrere le due Marie…
239.La parabola dei pesci, la parabola della perla e il tesoro degli<br />
insegnamenti antichi e nuovi.<br />
31 luglio 1945.<br />
1Sono tutti riuniti nella vasta stanza superiore. Il temporale violento si è<br />
risolto in una pioggia persistente, che ora si fa lieve fin quasi a sospendere e<br />
ora infittisce con improvvisa furia. Il lago non è certo azzurro oggi, ma<br />
giallastro, con strie di spume nei momenti di vento e acquazzone, grigio plumbeo<br />
con spume bianche nelle soste dell’acquazzone. Le colline, tutte grondanti<br />
d’acqua, con le fronde ancora piegate da tanto che sono molli di pioggia, con<br />
qualche ramo che pende spezzato dal vento e molte foglie strappate dalla<br />
grandine, mostrano righe di ruscelli da ogni parte, acque giallognole che<br />
riversano nel lago foglie, sassi, terra rapita alle chine. La luce è rimasta<br />
offuscata, verdognola.<br />
Nella stanza sono, sedute presso una finestra che guarda le colline, Maria con<br />
Marta e la Maddalena, più due altre donne che non so di preciso chi siano. Ma ho<br />
l’impressione che siano già conosciute da Gesù e Maria e dagli apostoli, perché<br />
sono a loro agio. Certo più della Maddalena, che sta ferma ferma, a capo chino,<br />
fra la Vergine e Marta.<br />
Gli abiti riasciugati alla fiamma, spazzolati dal fango, sono stati rimessi. Ma<br />
dico male. È stato indossato dalla Vergine il suo di lana azzurro cupo. Ma la<br />
Maddalena ha una veste di imprestito, corta e stretta per lei alta e formosa, e<br />
cerca di riparare alle manchevolezze della veste stando avvolta nel mantello<br />
della sorella. Si è raccolta i capelli in due grosse trecce annodandosele sulla<br />
nuca in qualche modo, perché per sostenere quel peso ci vuole ben più delle<br />
poche forcine racimolate lì per lì. Infatti, dopo, io ho sempre visto che la<br />
Maddalena aiuta le forcine con un nastrino che le fa quasi un diadema sottile,<br />
perdendosi col suo colore paglia nell’oro dei capelli.<br />
Nell’altro lato della stanza, seduti chi su sgabelli, chi sui davanzali delle<br />
finestre, sono Gesù con gli apostoli e il padrone di casa. Manca il servo di<br />
Marta. Pietro e gli altri pescatori studiano il tempo, facendo pronostici per il<br />
domani. Gesù ascolta, oppure risponde a questo e a quello.<br />
«Ad averlo saputo, di questo, avrei detto a mia madre di venire. È bene che la<br />
donna sia messa subito a suo agio con le compagne» dice Giacomo di Zebedeo<br />
sbirciando verso le donne.<br />
«Eh! Ad averlo saputo!… 2Ma perché poi la mamma non è venuta con Maria?» chiede<br />
il Taddeo al fratello Giacomo.<br />
«Non lo so. Me lo chiedo anche io».<br />
«Non si sentirà male?».<br />
«Maria lo avrebbe detto».<br />
«Io glielo chiedo», e il Taddeo va dalle donne.<br />
Si sente la voce limpida di Maria rispondere: «Sta bene. Sono stata io che le ho<br />
evitato uno strapazzo con questo caldo. Siamo scappate come due bambine, non è<br />
vero, Maria? Maria è venuta a sera oscura e all’alba siamo partite. Non ho che<br />
detto ad Alfeo: “Ecco la chiave. Tornerò presto. Dillo a Maria”. E sono venuta».<br />
3«Torneremo insieme, Madre. Non appena il tempo sarà buono e Maria avrà una<br />
veste, noi andremo, tutti insieme, per la Galilea, accompagnando le sorelle fino<br />
alla via più sicura. Così saranno conosciute anche da Porfirea, da Susanna,<br />
dalle vostre mogli e figlie, Filippo e Bartolomeo».<br />
È squisito quel dire: «saranno conosciute», per non dire: «Maria sarà<br />
conosciuta»! È forte, anche. E abbatte tutte le prevenzioni e restrizioni<br />
mentali degli apostoli verso la redenta. La impone, vincendo le riluttanze di<br />
loro, le vergogne di lei, tutto. Marta splende nel viso, Maria Maddalena avvampa<br />
e ha uno sguardo supplice, riconoscente, turbato, che so?… Maria Ss. ha il suo<br />
sorriso soave.<br />
«Dove andremo per primo luogo, Maestro?».<br />
«A Betsaida. Poi per Magdala, Tiberiade, Cana, a Nazaret. Di lì per Jafia e<br />
Semeron, andremo a Betlem di Galilea e poi a Sicaminon e a Cesarea…».<br />
Gesù è interrotto da uno scoppio di pianto della Maddalena. Alza il capo, la
guarda e poi riprende come nulla fosse: «A Cesarea troverete il vostro carro. Ho<br />
ordinato così al servo, e andrete a Betania. Ci rivedremo poi, ai Tabernacoli».<br />
Maddalena si riprende presto e non risponde alle domande della sorella, ma esce<br />
dalla stanza ritirandosi forse in cucina per qualche tempo.<br />
«Maria soffre, Gesù, nel sentire che deve venire in certe città. Bisogna<br />
capirla… Lo dico più per i discepoli che per Te, Maestro» dice umile ed<br />
affannata Marta.<br />
«È vero, Marta. Ma così deve avvenire. Se ella non affronta subito il mondo e<br />
non strozza quell’orrendo aguzzino del rispetto umano, rimane paralizzata la sua<br />
eroica conversione. Subito e con noi».<br />
4«Con noi nessuno le dirà nulla. Te lo assicuro, Marta, anche per tutti i<br />
compagni miei» promette Pietro.<br />
«Ma certo! La circonderemo come una sorella. Così ha detto Maria che ella è, e<br />
così sarà per noi» conferma il Taddeo.<br />
«E poi!… Siamo tutti peccatori e il mondo non ci ha risparmiato neppure noi.<br />
Comprendiamo perciò le sue lotte» dice lo Zelote.<br />
«Io più di tutti la capisco. Nei posti dove peccammo è molto meritorio vivere.<br />
Le persone sanno chi siamo!… È una tortura. Ma è anche una giustizia e una<br />
gloria resistere lì. Appunto perché è palese in noi la potenza di Dio, noi siamo<br />
oggetto di conversioni anche senza usare le parole». Dice Matteo.<br />
«Tu vedi, Marta, che tua sorella è compresa da tutti e amata da tutti. E lo sarà<br />
sempre di più. Lei diverrà un segno indicatore per tante anime colpevoli e<br />
pavide. È una grande forza anche per i buoni. Perché Maria, quando avrà<br />
frantumato le ultime catene della sua umanità, sarà un fuoco d’amore. Non ha che<br />
cambiato direzione all’esuberanza del suo sentimento. Ha riportato questa sua<br />
potente facoltà di amare in un piano soprannaturale. E ivi compierà prodigi. Ve<br />
lo assicuro. Ora è ancora turbata. Ma la vedrete giorno per giorno pacificarsi e<br />
irrobustirsi nella sua nuova vita. In casa di Simone ho detto: “Molto le è<br />
perdonato perché molto ella ama.” Ora vi dico che in verità tutto le sarà<br />
perdonato perché ella amerà con tutta la sua forza, la sua anima, il suo<br />
pensiero, il suo sangue, la sua carne, fino all’olocausto, il suo Dio».<br />
«Lei beata che merita queste parole! Vorrei meritarle anche io» sospira Andrea.<br />
«Tu? Ma tu le meriti già! 5Vieni qui, mio pescatore. Ti voglio raccontare una<br />
parabola che pare pensata proprio per te».<br />
«Maestro, attendi. Vado a prendere Maria. Desidera tanto sapere la tua dottrina!<br />
…».<br />
Mentre Marta esce, gli altri dispongono i sedili in modo da fare un semicerchio<br />
intorno a quello di Gesù. Tornano le due sorelle e riprendono posto vicino a<br />
Maria Ss.<br />
Gesù inizia a parlare:<br />
«Dei pescatori uscirono al largo e gettarono nel mare la loro rete, e dopo il<br />
tempo dovuto la tirarono a bordo. Con molta fatica compivano così il loro lavoro<br />
per ordine di un padrone che li aveva incaricati di fornire di pesce prelibato<br />
la sua città, dicendo loro anche: “Però quei pesci che sono nocivi o scadenti<br />
non state neppure a trasportarli a terra. Ributtateli in mare. Altri pescatori<br />
li pescheranno e, poiché sono pescatori di un altro padrone, li porteranno alla<br />
città dello stesso, perché là si consuma ciò che è nocivo e che rende sempre più<br />
orrida la città del mio nemico. Nella mia, bella, luminosa, santa, non deve<br />
entrare nulla di malsano”.<br />
Tirata perciò a bordo la rete, i pescatori iniziarono il lavoro di cernita. I<br />
pesci erano molti, di diverso aspetto, grossezza e colore. Ve ne erano di<br />
bell’aspetto, ma con una carne piena di spine, dal cattivo sapore, dal grosso<br />
buzzo pieno di fanghiglia, di vermi, di erbe marce che aumentavano il sapore<br />
cattivo della carne del pesce. Altri invece erano di brutto aspetto, un muso che<br />
pareva il ceffo del delinquente o di un mostro da incubo, ma i pescatori<br />
sapevano che la loro carne è squisita. Altri, per essere insignificanti,<br />
passavano inavvertiti. I pescatori lavoravano, lavoravano. Le ceste erano colme<br />
di pesce squisito ormai e nella rete erano i pesci insignificanti. “Ormai basta.<br />
Le ceste sono colme. Gettiamo tutto il resto a mare” dissero molti pescatori.<br />
Ma uno, che poco aveva parlato, mentre gli altri avevano magnificato o deriso<br />
ogni pesce che capitava loro fra le mani, rimase a frugare nella rete e tra la<br />
minutaglia insignificante scoperse ancora due o tre pesci, che mise al di sopra<br />
di tutti nelle ceste. “Ma che fai?” chiesero gli altri. “Le ceste sono complete,<br />
belle. Tu le sciupi mettendovi sopra per traverso quel povero pesce lì. Sembra
che tu lo voglia celebrare come il più bello”. “Lasciatemi fare. Io conosco<br />
questa razza di pesci e so che rendimento e che piacere danno”.<br />
Questa è la parabola, che finisce con la benedizione del padrone al pescatore<br />
paziente, esperto e silenzioso, che ha saputo discernere fra la massa i migliori<br />
pesci.<br />
6Ora udite l’applicazione di essa.<br />
Il padrone della città bella, luminosa e santa è il Signore. La città è il Regno<br />
dei Cieli. I pescatori, i miei apostoli. I pesci del mare, l’umanità nella quale<br />
è presente ogni categoria di persone. I pesci buoni, i santi.<br />
Il padrone della città orrida è Satana. La città orrida, l’Inferno. I suoi<br />
pescatori, il mondo, la carne, le passioni malvagie incarnate nei servi di<br />
Satana sia spirituali, ossia demoni, sia umani, ossia uomini che sono i<br />
corruttori dei loro simili. I pesci cattivi, l’umanità non degna del Regno dei<br />
Cieli: i dannati.<br />
Fra i pescatori delle anime per la Città di Dio ci saranno sempre quelli che<br />
emuleranno la capacità paziente del pescatore che sa perseverare nella ricerca,<br />
proprio negli strati dell’umanità, dove altri suoi compagni, più impazienti,<br />
hanno levato solo le bontà che appaiono tali a prima vista. E vi saranno<br />
purtroppo anche pescatori che, per essere troppo svagati e ciarlieri, mentre il<br />
lavoro di cernita esige attenzione e silenzio per udire le voci delle anime e le<br />
indicazioni soprannaturali, non vedranno pesci buoni e li perderanno. E vi<br />
saranno quelli che per troppa intransigenza respingono anche anime che non sono<br />
perfette nell’aspetto esteriore ma ottime per tutto il resto.<br />
Che vi importa se uno dei pesci che catturate per Me mostra i segni di lotte<br />
passate, presenta mutilazioni prodotte da tante cause, se poi queste non ledono<br />
il suo spirito? Che vi importa se uno di questi, per liberarsi dal Nemico, si è<br />
ferito e si presenta con queste ferite, se il suo interno mostra la sua chiara<br />
volontà di voler essere di Dio? Anime provate, anime sicure. Più di quelle che<br />
sono come infanti salvaguardati dalle fasce, dalla cuna e dalla mamma, e che<br />
dormono sazi e buoni, o sorridono tranquilli, ma che però possono in seguito,<br />
con la ragione e l’età, e le vicende della vita che avanzano, dare dolorose<br />
sorprese di deviazioni morali.<br />
7Vi ricordo la parabola del figliuol prodigo. Altre ne udrete perché sempre Io<br />
mi studierò a infondervi un retto discernimento nel modo di vagliare le<br />
coscienze e di scegliere il modo con cui guidare le coscienze, che sono singole,<br />
ed ognuna, perciò, ha il suo speciale modo di sentire e di reagire alle<br />
tentazioni e agli insegnamenti.<br />
Non crediate facile l’essere cernitore di animi. Tutt’altro. Ci vuole occhio<br />
spirituale tutto luminoso di luce divina, ci vuole intelletto infuso di divina<br />
sapienza, ci vuole possesso delle virtù in forma eroica, prima fra tutte la<br />
carità. Ci vuole capacità di concentrarsi nella meditazione, perché ogni anima è<br />
un testo oscuro che va letto e meditato. Ci vuole unione continua con Dio,<br />
dimenticando tutti gli interessi egoisti. Vivere per le anime e per Dio.<br />
Superare prevenzioni, risentimenti, antipatie. Essere dolci come padri e ferrei<br />
come guerrieri. Dolci per consigliare e rincuorare. Ferrei per dire: “Ciò non è<br />
lecito, e non lo farai”. Perché, pensatelo bene, molte anime saranno gettate<br />
negli stagni infernali. Ma non saranno solo anime di peccatori. Anche anime di<br />
pescatori evangelici vi saranno: quelle di coloro che avranno mancato al loro<br />
ministero, contribuendo alla perdita di molti spiriti.<br />
Verrà il giorno - l’ultimo giorno della terra, il primo della Gerusalemme<br />
completata e eterna - in cui gli angeli, come i pescatori della parabola,<br />
separeranno i giusti dai malvagi, perché al comando inesorabile del Giudice i<br />
buoni passino al Cielo e i cattivi nel fuoco eterno. E allora sarà resa nota la<br />
verità circa i pescatori ed i pescati, cadranno le ipocrisie e apparirà il<br />
popolo di Dio quale è, coi suoi duci e i salvati dai duci. Vedremo allora che<br />
tanti, fra i più insignificanti all’esterno o i più malmenati all’esterno, sono<br />
gli splendori del Cielo, e che i pescatori quieti e pazienti sono quelli che più<br />
hanno fatto, splendendo ora di gemme per quanti sono i loro salvati.<br />
La parabola è detta e spiegata».<br />
8«E mio fratello?!… Oh! ma!… Pietro lo guarda, lo guarda… Poi guarda la<br />
Maddalena…<br />
«No, Simone. In quella io non ci ho merito. Il Maestro solo ha fatto» dice<br />
schietto Andrea.<br />
«Ma gli altri pescatori, quelli di Satana, prendono dunque gli avanzi?» chiede
Filippo.<br />
«Tentano di prendere i migliori, gli animi capaci di maggior prodigio di Grazia,<br />
ed usano degli stessi uomini per farlo, oltre che delle loro tentazioni. Ce ne<br />
sono tanti nel mondo che per un piatto di lenticchie rinunciano alla<br />
primogenitura!».<br />
«Maestro, l’altro giorno Tu dicevi che molti sono quelli che si lasciano sedurre<br />
da cose del mondo. Sarebbero ancora quelli che pescano per Satana?» chiede<br />
Giacomo d’Alfeo.<br />
«Si, fratello mio. In quella parabola l’uomo si lasciò sedurre dal molto denaro<br />
che poteva dare molto godimento, perdendo ogni diritto al Tesoro del Regno. Ma<br />
in verità vi dico che su cento uomini, solo un terzo sa resistere alla<br />
tentazione dell’oro o ad altre seduzioni, e di questo terzo solo la metà sa<br />
farlo in maniera eroica. Il mondo muore asfissiato per aggravarsi<br />
volontariamente dei lacci del peccato. Vale meglio essere spogli di tutto<br />
anziché avere ricchezze irrisorie e illusorie. Sappiate fare come i saggi<br />
gioiellieri, i quali, saputo che in un luogo è stata pescata una perla<br />
rarissima, non si preoccupano di trattenere tante piccole gioie nei loro<br />
forzieri, ma di tutto si liberano per acquistare quella perla meravigliosa».<br />
«Ma allora perché Tu stesso metti delle differenze nelle missioni che dài alle<br />
persone che ti seguono, e dici che noi le missioni le dobbiamo tenere come dono<br />
di Dio? Allora bisognerebbe rinunciare anche a queste, perché anche queste sono<br />
briciole rispetto al Regno dei Cieli» dice Bartolomeo.<br />
«Non briciole: mezzi sono. Briciole sarebbero, meglio ancora, sarebbero festuche<br />
di paglia sudicia, se divenissero scopo umano nella vita. Quelli che armeggiano<br />
per avere un posto a scopo di utile umano fanno di quel posto, anche se santo,<br />
una festuca di paglia sudicia. Ma fatene una ubbidiente accettazione, un gioioso<br />
dovere, un totale olocausto, e ne farete una perla rarissima. La missione è un<br />
olocausto, se compiuta senza riserva, è un martirio, è una gloria. Gronda<br />
lacrime, sudore, sangue. Ma forma corona di eterna regalità».<br />
9«Tu sai proprio rispondere a tutto!».<br />
«Ma mi avete capito? Comprendete ciò che Io dico con paragoni trovati dalle cose<br />
di ogni giorno, illuminate però da una luce soprannaturale che ne fa spiegazione<br />
a cose eterne?».<br />
«Sì , Maestro».<br />
«Ricordatevi allora il metodo per istruire le turbe. Perché questo è uno dei<br />
segreti degli scribi e dei rabbi: ricordare. In verità vi dico che ognuno di<br />
voi, istruito nella sapienza di possedere il Regno dei Cieli, è simile ad un<br />
padre di famiglia che trae fuori del suo tesoro ciò che serve alla famiglia,<br />
usando cose antiche o cose nuove, ma tutte per l’unico scopo di procurare il<br />
benessere ai propri figli. L’acqua è cessata. Lasciamo in pace le donne e<br />
andiamo dal vecchio Tobia che sta per aprire i suoi occhi spirituali sulle albe<br />
dell’al di là. La pace a voi, donne».<br />
240.A Betsaida da Porfirea e Marziam, che insegna alla Maddalena la<br />
preghiera di Gesù.<br />
1 agosto 1945<br />
1È tornato il sereno sul mare di Galilea. Tutto anzi è più bello di prima della<br />
tempesta perché si è ripulito dalla polvere. L’atmosfera è di un nitore assoluto<br />
e l’occhio, guardando il firmamento, ha l’impressione che si sia alzato, fatto<br />
più leggero… un velario quasi trasparente steso fra la terra e i fulgori del<br />
Paradiso. Il lago rispecchia questo azzurro perfetto e ride quieto con le sue<br />
acque di turchese.<br />
È un inizio d’aurora. Gesù con Maria, Marta e Maddalena, sale sulla barca di<br />
Pietro. Con Lui sono, oltre che Pietro e Andrea, anche lo Zelote, Filippo,<br />
Bartolomeo. Matteo, Tommaso, i cugini di Gesù, l’Iscariota, sono invece<br />
nell’altra barca di Giacomo e Giovanni. Puntano diritti verso Betsaida. Un breve<br />
tragitto che il vento favorisce. Il percorso è fatto in pochi minuti.<br />
Quando stanno per giungere, Gesù dice a Bartolomeo e all’inseparabile Filippo:<br />
«Andrete ad avvisare le vostre donne. Oggi verrò in casa vostra». E fissa i due<br />
in maniera eloquente.<br />
«Sarà fatto, Maestro. Non concedi né a me né a Filippo di averti?».
«Non ci tratteniamo che fino al tramonto e non voglio privare Simon Pietro della<br />
gioia di godersi Marziam».<br />
La barca striscia sulla riva e si ferma. Scendono, e Filippo e Bartolomeo si<br />
staccano dai compagni per andare in paese.<br />
«Dove vanno quei due?» chiede Pietro al Maestro, che è sceso per primo ed è al<br />
suo fianco.<br />
«Ad avvisare le loro donne».<br />
«Vado anche io ad avvisare Porfirea, allora».<br />
«Non occorre. Porfirea è tanto buona che non occorre prepararla a nulla. Il suo<br />
cuore non sa che dare dolcezza».<br />
Simon Pietro splende sentendo la lode della sua sposa e non dice altro.<br />
Sono intanto scese le donne, per le quali è stata messa una tavola a fare da<br />
barcarizzo, e vanno a casa di Simone.<br />
2Li vede per primo Marziam, che sta uscendo con le sue pecorelle per portarle a<br />
brucare l’erba fresca sulle prime pendici di Betsaida, e con uno strillo di<br />
gioia dà l’annuncio, correndo a rifugiarsi sul petto di Gesù che si è curvato<br />
per baciarlo. Poi va da Pietro. Accorre, con le mani infarinate Porfirea, e si<br />
curva nel saluto.<br />
«Pace a te, Porfirea. Non ci attendevi tanto presto, non è vero? Ma ti ho voluto<br />
portare mia Madre e due discepole, oltre che la mia benedizione. Mia Madre<br />
desiderava rivedere il bambino… Eccolo là tra le sue braccia. E le discepole<br />
desideravano conoscerti… Questa è la moglie di Simone. La discepola buona e<br />
silenziosa, attiva nella sua ubbidienza più di molti altri. Queste sono Marta e<br />
Maria di Betania. Due sorelle. Vogliatevi bene».<br />
«Quelli che Tu mi conduci mi sono più cari del sangue mio, Maestro. Vieni. La<br />
mia casa si fa più bella ogni volta che Tu vi metti piede».<br />
Maria si avvicina sorridente e abbraccia Porfirea dicendole: «Vedo che in te è<br />
veramente viva la madre. Il bambino ha già prosperato ed è felice. Grazie».<br />
«Oh! Donna più di ogni altra benedetta! So che per te io ho avuto la gioia di<br />
essere chiamata mamma. E tu sappi che non ti darò il dolore di non esserlo con<br />
tutto il migliore che è in me. Entra, entra con le sorelle…».<br />
3Marziam guarda curiosamente la Maddalena. Tutto un lavoro di pensieri si forma<br />
nella sua testa. Infine dice: «Però… a Betania tu non c’eri…».<br />
«Non c’ero. Ma ora ci sarò sempre» dice la Maddalena con un rossore e un accenno<br />
di sorriso. E carezza il bambino dicendo: «Anche se ci conosciamo solo ora, mi<br />
vuoi bene?».<br />
«Sì, perché sei buona. Hai pianto, non è vero? È per quello che sei buona. E ti<br />
chiami Maria, non è vero? Anche la mia mamma si chiamava così ed era buona.<br />
Tutte le donne che si chiamano Maria sono buone. Però» termina per non<br />
addolorare Porfirea e Marta, «però ce ne sono di buone anche in quelle di un<br />
altro nome. Tua mamma come si chiamava?».<br />
«Eucheria… ed era tanto buona» e due lacrimoni cadono dagli occhi di Maria di<br />
Magdala.<br />
«Piangi perché è morta?» chiede il bambino e l’accarezza sulle bellissime mani<br />
incrociate sulla veste scura, certo una di Marta adattata a lei perché mostra<br />
l’orlo abbassato. E aggiunge: «Ma non devi piangere. Non siamo soli, sai? Le<br />
nostre mamme ci sono sempre vicine. Lo dice Gesù. E sono come angeli custodi.<br />
Anche questo lo dice Gesù. E se si è buoni ci vengono incontro quando si muore,<br />
e si sale a Dio in braccio alla mamma. Ma è vero, sai? Lo ha detto Lui!».<br />
Maria di Magdala abbraccia stretto il piccolo confortatore e lo bacia dicendo:<br />
«Prega allora che io diventi buona così».<br />
«Ma non lo sei? Con Gesù vanno solo quelli buoni… E se non lo sei del tutto lo<br />
si diventa, per poter essere i discepoli di Gesù, perché non si può insegnare se<br />
non si sa. Non si può dire: “Perdona”, se prima non perdoniamo noi. Non si può<br />
dire: “Devi amare il tuo prossimo” se prima non lo si ama noi. 4La sai la<br />
preghiera di Gesù?».<br />
«No».<br />
«Ah! già! sei da poco con Lui. È tanto bella, sai? Dice tutte queste cose. Senti<br />
come è bella». E Marziam dice lentamente il «Pater noster», con sentimento e<br />
fede.<br />
«Come la sai bene!» dice ammirata Maria di Magdala.<br />
«Me l’hanno insegnata la mia mamma di notte e la Mamma di Gesù di giorno. Ma se<br />
vuoi te la insegno. Vuoi venire con me? Le pecorelle belano. Hanno fame. Ora le<br />
porto al pascolo. Vieni con me. Ti insegnerò a pregare e diventerai buona del
tutto».e le prende la mano.<br />
«Non so se il Maestro vuole…».<br />
«Vai, vai, Maria. Hai un innocente per amico e degli agnellini… Vai pure.<br />
Serenamente…».<br />
Maria di Magdala esce col bambino e la si vede allontanare preceduta dalle tre<br />
pecorelle. Gesù guarda… e guardano gli altri.<br />
«Povera sorella mia!» dice Marta.<br />
«Non la compassionare. È un fiore che raddrizza lo stelo dopo l’uragano. Senti?…<br />
Ride… L’innocenza conforta sempre».<br />
Indice del Volume Quinto<br />
* = in linea<br />
*<br />
296. L’arrivo ad Aera sotto la pioggia e la guarigione dei malati in attesa.<br />
297. Con il discorso ad Aera termina il secondo grande viaggio apostolico.<br />
298. Il soccorso agli orfanelli Maria a Mattia e gli insegnamenti che ne<br />
derivano.<br />
299. L’affidamento degli orfanelli Maria a Mattia a Giovanna di Cusa.<br />
300. Con scribi a farisei in casa del risuscitato di Naim.<br />
301. Parabola delle fronti detronizzate e spiegazione della parabola<br />
sull’impurità.<br />
302. A Magdala, prima di mandare tutti in famiglia per le Encenie.<br />
303. Gesù dalla Madre a Nazareth.<br />
304. Con Giovanni di Endor, Sintica a Marziam. Maria è Madre e Maestra.<br />
305. Gesù conforta Marziam con la parabola degli uccellini.<br />
306. Anche Simone Zelote è a Nazareth. Lezione sui danni dell’ozio.<br />
307. Nella casa di Nazareth si discute delle colpe dei nazareni.<br />
Lezione sulla tendenza al peccato malgrado la Redenzione.<br />
308. Guarigione del figlio di Simone d’Alfeo.<br />
Marziam è il primo dei bambini discepoli.<br />
309. Sacrificio di Marziam per la guarigione di una bambina.<br />
Ravvedimento di Simone d’Alfeo.<br />
310. Con Pietro, a Nazareth, Gesù organizza la partenza di Giovanni di Endor e<br />
Sintica.<br />
*<br />
311. La rinuncia di Marziam provoca una lezione sui sacrifici fatti per amore.<br />
312. Gesù comunica a Giovanni di Endor la decisione di mandarlo ad Antiochia.<br />
Fine del secondo anno.<br />
TERZO ANNO DELLA VITA PUBBLICA DI GESÙ<br />
313. Preparativi di partenza da Nazareth dopo la visita di Simone d’Alfeo con<br />
la famiglia. Nel terzo anno Gesù sarà il Giusto.<br />
314. La cena nella casa di Nazareth e la dolorosa partenza.<br />
315. Il viaggio verso Jiftael e le riflessioni di Giovanni di Endor.<br />
316. L’addio di Gesù a Giovanni di Endor e a Sintica.
317. La preghiera di Gesù per la salvezza di Giuda Iscariota.<br />
318. In barca da Tolemaide a Tiro.<br />
319. Partenza da Tiro sulla nave del cretese Nicomede.<br />
320. Prodigi sulla nave nel mare in tempesta.<br />
321. Sbarco a Seleucia a commiato da Nicomede.<br />
322. Partenza da Seleucia su un carro a arrivo ad Antiochia.<br />
323. La visita ad Antigonio.<br />
324. I discorsi degli otto apostoli prima di ripartire da Antiochia. L’addio a<br />
Giovanni di Endor e a Sintica.<br />
325. Gli otto apostoli si riuniscono a Gesù presso Aczib.<br />
326. Una sosta ad Aczib.<br />
327. Ai confini della Fenicia. Discorso sulla uguaglianza dei popoli a parabola<br />
del lievito.<br />
328. Ad Alessandroscene, dai fratelli di Ermione.<br />
329. Al mercato di Alessandroscene. La parabola degli operai della vigna.<br />
330. Giacomo a Giovanni “figli del tuono”. Verso Aczib con il pastore Anna.<br />
331. La fede della donna cananea a altre conquiste. Arrivo ad Aczib.<br />
332. La sofferta separazione di Bartolomeo, che con Filippo si ricongiunge al<br />
Maestro.<br />
333. Con dieci apostoli verso Sicaminon.<br />
334. Anche Tommaso e Giuda Iscariota si riuniscono al gruppo apostolico.<br />
335. La falsa amicizia di Ismael ben Fabi e l’idropico guarito in giorno di<br />
sabato.<br />
336. A Nazareth con quattro apostoli. L’amore di Tommaso per Maria Ss.<br />
337. Il sabato a Corozim.<br />
Parabola sui cuori inlavorabili e guarigione di una donna curva.<br />
338. Giuda Iscariota perde il potere del miracolo. La parabola del<br />
coltivatore.<br />
339. La notte peccaminosa di Giuda Iscariota.<br />
340. Ravvedimento di Giuda Iscariota e scontro con i rabbi al sepolcro di<br />
Hillele.<br />
341. La mano ferita di Gesù. Guarigione di un sordomuto ai confini sirofenici.<br />
342. A Cédès. Il segno chiesto dai farisei e la profezia di Abacuc.<br />
343. Il lievito dei farisei. Il Figlio dell’uomo. Il primato a Simon Pietro.<br />
344. Incontro con i discepoli a Cesarea di Filippo e spiegazione del segno di<br />
Giona.<br />
345. Miracolo al castello di Cesarea Paneade.<br />
346. Primo annuncio della Passione e il rimprovero a Simon Pietro.<br />
347. A Betsaida. Profezia sul martirio degli apostoli e guarigione di un<br />
cieco.<br />
348. Mannaen riferisce su Erode Antipa e da Cafarnao va con Gesù a Nazareth.<br />
Svelate le trasfigurazioni della Vergine.<br />
349. La Trasfigurazione sul monte Tabor e l’epilettico guarito ai piedi del<br />
monte. Un commento per i prediletti.<br />
350. Lezione ai discepoli sul potere di vincere i demoni.<br />
351. Il tributo al Tempio pagato con la moneta trovata in bocca al pesce.<br />
352. Un convertito da Maria di Magdala. Parabola per il piccolo Beniamino<br />
e lezione su chi è grande nel regno dei Cieli.<br />
353. La seconda moltiplicazione dei pani e il miracolo della moltiplicazione<br />
della Parola.<br />
354. Il discorso sul Pane del Cielo nella sinagoga di Cafarnao.<br />
355. Il nuovo discepolo Nicolai di Antiochia e il secondo annuncio della<br />
Passione.<br />
356. Verso Gadara. Le eresie di Giuda Iscariota e le rinunce di Giovanni che<br />
vuole solo amare.<br />
357. Giovanni a le colpe di Giuda Iscariota. I farisei e la questione del<br />
divorzio.
358. A Pella. Il giovinetto Jaia e la madre di Marco di Giosia.<br />
359. Nella capanna di Mattia presso Jabes Galaad.<br />
360. Il malumore degli apostoli a il riposo in una grotta.<br />
L’incontro con Rosa di Gerico.<br />
361. I due innesti che trasformeranno gli apostoli. Maria di Magdala avverte<br />
Gesù di un pericolo. Miracolo sul fiume Giordano in piena.<br />
362. La missione delle “voci” nella Chiesa futura.<br />
L’incontro con la Madre e con le discepole.<br />
363. A Rama, in casa della sorella di Tommaso.<br />
Discorso sulla salvezza e apostrofe a Gerusalemme.<br />
Maria Valtorta<br />
L’evangelo<br />
come mi è stato<br />
rivelato<br />
VOLUME QUINTO<br />
296. L’arrivo a Aera sotto la pioggia e la guarigione dei malati in attesa.<br />
6 ottobre 1945.<br />
1Anche Arbela è lontana ormai. Nella comitiva ora sono Filippo d’Arbela e<br />
l’altro discepolo che sento chiamare Marco.<br />
La strada è fangosa come avesse molto piovuto. Il cielo è bigio. Un fiumicello<br />
abbastanza degno di questo nome taglia la via per Aera. Gonfio per le piogge,<br />
che certo hanno imperversato sulla zona, non è certo cerulo, ma di un giallo<br />
rossastro come avesse in sé acque passate su terreni ferrosi.<br />
«Ormai il tempo è al brutto. Bene hai fatto a mandare via le donne. Non è più<br />
tempo per loro stare per le strade» sentenzia Giacomo.<br />
E Simone lo Zelote, sempre placato anche nella sua assoluta dedizione al<br />
Maestro, proclama: «Il Maestro fa tutto bene quello che fa. Non è ottuso come<br />
noi. Egli vede e prevede tutto per il meglio, e più per noi che per Lui».<br />
Giovanni, felice di essergli a lato, lo guarda di sotto in su col suo volto
idente e dice: «Sei il più caro e buon Maestro che la terra ebbe, ha e avrà,<br />
oltre che il più santo».<br />
«Quei farisei… Che delusione! Ed è servito anche il maltempo a persuaderli che<br />
proprio Giovanni di Endor non c’era. Ma perché poi ce l’hanno così con lui?»<br />
chiede Ermasteo, che ha per Giovanni di Endor molta tenerezza.<br />
Risponde Gesù: «Non è su lui e per lui il loro astio. Ma è uno strumento che<br />
agitano contro di Me».<br />
Filippo di Arbela dice: «Ebbene, l’acqua li ha fatti più che persuasi che era<br />
inutile aspettare e sospettare di Giovanni di Endor. Viva l’acqua! Ha servito<br />
anche a tenerti nella mia casa cinque giorni».<br />
«Chissà come sono in pensiero quelli di Aera! È molto se non vediamo venirci<br />
incontro mio fratello» dice Andrea.<br />
«Incontro? Verrà dietro a noi» osserva Matteo.<br />
«No. Faceva la strada del lago. Perché da Gadara andava al lago e con qualche<br />
barca a Betsaida, per vedere la moglie e dirle che il bambino è Nazaret e che<br />
lui presto sarà di ritorno. Da Betsaida per Meron prenderà la via di Damasco per<br />
qualche po’, e poi quella per Aera. È certo per Aera».<br />
2Vi è un silenzio. Poi Giovanni dice sorridendo: «Ma quella vecchierella,<br />
Signore!».<br />
«Io quasi credevo che Tu le dessi la gioia di morirti sul seno, come a Saul di<br />
Keriot» osserva Simone Zelote.<br />
«Le ho voluto anche più bene. Perché aspetto a chiamarla a Me quando il Cristo<br />
starà per aprire le porte dei Cieli. Non farà molta sosta in mia attesa, la<br />
piccola madre. Ora vive col suo ricordo e con l’aiuto di tuo padre, Filippo, la<br />
sua vita sarà meno triste. Io ancora benedico te e i tuoi parenti».<br />
La letizia di Giovanni si è velata di una nube più spessa di quella che copre il<br />
cielo.<br />
Gesù lo vede e dice: «Non sei contento tu che la vecchierella venga presto in<br />
Paradiso?».<br />
«Sì… ma non lo sono perché ciò vorrà dire che Tu te ne vai… Perché morire,<br />
Signore?».<br />
«Chi è nato da donna muore».<br />
«Avrai quella sola, Signore?».<br />
«Oh! no! E come sarà festoso l’andare di questi che salvo come Dio e che ho<br />
amato come uomo…».<br />
3Altri due fiumiciattoli, molto vicini l’uno all’altro, vengono superati.<br />
Comincia a piovere sulla piatta regione, che si stende davanti ai pellegrini<br />
dopo che hanno superati i colli all’incrocio di essi con la strada che si<br />
approfitta di una valle per proseguire in avanti verso nord.<br />
A nord, anzi a un nord ovest molto poco ovest, si delinea un’alta, poderosa<br />
catena di monti, sui quali si accavallano nubi e nubi quasi a fare nuove cime<br />
illusorie, di nuvole, sulle reali cime di roccia coperte di boschi sui fianchi e<br />
sulla vetta di nevi. Ma è una catena molto lontana.<br />
«Qui acqua. Lassù neve. Quella è la catena dell’Hermon. Si è messa più ampia<br />
coltre di biancore sulla vetta. Se avremo sole ad Aera, voi vedrete come è bello<br />
quando il sole fa di rosa il grande picco» dice Timoneo, che amor di patria<br />
spinge a lodare le bellezze della sua regione.<br />
«Ma intanto piove. È ancora lontana Aera?» chiede Matteo.<br />
«Molto. Fino a sera non vi saremo».<br />
«Dio ci salvi allora dai malanni» termina Matteo, poco entusiasta di camminare<br />
con questo maltempo.<br />
Sono tutti imbacuccati nei mantelli e sotto hanno le sacche da viaggio per<br />
ripararle dall’umido, e così riparare le vesti per poterle mutare appena giunti,<br />
posto che queste che hanno sono ormai grondanti d’acqua e nel basso sono tutte<br />
pesanti di fanghiglia.<br />
Gesù è in testa, assorto nei suoi pensieri. Gli altri sbocconcellano il loro<br />
pane, e Giovanni scherza dicendo: «Non c’è bisogno di cercare fontane per la<br />
sete. Basta stare a capo indietro e a bocca aperta, e l’acqua ce la danno gli<br />
angeli».<br />
Ermasteo che, per essere lui pure giovane, ha con Filippo di Arbela e Giovanni<br />
l’invidiabile sorte di prendere tutto allegramente, dice: «Simone di Giona si<br />
lagnava dei cammelli. Ma preferirei di essere su quella torre scrollata da un<br />
terremoto che in questo fango. Tu che ne dici?».<br />
E Giovanni: «Io dico che sto bene da per tutto, purché ci sia Gesù…».
I tre giovani si danno a parlare fitto fitto fra loro. I quattro più adulti<br />
affrettano il passo raggiungendo Gesù. La superstite coppia di Timoneo e Marco<br />
si mette in coda parlando….<br />
«Maestro, ad Aera ci sarà Giuda di Simone…» dice Andrea.<br />
«Certamente. E con lui Toma, Natanaele e Filippo».<br />
«Maestro… io rimpiango questi giorni di pace» sospira Giacomo.<br />
«Non devi dire così Giacomo».<br />
«Lo so... Ma non posso farne a meno…» e tira un altro sospirone.<br />
«Ci sarà anche Simon Pietro coi miei fratelli. Non sei contento?».<br />
«Io tanto! Maestro, perché Giuda di Simone è tanto diverso da noi?».<br />
«Perché l’acqua si alterna col sole, il caldo col freddo, la luce con le<br />
tenebre?».<br />
«Ma perché non si potrebbe avere sempre una cosa. Morirebbe la vita sulla<br />
terra».<br />
«Ben detto, Giacomo».<br />
«Sì, ma ciò non c’entra con Giuda».<br />
«Rispondi. Perché le stelle non sono tutte come il sole, grandi, calde, belle,<br />
potenti?».<br />
«Perché la terra si brucerebbe sotto tanto fuoco».<br />
«Perché le piante non sono tutte come quei noci? Per piante intendo ogni<br />
vegetale».<br />
«Perché… le bestie non potrebbero mangiarne».<br />
«E allora perché non sono tutte come erbe?».<br />
«Perché… non avremmo legna per ardere, per le case, per gli utensili, carri,<br />
barche, mobili».<br />
«Perché gli uccelli non sono tutti aquile e gli animali tutti elefanti o<br />
cammelli?».<br />
«Si starebbe freschi se ciò fosse!».<br />
«Queste varietà ti paiono dunque buona cosa?».<br />
«Senza dubbio».<br />
«Giudichi dunque che… Perché, secondo te, Dio le ha fatte?».<br />
«Per darci tutto l’aiuto possibile».<br />
«Dunque a fin di bene? Ne sei sicuro?».<br />
«Come di vivere in questo momento».<br />
«E allora se trovi giusto che ci siano diversità nelle specie animali, vegetali<br />
e astrali, perché pretendi che tutti gli uomini siano uguali? Ognuno ha la sua<br />
missione e la sua forma. La infinita diversità delle specie ti pare segno di<br />
potenza o di impotenza del Creatore?».<br />
«Di potenza. Una serve a far risaltare l’altra».<br />
«Molto bene. Anche Giuda serve alla stessa cosa, e tu servi presso i compagni, e<br />
i compagni verso te. Abbiamo trentadue denti in bocca e, se li guardi bene, sono<br />
ben differenti tra loro. Non solo nelle tre classi, ma fra gli individui di una<br />
stessa classe. Eppure, posto che stai mangiando, osserva il loro ufficio. Vedrai<br />
che anche quelli che sembrano poco utili, poco lavoratori, sono proprio quelli<br />
che fanno il primo lavoro di tagliare il pane e di portarlo agli altri, che lo<br />
sgranocchiano per passarlo agli altri, che lo riducono a poltiglia. Non è così?<br />
Giuda a te sembra che non faccia nulla, o faccia male. Ti ricordo che ha<br />
evangelizzato, e bene, la Giudea meridionale, e che, tu lo hai detto, sa avere<br />
tatto coi farisei».<br />
«È vero».<br />
Matteo osserva: «È anche molto capace di far moneta per i poveri. Chiede, sa<br />
chiedere come neppure io so… Forse perché il denaro a me, ora, fa schifo».<br />
5Simone Zelote china il volto che diventa cremisi tanto è rosso. Andrea, che<br />
vede, chiede: «Ti senti male?».<br />
«No, no… La fatica… non so».<br />
Gesù lo guarda fisso e quello diventa più rosso. Ma Gesù non dice nulla.<br />
Corre avanti Timoneo: «Maestro, ecco là che si vede il paese che precede Aera.<br />
Potremo sostare lì o chiedere asinelli».<br />
«Ma ormai la pioggia cessa. È meglio proseguire».<br />
«Come vuoi, Maestro. Però, allora, se permetti, vado avanti».<br />
«Vai pure».<br />
Timoneo parte di corsa con Marco. E Gesù sorridendo osserva: «Vuole che abbiamo<br />
un ingresso trionfale».<br />
Sono di nuovo tutti in gruppo. Gesù lascia che si accalorino a parlare delle
diversità delle regioni e poi si ritira indietro, prendendo con Sé lo Zelote.<br />
Appena sono soli, chiede: «Perché sei arrossito, Simone?».<br />
Quello torna di bragia e non parla. Gesù ripete la domanda, e quello più rosso e<br />
più zitto. Gesù torna a chiedere.<br />
«Signore, ma Tu sai! Perché mi fai dire?» grida lo Zelote, dolente come fosse un<br />
torturato.<br />
«Ne hai la certezza?».<br />
«Egli non me l’ha negato. Però ha detto: “Faccio così per previdenza. Io ho buon<br />
senso. Il Maestro non pensa mai al domani”. Se si vuole, è vero. Ma però… è<br />
sempre… è sempre… Maestro, metti Tu la parola esatta».<br />
«È sempre dimostrazione che Giuda è soltanto un “uomo”. Non sa elevarsi ad<br />
essere uno spirito. Ma, più o meno, siete tutti tali. Temete di cose stolte. Vi<br />
crucciate per previdenze inutili. Non sapete credere che la Provvidenza è<br />
potente e presente. Ebbene, ciò resti fra noi due. Non è vero?».<br />
«Sì, Maestro».<br />
Un silenzio. Poi Gesù dice: «Presto torneremo al lago…. Sarà bello un poco di<br />
raccoglimento dopo tanto andare. Noi due andremo a Nazaret per qualche tempo,<br />
verso le Encenie. Tu sei solo… Gli altri saranno in famiglia. Tu starai con Me».<br />
«Signore, Giuda e Tommaso, e anche Matteo, sono soli».<br />
«Non ci pensare. Ognuno farà le feste in famiglia. Matteo ha la sorella. Tu sei<br />
solo. A meno che tu non voglia andare da Lazzaro…».<br />
«No, Signore» prorompe Simone. «No. Amo Lazzaro. Ma stare con Te è stare in<br />
Paradiso. Grazie, Signore» e gli bacia la mano.<br />
6Il paesello è sorpassato da poco quando, sotto un nuovo acquazzone, riappaiono<br />
sulla via inondata Timoneo e Marco che urlano: «Fermatevi! C’è Simon Pietro con<br />
dei ciuchini. L’ho incontrato che veniva. È tre giorni che viene verso questo<br />
luogo con le bestie, sotto l’acqua».<br />
Si fermano sotto un folto di roveri che riparano un poco dallo scroscio. Ed ecco<br />
venire a cavallo di un asino, capofila di una fila di somarelli, Pietro, che<br />
pare un frate sotto la coperta che si è messa sul capo e sulle spalle.<br />
«Dio ti benedica, Maestro! Ma se l’ho detto io che sarebbe bagnato come uno<br />
caduto nel lago! Su, presto, a cavallo tutti, che Aera da tre giorni è in fuoco<br />
tanto tiene accesi i camini per asciugare Te! Presto, presto… In che stato! Ma<br />
guardate qui! Ma voi non eravate buoni a trattenerlo? Ah! se non ci sono io! Ma<br />
dico io! Guardate qua! Ha i capelli stesi come fosse un annegato. Devi essere<br />
gelato. Sotto quest’acqua! Che imprudenze! E voi? E voi? Oh! sciagurati! Tu per<br />
primo, fratello stolto, e poi tutti gli altri. Bellini siete! Sembrate sacchi<br />
cascati in una gora. Su, svelti! Ah! non mi fido più di affidarvelo. Sono dietro<br />
che affogo dall’orrore…».<br />
«E dal parlare, Simone» dice calmo Gesù mentre l’asino trotterella a fianco di<br />
quello di Pietro, in capo alla carovana asinina. Gesù ripete: «E dal parlare. E<br />
da un inutile parlare. Non mi hai detto se sono giunti gli altri… Se le donne<br />
sono partite. Se tua moglie sta bene. Niente mi hai detto».<br />
«Ti dirò tutto. Ma perché sei partito sotto quest’acqua?».<br />
«E tu perché sei venuto?».<br />
«Perché avevo fretta di vederti, Maestro mio».<br />
«Perché avevo fretta di riunirmi a te, Simone mio!».<br />
«Oh! caro il mio Maestro! Come ti voglio bene! Sposa, bambino, casa! Niente,<br />
niente! Tutto brutto se non ci sei Tu. Lo credi che ti amo così?».<br />
«Lo credo. So chi sei, Simone».<br />
«Chi?».<br />
«Un grande bambino pieno di piccoli difetti, e sotto questi sono sepolte tante<br />
belle doti. Ma una non è sepolta. Ed è la tua onestà in tutto. 7Ebbene, chi c’è<br />
ad Aera?».<br />
«Giuda tuo fratello con Giacomo, più Giuda di Keriot con gli altri. Pare che<br />
abbia fatto un gran bene Giuda. Tutti lo lodano…».<br />
«Ti ha fatto domande?».<br />
«Oh! tante! Non ho risposto a nulla dicendo che non sapevo nulla. Infatti che<br />
so, se non di avere accompagnato fin presso Gadara le donne? Sai… non gli ho<br />
detto nulla di Giovanni di Endor. Egli crede sia con Te. Dovresti dirlo agli<br />
altri».<br />
«No. Essi pure, come te, non sanno dove è Giovanni. Inutile dire di più. Ma<br />
questi asini!… Per tre giorni!… Quanta spesa! E i poveri?».<br />
«I poveri… Giuda è pieno di denaro e ci pensa lui. Questi non mi costano uno
spicciolo. Quelli di Aera me ne avrebbero dati mille, senza spesa, per Te. Ho<br />
dovuto alzare la voce per impedire di venirti incontro con un esercito di asini.<br />
Ha ragione Timoneo. Qui tutti credono in Te. Sono meglio di noi…», e sospira.<br />
«Simone, Simone! Nell’oltre Giordano fummo onorati; un galeotto, delle pagane,<br />
delle peccatrici, delle donne vi hanno dato lezione di perfezione. Ricordatelo,<br />
Simone di Giona. Sempre».<br />
«Cercherò, Signore. Ecco, i primi di Aera. Guarda quanta gente! Ecco la madre di<br />
Timoneo. Ecco i tuoi fratelli fra la folla. Ecco i discepoli che avevi mandato<br />
avanti a quelli venuti con Giuda di Keriot. Ecco il più ricco di Aera con i suoi<br />
servi. Ti voleva in casa sua. Ma la ladre di Timoneo ha fatto valere il suo<br />
diritto, e Tu sei a lei. Guarda, guarda! Sono stizziti perché l’acqua spegne le<br />
loro torce. 8Ci sono molti malati, sai? Sono rimasti in città, presso le porte,<br />
per vederti subito. Uno che ha un magazzino di legna li ha accolti sotto le<br />
tettoie. Sono tre giorni che stanno là, povera gente; da quando siamo arrivati<br />
noi, stupendoci che Tu non ci fossi».<br />
L’urlo della folla impedisce a Pietro di continuare, ed egli tace stando a<br />
fianco di Gesù come uno scudiero. La folla, ormai raggiunta, si fende, e Gesù<br />
passa sul suo asinello, benedicendo mentre passa, continuamente.<br />
Entrano in città.<br />
«Dai malati, subito» dice Gesù, incurante delle proteste di chi lo vorrebbe<br />
ricoverare sotto un tetto e dargli cibo e fuoco per paura che soffra troppo.<br />
«Essi soffrono più di Me» risponde.<br />
Piegano a destra. Ecco il rustico recinto del magazzino del legno.<br />
La porta è spalancata e un querulo lagnio ne viene: «Gesù, Figlio di Davide,<br />
abbi pietà di noi!». Un coro supplice, costante come una litania. Voci di bimbi,<br />
voci di donne, voci di uomini, voci di vecchi. Tristi come belati di agnelli<br />
sofferenti, accorate come di madri che muoiono, avvilite come di chi ha una sola<br />
speranza, tremule di chi non sa più che piangere….<br />
Gesù pone piede nel recinto. Si raddrizza più che può sulla staffa e, con la<br />
destra alta, dice con la sua voce potente: «A tutti coloro che credono in Me,<br />
salute e benedizione».<br />
Si riappoggia alla sella e fa per arretrare nella via. Ma la folla lo pigia, ma<br />
i risanati gli si serrano intorno. E alla luce di torce, che al riparo dei<br />
portici ardono e fanno vivo di luci il crepuscolo, si vede la folla che tumultua<br />
in un delirio di gioia acclamando il Signore. Il Signore che scompare quasi in<br />
una fiorita di bambini risanati che le mamme gli hanno posto fra le braccia, sul<br />
grembo, e fin sul collo del ciuchino, sorreggendoli perché non cadano. Gesù ne<br />
ha colme le braccia come fossero fiori e sorride beato, baciandoli perché non<br />
può benedirli, così con le braccia messe a far da sostegno. Infine i bimbi<br />
vengono tolti di lì e sono i vecchi risanati che piangono di gioia e che gli<br />
baciano la veste, e poi gli uomini e le donne….<br />
È notte fatta quando può entrare nella casa di Timoneo e ristorarsi col fuoco<br />
e con le vesti asciutte.<br />
297. Con il discorso ad Aera termina il secondo grande viaggio apostolico.<br />
7 ottobre 1945.<br />
1Gesù parla sulla piazza principale di Aera:<br />
«…Ed Io non sto a dirvi, come dissi altrove, le prime e indispensabili cose da<br />
sapersi e da farsi per salvarsi. Voi le sapete, e molto bene, per opera di<br />
Timoneo, sapiente sinagogo della Legge antica, ora sapientissimo perché la<br />
rinnovella nella luce della Legge nuova. Ma vi voglio mettere in guardia contro<br />
un pericolo che, nello stato di spirito in cui vi trovate, voi non potete
vedere. Il pericolo di essere deviati da pressioni ed insinuazioni per staccarvi<br />
da quella fede che ora avete in Me. Ora Io vi lascerò Timoneo per qualche tempo.<br />
E con altri egli vi spiegherà le parole del Libro alla luce nuova della mia<br />
Verità che egli ha abbracciata. Ma prima di lasciarvi, dopo aver scrutato i<br />
vostri cuori e averli visti sinceri nel loro amore, volenterosi ed umili, Io<br />
voglio con voi commentare un punto del quarto Libro dei Re.<br />
2Quando Ezechia, re di Giuda, fu assalito da Sennacherib, vennero a lui, per<br />
terrorizzarlo, i tre grandi re del nemico. Per terrorizzarlo coi timori delle<br />
disfatte alleanze e delle potenze che lo circondavano già. E, alle parole dei<br />
messi potenti, Eliacim, Sobna, e Joae risposero: “Parla in modo che il popolo<br />
non comprenda”, e ciò allo scopo che il popolo terrorizzato non invocasse pace.<br />
Ma i messi di Sennacherib questo volevano, ed a gran voce dissero, in ebraico<br />
perfetto: “Non vi seduca Ezechia… Fate con noi ciò che vi è utile ed<br />
arrendetevi, e ciascuno potrà mangiare della sua vigna e del suo fico e bere le<br />
acque delle vostre cisterne finché noi si venga a trasportarvi in una terra<br />
simile alla vostra, in una terra feconda e fertile di vino, in una terra<br />
abbondante di pane e di uve, in una terra di ulive e di olio e di miele, e voi<br />
vivrete e non morrete…”. Ed è detto: “Il popolo non rispose perché aveva avuto<br />
dal re l’ordine di non rispondere”.<br />
Ecco. Io pure, per pietà delle vostre anime assediate da forze ancor più feroci<br />
di quelle di Sennacherib, che poteva offendere i corpi ma non intaccare gli<br />
spiriti - mentre per voi è agli spiriti che si muove guerra da un esercito<br />
nemico capitanato dal più fiero e crudele despota che sia nel creato - ho<br />
pregato i messi di questo, che per offendere Me in voi tentano terrorizzare Me e<br />
voi con minacce di tremendi castighi, dicendo così: “Parlate a Me solo. Ma<br />
lasciate in pace le anime che nascono ora alla Luce. Crucciate Me, torturate Me,<br />
accusate Me, uccidete Me, ma non vi accanite su questi pargoli della Luce. Sono<br />
deboli ancora. Un giorno saranno forti. Ma ora deboli sono. Non infierite su di<br />
essi. Non infierite sulla libertà degli spiriti di scegliersi una via. Non<br />
infierite sul diritto di Dio di chiamare a Sé questi che lo cercano con<br />
semplicità e amore”.<br />
Ma può mai uno che odia cedere alle preghiere di colui che esso odia? Può mai<br />
uno che è preso dall’odio conoscere amore? Non può. Onde, con ancor più durezza,<br />
e sempre più con durezza, verranno a dirvi: “Non vi seduca il Cristo. Venite con<br />
noi e avrete ogni bene”. E vi diranno: “Guai a voi se lo seguirete. Sarete<br />
perseguitati”. E incalzeranno con finta bontà verso di voi: “Salvate le vostre<br />
anime. Egli è un Satana”. Tante cose vi diranno di Me. Tante per persuadervi a<br />
lasciare la Luce.<br />
Io vi dico: “Ai tentatori rispondete col silenzio”. Quando poi la Forza del<br />
Signore sarà scesa nel cuore dei fedeli di Gesù Cristo, Messia e Salvatore,<br />
allora potrete parlare, perché non voi, ma lo stesso Spirito di Dio parlerà<br />
sulle vostre labbra, e i vostri spiriti saranno adulti nella Grazia, forti ed<br />
invincibili nella Fede”.<br />
Siate perseveranti. Non vi chiedo che questo. Ricordate che Dio non può<br />
acconsentire ai sortilegi di un suo nemico. I vostri malati, coloro che hanno<br />
avuto conforto e pace allo spirito loro, parlino sempre fra voi, con la loro<br />
sola presenza, di chi è Colui che è venuto fra voi per dirvi: “Perseverate nel<br />
mio amore e nella mia dottrina e avrete il Regno dei Cieli”. Le mie opere<br />
parlano più ancora delle mie parole e, per quanto sia perfetta beatitudine saper<br />
credere senza bisogno di prove, Io vi ho permesso di vedere i prodigi di Dio<br />
perché voi siate fortificati nella fede.<br />
Rispondete al vostro cervello, tentato dai nemici della Luce, con parole del<br />
vostro spirito: “Io credo perché ho visto Dio nelle sue opere”. Rispondete ai<br />
nemici col silenzio operoso. E con queste due risposte procedete nella Luce. La<br />
pace sia sempre con voi».<br />
E li congeda avviandosi poi fuori dalla piazza.<br />
3«Perché hai parlato loro così poco, Signore? Timoneo ne potrebbe essere deluso»<br />
dice Natanaele.<br />
«Non lo sarà perché è un giusto e comprende che avvertire uno di un pericolo è<br />
amarlo di più forte amore. Questo pericolo è molto presente».<br />
«Sempre i farisei, eh?» chiede Matteo.<br />
«Questi ed altri».<br />
«Sei accasciato, Signore?» domanda affannato Giovanni.<br />
«No. Non più del solito…».
«Eppure eri più lieto i giorni passati…».<br />
«Sarà tristezza per non avere più i discepoli con Sé. Ma perché poi li hai<br />
mandati via? Vuoi forse continuare il viaggio?» chiede l’Iscariota.<br />
«No. Questo è l’ultimo luogo. Da qui si va a casa. Ma le donne non potevano più<br />
proseguire con questa stagione. Hanno fatto molto. Non devono fare di più».<br />
«E Giovanni?».<br />
«Giovanni, ammalato, è in casa ospitale come tu lo fosti».<br />
4Poi Gesù si accomiata da Timoneo e da altri discepoli che restano nella zona e<br />
ai quali certo ha dato degli ordini per il futuro, perché non ripete altri<br />
consigli.<br />
Sono sulla porta di casa Timoneo, perché ancora una volta Gesù ha voluto<br />
benedirne la padrona. La folla, rispettosa, lo osserva e lo segue quando<br />
riprende il cammino verso il sobborgo, le ortaglie, l’aperta campagna. E i più<br />
tenaci lo seguono per qualche po’, in gruppo sempre più sparuto, fino ad essere<br />
nove, poi cinque, poi tre, poi uno... E anche quell’uno si volge e torna ad<br />
Aera, mentre Gesù prende la direzione d’occidente, solo coi dodici apostoli,<br />
perché Ermasteo è rimasto con Timoneo.<br />
5Gesù dice:<br />
«E il viaggio, il secondo grande viaggio apostolico è compiuto. Ora si torna<br />
nelle note campagne della Galilea.<br />
Povera Maria, sei sfinita più di Giovanni di Endor. Ti autorizzo ad omettere le<br />
descrizioni dei luoghi. Tanto abbiamo dato per i ricercatori curiosi. E saranno<br />
sempre “ricercatori curiosi”. Nulla più. Ora basta. La forza fugge. Serbala per<br />
la parola. Con lo stesso animo col quale constatavo l’inutilità di tante mie<br />
fatiche, costato l’inutilità di tante tue fatiche. Perciò ti dico: “Serbati solo<br />
per la parola”.<br />
Sei il “portavoce”. Oh! che invero per te si ripete il detto: “Abbiamo suonato e<br />
non avete cantato, abbiamo fatto lamenti e non avete pianto”. Hai ripetuto le<br />
mie parole sole, e i dottori difficili hanno arricciato il naso. Hai unito alle<br />
parole mie le descrizioni tue, e ci si trova a ridire. Ora troveranno ancora a<br />
ridire. E tu sei sfinita. Ti dirò Io quando dovrai descrivere il viaggio. Io<br />
solo.<br />
È un anno, a momenti, che ti ho colpita. Ma vuoi, prima che l’anno si compia,<br />
riposare di nuovo sul mio cuore? Vieni dunque, piccola martire…».<br />
241.Il soccorso agli orfanelli Maria e Mattia e gli insegnamenti che ne<br />
derivano.<br />
8 ottobre 1945.<br />
1Rivedo il lago di Meron in un fosco giorno di acqua… Fango e nuvole. Silenzio e<br />
caligine. L’orizzonte sparisce nelle nebbie. Le catene dell’Hermon sono sepolte<br />
sotto coltri di nubi basse. Ma da questo luogo - un pianoro soprelevato, sito<br />
presso il piccolo lago tutto bigio e giallognolo per il fango di mille ruscelli<br />
gonfi e per il cielo novembrino pieno di nuvole - si vede bene questo piccolo<br />
specchio d’acqua alimentato dall’Alto Giordano, che ne sfocia poi per alimentare<br />
l’altro lago più grande di Gennezaret.<br />
La sera scende sempre più triste e piovosa mentre Gesù si incammina per la via<br />
che taglia il Giordano dopo il lago di Meron, per poi prendere una vietta<br />
diretta ad una casa…<br />
(Gesù dice: «Qui metterete la visione di Mattia e Maria orfanelli, avuta il 20<br />
agosto 1944»).<br />
20 agosto 1944.<br />
2Un’altra dolce visione di Gesù e due bambini.<br />
Dico così perché vedo che Gesù, passando per una vietta fra dei campi, che da<br />
poco devono aver ricevuto il seme perché la terra è ancora soffice e scura come<br />
quando è da poco seminata, si ferma ad accarezzare due piccini: Un maschietto di<br />
non più di quattro anni ed una bambina che ne avrà otto o nove. Devono essere<br />
bambini molto poveri, perché hanno due povere vesticciuole stinte e anche rotte<br />
e una faccina mesta e patita.<br />
Gesù non chiede nulla. Li guarda soltanto fissamente mentre li carezza. Poi si<br />
affretta ad una casa che è in fondo al viottolo. Una casa di campagna, ma ben
messa, con una scala esterna che dal suolo sale alla terrazza su cui è una<br />
pergola di vite, ora spoglia di grappoli e foglie. Solo qualche ultima foglia<br />
già ingiallita pende e ondeggia per il vento umido di una brutta giornata<br />
d’autunno. Sul parapetto della casa dei colombi sgrugolano aspettando l’acqua<br />
che il cielo grigio e tutto nuvoloso promette.<br />
Gesù, seguito dai suoi, spinge il rozzo cancelletto, che è nel muricciolo a<br />
secco che circonda la casa, ed entra nella corte, noi diremmo aia, dove è il<br />
pozzo e in un angolo è anche il forno. Suppongo sia tale quello sgabuzzino dalle<br />
pareti più scure per il fumo che ne esce anche ora e che il vento piega verso<br />
terra.<br />
Al rumore dei passi una donna si affaccia alla porta dello sgabuzzino e, veduto<br />
Gesù, lo saluta con gioia e corre ad avvertire in casa.<br />
Ecco un uomo vecchiotto e grasso farsi sulla porta di casa e affrettarsi verso<br />
Gesù. «Grande onore, Maestro, vederti!» lo saluta.<br />
Gesù dice il suo saluto: «La pace sia con te», e aggiunge: «La sera scende e la<br />
pioggia è vicina. Ti chiedo ricovero e un pane per Me ed i miei discepoli».<br />
«Entra, Maestro. La mia casa è tua. La serva sta per sfornare il pane. Sono ben<br />
lieto di offrirtelo col cacio delle mie pecore e i frutti della mia campagna.<br />
Entra, entra, ché il vento è umido e freddo…», e premuroso tiene aperta la porta<br />
inchinandosi quando Gesù passa. 3Ma poi cambia subito tono per rivolgersi a<br />
qualcuno che egli vede, e dice iracondo: «Ancora qui sei? Vattene. Non c’è nulla<br />
per te. Vattene. Hai inteso? Qui non c’è posto per i vagabondi…». E borbotta fra<br />
i denti: «…e forse anche ladri come te».<br />
Una vocina di pianto risponde: «Pietà, signore. Un pane per il mio fratellino<br />
almeno. Abbiamo fame…».<br />
Gesù, che era entrato nell’ampia cucina, allegra per un gran fuoco che le fa<br />
anche da lume, viene sulla soglia. È già mutato in volto. Severo e triste,<br />
chiede, non all’ospite ma in generale, pare lo chieda all’aia silenziosa, al<br />
fico spoglio, al pozzo oscuro: «Chi è che ha fame?».<br />
«Io, Signore. Io e mio fratello. Un pane solo, e ce ne andremo».<br />
Gesù è ormai fuori, nell’aria sempre più fosca per crepuscolo e per imminente<br />
pioggia. «Vieni avanti» dice.<br />
«Ho paura, Signore!».<br />
«Vieni, ti dico. Non aver paura di Me».<br />
Da dietro allo spigolo della casa spunta la povera bambina. Alla sua misera<br />
tunichella sta attaccato il fratellino. Vengono avanti timorosi. Uno sguardo<br />
timido a Gesù, uno spaurito al padrone di casa che fa degli occhiacci e dice:<br />
«Sono vagabondi, Maestro. E ladri. Poco fa ho trovato costei a raspare vicino al<br />
frantoio. Certo voleva entrare a rubare. Chissà da dove vengono. Non sono del<br />
luogo».<br />
Gesù gli dà retta per modo di dire. Guarda molto fisso la bambina dal visetto<br />
smunto e dalle treccine spettinate, due codini ai lati delle orecchie, legati in<br />
fondo con una strisciolina di cencio. Ma il viso di Gesù non è severo guardando<br />
la miserella. È mesto, ma sorride per rincuorarla.<br />
«È vero che volevi rubare? Di’ la verità».<br />
«No, Signore. Avevo chiesto un poco di pane, perché ho fame. Non me l’hanno<br />
dato. Ne ho visto una crosta unta là per terra, vicino al frantoio, ed ero<br />
andata a raccoglierla. Ho fame, Signore. Ieri mi è stato dato un solo pane e<br />
l’ho tenuto per Mattia… Perché non ci hanno messi con la mamma nel sepolcro?».<br />
La bambina piange desolatamente e il fratellino la imita.<br />
«Non piangere». Gesù la consola carezzandola e tirandosela a Sé. «Rispondi: di<br />
dove sei?».<br />
«Del piano di Esdrelon».<br />
«E fin qui sei venuta?».<br />
«Sì, Signore».<br />
«È tanto che t’è morta la madre? E il padre non l’hai?».<br />
«Il padre m’è morto ucciso dal sole al tempo della messe e la mamma alla passata<br />
luna… lei e il bambino che nasceva sono morti…». Il pianto cresce.<br />
«Non hai nessun parente?».<br />
«Veniamo da tanto lontano! Non eravamo poveri… Poi il padre ha dovuto mettersi a<br />
servire. Ora è morto e la mamma con lui».<br />
«Chi era il padrone?».<br />
«Il fariseo Ismaele».<br />
«Il fariseo Ismaele!… (è intraducibile il modo come Gesù ripete questo nome).
Sei venuta via di tuo volere o ti ha mandato?».<br />
«Mi ha mandato, Signore. Ha detto: “Sulla strada i cani affamati!”».<br />
4«E tu, Giacobbe, perché non hai dato un pane a questi bambini? Un pane, un poco<br />
di latte e un pugno di fieno per letto alla loro stanchezza?…».<br />
«Ma… Maestro… ho il pane giusto per me… e il latte è poco… e metterli in casa…<br />
Sono come bestie randagie costoro. Se si fa loro buon viso non vanno più via…».<br />
«E ti manca posto e cibo per questi due infelici? Lo puoi dire con verità,<br />
Giacobbe? La molta messe, il molto vino, il molto olio e le molte frutta, che<br />
hanno fatto celebre il tuo podere quest’anno, perché ti vennero? Te lo ricordi<br />
ancora? L’anno avanti la grandine aveva mortificato i tuoi beni e tu eri<br />
pensieroso per la tua vita… Io sono venuto e ti ho chiesto un pane… Tu mi avevi<br />
sentito parlare un giorno e mi eri rimasto fedele… e nella tua pena mi hai<br />
aperto il cuore e la casa e dato un pane e un ricovero. Ed Io uscendo, che ti ho<br />
detto il mattino di poi? “Giacobbe, tu hai compreso la Verità. Sii sempre<br />
misericordioso e avrai misericordia. Per il pane che hai dato al Figlio<br />
dell’uomo questi campi ti daranno dovizia di biade, e carichi come se su loro<br />
fossero i grani della rena marina saranno d’ulive i tuoi ulivi, e piegati al<br />
suolo dal peso i tuoi meli”. L’hai avuto e sei il più ricco della contrada<br />
quest’anno. E tu neghi un pane a due bambini!…».<br />
«Ma Tue eri il Rabbi…».<br />
«Appunto perché lo ero, potevo fare dalle pietre pane. Questi no. Ora Io ti<br />
dico: vedrai un nuovo miracolo e te ne verrà pena, grande pena… Ma allora,<br />
battendoti il petto di’: “Io l’ho meritato”».<br />
5Gesù si volge ai bambini: «Non piangete. Andate a quella pianta e cogliete».<br />
«Ma è spoglia, Signore» obbietta la bambina.<br />
«Va’».<br />
La bambina va e torna colla vesticciuola rialzata e piena di mele rosse e belle.<br />
«Mangiate e venite con Me»; e agli apostoli: «Andiamo a portare questi due<br />
piccoli a Giovanna di Cusa. Ella sa ricordare i benefici ricevuti ed è<br />
misericorde per amore a chi le fu misericorde. Andiamo».<br />
L’uomo, sbalordito e mortificato, tenta di farsi perdonare: «È notte, Maestro.<br />
L’acqua può cadere mentre sei per via. Rientra nella mia casa. Ecco che la serva<br />
sta per sfornare il pane… Te ne darò anche per questi».<br />
«Non occorre. Lo daresti non per amore ma per paura del castigo promesso».<br />
«Non è dunque questo (e accenna alle mele colte sull’albero prima nudo e che i<br />
due affamati mangiano con avidità) non è dunque questo il miracolo?».<br />
«No». Gesù è severissimo.<br />
«Oh! Signore, Signore, pietà di me! Ho compreso! Tu mi vuoi punire nelle biade!<br />
Pietà, Signore!».<br />
«Non tutti quelli che mi chiamano “Signore” mi avranno, perché non è nella<br />
parola ma nell’atto che si testimonia amore e rispetto. Avrai la pietà che hai<br />
avuto».<br />
«Io ti amo, Signore!».<br />
«Non è vero. Mi ama chi ama, perché Io così ho insegnato. Tu non ami che te<br />
stesso. Quando mi amerai come Io ho insegnato, il Signore tornerà. 6Ora Io vado.<br />
La mia dimora è nel fare del bene, nel consolare gli afflitti, nell’asciugare le<br />
lacrime degli orfani. Come una chioccia stende le ali sui pulcini indifesi, così<br />
Io stendo mio potere su coloro che soffrono e sono tormentati. Venite, bambini.<br />
Presto avrete casa e pane. Addio, Giacobbe».<br />
E, non contento di andare, fa prendere in braccio la bambina stanca: è Andrea<br />
che la prende e la ravvolge nel suo mantello; e Gesù prende il bambino e vanno,<br />
per la viottola orami scura, col loro carico di pietà che non piange più.<br />
Pietro dice: «Maestro! Gran ventura per costoro che Tu sia sopraggiunto. Ma per<br />
Giacobbe!… Che farai, Maestro?».<br />
«Giustizia. Conoscerà non la fame, perché ha ripieni i granai per molto ancora.<br />
Ma la ristrettezza, ché non farà seme il grano seminato, e gli ulivi e i pomi<br />
saranno coperti di sole foglie. Questi innocenti non da Me ma dal Padre hanno<br />
avuto pane e tetto. Perché il Padre mio è Padre anche degli orfani, Lui che dà<br />
nido e cibo agli uccelli dei boschi. Questi possono dire, e tutti i miseri con<br />
loro, i miseri che sanno rimanergli “figli innocenti e amorosi”, che nella loro<br />
piccola mano è stato posto da Dio il nutrimento e con paterna guida Egli li<br />
conduce ad un tetto ospitale».<br />
La visione cessa così, e me ne resta una grande pace.
7Dice Gesù:<br />
«Questa è proprio per te, anima che piangi guardando le croci del passato e le<br />
nubi dell’avvenire. Il Padre avrà sempre un pane da mettere nella tua mano e un<br />
nido per raccogliere la sua tortora piangente.<br />
Per tutti è l’insegnamento che Io so essere il “Signore” con giustizia. Me, non<br />
mi si inganna e non mi si adula con un bugiardo ossequio. Colui che chiude il<br />
cuore al fratello chiude il cuore a Dio, e Dio a lui.<br />
È il primo dei comandamenti, o uomini: Amore e amore. Chi non ama mente nel suo<br />
professarsi cristiano. Inutile la frequenza ai sacramenti e ai riti, inutile la<br />
preghiera se manca la carità. Divengono formule e anche sacrilegi. Come potete<br />
venire al Pane eterno e sfamarvene quando avete negato un pane ad un affamato? È<br />
più prezioso il vostro pane del mio? Più santo? O ipocriti! Io non metto misura<br />
nel darmi alla vostra miseria, e voi, voi miseria che siete, non avete pietà di<br />
miserie che sono, agli occhi di Dio, non odiose come le vostre. Perché quelle<br />
sono sventure e le vostre sono peccato. Troppe volte mi dite: “Signore, Signore”<br />
per avermi benigno ai vostri interessi. Ma non lo dite per amore di prossimo. Ma<br />
non fate nulla in nome del Signore per il prossimo. Guardate: nella collettività<br />
e nell’individualità, che vi ha dato la vostra bugiarda religione e vera<br />
anticarità? L’abbandono di Dio. E il Signore tornerà quando saprete amare come<br />
Io ho insegnato.<br />
Ma per voi, piccolo gregge di coloro che soffrono essendo buoni, Io dico: “Non<br />
siete mai orfani. Non siete mai derelitti. Prima dovrebbe non essere Dio che<br />
mancare la Provvidenza ai suoi figli. Tendete la mano: il Padre vi dà tutto da<br />
‘padre’, ossia con amore che non avvilisce. Asciugate le lacrime. Io vi prendo e<br />
vi porto perché ho pietà del vostro languire”.<br />
Il più amato dei creati è l’uomo. Vorrete dubitare che il Padre sarà più pietoso<br />
all’uomo fedele che all’uccello? All’uomo fedele, Lui che è longanime anche al<br />
peccatore e che gli dà tempo e modo di venire a Lui? Oh! se il mondo<br />
comprendesse cosa è Dio!<br />
Va’ in pace, Maria. Tu mi sei cara come i due orfanelli che hai visto e più<br />
ancora. Va’ in pace. Io sono con te».<br />
[…]<br />
21 agosto 1944<br />
[…]<br />
8Dice Maria:<br />
«Maria, parla la Mamma. Il mio Gesù ha parlato dell’infanzia dello spirito,<br />
requisito necessario a conquistare il Regno. Ieri ti ha mostrato una pagina<br />
della sua vita di Maestro. Hai visto dei bambini. Dei poveri bambini. Non ci<br />
sarebbe altro da dire? Sì, ed io lo dico. A te, che voglio rendere sempre più<br />
cara a Gesù. È una sfumatura nel quadro che ha parlato al tuo spirito per lo<br />
spirito di molti. Ma sono le sfumature quelle che fanno bello il quadro, quelle<br />
che rivelano la capacità del pittore e la sapienza dell’osservatore. Ti voglio<br />
far notare l’umiltà del mio Gesù.<br />
Quella povera bambina, nella sua semplicità ignorante, non tratta diversamente<br />
il peccatore dal cuore di pietra dal Figlio mio. Ella non sa di Rabbi né di<br />
Messia. Poco meno che piccola selvaggia, vissuta fra i campi, in una casa dove<br />
si sprezzava il Maestro - perché il fariseo Ismaele sprezzava il mio Gesù - ella<br />
non ha mai sentito parlare di Lui, né l’ha visto.<br />
Il padre e la madre, spezzati da un lavoro esoso che il crudele padrone esigeva,<br />
non avevano avuto tempo e modo di alzare il capo dalle glebe che dissodavano.<br />
Forse avevano sentito, mentre falciavano fieni e messi, o coglievano frutta e<br />
grappoli, o frangevano ulive alla dura mola, un clamore di osanna e avranno<br />
anche alzato per un momento il capo stanco. Ma la paura o la stanchezza avranno<br />
subito riabbassato quei capi sotto il loro giogo. Ed erano morti pensando che il<br />
mondo fosse solo odio e dolore. Mentre invece il mondo era amore e bene da<br />
quando i santissimi piedi del mio Gesù lo calpestavano. Poveri servi di uno<br />
spietato padrone, sono morti senza aver incontrato una volta lo sguardo e il<br />
sorriso del mio Gesù, né udito la sua parola che dava una ricchezza allo<br />
spirito, per cui gli indigenti si sentivano ricchi, gli affamati satolli, i<br />
malati sani, i dolenti consolati.<br />
Ebbene, Gesù non dice: “Io, che sono il Signore, ti dico: fa’ questo”. Conserva<br />
il suo anonimo. E la piccola, tanto ignorante da non comprendere neppure davanti<br />
al miracolo del pomo spoglio anche di foglie, che carica un suo ramo di mele per
la loro fame, lo continua a chiamare “signore”, come chiamava Ismaele padrone e<br />
Giacobbe crudele. Si sente attirata verso il buon signore, perché la bontà<br />
sempre attira. Ma nulla più. Lo segue con fiducia. Lo ama subito, di istinto,<br />
povero esserino sperduto nel mondo e nell’ignoranza voluta dal mondo, dal “gran<br />
mondo dei potenti e gaudenti” che vogliono tenere nelle tenebre gli inferiori<br />
per poterseli torturare con più agio e sfruttare con più esosità.<br />
9Saprà poi chi era quel “signore” che, povero come lei, senza casa né cibo,<br />
senza mamma, perché tutto aveva lasciato per amore dell’uomo, anche di quella<br />
briciola d’uomo che era lei, povera creaturina fanciulla, quel “signore” che le<br />
aveva dato miracolosi frutti, volendole levare dalle labbra e dal cuore l’amaro<br />
della cattiveria umana, che crea l’odio dei miseri verso i potenti, con un<br />
frutto del Padre, non con un tozzo di pane offerto tardivamente e che per essa<br />
avrebbe avuto sempre sapore di durezza e pianto. Veramente che quelle mele<br />
ricordavano il pomo del terrestre Paradiso. Frutto venuto sul ramo per il Bene e<br />
per il Male, avrebbero segnato redenzione da tutte le miserie, prima quella<br />
della ignoranza di Dio, per i due orfanelli, e segnato castigo per colui che,<br />
conoscendo già la Parola, aveva agito come non la conoscesse. Saprà poi, dalla<br />
buona che l’accolse in nome di Gesù, chi era Gesù. Per lei più volte Salvatore.<br />
Dalla fame, dall’intemperie, dai pericoli del mondo, dalla colpa d’origine.<br />
Ma per lei Gesù ha sempre avuto la luce di quel giorno, e in essa le è sempre<br />
apparso: il signore buono di una bontà da fiaba, il signore che aveva carezze e<br />
doni, il signore che le aveva fatto dimenticare d’essere senza padre e madre,<br />
senza tetto e vesti, perché le era stato buono come il padre e dolce come la<br />
madre, e aveva dato nido alla loro stanchezza e copertura alla loro nudità con<br />
il suo petto e il suo mantello e con quello di altri buoni che erano con Lui.<br />
Una luce paterna e soave che non è perita sotto il fiotto di lacrime neppure<br />
quando ha saputo che Egli era morto tormentato su una croce, neppure quando,<br />
piccola fedele della prima Chiesa, ha visto cosa era divenuto il volto del suo<br />
“signore” sotto le percosse e le spine e pensato come Egli era ora, in Cielo,<br />
alla destra del Padre. Una luce che le ha sorriso nell’ultima ora della terra,<br />
conducendola senza timore verso il Salvatore suo, una luce che le ha sorriso<br />
ancora, così ineffabilmente dolce, nel fulgore del Paradiso.<br />
10Gesù guarda anche te così. Vedilo sempre come la tua lontana omonima e sii<br />
felice di questo suo amore. Sii semplice, umile, fedele come la povera e piccola<br />
Maria che hai conosciuto. Vedila dove è giunta, nonostante fosse una povera<br />
ignorantella d’Israele: sul cuore di Dio. L’Amore le si è rivelato come a te e<br />
divenne dotta della vera Sapienza.<br />
Abbi fede, sta’ in pace. Non vi è miseria che il Figlio mio non possa mutare in<br />
ricchezza, e non vi è solitudine che Egli non possa colmare, come non vi è<br />
mancanza che Egli non possa cancellare. Il passato non è, quando l’amore lo<br />
annulla. Neanche un passato orrendo. Vuoi tu temere se non ebbe tema Disma<br />
ladrone? Ama, ama e non aver paura di nulla.<br />
La Mamma ti lascia con la sua benedizione».<br />
299. L’affidamento degli orfanelli Maria e Mattia a Giovanna di Cusa.<br />
11 ottobre 1845.<br />
1Il lago di Tiberiade è tutto una scaglia bigia. Pare mercurio appannato, così<br />
pesante come è nella calmeria che appena permette un accenno di flutto stanco,<br />
che non riesce a fare spuma, e si ferma e placa dopo aver accennato di muoversi,<br />
uniformandosi alle altre acque senza splendore sotto un cielo senza splendore.<br />
Pietro ed Andrea intorno alla loro barca, Giacomo e Giovanni presso la loro,<br />
preparano sulla breve spiaggetta di Betsaida la partenza. Odore di erbe e di<br />
zolle sature d’acqua, lievi nebbie sulle distese erbose verso Corozim. Tristezza<br />
di novembre su tutte le cose.<br />
2Gesù esce dalla casa di Pietro, avendo per mano i piccoli Mattia e Maria, che<br />
la mano di Porfirea ha ravviati con cura materna sostituendo la vesticciuola di<br />
Maria con una di Marziam. Ma Mattia è troppo piccino per godere la stessa grazia<br />
e trema ancora nella sua sbiadita tunichella di cotone, tanto che Porfirea,<br />
pietosa, torna in casa e ne esce con un pezzo di coperta e vi avvolge il bambino<br />
come se la coperta fosse un mantello. Gesù la ringrazia mentre ella si<br />
inginocchia nel commiato e si ritira dopo un ultimo bacio ai due orfanelli.
«Pur di avere dei bambini, quella lì avrebbe preso anche questi» commenta<br />
Pietro, che ha osservato la scena e che a sua volta si china a offrire ai due<br />
bambini un pezzo di pane cosparso di miele che teneva in serbo sotto un sedile<br />
della barca, cosa che fa ridere Andrea che dice: «E tu no, eh? Hai persino<br />
rubato il miele a tua moglie per dare un poco di gioia a questi due».<br />
«Rubato! Rubato! È miele mio!».<br />
«Sì, ma la cognata mia ne è gelosa perché è di Marziam. E tu, che lo sai, sei<br />
penetrato scalzo come un ladro in cucina questa notte a prenderne quel tanto da<br />
preparare quel pane. Ti ho visto, fratello, e ho riso perché ti guardavi intorno<br />
come un bambino che teme gli schiaffi materni».<br />
«Brutto spione» ride Pietro abbracciando suo fratello, che a sua volta lo bacia<br />
dicendo: «Caro fratellone mio!».<br />
Gesù osserva e sorride apertamente, stando fra i due bambini che divorano il<br />
loro pane.<br />
3Dall’interno di Betsaida giungono gli altri otto apostoli. Forse erano ospiti<br />
di Filippo e Bartolomeo.<br />
«Svelti!» urla Pietro, e prende in un unico abbraccio i due bambini per portarli<br />
nella barca senza che si bagnino i piedini nudi. «Non avete paura, vero?» chiede<br />
mentre guazza nell’acqua con le sue gambe corte e robuste, nudo come è fino ad<br />
un buon palmo sopra il ginocchio.<br />
«No signore» dice la bambina, ma si stringe convulsamente al collo di Pietro<br />
chiudendo gli occhi quando questo la mette nella barca, che ondeggia sotto il<br />
peso di Gesù che vi monta a sua volta. Il bambino, più coraggioso, o più<br />
stupito, non parla neppure.<br />
Gesù si siede attirandosi a Sé i due piccini, ricoprendoli col mantellone che<br />
sembra un’ala stesa a proteggere due pulcini.<br />
Sei in una barca, sei nell’altra, sono tutti a bordo. Pietro leva l’asse di<br />
approdo e dà un potente colpo di mano per spingere la barca più in acqua e con<br />
un ultimo salto ne scavalca il bordo, imitato da Giacomo per la sua barca.<br />
L’atto di Pietro ha fatto molto ondulare la barca, e la piccola geme: «Mamma!»<br />
nascondendo il viso sul grembo di Gesù e abbracciandone i ginocchi. Ma ormai<br />
l’andare è dolce, sebbene sia faticoso per Pietro, Andrea e il garzone, che<br />
devono remare aiutati da Filippo che fa da quarto. La vela pende fiacca nella<br />
calmeria pesante e umida, e non serve. Devono lavorare di remi.<br />
«Una bella vogata!» Urla Pietro a quelli della barca gemella, nella quale fa da<br />
quarto l’Iscariota con una voga perfetta che Pietro loda.<br />
«Forza, Simone!» risponde Giacomo. «Forza o ti vinceremo. Giuda è forte come uno<br />
delle galere. Bravo Giuda!».<br />
«Sì. Ti faremo capo ciurma» conferma Pietro che voga per due. E ride dicendo:<br />
«Però a Simone di Giona non ce la fate a strappare il primato. A venti anni ero<br />
già capo remo nelle scommesse fra i vari paesi», e allegro dà la voga alla sua<br />
ciurma: “Oh!… issa! Oh!… issa!». Le voci vanno sul silenzio del lago deserto<br />
nell’ora mattutina.<br />
4I bambini si rinfrancano. Sempre da sotto il mantello alzano le faccine smunte,<br />
una di qua, l’altra di là del Maestro, che li tiene abbracciati, e hanno una<br />
larva di sorriso. Si interessano al lavoro dei rematori. Si scambiano commenti.<br />
«Pare di andare su un carro senza ruote» dice il bambino.<br />
«No. Su un carro sulle nuvole. Guarda! Pare di camminare sul cielo. Ecco, ecco<br />
che montiamo su una nuvola!» dice Maria vedendo che la barca immerge la punta in<br />
un luogo che rispecchia un nuvolone bambagioso. E ride lievemente.<br />
Ma il sole rompe la foschia e, per quanto sia un pallido sole di novembre, le<br />
nuvole si fanno d’oro e il lago le specchia brillando. «Oh! bello! Ora andiamo<br />
sul fuoco! Oh! bello! bello!». Il bambino batte le mani.<br />
Ma la bambina tace, e poi scoppia in pianto. Tutti le chiedono perché quel<br />
pianto. Fra i singhiozzi spiega: «La mamma diceva una poesia, un salmo, non so,<br />
per tenerci buoni, perché noi potessimo pregare ancora con tanto dolore… e<br />
diceva quella poesia di un Paradiso che sarà come un lago di luce, di dolce<br />
fuoco dove non ci sarà che Dio e gioia e dove andranno tutti quelli che sono<br />
buoni… dopo che sarà venuto il Salvatore… Questo lago d’oro me lo ha fatto<br />
ricordare… La mia mamma!». Piange anche Mattia. E tutti compiangono.<br />
5Ma si alza, sul mormorio delle voci diverse e sul lamento degli orfanelli, la<br />
dolce voce di Gesù: «Non piangete. La vostra mamma vi ha condotti da Me ed è qui<br />
con noi mentre vi porto da una mamma senza bambini. Sarà così contenta di avere<br />
due buoni bambini al posto del suo, che è dove è la vostra mamma. Perché anche
lei ha pianto, sapete? Le è morto il piccolino come a voi è morta la mamma…».<br />
«Oh! allora noi andiamo da lei e il suo bambino andrà dalla mamma nostra!» dice<br />
Maria.<br />
«Proprio così. E sarete tutti felici».<br />
«Come è questa donna? Che fa? È contadina? Ha un buon padrone?». I piccoli si<br />
interessano.<br />
«Non è contadina, ma ha un giardino pieno di rose ed è buona come un angelo. Ha<br />
un buon marito. Vi vorrà bene anche lui».<br />
«Lo credi, Maestro?» chiede un po’ incredulo Matteo.<br />
«Ne sono certo. E ve ne persuaderete. Tempo fa Cusa voleva Marziam per farne un<br />
cavaliere».<br />
«Ah! questo poi no!» urla Pietro.<br />
«Marziam sarà un cavaliere di Cristo. Questo solo, Simone. Sta’ quieto».<br />
Il lago si rifà bigio. Si alza un poco di vento che corruga il lago. La vela si<br />
tende, la barca fila vibrando. Ma i bambini sono così sognanti la nuova mamma,<br />
che non sentono paura.<br />
6Passa Magdala con le sue case bianche tra il verde. Passa la campagna fra<br />
Magdala e Tiberiade. Si mostrano le prime case di Tiberiade.<br />
«Dove, Maestro?»<br />
«Al porticciolo di Cusa».<br />
Pietro vira e dà ordini al garzone. La vela cade mentre la barca accosta al<br />
piccolo porto, e poi vi si addentra, fermandosi contro il moletto, seguita<br />
dall’altra. Sono ferme l’una presso l’altra come due anitrelle stanche. Scendono<br />
tutti e Giovanni corre avanti a dar voce ai giardinieri.<br />
I piccoli si stringono intimoriti a Gesù, e Maria chiede in un sospiro, tirando<br />
la veste di Gesù: «Ma sarà proprio buona?».<br />
Torna Giovanni: «Maestro, un servo sta aprendo il cancello. Giovanna è già<br />
alzata».<br />
«Va bene. Attendete tutti qui. Vado avanti».<br />
«E Gesù si avvia solo. Gli altri lo guardano andare facendo commenti più o meno<br />
favorevoli al passo che tenta Gesù. Non mancano dubbi né critiche. Ma dal luogo<br />
dove sono essi non vedono che l’accorrere di Cusa, che si inchina fino a terra<br />
sulla soglia del cancello e che poi si inoltra nel giardino alla sinistra di<br />
Gesù. Poi non si vede altro.<br />
7Ma io vedo. Vedo Gesù che procede lento a fianco di Cusa, che mostra tutta la<br />
sua gioia di averlo ospite: «Giovanna mia ne sarà molto felice. E io pure. Sta<br />
sempre meglio. Mi ha detto del viaggio. Che trionfi, mio Signore!».<br />
«Non te ne sei doluto?».<br />
«Giovanna è felice. Io sono felice di vederla tale. Potevo non averla più da<br />
mesi, Signore».<br />
«Potevi… E Io te l’ho restituita. Sappi esserne grato a Dio».<br />
Cusa lo guarda interdetto… poi mormora: «Un rimprovero, Signore?».<br />
«No. Un consiglio. Sii buono, Cusa».<br />
«Maestro, sono servo di Erode…».<br />
«Lo so. Ma la tua anima non è serva di nessuno che Dio non sia, se tu lo vuoi».<br />
«È vero, Signore. Mi emenderò. Talora mi prende il rispetto umano…».<br />
«Lo avresti avuto lo scorso anno quando volevi salvare Giovanna?».<br />
«Oh! no. A costo di perdere ogni onore mi sarei rivolto a chi avessi pensato che<br />
la potesse salvare».<br />
«Fa’ ugualmente per la tua anima. È più preziosa ancora di Giovanna. 8Eccola che<br />
viene».<br />
Affrettano il passo verso lei che corre per il viale incontro a loro.<br />
«Maestro mio! Non speravo di rivederti così presto. Quale tua bontà ti conduce<br />
alla discepola tua?».<br />
«Un bisogno, Giovanna».<br />
«Un bisogno? Quale? Parla e se potremo ti aiuteremo». Dicono i due sposi<br />
insieme.<br />
«Ho trovato ieri sera su una via deserta due poveri bambini… una fanciullina e<br />
un bambinello… Scalzi, laceri, affamati, soli… e li ho visti scacciare come<br />
fossero lupi da un uomo dal cuore di lupo. Erano morenti di fame… A quell’uomo<br />
Io ho dato il benessere lo scorso anno. Ed egli ha negato un pane a due orfani.<br />
Perché orfani sono. Orfani e per le vie del mondo crudele. Quell’uomo avrà la<br />
sua punizione. Volete voi avere la mia benedizione? Io vi tendo la mano, Mendico<br />
d’amore, per gli orfani senza casa, senza vesti, senza cibo, senza amore. Volete
voi aiutarmi?».<br />
«Ma Maestro, lo chiedi? Di’ che vuoi, quanto vuoi; tutto dì’…» dice Cusa<br />
impetuoso. E Giovanna non parla, ma con le mani strette sul cuore, una lacrima<br />
sulle lunghe ciglia, un sorriso di desiderio sulle rosse labbra, attende e parla<br />
più che se parlasse.<br />
Gesù la guarda e sorride: «Vorrei che quei bambini avessero una mamma, un padre,<br />
una casa. E che la mamma avesse nome Giovanna…».<br />
Non fa a tempo a finire perché il grido di Giovanna è come quello di uno<br />
liberato da una prigione, mentre lei si prostra a baciare i piedi del suo<br />
Signore.<br />
«E tu, Cusa, che ne dici? Accogli in mio nome questi miei diletti, cari, oh!<br />
molto più cari di gioielli al mio cuore?».<br />
«Maestro, dove sono? Conducimi da loro e sul mio onore io ti giuro che dal<br />
momento che poserò la mano sul loro capo innocente li amerò da vero padre in<br />
tuo nome».<br />
«Venite, allora. Io lo sapevo di non venire per nulla. Venite. Sono rozzi,<br />
spauriti, ma buoni. Fidatevi di Me che vedo i cuori ed il futuro. Essi daranno<br />
pace e unione alla vostra unione, non tanto ora ma in futuro. Nel loro amore vi<br />
ritroverete. I loro innocenti abbracci saranno la migliore calcina per la vostra<br />
casa di sposi. E il Cielo sarà su voi benigno, misericordioso sempre per questa<br />
vostra carità. Sono fuori del cancello. Veniamo da Betsaida…».<br />
Giovanna non ascolta altro. Corre avanti, presa dalla smania di accarezzare i<br />
bambini. E lo fa cadendo a ginocchi per stringersi sul seno i due orfanelli<br />
baciandoli sulle gotine smunte, mentre essi guardano stupiti la bella signora<br />
dalle vesti ingioiellate. E guardano Cusa che li carezza e prende in braccio<br />
Mattia. E guardano lo splendido giardino e i servi che accorrono… E guardano la<br />
casa che apre i suoi vestiboli pieni di ricchezze a Gesù e ai suoi apostoli. E<br />
guardano Ester che li copre di baci. Il mondo dei sogni si è aperto ai piccoli<br />
sperduti…<br />
Gesù osserva e sorride…<br />
300. Con scribi e farisei in casa del risuscitato di Naim.<br />
12 ottobre 1945.<br />
1La città di Naim è in gran festa. Essa ospita Gesù. Per la prima volta dopo il<br />
miracolo del giovane Daniele risuscitato da morte.<br />
Preceduto e seguito da un buon numero i persone, Gesù traversa, benedicendo, la<br />
città. A quelli di Naim si sono unite persone di altri luoghi, provenienti da<br />
Cafarnao, dove erano andati a cercarlo e da dove erano stati mandati a Cana e da<br />
qui a Naim. Ho l’impressione che, ora che ha molti discepoli, Gesù abbia<br />
costituito come una rete d’informazioni, di modo che i pellegrini che lo cercano<br />
lo possano trovare nonostante il suo continuo spostarsi, sebbene di poche miglia<br />
al giorno, quanto lo consente la stagione e la brevità delle giornate. E fra<br />
questi, che sono venuti a cercarlo da altrove, non mancano farisei e scribi, in<br />
apparenza ossequienti…<br />
2Gesù è ospite in casa del giovane risuscitato. Nella stessa sono convenuti i<br />
notabili del paese. E la madre di Daniele, vedendo gli scribi e i farisei -<br />
sette come i peccati capitali - tutta umile li invita, scusandosi di non poter<br />
offrire loro più degna dimora.<br />
«C’è il Maestro, c’è il Maestro, donna. Ciò dà valore anche a una spelonca. Ma
la tua casa è ben più di una spelonca, e noi vi entriamo dicendo: “Pace a te e<br />
alla tua casa”».<br />
Infatti la donna, pur non essendo certo una ricca, si è fatta in quattro per<br />
onorare Gesù. Certo sono entrate in lizza tutte le ricchezze di Naim, messe<br />
cooperativamente in moto per addobbare casa e mensa. E le rispettive<br />
proprietarie occhieggiano, da tutti i punti possibili, la comitiva che passa per<br />
il corridoio di ingresso diretta a due stanze prospicienti, nelle quali la<br />
padrona di casa ha approntato le tavole. Forse hanno chiesto questo solo, per il<br />
prestito delle stoviglie e tovaglie e sedili, e per la loro prestazione d’opera<br />
ai fornelli: questo di vedere da vicino il Maestro e respirare dove Egli<br />
respira. Ed ora si affacciano qua e là, rosse, infarinate o incenerate, o con le<br />
mani sgocciolanti, a seconda delle loro incombenze culinarie; sbirciano, si<br />
prendono il loro scampolino di sguardo divino, la loro briciolina di voce<br />
divina, bevono la dolce benedizione e la dolce figura con lo sguardo e l’udito,<br />
e tornano ancor più rosse ai loro fornelli, madie e acquai: felici.<br />
Felicissima, poi, quella che con la padrona di casa offre i bacili delle<br />
abluzioni agli ospiti di riguardo. È una giovanetta bruna nei capelli e negli<br />
occhi, ma dal colorito soffuso di rosa. E ancor più rosa diventa quando la<br />
padrona di casa avverte Gesù che essa è la sposa di suo figlio e presto verranno<br />
compiute le nozze. «Abbiamo atteso la tua venuta a compierle, perché tutta la<br />
casa fosse santificata da Te. Ma ora benedici lei pure, acciò sia buona moglie<br />
in questa casa».<br />
Gesù la guarda e, poiché la sposina si curva, le impone le mani dicendo:<br />
«Rifioriscano in te le virtù di Sara, Rebecca e Rachele, e da te si generino dei<br />
veri figli di Dio, per la sua gloria e per la letizia di questa dimora».<br />
Ormai Gesù e i notabili sono tutti purificati ed entrano nella stanza del<br />
convito con il giovane padrone di casa, mentre gli apostoli con altri uomini di<br />
Naim meno influenti entrano nella stanza di fronte. E il convito ha luogo.<br />
3Capisco dai discorsi che prima che avesse inizio la visione, Gesù aveva<br />
predicato e guarito in Naim. Ma i farisei e scribi poco si soffermano su questo,<br />
mentre tempestano di domande quelli di Naim per sapere particolari sulla<br />
malattia di cui era morto Daniele, e quante ore erano intercorse dalla morte<br />
alla risurrezione, e se era stato completamente imbalsamato, ecc. ecc.<br />
Gesù si astrae da tutte queste indagini parlando col risuscitato, che sta benone<br />
e che mangia con un formidabile appetito. Ma un fariseo chiama Gesù per<br />
chiedergli se Egli era al corrente della malattia di Daniele.<br />
«Venivo da Endor per puro caso, avendo voluto accontentare Giuda di Keriot come<br />
avevo accontentato Giovanni di Zebedeo. Non sapevo neppure di avere a passare<br />
per Naim quando avevo iniziato il cammino per il pellegrinaggio pasquale»<br />
risponde Gesù.<br />
«Ah! non eri andato apposta a Endor?» chiede stupito uno scriba.<br />
«No. Non avevo la minima volontà di andarvi, allora».<br />
«E come mai allora vi andasti?».<br />
«L’ho detto, perché Giuda di Simone voleva andarvi».<br />
«E perché questo capriccio?».<br />
«Per vedere la grotta della maga».<br />
«Forse Tu ne avevi parlato…».<br />
«Mai! Non ne avevo motivo».<br />
«Voglio dire… forse hai spiegato con quell’episodio altri sortilegi, per<br />
iniziare i tuoi discepoli a…».<br />
«A che? Per iniziare alla santità non c’è bisogno di pellegrinaggi. Una cella o<br />
una landa deserta, un picco montuoso o una casa solitaria, servono ugualmente.<br />
Basta che in chi insegna sia austerità e santità, e in chi ascolta volontà di<br />
santificarsi. Io insegno questo e non altro».<br />
«Ma i miracoli che ora essi, i discepoli, fanno, che sono se non prodigi e…».<br />
«E volere di Dio. Questo solo. E più santi diverranno e più ne faranno. Con<br />
l’orazione, il sacrificio, e la loro ubbidienza a Dio. Non con altro».<br />
«Ne sei sicuro?» chiede uno scriba tenendosi il mento nella mano e sbirciando di<br />
sotto in su Gesù. E il suo tono è discretamente ironico e anche compassionevole.<br />
«Io queste armi ho dato loro e queste dottrine. Se poi fra essi, e sono tanti,<br />
ve ne sarà alcuno che si corrompe con indegne pratiche, per superbia o altro,<br />
non da Me sarà venuto il consiglio. Io posso pregare per vedere di redimere il<br />
colpevole. Posso impormi dure penitenze espiatorie per ottenere che Dio lo aiuti<br />
particolarmente con lumi della sua sapienza a vedere l’errore. Posso gettarmi ai
suoi piedi per supplicarlo, con tutto il mio amore di Fratello, Maestro e Amico,<br />
di lasciare la colpa. Né penserei di avvilirmi a far ciò, perché il prezzo di<br />
un’anima è tale che merita subire ogni umiliazione per ottenere quest’anima. Ma<br />
più non posso fare. E, se ciononostante la colpa durerà, pianto e sangue<br />
gemeranno occhi e cuore del tradito e incompreso Maestro e Amico». Che dolcezza<br />
e che tristezza nella voce e nell’aspetto di Gesù!<br />
Scribi e farisei si guardano fra di loro. Tutto un giuoco di sguardi. Ma non<br />
dicono altro in merito.<br />
4Interrogano invece il giovane Daniele. Si ricorda cosa è la morte? Che provò<br />
tornando alla vita? E che vide nello spazio fra morte e vita?<br />
«Io so che ero malato mortalmente e patii l’agonia. Oh! tremenda cosa! Non mi ci<br />
fate pensare!… Eppure verrà il giorno in cui la dovrò risoffrire! Oh! Maestro!<br />
…». Lo guarda terrorizzato, sbianchendo al pensiero di dover morire di nuovo.<br />
Gesù lo conforta dolcemente dicendo: «La morte è di per sé espiazione. Tu,<br />
morendo due volte, sarai completamente mondo da macchie e gioirai subito del<br />
Cielo. Però questo pensiero ti faccia vivere da santo, onde solo involontarie e<br />
veniali colpe siano in te».<br />
Ma i farisei tornano all’attacco: «Ma cosa provasti tornando alla vita?».<br />
«Nulla. Mi sono ritrovato vivo e sano come mi fossi svegliato da un lungo sonno<br />
pesante».<br />
«Ma ti ricordavi di essere morto?».<br />
«Mi ricordavo di essere stato molto malato, fino all’agonia, e basta».<br />
«E che ricordi dell’altro mondo?».<br />
«Niente. Non c’è niente. Un buco nero, uno spazio vuoto nella mia vita… Nulla».<br />
«Allora per te non c’è il Limbo, il Purgatorio, l’Inferno?».<br />
«Chi dice che non ci sono? Certo che ci sono. Ma io non li ricordo».<br />
«Ma sei sicuro di essere stato morto?».<br />
Scattano quelli di Naim: «Se era morto? E che volete di più? Quando lo ponemmo<br />
sulla bara era già in procinto di puzzare. E poi! Con tutti quei balsami e<br />
quelle bende sarebbe morto anche un gigante».<br />
«Ma tu non ti ricordi di essere morto?».<br />
«Vi ho detto di no». Il giovane si impazienta e aggiunge: «Ma cosa volete<br />
stabilire con questi lungubri discorsi? Che tutto un paese facesse mostra di<br />
avere me morto, mia madre compresa, la mia sposa compresa, che era a letto<br />
morente di dolore, io compreso, legato, imbalsamato, mentre non era vero? Che<br />
dite? Che a Naim si fosse tutti bambini o ebeti in voglia di scherzare? Mia<br />
madre è divenuta bianca in poche ore. La sposa mia dovette essere curata perché<br />
dolore e gioia l’avevano resa come folle. E voi dubitate? E perché avremmo fatto<br />
tutto questo?».<br />
«Perché? È vero! Perché lo avremmo fatto?» dicono quelli di Naim.<br />
5Gesù non parla. Giocherella colla tovaglia come fosse assente. I farisei non<br />
sanno che dire… Ma Gesù apre la bocca all’improvviso, quando la conversazione e<br />
l’argomento parevano finiti, e dice: «Il perché è questo. Essi (ed accenna<br />
farisei e scribi) vogliono stabilire che il tuo risorgere non fu che un ben<br />
congegnato giuoco per accrescere la mia stima presso le folle. Io ideatore, voi<br />
complici per tradire Dio e prossimo. No. Io lascio le ciurmerie agli indegni.<br />
Non ho bisogno di stregonecci, né di stratagemmi, di giochetti o di complicità,<br />
per essere ciò che sono. Perché volete negare a Dio il potere di restituire<br />
l’anima ad una carne? Se Egli la dà, quando la carne si forma, e crea le anime<br />
di volta in volta, non potrà renderla quando l’anima, tornando alla carne per<br />
preghiera del suo Messia, può essere fomite di venuta alla Verità di molte<br />
turbe? Potete negare a Dio il potere del miracolo? Perché lo volete negare?»<br />
«Sei Tu Dio?».<br />
«Io sono chi sono. I miei miracoli e la mia dottrina dicono chi Io sia».<br />
«Ma allora perché costui non ricorda, mentre gli spiriti evocati sanno dire cosa<br />
è l’al di là?».<br />
«Perché quest’anima parla la verità, già santificata come è dalla penitenza di<br />
una prima morte, mentre ciò che parla sulle labbra dei negromanti non è la<br />
verità».<br />
«Ma Samuele…».<br />
«Ma Samuele venne per ordine di Dio, non della maga, a portare al fedifrago<br />
della Legge il verdetto del Signore che non si irride nei suoi comandi».<br />
6«E allora perché i tuoi discepoli lo fanno?».<br />
La voce arrogante di un fariseo, che punto sul vivo alza il tono della stessa,
ichiama l’attenzione degli apostoli che sono nella stanza di fronte, separati<br />
da un corridoio largo poco più di un metro, non isolati da porte o tende<br />
pesanti. Sentendosi chiamati in causa, si alzano e vengono senza far rumore nel<br />
corridoio in ascolto.<br />
«In che lo fanno? Spiegati, e se la tua accusa è vera Io li avviserò di non fare<br />
più cosa contraria alla Legge».<br />
«In che cosa lo so io, e con me molti altri. Ma Tu che risusciti i morti e ti<br />
dici più che profeta, scoprila da Te. Noi non te la diremo certo. Hai occhi, del<br />
resto, per vedere anche molte altre cose, fatte quando non si devono fare, o non<br />
fatte quando si devono fare, commesse dai tuoi discepoli. E Tu non te ne curi».<br />
«Vogliate indicarmene alcune».<br />
«Perché i tuoi discepoli trasgrediscono le tradizioni degli antichi? Oggi li<br />
abbiamo osservati. Anche oggi! Non più tardi di un’ora fa! Essi sono entrati<br />
nella loro sala per mangiare e non si sono purificate, avanti, le mani!». Se i<br />
farisei avessero detto: «e prima hanno sgozzato dei cittadini», non avrebbero<br />
avuto un tono simile di profondo orrore.<br />
7«Li avete osservati, sì. Ci sono tante cose da vedere. E belle e buone. Cose<br />
che fanno benedire il Signore di averci dato la vita perché avessimo modo di<br />
vederle e perché ha creato o permesso quelle cose. Eppure voi non le osservate.<br />
E con voi molti altri. Ma perdete tempo e pace coll’inseguire le cose non buone.<br />
Sembrate sciacalli, meglio, iene correnti sulla scia di un fetore, trascurando<br />
le ondate di profumi che vengono nel vento da giardini pieni di aromi. Le iene<br />
non amano gigli e rose, gelsomini e canfore, cinnamomi e garofani. Per loro sono<br />
sgradevoli odori. Ma il lezzo di un corpo putrefacente in fondo ad un burrone, o<br />
su una carraia, sepolto sotto i rovi dove l’ha gettato l’assassino, o gettato<br />
dalla tempesta sulla spiaggia deserta, gonfio, violaceo, crepato, orrendo, oh!<br />
quello è profumo gradevole alle iene! E fiutano il vento della sera, che<br />
condensa e trasporta con sé tutti gli odori che il sole ha distillato dalle cose<br />
che ha scaldato, per sentire questo vago, invitante odore, e scopertolo, e<br />
afferratane la direzione, eccole partire di corsa, col muso all’aria, i denti<br />
già scoperti nel fremito delle mascelle simile ad un isterico riso, per andare<br />
là dove è putrefazione. E, sia cadavere d’uomo o di quadrupede, o di biscia<br />
spezzata dal contadino, o di faina uccisa dalla massaia, fosse anche un semplice<br />
topo, oh! ecco che piace, piace, piace! E in quel fetore ribollente si affondano<br />
le zanne, e si pasteggia, e ci si lecca le labbra…<br />
Degli uomini si santificano giorno per giorno? Non è cosa che interessi! Ma se<br />
uno solo fa del male, o in più d’uno lasciano, non un comando divino, ma una<br />
pratica umana - chiamatela pure tradizione, precetto, come volete, è sempre cosa<br />
umana - ecco che allora si va, si nota. Si va anche dietro a un sospetto… tanto<br />
per godere, vedendo che il sospetto è realtà.<br />
8Ma allora, rispondete, rispondete voi che siete venuti non per amore, non per<br />
fede, non per onestà, ma per malvagio scopo, rispondete: perché voi trasgredite<br />
il comando di Dio per una vostra tradizione? Non vorrete già dirmi che una<br />
tradizione è da più di un comandamento? Eppure Dio ha detto: “Onora il padre e<br />
la madre, e chi maledirà il padre e la madre è reo di morte”! E voi invece dite:<br />
“Chiunque abbia detto al padre e alla madre: ‘Quello che dovresti avere da me è<br />
corban’, non è più obbligato ad usarlo per padre e madre”. Dunque voi con la<br />
vostra tradizione avete annullato il comando di Dio.<br />
Ipocriti! Ben disse di voi Isaia profetando: “Questo popolo mi onora con le<br />
labbra, ma il suo cuore è lontano da Me, perciò mi onorano invano insegnando<br />
dottrine e comandamenti d’uomo”.<br />
Voi, mentre trascurate i precetti di Dio, state alle tradizioni degli uomini,<br />
alle lavature di anfore e calici, di piatti e di mani, e simili altre cose.<br />
Mentre giustificate l’ingratitudine e l’avarizia di un figlio coll’offrirgli la<br />
scappatoia dell’offerta di sacrificio per non dare un pane a chi lo ha generato<br />
ed ha bisogno di aiuto, ed egli ha l’obbligo di onorarlo perché gli è genitore,<br />
avete scandalo perché uno non si lava le mani. Voi alterate e violate la parola<br />
di Dio per ubbidire a parole da voi fatte e da voi elevate a precetto. Voi vi<br />
proclamate perciò più giusti di Dio. Voi vi arrogate il diritto di legislatori<br />
mentre Dio è Legislatore nel suo popolo. Voi…».<br />
E continuerebbe, ma il gruppo nemico esce, sotto la grandine delle accuse,<br />
urtando gli apostoli e quanti erano nella casa, ospiti o aiutanti della padrona,<br />
e che si erano raccolti nel corridoio, attirati dallo squillo della voce di<br />
Gesù.
9Gesù, che si era alzato in piedi, si torna a sedere, facendo cenno ai presenti<br />
di entrare tutti dove Egli è, e dice loro: «Ascoltatemi tutti e intendete questa<br />
verità. Non vi è nulla fuori dell’uomo che entrando in esso possa contaminarlo.<br />
Ma quello che esce dall’uomo, questo è quello che contamina. Chi ha orecchie per<br />
intendere intenda e usi ragione per comprendere e volontà per attuare. E ora<br />
andiamo. Voi di Naim perseverate nel bene e sia sempre con voi la mia pace».<br />
Si alza, saluta in particolare i padroni di casa e si avvia per il corridoio.<br />
Ma vede le donne amiche, che raccolte in un angolo lo guardano incantate, e va<br />
diretto da loro dicendo: «Pace a voi pure. Vi compensi il Cielo per avermi<br />
sovvenuto con un amore che non mi ha fatto rimpiangere la tavola materna. Ho<br />
sentito il vostro amore di madri in ogni mica di pane, in ogni intingolo o<br />
arrosto, nel dolce del miele, nel vino fresco e profumato. Vogliatemi sempre<br />
bene così, buone donne di Naim. E un’altra volta non fate tanta fatica per Me.<br />
Basta un pane e un pugno di ulive condito col vostro sorriso materno e il vostro<br />
sguardo onesto e buono. Siate felici nelle vostre case, perché la riconoscenza<br />
del Perseguitato è su di voi ed Egli parte consolato dal vostro amore».<br />
Le donne, beate eppure piangenti, sono tutte in ginocchio, ed Egli, nel passare,<br />
le sfiora una per una sui capelli bianchi o neri, come a benedirle. E poi esce e<br />
riprende il cammino…<br />
Le prime ombre della sera calano nascondendo il pallore di Gesù amareggiato da<br />
troppe cose.<br />
242.Parabola delle fronti detronizzate e spiegazione della parabola<br />
sull’impurità.<br />
13 ottobre 1945.<br />
1Gesù non torna altro che ad Endor. Si ferma alla prima casa del paese, che è<br />
più un ovile che una casa. Ma, appunto perché tale, con stalle basse, chiuse,<br />
colme di fieni, può ricoverare i tredici pellegrini. Il padrone della stessa, un<br />
uomo rude ma buono, si affretta a portare una lucerna e un secchiello di latte<br />
spumoso, più delle forme di pane molto scuro. Poi si ritira, benedetto da Gesù<br />
che resta solo coi suoi dodici.<br />
Gesù offre e distribuisce il pane e, in mancanza di scodelle o calici, ognuno<br />
inzuppa le sue fette di pane nel secchiello e beve, quando ha sete, direttamente<br />
allo stesso. Gesù beve soltanto un poco di latte. 2È serio, silenzioso… Tanto<br />
che, finito il pasto, saziata la fame che negli apostoli non manca mai,<br />
finiscono ad accorgersi del suo mutismo.<br />
Andrea chiede per primo: «Cosa hai, Maestro? Mi sembri triste o stanco…».<br />
«Non nego di esserlo».<br />
«Perché? Per quei farisei? Ma orami dovresti averci fatto l’abitudine… Quasi<br />
quasi ce l’ho fatta io che… via! Tu sai come ero le prime volte con loro. Essi<br />
cantano sempre quella canzone!… Le serpi non possono che sibilare, infatti, e<br />
mai nessuna di esse riuscirà a rifare il canto dell’usignolo. Si finisce a non<br />
farci più caso» dice Pietro, parte con convinzione, parte per rasserenare Gesù.<br />
«Ed è in questo modo che si perde il controllo e si casca nelle loro spire. Vi<br />
prego di non abituarvi mai alle voci del Male come fossero voci innocue».<br />
«Oh! bene! Ma se è per questo solo che Tu sei triste, fai male. Tu vedi come ti<br />
ama il mondo» dice Matteo.<br />
«Ma è per questo solo che sei triste così? Dimmelo, Maestro buono. O ti hanno<br />
riferito menzogne, insinuato calunnie, sospetti, che so? su noi che ti amiamo?»<br />
chiede premuroso e carezzevole l’Iscariota, abbracciando con un braccio Gesù che<br />
è seduto sul fieno al suo fianco.<br />
3Gesù volta il viso nella direzione di Giuda. I suoi occhi hanno un baleno<br />
fosforico alla luce tremula della lucerna posata sul suolo in mezzo al cerchio<br />
degli assisi sul fieno, messo come basso sedile in tondo. Gesù guarda ben fisso<br />
Giuda di Keriot e nel guardarlo gli chiede: «E tu mi conosci forse tanto stolto<br />
da accogliere per vere le insinuazioni di chicchessia, sino a turbarmene? Sono<br />
le realtà, Giuda di Simone, quelle che mi turbano», e il suo sguardo non lascia<br />
per un momento di conficcarsi, dritto come uno specillo, nella pupilla bruna di<br />
Giuda.<br />
«Quali realtà ti turbano, allora?» insiste sicuro l’Iscariota.<br />
«Quelle che vedo nel fondo dei cuori e leggo sulle fronti detronizzate». Gesù
marca molto questa parola.<br />
Tutti sono in subbuglio: «Detronizzate? Perché? Che vuoi dire?».<br />
«Un re si detronizza quando è indegno di stare sul trono e gli viene per prima<br />
cosa strappata la corona che è sulla sua fronte come sul luogo più nobile<br />
dell’uomo, unico animale che tenga la fronte eretta verso il cielo, essendo<br />
animale come materia, ma soprannaturale come essere dotato d’anima. Ma non c’è<br />
bisogno di essere re su un trono terreno per essere detronizzati. Ogni uomo è re<br />
per l’anima e il suo trono è nel Cielo. Ma quando un uomo prostituisce la sua<br />
anima e bruto diviene, e demone diviene, allora si detronizza. Il mondo è pieno<br />
di fronti detronizzate, che non stanno più erette verso il Cielo ma curve verso<br />
l’Abisso, appesantite dalla parola che Satana ha scolpito su esse. La volete<br />
sapere? È quella che Io leggo sulle fronti. Vi è scritto: “Venduto!”. E perché<br />
non abbiate dubbi su chi è il compratore, vi dico che è Satana, in se stesso o<br />
nei suoi servi che sono nel mondo».<br />
«Ho capito! Quei farisei, per esempio, sono servi di un servo più grande di<br />
loro, il quale è servo di Satana» dice convinto Pietro.<br />
Gesù non ribatte nulla.<br />
4«Però… Sai, Maestro, che quei farisei, dopo aver sentito quelle tue parole, se<br />
ne sono andati scandalizzati? Urtandomi nell’uscire lo dicevano… Sei stato molto<br />
reciso» osserva Bartolomeo.<br />
E Gesù replica: «Ma molto vero. Non è colpa mia, ma loro, se si devono dire<br />
certe cose. Ed è ancora carità la mia di dirle. Qualunque pianta non piantata<br />
dal mio Padre celeste va sradicata. Ed è pianta non piantata da Lui l’inutile<br />
brughiera di erbe parassitarie, opprimenti, spinose, che opprimono il seme della<br />
Verità santa. È carità estirpare tradizioni e precetti che soffocano il<br />
Decalogo, lo travisano, lo rendono inerte e impossibile ad osservarsi. È carità<br />
per le anime oneste farlo. Riguardo ad essi, ai protervi testardi e chiusi ad<br />
ogni azione e consiglio dell’Amore, lasciateli fare e siano seguiti da quelli<br />
che sono, per animo e tendenze, simili a loro. Sono ciechi che guidano dei<br />
ciechi. Se un cieco ne guida un altro, non potranno che cadere tutti e due nella<br />
fossa. Lasciateli nutrirsi delle loro contaminazioni alle quali danno nome<br />
“purezza”. Esse non li possono oltre contaminare, perché non fanno che adagiarsi<br />
sulla matrice dalla quale provengono».<br />
5«Questo che dici ora si riattacca con quanto hai detto in casa di Daniele, non<br />
è vero? Che non è ciò che entra nell’uomo ciò che contamina, ma ciò che da lui<br />
esce» chiede pensoso Simone lo Zelote.<br />
«Si» dice brevemente Gesù.<br />
Pietro, dopo un silenzio, perché la serietà di Gesù congela anche i caratteri<br />
più esuberanti, chiede: «Maestro, io, e non io solo, non ho capito bene la<br />
parabola. Spiegacela un poco. Come è che ciò che entra non contamina e ciò che<br />
esce contamina? Io, se prendo un’anfora monda e vi metto acqua sporca, la<br />
contamino. Perciò, ciò che entra nell’anfora contamina la stessa. Ma se da<br />
un’anfora colma di acqua pura io verso al suolo dell’acqua, non contamino<br />
l’anfora, perché dall’anfora esce acqua pura. E allora?».<br />
6E Gesù: «Noi non siamo anfore, Simone. Non siamo anfore, amici. E non è tutto<br />
puro nell’uomo! Ma ora anche voi siete senza intelletto? Riflettete al caso che<br />
i farisei portavano a vostra accusa. Voi, dicevano, vi contaminavate perché<br />
portavate cibo alla bocca con mani polverose, sudate, impure, insomma. Ma quel<br />
cibo dove andava? Dalla bocca allo stomaco, da questo al ventre, dal ventre alla<br />
cloaca. Ma può dunque portare impurità a tutto il corpo e a ciò che nel corpo è<br />
contenuto, se passa solo dal canale a ciò destinato, compiendo il suo uffizio di<br />
nutrire a carne, questa sola, e finendo, come è giusto che finisca, in una<br />
fogna? Non è questo che contamina l’uomo! Quello che contamina l’uomo è ciò che<br />
è suo, unicamente suo, generato e partorito dal suo io. Ossia ciò che egli ha<br />
nel cuore e dal cuore sale alle labbra e alla testa e corrompe il pensiero e la<br />
parola e contamina tutto l’uomo. È dal cuore che vengono i cattivi pensieri, gli<br />
omicidi, gli adulteri, le fornicazioni, i furti, le false testimonianze e le<br />
bestemmie. È dal cuore che vengono le avarizie, le libidini, le superbie, le<br />
invidie, le ire, gli appetiti smodati, gli ozi peccaminosi. È dal cuore che<br />
vengono i fomiti a tutte le azioni. E se il cuore è malvagio saranno malvagie<br />
come il cuore. Tutte le azioni: dalle idolatrie alle mormorazioni insincere…<br />
Tutte queste cose malvagie, che procedono dall’interno all’esterno, contaminano<br />
l’uomo, non il mangiare senza lavarsi le mani. La scienza di Dio non è cosa<br />
terra a terra, fanghiglia che ogni piede calpesta. Ma è sublime cosa che vive
nelle plaghe delle stelle e di là scende con raggi di luce ad informare di sé i<br />
giusti. Non vogliate, voi almeno, strapparla dai cieli per avvilirla nel fango…<br />
Andate al riposo, ora. Io esco a pregare».<br />
243.A Magdala, prima di mandare tutti in famiglia per le Encenie.<br />
14 ottobre 1945.<br />
1Acqua, acqua, acqua… Gli apostoli, poco soddisfatti di questo andare sotto la<br />
pioggia, insinuano a Gesù se non sarebbe meglio ricoverarsi a Nazaret, poco<br />
lontana… e Pietro dice: «Poi se ne potrebbe partire col bambino…». Il «no» di<br />
Gesù è così reciso che nessuno osa insistere.<br />
Gesù va avanti, tutto solo… Gli altri dietro in due gruppi, immusoniti.<br />
Poi Pietro non sa reggere e va presso Gesù. «Maestro, mi vuoi?» chiede un poco<br />
mortificato.<br />
«Mi sei sempre caro, Simone. Vieni».<br />
Pietro si rasserena. Trotterella a lato di Gesù che coi suoi lunghi passi fa<br />
molto cammino agevolmente. Dopo un poco dice: «Maestro… sarebbe stato bello<br />
avere il bambino per la festa…».<br />
Gesù non risponde.<br />
«Maestro, perché non mi fai felice?».<br />
«Simone, tu corri il rischio che Io ti levi il bambino».<br />
«No! Signore! Perché?». Pietro è spaventato dalla minaccia, e desolato.<br />
«Perché non voglio che tu sia legato da cosa alcuna. Te l’ho detto quando ti ho<br />
concesso Marziam. Tu, invece, ti stai arenando in questa affezione».<br />
«Non è peccato amare. E amare Marziam. Lo ami anche Tu…».<br />
«Ma questo amore non mi impedisce di darmi tutto alla mia missione. Non ti<br />
ricordi le mie parole sugli affetti umani? I miei consigli, così netti da essere<br />
già degli ordini, su chi vuole porre la mano sull’aratro? Ti stai stancando,<br />
Simone di Giona di essere eroicamente mio discepolo?».<br />
La voce di Pietro è roca di pianto quando risponde: «No, Signore. Mi ricordo<br />
tutto e non sono stanco. Ma ho l’impressione che sia l’opposto… Sei Tu che sei<br />
stanco di me, del povero Simone che ha lasciato tutto per seguire Te…».<br />
«Che ha trovato tutto nel seguire Me, vuoi dire».<br />
«No… Sì… Maestro… Sono un pover’uomo io…».<br />
«Lo so. È proprio per questo che ti lavoro. È per fare del pover’uomo un uomo e<br />
da questo un santo, il mio Apostolo, la mia Pietra. Sono duro per farti duro.<br />
Non ti voglio molle come questo fango. Ti voglio un blocco squadrato, perfetto:<br />
la Pietra di base. Non capisci che questo è amore? Non ricordi il Saggio? Egli<br />
dice che chi ama è severo. 2Ma comprendimi! Comprendimi tu almeno! Non lo vedi<br />
come sono sopraffatto, desolato da tante incomprensioni, da troppi infingimenti,<br />
dai molti disamori e dalle ancor più numerose delusioni?».<br />
«Sei… sei così, Maestro? Oh! divina Misericordia! E io non me ne accorgevo! La<br />
gran bestia che sono!… Ma da quando? Ma da chi? Dimmelo…».<br />
«Non serve. Non potresti fare nulla. Non posso fare nulla neppur Io…».<br />
«Proprio nulla potrei fare per sollevarti?».<br />
«Te l’ho detto: comprendere che la mia severità è amore. Vedere in ogni mio atto<br />
a tuo riguardo, l’amore».<br />
«Sì, sì. Non parlo più. Caro il mio Maestro! Non parlo più. E Tu perdona questa<br />
gran bestia che io sono. Dammi una prova che proprio mi perdoni…».<br />
«La prova! Veramente dovrebbe bastarti il mio sì. Ma te la do. Senti: Io non<br />
posso andare a Nazaret, perché a Nazaret c’è Giovanni di Endor e Sintica oltre<br />
che Marziam. E ciò non deve essere noto».<br />
«Neppure a noi? Perché?… Ah!… Maestro?! Maestro?! Tu temi di qualcuno di noi?».<br />
«La prudenza insegna che quando una cosa va tenuta segreta è già troppo che in<br />
due la sappiano. Si può fare del male anche con una parola sbadata. E non tutti<br />
e non sempre siete riflessivi».<br />
«Veramente… non lo sono neanche io. Ma quando voglio so tacere. E ora tacerò.<br />
Oh! se tacerò. Non sarò più Simone di Giona se non saprò tacere. Grazie,<br />
Maestro, della tua stima. Questa sì che è grande prova di amore… 3Allora ora si<br />
va a Tarichea?».<br />
«Sì. Poi con le barche a Magdala. Devo ritirare l’oro dei gioielli…».<br />
«Vedi se so tacere? Non ho mai detto niente a Giuda, sai?».
Gesù non commenta l’interruzione. Prosegue: «Avuto l’oro, vi metto tutti in<br />
libertà fino al giorno dopo le Encenie. Se vorrò alcuno di voi, vi chiamerò a<br />
Nazaret. I giudei, meno Simone Zelote, accompagneranno le sorelle di Lazzaro e<br />
le loro ancelle, più Elisa di Betsur, alla casa di Betania. Poi andranno per le<br />
Encenie a casa loro. Mi basterà che siano di ritorno per la fine di scebat,<br />
quando torneremo a pellegrinare. Questo lo sai tu solo, non è vero, Simon<br />
Pietro?».<br />
«Lo so io solo. Ma… lo dovrai pur dire…».<br />
«Lo dirò al momento buono. Ora vai dai compagni e sta’ sicuro del mio amore».<br />
Pietro ubbidisce contento e Gesù torna a sprofondare nei suoi pensieri.<br />
4Le onde si frangono sulla spiaggetta di Magdala quando le due barche vi<br />
approdano in un tardo pomeriggio novembrino. Non sono grandi onde. Ma sempre<br />
moleste per chi sbarca, perché le vesti si ammollano. Ma la prospettiva del<br />
pronto ricovero in casa di Maria di Magdala, fa sopportare senza brontolii il<br />
non desiderato bagno.<br />
«Ricoverate le barche e raggiungeteci» dice Gesù ai garzoni. E si mette subito<br />
in cammino lungo il litorale, perché hanno fatto approdo in una caletta un po’<br />
fuori città, là dove sono altre barche di pescatori di Magdala.<br />
«Giuda di Simone e Tommaso, venite qui con Me» chiama Gesù. I due accorrono. «Ho<br />
deciso di darvi un incarico di fiducia e una gioia insieme. L’incarico è questo:<br />
che voi accompagniate le sorelle di Lazzaro a Betania. E con esse, Elisa. Vi<br />
stimo abbastanza per affidarvi le discepole. Intanto porterete una mia lettera a<br />
Lazzaro. Poi, compiuto questo incarico, andrete a casa vostra per le Encenie…<br />
Non interrompere, Giuda. Tutti faremo le Encenie a casa nostra, quest’anno. È un<br />
inverno troppo piovoso per potere viaggiare. Vedete che anche i malati diradano.<br />
Perciò ne approfittiamo per riposarci e fare contente le nostre famiglie. Vi<br />
aspetto a Cafarnao per la fine di scebat».<br />
«Ma Tu stai a Cafarnao?» chiede Tommaso.<br />
«Non sono ancora sicuro dove starò. Qui o là, per me è uguale. Basta mi sia<br />
vicina mia Madre».<br />
«Io preferivo fare le Encenie con Te» dice l’Iscariota.<br />
«Lo credo. Ma se mi vuoi bene, ubbidisci. Molto più che la vostra ubbidienza vi<br />
darà modo di aiutare i discepoli tornati a spargersi per ogni dove. Dovete ben<br />
aiutarmi in questo! Nelle famiglie sono i figli maggiori quelli che aiutano i<br />
genitori nella formazione dei figli minori. Voi siete i fratelli maggiori dei<br />
discepoli, che sono quelli minori, e dovete essere lieti che Io mi affidi a voi.<br />
Ciò mostra che della vostra recente opera Io sono stato contento».<br />
5Tommaso dice semplicemente: «Troppo buono, Maestro. Ma, per mio conto, cercherò<br />
di fare anche meglio, ora. Mi spiace però lasciarti… Ma passerà presto… E il<br />
vecchio padre mio sarà contento di avermi per la festa… e anche le sorelle… La<br />
mia gemella, poi!… Deve avere avuto, o sta per avere, un bambino… Il primo<br />
nipote… Se è maschio, e nasce quando io sono là, che nome gli metto?».<br />
«Giuseppe».<br />
«E se è femmina?».<br />
«Maria. Non ci sono nomi più dolci».<br />
Ma Giuda, orgoglioso dell’incarico, già si pavoneggia e fa progetti su progetti…<br />
Ha assolutamente dimenticato che si allontana da Gesù e che poco tempo prima,<br />
verso i Tabernacoli, se ricordo bene, aveva protestato come un puledro brado<br />
all’ordine di Gesù di separarsi da Lui per qualche tempo. Perde anche<br />
assolutamente di vista il sospetto di allora che ciò fosse un desiderio di Gesù<br />
di allontanarlo. Tutto dimentica… ed è felice di essere considerato uno al quale<br />
si possono affidare incarichi delicati. Promette: «Ti porterò molto denaro per i<br />
poveri», e intanto estrae la borsa e dice: «Ecco, prendi questi. Sono quanto<br />
abbiamo. Non ho altro. Dammi Tu il viatico per il nostro viaggio, da Betania a<br />
casa nostra».<br />
«Ma non partiamo questa sera» obietta Tommaso.<br />
«Non importa. Non occorre più denaro in casa di Maria e perciò… Ben lieto di non<br />
avere più da maneggiarne… Quando ritorno porto a tua Madre delle sementi di<br />
fiori. Me le farò dare da mia madre. Voglio portare anche un regalo a Marziam…».<br />
È esaltato. Gesù lo guarda…<br />
6Sono ormai nella casa di Maria di Magdala. Si fanno riconoscere ed entrano<br />
tutti. Le donne accorrono gioiose incontro al Maestro, venuto a ricoverarsi<br />
presso il loro focolare…
Ed è dopo la cena, quando già gli apostoli stanchi si sono ritirati, che Gesù,<br />
seduto al centro di una sala, fra il cerchio delle discepole, le avrete del suo<br />
desiderio che partano al più presto. Al contrario degli apostoli, non una di<br />
loro protesta. Chinano il capo assentendo e poi escono per preparare i loro<br />
bagagli.<br />
Ma Gesù richiama la Maddalena che è già sulla soglia. «Ebbene, Maria? Perché mi<br />
hai sussurrato all’arrivo: “Ti devo parlare in segreto”?».<br />
«Maestro, ho venduto le pietre preziose. A Tiberiade. Le ha vendute Marcella<br />
coll’aiuto di Isacco. Ho la somma in camera mia. Non ho voluto che Giuda vedesse<br />
nulla…», e arrossisce vivamente.<br />
Gesù la guarda fisso. Ma non dice parola.<br />
La Maddalena esce per tornare con una borsa pesante che dà a Gesù: «Ecco» dice.<br />
«Sono state pagate bene».<br />
«Grazie, Maria».<br />
«Grazie, Rabboni, di avermi chiesto questo favore. Hai altro da chiedermi?…».<br />
«No, Maria. E tu hai altro da dirmi?».<br />
«No, Signore. Benedicimi, Maestro mio».<br />
«Sì. Ti benedico… 7Maria… sei contenta di tornare da Lazzaro? Pensa che Io non<br />
sia più in Palestina. Ci torneresti volentieri a casa, allora?».<br />
«Sì, Signore. Ma…».<br />
«Termina, Maria. Non avere mai paura di dirmi il tuo pensiero».<br />
«Ma ci sarei tornata più volentieri se al posto di Giuda di Keriot ci fosse<br />
stato Simone lo Zelote, grande amico di famiglia».<br />
«Mi occorre per una seria missione».<br />
«I tuoi fratelli allora, o Giovanni dal cuor di colomba. Tutti, ecco, meno lui…<br />
Signore, non mi guardare severo… Chi ha mangiato lussuria ne sente la vicinanza…<br />
Non la temo. So tenere a posto qualcuno che è ben più di Giuda. Ed è il mio<br />
terrore di non essere perdonata, ed è il mio io, ed è Satana che certo mi gira<br />
intorno, ed è il mondo… Ma se Maria di Teofilo non ha paura di nessuno, Maria di<br />
Gesù ha ribrezzo del vizio che l’aveva soggiogata, e la…. Signore… L’uomo che<br />
s’arrovella per il senso mi fa schifo…».<br />
«Non sei sola nel viaggio, Maria. E con te sono sicuro che egli non ritornerà<br />
indietro… Ricordati che devo far partire Sintica e Giovanni per Antiochia e che<br />
non si deve sapere da chi è un imprudente…».<br />
«È vero. Andrò, allora… Maestro, quando ci rivedremo?».<br />
«Non so, Maria. Forse solo a Pasqua. Va’ in pace, ora. Io ti benedico questa<br />
sera e ogni sera, e con te tua sorella e Lazzaro buono».<br />
Maria si curva a baciare i piedi di Gesù ed esce lasciando solo Gesù nella<br />
stanza silenziosa.<br />
244.Gesù dalla Madre a Nazareth.<br />
15 ottobre 1945.<br />
1Una sera già scura di dicembre. Fredda, ventosa. Tolte le foglie strappate alle<br />
piante che ancora ne hanno e che frusciano fra sibili di vento, non vi è altro<br />
rumore per le vie di Nazaret, oscure come quelle di una città morta. Dalle case<br />
sprangate non filtrano né luce né rumori. Proprio una sera da lupi…<br />
E invece, per le vie deserte di Nazaret si aggira l’Agnello di Dio, diretto alla<br />
sua casa. Alta ombra oscura nella veste oscura, si perde quasi nel fosco della<br />
notte senza stelle, e il suo passo è appena un fruscio quando si posa su un<br />
mucchio di foglie secche che, dopo averle fatte mulinare nell’aria, il vento ha<br />
deposto al suolo, pronto a riprenderle per portarle altrove.<br />
Giunge presso la casa di Maria Cleofe. Resta un attimo incerto se entrare<br />
nell’orto e bussare alla porta di cucina o se proseguire… Ma poi prosegue senza<br />
sostare. Eccolo ormai nella viuzza dove è la sua casa. Il tormentato ondeggiare<br />
degli ulivi sul poggetto al quale è addossata la casa già si vede, ondare nero<br />
sul cielo nero. Affretta il passo. Giunge alla porta. Ascolta attento. È così<br />
facile sentire che avviene in quella casa così piccina! Basta stringersi allo<br />
stipite per avere solo i pochi centimetri del legno dell’uscio fra chi ascolta e<br />
chi parla… Eppure non sente nessuna voce.<br />
«È tardi» sospira. «Attenderò l’alba per bussare».<br />
2Ma mentre sta per allontanarsi lo raggiunge il ritmico rumore del telaio.
Sorride. Dice: «È alzata. Tesse. Certo è Lei… È la cadenza della Mamma, questa».<br />
Non posso vederne il viso ma sono certa che sorride, perché il sorriso è nella<br />
sua voce che prima era triste, ora è già ilare.<br />
Bussa. Il rumore cessa un momento e poi ecco il suono di un sedile respinto, e<br />
poi la voce argentina che chiede: «Chi bussa?».<br />
«Io, Mamma!».<br />
«Figlio mio!». Un dolce grido di gioia, grido, anche se tenuto in tono basso. Si<br />
sente il trepestio delle mani sui chiavistelli, lo scorrere di questi… e l’uscio<br />
si apre mettendo uno squarcio d’oro sul nero della notte. Maria cade nelle<br />
braccia di Gesù, lì sulla soglia, come se non potessero tardare un minuto, Lui a<br />
riceverla, Ella a gettarsi su quel Cuore. «Figlio! Figlio! Figlio mio!».<br />
Baci e le dolci parole di «Mamma», «Figlio»... Poi entrano e l’uscio si richiude<br />
pianamente.<br />
Maria spiega sottovoce: «Dormono tutti. Io vegliavo... Da quando sono tornati<br />
Giacomo e Giuda, dicendo che Tu li seguivi, ti ho sempre atteso fino a tarda<br />
ora. Hai freddo, Gesù? Sì. Sei di gelo. Vieni. Ho tenuto acceso il focolare. Vi<br />
getterò una fascina. Ti scalderai». E lo conduce per mano come fosse sempre il<br />
piccolo Gesù…<br />
La fiamma splende lieta e crepitante sul focolare ravvivato. Maria guarda Gesù<br />
che tende le mani alla fiamma per riscaldarsele. «Come sei pallido! Non eri così<br />
quando ci siamo lasciati… Divieni sempre più magro ed esangue, Creatura mia. Un<br />
tempo eri latte e rose. Ma ora sembri fatto di avorio vecchio. Che hai avuto di<br />
nuovo, Figlio mio? Sempre i farisei?».<br />
«Sì… e altro ancora. Ma ora sono felice, qui con te, e starò subito bene.<br />
Quest’anno le Encenie si fanno qui, Mamma! Raggiungo l’età perfetta qui al tuo<br />
fianco. Sei contenta?».<br />
«Sì. Ma l’età perfetta per Te, cuor mio, è ancora lontana… Sei giovane, e per me<br />
sei sempre il mio Bambino. Ecco, il latte è caldo. Vuoi berlo qui o di là?».<br />
«Di là, Mamma. Ho caldo ora. Lo berrò mentre tu copri il tuo telaio».<br />
3Tornano nella stanzetta e Gesù siede sulla cassapanca presso il tavolo e beve<br />
il suo latte. Maria lo guarda e sorride. Sorride più ancora quando tocca la<br />
sacca di Gesù e la posa su una mensola. Sorride tanto che Gesù chiede: «Che<br />
pensi?».<br />
«Penso che Tu sei giunto proprio nell’anniversario della nostra partenza per<br />
Betlemme… Anche allora c’erano sacche e cofani aperti e colmi di vesti e specie<br />
di piccoli panni… per un Piccolino che poteva nascere, dicevo a Giuseppe; che<br />
doveva nascere, dicevo a me stessa, a Betlem di Giuda… Li avevo nascosti nel<br />
fondo perché Giuseppe aveva timore di questo… Non sapeva ancora che la nascita<br />
del Figlio di Dio non sarebbe stata soggetta, né per lo Stesso, né per la Mamma<br />
sua, alle comuni miserie del partorire e del nascere. Non sapeva… e aveva paura<br />
di essere lontano da Nazaret con me in quello stato. Io ero certa che sarei<br />
stata Puerpera là… Tu esultavi troppo in me per la gioia di essere giunto al tuo<br />
Natale, e al natale della Redenzione, perciò, perché io potessi ingannarmi. Gli<br />
angeli turbinavano intorno alla Donna che portava Te, mio Dio… Non era più<br />
l’Arcangelo sublime, non il dolcissimo Angelo che mi è custode, come era nei<br />
mesi prima. Ora erano cori e cori d’angeli, che saettavano dal Cielo di Dio al<br />
mio piccolo Cielo: il mio seno dove Tu eri… Io li sentivo cantare e scambiarsi<br />
le loro parole di luce… parole ansiose di vedere Te, incarnato Dio… Io li<br />
sentivo durante le loro fughe d’amore dal Paradiso per venire ad adorare Te,<br />
Amore del Padre, nascosto nel mio seno. E cercavo imparare le loro parole… i<br />
loro canti… i loro ardori… Ma una creatura umana non può dire e avere cose di<br />
Cielo…».<br />
Gesù l’ascolta, Lui seduto, Ella in piedi presso la tavola, sognante come Lui è<br />
beato… una manina abbandonata sul legno oscuro, l’altra che si appoggia sul<br />
cuore… E Gesù le copre la manina bianca e gentile con la sua lunga e più scura,<br />
e stringe nel suo pugno quella manina santa… E quando Lei tace, quasi<br />
rammaricandosi di non aver potuto imparare dagli angeli parole, canti e ardori,<br />
Gesù dice: «Tutte le parole degli angeli, tutti i loro canti, tutti i loro<br />
ardori, non mi avrebbero fatto felice sulla terra se non avessi avuto i tuoi,<br />
Mamma mia! Tu mi hai detto e dato ciò che essi non hanno potuto darmi. Non tu da<br />
loro, ma loro da te hanno imparato… 4Vieni qui, Mamma, al mio fianco e racconta<br />
ancora… Non di allora… ma di ora. Che facevi?».<br />
«Lavoravo…».<br />
«Lo so. Ma che era? Scommetto che ti stancavi per Me. Fa’ vedere…».
Maria diventa più rossa della stoffa che è sul telaio e che Gesù, alzandosi,<br />
osserva.<br />
«Porpora? Chi te l’ha data?».<br />
«Giuda di Keriot. Se l’è fatta dare dai pescatori di Sidone, credo. Vuole che io<br />
ti faccia una veste da re… La veste te la faccio, sì. Ma per Te non c’è bisogno<br />
di porpora per essere re».<br />
«Giuda è cocciuto più di un mulo», è l’unico commento sulla porpora donata…<br />
Poi si volge alla Madre: «E ci viene tutta unna veste con quel che ti ha<br />
dato?».<br />
«Oh! no, Figlio! Potrà servire per le balze della veste e del mantello. Non di<br />
più».<br />
«Va bene. Ho capito perché la fai a strisce basse. Allora… Mamma, mi piace<br />
questo pensiero. Tu mi terrai da parte queste strisce e un giorno ti dirò di<br />
usarle per una bella veste. Ma ora c’è tempo. Non ti affaticare».<br />
«Lavoro quando sono a Nazaret…».<br />
«È vero… 5E gli altri che hanno fatto in questo tempo?».<br />
«Si sono istruiti».<br />
«Ovvero: li hai istruiti. Che te ne pare?».<br />
«Oh! sono tre buoni. Tolto Te, non ho mai avuto scolari più dolci ed attenti. Ho<br />
cercato anche di rinforzare un poco Giovanni. È molto malato. Non camperà<br />
molto…».<br />
«Lo so. Ma per lui è un bene. Del resto egli stesso lo desidera. Ha compreso<br />
spontaneamente il valore della sofferenza e della morte. E Sintica?».<br />
«È una pena allontanarla. Vale cento discepoli per santità e capacità di<br />
intendere il soprannaturale».<br />
«Comprendo. Ma lo devo fare».<br />
«Ciò che fai è sempre ben fatto, Figlio».<br />
«E il bambino?».<br />
«Anche lui impara. Ma è molto triste in questi giorni… Ricorda la sventura di or<br />
è un anno… Oh! non c’era molta letizia qui!… Giovanni e Sintica sospirano<br />
pensando alla partenza da qui, il bambino piange pensando alla mamma morta…».<br />
«E tu?».<br />
Io… lo sai, Figlio. Non c’è sole quando Tu mi sei lontano. Non ci sarebbe<br />
neppure se il mondo ti amasse. Ma almeno ci sarebbe sereno… Invece…».<br />
«C’è pianto. Povera Mamma!… Non ti hanno fatto domande su Giovanni e Sintica?».<br />
«E chi vuoi che me le facesse? Maria d’Alfeo sa e tace. Alfeo di Sara ha già<br />
visto Giovanni e non è curioso. Lo chiama “il discepolo”».<br />
«E gli altri?».<br />
«Meno Maria e Alfeo non viene nessuno da me. Qualche donna per qualche lavoro o<br />
consiglio. Ma gli uomini di Nazaret non varcano più la mia soglia».<br />
«Neppure Giuseppe e Simone?».<br />
«…No… Simone mi manda olio, farine, ulive, legna, uova… come per farsi perdonare<br />
di non capirti, come per parlare attraverso i doni… Ma li dà a Maria, sua madre,<br />
e qui non viene. Del resto, chiunque venisse non vedrebbe che me, perché Sintica<br />
e Giovanni si ritirano quando bussa qualcuno…».<br />
«Una vita molto triste».<br />
«Sì. E il bambino ne soffre un poco, tanto che ora Maria d’Alfeo se lo porta con<br />
sé quando mi fa le spese. Ma ora non saremo più tristi, mio Gesù. Ci sei Tu!»<br />
«Ci sono Io… Ora andiamo a dormire. Benedicimi, Mamma come quando ero piccino».<br />
«Benedicimi, Figlio. Sono la tua discepola».<br />
Si baciano… Accendono una nuova lucernetta ed escono per andare al riposo.<br />
304. Con Giovanni di Endor, Sintica e Marziam. Maria è Madre e Maestra.<br />
16 ottobre 1945.<br />
1«Maestro! Maestro! Maestro!», I tre gridi di Giovanni di Endor, che uscendo<br />
dalla sua cameretta per andare alla vasca a lavarsi si trova di fronte Gesù che<br />
ne viene, svegliano Marziam che corre fuori dalla stanza di Maria con la sola<br />
tunichella sbracciata e corta, ancora scalzo, tutt’occhi e bocca per vedere e<br />
per gridare: «C’è Gesù», e tutto gambe per correre e arrampicarsi fra le sue<br />
braccia. E svegliano anche Sintica, che dorme nell’ex-laboratorio di Giuseppe e<br />
che ne appare qualche momento dopo già vestita, ma con le trecce morate ancora
semisfatte e ciondoloni sulle spalle.<br />
Gesù, con ancor fra le braccia il bambino, saluta Giovanni e Sintica e li esorta<br />
ad entrare nella casa perché il tramontano è molto forte. Ed entra Lui per<br />
primo, portando il seminudo Marziam, che batte i denti nonostante il suo<br />
entusiasmo, presso il focolare già acceso, dove Maria si affretta a scaldare del<br />
latte e poi le vesti del bambino perché non gli pigli un malanno.<br />
Gli altri due non parlano, ma sembrano la personificazione della gioia estatica.<br />
Gesù, che è seduto col bambino in grembo mentre la Vergine svelta svelta lo<br />
imbacucca nelle vesti riscaldate, alza il viso e sorride loro dicendo: «Ve lo<br />
avevo promesso che sarei venuto. E oggi o domani viene anche Simone Zelote. È<br />
andato per mio incarico altrove. Ma presto verrà e staremo insieme molti<br />
giorni».<br />
2La toeletta di Marziam è finita e il colore torna sulle guancine morelle di<br />
freddo. Gesù lo fa scendere dai suoi ginocchi e si alza in piedi passando nella<br />
stanzetta accanto, seguito da tutti. Ultima viene Maria col bambino per mano. E<br />
lo rimprovera dolcemente così: «Che ti dovrei fare, ora, io? Hai disubbidito. Ti<br />
avevo detto: “Sta’ a letto finché io torno”, e tu sei venuto prima…».<br />
«Mi sono svegliato per i gridi di Giovanni…» si scusa Marziam.<br />
«Dovevi saper ubbidire proprio allora. Stare a letto finché si dorme non è<br />
ubbidienza e non c’è nessun merito a farlo. Dovevi saperlo fare quando c’era<br />
merito, perché esigeva volontà. Ti avrei portato io Gesù. Lo avresti avuto tutto<br />
per te e senza rischiare di prendere un malanno».<br />
«Non sapevo che faceva tanto freddo».<br />
«Ma lo sapevo io. Mi dà dolore vederti disubbidiente».<br />
«No, Mamma. Dà più dolore a me vederti così… Se non era per Gesù non mi alzavo<br />
neanche se mi dimenticavi a letto senza mangiare, Mamma bella, Mamma mia!...<br />
Dàmmi un bacio, Mammina. Lo sai che sono un povero bambino!…».<br />
Maria se lo prende in braccio e lo bacia, fermando così le lacrime sul visetto e<br />
riportandovi il sorriso con la promessa: «Non ti disubbidirò mai, mai, mai<br />
più!».<br />
3Gesù intanto parla con i due discepoli. Si informa dei loro progressi nella<br />
Sapienza e, poiché essi dicono che tutto si illumina in loro per la parola di<br />
Maria, Egli dice: «Lo so. La soprannaturalmente luminosa Sapienza di Dio diviene<br />
comprensiva luce anche ai più duri di cuore se detta da Lei. Ma voi non siete<br />
duri di cuore, e perciò beneficiate al completo del suo insegnamento».<br />
«Ora ci sei Tu, Figlio. La maestra torna scolara».<br />
«Oh! no! Tu continui ad essere maestra. Io ti ascolterò come essi. Sono solo “il<br />
Figlio” in questi giorni. Nulla più. Tu sarai la Madre e Maestra dei cristiani.<br />
Lo sei da ora: Io, il tuo Primogenito e primo allievo, questi, e con essi Simone<br />
quando verrà, gli altri… Vedi, Madre? Il mondo è qui. Il mondo di domani nel<br />
piccolo israelita puro che neppure si accorgerà di divenire “il cristiano”; il<br />
mondo, il mondo vecchio d’Israele nello Zelote; l’umanità in Giovanni, i gentili<br />
in Sintica. E vengono tutti a te, santa Nutrice che dài latte di Sapienza e Vita<br />
al mondo e ai secoli. Quante bocche hanno desiderato attaccarsi al tuo<br />
capezzolo! E quante lo faranno in futuro! Te hanno sospirato i Patriarchi e i<br />
Profeti, perché dal tuo seno fecondo sarebbe venuto il Nutrimento dell’uomo. E<br />
te cercheranno i “miei” per essere perdonati, istruiti, difesi, amati, come<br />
tanti Marziam. E beati quelli che lo faranno! Perché non sarà possibile<br />
perseverare in Cristo se non si fortifica la grazia col tuo aiuto, Madre piena<br />
di Grazia».<br />
Maria sembra una rosa nella sua veste oscura, tanto le si accende il viso per la<br />
lode del Figlio. Una splendida rosa in ben umile veste, di grossa lana marrone<br />
scura…<br />
4Bussano ed entrano in gruppo Maria d’Alfeo, Giacomo e Giuda, carichi, questi<br />
ultimi, di brocche d’acqua e di fascine. La gioia di vedersi è reciproca. E<br />
aumenta quando sanno che presto verrà lo Zelote. L’affetto dei figli d’Alfeo per<br />
lui è palese, anche senza la frase che Giuda dice in risposta all’osservazione<br />
di sua madre che nota questa loro gioia: «Mamma, proprio in questa casa, e in<br />
una sera ben triste per noi, egli ci ha dato affetto di padre e ce lo mantiene.<br />
Non lo possiamo dimenticare. Per noi è “il padre”. Noi per lui “i figli”. Quali<br />
quei figli che non giubilino nel rivedere un padre buono?».<br />
Maria d’Alfeo riflette e sospira… Poi, molto pratica anche nelle sue pene,<br />
chiede: «E dove lo mettete a dormire? Non avete posto. Mandatelo da me».<br />
«No, Maria. Egli vivrà sotto il mio tetto. Ma è presto fatto. Sintica dormirà
con mia Madre, Io con Marziam, Simone nel laboratorio. Anzi, sarà meglio<br />
preparare subito. Andiamo».<br />
E gli uomini escono nell’orto con Sintica, mentre le due Marie vanno in cucina<br />
alle loro faccende.<br />
305 Gesù conforta Marziam con la parabola degli uccellini.<br />
17 ottobre 1945.<br />
1Gesù esce di casa col bambino per mano. Non entrano nel centro di Nazaret, ma<br />
anzi ne escono per la stessa via fatta da Gesù la prima volta che lasciò la sua<br />
casa per la vita pubblica, e giunti ai primi uliveti lasciano la via maestra per<br />
prendere sentierini fra le piante, cercando il sole tiepido succeduto a giorni<br />
di burrasca.<br />
Gesù invita il bambino a correre e saltare. Ma Marziam risponde: «Preferisco<br />
stare vicino a Te. Sono grande ormai e sono un discepolo».<br />
Gesù sorride di questa… autorevole professione di età e di dignità. Invero è un<br />
ben piccolo adulto quello che cammina al suo fianco. Nessuno gli darebbe più di<br />
dieci anni. Ma nessuno può negare che sia un discepolo, e meno di tutti Gesù,<br />
il quale si limita a dire: «Ma ti annoierai a stare zitto mentre Io faccio<br />
orazione. Io ti avevo condotto con Me per farti divertire».<br />
«Non potrei divertirmi in questi giorni… Ma stare vicino a Te mi dà tanto<br />
sollievo… 2Ti ho tanto desiderato in questo tempo… perché… perché…». Il bambino<br />
stringe le labbra che tremano e non parla più.<br />
Gesù gli posa la mano sul capo, dicendo: «Chi crede alla mia parola non deve<br />
essere triste come coloro che non credono. Io dico la verità sempre. Anche<br />
quando assicuro che non c’è separazione fra le anime dei giusti che sono in seno<br />
ad Abramo e quelle dei giusti che sono sulla terra. Io sono la Risurrezione e la<br />
Vita, Marziam. E questa la porto anche prima di compiere la mia missione. Tu mi<br />
hai sempre detto che i tuoi genitori sospiravano la venuta del Messia e<br />
chiedevano a Dio di vivere tanto da vederlo. Erano dunque credenti in Me. Si<br />
sono addormentati in questa fede. Sono perciò già salvati da essa, già risorti e<br />
vivi per essa. Perché questa è fede che dà vita dando sete di giustizia. Pensa<br />
quante volte essi avranno resistito alle tentazioni per essere degni di<br />
incontrare il Salvatore…».<br />
«Ma sono morti senza averti visto, Signore… E morti in quel modo… Io li ho<br />
visti, sai, quando li levarono dalla terra tutti i morti del paese… La mia<br />
mamma, il padre mio… i miei fratellini… Che mi importa se per consolarmi mi<br />
dicevano: “I tuoi non sono così. Non hanno sofferto”? Oh! non hanno sofferto!<br />
Erano dunque piume i macigni che sono piombati loro addosso? Era aria la terra e<br />
l’acqua che li hanno soffocati? E la loro ragione non avrà sofferto sentendosi<br />
morire, pensando a me?…». Il bambino è molto agitato dal dolore. Gestisce<br />
vivamente, ritto di fronte a Gesù, quasi aggressivo…<br />
Ma Gesù capisce quel dolore, quel bisogno di dirlo, e lo lascia parlare. Gesù<br />
non è di quelli che a chi delira per un dolore vero dice: «Taci. Mi fai<br />
scandalo».<br />
3Il bambino continua: «E dopo? Cosa è venuto dopo? Tu lo sai cosa è venuto dopo!<br />
Se non venivi Tu, come una fiera sarei divenuto, o sarei morto come una serpe<br />
nel bosco. E non sarei più andato dalla mamma, dal padre e dai fratelli, perché<br />
odiavo Doras e… e non amavo più Dio come prima, quando la mamma c’era a volermi<br />
bene, a farmi amare il prossimo. Io avevo quasi odio agli uccelli che si<br />
empivano il gozzo, che avevano piume calde, che rifacevano i nidi, io che avevo<br />
fame, che avevo una veste rotta, che non avevo più casa… Li scacciavo, io che<br />
amo gli uccelli, per l’ira che mi veniva a confrontarmi con loro, e poi piangevo<br />
perché sentivo di essere stato cattivo e di meritare l’inferno…».<br />
«Ah! Dunque ti pentivi di essere stato cattivo?».<br />
«Si, Signore. Ma come facevo ad essere buono? Il vecchio padre lo era. Ma lui<br />
diceva: “Fra poco tutto finirà. Sono vecchio…”. Ma io vecchio non ero! Quanti<br />
anni ancora prima di poter lavorare e mangiare da uomo e non da cane randagio?<br />
Sarei diventato un ladrone io, se Tu non venivi».<br />
«Non lo saresti diventato perché la mamma pregava per te. Lo vedi che Io sono<br />
venuto e ti ho preso? Questo è prova che Dio ti amava e che tua madre vegliava<br />
su te».
Il bambino tace, pensando. Sembra cercare luce dal suolo che calpesta, tanto lo<br />
guarda, camminando a fianco di Gesù sull’erbetta un poco strinata dal tramontano<br />
dei giorni prima. Poi alza il capo chiedendo: «Ma non sarebbe stata una prova<br />
più bella se non mi faceva morire la mamma?».<br />
4Gesù ha un sorriso per la logica umana della piccola mente. Ma spiega serio e<br />
buono: «Ecco, Marziam. Ti farò capire le cose attraverso un paragone. Tu mi hai<br />
detto che ti piacciono gli uccellini, non è vero? Ora senti un poco. Gli<br />
uccellini sono fatti per volare o per stare in gabbia?».<br />
«Per volare».<br />
«Va bene. E le mamme degli uccellini come fanno a nutrirli quando sono<br />
piccini?».<br />
«Li imbeccano».<br />
«Sì. Ma con che?».<br />
«Coi semi, le mosche, i bruchi, o briciole di pane, o pezzettini di frutta che<br />
trovano volando qua e là».<br />
«Benissimo. Ora ascolta. Se tu questa primavera trovassi un nido per terra, con<br />
i piccoli dentro e la madre sopra, cosa faresti?».<br />
«Lo prenderei».<br />
«Tutto? Come sta? Madre compresa?».<br />
«Tutto. Perché è troppo brutto essere piccoli senza mamma».<br />
«Veramente nel Deuteronomio è detto di prendere solo i piccoli, lasciando libera<br />
la madre che è sacra al prolificare».<br />
«Ma se è una buona mamma non se ne va. Corre dove sono i suoi piccoli. La mia<br />
avrebbe fatto così. Neanche a Te mi avrebbe dato per sempre, perché sono ancora<br />
bambino. Venire anche lei con me non avrebbe potuto, perché i fratellini erano<br />
ancora più piccoli di me. E allora non mi avrebbe lasciato andare».<br />
«Sta bene. Ma senti: secondo te, vorresti più bene a quella madre degli<br />
uccellini e a loro stessi tenendo la gabbia aperta perché andasse e venisse col<br />
cibo appropriato, oppure tenendo prigioniera anche lei?».<br />
«Eh!… le vorrei più bene lasciandola andare venire finché i piccoli sono<br />
cresciuti… e le vorrei bene del tutto se, tenendomi loro, una volta cresciuti,<br />
lasciassi libera lei perché l’uccello è fatto per volare… Veramente… per essere<br />
proprio del tutto buono… dovrei lasciar volar via anche i piccoli cresciuti e<br />
renderli alla libertà… Sarebbe il più vero amore che potrei avere per loro. E il<br />
più giusto… Eh! sì! Il più giusto, perché non farei che permettere che si compia<br />
quanto Dio ha voluto per gli uccelli…».<br />
«Ma bravo Marziam! Hai proprio parlato da saggio! Sarai un grande maestro del<br />
tuo Signore, e chi ti ascolterà ti crederà perché parlerai da saggio!».<br />
«Davvero, Gesù?». Il visetto, prima inquieto e triste, poi scuro di pensiero,<br />
chiuso nello sforzo di giudicare ciò che era migliore, si spiana e splende nella<br />
gioia della lode.<br />
«Davvero. 5Ora vedi un po’! Tu, solo perché sei un bravo bambino, giudichi così.<br />
Pensa tu come giudicherà Dio, che è Perfezione in tutto, riguardo alle anime e<br />
al loro vero bene. Le anime sono come tanti uccelli che la carne imprigiona<br />
nella sua gabbia. La terra è il luogo dove sono portati colla gabbia. Ma anelano<br />
alla libertà del Cielo, al Sole che è Dio, al Nutrimento giusto per loro, che è<br />
la contemplazione di Dio. Nessun amore umano, neppure il santo amore di madre<br />
per i figli o di figli per la madre, è tanto forte da soffocare questo desiderio<br />
delle anime di ricongiungersi alla loro Origine che è Dio. Così come Dio, per il<br />
suo perfetto amore per noi, non trova nessuna ragione tanto forte da superare il<br />
desiderio suo di riunirsi all’anima che lo desidera. E allora che avviene? Delle<br />
volte, l’ama tanto che le dice: “Vieni! Ti libero”. E lo dice anche se ci sono<br />
dei bambini intorno a una mamma. Lui vede tutto. Lui sa tutto. Lui fa tutto bene<br />
quello che fa. Quando libera un’anima - potrà non parere agli uomini<br />
dall’intelletto relativo, ma lo è - quando libera un’anima, lo fa sempre per un<br />
bene più grande, dell’anima stessa e dei suoi congiunti. Egli allora, te l’ho<br />
già detto altre volte, aggiunge al ministero dell’angelo custode il ministero<br />
dell’anima che ha chiamato a Sé, e che ama di un amore mondo da pesantezze umane<br />
i suoi parenti amandoli in Dio. Quando libera un’anima si impegna anche di<br />
sostituirsi ad essa nelle cure ai superstiti. A te non lo ha forse fatto? Non ha<br />
fatto di te, piccolo figlio d’Israele, il mio discepolo, il mio sacerdote di<br />
domani?».<br />
«Sì, Signore».<br />
«Ora pensa un po’. Tua madre sarà liberata da Me e non avrà bisogno dei tuoi
suffragi. Ma tu, quando ella fosse morta dopo la Redenzione e fosse bisognosa di<br />
suffragi, potresti suffragarla come sacerdote. Pensa, non avresti che potuto<br />
spendere dando offerte ad un sacerdote del Tempio, perché fosse fatto sacrifizio<br />
per lei di vittime quali agnelli o colombi od altro prodotto della terra. Questo<br />
se fossi rimasto il contadinello Jabé presso tua madre. Invece tu, Marziam,<br />
sacerdote di Cristo, potresti per lei celebrare direttamente il Sacrifizio vero<br />
della Vittima perfetta, nel nome del quale tutti i perdoni sono concessi!».<br />
«E non lo potrò più fare?».<br />
«Non per padre, madre e fratellini. Ma lo potrai fare per amici e discepoli<br />
tuoi. 6Non è bello tutto ciò?».<br />
«Sì, Signore».<br />
«Allora torniamo a casa rasserenati».<br />
«Sì… Ma non ti ho lasciato fare orazione!… Me ne spiace…».<br />
«Ma l’abbiamo fata l’orazione! Abbiamo considerato la verità, contemplato Dio<br />
nelle sue bontà… Tutto questo è orazione. E tu l’hai fatta da vero adulto. Su,<br />
ora! Cantiamo un bel salmo di lode per la gioia che è in noi». E intona: «“Un<br />
bel canto m’è sgorgato dal cuore…”».<br />
Marziam unisce la sua voce d’argento al bronzo e oro di quella di Gesù.<br />
306. Anche Simone Zelote è a Nazareth. Lezione sui danni dell’ozio.<br />
18 dicembre 1945.<br />
1La sera cala presto in dicembre e presto si accendono le lampade, e la famiglia<br />
si riunisce in un’unica stanza. Così avviene anche nella casetta di Nazaret e,<br />
mentre le due donne lavorano una al telaio, l’altra d’ago, Gesù con Giovanni di<br />
Endor, seduti presso la tavola, ragionano piano fra di loro mentre Marziam<br />
finisce di tirare a liscio due cofani posati per terra.<br />
Il bambino ci dà dentro a tutta forza finché Gesù, alzatosi e chinatosi sul<br />
legno, dice toccandolo: «Ora basta. È ben liscio e lo potremo verniciare domani.<br />
Ora metti a posto tutto, ché domani lavoreremo ancora».<br />
E mentre Marziam esce con i suoi strumenti di pulimento - spatole dure con su<br />
inchiodate pelli raspose di pesce a far l’ufficio della nostra carta vetrata, e<br />
specie di coltelli non certo di acciaio usati alla stessa opera - Gesù prende<br />
sulle sue braccia robuste uno dei cofani e lo porta nel laboratorio, dove certo<br />
si è lavorato, perché vi è segatura e trucioli presso uno dei banconi, rimesso,<br />
per l’occasione, al centro della stanza. Marziam ha rimesso a posto nei loro<br />
supporti i suo arnesi, e ora raccatta i trucioli per gettarli nel fuoco, dice, e<br />
vorrebbe anche scopare le segatura, ma Giovanni di Endor preferisce farlo lui.<br />
Tutto è in ordine, ormai, quando Gesù torna col secondo cofano che colloca<br />
presso il primo.<br />
2E tutti e tre stanno per uscire quando si sente bussare alla porta di casa, e<br />
subito dopo la voce grave dello Zelote risuona col saluto profondo dato a Maria:<br />
«Io ti saluto, Madre del mio Signore, e benedico la bontà vostra che mi concede<br />
di abitare sotto il vostro tetto».<br />
«È arrivato Simone. Ora sapremo il perché del suo ritardo. Andiamo…» dice Gesù.<br />
Quando entrano nella stanzetta dove è l’apostolo con le donne, questo si sta<br />
liberando da un grosso involto che ha sulle spalle.<br />
«La pace a te, Simone…».<br />
«Oh! Maestro benedetto! Sono in ritardo, non è vero? Ma ho fatto tutto e bene…».<br />
Si baciano. Poi Simone continua la sua esposizione: «Sono stato dalla vedova del<br />
legnaiuolo. I tuoi soccorsi sono molto propizi. La vecchia è molto malata e le
spese sono perciò aumentate. Il piccolo falegname si industria a lavorare in<br />
oggetti piccoli come lui, e ti ricorda sempre. Tutti ti benedicono. Poi sono<br />
andato da Nara, Samira e Sira. Il fratello è più duro che mai. Ma esse sono in<br />
pace, come sante che sono, e mangiano il loro povero pane condito di pianto e di<br />
perdono. Ti benedicono per il soccorso mandato. Ma ti supplicano di pregare<br />
perché il duro fratello si converta. Anche la vecchia Rachele ti benedice per<br />
l’obolo. Infine sono stato a Tiberiade per gli acquisti. Spero di aver fatto<br />
bene. Ora le donne osserveranno… Ma a Tiberiade sono stato trattenuto da alcuni<br />
che mi credevano la tua staffetta. Mi hanno sequestrato per tre giorni… Oh!<br />
prigione dorata fin che si vuole! Ma sempre prigione… Volevano sapere tante<br />
cose… Ho detto la verità dicendo che Tu ci avevi congedati tutti, ritirandoti a<br />
tua volta per il più brutto dell’inverno… Quando si sono persuasi che era vero,<br />
anche perché sono andati da Simone di Giona e da Filippo senza trovarti e senza<br />
saperne di più, mi hanno lasciato andare. Anche la scusa del maltempo era caduta<br />
con queste belle giornate. Ecco perché ho ritardato».<br />
«Non importa. Avremo tempo di stare insieme. Io ti ringrazio di tutto… 3Madre,<br />
osserva con Sintica quanto è nell’involto, e dimmi se ti pare che basti a ciò<br />
che sai…» e, mentre le donne svoltolano l’involto, Gesù si siede parlando con<br />
Simone.<br />
«E Tu che hai fatto, Maestro?».<br />
«Ho fatto due cofani, per non stare in ozio e perché utili saranno. Ho<br />
passeggiato, ho goduto della mia casa…».<br />
Simone lo guarda fisso fisso… Ma non dice nulla.<br />
Le esclamazioni di Marziam, che vede uscire dal fagotto tele, lane, sandali,<br />
veli e cinture, fanno volgere il quel senso Gesù e i suoi due compagni.<br />
Maria dice: «Va tutto bene, molto bene. Ci metteremo subito all’opera e presto<br />
tutto sarà cucito».<br />
Il bambino domanda: «Ti sposi, Gesù?».<br />
Ridono tutti e Gesù chiede: «Da cosa ti viene questo sospetto?».<br />
«Da questa roba che è da uomo e da donna, e dai due cofani che hai fatto. Sono<br />
per il corredo tuo e della sposa. Me la fai conoscere?».<br />
«Vuoi proprio conoscere la mia sposa?».<br />
«Oh! sì! Chissà come sarà bella e buona! Come si chiama?…».<br />
«È un segreto per ora. Perché ha due nomi, come te, che prima eri Jabé, poi<br />
Marziam».<br />
«E non li posso sapere?»<br />
«Per ora no. Ma un giorno li saprai».<br />
«Mi inviti allo sposalizio?».<br />
«Non sarà festa da bambini. Ti inviterò alla festa nuziale. Sarai uno degli<br />
invitati e testimoni. Va bene?».<br />
«Ma quanto tempo c’è? Un mese?».<br />
«Oh! molto di più!».<br />
«E allora perché hai lavorato tanto in fretta da farti venire le vesciche alle<br />
mani?».<br />
«Quelle sono venute perché non lavoro più con le mani. 4Vedi, bambino, che è<br />
penoso l’ozio? Sempre. Quando poi ci si rimette al lavoro si soffre il doppio,<br />
perché si è diventati troppo delicati. Pensa! Se nuoce così alle mani cosa farà<br />
mai di male all’anima? Vedi? Io questa sera ho dovuto dirti: “aiutami”, perché<br />
soffrivo tanto da non poter tenere la raspa, mentre solo due anni fa lavoravo<br />
anche quattordici ore al giorno senza sentire dolore. Lo stesso è per chi si<br />
intiepidisce nel fervore, nella volontà. Si rende molle, indebolito. Con più<br />
facilità si stanca di tutto. Con più facilità, essendo debole, penetrano in lui<br />
i veleni delle malattie spirituali. Con doppia difficoltà, all’opposto, compie<br />
le opere buone che prima non gli costava fare perché era sempre in esercizio.<br />
Oh! non conviene mai oziare dicendo: “Passato questo periodo mi rimetterò più<br />
fresco al lavoro”! Non ci riuscirebbe mai, o con fatica somma».<br />
«Ma Tu non hai oziato!».<br />
«No. Ho fatto altro lavoro. Ma vedi che l’ozio delle mie mani mi è stato nocivo<br />
alle stesse». E Gesù mostra le palme arrossate e con vesciche qua e là.<br />
Marziam le bacia dicendo: «Mia mamma mi faceva così quando mi facevo male,<br />
perché l’amore medica».<br />
«Sì, l’amore medica di tante cose… Ebbene… Vieni, Simone. Tu dormirai nella<br />
stanza del falegname. Vieni, dunque, che ti faccio vedere dove puoi mettere le<br />
tue vesti e…».
Escono e tutto ha fine.<br />
307. Nella casa di Nazareth si discute delle colpe dei nazareni.<br />
Lezione sulla tendenza al peccato malgrado la Redenzione.<br />
19 ottobre 1945. A, 6733-6744<br />
1Il telaio è inoperoso perché Maria e Sintica cuciono svelte svelte le stoffe<br />
portate dallo Zelote. I pezzi delle vesti già tagliate sono piegati in mucchio<br />
ordinato sulla tavola, colore per colore, e ogni tanto le donne ne prendono un<br />
pezzo imbastendolo poi sulla tavola, così che gli uomini sono respinti verso<br />
l’angolo dell’inoperoso telaio, vicini ma non interessati al lavoro delle donne.<br />
Sono presenti anche i due apostoli Giuda e Giacomo d’Alfeo, che a loro volta<br />
osservano il daffare femminile, senza fare domande ma credo non senza curiosità.<br />
E i due cugini raccontano dei fratelli, specie di Simone che li ha accompagnati<br />
fino alla porta di Gesù e poi se ne è andato «perché ha un bambino sofferente»,<br />
dice Giacomo, per medicare la notizia e scusare il fratello. Giuda è più severo<br />
e dice: «Proprio per questo avrebbe dovuto venire. Ma sembra anche lui divenuto<br />
ebete. Come tutti i nazareni, d’altronde, se si escludono Alfeo e i due<br />
discepoli che ora chissà dove sono. 2Si capisce che Nazaret non ha altro di<br />
buono, e il buono lo ha sputato tutto, come fosse sapore molesto a questa città<br />
nostra…».<br />
«Non dire così» prega Gesù. «Non ti intossicare l’animo… Non è colpa loro…».<br />
«Di chi, allora?».<br />
«Di tante cose… Non indagare. Ma Nazaret non è tutta nemica. I bambini…».<br />
«Perché sono bambini».<br />
«Le donne…».<br />
«Perché sono donne. Ma non sono né i bambini né le donne quelle che affermeranno<br />
il tuo Regno».<br />
«Perché Giuda? Sei in errore. I bambini di oggi saranno proprio i discepoli di<br />
domani, quelli che propagheranno il Regno su tutta la terra. E le donne… Perché<br />
non lo possono fare?».<br />
«Non potrai certo fare delle donne degli apostoli. Saranno, al massimo, delle<br />
discepole, come Tu hai detto, di aiuto ai discepoli».<br />
«Ti ricrederai di tante cose, in futuro, fratello mio. Ma non tento neppure di<br />
farti ricredere Io. Cozzerei contro una mentalità che ti viene da secoli di<br />
concetti e preconcetti errati sulla donna. Ti prego soltanto di osservare, di<br />
annotare, in te, le differenze che vedi fra le discepole e i discepoli, e di<br />
notare, spassionatamente, la loro rispondenza ai miei insegnamenti. Vedrai che,<br />
incominciando da tua madre, che se si vuole è stata la prima delle discepole in<br />
ordine di tempo e di eroismo - e lo è tuttora, tenendo coraggiosamente testa a<br />
tutto un paese che la schernisce perché m’è fedele, resistendo anche alle voci<br />
del sangue suo che non le risparmia rimproveri perché mi è fedele - vedrai che<br />
le discepole sono migliori di voi».<br />
«Lo riconosco, è vero. Ma in Nazaret anche le donne discepole dove sono? Le<br />
figlie di Alfeo, le madri di Ismaele e di Aser e le loro sorelle. E basta.<br />
Troppo poco. Io vorrei non venire più Nazaret per non vedere tutto ciò».<br />
«Povera mamma! Le daresti un grande dolore!» dice Maria intervenendo nella<br />
conversazione.<br />
«È vero» dice Giacomo. «Ella spera tanto di arrivare a conciliare i fratelli con<br />
Gesù e con noi. Credo che non desideri che questo. Ma non è certo con lo stare<br />
lontani che lo faremo. Fino ad ora ti ho dato retta con lo starmene come<br />
isolato. Ma da domani voglio uscire, avvicinare questo e quello… Perché, se<br />
dovremo evangelizzare anche i gentili, non evangelizzeremo la città nostra? Io<br />
mi rifiuto di crederla tutta malvagia, non convertibile».<br />
Giuda Taddeo non ribatte. Ma è palesemente inquieto.<br />
3Sinone Zelote, che era rimasto sempre zitto, interviene: «Io non vorrei<br />
insinuare sospetti. Ma lasciate che, per sollevarvi lo spirito, io vi faccia una<br />
domanda. Questa: siete sicuri che nella sostenutezza di Nazaret non siano<br />
estranee forze venute da altrove, che qui lavorano bene in base ad un elemento<br />
che dovrebbe, se si ragionasse con la giustizia, dare le migliori garanzie per<br />
fare sicuri che il Maestro è il Santo di Dio? La conoscenza della vita perfetta<br />
di Gesù, cittadino di Nazaret, dovrebbe rendere più facile ai nazareni di
accettarlo per il promesso Messia. Io più di voi, e con me molti della mia età,<br />
in Nazaret abbiamo conosciuto, almeno di fama, dei pretesi Messia. E vi assicuro<br />
che la loro vita intima sfatava la più ostinata asserzione di messianità in<br />
loro. Roma li ha perseguitati ferocemente come ribelli. Ma a parte l’idea<br />
politica, che Roma non poteva permettere esistesse dove essa regna, questi falsi<br />
Messia, per molti motivi privati, avrebbero meritato punizione. Noi li agitavamo<br />
e sostenevamo perché ci servivano a satollare il nostro spirito di ribellione a<br />
Roma. Noi li secondavamo perché, ottusi come siamo, abbiamo creduto - finché il<br />
Maestro non ha chiarito la verità, e purtroppo, nonostante questo, ancora non<br />
crediamo come dovremmo, ossia totalmente - vedere in loro il “re” promesso. Essi<br />
ci cullavano lo spirito afflitto con speranze d’indipendenza nazionale e di<br />
ricostruzione del regno d’Israele. Ma, oh! miseria! Quale regno labile e<br />
corrotto sarebbe mai stato?! No, che invero chiamare quei falsi Messia re<br />
d’Israele e fondatori del Regno promesso, era avvilire profondamente l’idea<br />
messianica. Nel Maestro, alla profondità della dottrina si unisce la santità di<br />
vita. E Nazaret, come nessun’altra città, la conosce. Neppure penso a fare<br />
accusa di miscredenza nazarena per il soprannaturale della sua venuta, che essi,<br />
i nazareni, ignorano. Ma la vita! Ma la sua vita!… Ora tant’astio, tanta<br />
impenetrabile resistenza… Ma che dico! Tanta aumentata resistenza non potrebbe<br />
avere origine da manovre nemiche? Noi li conosciamo i nemici di Gesù. Sappiamo<br />
ciò che valgono. Credete voi che solo qui siano stati inerti ed assenti, se<br />
dovunque ci hanno o preceduto, o affiancato, o seguito per distruggere l’opera<br />
del Cristo? Non accusate Nazaret come unica colpevole. Ma piangete su di essa,<br />
traviata dai nemici di Gesù».<br />
«Hai detto molto bene, Simone. Piangete su di essa…» dice Gesù. Ed è mesto.<br />
Giovanni di Endor osserva: «Hai detto anche molto bene quando hai detto che<br />
l’elemento favorevole si muta in sfavorevole, perché l’uomo raramente usa<br />
giustizia nel pensare. Qui il primo ostacolo è la nascita umile, l’infanzia<br />
umile, l’adolescenza umile, la giovinezza umile di Gesù nostro. L’uomo dimentica<br />
che i valori si celano sotto apparenze modeste, mentre le nullità si camuffano<br />
da grandi esseri per imporsi alle folle».<br />
«Sarà… Ma nulla modifica il mio pensiero circa i concittadini. Qualunque cosa<br />
possa loro essere stata detta, dovevano saper giudicare sulle opere reali del<br />
Maestro, e non sulle parole di sconosciuti».<br />
4Un silenzio lungo, rotto solo dal rumore di tele che la Vergine divide in<br />
strisce per farne delle balze. Sintica non ha mai parlato pure rimanendo<br />
attentissima. Essa conserva sempre il suo atteggiamento di profondo rispetto, di<br />
riservatezza che solo con Maria o col bambino si fa meno rigido. Ma ora il<br />
bambino si è addormentato, seduto su un panchetto proprio ai piedi di Sintica e<br />
colla testa appoggiata sui ginocchi di lei, sul braccio ripiegato. Perciò ella<br />
non si muove e attende che Maria le passi le strisce.<br />
«Che sonno innocente!… Sorride…» osserva Maria curvandosi sul visetto dormente.<br />
«Chissà cosa sogna» dice sorridendo Simone.<br />
«È un bambino intelligente molto. Impara con prontezza e vuole avere spiegazioni<br />
nette. Fa domande molto acute e vuole risposte chiare. Su tutto. Confesso che<br />
delle volte sono imbarazzato a rispondere. Sono argomenti superiori alla sua<br />
età, e talora anche alla mia capacità di spiegarli» dice Giovanni.<br />
«Già! Come quel giorno… Ricordi Giovani? Avesti due alunni molto tormentosi quel<br />
giorno! E molto ignoranti» dice Sintica, sorridendo lievemente e fissando il<br />
discepolo col suo sguardo profondo.<br />
Giovanni sorride a sua volta e dice: «Sì. E voi aveste un maestro molto<br />
incapace, che dovette chiamare in aiuto la vera Maestra… perché in nessuno dei<br />
molti libri che aveva letto, questo stolto pedagogo aveva trovato la risposta da<br />
dare ad un bambino. Segno che sono un pedagogo ignorante ancora».<br />
«La scienza umana è ignoranza ancora, Giovanni. Non il pedagogo, ma ciò che gli<br />
avevano dato per esserlo era insufficiente. La povera scienza umana! Oh! come mi<br />
sembra mutilata! Mi fa pensare ad una deità che era onorata in Grecia. Ci voleva<br />
proprio la materialità pagana per poter credere che, perché era priva d’ali, la<br />
Vittoria fosse per sempre possesso dei greci! Non solo le ali alla Vittoria, ma<br />
la libertà ci era stata levata… Meglio era avesse avuto l’ali, nella credenza<br />
nostra. Avremmo potuto pensarla capace di volare a rapire fulmini celesti per<br />
saettare i nemici. Ma, così come era, non dava speranza, ma sconforto, ma parola<br />
di tristezza. Non la potevo vedere senza soffrirne… Mi pareva sofferente,<br />
avvilita della sua mutilazione. Un simbolo di dolore e non di gioia… E lo fu.
Ma, come per la Vittoria, l’uomo fa con la Scienza. Le mutila le ali, che<br />
intingerebbero il sapere nel soprannaturale dando chiave ad aprire tanti segreti<br />
dello scibile e del creato. Hanno creduto e credono di tenerla captiva col<br />
mutilarla delle ali… Ne hanno fatto solo una deficiente… La Scienza alata<br />
sarebbe Sapienza. Così come è, è soltanto intendimento parziale».<br />
5«E mia Madre vi ha risposto quel giorno?».<br />
«Con perfetta chiarezza e con casta parola, atta ad essere udita da un fanciullo<br />
e da due adulti di sesso diverso senza che nessuno avesse ad arrossire».<br />
«Su che verteva?».<br />
«Sulla colpa d’origine, Maestro. Ho segnato la spiegazione di tua Madre per<br />
ricordarmela» dice ancora Sintica, e Giovanni di Endor lui pure dice: «Anche io.<br />
Credo che sarà una cosa molto richiesta, se un giorno si andrà fra i gentili. Io<br />
non penso di andarvi perché…».<br />
«Perché, Giovanni?».<br />
«Perché poco ancora vivrò».<br />
«Ma vi andresti volentieri?».<br />
«Più di molti altri in Israele, perché non ho prevenzioni. E anche… Sì, anche<br />
per questo. Io ho dato il malesempio fra i gentili, a Cintium e in Anatolia.<br />
Avrei voluto poter arrivare a fare del bene dove ho fatto del male. Il bene da<br />
fare: portare la tua parola là, farti conoscere… Ma sarebbe stato troppo onore…<br />
Non lo merito».<br />
Gesù lo guarda sorridendo ma non dice nulla in proposito. 6Chiede: «E non avete<br />
altre domande da fare?».<br />
«Io ne ho una. Mi è sorta l’altra sera quando parlavi dell’ozio col bambino. Ho<br />
cercato di darmi una risposta. Ma senza riuscirvi. Attendevo il sabato per<br />
fartela, quando le mani sono inoperose e l’anima nostra, nelle tue mani, viene<br />
alzata a Dio» dice Sintica.<br />
«Fàlla ora la tua domanda, mentre si attende l’ora del riposo».<br />
«Ecco, Maestro. Tu hai detto che, se uno si intiepidisce nel lavoro spirituale,<br />
si indebolisce e predispone alle malattie dello spirito. Non è vero?».<br />
«Sì, donna».<br />
«Ora questo mi pare in contrasto su quanto ho udito da Te e da tua Madre sulla<br />
colpa d’origine, i suoi effetti in noi, la liberazione da essa per mezzo tuo. Mi<br />
avete insegnato che con la Redenzione sarà annullata la colpa d’origine. Credo<br />
di non errare dicendo che sarà annullata non per tutti, ma solo per coloro che<br />
crederanno in Te».<br />
«È vero».<br />
«Trascuro perciò gli altri e prendo uno di questi salvati. Lo contemplo dopo gli<br />
effetti della Redenzione. La sua anima non ha più la colpa d’origine. Torna<br />
dunque in possesso della Grazia così come l’avevano i Progenitori. Questo non le<br />
dà, allora, una vigoria inattaccabile ad ogni languore? Tu dirai: “L’uomo fa<br />
anche peccati personali”. Sta bene. Ma penso che essi pure cadranno con la tua<br />
Redenzione. Non ti chiedo come. Ma suppongo che, a testimonianza dell’essere<br />
essa stata veramente - e non so come avverrà, per quanto ciò che a Te si<br />
riferisce nel Libro sacro faccia tremare, e mi auguro che sia sofferenza<br />
simbolica, ristretta al morale, benché non è illusione il dolore morale ma<br />
spasimo molto più atroce di quello fisico - Tu lascerai dei mezzi, dei simboli.<br />
Tutte le religioni ne hanno, e sono talora chiamati misteri… Il battesimo<br />
attuale, vigente in Israele, ne è uno, non è vero?»<br />
«Lo è. E ci saranno, con nome diverso da quello che tu dài loro, anche nella mia<br />
religione dei segni di questa mia Redenzione, applicati alle anime per<br />
purificarle, fortificarle, illuminarle, sostenerle, nutrile, assolverle».<br />
«E allora? Se sono assolte anche dai peccati personali, sempre saranno in<br />
grazia… Come allora saranno deboli e predisposte a malattie spirituali?».<br />
«Ti porto un paragone. Prendiamo un bambino appena nato da genitori sanissimi,<br />
sano esso pure e robusto. Nessuna tara fisica, ereditaria, è in lui. Il suo<br />
essere è perfetto nello scheletro e meglio organi, gode di un sangue sano. Ha<br />
perciò tutti i requisiti per crescere forte e sano, anche perché la madre ha<br />
latte abbondante e sostanzioso. Ma nel primo momento della sua vita viene<br />
colpito da gravissima malattia, non si sa come causata. Una malattia mortale<br />
proprio. Se ne salva a stento per pietà di Dio, che gli trattiene la vita già in<br />
procinto di fuggire da quel corpicino. Ebbene, credi tu che, dopo, quel bambino<br />
sarà robusto come se non avesse avuto quel male? No, avrà un indebolimento<br />
perenne in sé. Anche se non sarà palese, vi sarà e lo predisporrà, con più
facilità che se non fosse stato malato, alle malattie. Qualche organo non sarà<br />
mai più integro come prima. Il suo sangue sarà meno forte e puro di prima. Tutte<br />
ragioni per cui più facilmente contrarrà malattie. Le quali, ogni volta che lo<br />
colpiranno, lo lasceranno più facile a riammalarsi. Lo stesso è per il campo<br />
spirituale. La colpa d’origine sarà cancellata nei credenti in Me. Ma lo spirito<br />
conserverà una tendenza al peccato che senza la colpa originale non avrebbe<br />
avuto. Perciò occorre sorvegliare e continuamente curare il proprio spirito,<br />
così come fa una madre sollecita col suo figliolino rimasto indebolito da una<br />
malattia infantile. Perciò bisogna non oziare, ma sempre essere solerti per<br />
irrobustirsi in virtù. Se uno cade in accidia o tiepidezza, più facilmente sarà<br />
sedotto da Satana. E ogni peccato grave, essendo simile ad una grave ricaduta,<br />
sempre più predisporrà a infermità e morte dello spirito. Mentre se la Grazia,<br />
restituita dalla Redenzione, viene coadiuvata da una volontà attiva e<br />
instancabile, ecco che essa si conserva. Non solo. Ma si aumenta, perché viene<br />
associata alle virtù conseguite dall’uomo. Santità e Grazia! Che sicure ali per<br />
volare a Dio! Hai compreso!».<br />
«Sì, mio Signore. Tu, ossia la Trinità Ss., date il mezzo base all’uomo. L’uomo,<br />
col suo lavoro e la sua attenzione, non lo deve distruggere. Ho compreso. Ogni<br />
peccato grave è distruzione della Grazia, ossia della salute dello spirito. I<br />
segni che ci lascerai renderanno la salute, è vero. Ma il peccatore ostinato,<br />
che non lotta per non peccare, sarà ogni volta più debole anche se ogni volta è<br />
perdonato. Occorre perciò vigilare per non perire. Grazie, Signore… 8Marziam si<br />
sveglia. È tardi…».<br />
«Sì. Preghiamo tutti insieme e poi andiamo al riposo».<br />
Gesù si alza e tutti lo imitano, anche il bambino ancora mezzo assonnato. E il<br />
“Pater noster” risuona forte e armonico nella piccola stanza.<br />
134.Guarigione del figlio di Simone d’Alfeo.<br />
Marziam è il primo dei bambini discepoli.<br />
20 ottobre 1954.<br />
1Gesù, con Simone Zelote e Marziam, traversa Nazaret diretto verso la campagna<br />
fra Cana a Nazaret. E la traversa, questa sua città incredula ed ostile, proprio<br />
prendendo le vie più centrali e tagliando per sbieco la piazza del mercato,<br />
affollata in quell’ora mattutina. Molti si voltano a guardarlo, qualche raro<br />
abitante lo saluta, le donne, specie le anziane, gli sorridono, ma, tolto<br />
qualche bambino, non viene a Lui nessuno. Un mormorio lo segue quando è passato.<br />
Gesù certo vede tutto, ma mostra di non vedere. Parla con Simone oppure col<br />
bambino, che è fra i due uomini, e procede per la sua via.<br />
2Sono ormai alle ultime case. Sulla porta di una di esse è una donna sulla<br />
quarantina. Pare attenda qualcuno. Quando vede Gesù fa l’atto di muoversi, poi<br />
si ferma e china il capo arrossendo.<br />
«È una mia congiunta. È la moglie di Simone d’Alfeo» dice Gesù all’apostolo.<br />
La donna pare sulle spine, in un grande contrasto di sentimenti. Cambia colore,<br />
alza ed abbassa gli occhi, tutto il suo viso esprime una voglia di parlare che<br />
qualche motivo trattiene.<br />
«La pace a te, Salome» saluta Gesù che l’ha raggiunta.<br />
La donna lo guarda come stupita dall’affettuosità che è nella voce del Parente e<br />
risponde, arrossendo più ancora: «La pace a…». Un nodo di pianto le impedisce di<br />
finire la frase. Si copre il volto col braccio ripiegato e piange<br />
angosciosamente, contro lo stipite della porta di casa.<br />
«Perché piangi così, Salome? Non posso fare nulla per consolarti? Vieni qui,<br />
dietro l’angolo, e dimmi cosa hai…» e la prende per il gomito conducendola in un<br />
chiassolo fra la sua casa e un orto di un’altra casa. Simone con Marziam, tutto<br />
stupito, restano all’imboccatura della stessa. «Che hai, Salome? Lo sai che ti<br />
ho sempre voluto bene, Vi ho sempre voluto bene. A tutti. E ve ne voglio. Devi<br />
credere a questo e avere fiducia per questo…».<br />
Il pianto ha pause di sospensione come per ascoltare quelle parole e capirle nel<br />
loro vero significato, poi riprende più forte, frammezzato a rotte parole: «Tu<br />
sì…. Noi… Non io però… E neanche Simone… Ma egli è più stolto di me… Io lo<br />
dicevo… “Chiama Gesù”… Ma tutto un paese ci è contro… a Te… a me… e al mio<br />
bambino…». Toccato il punto tragico, il pianto si fa a sua volta tragico. La
donna si torce e geme percuotendosi il viso come fosse in un delirio di dolore.<br />
Gesù le afferra le mani dicendo: «Non così. Sono qui per consolarti. Parla, e Io<br />
tutto farò…».<br />
La donna lo guarda ad occhi sbarrati di stupore e di dolore. Ma la speranza le<br />
dà lena di parlare, e parlare con ordine: «Anche se Simone è colpevole mi avrai<br />
pietà? Davvero?... Oh! Gesù che salvi tutti! Il mio bambino! Alfeo, l’ultimo,<br />
sta male… muore!… Tu lo amavi, Alfeo. Gli intagliavi nel legno i giocattoli… Lo<br />
alzavi perché cogliesse l’uva e i fichi dalle tue piante… e prima di partire<br />
per… per andare per il mondo, già gli insegnavi tante cose buone… Ora non<br />
potresti più… È come morto… Non mangerà più uva e fichi… Non imparerà più<br />
nulla…», e piange forte.<br />
«Salome, sii buona. Dimmi, che ha?».<br />
«Il suo ventre è molto malato. Ha urlato, spasimato, delirato per tanti giorni.<br />
Ora non parla più. E come uno colpito al capo. Geme, ma non risponde. Neppure sa<br />
di gemere. È livido. Raffredda già. 3È tanti giorni che supplico Simone di<br />
venire da Te. Ma… Oh! l’ho sempre amato, ma ora lo odio perché è uno stolto che<br />
per una stolta idea mi fa morire il figlio. Ma, lui morto, io me ne andrò. A<br />
casa mia. Cogli altri figli. Non è capace di esser padre al momento buono. E io<br />
mi difendo le creature. Me ne vado. Sì. Dica il mondo ciò che vuole. Me ne<br />
vado».<br />
«Non dire così. Deponi subito questo pensiero di vendetta».<br />
«Di giustizia. Mi ribello. Lo vedi? Ti ho aspettato io perché nessuno ti diceva;<br />
“Vieni”. Te lo dico io. Ma ho dovuto farlo come fosse una mala azione. E non ti<br />
posso dire: “Entra”, perché in casa ci sono quelli di Giuseppe e…».<br />
«Non occorre. Mi prometti di perdonare a Simone? Di essere sempre la sua buona<br />
moglie? Se tu me lo prometti, Io ti dico: “Va’ a casa e tuo figlio ti sorriderà<br />
guarito”. Puoi tu credere questo?»<br />
«Io credo in Te. Anche contro tutto il mondo, credo».<br />
«E come hai fede, puoi avere perdono?».<br />
«…Ma me lo guarisci proprio?».<br />
«Non solo questo. Ti prometto che cesserà il dubbio di Simone su di Me, e il<br />
piccolo Alfeo, e con lui i tuoi altri figli e te, insieme allo sposo e padre,<br />
tornerete in casa mia. Maria ti nomina tanto…».<br />
«Oh! Maria! Maria! È nato che c’era lei, Alfeo… Sì, Gesù. Perdonerò. Non gli<br />
dirò nulla… No, anzi. Gli dirò: “Ecco come risponde Gesù al tuo modo di fare:<br />
rendendoti un figlio”. Questo lo posso dire!».<br />
«Lo puoi dire… Va’, Salome. Va’. Non piangere più. Addio. La pace a te, buona<br />
Salome. Va’. Va’». La riconduce alla porta, la guarda entrare, sorride nel<br />
vedere che per la sua grande ansia corre via per l’andito senza neppure chiudere<br />
la porta, e l’accosta Lui, lentamente, fino a chiuderla del tutto.<br />
4Si volge ai due compagni, e dice: «E ora andiamo dove dovevamo andare…».<br />
«Credi che Simone si convertirà?» chiede lo Zelote.<br />
«Non è un infedele. È soltanto uno che si lascia dominare dal più forte».<br />
«Oh! ma allora! Più forte del miracolo!».<br />
«Tu vedi che ti rispondi da te… 5Sono contento di aver salvato il bambino. L’ho<br />
visto di poche ore e mi ha voluto sempre tanto bene…».<br />
«Come te ne voglio io? E diventerà discepolo?». chiede Marziam interessato e un<br />
poco incredulo che uno possa amare Gesù come lui lo ama.<br />
«Tu mi ami come bambino e come discepolo. Alfeo mi amava come bambino soltanto.<br />
Ma poi mi amerà anche come discepolo. Ma ora è molto bambino. Ha otto anni a<br />
momenti. Lo vedrai».<br />
«Allora di bambino e discepolo, non ci sono che io?».<br />
«Tu solo. Per ora. Sei il capo dei bambini discepoli. Quando sarai tutt’affatto<br />
uomo, ricordati che tu hai saputo essere discepolo non peggio degli uomini, e<br />
perciò apri le braccia a quanti bambini verranno a te cercando Me e dicendo:<br />
“Voglio essere discepolo di Cristo”. Lo farai?».<br />
«Lo farò» promette serio Marziam…<br />
La campagna aperta, piena di sole, li circonda ormai, ed essi mi si<br />
allontanano nel sole…
135.Sacrificio di Marziam per la guarigione di una bambina.<br />
Ravvedimento di Simone d’Alfeo<br />
21 ottobre 1945.<br />
1Li accoglie una povera casa dove è una nonnetta circondata da un bel mucchietto<br />
di bambini dai dieci anni ai, sì e no, due anni. La casa è in mezzo a campicelli<br />
poco curati, molti tornati a prato, dal quale emergono superstiti piante da<br />
frutto.<br />
«La pace a te, Giovanna. Va meglio oggi? Sono venuti a darti aiuto?».<br />
«Sì, Maestro e Gesù. E mi hanno detto che torneranno a seminare. Verrà in<br />
ritardo, ma mi dicono che verrà ancora».<br />
«Certo verrà. Ciò che sarebbe miracolo della terra e del seme diventerà miracolo<br />
di Dio. Perciò miracolo perfetto. I tuoi campi saranno i più belli di questa<br />
regione, e questi uccellini che ti stanno intorno avranno grani in abbondanza<br />
per le loro bocche. Non piangere più. L’anno che viene andrà già molto meglio.<br />
Ma Io ti aiuterò ancora. O meglio, ti aiuterà una che ha il tuo stesso nome e<br />
che non è mai sazia di essere buona. Guarda, questo è per te. Con questo potrai<br />
andare avanti fino ai raccolti».<br />
La vecchia prende la borsa e la mano di Gesù insieme, e bacia questa mano<br />
piangendo. Poi chiede: «Dimmi chi è questa creatura buona, che io dica il suo<br />
nome al Signore».<br />
«Una discepola mia e sorella tua. Il nome è noto a Me e al Padre dei Cieli».<br />
«Oh! sei Tu!…».<br />
«Io sono povero, Giovanna. Do quanto mi dànno. Di mio non posso dare che<br />
miracolo. E mi spiace di non avere saputo prima la tua sventura. Sono venuto<br />
appena Susanna me l’ha detta. Tardi ormai. Ma così splenderà di più l’opera di<br />
Dio».<br />
«Tardi! Sì. Tardi! Così rapida fu la morte a falciare qui! E ha preso i giovani.<br />
Non me, inutile. Non questi, incapaci. Ma quelli validi al lavoro. Maledetta<br />
luna di elul, carica di maligni influssi!».<br />
«Non maledire il pianeta. Non c’entra… 2Sono buoni questi piccoli? Venite qui.<br />
Vedete? Anche questo è un bambino senza padre e senza madre. E neppure può<br />
vivere col nonno. Ma Dio non lo abbandona lo stesso. E non lo abbandonerà finché<br />
sarà buono. Non è vero, Marziam?».<br />
Marziam assente e parla ai piccoli che gli si sono stretti intorno, piccoli per<br />
età più di lui, ma alcuni sono più alti di lui di un bel po’. Dice: «Oh! davvero<br />
che Dio non abbandona. Io lo posso dire. Per me ha pregato il nonno. E certo<br />
anche la madre e il padre dall’altra vita. E Dio ha ascoltato quelle preghiere,<br />
perché Egli è buonissimo e sempre ascolta le preghiere dei giusti, morti o vivi<br />
che siano. Per voi certo hanno pregato i vostri morti e questa nonnina cara. Le<br />
volete bene?».<br />
«Sì, sì…» Il pigolio dell’orfana nidiata si alza entusiasta.<br />
Gesù tace per ascoltare il colloquio del suo piccolo discepolo e degli<br />
orfanelli.<br />
«Fate bene. I vecchi non bisogna farli piangere. Già non si deve far piangere<br />
nessuno, perché chi dà dolore al prossimo dà dolore a Dio. Ma i vecchi, poi! Il<br />
Maestro tratta bene tutti. Ma coi vecchi poi è tutto carezze come coi bambini.<br />
Perché i bambini sono innocenti e i vecchi sofferenti. Hanno tanto pianto già!<br />
Bisogna amarli due volte, tre volte, dieci volte, per tutti quelli che non li<br />
amano più. Gesù dice sempre che chi non onora il vecchio è malvagio due volte,<br />
come chi maltratta il bambino. Perché vecchi e bambini non si possono difendere.<br />
Voi perciò siate buoni con la vecchia madre».
«Io qualche volta non l’aiuto…» dice uno dei grandini.<br />
«Perché? Mangi pure il pane che ti porge con la sua fatica! Non ci senti il<br />
sapore del pianto quando l’affliggi. 3E tu, donna, (la donna avrà al massimo<br />
dieci anni ed è una molto esile e pallida creatura) l’aiuti?».<br />
I fratellini dicono in coro: «Oh! Rachele è buona! Veglia fino a tardi per<br />
filare quel poco di lana e stame che abbiamo, e si è prese le febbri per<br />
lavorare nel campo per prepararlo al seme mentre il padre moriva».<br />
«Dio te ne compenserà» dice serio Marziam.<br />
«Mi ha già compensato col levare di pena la nonna».<br />
Gesù interviene: «Non chiedi di più?».<br />
«No, Signore».<br />
«Ma sei guarita?».<br />
«No, Signore. Ma non importa. Ora, anche se muoio, la nonna è sovvenuta. Prima<br />
mi spiaceva morire perché l’aiutavo».<br />
«Ma la morte è brutta, bambina…».<br />
«Dio come mi aiuta in vita, mi aiuterà in morte e andrò dalla mamma… Oh! non<br />
piangere, nonna! Voglio bene anche a te, cara. Non lo dirò più se questo ti deve<br />
fare piangere. Anzi, se lo vuoi, dirò al Signore di guarirmi… Non piangere,<br />
mammetta mia…», e abbraccia la vecchietta desolata.<br />
«Falla guarire, Signore. Mio nonno lo hai fatto felice, per me. Fa’ felice<br />
questa vecchia, ora».<br />
«Le grazie si ottengono con sacrificio. Tu che sacrificio fai per ottenerla?»<br />
chiede serio Gesù.<br />
Marziam pensa… Cerca la cosa più penosa a rinunciarsi… poi sorride: «Non<br />
prenderò più miele per tutta la luna».<br />
«Poco! Quella di casleu è già ben avanti!…».<br />
«Dico per dire quattro fasi. E pensa… che in questi giorni c’è la festa dei Lumi<br />
e le focacce di miele…».<br />
«È vero. Ebbene, allora Rachele guarirà per merito tuo. 4Ora andiamo. Addio,<br />
Giovanna. Prima di partire verrò ancora. Addio Rachele, e tu Tobiolo. Sii sempre<br />
buono. Addio, tutti voi, piccoli. Resti su voi la mia benedizione e in voi la<br />
mia pace».<br />
Escono seguiti dalle benedizioni della vecchia e dei fanciulli.<br />
Marziam, finito di essere “apostolo e vittima”, si dà a saltare come un capretto<br />
correndo avanti.<br />
Simone osserva con un sorriso: «La sua prima predica e il suo primo sacrificio.<br />
Promette bene, non ti sembra, Maestro?».<br />
«Sì. Ma ha già predicato più volte. Anche a Giuda di Simone…».<br />
«…al quale sembra che il Signore faccia parlare dei bambini… Forse per impedire<br />
vendette da parte di lui…».<br />
«Vendette no… Non credo giunga a tanto. Ma reazioni vivaci, sì. La verità non<br />
l’ama chi merita rimprovero… Eppure va detta…». Gesù sospira.<br />
Simone l’osserva, poi chiede: «Maestro, dimmi il vero. Tu lo hai allontanato, e<br />
hai preso la decisone di mandare tutti a casa per le Encenie, per impedire che<br />
Giuda sia in Galilea ora. Non ti chiedo e non voglio Tu mi dica il perché è bene<br />
che l’uomo di Keriot non sia fra noi. Mi basta sapere se ho indovinato. Tutti lo<br />
pensiamo, sai? Lo stesso Tommaso. E mi ha detto: “Io vado senza reagire perché<br />
capisco che c’è sotto un motivo serio”. E ha aggiunto: “E il Maestro fa bene a<br />
fare come fa. Troppi Nahum, Sadoc, Giocana e Eleazar nelle amicizie di Giuda…”.<br />
Non è stupido Tommaso!… E non è cattivo, sebbene molto uomo. Nel suo affetto per<br />
Te è molto sincero…».<br />
«Lo so. Ed è vero ciò che avete pensato. Presto ne saprete la ragione…».<br />
«Non te la chiediamo».<br />
«Ma Io avrò a chiedervi aiuto e ve la dovrò dire».<br />
5Torna di corsa Marziam: «Maestro, là, dove finisce il sentiero nella strada,<br />
c’è tuo cugino Simone, tutto sudato come chi ha corso molto. Mi ha chiesto:<br />
“Dove è Gesù?”. Ho risposto: “Qui dietro a me, con Simone Zelote”. Mi ha detto:<br />
“Passa di qui?”. “Certo” ho risposto, “di qui si passa per tornare a casa, a<br />
meno di non fare come gli uccelli che volano e vanno da tutte le parti per<br />
tornare al nido. Lo vuoi?” ho chiesto anche. Tuo fratello è rimasto incerto.<br />
Eppure ti vuole, ne sono sicuro».<br />
«Maestro, ha già visto sua moglie… Facciamo così. Io e Marziam ti lasciamo<br />
libero. Gireremo dietro a Nazaret. Tanto… non abbiamo fretta di arrivare… E Tu<br />
vai dalla via giusta».
«Sì. Grazie Simone. Addio a tutti e due».<br />
Si separano e Gesù accelera il passo verso la via maestra.<br />
6Ecco Simone, addossato ad un tronco, che ansa e si asciuga il sudore. Come vede<br />
Gesù, alza le braccia… e poi le lascia ricadere e abbassa il capo, avvilito.<br />
Gesù lo raggiunge e gli posa una mano sulla spalla chiedendo: «Che vuoi, Simone,<br />
da Me? Farmi felice con una tua parola d’amore, che Io attendo da molti<br />
giorni?».<br />
Simone abbassa ancora di più il capo e tace…<br />
«Parla, dunque. Sono forse un estraneo per te? No, che in verità tu sei sempre<br />
il mio buon fratello Simone, ed Io per te il piccolo Gesù che tu portavi in<br />
braccio a fatica, ma con tanto amore, quando tornammo a Nazaret».<br />
L’uomo si copre il viso con le mani e scivola in ginocchio gemendo: «Oh! mio<br />
Gesù! Sono io il colpevole, ma sono punito abbastanza…».<br />
«Su, alzati! Siamo parenti. Su! Che vuoi?».<br />
«Il mio bambino! È…», il pianto lo strozza.<br />
«Il tuo bambino? Ebbene?».<br />
«È proprio morente. E con lui muore anche l’amore di Salome… ed io resto con due<br />
rimorsi: di avere perduto il figlio e la moglie insieme… Questa notte ho creduto<br />
fosse proprio già morto e lei mi pareva una iena. Mi urlava in volto: “Assassino<br />
di tuo figlio!”. Ho pregato che ciò non fosse, giurando a me stesso di venire da<br />
Te, se il bambino riprendeva, anche a costo di essere cacciato - me lo merito,<br />
del resto - per farti sapere che Tu solo puoi impedire la mia sventura.<br />
All’aurora il bambino ha ripreso un poco… 7Sono fuggito dalla mia casa, venendo<br />
alla tua da dietro la città per non trovare ostacoli… Ho bussato. Maria mi ha<br />
aperto stupita. Avrebbe potuto trattarmi male. Ma ha solo detto: “Che hai,<br />
povero Simone?” E mi ha accarezzato come fossi ancora un bambino… Questo mi ha<br />
fatto piangere molto. E la superbia, la titubanza sono finite così. Non è<br />
possibile che sia vero ciò che ci ha detto Giuda, il tuo apostolo, non mio<br />
fratello. Questo a Maria non l’ho detto, ma me lo dico, battendomi il petto e<br />
dicendomi ogni contumelia, da quel momento. A Lei ho detto: “C’è Gesù? È per<br />
Alfeo. Mi nuore…”. Maria mi ha detto: “Corri! È verso Cana col bambino e un<br />
apostolo. Sulla strada di Cana. Ma fa’ presto! È uscito all’aurora. Starà per<br />
tornare. Io pregherò perché tu lo trovi”. Non una parola di rimprovero, non una,<br />
per me che ne merito tante!».<br />
«Neppure Io ti rimprovero. Ma ti apro le braccia per…».<br />
«Ohimé! Per dirmi che Alfeo è morto!…».<br />
«No. Per dirti che ti voglio bene».<br />
«Vieni, allora! Presto! Presto!…».<br />
«No. Non occorre».<br />
«Non vieni? Ah! non perdoni? O Alfeo è morto? Ma anche se lo è, Gesù, Gesù,<br />
Gesù, Tu che resusciti i morti, rendimi la mia creatura! Oh! Gesù buono!… Oh!<br />
Gesù santo!… Oh! Gesù che io ho abbandonato!… Oh! Gesù, Gesù” Gesù…».<br />
Il pianto dell’uomo empie la via solitaria mentre egli, in ginocchio di nuovo,<br />
brancica convulso la veste di Gesù o gli bacia i piedi, nel tormento del<br />
dolore, del rimorso, dell’amore paterno…<br />
8«Non sei passato da casa prima di venire qui?»<br />
«No. Sono corso come un pazzo sin qua… Perché? C’è altro dolore? Salome è già<br />
fuggita? È divenuta folle? Lo pareva già questa notte…».<br />
«Salome mi ha parlato. Ha pianto, ha creduto. Vai a casa, Simone, tuo figlio è<br />
guarito».<br />
«Tu!… Tu! Tu hai fatto questo, per me che ti ho offeso credendo a quel<br />
serpente? Oh! Signore! Io non sono degno di tanto! Perdono! Perdono! Perdono!<br />
Dimmi cosa vuoi che ti faccia per riparare, per dirti che ti amo, per<br />
persuaderti che soffrivo a fare il sostenuto, per dirti che da quando sei qui,<br />
anche prima che Alfeo fosse tanto malato, io desideravo parlarti…! Ma…Ma…»<br />
«Lascia andare. Tutte cose passate. Io non le ricordo più. Fa’ tu lo stesso. E<br />
dimentica anche le parole di Giuda di Keriot. È un ragazzo. Da te voglio solo<br />
questo: che tu, né ora né mai, ripeta quelle parole ai miei discepoli, ai miei<br />
apostoli e men di tutti a mia Madre. Questo solo. Ora va’, Simone, alla tua<br />
casa. Va’. Sii in pace… Non tardare a godere della gioia che empie la tua<br />
dimora. Va’». Lo bacia e sospinge dolcemente verso Nazaret.<br />
«Tu non vieni con me?».<br />
«Io ti attendo a casa mia, con Salome ed Alfeo. Va’. E ricordati che è per tua<br />
moglie, che ha saputo credere solo alla verità, che tu hai la gioia attuale. Per
lei».<br />
«Vuoi dire che a me…».<br />
«No. Voglio dire che ho saputo sentire il pentimento in te. E pentimento ti è<br />
venuto per il grido accusatore di lei… Veramente Dio grida per la bocca dei<br />
buoni, e richiama, e consiglia!… E ho visto la fede umile e forte di Salome.<br />
Vai, ti dico. Non tardare oltre a dirle “grazie”».<br />
Quasi lo spinge rudemente per persuaderlo ad andare. E quando Simone finalmente<br />
va, lo benedice… e poi crolla il capo, in un muto soliloquio, e lacrime lente<br />
scorrono per il viso pallido… Una sola parola dà l’indirizzo del suo pensiero:<br />
«Giuda!»…<br />
Si avvia per la stessa stradetta presa dallo Zelote, dietro il limite della<br />
città, diretto verso casa.<br />
136.Con Pietro, a Nazareth, Gesù organizza la partenza di Giovanni di Endor e<br />
Sintica.<br />
22 ottobre 1945.<br />
1È mattina inoltrata quando Pietro arriva, solo ed inaspettato, alla casa di<br />
Nazaret. È carico come un facchino di ceste e sacchette. Ma è così felice che<br />
non sente peso e fatica.<br />
A Maria, che gli va ad aprire, dedica un sorriso beato e un saluto gioioso e<br />
venerabondo insieme. Poi chiede: «Dove è il Maestro, e Marziam?».<br />
«Sono sul ciglione, sopra la grotta, ma verso la casa d’Alfeo. Credo che Marziam<br />
colga ulive, e Gesù certo medita. Ora li chiamo».<br />
«Ci penso io».<br />
«Liberati da tutti quei pesi, almeno».<br />
«No, no. Sono sorprese per il bambino Mi piace vederlo sgranare gli occhi e<br />
frugare con ansia… Le sue felicità, povero bambino mio».<br />
Esce nell’orto, va sotto il ciglio, si nasconde ben bene nell’incavo della gotta<br />
e poi grida, alterando un poco la voce: «La pace a Te, Maestro», e poi a voce<br />
naturale: «Marziam!…».<br />
La vocetta di Marziam, che empiva di esclamazioni l’aria quieta, si tace… Una<br />
pausa, poi la vocetta quasi da bambina del ragazzo chiede: «Maestro, ma non era<br />
il padre mio questo che mi ha chiamato?».<br />
Forse Gesù era tanto immerso nei suoi pensieri che non ha sentito nulla e lo<br />
confessa, semplicemente.<br />
Pietro chiama di nuovo: «Marziam!», e poi ride della sua aperta risata.<br />
«Oh! È proprio lui! Padre! Padre mio! Dove sei?». Si spenzola per guardare<br />
nell’orto. Ma non vede nulla…<br />
Anche Gesù si fa avanti e guarda… Vede Maria che sorride sulla porta e Giovani e
Sintica che la imitano dalla stanza in fondo all’orto, presso il forno.<br />
Ma Marziam rompe gli indugi e si butta giù dal balzo, proprio vicino alla<br />
grotta, e Pietro è pronto ad afferrarlo prima che tocchi terra. È commovente il<br />
saluto dei due. Gesù, Maria e i due in fondo all’orto l’osservano sorridendo, e<br />
poi si fanno tutti vicini al gruppetto d’amore.<br />
2Pietro si libera come può dalla stretta del ragazzo per inchinarsi a Gesù<br />
salutandolo di nuovo. E Gesù lo abbraccia, abbracciando insieme il bambino, che<br />
non si svincola dall’apostolo, e che chiede: «E la madre?».<br />
Ma Pietro risponde a Gesù che gli dice: «Perché sei venuto tanto presto?».<br />
«E ti pareva che potessi stare tanto tempo senza vederti? E poi… Eh! e poi c’è<br />
Porfirea che non mi dava bene: “Va’ a vedere Marziam. Portagli questo. Portagli<br />
quello”. Pareva che sapesse Marziam fra i ladroni o in un deserto. L’altra notte<br />
poi si è alzata a fare le focacce apposta e, appena cotte che furono, mi fece<br />
partire…».<br />
«Uh! Le focacce!…» grida Marziam. Ma poi si zittisce.<br />
«Sì. Sono qui dentro con i fichi seccati nel forno e le ulive e le mele rosse. E<br />
poi ti ha fatto un pane unto. E poi ti ha mandato le formaggelle delle tue<br />
pecorine. E poi c’è una veste che non prende acqua. E poi, e poi… Non so che<br />
altro. Come? Non hai più fretta? Quasi piangi? Oh! Perché?».<br />
«Perché preferivo mi portassi lei a tutte queste cose… Le voglio bene, sai,<br />
io!».<br />
«Oh! divina Misericordia! Ma chi lo avrebbe pensato?! Se ci fosse lei a<br />
sentirti si scioglierebbe come il burro…».<br />
«Marziam ha ragione. Potevi venire con lei. Certo desidera vederlo dopo tanto<br />
tempo. Noi donne siamo così coi nostri bambini…» dice Maria.<br />
«Bene… Ma fra poco lo vedrà, non è vero, Maestro?».<br />
«Sì. Dopo le Encenie, quando noi andremo via… Ma anzi… Sì, quando tornerai, dopo<br />
le Encenie, verrai con lei. Starà con lui qui qualche giorno e poi torneranno<br />
insieme a Betsaida».<br />
«Oh! che bello! Qui con due madri!». Il bambino è rasserenato e felice.<br />
3Entrano tutti in casa e Pietro si scarica dei suoi fagotti.<br />
«Ecco: pesce secco, in salamoia, e fresco. Farà comodo a tua Madre. Ecco quel<br />
formaggio tenero che ti piace tanto, Maestro. E qui uova per Giovani. Speriamo<br />
non si siano rotte… No. Meno male. E poi uva. Me l’ha data Susanna a Cana, dove<br />
ho dormito. E poi… Ah! questo poi! Guarda, Marziam, come è biondo. Sembra fatto<br />
dei capelli di Maria»… E apre un orciolo pieno di miele filante.<br />
«Ma perché tanta roba? Ti sei sacrificato, Simone» dice Maria davanti a fagotti<br />
e fagottelli, vasi ed orci che coprono la tavola.<br />
«Sacrificato? No. Ho pescato molto e con molto utile. Questo per il pesce. Per<br />
il resto, roba di casa. Non costa nulla e dà in compenso tanta gioia a portarla.<br />
E poi… Sono le Encenie ormai… È uso No?! Non assaggi il miele?».<br />
«Non posso» dice serio Marziam.<br />
«Perché? Stai male?».<br />
«No. Ma non posso mangiarlo».<br />
«Ma perché?».<br />
Il bambino diventa rosso ma non risponde. Guarda Gesù e tace. Gesù sorride e<br />
spiega: «Marziam ha fatto un voto per ottenere una grazia. Non può prendere<br />
miele per quattro settimane».<br />
«Ah! bene! Lo mangerai dopo… Prendi il vaso lo stesso… Ma guarda! Non lo credevo<br />
così….. così…».<br />
«Così generoso, Simone. Chi si inizia alla penitenza da bambino troverà facile<br />
il cammino della virtù per tutta la vita» dice Gesù, mentre il bambino va via<br />
col suo vasetto tra le mani.<br />
Pietro lo guarda andare, ammirato. Poi chiede: «Lo Zelote non c’è?».<br />
«È da Maria d’Alfeo. Ma presto verrà. Questa sera dormirete insieme. 4Vieni di<br />
là, Simon Pietro».<br />
Escono mentre Maria e Sintica mettono in ordine la stanza invasa di fagotti.<br />
«Maestro… Io sono venuto per vedere Te e il bambino. È vero. Ma anche perché ho<br />
molto pensato in questi giorni, specie dopo la venuta di tre calabroni velenosi…<br />
ai quali ho detto più bugie che non ci siano pesci in mare. Ora stanno andando<br />
al Getsemani credendo di trovarci Giovanni di Endor, e poi vanno da Lazzaro<br />
sperando di trovarci Sintica e anche Te. Camminino pure!… Ma poi torneranno e…<br />
Maestro, ti vogliono dare delle noie per quei due infelici…».<br />
«Ho già provveduto a tutto, da mesi. Quando essi torneranno alla ricerca di
questi due perseguitati non li troveranno più, in nessun posto della Palestina.<br />
Vedi questi cofani? Sono per loro. Hai visto tutte quelle vesti piegate presso<br />
il telaio? Sono per loro. Sei sbalordito?».<br />
«Sì, Maestro. Ma dove li mandi?».<br />
«Ad Antiochia».<br />
Pietro fa una fischiatina significativa e poi chiede: «E da chi? e come ci<br />
vanno?».<br />
«In una casa di Lazzaro. L’ultima che Lazzaro abbia là dove suo padre governò in<br />
nome di Roma. E ci andranno per mare…».<br />
«Ah! Ecco! Perché se Giovanni doveva andarci con le sue gambe…».<br />
«Per mare. 5Ho piacere anche Io di poterti parlare. Avrei mandato Simone a<br />
dirti: “Vieni”, per preparare tutto. Ascolta. Due o tre giorni dopo le Encenie<br />
noi partiremo di qui alla spicciolata per non dare nell’occhio. Della comitiva<br />
faranno parte Io, te, tuo fratello, Giacomo e Giovanni e i miei due fratelli,<br />
più Giovanni e Sintica. Andremo a Tolemaide. Da lì, con una barca, tu li<br />
accompagnerai a Tiro. Lì prenderete posto su di una nave che va ad Antiochia,<br />
come se foste proseliti che tornano alle loro case. Poi tornerete indietro e mi<br />
troverete ad Aczib. Sarò in cima al monte ogni giorno, e del resto lo spirito vi<br />
guiderà…».<br />
«Come? Tu non vieni con noi?».<br />
«Sarei troppo notato. Voglio dare pace allo spirito di Giovanni».<br />
«E come faccio io, che non sono mai andato fuori di qui?!»<br />
«Non sei un pargolo… e presto dovrai andare molto più lontano di Antiochia. Mi<br />
fido di te. Vedi che ti stimo…».<br />
«E Filippo e Bartolomeo?».<br />
«Ci verranno incontro a Jotapata, evangelizzando in nostra attesa. Scriverò<br />
loro e tu porterai loro la lettera».<br />
«E… quei due là lo sanno già il loro destino?».<br />
«No. Faccio far loro la festa in pace…».<br />
«Uhm! Poveretti! Guarda qui se uno deve essere perseguitato da delinquenti<br />
d’anima e…».<br />
«Non ti sporcare la bocca, Simone».<br />
«Sì, Maestro… Senti… Però come facciamo a portare questi cofani? E a portare<br />
Giovanni? Mi sembra proprio molto malato».<br />
«Prenderemo un asino».<br />
«No. Prenderemo un carretto».<br />
«E chi lo guida?»<br />
«Eh! se Giuda di Simone ha imparato a remare, Simone di Giona imparerà a<br />
guidare. Non deve poi essere cosa difficile condurre per la briglia un asino!<br />
Sul carretto ci mettiamo i cofani e quei due… e noi si va a piedi. Sì, sì! È<br />
bene fare così, credilo!».<br />
«E il carretto chi ce lo dà? Ricordati che non voglio che sia notata la<br />
partenza».<br />
Pietro pensa… Decide: «Hai denaro?».<br />
«Sì. Molto ancora dei gioielli di Misace».<br />
«Allora tutto è facile. Dammi una somma. Prenderò asino e carro da qualcuno e…<br />
sì, sì… dopo regaleremo l’asino a qualche infelice e il carretto… vedremo… Ho<br />
fatto bene a venire. E devo proprio tornare con la sposa?».<br />
«Sì. È bene».<br />
«E bene sarà. 6Ma quei due poverini! Mi spiace, ecco, non avere più Giovanni con<br />
noi. Già l’avremmo per poco… Ma, poveretto! Poteva morire qui, come Giona…».<br />
«Non glielo avrebbero permesso. Il mondo odia chi si redime».<br />
«Si mortificherà…».<br />
«Troverò un argomento per farlo partire sollevato».<br />
«Quale?».<br />
«Lo stesso che ha servito per mandare via Giuda di Simone: quello di lavorare<br />
per Me».<br />
«Ah!… Soltanto che in Giovanni sarà santità, ma in Giuda è solo superbia».<br />
«Simone, non mormorare».<br />
«Più difficile che far cantare un pesce! È verità, Maestro, non è mormorazione…<br />
Ma mi pare sia venuto Simone coi tuoi fratelli. Andiamo di là».<br />
«Andiamo. E silenzio con tutti».<br />
«Me lo dici? Non posso tacere la verità quando parlo, ma so tacere del tutto se<br />
voglio. E voglio. L’ho giurato a me stesso. Io andare fino ad Antiochia! In capo
al mondo! Oh! Non vedo l’ora di essere tornato! Non dormirò più finché tutto non<br />
è fatto…».<br />
Escono e non so più niente.<br />
Indice del Volume Sesto<br />
* = in linea<br />
*<br />
364. Al Tempio. Preghiera universale e parabola del figlio vero e dei figli<br />
bastardi<br />
365. L’insidia dell’Iscariota all’innocenza di Marziam. Un nuovo discepolo,<br />
fratello di latte di Gesù. A Betania, da Lazzaro malato.<br />
366. Anastatica tra le discepole. Le lettere da Antiochia.<br />
367. Giovedì avanti Pasqua. Preparativi nel Getsemani.<br />
368. Giovedì avanti Pasqua. A Gerusalemme a nel Tempio.<br />
369. Giovedì avanti Pasqua. Parabola della lebbra delle case.<br />
370. Giovedì avanti Pasqua. A1 convito dei poveri nel palazzo di Cusa.<br />
371. Giovedì avanti Pasqua. A sera nel palazzo di Lazzaro.<br />
372. Giorno di Parasceve. Il risveglio nel palazzo di Lazzaro.<br />
373. Giorno di Parasceve. Al Tempio.<br />
374. Giorno di Parasceve. Per le vie di Gerusalemme a nel sobborgo di Ofel.<br />
375. La cena rituale in casa di Lazzaro e il banchetto sacrilego in casa di<br />
Samuele.<br />
376. Lezione sulla salvezza operata dai santi e condanna per il Tempio<br />
corrotto.<br />
377. Parabola dell’acqua a del giunco per Maria di Magdala, che ha scelto la<br />
parte migliore.<br />
378. La parabola degli uccelli, contestata da giudei nemici che tendono un<br />
tranello.<br />
379. Una premonizione dell’apostolo Giovanni.<br />
380. L’amore degli apostoli dalla contemplazione all’azione.<br />
*<br />
381. La parabola del fattore infedele e accorto. Ipocrisia dei<br />
farisei e conversione di un esseno.<br />
382. Una sosta in casa di Niche.<br />
383. Discorso sulla morte presso il guado del Giordano.<br />
384. Il vecchio Anania, custode della casetta di Salomon.<br />
385. Parabola del quadrivio e miracoli presso il paese di Salomon.<br />
386. Verso la sponda occidentale del Giordano.<br />
387. A Galgala. Il mendico Ogla e gli scribi tentatori. Gli apostoli<br />
paragonati alle dodici pietre del prodigio di Giosuè.<br />
388. Esortazione a Giuda Iscariota che andrà a Betania con Simone Zelote.<br />
389. Arrivo ad Engaddi con dieci apostoli.<br />
390. La fede di Abramo d’Engaddi e la parabola del seme di palma.<br />
391. Guarigione del lebbroso Eliseo d’Engaddi.<br />
392. L’ostilità di Masada, città-fortezza.<br />
393. Nella casa di campagna di Maria di Keriot.<br />
394. Parabola delle due volontà e commiato dai cittadini di Keriot.<br />
395. Le due madri infelici di Keriot. Addio alla madre di Giuda.<br />
396. A Jutta, con i bambini. La mano risanatrice di Gesù.<br />
397. Commiato dai fedeli di Jutta.<br />
398. Discorso di commiato a Ebron e le illusioni di Giuda Iscariota.<br />
399. Discorso di commiato a Betsur e amore materno di Elisa.<br />
400. A Bétèr da Giovanna di Cusa, che parla del danno provocato dall’Iscariota
presso Claudia.<br />
401. Pietro e Bartolomeo a Bétèr per un grave motivo. Estasi della scrittrice.<br />
402. Giuda Iscariota si sente scoperto nel discorso di commiato a Bétèr.<br />
403. Simone di Giona in una sua lotta e vittoria spirituale.<br />
404. In cammino verso Emmaus della pianura.<br />
405. Il riposo in un fienile e il discorso presso Emmaus della pianura.<br />
Il piccolo Micael.<br />
406. A Joppe. Predica inutile a Giuda di Keriot e dialogo sull’anima con<br />
alcuni Gentili.<br />
407. Nelle campagne di Nicodemo. La parabola dei due figli.<br />
408. Moltiplicazione del grano nelle campagne di Giuseppe d’Arimatea.<br />
409. Il dramma familiare del sinedrista Giovanni.<br />
410. Provocazioni di Giuda Iscariota nel gruppo apostolico.<br />
411. Una lezione tratta dalla natura e spigolatura miracolosa per una<br />
vecchietta. Come aiutare chi si ravvede.<br />
412. Elogio del giglio delle convalli, simbolo di Maria, e sacrificio di<br />
Pietro per il bene di Giuda.<br />
413. Arrivo a Gerusalemme per la Pentecoste e disputa con i dottori nel Tempio.<br />
414. Invettiva contro farisei e dottori al convito in casa del sinedrista<br />
Elchia.<br />
415. Breve sosta a Betania.<br />
416. Un mendico samaritano sulla via di Gerico.<br />
417. Storia di Zaccaria lebbroso 2 conversione di Zaccheo pubblicano.<br />
418. Guarigione del discepolo Giuseppe, ferito al capo e ricoverato nella<br />
casetta di Salomon.<br />
419. Guarigioni in un paesello della Decapoli. Parabola dello scultore e<br />
delle statue.<br />
420. Guarigione di un indemoniato completo. La vocazione della donna all’amore.<br />
421. L’indemoniato guarito, i farisei e la bestemmia contro lo Spirito Santo.<br />
422. Malumori dell’Iscariota, che provoca la lezione sui doveri e sui servi<br />
inutili.<br />
423. Partenza dell’Iscariota, che provoca la lezione sull’amore a sul perdono.<br />
424. Pensieri di gloria a di martirio alla vista della costa mediterranea.<br />
425. A Cesarea Marittima. Romani gaudenti e parabola dei figli che hanno<br />
sorti diverse.<br />
426. Con le romane a Cesarea Marittima. Profezia in Virgilio. La giovane<br />
schiava salvata.<br />
427. Aurea Galla istruita da Bartolomeo.<br />
428. Parabola della vigna e del vignaiolo, figure dell’anima e del libero<br />
arbitrio.<br />
429. Con Giuda Iscariota nella pianura di Esdrelon.<br />
430. Il nido caduto e lo scriba crudele. La lettera e lo spirito della Legge.<br />
431. Tommaso prepara l’incontro di Gesù con i contadini di Giocana.<br />
432. Con i contadini di Giocana, presso Sefori.<br />
Maria Valtorta<br />
L’evangelo<br />
come mi è stato rivelato
VOLUME SESTO<br />
364. Tempio. Preghiera universale e parabola del figlio vero e dei figli<br />
bastardi.<br />
1° gennaio 1946 - ore 6,35 antimeridiane.<br />
1Dice Gesù:<br />
«Alzati, Maria. Santifichiamo il giorno con una pagina di Vangelo. Perché la mia<br />
Parola è santificazione. Vedi, Maria. Perché vedere i giorni di Cristo sulla<br />
terra è santificazione. Scrivi, Maria. Perché scrivere del Cristo è<br />
santificazione, perché ripetere ciò che dice Gesù è santificazione, perché<br />
predicare Gesù è santificazione, perché istruire i fratelli è santificazione. Ti<br />
sarà data grande ricompensa per questa carità».<br />
2Gesù ha lasciato Rama (visione del 17-12-45) ed è già in vista di Gerusalemme.<br />
Procede, come lo scorso anno, cantando i salmi prescritti. Molti, sulla strada<br />
affollata, si voltano a guardare il gruppo apostolico che passa. Chi saluta<br />
reverente; chi si limita a sogguardare, sorridendo con venerazione, e queste<br />
sono per lo più donne; chi osserva soltanto; chi ha un sorrisetto ironico e<br />
sprezzante; e chi, infine, passa con sussiego e con palese malanimo. Gesù va<br />
tranquillo nella sua veste pulita e buona. Come tutti, anche Lui si è mutato per<br />
entrare in ordine e, direi, in eleganza nella città santa.<br />
Anche Marziam quest’anno è all’altezza del momento nelle sue vesti nuove e<br />
cammina a fianco di Gesù, cantando a tutta gola con la sua voce in verità un<br />
poco aspretta perché non ancora virile. Ma il suo tono imperfetto si perde nel<br />
coro pieno delle voci dei compagni, e solo emerge limpido come tinnulo d’argento<br />
negli acuti che egli emette ancora con voce bianca e sicura. È felice, Marziam…<br />
In una pausa dei canti, mentre, già in vista della porta di Damasco - perché<br />
entrano di lì per andare subito al Tempio - sostano in attesa che passi una<br />
pomposa carovana che tiene tutta la via e fa ingorgo, di modo che chi è prudente<br />
si ferma ai margini della strada, Marziam chiede: «Signor mio, non dirai<br />
un’altra bella parabola per il tuo figlio lontano? Vorrei unirla agli altri<br />
scritti che ho; perché certo troveremo a Betania i suoi messi e le sue notizie.<br />
Ed io mi struggo di dare a lui una gioia, secondo che gli ho promesso e che il<br />
suo cuore ed il mio cuore vogliamo...».<br />
«Sì, figlio mio. Certo che te la darò».<br />
«Una proprio che lo consoli, che gli dica che egli è sempre il tuo amato…».<br />
«Così dirò. E ne avrò gioia perché sarà verità detta».<br />
«Quando la dirai, Signore?».<br />
«Subito. Andremo subito al Tempio come è dovere, e là parlerò prima che mi si<br />
impedisca di farlo».<br />
«E parlerai per lui?».<br />
«Sì, figlio mio».<br />
«Grazie, Signore! Deve essere doloroso tanto essere separato così…» dice<br />
Marziam, che ha quasi un luccichio di pianto negli occhi neri.<br />
Gesù gli pone la mano sui capelli 3e si volta ad accennare ai dodici di<br />
accostarsi per riprendere la marcia. I dodici, infatti, si erano fermati ad<br />
ascoltare alcuni, non so se credenti nel Maestro o desiderosi di conoscerlo, che<br />
si erano fermati anche loro per la stessa causa che aveva arrestato Gesù e i<br />
suoi.<br />
«Veniamo, Maestro. Ascoltavamo costoro, fra i quali sono proseliti venuti da<br />
lontano, i quali chiedevano dove ti avrebbero potuto avvicinare» dice Pietro<br />
accorrendo.<br />
«Per quale motivo lo desiderano?».<br />
E Pietro, ora al fianco di Gesù che riprende il cammino, dice: «Per volontà di<br />
udire la tua parola e per essere guariti da alcuni malanni. Vedi quel carro<br />
coperto, dopo il loro? Vi sono proseliti della Diaspora, venuti per mare o con<br />
lungo viaggio, spinti dalla fede in Te, oltre che dal rispetto alla Legge, a<br />
fare questo viaggio. Ve ne sono di Efeso, Perge e Iconio, e ve ne è uno, povero,<br />
di Filadelfia, che essi, ricchi mercanti per lo più, hanno accolto nel carro per<br />
pietà, pensando propiziarsi il Signore».<br />
«Marziam, va’ a dire loro di seguirmi nel Tempio. E avranno questo e quello:<br />
salute all’anima con la parola e salute ai corpi se sapranno aver fede».
Il giovinetto se ne va svelto. Ma dai dodici sale un coro di disapprovazioni per<br />
«l’imprudenza» di Gesù che vuole mettersi in evidenza nel Tempio…<br />
«Andiamo apposta per mostrare loro che non ho paura. Per mostrare che nessuna<br />
minaccia mi può fare disubbidire al precetto. Ma non avete ancora capito il loro<br />
giuoco? Tutte queste minacce, tutti questi, solo in apparenza, amichevoli<br />
consigli, sono volti all’intento di farmi peccare, per poter avere un elemento<br />
vero di accusa. Non siate vili. Abbiate fede. Non è la mia ora».<br />
«Ma perché non vai prima a rassicurare tua Madre? Ti attende…» dice Giuda<br />
Iscariota.<br />
«No. Prima vado al Tempio, che, fino al momento segnato dall’Eterno per la nuova<br />
epoca, è la Casa di Dio. Mia Madre soffrirà meno, attendendomi, di quello che<br />
non soffrirebbe sapendomi a predicare nel Tempio. E in tal modo Io onorerò il<br />
Padre e la Madre, dando al Primo la primizia delle mie ore pasquali e alla<br />
seconda tranquillità. Andiamo, non temete. Del resto, chi ha paura vada al<br />
Getsemani a covare la sua paura fra le donne».<br />
Gli apostoli, sferzati da questa ultima osservazione, non parlano più. Si<br />
rimettono in fila, a file di tre per tre, e solo in quella dove è Gesù, la<br />
prima, sono in quattro, finché non viene Marziam a renderla di cinque, tanto che<br />
il Taddeo e lo Zelote si mettono dietro a Gesù lasciandolo al centro fra Pietro<br />
e Marziam.<br />
4Alla porta di Damasco vedono Mannaen. «Signore, ho pensato che era meglio farmi<br />
vedere per levare ogni dubbio sulla situazione. Ti assicuro che non c’è nulla,<br />
tolto il malanimo dei farisei e scribi, di pericoloso per Te. Puoi andare<br />
sicuro».<br />
«Lo sapevo, Mannaen. Ma ti sono grato. Vieni con Me al Tempio. Se non ti è di<br />
peso…».<br />
«Di peso? Ma per Te sfiderei tutto il mondo! Farei ogni fatica!».<br />
L’Iscariota borbotta qualcosa. Mannaen si volta risentito. Dice con voce sicura:<br />
«No, uomo. Non sono “parole”. Prego il Maestro di provare la mia sincerità».<br />
«Non ce ne è bisogno, Mannaen. Andiamo».<br />
Procedono fra l’ingorgo della folla e, giunti ad una casa amica, si liberano<br />
dalle sacche che Giacomo, Giovanni e Andrea depositano per tutti in un atrio<br />
lungo e oscuro, raggiungendo poi i compagni.<br />
5Entrano nel recinto del Tempio passando presso l’Antonia. I soldati romani<br />
guardano, ma non si muovono. Parlottano fra di loro. Gesù li osserva per vedere<br />
se c’è alcuno di sua conoscenza. Ma non vede ne Quintilliano né il milite<br />
Alessandro.<br />
Eccoli nel Tempio. Fra il brulichio poco sacro dei primi cortili dove sono<br />
mercanti e cambiavalute. Gesù guarda e freme. Impallidisce e pare alzarsi più<br />
ancora di statura, tanto è solenne il suo incedere severo.<br />
L’Iscariota lo tenta: «Perché non ripeti il gesto santo? Lo vedi? Se ne sono<br />
dimenticati… e la profanazione è di nuovo nella Casa di Dio. Non te ne accori?<br />
Non sorgi a difesa?». Il viso bruno e bello, ma ironico e falso nonostante ogni<br />
studio di Giuda per non farlo apparire tale, è persino volpino mentre, un poco<br />
curvo, come per venerabondo ossequio, dice queste parole a Gesù, scrutandolo da<br />
sotto in su.<br />
«Non è l’ora. Ma tutto ciò sarà purificato. E per sempre!...» dice reciso Gesù.<br />
Giuda ride lievemente e commenta: «Il “per sempre” degli uomini!! Molto<br />
precario, Maestro! Tu lo vedi!...».<br />
Gesù non gli risponde, intento come è a salutare da lontano Giuseppe d’Arimatea<br />
che passa avvolto nei suoi paludamenti, seguito da altri.<br />
Fanno le preghiere di rito e poi tornano al cortile dei Gentili, sotto i cui<br />
portici si affolla la gente.<br />
6I proseliti, incontrati per via, hanno sempre seguito Gesù. Hanno trascinato i<br />
loro malati con loro ed ora li adagiano all’ombra, sotto i portici, vicino al<br />
Maestro. Le loro donne, che li hanno attesi qui, si accostano piano piano. Tutte<br />
velate. Ma una è già seduta, forse perché malata, e le compagne la conducono<br />
presso gli altri malati. Altra gente si affolla intorno a Gesù. Vedo che c’è<br />
dello stupore e del disorientamento nei gruppi rabbinici e sacerdotali per<br />
l’aperta venuta e predicazione di Gesù.<br />
«La pace sia con voi, o voi tutti che ascoltate!<br />
La Pasqua santa riconduce i figli fedeli nella Casa del Padre. Sembra, questa<br />
nostra Pasqua benedetta, una madre sollecita del bene dei figli, la quale li<br />
appelli a gran voce perché vengano, vengano da ogni dove, lasciando in sospeso
ogni cura per una cura più grande. L’unica veramente grande ed utile. Quella di<br />
onorare il Signore e Padre. Da questo si capisce come siamo fratelli; e da<br />
questo, con testimonianza soave, sorge l’ordine e l’impegno di amare il prossimo<br />
come se stessi. Non ci siamo mai visti? Ci ignoravamo? Sì. Ma se qui siamo,<br />
perché figli di un unico Padre che ci vuole nella sua Casa al banchetto<br />
pasquale, ecco che, se non coi sensi materiali, certo con la parte superiore,<br />
noi sentiamo di essere uguali, fratelli, venuti da Un solo, e ci amiamo perciò<br />
come fossimo cresciuti insieme. Anticipo, questa nostra unione di amore,<br />
dell’altra più perfetta che godremo nel Regno dei Cieli, sotto lo sguardo di<br />
Dio, tutti abbracciati dal suo Amore: Io Figlio di Dio e dell’uomo, con voi,<br />
uomini figli di Dio; Io, Primogenito, con voi, fratelli amati oltre ogni umana<br />
misura, sino a farmi Agnello per i peccati degli uomini.<br />
Ma noi, che godiamo al momento presente la nostra fraterna unione nella Casa del<br />
Padre, ricordiamoci anche dei lontani, che pure ci sono fratelli: nel Signore o<br />
nell’origine. Abbiamoli in cuore. Portiamoli nel nostro cuore, essi, gli<br />
assenti, davanti all’altare santo. Preghiamo per loro, raccogliendo con lo<br />
spirito le loro voci lontane, le loro nostalgie di essere qui, i loro aneliti. E<br />
come raccogliamo questi aneliti coscienti degli israeliti lontani, raccogliamo<br />
anche quelli delle anime che appartengono a uomini che neppur sanno di avere<br />
un’anima e di essere figli di Un solo. Tutte le anime del mondo gridano nelle<br />
prigioni dei corpi verso l’Altissimo. In buia carcere gemono verso la Luce. Noi,<br />
che nella luce della fede vera siamo, abbiamo misericordia di loro. 7Oriamo:<br />
Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato da tutta l’umanità il tuo Nome!<br />
Conoscerlo è avviarsi alla santità. Fa’ che i gentili e i pagani conoscano<br />
questa tua esistenza, o Padre santo, e come i tre saggi di un tempo, ormai<br />
lontano ma non inerte, perché nulla è inerte di ciò che ha attinenza<br />
coll’avvento della Redenzione nel mondo, vengano a Dio, a Te, Padre, guidati<br />
dalla Stella di Giacobbe, dalla Stella del Mattino, dal Re e Redentore della<br />
stirpe di Davide, dal tuo Unto, già offerto e consacrato per essere Vittima per<br />
i peccati del mondo.<br />
Venga il tuo Regno in ogni luogo della terra dove ti si conosce e ama, dove<br />
ancora non ti si conosce. E venga soprattutto a quelli, i tre volte peccatori,<br />
che pur conoscendoti non ti amano nelle tue opere e manifestazioni di luce, e<br />
cercano respingere e soffocare la Luce venuta nel mondo, perché sono anime di<br />
tenebre che preferiscono le opere di tenebre, e non sanno che voler soffocare la<br />
Luce del mondo è fare offesa a Te stesso, perché Tu sei Luce Ss. e Padre di<br />
tutte le luci, cominciando da quella che si è fatta Carne e Parola per portare<br />
la tua luce a tutti gli animi di buona volontà.<br />
Sia fatta, Padre Ss., la tua volontà da ogni cuore che è nel mondo, si salvi<br />
cioè ogni cuore, e per nessuno sia senza frutto il sacrificio della Gran<br />
Vittima, perché questa è la tua volontà: che l’uomo si salvi e goda di Te, Padre<br />
santo, dopo il perdono che sta per essere dato.<br />
Dàcci i tuoi aiuti, o Signore; tutti i tuoi aiuti. E dàlli a tutti quelli che<br />
attendono, a quelli che non sanno di attendere, dàlli ai peccatori col<br />
pentimento che salva, dàlli ai pagani con la ferita della tua chiamata che<br />
scuote, dàlli agli infelici, dàlli ai reclusi, agli esiliati, ai malati di corpo<br />
o di spirito, dàlli a tutti, Tu che sei il Tutto, perché il tempo della<br />
Misericordia è venuto.<br />
Perdona, o Padre buono, i peccati dei tuoi figli. Di quelli del tuo popolo, che<br />
sono i più gravi, di quelli dei colpevoli di voler stare nell’errore, mentre il<br />
tuo amore di predilezione proprio a questo popolo ha dato la Luce. E dà il<br />
perdono a quelli che abbrutisce un paganesimo corrotto che insegna il vizio, e<br />
che affogano nella idolatria di questo paganesimo pesante e mefitico, mentre fra<br />
essi sono anime di prezzo esse pure, e che Tu ami avendole create. Noi<br />
perdoniamo, Io per primo perdono perché Tu possa perdonare, e sulla debolezza<br />
delle creature invochiamo la tua protezione perché liberi dal Principio del<br />
Male, dal quale vengono tutti i delitti, tutte le idolatrie, tutte le colpe,<br />
tentazioni e errori, i tuoi creati. Liberali, o Signore, dal Principe orrendo,<br />
perché possano venire alla Luce eterna».<br />
8La gente ha seguito attenta questa solenne orazione. Si sono accostati rabbi<br />
famosi, fra i quali, tenendosi pensosamente il mento barbuto, è anche<br />
Gamaliele... E si sono accostate un gruppo di donne, tutte avvolte in mantelli<br />
con una specie di cappuccio che ne vela i volti. E i rabbi si sono scostati<br />
sdegnosi… E sono accorsi, attirati dalla notizia che il Maestro è giunto, molti
discepoli fedeli, fra i quali Erma, Stefano, il sacerdote Giovanni. E poi<br />
Nicodemo e Giuseppe, inseparabili, e altri amici loro che mi pare di avere già<br />
visto.<br />
Nella pausa che succede all’orazione del Signore, che si raccoglie in Sé,<br />
solennemente austero, si sente Giuseppe d’Arimatea dire: «Ebbene, Gamaliele? Non<br />
ti pare questa, ancora non ti pare questa, parola del Signore?».<br />
«Giuseppe, mi fu detto: “Queste pietre fremeranno al suono delle mie parole”»<br />
risponde Gamaliele.<br />
Stefano, irruente, grida: «Compi il prodigio, o Signore! Ordina, ed esse si<br />
scardineranno! Crollasse l’edifizio, ma sorgessero nei cuori le muraglie della<br />
tua Fede, grande dono sarebbe! Fàllo al mio maestro!».<br />
«Bestemmiatore!» urla un gruppo rabbioso di rabbi e di allievi degli stessi.<br />
«No» grida a sua volta Gamaliele. «Il mio discepolo parla dicendo parola<br />
ispirata. Ma noi non possiamo accettarla perché l’angelo di Dio non ci ha ancora<br />
mondati dal passato col carbone* tolto all’Altare di Dio... E forse, neppure se<br />
il grido della sua voce» e accenna a Gesù «scrollasse i cardini di queste porte,<br />
noi sapremmo ancora credere…». Si rialza un lembo dell’ampio mantello<br />
candidissimo e se ne incappuccia, velandosi quasi il volto, e se ne va.<br />
Gesù lo guarda andare… 9Poi riprende la parola rispondendo ad alcuni che<br />
borbottano fra loro e che appaiono scandalizzati e che, per fare più esplicito<br />
il loro scandalo, lo scaricano su Giuda di Keriot con una sequela di querimonie<br />
che l’apostolo sorbisce senza reagire, stringendosi nelle spalle con un volto<br />
per nulla soddisfatto.<br />
Gesù dice:<br />
«In verità, in verità vi dico che coloro che paiono bastardi sono figli veri, e<br />
quelli che sono figli veri divengono bastardi. Udite, voi tutti, una parabola.<br />
Un tempo ci fu un uomo il quale, per alcuni suoi impegni, dovette assentarsi per<br />
lungo tempo da casa lasciando dei figli ancora poco più che fanciulli. Dal luogo<br />
in cui si trovava scriveva lettere ai suoi figli maggiori per tenerli sempre nel<br />
rispetto del padre lontano e per ricordare loro i suoi insegnamenti. L’ultimo,<br />
nato quando egli era partito, era ancora a balia presso una donna lontana di lì,<br />
dei paesi della moglie, che non era della sua razza. La moglie venne a<br />
morire mentre<br />
______________<br />
*l’angelo di Dio non ci ha ancora mondati… è immagine presa da Isaia 6, 6-7.<br />
questo figlio era ancora piccolo e lontano da casa. I fratelli dissero:<br />
“Lasciamolo là dove è, presso i parenti di nostra madre. Forse il padre se ne<br />
scorderà e noi ne avremo utile, avendo a dividere con uno di meno, quando nostro<br />
padre verrà a morte”. E così fecero. In questa maniera il fanciullo lontano<br />
visse allevato dai parenti materni, ignorando gli insegnamenti del padre,<br />
ignorando di avere un padre e dei fratelli, o peggio conoscendo l’amarezza della<br />
riflessione: “Essi tutti mi hanno ripudiato come fossi un bastardo”, e giunse<br />
persino a credere di esserlo, tanto si sentiva reietto dal padre.<br />
Il caso volle che, fatto uomo e messosi ad un impiego - perché, inasprito come<br />
era dai pensieri sopraddetti, aveva preso in odio anche la famiglia di sua<br />
madre, che riputava colpevole di adulterio - questo giovane andasse nella città<br />
dove era il padre suo. E senza sapere chi fosse lo avvicinò ed ebbe modo di<br />
sentirlo parlare. L’uomo era un saggio. Non avendo soddisfazioni dai figli<br />
lontani - che ormai facevano da sé, mantenendo solo rapporti convenzionali col<br />
padre lontano, tanto per ricordargli che essi erano i “suoi” figli e che perciò<br />
se ne ricordasse nel testamento - si occupava molto di dare retti consigli ai<br />
giovani che aveva modo di avvicinare nella terra dove era. Il giovane fu<br />
attratto da quella rettezza, che era paterna verso tanti giovani, e non solo si<br />
accostò a lui ma fece tesoro di ogni sua parola, facendo buono il suo animo<br />
inasprito. L’uomo si ammalò, dovette decidersi a tornare in patria. E il giovane<br />
gli disse: “Signore, tu solo mi hai parlato con giustizia, elevando l’animo mio.<br />
Lascia che io ti segua come servo. Non voglio ricadere nel male di prima”.<br />
“Vieni con me. Starai al posto di un figlio di cui non ho più potuto avere<br />
notizia”. E tornarono insieme alla casa paterna.<br />
Né il padre, né i fratelli, né lo stesso giovane, intuirono che il Signore aveva<br />
riunito di nuovo quelli di un sangue sotto un unico tetto. Ma il padre ebbe<br />
molto a piangere per i figli a lui noti, perché li trovò dimentichi dei suoi<br />
insegnamenti, avidi, duri di cuore, non più con la fede in Dio ma sibbene con<br />
molte idolatrie in cuore: superbia, avarizia e lussuria erano i loro dèi, e non
volevano sentire di altro che utile umano non fosse. Lo straniero, invece,<br />
sempre più si accostava al Signore, si faceva giusto, buono, amoroso,<br />
ubbidiente. I fratelli lo odiavano perché il padre amava quello straniero. Egli<br />
perdonava e amava perché aveva capito che nell’amore è la pace.<br />
Il padre, un giorno, disgustato dalla condotta dei figli, disse: “Voi vi siete<br />
disinteressati dei parenti di vostra madre e persino del fratello vostro. Mi<br />
ricordate la condotta dei figli di Giacobbe verso il loro fratello Giuseppe*.<br />
Voglio andare a quelle terre per sapere di lui. Può darsi che lo ritrovi e che<br />
ne abbia conforto”. E si accomiatò tanto dai figli noti come dal giovane<br />
sconosciuto, dando a questo viatico di denaro perché potesse tornare al luogo da<br />
dove era venuto e mettervi un piccolo commercio.<br />
________________<br />
*la condotta dei figli di Giacobbe verso il loro fratello Giuseppe è narrata in<br />
Genesi 37, 3-28.<br />
Giunto alle terre della moglie morta, i parenti di essa gli raccontarono che il<br />
figlio abbandonato, dal nome primitivo di Mosè era passato a quello di Manasse*,<br />
perché realmente egli col suo nascere aveva fatto dimenticare al padre di essere<br />
giusto avendolo abbandonato.<br />
“Non fatemi torto! Mi era stato detto che del fanciullo si erano perdute le<br />
tracce, e neppure speravo trovare più alcun di voi. Ma ditemi di lui. Come è? È<br />
cresciuto forte? Assomiglia alla mia amata sposa che si esaurì nel darmelo? È<br />
buono? Mi ama?”.<br />
“Forte è forte, e bello è come la madre sua, solo che ha gli occhi di un nero<br />
schietto. Ma persino della madre ha preso la voglia di carruba sul fianco. Di te<br />
invece ha la pronuncia lievemente blesa. Andò da adulto via di qui, inasprito<br />
della sua sorte, avendo dubbi sull’onestà della madre, e per te avendo del<br />
rancore. Buono sarebbe stato se non avesse avuto questo rancore nell’anima. Andò<br />
oltre monti e fiumi fino a Trapezius per…”.<br />
“Trapezius dite? Nel Sinopio? Oh! dite! Io là ero e vidi un giovane che era<br />
lievemente bleso, solo e triste, e buono tanto sotto la sua crosta di durezza. È<br />
lui? Dite!”.<br />
“Forse lui sarà. Ricercalo. Sul fianco destro ha la carruba rilevata e scura<br />
come l’aveva la moglie tua”.<br />
L’uomo partì a precipizio, sperando ritrovare ancora lo straniero alla sua casa.<br />
Era partito per tornare verso la colonia di Sinopio. E l’uomo dietro… Lo trovò.<br />
Lo fece venire per scoprirgli il fianco. Lo riconobbe. Cadde in ginocchio<br />
lodando Iddio per avergli reso il figlio, e buono più degli altri che sempre più<br />
imbestiavano mentre questo, nei mesi che erano intercorsi, si era sempre più<br />
fatto santo. E al figlio buono disse: “Tu avrai la parte dei fratelli perché tu,<br />
senza amore da parte di alcuno, ti sei fatto giusto più di ogni altro”.<br />
E non era giustizia? Sì che lo era. In verità vi dico che sono veri figli del<br />
Bene coloro che reietti dal mondo e spregiati, odiati, vilipesi, abbandonati<br />
come bastardi, reputati obbrobrio e morte, sanno superare i figli cresciuti<br />
nella casa ma ribelli alle leggi di essa. Non è essere d’Israele che dà diritto<br />
al Cielo. Né è essere farisei, scribi o dottori che assicura la sorte. È avere<br />
buona volontà e venire generosamente alla Dottrina di amore, farsi nuovi in<br />
essa, farsi per essa figli di Dio in spirito e verità.<br />
Voi tutti che udite, sappiate che molti, che si credono sicuri in Israele,<br />
saranno soppiantati da coloro che per essi sono pubblicani, meretrici, gentili,<br />
pagani e galeotti. Il Regno dei Cieli è di chi sa rinnovarsi accogliendo la<br />
Verità e l’Amore».<br />
10Gesù si volge e va verso il gruppo dei malati proseliti. «Sapete voi credere<br />
in quanto ho detto?» chiede forte.<br />
_________________<br />
*Manasse, nel significato di Genesi 41, 51.<br />
«Sì, o Signore!» rispondono in coro.<br />
«Volete voi accogliere Verità e Amore?».<br />
«Sì, o Signore».<br />
«Non vi dessi che queste, sareste contenti?».<br />
«Signore, Tu sai ciò che più ci abbisogna. Dàcci soprattutto la tua pace e la<br />
vita eterna».
«Alzatevi e andate a lodare il Signore! Siete guariti nel Nome santo di Dio».<br />
E rapido si dirige alla prima porta che trova, mescolandosi nella folla che<br />
satura Gerusalemme, prima ancora che l’orgasmo e lo stupore che è nel cortile<br />
dei Pagani possa mutarsi in ricerca osannante di Lui…<br />
Gli apostoli, disorientati, lo perdono di vista. Solo Marziam, che non ha mai<br />
lasciato di tenergli un lembo del mantello, gli corre a lato felice dicendo:<br />
«Grazie, grazie, grazie, Maestro! Per Giovanni, grazie! Ho scritto tutto mentre<br />
parlavi. Non ho che da aggiungere il miracolo. Oh! è bello! Proprio per lui!<br />
Egli ne sarà felice tanto!».<br />
365. L’insidia dell’Iscariota all’innocenza di Marziam. Un nuovo discepolo,<br />
fratello di latte di Gesù. A Betania, da Lazzaro malato.<br />
3 gennaio 1946.<br />
1Gesù entra nel verde placido dell’orto degli Ulivi.<br />
Marziam è sempre al suo fianco e ride pensando alla corsa affannosa che certo<br />
farà Pietro per raggiungerli. Dice: «Oh! Maestro! Chissà quante ne dice! Se poi<br />
Tu avessi proseguito per Betania senza fermarti qui, sarebbe proprio in uno<br />
stato desolato».<br />
Gesù sorride anche Lui guardando il giovinetto e risponde: «Sì. Mi seppellirà<br />
sotto i lamenti. Ma gli servirà per un’altra volta. A stare più attento. Io<br />
parlavo, lui si distraeva a ciarlare con questo e quello...».<br />
«Lo interrogavano, Signore» scusa Marziam non ridendo più.<br />
«Con buona grazia si fa cenno che si risponderà dopo, quando la Parola del<br />
Signore tace. 2Ricòrdatelo, per la tua vita futura. Per quando sarai sacerdote.<br />
Esigi il massimo rispetto nelle ore di istruzione e nei luoghi di istruzione».<br />
«Ma allora sarà il povero Marziam, Signore, quello che parlerà…».<br />
«Non importa. È sempre Dio che parla sulle labbra dei suoi servi, nelle ore del<br />
loro ministero. E come tale va udito con silenzio e rispetto».<br />
Marziam fa una smorfietta significativa a commento di un suo interno<br />
ragionamento.<br />
Gesù, che lo osserva, dice: «Non ne sei persuaso? Perché quell’espressione?<br />
Parla, figlio, senza timore».<br />
«Signor mio, mi chiedevo se Dio è anche sulle labbra e nel cuore dei suoi<br />
sacerdoti di ora… e… con terrore mi dicevo se saranno uguali quelli futuri… E<br />
concludevo dicendo che… fanno fare una brutta figura al Signore molti sacerdoti…<br />
Ho certo peccato… Ma sono così cattivi ed esosi, così aridi… che…».<br />
«Non giudicare. Ma ricorda però questo senso di disgusto. Abbilo presente nel<br />
futuro. E con tutte le tue forze mira a non essere quali sono quelli che ti<br />
disgustano. E che non lo siano quelli che dipenderanno da te. Fa’ servire al<br />
bene anche il male che vedi. Ogni azione e ogni cognizione deve essere mutata in<br />
bene passando da un giudizio e da una volontà retta».<br />
«Oh! Signore! Prima di entrare nella casa che già si vede, rispondimi ancora ad<br />
una cosa! Tu non neghi che l’attuale sacerdozio sia manchevole. Dici a me di non<br />
giudicare. Ma Tu giudichi. E lo puoi fare. E giudichi con giustizia. Ora<br />
ascolta, Signore, il mio pensiero. Quando gli attuali sacerdoti parlano di Dio e<br />
della religione, essendo quali sono nella maggioranza, ed io parlo ora dei più<br />
cattivi fra essi, vanno ancora ascoltati come verità?».<br />
«Sempre, figlio mio. Per rispetto alla loro missione. Quando fanno atti del loro<br />
ministero non sono più l’uomo Anna, o l’uomo Sadoc, e così via. Ma sono “il<br />
sacerdote”. Scindi sempre la povera umanità dal ministero».<br />
«Ma se fanno male anche questo…».<br />
«Dio sopperirà. 3E poi!… Ascolta, Marziam! Non c’è nessun uomo completamente<br />
buono e nessuno completamente malvagio. E nessuno è così completamente buono da<br />
essere in diritto di giudicare i fratelli per completamente malvagi. Bisogna<br />
tenere presenti i nostri difetti, contrapporre ad essi le doti buone di chi<br />
vogliamo giudicare, e allora avremmo una misura giusta di caritatevole giudizio.<br />
Io non ho ancora trovato un uomo completamente malvagio».<br />
«Neppure Doras, Signore?».<br />
«Neppure lui, perché è marito onesto e padre amoroso».<br />
«Neppure il padre di Doras?».
«Egli pure era marito onesto e padre amoroso».<br />
«Ma non era che quello, però!».<br />
«Non era che quello. Ma in quello non era malvagio. Perciò non era completamente<br />
malvagio».<br />
«E neanche Giuda è malvagio?».<br />
«No».<br />
«Ma non è buono, però».<br />
«Non è totalmente buono come non è totalmente malvagio. Non sei persuaso di ciò<br />
che dico?».<br />
«Sono persuaso che Tu sei totalmente buono e che sei assolutamente privo di<br />
malvagità. Questo sì. Lo sei tanto che non trovi mai accusa per nessuno…».<br />
«Oh! figlio mio! Se Io dicessi la prima sillaba di una parola di accusa, voi<br />
tutti vi scagliereste come belve sull’accusato!… Io evito che voi vi macchiate<br />
di peccato di giudizio col fare così. Capiscimi, Marziam. Non è che Io non veda<br />
il male là dove è. Non è che Io non veda il miscuglio di male e bene che è in<br />
alcuni. Non è che Io non capisca quando un’anima sale o scende dal livello dove<br />
l’ho portata. Non è nulla di tutto questo, figlio mio. Ma è prudenza per evitare<br />
le anticarità in voi. E farò sempre così. Anche nei secoli futuri, quando dovrò<br />
pronunciarmi su una creatura. Non lo sai, figlio, che talora vale più una parola<br />
di lode, di incoraggiamento, a mille rimproveri? Non sai che su cento casi<br />
pessimi, indicati come relativamente buoni, almeno la metà divengono realmente<br />
buoni perché non manca allora, dopo la mia benevola parola, l’aiuto dei buoni<br />
che altrimenti fuggirebbero dall’individuo indicato come pessimo? Bisogna<br />
sorreggerle le anime. Non accasciarle. Ma se Io non sono il primo a sorreggere,<br />
a velare le parti brutte, a sollecitare in voi benignità e aiuto per esse, mai<br />
voi vi dareste ad esse con attiva misericordia. Ricordalo, Marziam…».<br />
«Sì, Signore… (un gran sospirone). Lo ricorderò… (altro sospirone)… Ma è molto<br />
difficile davanti a certe evidenze…».<br />
4Gesù lo guarda fissamente. Ma del giovinetto non vede che il sommo della fronte<br />
perché egli abbassa molto il viso.<br />
«Marziam, alza il volto. Guardami. E rispondimi. Quale è l’evidenza che è<br />
difficile trascurare?».<br />
Marziam si confonde… Si fa rosso sotto il brunetto della pelle… Risponde: «Ma…<br />
sono tante, Signore…».<br />
Gesù incalza: «Perché hai nominato Giuda? Perché è una “evidenza”. Forse quella<br />
che ti è più difficile superare… Che ti ha fatto Giuda? In che ti ha<br />
scandalizzato?», e Gesù pone le mani sulle spalle del giovanetto, che ora è<br />
tutto di porpora cupa tanto è arrossito.<br />
Marziam lo guarda ad occhi lustri e poi si svincola e scappa gridando: «È un<br />
profanatore, Giuda!... Ma non posso dire... Rispettami, Signore!...», e si<br />
imbosca piangendo, invano chiamato da Gesù che ha un atto di sconfortato dolore.<br />
5La sua voce ha però attirato l’attenzione di quelli della casa del Getsemani. E<br />
sulla soglia della cucina appare Giona e poi la Madre di Gesù e dietro le<br />
discepole: Maria di Cleofa, Maria Salome e Porfirea. Vedono Gesù e si dànno a<br />
camminare alla sua volta.<br />
«La pace a voi tutti! Eccomi, Mamma!».<br />
«Solo? Perché?».<br />
«Sono corso avanti. Gli altri li ho lasciati al Tempio… Ma ero con Marziam…».<br />
«E dove è ora il figlio mio, che non lo vedo?» chiede Porfirea un poco inquieta.<br />
«È salito lassù… Ma ora verrà. Avete cibo per tutti? Fra poco verranno gli<br />
altri».<br />
«No, Signore. Avevi detto che andavi a Betania…».<br />
«Già… Ma ho pensato essere bene di fare così. Andate svelte a prendere quanto<br />
occorre, e svelte tornate. Io resto con la Madre mia».<br />
Le discepole ubbidiscono senza discutere.<br />
6Restano soli Gesù con Maria e passeggiano lenti sotto l’intrico delle ramaglie,<br />
dalle quali filtrano aghi di sole a mettere cerchiolini d’oro sull’erbetta verde<br />
e fiorita.<br />
«Andrò dopo il pasto a Betania. Con Simone».<br />
«Simone di Giona?».<br />
«No. Con Simone Zelote. E porterò meco Marziam…». Gesù tace pensieroso.<br />
Maria l’osserva. Poi chiede: «Hai dispiaceri da Marziam?».<br />
«No, Mamma. Tutt’altro! Perché lo pensi?».<br />
«Perché sei pensieroso?… Perché lo chiamavi con imperio? E perché lui ti ha
lasciato? Perché si è staccato da Te come vergognoso? Neppure è venuto a<br />
salutare sua madre e me!».<br />
«Il fanciullo è fuggito per una mia domanda».<br />
«Oh!…», Lo stupore di Maria è profondissimo. Tace per un poco e poi mormora,<br />
come parlando a se stessa: «I due nel terrestre Paradiso* fuggirono, dopo il<br />
peccato, udendo la voce di Dio... Ma, o Figlio mio, bisogna avere pietà del<br />
fanciullo. Comincia ad essere uomo… e forse… Figlio mio, Satana morde tutti gli<br />
uomini...». Maria è tutta pietosa e supplichevole…<br />
Gesù la guarda e le dice: «Come sei madre! Come sei “la Madre”! Ma non credere<br />
che il fanciullo abbia peccato. Anzi devi credere che soffra per la scottatura<br />
di una rivelazione. È molto puro. È molto buono... Lo porterò con Me, oggi. Per<br />
fargli capire, senza parole, che lo capisco. Ogni parola sarebbe di troppo… e<br />
non ne troverei una per scusare il violatore di un’innocenza». Gesù è severo in<br />
queste ultime parole.<br />
«Oh! Figlio! A questo siamo! Non ti chiedo nomi. Ma se uno ci fu capace, fra<br />
noi, di turbare il fanciullo, uno solo può essere stato… Che demonio!».<br />
7«Andiamo a cercare Marziam, Mamma. Egli non fuggirà davanti a te».<br />
Vanno e lo scovano dietro un cespuglio di biancospini.<br />
«Coglievi dei fiori per me, figlio mio?» chiede Maria andandogli davanti ed<br />
abbracciandolo…<br />
«No. Ma ti desideravo» dice Marziam con ancora delle lacrime sul viso.<br />
«Ed io sono venuta. Su, presto! Che oggi devi andare col mio Gesù a Betania! E<br />
devi essere ravviato come si conviene».<br />
Marziam splende nel viso, già sviato dal suo turbamento di prima, e dice: «Io<br />
solo con Lui?».<br />
«E con Simone Zelote».<br />
Marziam, molto fanciullo ancora, fa un salto di gioia e corre fuori dal suo<br />
nascondiglio andando a cadere sul petto di Gesù… Si trova confuso.<br />
________________<br />
* I due nel terrestre Paradiso… è citazione di Genesi 3, 8.<br />
Ma Gesù ride e lo eccita dicendo: «Corri a vedere se è venuto, tuo padre». E<br />
mentre Marziam parte di corsa, Gesù osserva: «È un vero fanciullo pur essendo<br />
già assennato nel pensiero. Turbargli il cuore è un gran delitto. Ma<br />
provvederò», e intanto cammina verso casa con Maria.<br />
Ma non fanno a tempo ad arrivare che vedono Marziam che galoppa indietro.<br />
«Maestro… Madre… Ci sono persone… persone di quelle che erano nel Tempio… I<br />
proseliti… C’è una donna… Una donna che vuole vedere te, o Madre… Dice che ti ha<br />
conosciuta a Betlemme… Si chiama Noemi».<br />
«Ne ho conosciute tante, allora! Ma andiamo…».<br />
8Giungono al piazzaletto dove è la casa. Un gruppo di persone attende e, appena<br />
vede Gesù, si prostra. Ma subito una donna si alza e corre a gettarsi ai piedi<br />
di Maria salutandola a nome.<br />
«Chi sei? Io non ti ricordo. Alzati».<br />
La donna si alza e sta per parlare quando giungono trafelati gli apostoli.<br />
«Ma Signore! Ma perché? Abbiamo corso come pazzi per Gerusalemme. Ti credevamo<br />
andato da Giovanna o da Annalia… Perché non ti sei fermato?» domandano e<br />
informano confusamente.<br />
«Ora siamo insieme. Inutile spiegare il perché. Lasciate che questa donna parli<br />
in pace».<br />
Tutti si affollano ad ascoltare.<br />
«Tu non ti ricordi di me, o Maria di Betlemme. Ma io da trentuno anni ricordo il<br />
tuo nome e il tuo viso come quello della pietà. Ero venuta anche io da lontano,<br />
da Perge, per l’Editto. Ed ero gravida. Ma speravo tornare in tempo. Il marito<br />
si ammalò per via, e a Betlemme languì fino a morire. Io avevo partorito da<br />
venti giorni quando egli morì. E le mie grida forarono il cielo e mi seccarono<br />
il latte o lo fecero veleno. Io mi coprii di pustole e di pustole si coprì il<br />
figlio mio… E fummo gettati in una spelonca a morire… Ebbene… Tu, tu sola<br />
venisti, guardinga, ogni poco per tutta una luna, portandomi cibo e medicando le<br />
mie piaghe, piangendo con me, dando latte alla mia creatura che è viva per te,<br />
per te sola… Hai rischiato di essere uccisa a colpi di pietra, perché mi<br />
chiamavano “la lebbrosa”… Oh! mia stella soave! Non ho dimenticato questo. Sono
partita dopo la guarigione. E ho saputo della strage a Efeso. Ti ho cercata<br />
tanto! Tanto! Tanto! Non potevo crederti uccisa col Figlio nella notte tremenda.<br />
Ma non ti ho mai trovata. Nella scorsa estate uno di Efeso udì tuo Figlio, seppe<br />
chi era, lo seguì alcun tempo, fu con altri al suo seguito ai Tabernacoli... E<br />
tornando ha detto. Io sono venuta per vederti, o Santa, prima di morire. Per<br />
benedirti tante volte quante sono le stille del latte che hai dato al mio<br />
Giovanni, levandolo al Figlio tuo benedetto…». La donna piange, stando in posa<br />
riverente, un poco curva, con le mani strette alle braccia di Maria…<br />
«Il latte non si nega mai, sorella. E…».<br />
«Oh! no. Io non sorella tua! Tu, Madre del Salvatore; io, povera donna sperduta,<br />
lontana dalla sua casa, vedova con un figlio al seno, al seno arido come<br />
torrente in estate... Senza te sarei morta. Tu tutto mi hai dato, ed ho potuto<br />
tornare dai fratelli miei, mercanti ad Efeso, per te».<br />
«Eravamo due madri, due povere madri, con due bambini, per il mondo. E tu avevi<br />
il tuo dolore di vedova, io quello di dover essere trafitta nel mio Figlio, come<br />
diceva nel Tempio il vecchio Simeone. Non ho fatto che il mio dovere di sorella<br />
dandoti ciò che tu non avevi più. 9E il figlio tuo vive?».<br />
«Egli è là. E il tuo Figlio santo me lo ha guarito questa mattina. Che ne sia<br />
benedetto!». E la donna si prostra al Salvatore gridando: «Vieni, Giovanni, a<br />
ringraziare il Signore».<br />
Viene avanti, lasciando i compagni, un uomo dell’età di Gesù, robusto, dal volto<br />
leale se non bello. Di bello ha l’espressione degli occhi profondi.<br />
«La pace a te, fratello di Betlem. Di che ti ho guarito?».<br />
«Dalla cecità, Signore. Un occhio perduto, l’altro prossimo a perdersi. Ero<br />
sinagogo, ma non potevo più leggere i sacri rotoli».<br />
«Ora li leggerai con maggior fede».<br />
«No, Signore. Ora leggerò Te. Voglio rimanere come discepolo. E senza vantare<br />
diritti per le gocce del latte succhiate al seno dove Tu ti nutrivi. Non sono<br />
niente i giorni di una luna per creare un legame. Ma tutto è la pietà di tua<br />
Madre, allora, e la tua di questa mattina».<br />
Gesù si volge alla donna: «E tu che ne pensi?».<br />
«Che mio figlio ti appartiene per due volte. Accettalo, Signore. E il sogno<br />
della povera Noemi sarà compiuto».<br />
«Sta bene. Sarai del Cristo. A voi: ricevete il compagno in nome del Signore»<br />
dice volgendosi agli apostoli.<br />
I proseliti sono esaltati di emozione. Gli uomini vorrebbero subito rimanere.<br />
Tutti. Ma Gesù fermamente dice: «No. Voi restate ciò che siete. Tornate alle<br />
vostre case conservando la fede e attendendo l’ora della chiamata. E il Signore<br />
sia sempre con voi. Andate».<br />
«Potremo trovarti ancora qui?» chiedono.<br />
«No. Come un uccello che vola di ramo in ramo, Io andrò senza sosta. Non mi<br />
troverete qui. Non ho itinerario e dimora. Ma, se giusto sarà, ci vedremo e mi<br />
udrete. Andate. Resti la donna col nuovo discepolo».<br />
Ed entra in casa seguito dalle donne e dagli apostoli, che commentano commossi<br />
l’episodio ignorato fino ad allora e la carità profonda di Maria.<br />
10E Gesù, con passo sollecito, va a Betania. Sono ai suoi lati Simone Zelote e<br />
Marziam. Felici di essere loro due i prescelti per questa visita.<br />
Marziam, completamente rasserenato, fa mille domande sulla donna venuta da<br />
Efeso, chiede se Gesù sapeva questo fatto, e cosi via.<br />
«Non lo sapevo. Le bontà di mia Madre sono infinite e fatte con cosi mite<br />
silenzio che restano per lo più ignote».<br />
«È molto bello, però, l’episodio» dice lo Zelote.<br />
«Sì. Tanto che lo voglio far sapere a Giovanni di Endor. Che dici, Maestro?<br />
Troveremo sue lettere a Betania?».<br />
«Ne sono quasi certo».<br />
«Dovremmo trovare anche la donna guarita dalla lebbra» osserva lo Zelote.<br />
«Sì. Ha osservato con fedeltà i precetti. Ma ormai il tempo della purificazione<br />
deve essere compiuto».<br />
11Betania appare sul suo pianoro. Passano davanti alla casa dove un tempo erano<br />
i pavoni, fenicotteri e gralle. Ora è abbandonata e chiusa. Simone lo nota.<br />
Ma la sua osservazione è interrotta dal giulivo saluto di Massimino che sbuca<br />
fuor dal cancello. «Oh! Maestro santo! Che felicità in tanto dolore!».<br />
«Pace a te. Perché dolore?».
«Perché Lazzaro spasima per le sue gambe ulcerate. E non sappiamo che fare per<br />
sollevare quella pena. Ma vedendo Te starà meglio, di spirito almeno».<br />
Entrano nel giardino e, mentre Massimino corre avanti, loro procedono adagio<br />
verso la casa.<br />
Corre fuori Maria di Magdala col suo grido adorante: «Rabbomi!», e la segue più<br />
calma Marta. Sono entrambe pallide come chi ha sofferto e vegliato.<br />
«Alzatevi. Andiamo subito da Lazzaro».<br />
«Oh! Maestro! Maestro che puoi tutto, guariscimi il fratello mio!» supplica<br />
Marta.<br />
«Sì, Maestro buono! Egli soffre più che non possa! Si emunge, geme. Certo morirà<br />
se così dura. Abbi pietà di lui, Signore!» incalza Maria.<br />
«Ho tutta la pietà. Ma non è per lui ora di miracolo. Sia forte, e voi con lui.<br />
Sostenetelo a fare la volontà del Signore».<br />
«Ah! Tu vuoi dire che egli deve morire?!» geme e chiede Marta in lacrime.<br />
E Maria, con gli occhi nuotanti nel pianto e la passione, la duplice passione<br />
per Gesù e per il fratello, nella voce: «Oh! Maestro, ma così facendo mi<br />
impedisci di seguirti e servirti, e impedisci al fratello di godere della mia<br />
risurrezione. Non vuoi dunque che in casa di Lazzaro si giubili per una<br />
risurrezione?».<br />
Gesù la guarda con un sorriso buono e arguto, e dice: «Per una? Una sola?<br />
Suvvia! Mi credete ben poca cosa, se credete che possa una cosa sola! Siate<br />
buone e forti. Andiamo. E non piangete così. Lo accascereste di penosi<br />
sospetti». E si avvia per il primo.<br />
12Lazzaro, per comodità di assistenza di certo, è stato portato in una sala<br />
presso la biblioteca, di fronte alla sala maggiore dedicata ai conviti.<br />
Massimino indica la porta, ma lascia che Gesù entri solo.<br />
«La pace a te, Lazzaro, amico mio!».<br />
«Oh! Maestro santo! La pace a Te. Per me, nelle mie membra, non c’è più pace. E<br />
accasciato è lo spirito mio. Soffro tanto, Signore! Dàmmi il caro comando:<br />
“Lazzaro, vieni fuori”, ed io sorgerò guarito, per servirti…».<br />
«Te lo darò, Lazzaro. Ma non ora» risponde Gesù abbracciandolo.<br />
Lazzaro è molto magro, giallognolo, cogli occhi incavati. Palesemente molto<br />
malato e molto indebolito. Piange come un bambino nel mostrare le sue gambe<br />
gonfie, bluastre, con piaghe che direi varicose, aperte in più punti. Forse<br />
spera che, mostrando a Gesù quella rovina, Gesù si commuova e faccia miracolo.<br />
Ma Gesù si limita a ricomporre con delicatezza i lini sparsi di balsamo sulle<br />
piaghe.<br />
«Sei venuto per fermarti?» chiede Lazzaro deluso.<br />
«No. Ma verrò sovente».<br />
«Come? Neppure quest’anno fai la Pasqua con me? Mi sono fatto portare qui<br />
apposta. Mi avevi promesso ai Tabernacoli che saresti stato tanto con me, dopo<br />
le Encenie…».<br />
«E ci starò. Ma non ora. Ti do noia a sedermi qui, sulla sponda del tuo letto?».<br />
«Oh! no. Anzi, la frescura della tua mano pare mitigare l’ardore della mia<br />
febbre. Perché non resti, Signore?».<br />
«Perché, come tu sei tormentato dalle piaghe, Io lo sono dai nemici. Per quanto<br />
Betania sia considerata nei termini per la Cena, e per tutti, per Me si<br />
considererebbe peccato consumare la Pasqua qui. Tutto è cammello e trave di ciò<br />
che Io faccio, per il Sinedrio e i farisei…».<br />
«Ah! i farisei! È vero! Ma in una mia casa, allora… Questo almeno!».<br />
«Questo sì. Ma lo dirò all’ultima ora. Per prudenza».<br />
«Oh! sì. Non ti fidare. 13Ti è andata bene con Giovanni. Sai? Ieri è venuto<br />
Tolmai con altri e mi ha portato lettere per Te. Le hanno le sorelle. Ma dove<br />
sono rimaste Marta e Maria? Non provvedono a farti onore?». Lazzaro è inquieto<br />
come molti malati.<br />
«Sta’ buono. Sono fuori con Simone e Marziam. Sono venuto con loro. E non<br />
abbisogno di nulla. Ora li chiamo». E infatti chiama quelli che, prudenti, erano<br />
rimasti fuori.<br />
Marta esce e torna con due rotoli che dà a Gesù. Maria riferisce intanto che il<br />
servo di Nicodemo ha detto che precede il padrone che viene con Giuseppe<br />
d’Arimatea. E contemporaneamente Lazzaro si sovviene di una donna «giunta ieri a<br />
tuo nome», dice.<br />
«Ah! Sì! Sai chi è?».<br />
«Ce lo ha detto. È figlia di un ricco di Gerico andato in Siria da anni, da
giovane. L’ha chiamata Anastasica* in ricordo del fior del deserto. Non ha<br />
voluto rivelare il nome del marito, però» spiega Marta.<br />
«Non occorre. L’ha ripudiata e perciò ella è unicamente “la discepola”. Dove<br />
è?».<br />
«Dorme stanca. In questi giorni e notti è vissuta molto male. Se vuoi la<br />
chiamo»,<br />
«No. Lasciala dormire. Provvederò domani».<br />
14Lazzaro guarda Marziam ammirato. E Marziam è sulle spine, Vorrebbe sapere ciò<br />
che è nei rotoli. Gesù lo comprende e li apre. Lazzaro dice: «Come? Egli sa?».<br />
______________________<br />
* Anastasica (più correttamente Anastatica, come in 366.1) è la Rosa di Gerico<br />
incontrata in 360.13/14. I due nomi, appartenenti alla stessa persona, sono di<br />
una pianta che qui viene chiamata fior del deserto.<br />
«Sì. Egli e gli altri meno Natanaele, Filippo, Tommaso e Giuda…».<br />
«Bene hai fatto a tenerlo celato a lui!» prorompe Lazzaro. «Io ho molti<br />
sospetti…».<br />
«Non sono imprudente, amico» lo interrompe Gesù, e legge i rotoli riferendo poi<br />
le notizie principali, ossia che i due si sono acclimatati, che la scuola<br />
prospera e che, senza il declinare di Giovanni, tutto andrebbe bene. 15Ma non<br />
può dire di più perché si annuncia la venuta di Nicodemo e Giuseppe.<br />
«Dio ti salvi, o Maestro! Sempre, come stamane!».<br />
«Grazie, Giuseppe. E tu, Nicodemo, non c’eri?».<br />
«No. Ma, saputo che eri giunto, ho pensato venire da Lazzaro, quasi certo di<br />
trovarti. E Giuseppe si è unito a me».<br />
Parlano dei fatti del mattino intorno al letto di Lazzaro, che tanto se ne<br />
interessa da parere sollevato dal suo soffrire.<br />
«Ma quel Gamaliele, Signore! Hai sentito?» dice Giuseppe d’Arimatea.<br />
«Ho sentito».<br />
Nicodemo dice: «Io invece dico: ma quel Giuda di Keriot, Signore! Dopo la tua<br />
partenza lo trovai vociante come un demonio in mezzo a un gruppo di allievi dei<br />
rabbi. Ti accusava e difendeva insieme. E sono certo che era convinto di non<br />
fare che bene. Essi volevano trovarti in colpa, certo aizzati in ciò dai<br />
maestri. Egli controbatteva le accuse con una foga accorata dicendo: “Solo una<br />
colpa ha il Maestro mio! Di fare troppo poco risaltare la sua potenza. Lascia<br />
fuggire l’ora buona. Stanca i buoni con la sua eccessiva mitezza. Re è! E da re<br />
deve agire. Voi lo trattate da servo perché Egli è mite. Ed Egli si rovina per<br />
non essere che mite. Per voi, vili e crudeli, non c’è che la sferza di un potere<br />
assoluto e violento. Oh! perché non posso fare di Lui un violento Saulle?».<br />
Gesù crolla il capo senza parlare.<br />
«Eppure, a modo suo ti ama» osserva Nicodemo.<br />
«Che uomo sconcertante!» esclama Lazzaro.<br />
«Sì. Hai detto bene. Io non lo capisco ancora, dopo due anni che gli sto vicino»<br />
conferma lo Zelote.<br />
Maria di Magdala si alza con un’imponenza da regina, e con la sua splendida voce<br />
proclama: «Io l’ho capito più di tutti: è l’obbrobrio vicino alla Perfezione. E<br />
non c’è altro da dire», ed esce per qualche incombenza, portando con sé Marziam.<br />
«Forse Maria ha ragione» dice Lazzaro.<br />
«Lo penso io pure» dice Giuseppe.<br />
16«E Tu, Maestro, che dici?».<br />
«Dico che Giuda è “l’uomo”. Come lo è Gamaliele. L’uomo limitato presso Dio<br />
infinito. L’uomo è così ristretto nel suo pensiero, finché non dà ad esso<br />
respiro soprannaturale, che può accogliere una sola idea, incrostarla in sé, o<br />
incrostarsi in essa, e stare lì. Anche contro l’evidenza. Cocciuto. Ostinato.<br />
Per fede, magari, alla cosa che più lo ha colpito. In fondo Gamaliele ha una<br />
fede, come pochi in Israele, nel Messia da lui intravisto e riconosciuto in un<br />
fanciullo. Ed è fedele alle parole di quel fanciullo... E così Giuda. Saturo<br />
dell’idea messianica quale il più d’Israele la coltiva, confermato in essa dal<br />
mio primo manifestarsi a lui, vede, vuol vedere nel Cristo il re. Il re<br />
temporale e potente… ed è fedele a questo suo concetto. Oh! quanti, anche in<br />
futuro, si rovineranno per una concezione di fede sbagliata, testarda ad ogni<br />
ragione! Ma che credete voi? Che sia facile seguire la verità e la giustizia in<br />
tutte le cose? Che credete voi? Che sia facile salvarsi solo perché si è un
Gamaliele e un Giuda apostolo? No. In verità, in verità vi dico che è più facile<br />
si salvi un fanciullo, un comune fedele, che uno elevato a carica speciale e a<br />
speciale missione. Generalmente entra, nei vocati a sorte straordinaria, la<br />
superbia della loro vocazione, e questa superbia apre le porte a Satana,<br />
cacciando Dio. Le cadute delle stelle sono più facili di quelle dei sassi. Il<br />
Maledetto cerca di spegnere gli astri e si insinua, si insinua tortuoso a far da<br />
leva agli eletti per poterli ribaltare. Se cadono nei comuni errori mille e<br />
diecimila uomini, la loro caduta non travolge che loro stessi. Ma se cade uno<br />
eletto a straordinaria sorte, e diviene strumento di Satana anziché di Dio, sua<br />
voce anziché “mia” voce, suo discepolo anziché “mio” discepolo, allora la rovina<br />
è ben più grande e può dare origine persino ad eresie profonde che ledono un<br />
numero senza numero di spiriti. Il bene che Io do ad uno darà molto bene se cade<br />
su terreno umile e che sa rimanere tale. Ma se cade su terreno superbo o che<br />
diventa tale per il dono avuto, allora da bene diviene male. A Gamaliele fu<br />
concessa una delle prime epifanie del Cristo. Doveva essere la sua precoce<br />
chiamata al Cristo. È la ragione della sua sordità alla mia voce che lo chiama.<br />
A Giuda fu concesso di essere apostolo, uno dei dodici apostoli fra le migliaia<br />
di uomini di Israele. Doveva questo essere la sua santificazione. Ma che sarà?…<br />
Amici miei, l’uomo è l’eterno Adamo… Aveva tutto Adamo. Tutto meno una cosa.<br />
Volle quella. E purché l’uomo resti Adamo! Ma ben sovente diviene Lucifero. Ha<br />
tutto meno la divinità*. Vuole quella. Vuole il soprannaturale per stupire, per<br />
essere acclamato, temuto, conosciuto, celebrato… E per avere qualcosa di ciò che<br />
solo Dio può dare gratuitamente si abbranca a Satana, il quale è la Scimmia di<br />
Dio e dà simulazioni di doni soprannaturali. Oh! che orrenda sorte quella di<br />
questi insatanassati! 17Vi lascio, amici. Mi ritiro alquanto. Ho bisogno di<br />
raccogliermi in Dio...».<br />
Gesù, molto turbato, esce… I rimasti: Lazzaro, Giuseppe, Nicodemo e lo Zelote,<br />
si guardano.<br />
«Hai visto come si era turbato?» chiede sottovoce Giuseppe a Lazzaro.<br />
«Ho visto. Pareva vedesse uno spettacolo orrendo».<br />
«Che avrà nel cuore?» chiede Nicodemo.<br />
«Solo Lui e l’Eterno lo sanno» risponde Giuseppe.<br />
«Tu sai nulla, Simone?».<br />
«No. Certo è che da mesi Egli è molto angosciato».<br />
«Dio lo salvi! Ma certo è che l’odio cresce».<br />
_______________________<br />
*Ha tutto meno la divinità. Così spiega una nota di MV su una copia<br />
dattiloscritta: L’uomo è divinizzato dalla Grazia, ma non è Dio. Diventa simile<br />
a Dio per partecipazione ma non per natura uguale.<br />
«Sì, Giuseppe. L’odio cresce… Io credo che presto l’odio vincerà l’Amore».<br />
«Non lo dire, Simone! Se così deve essere, non chiederò più di essere guarito!<br />
Meglio morire anziché assistere al più orrendo degli errori».<br />
«Dei sacrilegi, devi dire, Lazzaro…».<br />
«Eppure… Israele è capace di questo. È maturo a ripetere il gesto di Lucifero<br />
muovendo guerra al Signore benedetto» sospira Nicodemo.<br />
Un silenzio penoso si forma, come una morsa che strozzi ogni gola… La sera<br />
scende nella stanza dove quattro onesti pensano ai delinquenti futuri.<br />
366. Anastatica tra le discepole. Le lettere da Antiochia.<br />
22 gennaio 1946.<br />
1Gesù ha lasciato Betania insieme a quelli che erano con Lui, ossia Simone<br />
Zelote e Marziam. Ma ad essi si è aggiunta Anastatica che, tutta velata, cammina<br />
di fianco a Marziam, mentre Gesù è un poco indietro con Simone. Le due coppie<br />
camminano parlando. Ognuna per conto proprio, e di ciò che più gli sta a cuore.<br />
Dice Anastatica a Marziam, continuando un discorso già avviato: «Non vedo l’ora<br />
di conoscerla». Forse la donna parla di Elisa di Betsur. «Credi che non ero così<br />
commossa quando andai a nozze o fui dichiarata lebbrosa. Come la saluterò?».<br />
E Marziam con un sorriso dolce e serio nello stesso tempo: «Oh! col suo vero<br />
nome! Mamma!».<br />
«Ma io non la conosco! Non è troppa confidenza? Chi sono, infine, io rispetto a<br />
lei?».
«Ciò che ero io lo scorso anno. Anzi tu molto più di me sei! Io ero un povero<br />
orfanello sporco, spaurito, rozzo. Eppure lei mi ha sempre chiamato figlio, dal<br />
primo momento, e una vera madre mi è stata. L’anno passato ero io che tremavo<br />
d’orgasmo in attesa di vederla. Ma poi, solo a vederla, non ho tremato più.<br />
Cessato del tutto quello spavento che m’era restato nel sangue da quando avevo<br />
visto con i miei occhi di bimbo, prima le furie della natura che avevano tutto<br />
distrutto della mia casa e della famiglia mia, e poi… e poi, con questi miei<br />
occhi di bimbo avevo potuto, dovuto vedere come l’uomo è fiera più crudele dello<br />
sciacallo e del vampiro... Tremare sempre… piangere sempre… sentire un nodo qui,<br />
stretto, duro, doloroso di paura, di pena, di odio, di tutto… In pochi mesi ho<br />
conosciuto tutto il male e il dolore e la ferocia che è nel mondo… E non potevo<br />
più credere che ci fosse la bontà ancora, l’amore ancora, la protezione<br />
ancora…».<br />
«Ma come! Quando il Maestro ti ha preso?!… E quando sei stato fra quei suoi<br />
discepoli, così buoni!?» .<br />
«Ho tremato ancora, sorella… e ho odiato ancora. Oh! c’è voluto del tempo per<br />
persuadermi di non avere paura… E ancor di più ce ne è voluto per giungere a non<br />
odiare chi aveva fatto soffrire l’anima mia mettendola a conoscenza di ciò che<br />
può essere un uomo: un demone in veste di belva. Non si è sofferto senza<br />
conseguenze lunghe, specie quando si è bambini… Resta il segno, perché il nostro<br />
cuore è ancora tenero e tiepido dei baci della mamma, affamato di baci più che<br />
di pane. E in luogo di baci vede dare percosse…».<br />
«Povero bambino!».<br />
«Sì. Povero. Tanto povero! Non avevo più neppure la speranza in Dio né il<br />
rispetto per l’uomo… Avevo paura dell’uomo. Anche vicino a Gesù, anche in<br />
braccio a Pietro avevo paura… Dicevo: “Possibile? Oh! non durerà così. Anche<br />
essi si stancheranno d’essere buoni…”. E sospiravo di giungere a Maria. Una<br />
mamma è sempre mamma, non è vero? E infatti, quando l’ho vista, quando sono<br />
stato fra le sue braccia, non ho più temuto. Ho capito che proprio tutto il<br />
passato era finito e che dall’inferno ero passato al paradiso… L’ultimo dolore<br />
fu vedere che mi dimenticavano in disparte… Ero sospettoso sempre di male. E ho<br />
pianto forte. Oh! allora! Con che amore mi ha preso! No. Non ho più pianto la<br />
mamma mia da quel momento, non ho più tremato… Maria è la dolcezza e la pace<br />
degli infelici…».<br />
«E di dolcezza e pace ho bisogno anche io…» sospira la donna.<br />
«E fra poco l’avrai. Vedi quel verde laggiù? È nascosta là dentro la casa del<br />
Getsemani».<br />
«E ci sarà anche Elisa? Ma che dirò loro? Che mi diranno?».<br />
«Se Elisa ci sia non so. Era malata».<br />
«Oh! non morirà?! Chi mi prenderebbe per figlia, allora?».<br />
«Non temere. Egli ha detto: “Avrai madre e casa”. E così sarà. Andiamo avanti un<br />
poco più svelti. Io non so frenarmi quando sono prossimo a Maria».<br />
Affrettano il passo e non sento più il loro parlare.<br />
2Lo Zelote li vede quasi correre sulla via affollata e osserva a Gesù: «Sembrano<br />
fratelli. Guarda come sono buoni amici».<br />
«Marziam sa stare con tutti. È una virtù difficile e tanto necessaria per la sua<br />
missione futura. Ho cura di aumentare in lui questa felice disposizione perché<br />
molto gli servirà» .<br />
«Questo te lo modelli a tuo gusto. Vero, Maestro?».<br />
«Sì. L’età me lo permette».<br />
«Eppure anche il vecchio Giovanni Felice hai potuto modellare…».<br />
«Sì. Ma perché si è lasciato distruggere e ricreare completamente da Me».<br />
«È vero. Ho notato che i più grandi peccatori quando si convertono superano<br />
nella giustizia noi, uomini di relativa colpevolezza. Perché mai?».<br />
«Perché la contrizione in loro è in proporzione al loro peccato. Immensa. Perciò<br />
li stritola sotto la macina del dolore e dell’umiltà. “Il mio peccato è sempre<br />
contro di me” dice il salmista*. Ciò tiene umile lo spirito. È un ricordo buono,<br />
quando è ricordo unito a speranza e a fiducia nella Misericordia. Le mezze<br />
perfezioni, o anche meno di mezze, molte volte si arrestano perché non hanno<br />
il<br />
___________________<br />
* dice il salmista, in Salmo 51, 5.<br />
pungolo del rimorso di aver peccato gravemente e di dover riparare a farle
procedere verso la perfezione vera. Stagnano come acque chiuse. Si sentono<br />
soddisfatte di essere limpide. Ma anche l’acqua più limpida, se non si depura<br />
nel moto delle particelle di polvere, dei detriti che il vento porta in essa,<br />
finisce per divenire melmosa e corrotta».<br />
3«E le imperfezioni che noi lasciamo esistere e persistere in noi sono polvere e<br />
detriti?».<br />
«Sì, Simone. Siete troppo stagnanti ancora. Avete un moto quasi impercettibile<br />
verso la perfezione. Non sapete che il tempo è rapido? Non pensate che nello<br />
spazio che resta dovreste sforzarvi di divenire perfetti? Se non possederete la<br />
forza della perfezione, conquistata con una volontà decisa in questo tempo che<br />
avanza, come potrete resistere alla tempesta che Satana e i suoi figli scatenerà<br />
contro il Maestro e la sua Dottrina? Un giorno verrà che, sbalorditi, vi<br />
chiederete: “Ma come potemmo essere travolti, noi che fummo con Lui per tre<br />
anni?”. Oh! la risposta è in voi, nel vostro modo di agire! Chi più si sforzerà<br />
a divenire perfetto in questo tempo che resta, colui più sarà capace di essere<br />
fedele».<br />
«Tre anni… Ma allora… Oh! mio Signore!… Dunque la primavera prossima ti<br />
perderemo?».<br />
«Queste piante hanno i frutticini ed Io li gusterò maturi. Ma mai più gusterò,<br />
dopo i frutti di quest’anno, nuovi raccolti… Non ti desolare, Simone. La<br />
desolazione è sterile. Sappi e provvedi a corroborarti in giustizia per poter<br />
essere fedele al momento tremendo».<br />
«Sì. Lo farò. Con tutte le mie forze. Posso dire questo agli altri? Perché si<br />
preparino essi pure?».<br />
«Puoi dirlo. Ma solo chi avrà forte volontà vorrà».<br />
«E gli altri? Perduti?».<br />
«No. Ma duramente provati dal loro atto. Saranno come uno che si credeva forte e<br />
si trova atterrato e vinto. Sbalorditi. Avviliti. Umili, finalmente! Perché,<br />
credilo Simone, se non c’è umiltà non si procede. L’orgoglio è la pietra su cui<br />
ha piedestallo Satana. Perché tenerla nel cuore? È maestro gradevole questo<br />
orrido essere?».<br />
«No, Maestro».<br />
«Eppure tenete nel cuore il punto di appoggio, la cattedra per le sue lezioni.<br />
Siete impastati di orgoglio. Ne avete per tutto e per tutti i motivi. Anche<br />
l’essere “miei” vi è orgoglio. Ma, o stolti, non vi guarisce il confronto di ciò<br />
che siete con Colui che vi ha eletti? Non è perché vi ho chiamati che sarete<br />
santi. È per il modo come sarete divenuti dopo la mia chiamata. La santità è<br />
fabbrica che ognuno eleva da se stesso. La Sapienza può indicargliene il metodo<br />
e il disegno. Ma l’opera materiale spetta a voi».<br />
«È vero. Allora, però, non ci perderemo? Dopo la prova saremo più santi perché<br />
umili?…».<br />
«Sì». Il sì è breve e severo.<br />
«Così lo dici, Maestro?».<br />
«Così lo dico».<br />
«Vorresti da noi santità avanti la prova…».<br />
«Vorrei così. E per tutti».<br />
«Per tutti! Non saremo uguali nella prova?».<br />
«Non uguali né prima, né durante, né dopo di essa. Eppure a tutti ho dato la<br />
stessa parola…».<br />
«E lo stesso amore, Maestro. Siamo dei grandi colpevoli verso di Te…».<br />
Gesù sospira…<br />
4Lo Zelote, dopo un silenzio piuttosto lungo, sta per parlare. Ma quasi di corsa<br />
vengono loro incontro gli apostoli e i discepoli che hanno incontrato Marziam<br />
alle prime pendici del Getsemani, e Simone tace mentre Gesù risponde ai saluti<br />
di tutti procedendo poi a fianco di Pietro verso l’uliveto e la casa.<br />
Pietro informa che erano alle vedette dall’alba, che Elisa è ancora sofferente<br />
in casa di Giovanna, che la sera avanti erano venuti dei farisei, che… che… che…<br />
un fastello di notizie arruffate alquanto, dalle quali finalmente esce la<br />
domanda: «E Lazzaro?», alla quale Gesù risponde esaurientemente. Pietro, molto<br />
curioso, non sa trattenersi dal chiedere: «E… nulla, Signore? Nessuna…<br />
notizia…».<br />
«Sì. A suo tempo le saprai. Dove è Marziam con la donna? Già alla casa?».<br />
«Oh, no! La donna non ha osato andare avanti. È seduta su un ciglio e ti<br />
aspetta. Marziam… Marziam… mi è scomparso. Sarà corso in casa».
«Affrettiamo il passo».<br />
Ma, per quanto lo affrettino, non giungono alla casa prima che Maria con la<br />
cognata, Salome, Porfirea e le mogli di Bartolomeo e Filippo ne siano uscite<br />
venerando. Gesù le saluta da lontano e si dirige al luogo dove Anastasica sta<br />
dimessa, la prende per mano conducendola verso la Madre e le donne.<br />
«Ecco, questo è il fiore di questa Pasqua, Madre. Uno solo quest’anno. Ma ti sia<br />
soave perché Io te lo conduco».<br />
La donna si è inginocchiata. Maria si curva e la solleva dicendo: «Le figlie<br />
stanno sul cuore, non ai piedi delle mamme. Vieni, figlia. Conosciamoci nel<br />
volto come già i nostri spiriti si conoscono. Ecco le sorelle presenti. Altre ne<br />
verranno. E sia una dolce famiglia tutta amore fra i suoi membri e tutta santità<br />
per la gloria di Dio».<br />
Si scambiano fra discepole il bacio di amore e si scrutano a vicenda. Entrano in<br />
casa salendo sulla terrazza circondata dal glauco di centinaia di ulivi. I<br />
gruppi si separano. Gesù con gli uomini. Le donne a parte intorno alla nuova<br />
venuta. Torna Susanna, andata in città col marito. Viene Giovanna coi bambini.<br />
Col suo viso d’angelo appare Annalia; e Giairo, che era mescolato ai discepoli<br />
mentre correvano da Gesù, torna con sua figlia che va nel gruppo delle donne,<br />
vicina a Maria che la carezza.<br />
Pace e amore è nell’accolta di persone. Poi il sole cala e, prima di congedare<br />
chi torna alle proprie case o a quelle ospitali, Gesù li riunisce tutti in<br />
preghiera e li benedice. Poi li congeda rimanendo con quelli che preferiscono<br />
pigiarsi nella casa del Getsemani o pernottare sotto gli ulivi piuttosto che<br />
allontanarsi di lì. Restano perciò Maria, Maria d’Alfeo, Salome, Anastatica,<br />
Porfirea, delle donne; e Gesù, Pietro, Andrea, Giacomo e Giuda d’Alfeo, Giacomo<br />
e Giovanni di Zebedeo, Simone Zelote, Matteo, Marziam, degli uomini.<br />
5La cena è presto consumata. E, dopo, Gesù invita sua Madre e Maria d’Alfeo ad<br />
andare con Lui e con i discepoli per l’uliveto silenzioso. Forse le altre tre<br />
donne andrebbero volentieri esse pure. Ma Gesù non le chiama, e anzi dice a<br />
Salome e Porfirea: «Fate sante parole con la nuova sorella e poi coricatevi<br />
senza attenderci. La pace sia con voi». E le tre si rassegnano al loro destino.<br />
Pietro è un poco imbronciato e tace, mentre tutti parlano mentre in gruppo vanno<br />
proprio verso il futuro masso dell’agonia. Si siedono sul ciglio avendo di<br />
fronte Gerusalemme, che si quieta lentamente dopo la confusione della giornata.<br />
«Accendi dei rami, Pietro» ordina Gesù.<br />
«Perché?».<br />
«Perché voglio leggervi ciò che scrivono Giovanni e Sintica. Per questo, tu che<br />
sei malcontento sappilo, per questo non ho fatto venire le tre donne».<br />
«Ma mia moglie c’era quella sera!…».<br />
«Ma escludere soltanto Salome, delle vecchie discepole, sarebbe stato brutto…<br />
Del resto ciò ti darà modo di sfogare la tua lingua narrando alla tua moglie<br />
prudente ciò che ora senti».<br />
Pietro, gongolante per l’elogio dato a Porfirea e per la concessione di poterla<br />
mettere al corrente del segreto, perde il broncio di colpo e si dà da fare ad<br />
accendere un allegro falò, dal quale si alzano fiamme diritte, ferme nell’aria<br />
calma.<br />
6Gesù si leva dalla cintura le due lettere, le svolge e legge nel mezzo del<br />
cerchio attento di undici volti.<br />
«“A Gesù di Nazaret onore e benedizione. A Maria di Nazaret benedizione e pace.<br />
Ai fratelli santi pace e salute. A Marziam beneamato pace e carezze.<br />
Lacrime e sorrisi sono nel mio cuore e sul mio volto mentre mi siedo per<br />
scrivere questa lettera per voi tutti. Ricordi, nostalgie, speranze e pace del<br />
dovere compiuto sono in me. Tutto il passato che per me ha valore, ossia quello<br />
iniziato dodici mesi sono, mi è davanti, e un salmo di riconoscenza a Dio,<br />
troppo pietoso per il colpevole, mi sgorga dal cuore. Che Tu sia benedetto, e<br />
con Te la Santa che ti ha dato al mondo, e l’altra madre che mi ricordo come la<br />
compassione incarnata, e con Te benedetti Pietro, Giovanni, Simone, Giacomo e<br />
Giuda, e l’altro Gia-como, e Andrea e Matteo, e infine, preso sul cuore per<br />
benedirlo, Marziam carissimo, per tutto quanto mi avete dato, dal momento che vi<br />
conobbi a quello che vi lasciai! Oh! non per mio volere! Dio perdoni coloro che<br />
hanno strappato me a voi! Dio li perdoni. E aumenti in me la capacità di farlo,<br />
di mio. Per ora, col suo aiuto, insieme a Lui lo posso fare. Ma da solo, no,<br />
ancora non potrei, perché troppo rovente è la ferita che essi mi hanno fatto con<br />
lo strapparmi alla mia vera Vita, a Te, Santissimo. Troppo rovente ancora
nonostante i tuoi conforti siano una pioggia continua e balsamica su me…”».<br />
7Gesù scorre molte righe senza leggerle. E riattacca: «“La mia vita…”»; ma<br />
Pietro, che per aiutare il Maestro a vedere ha preso un ramo fiammeggiante e lo<br />
tiene alzato, stando presso il Maestro e allungando il collo per vedere lo<br />
scritto, dice: «No, no, non è così! Perché non leggi, Maestro? C’è dell’altro in<br />
mezzo! Bestia sono, ma non tanto da non saper leggere piano. Io leggo: “Le tue<br />
promesse hanno superato le mie speranze…”».<br />
«Ma sei terribile! Peggio di un ragazzo!» dice Gesù sorridendo.<br />
«Sicuro! Sono un vecchio a momenti! Perciò ho più malizia di un fanciullo».<br />
«Dovresti anche avere più prudenza».<br />
«È buona per i nemici. Qui siamo fra amici. Qui Giovanni dice delle belle cose<br />
di Te. Voglio saperle. Per regolarmi anche io per quando Tu mi spedissi come una<br />
mercanzia altrove. Su, leggi tutto! Madre, diglielo tu che non è giusto darci le<br />
notizie sceverate come tanti pesciolini. Fuori! Fuori! Alghe, mota, pesce minuto<br />
e pesce prelibato. Tutto! Aiutatemi voi! Sembrate tante statue! Mi fate stizza!<br />
E ridono!».<br />
Non ridere è difficile davanti all’agitazione di Pietro, che salta qua e là come<br />
un puledro imbizzito, scuotendo il suo ramo fiammeggiante senza curarsi delle<br />
scintille che gli piovono addosso.<br />
Gesù deve cedere per calmarlo e potere andare avanti nella lettura.<br />
«“Le tue promesse hanno superato le mie speranze nelle tue promesse. Oh! Maestro<br />
santo! Quando in quella triste mattina d’inverno Tu mi hai promesso che Tu<br />
saresti venuto a consolare il tuo triste discepolo, io non ho capito il vero<br />
valore della tua promessa. Il dolore e la relatività dell’uomo opprimevano le<br />
facoltà dello spirito, ed esso era ottuso nel capire la portata della tua<br />
promessa.<br />
Che Tu sia benedetto, spirituale visitatore delle mie notti, che perciò non sono<br />
desolazione e dolore come mi prevedevo, ma attesa di Te, o gioioso incontro con<br />
Te. La notte, orrore dei malati, degli esiliati, dei soli, dei colpevoli, per<br />
me, veramente Felice di fare il tuo volere e di servirti, si è fatta ‘l’attesa<br />
delle vergini sagge per l’arrivo dello sposo’. La povera anima mia ha anzi più<br />
ancora. Ha la beatitudine di essere la sposa che attende il suo Amore, che viene<br />
nella stanza nuziale per darle ogni volta la gioia del primo incontro e l’estasi<br />
fortificante della fusione.<br />
Oh! mio Maestro e Signore, mentre ti benedico del tanto che mi dài, ti prego di<br />
ricordarti le due altre promesse che mi hai fatto. La più importante, per il<br />
troppo debole uomo che sono, è di non lasciarmi in vita per l’ora del tuo<br />
dolore. Tu conosci la mia debolezza! Non fare che colui che per il tuo amore si<br />
è spogliato dall’odio debba, per l’odio verso gli uomini tuoi carnefici, tornare<br />
a vestire le spinose e brucianti divise dell’odio. La seconda è per il tuo<br />
povero discepolo, anche esso troppo debole e incompiuto nella perfezione. Siimi<br />
presso, come hai detto, nell’ora del mio morire. Ora che so come per Te non<br />
esistono distanze, e mari, monti, fiumi e volere degli uomini non ti impediscono<br />
di dare a chi ti ama il conforto della tua sensibile presenza, non dubito più di<br />
poterti avere al mio spirare. Vieni, Signore Gesù! E vieni presto ad introdurmi<br />
nella pace.<br />
8Ed ora che ti ho parlato dello spirito, ti darò notizie del mio lavoro.<br />
Ho molti allievi, di ogni razza e paese. Per non urtare questi o quelli, ho<br />
diviso i giorni e alterno un dì ai pagani, uno ai fedeli, con molto profitto,<br />
data l’assenza qui di pedagoghi. Il guadagno lo do ai poveri e così li attiro al<br />
Signore. Ho ripreso il mio antico nome non perché lo ami, ma per prudenza. Nelle<br />
ore che sono del mondo, sono ‘Felice’. Nelle ore che sono di Gesù solo, sono<br />
‘Giovanni’: la grazia di Dio. Ho spiegato a Filippo che il vero nome era Felice<br />
e che Giovanni ero detto solo per distinguermi fra i fratelli. E nessuno stupore<br />
ha creato la cosa, data la facilità con cui cambiamo nomi o chiamiamo per<br />
soprannomi.<br />
Spero di fare qui molto lavoro, per preparare la via ai fratelli santi. Se<br />
avessi più forze vorrei spingermi per queste campagne a rendere noto il tuo<br />
Nome. Ma forse lo potrò nella prima estate o per le frescure di autunno. E solo<br />
che possa, lo farò. L’aria pura di Antigonio, questi giardini così placidi e<br />
belli, i fiori, i fanciulli, le gallinelle, l’affetto dei giardinieri, e<br />
soprattutto quello grande, saggio, figliale di Sintica, mi giovano molto. Direi<br />
che sono migliorato. Così non la pensa Sintica, benché questo suo pensiero si<br />
palesi solo dalle sollecite e continue cure che ha di me, per il mio cibo, per
il mio riposo, perché io non prenda freddo… Ma io mi sento meglio. Questa non è<br />
forse sensazione che viene dal dovere eroicamente compiuto? Così dice Sintica. E<br />
vorrei sapere se dice bene. Perché il dovere è cosa morale, mentre la malattia è<br />
cosa carnale.<br />
E anche vorrei sapere se Tu vieni realmente o se mi appari soltanto ai sensi<br />
spirituali, ma così perfettamente da non lasciarmi distinguere dove finisce la<br />
realtà materiale della tua Presenza.<br />
Maestro caro e benedetto, il tuo Giovanni si inginocchia chiedendoti<br />
benedizione. Alla Madre, a Maria, ai fratelli santi, pace e benedizione. A<br />
Marziam un bacio perché si ricordi di mandare le sante parole, pane agli esuli<br />
che sono operai nella vigna del Signore”.<br />
Questa è la lettera di Giovanni… Che ne dite?».<br />
Un incrociarsi di impressioni… Ma più forte di tutte è quella sulla presenza di<br />
Gesù. Lo tempestano di domande… sul come può essere, se può essere, e se Sintica<br />
vede ecc. ecc.<br />
9Gesù fa un gesto di silenzio e apre il rotolo di Sintica. Legge:<br />
«“Sintica al Signore Gesù con tutto l’amore di cui è capace. Alla Madre<br />
benedetta venerazione e lode. Ai fratelli nel Signore riconoscenza e<br />
benedizione. A Marziam l’abbraccio della sorella lontana.<br />
Giovanni ti ha detto, o Maestro, la nostra vita. Molto sinteticamente ti ha<br />
detto ciò che egli fa e che io, donnescamente, faccio. Ho la mia scuoletta piena<br />
di fanciulle e molto guadagno spiritualmente perché te le guadagno, o mio<br />
Signore, parlando del vero Dio attraverso allo stesso lavoro. Qui, in questa<br />
regione dove tante razze si sono mescolate, è una matassa arruffata di<br />
religioni. Tanto arruffata che… non sono più che impraticabili religioni,<br />
filacce di religioni che non servono più a nulla. In mezzo, rigida e<br />
intransigente, la fede degli israeliti che col suo peso spezza i già logori fili<br />
delle altre senza ottenere nulla.<br />
Giovanni, avendo alunni, deve agire con prudenza. Io, con le fanciulle, vado più<br />
liberamente. Essere donne è sempre una inferiorità, tanto che alle famiglie di<br />
diverse religioni non importa se le fanciulle si mescolano in un’unica scuola.<br />
Basta che imparino la fruttuosa arte del ricamo. E sia benedetto il concetto<br />
dispregioso che il mondo ha di noi donne, perché mi permette così di allargare<br />
sempre più il mio cerchio di azione. I ricami vanno a ruba, la fama si estende,<br />
vengono dame da lontano. A tutte ho modo di parlare di Dio… Oh! come anche i<br />
fili, che di-vengono fiori, animali, stelle sul telaio o sulla tela, servono,<br />
sol che si voglia, ad indirizzare le anime alla Verità. Avendo conoscenza di<br />
diverse lingue posso usare il greco coi greci, il latino coi romani, l’ebraico<br />
con gli ebrei. Anzi, in questo sempre più mi miglioro con l’aiuto di Giovanni.<br />
Altro mezzo di penetrazione è l’unguento di Maria. Ne ho fatto molto, di<br />
novello, con le essenze qui esistenti, e ad esso ho mescolato una particella di<br />
quello originario, per santificarlo. Ulceri e dolori, ferite e mal di petto<br />
scompaiono. Vero è che io, mentre spalmo e fascio, non faccio che dire i due<br />
Nomi santi: Gesù-Maria. Anzi, giocando sul nome greco di Cristo, ho chiamato<br />
questo balsamo: ‘Unto Mirra’. Non è forse così? Non c’è in esso l’essenza<br />
salutifera della Mirra di Dio che ti ha generato, o prezioso Olio che ci fai re?<br />
Devo stare molte volte alzata per poterne preparare sempre di nuovo, e pregherei<br />
la Santa di prepararne ancora e mandarmelo per i Tabernacoli, per poterlo<br />
mescolare all’altro fatto dalla infima serva di Dio. Però, se facessi male a<br />
fare così, dillo, Signore. E mai più lo farò.<br />
10Il caro Giovanni mi loda molto. E che dovrei dire io di lui, allora? Soffre<br />
acutamente, ma è di una fortezza meravigliosa. Non sapessi il suo segreto ne<br />
stupirei. Ma da quella notte che tornando da un malato l’ho scoperto estatico e<br />
trasfigurato, ed ho sentito le sue parole, e prostrata mi sono, intuendo che Tu<br />
eri presente al tuo servo, io non posso più stupirmi. Forse qualche fratello<br />
stupirà invece sentendo che non mi rammarico di non aver visto io pure. Perché<br />
dovrei farlo? Tutto è bene, tutto è sufficiente di ciò che Tu dài. Ognuno riceve<br />
la parte che merita e che gli è necessaria. Bene dunque è se Giovanni ha Te<br />
visibile ed io ti ho solo nello spirito.<br />
Sono io felice? Come donna ho rimpianti del tempo che fui con Te e Maria. Ma<br />
come anima felicissima sono, perché solo ora io ti servo, mio Signore. Penso che<br />
il tempo è un nulla. Penso che l’ubbidienza è moneta per entrare nel tuo Regno.<br />
Penso che darti aiuto è grazia che supera ciò che la povera schiava poteva<br />
sognare anche in ora di delirio, e che Tu mi hai concesso di aiutarti. Penso
che, separata ora, ti avrò infine per tutta l’eternità. E canto la canzone di<br />
Giovanni come fa una calandra a primavera sui campi d’oro dell’Ellade. Le mie<br />
fanciulle la cantano perché dicono che è bella. Io le lascio cantare sul ritmo<br />
del telaio, così simile a quello del remo in quel giorno lontano, perché penso<br />
che dire il tuo nome, o Madre, sia predisporsi alla Grazia.<br />
Giovanni mi prega di aggiungere la notizia che ti ha mandato un ottimo cittadino<br />
di Antiochia. Nicolai è il suo nome. La sua prima conquista per il tuo gregge.<br />
Molto speriamo che Nicolai non deluda il concetto che di lui abbiamo in cuore.<br />
Benedici la tua serva, Signore. Benedicila, o Madre, beneditemi tutti, o voi,<br />
santi, e tu, fanciullo benedetto che cresci in sapienza presso il Signore”.<br />
Così scrive Sintica. E ha aggiunto una postilla all’insaputa di Giovanni. Dice<br />
in essa: “Giovanni non grandeggia e rinforza che nello spirito. Il resto declina<br />
nonostante ogni cura. Molto conta nel primo dell’estate. Io penso che non potrà<br />
fare ciò che dice. Penso che l’inverno soffochi la sua larva di vita… Ma è in<br />
pace. E si santifica con le opere e con la sofferenza. Mantienigli la forza con<br />
la tua presenza, o mio Signore! Ti chiedo di sottoporre me ad ogni pena in<br />
cambio di questo dono per il tuo discepolo. Mandando queste da Tolmai a Lazzaro,<br />
ti supplico di volere dire a lui e alle sorelle che ricordiamo le loro bontà per<br />
noi, e per loro costantemente e ardentemente preghiamo”».<br />
Tutti si scambiano nuove impressioni.<br />
11Andrea si curva per chiedere qualcosa a Maria e resta stupefatto a vedere<br />
delle lacrime sul suo volto. «Piangi?» chiede.<br />
«Perché piange? Ma come? Madre!» dicono in molti.<br />
«Io lo so perché piange» dice Marziam.<br />
«Perché, allora?».<br />
«Perché Giovanni ha ricordato la morte del Signore».<br />
«Già. È vero! E come lo sa se non c’era più quando Tu l’hai predetta?».<br />
«Perché da Me l’ha saputo per suo conforto».<br />
«Uhm! Conforto!…».<br />
«Sì, conforto. La promessa che non attenderà molto ad avere il Regno. Egli lo<br />
merita perché vi ha superati nella volontà e nell’ubbidienza. Torniamo a casa.<br />
Prepareremo le risposte per darle a Tolmai, e tu, Marziam, unirai i tuoi libri».<br />
«Ah! capisco! capisco! Scriveva per loro!…».<br />
«Sì. Andiamo. Domani andremo al Tempio…».<br />
367. Giovedì avanti Pasqua. Preparativi nel Getsemani.<br />
23 gennaio 1946.<br />
1È appena un principio di aurora. Ma già gli uomini emulano gli uccelli che si<br />
agitano nei primi voli e nei primi lavori e canti del giorno. La casa del<br />
Getsemani si desta piano piano e si trova prevenuta dal Maestro, che già torna<br />
dalla preghiera fatta alle prime luci dell’alba, seppure non rientra dopo una<br />
intera notte di preghiera.<br />
Si ridesta lentamente il vicino campo dei Galilei sul pianoro del monte Uliveto,<br />
e grida e richiami vanno per l’aria serena, attutiti dalla distanza, ma<br />
abbastanza netti per fare comprendere che i pii pellegrini colà radunati stanno<br />
per riprendere le cerimonie pasquali, interrotte la sera avanti.<br />
Si ridesta la città, giù, in basso, iniziando il clamore che la fa piena, in<br />
questi giorni di sopraffollamento, con i ragli dei somarelli degli ortolani e<br />
dei venditori di agnelli, che si pigiano alle porte per entrare, e col pianto<br />
così commovente di centinaia di agnellini che, su carri, su basti, su bastoni o<br />
su spalle, vanno al loro tragico destino e chiamano la madre, piangono la sua<br />
lontananza non sapendo che dovrebbero piangere la vita giunta al termine così<br />
precocemente. Poi sempre più il rumore cresce in Gerusalemme, per lo scalpiccio<br />
di passi nelle vie, per i richiami da terrazza a terrazza e da queste alla via o<br />
viceversa. E il rumore giunge, come quello di un flutto marino, attutito dalla<br />
lontananza, sino alla serena conca del Getsemani.<br />
2Un primo raggio di sole sciabola diretto su di una cupola preziosa del Tempio e<br />
la accende tutta come fosse un sole sceso sulla terra, un piccolo sole posato su<br />
di un candido piedestallo, ma tanto bello, pur nella sua piccolezza.<br />
I discepoli e le discepole guardano ammirate quel punto d’oro. È la Casa del<br />
Signore! È il Tempio! Per capire cosa era questo luogo per gli israeliti, basta
vedere i loro sguardi nel fissarlo. Sembra che vedano, fra il rutilare dell’oro<br />
acceso dal sole, balenare la Faccia Ss. di Dio. Adorazione e amor di patria,<br />
santo orgoglio di essere ebrei, sono palesi in quegli sguardi più che se le<br />
labbra parlassero.<br />
Porfirea, che non è più stata a Gerusalemme da tanti anni, ha persino lacrime di<br />
commozione negli occhi mentre, inconsapevolmente, stringe il braccio del suo<br />
uomo che le indica non so che con la mano, e si abbandona un poco sopra di lui,<br />
simile ad una sposa novella, innamorata dello sposo, ammirata di lui, beata di<br />
essere da lui istruita.<br />
Intanto le altre donne parlano piano, appena a monosillabi, per chiedersi ciò<br />
che è da fare nel giorno, e Anastasica, non ancora pratica e un poco spaesata,<br />
sta lievemente discosta, assorta nei suoi pensieri.<br />
3Maria, che parlava con Marziam, la vede e va da lei passandole un braccio<br />
intorno alla vita. «Ti senti un poco sola, figlia mia? Ma oggi andrà meglio.<br />
Vedi? Mio Figlio sta ordinando agli apostoli di andare alle case delle discepole<br />
per avvertirle di radunarsi e di attenderlo nel pomeriggio in casa di Giovanna.<br />
Vuole certo parlare a noi, proprio a noi donne, e certo in precedenza ti avrà<br />
già data una madre. Buona, sai? La conosco da quando ero al Tempio. Era una<br />
madre fino da allora per le più piccole fra le vergini. E comprenderà il tuo<br />
cuore perché anche ella ha molto pianto. Mio Figlio la guarì l’anno scorso da<br />
una malinconia mortale che l’aveva presa dopo la morte dei suoi due figli. Tanto<br />
ti dico perché tu sappia chi è colei che d’ora in poi ti amerà e tu amerai.<br />
Però, come l’anno scorso dissi a Simon Pietro che riceveva Marziam per figlio,<br />
ora dico a te: “Che questo affetto non ti illanguidisca il cuore nella sua<br />
volontà di servire Gesù”. Se così fosse, il dono di Dio ti sarebbe pernicioso<br />
più della lebbra, perché spegnerebbe in te la volontà buona che ti darà un<br />
giorno il possesso del Regno».<br />
«Non temere, o Madre. Per quanto sta in me, di questo affetto farò una fiamma<br />
per sempre più accendere me stessa al servizio del Salvatore. Non mi appesantirò<br />
in esso e non appesantirò Elisa, ma insieme, anzi, sorreggendoci e spronandoci,<br />
in santa gara voleremo, con l’aiuto del Signore, per la sua via».<br />
4Mentre parlano, dal campo dei Galilei, dalla città, da case sparse per le<br />
pendici e dalla frazione, o borgatella che sia, che è appena fuori città, su una<br />
delle due vie che da Gerusalemme vanno a Betania e, per specificare, sulla via<br />
più lunga che Gesù fa raramente, sopraggiungono discepoli antichi e recenti, e<br />
ultimi ad arrivare sono Filippo con la famiglia, Tommaso solo, Bartolomeo con la<br />
moglie.<br />
«Dove sono i figli di Alfeo, Simone e Matteo?» chiede Tommaso che non li vede.<br />
Gesù gli risponde*: «Sono andati avanti. I due ultimi a Betania ad avvisare le<br />
sorelle di essere nel pomeriggio in casa di Giovanna. I due primi dalla stessa e<br />
da Annalia, per dire loro che nel pomeriggio sarò da Giovanna. Ci troveremo<br />
all’ora di terza alla Porta Dorata. Andiamo intanto a dare l’obolo ai mendicanti<br />
e ai lebbrosi. Bartolomeo vada con Andrea avanti, a comperare cibarie per essi.<br />
Noi li seguiremo lentamente fermandoci al sobborgo di Ofel, presso la porta, per<br />
andare poi dai poveri lebbrosi».<br />
«Tutti?» dicono alcuni poco entusiasti.<br />
«Tutti e tutte. La Pasqua, quest’anno, ci riunisce come mai fu possibile.<br />
Insieme facciamo ciò che saranno i doveri futuri di uomini e donne operanti nel<br />
mio Nome. 5Ecco Giuda di Simone che viene di fretta. Ne ho piacere perché voglio<br />
sia lui pure con noi».<br />
Infatti Giuda viene trafelato. «In ritardo, Maestro? Colpa di mia madre. È<br />
venuta, contrariamente al solito e a ciò che le avevo detto. L ‘ho trovata ieri<br />
sera presso un amico di casa nostra. E questa mattina mi ha trattenuto in<br />
discorsi… Voleva venire con me. Ma non ho voluto».<br />
«Perché? Maria di Simone non merita forse di stare dove tu stai? Anzi molto più<br />
di te lo merita. Va’ perciò di corsa a prenderla e raggiungici al Tempio, alla<br />
Porta Dorata».<br />
Giuda va via senza obbiettare. Gesù si mette in cammino, davanti, con gli<br />
apostoli e i discepoli. Le donne, con Maria al centro, dietro agli uomini.<br />
368. Giovedì avanti Pasqua. A Gerusalemme e nel Tempio.<br />
24 gennaio 1946.
1Non vedo la distribuzione di cibi ai lebbrosi di Hinnon, e di essi sento solo<br />
parlare. Ma non mi pare siano avvenuti miracoli fra essi, perché Simone Pietro<br />
dice: «La solitudine atroce non ha dato loro la grazia di credere e conoscere<br />
dove è la Salute».<br />
______________________<br />
Gesù gli risponde è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.<br />
Poi la città li accoglie dalla Porta che mette nel chiassoso o popolato sobborgo<br />
di Ofel.<br />
Dopo qualche metro, da una porta di casa socchiusa balza fuori tutta festosa<br />
Annalia, che venera il Maestro dicendo: «Ho licenza dalla madre di stare fino a<br />
sera con Te, Signore».<br />
«Non se ne dispiacerà Samuele?».<br />
«Non c’è più Samuele nella mia vita, Signore. E l’Altissimo ne abbia grazie.<br />
Solo mi conceda che, come ha lasciato me, non lasci Te, o mio Dio». La bocca<br />
giovanile sorride eroicamente, mentre un luccicore di pianto splende negli occhi<br />
casti.<br />
Gesù la guarda fissamente e le dice, per tutta risposta: «Unisciti alle<br />
discepole», e riprende il cammino.<br />
Ma la vecchia madre di Annalia, più vecchia per i dolori che per l’età, si<br />
avvicina a sua volta, tutta curvata in venerabondo e accasciato saluto, e dice:<br />
«La pace a Te, Maestro. Quando ti potrei parlare? Ho tanto affanno!…».<br />
«Subito, donna». E volgendosi a chi è con Lui ordina: «Sostate qui fuori. Io<br />
entro un poco in questa casa», e fa per avviarsi dietro alla donna.<br />
Ma Annalia, dal gruppo delle discepole, lo richiama con una sola parola:<br />
«Maestro!», ma quanto c’è in essa! E congiunge le mani nel dirla, come<br />
supplicasse…<br />
«Non temere. Sta’ in pace. La tua causa è nelle mie mani e così il tuo segreto»<br />
la rassicura Gesù. E poi, rapido, entra nella porta socchiusa.<br />
Fuori si commenta sul fatto, e curiosità maschili e femminili sono in gara per<br />
sapere… sapere… sapere…<br />
2Dentro si ascolta e si piange. Gesù ascolta. Appoggiato con le spalle alla<br />
porta, che ha chiuso da Sé non appena entrato, con le braccia conserte sul<br />
petto, ascolta la madre della fanciulla che piangendo gli narra della volubilità<br />
del promesso sposo, che ha colto un pretesto per sciogliersi del tutto dal<br />
legame… «Dimodoché Annalia è come una ripudiata e mai più avrà nozze, perché<br />
ella ha dichiarato che Tu non approvi chi dopo il ripudio torna a sposarsi. Ma<br />
così non è. Ella è fanciulla ancora! Ella non vende se stessa ad altro uomo,<br />
perché di nessun uomo è stata. Ed egli colpevole è di crudeltà. E più. Perché in<br />
lui è venuta volontà d’altre nozze, ma sarà mia figlia che apparirà colpevole, e<br />
il mondo la deriderà. Provvedi, o Signore, perché per Te questo avviene».<br />
«Per Me, donna? In che ho peccato?».<br />
«Oh! Tu non hai peccato. Ma egli dice che Annalia ti ama. E finge gelosia. Ieri<br />
sera venne, ed essa era da Te. Si infuriò e fece giuramento di non volerla più<br />
per moglie, e Annalia, sopraggiunta allora, gli rispose: “Bene fai. Solo mi<br />
spiace che tu abbia a vestire la verità di menzogna e di calunnia. Tu sai che<br />
Gesù non si ama che con l’anima. Ma è la tua anima che ormai si è corrotta e<br />
lascia la Luce per la carne, mentre io lascio la carne per la Luce. Non potremmo<br />
più essere un sol pensiero come due sposi devono essere. Va’, dunque, e Dio<br />
vegli su te”. Non una lacrima, capisci? Nulla che abbia toccato il cuore<br />
dell’uomo! Le mie speranze deluse! Ella… oh! certo per leggerezza, causa la sua<br />
rovina. 3Chiamala, Signore. Parlale. Piegala alla ragione. Cerca Samuele. È da<br />
Abramo suo parente, alla terza casa dopo la Fonte del fico. Aiutami! Ma prima<br />
parla a lei, subito…».<br />
«Parlare, parlerò. Ma dovresti ringraziare Dio che scioglie un legame umano che,<br />
chiaro è, non dava affidamento buono. L’uomo è volubile e ingiusto verso Dio e<br />
verso la donna sua…».<br />
«Sì, ma è atroce che il mondo pensi lei colpevole, Te colpevole, solo perché<br />
ella ti è discepola».<br />
«Il mondo accusa e poi dimentica. Il Cielo invece è eterno. Tua figlia sarà<br />
fiore del Cielo».<br />
«Allora perché l’hai fatta vivere? Sarebbe stata fiore senza aver avuto la<br />
lapidazione delle calunnie. Oh! Tu che sei Dio, chiamala, fàlla ragionare e poi
fa’ riflettere Samuele…».<br />
«Ricordati, donna, che neppure Iddio può opprimere la volontà e la libertà<br />
dell’uomo. Essi, Samuele e tua figlia, hanno diritto di seguire ciò che sentono<br />
essere bene per loro. Specie Annalia ne ha diritto…».<br />
«Ma perché?».<br />
«Perché più di Samuele essa è amata da Dio. Perché più che a Samuele essa dà<br />
amore a Dio. È di Dio tua figlia!».<br />
«No. In Israele ciò non è. La donna deve essere sposa… È mia la figlia… Il suo<br />
sponsale mi dava pace di giorni futuri…».<br />
«Tua figlia era del sepolcro da un anno se Io non agivo. Chi sono Io per te?».<br />
«Il Maestro e Dio».<br />
«E come Dio e Maestro dico che l’Altissimo ha diritto più di ogni altro sui suoi<br />
figli, e che molto sta per mutarsi nella Religione, e sarà d’ora in poi<br />
possibile alle vergini di esser tali in eterno per amore di Dio. 4Non piangere,<br />
o madre. Lascia la tua casa e vieni con noi, oggi. Vieni! Là fuori è la Madre<br />
mia e altre eroiche madri che hanno dato i figli al Signore. Unisciti ad esse…».<br />
«Parla ad Annalia… Prova, Signore!» geme la donna fra i singhiozzi.<br />
«Sta bene. Farò come tu vuoi» dice Gesù. E aperta la porta chiama: «Madre, vieni<br />
con Annalia».<br />
Le due chiamate vanno leste. Entrano.<br />
«Fanciulla, tua madre vuole che Io ti dica di riflettere ancora. Vuole che lo<br />
parli a Samuele. Che devo fare? Che risposta mi dai?».<br />
«Parla pure a Samuele. Anzi io pure ti supplico di farlo. Ma solo perché vorrei<br />
che, udendo Te, giusto si facesse. Riguardo a me, Tu sai. Ti prego dare a mia<br />
madre la risposta più vera».<br />
«Senti, donna?».<br />
«Quale è dunque la risposta?» chiede con voce spezzata la vecchia, che in sul<br />
primo delle parole della figlia credeva ad una resipiscenza della stessa e che<br />
poi ha compreso che così non è.<br />
«La risposta è che da un anno tua figlia è di Dio, e il voto è perenne finché<br />
duri la vita».<br />
«Oh! misera me! Quale madre più di me infelice?!».<br />
Maria lascia la mano della fanciulla per prendere fra le braccia la donna e<br />
dirle dolcemente: «Non peccare col tuo pensiero e con la tua lingua. Non è<br />
infelicità dare a Dio un figlio, ma gloria ben grande. Mi hai detto un giorno<br />
che il tuo dolore era di non avere avuto che una figlia, perché avresti amato<br />
avere il maschio sacro al Signore. Non un maschio ma un angelo, un angelo che<br />
precederà il Salvatore nel suo trionfo tu hai. E vuoi dirti infelice? Mia madre<br />
spontaneamente mi consacrò al Signore dal primo palpito che udì nel seno di me,<br />
concepita in tarda età. E non mi ebbe che per tre anni. Né io l’ebbi che nel<br />
cuore. Eppure la sua pace nel morire fu l’avermi data a Dio… Suvvia, vieni al<br />
Tempio a cantare la lode a Colui che tanto ti ama da scegliere la tua fanciulla<br />
a sua sposa. Abbi una vera sapienza nel cuore. Vera sapienza è non porre limiti<br />
alla propria generosità verso il Signore».<br />
La donna non piange più. Ascolta… Poi si decide. Prende il manto e vi si<br />
avvolge. Ma passando davanti alla figlia sospira: «Prima la malattia, poi il<br />
Signore… Ah! non dovevo averti! …».<br />
«No, mamma. Non dire così! Mai come ora mi hai. Tu e Dio. Dio e tu. Voi soli,<br />
fino alla morte…», e l’abbraccia dolcemente chiedendo: «Una benedizione, madre!<br />
Una benedizione… perché ho tanto sofferto per doverti far soffrire. Ma Dio mi<br />
voleva così…».<br />
Si baciano, piangendo. Poi escono, precedute da Gesù e Maria, e chiudono la casa<br />
accodandosi alle discepole…<br />
5…«Perché entriamo di qui, Signore? Non era meglio entrare dall’altra parte?»<br />
chiede Giacomo di Zebedeo.<br />
«Perché, passando di qui, passiamo davanti all’Antonia».<br />
«E Tu speri… Sta’ attento, Maestro!… Il Sinedrio ti spia» dice Tommaso.<br />
«Come lo sai?» gli chiede Bartolomeo.<br />
«Basta riflettere all’interessamento dei farisei per capire. Mi dite che con<br />
mille scuse vengono continuamente ad osservare ciò che facciamo!… Per che scopo,<br />
se non per trovare in colpa il Maestro?».<br />
«Hai ragione. Non passiamo allora dall’Antonia, Maestro. Se i romani non ti<br />
vedono, tanto di meglio».
«E in questa ragione non tanto premura per Me quanto schifo per essi è<br />
contenuto, non è vero, Bartolmai? Come saresti sapiente se levassi dal tuo cuore<br />
queste miserie!» risponde Gesù, che procede però per la sua via senza ascoltare<br />
nessuno.<br />
Per andare all’Antonia devono passare per il Sisto, dove è il palazzo di<br />
Giovanna e quello di Erode, poco lontano l’uno dall’altro. E Gionata è sulla<br />
porta del palazzo di Cusa e, non appena vede Gesù, dà la voce a quelli di casa.<br />
Esce subito Cusa e si inchina. Lo segue Giovanna, già pronta per unirsi al<br />
gruppo delle discepole.<br />
Cusa parla: «Ho udito che oggi sei da Giovanna. Concedi al tuo servo di averti<br />
ospite in un convito».<br />
«Sì. Ma purché tu mi conceda di fare, di esso, convito di carità per i poveri e<br />
gli infelici» .<br />
«Come credi, Signore. Ordina e farò ciò che Tu vuoi».<br />
«Grazie. La pace sia con te, Cusa» .<br />
Giovanna chiede: «Hai ordini per Gionata? Egli è a tua disposizione».<br />
«Li darò dopo essere stato al Tempio. Andiamo, perché siamo attesi».<br />
Passano dopo poco presso il bello e crudele palazzo di Erode. Ma è chiuso come<br />
fosse senza abitanti. Passano presso l’Antonia. I militi osservano il piccolo<br />
corteo del Nazareno.<br />
6Entrano nel Tempio; e mentre le donne si fermano nella parte inferiore, gli<br />
uomini proseguono per il luogo ad essi concesso. Giungono così al luogo dove<br />
vengono presentati i fanciulli e purificate le donne. Un piccolo gruppetto di<br />
gente accompagna una giovane madre e si ferma ad osservare le cerimonie del<br />
rito.<br />
«Un piccolo sacro al Signore, Maestro!» dice Andrea che osserva la scena.<br />
«È, se non erro, la donna di Cesarea di Filippo*, quella del castello. Mi è<br />
passata davanti mentre ti aspettavamo alla Porta Dorata» dice Giacomo d’Alfeo.<br />
«Sì. C’è anche la suocera e l’intendente di Filippo. Non ci hanno visti. Ma noi<br />
abbiamo visto loro» aggiunge il Taddeo.<br />
E Matteo aggiunge: «Noi due abbiamo invece visto Maria di Simone con un vecchio.<br />
Ma Giuda non c’era. Pareva molto triste la donna. Si guardava intorno con<br />
affanno».<br />
«La cercheremo poi. Ora preghiamo. E tu, Simone di Giona, fa’ l’offerta al<br />
gazofilacio**. Per tutti».<br />
Pregano a lungo, molto notati dalla gente che si indica il Maestro.<br />
7Un breve alterco, nel quale emerge la nota acuta di una voce femminile, fa<br />
volgere il capo agli oranti meno raccolti.<br />
«Se qui sono stata per offrire il maschio a Dio, posso rimanervi un altro poco<br />
per offrirlo a Chi lo ha salvato al Signore» dice la voce acuta.<br />
E voci nasali d’uomo insistono: «Non è lecito alla donna fermarsi qui dopo il<br />
rito. Va’ via».<br />
«Vi andrò. Ma dietro a Lui».<br />
«Chiamalo, allora, e vattene con Lui».<br />
«Piano! Piano! Lasciate che la donna parli e dica come può dire che il Nazareno<br />
ha salvato a Dio il fanciullo» dice una strascicata voce di uomo.<br />
«E che te ne preme, Gionata di Uziel?».<br />
«Se me ne preme!? Qui certo è un nuovo peccato. Una nuova prova. Odimi, o donna.<br />
Come quell’uomo ti salvò il figlio? Vuoi dirlo ai cercatori tenaci della<br />
verità?» chiede mellifluo questo fariseo che non mi è nuovo.<br />
_____________________<br />
* la donna di Cesarea di Filippo è Dorca, incontrata in 345.3/5; questo fariseo<br />
che non mi è nuovo, di dodici capoversi più sotto, è Gionata di Uziel,<br />
incontrato in 217.2/4.<br />
** Il gazofilacio era, nel recinto del Tempio, il luogo in cui i fedeli<br />
deponevano le offerte in denaro.<br />
«Oh! sì. Con gratitudine lo dico. Ero disperata perché il bambino m’era nato<br />
morto. Vedova sono, e questa creatura è tutto per me. Egli venne e gli dette<br />
vita».<br />
«Quando? Dove?».<br />
«A Cesarea di Filippo. Sono del castello di Cesarea».<br />
«La vita! Sarà stato solo un mancamento del fanciullo…».<br />
«No. Era morto. La madre mia lo può dire. E dire lo può l’intendente del
castello. Egli venne e gli alitò in bocca, e il bimbo si agitò e vagì».<br />
«E tu dove eri?».<br />
«In letto, signore. Avevo partorito allora».<br />
«Oh! orrore!».<br />
«Ah! Anatema».<br />
«Impuro!».<br />
«Sacrilego!».<br />
«Vedete se avevo ragione di interrogare?».<br />
«Sapiente sei, Gionata di Uziel! Come intuisti?».<br />
«Conosco l’uomo. Lo vidi violare il sabato nelle mie terre della pianura per<br />
saziare la sua fame».<br />
«Cacciamolo di qua!».<br />
«Riferiamo ai Principi dei sacerdoti».<br />
«No. Interroghiamolo se si è purificato. Non possiamo accusare senza sapere…».<br />
«Taci là, Eleazar. Non ti sporcare con una stolta difesa».<br />
La giovane Dorca, presa in mezzo, causa di tanto parapiglia, dà uno scoppio di<br />
pianto e grida: «Oh! per mia causa non gli nuocete!».<br />
8Ma alcuni scalmanati hanno raggiunto il Signore e imperiosamente gli dicono:<br />
«Vieni qui e rispondi».<br />
Gli apostoli e i discepoli sono agitati da ira e da timore. Gesù calmo e solenne<br />
segue chi lo chiama.<br />
«Riconosci questa donna?» urlano spingendolo nel mezzo del cerchio che si è<br />
fatto intorno a Dorca e additandola come fosse una lebbrosa.<br />
«Sì. È una giovane vedova e madre di Cesarea di Filippo. E quella è la suocera<br />
sua. E quello è l’intendente del castello. Ebbene?».<br />
«Ella ti accusa di essere entrato da lei mentre ancora il parto avveniva».<br />
«Non è vero, Signore! Io non l’ho detto. Ho detto che mi hai rianimato il<br />
figlio. E non di più! Volevo farti onore e ti faccio del male. Oh! perdono!<br />
perdono!».<br />
L’intendente di Filippo interviene in suo aiuto e dice: «Non è vero. Voi<br />
mentite. La donna così non ha detto ed io ne sono testimone, pronto a giurare<br />
questo, e anche che il Rabbi non entrò nella stanza, ma dalla soglia operò il<br />
miracolo».<br />
«Taci tu, servo».<br />
«No. Non tacerò. E lo dirò a Filippo che venera il Rabbi più di voi, falsi<br />
devoti del Dio altissimo».<br />
L’alterco scivola dalla donna al terreno religioso e politico. Gesù tace. Dorca<br />
piange.<br />
9Eleazar, l’ospite giusto del banchetto in casa di Ismaele, dice: «Credo che sia<br />
chiarito il dubbio e cada l’accusa, e il Rabbi, giustificato, possa essere<br />
libero d’andare».<br />
«No. Voglio sapere se si è purificato dall’aver toccato il morto. Lo giuri su<br />
Jeovè!» urla Gionata di Uziel.<br />
«Non mi sono purificato perché il fanciullo non era morto, ma solo stentava a<br />
respirare».<br />
«Ah! ti fa comodo ora dire che non risuscitò, eh?» urla un fariseo.<br />
«Perché non ti vanti come facesti a Cedes?» chiede un altro.<br />
«Ma non perdiamo tempo in parole! Cacciamolo e portiamo la nuova accusa al<br />
Sinedrio. Un mazzo d’accuse!».<br />
«Quale altra?» chiede Gesù.<br />
«Quale? E l’aver toccato la lebbrosa senza poi purificarti? Puoi negarlo? E<br />
l’avere bestemmiato a Cafarnao tanto che i più giusti ti hanno abbandonato? Puoi<br />
negarlo?».<br />
«Non nego nulla. Ma sono senza peccato perché tu, Sadoc, che accusi, sai dal<br />
marito di Anastasica che ella non era lebbrosa, tu lo sai, tu pronubo<br />
dell’adulterio di Samuele, tu mentitore davanti al mondo con lui per favorire la<br />
libidine del sozzo, dando il nome di lebbra a ciò che non era lebbra, e<br />
condannando una donna a quella tortura che è l’esser detti “lebbrosi” in<br />
Israele, solo perché sei complice del colpevole marito».<br />
Lo scriba Sadoc, uno di quelli che erano a Giscala e poi a Cedes, colpito in<br />
pieno, se la svigna senza più parlare. La gente gli urla dietro beffarda.<br />
«Silenzio! Il luogo è sacro» dice Gesù. E ordina alla donna e a chi è con lei:<br />
«Andiamo. Venite con Me dove sono atteso». E si avvia severo e maestoso, seguito<br />
dai suoi.
10La donna intanto, interrogata da molti, racconta e racconta, ripetendo ogni<br />
volta: «Mio figlio è suo e a Lui lo consacro».<br />
L’intendente, invece, si accosta a Gesù e dice: «Maestro, ho detto a Filippo il<br />
miracolo. Egli mi ha mandato per dirti che egli ti ama. Tienilo presente nelle<br />
insidie di Erode… e degli altri. Ma vorrebbe vedere lui pure, e udirti. Non<br />
verrai oggi alla sua casa? Ti terrebbe volentieri, anche nella Tetrarchia».<br />
«Non sono un istrione né un mago. Sono il Maestro della Verità. Venga alla<br />
Verità ed Io non lo respingerò».<br />
Sono nel cortile delle donne. «Eccolo! Eccolo!» dicono le discepole a Maria che<br />
è in pena per il ritardo.<br />
Si riuniscono, e Gesù vorrebbe congedare quelli di Cesarea per andare alla<br />
ricerca di Maria madre di Giuda, ma Dorca si inginocchia e dice: «Ti cercavo io<br />
prima di lei, di questa che Tu cerchi e che è madre di un discepolo. Ti cercavo<br />
per dirti: “Questo figlio è tuo. Maschio unigenito, io te lo consacro. Tu sei il<br />
Dio vivente. Sia egli il tuo servo”».<br />
«Sai cosa vuoI dire questo? Vuol dire consacrare tuo figlio al dolore, perderlo<br />
come madre e acquistarlo come martire in Cielo. Ti senti d’essere martire nella<br />
tua creatura?».<br />
«Sì, mio Signore. Martire mi avrebbe fatto la sua morte, e di un martirio di<br />
povera donna madre. Per Te lo sarò in maniera perfetta, gradita al Signore».<br />
«E così sia!… 11Oh! Maria di Simone, quando sei venuta?».<br />
«Ora. Con Anania, mio parente… Io pure ti cercavo, Signore…».<br />
«Lo so. E ho mandato Giuda a dirti di venire. Non è venuto?».<br />
La madre di Giuda china il capo e mormora: «Sono uscita subito dopo di lui per<br />
venire al Getsemani. Ma Tu eri partito di là… Sono corsa al Tempio… Ora ti<br />
trovo… In tempo per sentire questa fanciulla, già madre e così felice!… Oh! come<br />
vorrei potere dirti come lei, Signore, e di un Giuda neonato… dolce, dolce… come<br />
uno di questi agnellini…», e piangendo indica i belanti agnelli che vanno verso<br />
il sacrificatore. Si avvolge nel manto per celare il suo pianto.<br />
«Vieni con Me, madre. Parleremo nella casa di Giovanna. Qui non è il luogo».<br />
Le discepole prendono in mezzo Maria, madre di Giuda, mentre il parente Anania<br />
si mescola ai discepoli. Anche Dorca e la suocera vanno fra le discepole, e<br />
Maria d’Alfeo e Salome vanno in estasi nel vezzeggiare il piccino.<br />
Si avviano all’uscita. Ma prima di giungervi ecco uno schiavo romano portare una<br />
tavoletta cerata a Giovanna, che la legge e risponde: «Dirai che sì. Nel<br />
pomeriggio da me, a palazzo».<br />
E poi è il trillo di Jaia e sua madre vedendo il Salvatore: «Eccolo, eccolo il<br />
Datore della luce! Benedetto Te, Luce di Dio!», e sono a fronte a terra, felici.<br />
La gente si accalca, chiede, comprende, osanna.<br />
E poi è il vecchio Mattia, l’uomo che ospitò nella notte tempestosa Gesù e i<br />
suoi presso Jabes Galaad, che venera e benedice.<br />
E poi è il nonno di Marziam e gli altri contadini ai quali Gesù, dopo avere<br />
parlato con Giovanna, dice: «Venite con Me», come lo ha detto già a Dorca, a<br />
Jaia, a Mattia.<br />
12Ma presso la Porta Dorata ecco Marco di Giosia, il discepolo fedifrago, che<br />
parla animatamente con Giuda Iscariota. Giuda vede venire il Maestro e lo dice<br />
al compagno. Questo si volta quando ha già Gesù alle spalle. Gli sguardi si<br />
intrecciano. Che sguardo quello del Cristo! Ma l’altro ormai è sordo ad ogni<br />
santo potere. Per fuggire più presto, quasi getta Gesù contro una colonna. E<br />
Gesù, per tutta reazione, dice: «Marco, fermati. Per pietà della tua anima e di<br />
tua madre!».<br />
«Satana!» grida l’altro. E se ne va.<br />
«Orrore!» gridano i discepoli. «Ma maledicilo, Signore!». E il primo a dirlo è<br />
l’Iscariota.<br />
«No. Non sarei più Gesù… Andiamo».<br />
«Ma come, come ha potuto diventare così? Era così buono!» dice Isacco, che pare<br />
trapassato da una freccia tanto è accorato del mutamento di Marco.<br />
«È un mistero. Una inspiegabile cosa!» dicono in molti.<br />
E Giuda di Keriot: «Sì. Lo facevo parlare. Tutta un’eresia. Ma come detta! Quasi<br />
ti persuade. Non era sapiente tanto, quando era giusto».<br />
«Devi dire che non era folle tanto, quando era indemoniato presso Gamala!» dice<br />
Giacomo di Zebedeo.<br />
E Giovanni chiede: «Perché, Signore, quando era indemoniato ti nuoceva meno di<br />
ora? Non potresti guarirlo perché non ti nuoccia?».
«Perché adesso ha accolto in sé un demonio intelligente. Prima egli era albergo<br />
preso di forza da legione di demoni. Ma mancava in lui il consenso ad averli.<br />
Ora la sua intelligenza ha voluto Satana, e Satana ha messo in lui una forza<br />
demoniaca intelligente. Contro questa seconda possessione nulla posso. Dovrei<br />
violentare la volontà libera dell’uomo».<br />
«Tu soffri, Maestro?!».<br />
«Sì. Sono le mie angosce… le mie sconfitte… E me ne accoro perché sono anime che<br />
si perdono. Per questo solo. Non per il male che fanno a Me».<br />
13Fermi come sono, in attesa di avere la via sgombra da un ingorgo di gente e di<br />
cavalcature, sono tutti in crocchio. E lo sguardo della madre di Giuda è di una<br />
tale potenza che suo figlio le chiede: «Ma insomma? Che hai? Vedi il mio volto<br />
per la prima volta? In verità tu sei malata e devo farti curare…».<br />
«Non sono malata, figlio! E non ti vedo per la prima volta!».<br />
«E allora?».<br />
«E allora… nulla. Vorrei solo che tu non meritassi mai quelle parole dal<br />
Maestro».<br />
«Io non lo abbandono e non lo accuso. Sono il suo apostolo io!».<br />
Riprendono a camminare fino a che Gesù si ferma per salutare Giovanna e le<br />
discepole che vanno con Giovanna alla casa di questa. Gli uomini, invece, vanno<br />
tutti al Getsemani.<br />
«Potevamo andare tutti là. Avrei voluto vedere ciò che diceva Elisa» brontola<br />
fra i denti Pietro*.<br />
«Lo vedrai. Perché solo oggi ella saprà, e da Me, che le affido Anastasica».<br />
«E questa sera convito?».<br />
«Sì. Ho detto a Giovanna ciò che deve fare».<br />
«Che deve fare? Quando lo hai detto?» chiedono in più d’uno.<br />
«Lo vedrete. Prima di lasciarla. Mentre la salutavo. Andiamo presto per essere<br />
presto al giardino di Giovanna».<br />
_________________<br />
* brontola fra i denti Pietro e, alcune righe più sotto, chiedono in più d’uno,<br />
sono due aggiunte di MV su una copia dattiloscritta.<br />
369. Giovedì avanti Pasqua. Parabola della lebbra delle case.<br />
25 gennaio 1946.<br />
lE nella via del ritorno verso la casa di Giovanna, mentre sono un poco isolati<br />
fra la gente che si pigia nelle vie e che separa l’un dall’altro i molti della<br />
compagnia che segue Gesù, Pietro, che è col Maestro e con i due figli di Alfeo,<br />
domanda: «Ecco, Signore. Adesso che possiamo parlare un poco fra noi, mi dici<br />
una cosa che da ieri sera penso?».<br />
«Sì, Simone. Dimmi che cosa è, ed Io risponderò».<br />
«È da ieri sera che penso alla grande grazia che Tu concedi a Giovanni ad<br />
Antigonio. Ma sai che è ben grande?! Una cosa unica. Fatta solamente a lui!<br />
Eppure anche Sintica merita tanto… E infine c’è tanta brava gente che…<br />
meriterebbe di vederti… e che non ti vede altro che quando ti è vicina. Noi, per<br />
esempio, come saremmo stati consolati quando ci hai mandati per il mondo! E<br />
delle volte si è stati in momenti che una tua parola ci avrebbe levati<br />
dall’incertezza… Ma Tu, a noi, non vieni mai… Perché questa differenza?».<br />
«Concludendo, tu, Simone mio, sei un poco geloso?.».<br />
«Noooh! Ma… Insomma vorrei sapere tre cose: perché a Giovanni di Endor; se a lui<br />
solo; e se non c’è il caso che un giorno avvenga anche a noi, a me, per esempio,<br />
di vederti miracolosamente e di sapere da Te come regolarmi».<br />
«Ed lo ti rispondo. A Giovanni perché è uno spirito volonterosissimo ma che, per<br />
le sue avventure passate, ha delle debolezze, più fisiche che altro, che<br />
potrebbero far rovinare l’edificio che egli ha costruito della sua elevazione a<br />
Dio. 2Vedi, amico mio? Il passato, stato per tanto tempo su noi come una crosta<br />
penetrata fin nel profondo, ha inciso segni indelebili, non solo, ma lascia<br />
tendenze indelebili in ogni uomo. Guarda ad esempio quella casupola costruita<br />
sotto il monte. Le acque del suolo, quelle che scolano dal monte durante le
piogge, l’hanno penetrata lentamente. Ora c’è sole caldo, per mesi ci sarà. Ma<br />
le muffe che hanno penetrato la calcina saranno sempre presenti come macchie di<br />
lebbra. La casa è abbandonata perché dichiarata lebbrosa. In altri tempi, meno<br />
irridenti, la casa sarebbe stata demolita del tutto, secondo la legge*. Perché è<br />
avvenuto questo disastro alla povera casa? Perché i proprietari di essa non<br />
hanno provveduto a tenere scavati fossatelli intorno ad essa per non fare<br />
stagnare le acque alla base, per derivare lontano dal lato che si appoggia al<br />
monte le acque scendenti dallo stesso. Ora la casa non solo è brutta, ma è<br />
minata dall’umido. Se un volonteroso pensasse a quei lavori e poi la ripulisse,<br />
raschiando le mura e cambiando i mattoni imporriti con altri nuovi, essa<br />
potrebbe essere usata ancora. Però presenterebbe sempre debolezze tali che in un<br />
terremoto sarebbe la prima a crollare. Giovanni è stato penetrato per anni dai<br />
veleni del male del mondo. Ha provveduto con la volontà a reciderli dalla sua<br />
anima tornata viva. Ma nella base nascosta nella carne, nella<br />
____________________<br />
* secondo la legge sulla lebbra delle case, che è in Levitico 14, 33-57.<br />
parte inferiore, sono rimaste debolezze… Lo spirito è forte, ma la sua carne è<br />
debole, e la carne sprigiona pure tempeste quando i suoi fomiti si congiungono<br />
ad elementi del mondo, capaci di scuotere l’io. Giovanni!… Che rimuovere di<br />
particelle del passato ha causato quanto è accaduto! Io ne aiuto la resistenza,<br />
la depurazione, la vittoria sul risorgere del passato, do conforto al suo troppo<br />
soffrire come posso. Perché egli lo merita. Perché è giusto aiutare una volontà<br />
santa contro cui si è lanciata in assalto tutta la nequizia del mondo. 3Sei<br />
persuaso?».<br />
«Sì, Maestro. E… a lui solo ti mostri?».<br />
Gesù sorride guardando Pietro, che lo guarda dal basso e pare un bambino che<br />
osservi il volto del padre. Risponde: «Non a lui solo. Anche ad altri che sono<br />
lontani a costruirsi la loro santità, faticosamente e da soli».<br />
«Chi sono?».<br />
«Ciò non è necessario sapere».<br />
Giacomo d’Alfeo chiede: «E a noi, per esempio, quando saremo soli e chissà come<br />
tormentati dal mondo?… Non ci aiuterai della tua presenza?».<br />
«Voi avrete il Paraclito con le sue luci».<br />
«Va bene… Ma io… non lo conosco… e… penso che non riuscirò mai a capirlo. Tu<br />
invece… Dirò: “Oh! ecco il Maestro” e ti chiederò cosa fare, con sicurezza che<br />
sei Tu…» dice Pietro. E termina: «Il Paraclito! Troppo eccelso per il povero<br />
pescatore! Chissà come parla difficile e come è… leggero: un soffio che passa…<br />
Chi se ne accorge? Io ho bisogno di uno scrollone, di un urlo, perché la mia<br />
zucca si svegli e possa capire. Ma Tu, se mi appari, ti vedo, e allora!…<br />
Promettimi, anzi, promettici che ci apparirai anche a noi. Ma così, eh?! Così di<br />
carne e sangue. Che ti si veda bene e ti si senta meglio».<br />
«E se venissi a rimproverare?».<br />
«Non importa! Ma almeno - vero, voi due? - almeno sapremo ciò che c’è da fare!».<br />
I due figli di Alfeo annuiscono.<br />
«Ebbene, ve lo prometto. Per quanto, credetelo, il Paraclito saprà farsi capire<br />
dalle vostre anime. Ma verrò Io a dirvi: “Giacomo, fa’ questo e quello. Simon<br />
Pietro, non sta bene che tu faccia quest’altro. Giuda, fortificati per essere<br />
pronto a questo o a quest’altro”».<br />
«Oh! molto bene. Ora sono più quieto. E vieni sovente, sai? Perché io sarò come<br />
un povero bambino sperduto e che non fa che piangere e… fare cose non buone…». E<br />
quasi quasi Pietro ci piange da ora…<br />
4Giuda Taddeo chiede: «Non potresti farlo per tutti, da ora? Voglio dire: per i<br />
dubitosi, per i colpevoli, per i rinnegatori. Forse un miracolo…».<br />
«No, fratello. Il miracolo fa molto bene, il miracolo di tal genere<br />
specialmente, quando è dato a tempo e luogo, a persone non maliziosamente<br />
colpevoli. Dato a persone maliziosamente colpevoli, aumenta la loro colpevolezza<br />
perché aumenta la loro superbia. Il dono di Dio lo prendono per debolezza di Dio<br />
che supplica loro, gli orgogliosi, di permettergli di amarli. Il dono di Dio lo<br />
prendono per un prodotto dei loro grandi meriti. Si dicono: “Dio si umilia con<br />
me perché io sono santo”. È la rovina completa, allora. La rovina di un Marco di<br />
Giosia, ad esempio, e con lui di altri… Guai, guai a chi prende questa via<br />
satanica. Il dono di Dio si muta in esso in veleno di Satana. È la prova più<br />
grande e più sicura del grado di elevazione e di volontà santa in un uomo essere
eneficato di doni straordinari. Molto sovente l’uomo se ne inebbria umanamente,<br />
e da spirituale diviene tutto umanità, e poi scende e diviene satanicità».<br />
«E allora perché Dio li concede? Sarebbe meglio non li concedesse!».<br />
«Simone di Giona, per farti imparare a camminare tua madre ti ha sempre tenuto<br />
nelle fasce e sulle braccia?».<br />
«No. Mi metteva per terra e a gambe libere».<br />
«Ma sarai caduto?».<br />
«Oh! infinite volte! Molto più che ero molto… Insomma fin da piccolo avevo<br />
pretesa di fare da me e di fare tutto bene».<br />
«Ma ora non caschi più?».<br />
«Ci mancherebbe altro! Ora so che andare in cima ad una spalliera di sedia è<br />
pericoloso, che pretendere di usare delle grondaie per scendere dal tetto alla<br />
corte è errore, che volere volare dal fico dentro la casa, come fossimo uccelli,<br />
è da matto. Ma da piccino non lo sapevo. E se non mi sono ammazzato è proprio un<br />
mistero. Però pian piano ho imparato a fare buon uso delle gambe e anche del<br />
cervello».<br />
«Allora Dio ha fatto bene a darti gambe e cervello, e tua madre a lasciarti<br />
imparare a tue spese?».<br />
«Certo!».<br />
«Così fa Dio con le anime. Dà loro i doni e, come una madre, avverte e insegna.<br />
Ma poi ognuno deve da sé ragionare a come usarli».<br />
«E se è ebete?».<br />
«Dio non dà i doni agli ebeti. Questi li ama perché sono infelici, ma non dà ciò<br />
che non comprenderebbero di avere».<br />
«Ma se li desse e loro li usassero male?».<br />
«Dio li tratterebbe da quel che sono: incapaci, e perciò irresponsabili. Non li<br />
giudicherebbe».<br />
«E se uno, intelligente quando li riceve, poi diviene stolto o folle?».<br />
«Se è per malattia, non è colpevole di non usare il dono avuto».<br />
«Ma… uno di noi, per esempio? Giosia… o… o un altro, ecco?!».<br />
«Oh! allora! Meglio per lui non esser nato! Ma così si separano i buoni dai<br />
malvagi… Penosa operazione, ma giusta».<br />
5«Ma che dite di buono? Nulla per noi?» chiedono altri apostoli che, data la<br />
larghezza della via, possono riunirsi a Gesù.<br />
«Parlavamo di tante cose. Gesù mi ha detto una parabola sulla lebbra delle case.<br />
Ve la dirò poi» risponde Pietro.<br />
«Che superstizioni, però! Proprio degne di quel tempo. I muri non prendono<br />
lebbra. Gli antichi, stolti, applicavano a vesti e mura proprietà animali. Cose<br />
ridicole e che ci fanno ridicoli» sdottora l’Iscariota.<br />
«Non sono come dici, Giuda. Sotto l’apparenza, che era quale era necessaria per<br />
le menti di quel tempo, è un grande scopo, che è formato da sante previdenze.<br />
Come tanti altri precetti del vecchio Israele. Precetti volti alla salute del<br />
popolo. Conservare un popolo sano è dovere dei legislatori, è onorare Dio e<br />
servirlo, perché il popolo è fatto di creature di Dio. Non va dunque trascurato<br />
mentre non si trascurano le bestie e le piante. Le case definite lebbrose non<br />
hanno, è vero, la malattia carnale della lebbra. Ma hanno difetti di costruzione<br />
e di ubicazione che le fanno malsane e che si palesano con le macchie definite<br />
“lebbra delle mura”. A lungo andare divengono non solo malsane all’uomo, ma<br />
pericolose perché facili al crollo. Perciò bene prescrive la Legge, e ne impone<br />
l’abbandono e il rifacimento e anche la distruzione se, ricostruite, tornano ad<br />
apparire malate».<br />
«Oh! ma un poco d’umido! Che fa? Si asciuga con dei bracieri».<br />
«E l’umido non apparisce all’esterno, l’inganno aumenta. L’umido cresce nel<br />
profondo e rode, e un bel giorno crolla la casa e seppellisce chi è in essa.<br />
Giuda, Giuda! Meglio avere eccessiva sorveglianza che essere imprudenti!».<br />
«Io non sono una casa».<br />
«Sei la casa della tua anima. Non lasciare che nella casa si infiltri il male e<br />
sgretoli… Veglia alla incolumità della tua anima. Vegliate tutti».<br />
«Veglierò, Maestro. Ma, dimmi con verità, sei impressionato delle parole di mia<br />
madre? Quella donna è malata. Vede delle ombre. La devo far curare. Guariscimela<br />
Tu, Maestro».<br />
«Io le darò conforto. Ma solo tu la puoi guarire, calmando il suo affanno».<br />
«Affanno senza fondamento. Credilo, Signore».<br />
«Meglio così, Giuda. Meglio così. Ma tu, con condotta sempre più giusta, vedi di
annullarlo. Se è sorto, ci sarà stato un movente. Annulla anche il ricordo di<br />
esso, e tua madre ed Io ti benediremo» .<br />
6«Maestro, temi che mi accordassi con Marco di Giosia?».<br />
«Non temo nulla».<br />
«Ah! bene! Perché io proprio cercavo di convincerlo. E credo che fosse il mio<br />
dovere. Nessuno lo fa! Ho zelo per le anime, io!».<br />
«Sta’ attento che non ti avvenga male» dice Pietro bonariamente.<br />
«Che vuoi dire?» aggredisce Giuda.<br />
«Niente più che questo: che per toccare ciò che brucia va preso un che di<br />
isolante».<br />
«E che, nel nostro caso?».<br />
«Che? Una grande santità».<br />
«E io non ce l’ho, non è vero?».<br />
«Né tu, né io, né nessuno fra noi. Perciò… potremmo scottarci e rimanere<br />
segnati».<br />
«E allora chi si occuperà delle anime?».<br />
«Per ora il Maestro. Dopo, quando, secondo la sua promessa, avremo i mezzi per<br />
poterlo fare, noi».<br />
«Ma io voglio fare prima. Mai troppo presto si lavora per il Signore».<br />
«Ecco, io penso che dici bene. Ma penso che il primo lavoro per il Signore va<br />
fatto in noi. Andare a predicare santità agli altri prima che a noi stessi…».<br />
«Sei egoista».<br />
«No affatto».<br />
«Sì».<br />
«No».<br />
La disputa ha inizio. Interviene Gesù: «Pietro ha ragione per buona parte. Tu<br />
pure hai un poco di ragione. Perché la predicazione deve appoggiarsi sui fatti.<br />
Perciò santificarsi per poter dire: “Fate ciò che io dico perché giusto”. E ciò<br />
appoggia ciò che dice Pietro. Però anche il lavorare sugli spiriti altrui serve<br />
a formare i propri, perché ci obbliga a migliorarci per non sentirci fare<br />
osservazioni dai convertendi. Ma eccoci alla casa di Giovanna… Entriamo a godere<br />
dell’amore di essere fra operai del Signore, e a predicare, coi fatti, il tempo<br />
futuro».<br />
370. Giovedì avanti Pasqua. Al convito dei poveri nel palazzo di Cusa.<br />
26 gennaio 1946.<br />
1«La pace sia a questa casa e su tutti i presenti» saluta Gesù entrando<br />
nell’ampio vestibolo molto fastoso, tutto illuminato nonostante sia giorno.<br />
Né sono superflue le lampade. Perché, se è vero che è giorno, è anche vero che<br />
fuori il sole è abbacinante nelle vie e sulle facciate bianche di calcina,<br />
mentre qui, nell’ampio ma soprattutto lungo corridoio vestibolo, che deve<br />
tagliare tutta la casa, dal portone massiccio al giardino il cui verde pieno di<br />
sole appare là in fondo - e pare lontano per un giuoco di prospettiva - vi deve<br />
essere abitualmente una penombra che è ombra del tutto per chi viene da fuori,<br />
con gli occhi abbacinati dal gran sole. Perciò Cusa ha provveduto acciò le ampie<br />
e numerose padelle di rame sbalzato, infisse a distanze regolari sulle due<br />
pareti del vestibolo, siano tutte accese, e cosi pure il lampadario centrale,<br />
un’ampia conca di alabastro rosa con incastrati, nella levità carnea<br />
dell’alabastro, dei diaspri e altre scaglie preziose e multicolori che, per la<br />
luce accesa nell’interno, splendono come tante stelle, gettando arcobaleni sulle<br />
pareti tinte in azzurro cupo, sui volti, sul pavimento di marmo cipollino. E<br />
sembra che minute stelle si posino sulle pareti, sui volti, sul suolo, minute e<br />
mobili stelline multicolori, perché il lampadario ondeggia lievemente per la<br />
corrente d’aria che percorre il vestibolo, e perciò lo sfaccettio delle scaglie<br />
preziose si sposta di continuo.<br />
«La pace a questa casa» ripete Gesù, inoltrandosi, mentre senza sosta benedice i<br />
servi curvi fino a terra, gli ospiti stupiti di essere lì raccolti, a contatto<br />
con il Rabbi, in un palazzo principesco…<br />
2Gli ospiti! Il pensiero di Gesù si delinea chiaramente. Il convito d’amore che<br />
ha voluto in casa della buona discepola è una pagina del Vangelo tradotta in<br />
azione. Sono mendicanti, storpi, ciechi, orfani, vecchi, giovani vedove con i
piccoli attaccati alle vesti o succhianti lo scarso latte della madre denutrita.<br />
La ricchezza di Giovanna ha già provveduto a sostituire le vesti cenciose con<br />
vesti modeste ma pulite e nuove. Ma se le chiome ravviate, in provvidenziale<br />
misura di pulizia, e se le vesti monde dànno a questi infelici, che i servi<br />
allineano o sorreggono per portarli al posto, un aspetto meno miserabile certo<br />
di quello che avevano quando Giovanna li mandò a raccogliere negli angiporti, ai<br />
crocicchi, sulle carraie che conducono a Gerusalemme, là dove la loro miseria si<br />
celava vergognosa oppure si esponeva per avere elemosina, in compenso restano<br />
visibili gli stenti sui volti, le infermità nelle membra, le sventure, le<br />
solitudini negli sguardi…<br />
Gesù passa e benedice. Ogni infelice riceve la sua benedizione e, se la destra è<br />
alzata a benedire, la sinistra si abbassa ad accarezzare tremule e canute teste<br />
di vegliardi o innocenti testoline di bimbi. Percorre così in su e in giù il<br />
vestibolo, per benedire tutti, anche quelli che entrano mentre Egli già benedice<br />
e, ancora cenciosi, si nascondono con timore e soggezione in un angolo finché i<br />
servi, con atti gentili, li portano altrove per essere, come coloro che li hanno<br />
preceduti, lavati e vestiti di vesti monde.<br />
3Passa una giovane vedova con la sua chiocciata di bambini… Che miseria! Il più<br />
piccolo nudo affatto, stretto nello stracciato velo della madre… i più<br />
grandicelli con appena quel tanto da salvare la decenza. Solo il maggiore, un<br />
allampanato fanciullo, ha un abito che può dirsi tale, ma in compenso è scalzo.<br />
Gesù osserva e chiama la donna dicendo: «Da dove vieni?».<br />
«Dal piano di Saron, Signore. Levi mi è divenuto maggiorenne… E l’ho dovuto<br />
accompagnare al Tempio… io… posto che non ha più padre», e la donna piange senza<br />
rumore, il pianto muto di chi ha troppo pianto.<br />
«Quando ti è morto l’uomo?».<br />
«Fu un anno a scebat. Ero incinta di due lune…», e inghiotte i singhiozzi per<br />
non turbare, curvandosi tutta sul piccolino.<br />
«Il pargolo ha dunque otto mesi?».<br />
«Sì, Signore».<br />
«Che faceva tuo marito?».<br />
La donna mormora così piano che Gesù non capisce. Si curva per sentire dicendo:<br />
«Ripeti senza timore».<br />
«Faceva il fabbro in una mascalcia… Ma fu malato molto… perché aveva ferite che<br />
marcivano». E termina pianissimo: «Era un soldato di Roma».<br />
«Ma tu sei d’Israele?».<br />
«Sì, Signore. Non mi scacciare per immonda come fecero i miei fratelli quando<br />
sono andata ad implorare pietà dopo la morte di Cornelio…».<br />
«Non avere paure di tal genere! Che fai ora di lavoro?».<br />
«La serva, se mi vogliono, la spigolatrice, la follatrice di panni, batto la<br />
canapa… di tutto… per sfamare questi. Levi ora farà il contadino… se lo<br />
vorranno, perché… bastardo nella razza».<br />
«Confida nel Signore!».<br />
«Non avessi confidato, mi sarei uccisa con tutti loro, Signore».<br />
«Va’, donna. Ci vedremo ancora», e la congeda.<br />
4Giovanna intanto è accorsa e sta in ginocchio in attesa che il Maestro la veda.<br />
Egli si volge, infatti, e la vede.<br />
«Pace a te, Giovanna. Mi hai ubbidito a perfezione».<br />
«Ubbidirti è la mia gioia. Ma non sono stata la sola a procurarti “la corte”<br />
come Tu volevi. Cusa mi ha aiutata in ogni maniera, e Marta e Maria anche. Ed<br />
Elisa con loro. Chi mandando i servi loro a prendere ciò che occorreva e ad<br />
aiutare i servi miei a radunare gli ospiti, chi aiutando le ancelle e i servi<br />
dei bagni a rendere mondi i “beneamati”, come Tu li chiami. Ora, con tua<br />
licenza, darò a tutti un po’ di cibo, perché non siano esausti in attesa delle<br />
mense».<br />
«Fa’, fa’ pure. Dove sono le discepole?».<br />
«Sulla terrazza superiore dove faccio preparare le mense. Ho pensato giusto?».<br />
«Sì, Giovanna. Lassù staranno quieti, e noi con loro».<br />
«Sì, ho pensato io pure così. D’altronde in nessuna sala avrei potuto allestire<br />
per così tanti… E non volevo fare separazioni per non creare gelosie e dolore.<br />
Gli infelici hanno una sensibilità così acuta, una dolorabilità, anzi!… Sono<br />
tutti una ferita, e basta uno sguardo a farli soffrire».<br />
«Sì, Giovanna. Tu hai l’anima pietosa e comprendi. Dio ti dia bene per la tua<br />
pietà. 5Ci sono molte discepole?».
«Oh! Tutte quelle presenti in Gerusalemme!… Ma… Signore… io forse ho peccato…<br />
Vorrei dirti una cosa in segreto».<br />
«Conducimi in luogo solitario».<br />
Vanno loro due soli in una stanza che, per i balocchi sparsi dovunque, si<br />
intuisce luogo di giuochi di Maria e Mattia.<br />
«Ebbene, Giovanna?».<br />
«O mio Signore, io certo sono stata imprudente… Ma mi è venuto così spontaneo<br />
l’atto, così impetuoso! Cusa me ne ha rimproverata. Ma ormai… Al Tempio venne<br />
uno schiavo di Plautina con una tavoletta. Ella e le compagne chiedevano se era<br />
possibile vederti. Ho risposto: “Sì. Nel pomeriggio a casa mia”. E verranno… Ho<br />
fatto male? Oh! non per Te!… Ma per gli altri, per quelli che sono tutti<br />
Israele… e non sono amore come Te. Se ho mancato, provvederò a riparare… Ma<br />
desidero tanto che il mondo, tutto il mondo, ti ami, che… che non ho riflettuto<br />
che nel mondo Tu solo sei Perfezione e troppo pochi cercano di assomigliarti» .<br />
«Hai fatto bene. Oggi Io predico a voi tutti con le opere. E la presenza dei<br />
gentili fra i credenti in Gesù Salvatore sarà una delle cose da farsi in futuro<br />
dai miei credenti. I bambini dove sono?».<br />
«Da per tutto, Signore» sorride Giovanna tranquillizzata, e termina: «La festa<br />
li esalta e corrono qua e là come uccellini felici».<br />
Gesù la lascia, torna nel vestibolo, fa un cenno agli uomini che erano con Lui,<br />
e si avvia verso il giardino per poi salire alla vasta terrazza.<br />
6Una lieta operosità empie la casa dalle cantine al tetto. Chi va, chi viene con<br />
cibi e suppellettili, con fasci di vesti, con sedili, accompagnando ospiti,<br />
rispondendo a chi interroga, tutti con letizia e amore. Gionata, solenne nella<br />
sua funzione di intendente, dirige, sorveglia, consiglia instancabile.<br />
La vecchia Ester, felice di vedere Giovanna così animata e prospera, ride in<br />
mezzo ad un cerchio di poveri bambini, ai quali distribuisce focacce mentre<br />
narra novelle meravigliose. Gesù si ferma un momento ad ascoltare la conclusione<br />
splendida di una di esse, in cui è detto che «alla buona Alba di maggio, che mai<br />
si ribellava al Signore per i dolori che erano venuti alla sua casa, Dio<br />
concesse molti aiuti, per cui Alba di maggio fu salvezza e bene anche dei<br />
fratellini suoi. Gli angeli empivano la piccola madia, finivano il lavoro sul<br />
telaio per aiutare la buona fanciulla dicendo: “È nostra sorella perché ama il<br />
Signore e il suo prossimo. Va aiutata da noi”».<br />
«Dio ti benedica, Ester! Quasi mi fermo Io pure ad ascoltare le tue parabole! Mi<br />
vuoi?» dice Gesù sorridendo.<br />
«Oh! mio Signore! Io devo ascoltare Te! Ma per i piccoli basto anche io, povera<br />
vecchia stolta!».<br />
«La tua anima giusta serve anche agli adulti. Continua, continua, Ester…», e le<br />
sorride andandosene.<br />
7Per il vasto giardino ormai sono sparsi gli ospiti e consumano il loro primo<br />
spuntino guardandosi intorno e guardandosi l’un l’altro con stupefazione.<br />
Parlano scambiandosi commenti sulla insperata fortuna. Ma vedendo passare Gesù<br />
si alzano, solo che possano farlo, e si curvano adorando.<br />
«Mangiate, mangiate. State in libertà e benedite il Signore» dice Gesù passando,<br />
diretto alle stanze dei giardinieri, dalle quali ha inizio la scala che per<br />
un’aerea rampa conduce alla vasta terrazza.<br />
8«Oh! Rabboni mio!» grida la Maddalena, che corre fuori da una stanza con le<br />
braccia cariche di fasce e camiciole per i pargoli. E la sua voce vellutata<br />
d’organo d’oro empie il viale ombroso sotto cui sono festoni di rose.<br />
«Maria, Dio sia con te. Dove vai così di fretta?».<br />
«Oh! ho dieci pargoli da vestire! Li ho lavati e ora li vesto, e poi te li<br />
porterò, freschi come fiori. Fuggo, Maestro, perché… li senti? sembrano dieci<br />
agnellini belanti…», e corre via ridendo, splendida e serena nella sua semplice<br />
e signorile veste di candido lino, stretta alla vita da una cintura sottile<br />
d’argento, coi capelli stretti in un semplice nodo sulla nuca, sorretti da un<br />
nastro bianco che si annoda alla fronte.<br />
«Come è diversa da quella che era sul monte delle Beatitudini!» esclama Simone<br />
Zelote.<br />
9Nella prima rampa di scale incrociano la figlia di Giairo e Annalia, che<br />
scendono così svelte che sembra che volino.<br />
«Maestro!», «Signore!» esclamano.<br />
«Dio sia con voi. Dove andate?».<br />
«A prendere tovaglie. Ci manda l’ancella di Giovanna. Parli, Maestro?».
«Certamente!».<br />
«Oh! allora corri, Mirjam! Facciamo presto!» dice Annalia.<br />
«Avete tutto il tempo di fare ciò che dovete. Attendo altre persone. Ma da<br />
quando, fanciulla, ti chiami Mirjam?» dice guardando la figlia di Giairo.<br />
«Da oggi. Da ora. Me lo ha dato tua Madre il nome. Perché… vero, Annalia? Oggi è<br />
un grande giorno per quattro vergini…».<br />
«Oh! sì. Lo diremo al Signore o lasciamo a Maria di dirlo?».<br />
«A Maria, a Maria. Va’, va’, Signore. La Madre ti parlerà», e corrono via<br />
leggere, nel primo fiorire della gioventù, umane nelle belle forme, angeliche<br />
nello sguardo radioso…<br />
10Sono alla terza rampa quando incrociano Elisa di Betsur, che scende gravemente<br />
insieme alla moglie di Filippo.<br />
«Ah! Signore!» grida quest’ultima. «A chi togli, a chi dài!… Ma che Tu sia<br />
benedetto lo stesso!».<br />
«Di che parli, donna?».<br />
«Ora lo saprai… Che pena e che gloria, Signore! Tu mi mutili e mi incoroni».<br />
Filippo, che è vicino a Gesù, dice: «Che dici? Di che parli? Tu mi sei moglie e<br />
ciò che ti avviene mi tocca…».<br />
«Oh! lo saprai, Filippo. Va’, va’ col Maestro».<br />
Gesù intanto chiede a Elisa se è ben guarita. E la donna, alla quale il grande<br />
dolore dei tempi passati ha dato una maestà di regina dolente, dice: «Sì, mio<br />
Signore. Ma soffrire con la pace nel cuore non è spasimo. Ed io ora ho la pace<br />
in cuore» .<br />
«E presto avrai più ancora».<br />
«Che, Signore?».<br />
«Va’ e torna, e lo saprai».<br />
11«C’è Gesù! C’è Gesù!» trillano i due bambini che hanno il visetto appoggiato<br />
contro la rabescata ringhiera, che limita la terrazza dai due lati che guardano<br />
sul giardino, e dalla quale scendono rami in fiore di rose e gelsomini, perché<br />
il terrazzo è un vasto giardino pensile sul quale, in quest’ora di sole, è steso<br />
un velario multicolore.<br />
Tutte le persone che si agitano in preparativi sulla terrazza si volgono al<br />
grido di Maria e Mattia e, lasciando in tronco ciò che facevano, vengono<br />
incontro a Gesù, alle cui ginocchia già sono avviticchiati i due fanciulli.<br />
Gesù saluta le donne, numerose, che si affollano. Fra le vere e proprie<br />
discepole o mogli, figlie, sorelle di apostoli e discepoli, sono mescolate altre<br />
meno note, meno intime, quali la moglie del cugino Simone, le madri degli asinai<br />
di Nazaret, la madre di Abele di Betlemme di Galilea, Anna di Giuda (casa presso<br />
il lago Meron), Maria di Simone madre di Giuda di Keriot, Noemi di Efeso, Sara e<br />
Marcella da Betania (Sara è la donna che Gesù guarì sul monte delle Beatitudini<br />
e mandò da Lazzaro col vecchio Ismaele. Ora sembra ancella di Maria di Lazzaro);<br />
poi la madre di Jaia, la madre di Filippo d’Arbela, Dorca la giovane madre di<br />
Cesarea di Filippo e sua suocera, la madre di Annalia, Maria di Bozra la<br />
miracolata di lebbra venuta col marito a Gerusalemme, e altre, altre, non nuove<br />
allo sguardo ma non menzionabili dalla mente con nome proprio.<br />
Gesù si inoltra sulla vasta terrazza rettangolare, che da un lato si affaccia<br />
sul Sisto, e va a mettersi presso la stanza che è sbocco alla scala interna,<br />
credo, e che è simile ad un cubo basso messo nell’angolo settentrionale della<br />
terrazza. Gerusalemme si mostra tutta, e con essa i suoi immediati dintorni. Una<br />
vista stupenda. Tutte le discepole, tutte le donne anzi, lasciano di occuparsi<br />
delle mense per stringersi intorno a Lui. I servi proseguono il loro lavoro.<br />
12Maria è presso al Figlio. Nella luce dorata che filtra dal grande velario<br />
steso su buona parte della terrazza, e che poi diviene luce delicatamente<br />
smeraldina là dove, per giungere ai visi, deve filtrare da un intrico di<br />
gelsomini e rosai messi a fare pergola, Ella pare ancor più giovane e snella;<br />
una sorella delle più giovani discepole, appena di poco maggiore, e bella, bella<br />
come la più splendida delle rose fiorite nel giardino pensile, nelle capaci<br />
vasche messe tutt’intorno ad esso a contenere rosai, gelsomini, mughetti, gigli<br />
e altre piante gentili.<br />
«Madre, mia moglie ha parlato in un certo modo… Che è avvenuto perché mia moglie<br />
possa dirsi mutilata e incoronata insieme?» chiede Filippo, che brucia nella<br />
voglia di sapere.<br />
Maria sorride dolcemente mentre lo guarda e, Lei così restia a confidenze, gli<br />
prende la mano dicendo: «Saresti capace tu di dare al mio Gesù la cosa a te più
cara? Veramente dovresti… perché Egli a te dà il Cielo e la via per andarvi».<br />
«Ma certo, Madre, che saprei… specie se ciò che darei avesse potere di farlo<br />
felice».<br />
«Lo ha. Filippo, anche la tua altra figlia si consacra al Signore. Lo ha detto<br />
poco fa a me e alla madre, alla presenza di molte discepole…».<br />
«Tu!? Tu?!» chiede Filippo sbalordito, puntando l’indice sulla gentile fanciulla<br />
che si stringe a Maria quasi per esserne protetta. L’apostolo inghiotte male<br />
questo secondo colpo che lo priva per sempre da speranza di nipoti. Si asciuga<br />
il sudore improvviso che la notizia gli ha dato… gira lo sguardo sui volti che<br />
gli sono intorno. Lotta… Soffre.<br />
La figlia geme: «Padre… il tuo perdono… e la tua benedizione...», e gli scivola<br />
ai piedi.<br />
Filippo la carezza macchinalmente sui capelli castani e si schiarisce la gola<br />
stretta in un nodo. Infine parla: «Si perdonano i figli che peccano… Tu non<br />
pecchi consacrandoti al Maestro… e… e… e il tuo povero padre non può che dirti…<br />
che dirti: “che tu sia benedetta”… Ah! figlia! figlia mia!… Come è soave e<br />
tremendo il volere di Dio!», e si china, la alza, l’abbraccia, la bacia sulla<br />
fronte, sui capelli, piangendo… e poi, tenendola ancora fra le braccia, va verso<br />
Gesù e gli dice: «Ecco. Io l’ho generata, ma Tu sei il suo Dio… Il tuo diritto è<br />
più del mio… Gra-zie… grazie, Signore, della… della gioia che…»; non può più<br />
proseguire. Cade a ginocchi ai piedi di Gesù e si curva a baciarne i piedi<br />
gemendo: «Mai, mai più nipoti!… Il mio sogno!… Il sorriso della mia vecchiaia!…<br />
Perdona questo pianto, mio Signore… Sono un povero uomo…».<br />
«Alzati, amico mio. E sii lieto di dare le primizie alle aiuole angeliche.<br />
13Vieni. Vieni qui fra Me e mia Madre. Sentiamo da Lei come avvenne la cosa,<br />
perché, te lo assicuro, per la mia parte Io non ne ho né colpa né merito».<br />
Maria spiega: «Poco so io pure. Parlavamo fra noi donne e, come spesso avviene,<br />
mi interrogavano sul mio voto verginale. Mi interrogavano ancora sul come<br />
saranno le vergini future, quali uffici, quali glorie prevedevo per esse. Io<br />
rispondevo come so… E per il futuro prevedevo per esse vita di orazione e di<br />
con-solazione alle sofferenze che il mondo darà a Gesù mio. Dicevo: “Saranno le<br />
vergini quelle che sostengono gli apostoli, quelle che laveranno il mondo<br />
insozzato vestendolo della loro purezza, di essa profumandolo, saranno gli<br />
angeli che canteranno le laudi per coprire le bestemmie. E Gesù ne sarà felice,<br />
e grazie darà al mondo, e darà misericordia per queste agnelle sparse fra i<br />
lupi…”, e altre cose dicevo. Fu allora che la figlia di Giairo mi disse: “Dammi<br />
un nome, o Madre, per il mio futuro di vergine, perché io non posso concedere<br />
che un uomo goda il corpo che fu rianimato da Gesù. Di Lui solo è questo mio<br />
corpo fino a che sarà la carne del sepolcro e l’anima del Cielo”; e Annalia<br />
disse: “Io pure così ho sentito di fare. E oggi sono più allegra di rondine<br />
perché ogni legame è spezzato”. E fu anche allora che tua figlia, o Filippo,<br />
disse: “Anche io sarò come voi. Vergine in eterno!”. La madre, ecco che viene,<br />
le fece considerare che così non si può prendere tanta decisione. Ma ella non<br />
mutò parere. E a chi le chiedeva se era antico pensiero diceva “no”, e a chi le<br />
chiedeva come le era venuto diceva: “Non so. Come una freccia di luce mi ha<br />
squarciato il cuore e ho capito di che amore amo Gesù”».<br />
La moglie di Filippo chiede al marito: «Udisti?».<br />
«Sì, donna. La carne geme… e dovrebbe cantare perché è la sua glorificazione<br />
questa. Essa, la nostra pesante carne, ha generato due angeli. Non piangere,<br />
donna. Tu l’hai detto avanti: Egli ti ha incoronata… La regina non piange quando<br />
riceve il serto…».<br />
Ma piange anche Filippo, 14e piangono in molti, sia uomini che donne, ora che<br />
tutti sono raccolti quassù. Maria di Simone piange a dirotto in un angolo… Maria<br />
di Magdala piange in un altro, tormentando il lino della sua veste alla quale<br />
strappa macchinalmente i fili della bordura che l’orna. Anastasica lacrima<br />
tentando celare con la mano il volto lacrimoso.<br />
«Perché piangete?» chiede Gesù.<br />
Nessuno risponde.<br />
Gesù chiama Anastasica e l’interroga di nuovo, e lei: «Perché, Signore, per una<br />
gioia nauseabonda, avuta per una notte sola, ho perduto d’essere una tua<br />
vergine».<br />
«Ogni stato è buono, se in esso si serve il Signore. Nella Chiesa futura<br />
occorreranno vergini e matrone. Tutte utili al trionfo del Regno di Dio nel<br />
mondo e al lavoro dei fratelli sacerdoti. 15Elisa di Betsur, vieni qua. Consola
questa quasi fanciulla…». E mette di sua mano Anastasica fra le braccia di<br />
Elisa.<br />
Le osserva mentre Elisa la carezza e l’altra si abbandona fra quelle braccia di<br />
madre, e poi chiede: «Elisa, conosci la sua storia?».<br />
«Sì, Signore. E mi fa tanta pena, povera colomba senza nido».<br />
«Elisa, ami tu questa sorella?».<br />
«Amarla? Tanto. Ma non come sorella. Ella mi può essere figlia. E ora che la<br />
tengo fra le braccia mi pare di tornare ad essere la madre felice del tempo<br />
passato. A chi affiderai questa dolce gazzella?».<br />
«A te, Elisa» .<br />
«A me?». La donna slega il cerchio delle braccia per guardare il Signore,<br />
incredula…<br />
«A te. Non la vuoi?».<br />
«Oh! Signore! Signore! Signore!»… Elisa in ginocchio striscia da Gesù e non sa,<br />
non sa come, cosa dire, cosa fare per esprimere la sua gioia.<br />
«Alzati e siile santamente madre, ed ella ti sia santamente figlia, e ambedue<br />
procedete nella via del Signore. 16Maria di Lazzaro, perché piangi, tu, tanto<br />
ilare poc’anzi? Dove sono i dieci fiori che mi volevi portare?…».<br />
«Dormono sazi nel nitore, Maestro… E io piango perché mai più avrò il nitore<br />
delle vergini, e l’anima mia sempre piangerà, mai sazia perché… perché ho<br />
peccato…».<br />
«Il mio perdono e il pianto tuo ti fanno più monda di essi. Vieni qui. Non<br />
piangere più. Lascia il pianto a chi ha da vergognarsi di qualcosa. Su. Va’ a<br />
prendere i tuoi fiori; andate anche voi, spose e vergini. Andate a dire agli<br />
ospiti di Dio di salire. Occorre congedarli avanti la chiusura delle porte,<br />
perché molti di essi stanno sparsi per la campagna».<br />
Vanno ubbidienti, rimanendo solo sul terrazzo Gesù, al suo posto, che carezza<br />
Maria e Mattia; Elisa e Anastasica che poco più là si tengono per mano<br />
guardandosi negli occhi con un sorriso intriso di un pianto felice; Maria di<br />
Simone sulla quale si curva pietosa Maria Ss.; e Giovanna che sulla porta della<br />
stanza guarda incerta un poco dentro, un poco fuori, verso Gesù. Gli apostoli e<br />
discepoli sono scesi insieme alle donne per aiutare i servi a trasportare gli<br />
storpi, ciechi, zoppi, rattratti, vecchi, per la lunga scala.<br />
17Gesù alza il capo che aveva chino sui due fanciulli e vede Maria curva sulla<br />
madre di Giuda. Si alza e va da loro. Posa la mano sulla testa brizzolata di<br />
Maria di Simone: «Perché piangi donna?».<br />
«Oh! Signore! Signore! Io ho partorito un demonio! Nessuna madre in Israele sarà<br />
pari a me nel dolore!».<br />
«Maria, un’altra madre, e per lo stesso motivo che è tuo, mi ha detto e dice<br />
queste parole. Povere madri!…».<br />
«O mio Signore, vi è dunque un altro che come Giuda mio sia un perfido e<br />
scellerato verso di Te? Oh! non può essere! Egli, che ha Te, si è dato a<br />
pratiche immonde. Egli, che respira il tuo alito, è libidinoso e ladro, forse<br />
diverrà omicida. Egli… oh! Menzogna è il suo pensiero! Febbre la sua vita. Fàllo<br />
morire, Signore! Per pietà! Fàllo morire!».<br />
«Maria, il tuo cuore te lo mostra peggio che non sia. La paura ti fa folle. Ma<br />
calmati e ragiona. Che prove hai del suo agire?».<br />
«Verso Te nulla. Ma è una valanga che scende. L’ho sorpreso, e non ha potuto<br />
nascondere le prove che… Eccolo… Per pietà, taci! Mi guarda. Sospetta. È il mio<br />
dolore. Nessuna madre più infelice di me in Israele!…».<br />
Maria sussurra: «Io… Perché al mio unisco il dolore di tutte le madri<br />
infelici… Perché il mio dolore è dato dall’odio non di uno, ma di tutto un<br />
mondo».<br />
18Gesù, chiamato da Giovanna, va da lei; intanto Giuda viene verso la madre, che<br />
è ancora confortata da Maria, e l’apostrofa: «Hai potuto dire i tuoi deliri?<br />
Calunniarmi? Sei lieta ora?».<br />
«Giuda! Così parli a tua madre?» chiede severa Maria. È la prima volta che la<br />
vedo così…<br />
«Sì. Perché sono stanco della sua persecuzione».<br />
«Oh! figlio mio, non è una persecuzione! È amore. Tu mi dici malata. Ma tu sei<br />
il malato! Tu dici che io ti calunnio e che ascolto tuoi nemici. Ma tu ti fai<br />
torto, ma tu segui e coltivi esseri nefasti che ti travolgeranno. Perché tu sei<br />
debole, figlio mio, ed essi se ne sono accorti… Da’ retta a tua madre. Ascolta<br />
Anania, vecchio e saggio. Giuda! Giuda! Pietà di te, di me! Giuda!!! Dove vai,
Giuda?!».<br />
Giuda, che traversa quasi di corsa la terrazza, si volta e grida: «Dove sono<br />
utile e venerato», e scende a precipizio la scala mentre l’infelice madre,<br />
sporgendosi dal parapetto, gli grida: «Non andare! Non andare! Essi vogliono la<br />
tua rovina! Figlio! Figlio! Figlio mio!…».<br />
Giuda è giunto in basso e gli alberi lo nascondono alla vista della madre.<br />
Riappare per un momento in uno spazio vuoto prima di entrare nel vestibolo.<br />
«È andato!… La superbia lo divora!» geme sua madre.<br />
«Preghiamo per lui, Maria. Preghiamo noi due insieme…» dice la Vergine, tenendo<br />
per mano la triste madre del futuro deicida.<br />
19Intanto cominciano a salire gli ospiti… e Gesù parla con Giovanna. «Va bene.<br />
Vengano pure. Molto meglio se si sono messe vesti ebree per non urtare le<br />
prevenzioni di molti. Le attendo qui. Va’ a chiamarle», e addossato allo stipite<br />
osserva l’afflusso dei convitati, che apostoli, discepoli e discepole guidano<br />
con amorevolezza alle tavole secondo un ordine prestabilito. Al centro è la<br />
tavola bassa dei fanciulli, poi, di qua e di là, tutte le altre, parallele.<br />
Ma mentre ciechi, zoppi, rattratti, storpi, vecchi, vedove, mendichi si<br />
dispongono con le loro storie di dolori impresse sui volti, ecco che, gentili<br />
come cesti di fiori, vengono portati dei cestoni mutati in cuna, persino dei<br />
piccoli cofani, nei quali, adagiati su cuscini, dormono sazi i poppanti presi<br />
alle madri mendiche. E Maria di Madgala, rasserenata, corre da Gesù dicendo:<br />
«Sono giunti i fiori. Vieni a benedirli, mio Signore».<br />
Ma nello stesso tempo Giovanna emerge dalle scale interne dicendo: «Maestro,<br />
ecco le discepole pagane». Sono sette donne, vestite di oscure e dimesse vesti<br />
simili a quelle delle ebree. Un velo è sul volto di tutte e un mantello le copre<br />
fino ai piedi. Due sono alte e maestose, le altre di media statura. Ma quando,<br />
dopo aver venerato il Maestro, si levano il mantello è facile riconoscere<br />
Plautina, Lidia, Valeria; la liberta Flavia, quella che ha scritto le parole di<br />
Gesù nel giardino di Lazzaro; e poi vi sono tre sconosciute. Una dallo sguardo<br />
uso al comando e che pure si inginocchia dicendo al Signore: «E con me Roma si<br />
prostri ai tuoi piedi», e poi una formosa matrona sui cinquant’anni, e infine<br />
una giovinetta esile e serena come un fior di campo.<br />
Maria di Magdala riconosce le romane, nonostante le loro vesti ebree, e mormora:<br />
«Claudia!!!», e resta ad occhi sgranati.<br />
«Io. Basta di udire per altrui parola! La Verità e la Sapienza vanno attinte<br />
alla fonte diretta».<br />
«Credi che ci riconosceranno?» chiede Valeria a Maria di Magdala.<br />
«Se non vi tradite col nominarvi, non credo. Del resto vi metterò in luogo<br />
sicuro».<br />
«No, Maria. Alle tavole, a servire i mendichi. Nessuno potrà pensare che le<br />
patrizie siano serve ai poveri, agli infimi del mondo ebraico» dice Gesù.<br />
«Bene sentenzi, o Maestro. Perché la superbia è innata in noi».<br />
«E l’umiltà è il segno più netto della mia dottrina. Chi mi vuole seguire deve<br />
amare la Verità, la Purezza e l’Umiltà, avere carità per tutti ed eroismo per<br />
sfidare l’opinione degli uomini e le pressioni dei tiranni. Andiamo».<br />
«Perdona, o Rabbi. Questa fanciulla è una schiava figlia di schiavi. L’ho<br />
riscattata perché di origine israelita e Plautina con sé la tiene. Ma io te<br />
l’offro, pensando che bene è farlo. Il suo nome è Egla. Ti appartiene».<br />
«Maria, accoglila. Poi penseremo… Grazie, donna».<br />
20Gesù va sul terrazzo a benedire i fanciulli. Molta curiosità destano le dame.<br />
Ma così vestite e pettinate all’ebrea, in vesti quasi povere, non destano<br />
sospetti. Gesù va al centro della terrazza, presso la tavola dei fanciulli, e<br />
prega, offrendo per tutti il cibo al Signore, benedice e dà ordine di iniziare<br />
il pasto. Apostoli, discepoli, discepole, dame, sono i servi dei poveri, e Gesù<br />
ne dà l’esempio rimboccandosi le larghe maniche della veste rossa e occupandosi<br />
dei suoi bambini, aiutato da Mirjam di Giairo e da Giovanni. Le bocche di tanti<br />
denutriti lavorano egregiamente, ma gli occhi sono tutti rivolti al Signore. La<br />
sera scende e viene levato il velario mentre lumi, ancora superflui, vengono<br />
portati dai servi.<br />
Gesù circola fra le tavole. Non lascia nessuno senza conforti di parole e di<br />
aiuto. Sfiora così più volte le regali Claudia e Plautina, che dimesse spezzano<br />
il pane o portano il vino alle labbra dei ciechi, dei paralitici, dei monchi;<br />
sorride alle sue vergini che si occupano delle donne, alle madri discepole tutte<br />
pietose presso gli infelici, a Maria di Magdala che si prodiga a una tavolata di
vecchioni, la più triste di tutte, piena di tossi, di tremiti, di mascelle<br />
sdentate che biasciano e di bocche che sbavano; e aiuta Matteo che palleggia un<br />
infante, che si è fatto andare per traverso una mollica di focaccia che<br />
succhiava e mordeva coi dentini novelli; complimenta Cusa che, sopraggiunto al<br />
principio del pasto, scalca le carni e serve come un servo provetto.<br />
Il pasto ha termine. Nei volti coloriti, negli occhi più lieti, è palese la<br />
soddisfazione dei miseri.<br />
21Gesù si curva su un vecchione scosso da un tremito e dice: «Che pensi, o<br />
padre, che sorridi?».<br />
«Penso che non è proprio un sogno. Fino a poco fa credevo di dormire e sognare.<br />
Ma ora sento che è proprio vero. Ma chi ti fa così buono, che fai buoni così i<br />
tuoi discepoli? Viva Gesù!» grida per ultimo.<br />
E tutte le voci di questi miseri, e sono centinaia, gridano: «Viva Gesù!».<br />
Gesù va di nuovo al centro e apre le braccia, facendo cenno di tacere e di stare<br />
fermi, e inizia a parlare stando seduto con un fanciullino sulle ginocchia.<br />
«Viva, sì, viva Gesù, non perché Io sono Gesù. Ma perché Gesù vuol dire l’amore<br />
di Dio fatto carne e sceso fra gli uomini per essere conosciuto e per far<br />
conoscere l’amore che sarà il segno della nuova èra. Viva Gesù perché Gesù vuoI<br />
dire “Salvatore”. Ed Io vi salvo. Vi salvo tutti, ricchi e poveri, fanciulli e<br />
ve-gliardi, israeliti e pagani, tutti, purché voi vogliate darmi la volontà di<br />
essere salvati*. Gesù è per tutti. Non è per questo o quello. Gesù è di tutti.<br />
Di tutti gli uomini e per tutti gli uomini. Per tutti sono l’Amore misericorde e<br />
la Salvezza sicura. Cosa è necessario fare per essere di Gesù, e perciò per<br />
avere salvezza? Poche cose. Ma grandi cose. Non grandi perché cose difficili<br />
come quelle che fanno i re. Ma grandi perché vogliono che l’uomo si rinnovelli<br />
per farle e per divenire di Gesù. Perciò amore, umiltà, fede, rassegnazione,<br />
compassione. Ecco. Voi, che discepoli siete, cosa avete fatto oggi di grande?<br />
Direte: “Nulla. Abbiamo servito un pasto”. No. Avete servito l’amore. Vi siete<br />
umiliati. Avete trattato da fratelli gli sconosciuti di tutte le razze, senza<br />
chiedere chi sono, se sono sani, se sono buoni. E lo avete fatto in nome del<br />
Signore. Forse speravate grandi parole da Me, per la vostra istruzione. Vi ho<br />
fatto fare grandi fatti. Abbiamo iniziato il giorno con la preghiera, abbiamo<br />
sovvenuto lebbrosi e mendichi, abbiamo adorato l’Altissimo nella sua Casa,<br />
abbiamo iniziato le agapi fraterne e la cura dei pellegrini e dei poveri,<br />
abbiamo servito perché servire per amore è essere simile a Me che sono Servo dei<br />
servi di Dio, Servo fino ad annichilimento di morte per ministrare a voi<br />
salvezza…».<br />
22Un vocìo e uno scalpiccìo interrompe Gesù. Un gruppo scalmanato di israeliti<br />
sale di corsa le scale. Le romane più note, ossia Plautina, Claudia, Valeria e<br />
Lidia, si ritirano nell’ombra calando il velo. I disturbatori irrompono sul<br />
terrazzo e pare cerchino chissà che.<br />
Cusa, offeso, va loro davanti e chiede: «Che volete?».<br />
«Nulla che ti riguardi. Cerchiamo Gesù di Nazaret e non te».<br />
«Eccomi. Non mi vedete?» chiede Gesù posando a terra il fanciullino e alzandosi<br />
imponente.<br />
____________________<br />
* Vi salvo tutti, …purché voi vogliate darmi la volontà di essere salvati.<br />
Questa affermazione, il cui concetto si trova spesso illustrato nell’Opera,<br />
spiega in sintesi certe espressioni d’impotenza da parte di Gesù, a cominciare<br />
da quella incontrata in 95.6, fino alla più recente che è in 368.12. Anche<br />
quando non è in ballo la salvezza (come in 455.9, ultime righe) Gesù può non<br />
esercitare la propria onnipotenza divina se manca l’adesione della libera<br />
volontà dell’uomo.<br />
«Che fai qui?».<br />
«Lo vedete. Faccio ciò che insegno e insegno ciò che va fatto: l’amore ai più<br />
poveri. Che vi era stato detto?».<br />
«Furono uditi gridi sediziosi. E siccome dove sei Tu là è sedizione, siamo<br />
venuti a vedere».<br />
«Là dove Io sono è pace. Il grido era: “Viva Gesù”».<br />
«Appunto. Fu pensato, tanto al Tempio che al palazzo d’Erode, che qui si<br />
congiurasse contro…».<br />
«Chi? Contro chi? Chi è re in Israele? Non il Tempio, non Erode. Roma domina, e<br />
folle è chi pensa a farsi re là dove essa , impera».<br />
«Tu dici d’esser re».
«Re sono. Ma non di questo regno. Troppo meschino per Me! Troppo meschino è<br />
anche l’impero. Re Io sono del Regno santo dei Cieli, del Regno dell’Amore e<br />
dello Spirito. Andate in pace. O restate, se volete, e imparate come si accede a<br />
questo mio Regno. I miei sudditi eccoli: i poveri, gli infelici, gli oppressi, e<br />
poi i buoni, gli umili, i caritatevoli. Restate, unitevi ad essi».<br />
«Però Tu sei sempre ai conviti in case fastose, fra belle donne e…».<br />
«Basta! Non si insinua e non si offende il Rabbi in casa mia. Uscite!» tuona<br />
Cusa.<br />
23Ma dalla scala interna balza sul terrazzo una figuretta snella di fanciulla<br />
velata. Corre leggera come una farfalla fino a Gesù e là getta velo e manto,<br />
cadendogli ai piedi e tentando baciarglieli.<br />
«Salomè!» grida Cusa, e con lui altri.<br />
Gesù si è ritirato così violentemente, per sfuggire il contatto, che il suo<br />
sedile si rovescia ed Egli ne approfitta per metterlo fra sé e Salomè come<br />
separazione. I suoi occhi fanno paura tanto sono fosforescenti, terribili.<br />
Salomè, leggera e sfrontata, tutta moine, dice: «Sì, io. L’acclamazione è giunta<br />
al Palazzo. Erode manda ambasceria a dirti che ti vuol vedere. Ma io l’ho<br />
prevenuta. Vieni con me, Signore. Io ti amo tanto e ti desidero tanto! Sono io<br />
pure carne d’Israele».<br />
«Va’ alla tua casa».<br />
«La Corte ti attende per darti onore».<br />
«La mia Corte è questa. Non ne conosco altra né altri onori», e colla mano<br />
indica i poveri seduti alle tavole.<br />
«Ti porto doni per essa. Ecco i miei monili».<br />
«Non li voglio».<br />
«Perché li rifiuti?».<br />
«Perché sono immondi e dati per immondo scopo. Va’ via!».<br />
Salomè si rialza interdetta. Guarda di sfuggita il Terribile, il Purissimo che<br />
la fulmina col braccio teso e lo sguardo di fuoco. Guarda furtiva tutti, e vede<br />
beffa o nausea sui volti. I farisei sono pietrificati e osservano la scena<br />
potente. Le romane osano farsi avanti per vedere meglio.<br />
Salomè tenta un’ultima prova. «Avvicini anche i lebbrosi…» dice sommessa e<br />
supplichevole.<br />
«Sono dei malati. Tu sei un’impudica. Va’ via!».<br />
L’ultimo «va’ via!» è talmente potente che Salomè raccoglie velo e manto e,<br />
curva, strisciando, si dirige alle scale.<br />
«Bada, Signore!… Ella è potente… Potrebbe nuocerti» sussurra Cusa sottovoce.<br />
Ma Gesù risponde a voce fortissima, ché tutti possano sentire, la scacciata per<br />
prima: «Non importa. Preferisco essere ucciso ad avere alleanze con il vizio.<br />
Sudore di donna lasciva e oro di meretrice sono veleni d’inferno. Alleanza di<br />
viltà coi potenti è colpa. Io sono Verità, Purezza e Redenzione. E non muto.<br />
Va’. Accompagnala…».<br />
«Punirò i servi che l’hanno lasciata passare».<br />
«Non punirai nessuno. Una sola va punita. Lei. E lo è. E sappia, e sappiate che<br />
il suo pensiero mi è noto e che ne ho ribrezzo. Torni la serpe nel suo covo.<br />
L’Agnello torna ai suoi giardini».<br />
Si siede. Suda. Tace. 24Poi dice: «Giovanna, da’ ad ognuno l’obolo perché meno<br />
triste sia per qualche giorno la vita… Che altro vi devo fare, figli del dolore?<br />
Che volete che Io vi possa dare? Leggo nei cuori. Ai malati che sanno credere,<br />
pace e salute!».<br />
Un attimo di sosta e poi un grido… e sono molti e molti che sorgono guariti. I<br />
giudei venuti a sorprendere se ne vanno sbalorditi e trascurati nel delirio<br />
generale di acclamazioni per il miracolo e per la purezza di Gesù.<br />
Gesù sorride baciando i bambini. Poi congeda gli ospiti trattenendo le vedove e<br />
parla con Giovanna in loro favore. Giovanna prende nota e le invita per il<br />
domani. Poi esse pure vanno. Ultimi vanno i vecchi…<br />
Restano apostoli, discepoli, discepole e le romane. Gesù dice: «Così è e deve<br />
essere l’unione futura. Non ci sono parole. I fatti parlino agli spiriti e alle<br />
menti colla loro evidenza. La pace sia con voi».<br />
Si dirige verso le scale interne e scompare seguito da Giovanna e poi dagli<br />
altri.<br />
25Alla base delle scale scontra Giuda: «Maestro, non andare al Getsemani! Ti<br />
cercano là dei nemici. E tu, madre, che dici ora? Tu che mi accusi! Se non fossi<br />
andato, non avrei saputo l’insidia tesa al Maestro. In un’altra casa! In
un’altra casa andiamo!».<br />
«Nella nostra, allora. In casa di Lazzaro non entra che chi è amico di Dio» dice<br />
Maria di Magdala.<br />
«Sì. Quelli che ieri erano al Getsemani vengano con le sorelle al palazzo di<br />
Lazzaro. Domani provvederemo».<br />
371.Giovedì avanti Pasqua. A sera nel palazzo di Lazzaro.<br />
27 gennaio 1946.<br />
1Non brillano certo per il loro eroismo i seguaci di Gesù! La notizia portata da<br />
Giuda è simile all’apparizione di uno sparviero su un’aia piena di pulcini, o di<br />
un lupo sul ciglio prossimo ad un gregge! Spavento, o per lo meno orgasmo, sono<br />
su almeno nove decimi dei volti presenti, e specie dei volti maschili. Io credo<br />
che molti hanno già l’impressione del filo della spada o del flagello contro<br />
l’epidermide, e il meno che pensano è di avere a provare le segrete delle<br />
carceri in attesa di processo. Le donne sono meno agitate. Più che agitate, sono<br />
impensierite per i figli o i mariti e consigliano questi e quelli di squagliarsi<br />
a piccoli gruppi spargendosi nelle campagne.<br />
Maria di Magdala insorge contro quest’onda di timore esagerato: «Oh! quante<br />
gazzelle sono in Israele! Non vi fa vergogna tremare così? Vi ho detto che nel<br />
mio palazzo sarete più sicuri che in una fortezza. Venite dunque! E sulla mia<br />
parola vi assicuro che non vi accadrà nulla di nulla. Se oltre ai designati da<br />
Gesù ve ne sono altri che pensano essere sicuri nella mia casa, vengano. Ci sono<br />
letti e lettucci per una centuria. Andiamo, decidete, in luogo di basire di<br />
paura! Soltanto prego Giovanna di farci seguire dai servi con delle cibarie.<br />
Perché in palazzo non ce n’è per tanti, ed è sera ormai. Un buon pasto è la<br />
miglior medicina per rinfrancare i pusilli». E non è solo imponente nella sua<br />
veste bianca, ma è abbastanza ironica negli occhi splendidi mentre, dall’alto<br />
della sua statura, guarda il gregge spaurito che si pigia nel vestibolo di<br />
Giovanna.<br />
«Provvederò subito. Andate pure, che Gionata vi seguirà coi servi, ed io con<br />
lui, perché mi concedo la gioia di seguire il Maestro, e senza paura, ve lo<br />
assicuro, tanto senza paura che porto con me i bambini» dice Giovanna.<br />
Si ritira a dare ordini, mentre le prime avanguardie dello spaurito esercito<br />
mettono caute la testa fuori dal portone e, vedendo che non c’è nulla di<br />
pauroso, osano uscire nella via e avviarsi seguiti dagli altri.<br />
Il gruppo verginale è al centro, immediatamente dopo Gesù che è nelle prime<br />
file. Dietro, oh!, dietro alle vergini le donne; e poi i più... vacillanti nel<br />
coraggio, che hanno le spalle protette da Maria di Lazzaro che si è unita alle<br />
romane, decise a non staccarsi da Gesù tanto presto. Ma poi Maria di Lazzaro<br />
corre avanti a dire qualcosa alla sorella, e le sette romane restano con Sara e<br />
Marcella, rimaste esse pure alla retroguardia per ordine di Maria e nell’intento<br />
di far passare ancor più inosservate le sette romane.<br />
Sopraggiunge a passo svelto Giovanna coi bambini per mano, e dietro a lei è<br />
Gionata coi servi carichi di borse e ceste, che si mettono in coda alla piccola<br />
turba che, in verità, nessuno nota, perché le vie formicolano di gruppi che<br />
vanno alle case o agli accampamenti, e la penombra rende meno riconoscibili i<br />
volti. Adesso Maria di Magdala insieme a Giovanna, Anastasica e Elisa, è proprio<br />
in prima fila e guida, per viette secondarie, i suoi ospiti al palazzo.<br />
2Gionata cammina quasi a pari delle romane, alle quali rivolge la parola come a<br />
serve delle discepole più ricche. Ne approfitta Claudia per dirgli: «Uomo, ti<br />
prego di andare a chiamare il discepolo che ha portato la notizia. Digli che<br />
venga qui. E dillo in maniera da non attirare l’attenzione. Va’!». La veste è<br />
dimessa, ma il modo è involontariamente potente, di chi è uso al comando.<br />
Gionata sbarra gli occhi cercando vedere, attraverso il velo calato, chi è che<br />
gli parla così. Ma non riesce che a vedere il balenio di due occhi imperiosi.<br />
Però deve intuire che non è una serva la donna che gli parla, e prima di<br />
ubbidire si inchina.<br />
Raggiunge Giuda di Keriot, che parla animatamente con Stefano e con Timoneo, e<br />
lo tira per la veste.<br />
«Che vuoi?».<br />
«Ti devo dire una cosa».<br />
«Dilla».
«No. Vieni indietro con me. Ti vogliono, per una elemosina, credo…».<br />
La scusa è buona ed è accettata con pace dai compagni di Giuda e con entusiasmo<br />
da Giuda, che torna indietro svelto insieme a Gionata.<br />
Eccolo alla fila ultima. «Donna, ecco l’uomo che volevi» dice Gionata a Claudia.<br />
«Grata ti sono per avermi servito» risponde questa, stando sempre velata. E poi,<br />
volgendosi a Giuda: «Ti piaccia sostare un momento per ascoltarmi».<br />
Giuda, che sente un modo di parlare molto raffinato e vede due occhi splendidi<br />
attraverso il velo sottile, e che forse si sente prossimo ad una grande<br />
avventura, acconsente senza ostacolo.<br />
3Il gruppo delle romane si separa. Restano, con Claudia, Plautina e Valeria; le<br />
altre proseguono. Claudia si guarda intorno. Vede solitaria la vietta in cui<br />
sono rimasti fermi, e con la mano bellissima getta da parte il velo, scoprendo<br />
il viso.<br />
Giuda la riconosce e, dopo un attimo di sbalordimento, si curva salutando con un<br />
misto di atti giudei e di parola romana: «Domina!».<br />
«Sì. Io. Alzati e ascolta. Tu ami il Nazareno. Del suo bene ti preoccupi. Bene<br />
fai. È un virtuoso e va difeso. Noi lo veneriamo come grande e giusto. I giudei<br />
non lo venerano. Lo odiano. So. Ascolta. E intendi bene, e bene ricorda e<br />
applica. Io lo voglio proteggere. Non come la lussuriosa di poc’anzi. Con onestà<br />
e virtù. Quando il tuo amore e la tua sagacia ti lasceranno capire che vi è<br />
insidia per Lui, vieni o manda. Claudia tutto può su Ponzio. Claudia otterrà<br />
protezione per il Giusto. Intendi?».<br />
«Perfettamente, domina. Il nostro Dio ti protegga. Verrò, solo che possa, verrò<br />
io, personalmente. Ma come passare da te?».<br />
«Chiedi sempre di Albula Domitilla. È una seconda me stessa, ma nessuno si<br />
stupisce se parla con giudei, essendo quella che si occupa delle mie liberalità.<br />
Ti crederanno un cliente. Forse ti umilia?».<br />
«No, domina. Servire il Maestro e ottenere la tua protezione è onore».<br />
«Sì. Vi proteggerò. Una donna sono. Ma sono dei Claudi. Posso più di tutti i<br />
grandi in Israele perché dietro me è Roma. Tieni, intanto. Per i poveri del<br />
Cristo. Il nostro obolo. Però… vorrei essere lasciata fra i discepoli questa<br />
sera. Procurami questo onore e tu sarai protetto da Claudia».<br />
Su un tipo come l’Iscariota le parole della patrizia operano prodigiosamente.<br />
Egli va al settimo cielo!… Osa chiedere: «Ma tu veramente lo aiuterai?».<br />
«Sì. Il suo Regno merita di essere fondato, perché è regno di virtù. Ben venga,<br />
in opposizione alle laide onde che coprono i regni attuali e che schifo mi<br />
fanno. Roma è grande, ma il Rabbi è ben più grande di Roma. Noi abbiamo le<br />
aquile sulle nostre insegne e la superba sigla. Ma sulle sue saranno i Geni e il<br />
santo suo Nome. Grande sarà, veramente grande Roma, e la Terra, quando<br />
metteranno quel Nome sulle loro insegne e il suo segno sarà sui labari e sui<br />
templi, sugli archi e le colonne».<br />
Giuda è trasecolato, sognante, estatico. Palleggia la pesante borsa che gli è<br />
stata data, e lo fa macchinalmente, e dice col capo di sì, di sì, di sì, a<br />
tutto…<br />
«Or dunque andiamo a raggiungerli. Alleati siamo, non è vero? Alleati per<br />
proteggere il tuo Maestro e il Re degli animi onesti».<br />
Cala il velo e rapida, snella, va quasi di corsa a raggiungere il gruppo che<br />
l’ha preceduta, seguita dalle altre e da Giuda, che ha il fiato grosso non tanto<br />
per la corsa quanto per ciò che ha sentito. Il palazzo di Lazzaro sta<br />
inghiottendo le ultime coppie dei discepoli quando lo raggiungono. Entrano<br />
svelti, e il portone ferrato si chiude con grande sferragliare di chiavistelli<br />
messi dal custode.<br />
4Una solitaria lampada, sorretta dalla moglie del custode, a mala pena rischiara<br />
il quadrato vestibolo tutto bianco del palazzo di Lazzaro. Si capisce che la<br />
casa non è abitata, per quanto sia ben custodita e tenuta in ordine. Maria e<br />
Marta guidano gli ospiti in un vasto salone, certo adibito ai conviti, dalle<br />
fastose pareti coperte di stoffe preziose, che disvelano i loro rabeschi man<br />
mano che vengono accesi i lampadari e posati i lumi sulle credenze, sui cofani<br />
preziosi, messi intorno alle pareti, o sulle tavole addossate ad un lato, pronte<br />
ad essere usate, ma certo da tempo inservibili. Ma Maria ordina siano portate al<br />
centro della sala e preparate per la cena coi viveri che i servi di Giovanna<br />
estraggono da borse e ceste e mettono sulle credenze.<br />
Giuda prende da parte Pietro e gli dice qualcosa all’orecchio.<br />
Vedo Pietro che sgrana gli occhi e scuote una mano come si fosse scottato le
dita, mentre esclama: «Fulmini e cicloni! Ma che dici?».<br />
«Sì. Guarda. E pensa! Non aver più paura! Non essere più così angustiati!».<br />
«Ma è troppo bello! Troppo! Ma come ha detto? Proprio che ci protegge? Che Dio<br />
la benedica! Ma quale è?».<br />
«Quella vestita di color tortora selvatica, alta, snella. Ecco, ci guarda…».<br />
Pietro guarda l’alta donna dal volto regolare e serio, dagli occhi dolci eppure<br />
imperiosi.<br />
«E… come hai fatto a parlarle? Non hai avuto…».<br />
«No, affatto».<br />
«Eppure tu odiavi i contatti con loro! Come me, come tutti…».<br />
«Sì. Ma li ho superati per amor del Maestro. Come ho superato il desiderio di<br />
troncarla cogli antichi compagni del Tempio... Oh! tutto per il Maestro! Voi<br />
tutti, e mia madre con voi, credete che io sia ambiguo. Tu, di recente, mi hai<br />
rimproverato le amicizie che ho. Ma se non le mantenessi, e con forte pena, non<br />
saprei tante cose. Non è bene mettersi bende agli occhi e cera nelle orecchie<br />
per paura che il mondo entri in noi per occhi e orecchi. Quando si è in una<br />
impresa pari alla nostra, occorre vegliare a occhi e orecchi più che liberi.<br />
Vegliare per Lui, per il suo bene, per la sua missione, per la fondazione di<br />
questo benedetto regno...».<br />
Molti degli apostoli e qualche discepolo si sono avvicinati e ascoltano,<br />
approvando col capo. Perché, infatti, non si può dire che Giuda parli male!<br />
Pietro, onesto e umile, lo riconosce e dice: «Hai proprio ragione! Perdona i<br />
miei rimproveri. Tu vali più di me, sai fare. Oh! andiamolo adire al Maestro, a<br />
sua Madre, alla tua! Era tanto angustiata!».<br />
«Perché male lingue hanno insinuato... Ma per ora taci. Dopo, più tardi. Vedi?<br />
Si siedono a mensa e il Maestro ci fa cenno di andare…».<br />
5…La cena è rapida. Anche le romane, sedute al tavolo delle donne, mescolate ad<br />
esse di modo che proprio Claudia è seduta fra Porfirea e Dorca, mangiano in<br />
silenzio ciò che viene loro messo davanti, e fra loro e Giovanna e Maria di<br />
Magdala corrono misteriose parole fatte di sorrisi e di ammicchi. Sembrano<br />
scolarette in vacanza.<br />
Gesù, dopo la cena, ordina di formare un quadrato di sedili e di prendervi posto<br />
per ascoltarlo. Egli si mette al centro e inizia a parlare in mezzo ad un<br />
quadrato attento di volti, nei quali sono chiusi solo gli occhietti innocenti<br />
del figliolino di Dorca, dormente in seno alla madre, e stanno velandosi di<br />
sonno quelli di Maria, seduta sulle ginocchia di Giovanna, e di Mattia, che si è<br />
accoccolato sui ginocchi di Gionata.<br />
«Discepoli e discepole qui radunati in nome del Signore, o qui attratti per<br />
desiderio di Verità, desiderio che viene ancora da Dio che vuole luce e verità<br />
in tutti i cuori, udite.<br />
Questa sera ci è concesso, e proprio la nequizia che ci vuole dispersi lo<br />
procura, di essere tutti uniti. Né, voi di sensi limitati, sapete quanto è<br />
profonda e vasta questa unione, vera aurora delle future che saranno quando il<br />
Maestro non sarà più fra voi, carnalmente, ma sarà in voi col suo spirito.<br />
Allora saprete amare. Allora saprete praticare. Per ora siete come bambini<br />
ancora al seno. Allora sarete come adulti che potrete gustare ogni cibo senza<br />
che vi nuoccia. Allora saprete, come Io dico, dire: “Venite a me voi tutti,<br />
perché tutti fratelli siamo, e per tutti Egli si è immolato”.<br />
6Troppe prevenzioni in Israele! Queste sono tante frecce lesive alla carità.<br />
Parlo a voi, fedeli, apertamente, perché fra voi non sono i traditori, né i<br />
saturi di preconcetti che separano, che si mutano in incomprensione, in<br />
caparbietà, in odio per Me che vi indico le vie del futuro. Io non posso parlare<br />
diversamente. E d’ora in poi parlerò più poco, perché vedo che inutili o quasi<br />
sono le parole. Ne avete avute da santificarvi e ammaestrarvi in maniera<br />
perfetta. Ma poco avete proceduto, specie voi, uomini fratelli, perché vi piace<br />
la parola ma non la mettete in atto. D’ora in poi, e con misura sempre più<br />
stringente, vi farò fare ciò che dovrete fare quando il Maestro sarà tornato al<br />
Cielo dal quale è venuto. Vi farò assistere a ciò che è il Sacerdote futuro. Più<br />
che le parole, osservate i miei atti, ripeteteli, imparateli, uniteli<br />
all’insegnamento. Allora diverrete discepoli perfetti.<br />
Che ha fatto e che vi ha fatto fare e praticare oggi il Maestro? La carità nelle<br />
sue multiformi forme. La carità verso Dio. Non la carità di preghiera, vocale,<br />
di rito soltanto. Ma la carità attiva, che rinnovella nel Signore, che spoglia<br />
dallo spirito del mondo, dalle eresie del paganesimo, il quale non è solo nei
pagani, ma che è anche in Israele con le mille consuetudini che si sono<br />
sostituite alla vera Religione, santa, aperta, semplice come tutto ciò che da<br />
Dio viene. Non atti buoni, o apparentemente tali, per essere lodati dagli<br />
uomini, ma azioni sante per meritare la lode di Dio.<br />
Chi è nato muore. Lo sapete. Ma non finisce la vita con la morte. Essa prosegue<br />
in altra forma e per l’eternità con un premio a chi fu giusto, con un castigo a<br />
chi fu malvagio. Questo pensiero di certo giudizio non sia paralisi durante il<br />
vivere e nell’ora del morire. Ma sia pungolo e freno, pungolo che sprona al<br />
bene, freno che trattiene da male passioni. Siate perciò veramente amanti del<br />
Dio vero, agendo nella vita sempre col fine di meritarlo nella vita futura.<br />
O voi che amate le grandezze, quale grandezza più grande di divenire figli di<br />
Dio, dèi perciò? O voi che temete il dolore, quale sicurezza di non più<br />
soffrire, quale quella che vi attende nel Cielo? Siate santi. Volete fondare un<br />
regno anche sulla terra? Vi sentite insidiati e temete non riuscirvi? Se agirete<br />
da santi riuscirete. Perché la stessa autorità che ci domina non potrà<br />
impedirlo, nonostante le sue coorti, perché voi persuaderete le coorti a seguire<br />
la dottrina santa così come Io, senza violenza, ho persuaso le donne di Roma che<br />
qui è Verità...».<br />
«Signore!...» esclamano le romane, vedendosi scoperte.<br />
«Sì, donne. 7Ascoltate e ricordate. Io dico ai miei seguaci d’Israele, Io dico a<br />
voi, non d’Israele ma di animo giusto, lo statuto del Regno mio.<br />
Non rivolte. Non servono. Santificare l’autorità impregnandola della nostra<br />
santità. Sarà un lungo lavoro, ma sarà vittorioso. Con mitezza e pazienza, senza<br />
frette stolte, senza deviazioni umane, senza rivolte inutili, ubbidendo là dove<br />
l’ubbidire non nuoce alla propria anima, voi perverrete a fare dell’autorità,<br />
che ora ci domina paganamente, una autorità protettrice e cristiana. Fate il<br />
vostro dovere di sudditi verso l’autorità, come fate quello di fedeli verso Dio.<br />
Vogliate vedere in ogni autorità non un oppressore ma un elevatore, perché vi dà<br />
il modo di santificarlo e di santificarvi con l’esempio e l’eroismo.<br />
Vogliate essere, come siete buoni fedeli e buoni cittadini, dei buoni mariti,<br />
delle buone mogli, santi, casti, ubbidienti, amorosi l’un dell’altro, uniti per<br />
allevare i figli nel Signore, per essere paterni e materni anche coi servi e con<br />
gli schiavi, che essi pure hanno anima e carne, sentimenti e affetti come voi li<br />
avete. Se la morte vi leva il compagno o la compagna, non siate, potendolo,<br />
vogliosi di nuove nozze. Amate gli orfani anche per il compagno scomparso. E<br />
voi, servi, siate sommessi ai padroni, e se sono imperfetti santificateli col<br />
vostro esempio. Grande merito ne avrete agli occhi del Signore. In futuro nel<br />
mio Nome non saranno più padroni e servi, ma fratelli. Non saranno più razze, ma<br />
fratelli. Non saranno più oppressi e oppressori che si odiano, perché gli<br />
oppressi chiameranno fratelli i loro oppressori.<br />
Amatevi voi di una fede, dando l’un l’altro aiuto così come oggi vi ho fatto<br />
fare. Ma non limitate l’aiuto ai poveri, ai pellegrini, ai malati della vostra<br />
razza. Aprite le braccia a tutti, così come la Misericordia le apre a voi. Chi<br />
più ha, dia a chi non ha o ha poco. Chi più sa, insegni a chi non sa o sa poco,<br />
e insegni con pazienza e umiltà, ricordando che, in verità, prima della mia<br />
istruzione nulla sapevate. Ricercate la Sapienza non per lustro, ma per aiuto<br />
nel procedere nelle vie del Signore.<br />
Le donne maritate amino le vergini, e queste le coniugate, e ambe diano affetto<br />
alle vedove. Tutte siete utili nel Regno del Signore. I poveri non invidino, i<br />
ricchi non creino odi con la mostra di ricchezze e la durezza di cuore. Abbiate<br />
cura degli orfani, dei malati, dei senza dimora. Aprite il cuore prima ancora<br />
della borsa e della casa, perché se anche date, ma con mal garbo, non fate onore<br />
ma offesa a Dio che è presente in ogni infelice.<br />
In verità, in verità vi dico che non è difficile servire il Signore. Basta<br />
amare. Amare il Dio vero, amare il prossimo quale che sia. In ogni ferita o<br />
febbre che curerete Io sarò. In ogni sventura che soccorrerete Io sarò. E tutto<br />
quello che farete a Me nel prossimo, se è bene, sarà a Me fatto; se male, anche<br />
a Me sarà fatto. Volete farmi soffrire? Volete perdere il Regno di pace, il<br />
divenire dèi, soltanto per non esser buoni col prossimo vostro?<br />
8Mai più saremo tutti così uniti. Verranno altre Pasque... e non potremo essere<br />
insieme per molte cause; le prime: quelle di una prudenza santa in parte e in<br />
parte eccessiva, ed ogni eccesso è colpa, per cui dovremo stare divisi; le altre<br />
Pasque ancora perché Io non sarò più fra voi... Ma ricordate questa giornata.<br />
Fate in futuro, e non per la sola Pasqua ma per sempre, ciò che vi ho fatto
fare.<br />
Non vi ho mai lusingato sulla facilità di appartenermi. Appartenermi vuol dire<br />
vivere nella Luce e Verità, ma mangiare anche il pane della lotta e delle<br />
persecuzioni. Ora, però, più voi sarete forti nell’amore e più sarete forti<br />
nella lotta e nella persecuzione.<br />
Credete in Me. Per quello che sono realmente: Gesù Cristo, il Salvatore, il cui<br />
Regno non è di questo mondo, la cui venuta indica pace ai buoni, il cui possesso<br />
vuol dire conoscere e possedere Dio, perché veramente chi ha Me in sé ed ha se<br />
stesso in Me è in Dio, e possiede Dio nel suo spirito per averlo poi nel Regno<br />
celeste in eterno.<br />
La notte è discesa. Domani è Parasceve. Andate. Purificatevi, meditate, compite<br />
una Pasqua santa.<br />
Donne di altra razza, ma di retto spirito, andate. La buona volontà che vi anima<br />
vi sia via per venire alla Luce. In nome dei poveri che sono Me stesso, Io vi<br />
benedico per l’obolo generoso e vi benedico per le vostre buone intenzioni verso<br />
l’Uomo che è venuto a portare amore e pace sulla Terra. Andate! E tu, Giovanna,<br />
e quanti altri non temono più insidie, andate pure».<br />
9Un brusio di stupore scorre l’assemblea mentre le romane - riposte le tavolette<br />
cerate, che Flavia ha scritto mentre Gesù parlava, in una borsa - ridotte a sei,<br />
perché Egla resta presso Maria di Magdala, escono dopo un saluto collettivo.<br />
Tanto è lo stupore che nessuno dei presenti, meno Giovanna, Gionata e i servi di<br />
Giovanna che portano in braccio i piccoli dormenti, si muove. Ma quando il<br />
rumore cupo del portone che si chiude dice che le romane sono partite, un<br />
clamore succede al brusio.<br />
«Ma chi sono?».<br />
«Come fra noi?».<br />
«Che hanno fatto?».<br />
E su tutti grida Giuda: «Come sai, Signore, dell’obolo opimo che mi hanno<br />
dato?».<br />
Gesù seda il tumulto col gesto e dice: «Claudia e le sue dame sono. E mentre le<br />
alte dame di Israele, tementi l’ira dei consorti, o con lo stesso pensiero e<br />
cuore dei consorti, non osano divenire le mie seguaci, le sprezzate pagane, con<br />
astuzie sante, sanno venire ad apprendere la Dottrina che, anche se accettata<br />
per ora umanamente, è sempre elevatrice... E questa fanciulla, già schiava, ma<br />
di razza giudea, è il fiore che Claudia offre alle schiere di Cristo, rendendola<br />
alla libertà e dandola alla fede di Cristo. Riguardo a sapere dell’obolo... oh!<br />
Giuda! Tutti meno te potrebbero farmi questa domanda! Tu sai che Io vedo nei<br />
cuori».<br />
«Allora vedrai che ho detto il vero dicendo che c’era insidia e che io l’ho<br />
sventata andando a far parlare… esseri colpevoli?».<br />
«È vero».<br />
«Dillo allora ben forte, che mia madre lo senta... Madre, un ragazzo sono, ma<br />
non un ribaldo... Madre, facciamo la pace. Comprendiamoci, amiamoci, uniti nel<br />
servizio a Gesù nostro».<br />
E Giuda va umile e amoroso ad abbracciare la madre che dice: «Sì, figliuolo! Sì,<br />
Giuda mio! Buono! Buono! Sempre buono sii, o mia creatura! Per te, per il<br />
Signore! Per la tua povera mamma!».<br />
10lntanto la sala è piena di agitazioni e commenti, e molti definiscono<br />
imprudente l’avere accolto le romane e rimproverano Gesù.<br />
Giuda sente. Lascia la madre e accorre in difesa del Maestro. Racconta il suo<br />
colloquio con Claudia e termina: «Non è spregevole aiuto. Anche senza averla<br />
ricevuta avanti fra noi, non abbiamo evitato persecuzione. Lasciamola fare. E,<br />
ricordatevelo bene, è meglio tacere con chicchessia. Pensate che, se è<br />
pericoloso per il Maestro, non lo è di meno per noi essere amici di pagani. Il<br />
Sinedrio che, in fondo, è trattenuto da paura verso Gesù per un superstite<br />
timore di alzare la mano sull’Unto di Dio, non avrebbe tanti scrupoli ad<br />
ammazzarci come cani, noi che siamo poveri uomini qualunque. In luogo di fare<br />
quelle facce scandalizzate, ricordate che poco fa eravate come tante passere<br />
spaurite, e benedite il Signore di aiutarci, con mezzi impensati, illegali se<br />
volete, ma tanto forti, a fondare il Regno del Messia. Tutto potremo se Roma ci<br />
difende! Oh! io non temo più! Grande giorno è oggi! Più che per tutte le altre<br />
cose, per questa... Ah! quando Tu sarai il Capo! Che potere dolce, forte,<br />
benedetto! Che pace! Che giustizia! Il Regno forte e benevolo del Giusto! E il<br />
mondo che viene lentamente ad esso!... Le profezie che si avverano! Turbe,
nazioni... il mondo ai tuoi piedi! Oh! Maestro! Maestro mio! Tu Re, noi tuoi<br />
ministri... In terra pace, in Cielo gloria... Gesù Cristo di Nazaret, Re della<br />
stirpe di Davide, Messia Salvatore, io ti saluto e ti adoro!»; e Giuda, che pare<br />
rapito in un’estasi, termina prostrandosi: «In terra, in Cielo e fino negli<br />
Inferni è noto il tuo Nome, è infinito il tuo potere. Quale forza può<br />
resisterti, o Agnello e Leone, Sacerdote e Re, Santo, Santo, Santo?»; e resta<br />
curvo fino a terra nella sala che è muta di stupore.<br />
372. Giorno di Parasceve. Il risveglio nel palazzo di Lazzaro.<br />
30 gennaio 1946.<br />
1Il palazzo di Lazzaro, tramutato in dormitorio per quella notte, mostra corpi<br />
d’uomini dormienti sparsi per ogni dove. Le donne non si vedono. Forse sono<br />
state condotte nelle stanze superiori. L’alba chiara inalba lentamente la città,<br />
penetra nei cortili del palazzo, desta i primi cinguettii timidi fra il fogliame<br />
degli alberi, messi a fare ombria in essi, e i primi tubamenti dei colombi che<br />
dormono nell’incassatura del cornicione. Ma gli uomini non si destano. Stanchi e<br />
sazi di cibo e di emozioni, dormono e sognano...<br />
Gesù esce senza rumore nel vestibolo e da esso passa nel cortile d’onore. Si<br />
lava ad una fonte chiara che canta al centro di esso, fra un quadrato di<br />
mortella al cui piede sono dei piccoli gigli molto simili ai cosiddetti mughetti<br />
francesi. Si ravvia e, sempre senza fare rumore, torna là dove è la scala che<br />
porta ai piani superiori e alla terrazza sulla casa. Sale sino lassù, a pregare,<br />
a meditare...<br />
Passeggia lentamente avanti e indietro, egli unici che lo vedono sono i colombi<br />
che, allungando il collo e sgrugolando, sembra si chiedano l’un l’altro: «Chi è<br />
costui?». Poi si appoggia al muretto e sta raccolto in Se stesso, immobile.<br />
Infine alza il capo, forse richiamato dal primo apparire del sole che si alza da<br />
dietro i colli che celano Betania e la valle del Giordano, e guarda il panorama<br />
che è ai suoi piedi.<br />
2Il palazzo di Lazzaro è certo su una delle tante elevazioni del suolo che<br />
fanno delle vie di Gerusalemme un sali e scendi continuo, specie nelle meno<br />
belle. Quasi al centro della città, ma lievemente spinto verso sud ovest.<br />
Collocato su una bella strada che sfocia sul Sisto, formando con essa un T,<br />
domina la città bassa, avendo di fronte Bezeta, Moria e Ofel, e dietro ad essi<br />
la catena dell’Uliveto; sul dietro, e già appartenente al posto dove sorge*, il<br />
monte Sion, mentre ai due fianchi l’occhio spazia a sud verso i colli<br />
meridionali, mentre al nord Bezeta nasconde molta parte di panorama. Ma, oltre<br />
la valle di Gihon, la testa calva del Golgota emerge giallastra nella luce rosea<br />
dell’aurora, lugubre sempre anche in questa luce lieta.<br />
Gesù la guarda... Il suo sguardo, benché più virile e più pensoso, mi ricorda<br />
quello della lontana visione di Gesù dodicenne nella visione della disputa coi<br />
dottori. Ma ora, come allora, non è uno sguardo di terrore. No. È un dignitoso<br />
sguardo di eroe che guarda il suo campo di estrema battaglia.<br />
Poi si volta a guardare i colli a meridione della città e dice: «La casa di<br />
Caifa!», e con lo sguardo segna come tutto un itinerario da quel punto al<br />
Getsemani, e poi al Tempio, e poi ancora guarda oltre la cinta della città,<br />
verso il Calvario...<br />
Il sole intanto è sorto del tutto e la città si accende di luce…<br />
3Al portone del palazzo, dei colpi vigorosi vengono dati senza mettere sosta fra<br />
l’uno e l’altro. Gesù si sporge per vedere, ma il cornicione molto sporgente,<br />
mentre il portone è molto rientrante nelle pareti massicce, gli impediscono di<br />
vedere chi bussa.<br />
In compenso sente subito il vocìo dei dormenti che si destano, mentre il<br />
portone, aperto da Levi, viene richiuso con fragore. E poi sente il suo Nome<br />
gridato da tante voci di uomo e di donna... Si affretta a scendere dicendo:<br />
«Eccomi. Che volete?».<br />
Coloro che lo chiamavano, non appena lo sentono, prendono d’assalto la scala<br />
salendo di corsa e vociando. Sono gli apostoli e i discepoli più antichi, e fra<br />
mezzo a loro è Giona, il conduttore del Getsemani. Parlano tutt’insieme e non si<br />
capisce nulla.<br />
Gesù deve imporre con violenza che si fermino dove sono e facciano silenzio, per<br />
poterli calmare. Li raggiunge dicendo subito: «Che avviene?».
Altro subbuglio fragoroso, inutile perché incomprensibile. Dietro agli urlanti<br />
si affacciano volti mesti o stupefatti di donne e di discepoli...<br />
«Parli uno per volta. Tu, Pietro, per primo».<br />
«È venuto Giona... Ha detto che erano in tanti e che ti hanno cercato da per<br />
tutto. Lui è stato male tutta la notte, e poi all’apertura delle porte è andato<br />
da Giovanna e ha saputo che eri qui. Ma come facciamo? La Pasqua la dobbiamo pur<br />
fare!».<br />
Giona del Getsemani rinforza la notizia dicendo: «Sì, mi hanno anche<br />
maltrattato. Io ho detto che non sapevo dove eri, che forse non tornavi. Ma<br />
hanno visto le vostre vesti e hanno capito che tornate al Getsemani. Non mi fare<br />
del male, Maestro! Io ti ho sempre ospitato con amore, e questa notte ho patito<br />
per Te. Ma… ma…».<br />
_____________________<br />
* dove sorge sottintende, come soggetto, il palazzo di Lazzaro.<br />
«Non avere paura! Non ti metterò più in pericolo d’ora in poi. Non sosterò più<br />
in casa tua. Mi limiterò a venire di passaggio, nella notte, a pregare… Non me<br />
lo puoi vietare…». Gesù è dolcissimo verso lo spaurito Giona del Getsemani.<br />
4Ma la voce d’oro di Maria di Magdala prorompe veemente: «Da quando, o uomo, ti<br />
dimentichi che sei servo e che la condiscendenza nostra ti fa usare modi da<br />
padrone? Di chi la casa e l’uliveto? Solo noi possiamo dire al Rabbi: “Non<br />
andare a fare danno ai nostri beni”. Ma non lo diciamo. Perché sommo bene sempre<br />
sarebbe se anche per cercare Lui i nemici del Cristo distruggessero piante,<br />
mura, e persino facessero franare le balze. Perché tutto sarebbe distrutto per<br />
avere ospitato l’Amore, e l’Amore darebbe amore a noi suoi fedeli amici. Ma<br />
vengano! Distruggano! Calpestino! E che fa? Basta che Egli ci ami e sia<br />
illeso!».<br />
Giona è preso fra la paura dei nemici e quella dell’ardente padrona, e mormora:<br />
«E se mi fanno del male al figlio?...».<br />
Gesù lo conforta: «Non temere, ti dico. Non sosterò più. Puoi dire a chi te lo<br />
chiede che il Maestro non abita più al Getsemani... No, Maria! Così è bene fare.<br />
E lasciami fare! Io ti sono grato della tua generosità... Ma non è la mia ora,<br />
non è ancora la mia ora! Suppongo fossero farisei...».<br />
«E sinedristi, e erodiani, e sadducei… e soldati di Erode… e… tutti… tutti… Non<br />
mi levo il tremito della paura… Però lo vedi, Signore? Sono corso ad avvisarti…<br />
da Giovanna… poi qui…». L’uomo ci tiene a far notare che a rischio della sua<br />
pace ha fatto il suo dovere verso il Maestro.<br />
Gesù sorride con compatimento e bontà e dice: «Lo vedo! Lo vedo! Dio te ne<br />
compensi. Ora va’ in pace a casa tua. Ti manderò a dire dove mandare le borse, o<br />
manderò a ritirarle Io stesso».<br />
L’uomo se ne va, e nessuno, meno Gesù e Maria Ss., lo risparmia di rimproveri o<br />
scherni. Salato è quello di Pietro, salatissimo quello dell’Iscariota, ironico<br />
quello di Bartolomeo, Giuda Taddeo non parla ma lo guarda in un tal modo! E il<br />
mormorio e gli sguardi di rimprovero lo accompagnano anche fra le file delle<br />
donne, terminando nel razzo finale di Maria di Magdala, la quale all’inchino del<br />
servo-contadino risponde: «Riferirò a Lazzaro che per il convito di festa venga<br />
a procurarsi polli ben ingrassati nelle terre del Getsemani».<br />
«Non ho pollaio, padrona».<br />
«Tu, Marco e Maria: tre magnifici capponi!».<br />
Ridono tutti per l’uscita inquieta e… significativa di Maria di Lazzaro, che è<br />
furente di vedere la paura nei suoi dipendenti e per il disagio del Maestro,<br />
privato del quieto nido del Getsemani.<br />
«Non ti inquietare, Maria! Pace! Pace! Non tutti hanno il tuo cuore!».<br />
«Oh! no, purtroppo! Avessero tutti il mio cuore, Rabboni! Neppure le lance e le<br />
frecce a me dirette mi farebbero separare da Te!».<br />
Un mormorio fra gli uomini… Maria lo raccoglie e risponde pronta: «Sì. Lo<br />
vedremo! E speriamo presto, se questo può servire a insegnarvi il coraggio.<br />
Niente mi farà paura se io posso servire il mio Rabbi! Servire! Sì! Servire! E<br />
si serve nelle ore pericolose, fratelli! Nelle altre… Oh! nelle altre non è<br />
servire! È godere!… E il Messia non va seguito per godere!».<br />
Gli uomini chinano il capo, punti da queste verità.<br />
5Maria fende le file e viene di fronte a Gesù. «Che decidi, Maestro? È<br />
Parasceve.* Dove la tua Pasqua? Ordina… e, se tanto ho trovato grazia presso di<br />
Te, concedimi di offrirti un mio cenacolo, di pensare a tutto…».
«Grazia hai trovato presso il Padre dei Cieli, grazia perciò presso il Figlio<br />
del Padre al quale è sacro ogni movimento del Padre. Ma se accetterò il<br />
cenacolo, lascia che al Tempio, a sacrificare l’agnello, vada Io, da buon<br />
israelita…».<br />
«E se ti prendono?» dicono in molti.<br />
«Non mi prenderanno. Nella notte, nell’oscurità, come usano i ribaldi, possono<br />
osarlo. Ma in mezzo alle turbe che mi venerano, no. Non diventatemi vili!…».<br />
«Oh! poi ora c’è Claudia!» grida Giuda. «Il Re e il Regno non sono più in<br />
pericolo!…».<br />
«Giuda, te ne prego! Non farli crollare in te! In te non insidiarli. Il mio<br />
Regno non è di questo mondo. Io non sono un re come quelli che sono sui troni.<br />
Il mio Regno è dello spirito. Se tu lo avvilisci alla meschinità di un regno<br />
umano, tu in te lo insidi e lo fai crollare».<br />
«Ma Claudia!...».<br />
«Ma Claudia è una pagana. Non può perciò sapere il valore dello spirito. Molto è<br />
se intuisce e appoggia Colui che per lei è un Saggio… Molti in Israele neppure<br />
come saggio mi giudicano!… Ma tu non sei pagano, amico mio! Il provvidenziale<br />
tuo incontro con Claudia non fare che ti si volga in danno, così come non fare<br />
che ogni dono di Dio per raffermare la tua fede e la tua volontà di servire il<br />
Signore ti divenga sciagura spirituale».<br />
«E come lo potrebbe, mio Signore?».<br />
«Facilmente. Non in te soltanto. Se un dono dato per soccorrere la debolezza<br />
dell’uomo, in luogo di fortificarlo e sempre più farlo voglioso di bene<br />
soprannaturale, o anche semplicemente morale, servisse ad appesantirlo di<br />
appetiti umani e a trarlo lontano dalla via retta, su vie in discesa, allora il<br />
dono diverrebbe danno. Basta la superbia a fare di un dono un danno. Basta il<br />
disorientamento provocato da una cosa che esalta, per cui si perde di mira il<br />
Fine supremo e buono, per fare di un dono un danno. Ne sei persuaso? La venuta<br />
di Claudia deve darti solo la forza di una considerazione. Questa: che se una<br />
pagana ha sentito la grandezza della mia dottrina e la necessità che essa<br />
trionfi, tu, e con te tutti i discepoli, con ancora più grande potenza dovete<br />
sentire tutto ciò e, di conseguenza, darvi tutti a ciò. Ma sempre<br />
spiritualmente. Sempre… 6Ed ora decidiamo. Dove dite essere bene consumare la<br />
Pasqua. Voglio che siate in pace di spirito per questa Cena di rito, per sentire<br />
Dio che non si sente nel turbamento. Siamo molti. Ma mi<br />
______________________<br />
* Parasceve era la preparazione che si faceva per il sabato, nel quale tutte le<br />
attività erano proibite, anche quella di preparare il cibo. Conformemente a<br />
Marco 15, 42 l’Opera valtortiana chiama parasceve il giorno prima del sabato, il<br />
nostro venerdì.<br />
sarebbe dolce stare tutti insieme per potervi far dire: “Consumammo una Pasqua<br />
con Lui”. Scegliete dunque un luogo dove, suddividendoci secondo il rituale, di<br />
modo da formare gruppi sufficienti a consumare ognuno il proprio agnello, si<br />
possa però dire: “Eravamo uniti, e l’uno sentiva la voce dell’altro fratello”».<br />
Chi nomina questo e chi quel luogo. Ma le sorelle di Lazzaro la vincono. «Oh!<br />
Signore! Qui! Manderemo a prendere il fratello nostro. Qui! Molte sono le sale e<br />
le stanze. Saremo insieme, e secondo il rito. Accetta, Signore! Il palazzo ha<br />
stanze atte per almeno duecento persone divise per gruppi di venti. E tanti non<br />
siamo. Fàcci liete, Signore! Per Lazzaro nostro così triste… così malato…». Le<br />
due sorelle piangono finendo: «…che non si può pensare che mangi un’altra<br />
Pasqua…».<br />
«Che dite? Che pensate concedere alle sorelle buone?» dice Gesù interpellando<br />
tutti.<br />
«Io direi che sì» dice Pietro.<br />
«Io pure» dice l’Iscariota, e molti altri.<br />
Chi non parla, assente.<br />
«Provvedete, allora. E noi andiamo al Tempio, a mostrare che chi è sicuro di<br />
ubbidire all’Altissimo non ha paura e non è vile. Andiamo. A chi resta, la mia<br />
pace».<br />
E Gesù scende il resto di scala, traversa il vestibolo ed esce coi discepoli<br />
nella via piena di folla.
372.Giorno di Parasceve. Al Tempio.<br />
31 gennaio 1946.<br />
1Gesù entra nel Tempio. E dai primi passi che fa in esso è facile capire l’umore<br />
degli animi verso il Nazareno. Occhiatacce; ordini alle guardie del Tempio di<br />
sorvegliare il «conturbatore», e dati palesemente, perché tutti vedano e<br />
sentano; parole di sprezzo per chi è con Lui; anche urtoni, volontariamente dati<br />
a discepoli... Insomma l’odio è tale che gli splendidi farisei, scribi e dottori<br />
assumono pose e atti da facchini o da peggio ancora, e non pensano, tanto sono<br />
accecati dal livore, che si avviliscono molto, anche come uomini, facendo così.<br />
Gesù passa tranquillo, come neppure lo riguardassero quegli atti! È il primo a<br />
salutare non appena vede qualche personaggio che per grado sacro o per potenza è<br />
un «superiore» del mondo ebraico. E se quello non risponde al saluto dignitoso<br />
che Gesù gli rivolge, non per questo Gesù muta atteggiamento. Certo che il suo<br />
viso, quando si volge da uno di questi superbi a uno o a più dei tanti umili - e<br />
molti sono i mendichi e malati poveri che ieri Egli ha raccolto e che, per<br />
l’impensata fortuna avuta, possono fare una Pasqua quale forse da anni non<br />
facevano, e che riuniti in gruppi, in piccole società formatesi spontaneamente,<br />
vanno a comperare gli agnelli da immolare, felici di essere, loro, i derelitti,<br />
pari agli altri nelle vesti e nelle possibilità - il suo volto diviene<br />
dolcissimo di sorriso. E si ferma benigno ad ascoltarli nei loro propositi,<br />
nelle loro narrazioni stupefatte, nelle loro benedizioni... Vecchi, bambini,<br />
vedove, infermi ieri, ora guariti, miserevoli ieri, stracciati, affamati,<br />
derelitti, oggi rivestiti, e nella felicità di essere uomini come gli altri<br />
nelle giornate della grande festa d’Azzimi!<br />
Le voci, così varie, da quelle d’argento dei piccoli a quelle tremule dei vecchi<br />
e, in mezzo a questi due estremi, le voci trepide delle donne, salutano,<br />
accompagnano, seguono Gesù. I baci piovono sulle sue vesti, sulle sue mani. E<br />
Gesù sorride e benedice mentre i suoi nemici, lividi di stizza per quanto Lui è<br />
luminoso di pace, si rodono d’ira impotente.<br />
2Afferro brani di discorsi...<br />
«Dici bene tu! Ma facessimo un atto, essi (e un fariseo indica il popolo che si<br />
stringe a Gesù) ci farebbero a pezzi».<br />
…«Pensate! Ci ha raccolti, sfamati, vestiti, guariti, e molti hanno trovato<br />
lavoro e assistenza per mezzo dei ricchi discepoli. Ma in verità tutto è venuto<br />
per Lui, che Dio lo salvi sempre!» dice un uomo che forse ieri era infermo e<br />
mendico.<br />
…«Sfido io! Compera la plebe così, il sedizioso, per gettarcela contro!» arrota<br />
fra i denti uno scriba parlando con un collega.<br />
«Una sua discepola ha preso il mio nome e mi ha detto di andare da lei dopo la<br />
Pasqua, ché mi conduce nelle sue campagne a Bétèr. Capisci, donna? Io e i figli.<br />
Lavorerò. Ma cosa è lavorare con protezione e sicurezza? Gioia è! E il mio Levi<br />
non si spezzerà nel lavoro dei grani. Perché la discepola che ci prende lo mette<br />
ai roseti... Un giuoco, ti dico! Ah! L’Eterno dia gloria e bene al suo Messia!»<br />
dice la vedova del piano di Saron ad una israelita benestante che la interroga.<br />
«Oh! e io non potrei?… Siete tutti a posto, ormai, voi che ieri ha raccolti?»<br />
dice la donna ricca israelita.<br />
«No, donna. Ci sono ancora altre vedove con figli, e altri uomini».<br />
«Vorrei dirgli se mi dà grazia di aiutarlo».<br />
«Chiamalo!».<br />
«Non oso».<br />
«Va’ tu, Levi mio, a dirgli che una donna gli vuoI parlare…».<br />
Il fanciullo va lesto e riferisce a Gesù.<br />
3Intanto un sadduceo malmena un vecchio che pontifica in mezzo ad una turba<br />
venuta da Oltre Giordano e che tesse l’elogio del Maestro di Galilea.<br />
Il vecchio si difende dicendo: «Che faccio di male? Volevi essere lodato tu? Non<br />
avevi che fare ciò che Egli fa. Ma tu, che Dio ti perdoni, alla canizie e alla<br />
miseria dai sprezzo e non amore, falso israelita che non rispetti il<br />
Deuteronomio avendo pietà per i poveri» .<br />
«Sentite? Ecco il frutto della dottrina del sobillatore! Insegna alla plebe ad<br />
offendere i santi d’Israele».<br />
Gli risponde un sacerdote del Tempio: «Ma di noi è la colpa, se ciò avviene! Non<br />
facciamo che minacce senza tradurle in atto!».<br />
…Gesù dice intanto alla donna d’Israele: «Se ti impegni veramente di essere
madre agli orfani e sorella alle vedove, vai al palazzo di Cusa, al Sisto. Di’ a<br />
Giovanna che Io ti mando. Va’ e ti fruttifichi il suolo come quello dell’Eden<br />
per la tua pietà. E più ti fruttifichi il cuore nell’amore sempre più vasto al<br />
prossimo tuo».<br />
Vede intanto le guardie trascinare il vecchio che aveva parlato prima. Grida:<br />
«Che fate al vecchio? E che ha fatto?».<br />
«Ha insultato gli strategoi che lo redarguivano».<br />
«Non è vero. Un sadduceo mi ha malmenato perché parlavo di Te a quei pellegrini.<br />
E avendo alzato su me la mano, perché vecchio e povero, gli ho detto che è un<br />
falso israelita che calpesta le parole del Deuteronomio».<br />
«Rilasciate quel vecchio. È con Me. La verità fu sulla sua bocca. Non la<br />
sincerità: la Verità. Dio, se parla sulle labbra dei fanciulli, parla pure*<br />
sulle labbra dei vecchi. È detto: “Non disprezzare l’uomo nella sua vecchiaia,<br />
perché sono dei nostri quelli che invecchiano”. E ancora: “Non disprezzare le<br />
parole dei vecchi saggi ma abbi famigliari le loro massime, perché da loro tu<br />
imparerai la sapienza e gli insegnamenti dell’intelligenza”, e ancora: “Dove<br />
sono dei vecchi non parlare molto”. Se lo ricordi Israele, quella parte<br />
d’Israele che vuol dirsi perfetta, perché altrimenti l’Altissimo ha modo di<br />
smentirla. Padre, vieni al mio fianco».<br />
Il vecchione va da Gesù, mentre i sadducei, colpiti dal rimprovero, se ne vanno<br />
con ira.<br />
4«Sono una donna ebrea della Diaspora, o Re atteso. Potrei servirti come quella<br />
donna che mandasti da Giovanna?» dice una donna che mi pare tutta quella che, di<br />
nome Niche, asciugò** il volto di Gesù sul Golgota, ottenendo il Sudario. Ma le<br />
ebree sono molto somiglianti fra di loro, e potrei, a distanza di mesi da quella<br />
visione, sbagliare.<br />
Gesù la guarda. Vede una donna sui quarant’anni, una ben vestita, franca di<br />
modi. Le chiede: «Sei vedova, non è vero?».<br />
«Sì. E senza figli. Sono tornata di recente e ho preso terre a Gerico. Per<br />
essere vicina alla città santa. Ma ora vedo che più grande di essa Tu sei. E ti<br />
seguo. E ti prego di avermi per serva. Conosco di Te da discepoli. Ma Tu superi<br />
i loro racconti».<br />
«Va bene. Ma che vuoi di preciso?».<br />
«Aiutarti nei poveri e, come posso, farti amare e conoscere. Conosco molti delle<br />
colonie della Diaspora, avendo seguito il marito nei commerci. Ho mezzi. Ma mi<br />
basta poco. Posso fare molto, perciò. E molto voglio fare per tuo amore e<br />
per<br />
___________________________<br />
* pure, invece di pure anche, è la corretta trascrizione dattiloscritta. Seguono<br />
tre citazioni da Siracide 8,6; 8,8; 32,9, come annota MV su una copia<br />
dattiloscritta.<br />
** asciugò, in quanto riferito ad un episodio già “visto” e scritto, deve<br />
intendersi asciugherà, in quanto quell’episodio è posteriore e lo incontreremo<br />
nella “Passione”.<br />
suffragare lo spirito di colui che mi prese vergine vent’anni or sono e che mi<br />
fu compagno amabile fino all’estremo sospiro. Lo diceva nel morire. Pareva<br />
profetasse: “Morto che io sia, consegna la carne che ti amò alla tomba e va’<br />
nella patria nostra. Troverai il Promesso. Oh! tu lo vedrai! Cercalo. Seguilo.<br />
Egli è il Redentore e Risuscitatore e mi aprirà le porte della Vita. Sii buona<br />
per aiutarmi ad esser pronto quando Egli aprirà i Cieli a coloro che non hanno<br />
più debiti verso la Giustizia, e sii buona per meritare di incontrarlo presto.<br />
Giura che lo farai e che muterai le sterili lacrime di una vedovanza in fortezza<br />
operosa. Abbi Giuditta* a tuo esempio, o sposa, e tutte le nazioni conosceranno<br />
il tuo nome”. Povero sposo mio! Io chiedo soltanto che Tu mi conosca...».<br />
«Ti conoscerò per discepola buona. Va’ tu pure da Giovanna, e Dio sia con te»...<br />
5…Noiosi come pecchie tornano all’assalto i nemici di Gesù, mentre Egli,<br />
immolato l’agnello e atteso che fossero immolati quelli presi dai discepoli per<br />
averne quanti erano necessari per tanti, ritorna verso la cinta del Tempio.<br />
«Quando fai conto di finirla con le tue pose da re? Tu non sei re! Tu non sei<br />
profeta! Fino a quando abusi della nostra bontà, uomo peccatore, ribelle, causa<br />
di male ad Israele? Quante volte ti dobbiamo dire che non hai diritto di fare il<br />
rabbi qui dentro?».<br />
«Sono venuto ad immolare l’agnello. Non me lo potete impedire. Ma, del resto, vi
icordo Adonia e Salomone».<br />
«Che c’entrano? Che vuoi dire? Sei Tu Adonia?».<br />
«No. Adonia con frode si fece re, ma la Sapienza vegliava e consigliava, e re fu<br />
soltanto Salomone. Io non sono Adonia. Salomone sono».<br />
«E Adonia chi è?».<br />
«Voi tutti».<br />
«Noi? Come parli?».<br />
«Con verità e giustizia».<br />
«Noi osserviamo la Legge, in ogni punto, crediamo ai profeti e...».<br />
«No. Non credete ai profeti. Essi mi nominano, e voi in Me non credete. No. Non<br />
osservate la Legge. Essa consiglia atti giusti. Voi non li fate. Anche quelle<br />
offerte che venite a compiere non sono rette.<br />
È detto**: “Immonda è l’offerta di chi sacrifica roba di mal’acquisto”. È detto:<br />
“L’Altissimo non accetta i doni degli iniqui, non volge l’occhio sulle loro<br />
oblazioni, né sarà propizio ai loro peccati per il gran numero dei loro<br />
sacrifizi”. È detto: “Chi offre sacrifizio con la roba dei poveri è come chi<br />
sgozza un figlio sotto gli occhi del padre”. Questo è detto, o Giocana!<br />
_____________________<br />
* Di Giuditta si parla in Giuditta 8-16; di Adonia e Salomone in 1 Re, da 1,1 a<br />
2,25.<br />
** È detto introduce una serie di citazioni, non tutte testuali. Ne raggruppiamo<br />
i riferimenti biblici annotati da MV su una copia dattiloscritta: Siracide 34,<br />
18-22; Levitico 21; 20,9; 20,6.<br />
È detto: “Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri, chi lo toglie loro è un<br />
assassino”. Questo è detto, o Ismael!<br />
È detto: “Chi toglie il pane del sudore è come se uccidesse il povero”. Questo è<br />
detto, o Doras figlio di Doras.<br />
È detto: “Chi sparge il sangue e chi defrauda la mercede all’operaio sono<br />
fratelli”. Questo è detto, o Giocana, Ismael, Chanania, Doras, Gionata. E<br />
ricordate anche che è detto “Chiunque chiude i suoi orecchi alle grida del<br />
povero griderà anch’egli ma non sarà ascoltato”.<br />
E tu, Eleazar ben Anna, ricordati e ricorda a tuo padre che è detto: “I miei<br />
sacerdoti siano santi e non si contaminino per nessuna ragione”.<br />
E tu, Cornelio, sappi che è detto: “Chi avrà maledetto padre e madre sia punito<br />
di morte”, e morte non è soltanto quella che dà il carnefice. Una più grande<br />
attende i peccatori contro i parenti, eterna, tremenda.<br />
E tu, Tolmè, ricorda che è detto: “Chi esercita magia è sterminato da Me”.<br />
E tu, Sadoc, scriba d’oro, ricorda che fra l’adultero e il suo paraninfo<br />
nell’adulterio non c’è differenza agli occhi di Dio, ed è detto che colui che<br />
giura il falso è preda delle fiamme senza fine. E di’ a colui che l’ha<br />
dimenticato che chi prende una vergine, e sazio la recide da sé mentendo accuse,<br />
va condannato. Oh! non qui. Nell’altra vita, e per la menzogna, il falso<br />
giuramento, il danno fatto alla moglie, e per l’adulterio.<br />
E che? Fuggite? Davanti all’inerme che dice parole non sue ma di quelli che voi<br />
citate per santi in Israele, e perciò non potete dire che l’inerme è un<br />
bestemmiatore, perché dicendolo direste bestemmiatori i libri sapienziali e<br />
quelli mosaici che da Dio sono dettati? Davanti all’inerme voi fuggite? Sono<br />
forse pietre le mie parole? O vi destano, picchiando sul bronzo duro del vostro<br />
duro cuore, la coscienza, ed essa sente che ha il dovere di purificarsi, essa,<br />
non le membra soltanto, in questa Parasceve, per potere consumare senza peccato<br />
di immondezza l’agnello santo? Oh! se così è, lode al Signore! Perché vera<br />
sapienza, o voi che volete essere lodati per saggi, è conoscere se stessi,<br />
riconoscere i propri errori, pentirsene e andare ai riti con “vera” devozione.<br />
Ossia con culto e rito dell’anima, e non rito esteriore…<br />
Sono andati! E noi pure andiamo a dar pace a chi ci attende…».
374. Giorno di Parasceve. Per le vie di Gerusalemme e nel sobborgo di Ofel.<br />
2 febbraio 1946.<br />
lEscono dal Tempio, brulicante di folla, per immergersi nel brulichio delle vie<br />
dove tutti corrono, indaffarati negli ultimi preparativi pasquali, e i<br />
ritardatari cercano affannosamente una stanza, un vestibolo, un purché sia, per<br />
mutarlo in cenacolo per consumarvi l’agnello.<br />
È facile così incontrarsi, ed è facile anche non riconoscersi, nel pigia pigia<br />
continuamente agitato che fa passare sotto gli occhi volti di tutte le età, di<br />
tutte le regioni dove sono israeliti, e dove il sangue puro di Israele ha<br />
contratto, per mescolanze di sangue o anche semplicemente per mimetismo,<br />
somiglianze con altre razze. Cosicché si vedono ebrei che sembrano egiziani e<br />
anche che, per i labbri sporgenti, i nasi camusi e l’angolo facciale, sembrano<br />
incroci coi nubiani; altri che per i visi taglienti, minuti, le membra snelle,<br />
gli sguardi arguti, denunciano di essere delle colonie greche, o mescolanze con<br />
greci; mentre dei robusti e alti uomini, dal viso piuttosto squadrato, parlano<br />
chiaramente di essere non del tutto estranei coi latini; e ve ne sono anche<br />
molti che noi moderni diremmo circassi o persiani, con già un ricordo di occhi<br />
mongolici o indiani nei visi bianchissimi dei primi, nei visi olivastri dei<br />
secondi. Un bel caleidoscopio di volti e di vesti! L’occhio ne resta stanco,<br />
tanto che è facile finisca a guardare senza vedere. Ma ciò che sfugge a uno<br />
viene notato dall’altro. È dunque comprensibile che ciò che sfugge al Maestro,<br />
sempre un poco assorto in Se stesso quando lo lasciano in pace, senza<br />
interrogarlo, è notato da questo o quello di chi è con Lui. E gli apostoli, i<br />
più vicini a Gesù, si indicano ciò che vedono e parlottano fra di loro con<br />
commenti... molto umani per le persone indicate.<br />
2Uno di questi commenti salati, su un ex discepolo che passa con sussiego<br />
fingendo di non vederli, viene afferrato da Gesù: «A chi dite quelle parole?»<br />
interroga.<br />
«A quel barbagianni là» accenna Giacomo di Zebedeo. «Ha finto di non vederci, e<br />
non è il solo a fare così. Però quando Tu lo dovevi guarire e ti cercava,<br />
allora sapeva vederci! Gli venga la pustola maligna!».<br />
«Giacomo!! Con questi sentimenti sei al mio fianco e ti prepari a consumare<br />
l’agnello? In verità tu sei più incoerente di lui. Lui si è separato con<br />
franchezza quando ha sentito di non poter fare ciò che dicevo. Tu resti, ma non<br />
fai ciò che Io dico. Non sei forse più peccatore di lui?».<br />
Giacomo diventa rosso fino alla congestione e si ritira dietro ai compagni,<br />
mortificato.<br />
«È che fa male vederli fare così, Maestro!» dice Giovanni per aiutare il<br />
fratello che è stato rimproverato. «Il nostro amore si ribella a vedere il loro<br />
disamore...».<br />
«Già. Ma credete di portarli all’amore facendo così? Sgarbi, male parole,<br />
insulti, non hanno mai portato al punto dove si vorrebbe portare un rivale o uno<br />
di altro pensiero. È la dolcezza, la pazienza, la carità, perseveranti<br />
nonostante ogni ripulsa, che finiscono ad ottenere. Io capisco e compatisco il<br />
vostro cuore che soffre nel non vedermi amato. Ma vorrei sapervi, vedervi più<br />
soprannaturali negli atti e nei mezzi per farmi amare. Suvvia, Giacomo, vieni<br />
qui. Non è per mortificarti che ho parlato. Comprendiamoci, amiamoci almeno fra<br />
di noi, amici miei... C’è già tanta incomprensione e dolore per il Figlio<br />
dell’uomo!».<br />
Giacomo, rasserenato, gli torna al fianco.<br />
3Camminano qualche tempo in silenzio, poi Tommaso esplode in una tonante<br />
esclamazione: «Però è proprio una vergogna!».<br />
«Che cosa?» chiede Gesù.<br />
«Ma la viltà di tanti! Maestro, non vedi in quanti fingono di non conoscerti?».<br />
«E che perciò? Muterà un iota di ciò che è scritto di Me il loro modo di fare?<br />
No. Solo per loro si muta ciò che potrebbe essere scritto. Perché nei libri<br />
eterni poteva essere detto di loro: “I discepoli buoni”, mentre si scriverà:<br />
“Coloro che non furono buoni, coloro per i quali fu nulla la venuta del Messia”.<br />
Parola tremenda, sapete? Peggiore a quella di: “Adamo, con Eva, peccò”. Perché<br />
Io posso annullare quel peccato. Ma non potrò annullare questo di rinnegare il
Verbo Salvatore... 4Pieghiamo da questa parte. Io mi fermerò coi fratelli, con<br />
Simon Pietro e Giacomo nel sobborgo di Ofel. Giuda di Simone rimarrà pure. Ma<br />
Simone Zelote, Giovanni e Tommaso andranno al Getsemani a prendere le borse...».<br />
«Sì, così Giona inghiottirà per dritto il suo agnello» dice ancora inquieto<br />
Pietro. Gli altri ridono...<br />
«Buono, buono! Non ti stupire se ha paura. Domani potresti averla tu».<br />
«Io, Maestro? È più facile che il mar di Galilea si muti in vino che non io<br />
avere paura» asserisce sicuro Pietro.<br />
«Eppure... l’altra sera... Oh! Simone! Non parevi molto coraggioso sulle scale<br />
del palazzo di Cusa» morde Giuda di Keriot, senza molta ironia ma... con sempre<br />
sufficiente sarcasmo, capace di pungere Pietro.<br />
«È perché... temevo per il Signore che ero agitato, io! Non per altro».<br />
«Bene! Bene! Auguriamoci di non avere mai... paura per non fare brutte figure,<br />
eh!» risponde Giuda di Keriot battendogli una mano sulla spalla, protettore e<br />
maligno... In altri momenti il suo modo di fare avrebbe scatenato una reazione.<br />
Ma Pietro, dalla sera avanti, è in stato di... ammirazione per Giuda e lo<br />
sopporta in tutto.<br />
Gesù dice: «Filippo e Natanaele con Andrea e Matteo vadano al palazzo di<br />
Lazzaro, a dire che stiamo venendo».<br />
Si separano questi ultimi, e gli altri procedono con Gesù. I discepoli, meno<br />
Stefano e Isacco, vanno con gli apostoli mandati al palazzo.<br />
Al sobborgo di Ofel nuova separazione. Quelli inviati al Getsemani vanno lesti<br />
insieme a Isacco. Stefano resta con Gesù, i figli di Alfeo, Pietro, Giacomo e<br />
l’Iscariota, e, per non stare fermi al crocicchio, vanno lentamente nella stessa<br />
direzione di quelli andati al Getsemani. Fanno proprio la stradetta che nella<br />
notte del giovedì santo sarà percorsa da Gesù fra i suoi torturatori. Ora, sul<br />
mezzodì, è vuota di popolo. Una piccola piazzetta, con una fonte ombreggiata da<br />
un fico che apre le foglie tenerelle sullo specchio dell’acqua cheta, si trova<br />
dopo pochi passi.<br />
5«Ecco là Samuele di Annalia» dice Giacomo d’Alfeo che lo deve conoscere bene.<br />
Il giovane sta per entrare in casa con l’agnello... È carico anche di altre<br />
cibarie.<br />
«Provvede alla cena pasquale anche per il parente» osserva Giuda di Alfeo.<br />
«Ma ora si è stabilito qui? Non era via?» dice Pietro.<br />
«Sì. Si è stabilito qui. Si dice che amoreggi con la figlia di Cleofa il<br />
sandalaio. È denarosa...».<br />
«Ah! e allora perché dice che Annalia lo ha abbandonato?» chiede l’Iscariota.<br />
«Ciò è menzogna!».<br />
«L’uomo di essa si serve con facilità. E non sa che così facendo si mette sulla<br />
via del male. Basta il primo passo, un passo, per non potersi poi più<br />
liberare... È un vischio... è un labirinto... è una trappola. Una trappola in<br />
discesa...» dice Gesù a Giuda di Keriot.<br />
«Peccato! L’uomo pareva così buono lo scorso anno!» dice Giacomo di Zebedeo.<br />
«Sì. Io credevo proprio che avrebbe imitato la sposa nel darsi tutto a Te e fare<br />
una coppia di sposi angeli e tuoi servi. Ci avrei giurato!...» dice Pietro.<br />
«Simone mio! Non giurare mai sul futuro di un uomo. È la cosa più incerta che ci<br />
sia. Nessun elemento, presente al momento del giuramento, può essere<br />
mallevadoria di sicuro giuramento. Ci sono delinquenti che diventano santi, e ci<br />
sono giusti, o dall’apparenza di giusti, che divengono delinquenti» gli risponde<br />
Gesù.<br />
6Samuele, intanto, dopo essere entrato in casa, ne è uscito di nuovo per andare<br />
ad attingere alla fonte acqua pura... Vede così Gesù. Lo guarda con palese<br />
sprezzo e lancia un insulto di certo, ma è detto in ebraico e non lo capisco.<br />
L’Iscariota si getta in avanti di scatto, lo prende per un braccio, scrollandolo<br />
come una pianta dalla quale si vuole far cadere le frutta mature: «Così parli al<br />
Maestro, o peccatore? Giù, in ginocchio! Subito. Chiedigli perdono, lingua<br />
sporca di lordura di porco! Giù! O ti spezzo!». È terribile nella violenza<br />
subitanea il bel Giuda! Il suo viso si altera paurosamente. Inutilmente Gesù<br />
cerca di calmarlo. Finché non vede inginocchiato nella terra fangosa che è<br />
intorno alla fonte il bestemmiatore, non rallenta la pressione.<br />
«Perdono» dice fra i denti il malcapitato, che deve essere torturato dalla<br />
tenaglia delle dita di Giuda. Ma lo dice male. Proprio perché vi è forzato.<br />
Gesù risponde: «Non ho rancore. Tu sì, nonostante quello che dici. La parola è<br />
inutile se è scompagnata dal moto del cuore. Tu nel cuore mi bestemmi ancora. E
con doppia colpa. Perché mi accusi e mi odi per un motivo che la tua coscienza,<br />
nel suo profondo, ti dice non vero. E perché tu, tu solo sei quello che ha<br />
mancato, non Annalia, non Io. Ma di tutto ti perdono. Va’ e fa’ di tornare<br />
onesto e gradito a Dio. Lascialo, Giuda».<br />
«Vado. Ma ti odio! Mi hai traviato Annalia, e ti odio...».<br />
«Ti consoli però con Rebecca, figlia del sandalaio. E te ne consoli da quando<br />
ancora Annalia ti era sposa e, malata, pensava a te solo...».<br />
«Ero vedovo... pensavo di esserlo già... e mi cercavo moglie... Ora sono tornato<br />
a Rebecca perché... perché... Annalia non mi vuole» si scusa Samuele, che si<br />
vede scoperto nelle sue marachelle.<br />
Giuda Iscariota termina: «...e perché Rebecca è molto ricca. Brutta come un<br />
sandalo scalcagnato... e vecchia come una suola perduta su un sentiero... ma<br />
ricca, oh! ricca!...», e ride sarcastico, mentre l’altro fugge.<br />
«Come lo sai?» chiede Pietro.<br />
«Oh!... è facile sapere dove sono vergini e denari!».<br />
«Bene! Andiamo per la stradetta, Maestro? Questa piazza è un forno da pane. Là<br />
c’è ombra e ventilazione» supplica Pietro che suda.<br />
7Vanno, adagio, in attesa degli altri di ritorno. La stradetta è deserta.<br />
Una donna si stacca da una porta e viene a prostrarsi ai piedi di Gesù<br />
piangendo.<br />
«Che hai?».<br />
«Maestro!... Ti sei già purificato?».<br />
«Sì. Perché lo chiedi?».<br />
«Perché volevo dirti... Ma non lo puoi avvicinare. È tutto un marciume... Il<br />
medico lo dice infetto. Dopo la Pasqua chiamerò il sacerdote... e... e Hinnon lo<br />
accoglierà. Non mi dire colpevole. Io non lo sapevo... Ha lavorato a Joppe per<br />
molti mesi e mi è tornato così, dicendo che si era ferito. Ho usato i balsami e<br />
i lavaggi con gli aromi... Ma non giovavano. Ho interrogato un semplicista. Mi<br />
ha dato polveri per il sangue... Ho separato i figli... ho separato il letto...<br />
perché... cominciavo a capire. È peggiorato. Ho chiamato il medico. Mi ha detto:<br />
“Donna, tu sai il tuo dovere e io il mio. Ciò è ferita di lussuria. Recidilo da<br />
te. Io lo reciderò dal popolo. Il sacerdote da Israele. Doveva pensarci quando<br />
offendeva Dio, te e se stesso. Ora espii”. Ho ottenuto il silenzio suo fino al<br />
dì dopo gli Azzimi. Ma se Tu avessi pietà del peccatore, e di me che l’amo<br />
ancora, e dei cinque figli innocenti...».<br />
«Che vuoi che Io ti faccia? Non pensi che chi peccò è giusto che espii?».<br />
«Sì, o Signore! Ma Tu sei la Misericordia vivente!». Tutta la fede di cui una<br />
donna è capace è nella voce, nello sguardo, nell’atto della donna inginocchiata,<br />
a braccia protese verso il Salvatore.<br />
«Ed egli che ha in cuore?».<br />
«Avvilimento... Che vuoi altro che abbia, o Signore?».<br />
«Basterebbe un movimento soprannaturale di pentimento, di giustizia, per<br />
ottenere pietà...».<br />
«Giustizia?».<br />
«Sì. Dire: “Ho peccato. La colpa mia merita questo e ben altro, ma a coloro che<br />
ho offeso chiedo pietà”».<br />
«Io gliel’ho già data. Tu, Dio, dagliela. Non posso dirti: entra... Vedi che non<br />
ti tocco neppure io... 8Ma se vuoi lo chiamo, e dal terrazzo lo faccio parlare».<br />
«Sì».<br />
La donna, con la testa dentro l’uscio di casa, chiama forte: «Giacobbe!<br />
Giacobbe! Sali sul tetto. Affacciati. Non temere».<br />
L’uomo, dopo qualche momento, si mostra al parapetto del terrazzo. Un viso<br />
giallastro, gonfio, la gola fasciata, una mano fasciata... un rudere d’uomo<br />
corrotto... Guarda con gli occhi acquosi del malato di ignobili malattie.<br />
Chiede: «Chi mi vuole?».<br />
«Giacobbe, c’è il Salvatore!...». La donna non dice di più, ma pare voglia<br />
ipnotizzare il malato, trasfondergli il suo pensiero...<br />
L’uomo, sia che senta questo pensiero di lei, sia che abbia un moto spontaneo,<br />
tende le braccia e dice: «Oh! liberami! Io credo in Te! È orribile morire<br />
così!».<br />
«È orribile mancare al proprio dovere. A questa non pensavi? Non ai figli?».<br />
«Pietà, Signore... Per essi, per me... Perdono! Perdono!». E si abbatte sul<br />
muretto piangendo, le mani fasciate sporgenti con tutto il braccio, che resta<br />
scoperto per la manica che sale in alto, chiazzato già delle prossime pustole,
gonfio, repellente... L’uomo, così come è messo, pare un burattino macabro, una<br />
salma gettata lì, già in procinto di decomporsi. Fa pena e nausea insieme.<br />
La donna piange, sempre fra la polvere, in ginocchio.<br />
Gesù pare attendere una parola ancora... Finalmente essa scende, fra i<br />
singhiozzi: «Gemo a Te nella contrizione del cuore! Dammi almeno promessa che<br />
essi non patiranno la fame... e poi... me ne andrò rassegnato all’espiazione. E<br />
Tu fa’ salva l’anima mia, Salvatore benedetto! Questa almeno! Questa almeno!».<br />
«Sì. Ti guarisco. Per gli innocenti. Per darti modo di mostrarti giusto.<br />
Comprendi? Ricordalo che il Salvatore ti ha guarito. Dio, dal modo come tu<br />
risponderai a questa grazia, ti assolverà delle tue colpe. Addio. La pace a te,<br />
donna». E se ne va quasi di corsa incontro a quelli che vengono dal Getsemani.<br />
Neppure i gridi dell’uomo, che si sente e vede guarire, lo fermano, e non quelli<br />
della moglie...<br />
«Pieghiamo da questo vicolo, per non passare di nuovo di là» dice Gesù dopo<br />
essersi ricongiunto con gli altri.<br />
9Prendono un vicolo miserabile, così stretto che a mala pena due vi passano di<br />
fianco e, se un asino lo percorre con un basto, non c’è che schiacciarsi al muro<br />
come francobolli. Vi è penombra per i tetti che quasi si toccano, solitudine,<br />
silenzio e cattivo odore. Vanno in fila come tanti frati finché dura il<br />
chiassuolo miserevole. Poi, ad una piazzetta piena di ragazzi, si riuniscono.<br />
«Perché hai detto quelle parole a quell’uomo? Non le usi mai...» chiede curioso<br />
Pietro.<br />
«Perché quell’uomo sarà uno dei miei nemici. E questa colpa futura aggraverà<br />
quella che già ha».<br />
«E lo hai guarito?!» chiedono tutti, stupefatti.<br />
«Sì. Per i piccoli innocenti».<br />
«Umh! Tornerà ad ammalarsi...».<br />
«No. Per la vita del corpo, dopo lo spavento e la sofferenza avuta, avrà cura.<br />
Non si ammalerà più».<br />
«Ma peccherà contro Te, dici. Io lo facevo morire».<br />
«Tu sei un uomo peccatore, Simone di Giona».<br />
«E Tu sei troppo buono, Gesù di Nazaret» replica Pietro.<br />
Una via centrale li assorbe e non vedo più niente.<br />
10Nota mia.<br />
Tanto l’uomo guarito come Samuele li riconosco. Il primo è quello che nella<br />
Passione colpisce con un sasso Gesù al capo. Riconosco, più che lui, la moglie,<br />
dolente ora come allora, e la casa che ha una caratteristica porta alta su tre<br />
gradini. E così, nella maschera d’odio che lo trasforma, riconosco in Samuele il<br />
giovane che uccide la madre con un calcio per poter andare a colpire il Maestro<br />
con un randello. Per conto mio metterò queste note ai piedi della pag. N… della<br />
Passione.<br />
245.La cena rituale in casa di Lazzaro e il banchetto sacrilego in casa di<br />
Samuele.<br />
3 febbraio 1946.<br />
1Quando Gesù entra nel palazzo, lo vede invaso da una turba di servi venuti da<br />
Betania, i quali si affrettano nei preparativi. Lazzaro, sdraiato su un<br />
lettuccio e molto sofferente, saluta con un pallido sorriso il suo Maestro, che<br />
si affretta verso di lui e che si china tutto amore sul lettuccio chiedendo:<br />
«Hai molto sofferto, non è vero, amico mio?, con le scosse del carro».<br />
«Molto, Maestro» risponde Lazzaro, sfinito tanto che solo a rievocare ciò che ha<br />
provato ha da capo negli occhi le lacrime.<br />
«Per colpa mia! Perdonami!».<br />
Lazzaro prende una delle mani di Gesù e se la porta al viso, ci strofina contro<br />
la guancia scarnita, la bacia e mormora: «Oh! non per colpa tua, Signore! E sono<br />
tanto contento che Tu faccia con me la Pasqua... la mia ultima Pasqua!...».<br />
«Se Dio vorrà, nonostante ogni cosa, tu ne farai molte ancora, Lazzaro. E sempre<br />
il tuo cuore sarà con Me».<br />
«Oh! io sono finito! Tu mi conforti... ma è finita. E mi spiace...». Piange.<br />
«Lo vedi, Signore? Lazzaro non fa che piangere» dice pietosa Marta. «Digli che<br />
non lo faccia. Si sfinisce!».<br />
«La carne ha anche i suoi diritti. La sofferenza è penosa, Marta, e la carne
piange. Ha bisogno di questo sfogo. Ma l’anima è rassegnata, non è vero, amico<br />
mio? La tua anima di giusto fa volentieri la volontà del Signore...».<br />
«Sì... Ma io piango perché Tu, essendo così perseguitato, non potrai assistermi<br />
nella morte... Ho ribrezzo, ho paura di morire... Se ci fossi Tu, non l’avrei<br />
tutto ciò. Mi rifugerei nelle tue braccia... e mi addormenterei così... Come<br />
farò? Come farò a morire senza avere moti contro l’ubbidienza a questa tremenda<br />
volontà?».<br />
«Suvvia! Non pensare a queste cose! Vedi? Fai piangere le sorelle... Il Signore<br />
ti aiuterà così paternamente che tu non avrai paura. Paura devono averla i<br />
peccatori...».<br />
«Ma Tu, se puoi venire, ci vieni alla mia agonia? Prometti- melo!».<br />
«Te lo prometto. Questo e più ancora».<br />
«Mentre preparano, raccontami ciò che hai fatto questa mattina...».<br />
E Gesù, seduto sull’orlo del lettuccio, una delle scarne mani di Lazzaro nelle<br />
sue, racconta per filo e per segno tutto quanto è accaduto, finché Lazzaro,<br />
sfinito, si assopisce, e Gesù non lo lascia neppure allora. Sta immobile per non<br />
turbare quel sonno riparatore, facendo segno che si faccia il meno rumore<br />
possibile, tanto che Marta, dopo avere portato un ristoro a Gesù, si ritira in<br />
punta di piedi calando la tenda pesante e chiudendo la porta massiccia. Il<br />
rumore della casa, tutta in moto, si attutisce così in un brusio appena<br />
sensibile. Lazzaro dorme. Gesù prega e medita.<br />
2Passano le ore così, finché Maria di Magdala viene a portare una lampadetta,<br />
perché la sera scende e vengono chiuse le finestre. «Dorme ancora?» sussurra.<br />
«Sì. È molto quieto. Gli farà bene».<br />
«Da mesi non dormiva tanto... Credo che molto lo tenesse agitato il timore della<br />
morte. Con Te vicino non c’è paura... di nulla... Lui fortunato!».<br />
«Perché, Maria?».<br />
«Perché lui potrà averti vicino nel morire. Ma io...».<br />
«Perché tu no?».<br />
«Perché Tu vuoi morire... e presto. E io chissà quando morirò. Fammi morire<br />
prima di Te, Maestro!».<br />
«No, tu mi devi servire per tanto ancora».<br />
«E allora ho ragione di dire che Lazzaro è fortunato!».<br />
«I beneamati saranno tutti fortunati come lui, più di lui».<br />
«Chi sono? I puri, vero?».<br />
«Coloro che sanno totalmente amare. Tu, per esempio, Maria».<br />
«Oh! mio Maestro!». Maria scivola a terra, sulla stuoia multicolore che copre il<br />
pavimento di questa stanza, e sta lì, in adorazione del suo Gesù.<br />
Marta, cercandola, mette dentro il capo. «Vieni, dunque! Dobbiamo parare la sala<br />
rossa per la cena del Signore».<br />
«No, Marta. Quella la darete ai più umili, ai contadini di Giocana, ad esempio».<br />
«Ma perché, Maestro?».<br />
«Perché i poveri sono tanti Gesù ed Io sono in essi. Onorate sempre il povero<br />
che nessuno ama, se volete essere perfette. Per Me preparerete nell’atrio.<br />
Tenendo aperte le porte delle molte stanze che dànno in esso, tutti mi vedranno<br />
ugualmente ed lo tutti vedrò».<br />
Marta, non troppo soddisfatta, obbietta: «Ma Tu in un vestibolo!... Non è degno<br />
di Te!...».<br />
«Va’, va’. Fa’ ciò che ti dico. È degnissimo fare ciò che il Maestro consiglia».<br />
Marta e Maria escono senza fare rumore e Gesù resta paziente a vegliare l’amico<br />
che riposa.<br />
3Le cene sono in pieno svolgimento. Con poco giusta distribuzione degli ospiti,<br />
secondo il punto di vista umano, ma con una superiore vista tesa a dare onore e<br />
amore a quelli che il mondo solitamente trascura.<br />
Così nella splendida, regale sala rossa, la cui volta è sorretta da due colonne<br />
di porfido rosso, fra le quali è stata messa la lunga tavola, sono seduti i<br />
contadini di Giocana insieme a Marziam e a Isacco più altri discepoli, fino a<br />
compire il numero* adatto. Nella sala dove ebbe luogo la cena della sera avanti<br />
sono altri discepoli fra i più umili. Nella sala bianca - un sogno di candore -<br />
sono le discepole vergini e con esse, che sono solo quattro, sono le sorelle di<br />
Lazzaro e Anastasica e altre giovani, ma la regina della festa è Maria, la<br />
Vergine per eccellenza. Nella stanza vicina, che forse è una biblioteca perché è<br />
tappezzata di alti scrigni oscuri che forse contengono dei rotoli, o ne<br />
contenevano, sono le vedove e le mogli, e ne sono direttrici Elisa di Betsur e
Maria d’Alfeo. E così via.<br />
Ma ciò che colpisce è vedere Gesù nell’atrio marmoreo. Vero è che il gusto<br />
signorile delle due sorelle di Lazzaro ha fatto del quadrato vestibolo un vero<br />
salone luminoso, fiorito, splendido più di una sala. Ma è sempre il vestibolo!<br />
Gesù è coi dodici, ma al suo fianco è Lazzaro. E con Lazzaro è anche Massimino.<br />
Le cene proseguono secondo il rito... e Gesù sfavilla nella letizia di essere al<br />
centro di tutti i suoi discepoli fedeli.<br />
4Terminate le cene, consumato l’ultimo calice, cantato l’ultimo salmo, tutti<br />
quelli che erano nelle diverse sale affluiscono nell’atrio. Ma non vi stanno,<br />
data la presenza della tavola che ingombra non poco.<br />
«Andiamo nella sala rossa, Maestro. Spingeremo la tavola contro la parete e<br />
staremo tutti intorno a Te» suggerisce Lazzaro facendo cenno ai servi di<br />
eseguire.<br />
Ora Gesù, seduto al centro, fra le due preziose colonne, sotto il rutilante<br />
lampadario, alto su un piedistallo fatto di due sedili-lettucci usati per la<br />
cena, pare proprio un re seduto sul trono in mezzo ai suoi cortigiani. La sua<br />
veste di lino, messa avanti la cena, splende come fosse di fili preziosi, e<br />
sembra ancor più bianca, messa a confronto con il rosso opaco delle pareti e con<br />
quello lucido delle colonne. E il suo viso è veramente divino e regale mentre<br />
parla o ascolta chi gli è intorno. Anche i più umili, che Egli ha voluto molto<br />
vicino, sentendosi amati fraternamente dagli altri, parlano con sicurezza,<br />
dicendo speranze e affanni con semplicità e fede.<br />
5Ma il più beato fra tanti beati è il nonno di Marziam! Non si separa dal nipote<br />
neppure per un momento e si bea di guardarlo, di ascoltarlo... Ogni tanto,<br />
stando seduto presso Marziam che è in piedi, curva il capo canuto sul petto del<br />
nipote che lo carezza.<br />
Gesù vede quest’atto più volte e interpella il vecchio: «Padre, il tuo cuore è<br />
felice?».<br />
_________________<br />
* il numero adatto può riferirsi, insieme con le analoghe espressioni incontrate<br />
in 372,6, alla prescrizione di Esodo 12,4 nel contesto del rituale per la<br />
celebrazione della Pasqua, per la quale rimandiamo a: Esodo 12; 13,1-16;<br />
23,14-19; 34,10-28; Levitico 23,5-8; Numeri 9,1-14; 28,16-25; Deuteronomio<br />
16,1-8; Ezechiele 45,18-24.<br />
«Oh! ben felice, mio Signore! Non mi sembra neppure vero. Non ho più che un<br />
desiderio...».<br />
«Quale?».<br />
«Quello che ho detto al figlio mio. Ma egli non lo approva».<br />
«Che desiderio è?».<br />
«È che vorrei morire, possibilmente in questa pace. Presto almeno. Perché ormai<br />
il massimo bene l’ho avuto. Non di più può averne creatura sulla terra.<br />
Andarmene... non penare più... Andare... Come hai detto bene nel Tempio, o<br />
Signore! “Chi offre sacrifizi con la roba dei poveri è come chi sgozza un figlio<br />
sotto gli occhi del padre”. Solo il timore di Te trattiene Giocana da emulare<br />
Doras. Gli sta passando il ricordo di ciò che avvenne all’altro, i campi suoi<br />
prosperano ed egli li feconda col nostro sudore. Il sudore non è forse la roba<br />
del povero, il suo se stesso che si spreme in fatiche superiori alle sue forze?<br />
Non ci picchia, ci dà tanto da tenerci forti al lavoro. Ma non ci sfrutta più<br />
del bue? Ditelo voi, compagni miei...».<br />
I contadini vecchi e nuovi di Giocana annuiscono.<br />
«Uhm! Credo che... Sì, che le tue parole lo facciano più vampiro che mai; e su<br />
questi... Perché le hai dette, Maestro?» chiede Pietro.<br />
«Perché egli le meritava già. Non è vero, voi dei campi?».<br />
«Oh, sì! I primi mesi... andò bene. Ma ora... peggio di prima» asserisce Michea.<br />
«La secchia del pozzo per il suo stesso peso discende» sentenzia il sacerdote<br />
Giovanni.<br />
«Sì, e il lupo presto si stanca di apparire agnello» rincara Erma.<br />
Le donne sussurrano fra loro, impietosite. Gesù, con gli occhi fatti dilatati<br />
dalla pietà, guarda i poveri contadini, afflitto di essere impotente a<br />
sollevarli.<br />
Lazzaro dice: «Avevo offerto somme pazze per avere quei campi e dare loro pace.<br />
Ma non sono riuscito ad averli. Doras mi odia, simile in tutto a suo padre».<br />
«Ebbene... morremo così. È la nostra sorte. Ma verrà bene il riposo in seno ad<br />
Abramo!» esclama Saulo, altro contadino di Giocana.
«In seno a Dio, figlio! In seno a Dio. La Redenzione sarà compiuta, i Cieli<br />
aperti, e voi al Cielo andrete e...».<br />
8Al portone vengono dati colpi vigorosi che rimbombano forte. Vi è allarme fra i<br />
convenuti.<br />
«Chi è?».<br />
«Chi gira in sera di Pasqua?».<br />
«Milizie?».<br />
«Farisei?» .<br />
«Soldati di Erode?».<br />
Ma mentre l’orgasmo si estende appare Levi, il custode del palazzo: «Perdona, o<br />
Rabbi» dice, «vi è un uomo che ti vuole. È nell’ingresso. Pare molto afflitto. È<br />
vecchio, e mi sembra popolano. Vuole Te. E presto».<br />
«Oh! là là! Non è sera di miracoli questa! Torni domani...» dice Pietro.<br />
«No. Ogni sera è ora di miracoli e di misericordia» dice Gesù, alzandosi e<br />
scendendo dal suo seggio per andare verso l’atrio.<br />
«Vai solo? Vengo anch’io» dice Pietro.<br />
«No. Tu stai dove ti trovi». Esce al fianco di Levi.<br />
In fondo, presso il pesante portone, nell’atrio semioscuro perché sono state<br />
spente le lampade che lo illuminavano prima, è un vecchio molto agitato. Gesù<br />
gli si accosta.<br />
«Fermati, Maestro. Forse io ho toccato un morto e non voglio contaminarti. Sono<br />
il parente di Samuele, lo sposo di Annalia. Consumavamo la cena e Samuele<br />
beveva, beveva... come non è lecito fare. Ma il giovane mi sembra folle da<br />
qualche tempo. È il rimorso, Signore! Mezzo ebbro, diceva nel bere di nuovo:<br />
“Così non mi ricordo più di avergli detto che lo odio. Perché io, sappiatelo, ho<br />
maledetto il Rabbi”. E mi pareva Caino, perché ripeteva: “La mia iniquità è<br />
troppo grande. Non merito perdono! Bere devo! Bere per non ricordare. Perché è<br />
detto che chi maledice il suo Dio porterà il suo peccato ed è reo di morte”.<br />
Delirava già così quando entrò nella casa un parente della madre di Annalia per<br />
chiedere ragione del ripudio. Samuele, semi ebbro, reagì con male parole e<br />
l’uomo lo minacciò di portarlo dal magistrato per il danno che fa all’onore<br />
della famiglia. Samuele lo schiaffeggiò per il primo. Si presero... io vecchio<br />
sono, e vecchia è mia sorella, vecchio il servo e la servente. Che potevamo fare<br />
noi quattro e che le due fanciulle, sorelle di Samuele? Gridare potevamo!<br />
Cercare di dividerli potevamo! Nulla più... E Samuele, presa la scure con cui<br />
avevamo preparato le legna per l’agnello, la dette nel capo dell’altro... Non<br />
gli aperse la testa perché colpì col ceppo, non colla lama. Ma l’altro barcollò<br />
gorgogliando e cadde... Non abbiamo gridato più... per... per non attirare<br />
gente... Ci siamo barricati in casa... Atterriti... Speravamo che l’uomo<br />
rinvenisse gettandogli acqua sul capo. Ma gorgoglia, gorgoglia. Certo muore. A<br />
momenti pare già morto. Io sono fuggito a chiamarti in un momento di questi.<br />
Domani... forse prima, i parenti cercheranno l’uomo. E da noi, perché certo<br />
sanno che è venuto. E lo troveranno morto... E Samuele, secondo la Legge, sarà<br />
ucciso... Signore! Signore! Il disonore è già su noi... Ma questo no! Per mia<br />
sorella pietà, Signore! Egli ti ha maledetto... Ma la madre ti ama... Che<br />
dobbiamo fare?».<br />
«Attendimi qui. Vengo Io», e Gesù torna nella sala chiamando dalla porta: «Giuda<br />
di Keriot, vieni con Me».<br />
«Dove, Signore?» dice Giuda ubbidendo subito.<br />
«Lo saprai. Voi tutti state con pace e amore. Saremo presto di ritorno».<br />
7Escono dalla sala, dal vestibolo, dalla casa. Le vie, deserte e oscure, sono<br />
presto percorse. Giungono alla casa fatale.<br />
«La casa di Samuele?! Perché...».<br />
«Silenzio, Giuda. Ti ho preso perché ho fiducia nel tuo buon senso».<br />
Il vecchio si è fatto riconoscere. Entrano. Salgono alla stanza del cenacolo,<br />
dove hanno trascinato il colpito.<br />
«Un morto?! Ma Maestro! Ci contaminiamo!».<br />
«Non è morto. Lo vedi che respira e lo senti che rantola. Ora Io lo sanerò...».<br />
«Ma è colpito al capo! Qui c’è stato un delitto! Chi è stato?... E nel giorno<br />
dell’agnello!». Giuda è esterrefatto.<br />
«Lui è stato» dice Gesù indicando Samuele che è gettato in un angolo, in un<br />
gomitolo, più morente dello stesso morente, rantolante di terrore come l’altro<br />
d’agonia, col lembo del mantello sul capo per non vedere e non essere visto,<br />
guardato con orrore da tutti fuorché dalla madre, che all’orrore per l’omicida
unisce lo strazio per il figlio colpevole e condannato in anticipo dalla ferrea<br />
legge d’Israele. «Lo vedi a che porta un primo peccato? A questo, o Giuda! Ha<br />
cominciato ad essere spergiuro alla donna, poi a Dio; indi si è fatto<br />
calunniatore, mentitore, bestemmiatore, poi si è dato al vino, ed ora è omicida.<br />
Così si diviene di Satana, o Giuda. Abbilo sempre presente...». Gesù è terribile<br />
mentre col braccio teso indica Samuele.<br />
Ma poi guarda la madre che, aggrappata ad un’imposta, si regge a stento, scossa<br />
da un tremito, e pare prossima a morte, e con mestizia dice: «E così, o Giuda,<br />
vengono uccise, senz’altra arma che quella del delitto del figlio, le povere<br />
madri!... Per essa ho pietà. Ho pietà delle madri, Io! Io, il Figlio che non<br />
vedrà pietà per la Madre sua...». Gesù piange... Giuda lo guarda sbalordito...<br />
8Gesù si china sul morente e gli posa la mano sul capo. Prega. L’uomo apre gli<br />
occhi. Pare un poco ebbro. Stupito... Ma presto torna in sé.<br />
Si siede puntando i pugni al suolo. Guarda Gesù. Chiede: «Chi sei?».<br />
«Gesù di Nazaret».<br />
«Il Santo! Perché presso a me? Dove sono? Dove è mia sorella e sua figlia? Che è<br />
accaduto?». Cerca di ricordare.<br />
«Uomo, tu mi chiami santo. Mi credi dunque tale?».<br />
«Sì, Signore. Tu sei il Messia del Signore».<br />
«La mia parola ti è dunque sacra?».<br />
«Sì, o Signore».<br />
«Allora...». Gesù si alza in piedi. È imponente: «Allora Io, come Maestro e<br />
Messia, ti ordino di perdonare. Qui venisti e fosti insultato...».<br />
«Ah! Samuele! Sì!... La scure! Lo denun...» dice alzandosi.<br />
«No. Perdona in nome di Dio. Ti ho sanato per questo. Tu hai a cuore la madre di<br />
Annalia perché ha sofferto. Questa di Samuele soffrirebbe più ancora. Perdona».<br />
L’uomo tergiversa alquanto. Guarda il feritore con chiaro rancore. Guarda la<br />
madre angosciata. Guarda Gesù che lo domina... Non si sa decidere.<br />
Gesù gli apre le braccia e lo attira sul petto dicendo: «Per amor mio!».<br />
L’uomo si dà a piangere... Essere così fra le braccia del Messia, sentire il suo<br />
alito fra i capelli e un bacio che scende dove era a percossa!... Piange,<br />
piange...<br />
Gesù dice: «Sì, non è vero? Tu perdoni per mio amore? Oh! beati i<br />
misericordiosi! Piangi, piangi sul mio cuore. Esca col pianto ogni rancore!<br />
Tutto nuovo! Tutto puro! Ecco, così! Mite, oh! mite come deve esserlo un figlio<br />
di Dio...».<br />
E l’uomo alza il viso e fra le lacrime dice: «Sì, sì. Il tuo amore è tanto<br />
dolce! Ha ragione Annalia! Ora la comprendo... Donna! Non piangere più! Il<br />
passato è passato. Nessuno saprà nulla dalla mia bocca. Godi del figlio tuo,<br />
ammesso che egli ti possa dare gioia. Addio, donna. Torno alla mia casa», e fa<br />
per uscire.<br />
Gesù gli dice: «Vengo con te, uomo. Addio, madre. Addio, Abramo. Addio,<br />
fanciulle». Non una parola a Samuele, che non trova una parola a sua volta.<br />
La madre gli strappa il mantello dal capo e, nella reazione di ciò che ha<br />
passato, si avventa sul figlio: «Ringrazia il tuo salvatore, anima dura!<br />
Ringrazialo, uomo indegno che sei!...».<br />
«Lascialo, lascialo, donna. Non avrebbe valore la sua parola. Il vino lo fa<br />
stolto e la sua anima è chiusa. Prega per lui... Addio».<br />
9Scende le scale, raggiunge sulla via Giuda e l’altro, si libera dal vecchio<br />
Abramo che gli vuole baciare le mani e si dà a camminare rapido nel primo<br />
raggiare di luna.<br />
«Stai lontano?» chiede all’uomo.<br />
«Ai piedi del Moria».<br />
«Allora dobbiamo separarci».<br />
«Signore, Tu mi hai serbato ai figli, alla sposa, alla vita. Che devo fare per<br />
Te?».<br />
«Essere buono, perdonare e tacere. Mai, per nessuna ragione, devi dire parola su<br />
quanto è avvenuto. Lo prometti?».<br />
«Lo giuro sul sacro Tempio! Per quanto mi dolga non potere dire che Tu mi hai<br />
salvato...».<br />
«Sii un giusto ed Io ti salverò l’anima. E questo lo potrai dire. Addio, uomo.<br />
La pace sia con te».<br />
L’uomo si inginocchia, saluta. Si separano.<br />
«Che cose! Che cose!» dice Giuda, ora che sono soli.
«Sì. Orrende. Giuda, tu pure non parlerai».<br />
«No, Signore. Ma perché hai voluto me con Te?».<br />
«Non sei contento della mia fiducia?».<br />
«Oh! tanto! Ma...».<br />
«Ma perché volevo che tu meditassi a che può condurre la menzogna, l’avidità di<br />
denaro, la crapula e le pratiche inerti di una religione non più sentita e<br />
praticata spiritualmente. E che era il banchetto simbolico per Samuele? Nulla!<br />
Una crapula. Un sacrilegio. E in esso divenne omicida. Molti in futuro saranno<br />
come esso, e col sapore dell’Agnello sulla lingua, e non dell’agnello nato da<br />
pecora, ma dell’Agnello divino, andranno al delitto. Perché ciò? Come ciò? Non<br />
te lo chiedi? Ma Io te lo dico lo stesso: perché avranno preparato quell’ora con<br />
molti antefatti, commessi per sbadataggine all’inizio, per cocciutaggine poi.<br />
Ricordalo, Giuda».<br />
«Sì, Maestro. E che diremo agli altri?».<br />
«Che c’era uno molto grave. È verità».<br />
Scantonano svelti per una strada e li perdo di vista.<br />
246.Lezione sulla salvezza operata dai santi e condanna per il Tempio<br />
corrotto.<br />
4 febbraio 1946.<br />
1Molti discepoli e discepole si sono congedati, tornando alle case ospitali o<br />
riprendendo le vie dalle quali erano venuti.<br />
Nel pomeriggio splendido di questo inoltrato aprile restano nella casa di<br />
Lazzaro i discepoli veri e propri, e particolarmente i più votati alla<br />
predicazione. Ossia i pastori, Erma e Stefano, il sacerdote Giovanni, Timoneo,<br />
Ermasteo, Giuseppe d’Emmaus, Salomon, Abele di Betlemme di Galilea, Samuele e<br />
Abele di Corozim, Agapo, Aser e Ismaele di Nazaret, Elia di Corozim, Filippo<br />
d’Arbela, Giuseppe barcaiolo di Tiberiade, Giovanni d’Efeso, Nicolai<br />
d’Antiochia. Delle donne restano, oltre le note discepole, Annalia, Dorca, la<br />
madre di Giuda, Mirta, Anastasica, le figlie di Filippo. Non vedo più Miryam di<br />
Giairo, né Giairo stesso. Forse è tornato dove era ospitato.<br />
Passeggiano lentamente nei cortili, oppure sul terrazzo della casa, mentre<br />
intorno a Gesù, che è seduto presso il lettuccio di Lazzaro, sono quasi tutte le<br />
donne e tutte le vecchie discepole. Ascoltano Gesù che parla con Lazzaro,<br />
descrivendo paesi attraversati nelle ultime settimane avanti il viaggio<br />
pasquale.<br />
2«Sei arrivato proprio in tempo per salvare il piccolino» commenta Lazzaro dopo<br />
il racconto del castello di Cesarea di Filippo, accennando al poppante che dorme<br />
beato fra le braccia materne. E Lazzaro aggiunge: «È un bel bambino! Donna, me<br />
lo fai vedere da vicino?».<br />
Dorca si alza e silenziosamente, ma trionfalmente, porge il suo nato<br />
all’ammirazione del malato.<br />
«Un bel bambino! Proprio bello! Il Signore te lo protegga e lo faccia crescere<br />
sano e santo».<br />
«E fedele al suo Salvatore. Così non avesse a divenire, lo vorrei morto, anche<br />
ora. Tutto, ma non che il salvato sia ingrato al Signore!» dice Dorca<br />
fermamente, tornando al suo posto.<br />
«Il Signore giunge sempre in tempo per salvare» dice Mirta, madre di Abele di<br />
Betlemme. «Il mio non era meno prossimo a morte, e a che morte!, del piccolo di<br />
Dorca. Ma Egli è giunto... e ha salvato. Che ora tremenda!...». Mirta<br />
impallidisce ancora nel ricordo...<br />
«Allora verrai in tempo anche per me, non è vero? Per darmi pace...» dice<br />
Lazzaro carezzando la mano di Gesù.<br />
«Ma non stai un poco meglio, fratello mio?» chiede Marta. «Da ieri mi sembri più<br />
sollevato...».<br />
«Sì. E me ne stupisco io stesso. Forse Gesù...».<br />
«No, amico. È che Io verso in te la mia pace. La tua anima ne è satura, e ciò<br />
sopisce il soffrire delle membra. È decreto di Dio che tu soffra».<br />
«E muoia. Dillo pure. Ebbene... sia fatta la sua volontà, come Tu insegni. Da<br />
questo momento non chiederò più guarigione né sollievo. Ho tanto avuto da Dio (e<br />
guarda involontariamente Maria, sua sorella) che è giusto che ricambi il tanto
avuto con la mia sommissione...».<br />
3«Fa’ di più, amico mio. Già molto è essere rassegnati e subire il dolore. Ma tu<br />
da’ ad esso un valore maggiore».<br />
«Quale, mio Signore?».<br />
«Offrilo per la redenzione degli uomini».<br />
«Sono un povero uomo io pure, Maestro. Non posso aspirare ad essere un<br />
redentore».<br />
«Tu lo dici. Ma sei in errore. Dio si è fatto Uomo per aiutare gli uomini. Ma<br />
gli uomini possono aiutare Dio. Le opere dei giusti saranno unite alle mie<br />
nell’ora della Redenzione. Dei giusti morti da secoli, viventi o futuri. Tu<br />
uniscivi le tue, da ora. È così bello fondersi alla Bontà infinita, aggiungervi<br />
ciò che possiamo dare della nostra bontà limitata e dire: “Io pure coopero, o<br />
Padre, al bene dei fratelli”. Non ci può essere amore più grande, per il Signore<br />
e per il prossimo, di questo di saper patire e morire per dare gloria al Signore<br />
e salvezza eterna ai fratelli nostri. Salvarsi per se stessi? E poco. E un<br />
“minimo” di santità. Bello è salvare. Darsi per salvare. Spingere l’amore fino a<br />
farsi rogo immolatore per salvare. Allora l’amore è perfetto. E grandissima sarà<br />
la santità del generoso» .<br />
«Come è bello tutto ciò, non è vero, sorelle mie?» dice Lazzaro con un sorriso<br />
sognante nel volto affilato.<br />
Marta annuisce col capo, commossa.<br />
4Maria, che è seduta su un cuscino, ai piedi di Gesù, nella sua posa abituale di<br />
umile e ardente adoratrice, dice: «Forse che io costo queste sofferenze al<br />
fratello mio? Dimmelo, Signore, perché la mia ambascia sia completa!...».<br />
Lazzaro esclama: «No, Maria, no. Io... dovevo morire di ciò. Non metterti frecce<br />
nel cuore».<br />
Ma Gesù, sincero fino all’estremo, dice: «Certo che sì! Io l’ho sentito il buon<br />
fratello nelle sue preghiere, nei suoi palpiti. Ma questo non ti deve dare<br />
ambascia che appesantisce. Bensì volontà di divenire perfetta, per ciò che<br />
costi. E giubila! Giubila perché Lazzaro, per averti strappata al demonio...».<br />
«Non io! Tu, Maestro».<br />
«...per averti strappata al demonio, ha meritato da Dio un premio futuro, per<br />
cui di lui parleranno le genti e gli angeli. E come per Lazzaro, di altri, e<br />
specie di altre, che hanno strappato a Satana la preda col loro eroismo».<br />
«Chi sono? Chi sono?» chiedono curiose le donne, e forse tutte sperano di essere<br />
loro, una per una.<br />
5Maria di Giuda non parla. Ma guarda, guarda il Maestro... Gesù pure la guarda.<br />
Potrebbe illuderla. Non lo fa. Non la mortifica, ma non la illude. Risponde a<br />
tutte: «Lo saprete in Cielo».<br />
La sempre angosciata madre di Giuda chiede: «E se una non riuscisse, pur<br />
volendo? Quale la sua sorte?».<br />
«Quale la sua anima buona la merita».<br />
«Il Cielo? Ma, o Signore, una moglie, una sorella, od una madre che... che non<br />
riuscisse a salvare quelli che ama e li vedesse dannati, potrebbe avere il<br />
Paradiso, pur essendo nel Paradiso? Non credi Tu che ella non avrà mai gioia<br />
perché... la carne della sua carne e il sangue del suo sangue avranno meritato<br />
condanna eterna? Io penso che non potrà godere vedendo l’amato in atroce<br />
pena...».<br />
«Sei in errore, Maria. La vista di Dio, il possesso di Dio sono fonti di una<br />
beatitudine così infinita che non sussiste pena per i beati. Operosi e attenti<br />
per aiutare ancora coloro che possono essere salvati, non soffrono più per i<br />
recisi da Dio, e perciò da loro stessi, che sono in Dio. La comunione dei santi<br />
è per i santi».<br />
«Ma se aiutano coloro che possono ancora essere salvati è segno che questi<br />
aiutati non sono ancora santi» obbietta Pietro.<br />
«Ma hanno volontà, almeno passiva, di esserlo. I santi in Dio aiutano anche nei<br />
bisogni materiali per fare passare costoro da una volontà passiva ad una attiva.<br />
Mi comprendi?».<br />
«Sì e no. Ecco, per esempio, se io fossi in Cielo e vedessi, per un supposto, un<br />
movimento fuggevole di bontà in... Eli il fariseo, diciamo, che farei?».<br />
«Coglieresti tutti i mezzi per aumentare i suoi movimenti buoni».<br />
«E se non giovasse a nulla? Dopo?».<br />
«Dopo, quando egli fosse dannato, te ne disinteresseresti».<br />
«E se, come lo è ora, fosse tutt’affatto degno di dannazione, ma mi fosse caro -
cosa che non sarà mai - che dovrei fare?».<br />
«Anzitutto sappi che pericoli di dannarti tu col dire che non lo hai né avrai<br />
caro; poi sappi che se fossi in Cielo, tutt’uno con la Carità, pregheresti per<br />
lui, per la sua salvezza, fino al momento del suo giudizio. Ci saranno spiriti<br />
salvati nell’ultimo momento dopo tutta una vita di preghiere per loro».<br />
6Entra un servo dicendo: «È venuto Mannaen. Vuole vedere il Maestro».<br />
«Venga. Certo vuole parlare di cose serie».<br />
Le donne, discrete, si ritirano e i discepoli le seguono. Ma Gesù richiama<br />
Isacco, il sacerdote Giovanni, Stefano ed Erma, e Mattia e Giuseppe dei pastori<br />
discepoli. «È bene che sappiate anche voi che siete discepoli» spiega.<br />
Entra Mannaen, che si inchina.<br />
«La pace a te» saluta Gesù.<br />
«La pace a Te, Maestro. Il sole tramonta. Il primo passo dopo il sabato per Te,<br />
mio Signore».<br />
«Avesti buona Pasqua?».<br />
«Buona!! Nulla di buono può esservi dove è Erode ed Erodiade! Confido di aver<br />
mangiato per l’ultima volta l’agnello con essi. A costo della morte non rimarrò<br />
più a lungo con loro!».<br />
«Credo che tu faccia un errore. Puoi servire il Maestro restando...» obbietta<br />
l’Iscariota.<br />
«Questo è vero. Ed è quello che mi ha finora trattenuto. Ma che nausea! Potrebbe<br />
sostituirmi Cusa...».<br />
Bartolomeo gli osserva: «Cusa non è Mannaen. Cusa è... Sì. Egli barcamena. Non<br />
denuncerebbe mai il padrone. Tu sei più schietto».<br />
«Ciò è vero. E vero è ciò che dici. Cusa è il cortigiano. Subisce il fascino<br />
della regalità... Regalità! Che dico!? Del fango regale! Ma gli pare di essere<br />
re per essere col re... E trema dello sfavore reale. L’altra sera era come un<br />
veltro bastonato quando, quasi strisciando, è apparso davanti ad Erode che lo<br />
aveva chiamato dopo avere ascoltato le lamentele di Salomè, scacciata da Te.<br />
Cusa era in un ben aspro momento. Il desiderio di salvarsi, ad ogni costo,<br />
magari accusando Te, dandoti torto, era scritto sul suo volto. Ma Erode!...<br />
Voleva solo ridere alle spalle della fanciulla, di cui ha nausea ormai, così<br />
come ha nausea della madre di essa. E rideva come un folle sentendo ripetere da<br />
Cusa le tue parole. Ripeteva: “Troppo, troppo dolci ancora per questa giovane...<br />
(e disse una parola così sconcia che non te la ripeto). La doveva calpestare sul<br />
seno smanioso... Ma si sarebbe contaminato!” e rideva. Poi facendosi serio<br />
disse: “Però... l’affronto, meritato per la femmina, non va permesso per la<br />
corona. Io sono magnanimo (è la sua fissazione di esserlo e, posto che nessuno<br />
glielo dice, se lo dice da sé) e perdono al Rabbi, anche perché ha detto a<br />
Salomè ciò che è vero. Ma però voglio che Egli venga a Corte per perdonarlo del<br />
tutto. Voglio vederlo, sentirlo e farlo operare miracoli. Che venga, e io mi<br />
farò suo protettore”. Così diceva l’altra sera. E Cusa non sapeva che dire. No,<br />
al monarca non voleva dirlo. Sì, non poteva. Perché Tu non puoi certo accedere<br />
alle voglie di Erode. Oggi ha detto a me: “Tu certo vai da Lui... Digli la mia<br />
volontà”. La dico. Ma... so già la risposta. Però dimmela, che io possa<br />
trasmetterla».<br />
«No!». Un “no” che pare un fulmine.<br />
«Non te ne farai un nemico troppo forte?» chiede Tommaso.<br />
«Anche un carnefice. Ma non posso che rispondere: “no”».<br />
«Ci perseguiterà...».<br />
«Oh! fra tre giorni non se ne ricorderà più» dice Mannaen scrollando le spalle.<br />
E aggiunge: «Gli hanno promesso delle... mime... Giungeranno domani... Ed egli<br />
dimenticherà tutto!...».<br />
7Torna il servo: «Padrone, ci sono Nicodemo, Giuseppe, Eleazaro e altri farisei<br />
e capi del Sinedrio. Vogliono salutarti».<br />
Lazzaro guarda Gesù interrogativamente. Gesù capisce: «Che vengano! Li saluterò<br />
volentieri».<br />
Dopo poco entrano Giuseppe, Nicodemo, Eleazaro (quello giusto del banchetto di<br />
Ismael), Giovanni (quello del lontano banchetto del d’Arimatea), un altro che<br />
sento chiamare Giosuè, uno Filippo, uno Giuda e l’ultimo Gioachino. I saluti non<br />
finiscono più. Meno male che la stanza è ampia, se no come facevano a farci<br />
entrare tanti inchini e sbracciamenti e paludamenti? Ma, per quanto ampia, si fa<br />
tanto colma che i discepoli se la filano. Restano soltanto Lazzaro con Gesù.<br />
Forse anche non pare loro vero di non essere sotto il fuoco di tante pupille
sinedrali!<br />
«Sappiamo che sei a Gerusalemme, o Lazzaro. E siamo venuti!» dice quello di nome<br />
Gioachino.<br />
«Me ne fo stupore e gioia. A momenti non ricordavo più il tuo viso...» dice un<br />
poco ironico Lazzaro.<br />
«Ma... sai... Sempre si voleva venire. Ma... Tu eri scomparso...».<br />
«E non pareva vero che lo fossi! Molto difficile, infatti, è venire da un<br />
infelice!».<br />
«No! Non lo dire! Noi... rispettavamo il tuo desiderio. Ma ora che... ora che...<br />
vero, Nicodemo?».<br />
«Si, Lazzaro. Gli antichi amici tornano. Anche per desiderio di sentire tue<br />
notizie e di venerare il Rabbi».<br />
«Che notizie mi portate?».<br />
«Umh!... Ecco... Le solite cose... Il mondo... Già...». Sbirciano Gesù che sta<br />
rigido sul suo sedile, un poco assorto.<br />
8«Come mai tutti uniti oggi che è appena finito il sabato?».<br />
«Ci fu adunanza straordinaria».<br />
«Oggi?! Quale ragione mai tanto urgente? ...».<br />
I convenuti sogguardano Gesù significativamente. Ma Egli è assorto... «Molti<br />
motivi...» rispondono poi.<br />
«E non riguardano il Rabbi?».<br />
«Sì, Lazzaro. Anche Lui. Ma anche un grave fatto fu giudicato, mentre le feste<br />
ci hanno tutti adunati in città...» spiega Giuseppe d’Arimatea.<br />
«Un grave fatto? Quale?».<br />
«Un... un errore di... gioventù... Uhm! Già! Una brutta discussione, perché...<br />
Rabbi, dàcci ascolto. Sei fra onesti. Se anche non ti siamo discepoli, non siamo<br />
però tuoi nemici. In casa di Ismaele Tu mi hai detto che non sono lontano dalla<br />
giustizia» dice Eleazaro.<br />
«È vero. E lo confermo».<br />
«E io ti ho difeso al banchetto di Giuseppe contro Felice» dice Giovanni.<br />
«È vero anche questo».<br />
«E questi la pensano come noi. Oggi noi siamo stati chiamati a decidere... e non<br />
siamo contenti di ciò che si decise. Perché la vinsero i più contro di noi. Tu,<br />
saggio più di Salomone, ascolta e giudica».<br />
Gesù li trivella col suo occhio profondo. Poi dice: «Parlate».<br />
«Siamo sicuri di non essere uditi? Perché è... cosa orrenda...» dice quello di<br />
nome Giuda.<br />
«Chiudi porta e tenda, e saremo in un sepolcro» gli risponde Lazzaro.<br />
9«Maestro, ieri mattina Tu hai detto a Eleazaro di Anna di non contaminarsi per<br />
nessuna ragione. Perché lo hai detto?» chiede Filippo.<br />
«Perché andava detto. Egli si contamina. Ma non Io, i libri sacri lo dicono».<br />
«È vero. Ma come sai che si contamina? La fanciulla, forse, ti parlò avanti la<br />
morte?» chiede Eleazaro.<br />
«Quale fanciulla?».<br />
«Quella che è morta dopo la violenza e con lei la madre, né si sa se fu il<br />
dolore a ucciderle, o se si uccisero, o se furono uccise con veleno perché non<br />
parlassero più».<br />
«Io non so nulla di questo. Vedevo l’anima corrotta del figlio di Anna. Ne<br />
sentivo il fetore. Ho parlato. Altro non sapevo ne vedevo».<br />
«Ma che è stato?» chiede Lazzaro con interesse.<br />
«È stato che Eleazaro di Anna vide una fanciulla, figlia unica di una vedova,<br />
e... l’attrasse con la scusa di ordinarle del lavoro, poiché per vivere facevano<br />
lavori per le vesti, e... ne abusò. La fanciulla è morta... tre giorni dopo, e<br />
con lei la madre. Ma prima di morire, nonostante le minacce avute, hanno detto<br />
tutto all’unico parente... E lui è andato da Anna, a portare l’accusa, e non<br />
contento l’ha detto a Giuseppe, a me, ad altri... Anna lo ha fatto prendere e<br />
gettare in carcere. Da lì passerà alla morte, o non sarà mai più libero. Oggi<br />
Anna ha voluto sapere come la pensiamo» dice Nicodemo.<br />
«Non lo avrebbe fatto se non avesse saputo che noi sapevamo già» brontola fra i<br />
denti Giuseppe.<br />
«Sì... Insomma con una larva di votazione, con una simulazione di giudizio fu<br />
deciso dell’onore e della vita di tre infelici e della punizione per il<br />
colpevole» termina Nicodemo.<br />
«Ebbene?».
«Ebbene! È naturale! Noi che votammo per la libertà dell’uomo e la punizione di<br />
Eleazaro fummo minacciati e scacciati come ingiusti. Tu che dici?».<br />
«Che Gerusalemme mi fa ribrezzo e che in Gerusalemme il bubbone più fetido è il<br />
Tempio» dice lento e terribile Gesù. E termina: «Riportatelo pure a quelli<br />
del.Tempio».<br />
«E Gamaliele che fece?» chiede Lazzaro.<br />
«Non appena sentito il fatto, si coperse il volto e uscì dicendo: “Venga presto<br />
il nuovo Sansone a far perire i filistei corrotti”».<br />
«Ha detto bene! Ma presto verrà».<br />
Un silenzio.<br />
10«E di Lui non è stato parlato?» chiede Lazzaro indicando Gesù.<br />
«Oh, sì! Prima di ogni cosa. Ci fu chi riportò che Tu hai detto “meschino” il<br />
regno d’Israele. E perciò bestemmiatore sei stato detto. Sacrilego, anzi. Perché<br />
il regno d’Israele è da Dio».<br />
«Ah, sì?! E come fu chiamato dal Pontefice il violatore di una vergine?<br />
L’insozzatore del suo ministero? Rispondete!» chiede Gesù.<br />
«Egli è il figlio del Sommo Sacerdote. Perché è sempre Anna il vero re là<br />
dentro» dice, intimorito dall’imponenza di Gesù, Gioachino, che lo ha di fronte,<br />
alto, in piedi, col braccio teso...<br />
«Sì. Il re della corruzione. E volete che non dica “meschino” un Paese in cui<br />
abbiamo un Tetrarca sozzo e omicida, un Sommo Sacerdote complice di un violatore<br />
e di un assassino?...».<br />
«Forse la fanciulla si uccise o morì di dolore» sussurra Eleazaro.<br />
«Assassinata sempre dal suo violatore... E ora non si fa la terza vittima nel<br />
parente imprigionato perché non parli? E non si profana l’altare accostandovisi<br />
con tanti delitti? E la giustizia non viene soffocata con imporre silenzio ai<br />
giusti, troppo rari, del Sinedrio? Sì, venga presto il novello Sansone e abbatta<br />
questo luogo profanato, stermini per risanare!... Io, al vomito per la nausea<br />
che sento, non solo dico meschino questo infelice Paese. Ma mi allontano dal suo<br />
cuore marcioso, pieno di delitti senza nome, speco di Satana... Vado. Non per<br />
paura della morte. Vi dimostrerò che non ho paura. Ma vado perché non è la mia<br />
ora e non do perle ai porci d’Israele, ma le porto agli umili sparsi per i<br />
tuguri, i monti, le valli dei poveri paesi. Là dove ancora si sa credere e<br />
amare, se c’è chi lo insegni. Là dove sono degli spiriti sotto le rozze vesti,<br />
mentre qua le tuniche e i manti sacri, e più ancora l’efod e il razionale*,<br />
servono a coprire immonde carogne e a contenere armi omicide. Dite loro che in<br />
nome del Dio vero Io li consacro alla loro condanna, e novello Micael li caccio<br />
dal Paradiso. E per sempre. Essi che vollero essere dèi, e demoni sono. Non c’è<br />
bisogno che siano morti per essere giudicati. Lo sono già. E senza remissione».<br />
11Gli imponenti sinedristi e farisei sembrano divenire piccoli, tanto si<br />
rincantucciano davanti all’ira tremenda del Cristo che pare, invece, farsi un<br />
gigante, tanto è sfolgorante di sguardi e violento negli atti.<br />
Lazzaro geme: «Gesù! Gesù! Gesù!»...<br />
Gesù lo sente e, cambiando tono e aspetto, dice: «Che hai, amico mio?».<br />
«Oh! non terribile così! Non sei più Tu! Come avere speranza nella misericordia<br />
se Tu ti mostri così terribile?».<br />
«Eppure così, e più ancora, sarò quando giudicherò le dodici tribù d’Israele. Ma<br />
fa’ cuore, Lazzaro. Chi crede nel Cristo è già giudicato...». Si siede di nuovo.<br />
Un silenzio.<br />
Finalmente Giovanni chiede: «E noi, per avere preferito gli improperi a mentire<br />
nella giustizia, come saremo giudicati?».<br />
«Con giustizia. Perseverate e perverrete dove Lazzaro già è: nell’amicizia di<br />
Dio».<br />
Si alzano.<br />
«Maestro, ci ritiriamo. La pace a Te. E a te, Lazzaro».<br />
«La pace a voi».<br />
«Che ciò che fu detto, qui resti» supplicano in diversi.<br />
«Non temete! Andate. Dio vi guidi in ogni nuovo atto».<br />
Escono.<br />
Restano soli Gesù e Lazzaro. Dopo un poco, questo dice: «Che orrore!».<br />
_____________________<br />
* l’efod e il razionale facevano parte dell’abbigliamento sacerdotale, descritto<br />
in Esodo 28; 39, 1-32. Il razionale era un pettorale a forma di tasca quadrata,<br />
fissato all’efod, che era una veste. L’efod era il nome anche di uno strumento
divinatorio come in Giudici 8, 24-27.<br />
«Sì. Che orrore!... Lazzaro, vado a predisporre la partenza da Gerusalemme. Sarò<br />
tuo ospite a Betania fino alla fine degli Azzimi*». Ed esce...<br />
247.Parabola dell’acqua e del giunco per Maria di Magdala, che ha scelto la<br />
parte migliore.<br />
14 agosto 1944.<br />
1Comprendo subito che si è ancora intorno alla figura della Maddalena, perché la<br />
vedo per prima cosa in una semplice veste di un rosa lilla come è il fiore della<br />
malva. Nessun ornamento prezioso, i capelli sono semplicemente raccolti in<br />
trecce sulla nuca. Sembra più giovane di quando era tutta un capolavoro di<br />
toletta. Non ha più l’occhio sfrontato di quando era la «peccatrice», e neppure<br />
lo sguardo avvilito di quando ascoltava la parabola della pecorella, e quello<br />
vergognoso e lucido di pianto di quando era nella sala del Fariseo... Ora ha un<br />
occhio quieto, tornato limpido come quello di un bambino, e un riso pacato vi<br />
risplende.<br />
Ella è appoggiata ad un albero presso il confine della proprietà di Betania e<br />
guarda verso la via. Attende. Poi ha un grido di gioia. Si volge verso la casa e<br />
grida forte per essere udita, grida con la sua splendida voce vellutata e<br />
passionale, in- confondibile: «Giunge!... Marta, ci hanno detto giusto. Il Rabbi<br />
è qui!», e corre ad aprire il pesante cancello che stride. Non dà tempo ai servi<br />
di farlo e esce sulla via a braccia tese, come fa un bambino verso la mamma, e<br />
con un grido di gioia amorosa: «O Rabboni** mio!» (io scrivo “Rabboni” perché<br />
vedo che il Vangelo porta cosi. Ma tutte le volte che ho sentito la Maddalena<br />
chiamarlo, mi è parso dicesse “Rabbomi”, con l’emme e non l’enne), e si prostra<br />
ai piedi di Gesù, baciandoglieli fra la polvere della via.<br />
«Pace a te, Maria. Vengo a riposare sotto il tuo tetto».<br />
«O Maestro mio!» ripete Maria levando il volto con una espressione di riverenza<br />
e d’amore che dice tanto... È ringraziamento, è benedizione, è gioia, è invito<br />
ad entrare, è giubilo perché Egli entra...<br />
Gesù le ha messo la mano sul capo e pare l’assolva ancora.<br />
2Maria si alza e, a fianco di Gesù, rientra nel recinto della proprietà. Sono<br />
corsi intanto servi e Marta. I servi con anfore e coppe. Marta col suo solo<br />
amore. Ma è tanto.<br />
_____________________<br />
* degli Azzimi, cioè della festa degli Azzimi, che iniziava con la Pasqua e<br />
durava una settimana, durante la quale era permesso mangiare solo pane azzimo,<br />
cioè non lievitato, come è prescritto in Esodo 12, 15-20, 13, 3-7.<br />
** Le parole che abbiamo riportato tra parentesi sono state scritte da MV in<br />
calce alla pagina autografa del quaderno, come nota che rimanda con una crocetta<br />
alla parola Rabbonì.<br />
Gli apostoli, accaldati, bevono le fresche bevande che i servi mescono.<br />
Vorrebbero darla a Gesù per il primo. Ma Marta li ha prevenuti. Ha preso una<br />
coppa piena di latte e l’ha offerta a Gesù. Deve sapere che gli piace molto.<br />
Dopo che i discepoli si sono ristorati, Gesù dice loro: «Andate ad avvertire i<br />
fedeli. A sera parlerò loro».<br />
Gli apostoli si sparpagliano in diverse direzioni non appena fuori dal giardino.<br />
Gesù inoltra fra Marta e Maria.<br />
«Vieni, Maestro» dice Marta. «Mentre giunge Lazzaro, riposa e prendi ristoro».<br />
Mentre pongono piede in una fresca stanza che dà sul portico ombroso, ritorna<br />
Maria che si era allontanata a passo rapido. Torna con una brocca d’acqua,<br />
seguita da un servo che porta un bacile. Ma è Maria che vuole lavare i piedi di<br />
Gesù. Ne slaccia i sandali polverosi e li dà al servo, perché li riporti puliti<br />
insieme al mantello, pure dato perché fosse scosso dal polverume. Poi immerge i<br />
piedi nell’acqua, che qualche aroma fa lievemente rosea, li asciuga, li bacia.<br />
Poi cambia l’acqua e ne offre di monda a Gesù, per le mani. E mentre attende il
servo coi sandali, accoccolata sul tappeto ai piedi di Gesù, glieli accarezza e,<br />
prima di mettergli i sandali, li bacia ancora dicendo: «Santi piedi che avete<br />
tanto camminato per cercarmi!».<br />
Marta, più pratica nel suo amore, va all’utile umano e chiede: «Maestro, oltre i<br />
tuoi discepoli chi verrà?».<br />
E Gesù: «Non so ancora di preciso. Ma puoi preparare per altri cinque oltre gli<br />
apostoli».<br />
Marta se ne va.<br />
3Gesù esce nel fresco giardino ombroso. Ha semplicemente la sua veste azzurro<br />
cupo. Il mantello, ripiegato con cura da Maria, resta su una cassapanca della<br />
stanza. Maria esce insieme a Gesù.<br />
Vanno per vialetti ben curati, fra aiuole fiorite, sin verso la peschiera che<br />
pare uno specchio caduto fra il verde. L’acqua limpidissima è appena rotta, qua<br />
e là, dal guizzo argenteo di qualche pesce e dalla pioggiolina dello zampillo<br />
esilissimo, alto e centrale. Dei sedili sono presso l’ampia vasca che pare un<br />
laghetto e dalla quale partono piccoli canali di irrigazione. Credo anzi che uno<br />
sia quello che alimenta la peschiera e gli altri, più piccoli, quelli di scarico<br />
adibiti ad irrigare.<br />
Gesù siede su un sedile messo proprio contro il margine della vasca. Maria gli<br />
si siede ai piedi, sull’erba verde e ben curata. In principio non parlano. Gesù<br />
gode visibilmente del silenzio e del riposo nel fresco del giardino. Maria si<br />
bea di guardarlo.<br />
Gesù gioca con l’acqua limpida della vasca. Vi immerge le dita, la pettina<br />
separandola in tante piccole scie e poi lascia che tutta la mano sia immersa in<br />
quella pura freschezza. «Come è bella quest’acqua limpida!» dice.<br />
E Maria: «Tanto ti piace, Maestro?».<br />
«Sì, Maria. Perché è tanto limpida. Guarda. Non ha una traccia di fango. Vi è<br />
acqua, ma è tanto pura che pare non vi sia nulla, quasi non fosse elemento ma<br />
spirito. Possiamo leggere sul fondo le parole che si dicono i pesciolini...».<br />
«Come si legge in fondo alle anime pure. Non è vero, Maestro?», e Maria sospira<br />
con un rimpianto segreto.<br />
4Gesù sente il sospiro represso e legge il rimpianto velato da un sorriso, e<br />
medica subito la pena di Maria.<br />
«Le anime pure dove le abbiamo, Maria? È più facile che un monte cammini che non<br />
una creatura sappia mantenersi pura delle tre purità. Troppe cose intorno ad un<br />
adulto si agitano e fermentano. E non sempre si può impedire che penetrino<br />
nell’interno. Non vi sono che i bambini che abbiano l’anima angelica, l’anima<br />
preservata, dalla loro innocenza, dalle cognizioni che possono mutarsi in fango.<br />
Per questo li amo tanto. Vedo in loro un riflesso della Purezza infinita. Sono<br />
gli unici che portino seco questo ricordo dei Cieli.<br />
La Mamma mia è la Donna dall’anima di bambino. Più ancora. Ella è la Donna<br />
dall’anima di angelo. Quale era Eva uscita dalle mani del Padre. Lo pensi,<br />
Maria, cosa sarà stato il primo giglio fiorito nel terrestre giardino? Tanto<br />
belli anche questi che fanno guida a quest’acqua. Ma il primo, uscito dalle mani<br />
del Creatore! Era fiore o era diamante? Erano petali o fogli d’argento<br />
purissimo? Eppure mia Madre è più pura di questo primo giglio che ha profumato i<br />
venti. E il suo profumo di Vergine inviolata empie Cielo e Terra, e dietro ad<br />
esso andranno i buoni nei secoli dei secoli. Il Paradiso è luce*, profumo e<br />
armonia. Ma se in esso non si beasse il Padre nel contemplare la Tutta Bella che<br />
fa della Terra un paradiso, ma se il Paradiso dovesse in futuro non avere il<br />
Giglio vivo nel cui seno sono i tre pistilli di fuoco della divina Trinità,<br />
luce, profumo e armonia, letizia del Paradiso sarebbero menomati della metà. La<br />
purezza della Madre sarà la gemma del Paradiso.<br />
Ma è sconfinato il Paradiso! Che diresti di un re che avesse una gemma sola nel<br />
suo tesoro? Anche fosse la Gemma per eccellenza? Quando Io avrò aperto le porte<br />
del Regno dei Cieli... - non sospirare, Maria, per questo Io son venuto - molte<br />
anime di giusti e di pargoli entreranno, scia di candore, dietro alla porpora<br />
del Redentore. Ma saranno ancora pochi per popolare di gemme i Cieli e formare i<br />
cittadini della Gerusalemme eterna. E dopo... dopo che la Dottrina di verità e<br />
santificazione sarà conosciuta dagli uomini, dopo che la mia Morte avrà ridato<br />
la Grazia agli uomini, come potrebbero gli adulti conquistare i Cieli, se la<br />
povera vita umana è continuo fango che rende impuri? Sarà dunque allora il mio<br />
Paradiso solo dei pargoli? Oh! no! Come pargoli occorre saper divenire. Ma anche<br />
agli adulti è aperto il Regno. Come pargoli... Ecco la purezza.
___________________<br />
* Il Paradiso è luce... Riteniamo che tutti gli elementi del discorso,<br />
considerati nel loro contesto, non possano portare che alla seguente<br />
interpretazione: Il Paradiso senza la Vergine sarebbe menomato della metà, non<br />
nella beatitudine (che consiste nel possesso e nella contemplazione di Dio, e in<br />
quanto tale è inalterabile), bensì nella preziosità del popolo dei beati, che<br />
sono come altrettante gemme le quali, tutte insieme, valgono quanto la gemma per<br />
eccellenza: la Vergine Ss.<br />
Vedi quest’acqua? Pare tanto limpida. Ma osserva: basta che Io con questo giunco<br />
ne smuova il fondale che ecco si intorbida. Detriti e fango affiorano. Il suo<br />
cristallo si fa giallognolo e nessuno ne beverebbe più. Ma se Io levo il giunco,<br />
la pace ritorna e l’acqua torna poco a poco limpida e bella. Il giunco: il<br />
peccato. Così delle anime. Il pentimento, credilo, è ciò che depura...».<br />
5Sopraggiunge Marta affannata: «Ancora qui sei, Maria? Ed io che mi affanno<br />
tanto!... L’ora passa. I convitati presto verranno e vi è tanto da fare. Le<br />
serve sono al pane, i servi scuoiano e cuociono le carni. Io preparo stoviglie,<br />
mense e bevande. Ma ancora sono da cogliere le frutta e preparare l’acqua di<br />
menta e miele...».<br />
Maria ascolta sì e no le lamentele della sorella. Con un sorriso beato continua<br />
a guardare Gesù, senza muoversi dalla sua posizione.<br />
Marta invoca l’aiuto di Gesù: «Maestro, guarda come sono accaldata. Ti pare<br />
giusto che sia io sola a sfaccendare? Dille Tu che mi aiuti». Marta è veramente<br />
inquieta.<br />
Gesù la guarda con un sorriso per metà dolce e per metà un poco ironico, meglio,<br />
scherzoso.<br />
Marta ci si inquieta un poco: «Dico sul serio, Maestro. Guardala come ozia<br />
mentre io lavoro. Ed è qui che vede…».<br />
Gesù si fa più serio: «Non è ozio, Marta. È amore. L’ozio era prima. E tu hai<br />
tanto pianto per quell’ozio indegno. Il tuo pianto ha messo ancor più ala al mio<br />
andare per salvarmela e rendertela al tuo onesto affetto. Vorresti tu<br />
contenderla di amare il suo Salvatore? La preferiresti allora lontana di qui per<br />
non vederti lavorare, ma lontana anche da Me? Marta, Marta! Devo dunque dire che<br />
costei (e Gesù le pone la mano sul capo), venuta da tanto lontano, ti ha<br />
sorpassata nell’amore? Devo dunque dire che costei, che non sapeva una parola di<br />
bene, è ora dotta nella scienza dell’amore? Lasciala alla sua pace! È stata<br />
tanto malata! Ora è una convalescente che guarisce bevendo le bevande che la<br />
fortificano. È stata tanto tormentata... Ora, uscita dall’incubo, guarda intorno<br />
a sé e in sé, e si scopre nuova e scopre un mondo nuovo. Lascia che se ne faccia<br />
sicura. Con questo suo “nuovo” deve dimenticare il passato e conquistarsi<br />
l’eterno… Non sarà conquistato questo unicamente col lavoro, ma anche con<br />
l’adorazione. Avrà ricompensa chi avrà dato un pane all’apostolo e al profeta.<br />
Ma doppia ne avrà chi avrà dimenticato anche di cibarsi per amarmi, perché più<br />
grande della carne avrà avuto lo spirito, il quale avrà avuto voci più forti di<br />
quelle degli anche leciti bisogni umani. Tu ti affanni di troppe cose, Marta.<br />
Costei di una sola. Ma è quella che basta al suo spirito e soprattutto al suo e<br />
tuo Signore. Lascia cadere le cose inutili. Imita tua sorella. Maria ha scelto<br />
la parte migliore. Quella che non le sarà mai più tolta. Quando tutte le virtù<br />
saranno superate, perché non più necessarie ai cittadini del Regno, unica<br />
resterà la carità. Essa resterà sempre. Unica. Sovrana. Ella, Maria, ha scelto<br />
questa, e questa si è presa per suo scudo e bordone. Con questa, come su ali<br />
d’angelo, verrà nel mio Cielo».<br />
6Marta abbassa la testa mortificata e se ne va.<br />
«Mia sorella ti ama molto e si cruccia per farti onore…» dice Maria per<br />
scusarla.<br />
«Lo so, e ne sarà ricompensata. Ma ha bisogno di esser depurata, come si è<br />
depurata quest’acqua, del suo pensare umano. Guarda, mentre parlavamo, come è<br />
tornata limpida. Marta si depurerà per le parole che le ho detto. Tu… tu per la<br />
sincerità del tuo pentimento…».<br />
«No, per il tuo perdono, Maestro. Non bastava il mio pentirmi a lavare il mio<br />
grande peccato...».<br />
«Bastava e basterà alle tue sorelle che ti imiteranno. A tutti i poveri infermi<br />
dello spirito. Il pentimento sincero è filtro che depura; l’amore, poi, è<br />
sostanza che preserva da ogni nuova inquinazione. Ecco perciò che coloro che la<br />
vita fa adulti e peccatori potranno tornare innocenti come pargoli ed entrare
come essi nel Regno mio. Andiamo ora alla casa. Che Marta non resti troppo nel<br />
suo dolore. Portiamole il nostro sorriso di Amico e di sorella».<br />
7Dice Gesù:<br />
«Il commento non occorre. La parabola dell’acqua è commento all’operazione del<br />
pentimento nei cuori.<br />
Hai così il ciclo della Maddalena* completo. Dalla morte alla Vita. È !a più<br />
grande risorta del mio Vangelo. È risorta da sette morti. È rinata. L’hai vista,<br />
come pianta da fiore, alzare dal fango lo stelo del suo nuovo fiore sempre più<br />
in alto, e poi fiorire per Me, olezzare per Me, morire per Me. L’hai vista<br />
peccatrice, poi assetata che si accosta alla Fonte, poi pentita, poi perdonata,<br />
poi amante, poi pietosa sul Corpo ucciso del suo Signore, poi serva della Madre,<br />
che ama perché Madre mia; infine penitente sulle soglie del suo Paradiso.<br />
Anime che temete, imparate a non temere di Me leggendo la vita di Maria di<br />
Magdala. Anime che amate, imparate da lei ad amare con serafico ardore. Anime<br />
che avete errato, imparate da lei la scienza che rende pronti al Cielo.<br />
Vi benedico tutti per darvi aiuti a salire. Va’ in pace».<br />
* il ciclo della Maddalena, detto anche Vangelo della Misericordia, è costituito<br />
dagli episodi che sono elencati in una nota messa all’inizio del ciclo, in<br />
174.11.<br />
248.La parabola degli uccelli, contestata da giudei nemici che tendono un<br />
tranello.<br />
1Far precedere dalla visione del 14-8-44: la pecorella nell’ovile ai piedi del<br />
buon Pastore.<br />
6 febbraio 1946.<br />
2Gesù a Betania, tutta ubertosa e fiorita in questo bel mese di nisam, sereno,<br />
puro, come se il creato fosse dilavato da ogni sozzura. Ma le turbe, che certo<br />
lo hanno cercato a Gerusalemme e che non vogliono partire senza averlo sentito,<br />
per potere portare seco, nel cuore, la sua parola, lo raggiungono. Numerose<br />
tanto che Gesù ordina di adunarle perché Egli possa ammaestrarle. E i dodici coi<br />
settantadue, che si sono ricomposti in tale numero, o giù di lì, coi nuovi<br />
discepoli aggregatisi ad essi in questi ultimi tempi, si spargono per ogni dove<br />
per eseguire l’ordine avuto.<br />
Intanto Gesù, nel giardino di Lazzaro, si accomiata dalle donne, e specie dalla<br />
Madre, che per suo ordine tornano in Galilea scortate da Simone d’Alfeo, Giairo,<br />
Alfeo di Sara, Marziam, lo sposo di Susanna e Zebedeo. Vi sono saluti e lacrime.<br />
Vi sarebbe molta volontà anche di non ubbidire. Una volontà data ancora<br />
dall’amore al Maestro. Ma più forte ancora è la forza dell’amore perfetto,<br />
perché tutto soprannaturale, per il Verbo Ss., e questa forza le fa ubbidire<br />
accettando la penosa separazione.<br />
Quella che meno parla è Maria, la Madre. Ma il suo sguardo dice più di tutto<br />
quanto dicono tutte le altre messe insieme. Gesù interpreta quello sguardo e la<br />
rassicura, la consola, la sazia di carezze, se si può mai saziare una madre, e<br />
specie quella Madre, tutt’amore e tutt’ambascia per il Figlio perseguitato. E le<br />
donne se ne vanno, infine, volgendosi, rivolgendosi a salutare il Maestro, a<br />
salutare i figli e le fortunate discepole giudee che restano ancora col Maestro.<br />
«Hanno sofferto ad andare...» osserva Simone Zelote.<br />
«Ma è bene che siano andate, Simone».<br />
«Prevedi giorni tristi?».<br />
«Agitati per lo meno. Le donne non possono sopportare le fatiche come noi. Del
esto, ora che ne ho un numero quasi pari di giudee e di galilee, è bene siano<br />
divise. A turno mi avranno, avendo a turno la gioia di servirmi, esse; e il<br />
conforto del loro affetto santo, Io».<br />
3La gente intanto aumenta sempre più. Il frutteto posto fra la casa di Lazzaro e<br />
quella che era dello Zelote formicola di folla. Ve ne è di tutte le caste e<br />
condizioni, né mancano farisei di Giudea, sinedristi e donne velate.<br />
Dalla casa di Lazzaro escono in gruppo, stretti intorno ad una lettiga su cui<br />
viene trasportato lo stesso, i sinedristi che il sabato pasquale erano in visita<br />
da Lazzaro a Gerusalemme, e altri ancora. Lazzaro, passando, fa un gesto ed ha<br />
un sorriso felice per Gesù. E Gesù glielo ricambia mentre si accoda al piccolo<br />
corteo per andare là dove la gente attende.<br />
Gli apostoli si uniscono a Lui, e Giuda Iscariota, che è trionfante da qualche<br />
giorno, in una fase felicissima, getta qua e là gli sguardi dei suoi occhi<br />
nerissimi e scintillanti, e annuncia all’orecchio di Gesù le scoperte che fa.<br />
«Oh! guarda! Ci sono anche dei sacerdoti!... Ecco, ecco! C’è anche Simone<br />
sinedrista. E c’è Elchia. Guarda che bugiardo! Solo pochi mesi fa’ diceva<br />
inferno di Lazzaro e ora lo ossequia come fosse un dio!... E là Doro l’Anziano e<br />
Trisone. Vedi che saluta Giuseppe? E lo scriba Samuele con Saulo... E il figlio<br />
di Gamaliele! E là c’è un gruppo di quelli di Erode... E quel gruppo di donne<br />
così velate sono certo le romane. Stanno appartate, ma vedi come osservano dove<br />
ti dirigi per potersi spostare e sentirti? Riconosco le loro persone nonostante<br />
i mantelloni. Vedi? Due alte, una più larga che alta, le altre di media statura,<br />
ma in proporzione giusta. Vado a salutarle?».<br />
«No. Esse vengono come sconosciute. Come anonime che desiderano la parola del<br />
Rabbi. Tali le dobbiamo considerare».<br />
«Come vuoi, Maestro. Facevo per... ricordare a Claudia la promessa...».<br />
«Non ce n’è bisogno. E anche ce ne fosse, non diveniamo mai dei questuanti,<br />
Giuda. Non è vero? L’eroismo della fede deve formarsi fra le difficoltà».<br />
«Ma era per... per Te, Maestro».<br />
«E per la tua idea perenne di un trionfo umano. Giuda, non ti creare illusioni.<br />
Né sul mio modo di agire futuro, né sulle promesse avute. Tu credi a ciò che ti<br />
dici da te stesso. Ma nulla potrà mutare il pensiero di Dio, ed esso è che Io<br />
sia Redentore e Re di un regno spirituale».<br />
Giuda non ribatte nulla.<br />
Gesù è al suo posto, fra il cerchio degli apostoli. Quasi ai suoi piedi è<br />
Lazzaro sul suo lettuccio. Poco lontano da Lui sono le discepole giudee, ossia<br />
le sorelle di Lazzaro, Elisa, Anastasica, Giovanna coi bambinelli, Annalia,<br />
Sara, Marcella, Niche. Le romane, o almeno quelle che Giuda ha dette tali, sono<br />
più indietro, quasi nel fondo, mescolate ad un mucchio di popolani. Sinedristi,<br />
farisei, scribi, sacerdoti sono, è inevitabile, in prima fila. Ma Gesù li prega<br />
di fare largo a tre barelline, dove sono dei malati che Gesù interroga ma non<br />
guarisce subito.<br />
4Gesù, per prendere l’idea del suo discorso, richiama l’attenzione dei presenti<br />
sul gran numero di uccelli che si annidano fra le fronde del giardino di Lazzaro<br />
ed il frutteto dove sono radunati gli ascoltatori.<br />
«Osservate. Ve ne sono di indigeni e di esotici, di ogni razza e dimensione. E<br />
quando scenderanno le ombre, ad essi si sostituiranno gli uccelli della notte,<br />
essi pure qui numerosi, per quanto sia quasi possibile dimenticarli solo per il<br />
fatto che non li vediamo. Perché tanti uccelli dell’aria qui? Perché trovano di<br />
che vivere felici. Qui sole, qui quiete, qui pasto abbondante, ricoveri sicuri,<br />
fresche acque. Ed essi si adunano venendo da oriente e occidente, da mezzogiorno<br />
e settentrione se sono migratori, rimanendo fedeli a questo luogo se indigeni. E<br />
che? Vedremo dunque che gli uccelli dell’aria sono superiori in sapienza ai<br />
figli dell’uomo? Quanti, fra questi uccelli, sono figli di uccelli ora morti, ma<br />
che lo scorso anno, o più lontano ancora nel tempo, qui nidificarono trovandovi<br />
sollievo! Essi lo hanno detto ai loro nati, avanti di morire. Hanno indicato<br />
questo posto, ed essi, i nati, sono venuti ubbidienti. Il Padre che è nei Cieli,<br />
il Padre degli uomini tutti, non ha forse detto ai suoi santi le sue verità,<br />
dato tutte le indicazioni possibili per il benessere dei suoi figli? Tutte le<br />
indicazioni. Quelle rivolte al bene della carne e quelle rivolte al bene dello<br />
spirito. Ma che vediamo noi? Vediamo che, mentre ciò che fu insegnato per la<br />
carne - dalle tuniche di pelli, che Egli fece ai progenitori, ormai denudati ai<br />
loro occhi della veste dell’innocenza che il peccato aveva lacerata, alle ultime<br />
scoperte che per lume di Dio l’uomo ha fatte - sono ricordate, tramandate,
insegnate, l’altro, quello che fu insegnato, comandato, indicato per lo spirito,<br />
non viene conservato e insegnato e praticato».<br />
Molti del Tempio bisbigliano. Ma Gesù li calma col gesto.<br />
5«I1 Padre, buono come l’uomo non può lontanamente pensare, manda il suo Servo a<br />
ricordare il suo insegnamento, a radunare gli uccelli nei luoghi di salute, a<br />
dare loro esatta conoscenza di ciò che è utile e santo, a fondare il Regno dove<br />
ogni angelico uccello, ogni spirito, troverà grazia e pace, sapienza e salute. E<br />
in verità, in verità vi dico che, come gli uccelli nati in questo luogo a<br />
primavera diranno ad altri di altri luoghi: “Venite con noi, ché vi è un luogo<br />
buono dove gioirete della pace e dell’abbondanza del Signore”, e così si vedrà,<br />
l’anno novello, novelli uccelli qui affluire, nello stesso modo, da ogni parte<br />
del mondo, così come è detto dai profeti, vedremo affluire spiriti e spiriti<br />
alla Dottrina venuta da Dio, al Salvatore fondatore del Regno di Dio. Ma agli<br />
uccelli diurni sono mescolati in questo luogo uccelli notturni, predatori,<br />
disturbatori, capaci da gettare terrore e morte fra gli uccelletti buoni. E sono<br />
gli uccelli che da anni, da generazioni, sono tali, e nulla li può snidare<br />
perché le loro opere si fanno nelle tenebre e in luoghi impenetrabili da parte<br />
dell’uomo. Questi, col loro occhio crudele, col loro volo muto, con la loro<br />
voracità, con la loro crudeltà, nelle tenebre lavorano, e immondi seminano<br />
immondezza e dolore. A chi li paragoneremo noi? A quanti in Israele non vogliono<br />
accettare la Luce venuta ad illuminare le tenebre, la Parola venuta ad<br />
ammaestrare, la Giustizia venuta a santificare. Per essi inutilmente sono<br />
venuto. Anzi per essi sono cagione di peccato, perché mi perseguitano e<br />
perseguitano i miei fedeli. Che allora dirò? Una cosa che già ho detto altre<br />
volte: “Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno con Abramo e<br />
Giacobbe nel Regno dei Cieli. Ma i figli di questo regno saranno gettati nelle<br />
tenebre esteriori”».<br />
6«I figli di Dio nelle tenebre? Tu bestemmi!» urla uno dei sinedristi contrari.<br />
È il primo spruzzo della bava dei rettili, stati troppo tempo zitti, e che non<br />
possono più tacere perché affogherebbero nel loro veleno.<br />
«Non i figli di Dio» risponde Gesù.<br />
«L’hai detto Tu! Hai detto: “I figli di questo regno saranno gettati nelle<br />
tenebre esteriori”».<br />
«E lo ripeto. I figli di questo regno. Del regno dove la carne, il sangue,<br />
l’avarizia, la frode, la lussuria, il delitto sono padroni. Ma questo non è il<br />
mio Regno. Il mio è il Regno della Luce. Questo vostro è il regno delle tenebre.<br />
Al Regno della Luce verranno da oriente e occidente, mezzogiorno e settentrione<br />
gli spiriti retti, anche quelli per ora pagani, idolatri, spregevoli ad Israele.<br />
E vivranno in santa comunione con Dio, avendo in sé accolta la luce di Dio, in<br />
attesa di salire alla vera Gerusalemme, dove non è più lacrima e dolore e<br />
soprattutto non è la menzogna. La menzogna che ora regge il mondo delle tenebre<br />
e satura i figli di esso, al punto che in essi non cape una briciola di luce<br />
divina. Oh! vengano i figli nuovi al posto dei figli rinnegatori! Vengano! E,<br />
quale che sia la loro provenienza, Dio li illuminerà ed essi regneranno nei<br />
secoli dei secoli!».<br />
«Hai parlato per insultarci!» gridano i giudei nemici.<br />
«Ho parlato per dire la verità».<br />
«I1 tuo potere sta nella lingua con la quale, novello serpente, seduci le folle<br />
e le travii».<br />
«I1 mio potere sta nella potenza che mi viene dall’essere uno col Padre mio».<br />
«Bestemmiatore!» urlano i sacerdoti.<br />
«Salvatore! 7O tu che giaci ai miei piedi, di che soffri?».<br />
«Ebbi rotta la spina da fanciullo, e da trenta anni sto sul dorso».<br />
«Sorgi e cammina! E tu, donna, di che soffri?».<br />
«Pendono inerti le mie gambe da quando questo, che col marito mio mi porta, vide<br />
la luce», e accenna ad un giovanetto di almeno sedici anni.<br />
«Tu pure sorgi e loda il Signore. E quel fanciullo perché non va da solo?».<br />
«Perché è nato ebete, sordo, cieco, muto. Un pezzo di carne che respira» dicono<br />
quelli che sono coll’infelice.<br />
«Nel nome di Dio abbi intelletto, parola, vista e udito. Lo voglio!».<br />
E, compiuto il terzo miracolo, si volge agli ostili e dice: «E che dite?».<br />
«Dubbi miracoli. Perché non guarisci il tuo amico e difensore, allora, se tutto<br />
puoi?».<br />
«Perché Dio vuole altrimenti».
«Ah! Ah! Già! Dio! Comoda scusa! Se ti portassimo noi un malato, anzi due, li<br />
guariresti?».<br />
«Sì. Se lo meritano».<br />
«Attendici, allora», e vanno lesti, ghignando.<br />
«Maestro, bada! Ti tendono qualche tranello!» dicono in diversi.<br />
Gesù fa un gesto, come dire: «Lasciateli fare!», 8e si china ad accarezzare dei<br />
fanciulli che piano piano si sono accostati a Lui lasciando i parenti. Alcune<br />
madri li imitano, portandogli quelli che sono ancora troppo incerti nel passo o<br />
poppanti del tutto.<br />
«Benedici le nostre creature, Tu, benedetto, perché siano amanti della Luce!»<br />
dicono le madri.<br />
E Gesù impone le mani, benedicendo. Ciò origina tutto un movimento fra la folla.<br />
Tutti quelli che hanno fanciulli vogliono la stessa benedizione e spingono e<br />
urlano per farsi largo. Gli apostoli, parte perché sono innervositi dalle solite<br />
cattiverie degli scribi e farisei, parte per pietà di Lazzaro, che rischia di<br />
essere travolto dalla ondata dei parenti che portano i piccoli alla divina<br />
benedizione, si inquietano e urlano sgridando questo e quello, respingendo<br />
questo e quello, specie i fanciullini venuti lì da soli.<br />
Ma Gesù, dolce, amoroso, dice: «No, no! Non fate così! Non impedite mai ai<br />
fanciulli di venire a Me, né ai loro parenti di portarmeli. Proprio di questi<br />
innocenti è il Regno. Essi saranno innocenti del gran delitto e cresceranno<br />
nella mia fede. Lasciate dunque che ad essa Io li consacri. Sono i loro angeli<br />
che a Me li conducono».<br />
Gesù ora è in mezzo ad una siepe di fanciulli che lo guardano estatici: tanti<br />
visetti alzati, tanti occhi innocenti, tante boccucce sorridenti...<br />
Le donne velate hanno approfittato della confusione per girare dietro alla folla<br />
e venire alle spalle di Gesù, come se la curiosità le spronasse a questo.<br />
9Tornano i farisei, scribi ecc. ecc. con due che paiono molto sofferenti. Uno<br />
specialmente geme, nella sua barellina, stando tutto coperto dal mantello.<br />
L’altro è, in apparenza, meno grave, ma certo è molto malato perché è<br />
scheletrito e ansimante.<br />
«Ecco i nostri amici. Guariscili. Questi sono veramente malati. Questo<br />
soprattutto!», e indicano il gemente.<br />
Gesù abbassa gli occhi sui malati, poi li rialza sui giudei. Dardeggia i suoi<br />
nemici con uno sguardo terribile. Ritto dietro la siepe innocente dei fanciulli<br />
che non gli raggiungono l’inguine, pare alzarsi da un cespo di purezza per<br />
essere il Vendicatore, come se da questa purezza traesse forza per esserlo. Apre<br />
le braccia e grida: «Mentitori! Costui non è malato! Io ve lo dico. Scopritelo!<br />
O realmente sarà morto fra un istante per la truffa tentata a Dio».<br />
L’uomo balza fuori dalla barella urlando: «No, no! Non mi colpire! E voi,<br />
maledetti, tenete le vostre monete!», e getta una borsa ai piedi dei farisei<br />
fuggendo a gambe levate…<br />
La folla mugola, ride, fischia, applaude…<br />
L’altro malato dice: «E io, Signore? Io sono stato preso dal mio letto per forza<br />
ed è da questa mattina che subisco disturbo… Ma io non sapevo d’essere in mano<br />
ai tuoi nemici...».<br />
«Tu, povero figlio, guarisci e sii benedetto!», e gli impone le mani fendendo la<br />
siepe viva dei fanciulli.<br />
L’uomo alza un attimo la coperta stesa sul suo corpo, guarda non so che… Poi si<br />
alza in piedi. Così appare nudo dalle cosce in giù. E urla, urla fino ad essere<br />
roco: «I1 mio piede! Il mio piede! Ma chi sei, ma chi sei che rendi le cose<br />
perdute?», e cade ai piedi di Gesù e poi sorge, salta in bilico sul lettuccio e<br />
grida: «I1 male mi rodeva le ossa. Il medico mi aveva strappato le dita, arsa la<br />
carne, aperto tagli fino all’osso del ginocchio. Guardate! Guardate i segni. E<br />
morivo lo stesso. E ora… Tutto guarito! Il mio piede! Il mio piede ricomposto!…<br />
E non più dolore! E forza, e benessere… Il petto libero!… Il cuore sano!… Oh!<br />
mamma! Mamma mia! Vengo a darti la gioia!».<br />
Fa per correre via. Ma poi la riconoscenza lo ferma. Torna da Gesù di nuovo e<br />
bacia, bacia i piedi benedetti finché Gesù non gli dice, accarezzandolo sui<br />
capelli: «Va’! Va’ da tua madre e sii buono».<br />
10E poi guarda i suoi nemici scornati e tuona: «E ora? Che vi dovrei fare? Che<br />
dovrei fare, o turbe, dopo questo giudizio di Dio?».<br />
La folla urla: «Alla lapidazione gli offensori di Dio! A morte! Basta di<br />
insidiare il Santo! Che siate maledetti!», e dànno di piglio a zolle di terra, a
ami, a ciottoletti, pronti a iniziare una sassaiola.<br />
Li ferma Gesù. «Questa è la parola della folla. Questa è la sua risposta. La mia<br />
è diversa. Io dico: andate! Non mi sporco a colpirvi. L’Altissimo si incarichi<br />
di voi. Egli è la mia difesa contro gli empi».<br />
I colpevoli, in luogo di tacere, pur avendo paura della plebe, non hanno ritegno<br />
di offendere il Maestro e spumanti d’ira urlano: «Noi siamo giudei e potenti!<br />
Noi ti ordiniamo di andartene. Ti proibiamo di ammaestrare. Ti cacciamo. Va’<br />
via! Basta di Te. Noi abbiamo il potere nelle mani e lo usiamo; e sempre più lo<br />
faremo, perseguitandoti,o maledetto, o usurpatore, o...».<br />
Stanno per dire altro fra un tumulto di grida, di pianti, di fischi, quando,<br />
venuta avanti fino a mettersi fra Gesù e i suoi nemici con mossa rapida e<br />
imperiosa, con sguardo e voce ancor più imperiosa, la donna velata più alta<br />
scopre il viso e, tagliente, sferzante più di una frusta sui galeotti e di una<br />
scure sul collo, cade la sua frase: «Chi dimentica di essere schiavo di Roma?».<br />
È Claudia. Riabbassa il velo. Si inchina lievemente al Maestro. Torna al suo<br />
posto.<br />
Ma è bastato. I farisei si calmano di colpo. Solo uno, a nome di tutti, e con un<br />
servilismo strisciante, dice: «Domina, perdona! Ma Egli turba il vecchio spirito<br />
di Israele. Tu, potente, dovresti impedirlo, farlo impedire dal giusto e prode<br />
Proconsole, vita e lunga salute a lui!».<br />
«Questo non ci riguarda. Sufficiente è che non turbi l’ordine di Roma. E non lo<br />
fa!» risponde sdegnosa la patrizia; poi dà un ordine secco alle compagne e si<br />
allontana, andando verso un folto d’alberi in fondo al sentiero, dietro il quale<br />
scompare, per poi ricomparire sul cigolante carro coperto del quale fa abbassare<br />
tutte le tende.<br />
11«Sei contento di averci fatto insultare?» chiedono tornando all’attacco i<br />
giudei, i farisei, scribi e compagni.<br />
La folla urla, presa da sdegno. Giuseppe, Nicodemo e tutti quelli che si sono<br />
mostrati amici - e con questi, senza unirvisi ma con uguali parole, è il figlio<br />
di Gamaliele - sentono il bisogno di intervenire rimproverando gli altri di<br />
passare la misura. La disputa passa dai nemici contro Gesù ai due gruppi<br />
opposti, lasciando fuori della disputa il più interessato in essa.<br />
E Gesù tace, a braccia conserte, ascoltando, mentre credo sprigioni una forza<br />
per trattenere la folla, e specie gli apostoli che vedono rosso dall’ira.<br />
«Noi dobbiamo difenderci e difendere» urla un giudeo scalmanato; «Basta di<br />
vedere le turbe affascinate dietro di Lui» dice un altro; «Noi siamo i potenti!<br />
Noi soli! E solo noi andiamo ascoltati e seguiti» strepita uno scriba; «Vada via<br />
di qua! Gerusalemme è nostra!» sbraita un sacerdote rosso come un tacchino.<br />
«Siete dei perfidi!»; «Più che ciechi siete!»; «Le turbe vi abbandonano perché<br />
voi lo meritate»; «Siate santi se volete essere amati. Non è commettendo soprusi<br />
che si conserva il potere, che si fonda sulla stima del popolo in chi lo<br />
governa!», urlano alla loro volta quelli del partito opposto e molti della<br />
folla.<br />
«Silenzio!» impone Gesù. E quando esso si fa, dice: «La tirannia e le<br />
imposizioni non possono mutare gli affetti e le conseguenze del bene ricevuto.<br />
Io raccolgo ciò che ho dato: amore. Voi col perseguitarmi non fate che aumentare<br />
questo amore che mi vuole compensare del vostro disamore. Non sapete, con tutta<br />
la vostra sapienza, che perseguitare una dottrina non serve che ad accrescerne<br />
il potere, specie quando questa corrisponde nei fatti a ciò che insegna? Udite<br />
una mia profezia, o voi d’Israele. Quando più perseguiterete il Rabbi di Galilea<br />
e i suoi seguaci, tentando di annullare con la tirannia la sua dottrina, che è<br />
divina, e tanto più la farete prospera ed estesa nel mondo. Ogni stilla del<br />
sangue dei martiri fatti da voi, sperando trionfare e regnare con le vostre<br />
corrotte, ipocrite leggi e precetti, non più rispondenti alla Legge di Dio, ogni<br />
lacrima dei santi conculcati, sarà seme di futuri credenti. E voi sarete vinti<br />
quando crederete di essere trionfatori. Andate. Io pure vado. Coloro che mi<br />
amano mi cerchino ai confini della Giudea e nell’Oltre Giordano, o mi attendano<br />
in essi, perché come lampo che da oriente scorre a occidente, ratto così sarà<br />
l’andare del Figlio dell’uomo fino a quando salirà sull’altare e sul trono,<br />
Pontefice e Re nuovo, e vi starà, ben fermo al cospetto del mondo, del creato e<br />
dei Cieli, in una delle sue tante epifanie che solo i buoni sanno comprendere».<br />
12I farisei ostili e i loro compagni se ne sono andati. Restano gli altri. Il<br />
figlio di Gamaliele lotta in se stesso per venire a Gesù, ma poi se ne va, senza<br />
parlare…
«Maestro, Tu non ci odierai perché siamo delle stesse loro caste?» chiede<br />
Eleazaro.<br />
«Io non colpisco mai di anatema il singolo perché la classe è rea. Non temere»<br />
risponde Gesù.<br />
«Ora ci odieranno...» mormora Gioachino.<br />
«Onore per noi l’esserlo!» esclama Giovanni sinedrista.<br />
«Dio fortifichi i vacillanti e benedica i forti. Io tutti benedico in nome del<br />
Signore», e aperte le braccia dà la benedizione mosaica a tutti i presenti.<br />
Poi si accomiata da Lazzaro e dalle sorelle, da Massimino, dalle discepole, e<br />
inizia il suo andare…<br />
Le verdi campagne che costeggiano la via diretta a Gerico lo accolgono nel loro<br />
verde che si arrossa per un tramonto fastoso.<br />
379. Una premonizione dell’apostolo Giovanni.<br />
7 febbraio 1946.<br />
1«Dove andiamo, che la sera scende?» chiedono fra loro gli apostoli. E<br />
parlottano su quanto è successo. Ma non dicono nulla di forte per non accasciare<br />
il Maestro, che è visibilmente molto pensieroso.<br />
La sera scende mentre vanno, sempre dietro al Maestro pensieroso. Ma un<br />
villaggio si mostra ai piedi di una catena di monti molto frastagliati.<br />
«Fermiamoci qui a pernottare» ordina Gesù. «Anzi, fermatevi qui. Io vado a<br />
pregare su quei monti...».<br />
«Da solo? Ah! no! Sull’Adomin da solo non ci vai! Con tutti quei ladroni che ti<br />
insidiano, no, che non ci vai!...» dice ben deciso Pietro.<br />
«E che vuoi che mi facciano? Non ho nulla!».<br />
«Hai... Te stesso. Io parlo dei ladroni più veri, di quelli che ti odiano. E a<br />
quelli basta la tua vita. Tu non devi essere ucciso come… come… così, ecco, in<br />
una imboscata vile. Per dare modo ai tuoi nemici di inventare chissà che per<br />
allontanare le turbe anche dalla tua dottrina» ribatte Pietro.<br />
«Simone di Giona ha ragione, Maestro. Sarebbero capaci di fare sparire il tuo<br />
corpo e dire che sei fuggito sapendoti smascherato. Oppure di… magari portarti<br />
in luoghi di mal’affare, in casa di una meretrice, per poter dire: “Vedete dove<br />
e come è morto? In rissa per una meretrice”. Tu hai detto bene: “Perseguitare<br />
una dottrina vuol dire accrescerne la potenza”, e ho notato, perché non l’ho<br />
perduto mai di vista, che il figlio di Gamaliele approvava col capo mentre Tu lo<br />
dicevi. Ma però è anche detto bene se si dice che coprire di ridicolo un santo e<br />
la sua dottrina è l’arma più sicura per farla cadere e per levare la stima delle<br />
turbe nel santo» dice Giuda Taddeo.<br />
«Sì. E ciò di Te non deve avvenire» termina Bartolomeo.<br />
«Non ti prestare al giuoco dei tuoi nemici. Pensa che non Tu soltanto, ma la<br />
Volontà che ti ha mandato sarebbe resa nulla da questa imprudenza e si vedrebbe<br />
così che i figli delle Tenebre sono stati, almeno momentaneamente, vincitori<br />
sulla Luce» aggiunge lo Zelote.<br />
«Ma sì! Tu dici sempre, e ci trafiggi il cuore col dirlo, che devi essere<br />
ucciso. Ricordo il tuo rimprovero a Simon Pietro e non ti dico: “Ciò non sia<br />
mai”. Ma credo di non essere Satana se dico: “Almeno ciò sia in modo che sia<br />
glorificazione per Te, inequivocabile sigillo al tuo Essere santo e condanna<br />
sicura ai tuoi nemici. Che le turbe sappiano, possano avere elementi per<br />
distinguere e credere”. Questo almeno, o Maestro. La missione santa dei<br />
Maccabei* mai tanto apparve per tale come quando Giuda, figlio di Matatia, morì<br />
da eroe e salvatore sul campo di battaglia. Vuoi andare sull’Adomin? E noi con<br />
Te. Siamo i tuoi apostoli! Dove Tu Capo, noi tuoi ministri» dice Tommaso, e<br />
poche volte l’ho sentito parlare con tanta solenne eloquenza.<br />
____________________<br />
* La missione santa dei Maccabei è narrata in 1 Maccabei 9, 1-22.<br />
«È vero! È vero! E se ti assalgono, noi devono assalire per primi!» dicono in<br />
diversi.<br />
«Oh! non ci assaliranno tanto facilmente! Stanno medicandosi il bruciore delle<br />
parole di Claudia e... sono astuti, tanto, troppo! Non trascurano di riflettere
che Ponzio saprebbe chi colpire per la tua morte. Si sono troppo traditi, e agli<br />
occhi di Claudia, e lo mediteranno, studiando tranelli più sicuri di una volgare<br />
aggressione. Forse la nostra paura è stolta. Non siamo più i poveri ignoti di<br />
prima. Ora c’è Claudia!» dice l’Iscariota.<br />
«Bene, bene... Ma non mettiamoci a cimento. 2Cosa vuoi fare, poi, sull’Adomin?»<br />
chiede Giacomo di Zebedeo.<br />
«Pregare e cercare un posto per pregare tutti, nei giorni futuri, per prepararci<br />
alle nuove e sempre più accanite lotte».<br />
«Dei nemici?».<br />
«Anche del nostro io. Ha molto bisogno di essere fortificato».<br />
«Ma non hai detto che vuoi andare ai confini della Giudea e nell’Oltre<br />
Giordano?».<br />
«Sì. E vi andrò. Ma dopo la preghiera. Andrò ad Acor e poi, per Doc, a Gerico».<br />
«No, no, Signore! Posti infausti per i santi d’Israele. Non ci andare, non ci<br />
andare. Io te lo dico, io lo sento! È qualcosa che lo dice in me. Non ci andare!<br />
In nome di Dio non ci andare!» grida Giovanni che pare prossimo ad uscire dai<br />
sensi, come preso da un senso d’estasi paurosa…<br />
Tutti lo guardano stupefatti, perché così non lo hanno visto mai. Ma nessuno lo<br />
schernisce. Hanno tutti la percezione di essere di fronte ad un fatto<br />
soprannaturale e, rispettosi, conservano il silenzio.<br />
Anche Gesù tace, finche non vede Giovanni ricomporsi nell’aspetto abituale e<br />
dire: «O mio Signore! Come ho sofferto!».<br />
«Lo so. Andremo al Carit. Che dice il tuo spirito?». Mi colpisce profondamente<br />
il rispetto con cui Gesù si rivolge all’ispirato...<br />
«A me lo chiedi, o Signore? Al povero fanciullo stolto, Tu, Sapienza Ss.?».<br />
«A te. Sì. Il più piccolo è il più grande quando, con umiltà, comunica col suo<br />
Signore per il bene dei fratelli. Parla...».<br />
«Sì, Signore. Andiamo al Carit. Vi sono gole sicure per raccogliersi in Dio, e<br />
prossime sono le strade di Gerico e per la Samaria. Noi scenderemo per riunire<br />
chi ti ama e in Te spera, e te li condurremo, o condurremo Te ad essi, e poi<br />
ancora ci nutriremo di preghiera... E scenderà il Signore a parlare ai nostri<br />
spiriti... ad aprire le nostre orecchie che sentono il Verbo ma non lo capiscono<br />
interamente... a invadere soprattutto i nostri cuori con i suoi fuochi. Perché<br />
solo se arderemo sapremo resistere ai martìri della terra. Perché solo se prima<br />
avremo subito il dolce martirio del completo amore potremo essere pronti a<br />
subire quelli dell’odio umano... Signore... che ho detto?».<br />
«Le mie parole, Giovanni. Non temere. Allora sostiamo qui, e domani all’alba<br />
andremo sui monti».<br />
380. L’amore degli apostoli dalla contemplazione all’azione.<br />
9 febbraio 1946.<br />
lDa un gruppo montagnoso, che pare occupato e preoccupato di elevarsi sempre più<br />
- ed ogni, dirò cosi, fase del suo sforzo è segnata da un’aspra catena di<br />
colline rocciose, dalle coste dirupate, a picco, tagliate da valli strette come<br />
tagli giganteschi, incoronate da creste selvagge - si possono* intravvedere<br />
incidentalmente squarci di mar Morto, messo a sud est del luogo dove sono gli<br />
apostoli col Maestro. Il Giordano e la sua vallata fertile e pacifica non si<br />
vedono, e non si vede Gerico né altre città. Solo monti e monti che si alzano in<br />
direzione del- la Samaria, e il cupo mar Morto fra due squarci pontuti di monte.<br />
In basso, un torrente in direzione ovest-est, che va certo al Giordano. Grande<br />
stridere di falchi e gracchiare di corvi nel cielo di un azzurro vivo. Grande<br />
cinguettio di uccelli fra le fronde delle pendici selvagge. Un flautare di venti<br />
per le gole, portanti odori e rumori lontani, oppure soverchianti anche quelli<br />
vicini, a seconda che sono lievi o intensi. Qualche rumore di sonagli che sale<br />
dalla strada che certo è a valle. Qualche belato di pecora che pascola sui<br />
pianori. Qualche rumore d’acque che stillano e che scrosciano da rocce e da<br />
torrenti. Ma la stagione è buona, asciutta, tiepida, le pendici sono tutte uno<br />
smalto di fiori sullo smeraldo dell’erba, e ancora fiori, a grappoli e festoni,<br />
pendono dai tronchi e dalle fronde, e lieto è l’aspetto del luogo.<br />
Lietissimi, di una letizia soprannaturale, sono i volti dei tredici lì raccolti.<br />
Il mondo è stato dimenticato. È lontano... Gli spiriti hanno ripreso<br />
l’equilibrio scosso da tanti urti, hanno potuto rientrare nell’alone di Dio,<br />
ossia della pace. E pace si legge sui volti.<br />
2Ma la sosta è finita e Gesù ne parla. E Pietro ripete la sua preghiera del
Tabor: «Oh! perché non rimaniamo qui? È bello stare qui con Te!».<br />
«Perché il lavoro ci attende, Simone di Giona. Non possiamo essere soltanto dei<br />
contemplativi. Il mondo ci aspetta per essere ammaestrato. Non possono sostare<br />
gli operai del Signore finche ci sono campi da seminare».<br />
«Ma allora... io, che divento un poco buono solo quando mi isolo così, non potrò<br />
mai... Il mondo è tanto grande! Come potremo lavorarlo tutto e prima di morire<br />
riuscire a raccogliersi** in Te?».<br />
«Non lo lavorerete certo tutto. Secoli e secoli ci vorranno. E quando una parte<br />
sarà lavorata, Satana vi entrerà a sciupare il fatto. Sarà perciò un lavoro<br />
continuo fino alla fine dei secoli».<br />
«Oh! allora come potrò prepararmi a morire?». Pietro è proprio sconsolato.<br />
______________________<br />
* si possono, invece di si può, è correzione di C.<br />
** riuscire a raccogliersi, espressione troppo immediata, starebbe per riuscire<br />
a farlo raccogliere.<br />
Gesù lo rassicura abbracciandolo e dicendo: «Ne avrai il tempo. Non occorre<br />
molto. Basta un attimo di raccoglimento perfetto per prepararsi a comparire<br />
davanti a Dio. Ma tu ne avrai tutto il tempo. Del resto, sappi che la esecuzione<br />
del volere di Dio è sempre preparazione alla morte in santità. Se Dio ti vuole<br />
attivo e tu ubbidisci, tu ti prepari meglio nell’azione ubbidiente che se ti<br />
chiudessi fra le rocce più solitarie a pregare e contemplare. Ne sei persuaso?».<br />
«Certo! Lo dici Tu! Allora che dobbiamo fare?».<br />
«Spargervi per le vie delle valli. Radunare chi sarà ad attendermi, predicare il<br />
Signore e la Fede finche Io verrò».<br />
«Resti solo?».<br />
«Ma sì. Non temete. 3Vedete che il male serve al bene qualche volta. Qui Elia fu<br />
sfamato dai corvi*. Noi possiamo dire che gli avvoltoi feroci ci sfamarono».<br />
«Pensi che sia stato un movimento di conversione?».<br />
«No. Ma la carità, sia pure mossa dal pensiero che usando generosità ci<br />
avrebbero messi in condizioni di non tradirli...».<br />
«Ma noi non li avremmo traditi!» esclama Andrea.<br />
«No. Ma essi, gli infelici ladroni, non lo sanno. Nulla di spirituale opera in<br />
loro, carichi come sono di delitti».<br />
«Signore, Tu dicevi che la carità... Che volevi dire?» chiede Giovanni.<br />
«Volevo dire: la carità che ci hanno usata non sarà senza ricompensa, almeno nei<br />
migliori. La conversione, non avvenuta ora, può operarsi lentamente, ma può<br />
venire. È per questo che vi ho detto: “Non respingeteli nelle loro offerte”. E<br />
le ho accettate benché mi sapessero fetore di peccato».<br />
«Ma Tu neppure ne hai mangiato...».<br />
«Ma non ho mortificato i peccatori col respingerli. Avevano un movimento<br />
iniziale di bontà. Perché distruggerlo? Quel torrente là in fondo non ha inizio<br />
dalla sorgiva che goccia da quel dirupo? Ricordatevelo sempre. È lezione per la<br />
vostra vita futura. Per quando Io non sarò più fra voi. Se troverete sulle vie<br />
dei vostri viaggi apostolici dei delinquenti, non siate come i farisei, i quali<br />
sprezzano tutti e non si curano di sprezzare per primi se stessi, corrotti come<br />
sono. Ma avvicinateli con amore grande. Vorrei poter dire con “infinito amore”.<br />
Lo dico, anzi. Ed è possibile che ciò avvenga anche se l’uomo è “finito,<br />
limitato” nei suoi atti e azioni.<br />
4Sapete come l’uomo può possedere infinito amore? Essendo talmente unito a Dio<br />
da essere tutt’uno con Dio. Allora veramente, scomparendo la creatura nel<br />
Creatore, opera il Creatore, il quale è infinito. E così, uni col loro Dio per<br />
potenza di amore che tanto si stringe all’Origine da fondersi ad essa, devono<br />
essere gli apostoli miei. Non sarà per come parlerete, ma per come amerete che<br />
convertirete i cuori. Troverete peccatori? Amateli. Soffrirete per discepoli che<br />
si traviano? Cercate di salvarli con l’amore. Ricordate la parabola della<br />
pecorella smarrita. Oh! per secoli e secoli essa sarà il richiamo dolcissimo<br />
lanciato ai peccatori. Ma sarà anche l’ordine sicuro dato ai sacerdoti miei.<br />
Con ogni arte, con ogni sacrificio,<br />
________________________<br />
* Qui Elia fu sfamato dai corvi, come è detto in 1 Re 17, 2-6.
anche a costo di perdere la vita nel tentativo di salvare un’anima, con ogni pazienza,<br />
voi dovrete andare cercando gli smarriti per riportarli all’Ovile.<br />
L’amore vi darà gaudio. Vi dirà: “Non temere”. Vi darà un potere di espansione<br />
nel mondo quale Io stesso non ebbi.<br />
Non deve più l’amore dei giusti futuri essere messo come un segno esteriore sul<br />
cuore e sul braccio, come dice il Cantico dei Cantici*. Ma deve essere messo nel<br />
cuore. Deve essere la leva che spinge l’anima ad ogni azione. E ogni azione deve<br />
essere sovrabbondanza della carità che non si appaga più di amare Dio o il<br />
prossimo soltanto mentalmente, ma scende nell’agone, in lotta con i nemici di<br />
Dio, per amare Dio e prossimo anche contingentalmente, in azioni anche<br />
materiali, vie ad azioni più vaste e perfette che terminano alla redenzione e<br />
santificazione dei fratelli. Per la contemplazione si ama Dio, ma per l’azione<br />
si ama il prossimo; né i due amori sono scissi perché uno solo è l’amore, e<br />
amando il prossimo amiamo Dio che ci comanda questo amore e che il prossimo ci<br />
ha dato per fratello.<br />
5Non potrete voi, e non potranno dire i sacerdoti futuri, di essere miei amici<br />
se la carità vostra e di loro non si volgerà tutta alla salvezza delle anime per<br />
le quali Io mi sono incarnato e per le quali patirò. Io vi do l’esempio di come<br />
si ama. Ma ciò che Io faccio, voi, e quelli che verranno dopo di voi, dovete<br />
fare. Il nuovo tempo viene. Quello dell’amore. Io sono venuto a gettare questo<br />
fuoco nei cuori, ed esso crescerà ancora dopo la mia Passione e Ascensione e vi<br />
incendierà quando l’Amore del Padre e del Figlio scenderà a consacrarvi al<br />
ministero.<br />
Divinissimo Amore! A che tardi a consumare la Vittima e ad aprire gli occhi e le<br />
orecchie, a sciogliere le lingue e le membra a questo mio gregge, onde vada fra<br />
i lupi e insegni che Dio è Carità e che chi non ha in sé carità non è che un<br />
bruto e un demone? Oh! vieni, Spirito dolcissimo e fortissimo, e incendia la<br />
terra, non per distruggerla ma per purificarla. Incendia i cuori! Fànne degli<br />
altri Me, dei Cristi, ossia degli unti dall’amore, operanti per amore, santi e<br />
santificanti per amore.<br />
Beati coloro che amano perché saranno amati, e non cesserà un momento la loro<br />
anima di cantare a Dio insieme agli angeli fino a che canteranno l’eterna gloria<br />
nella luce dei Cieli. Così sia di voi, amici miei. Ora andate e fate con amore<br />
ciò che vi ho detto».<br />
_____________________<br />
* come dice il Cantico dei Cantici, in 8, 6.<br />
INDICE DEL VOLUME SETTIMO<br />
Terzo anno della Vita pubblica di Gesù.<br />
(continuazione)<br />
* = in linea<br />
*<br />
433. Arrivo a Nazareth. Lodi alla Vergine. Guarigione di Aurea.<br />
434. Lavori manuali a Nazareth e parabola del legno verniciato.<br />
435. Inizio del terzo sabato a Nazareth e arrivo di Pietro con altri apostoli.<br />
436. Svelato il costo della Redenzione ad apostoli e discepole nell’orto di<br />
Nazareth.<br />
437. Gesù e la Madre a colloquio.<br />
438. Maria Ss. con Maria d’Alfeo a Tiberiade per farsi cedere Aurea.<br />
Un incontro con Giuda Iscariota.<br />
439. Maria Ss. riferisce sulla missione compiuta a Tiberiade.<br />
Aurea impara a fare la volontà di Dio.
440. Un altro sabato a Nazareth. Ostinatezza di Giuseppe d’Alfeo.<br />
*<br />
441. Un dono di Tommaso alla Vergine E partenza da Nazareth.<br />
Miracolo su un incendio che diventa il tema di due parabole.<br />
442. Giuda Iscariota a Nazareth da Maria.<br />
443. La morte del nonno di Marziam.<br />
444. Elogio di Marziam. Lezione sull’unico precetto dell’amore, sulla salvezza<br />
dei pagani virtuosi e sui meriti dell’Uomo-Dio.<br />
445. A Tiberiade, durante una tempesta, il ritorno dell’Iscariota e due<br />
parabole.<br />
L’arrivo di Maria Ss., che intercede per Samuele di Ester.<br />
446. Arrivo e accoglienze a Cafarnao.<br />
447. Discorso sulla misericordia nella sinagoga di Cafarnao.<br />
Un affronto di Eli il fariseo, minacciato dal centurione.<br />
448. Raduno di barche sul lago e parabola provocata da Pietro, che subisce un<br />
giudizio.<br />
449. Il piccolo Alfeo disamato dalla madre.<br />
450. Miracoli nel borgo presso Ippo e guarigione del lebbroso Giovanni.<br />
451. Discorso, nel borgo presso Ippo, sui doveri dei coniugi e dei figli.<br />
452. L’ex-lebbroso Giovanni diventa discepolo. Parabola dei dieci monumenti.<br />
453. Arrivo a Ippo e discorso in favore dei poveri che vengono sanati.<br />
Guarigione dello schiavo Aquila.<br />
454. Maria Ss. e il suo amore di fusione con Dio. Ira dell’Iscariota contro il<br />
piccolo Alfeo.<br />
455. Affidamento della Chiesa alla maternità di Maria. Discorso, presso Gamala,<br />
in favore dei forzati.<br />
456. Commiato da Gamala e arrivo ad Afeca. Monito alla vedova Sara e miracolo<br />
nella sua casa.<br />
457. Discorso, ad Afeca, dopo una disputa tra credenti e non credenti.<br />
Sara diviene discepola.<br />
458. Una guarigione spirituale a Gherghesa e lezione sull’uso dei doni di Dio.<br />
Rientro a Cafarnao.<br />
459. Il perdono a Samuele di Nazareth e lezione sulle cattive amicizie.<br />
460. Farisei a Cafarnao con Giuseppe a Simone d’Alfeo.<br />
Gesù non nasconderà alla Madre l’ora del Sacrificio.<br />
461. Un complotto per l’elezione di Gesù a re. Il greco Zenone e la lettera di<br />
Sintica con la notizia della morte di Giovanni di Endor.<br />
462. Discorso e guarigioni alle sorgenti termali di Emmaus di Tiberiade.<br />
463. A Tarichea, discorso sulla natura del regno messianico e conversione di una<br />
meretrice. Gesù cede ad un invito di Cusa vincendo l’opposizione di<br />
Pietro.<br />
464. Nella casa di campagna di Cusa la tentata elezione di Gesù a re.<br />
La testimonianza del Prediletto.<br />
465. A Betsaida per un incarico segreto a Porfirea e partenza affrettata da<br />
Cafarnao.<br />
466. La sosta presso gli anziani coniugi Giuda e Anna.<br />
467. Parabola della distribuzione delle acque. Perdono condizionato per il<br />
contadino Giacobbe. Avvertimenti agli apostoli mentre vanno a Corozim.<br />
468. Un ravvedimento di Giuda Iscariota e gli episodi che illustrano la sua<br />
figura.<br />
469. Commiato dai pochi fedeli di Corozim.<br />
470. Lezione sul matrimonio ad una suocera che è scontenta della nuora.<br />
471. Filippo si esalta pensando all’èra messianica. Respinto l’invito ad andare<br />
a Giscala, Gesù illustra la nozione del peccato al levita Giuseppe detto<br />
Barnaba.
472. La nuova Legge e la richiesta insidiosa di un giudizio su un fatto accaduto<br />
a Giscala.<br />
473. Guarigione di un bambino cieco di Sidone e un insegnamento per le mogli di<br />
oggi.<br />
474. Una visione che si perde in un rapimento d’amore.<br />
475. Un sospetto di Pietro e digressione sugli ebrei.<br />
La pietà di Abele di Betlemme per i propri nemici.<br />
476. Lezione sul modo di curare le anime e il perdono ai due peccatori divenuti<br />
lebbrosi.<br />
477. A colloquio con la Madre nel bosco di Matatia. Le sofferenze morali di<br />
Gesù<br />
e di Maria.<br />
478. A colloquio con Giuseppe a Simone d’Alfeo che vanno alla festa dei<br />
Tabernacoli.<br />
479. Con Giovanni presso la torre di Jezrael in attesa dei contadini di Giocana.<br />
480. Partenza da Jezrael dopo la visita notturna dei contadini di Giocana.<br />
481. Arrivo ad Engannim. Macchinazioni di Giuda Iscariota per sventare<br />
un’insidia.<br />
482. In cammino con un pastore samaritano la cui fede viene premiata.<br />
483. Gli apostoli discutono sull’odio dei giudei. I dieci lebbrosi guariti in<br />
Samaria.<br />
484. Sosta obbligata presso Efraim e parabola della melagrana.<br />
485. L’arrivo con gli apostoli a Betania, dove sono già alcuni discepoli con<br />
Marziam. Astuzie dell’Iscariota.<br />
486. Al Tempio per la festa dei Tabernacoli. Discorso sulla natura del Regno.<br />
487. Al Tempio per la festa dei Tabernacoli. Discorso sulla natura del Cristo.<br />
488. Al Tempio per la festa dei Tabernacoli. Partenza segreta per Nobe dopo<br />
la preghiera.<br />
489. A Nobe. Parabola del re incompreso dai sudditi e miracolo sul vento.<br />
490. Al campo dei Galilei con i cugini apostoli.<br />
Dubbi sull’Iscariota e conversione del levita Zaccaria.<br />
491. Al Tempio nell’ultimo giorno della festa dei Tabernacoli.<br />
Discorso sull’Acqua viva.<br />
492. A Betania viene ricordato Giovanni di Endor.<br />
493. Discorso presso la fonte di En Rogel, che fu luogo di sosta dei tre Savi.<br />
494. La donna adultera e l’ipocrisia dei suoi accusatori. Vari insegnamenti.<br />
495. Lezione sulla misericordia in risposta alle obiezioni sul perdono<br />
all’adultera.<br />
Congedo ai discepoli sulla via di Betania.<br />
496. Turbamento improvviso di Giuda Iscariota durante una sosta nella casetta di<br />
Salomon.<br />
497. Un’ora di sconforto di Simon Pietro.<br />
498. Esortazione al Taddeo e a Giacomo di Zebedeo a seguito di un diverbio con<br />
l’Iscariota.<br />
499. Fuga da Esebon e incontro con un mercante di Petra.<br />
500. Riflessioni di Bartolomeo e Giovanni dopo un ritiro sul monte Nebo.<br />
(continua il “Terzo anno” nel volume ottavo)<br />
Maria Valtorta<br />
L’<strong>EVANGELO</strong><br />
<strong>COME</strong> <strong>MI</strong> E STATO
RIVELATO<br />
VOLUME SETTIMO<br />
Terzo anno della Vita pubblica di Gesù.<br />
(continuazione)<br />
433. Arrivo a Nazareth. Lodi alla Vergine. Guarigione di Aurea<br />
9 maggio 1946<br />
1Venendo dalla parte di Sefori si entra in Nazaret dalla parte nord-occidentale,<br />
ossia dalla più alta e pietrosa. L’anfiteatro su cui a scaglioni è distesa<br />
Nazaret appare tutto come si raggiunge la cresta del colle, che è l’ultimo<br />
venendo da Sefori e che scoscende piuttosto ripido per dei borri verso la<br />
cittadina. Se ben ravviso il luogo, perché del tempo è passato e molti luoghi di<br />
montagna si assomigliano, questo dove si trova Gesù è il punto preciso* dove i<br />
suoi concittadini tentarono lapidarlo ed Egli li fermò col suo potere passando<br />
attraverso a loro.<br />
Gesù si ferma a guardare la sua città cara e ostile, e un sorriso di contento<br />
gli accende il volto. Che benedizione ignorata, e immeritata dai nazareni,<br />
questo sorriso divino che si riversa e spande certo in grazie sulla terra che lo<br />
ha accolto fanciullo e visto crescere, e dove nacque la Madre e divenne Sposa di<br />
Dio e Genitrice di Dio!<br />
Anche i due cugini guardano la loro città con una visibile gioia, benché quella<br />
del Taddeo sia temperata da una serietà austera, sostenuta, mentre quella di<br />
Giacomo è più aperta e dolce, più somigliante a quella di Gesù.<br />
Tommaso, benché non sia la sua città, è una luminaria di gioia nel volto, e dice<br />
accennando la casetta di Maria dal cui forno salgono spire di fumo: «La Madre è<br />
in casa e fa il pane...», e pare che parli di sua madre con tutto l’affetto di<br />
un figlio, tanto dice queste semplici parole con slancio d’amore.<br />
Lo Zelote, più pacato per l’età e per l’educazione avuta, sorride dicendo: «Sì.<br />
E la sua pace giunge già ai nostri cuori».<br />
«Andiamo presto», dice Giacomo. «E passiamo da questo sentiero per giungere<br />
quasi non visti dai nazareni. Ci tratterrebbero...».<br />
«Ma vi allontanate dalla vostra casa... Anche vostra madre desidererà vedervi».<br />
«Oh! Puoi essere certo, Simone, che nostra madre è da Maria. Vi è quasi<br />
sempre... E vi sarà, perché fanno il pane, e per la fanciulla malata».<br />
«Sì, andiamo di qui. Passeremo dietro l’orto di Alfeo giungendo alla siepe<br />
dell’orto nostro», dice Gesù.<br />
Scendono lesti per il sentiero molto ripido in principio, poi, quando è prossimo<br />
alla città, più dolce. Passano per degli uliveti, poi per brevi campicelli senza<br />
più biade. Rasentano i primi orti cittadini. E le alte siepi che li cingono,<br />
tutte fronzute e sulle quali si piegano le fronde degli alberi pesanti di<br />
frutta, o i muretti a secco,<br />
_________________<br />
* il punto preciso è quello del brano 106.4. Al termine del periodo, MV aggiunge<br />
sul manoscritto originale: (Luca cap. IV).<br />
tutti velati dallo spenzolare dei rami dai broli all’esterno, fanno sì che il<br />
loro passaggio passi inosservato dalle massaie, che vanno e vengono per gli orti<br />
o fanno il bucato e lo stendono sui piccoli prati presso le case...<br />
2La siepe, che limita da un lato l’orto di Maria, tutta un groviglio di spine<br />
nell’inverno, tutto uno spesseggiare di foglie in estate, dopo la fioritura del<br />
biancospino a primavera o l’arrubinarsi dei frutticini rossi in autunno, è ora<br />
abbellita da un rigoglioso gelsomino e da un ondulare di calici di un fiore, che<br />
non so come si chiami, che dall’interno dell’orto gettano rami sulla siepe a<br />
farla più fitta e più bella. Un capinero canta nel folto della siepe, e<br />
dall’interno viene un tubare di colombi.<br />
«Anche la chiudenda è riparata e tutta coperta di rami in fiore», dice Giacomo<br />
che è corso avanti a guardare il rustico cancello sul dietro dell’orto, quello<br />
che dopo anni di inservibilità fu usato* per far entrare e uscire il carretto di<br />
Pietro per Giovanni e Sintica.
«Passeremo per il viottolo e busseremo alla porta. Mia Madre avrebbe pena a<br />
veder distrutto questo riparo», gli risponde Gesù.<br />
«Il suo orto chiuso!**», esclama Giuda d’Alfeo.<br />
«Sì. E Lei ne è la rosa», dice Tommaso.<br />
«Il giglio fra le spine», dice Giacomo.<br />
«La fonte sigillata», dice lo Zelote.<br />
«Meglio: la polla d’acqua viva che, sgorgando con impeto dal monte bello, dà<br />
l’Acqua di Vita alla Terra e zampilla con la sua purezza profumata verso il<br />
Cielo», dice Gesù.<br />
«Fra poco Ella sarà beata nel vederti», dice Giacomo.<br />
3«Fratello mio, dimmi una cosa che da tempo desidero sapere. Come vedi Tu Maria?<br />
Come Madre o come suddita? Ti è Madre, ma è donna e Tu sei Dio...», dice il<br />
Taddeo.<br />
«Come sorella e sposa, come delizia e riposo del Dio e come conforto dell’Uomo.<br />
Tutto lo vedo ed ho in Maria, come Dio e come Uomo. Colei che era la Delizia<br />
della Seconda Persona della Triade in Cielo, Delizia del Verbo come del Padre e<br />
dello Spirito, è la Delizia del Dio incarnato e lo sarà dell’Uomo Dio<br />
glorificato».<br />
«Che mistero! Dio si è dunque privato due volte delle sue compiacenze? In Te e<br />
in Maria, e vi ha dato alla Terra...», medita lo Zelote.<br />
«Che amore! Questo devi dire. L’amore spinse la Triade a dare Maria e Gesù alla<br />
Terra», dice Giacomo.<br />
«E, non per Te che sei Dio, ma per la sua Rosa, non temette di affidarla agli<br />
uomini, tutti indegni di tutelarla?», chiede Tommaso.<br />
_______________<br />
* fu usato, in 313.6.<br />
** orto chiuso e le altre immagini, che nel presente capitolo vengono applicate<br />
a Maria Ss., sono tratte da: Cantico dei cantici 2, 2; 4, 9-12.15; 5, 1-2; 8,<br />
11-12.<br />
«Toma, ti risponde il Cantico: “Il Pacifico aveva una vigna e l’affidò ai<br />
vignaiuoli i quali, profanatori aizzati dal Profanatore, molte somme avrebbero<br />
dato per averla, ossia tutte le seduzioni a sedurla, ma la Vigna bella del<br />
Signore si custodì da sé, né volle dare i suoi frutti altro che al Signore, e<br />
volle aprirsi* allo Stesso generando il Tesoro senza prezzo: il Salvatore”».<br />
4Sono giunti alla porta di casa. Giuda d’Alfeo commenta, mentre Gesù bussa<br />
all’uscio chiuso: «Sarebbe il caso di dire: “Aprimi, sorella mia sposa, diletta,<br />
colomba, immacolata”...».<br />
Ma, quando l’uscio si socchiude e appare il dolce viso della Vergine, Gesù non<br />
dice che la più dolce parola, aprendo le braccia a riceverla: «Mamma!».<br />
«Oh! Figlio mio! Benedetto! Entra, e la pace e l’amore siano con Te!».<br />
«E alla mia Mamma e alla casa e a chi è in essa», dice Gesù entrando, seguito<br />
dagli altri.<br />
«Di là è vostra madre, mentre le due discepole sono al pane e al bucato...»,<br />
spiega Maria dopo il saluto vicendevole cogli apostoli e i nipoti. E questi,<br />
discreti, si ritirano per lasciare soli la Madre col Figlio.<br />
«Eccomi a te, Madre mia. Staremo insieme alquanto... Come è dolce il ritorno...<br />
la casa e te soprattutto, o Madre, dopo tanto andare fra gli uomini...».<br />
«Che sempre più ti conoscono e si dividono, per questa conoscenza, in due rami:<br />
quelli che ti amano... e quelli che ti odiano... E il ramo più grosso è<br />
quest’ultimo...».<br />
«Il Male sente che sta per essere sconfitto ed è furente... e fa furenti...<br />
5Come sta la fanciulla?».<br />
«Lievemente meglio... Ma fu per morire... E però le sue parole, ora che non<br />
delira, corrispondono, sebbene più riservate, a quelle che le uscivano nel<br />
delirio. Sarebbe mentire dire che non abbiamo ricostruito la sua storia...<br />
Infelice!...».<br />
«Sì. Ma la Provvidenza vigilò su lei».<br />
«Ed ora?...».<br />
«Ed ora... Non so. Aurea non mi appartiene come creatura. La sua anima è mia, il<br />
suo corpo è di Valeria. Per ora starà qui, a dimenticare...».<br />
«Mirta la vorrebbe».<br />
«Lo so... Ma non ho il diritto di agire senza il permesso della romana. Non so<br />
neppure se l’hanno acquistata con moneta o se usarono solo l’arma delle
promesse... Quando la romana la richiederà...».<br />
«Io andrò per Te, Figlio mio. Non è bene che Tu vada... Lascia fare alla tua<br />
Mamma. Noi donne... esseri infimi per Israele, non siamo tanto osservate se<br />
andiamo a parlare a gentili. E la tua Mamma è così ignota al mondo! Nessuno<br />
noterà la popolana ebrea che avvolta nel suo manto va per le vie di Tiberiade e<br />
bussa alla casa di una dama romana...».<br />
«Alla casa di Giovanna potresti andare... e là parlare alla dama...».<br />
______________<br />
* volle aprirsi, invece di aprirsi, è correzione nostra.<br />
«Così farò, Figlio mio. Sia sollevato il tuo cuore, o mio Gesù!... Sei tanto<br />
afflitto... Lo comprendo... e tanto vorrei fare per Te...».<br />
«E tanto fai, Mamma. Grazie per tutto ciò che fai...».<br />
«Oh! Sono un ben povero aiuto, Figlio mio! Perché non riesco a farti amare, non<br />
a darti... letizia... finché ti è concesso di averne un poco... Che sono mai<br />
allora? Una ben povera discepola...».<br />
«Mamma! Mamma! Non dire così! La mia forza mi viene dalle tue orazioni. Riposa<br />
la mia mente pensando a te, e ora, ecco, trova conforto il cuore stando così,<br />
col capo contro il tuo cuore benedetto... Mamma mia!...».<br />
Gesù ha attirato a sé la Madre, ritta presso di Lui che è seduto sulla<br />
cassapanca contro la parete, e appoggia la fronte sul petto di Maria che lo<br />
carezza sui capelli, lievemente... Una pausa tutt’amore.<br />
6Poi Gesù alza il capo e si alza in piedi. Dice: «Andiamo dagli altri. E dalla<br />
fanciulla», ed esce con la Madre nell’orto.<br />
Le tre discepole, sulla soglia della stanza dove è la fanciulla malata, parlano<br />
fitto cogli apostoli. Ma quando vedono Gesù tacciono inginocchiandosi.<br />
«La pace a te, Maria d’Alfeo, e a voi, Mirta e Noemi. La fanciulla dorme?».<br />
«Sì. La febbre perdura e la sbalordisce e consuma. Se persiste così, morirà. Il<br />
suo tenero corpo non resiste alla malattia e la mente si turba per i ricordi»,<br />
dice Maria d’Alfeo.<br />
«Sì... e non reagisce perché dice che vuol morire per non vedere più romani...»,<br />
conferma Mirta.<br />
«Un dolore per noi che l’amiamo già...», dice Noemi.<br />
«Non temete!», risponde Gesù andando fin sulla soglia della cameretta e alzando<br />
la tenda...<br />
Sul lettuccio contro la parete, di fronte alla porta, appare il visetto<br />
smagrito, di un rosso acceso ai pomelli, di neve altrove, sepolto nella massa<br />
dei lunghi capelli dorati. Dorme affannosamente, mugolando parole<br />
incomprensibili fra i denti, e con la mano abbandonata sulle coperture fa, di<br />
tanto in tanto, un gesto come per respingere qualcosa.<br />
Gesù non si inoltra. La guarda con occhio di pietà. Poi chiama forte: «Aurea!<br />
Vieni! C’è il tuo Salvatore».<br />
La fanciulla si siede di scatto sul lettuccio, lo vede e con un grido scende e<br />
corre, nella lunga tunica sciolta, a piedi scalzi a Gesù, e si getta ai suoi<br />
piedi dicendo: «Signore! Ora sì che mi hai liberata!».<br />
«È guarita. Vedete? Non poteva morire, perché prima deve conoscere la Verità». E<br />
alla fanciulla, che gli bacia i piedi, dice: «Sorgi, e vivi in pace», e le posa<br />
la mano sul capo non più febbricitante.<br />
Aurea, nella lunga veste di lino, forse una della Vergine, tanto lunga che le fa<br />
strascico, i capelli sciolti come un manto sulla snella persona, gli occhi grigi<br />
azzurri, lucidi ancora per la febbre che è appena caduta e per la gioia che è<br />
ora sorta, pare un angelo.<br />
«Addio! Noi ci ritiriamo nell’officina mentre voi pensate alla fanciulla e alla<br />
casa...», dice il Maestro e, seguito dai quattro, entra nell’antico laboratorio<br />
di Giuseppe, sedendo coi suoi sui banconi inoperosi...<br />
434. Lavori manuali a Nazareth e parabola del legno verniciato.<br />
10 maggio 1946.<br />
1Il rustico focolare del laboratorio è acceso, dopo tanto tempo di inoperosità,<br />
e 1’odore della colla che bolle in un recipiente si mescola a quello<br />
caratteristico della segatura e dei trucioli appena fatti, anzi, che si stanno<br />
facendo ai piedi di un bancone.<br />
Gesù lavora di lena intorno a tavole di legno, che con l’aiuto della sega e
della pialla si mutano in gambe di seggiole, in cassetti e così via. Dei mobili,<br />
i mobili modesti della casetta di Nazaret, sono stati portati nel laboratorio.<br />
La madia da riparare, uno dei telai di Maria, due sgabelli, una scala da orto,<br />
una piccola cassapanca e la porta del forno, credo, corrosa in basso forse dai<br />
topi. Gesù lavora a riaggiustare ciò che l’uso e la vecchiaia hanno consumato.<br />
Tommaso, invece, con tutto un armamentario di piccoli strumenti d’orafo, che<br />
certo ha tratto fuori dalla sua sacca che giace sul suo lettuccio messo, come<br />
quello dello Zelote, contro la parete, lavora con leggerezza di mano intorno a<br />
delle lamine d’argento. E il picchio del suo martelletto sul bulino, che dà<br />
suono d’argento, si fonde al robusto rumore degli strumenti da lavoro usati da<br />
Gesù.<br />
Ogni tanto si scambiano qualche parola, e Tommaso è così felice di essere lì col<br />
Maestro e al suo lavoro d’orafo - e lo dice infatti - che nelle pause del<br />
dialogo fischietta fra i denti, piano piano. Ogni tanto alza gli occhi e pensa,<br />
fissando assorto la parete affumicata dello stanzone.<br />
Gesù lo nota e dice: «Trai l’ispirazione da quella parete nera, Toma? Vero è che<br />
così l’ha fatta il lungo lavoro di un giusto, ma non mi pare che possa dare<br />
motivi ad un orafo...».<br />
«No, Maestro, un orafo infatti non può rifare col metallo ricco la poesia della<br />
santa povertà... Però può col suo metallo fare cose belle della natura, e<br />
nobilitare così oro e argento rifacendo con essi i fiori, le foglie che sono nel<br />
creato. Io penso a quei fiori, a quelle foglie e, per ricordarne esattamente<br />
l’aspetto, mi fisso così, con gli occhi alla parete, ma in realtà vedo i boschi<br />
e i prati della nostra patria, le foglie leggere, i fiori che sembrano calici o<br />
stelle, il portamento degli steli e delle fronde...».<br />
«Sei un poeta, allora, un poeta che canta nel metallo ciò che un altro canta<br />
sulla pergamena coll’inchiostro».<br />
«Sì. Infatti l’orafo è un poeta che scrive sul metallo le bellezze della natura.<br />
Ma la nostra opera, d’arte e bella, non vale la tua, umile e santa, perché la<br />
nostra serve alle vanità dei ricchi, mentre la tua alla santità della casa e<br />
all’utilità del povero».<br />
«Dici bene, Tommaso», dice lo Zelote che è apparso sulla soglia che dà<br />
sull’orto, con la veste succinta, le maniche rimboccate, un vecchio grembiule<br />
davanti e un recipiente con della vernice nella mano.<br />
Gesù e Tommaso si voltano a guardarlo sorridendo. E Tommaso risponde: «Sì, dico<br />
bene. Però io voglio che una volta tanto il lavoro dell’orafo serva ad ornare<br />
una... cosa buona, santa...».<br />
«Che?».<br />
«Un mio segreto. È tanto che ho questo pensiero, e da quando fummo a Rama mi<br />
porto dietro un piccolo bagaglio d’orafo attendendo questo momento... 2E il tuo<br />
lavoro, Simone?».<br />
«Oh! io non sono un artefice perfetto come tu sei, Toma. È la prima volta che<br />
tengo il pennello in mano, e le mie tinture sono ineguali nonostante ci metta<br />
tutta la mia buona volontà. Per questo ho incominciato dalle parti più...<br />
umili... per farci la mano... e ti assicuro che la mia imperizia fece ridere di<br />
gusto la fanciulla. Ma ne sono contento! Rinasce ad una serena vita ad ogni ora,<br />
ed è ciò che ci vuole per annullare il passato e farla tutta nuova, per Te,<br />
Maestro».<br />
«Eh! ma forse Valeria non cederà...», dice Tommaso.<br />
«Oh! cosa vuoi che le importi di averla o no? Se la teneva, era tanto per non<br />
lasciarla sperduta nel mondo. E certo sarebbe bene che la fanciulla fosse salva<br />
per sempre e in tutto, nello spirito soprattutto. Non è vero, Maestro?».<br />
«È vero. Occorre molto pregare per questo. La creatura è semplice e buona<br />
realmente, e allevata nella Verità potrebbe dare molto. Tende istintivamente<br />
alla Luce».<br />
«Sfido io! Non ha conforti sulla Terra... e li cerca in Cielo, poverina! Io<br />
credo che quando la tua Buona Novella potrà essere evangelizzata per il mondo, i<br />
primi ad accoglierla e i più numerosi saranno proprio gli schiavi, coloro che<br />
non hanno alcun conforto umano e che si rifugeranno nelle tue promesse per<br />
averne... E dico che, se a me toccherà proprio l’onore di predicarti, avrò uno<br />
speciale amore per questi infelici...».<br />
«E farai bene, Toma», dice Gesù.<br />
«Sì. Ma come li avvicinerai?».<br />
«Oh! Sarò orafo per le dame e... maestro per gli schiavi delle stesse. Un orafo
entra nelle case, o alla sua casa vengono i servi dei ricchi... e lavorerò...<br />
Due metalli: quelli della Terra per i ricchi... quelli degli spiriti per gli<br />
schiavi».<br />
«Dio ti benedica per questi propositi, Toma. Persevera in essi...».<br />
«Sì, Maestro».<br />
3«Ebbene, ora che hai risposto a Toma vieni con me, Maestro... a vedere il mio<br />
lavoro e a dirmi che devo tingere ora. Cose umili ancora, perché sono un garzone<br />
molto incapace».<br />
«Andiamo, Simone...», e Gesù posa i suoi arnesi ed esce collo Zelote...<br />
Tornano dopo qualche tempo e Gesù indica la scala da orto: «Passa la tinta a<br />
quella. La vernice rende impenetrabile il legno e lo conserva di più, oltre che<br />
farlo più bello. È come la difesa e l’abbellimento delle virtù sul cuore umano.<br />
Può essere grezzo, rozzo... Ma, come le virtù lo vestono, si fa bello,<br />
piacevole. Vedi, per ottenere una tinta bella e un servizio reale dalla stessa,<br />
occorrono tante avvertenze. Per prima: prendere con attenzione ciò che occorre a<br />
formarla. Ossia un recipiente netto da terriccio o da residui di vecchie tinte,<br />
oli buoni e buone tinte, e con pazienza mescolare, lavorare, farne un liquido né<br />
troppo denso né troppo liquido. Non stancarsi di lavorare finché anche il più<br />
piccolo grumo non sia sciolto. Fatto questo, prendere un pennello che non perda<br />
le setole, non le abbia né eccessivamente dure, né eccessivamente morbide, che<br />
sia ben pulito da ogni precedente colore, e prima di applicare la vernice<br />
nettare il legno da ruvidezze, da vecchie vernici scrostate, da fango, da tutto,<br />
e poi, così, con ordine, mano sicura nell’andare sempre in una direzione,<br />
stendere con pazienza, molta pazienza, la tinta. Perché nella stessa tavola ci<br />
sono resistenze diverse. Sui nodi, per esempio, la tinta resta più liscia, è<br />
vero, però su essi la tinta si ferma male, come la materia legnosa la<br />
respingesse. Viceversa, sulle parti morbide del legno la tinta si ferma subito,<br />
ma le parti morbide generalmente sono poco lisce, e allora possono formarsi<br />
vesciche, o rigature... Ecco allora che si deve riparare con mano costante nello<br />
stendere il colore. Poi ci sono, nei mobili vecchi, le parti nuove, come questo<br />
scalino ad esempio. E per non far capire che la povera scaletta è rabberciata,<br />
ma vecchia molto, bisogna far sì che tanto lo scalino nuovo come quelli antichi<br />
risultino uguali... Ecco, così!».<br />
Gesù, curvo ai piedi della scala, parla e lavora intanto...<br />
4Tommaso, che ha lasciato i suoi bulini per venire vicino a vedere, chiede:<br />
«Perché hai iniziato dal basso invece che dalla cima? Non era meglio fare<br />
l’opposto?».<br />
«Sembrerebbe meglio, ma non è. Perché il basso è il più sciupato e il destinato<br />
di più a sciuparsi, stando appoggiato sulla terra. Perciò deve essere lavorato<br />
più volte. Una prima mano, poi una seconda e una terza se occorre... e, per non<br />
oziare attendendo che il basso asciughi per esser pronto ad una nuova mano,<br />
tingere intanto il sommo, poi il centro della scala».<br />
«Ma nel farlo ci si può macchiare le vesti e sciupare le parti tinte prima».<br />
«Con accortezza non ci si macchia e non si sciupa niente. Vedi? Si fa così. Si<br />
raccolgono le vesti e si sta scosti. Non per schifo della tinta, ma per non<br />
ledere la tinta delicata perché da poco messa».<br />
E Gesù, a braccia alte, tinge ora la vetta della scala. E continua a parlare.<br />
«Così si fa con le anime. Ho detto all’inizio che la tinta è come l’abbellimento<br />
delle virtù sui cuori umani. Abbellimento e preservazione del legno dai tarli,<br />
dalle piogge, dal solleone. Guai a quel padrone di casa che non si cura delle<br />
cose verniciate e le lascia deperire! Quando si vede che il legno si spoglia<br />
della sua vernice, occorre non perdere tempo e metterne di nuova. Rinfrescare le<br />
tinte... Anche le virtù, messe in un primo slancio verso la giustizia, possono<br />
deperire o scomparire del tutto se il padrone di casa non veglia, e la carne e<br />
lo spirito, messi a nudo in balia delle intemperie e dei parassiti, ossia delle<br />
passioni e delle dissipazioni, possono esserne assaliti, perdere la veste che li<br />
fa belli, finire ad essere... buoni solo per il fuoco. Perciò, sia in noi o in<br />
chi amiamo come nostri discepoli, quando si notano sgretolature, dilavature<br />
nelle virtù messe a difesa nel nostro io, occorre subito provvedere con un<br />
lavoro assiduo, paziente, fino alla fine della vita, perché si possa<br />
addormentarsi nella morte con una carne e uno spirito degni della risurrezione<br />
gloriosa. E perché le virtù siano vere, buone, iniziarle con intenzione pura,<br />
coraggiosa, che leva ogni detrito, ogni terriccio, e lavorare per non lasciare<br />
imperfezioni nella formazione virtuosa, e poi prendere un atteggiamento né
troppo duro né troppo indulgente, perché tanto l’intransigenza come l’eccessiva<br />
indulgenza nuocciono. E il pennello - la volontà - sia netto dalle umanità<br />
preesistenti, che potrebbero venare la tinta spirituale con sfregi materiali, e<br />
preparare se stessi o altri, con opportune operazioni, faticose, è vero, ma<br />
necessarie, a mondare il vecchio io da ogni lebbra antica, per averlo mondo a<br />
ricevere la virtù. Perché non si può mescolare il vecchio col nuovo.<br />
Poi iniziare il lavoro, con ordine, con riflessione. Non saltare qua e là senza<br />
un serio motivo. Non andare un poco in un senso e un po’ nell’altro. Ci si<br />
stancherebbe meno, è vero. Ma la vernice verrebbe irregolare. Come avviene nelle<br />
anime disordinate. Presentano punti perfetti, poi accanto a questi ecco<br />
storture, colore diverso... Insistere sui punti resistenti alla tinta, sui nodi,<br />
viluppi della materia o di passioni sregolate, mortificati, sì, dalla volontà<br />
che simile a pialla li ha faticosamente lisciati, ma che restano come un nodo<br />
amputato ma non distrutto a far resistenza. E ingannano talvolta, parendo già<br />
ben rivestiti da virtù, mentre non è che un velo leggero che subito cade.<br />
Attenti ai nodi delle concupiscenze. Fate che la virtù sia ripetutamente messa<br />
su essi, perché non rifioriscano deturpando l’io nuovo. E sulle parti molli,<br />
sulle cedevolezze troppo facili a ricevere tinta, ma a riceverla a loro<br />
piacimento, con vesciche e rigature, insistere colla pelle di pesce a lisciare,<br />
lisciare, lisciare per dare una o più mani di vernice, affinché anche esse parti<br />
siano lisce come uno smalto compatto. E attenti a non sovraccaricare. Un eccesso<br />
di pretese nelle virtù fa sì che la creatura si ribelli, e ribolla e sgalli al<br />
primo urto. No. Né troppo, né troppo poco. Giustizia nel lavorarsi e nel<br />
lavorare le creature fatte di carne ed anima.<br />
5E se, come nella più parte dei casi - che delle Auree sono eccezioni e non<br />
regole - ci sono parti nuove mescolate alle antiche - e le hanno gli israeliti,<br />
che da Mosè passano al Cristo, e i pagani col loro mosaico di credenze, che non<br />
potranno essere annullate di un subito e affioreranno con nostalgie e ricordi,<br />
almeno nelle cose più pure - allora ci vuole ancor più occhio e tatto, e<br />
insistere finché il vecchio sia reso omogeneo al nuovo, usando delle cose<br />
preesistenti per completare le nuove virtù. Ad esempio, nei romani è molto<br />
spirito di Patria e coraggio virile. Sono quasi dei miti queste due cose.<br />
Ebbene, non vogliate distruggerle, ma inculcate uno spirito nuovo allo spirito<br />
patrio, ossia lo spirito di fare grande anche spiritualmente Roma come centro di<br />
cristianità, e usate la virilità romana a far forti nella fede chi è forte in<br />
battaglia. Altro esempio: Aurea. Lo schifo di una rivelazione brutale la spinge<br />
ad amare ciò che è puro e a odiare ciò che è impuro. Ebbene, usate queste due<br />
cose a portarla a perfetta purezza, odiando la corruzione come fosse il romano<br />
brutale. Mi comprendete?<br />
E delle consuetudini fatene mezzi di penetrazione. Non distruggete brutalmente.<br />
Non avreste pronto subito con che edificare. Ma sostituite piano piano ciò che<br />
non deve rimanere in un convertito, con carità, pazienza, tenacia. E posto che<br />
la materia, specie nei pagani, ha il sopravvento, ed essi, anche se convertiti,<br />
staranno sempre appoggiati al mondo pagano, essendo viventi in esso, insistete<br />
molto sulla preservazione dalla carnalità. Dietro al senso penetra anche il<br />
resto. Voi sorvegliate il senso esasperato nei pagani - e, confessiamolo,<br />
vivissimo anche fra noi - e quando vedete che il contatto col mondo sgretola la<br />
vernice preservativa non continuate a pennellare la cima, ma tornate al basso,<br />
mantenendo in equilibrio lo spirito e la carne, l’alto e il basso. Ma iniziate<br />
sempre dalla carne, dal vizio materiale, per preparare a ricevere l’Ospite, che<br />
non coabita in corpi impuri con spiriti che fetono delle corruzioni carnali...<br />
Mi intendete?<br />
E non temete di corrompervi toccando con la vostra veste le parti basse,<br />
materiali, di coloro che curate nello spirito. Con prudenza, per non essere di<br />
rovina anziché di edificazione. Vivete raccolti nel vostro io nutrito di Dio,<br />
fasciato di virtù, andate con delicatezza, specie quando dovete occuparvi del<br />
sensibilissimo io spirituale altrui, e certamente riuscirete a fare, anche degli<br />
esseri più spregevoli, degli esseri degni del Cielo».<br />
6«Che bella parabola ci hai detto! La voglio scrivere per Marziam!», dice lo<br />
Zelote.<br />
«E per me che sono tutta da fare bella per il Signore», dice lentamente,<br />
cercando le parole, Aurea che a piedi scalzi è da qualche tempo ritta sulla<br />
soglia dell’orto.<br />
«Oh! Aurea! Ci ascoltavi?», chiede Gesù.
«Ti ascoltavo. È tanto bello! Ho fatto male?».<br />
«No, fanciulla. È tanto che sei qui?».<br />
«No. E mi spiace, perché non so cosa hai detto avanti. Mi ha mandato tua Madre a<br />
dirti che fra poco è l’ora del cibo. Il pane sta per essere sfornato. Ho<br />
imparato a farlo io... Che bello! E ho imparato a imbiancare la tela, e sul pane<br />
e sulla tela tua Madre mi ha fatto altre due parabole».<br />
«Ah! sì? Che ha detto?».<br />
«Che io sono come una farina ancor col buratto, ma la tua bontà mi depura, la<br />
tua grazia mi lavora e il tuo apostolato mi forma, il tuo amore mi cuoce e da<br />
brutta farina mescolata a tanta crusca finirò, se mi lascerò lavorare da Te, ad<br />
essere farina da ostie, farina e pane di sacrificio, buono per l’altare. E<br />
sulla tela che era scura,<br />
oleosa, ruvida, e che dopo tanta erba borit* e mortificazione di colpi si è<br />
pulita e fatta morbida, ora il sole metterà i suoi raggi, e bianca diventerà...<br />
E ha detto che così il Sole di Dio farà di me, se io starò sempre sotto al Sole<br />
e accetterò lavaggi e anche mortificazioni per diventare degna del Re dei re, di<br />
Te, mio Signore. 7Che belle cose che imparo... Mi pare un sogno... Bello! Bello!<br />
Bello! Tutto bello qui... Non mandarmi via, Signore!».<br />
«Non andresti volentieri con Mirta e Noemi?».<br />
«Preferirei qui... Ma però... anche con loro. Ma con romani no, no, Signore...».<br />
«Prega, fanciulla!», dice Gesù posandole la mano sui capelli biondo miele. «Hai<br />
imparato la preghiera?».<br />
«Oh! sì! È così bello dire: “Padre mio!” e pensare al Cielo... Ma... la volontà<br />
di Dio mi fa un po’ paura... perché non so se Dio vuole ciò che io voglio...».<br />
«Vuole il tuo bene Dio».<br />
«Sì? Tu lo dici? Allora non ho più paura. Sento che rimarrò in Israele... a<br />
conoscere sempre più questo Padre mio... E... ad essere la prima discepola di<br />
Gallia, o mio Signore!».<br />
«La tua fede sarà esaudita perché buona. Andiamo...».<br />
Ed escono tutti, andando a lavarsi alla vaschetta sotto la polla, mentre Aurea<br />
corre lesta da Maria, e si sentono le due voci femminili, spedita nella parola<br />
quella di Maria, incerta, di chi cerca le parole, l’altra, e risatine squillanti<br />
per qualche errore linguistico che Maria corregge dolcemente...<br />
«Impara presto e bene la fanciulla», osserva Tommaso.<br />
«Sì. È buona e volonterosa».<br />
«E poi! Tua Madre a maestra!... Neppur Satana le resisterebbe!...», dice lo<br />
Zelote.<br />
Gesù sospira senza parlare...<br />
«Perché sospiri così, Maestro? Non ho detto bene?».<br />
«Molto bene. Ma ci sono uomini più resistenti di Satana, che almeno fugge dal<br />
cospetto di Maria. Vi sono uomini che le stanno vicino e che, ammaestrati da<br />
Lei, non si mutano in bene...».<br />
«Ma non noi, eh?», dice Tommaso.<br />
«Non voi... Andiamo...».<br />
Entrano in casa e tutto ha fine.<br />
_____________<br />
* erba borit, erba saponaria menzionata (come “erba di borit” nella versione in<br />
uso ai tempi di MV, come “sapone” o “potassa” e simili nelle versioni più<br />
recenti) in: Geremia 2, 22. Stesso significato avrebbe il nitro, menzionato in<br />
513.5 e in Proverbi 25, 20 secondo l’antica traduzione.<br />
435. Inizio del terzo sabato a Nazareth e arrivo di Pietro con altri apostoli.<br />
13 maggio 1946.<br />
1Il sabato è il riposo. Già lo si sa. E riposano uomini e strumenti, ricoperti o<br />
deposti in bell’ordine ai loro posti.
Ora che il tramonto roggio di un venerdì estivo sta per compiersi, ecco che<br />
Maria, seduta all’ombra del grande melo al suo telaio più piccolo, si alza e lo<br />
ricopre e, con l’aiuto di Tommaso, lo riporta in casa al suo posto e invita<br />
Aurea, che, seduta su uno sgabelletto ai suoi piedi, cuciva con mano maldestra<br />
ancora le vesti datele dalle romane e riadattate al suo personale da Maria, a<br />
piegare il lavoro con ordine ed a riporre tutto sulla mensola della sua<br />
cameretta. E, mentre Aurea eseguisce, la Madre entra con Tommaso nello stanzone<br />
laboratorio dove Gesù, insieme allo Zelote, si spiccia a rimettere nei loro<br />
posti seghe, pialle, cacciaviti, martelli, bussoli di vernice e di colla, e a<br />
spazzare i banconi e il suolo dalla segatura e dai trucioli. Del lavoro fino<br />
allora fatto non restano che due assi messe ad angolo, strette nella morsa<br />
perché si solidifichi la colla negli incastri (forse è un futuro cassetto), e<br />
uno sgabello a metà verniciato, oltre l’odore acuto delle tinte ancor fresche.<br />
2Entra anche Aurea, che va a curvarsi sul lavoro di bulino di Tommaso e lo<br />
ammira domandando, curiosetta e istintivamente civettuola, a che serve e se a<br />
lei starebbe bene.<br />
«Bene ti starebbe, ma più bene ti sta l’esser buona. Questi sono ornamenti che<br />
non fanno più bello che il corpo, ma che per lo spirito non servono. Anzi,<br />
coltivando civetteria, fanno male allo spirito».<br />
«E allora perché lo fai?», chiede logica la fanciulla. «Vuoi dunque fare male ad<br />
uno spirito?».<br />
Tommaso, sempre bonario, sorride all’osservazione e dice: «Fa male il superfluo<br />
ad uno spirito debole. Ma ad uno spirito forte l’ornamento resta né più né meno<br />
di quello che è: un necessario fermaglio per tenere a posto la veste».<br />
«Per chi lo fai? Per la tua sposa?».<br />
«Non ho sposa io e non l’avrò mai».<br />
«Allora per la tua sorella».<br />
«Ne ha più di quanti gliene occorrono».<br />
«Allora per tua madre».<br />
«Povera vecchia! Cosa vuoi che se ne faccia?».<br />
«Ma è per una donna...».<br />
«Sì. Che però non sei tu».<br />
«Oh! Non lo penso neppure... E poi, adesso che hai detto che quelle cose lì<br />
fanno male allo spirito debole, non lo vorrei. Leverò anche quei bordi alle<br />
vesti. Non voglio far male a ciò che è del mio Salvatore!».<br />
«Brava fanciulla! Vedi, tu hai fatto un lavoro più bello del mio con questa tua<br />
volontà».<br />
«Oh! lo dici perché sei buono!...».<br />
«Lo dico perché è vero! 3Vedi: io ho preso questo blocco d’argento, l’ho ridotto<br />
a foglie man mano che mi necessitava, e poi collo strumento, anzi con molti<br />
strumenti, l’ho piegato così. Ma ancora devo fare il più. Riunire le parti, e in<br />
modo naturale. Per ora complete non sono che queste due fogliette col loro<br />
fiorellino unito», e Tommaso alza fra le grosse dita un aereo stelo di mughetti,<br />
raccolto nella foglia che imita alla perfezione quelle naturali. Fa un certo<br />
effetto vedere quel gingillo scintillante del luccicore bianco dell’argento puro<br />
fra le dita robuste e abbronzate dell’orafo.<br />
«Oh! bello! Ce ne erano tanti nell’isola e ci lasciavano coglierli prima che il<br />
sole si alzasse. Perché noi bionde non dovevamo mai prendere il sole per avere<br />
più pregio. Le brune invece le facevano stare fuori, al sole, fino a sentirsi<br />
male, perché fossero più brune. Le... Come si dice vendere una cosa dicendo che<br />
è una, mentre è l’altra?…».<br />
«Mah!... Con inganno... con truffa... non so».<br />
«Ecco, le ingannavano dicendole arabe o dell’alto Nilo, là dove nasce. Una<br />
l’hanno venduta come discendente dalla regina Saba».<br />
«Niente meno! Ma non ingannavano loro. Ma i compratori. Si dice allora:<br />
truffavano. Che razza di gente! Una bella sorpresa per il compratore quando avrà<br />
visto schiarirsi la... falsa etiopica! Ma lo senti, Maestro? Quante cose che noi<br />
ignoriamo!...».<br />
«Lo sento. Ma il più triste non è nella truffa al compratore... È nella sorte di<br />
quelle fanciulle...».<br />
«È vero. Anime profanate per sempre. Perdute...».<br />
«No. Dio può sempre intervenire...».<br />
«Per me lo ha fatto. Tu mi hai salvata!...», dice Aurea volgendosi al Signore<br />
col suo sguardo chiaro, sereno. E termina: «E io sono tanto felice!», e non
potendo andare ad abbracciare Gesù, va a cingere con un braccio Maria, chinando<br />
la sua testa bionda sulla spalla della Vergine in atto di confidente amore. Le<br />
due teste bionde spiccano nelle loro diverse sfumature contro la parete oscura.<br />
Un gruppo dolcissimo.<br />
Ma Maria pensa alla cena. Si sciolgono e se ne vanno.<br />
4«Si può entrare?», dice alla porta, che dallo stanzone va sulla via, la voce un<br />
po’ rauca di Pietro.<br />
«Simone! Aprite!».<br />
«Simone! Non ha saputo stare via!», dice Tommaso ridendo, mentre corre ad<br />
aprire.<br />
«Simone! Era da prevedersi...», dice sorridendo lo Zelote.<br />
Ma non è solo il viso di Pietro quello che si inquadra nel vano della porta.<br />
Sono tutti gli apostoli del lago, tutti meno Bartolomeo e meno l’Iscariota. E<br />
con loro sono già Giuda e Giacomo d’Alfeo.<br />
«La pace a voi! Ma perché siete venuti con questo caldo?».<br />
«Perché... non potevamo più stare via. Sono due settimane e mezza, sai? Capisci?<br />
Due e mezza che non ti vediamo!», e Pietro pare dica: «Due secoli!<br />
Un’enormità!».<br />
«Ma vi avevo detto di attendere Giuda ogni sabato».<br />
«Sì. Ma per due sabati non è venuto... e il terzo veniamo noi. Là è rimasto<br />
Natanaele, che non sta troppo bene. E lo riceverà, se Giuda andrà... Ma non ci<br />
va certo... Passando da Tiberiade per venire da noi, prima di andare verso<br />
l’Ermon grande, Beniamino e Daniele ci hanno detto di averlo visto a Tiberiade<br />
e... Già. Ti dirò dopo...», dice Pietro che è stato fermato nel dire da una<br />
tirata di veste che gli dà suo fratello.<br />
«Va bene. Mi dirai... Ma però eravate così desiderosi di riposo e ora che potete<br />
riposare fate queste corse! Quando siete partiti?».<br />
«Ieri sera. Con un lago che era uno specchio. Siamo sbarcati a Tarichea per<br />
evitare Tiberiade per... per non incontrare Giuda...».<br />
«Perché?».<br />
«Perché, Maestro, volevamo godere Te in pace».<br />
«Siete egoisti!».<br />
«No. Lui ha già le sue gioie... Mah! Io non so chi gli dà tanto denaro per<br />
goderlo con... Sì, ho capito, Andrea. Ma non tirarmi più la veste così<br />
fortemente. Non ho che questa, lo sai. Mi vuoi far ripartire stracciato?».<br />
Andrea si fa rosso. Gli altri ridono. Gesù sorride.<br />
«Bene. Siamo scesi a Tarichea anche perché, ecco, non mi rimproverare... Sarà il<br />
caldo, sarà che lontano da Te incattivisco, sarà che pensare che lui si è<br />
separato da Te per unirsi a... Insomma, smettila di strapparmi la manica! Vedi<br />
che mi so fermare in tempo!... Dunque, Maestro, sarà per tante cose... io non<br />
volevo peccare e, se vedevo Giuda, lo facevo. E allora ho diretto a Tarichea. E<br />
all’alba ci siamo messi in cammino».<br />
«Siete passati da Cana?».<br />
«No. Non volevamo allungarla... Ma è stata molto lunga lo stesso. E il pesce se<br />
ne andava... Lo abbiamo dato ad una casa per avere ricovero per qualche ora, le<br />
più calde. E siamo partiti a metà tempo dopo l’ora di nona... Un forno!...».<br />
«Potevate risparmiarvelo. Presto sarei venuto Io...».<br />
«Quando?».<br />
«Dopo che il sole è uscito dal leone».<br />
«E ti pare che si potesse stare tanto senza di Te? Ma mille calori simili<br />
sfidiamo, ma veniamo a vederti. Il nostro Maestro! Il nostro adorato Maestro!»,<br />
e Pietro si abbraccia il suo ritrovato Tesoro.<br />
«E pensare che quando siamo insieme non fate che lamentarvi del tempo, della<br />
lunghezza del cammino...».<br />
«Perché siamo stolti. Perché, finché si è insieme, noi non si capisce bene ciò<br />
che Tu sei per noi... Ma eccoci qui. Abbiamo già posto. Chi da Maria d’Alfeo,<br />
chi da Simone d’Alfeo, chi da Ismaele, chi da Aser e chi da Alfeo qui vicino.<br />
Ora si riposa e domani sera si riparte, più contenti».<br />
5«Sabato scorso ebbimo qui Mirta e Noemi, venute a rivedere la fanciulla», dice<br />
Tommaso.<br />
«Vedi che chi appena può viene qui?».<br />
«Sì, Pietro. E voi che avete fatto in questi tempi?».<br />
«Pescato… verniciato le barche... aggiustato le reti... Adesso Marziam esce<br />
spesso coi garzoni, cosa che fa diminuire gli improperi di mia suocera contro
“il fannullone che fa morire di fame la moglie dopo che le ha portato anche un<br />
bastardo”. E pensare che Porfirea non è mai stata tanto bene come ora che ha<br />
Marziam, per il cuore e... per tutto il resto. Le pecorelle da tre sono<br />
diventate cinque, e presto saranno di più... Non è poco utile per una piccola<br />
famiglia come la nostra! E Marziam, con la pesca, sopperisce a quel che io non<br />
faccio più che molto di rado. Ma quella donna ha lingua viperina per quanto sua<br />
figlia l’ha di colomba... Ma anche Tu hai lavorato, vedo...».<br />
«Sì, Simone. Abbiamo lavorato. Tutti. I miei fratelli nella loro casa, Io con<br />
questi nella mia. Per far contente e riposate le nostre madri».<br />
«Già! Anche noi», dicono i figli di Zebedeo.<br />
«E io la moglie, lavorando ad alveari e vigneti», dice Filippo.<br />
«E tu, Matteo?».<br />
«Io non ho alcuno da far felice... e allora ho fatto felice me stesso, scrivendo<br />
le cose che più mi piacciono ricordare...».<br />
«Oh! allora ti diremo la parabola della vernice. L’ho provocata io, molto<br />
inesperto pittore...», dice lo Zelote.<br />
«Ma hai presto imparato il mestiere. Guardate come ha lisciato bene questo<br />
sedile!», dice il Taddeo...<br />
L’accordo fra loro è perfetto. E Gesù, dal volto più riposato da quando è nella<br />
sua casa, sfavilla di gioia per avere intorno i suoi cari apostoli.<br />
6Entra Aurea e rimane sorpresa sulla soglia.<br />
«Oh! eccola! Ma guarda come sta bene! Proprio sembra una piccola ebrea, vestita<br />
così!».<br />
Aurea si fa di porpora e non sa che dire. Ma è così bonario e paterno Pietro che<br />
poi si riprende e dice: «Mi sforzo a divenirlo e... con la mia Maestra presto<br />
spero di esserlo... Maestro, vado a dire a tua Madre che ci sono costoro...», e<br />
si ritira svelta.<br />
«È una buona fanciulla», dichiara lo Zelote.<br />
«Sì. Vorrei restasse a noi d’Israele. Bartolomeo ha perduto una buona occasione<br />
e una gioia col respingerla...», dice Tommaso.<br />
«Bartolomeo è molto ligio alle... formule», lo scusa Filippo.<br />
«Il suo unico difetto», osserva Gesù.<br />
Entra Maria...<br />
«La pace a te, Maria», dicono i venuti da Cafarnao.<br />
«La pace a voi... Non sapevo che eravate qui. Ora provvederò subito... Venite<br />
intanto...».<br />
«Da casa verrà nostra madre con diverse cibarie, e anche Salome. Non ti<br />
preoccupare, Maria», dice Giacomo di Alfeo.<br />
«Andiamo nell’orto... Si alza il vento della sera e si sta bene...», dice Gesù.<br />
Ed entrano nell’orto sedendosi qua e là, in fraterni discorsi, mentre i colombi<br />
sgrugolano mentre si contendono l’ultimo pasto che Aurea sparge al suolo... Poi<br />
è l’inaffiagione delle aiuole fiorite, o semplicemente utili e belle di verdure<br />
necessarie all’uomo. E gli apostoli vogliono farlo loro, allegramente, intanto<br />
che Maria d’Alfeo, sopraggiunta, con Aurea e Maria preparano il cibo per gli<br />
ospiti. E l’odore delle vivande che sfrigolano si mesce a quello della terra<br />
inaffiata, così come il cinguettio degli uccelli, che si contendono petulanti un<br />
buon posto fra le fronde folte sull’orto, si mescolano alle voci profonde o<br />
squillanti degli apostoli...<br />
436. Svelato il costo della Redenzione ad apostoli e discepole nell’orto di<br />
Nazareth.<br />
14 maggio 1946.<br />
1E il sabato dura, nel vero sabato. Nella splendida mattina, mentre ancora<br />
l’aria non è pesante di calore, è bello stare seduti in fraterna, pacifica<br />
accolta, sotto la pergola ombrosa, o là dove il melo attiguo al fico e al<br />
mandorlo fanno chiazze di ombra, prolungando quella della pergola sulla quale<br />
matura l’uva. E bello è passeggiare avanti e indietro per i sentieri fra le<br />
aiuole, andando dall’alveare alla colombaia, da questa alla piccola grotta, e<br />
poi, passando dietro le donne - Maria, Maria Cleofe, la nuora della stessa:<br />
Salome di Simone, Aurea - andare verso i pochi ulivi che dal balzo si protendono<br />
sull’orto quieto. E questo fanno Gesù e i suoi, Maria e le altre donne. E Gesù
ammaestra anche senza volere. E Maria ammaestra anche senza volere. E i<br />
discepoli del primo, così come le discepole della seconda, stanno attenti alle<br />
parole dei due Maestri.<br />
Aurea, seduta sul suo solito sgabelletto ai piedi di Maria, quasi accoccolata,<br />
sta con le mani allacciate intorno ai ginocchi, il volto alzato, con gli occhi<br />
sgranati fissi sul volto di Maria. Pare una bambina che ascolti una splendida<br />
favola. Ma non è una favola. È una bella verità. Maria racconta le antiche<br />
storie di Israele alla piccola paganella di ieri, e le altre, benché conscie<br />
delle patrie storie, ascoltano con attenzione. Perché è ben dolce sentire la<br />
storia di Rachele, quella della figlia di Jefte*, quella d’Anna d’Elcana, fluire<br />
da quelle labbra!<br />
2Giuda d’Alfeo si accosta lentamente e ascolta sorridendo. È alle spalle di<br />
Maria, che perciò non lo vede. Ma lo sguardo sorridente di Maria Cleofe al suo<br />
Giuda avverte Maria che qualcuno le è alle spalle e si volge: «Oh! Giuda! Hai<br />
lasciato Gesù per sentire me, povera donna?».<br />
_____________________<br />
* della figlia di Jefte si narra in: Giudici 11, 29-40; della sposa che prega<br />
in: Tobia 3, 7-17; di Susanna in: Daniele 13.<br />
«Sì. Ho lasciato te per andare a Gesù, perché la prima maestra mia fosti tu. Ma<br />
mi è dolce qualche volta lasciare Lui per venire a te, a farmi fanciullo come<br />
quando ti ero scolaro*. Continua, te ne prego...».<br />
«Aurea vuole il suo premio ogni sabato. E il premio è narrarle ciò che più l’ha<br />
colpita della nostra Storia, che le spiego un po’ per giorno mentre lavoriamo».<br />
Anche gli altri si sono accostati... Il Taddeo dice: «E che ti piace,<br />
fanciulla?».<br />
«Tanto, tutto potrei dire... Ma tanto tanto Rachele, e Anna d’Elcana, poi Rut...<br />
e poi... ah! bello! Tobia e Tobiolo con l’angelo, e poi la sposa che prega per<br />
essere liberata...».<br />
«E Mosè no?».<br />
«Mi fa paura... Troppo grande... E nei profeti mi piace Daniele che difende<br />
Susanna». Si guarda intorno e poi mormora: «...anche io sono stata difesa dal<br />
mio Daniele», e guarda Gesù.<br />
«Ma anche i libri di Mosè sono belli!».<br />
«Sì. Dove insegnano a non fare ciò che è brutto. E là dove parlano* di quella<br />
Stella che nascerà da Giacobbe. Io ne so il nome, adesso. Prima non sapevo<br />
nulla. E sono più fortunata di quel profeta, perché io la vedo e da vicino. Ella<br />
mi ha detto tutto e so anche io», termina con un che di trionfale.<br />
«E la Pasqua non ti piace?».<br />
«Sì... ma... anche i figli degli altri sono figli di mamma. Perché ucciderli? Io<br />
preferisco il Dio che salva a quello che uccide...».<br />
«Hai ragione... 3Maria, non gli hai raccontato ancora nulla della sua Nascita?»,<br />
dice Giacomo additando il Signore che ascolta e tace.<br />
«Non ancora. Voglio che conosca bene il passato prima del presente. Per capirlo<br />
questo presente, che ha la sua ragione di essere nel passato. Quando lo<br />
conoscerà, vedrà che il Dio che le fa paura, il Dio del Sinai, non è che un Dio<br />
di severo amore, ma sempre d’amore».<br />
«Oh! Madre! Dimmelo ora! Farò invece meno fatica a capire il passato quando<br />
saprò il presente, che, per quel che ne so, è tanto bello e fa amare Dio senza<br />
paura. Ho bisogno di non aver paura, io!».<br />
«La fanciulla ha ragione. Ricordatevi sempre tutti questa verità quando<br />
evangelizzerete. Le anime hanno bisogno di non aver paura per andare a Dio con<br />
tutta fiducia. È ciò che Io mi sforzo di fare, e tanto più fare quanto, o per<br />
ignoranza o per colpe, sono soggetti a temere molto Dio. Ma Dio, anche il Dio<br />
che ha percosso gli egiziani e che ti fa paura, o Aurea, è sempre buono. Vedi:<br />
quando ha ucciso i figli degli egizi crudeli ha usato pietà ai figli che, non<br />
crescendo, non sono<br />
_________________________<br />
* quando ti ero scolaro, come in 38.8/9.<br />
** parlano, in: Numeri 24, 17. La Stella di Giacobbe è figura profetica di Gesù,<br />
più volte ricordata nell’opera (una sua spiegazione in 41.4 e in 73.6), e fa<br />
parte delle profezie messianiche dei libri di Mosè, come quella di 225.11. Ad<br />
essa associamo la definizione di “Stella del mattino” (in 364.7, 483.3, 629.8)<br />
che testualmente si trova solo nel Nuovo Testamento: 2 Pietro 1, 19; Apocalisse<br />
2, 28; 22, 16. “Stella del mattino” è detta anche Maria Ss., per esempio in
318.7 e in 615.12.<br />
divenuti peccatori come i padri loro, e ha dato tempo ai genitori loro di<br />
pentirsi del male fatto. Dunque fu severa bontà. Bisogna saper distinguere la<br />
vera bontà da ciò che è solo mollezza di educazione. 4Anche quando Io ero<br />
piccolo infante vennero uccisi molti piccini sul seno stesso delle madri. E il<br />
mondo gridò di orrore. Ma quando il Tempo non sarà più per i singoli o per<br />
l’Umanità tutta, una e una volta comprenderete che fortunati, benedetti in<br />
Israele, nella Israele dei tempi di Cristo, furono coloro che per essere stati<br />
sterminati nell’infanzia ebbero la preservazione dal più grande peccato, quello<br />
di essere complici della morte del Salvatore».<br />
«Gesù!», grida Maria d’Alfeo sorgendo in piedi spaventata, guardandosi intorno<br />
come se temesse veder sorgere i deicidi da dietro le siepi e i tronchi<br />
dell’orto. «Gesù!», ripete guardandolo con pena.<br />
«E che? Non conosci forse più le Scritture, che tanto ti stupisci di questo che<br />
dico?», le chiede Gesù.<br />
«Ma... Ma... Non è possibile... Non lo devi permettere... Tua Madre...».<br />
«È Salvatrice come Me, e sa. Guardala. E imitala».<br />
Maria è infatti austera, regale nel suo pallore che è profondo. E immobile. Le<br />
mani in grembo strette come in preghiera, il capo alto con lo sguardo fisso nel<br />
vuoto...<br />
5Maria d’Alfeo la guarda. Poi si rivolge di nuovo a Gesù: «Ma non lo devi dire<br />
lo stesso questo orrendo futuro! Tu infiggi una spada nel suo cuore».<br />
«È trentadue anni che vi è questa spada».<br />
«Noooh! Non è possibile! Maria... sempre così serena... Maria...».<br />
«Chiedilo a Lei, se non credi a ciò che dico».<br />
«Sì che lo chiedo! È vero, Maria? Tu sai?…».<br />
E Maria, con voce bianca ma ferma, dice: «È vero. Egli aveva quaranta giorni e<br />
mi fu detto da un santo... Ma anche prima... Oh! quando l’Angelo mi disse che,<br />
rimanendo la Vergine, avrei concepito un Figlio che per il suo concepimento<br />
divino Figlio di Dio sarebbe stato detto, e tale è realmente, quando questo mi<br />
fu detto, e che nel seno di Elisabetta sterile era formato un frutto per<br />
miracolo dell’Eterno, non ho stentato a ricordare le parole di Isaia: “Ecco, la<br />
Vergine partorirà un figlio che sarà detto l’Emmanuele”... Tutto, tutto Isaia! E<br />
là dove parla del Precursore... E là dove parla dell’Uomo dei dolori, rosso,<br />
rosso di sangue, irriconoscibile... un lebbroso... per i nostri peccati... La<br />
spada è in cuore da allora, e tutto ha servito a conficcarla di più: e il<br />
cantico degli angeli, e le parole di Simeone, e la venuta dei Re d’Oriente, e<br />
tutto, tutto...».<br />
«Ma quale altro tutto, Maria mia? Gesù trionfa, Gesù fa prodigi, Gesù è seguito<br />
da turbe sempre più numerose... Non è forse vero?», dice Maria d’Alfeo.<br />
E Maria, sempre in quella postura, dice ad ogni domanda: «Sì, sì, sì», senza<br />
affanno, senza gioia, soltanto un assentire pacato, perché così è...<br />
«E allora? Quale altro tutto ti conficca la spada in cuore?».<br />
«Oh!... Tutto...».<br />
6«E così calma sei? Così serena? Sempre uguale a quando giungesti qui sposa,<br />
trentatré anni fa, e mi par ieri tanto ricordo... Ma come puoi? Io... io sarei<br />
come pazza... io farei... non so che farei... Io... Ma no! Non è possibile che<br />
una madre sappia questo e stia calma!».<br />
«Prima di esser Madre, sono figlia e serva di Dio... La mia calma dove la trovo?<br />
Nel fare la volontà di Dio. La mia serenità da che mi viene? Dal fare questa<br />
volontà. Se dovessi fare la volontà di un uomo potrei essere turbata, perché un<br />
uomo, anche il più saggio, può sempre imporre volontà errate. Ma quella di Dio!<br />
Se Egli mi ha voluta per Madre del suo Cristo, devo forse pensare che ciò è<br />
crudele, e in questo pensiero perdere la mia serenità? Il pensiero che ciò che<br />
sarà la Redenzione per Lui, e per me, anche per me, deve turbarmi col pensiero<br />
di come farò a superare quell’ora? Oh! sarà tremenda...», e Maria ha un<br />
involontario sussulto, come un brivido improvviso, e serra le mani come per<br />
impedir loro di tremare, come per orare più ardentemente, mentre il volto le si<br />
fa ancor più bianco e le palpebre lievi si abbassano con uno sbattimento<br />
d’angoscia sui dolci occhi cerulei. Ma Ella rafferma la voce dopo un profondo<br />
sospiro di affanno e termina: «Ma Egli, Colui che mi ha imposto la sua volontà e<br />
che io servo con amore fiducioso, mi darà gli aiuti per quell’ora. A me, a<br />
Lui... Perché non può il Padre dare volontà troppo forti per le forze<br />
dell’uomo... e soccorre... sempre... E ci soccorrerà, Figlio mio... ci
soccorrerà... Egli ci soccorrerà... e non ci potrà essere che Lui, infinito nei<br />
mezzi, a soccorrerci...».<br />
«Sì, Madre. L’Amore ci soccorrerà, e nell’amore ci soccorreremo a vicenda. E<br />
nell’amore redimeremo...».<br />
Gesù si è messo a lato di sua Madre e le posa la mano sulla spalla; e Lei alza<br />
il viso a guardarlo, il suo bello e sano Gesù destinato ad essere sfigurato<br />
dalle torture, ucciso con mille ferite, e dice: «Nell’amore e nel dolore... Sì.<br />
E insieme...».<br />
7Nessuno parla più... In cerchio, intorno ai due Protagonisti principali della<br />
futura tragedia del Golgota, apostoli e discepole sembrano statue pensose...<br />
Aurea è pietrificata sul suo sgabelletto... Ma si riscuote per prima e, senza<br />
alzarsi in piedi, scivola in ginocchio e si trova perciò proprio contro a Maria.<br />
Le abbraccia le ginocchia e le curva la testa sul grembo* dicendo: «Anche per me<br />
tutto questo!... Quanto costo e quanto vi amo per ciò che vi costo! Oh! Madre<br />
del mio Dio, benedicimi perché io non vi costi senza frutto...».<br />
«Sì, figlia mia. Non temere. Dio aiuterà anche te, se tu accetterai sempre la<br />
sua volontà». La carezza sui capelli e sulle gote, e le sente molli di pianto.<br />
«Non piangere! Del Cristo hai conosciuto per prima cosa la sorte di dolore, la<br />
fine della sua missione d’Uomo. Non è giusto che, avendo conosciuto questo, tu<br />
ignori la prima ora della sua vita nel mondo. Ascolta... Piacerà a tutti uscire<br />
dalla contemplazione amara, tenebrosa, rievocando la dolce ora, tutta luce,<br />
tutta canto, tutta osanna, della sua Nascita... Senti...»; e Maria, spiegando la<br />
ragione del viaggio a Betlem di Giuda, città predetta a città natale del<br />
Salvatore, dolcemente racconta la notte del Natale di Cristo.<br />
_________________<br />
* sul grembo, invece di sui ginocchi, è correzione di MV su una copia<br />
dattiloscritta.<br />
437. Gesù e la Madre a colloquio.<br />
15 maggio 1946.<br />
1Io non so se sia la sera dello stesso sabato. So che vedo Gesù e Maria seduti<br />
sul sedile di pietra contro la casa, presso la porta della stanza dei pasti,<br />
dalla quale esce un tenue chiarore di.un lume ad olio posto presso la porta,<br />
palpitante all’aria con alzate e abbassamenti di luce come se il suo lucore<br />
fosse regolato da un moto di respiro. Unica luce nella notte ancor senza luna.<br />
Un minimo di luce che fuoriesce nell’orto illuminando la striscetta di terreno<br />
davanti all’uscio, e muore sul primo rosaio dell’aiuola. Ma quel minimo di luce<br />
è sufficiente ad illuminare i due profili dei Due, riuniti in intimo colloquio<br />
nella notte serena, piena di profumi di gelsomini e di altri fiori estivi.<br />
Parlano fra loro dei parenti... di Giuseppe d’Alfeo sempre cocciuto, di Simone<br />
non molto coraggioso nella sua professione di fede, dominato come è dal primo<br />
fra i fratelli, che è autoritario e ostinato nelle sue idee come lo era il<br />
padre. Il grande dolore di Maria, che vorrebbe tutti i nipoti discepoli del suo<br />
Gesù...<br />
E Gesù la conforta e, per scusare il cugino, ne illustra la forte fede<br />
israelita: «Un ostacolo, sai? Un vero ostacolo. Perché tutte le formule e i<br />
precetti fanno barriera alla accettazione dell’idea messianica nella sua verità.<br />
2Più facile convertire un pagano, purché sia uno spirito non completamente<br />
corrotto. Il pagano riflette e vede la differenza buona tra il suo Olimpo e il<br />
mio Regno. Ma Israele... Israele nella sua parte più colta... fatica a seguire<br />
il concetto nuovo!...».<br />
«Eppure è sempre quel concetto!».<br />
«Sì. È sempre quel Decalogo, sono sempre quelle profezie. Ma sono stati<br />
snaturati dall’uomo. Esso li ha presi dalle sfere soprannaturali dove erano e li<br />
ha portati sul livello della Terra, nel clima del mondo, li ha manipolati con la<br />
sua umanità e alterati... Il Messia - Re spirituale del grande Regno che si<br />
chiama di Israele perché il Messia nasce dal tronco d’Israele, ma che più giusto<br />
è chiamarlo di Cristo, perché Cristo accentra il migliore di Israele, attuale e<br />
passato, e lo sublima nella sua perfezione di Dio-Uomo - il Messia per loro non<br />
può essere l’uomo mite, povero, senza aspirazioni al potere e alla ricchezza,<br />
ubbidiente a coloro che ci dominano per castigo divino, perché nell’ubbidienza è<br />
santità quando l’ubbidire non infirma la grande Legge. E per questo si può dire<br />
che la loro fede lavora contro la Fede vera. 3Di questi cocciuti, e convinti di
essere dei giusti, ce ne sono tanti... in ogni classe... e anche fra i miei<br />
parenti e apostoli. Credi, o Madre, che la ottusità loro a credere alla mia<br />
Passione sta in questo. I loro errori di valutazione hanno in questo origine...<br />
E anche le loro ritrosie ostinate a considerare i gentili gli idolatri non<br />
guardando l’uomo, ma lo spirito dell’uomo, quello spirito che ha una sola<br />
origine e al quale Dio vorrebbe dare un solo destino: il Cielo. Vedi<br />
Bartolomeo... È un esempio. Ottimo, saggio, disposto a tutto per darmi onore e<br />
conforto... Ma davanti, non dico ad una Aglae né a una Sintica, che è già un<br />
fiore rispetto alla povera Aglae che solo la penitenza ritorna da fango a fiore,<br />
ma neppure davanti ad una fanciulla, ad una povera fanciulla la cui sorte<br />
suscita ogni pietà e il cui istintivo pudore attira ammirazione, il suo schifo<br />
per i gentili cade, e neppure il mio esempio lo vince. E non le mie parole che<br />
per tutti Io sono venuto».<br />
«Hai ragione. Anzi proprio Bartolomeo e Giuda di Keriot, i due più dotti o, per<br />
lo meno, il dotto Bartolmai e Giuda di Keriot, che non so di che classe possa<br />
dirsi con esattezza, ma che è imbevuto, saturato delle aure del Tempio, sono i<br />
più resistenti. Però... Bartolmai è buono, e la sua resistenza è ancora<br />
scusabile. Giuda... no. Hai sentito cosa ha detto Matteo, andato di proposito a<br />
Tiberiade... E Matteo è esperto della vita, di quella vita soprattutto... E<br />
giusta è l’osservazione di Giacomo di Zebedeo: “Ma chi è che dà tanto denaro a<br />
Giuda?”. Perché quella vita costa... Povera Maria di Simone!».<br />
Gesù fa il suo gesto delle mani, per dire: «Così è...», e sospira. 4Poi dice:<br />
«Hai sentito? Le romane sono a Tiberiade... Valeria non mi ha fatto sapere<br />
nulla. Ma Io devo sapere prima di riprendere il mio cammino. Ti voglio con Me a<br />
Cafarnao per qualche tempo, Mamma... Poi tu tornerai qui, Io andrò verso i<br />
confini siro fenici e poi tornerò a salutarti prima di scendere verso la Giudea,<br />
la pecora caparbia d’Israele...».<br />
«Figlio, domani sera io andrò... Porterò con me Maria d’Alfeo. Aurea andrà da<br />
Simone d’Alfeo, perché non passerebbe senza critica il rimanere qui con voi per<br />
più giorni... Così è il mondo... E io andrò... A Cana per prima tappa, e poi<br />
all’alba partirò per fermarmi dalla madre di Salome di Simone. E poi al tramonto<br />
ripartirò e giungeremo che ancor sarà luce a Tiberiade. Andrò in casa del<br />
discepolo Giuseppe, perché voglio andare io, personalmente, da Valeria, e se<br />
andassi da Giovanna vorrebbe andare lei... No. Io, Madre del Salvatore, sarò<br />
diversa dalla discepola del Salvatore ai suoi occhi... e non mi dirà di no. Non<br />
temere, Figlio mio!».<br />
«Non temo. Ma mi accora la tua fatica».<br />
«Oh! per salvare un’anima! Che cosa è questo niente di una ventina di miglia<br />
fatte in stagione buona?».<br />
«Sarà fatica anche morale. Chiedere... essere forse umiliata...».<br />
«Poca cosa che passa. Ma un’anima resta!».<br />
«Sarai come una rondine sperduta a Tiberiade corrotta... Prendi con te Simone».<br />
«No, Figlio mio. Noi due sole, due povere donne... Ma due madri e due discepole.<br />
Ossia due grandi forze morali... Farò presto. Lasciami andare... Benedicimi<br />
soltanto».<br />
«Sì, Mamma. Con tutto il mio cuore di Figlio e con tutto il mio potere di Dio.<br />
Va’ e gli angeli ti scortino per via».<br />
«Grazie, Gesù. 5Allora rientriamo. Mi dovrò alzare all’alba per preparare ogni<br />
cosa per chi parte e per chi resta. Di’ l’orazione, Figlio...».<br />
Gesù si alza, come si alza Maria, e insieme dicono il Pater... Poi rientrano in<br />
casa, chiudono la porta... la luce scompare e cessa ogni voce umana. Resta solo<br />
il vento leggero fra le fronde e il chioccolio leggero del filo d’acqua nella<br />
vaschetta...<br />
438. Maria Ss. con Maria d’Alfeo a Tiberiade per farsi cedere Aurea.<br />
Un incontro con Giuda Iscariota.<br />
16 maggio 1946.<br />
1Tiberiade è già alle viste mentre le due pellegrine stanche procedono nel<br />
crepuscolo che cala.<br />
«Fra poco sarà buio... E siamo ancora in mezzo alla campagna... Due donne<br />
sole... E vicino ad una città grande piena di... uh! che gente! Belzebù! Belzebù
per la più parte...», dice Maria d’Alfeo guardandosi intorno spaventata.<br />
«Non temere, Maria. Belzebù non ci farà del male. Fa male solo a chi lo accoglie<br />
in cuore...».<br />
«Ma questi pagani l’hanno!...».<br />
«A Tiberiade non vi sono soltanto dei pagani. E anche fra i pagani ci sono dei<br />
giusti».<br />
«Che? Che? Non hanno il Dio nostro!...».<br />
Maria non ribatte perché comprende che è inutile. La buona cognata non è che una<br />
delle tante israelite che si credono esse sole depositarie della virtù... perché<br />
israelite.<br />
Un silenzio in cui è solo rumore lo strascichio dei sandali calzanti i piedi<br />
stanchi e polverosi.<br />
«Era meglio fare la strada solita... Quella la conoscevamo... era più battuta<br />
dalla gente... Questa... fra le ortaglie, solitaria... ignota... Ho paura,<br />
ecco!».<br />
«Ma no, Maria. Guarda. La città è lì, a due passi. E qui sono quieti orti dei<br />
coltivatori di Tiberiade, e lì è la riva, a due passi. Vuoi che andiamo sulla<br />
riva? Troveremo pescatori... Non c’è che da traversare queste ortaglie».<br />
«No, no! Ci allontaniamo di nuovo dalla città! E poi... I barcaiuoli sono quasi<br />
tutti greci, cretesi, arabi, egizi, romani...», e pare che nomini altrettante<br />
classi infernali. Maria Ss. non può fare a meno di sorridere all’ombra del suo<br />
velo.<br />
Procedono. La via si muta in viale. Perciò più ombra che mai... e più paura che<br />
mai di Maria d’Alfeo, che invoca Jeové ad ogni passo che fa sempre più lento.<br />
«Su, da forte! Sollecita, se hai paura!», la sprona Maria, che ad ogni<br />
invocazione ha risposto: «Maran Atà!».<br />
2Ma Maria d’Alfeo si ferma del tutto e chiede: «Ma perché sei voluta venire qui?<br />
Forse per parlare all’Iscariota?».<br />
«No, Maria. O per lo meno non precisamente per questo. Sono venuta per parlare<br />
alla romana Valeria...».<br />
«Misericordia! Andiamo in casa sua? Ah! no! Maria! Non lo fare! Io... io già non<br />
ti ci accompagno! Ma che ci vai a fare? Da quelle... da quelle... da quegli<br />
anatemi!...».<br />
Maria Ss. muta il dolce sorriso in un’espressione seria e chiede: «E non ricordi<br />
che Aurea è da salvare? Mio Figlio ha iniziato la sua liberazione. Io la<br />
compirò. È così che tu pratichi l’amore verso le anime?».<br />
«Ma non è d’Israele...».<br />
«In verità tu non hai ancora capito una parola della Buona Novella! Sei una<br />
discepola molto imperfetta... Non lavori per il tuo Maestro e mi dài tanto<br />
dolore».<br />
Maria d’Alfeo china il capo... Ma il suo cuore, pieno delle prevenzioni<br />
d’Israele ma congenitamente buono, prende il sopravvento e con uno scoppio di<br />
pianto abbraccia Maria e dice: «Perdonami! Perdonami! Non dirmi che ti do dolore<br />
e che non servo il mio Gesù! Sì, sì! Sono molto imperfetta, merito rimprovero...<br />
Ma non lo farò più... Vengo, vengo! Anche nell’Inferno se tu ci vai a strappare<br />
un’anima per darla a Gesù... Dammi un bacio, Maria, per dire che mi perdoni...».<br />
Maria la bacia e riprendono la via, svelte, rianimate dall’amore...<br />
3Eccole in Tiberiade, verso il porticciuolo dei pescatori. Cercano la casetta di<br />
Giuseppe, il barcaiuolo discepolo... La trovano. Bussano...<br />
«La Madre del mio Maestro! Entra, o Donna! E Dio sia con te e con me che ti<br />
ospito. Entra anche tu e la pace sia con te, madre di apostoli».<br />
Entrano, mentre la moglie e la figlia giovinetta del barcaiuolo accorrono a<br />
salutarle, seguite da una nidiatella di figli più piccoli...<br />
E il parco cibo è presto preso, e Maria di Cleofe, stanca, si ritira insieme ai<br />
fanciulli della casa. Restano sulla terrazza alta, dalla quale si vede il lago -<br />
si sente, più che si veda, perché non c’è luna ancora - fiottare contro il lido,<br />
Maria Ss., il barcaiuolo e la moglie dello stesso, che si sforza a far buona<br />
compagnia ma che in realtà dorme ciondolando il capo sul petto.<br />
«È stanca!...», la scusa Giuseppe.<br />
«Poveretta! 4Le donne di casa sono sempre stanche a sera».<br />
«Sì, lavorano loro. Non sono come quelle lì, che si danno il bello spasso!»,<br />
dice con sprezzo il barcaiuolo indicando delle barche illuminate che si staccano<br />
dalla riva fra canti e suoni. «Escono ora, loro! Comincia ora per loro la<br />
fatica! Quando le persone perbene dormono. E danneggiano i lavoratori, perché
vanno a fingere pesche nei luoghi migliori, mettendo in fuga noi che dal lago<br />
abbiamo il pane per la famiglia...».<br />
«Chi sono?».<br />
«Romane e loro simili. E nelle simili mettici Erodiade, la sua lussuriosa figlia<br />
e anche altre ebree... Perché di Marie di Magdala ne abbiamo molte... Voglio<br />
dire di Marie prima del pentimento...».<br />
«Sono infelici...».<br />
«Infelici? Infelici siamo noi che non le lapidiamo per ripulire Israele da<br />
quelle che si sono corrotte e ci portano le maledizioni di Dio».<br />
Intanto altre barche si staccano e il lago rosseggia dei lumi delle barche dei<br />
gaudenti.<br />
«Senti che puzzo di resine? Si ubbriacano col fumo per prima cosa, poi fanno il<br />
resto nei banchetti. Sono capaci di andare alle sorgenti calde dell’altra<br />
sponda... In quelle Terme... Cose di Inferno succedono! Torneranno all’alba,<br />
all’aurora, forse più tardi... ubbriachi, coricati gli uni sugli altri come<br />
tanti sacchi, uomini e donne, e gli schiavi li porteranno dentro, nelle case, a<br />
smaltire l’orgia... Escono proprio tutte le belle barche, questa sera! Guarda!<br />
Guarda!... Ma io ho ira più coi giudei che ci si mescolano che con loro. Loro...<br />
si sa! Animali senza ritegno. Ma noi!... 5Donna, lo sai che c’è qui Giuda<br />
l’apostolo?».<br />
«Lo so» .<br />
«Non dà buon esempio, sai?».<br />
«Perché? Va con quelli?».<br />
«No... ma... cattivi compagni... e una donna. Io non l’ho visto... Nessuno di<br />
noi lo vede così. Ma dei farisei ci hanno schernito dicendoci: “Il vostro<br />
apostolo ha cambiato maestro. Ora ha una donna ed è in buona compagnia di<br />
pubblicani”».<br />
«Non giudicare, Giuseppe, di ciò che hai solo sentito dire. Lo sai che i farisei<br />
non vi amano e non lodano neppure il Maestro».<br />
«Ciò è vero... Ma la voce circola... e nuoce...».<br />
«Come è sorta cadrà. Tu non peccare contro il fratello. Dove sta di casa? Lo<br />
sai?».<br />
«Sì. Presso un amico, credo. Uno che ha fondaco di vini e spezie. Il terzo<br />
fondaco al lato d’oriente del mercato, dopo la fonte...».<br />
6«Tutte le romane sono uguali?».<br />
«Oh! su per giù!... Anche se non si fanno vedere fanno il male».<br />
«Chi sono quelle che non si fanno vedere?».<br />
«Quelle che sono venute da Lazzaro a Pasqua. Stanno più ritirate... voglio dire<br />
che non sempre vanno ai banchetti. Ma ci vanno però sempre a sufficienza per<br />
poter dire che sono immonde».<br />
«Ma dici così perché ne sei sicuro, o perché la tua prevenzione ebrea ti fa<br />
parlare? Esaminati proprio...».<br />
«Ecco... veramente... non so... Non le ho viste più nelle barche dei sozzi... Ma<br />
in barca ci vanno, di notte, sul lago».<br />
«Ci vai tu pure».<br />
«Certo! Se voglio pescare!».<br />
«Il calore è tanto! Solo sul lago di notte è refrigerio. Sono le tue parole<br />
mentre si cenava».<br />
«È vero».<br />
«E allora perché non pensare che esse pure vanno per questo sul lago?».<br />
L’uomo tace... Poi dice: «È tardi. Le stelle dicono che è la seconda vigilia. Io<br />
mi ritiro, Donna. Non vieni?».<br />
«No. Resto qui in preghiera. Uscirò presto. Non ti stupire se non mi trovi<br />
all’alba».<br />
«Sei padrona di fare ciò che vuoi. Anna! Su! Andiamo a letto!», e scuote la<br />
moglie che dorme pesantemente. Se ne vanno.<br />
7Maria resta sola... Si inginocchia e prega, prega, prega... ma non perde mai di<br />
vista le barche veleggianti, le barche dei signori, quelle che navigano tutte<br />
luminose fra fiori e canti e incensi... Molte vanno, vanno, vanno verso oriente,<br />
si fanno piccine nella lontananza, il rumore dei canti non arriva più. Resta una<br />
barca solitaria, splendente al largo nello specchio d’acqua luminoso di luna<br />
calante davanti a Tiberiade. Veleggia lenta in su e in giù... Maria la osserva<br />
finché la vede volgere la prua verso la sponda.<br />
Allora Maria sorge in piedi dicendo: «Signore, aiutami! Fa’ che sia...», e poi
scende leggera la scaletta, entra piano in una stanza dalla porta socchiusa...<br />
Al bianco chiarore della luna è possibile distinguere un lettuccio. Maria si<br />
china su esso e chiama: «Maria! Maria! Svegliati! Andiamo!».<br />
Maria d’Alfeo si desta e, imbambolata dal sonno, chiede sfregandosi gli occhi:<br />
«È già ora di andare? Come si è fatto presto giorno!». È tanto assonnata che non<br />
capisce neppure che non è luce d’alba ma di luna la tenue fosforescenza che<br />
entra dalla porta aperta.<br />
Se ne accorge però quando è fuori, sul piccolo pezzo di terreno coltivato che è<br />
davanti alla casa del barcaiuolo. «Ma è notte!», esclama.<br />
«Sì. Ma faremo prima e usciremo prima da questa città... almeno lo spero. Vieni!<br />
Per di qui, lungo la riva. Fa’ presto! Prima che la barca tocchi terra...».<br />
«La barca? Quale barca?», Maria chiede. Ma corre dietro alla Vergine che va<br />
lesta lesta sulla riva deserta, verso il moletto dove la barca dirige.<br />
Giungono affannate qualche istante prima di essa... Maria aguzza lo sguardo.<br />
Esclama: «Lode a Dio! Sono loro. Ora tu vienimi dietro... perché bisogna andare<br />
dove esse vanno... Io non so dove abitano...».<br />
«Ma Maria... per pietà!... Ci prenderanno per delle meretrici!...».<br />
La Purissima scrolla la testa e mormora: «Basta non esserlo. Vieni!», e la tira<br />
nella penombra di una casa.<br />
8La barca accosta e, mentre fa le manovre per accostare, si ferma una lettiga,<br />
in attesa lì presso, che viene portata avanti. Vi salgono due donne, mentre due<br />
restano a terra e camminano al fianco della lettiga, e la lettiga si mette in<br />
moto al passo cadenzato di quattro numidi vestiti di una cortissima tunica<br />
sbracciata che appena li copre nel torso...<br />
E Maria dietro, nonostante le proteste in sordina di Maria d’Alfeo: «Due donne<br />
sole!... Dietro quelli lì! Sono mezzi nudi... Ohibò!...».<br />
Pochi metri di cammino e poi la lettiga si ferma. Una donna scende, mentre il<br />
battistrada bussa ad un portone.<br />
«Vale, Lidia!».<br />
«Vale, Valeria! Carezza Faustina per me. Domani sera leggeremo ancora nella<br />
quiete, mentre gli altri gozzovigliano...».<br />
Il portone si apre e Valeria, con la sua schiava o liberta, sta per entrare.<br />
9Maria si fa avanti e dice: «Domina! Una parola!».<br />
Valeria guarda le due donne avvolte in un manto ebreo, molto semplice e molto<br />
calato sul volto, e le crede mendicanti. Ordina: «Barbara, da’ l’obolo!».<br />
«No, domina. Non chiedo denaro. Sono la Madre di Gesù di Nazaret e questa è mia<br />
parente. Vengo in suo Nome a farti una preghiera».<br />
«Domina! Tuo Figlio è forse... perseguitato...».<br />
«Non più del solito. Ma Egli vorrebbe...».<br />
«Entra, Domina. Non è degno che tu resti nella via come una mendica»<br />
«No. È presto detto, se mi ascolti in segreto...».<br />
«Via, voi tutti!», ordina Valeria alla schiava, o liberta che sia, e ai<br />
portinai. «Siamo sole. Che vuole il Maestro? Io non sono venuta per non<br />
nuocergli nella sua città. Lui non è venuto per non nuocermi, forse, presso lo<br />
sposo mio?».<br />
«No. Per mio consiglio. Mio Figlio è odiato, domina».<br />
«Lo so».<br />
«E ha conforto soltanto nella sua missione».<br />
«Lo so».<br />
«Non chiede onori ne milizie, non aspira a regni né a ricchezze. Ma fa valere il<br />
suo diritto sugli spiriti».<br />
«Lo so».<br />
«Domina... Egli dovrebbe renderti quella fanciulla... Ma, non ti sia sdegno se<br />
lo dico, qui ella non potrebbe far di Gesù il suo spirito. Tu migliore delle<br />
altre... Ma intorno a te è... troppo vivo il fango del mondo».<br />
«È vero. Ebbene?».<br />
«Tu sei madre... Mio Figlio ha sensi di padre per ogni spirito. Soffriresti* tu<br />
che la tua bambina crescesse in mezzo a chi la può rovinare?…».<br />
«No. E ho compreso... Ebbene... Di’ a tuo Figlio queste parole: “In ricordo di<br />
Faustina, salvata nella carne, Valeria ti lascia Aurea perché Tu ne salvi lo<br />
spirito...”. È vero! Noi siamo troppo corrotti... per dare affidamento a un<br />
santo... Domina, prega per me!», e si ritira rapida prima che Maria possa<br />
ringraziarla. Si ritira, direi, piangendo...<br />
Maria d’Alfeo è di stucco.
«Andiamo, Maria... Alla notte partiremo e domani sera saremo a Nazaret...».<br />
«Andiamo... L’ha ceduta come... come una cosa...».<br />
«Per loro è una cosa. Per noi è un’anima. Vieni. Guarda... Già imbianca il cielo<br />
là in fondo. Si può dire che non c’è notte in questo mese...».<br />
10Vanno per la via non più in penombra che è loro aperta davanti, anziché per<br />
quella della riva. Una via dietro a una fila di casette modeste... Quando sono a<br />
metà di essa, da un angolo sbuca Giuda palesemente avvinazzato. Un Giuda reduce<br />
da chissà che festino, spettinato, le vesti sgualcite, il viso pesto.<br />
«Giuda! Tu? In questo stato?».<br />
Giuda non fa in tempo a fingere di non conoscerla e non può fuggire... La<br />
sorpresa lo snebbia e lo inchioda dove è, senza reazione.<br />
Maria gli si accosta, vincendo la ripugnanza che l’aspetto dell’apostolo le<br />
desta, e gli dice: «Giuda, disgraziato figlio, che fai? Non pensi a Dio? Alla<br />
tua anima? A tua madre? Che fai, Giuda? Perché vuoi essere peccatore? Guardami,<br />
Giuda! Non hai diritto di uccidere la tua anima...», e lo tocca cercando<br />
prendergli una mano.<br />
_«Lasciami stare. Sono un uomo, infine. E... e sono libero di fare ciò che tutti<br />
fanno. Di’ a Lui, che ti manda a spiarmi, che non sono ancora tutto spirito, e<br />
giovane sono!».<br />
___________________<br />
* Soffriresti è detto nel senso di: sopporteresti, permetteresti.<br />
«Non sei libero di rovinarti. Giuda! Abbi pietà di te stesso... Così facendo non<br />
sarai mai uno spirito beato... Giuda... Egli non mi ha mandata a spiarti. Egli<br />
prega per te. Questo soltanto, ed io con Lui. In nome di tua madre...».<br />
«Lasciami stare», dice sgarbatamente Giuda. E poi, forse sentendo di essere<br />
villano, corregge: «Non merito la tua pietà... Addio...», e scappa via...<br />
«Che demonio!... Lo dirò a Gesù», esclama Maria d’Alfeo. «Ha ragione il mio<br />
Giuda!».<br />
«Tu non dirai nulla a nessuno. Pregherai per lui. Questo sì ».<br />
«Piangi? Piangi per lui? Oh!…».<br />
«Piango... Ero felice di aver salvato Aurea... Ora piango perché Giuda è<br />
peccatore. Ma a Gesù, tanto afflitto, porteremo soltanto la notizia bella. E<br />
strapperemo con penitenze e preghiere il peccatore a Satana... Come ci fosse<br />
figlio, Maria! Come ci fosse figlio!... Sei madre tu pure e sai... Per quella<br />
madre infelice, per quest’anima peccatrice, per il nostro Gesù...».<br />
«Sì, pregherò... Ma non penso che egli lo meriti...».<br />
«Maria! Non lo dire...».<br />
«Non lo dico. Ma... così è. Non andiamo da Giovanna?».<br />
«No. Ci verremo presto, con Gesù...».<br />
439. Maria Ss. riferisce sulla missione compiuta a Tiberiade.<br />
Aurea impara a fare la volontà di Dio.<br />
20 maggio 1946.<br />
1È molto stanca la Vergine quando rimette piede nella sua casetta. Ma è molto<br />
felice. E cerca subito del suo Gesù che ancora lavora, alle ultime luci del<br />
giorno che muore, intorno alla porta del forno che sta rimettendo a posto. Le ha<br />
aperto Simone il quale, dopo il saluto, si ritira prudente nello stanzonelaboratorio.<br />
Tommaso non lo vedo. Forse è fuori di casa.<br />
Gesù posa i suoi attrezzi, appena vede la Madre, e va a Lei pulendosi le mani<br />
unte (sta rendendo scorrevoli i gangheri e i chiavistelli con dell’olio) nel suo<br />
grembiule da lavoro. Il loro reciproco sorriso pare far luminoso l’orto in cui<br />
decresce la luce.<br />
«La pace a te, Mamma».<br />
«La pace a Te, Figlio».<br />
«Come sei stanca! Non hai riposato...».<br />
«Da un’alba ad un tramonto in casa di Giuseppe. Ma senza questi grandi calori<br />
sarei ripartita subito per venirti a dire che Aurea è tua».<br />
«Sì?!». Il viso di Gesù si ringiovanisce persino nella sorpresa gioiosa. Sembra<br />
un volto poco più che ventenne, e nella gioia, perdendo quella gravità che<br />
generalmente è sul suo volto e nei suoi atti, viene ad assomigliare ancor più<br />
alla Madre, sempre così serenamente fanciulla nelle movenze e nell’aspetto.
«Sì, Gesù. E senza alcuna fatica ho ottenuto questo. La dama aderì subito. Si è<br />
commossa riconoscendo che lei, e con lei le sue amiche, sono troppo corrotte per<br />
educare una creatura a Dio. Un riconoscimento così umile, così schietto, vero!<br />
Non è facile trovare chi, senza esserne forzato, riconosca di essere difettoso».<br />
«Sì, non è facile. Molti in Israele non lo sanno fare. Sono belle anime sepolte<br />
sotto una crosta di lordura. Ma quando la lordura cadrà...».<br />
«Avverrà, Figlio?».<br />
«Ne sono sicuro. Tendono istintivamente al Bene. Finiranno con l’aderirvi. Che<br />
ti ha detto?».<br />
«Oh! poche parole... Ci siamo subito intese. 2Ma sarà bene avere subito Aurea.<br />
Le voglio dire io questa cosa, se Tu vuoi, però, Figlio mio».<br />
«Sì, Mamma. Manderemo Simone», e chiama forte lo Zelote che viene subito.<br />
«Simone, va’ da Simone d’Alfeo e di’ che mia Madre è tornata, poi vieni con la<br />
fanciulla e con Toma, che certo è là per finire quel lavoretto di cui lo ha<br />
pregato Salome».<br />
Simone si inchina e va subito.<br />
«Racconta, Mamma... Il tuo viaggio... il tuo colloquio... Povera Mamma, come sei<br />
stanca per causa mia!».<br />
«Oh! no, Gesù! Nessuna stanchezza quando Tu sei felice...», e Maria racconta il<br />
suo viaggio e le paure di Maria d’Alfeo, la sosta in casa del barcaiuolo,<br />
l’incontro con Valeria, terminando: «Ho preferito vederla a quell’ora, posto che<br />
il Cielo lo permetteva. Più libera lei, più libera io, e Maria Cleofe consolata<br />
più presto, perché di essere due donne sole per Tiberiade aveva un terrore che<br />
soltanto l’amore per Te, il pensiero di servirti, poteva vincere...», e Maria<br />
sorride ricordando le ansie della cognata...<br />
E sorride Gesù dicendo: «Poveretta! È la vera donna d’Israele, l’antica donna,<br />
riservata, tutta casa, la donna* forte secondo i Proverbi. Ma nella nuova<br />
Religione la donna non sarà soltanto forte nella casa... Molte saranno quelle<br />
che supereranno Giuditta e Giaele, essendo eroiche in sé, con eroismo da madri<br />
di Maccabei... E lo sarà anche Maria nostra. Ma per ora... è ancora così... 3Hai<br />
visto Giovanna?».<br />
Maria non sorride più. Forse teme un’altra domanda su Giuda. E risponde svelta:<br />
«Non ho voluto imporre nuove ansie a Maria. Ci siamo chiuse in casa fino a metà<br />
fra nona e sera, riposando, e poi siamo partite... Ho pensato che presto la<br />
vedremo, sul lago...».<br />
«Hai fatto bene. Mi hai dato la prova del sentimento delle romane verso di Me.<br />
Se Giovanna fosse intervenuta si sarebbe potuto pensare che cedevano all’amica.<br />
Ora attenderemo sino a sabato e, se Mirta non viene, andremo noi con Aurea».<br />
«Figlio, io vorrei rimanere...».<br />
_____________________<br />
* la donna, lodata in Proverbi 31, 10-31, è “forte” nella traduzione letterale<br />
della volgata, “perfetta” in quella della neo-volgata…<br />
«Sei stanca molto, lo vedo».<br />
«No, non per questo... Penso che Giuda potrebbe venire qui… Come è bene che a<br />
Cafarnao sia sempre chi lo attende per accoglierlo da amico, anche qui è bene<br />
che ci sia chi lo accoglie con amore».<br />
«Grazie, Mamma. Tu sola capisci cosa ancora lo può salvare...».<br />
Sospirano tutti e due sul discepolo che dà dolore...<br />
4Rientrano Simone e Tommaso con Aurea, che corre verso Maria. Gesù la lascia con<br />
la Madre, andando in casa con gli apostoli.<br />
«Tu hai molto pregato, figlia, e il buon Dio ti ha ascoltata...», inizia Maria.<br />
Ma la fanciulla la interrompe con un grido di gioia: «Resto con te!», e le getta<br />
le braccia al collo baciandola.<br />
Maria ricambia il bacio e, sempre tenendola fra le braccia, dice: «Quando uno fa<br />
un grande favore bisogna ricambiare, non è vero?».<br />
«Oh! sì! E io ti ricambierò con tanto amore».<br />
«Sì, figlia. Ma sopra di me è Dio. È Lui che ti ha fatto questo grande favore,<br />
questa grazia senza misura di accoglierti fra i membri del suo popolo, di farti<br />
discepola del Maestro Salvatore. Io non sono stata che lo strumento della<br />
grazia, ma la grazia Egli, l’Altissimo, te l’ha concessa. Che darai dunque<br />
all’Altissimo per dirgli che lo ringrazi?».<br />
«Ma... non so... Dimmelo tu, o Madre...».<br />
«Amore, questo è certo. Ma l’amore, per essere veramente tale, deve essere unito<br />
al sacrificio, perché se una cosa costa ha più valore, non è vero?».
«Sì, Madre».<br />
«Ecco, allora io direi che tu, con la stessa gioia con cui hai gridato: “Resto<br />
con te!”, dovresti gridare: “Sì, o Signore” quando io, povera sua serva, ti dirò<br />
la volontà del Signore su te».<br />
«Dimmela, Madre», dice Aurea facendosi però seria in volto.<br />
«La volontà di Dio ti affida a due buone madri, a Noemi e a Mirta...».<br />
La fanciulla ha grossi lacrimoni che lucono negli occhi chiari, ed essi rotolano<br />
poi sul visetto rosato.<br />
«Sono buone. Sono care a Gesù e a me. Ad una Gesù ha salvato* il figlio,<br />
all’altra io glielo ho allattato. E che siano buone, lo hai visto...».<br />
«Sì... ma io speravo stare con te...».<br />
«Figlia, non tutto si può avere! 5Vedi che io pure non sto col mio Gesù. Ve lo<br />
dono, e sto lontana, tanto lontana da Lui, mentre Egli va girando per la<br />
Palestina a predicare, guarire e salvare le fanciulle. ..».<br />
«È vero...».<br />
«Se io lo volessi per me sola, tu non saresti stata salvata... Se io lo volessi<br />
per me sola, le vostre anime non verrebbero salvate. Pensa quanto grande è il<br />
mio sacrificio. Vi do un Figlio perché sia immolato per le vostre anime. Del<br />
resto, io e te saremo sempre unite, perché le discepole stanno e staranno sempre<br />
unite intorno<br />
___________________<br />
* ha salvato, in 248.5/11; ho allattato, come viene svelato in 365.8.<br />
a Cristo, formando una grande famiglia unita dall’amore per Lui».<br />
«È vero. E poi... verrò ancora qui, non è vero? E ci vedremo ancora?».<br />
«Certamente. Finché Dio lo vorrà».<br />
«E tu pregherai sempre per me...».<br />
«E io pregherò sempre per te».<br />
«E quando saremo insieme mi istruirai ancora?».<br />
«Sì, figlia...».<br />
«Ah! io volevo divenire come te! Lo potrò mai? Sapere, per essere buona...».<br />
«Noemi è madre di un sinagogo e discepolo del Signore. Mirta di un figlio che ha<br />
meritato la grazia del miracolo ed è discepolo buono. E le due donne sono buone<br />
e sapienti, oltre che tanto piene d’amore».<br />
«Me lo assicuri?».<br />
«Sì, figlia».<br />
«Allora... benedicimi e sia fatta la volontà del Signore... come dice l’orazione<br />
di Gesù. L’ho tanto detta... È giusto che ora faccia ciò che ho detto, per<br />
ottenere di non andare più dai romani...».<br />
«Sei una buona fanciulla. E Dio sempre più ti aiuterà. Vieni, andiamo a dire a<br />
Gesù che la più giovane discepola sa fare la volontà di Dio...», e tenendola per<br />
mano Maria rientra con la fanciulla nella casa.<br />
440. Un altro sabato a Nazareth. Ostinatezza di Giuseppe d’Alfeo.<br />
21 maggio 1946.<br />
1Un nuovo sabato a Nazaret. Ossia un nuovo inizio di sabato, perché appena il<br />
tramonto del venerdì ha inizio quando, accaldate ma liete, giungono Mirta e<br />
Noemi insieme al giovane Abele. Smontano dai loro somarelli, che Abele conduce<br />
altrove, certo a qualche stalla amica, forse a quella dei due asinai di Nazaret<br />
divenuti discepoli, ed entrano dalla porta del laboratorio, aperta per dare<br />
ventilazione nello stanzone, dove fino a poco prima il calore del rustico camino<br />
si è messo a complice del gran calore estivo.<br />
Tommaso sta riponendo i suoi strumenti e Simone spazza le segature, mentre Gesù<br />
sta nettando pentoli e pentolini da colle e vernici.<br />
«La pace a Te, Maestro, e a voi discepoli», salutano le donne inchinandosi molto<br />
sin dal primo entrare e finendo di prostrarsi ai piedi di Gesù dopo aver<br />
traversato il laboratorio.<br />
«La pace a voi. Siete molto fedeli! Venire con questo caldo!».<br />
«Oh! nulla! Si sta tanto bene qui, che si dimentica tutto. Tua Madre dove è?».<br />
«È di là che finisce una veste di Aurea. Andate pure».<br />
Le due vanno via leste con le loro bisacce e si sentono le loro voci tonate,<br />
piuttosto basse, fondersi alla vocetta ancora asprigna di Aurea e alla voce
argentina di Maria.<br />
«Ora saranno felici!», dice Tommaso.<br />
«Sì. Sono buone donne», risponde Gesù.<br />
«Maestro, Mirta, oltre a conservare il figlio che aveva, ha acquistato una nuova<br />
creatura. E in poco più di un anno...», dice lo Zelote.<br />
«Già! In poco più di un anno! È già più di un anno che Maria di Lazzaro s’è<br />
convertita. Come passa il tempo! Mi par ieri… Quante cose anche lo scorso anno!<br />
Quel bel ritiro prima dell’elezione! Poi Giovanni di Endor! Poi Marziam! Poi<br />
Daniele di Naim e poi Maria di Lazzaro e poi Sintica... Ma dove sarà Sintica? Io<br />
ci penso sovente e non so capire perché...». Tommaso finisce a monologare fra<br />
sé, perché Gesù e Simone non gli rispondono, ma anzi escono a lavarsi nell’orto<br />
per poi raggiungere le discepole.<br />
[...]<br />
2Ritorna Abele di Betlemme di Galilea e trova ancora Tommaso che pensa, davanti<br />
al posto dove generalmente lavora, smuovendo sopra pensiero i suoi minuti<br />
capolavori di orafo.<br />
«Hai trovato lavoro?», chiede il discepolo curvandosi su quegli oggetti minuti.<br />
«Oh! ho fatto felici tutte le donne di Nazaret. Non avrei mai supposto che ci<br />
fossero tante fibbie, tanti bracciali e collane e gigli da aggiustare. Ho<br />
persino dovuto pregare Matteo di portarmi del metallo da Tiberiade. Mi sono<br />
fatto una clientela... ah! ah! (ride allegro) come neppure mio padre ce l’ha.<br />
Vero è che non chiedo denaro...».<br />
«Ci rimetti tutto?».<br />
«No. Prendo solo il valore del metallo. Il lavoro lo regalo».<br />
«Sei generoso».<br />
«No. Sono saggio. Non ozio. Do esempio di operosità e di distacco dal denaro<br />
e... predico... Taci! Credo di avere più predicato facendo così, senza dire una<br />
parabola, senza aver detto una parola nella sinagoga, che se avessi parlato di<br />
continuo. E poi... Faccio tirocinio. Mi sono promesso che col lavoro farò<br />
propaganda quando dovrò andare a predicare Gesù fra gli infedeli. E mi ci<br />
addestro».<br />
«Sei sapiente come orafo e come apostolo».<br />
«Mi sforzo d’esserlo per amore a Gesù... 3Sicché tu hai acquistato una sorella?<br />
Trattala bene, sai? È come una colombina di nido, te lo dico io che sono uso per<br />
il mio mestiere a trattare con le donne. Una ingenua colombina che ha avuto una<br />
gran paura dello sparviero e che cerca delle ali materne e fraterne a difesa. Se<br />
tua madre non l’avesse voluta l’avrei chiesta io, per la mia gemella. Figlio<br />
più, figlio meno! È tanto buona mia sorella, sai?».<br />
«Anche mia madre. Le è morta una bambina quando restò vedova. Forse il latte<br />
s’era fatto cattivo nel dolor della morte dello sposo... Io me la ricordo<br />
appena, questa sorellina... e forse non me la ricorderei neppure se mia madre<br />
non la piangesse sovente e se ogni fanciullina povera di Betlem non avesse avuto<br />
diritto a cibo e vesti dalla nostra casa, in ricordo della piccola morta... Ma<br />
cresciuto come sono con la mamma soltanto, ho finito per avere anche io un<br />
grande amore alle fanciulline... Questa sento che non è più una pargola... ma la<br />
vedrò come tale, per il suo cuore, se è come mia madre e Noemi e tu dite...».<br />
«Siine certo. Andiamo di là...».<br />
4Di là, ossia nella stanzetta dei pasti, sono le donne, Gesù e lo Zelote. E<br />
Mirta, venuta già con una grande speranza, sta conquistando Aurea provandole una<br />
veste di lino che ha cucito per la fanciulla.<br />
«Va proprio bene», dice sfilandogliela e carezzandola, mentre le raggiusta la<br />
veste che si è scomposta mettendo l’altra nuova. «Va proprio bene. Ma tutto<br />
andrà bene. Vedrai, figlia mia... Oh! ecco il mio Abele. Vieni avanti, figlio.<br />
Ecco Aurea. Ora sarà nostra, lo sai?».<br />
«Lo so, madre, e sono contento con te». Guarda la fanciulla... la studia... i<br />
suoi occhi scuri si fissano e perdono nelle larghe iridi di pallido cielo.<br />
L’esame lo soddisfa. Le sorride. Le dice: «Ci ameremo nel Signore che ci ha<br />
salvati e lo ameremo e faremo amare. E ti sarò fratello nello spirito e<br />
nell’affetto. Lo prometto davanti al Maestro e a mia madre», e con un bel<br />
sorriso limpido di giovane puro, già avviato all’alta spiritualità, le tende la<br />
mano forte e bruna.<br />
Aurea resta esitante e poi, arrossendo, mette la sua mano sinistra nella destra<br />
che le viene porta e dice: «Così faremo. Nel Signore».
Gli adulti sorridono fra di loro...<br />
5«Qui si può entrare senza bussare alle porte...».<br />
«Ecco Simone di Giona! Questa volta non ha resistito alla tentazione...», ride<br />
Tommaso correndo fuori.<br />
«Già! non ho resistito... La pace a Te, Maestro!». Bacia Gesù e ne è baciato.<br />
«Chi può resistere?». Vede Maria e si curva salutando, poi riprende: «Però, per<br />
scrupolo, siamo passati da Tiberiade e abbiamo cercato Giuda. Perché... ci siamo<br />
tutti, eh?! Gli altri stanno venendo. Anche Marziam... Dunque dicevo che siamo<br />
passati da Tiberiade. Umh! già! a cercare di Giuda per il caso che... pensasse,<br />
almeno al quarto sabato, di venire a Cafarnao... Sarebbe stato brutto che<br />
fossimo tutti via... E lo abbiamo trovato... già! Anzi lo ha trovato Isacco,<br />
andato a salutare Gionata... Perché Isacco ha finito per venire a Cafarnao ad<br />
attenderti con non so quanti, rimasti là a farsi più sapienti sotto la guida di<br />
Erma e Stefano, di tuo figlio, Noemi, e del sacerdote Giovanni... Ma Isacco è<br />
venuto con noi, perché anche lui muore se non ti vede... E, povero Isacco! non è<br />
stato molto bene accolto da Giuda. Ma Isacco deve aver distrutto le impazienze,<br />
i risentimenti, le furie nella lunga malattia... Non reagisce mai! Anche se lo<br />
prendono a schiaffi sorride... Che uomo di pace! Bene. Ci ha detto: “Giuda l’ho<br />
visto io. Non viene. Non insistete”. Io ho capito. Ho detto: “Ti ha risposto<br />
male? Dillo. Sono il capo e devo sapere...”. “Oh! no”, ha risposto. “Non ha<br />
risposto male lui, ma il suo male. Va compatito...” ...E compatiamolo... Eccoci<br />
qui, insomma… E ben felici di... 6Ecco gli altri…».<br />
E con gli altri sono anche Giuda e Giacomo d’Alfeo con la madre e i discepoli di<br />
Nazaret: Aser, Ismaele e Simone d’Alfeo e, caso raro, anche Giuseppe d’Alfeo.<br />
Si scaricano delle loro borse. Natanaele ha portato del miele e Filippo un<br />
cestino d’uva bionda come i capelli di Aurea. Pietro del pesce marinato e così i<br />
figli di Zebedeo. Matteo, che non ha una casa tenuta da donne e perciò non ha<br />
nulla di buono, ha portato una giara piena di terra e con dentro un esile tronco<br />
che direi, dal fogliame, un limone o un arancio o qualche altro agrume, e<br />
spiega: «Una primizia... Soltanto chi è stato a Cirene può averne, e io conosco<br />
uno che fu a Cirene, uno del fisco come me un tempo. Ora si è messo in riposo a<br />
Ippo. Sono andato a farmi dare la piantina, perché a luna nuova va messa a<br />
dimora. Sono frutti buoni, belli, e il fiore ha un profumo soave e pare una<br />
stella di cera, una stella come il tuo nome... Ecco», e offre la pianta a Maria.<br />
«Ma quanto hai faticato con questo peso, Matteo! Io ti sono grata. Il mio orto<br />
si fa sempre più bello per voi. La canfora di Porfirea, le rose di Giovanna, la<br />
tua pianta rara, Matteo, le altre da fiore portate da Giuda di Keriot... Quante<br />
belle cose, quanto siete buoni tutti con la Madre di Gesù!».<br />
Gli apostoli sono tutti commossi; soltanto si sbirciano fra loro quando Maria<br />
nomina Giuda.<br />
7«Sì. Ti vogliono bene. Ma anche noi te ne vogliamo», dice serio e impettito<br />
Giuseppe d’Alfeo.<br />
«Certo! Voi siete i cari figli di Alfeo, mio parente, e di Maria, così buona. E<br />
mi volete bene. Ma ciò è naturale. Siamo parenti... Questi invece non sono del<br />
sangue, eppure come figli mi sono, come fratelli a Gesù, tanto l’amano e lo<br />
seguono...».<br />
Giuseppe capisce l’antifona e si schiarisce la gola cercando le parole... Le<br />
trova... Dice: «Già! Ma se io non sono ancora con loro è perché penso anche alle<br />
conseguenze per Lui, per te... e... e... Insomma! È amore anche il mio, specie<br />
per te, povera donna, che resti sola troppo tempo... E sono venuto a dire a Gesù<br />
che sono contento che si sia ricordato anche delle necessità della Madre e abbia<br />
fatto ciò che era utile qui...», e contento di essere il “capo” della parentela,<br />
e di poter lodare e ammonire, si benigna di encomiare Gesù per tutti i lavori di<br />
falegnameria, verniciatura e altri, fatti in quel mese: «Così va fatto! Ora si<br />
vede che questa donna ha un figlio! Ma sono lieto di poterlo dire che ritrovo il<br />
mio saggio Gesù di Giuseppe. Bravo! Bravo!».<br />
E il saggio Gesù di Giuseppe, il saggissimo Verbo Divino umiliato in una carne,<br />
mite ed umile, accoglie le lodi miste agli... autorevoli consigli del cugino<br />
Giuseppe con un sorriso così dolce che serve a tenere a freno ogni intempestiva<br />
reazione apostolica in favore di Gesù.<br />
E Giuseppe, preso l’aire, vedendosi così ascoltato, non si limita. Ma prosegue:<br />
«Voglio sperare che d’ora in avanti Nazaret non avrà più la vista di una povera<br />
madre abbandonata e di un suo figlio che, imprudente, esce dal sentiero comune<br />
per battere vie insicure nelle mète e nelle conseguenze. Parlerò con i miei
amici, col sinagogo... Ti perdoneremo... Oh! Nazaret sarà ben felice di<br />
riaprirti le braccia come a figlio che torna. E che torna esempio di virtù a<br />
tutti i cittadini. Domani stesso, io stesso ti riaccompagnerò nella sinagoga<br />
e...».<br />
8Gesù alza la mano imponendo silenzio e, calmo ma ben deciso, dice: «Nella<br />
sinagoga, come fedele, certo ci verrò come vi andai gli altri sabati. Ma non<br />
occorre che tu perori in mio favore. Perché un’ora dopo il tramonto Io partirò<br />
per tornare ad evangelizzare, come è il mio dovere di ubbidienza all’Altissimo».<br />
Un grande smacco per Giuseppe!... Molto grande!... Tutta la sua bonomia si<br />
infrange e riaffiora la sua intransigenza ostile: «Va bene. Ma non mi ricercare<br />
nell’ora del bisogno. Io ho fatto il mio dovere e le tue certe sventure non<br />
ricadono su di me. Addio. Qui sono di troppo, perché io non posso comprendere<br />
voi e voi non potete comprendere me. Mi ritiro, senza rancore, ma molto<br />
afflitto... il Signore ti protegga come protegge tutti coloro che... sono<br />
semplici di mente, incompleti... Addio, Maria! Fatti cuore, povera madre!».<br />
«Addio, Giuseppe. Ma non per Lui, per te mi devo far cuore. Perché tu sei quello<br />
che sei fuori della via di Dio, e mi dai dolore», dice pacata ma sicura Maria.<br />
«Sei uno stolto, ecco! E se non fossi ormai il capo di casa ti percuoterei,<br />
creatura del mio sangue ma non del mio spirito...», strilla Maria d’Alfeo.<br />
E direbbe altro, ma Maria la supplica: «Taci! Per amor mio».<br />
«Taccio. Sì. Ma... Ma guardate se devo vedere fra i miei figli un bastardo<br />
così!...».<br />
Il bastardo intanto se ne è andato, mentre la buona Maria d’Alfeo scarica tutto<br />
il suo peso per questo figlio cocciuto. E finisce in un gran pianto il suo<br />
sfogo, e fra i singhiozzi dice la più grande pena nella sua pena: «E non lo avrò<br />
con me in Cielo quello lì, non lo avrò! Lo vedrò nei tormenti! Oh! Gesù! Fàllo<br />
Tu il miracolo!».<br />
«Ma sì, Maria! Ma sì. Non piangere! Verrà l’ora anche per lui. L’undecima,<br />
forse. Ma verrà. Te lo assicuro. Non piangere...», la conforta Gesù... E, a<br />
pianto finito, dice agli apostoli e discepoli: «Venite nell’uliveto mentre le<br />
donne preparano le loro cose. Parleremo fra noi».<br />
INDICE DEL VOLUME OTTAVO<br />
Terzo anno della Vita pubblica di Gesù.<br />
(continuazione e fine)<br />
* = in linea<br />
*<br />
501. Parabola dei figli lontani. Guarigione dei due figli ciechi dell’uomo di<br />
Petra.<br />
502. Altro sconforto di Pietro e lezione sulle possessioni, sia divine che<br />
diaboliche.<br />
503. Gli apostoli indagano sul Traditore. Un sadduceo e l’infelice moglie di un<br />
negromante. Saper distinguere il soprannaturale dall’occulto.<br />
504. Marziam preparato al distacco. Ritorno al villaggio di Salomon e morte di<br />
Anania.<br />
505. Nel Tempio, una grazia ottenuta con la preghiera incessante e la parabola<br />
del giudice e della vedova.<br />
506. Nel Tempio, il contestato discorso che rivela in Gesù la Luce del mondo.<br />
507. La grande disputa con i Giudei e fuga dal Tempio con l’aiuto del levita<br />
Zaccaria.<br />
508. Giovanni sarà la luce del Cristo fino alla fine dei tempi. Il piccolo<br />
Marziale-Manasse accolto da Giuseppe di Sefori.<br />
509. Il vecchio sacerdote Matan, accolto con gli apostoli e i discepoli fuggiti<br />
dal Tempio. Il piccolo Marziale e la nuova circoncisione.<br />
510. La guarigione di un cieco nato, provocata da una manovra di Giuda<br />
Iscariota.<br />
*
511. In casa di Giovanni di Nobe, ancora una lode alla Corredentrice.<br />
Menzogne di Giuda Iscariota.<br />
512. Profezia dinanzi ad un paese distrutto.<br />
513. A Emmaus Montana, una parabola sulla vera sapienza e un monito ad<br />
Israele.<br />
514. Consigli sulla santità ad un giovane indeciso. Rimprovero ai cittadini di<br />
Beteron dopo la guarigione di un romano e di una giudea.<br />
515. Le ragioni del dolore salvifico di Gesù. Elogio dell’ubbidienza e lezione<br />
sull’umiltà.<br />
516. A Gabaon, miracolo del mutolino ed elogio della sapienza come amore a<br />
Dio.<br />
517. Verso Nobe, resipiscenza di Giuda Iscariota dopo una discussione.<br />
518. A Gerusalemme, l’incontro con il cieco guarito e il discorso che rivela in<br />
Gesù il buon Pastore.<br />
519. Inspiegabile assenza di Giuda Iscariota e sosta a Betania, da Lazzaro che<br />
non è lebbroso.<br />
520. Discorsi sull’Iscariota assente e arrivo a Tecua con il vecchio Elianna.<br />
521. A Tecua, commiato dai cittadini e dal vecchio Elianna, il primo dei<br />
perseguitati per causa di Gesù.<br />
522. Arrivo a Gerico. L’amore terreno della folla e l’amore soprannaturale del<br />
convertito Zaccheo.<br />
523. A Gerico. La richiesta a Gesù di giudicare su una donna. La parabola del<br />
fariseo e del pubblicano dopo un paragone tra peccatori e malati.<br />
524. A Gerico. In casa di Zaccheo con i peccatori convertiti.<br />
525. Profezie di Sabea di Betlechi e giudizio su di lei.<br />
526. Guarigioni presso il guado di Betabara e discorso nel ricordo di Giovanni<br />
Battista.<br />
527. Ignoranze e tentazioni nella natura umana del Cristo.<br />
528. A Nobe, il conforto materno di Elisa e il ritorno inquietante di Giuda<br />
Iscariota.<br />
529. Ammaestramenti agli apostoli mentre fanno lavori manuali in casa di<br />
Giovanni di Nobe.<br />
530. Un’altra notte di peccato di Giuda Iscariota.<br />
531. A Nobe, malati e pellegrini da ogni regione. Valeria e il divorzio.<br />
Guarigione del piccolo Levi.<br />
532. Preparativi per le Encenie. Una prostituta mandata a tentare Gesù, che<br />
lascia Nobe.<br />
533. Verso Gerusalemme con Giuda Iscariota, che sembra prendere una<br />
decisione.<br />
534. Ammaestramenti e guarigioni nella sinagoga dei liberti romani. Un<br />
mandato per i Gentili.<br />
535. Giuda Iscariota chiamato a riferire in casa di Caifa.<br />
536. Guarigione di sette lebbrosi e arrivo a Betania con gli apostoli riuniti.<br />
Marta e Maria preparate da Gesù alla morte di Lazzaro.<br />
537. Al Tempio nella festa della Dedicazione, Gesù si manifesta ai Giudei, che<br />
tentano di lapidarlo.<br />
538. Gesù orante nella grotta della Natività, contemplato dai discepoli<br />
ex-pastori.<br />
539. La perfezione spiegata a Giovanni di Zebedeo che si è accusato di colpe<br />
inesistenti.<br />
540. Giovanni sarà “figlio” per la Madre di Gesù. Incontro con Mannaen e<br />
lezione sull’amore per gli animali. Conclusione del terzo anno.<br />
Preparazione alla Passione di Gesù.<br />
541. Giudei in visita a Betania.
542. I giudei nella casa di Lazzaro.<br />
543. Marta manda un servo a chiamare il Maestro.<br />
544. Delirio e morte di Lazzaro.<br />
545. Il servo di Betania riferisce a Gesù il messaggio di Marta. Predizione a<br />
Simon Pietro su Roma cristiana.<br />
546. Il giorno dei funerali di Lazzaro.<br />
547. Gesù decide di andare a Betania.<br />
548. La risurrezione di Lazzaro.<br />
549. Seduta del Sinedrio e udienza da Pilato.<br />
550. Euforia tra gli apostoli. Missione d’amore per Lazzaro e di<br />
contemplazione assoluta per la sorella Maria. Gesù deve fuggire in<br />
Samaria.<br />
551. Gli apostoli informati, dopo una sosta da Niche, del bando emesso dal<br />
Sinedrio. L’arrivo ai confini della Giudea.<br />
552. Preparativi e accoglienze ad Efraim.<br />
553. Inizio del sabato ad Efraim. I ladroni dell’Adomin e il soccorso a tre<br />
bambini.<br />
554. Il sabato ad Efraim, su un’isoletta nel torrente. Il peccato originale<br />
spiegato in parabola ai tre bambini.<br />
Maria Valtorta<br />
L’evangelo<br />
come mi è stato<br />
rivelato<br />
VOLUME OTTAVO<br />
Terzo anno<br />
della Vita pubblica di Gesù.<br />
(continuazione e fine)<br />
501 .Parabola dei figli lontani.<br />
Guarigione dei due figli ciechi dell’uomo di Petra.<br />
24 settembre 1946.<br />
1Una bella mattina di autunno. Tolte le foglie giallorosse che coprono il suolo<br />
e ricordano la stagione, è tanto verde l’erba con qualche fioretto che sboccia<br />
dai cespi rinati alle piogge di ottobre, è così serena l’aria che circola fra i<br />
rami in parte già spogli, che vien fatto di pensare ad un inizio di primavera,<br />
molto più che le piante a fogliame perenne, che si mescolano a quelle a fogliame<br />
annuale, mettono la noia allegra delle nuove fogliette smeraldine, nate ai<br />
vertici dei rametti, presso i rami spogli di altre piante, e così pare che<br />
queste gettino le prime foglie. Le pecore escono dai chiusi e belando si avviano<br />
con gli agnelli delle figliate di autunno ai pascoli. L’acqua di una fonte,<br />
messa all’inizio del paese, splende come liquido diamante al sole che la bacia<br />
e, ricadendo nello scuro bacino, fa tutto uno scintillio multicolore contro una<br />
casetta dalle mura annerite dal tempo.<br />
Gesù si siede su un muretto che limita la via da un lato e attende. I suoi gli<br />
stanno intorno. E anche gli abitanti del paese, mentre i pastori, obbligati dal<br />
gregge, per non dilungarsi troppo, in luogo di salire più in alto, si spargono<br />
ai due lati della via verso il piano.<br />
Dalla via che da valle sale al Nebo per il momento non viene alcuno.<br />
«Verrà poi?», interrogano gli apostoli.<br />
«Verrà. E noi lo attenderemo. Non voglio deludere una speranza che si forma e<br />
distruggere una futura fede», risponde Gesù.<br />
«Non state bene fra noi? Abbiamo dato il meglio che avevamo», dice un vecchione
che si scalda al sole.<br />
«Meglio che altrove, padre. E la vostra bontà avrà premio da Dio», gli risponde<br />
Gesù.<br />
«Allora parlaci ancora. Qui vengono talora degli zelanti farisei a dei superbi<br />
scribi. Ma non hanno parole per noi. È giusto. Essi sono i separati per<br />
elevatezza da... tutto, e i sapienti. Noi... Ma non si deve allora conoscere<br />
nulla noi, perché la sorte ci ha fatto nascere qui?».<br />
«Nella Casa del Padre mio non ci sono separazioni e differenze per quelli che<br />
giungono a credere in Lui e a praticare la sua Legge, ché è il codice della sua<br />
volontà che l’uomo viva da giusto per avere eterno premio nel suo Regno.<br />
2Udite. Un padre aveva molti figli. Taluni erano sempre vissuti in stretto<br />
contatto con lui; altri, per ragioni diverse, erano stati relativamente più<br />
lontani dal padre. Ma però, sapendo i desideri paterni, nonostante gli fossero<br />
lontani, potevano agire come se egli fosse presente. Altri ancora, perché ancor<br />
più lontani, a fin dal primo giorno della loro nascita allevati fra servi che<br />
parlavano altre lingue e avevano altri usi, si sforzavano a servire il padre per<br />
quel poco che, più per istinto che per sapere, conoscevano a lui gradito. Un<br />
giorno il padre, che non ignorava come, nonostante i suoi ordini, i suoi servi<br />
si fossero astenuti da far conoscere i pensieri del padre a questi lontani,<br />
perché nel loro orgoglio li riputavano inferiori, disamati sol perché non<br />
coabitanti col padre, volle radunare tutta la sua prole. E la chiamò a sé.<br />
Ebbene, credete voi che giudicasse per linea di umano diritto, dando il possesso<br />
dei beni soltanto a quelli che erano stati sempre nella sua casa, o quanto meno<br />
lontani non tanto da impedir loro di sapere i suoi ordini a desideri? Egli anzi<br />
seguì tutt’altro concetto e, osservando le azioni di quelli che erano stati<br />
giusti per amore del padre, conosciuto soltanto di nome, e lo avevano onoralo<br />
con tutte le loro azioni, li chiamò a sé vicino dicendo: “Doppio merito il<br />
vostro di esser giusti, poiché lo foste per sola volontà vostra a senza aiuti.<br />
Venite e circondatemi. Ne avete ben diritto! I primi mi hanno sempre avuto e<br />
ogni loro azione era regolata dal mio consiglio e premiata dal mio sorriso. Voi<br />
avete dovuto agire solo per fede ed amore. Venite. Ché nella mia casa è pronto<br />
il vostro posto, è pronto da tempo, ed ai miei occhi non costituisce differenza<br />
l’esser sempre stati della casa o l’esser stati lontani; ma differenza hanno le<br />
azioni che, vicini o lontani da me, i miei figli hanno compiuto”.<br />
Questa la parabola. E la sua spiegazione è questa: che scribi o farisei, viventi<br />
intorno al Tempio, possono non essere nel Giorno eterno nella Casa di Dio, e che<br />
molti, che sono tanto lontani da sapere soltanto succintamente le cose di Dio,<br />
potranno essere allora net suo seno. Perché ciò che dà il Regno è la volontà<br />
dell’uomo tesa all’ubbidienza a Dio, a non il cumulo di pratiche e di scienza.<br />
Fate dunque quanto vi ho spiegalo ieri. Fatelo senza eccessivo timore che<br />
paralizza, fatelo senza calcolo di sfuggire con ciò al castigo. Fatelo perciò<br />
soltanto per amore a Dio, che vi ha creati per amarvi ed essere amalo da voi. E<br />
avrete posto nella Casa paterna».<br />
3«Oh! parlaci ancora!».<br />
«Che vi devo dire?».<br />
«Ieri Tu dicevi che vi sono sacrifici più graditi a Dio di quello degli agnelli<br />
e degli arieti, e anche che vi sono lebbre più vergognose di quelle della carne.<br />
Non ho capito bene il tuo pensiero», dice un pastore e termina: «Prima che un<br />
agnello sia di un anno, e sia il più bello del gregge, senza macchia e difetto,<br />
sai quanti sacrifici occorre fare, e quante volte superare la tentazione di<br />
farne il montone del gregge o venderlo per tale? Ora, se per un anno si resiste<br />
ad ogni tentazione, elo si cura e ci si affeziona ad esso, perla della mandria,<br />
sai quanto è grande il sacrificio di immolarlo senza utile e con dolore? Può<br />
esservi sacrificio più grande da offrire al Signore?».<br />
«Uomo, in verità ti dico che il sacrificio non sta nella bestia immolata, ma<br />
nello sforzo che lo hai fatto di conservarla per immolarla. In verità vi dico<br />
che sta<br />
venendo il giorno in cui, come dice* la parola ispirata, Dio dirà: “Non ho<br />
bisogno la sacrificio degli agnelli a degli arieti”, ed esigerà un sacrificio<br />
unico e perfetto. E da quell’ora ogni sacrificio sarà spirituale. Ma già è detto<br />
da secoli quale sacrificio predilige il Signore. Davide esclama piangendo: “Se<br />
Tu avessi desideralo un sacrificio, te lo avrei offerto, ma a Te non piacciono<br />
gli olocausti. Il sacrificio a Dio è lo spirito compunto (e Io aggiungo:
ubbidiente e amoroso, perché si può compiere anche sacrificio di lodi e di<br />
gaudio e d’amore, non solo di espiazione). Il sacrificio a Dio è lo spirito<br />
compunto; il cuore contrito ed umilialo Tu, o Dio, non lo disprezzi”. No. Non<br />
disprezza neppure il cuore che ha peccato e si è pentito, il Padre vostro. E<br />
allora, come accoglierà il sacrificio del cuore puro, giusto, che lo ama? Questo<br />
è il sacrificio più gradito. Il quotidiano sacrificio della volontà umana a<br />
quella divina, che vi si mostra nella Legge, nelle ispirazioni e negli<br />
avvenimenti giornalieri. E così non è la lebbra della carne la più vergognosa ed<br />
escludente dal cospetto degli uomini e dai luoghi di preghiera. Ma è la lebbra<br />
del peccato. È vero che essa passa molte volte ignorata agli uomini. Ma vivete<br />
per gli uomini o per il Signore? Tutto ha fine qui o prosegue nell’altra vita?<br />
Voi lo sapete. E allora siate santi per non essere lebbrosi agli occhi di Dio,<br />
che vedono i cuori degli uomini, e conservatevi mondi nello spirito per poter<br />
vivere in eterno».<br />
«E se uno ha peccato forte?».<br />
«Non imiti Caino, non imiti Adamo ed Eva. Ma corra ai piedi di Dio e con vero<br />
pentimento gli chieda pietà. Un malato, un ferito va al medico per guarire. Un<br />
peccatore vada a Dio per avere perdono. Io...».<br />
4«Tu qui, Maestro?», grida uno che sale per la via, tutto ammantellalo e fra<br />
molti altri. Gesù si volta a guardarlo. «Non mi riconosci? Sono rabbi Sadoc.<br />
Ogni tanto ci incontriamo».<br />
«Il mondo è sempre piccolo quando Dio vuol fare incontrare le persone. Ci<br />
incontreremo ancora, rabbi. Intanto, la pace sia con te».<br />
L’altro non rende il saluto di pace, ma chiede: «Che fai qui?».<br />
«Ciò che lo stai per fare, ho fatto. Non ti è sacro questo monte?».<br />
«Lo hai detto. E ci vengo coi miei discepoli. Ma io sono uno scriba!».<br />
«E Io sono un figlio della Legge. Venero dunque Mosè come tu lo veneri».<br />
«Ciò è menzogna. Tu annulli la sua parola con la tua e pretendi alla tua<br />
ubbidienza, non più alla nostra».<br />
«Alla vostra no. Essa è vostra. Ma non è necessaria...».<br />
«Non è necessaria? Orrore!».<br />
«No, non più che nelle tue vesti non sono necessari, a ripararti dalle arie<br />
autunnali, i fluenti e abbondanti zizit che ti ornano la veste. È la veste<br />
quella che ti protegge. Così, delle molte parole che vengono insegnate, Io<br />
accetto le necessarie e sante, quelle mosaiche, a non curo le altre».<br />
_____________________<br />
*dice, in: Isaia 1, 11; esclama, in: Salmo 51, 18-19.<br />
«Samaritano! Non credi ai profeti! ».<br />
«I profeti voi neppure li osservate. Se li osservaste, non mi direste<br />
samaritano».<br />
«Ma lascialo stare, Sadoc. Vuoi parlare con un demonio?», dice un altro<br />
pellegrino sopraggiungente con altre persone. E, volgendo lo sguardo duro sul<br />
gruppo intorno a Gesù, vede Giuda di Keriot e lo saluta beffardamente.<br />
5Forse succederebbe qualche incidente, perché i paesani vogliono difendere Gesù.<br />
Ma si fa largo urlando l’uomo di Petra, seguito da un servo. Sia lui che il<br />
servo hanno un bimbo fra le braccia. «Lasciatemi passare. Signore, mi sono fatto<br />
attendere troppo?».<br />
«No, uomo. Vieni a Me».<br />
La gente si apre per lasciarlo passare. Egli viene a Gesù a si inginocchia,<br />
deponendo per terra una fanciullina dal capo fasciato di lino. Il servo lo imita<br />
mettendo a terra un fanciullo dagli occhi opachi.<br />
«I miei figli, Maestro Signore!», dice e nella breve frase trema tutto il dolore<br />
e la speranza di un padre.<br />
«Hai avuto molta fede, uomo. E se ti avessi deluso? Se non mi avessi trovalo? Se<br />
ti dicessi che non te li posso guarire?».<br />
«Non ti crederei. E non crederei neppure all’evidenza di non vederti. Direi che<br />
ti sei nascosto per provare la mia fede e ti cercherei finché ti avessi<br />
trovato».<br />
«E la carovana? Il tuo guadagno?».<br />
«Queste cose? E che sono rispetto a Te, che puoi guarire i miei figli a darmi<br />
una fede sicura in Te?».<br />
6«Scopri il volto della bambina», ordina Gesù.<br />
«Lo tengo coperto perché ella soffre molto della luce».
«Sarà un attimo di dolore soltanto», dice Gesù.<br />
Ma la piccola si mette a piangere disperatamente a non vuole essere sfasciata.<br />
«Fa così perché crede che Tu la tormenti col fuoco come i medici», spiega il<br />
padre lottando per levare le manine della bambina dalle fasce.<br />
«Oh! non temere, fanciulla. Come ti chiami?».<br />
La bimba piange e non risponde. Risponde il padre per lei: «Tamar, da dove è<br />
nata. E il maschio Fara».<br />
«Non piangere, Tamar. Non ti faccio male. Senti le mie mani. Non hanno nulla fra<br />
le dita. Vieni in grembo a Me. Intanto guarirò tuo fratello, ed egli ti dirà ciò<br />
che ha provalo. Vieni qui, fanciullo».<br />
Il servo gli spinge presso i ginocchi il povero ciechino dagli occhi spenti dal<br />
tracoma. Gesù lo carezza sul capo a gli chiede: «Sai chi sono?».<br />
«Gesù Nazareno, il Rabbi d’Israele, il Figlio di Dio».<br />
«Vuoi credere in Me?».<br />
«Sì».<br />
Gesù gli pone la mano sugli occhi, coprendogli più di metà volto. Dice: «Voglio!<br />
E la luce delle pupille apra la via alla luce della Fede». Leva la mano.<br />
Il bambino ha un grido portandosi le mani agli occhi a poi dice: «Padre! Io<br />
vedo!». Ma non corre al padre. Nella sua spontaneità di bimbo si attacca al<br />
collo di Gesù e lo bacia sulle guance a resta così, attaccalo al suo collo,<br />
colla testolina rifugiata sulla spalla di Gesù a riabituare le pupille al sole.<br />
La folla grida al miracolo, mentre il padre vorrebbe levare il fanciullo dal<br />
collo di Gesù.<br />
«Lascialo. Non dà noia. Soltanto, o Fara, di’ a tua sorella ciò che ti ho<br />
fatto».<br />
«Una carezza, Tamar. Pareva la mano della mamma. Oh! guarisci anche tu e<br />
giuocheremo ancora! ».<br />
7La bambina, con ancora un poco di riluttanza, si fa mettere sui ginocchi di<br />
Gesù, che la vorrebbe guarire senza neppur toccarle le fasce. Ma scribi<br />
ecompagni urlano: «È un trucco. La bambina ci vede. Una congiura per sorprendere<br />
la buona fede vostra, o abitanti di questo luogo».<br />
«Mia figlia è malata. Io...».<br />
«Lascia stare! Tu, Tamar, ora sei buona a lasci che Io ti levi le fasce».<br />
La bambina, persuasa, lascia fare. Che vista quando l’ultimo lino cade! Due<br />
piaghe rosse, crostose, gonfie, sono al posto degli occhi, a lacrime a pus<br />
gocciano da esse. La gente ha un sussurro di raccapriccio e di pietà, mentre la<br />
bambina si porta le manine al viso per ripararsi dalla luce che la deve far<br />
soffrire orribilmente; sulle tempie rosseggiano recenti scottature.<br />
Gesù le scansa le manine e sfiora leggermente quella rovina poggiandovi sopra la<br />
mano e dicendo: «Padre, che creasti la luce per gioia dei viventi a desti<br />
pupille persino al moscerino, rendi la luce a questa tua creatura, perché ti<br />
veda e in Te creda, a dalla luce della Terra entri, con la Fede, nella luce del<br />
tuo Regno».<br />
Leva la mano... « Oh! », gridano tutti. Non ci sono più piaghe. Ma la piccola<br />
tiene ancora gli occhi chiusi.<br />
«Aprili, Tamar. Non temere. La luce non ti farà male».<br />
La bambina ubbidisce un poco timorosa e apre le palpebre su due vivaci occhietti<br />
neri.<br />
«Padre mio! Ti vedo!», ed essa pure si abbandona sulla spalla di Gesù per<br />
abituarsi lentamente alla luce.<br />
La folla è in un subbuglio di festa, mentre l’uomo di Petra si getta<br />
singhiozzando di gioia ai piedi di Gesù.<br />
«La tua fede ha avuto il suo premio. Da ora innanzi la tua riconoscenza porti la<br />
tua fede nell’Uomo alla sfera più alta: a quella nel vero Dio. Alzati e<br />
andiamo».<br />
E Gesù mette a terra la bambina, che sorride felice, a si stacca dal fanciullo<br />
alzandosi. Li carezza ancora e vorrebbe fendere il cerchio di gente che si<br />
affolla per vedere gli occhi risanati.<br />
8«Dovresti chiedere anche lo la guarigione per i tuoi occhi velati», dice un<br />
discepolo ad un vecchio, condotto a mano tanto ha gli occhi appannati.<br />
«Io?! Io?! Non voglio la luce da un demonio. Anzi! A Te grido, o Dio eterno!<br />
Ascoltami. A me! A me le tenebre assolute! Ma che io non veda il volto del<br />
demonio, di quel demonio, di quel sacrilego, usurpatore, bestemmiatore, deicida!<br />
Calino le ombre sui miei occhi per sempre. Le tenebre, le tenebre per non
vederlo mai, mai, mai!». Sembra un demonio lui! Nel suo parossismo si percuote<br />
le occhiaie come volesse far scoppiare gli occhi.<br />
«Non temere. Non mi vedrai. Le Tenebre non vogliono la Luce, e la Luce non si<br />
impone a chi la respinge. Io vado, o vecchio. Non mi vedrai più sulla Terra. Ma<br />
mi vedrai ugualmente altrove».<br />
E Gesù, con un accasciamento che gli aumenta l’andatura propria dei mollo alti,<br />
lievemente pendente in avanti, si avvia per la discesa. È tanto accasciato che<br />
pare già il Condannalo che scende il Moria col carico della Croce... E le urla<br />
dei nemici, aizzati dal vecchio furente, mollo assomigliano agli urli della<br />
folla di Gerusalemme nel venerdì santo.<br />
L’uomo di Petra, mortificalo, con la bambina che gli piange spaurita fra le<br />
braccia, mormora: «Per me, Signore! Per causa mia! Tu tanto bene a me! E io a<br />
Te! Ho messo nella tenda sul cammello delle cose per Te. Ma che sono rispetto<br />
agli insulti che ti ho procurato? Mi vergogno di esserti venuto vicino...».<br />
«No, uomo. Quello è il mio pane amaro di ogni giorno. E tu sei il miele che lo<br />
temperi. Il pane è sempre più del miele. Ma basta una goccia di miele a far<br />
dolce molto pane».<br />
«Tu sei buono... Ma dimmi almeno: che devo fare per medicare queste ferite?».<br />
«Serba la fede in Me. Per ora, come e per quanto puoi. Fra non mollo... Sì. I<br />
miei discepoli verranno sino a Petra a oltre. Allora segui la loro dottrina,<br />
perché Io parlerò in loro. E per il momento parla a quei di Petra di ciò che ti<br />
ho fatto, onde, quando questi che mi circondano a altri verranno in mio Nome,<br />
non sia sconosciuto ad essi questo mio Nome».<br />
9Ai piedi della discesa, sulla via romana, sono fermi tre cammelli. Uno con la<br />
sola sella, gli altri col baldacchino. Li sorveglia un servo.<br />
L’uomo va ad una tenda e ne prende degli involti: «Ecco», dice offrendoli a<br />
Gesù. «Ti saranno utili. Non mi ringraziare. Io solo devo benedire Te per quanto<br />
mi hai dato. Se puoi farlo su degli incirconcisi, benedici me ed i miei figli, o<br />
Signore!», e si inginocchia coi bambini. I servi lo imitano.<br />
Gesù stende le mani pregando sottovoce con gli occhi fissi al cielo. «Va’. Sii<br />
giusto e troverai Dio sulla tua via a lo seguirai senza più perderlo. Addio,<br />
Tamar! Addio, Fara!». Li carezza prima che salgano coi servi uno per cammello.<br />
Le bestie si alzano al crrr crrr dei cammellieri a si volgono prendendo il<br />
trotto per la via verso sud. Due manine brune si sporgono dalle tende e due<br />
vocine dicono: «Addio, Signore Gesù! Addio, padre! ».<br />
L’uomo sta per montare a sua volta. Si china a terra e bacia la veste di Gesù,<br />
poi monta in sella a parte verso il nord.<br />
«Ed ora andiamo», dice Gesù avviandosi a sua volta verso nord.<br />
«Come? Non vai più dove volevi?», chiedono.<br />
«No. Non possiamo più andare!... Le voci del mondo avevano ragione!... E Questo<br />
perché il mondo è astuto a sa le opere del demonio... Andremo a Gerico...».<br />
Come è triste Gesù!... Tutti lo seguono, carichi dei fagotti dati dall’uomo,<br />
accasciati a senza parola...<br />
502. Altro sconforto di Pietro e lezione sulle possessioni, sia divine che<br />
diaboliche.<br />
25 settembre 1946.<br />
1Il guado di Betabara è appena superato. Al di là del* fiume azzurro e<br />
abbastanza pieno di acque per essersi nutrito degli affluenti colmati dalle<br />
piogge di autunno, si vede l’altra sponda, quella orientale, con molte persone<br />
gesticolanti. Sulla sponda occidentale, invece, qui dove sono Gesù coi suoi, non<br />
c’è che un pastore e un gregge brucante l’erba verde della sponda.<br />
Pietro si getta a sedere su un avanzo di muretto che si trova lì, senza neppure<br />
asciugarsi le gambe umide per il guado. Perché di questa stagione usano le<br />
barche, è vero, ma, per non arenarle in questo luogo di basso fondo, le usano<br />
nella parte più fonda, fermandosi a deporre i traghettati là dove la chiglia<br />
struscia già sulle erbe sommerse. Cosicché per qualche passo chi traghetta deve<br />
camminare nell’acqua.<br />
«Cosa hai? Ti senti male?», gli chiedono.<br />
«No. Ma non ne posso più. Sul Nebo quella violenza, e prima a Esebon, e prima a<br />
Gerusalemme, e prima a Cafarnao, e dopo il Nebo a Calliroe, e ora a Betabara...
Oh!...», curva il capo fra le mani e piange...<br />
«Non ti accasciare, Simone. Non farmi povero anche del tuo, del vostro<br />
coraggio!», gli dice Gesù andandogli vicino a posando una mano sulla pesante<br />
veste grigia che copre l’aposlolo.<br />
«Non posso, non posso vedere! Non posso vederti malmenato così! Se mi lasciassi<br />
reagire... forse potrei. Ma così... dovermi contenere... e assistere ai loro<br />
insulti, alle tue sofferenze, come un pargolo impotente... oh! mi si spezza<br />
tutto di dentro e divento uno straccio... Ma guardate se è possibile vederlo<br />
così! Pare un malato, uno che muore di febbri... Pare un colpevole inseguito che<br />
non trova dove sostare a prendere un boccone, a bere un sorso, a cercarsi una<br />
pietra per posarvi il capo! Quella iena del Nebo! Quei serpenti di Calliroe!<br />
Quel forsennato che ancora è là! (e indica l’altra sponda). Meno demonio quello<br />
di Calliroe, per quanto sia il secondo soltanto che Tu dici dominato da Belzebù!<br />
2Io ho paura degli indemoniati, penso che se li ha presi così Satana devono<br />
essere stati cattivi molto. Ma... l’uomo<br />
________________________<br />
* Al di là del, invece di Attraverso al, è correzione di MV su una copia<br />
dattiloscritta.<br />
può cadere senza assoluta volontà di farlo. Invece quelli che senza essere<br />
ossessi fanno così come fanno, con tutta la loro ragione libera!... Oh! non li<br />
vincerai mai, posto che non li vuoi castigare? Ed essi... ti vinceranno...». E<br />
il pianto del fedele apostolo, che si era un poco inaridito sotto il fuoco dello<br />
sdegno, riprende forte...<br />
«Pietro mio, e credi che essi non siano ossessi? Credi che per esserlo occorra<br />
essere come quello di Calliroe e altri che abbiamo incontrato? Credi che<br />
l’ossessione si manifesti soltanto con le grida incomposte, i balzi, le furie,<br />
la mania di vivere nelle tane, i mutismi, le membra impedite, la ragione<br />
intorpidita, di modo che l’ossesso dice e fa incoscientemente? No. Vi sono anche<br />
le ossessioni, anzi le possessioni più sottili e potenti, le più pericolose,<br />
perché non ostacolano e indeboliscono la ragione perché non faccia cose buone,<br />
ma la sviluppano, anzi, la aumentano perché sia potente nel servire colui che la<br />
possiede. Dio, quando possiede un intelletto e lo usa perché lo serva, trasfonde<br />
nello stesso, e nelle ore in cui lo stesso è al servizio di Dio, una<br />
intelligenza soprannaturale che aumenta di molto l’intelligenza naturale del<br />
soggetto. Credete ad esempio che Isaia, Ezechiele, Daniele a gli altri profeti,<br />
se avessero dovuto leggere e spiegare quelle profezie come scritte da altri, non<br />
avrebbero trovato le oscurità indecifrabili che vi trovano i contemporanei?<br />
Eppure, Io ve lo dico, mentre le ricevevano, essi le comprendevano<br />
perfettamente. Guarda, Simone. Prendiamo questo fiore nato qui ai tuoi piedi.<br />
Che vedi tu nell’ombra che avvolge il calice? Nulla. Vedi un calice profondo e<br />
una piccola bocca a nulla più. Ora guardalo mentre lo colgo e lo porto qui sotto<br />
quest’occhio di sole. Che vedi?».<br />
«Vedo dei pistilli, vedo del polline, e una coroncina di peluzzi che paiono<br />
ciglia intorno ai pistilli, e una strisciolina tutta cigliata minutamente che<br />
orna il petalo largo e i due più piccoletti... e vedo una gocciolina di rugiada<br />
nel fondo del calice... e... oh! ecco! Un moscerino è sceso dentro, a bere, e si<br />
è invischialo nel peluzzo cigliato e non si libera più... Ma allora! Fammi<br />
vedere meglio. Oh! Il peluzzo è come mielato, appiccica... Ho capito! Dio glielo<br />
ha fatto così o perché la pianta si nutra, o si nutrano gli uccellini venendo a<br />
beccare le mosche, o si pulisca l’aria di esse... Che meraviglia!»..<br />
«Senza la forte luce del sole non avresti visto nulla, però».<br />
«Eh! no!».<br />
«Ugualmente avviene nella possessione divina. La creatura, che di suo mette<br />
unicamente la buona volontà di amare totalmente il suo Dio, l’abbandono ai suoi<br />
voleri, la pratica delle virtù e il dominio delle passioni, viene assorbita in<br />
Dio e nella Luce che è Dio, nella Sapienza che è Dio, tutto vede e comprende.<br />
Dopo, cessata l’azione assoluta, subentra nella creatura lo stato in cui il<br />
ricevuto si trasforma in norma di vita e di santificazione, ma torna oscuro,<br />
meglio, crepuscolare ciò che prima sembrava tanto chiaro. Il demonio, perpetuo<br />
scimmiottatore di Dio, produce un effetto analogo negli ossessi della mente,<br />
sebbene limitato perché soltanto Dio è infinito, nei suoi posseduti che<br />
spontaneamente gli si sono dati per trionfare, e comunica loro intelligenza<br />
superiore ma unicamente volta al male, a nuocere, a offendere Dio e l’uomo. Però
l’azione satanica, trovando nell’anima consensi, è continua, portando perciò per<br />
gradi alla totale scienza del Male. Sono queste le peggiori possessioni. Nulla<br />
ne appare all’esterno, e perciò non sono sfuggiti questi ossessi. Ma esse sono.<br />
Come ho più volte detto, il Figlio dell’uomo sarà colpito da quelli posseduti in<br />
tale maniera».<br />
«Ma Dio non potrebbe colpire l’Inferno?», chiede Filippo.<br />
«Potrebbe. È il più forte».<br />
«E perché non lo fa per difenderti?».<br />
«Le ragioni di Dio saranno noie in Cielo. Su, andiamo. E non vi accasciate».<br />
3Il pastore, che ha ascoltalo pur non facendone mostra, chiede: «Hai dove<br />
andare? Sei atteso?».<br />
«No, uomo. Dovrei andare oltre Gerico. Ma non sono atteso».<br />
«E sei molto stanco, Rabbi?».<br />
«Stanco, si. Non ci hanno concesso altoggio né soste dal Nebo».<br />
«Allora... Ti volevo dire... Io sono di presso a Betagla l’antica... Ho il padre<br />
cieco e non posso andare lontano per non lasciarlo per delle lune. Ma ne soffre<br />
il cuore e il gregge. Se Tu volessi... Ti darei altoggio. Non è lontano. Il<br />
vecchio crede tanto in Te. Giuseppe, figlio di Giuseppe, tuo discepolo, lo sa».<br />
«Andiamo».<br />
L’uomo non se lo fa dire due volte. Raduna il gregge e lo avvia verso il paese,<br />
che deve essere a nord ovest del luogo dove sono ora. Gesù si pone dietro al<br />
gregge coi suoi.<br />
4«Maestro», dice l’Iscariota dopo qualche tempo, «Betagla non offre certo chi<br />
può acquistare i doni di quell’uomo...».<br />
«Quando andremo a Gerico per andare da Niche li venderemo».<br />
«È che... l’uomo, questo, è povero e bisognerà compensarlo. Non ho più un<br />
picciolo».<br />
«Viveri ne abbiamo, e molti. Anche per qualche mendico. Non occorre di più per<br />
ora».<br />
«Come vuoi Tu. Ma era meglio che Tu mi mandassi avanti. Avrei potuto...».<br />
«Non occorre».<br />
«Maestro, ciò è sfiducia! Perché non ci mandi più come prima, due a due?».<br />
«Perché vi amo e penso al bene vostro».<br />
«Non è bene tenerci così ignoii. Penseranno che... siamo indegni, incapaci...<br />
Una volta ci lasciavi andare, predicavamo, facevamo miracoli, eravamo<br />
conosciuti...».<br />
«Te ne rammarichi di non farlo più? Ti faceva bene andare senza di Me? Sei il<br />
solo che se ne lamenta di non andare da solo... Giuda!...».<br />
«Maestro, Tu lo sai se ti amo!», dice sicuro Giuda.<br />
«Lo so. E perché il tuo spirito non si corrompa ti tengo con Me. Sei già quello<br />
che raccoglie e distribuisce, che vende o permuta per i poverelli. Basta così.<br />
Ed è già troppo. Osserva i tuoi compagni. Non uno chiede ciò che tu chiedi».<br />
«Ma ai discepoli lo hai concesso... È una ingiustizia questa differenza».<br />
«Giuda, sei l’unico a dirmi ingiusto... Ma ti perdono. Va’ avanti. E mandami<br />
Andrea».<br />
E Gesù rallenta per attendere Andrea e parlargli in disparte. Non so cosa gli<br />
dice. So che Andrea sorride col suo mite sorriso e si china a baciare le mani<br />
del Maestro e poi torna avanti.<br />
Gesù resta solo, in coda a tutti... e molto a testa china procede asciugandosi<br />
il volto col lembo del suo manto come se sudasse. Ma sono lacrime e non stille<br />
di sudore, quelle che scorrono sulle sue guance scarne a pallide.<br />
5Dice Gesù: «Qui metterete la visione del 3 ottobre 1944: “La moglie del<br />
sadduceo negromante”».<br />
503.Gli apostoli indagano sul Traditore. Un sadduceo e l’infelice moglie di<br />
un negromante. Saper distinguere il soprannaturale dall’occulto.<br />
3 ottobre 1944.<br />
1E ancora Gesù che va*, instancabilmente, per le vie di Palestina. Il fiume è<br />
ancora alla sua destra, ed Egli procede nello stesso senso della bell’acqua,<br />
azzurra e scintillante là dove il sole la bacia, verde-blu presso le rive dove
l’ombra degli alberi si riflette coi suoi verdi cupi.<br />
Gesù è in mezzo ai suoi discepoli. Odo Barlolomeo chiedergli: «Allora andiamo<br />
proprio verso Gerico? Non temi qualche insidia?».<br />
«Non temo. Sono giunto a Gerusalemme per la Pasqua da altra via ed essi, delusi,<br />
non sanno più dove prendermi senza dare troppo nell’occhio alle folle. Credimi,<br />
Barlolomeo, che per Me vi è meno pericolo in una città popolosa che per sentieri<br />
remoti. Il popolo è buono e sincero. Ma è anche impetuoso. E insorgerebbe<br />
se mi catturassero quando Io sono fra esso per evangelizzare e guarire. Le serpi<br />
lavorano in solitudine e in ombra. E poi... ho ancora oggi e oggi e oggi da<br />
lavorare... Poi... verrà l’ora del Demonio e voi mi perderete. Per ritrovarmi<br />
poi. Credete a questo. E sappiate crederlo quando gli eventi sembreranno più che<br />
mai smentirmi».<br />
______________________<br />
* E ancora Gesù che va... è scritlo in relazione alla “visione” del giorno<br />
precedente, riportata nel capitolo 419.<br />
Gli apostoli sospirano, crucciati, e lo guardano con amore e pena, e Giovanni ha<br />
un gemilo: «No!», e Pietro lo circonda delle sue corte e robuste braccia come a<br />
difesa e dice: «O mio Signore e Maestro!». Non dice di più. Ma c’è tanto in<br />
quelle poche parole.<br />
«Così è, amici. Per questo sono venuto. Siate forti. Vedete come Io procedo<br />
sicuro verso la mia meta, come uno che va verso il sole e sorride al sole che lo<br />
bacia in fronte. Il mio Sacrificio sarà un sole per il mondo. La luce della<br />
Grazia<br />
scenderà nei cuori, la pace con Dio li farà fecondi, i meriti del mio martirio<br />
faranno gli uomini capaci di guadagnarsi il Cielo. E che voglio se non questo?<br />
Mettere le vostre mani nelle mani dell’Eterno, Padre mio e vostro, e dire:<br />
“Ecco, Io ti riconduco questi figli. Guarda, o Padre, sono mondi. Possono<br />
tornare a Te”. Vedervi stretti sul suo seno e dire: “Amatevi infine, ché l’Uno e<br />
gli altri avete ansia di questo, e di non esservi potuti amare ne soffrivate<br />
acutamente”. Ecco la mia gioia. E ogni giorno che mi avvicina al compimento di<br />
questo ritorno, di questo perdono, di questa unione, aumenta la mia ansia di<br />
consumare l’olocauslo per darvi Dio e il suo Regno».<br />
Gesù è solenne e quasi estatico nel dire ciò. Cammina, diritto nella sua veste<br />
azzurra e nel suo manto più scuro, a capo scoperlo in questa ancor fresca ora<br />
del mattino, e pare sorrida a chissà quale visione che i suoi occhi vedono<br />
contro l’azzurro di un cielo sereno. Il sole, che lo bacia sulla gota sinistra,<br />
accende più ancora lo sfavillante suo sguardo e mette scintille d’oro nella sua<br />
capigliatura, mossa da un lieve vento e dal suo passo, e accentua il rosso delle<br />
labbra aperte al sorriso, e pare accendere tutto il viso di una letizia che in<br />
realtà viene dall’interno del suo adorabile Cuore, acceso dalla carità per noi.<br />
2«Maestro, posso dirti una parola?», chiede Tommaso.<br />
«Quale?».<br />
«Ieri l’altro Tu hai detto che il Redenlore, Tu, avrà un traditore. Come potrà<br />
un uomo tradire Te, Figlio di Dio?».<br />
«Un uomo, infatti, non potrebbe tradire il Figlio di Dio, Dio come il Padre. Ma<br />
costui non sarà un uomo. Sarà un demonio in corpo d’uomo. Il più posseduto, il<br />
più ossesso degli uomini. Maria di Magdala aveva sette demoni, a l’indemoniato<br />
di pochi giorni or sono era dominato da Belzebù. Ma in costui sarà Belzebù e<br />
tutta la sua corte demoniaca... Oh! che invero l’Inferno sarà in quel cuore per<br />
dargli ardire di vendere come agnello al beccaio il Figlio di Dio ai suoi<br />
nemici!».<br />
«Maestro, ora questo uomo è già in possesso di Satana?».<br />
«No, Giuda. Ma inclina a Satana, e inclinare a Satana vuol dire mettersi nelle<br />
condizioni di precipitare in esso» (Gesù parla all’Iscariota).<br />
«E perché non viene a Te per guarirsi dalla sua inclinazione? Sa di averla o lo<br />
ignora?».<br />
«Se lo ignorasse non sarebbe colpevole come lo è, poiché sa di tendere al male e<br />
di non persistere nelle risoluzioni di uscirne. Se persistesse, verrebbe a Me...<br />
ma non viene... Il veleno penetra e la mia vicinanza non lo monda, perché non è<br />
desiderata ma fuggita... Il vostro sbaglio, o uomini. Fuggite da Me quanto più<br />
di Me avete bisogno» (Gesù ha risposlo ad Andrea).
«Ma è venuto a Te qualche volta? Lo conosci? E noi lo conosciamo?».<br />
«Matteo, Io conosco gli uomini anche prima che essi conoscano Me. E tu lo sai e<br />
costoro lo sanno. Sono Io che vi ho chiamati perché vi conoscevo».<br />
«Ma noi lo conosciamo?», insiste Matteo.<br />
«E potete non conoscere chi viene al vostro Maestro? Voi siete miei amici e<br />
condividete con Me cibo, riposo e fatiche. Fin la mia casa vi ho aperto, la casa<br />
della mia Madre santa. Vi porto ad essa perché quell’aura che in essa spira vi<br />
faccia capaci di comprendere il Cielo con le sue voci e i suoi comandi. Vi porto<br />
ad essa come un medico porta i suoi malati, appena risorti da un seguito di<br />
morbi, a delle fonti salutari che li fortifichino vincendo i resti dei morbi che<br />
possono sempre rifarsi nocivi. Perciò non ignorate nessuno di quelli che vengono<br />
a Me».<br />
«In che città l’hai incontralo?».<br />
«Pietro, Pietro!» .<br />
«È vero, Maestro, sono peggio di una donna pettegola. Perdonami. Ma è l’amore,<br />
sai...».<br />
«So, e per questo ti dico che non mi disgusta il tuo difetto. Ma levati anche<br />
questo».<br />
«Sì, Signore mio».<br />
3I1 sentiero si stringe, preso fra un filare di piante e un fossatello, e il<br />
gruppo si assottiglia. Gesù parla proprio con l’Iscariota, al quale dà ordini<br />
per le spese e le elemosine. Dietro, due per due, sono gli altri. In coda, solo,<br />
è Pietro. Pensa. Cammina a capo basso, raccolto talmente nei suoi pensieri che<br />
neppur si accorge di rimanere distanziato dagli altri.<br />
«Ehi! tu, uomo!», lo interpella uno che passa a cavallo. «Sei col Nazareno?».<br />
«Sì. Perché?».<br />
«Andate a Gerico?».<br />
«Ti preme saperto? Io non so nulla. Vado dietro al Maestro e non chiedo nulla.<br />
Ovunque Egli va è ben fatto. La via è quella di Gerico, ma potremmo anche<br />
tornare nella Decapoli. Chissà! Se vuoi sapere di più, là è il Maestro».<br />
L’uomo sprona e Pietro gli fa dietro una smorfia curiosa e borbotta: «Non mi<br />
fido, mio bel signore. Siete tutti una massa di cani! Non voglio esser io il<br />
traditore. Giuro a me stesso: questa bocca sarà sigillata. Ecco», e fa un segno<br />
alle sue labbra come le chiudesse a lucchetto.<br />
L’uomo a cavallo ha raggiunto Gesù. Lo interpella. Ciò dà modo a Pietro di<br />
raggiungere gli altri.<br />
Quando l’uomo riparte, fa un cenno di saluto all’Iscariota. Nessuno lo noia,<br />
meno Pietro che viene ultimo. E che pare non applauda a quel saluto. Prende<br />
Giuda per una manica e gli chiede: «Chi è? Lo conosci? Come mai?».<br />
«Di vista. È un ricco di Gerusalemme».<br />
«Hai amicizie in alto, tu! Bene... purché sia bene. Dimmi un po’: è quel viso di<br />
volpe quello che ti dice tante cose?...».<br />
«Quali cose?».<br />
«Mah! quelle che dici di sapere sul Maestro!».<br />
«Io?».<br />
«Sì. Tu. Non ricordi quella sera* d’acqua a fango? Al tempo della piena?».<br />
«Ah! No! No! Ma ci pensi ancora a delle parole dette in un momento di<br />
malumore?».<br />
«Io penso a tutto quanto può far del male a Gesù: cose, persone, amici,<br />
nemici... E sono sempre pronto a mantenere le promesse che faccio a chi vuole<br />
fare del male a Gesù. Addio».<br />
Giuda lo guarda andare in modo curioso. Vi è stupore, dolore, stizza, e direi<br />
anche più: livore.<br />
4Pietro raggiunge Gesù e lo chiama.<br />
«Oh! Pietro! Vieni!». Gesù gli pone il braccio sulla spalla.<br />
«Chi era quell’ispido giudeo?».<br />
«Ispido, Pietro? Se era tutto liscio a profumato!».<br />
«Aveva ispida la coscienza. Diffida, Gesù».<br />
«Ti ho detto che non è ancora il mio tempo. E quando quel tempo sarà, nessuna<br />
diffidenza mi salverà... se volessi salvarmi. Anche le pietre griderebbero e mi<br />
farebbero catena se volessi salvarmi».<br />
«Sarà... Ma diffida... Maestro?».<br />
«Pietro? Che hai?».<br />
«Maestro... ho una cosa da dirti e un peso sul cuore».
«Una cosa? Un peso?».<br />
«Sì. Il peso è un peccalo. La cosa è un consiglio».<br />
«Comincia dal peccalo».<br />
«Maestro... io... io odio... io ho ribrezzo, ecco, se non odio, perché Tu non<br />
vuoi che si odii, per uno di noi. Mi pare di esser vicino alla tana da cui esce<br />
fetore di serpi in fregola... e non vorrei ne uscissero per nuocerti. Quell’uomo<br />
è una tana di serpi e lui stesso è in fregola col demonio».<br />
«Come lo deduci?».<br />
«Mah!... Non so. Sono rozzo e ignorante, ma scemo non sono. Sono abituato a<br />
leggere nei venti e nelle nubi... a m’è venuto occhio anche per i cuori. Gesù...<br />
ho paura».<br />
«Non giudicare, Pietro. E non sospettare. Il sospetlo crea chimere. Si vede ciò<br />
che non c’è».<br />
«Dio eterno lo voglia che nulla ci sia. Ma io non sono sicuro».<br />
«Chi è, Pietro?».<br />
___________________<br />
* quella sera..., in 481.5/7.<br />
«Giuda di Keriot. Si vanta di avere alte amicizie, e anche poco fa quel brutto<br />
ceffo lo ha salutalo come si saluta chi è ben conosciulo. Prima non le aveva».<br />
«Giuda è quello che riceve e distribuisce. Ha modo di avvicinare i ricchi. Sa<br />
fare».<br />
«Già! Sa fare... Maestro, dimmi la verità. Tu non hai sospetti?».<br />
«Pietro, mi sei tanto caro per il tuo cuore. Ma ti voglio perfetto. Perfetto non<br />
è chi non ubbidisce. Io ti ho detto: non giudicare e non sospettare».<br />
«Ma intanto non mi dici...».<br />
«Fra poco saremo presso a Gerico e ci fermeremo ad attendere una donna la quale<br />
non può riceverci in casa sua...».<br />
«Perché? È una peccatrice?».<br />
«No. È un’infelice. Quel cavaliere che ti ha dato tanta noia è venuto a dirmi di<br />
attenderla. E l’attenderò, per quanto sappia di non poter fare nulla per lei. E<br />
sai chi ha messo lei e il cavaliere sulle tracce mie? Giuda. Tu vedi che è<br />
ragione onesta la sua conoscenza con quel giudeo».<br />
Pietro china il capo e tace, confuso. Forse non persuaso, e curioso ancora. Ma<br />
tace.<br />
5Gesù si ferma fuori le mura della città e, stanco, si siede al rezzo di un<br />
ciuffo d’alberi, che fanno ombra a una fonte presso la quale sono quadrupedi<br />
all’abbeverata. I discepoli si siedono, pure in attesa. Deve essere una parte<br />
molto secondaria della città, perché, tolti questi cavalli e asini, certo di<br />
mercanti in viaggio, non c’è folla.<br />
Viene avanti una donna, tutta avvolta in un mantellone scuro e molto coperta nel<br />
volto. Il velo fitto e scuro scende fino a metà volto. È con lei il cavaliere di<br />
prima, ora a piedi, e altri tre uomini pomposamente vestiti.<br />
«Ti salutiamo, Maestro».<br />
«Pace a voi».<br />
«Questa è la donna. Odila e secondala nel suo desiderio».<br />
«Se lo potrò».<br />
«Tu puoi tutto».<br />
«Lo credi, tu, sadduceo?». Il sadduceo è quello che era a cavallo.<br />
«Io credo a quello che vedo».<br />
«E hai visto che posso?».<br />
«Ho visto».<br />
«E perché posso, lo sai?». Silenzio. «Posso sapere, Io, come tu giudichi che Io<br />
possa?». Silenzio.<br />
Gesù non si occupa più di lui né degli altri. Parla alla donna: «Che vuoi?».<br />
«Maestro... Maestro...».<br />
«Parla, dunque, senza timore».<br />
La donna ha uno sguardo obliquo sui suoi accompagnatori, i quali lo interpretano<br />
a modo loro.<br />
«La donna ha il marito ammalato e ti chiede la sua guarigione. È persona<br />
influente, della corte d’Erode. Ti conviene esaudirla».<br />
«Non perché è influente, ma perché ella è infelice, l’esaudirò se posso. Già<br />
l’ho detto. Che ha tuo marito? Perché non è venuto? E perché non vuoi che Io<br />
vada a lui?».
Altro silenzio e altro sguardo obliquo.<br />
«Vuoi parlarmi senza testimoni? Vieni». 6Si scostano di qualche passo. «Parla».<br />
«Maestro... io credo in Te. Tanto credo che sono certa Tu sai tutto di lui, di<br />
me, della nostra disgraziata vita... Ma lui non crede... Ma lui ti odia... Ma<br />
lui...».<br />
«Ma lui non può guarire perché non ha fede. Non solo non ha fede in Me. Ma<br />
neppure nel Dio vero».<br />
«Ah! Tu sai!». La donna piange disperatamente. «È un inferno la mia casa! Un<br />
inferno! Tu liberi gli ossessi. Sai cosa è il demonio, perciò. Ma questo demonio<br />
sottile, intelligente, falso e istruito, lo conosci? Sai a quali pervertimenti<br />
porta? Sai a che peccati? Sai che rovina causa intorno a sé? La mia casa? È una<br />
casa? No. È la soglia dell’Inferno. Mio marito? È mio marito? Ora è malato e non<br />
mi cura. Ma, anche quando era ancora forte e desideroso d’amore, era un uomo<br />
quello che mi abbracciava, che mi teneva, che mi aveva? No! Ero fra le spire di<br />
un demonio, sentivo l’alito e il viscidume di un demonio. Gli ho volulo tanto<br />
bene, gliene voglio. Sono la sua donna e mi ha preso la verginità quando ero<br />
poco più che bambina: avevo appena quattordici anni. Ma anche quando l’ora mi<br />
riportava a quella prima ora, e con essa mi riportava le sensazioni intatte del<br />
primo abbraccio che mi ha fatto donna, io, con la parte più eletta di me per la<br />
prima, poi con la carne ed il sangue, repellevo di orrore quando mi risovvenivo<br />
che egli è lurido di negromanzia. Mi pareva che non il mio uomo ma i morti che<br />
egli evoca mi fossero sopra a saziarsi di me... E anche ora, ora, anche solo a<br />
guardarlo, morente e ancora immerso in quella magia, ne ho ribrezzo. Non vedo<br />
lui... Satana vedo. O mio dolore! Neppur nella morte sarò con lui, perché la<br />
Legge lo vieta. Salvalo, Maestro. Ti chiedo di guarirlo per dargli tempo di<br />
guarirsi». La donna piange angosciosamente.<br />
«Povera donna! Io non lo posso guarire».<br />
«Perché, Signore?».<br />
«Perché egli non vuole».<br />
«Sì. Ha paura della morte. Sì, che vuole».<br />
«Non vuole. Non è un folle, non è un posseduto che non sa il suo stato e non<br />
chiede liberazione perché non ha facoltà di libero pensiero. Non è uno dal<br />
volere impedito. È uno che vuole esser tale. Sa che ciò che fa è vietato. Sa che<br />
è maledetto dal Dio d’Israele. Ma persiste. Anche se Io lo guarissi, e<br />
comincerei dall’anima, tornerebbe al suo satanico godimenlo. La sua volontà è<br />
corrotta. È ribelle. Non posso».<br />
7La donna piange più forte. Si accostano quelli che l’hanno accompagnata. «Non<br />
la accontenti, Maestro?».<br />
«Non posso» ,.<br />
«Ve lo avevo detto io? E le ragioni?».<br />
«Tu, sadduceo, le chiedi? Ti rimando al libro dei Re*. Leggi quel che disse<br />
Samuele a Saul e quello che disse Elia a Ocozia. Lo spirito del profeta<br />
rimprovera il re di averlo disturbalo evocandolo dal regno dei morti. Non è<br />
lecito farlo. Leggi il Levitico, se più non ricordi la parola di Dio, Creatore e<br />
Signore di tutto quanto è, Tutore della vita e di coloro che sono nella morte.<br />
Morti e viventi sono nelle mani di Dio e non vi è lecito strapparli ad esse. Né<br />
per vana curiosità, né per sacrilega violenza, né per maledetta incredulità. Che<br />
volete sapere? Se c’è un futuro eterno? E dite di credere in Dio. Se Dio c’è,<br />
avrà pure una corte. E che corte sarà se non eterna come Lui, fatta di spiriti<br />
eterni? Se dite di credere in Dio, perché non credete alla sua parola? Non dice<br />
la sua parola: “Non praticherete divinazione, né osserverete i sogni”? Non dice:<br />
“Se uno si rivolgerà ai maghi e agli indovini e fornicherà con essi, Io<br />
rivolterò contro di lui la mia faccia e lo sterminerò di mezzo al suo popolo”?<br />
Non dice: “Non vi fate degli dèi di getto”? E che siete voi? Samaritani e<br />
perduti o siete figli d’Israele? E che siete: stolti o capaci di ragione? E se<br />
ragionate negando l’immortalità dell’anima, perché evocate i morti? Se immortali<br />
non sono quelle parti incorporee che animano l’uomo, che più avanza di un uomo<br />
oltre la morte? Putredine e ossa, calcinate ossa emergenti da un verminaio. E se<br />
non credete a Dio, tanto da ricorrere a idoli e segni per avere guarigione,<br />
denaro, responsi, come fece costui di cui chiedete salute, perché vi fate degli<br />
dèi di getto e credete che essi vi possano dire parole più vere, più sante, più<br />
divine di quelle che Dio vi dice? Ora Io vi dico la stessa risposta di Elia ad<br />
Ocozia: “Perché tu hai mandato dei messi a consultare Belzebù, dio di Accaron,<br />
come se non vi fosse un Dio in Israele da poter consultare, per questo non
scenderai dal letto sopra il quale sei salito, e di certo morrai nel tuo<br />
peccalo”».<br />
8«Sei sempre Tu che insulti e ci attacchi. Te lo faccio osservare. Noi ti<br />
veniamo incontro per... ».<br />
«Per trarmi in trappola. Ma vi leggo il cuore. Giù la maschera, erodiani venduti<br />
al nemico di Israele! Giù la maschera, farisei falsi e crudeli! Giù la maschera,<br />
sadducei, veri samaritani! Giù la maschera, scribi dalla parola contraria ai<br />
fatti! Giù la maschera, o voi tutti, violatori della Legge di Dio, nemici del<br />
Vero, concubini col Male! Giù, profanatori della Casa di Dio! Giù, sobillatori<br />
di deboli coscienze! Giù, sciacalli che odorate la vittima nel vento che l’ha<br />
sfiorata e seguite quella pista e guatate, attendendo l’ora propizia di<br />
uccidere, e vi leccate le labbra su cui già pregustate il sapore del sangue e<br />
sognate quell’ora!... O barattieri e fornicatori, che vendete per molto meno di<br />
un pugno di lenticchie la vostra primogenitura fra i popoli e non avrete<br />
più benedizione, ché altri popoli si<br />
______________________<br />
*al libro dei Re, cioè:1Samuele 28,15-19; 2 Re 1, I6; il Levitico, in: Levitico<br />
19, 4.26.31;20,6.<br />
vestiranno del vello dell’Agnello di Dio e veri Cristi appariranno agli occhi<br />
dell’Altissimo, il quale, sentendo la fragranza del suo Cristo emanare da loro,<br />
dirà: “Ecco l’odore del mio Figlio! Simile all’odore di un fiorito campo<br />
benedetto da Dio. Su voi la rugiada del Cielo: la Grazia. In voi la pinguedine<br />
della Terra: i frutti del mio Sangue. In voi abbondanza di frumento e vino: il<br />
mio Corpo e il mio Sangue, che darò per vita agli uomini e ricordo di Me. Voi<br />
servano i popoli, a voi si inchinino le genti, perché là dove sarà il segno del<br />
mio Agnello là sarà Cielo. E la Terra al Cielo è soggetta. Siate padroni dei<br />
vostri fratelli, perché i seguaci del mio Cristo saranno i re dello spirito<br />
avendo la Luce, e ad essa Luce gli altri volgeranno lo sguardo sperando nel suo<br />
aiuto. Si inchinino davanti a voi i figli di vostra madre: la Terra. Sì, tutti i<br />
figli della Terra si inchineranno un giorno al mio Segno. Maledetto sia chi vi<br />
maledice e benedetto chi vi benedice, perché benedizione e maledizione a voi<br />
date vengono a Me, Padre e Dio vostro”. Questo dirà. Questo, o fornicatori che,<br />
potendo aver ad amata sposa dell’anima la vera fede, fornicate con Satana e le<br />
sue false dottrine. Questo dirà, o assassini. Assassini di coscienze e assassini<br />
di corpi. Qui sono delle vostre vittime. Ma se due cuori sono assassinati, un<br />
Corpo non lo avrete che per il tempo di Giona. E poi Esso, con la sua immortale<br />
Essenza congiunto, vi giudicherà».<br />
Gesù è terribile in questa requisitoria. Terribile! Credo che sarà su per giù<br />
così l’Ultimo Giorno.<br />
9«E dove sono questi assassinati? Tu farnetichi! Tu sei un concubino con<br />
Belzebù. Tu fornichi con lui e nel suo nome operi miracoli. Né puoi nel nostro<br />
caso, perché noi possediamo l’amicizia di Dio».<br />
«Satana non caccia se stesso. Io caccio i demoni. In nome di chi, allora?».<br />
Silenzio. «Rispondete!».<br />
«Ma non merita occuparsi di questo ossesso! Ve lo avevo detto. Non ci avete<br />
creduto. Uditelo da Lui. Rispondi, Nazareno folle. Conosci Tu il<br />
sciemanflorasc?».<br />
«Non ne ho bisogno! ».<br />
«Udite? Ancora una domanda. Non sei Tu stato in Egitto?».<br />
«Sì».<br />
«Vedete? Chi è il negromante, il satana? Orrore! Vieni, donna. Santo è tuo<br />
marito rispetto a costui. Vieni!... Occorrerà tu ti purifichi. Hai toccato<br />
Satana!...». E se ne vanno, trascinando la piangente con vivi gesti di<br />
repulsione.<br />
Gesù, con le braccia conserte, li segue coi lampi dei suoi sguardi.<br />
10«Maestro... Maestro...». Gli apostoli sono terrorizzati, e della violenza di<br />
Gesù e delle parole dei giudei.<br />
Pietro chiede, è fin curvo nel dirlo: «Che hanno voluto dire con quelle ultime<br />
domande? Che è quella cosa?».<br />
«Che? Il sciemanflorasc?» (già! che è questo affare?).<br />
«Sì. Che è?».<br />
«Non ci pensare. Confondono il Vero colla Menzogna, Dio con Satana, e nella loro<br />
superbia satanica pensano che Dio, per piegarsi ai voleri degli uomini, abbia<br />
bisogno d’esserne scongiurato col suo tetragramma. Il Figlio parla col Padre il
linguaggio vero e con esso, per amore reciproco di Padre e di Figlio, si<br />
compiono i miracoli».<br />
«Ma perché ti ha chiesto se sei stato in Egitto?».<br />
«Perché il Male si serve delle cose più innocue per farne atto d’accusa verso<br />
chi vuole colpire. La mia sosta infantile in terra d’Egitto sarà fra i capi di<br />
accusa nella loro ora di vendetta. Voi e i futuri sappiate che con Satana astuto<br />
e coi suoi servitori fedeli occorre aver doppia astuzia. Per questo ho detto*:<br />
“Siate astuti come serpenti, oltreché semplici come colombe”. Questo per non<br />
dare che il minimo delle armi in mano ai demonici. E non serve ugualmente.<br />
Andiamo».<br />
«Dove, Maestro? A Gerico?».<br />
«No. Prendiamo una barca e passiamo di nuovo nella Decapoli. Risaliremo il<br />
Giordano sino all’altezza di Enon a poi sbarcheremo. E poi alle<br />
sponde di Genezaret prenderemo altra barca e passeremo a Tiberiade e di lì a<br />
Cana e a Nazaret. Ho bisogno di mia Madre. E anche voi l’avete. Ciò che il<br />
Cristo non fa con la sua parola fa Maria col suo silenzio. Ciò che non fa la mia<br />
potenza fa la sua purezza. Oh! Madre mia!».<br />
«Piangi, Maestro? Tu piangi? Oh! no! Noi ti difenderemo! Noi ti amiamo!».<br />
«Non piango e non temo per coloro che mi vogliono male. Piango perché i cuori<br />
sono più duri del diaspro e nulla posso su molti di loro. Venite, amici».<br />
E scendono a riva e sulla barca di uno rimontano il fiume. Tutto finisce così.<br />
11Dice Gesù:<br />
«Tu e chi ti guida meditate molto la mia risposta a Pietro.<br />
Il mondo - e per mondo intendo non solo i laici - nega il soprannaturale, ma<br />
poi, davanti alle manifestazioni di Dio, è pronto a tirare in ballo non il<br />
soprannaturale ma l’occulto. Confondono l’una cosa con l’altra. Ora udite:<br />
soprannaturale è ciò che da Dio viene. Occulto è ciò che viene da fonte<br />
extraterrena ma che non ha radice in Dio.<br />
In verità vi dico che gli spiriti possono venire a voi. Ma come? In due modi.<br />
Per comando di Dio o per violenza d’uomo. Per comando di Dio vengono angeli e<br />
beati e spiriti che già sono nella luce di Dio. Per violenza d’uomo possono<br />
venire spiriti sui quali anche un uomo ha comando, perché immersi in plaghe più<br />
basse di quelle umane, in cui ancora è un ricordo di Grazia, se più non vi è la<br />
Grazia attiva. I primi vengono spontanei, ubbidienti ad un solo comando: il mio.<br />
E seco portano la verità che Io voglio conosciate. Gli altri vengono per un<br />
complesso di forze congiunte. Forze di uomo idolatra con forze di Satana-idolo.<br />
Possono darvi verità? No. Mai. Assolutamente mai. Può una formola, anche se<br />
insegnata da Satana, piegare Dio al volere dell’uomo? No. Dio viene sempre<br />
spontaneo. Una preghiera vi può unire a Lui, non una magica formola.<br />
___________________<br />
* ho detto, in 265.7.<br />
E se alcuno obbietta: “Samuele apparve a Saul”, Io dico: “Non già per merito<br />
della maga. Ma per volere mio, allo scopo di scuotere il re, ribelle alla Legge<br />
mia”. Taluni diranno: “E i profeti?”. I profeti parlano per conoscenza di<br />
Verità, che ad essi si infonde direttamente o per ministero angelico. Altri<br />
obbietteranno: “E la mano scrivente* nel convito di re Baldassarre?”. Leggano<br />
costoro la risposta di Daniele: “...anche tu ti sei innalzato contro il<br />
Dominatore del Cielo... celebrando gli dèi di argento, bronzo, ferro, oro,<br />
legno, pietra, i quali non vedono, né odono, né conoscono, e non hai glorificato<br />
quel Dio in mano del quale è ogni tuo respiro ed ogni tuo movimento. Per questo,<br />
da Lui è stato mandato il dito (spontaneamente mandato, mentre tu, re stolto e<br />
stolto uomo, non vi pensavi e badavi a empirti il ventre e a gonfiarti la mente)<br />
di quella mano la quale ha scritto ciò che là si trova”.<br />
Sì. Talora Dio vi richiama con manifestazioni che voi chiamate “medianiche”, che<br />
sono in realtà pietà di un Amore che vi vuole salvare. Ma non dovete volerle<br />
creare voi. Quelle che create non sono mai sincere. Non sono mai utili. Non<br />
portano mai del bene. Non fatevi schiavi di ciò che vi rovina. Non vogliate<br />
dirvi e credervi più intelligenti degli umili, che piegano alla Verità<br />
depositata da secoli nella mia Chiesa, sol perché siete dei superbi che cercate<br />
nella disubbidienza permessi ai vostri illeciti istinti. Rientrate a rimanete<br />
nella Disciplina più e più volte secolare. Da Mosè a Cristo, da Cristo a voi, da<br />
voi all’ultimo giorno quella è, e non altra.<br />
Scienza questa vostra? No. La scienza è in Me e nella mia Dottrina, e la
sapienza dell’uomo è nell’ubbidirmi. Curiosità senza pericolo? No. Contagio di<br />
cui poi subite le conseguenze. Via Satana se volete aver Cristo. Sono il Buono.<br />
Ma non vengo a convivenza collo Spirito del Male. O Io o lui. Scegliete.<br />
12O mio “portavoce”, di’ questo a chi va detto. È l’ultima voce che andrà a<br />
costoro. E tu e chi ti dirige siate cauti. Le prove divengono controprove in<br />
mano del Nemico e dei nemici dei miei amici. Siate attenti! Andate con la mia<br />
pace».<br />
____________________<br />
* la mano scrivente... la risposta…, entrambe in: Daniele 5.<br />
504.Marziam preparato al distacco. Ritorno al villaggio di Salomon e morte<br />
di Anania.<br />
26 settembre 1946.<br />
1«Alzatevi e partiamo. Andiamo di nuovo al fiume e cerchiamo una barca. Va’ tu,<br />
Pietro, con Giacomo. Che ci porti sin presso Betabara. Sosteremo un giorno da<br />
Salomon e poi...».<br />
«Ma non si andava a Nazaret?».<br />
«No. Nella notte ho deciso. Mi spiace per voi. Ma devo tornare indietro».<br />
«Io sono felice!», esclama Marziam. «Starò ancora con Te!».<br />
«Sì, per quanto, povero fanciullo, tu vedi ben tristi giorni al mio fianco!».<br />
«È bene perciò che amo restare con Te. Per darti amore. Questo solo io voglio.<br />
Non chiedo di più».<br />
Gesù lo bacia sulla fronte.<br />
«E ripassiamo da Betabara?», chiede Matteo.<br />
«No. Traversiamo il fiume con la barca di qualche pescatore».<br />
2Torna Pietro con Giacomo. «Nessuna barca, Maestro, sino a sera... E... lo devo<br />
dire?».<br />
«Dillo».<br />
«E sono passati di qui alcuni... Devono avere pagato bene o minacciato forte...<br />
Non credo che a sera troverai barca ugualmente... Sono spietati...». Pietro<br />
sospira.<br />
«Non importa. Mettiamoci in cammino... e il Signore ci aiuterà».<br />
La stagione è brutta, piove, c’è fango. La strada è motosa lungo l’argine, la<br />
pioggia si aumenta della rugiada della notte, abbondante lungo il fiume. Ma<br />
vanno lo stesso sullo stretto rialzo che costeggia la via, meno motoso e meno<br />
soggetto allo stillicidio della pioggiolina minuta ma continua, per un filare<br />
di pioppi che riparano alquanto, quando però un soffio di vento non fa<br />
precipitare di colpo tutte le gocce d’acqua trattenute fra i rami.<br />
«Eh! ormai è il suo tempo!», dice filosoficamente Tommaso rialzandosi la veste.<br />
«È il suo tempo!», conferma Barlolomeo e sospira.<br />
«Ci asciugheremo in qualche luogo. Non saranno tutti... eccitati contro di noi»,<br />
dice Pietro.<br />
«Potremo sempre trovare una barca... Non è detto!», aggiunge Giacomo d’Alfeo.<br />
«Se avessimo molto denaro si troverebbe tutto. Ma non ha voluto che andassi a<br />
vendere a Gerico!», dice Giuda di Keriot.<br />
«Taci! Te ne prego. Il Maestro è tanto afflitto! Taci!», supplica Giovanni.<br />
«Taccio. Anzi non faccio che rallegrarmi del suo ordine. Così non si può dire<br />
che quei sadducei di presso a Gerico li ho mandati io», e guarda Pietro. Ma<br />
Pietro è assorto e non vede né risponde.<br />
Vanno, vanno sotto la pioggiolina fina come nebbia, nella giornata grigiastra.
Ogni tanto parlano fra loro. Ma sembra parlino con se stessi, tanto le parole<br />
sembrano conclusioni ad un dialogo con un invisibile interlocutore.<br />
«Dovremo finire a fermarci in qualche luogo».<br />
«Tutti i luoghi sono uguali, perché in tutti vengono loro».<br />
«Persecuzione per persecuzione, meglio è stare in città. Almeno non ci si<br />
bagna».<br />
«Ma a cosa vogliono arrivare?».<br />
«Povera Maria! Se sapesse!».<br />
«Dio altissimo, proteggi i tuoi servi!», e così via... Poi si uniscono e<br />
discutono sottovoce.<br />
Gesù è davanti, solo... Solo! Finché lo raggiunge Marziam con lo Zelote.<br />
«Gli altri sono scesi sul greto. Per vedere se c’è barca... Si farebbe più<br />
presto. Ci vuoi con Te?».<br />
«Venite. Di che parlavate prima?».<br />
«Del tuo soffrire».<br />
«E dell’odio degli uomini. Cosa possiamo fare per sollevarti e per frenare<br />
l’odio?», chiede lo Zelote.<br />
«Per il mio dolore c’è il vostro amore... Per l’odio... non c’è che<br />
sopportarlo... È una cosa che cessa con la vita della Terra... e questo pensiero<br />
dà pazienza e fortezza nel sopportarlo. 3Marziam! Fanciullo! Perché sei<br />
turbalo?».<br />
«Perché questo mi ricorda Doras...».<br />
«Hai ragione. È tempo che Io ti rimandi a casa...».<br />
«No! Gesù! No! Perché mi vuoi punire di un male che non ho fatto?».<br />
«Non punire. Ma preservare... Io non voglio che tu ricordi Doras. Cosa si alza<br />
in te dietro a questo ricordo? Rispondi...».<br />
Marziam piange a capo chino, poi alza il viso a dice: «Hai ragione. Lo spirito<br />
mio non è capace di vedere e perdonare, non è ancora capace. Ma perché mi<br />
allontani? Se Tu soffri, io con più ragione ti devo stare vicino. Mi hai pur<br />
consolato, Tu, sempre! Non sono più il fanciullo stolto che lo scorso anno ti<br />
diceva: “Non farmi vedere il tuo dolore”. Sono un vero uomo, ora. Lascia che io<br />
resti! Signore! Oh! diglielo tu, Simone!».<br />
«Il Maestro sa ciò che è bene per noi. E forse... Egli ti vuole dare qualche<br />
incarico... Non so... Dico il mio pensiero...».<br />
«Hai detto bene. Lo avrei tenuto, e con tanta gioia, fin oltre le Encenie. Ma...<br />
Mia Madre è sola lassù. Il rumore dell’odio è forte tanto. Potrebbe temere più<br />
del bisogno. È sola mia Madre. E certo piange. Tu andrai da Lei a dirle che Io<br />
la saluto e che l’attendo ormai. Per dopo le Encenie. E non dirai altro,<br />
Marziam».<br />
«Ma se mi interroga?».<br />
«Oh! puoi non mentire dicendo... che la vita del suo Gesù è come questo cielo di<br />
etamin. Nuvole e pioggia, talora bufera. Ma non mancano i giorni di sole. Come<br />
ieri, come forse domani. Tacere non è mentire. Le dirai i miracoli che hai<br />
visto. Le dirai che Elisa è con Me. Che Anania mi ha accollo come un padre. Che<br />
a Nobe sono in casa di un buon israelita. Il resto... Sul resto stia il<br />
silenzio. 4E poi andrai da Porfirea. E vi starai finché Io non ti chiamo».<br />
Marziam piange più forte.<br />
«Perché piangi così? Non sei contento di andare da Maria? Ieri lo eri...», dice<br />
Simone.<br />
«Ieri sì. Perché andavamo tutti. E poi piango perché ho paura di non vederti<br />
più... Oh! Signore! Signore! Mai più sarà per me felice il giorno come lo fu in<br />
questi giorni!».<br />
«Ci vedremo ancora, Marziam. Te lo prometto».<br />
«Quando? Non prima di Pasqua. È lungo!». Gesù tace. «Veramente non mi vuoi prima<br />
di Pasqua?».<br />
Gesù gli passa un braccio intorno alle spalle ancora esili e se lo attira a Sé.<br />
«Perché vuoi sapere il futuro? Oggi siamo. Domani non siamo più. L’uomo, anche<br />
il più ricco e potente, non può aggiungere un giorno alla sua vita. Essa, e<br />
tutto il futuro, è nelle mani di Dio...».<br />
«Ma per Pasqua io devo venire al Tempio. Sono israelita. Tu non puoi farmi<br />
peccare! ».<br />
«Tu non peccherai. E il primo peccato che mi devi promettere di non fare mai è<br />
quello della disubbidienza. Tu ubbidirai. Sempre. A Me ora, a chi ti parlerà in<br />
mio Nome poi. Lo prometti? Ricordati che Io, tuo Maestro e Dio, ho ubbidito al
Padre mio e ubbidirò sino alla... fine del mio giorno». Gesù è solenne nel dire<br />
queste ultime parole.<br />
Marziam, quasi affascinato, dice: «Ubbidirò. Lo giuro. Davanti a Te e a Dio<br />
eterno».<br />
Un silenzio. Poi lo Zelote chiede: «Va in su da solo?».<br />
«No certamente. Con dei discepoli. Ne troveremo altri oltre Isacco».<br />
«Mandi in Galilea anche Isacco?».<br />
«Sì. Tornerà indietro con mia Madre».<br />
5Chiamano dal fiume. I tre si spostano, traversano la via, vanno verso l’acqua.<br />
«Guarda, Maestro. Abbiamo trovato. E non vogliono nulla. Son parenti di un<br />
miracolato. Ma portano rena a quel paese. Bisogna andare fin là a piedi, poi ci<br />
prendono».<br />
«Dio li compensi. Saremo a sera da Anania».<br />
Pietro, contento, risale verso la via e vede il viso turbalo di Marziam. «Che<br />
hai? Che ha fatto?».<br />
«Nulla di male, Simone. Gli ho detto che, giunto al primo luogo dove troverò<br />
discepoli, lo rimanderò a casa. Ed egli se ne rattrista».<br />
«A casa... Già!... Ma è giusto... La stagione...». Pietro riflette. Poi guarda<br />
Gesù e lo tira per la manica, facendolo abbassare sino alla sua bocca. Gli parla<br />
all’orecchio: «Maestro, ma perché lo mandi senza attendere...».<br />
«Per la stagione, lo hai detto».<br />
«E poi?».<br />
«Simone, non ti voglio mentire. E poi perché è bene che Marziam non si avveleni<br />
il cuore...».<br />
«Hai ragione, Maestro. Avvelenarsi il cuore... Ecco! È proprio quello che<br />
finisce ad avvenire». Alza la voce: «Il Maestro ha proprio ragione. Tu andrai<br />
e... ci vedremo a Pasqua. Infine... viene presto... Passato casleu... Oh! in<br />
breve tempo è il bel nisam. Sì, certo! Ha ragione...». La voce di Pietro si fa<br />
meno sicura. Ripete lentamente e con mestizia: «Ha ragione...», e parlando a se<br />
stesso: «Che sarà accaduto da qui a nisam?». Si batte la mano sulla fronte con<br />
mossa desolata.<br />
6E vanno, vanno nell’umida giornata. Non piove più sino a che, fangosi sino alle<br />
ginocchia, non montano in cinque piccole barche umide e renose che scendono di<br />
nuovo seguendo la corrente. Allora la pioggia riprende e, battendo sull’acqua<br />
calma del fiume che riflette il cielo bigio di nuvole, vi disegna tanti cerchi<br />
che si fanno e si sfanno di continuo, con un giuoco di sfaccettii madreperlacei.<br />
Sembra un paesaggio deserto. Sugli argini, nelle minuscole borgate fluviali, non<br />
si vede anima viva. La pioggia fa chiuse le case, deserte le vie. Cosicché,<br />
quando nel primo crepuscolo sbarcano là dove è il paesello di Salomon, trovano<br />
silenziosa e vuota la via, e giungono alla casa senza esser visti da nessuno.<br />
Bussano. Chiamano. Niente. Solo il tubare dei colombi, e il belare delle<br />
pecorelle, e il rumore della pioggia. «Non c’è nessuno. Che facciamo?».<br />
«Andate alle case del paese. A quella del piccolo Micael per prima», ordina<br />
Gesù.<br />
E, mentre gli apostoli più giovani vanno via lesti, Gesù coi più anziani resta<br />
presso la casa e osservano e commentano.<br />
«Tutto chiuso... Anche il cancello ben legalo e assicuralo. Guarda! C’è persino<br />
un grosso chiodo. E le finestre chiuse a notte. Che tristezza! E quel lagno di<br />
pecore e di colombi? Che sia malato? Che ne pensi, Maestro?».<br />
Gesù crolla il capo. È stanco e triste...<br />
7Tornano di corsa gli apostoli. Andrea è il primo a venire e grida, mentre<br />
ancora è lontano qualche metro: «È morto... Anania è morto... Non si può entrare<br />
nella casa perché ancora non è purificata... Da poche ore è nel sepolcro. Se<br />
potevamo venire ieri... Ora viene la donna, la madre di Micael».<br />
«Ma cosa ci perseguita?!», prorompe Barlolomeo.<br />
«Povero vecchio! Era così felice! Stava così bene! Ma come? Quando si è<br />
ammalato?». Parlano tutti insieme.<br />
Sopraggiunge la donna e, stando a distanza da tutti, dice: «Signore, la pace sia<br />
con Te. La mia casa ti è aperta. Ma... io non so se... Ho preparato il morto.<br />
Per questo ti sto lontana. Però ti posso indicare le case che ti accoglieranno».<br />
«Sì, donna. Dio ti compensi, e con te chi usa pietà ai viandanti. Ma come morì<br />
l’uomo?».<br />
«Oh! non so. Non fu malato. Ieri l’altro stava bene. Sì, certo. Stava bene.<br />
Micael era venuto al mattino a prendere le due pecore per unirle alle nostre.
Era stabilito. E io gli avevo portato a sesta delle vesti che gli avevo lavate.<br />
Era a tavola e mangiava, tutt’affatto sano. A sera ancora Micael aveva riportato<br />
le pecore e gli aveva preso due brocche d’acqua, e lui gli aveva regalato due<br />
focaccine che si era fatto. Ieri mattina mio figlio venne per le pecore. Era<br />
tutto chiuso come ora e nessuno rispose ai gridi del fanciullo. Egli spinse il<br />
cancello, ma non riuscì ad aprirlo... Era proprio chiuso. Allora si spaventò<br />
Micael e corse da me. Io e lo sposo corremmo e con noi altri. Abbiamo aperto il<br />
cancello, abbiamo bussato alla cucina... abbiamo forzato la porta... Era ancora<br />
seduto presso il focolare col capo reclinato sul tavolo, la lucerna ancora<br />
vicina, ma spenta come lui, un coltelluccio ai piedi, una scodella di legno<br />
mezza incisa... La morte lo ha preso così... Sorrideva... Era in pace... Oh! che<br />
viso da giusto gli era venuto! Pareva perfino più bello... Io... È poco che di<br />
lui mi curavo. Ma mi ci ero affezionata... e piango...».<br />
«Egli è in pace. Tu stessa l’hai detto. Non piangere! Dove lo avete messo?».<br />
«Sapevamo che lo amavi tanto e allora lo abbiamo messo nel sepolcro che Levi si<br />
è costruito da poco. L’unico, perché Levi è ricco. Noi non siamo ricchi. Là, in<br />
fondo, oltre la via. Ora, se Tu vuoi, purificheremo tutto e...».<br />
«Sì. Prenderai le pecore e i colombi, e il resto conservatelo per Me e i miei.<br />
Che Io possa sostarvi qualche volta. Dio ti benedica, donna. 8Andiamo al<br />
sepolcro».<br />
«Lo vuoi risuscitare?», chiede stupito Tommaso.<br />
«No. Per lui non sarebbe gioia. Là dove è, è più felice. Lo desiderava<br />
d’altronde...». Ma Gesù è molto accasciato. Sembra che tutto si unisca per<br />
aumentare la sua mestizia.<br />
Sulle porte delle case, delle donne guardano e salutano commentando.<br />
Presto è raggiunto il sepolcro: un piccolo cubo di fresco costruito. Gesù prega<br />
vicino ad esso. Poi si volge, con un umidore di pianto negli occhi, e dice:<br />
«Andiamo... Nelle case del paese. Nella nostra casetta non c’è più chi ci<br />
attende per benedirci... Padre mio! La solitudine fascia il Figlio tuo, il vuoto<br />
si fa sempre più vasto e più fosco. Coloro che mi amano se ne vanno, e restano<br />
coloro che mi odiano... Padre mio! La tua volontà sia sempre fatta e<br />
benedetta!...».<br />
Ritornano verso il paese, e due qui, tre là, entrano nelle case di quelli che<br />
non hanno toccato il morto, per trovare ricovero e ristoro.<br />
505.Nel Tempio, una grazia ottenuta con la preghiera incessante e<br />
la parabola del giudice e della vedova.<br />
27 settembre 1946.<br />
1Gesù è di nuovo a Gerusalemme. Una ventosa e bigia Gerusalemme invernale.<br />
Marziam è ancora con Gesù e così Isacco. Parlando si dirigono al Tempio.<br />
Con i dodici, parlando con lo Zelote più che cogli altri, e con Tommaso, sono<br />
Giuseppe e Nicodemo. Ma poi si separano e passano avanti salutando Gesù senza<br />
fermarsi.<br />
«Non vogliono far risaltare la loro amicizia col Maestro. È pericoloso!», sibila<br />
l’Iscariota ad Andrea.<br />
«Io credo che lo facciano per un giusto pensiero, non per viltà», li difende<br />
Andrea.<br />
«Del resto non sono discepoli. E lo possono fare. Non lo sono mai stati», dice<br />
lo Zelote.<br />
«No?! Mi pareva...».<br />
«Neppure Lazzaro è discepolo, e neppure...».<br />
«Ma se escludi ed escludi, chi resta?».<br />
«Chi? Quelli che hanno la missione di discepoli».<br />
«E quegli altri, allora, che cosa sono?».<br />
«Amici. Non più di amici. Lasciano forse le loro case, i loro interessi, per<br />
seguire Gesù?».<br />
«No. Ma lo ascoltano con piacere e gli danno aiuti e...».<br />
«Se è per questo! Anche i gentili lo fanno, allora. Tu vedi che presso Niche<br />
trovammo chi aveva pensato a Lui. E non sono certo dei discepoli quelle donne».<br />
«Non ti accalorare! Dicevo così, tanto per dire. Ti preme tanto che non<br />
risultino discepoli i tuoi amici? Dovresti volere il contrario, mi pare».
«Non mi accaloro e non voglio nulla. Neppure che tu faccia loro del male<br />
dicendoli discepoli suoi».<br />
«Ma a chi vuoi che lo dica? Sto sempre con voi... ».<br />
Simone Zelote lo guarda così severamente che il risolino si raggela sulle labbra<br />
di Giuda, il quale pensa opportuno di cambiare argomento chiedendo: «Che<br />
volevano, oggi, per parlare con voi due così?».<br />
«Hanno trovato la casa per Niche. Verso gli orti. Vicino alla Porta. Giuseppe<br />
conosceva il proprietario e sapeva che con un buon utile avrebbe vendulo. Lo<br />
faremo sapere a Niche».<br />
«Che volontà di gettare denaro!».<br />
«È suo. Ne può fare ciò che vuole. Ella vuole stare vicino al Maestro. Ubbidisce<br />
con ciò alla volontà dello sposo* e al suo cuore».<br />
_______________________<br />
* volontà dello sposo, ricordata in 373.4.<br />
«Solo mia madre è lontana...», sospira Giacomo di Alfeo.<br />
«E la mia», dice l’altro Giacomo.<br />
«Ma per poco. Hai sentito cosa ha detto Gesù a Isacco e Giovanni e Mattia?<br />
“Quando tornerete nella neomenia della luna di scebat, venite con le discepole<br />
oltre che con la Madre mia”».<br />
«Non so perché non vuole che Marziam torni con esse. Gli ha detto: “Verrai<br />
quando ti chiamo”».<br />
«Forse perché Porfirea non resti senza aiuto... Se nessuno pesca, lassù non si<br />
mangia. Noi non si va, deve andare Marziam. Non certo è sufficiente il fico,<br />
l’alveare, i pochi ulivi e le due pecore a mantenere una donna, vestirla,<br />
sfamarla...», osserva Andrea.<br />
2Gesù, fermo contro il muro di cinta del Tempio, li osserva venire. Con Lui sono<br />
Pietro, Marziam e Giuda d’Alfeo. Dei poverelli si alzano dai loro giacigli di<br />
pietra messi sulla via che viene verso il Tempio - quella che viene da Sion<br />
verso il Moria, non quella che da Ofel viene al Tempio - e vanno lamentosi verso<br />
Gesù a chiedere l’obolo. Nessuno chiede guarigione. Gesù ordina a Giuda di dare<br />
loro delle monete. Poi entra nel Tempio.<br />
Non c’è molta folla. Dopo la grande affluenza delle feste, cessano i pellegrini.<br />
Soltanto chi per seri interessi è obbligato a venire a Gerusalemme, o chi abita<br />
nella stessa città, sale al Tempio. Perciò i cortili e i portici, pur non<br />
essendo deserti, sono molto meno affollati, e sembrano più vasti, e più sacri,<br />
essendo meno rumorosi. Anche i cambiavalute e i venditori di colombe e altri<br />
animali sono meno numerosi, addossati alle mura dalla parte del sole, uno<br />
scialbo sole che si fa strada fra le nuvole bigie.<br />
Dopo aver pregato nel cortile degli Israeliti, Gesù torna indietro a si addossa<br />
ad una colonna osservando... ed essendo osservato.<br />
3Vede venire indietro, certamente dal cortile degli Ebrei, un uomo e una donna<br />
che, pur senza piangere apertamente, mostrano un volto doloroso più di un<br />
pianto. L’uomo cerca di confortare la donna. Ma si vede che lui pure è molto<br />
addolorato.<br />
Gesù si stacca dalla colonna e va loro incontro. «Di che soffrite?», li<br />
interroga con pietà.<br />
L’uomo lo guarda, stupito di quell’interessamento. Forse gli sembra anche<br />
indelicato. Ma l’occhio di Gesù è tanto dolce che lo disarma. Però, prima di<br />
dire il suo dolore, domanda: «Come mai un rabbi si interessa dei dolori di un<br />
semplice fedele?».<br />
«Perché il rabbi è tuo fratello, o uomo. Tuo fratello nel Signore, e ti ama come<br />
il comandamento dice».<br />
«Tuo fratello! Sono un povero coltivatore della pianura di Saron, verso Dora. Tu<br />
sei un rabbi».<br />
«Il dolore è per i rabbi come per tutti. So cosa è il dolore e ti vorrei<br />
consolare».<br />
La donna scosta un momento il suo velo per guardare Gesù e sussurra al marito:<br />
«Diglielo. Forse ci potrà aiutare...».<br />
4«Rabbi, noi avevamo una figlia, l’abbiamo. Per ora 1’abbiamo ancora... E<br />
1’abbiamo sposata decorosamente ad un giovane che ci fu... garantito buon marito<br />
da un comune amico. Sono sposi da sei anni ed hanno avuto due figli dalle loro<br />
nozze. Due... perché dopo cessò l’amore... tanto che ora... lo sposo vuole il<br />
divorzio. La figlia nostra piange e si consuma, per questo abbiamo detto che
1’abbiamo ancora, perché fra poco morirà di dolore. Abbiamo tutto tentato per<br />
persuadere l’uomo. E abbiamo tanto pregato l’Altissimo… Ma nessuno dei due ci ha<br />
ascoltato... Siamo venuti qui in pellegrinaggio per questo, e ci siamo<br />
trattenuti per tutto il corso di una luna. Tutti i giorni al Tempio, io al mio<br />
luogo, la donna al suo... Questa mattina un servo di mia figlia ci ha portato la<br />
notizia che lo sposo è andato a Cesarea per mandarle di là il libello di<br />
divorzio. E questa è la risposta che hanno avuto le nostre preghiere...».<br />
«Non dire così, Giacomo», supplica la moglie sottovoce. E termina: «Il rabbi ci<br />
maledirà come bestemmiatori... E Dio ci punirà. È il nostro dolore. Viene da<br />
Dio... E, se ci ha colpiti, segno è che l’abbiamo meritato», termina con un<br />
singhiozzo.<br />
«No, donna. Io non vi maledico. E Dio non vi punirà. Io ve lo dico. Così come vi<br />
dico che non è Dio che vi dà questo dolore, ma l’uomo. Dio lo permette per<br />
vostra prova e per prova del marito di vostra figlia. Non perdete la fede e il<br />
Signore vi esaudirà».<br />
«È tardi. Nostra figlia è ormai ripudiata e disonorata, e morirà...», dice<br />
l’uomo.<br />
«Non è mai tardi per l’Altissimo. In un attimo e per il persistere di una<br />
preghiera può mutare il corso degli avvenimenti. Dalla coppa alle labbra c’è<br />
ancor tempo per la morte di inserire il suo pugnale e impedire che chi si<br />
appressava alle labbra il calice non ne beva. E ciò per intervento di Dio. Io ve<br />
lo dico. Tornate ai vostri posti di preghiera e persistete oggi, domani e<br />
dopodomani ancora, e se saprete aver fede vedrete il miracolo».<br />
«Rabbi, Tu ci vuoi confortare... ma in questo momento... Non si può, e Tu lo<br />
sai, annullare il libello una volta consegnato alla ripudiata», insiste l’uomo.<br />
«Abbi fede, ti dico. È vero che non si può annullarlo. Ma sai tu se tua figlia<br />
lo ha ricevuto?».<br />
«Da Dora a Cesarea non è lungo il cammino. Mentre il servo veniva fin qui, certo<br />
Giacobbe è tornato a casa ed ha scacciato Maria».<br />
«Non è lungo il percorso. Ma sei certo che egli lo abbia compito? Un volere<br />
superiore all’umano non può avere arrestato un uomo, se Giosuè, con l’aiuto di<br />
Dio, arrestò il sole*? La vostra preghiera insistente e fiduciosa, fatta a buon<br />
fine, non è forse un volere santo, opposto al mal volere dell’uomo? E Dio,<br />
poiché chiedete cosa buona, a Lui, vostro Padre, non vi aiuterà nell’arrestare<br />
il cammino<br />
_______________________<br />
* arrestò il sole, come si narra in: Giosuè 10, 12-14; Siracide 46, 4. Lo<br />
annotiamo qui e in 600.20. Altri fatti riguardanti Giosuè sono annoiati in:<br />
159.2 (assemblea di Sichem e conseguente alleanza) - 215.2, 514.11 a 560.5<br />
(contro i re cananei) - 361.12, 387.7 e 642.9 (passaggio del Giordano) - 560.5<br />
(presa di Gerico e di Ai).<br />
del folle? Non vi avrà forse già aiutalo? E se anche l’uomo si ostinasse ancora<br />
ad andare, potrebbe se voi vi ostinate a chiedere al Padre una cosa giusta? Vi<br />
dico: andate e pregate oggi, domani e dopodomani, e vedrete il miracolo».<br />
«Oh! andiamo, Giacomo! Il Rabbi sa. Se dice di andare a pregare è segno che la<br />
sa cosa giusta. Abbi fede, sposo mio. Io sento una grande pace, una speranza<br />
forte sorgermi dove avevo tanto dolore. Dio ti compensi, o Rabbi che sei buono,<br />
e ti ascolti. Prega per noi Tu pure. Vieni, Giacomo, vieni», e riesce a<br />
persuadere il marito, che la segue dopo aver salutato Gesù col solito saluto<br />
ebraico di: «La pace sia con Te», al quale, con la stessa formula, risponde<br />
Gesù.<br />
«Perché non gli hai detto chi sei? Avrebbero pregato con più pace», dicono gli<br />
apostoli, e aggiunge Filippo: «Glielo vado a dire».<br />
Ma Gesù lo trattiene dicendo: «Non voglio. Avrebbero infatti pregato con pace.<br />
Ma con meno valore. Ma con meno merito. Così la loro fede è perfetta e sarà<br />
premiata».<br />
«Davvero?».<br />
«E volete che Io menta ingannando due infelici?».<br />
5Guarda la gente che si è radunata, un centinaio circa di persone, a dice:<br />
«Ascoltate questa parabola, che vi dirà il valore della preghiera costante.<br />
Voi lo sapete ciò che dice* il Deuteronomio parlando dei giudici e dei<br />
magistrati. Essi dovrebbero essere giusti e misericordiosi, ascoltando con<br />
equanimità chi ricorre a loro, pensando sempre di giudicare come se il caso che
devono giudicare fosse un loro caso personale, senza tener conto di donativi o<br />
minacce, senza riguardi verso gli amici colpevoli e senza durezze verso coloro<br />
che sono in urto con gli amici del giudice. Ma, se sono giuste le parole della<br />
Legge, non sono altrettanto giusti gli uomini e non sanno ubbidire alla Legge.<br />
Così si vede che la giustizia umana è sovente imperfetta, perché rari sono i<br />
giudici che sanno conservarsi puri da corruzione, misericordiosi, pazienti verso<br />
i ricchi come verso i poveri, verso le vedove e gli orfani come lo sono verso<br />
quelli che non sono tali.<br />
In una città c’era un giudice molto indegno del suo ufficio, ottenuto per mezzo<br />
di potenti parentele. Egli era oltremodo ineguale nel giudicare, essendo sempre<br />
propenso a dar ragione al ricco e al potente, o a chi da ricchi e potenti era<br />
raccomandato, oppure verso chi lo comperava con grandi donativi. Egli non temeva<br />
Dio e derideva i lagni del povero e di chi era debole perché solo e senza<br />
potenti difese. Quando non voleva ascoltare chi aveva così palesi ragioni di<br />
vittoria<br />
contro un ricco da non poter dare ad esso torto in nessuna maniera, egli lo<br />
faceva cacciare dal suo cospetto minacciandolo di gettarlo in carcere. E i più<br />
subivano le sue violenze ritirandosi sconfitti e rassegnati alla sconfitta prima<br />
ancora che la causa fosse discussa.<br />
____________________<br />
* dice, in: Deuteronomio 16, 18-20.<br />
Ma in quella città c’era pure una vedova carica di figli, la quale doveva avere<br />
una forte somma da un potente per dei lavori eseguiti dal suo defunto sposo al<br />
ricco potente. Essa, spinta dal bisogno e dall’amore materno, aveva cercato di<br />
farsi dare dal ricco la somma che le avrebbe concesso di saziare i suoi figli e<br />
vestirli nel prossimo inverno. Ma, tornate vane tutte le pressioni e suppliche<br />
fatte al ricco, si rivolse al giudice.<br />
I1 giudice era amico del ricco, il quale gli aveva detto: “Se lo mi dài ragione,<br />
un terzo della somma è tuo”. Perciò fu sordo alle parole della vedova che lo<br />
pregava: “Rendimi giustizia del mio avversario. Tu vedi se io ne ho bisogno.<br />
Tutti possono dire se ho diritto a quella somma”. Fu sordo e la fece cacciare<br />
dai suoi aiutanti.<br />
Ma la donna tornò una, due, dieci volte, alla mattina, a sesta, a nona, a sera,<br />
instancabile. E lo seguiva per via gridando: “Fammi giustizia. I miei figli<br />
hanno fame e freddo. Né io ho denaro per acquistare farina e vesti”. Si faceva<br />
trovare sulla soglia della casa del giudice quando questi vi tornava per sedersi<br />
a tavola coi suoi figli. E il grido della vedova: “Fammi giustizia del mio<br />
avversario, ché ho fame e freddo insieme alle mie creature” penetrava sino<br />
nell’interno della casa, nella stanza dei pasti, nella camera da letto durante<br />
la notte, insistente come il grido di un’upupa: “Fammi giustizia, se non vuoi<br />
che Dio ti colpisca! Fammi giustizia. Ricorda che la vedova e gli orfani sono<br />
sacri a Dio e guai a chi li conculca! Fammi giustizia se non vuoi soffrire un<br />
giorno ciò che noi soffriamo. La nostra fame! Il nostro freddo lo troverai<br />
nell’altra vita, se non fai giustizia. Misero te!”.<br />
Il giudice non temeva Dio e non temeva il prossimo. Ma di esser sempre<br />
molestato, di vedersi divenuto oggetto di risa da parte di tutta la città per la<br />
persecuzione della vedova, e anche oggetto di biasimo, era stanco. Per questo un<br />
giorno disse fra sé: “Per quanto io non tema Dio, né le minacce della donna, né<br />
il pensiero dei cittadini, pure, per porre fine a tanta molestia, darò ascolto<br />
alla vedova e le farò giustizia obbligando il ricco a pagare. Basta che essa non<br />
mi perseguiti più e mi si levi d’intorno”. E chiamalo l’amico ricco gli disse:<br />
“Amico mio, non è più possibile che io ti contenti. Fa’ il tuo dovere e paga,<br />
perché io non sopporto più di essere molestato per causa tua. Ho detto”. E il<br />
ricco dovette sborsare la somma secondo giustizia.<br />
6Questa è la parabola. Ora a voi applicarla.<br />
Avete sentito le parole di un iniquo: “Per porre fine a tanta molestia darò<br />
ascolto alla donna”. Ed era un iniquo. Ma Dio, il Padre buonissimo, sarà forse<br />
inferiore al cattivo giudice? Non farà giustizia a quei suoi figli che lo sanno<br />
invocare giorno e notte? E farà loro tanto attendere la grazia sino a che la<br />
loro anima accasciata cessa di pregare? Io ve lo dico: prontamente farà loro<br />
giustizia, perché la loro anima non perda la fede. Ma bisogna però anche saper<br />
pregare, senza stancarsi dopo le prime orazioni, e saper chiedere cose buone. E
anche affidarsi a Dio dicendo: “Però sia fatto ciò che la tua Sapienza vede per<br />
noi più utile”.<br />
Abbiate fede. Sappiate pregare con fede nella preghiera e con fede in Dio vostro<br />
Padre. Ed Egli vi farà giustizia contro coloro che vi opprimono. Siano essi<br />
uomini o demoni, malattie o altre sventure. La preghiera perseverante apre il<br />
Cielo, e la fede salva l’anima in qual che sia il modo che la preghiera sia<br />
ascoltata ed esaudita. Andiamo!».<br />
E si avvia all’uscita. È quasi fuori della cinta quando, alzando il capo ad<br />
osservare i pochi che lo seguono e i molti indifferenti od ostili che lo<br />
guardano da lontano, esclama tristamente: «Ma quando il Figlio dell’uomo<br />
tornerà, troverà forse ancora della fede sulla Terra?», e sospirando si avvolge<br />
più strettamente nel suo mantello, camminando a grandi passi verso il borgo di<br />
Ofel.<br />
506. Nel Tempio, il contestato discorso che rivela in Gesù la Luce del mondo.<br />
28 settembre 1946.<br />
1Gesù è ancora in Gerusalemme, ma non dentro ai cortili del Tempio. È però certo<br />
in una vasta stanza ben ornata, una delle tante sparse entro la cinta grande<br />
quanto un paese.<br />
Vi è entrato da poco, vi sta ancora camminando al fianco di chi lo ha invitato<br />
ad entrare, forse per ripararlo dal vento freddo che scorre sul Moria, e dietro<br />
di Lui camminano gli apostoli e qualche discepolo. Dico “qualche” perché, oltre<br />
Isacco e Marziam, vi è Gionata e, mescolati fra la gente, che pure entra dietro<br />
al Maestro, vi è quel levita Zaccaria che pochi giorni avanti gli ha detto* di<br />
volere essere suo discepolo, e vi sono anche altri due che già ho visto coi<br />
discepoli, ma dei quali non so il nome. Ma fra questi, benevoli, non mancano i<br />
soliti, gli inevitabili ed immutabili farisei. Si fermano quasi sulla porta,<br />
quasi si fossero trovati lì per caso a discutere d’affari, ma intanto sono lì<br />
per sentire. Viva è l’attesa della parola del Signore fra i presenti.<br />
Egli guarda questa accolta visibilmente di nazionalità diverse, non tutte<br />
palestinesi, sebbene di religione ebraica. Guarda questa accolta di persone,<br />
delle quali molti membri domani forse si spargeranno nelle regioni dalle quali<br />
vengono e porteranno ad esse la sua parola dicendo: «Abbiamo sentito l’Uomo che<br />
è detto il nostro Messia». E non parla ad essi, già istruiti nella Legge, della<br />
Legge, come fa molte volte quando comprende di avere di fronte delle ignoranze o<br />
delle fedi scosse, ma parla di Se stesso, perché lo conoscano.<br />
___________________<br />
* gli ha detto, in 490.9.<br />
Dice: «Io sono la Luce del mondo e chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma<br />
avrà la luce della Vita». E tace, dopo aver enunciato il tema del discorso che<br />
svolgerà, come fa abitualmente quando sta per pronunciare un grande discorso.<br />
Tace per lasciare tempo alla gente di decidere se l’argomento la interessa o<br />
meno, e dare anche tempo a quelli cui il tema proposto non interessa di<br />
andarsene. Dei presenti non se ne va nessuno; anzi, i farisei che erano sulla<br />
porta, intenti in una conversazione forzata e studiata, e che hanno taciuto e si<br />
sono voltati verso l’interno della sinagoga alla prima parola di Gesù, entrano<br />
facendosi largo con la loro immancabile prepotenza.<br />
2Quando ogni brusio è cessato, Gesù ripete la frase anzidetta con voce ancor più<br />
forte ed incisiva, e prosegue.<br />
«Io sono la Luce del mondo, essendo il Figlio del Padre che è il Padre della<br />
Luce. Il figlio sempre assomiglia al padre che lo ha generato e ne ha la stessa<br />
natura. Ugualmente Io assomiglio ed ho la natura di Colui che mi ha generato.<br />
Dio, l’Altissimo, lo Spirito perfetto e infinito, è luce d’Amore, luce di<br />
Sapienza, luce di Potenza, luce di Bontà, luce di Bellezza. Egli è il Padre<br />
delle luci, e chi vive di Lui ed in Lui vede perché è nella Luce, così come è<br />
desiderio di Dio che le creature vedano. Egli ha dato all’uomo intelletto e<br />
sentimento perché potessero vedere la Luce, ossia Lui stesso, e comprenderla e<br />
amarla. E ha dato all’uomo gli occhi perché potesse vedere la cosa più bella fra<br />
le cose create, la perfezione degli elementi, quella per la quale è visibile la
creazione, quella che è una delle prime azioni di Dio Creatore e porta il segno<br />
più visibile di Colui che l’ha creata: la luce, incorporea, luminosa, beatifica,<br />
consolante, necessaria, così come lo è il Padre di tutti: Dio eterno e<br />
altissimo.<br />
Per un comando del suo Pensiero, Egli creò il firmamento e la terra, ossia la<br />
massa dell’atmosfera e la massa della polvere, l’incorporeo e il corporeo, il<br />
leggerissimo e il pesante, ma ambedue ancor poveri e vuoti, informi ancora,<br />
perché avvolti nelle tenebre, vuoti di astri e di vita.<br />
Ma per dare alla terra e al firmamento la loro vera fisionomia, per farne due<br />
cose belle, utili, atte al proseguimento dell’opera creativa, lo Spirito di Dio<br />
- che si librava sopra alle acque e che era tutt’uno col Creatore che creava e<br />
con l’Ispiratore che spingeva a creare, per poter amare non soltanto Se stesso<br />
nel Padre e nel Figlio, ma anche un numero infinito di creature, dai nomi di<br />
astri, pianeti, acque, mari, selve, piante, fiori, animali che volano, guizzano,<br />
strisciano, corrono, saltano, arrampicano, e l’uomo infine, il più perfetto fra<br />
i creati, più perfetto del sole perché avente l’anima oltre che la materia,<br />
l’intelligenza oltre l’istinto, la libertà oltre l’ordine, l’uomo simile a Dio<br />
per lo spirito, simile all’animale per la carne, il semidio che dio diventa per<br />
partecipazione e per grazia di Dio e volontà propria, l’essere umano che volendo<br />
può trasformarsi in angelo, l’amatissimo del creato sensibile per il quale, pur<br />
sapendolo peccatore, da prima che il tempo fosse ha preparato il Salvatore, la<br />
Vittima, nell’Essere amato senza misura, nel Figlio, nel Verbo, per cui tutto è<br />
stato fatto - ma per dare alla terra a al firmamento la loro vera fisionomia,<br />
dicevo, ecco che lo Spirito di Dio, librantesi nel cosmo, grida, ed è la Parola<br />
che per la prima volta si manifesta: “Sia la luce”, e la luce è, buona,<br />
salutare, potente nel giorno, tenue nella notte, ma imperitura sino a che il<br />
tempo sarà.<br />
Dall’oceano di meraviglie che è il trono di Dio, il seno di Dio, Dio trae la<br />
gemma più bella, ed è la luce, che precede la gemma più perfetta, che è la<br />
creazione dell’uomo, nel quale non è un gioiello di Dio ma Dio stesso, col suo<br />
soffio alitato sul fango a farne una carne e una vita e un suo erede nel<br />
Paradiso celeste, dove Egli attende i giusti, i figli, per bearsi in loro e loro<br />
in Lui.<br />
Se all’inizio della creazione Dio volle sulle sue opere la luce, se per fare la<br />
luce si servì della sua Parola, se Dio ai più amati dona la sua somiglianza più<br />
perfetta: la luce - luce materiale gaudiosa ed incorporea, luce spirituale<br />
sapiente e santificante - potrà al Figlio del suo amore non aver dato ciò che è<br />
Egli stesso? In verità, a Colui in cui ab eterno Egli si compiace, l’Altissimo<br />
ha dato tutto, e del tutto ha voluto che fosse prima e potentissima la Luce,<br />
perché senza attendere di salire al Cielo gli uomini conoscessero la meraviglia<br />
della Triade, ciò che fa cantare i Cieli nei beati cori, cantare per l’armonia<br />
della gioia ammirata che viene agli angeli dal mirare la Luce, ossia Dio, la<br />
Luce che riempie il Paradiso e lo fa beato in tutti i suoi abitanti.<br />
Io sono la Luce del mondo. Chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la<br />
luce della Vita! Come la luce sulla terra informe permise la vita a piante ed<br />
animali, così la mia Luce permette agli spiriti la Vita eterna. Io, la Luce che<br />
Io sono, creo in voi la Vita e la mantengo, l’aumento, vi ricreo in essa, vi<br />
trasformo, vi porto alla Dimora di Dio per vie di sapienza, d’amore, di<br />
santificazione. Chi ha in sé la Luce ha in sé Dio, perché la Luce è una con la<br />
Carità, e chi ha la Carità ha Dio. Chi ha in sé la Luce ha in sé la Vita, perché<br />
Dio è là dove è accolto il suo Figlio diletto».<br />
3«Tu dici parole senza ragione. Chi ha visto ciò che è Dio? Neppure Mosè* ha<br />
visto Dio, perché sull’Oreb, non appena seppe chi parlava dal rovelo ardente, si<br />
coperse il volto; e anche le altre volte non poté vederlo fra le abbacinanti<br />
folgori. E Tu dici di aver visto Dio? A Mosè, che solo lo sentì parlare, rimase<br />
uno splendore sul volto. Ma Tu, che luce hai sul tuo viso? Sei un povero galileo<br />
dal volto pallido come i più fra voi. Un malato sei, stanco e magro. In verità,<br />
se avessi visto Dio ed Egli ti amasse, non saresti come uno che è prossimo a<br />
morire. Vuoi dare la vita Tu che non l’hai neppure per Te stesso?», e scuotono<br />
il capo compassionandolo ironici.<br />
«Dio è Luce ed Io so quale è la sua Luce, perché i figlioli conoscono il loro<br />
padre e perché ognuno conosce se stesso. Io conosco il Padre mio e so chi sono.<br />
Io<br />
_________________________
* Mosè, nelle manifestazioni divine di cui si narra in: Esodo 3, 1-6; 19, 16-25;<br />
34, 29-35.<br />
sono la Luce del mondo. Sono la Luce perché mio Padre è la Luce e mi ha generato<br />
dandomi la sua Natura. La Parola non è dissimile dal Pensiero, perché la parola<br />
esprime ciò che l’intelletto pensa. E del resto, non conoscete più i profeti?<br />
Non ricordate Ezechiele a soprattutto Daniele? Descrivendo Dio, visto nella<br />
visione, sul carro dei quattro animali, dice il primo*: “Sul trono vi stava uno<br />
che all’aspetto sembrava un uomo e dentro di lui e intorno a lui io vidi una<br />
specie di elettro come l’apparenza del fuoco, e dai suoi lombi al di sopra e al<br />
di sotto vidi come una specie di fuoco che risplendeva all’intorno; come<br />
l’aspetto dell’arcobaleno quando si forma nella nube in giorno di pioggia, tale<br />
era l’aspetto dello splendore all’intorno”. E dice Daniele: “Io stava ad<br />
osservare finché non furono alzati dei troni e non s’assise l’Antico dei giorni.<br />
Le sue vesti erano bianche come la neve, i capelli come candida lana; vive<br />
fiamme erano il suo trono e le ruote del suo trono erano fuoco divampante. Un<br />
fiume di fuoco scorreva rapidamente davanti alla sua faccia”. Così è Dio, e così<br />
Io sarò quando verrò a giudicarvi».<br />
4«La tua testimonianza non è valida. Ti rendi testimonianza da Te stesso. Perciò<br />
la tua testimonianza che valore ha? Per noi non è vera».<br />
«Benché Io renda testimonianza a Me stesso, la mia testimonianza è vera, perché<br />
Io so da dove sono venuto e dove vado. Ma voi non sapete né da dove vengo né<br />
dove vado. Voi avete per sapienza ciò che vedete. Io conosco invece tutto quello<br />
che è ignoto all’uomo, e sono venuto perché voi pure lo conosciate. Per questo<br />
ho detto che Io sono Luce. Perché la luce fa conoscere ciò che era celato dalle<br />
ombre. Nel Cielo è luce, in Terra molto regnano le tenebre e celano le verità<br />
agli spiriti, perché le tenebre odiano gli spiriti degli uomini e non vogliono<br />
che conoscano la Verità e le verità perché non si santifichino. E per questo Io<br />
sono venuto. Perché voi abbiate Luce e perciò Vita. Ma voi non mi volete<br />
accogliere. Voi volete giudicare ciò che non conoscete e ciò che non potete<br />
giudicare, perché è tanto più in alto di voi ed è incomprensibile a chiunque non<br />
lo contempli con l’occhio dello spirito, e spirito umile e nutrito di fede. Ma<br />
voi giudicate secondo la carne. Perciò non potete essere nella verità di<br />
giudizio. Io invece non giudico alcuno, sol che possa astenermi dal giudicare.<br />
Vi guardo con misericordia e prego per voi. Perché vi apriate alla Luce. Ma<br />
quando devo proprio giudicare, allora il mio giudizio è vero, perché Io non sono<br />
solo, ma sono con il Padre che mi ha mandato, ed Egli vede dalla sua gloria<br />
l’interno dei cuori. E, come vede il vostro, vede il mio. E se vedesse nel mio<br />
cuore un giudizio ingiusto, per amore di Me e per l’onore della sua Giustizia me<br />
ne avvertirebbe. Ma Io e il Padre giudichiamo in un unico modo, e perciò siamo<br />
in due, e non sono solo a giudicare e a testimoniare.<br />
______________________<br />
* dice il primo, in: Ezechiele 1, 26-28; dice Daniele, in: Daniele 7, 9-10.<br />
Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza* di due testimoni che<br />
affermano la stessa cosa è da accertarsi per vera e valida. Io dunque rendo<br />
testimonianza alla mia Natura, e con Me il Padre che mi ha mandato testimonia la<br />
stessa cosa. Perciò ciò che Io dico è vero».<br />
5«Noi non sentiamo la voce dell’Altissimo. Tu lo dici che ti è Padre...».<br />
«Egli ha parlato di Me sul Giordano...».<br />
«Va bene. Ma non eri solo Tu al Giordano. C’era anche Giovanni. Poteva parlare<br />
di lui. Egli era un grande profeta».<br />
«Con le vostre stesse labbra vi condannate. Ditemi: chi parla sulle labbra dei<br />
profeti?».<br />
«Lo Spirito di Dio».<br />
«E per voi Giovanni era profeta?».<br />
«Uno dei più grandi, se non il più grande».<br />
«E allora perché non avete creduto alle sue parole e non ci credete? Egli mi<br />
indicava come l’Agnello di Dio venuto a cancellare i peccati del mondo. A chi lo<br />
interrogava se era egli il Cristo diceva: “Io non sono il Cristo, ma colui che<br />
lo precede. E dietro di me è Colui che in realtà mi precede, perché esisteva da
prima di me, ed io non lo conoscevo, ma Colui che mi ha preso dal ventre dì mia<br />
madre e che mi ha investito nel deserto e mi ha mandato a battezzare, mi ha<br />
detto: ‘Colui su cui vedrai scendere lo Spirito, quello è Colui che battezzerà<br />
con lo Spirito Santo e nel fuoco’ ”. Non ve ne ricordate? Eppure molti di voi<br />
eravate presenti... Perché dunque non credete al profeta che mi indicò avendo<br />
sentito le parole del Cielo? Questo devo dire al Padre mio: che il suo Popolo<br />
non crede più nei profeti?».<br />
«E dove è mai il padre tuo? Giuseppe il legnaiolo dorme da anni nel sepolcro. Tu<br />
non hai più padre».<br />
«Voi non conoscete né Me né il Padre mio. Ma, se mi voleste conoscere,<br />
conoscereste anche il mio vero Padre».<br />
«Sei un ossesso e un mentitore. Sei un bestemmiatore, volendo sostenere che<br />
l’Altissimo ti è Padre. E meriteresti di esser colpito secondo la Legge».<br />
I farisei e altri del Tempio urlano minacciosi, mentre la gente li guarda torva<br />
in difesa del Cristo.<br />
Gesù li guarda senza aggiungere parola e poi esce dalla stanza, da una porticina<br />
laterale che dà su un portico.<br />
____________________<br />
* testimonianza, come è prescritto in: Deuteronomio 19, 15-20.<br />
507 . La grande disputa con i Giudei e fuga dal Tempio con l’aiuto del levita<br />
Zaccaria.<br />
30 settembre 1946.<br />
1Gesù rientra nel Tempio con apostoli e discepoli. E alcuni apostoli, e non<br />
soltanto apostoli, gli fanno osservare che è imprudente il farlo. Ma Egli<br />
risponde: «Con quale diritto potrebbero negarmi di entrarvi? Sono forse<br />
condannato? No, per ora ancora non lo sono. Salgo dunque all’altare di Dio come<br />
ogni israelita che teme il Signore».<br />
«Ma Tu hai intenzione di parlare...».<br />
«E non è questo il luogo dove solitamente si adunano i rabbi per parlare? Essere<br />
fuori di qui per parlare e ammaestrare è l’eccezione, e può rappresentare il<br />
riposo preso da un rabbi, o una necessità personale. Ma il luogo dove ognuno ama<br />
tenere scuola ai discepoli è questo. Non vedete intorno ai rabbi gente di ogni<br />
nazionalità, che si accosta a sentire almeno una volta i celebri rabbi? Se non<br />
altro per poter dire, tornando al paese natio: “Abbiamo sentito un maestro o un<br />
filosofo parlare secondo il modo d’Israele”. Maestro, per quelli che già sono o<br />
tendono d’essere ebrei; filosofo, per i gentili veri e propri. Né i rabbi<br />
sdegnano di essere ascoltati da questi ultimi, poiché sperano di farne dei<br />
proseliti. Senza questa speranza, che se fosse umile sarebbe santa, essi non<br />
starebbero nel cortile dei Pagani, ma esigerebbero di parlare in quello degli<br />
Ebrei e, fosse possibile, nel Santo stesso, ché, secondo il loro giudizio verso<br />
se stessi, essi sono tanto santi che solo Dio è a loro superiore... Ed Io,<br />
Maestro, parlo dove i maestri parlano. Ma non temete! Non è ancora il momento<br />
loro. Quando sarà il momento loro, Io ve lo dirò, perché voi fortifichiate il<br />
vostro cuore».<br />
«Tu non lo dirai», dice l’Iscariota.<br />
«Perché?».<br />
«Perché non lo potrai sapere. Nessun segno te lo indicherà. Non c’è segno. Sono<br />
quasi tre anni che sono con Te e ti ho sempre visto minacciato e perseguitato.<br />
Anzi, allora eri solo. Ora hai dietro a Te il popolo che ti ama e che i farisei<br />
temono. Sei dunque più forte. Da cosa vuoi capire il momento?».<br />
«Da ciò che vedo nel cuore degli uomini».<br />
Giuda resta un attimo interdetto, poi dice: «E non lo dirai anche perché... Tu<br />
ci risparmi temendo del nostro coraggio».<br />
«Per non affliggerci tace», dice Giacomo di Zebedeo.<br />
«Anche. Ma certo non lo dirai».<br />
«Io ve lo dirò. E, finché non ve lo dirò, qualunque sia la violenza e l’odio che
vedrete contro di Me, non spaventatevene. Sono senza conseguenze. 2Andate<br />
avanti. Io resto qui ad attendere Mannaen e Marziam».<br />
A malincuore i dodici e chi è con loro vanno avanti.<br />
Gesù torna verso la porta per attendere i due, e anzi esce nella strada e piega<br />
verso l’Antonia.<br />
Dei legionari, fermi presso la fortezza, se lo additano e confabulano tra loro.<br />
Sembra ci sia come un poco di discussione, poi uno dice forte: «Io glielo<br />
chiedo», e si stacca venendo verso Gesù. «Salve, Maestro. Parli anche oggi là<br />
dentro?».<br />
«La Luce ti illumini. Sì. Parlerò».<br />
«Allora... guardati. Uno che sa ci ha avvertito. E una che ti ammira ha ordinato<br />
di vegliare. Noi saremo presso il sotterraneo d’oriente. Ne sai l’entrata?»<br />
«Non l’ignoro. Ma è chiusa dall’una e l’altra parte».<br />
«Lo credi?». Il legionario ride di un riso breve, e nell’ombra del suo elmo gli<br />
occhi e i denti brillano facendolo più giovane. Poi saluta irrigidendosi:<br />
«Salve, Maestro. Ricordati di Quinto Felice».<br />
«Ricorderò. La Luce ti illumini».<br />
Gesù torna a camminare e il legionario torna al posto di prima e parla coi suoi<br />
commililoni.<br />
«Maestro, abbiamo tardato? Erano tanti i lebbrosi!», dicono insieme Mannaen,<br />
vestito semplicemente di marrone scuro, e Marziam.<br />
«No. Avete fatto presto. Andiamo però. Gli altri ci attendono. Mannaen, sei<br />
stato tu che hai avvisato i romani?».<br />
«Di che, Signore? Io non ho parlato con nessuno. E non saprei... Le romane non<br />
sono in Gerusalemme».<br />
Sono di nuovo presso la porta della cinta. Come ci fosse per caso, è lì presso<br />
il levita Zaccaria.<br />
«La pace a Te, Maestro. Ti voglio dire... Io cercherò di essere sempre dove Tu<br />
sei, qui dentro. E Tu non mi perdere d’occhio. E se c’è tumulto e vedi che io<br />
vado via, cerca di seguirmi sempre. Ti odiano tanto! Io non posso fare di più...<br />
Comprendimi...».<br />
«Dio ti compensi e benedica per la pietà che hai per il suo Verbo. Farò ciò che<br />
dici. E non temere, ché nessuno saprà del* tuo amore per Me».<br />
Si separano.<br />
«Forse è stato lui a dire ai romani. Stando lì dentro, avrà saputo...», sussurra<br />
Mannaen.<br />
3Vanno a pregare, passando fra la gente che li guarda con sentimenti diversi e<br />
che si riunisce poi dietro a Gesù quando, finita la preghiera, Egli torna via<br />
dal cortile degli Ebrei.<br />
Fuori della seconda cinta Gesù fa per fermarsi, ma viene circondato da un gruppo<br />
misto di scribi, farisei e sacerdoti. Uno dei magistrati del Tempio parla per<br />
tutti.<br />
«Sei qui ancora? Non capisci che non ti vogliamo? Neppure temi il pericolo che<br />
qui ti incombe? Vattene. È già molto se ti lasciamo entrare per pregare. Non ti<br />
permettiamo più di insegnare le tue dottrine».<br />
_______________________<br />
* ché nessuno saprà del, invece di che nessuno sappia il, è correzione di MV su<br />
una copia dattiloscritta.<br />
«Sì. Vattene. Vattene, bestemmiatore!».<br />
«Sì. Me ne vado come voi volete. E non solo fuor da queste mura. Me ne andrò,<br />
sto già andando, più lontano, dove più non mi potrete raggiungere. E verranno<br />
ore in cui mi cercherete anche voi, e non più per perseguitarmi soltanto, ma<br />
anche per un superstizioso terrore di esser percossi per avermi cacciato, per<br />
un’ansia superstiziosa di essere perdonati del vostro peccato per ottenere<br />
misericordia. Ma Io ve lo dico. Questa è l’ora della misericordia. Questa è<br />
l’ora di farsi amico l’Altissimo. Passata questa, sarà inutile ogni riparo. Non<br />
mi avrete più e morirete nel vostro peccato. Percorreste anche tutta la Terra e<br />
riusciste a raggiungere gli astri e i pianeti, non mi trovereste più, perché<br />
dove Io vado voi non potete venire. Ve l’ho già detto. Dio viene e passa. Chi è<br />
sapiente lo accoglie coi suoi doni nel suo passaggio. Chi è stolto lo lascia<br />
andare e non lo ritrova mai più. Voi siete di quaggiù. Io sono di lassù. Voi<br />
siete di questo mondo. Io non sono di questo mondo. Perciò, una volta che Io<br />
sia tornato nella dimora del Padre mio, fuori di questo vostro mondo, non
mi troverete più e morirete nei vostri peccati, perché neppure saprete<br />
raggiungermi spiritualmente con la fede».<br />
«Ti vuoi uccidere, insatanassato? Certo che allora, nell’Inferno dove scendono i<br />
violenti, noi non potremo venire a raggiungerti, ché l’Inferno è dei dannati,<br />
dei maledetti, e noi siamo i benedetti figli dell’Altissimo», dicono alcuni.<br />
E altri approvano dicendo: «Certo si vuole uccidere, perché dice che dove va noi<br />
non potremo andare. Comprende di essere scoperto e di aver fallito la prova, e<br />
si sopprime senza attendere di esser soppresso come l’altro galileo falso<br />
Cristo».<br />
E altri, benevoli: «E se fosse invece proprio il Cristo e tornasse proprio a<br />
Colui che lo ha mandato?».<br />
«Dove? In Cielo? Non vi è Abramo e vuoi che Egli ci vada? Prima deve venire il<br />
Messia».<br />
«Ma Elia fu rapito al Cielo su un carro di fuoco».<br />
«Su un carro, sì. Ma al Cielo!... Chi lo assicura?».<br />
E il contrasto dura mentre farisei, scribi, magistrati, sacerdoti, giudei<br />
servili ai sacerdoti, scribi e farisei, incalzano il Cristo per i vasti<br />
porticati come una muta di cani incalza la selvaggina scovata.<br />
4Ma alcuni, i buoni fra la massa ostile, quelli veramente mossi da desiderio<br />
onesto, si fanno largo sino a raggiungere Gesù e gli fanno l’ansiosa domanda,<br />
già tante volte sentita fare o con amore o con odio: «Chi sei Tu? Diccelo,<br />
perché noi si sappia regolarsi. Di’ la verità in nome dell’Altissimo!».<br />
«Io sono la Verità stessa e non uso mai menzogna. Io sono quello che vi ho<br />
dichiarato sempre d’essere dal primo giorno che ho parlato alle turbe, in ogni<br />
luogo della Palestina, quello che ho detto d’essere qui, più volte, presso il<br />
Santo dei santi, del quale non temo le folgori perché Io dico la verità. Ho<br />
molte cose ancora da dire e da giudicare nel mio giorno e a riguardo di questo<br />
popolo e, per quanto paia già prossima per Me la sera, Io so che le dirò e<br />
giudicherò tutti, perché così mi ha promesso Colui che mi ha mandato e che è<br />
verace. Egli ha parlato con Me in un eterno amplesso d’amore, dicendomi tutto il<br />
suo Pensiero, perché Io lo potessi dire con la mia Parola al mondo, e non potrò<br />
tacermi, né alcuno potrà farmi tacere sino a che Io avrò annunziato al mondo<br />
tutto quanto ho sentito dal Padre mio».<br />
«E ancora bestemmi? E continui a dirti Figlio di Dio? Ma chi vuoi che ti creda?<br />
Chi vuoi che veda in Te il Figlio di Dio?», gli gestiscono i nemici quasi coi<br />
pugni sul viso, fatti stravolti dall’odio.<br />
Apostoli, discepoli e bene intenzionati li respingono, facendo come una barriera<br />
di protezione al Maestro. Il levita Zaccaria si insinua piano piano, con mosse<br />
attente e volte a non attirare l’attenzione degli energumeni, presso Gesù,<br />
vicino a Mannaen e ai due figli di Alfeo.<br />
5Sono ormai al termine del portico dei Pagani, perché l’andare è lento fra le<br />
correnti contrarie, e Gesù si ferma al suo solito posto, all’ultima colonna del<br />
lato orientale. Si ferma. Dal luogo dove stanno anche i pagani non possono<br />
cacciare un vero israelita, a meno di non eccitare la folla. Cosa che i subdoli<br />
evitano di fare. E di lì riprende a parlare, rispondendo ai suoi offensori e a<br />
tutti con essi: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo...».<br />
Urlano i farisei e scribi: «E chi vuoi che ti innalzi? Misero quel paese che ha<br />
per re un ciarlatore folle e un bestemmiatore inviso a Dio. Nessuno di noi ti<br />
innalzerà, stanne certo. E quel resto di lume che ti rimane te lo ha fatto<br />
capire in tempo quando fosti tentato*. Tu lo sai che non potremo mai farti<br />
nostro re!».<br />
«Lo so. Non mi innalzerete su un trono, eppure mi innalzerete. E crederete di<br />
abbassarmi innalzandomi. Ma proprio quando crederete di avermi abbassato, sarò<br />
innalzato. Non soltanto sulla Palestina, non soltanto su tutto Israele sparso<br />
nel mondo, ma su tutto il mondo, e persino sulle nazioni pagane, persino su quei<br />
luoghi che ancora i dotti del mondo ignorano. E lo sarò non per una vita d’uomo,<br />
ma per tutta la vita della Terra, e sempre più l’ombra del padiglione del mio<br />
trono si estenderà sulla Terra finché tutta la coprirà. Solo allora tornerò e mi<br />
vedrete. Oh! mi vedrete!».<br />
«Ma udite che discorsi da folle! Lo innalzeremo abbassandolo e lo abbasseremo<br />
alzandolo! Un pazzo! Un pazzo! E l’ombra del suo trono su tutta la Terra! Più<br />
grande di Ciro! Più di Alessandro! Più di Cesare! Dove lo metti Cesare? Credi<br />
che ti lasci prendere l’impero di Roma? E durerà sul trono per tutto il tempo<br />
del mondo! Ah! Ah! Ah!». Sono schiaffeggianti, peggio, staffilanti nella loro
ironia più di un flagello.<br />
6Ma Gesù li lascia dire. Alza la voce per essere inteso nel clamore di chi<br />
deride a di chi difende, e che empie il luogo col rumore di un mare inquieto.<br />
__________________________<br />
* fosti tentato, come è spiegalo in 464.19.<br />
«Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora comprenderete Chi sono e<br />
che da Me nulla faccio, ma dico ciò che mio Padre mi ha insegnato e faccio ciò<br />
che Egli vuole. Né già Colui che mi ha mandato mi lascia solo, ma è meco. Così<br />
come l’ombra segue il corpo, altrettanto dietro Me, vegliante, presente se pur<br />
invisibile, è il Padre. È dietro di Me e mi conforta e aiuta e non si allontana,<br />
perché Io faccio sempre ciò che a Lui piace. Dio si allontana invece quando i<br />
suoi figli non ubbidiscono alle sue leggi e alle sue ispirazioni. Allora se ne<br />
va e li lascia soli. Per questo molti in Israele peccano. Perché l’uomo lasciato<br />
a se stesso difficilmente si conserva giusto e facilmente cade fra le spire del<br />
Serpente. E in verità, in verità vi dico che, per il vostro peccato di<br />
resistenza alla Luce e alla Misericordia di Dio, Dio si allontana da voi e<br />
lascerà vuoto di Sé questo luogo e i vostri cuori, e ciò che pianse Geremia<br />
nelle sue profezie e nelle sue lamentazioni si compirà esattamente. Meditate<br />
quelle parole profetiche* e tremate. Tremate e rientrate in voi stessi con<br />
spirito buono. Sentite non le minacce, ma ancora la bontà del Padre che avverte<br />
i suoi figli mentre ancora è loro concesso di riparare e salvarsi. Sentite Dio<br />
nelle parole e nei fatti e, se non volete credere alle mie parole, perché il<br />
vecchio Israele vi soffoca, credete almeno al vecchio Israele. In esso gridano i<br />
profeti i pericoli e le sciagure della Città Santa e di tutta la Patria nostra,<br />
se non si converte al Signore Iddio suo e non segue il Salvatore. Su questo<br />
popolo già pesò la mano di Dio nei secoli passati. Ma nulla sarà il passato e il<br />
presente rispetto al tremendo futuro che lo aspetta per non aver voluto<br />
accogliere il Mandato da Dio. Né in rigore, né in durata è paragonabile ciò che<br />
attende Israele che ripudia il Cristo. Io ve lo dico, spingendo lo sguardo nei<br />
secoli: come pianta stroncata e gettata su un turbinoso fiume, così sarà la<br />
razza ebraica colpita da anatema divino. Tenace, cercherà di fermarsi sulle<br />
rive, in questo o quel punto, e rigogliosa come è getterà polloni e radici. Ma<br />
quando crederà di essersi messa a dimora, la riprenderà la violenza della<br />
fiumana e la strapperà ancora, la spezzerà nelle radici e nei polloni, ed essa<br />
andrà più là, a soffrire, per abbarbicarsi, per essere di nuovo strappata e<br />
dispersa. E nulla potrà darle pace, perché la fiumana che l’incalza sarà l’ira<br />
di Dio e lo sprezzo dei popoli. Solo gettandosi in un mare di Sangue vivo e<br />
santificante potrebbe trovare pace. Ma essa fuggirà quel Sangue perché,<br />
nonostante che esso avrà ancora voci d’invito per essa, sembrerà ad essa che<br />
abbia la voce del sangue d’Abele verso essa: Caino dell’Abele celeste».<br />
Altro vasto brusio che si propaga per il vasto recinto come rumore d’onde. Ma<br />
mancano in questo brusio le voci aspre dei farisei e scribi, e dei giudei a loro<br />
asserviti. Gesù ne approfitta per tentare di andarsene.<br />
___________________________<br />
* parole profetiche, che sono in quasi tutto il libro di Geremia e in quello<br />
delle Lamentazioni, attribuilo alto stesso profeta.<br />
7Ma alcuni che erano lontani si accostano a Lui a gli dicono: «Maestro,<br />
ascoltaci. Non tutti noi siamo come essi (e accennano i nemici), ma però<br />
facciamo fatica a seguirti, anche perché la tua voce è sola contro cento e mille<br />
che dicono il contrario di ciò che Tu dici. E sono le cose che dicono essi,<br />
quelle che abbiamo sentito dai padri nostri sino dall’infanzia. Però le tue<br />
parole ci inducono a credere. Ma come faremo a credere completamente e ad avere<br />
vita? Noi siamo come legati dal pensiero del passato...».<br />
«Se vi stabilirete nella mia Parola come se rinasceste ora, crederete<br />
completamente e diverrete miei discepoli. Ma occorre che vi spogliate del<br />
passato e accettiate la mia dottrina. Essa non cancella tutto il passato. Anzi,<br />
mantiene e rinvigorisce ciò che è santo e soprannaturale del passato, e leva il<br />
superfluo umano mettendo la perfezione della mia dottrina là dove ora sono le
dottrine umane sempre imperfette. Se venite a Me conoscerete la Verità, e la<br />
Verità vi farà liberi».<br />
«Maestro, è vero che ti abbiamo detto che siamo come legati dal passato. Ma<br />
questo legame non è prigionia né schiavitù. Noi siamo posterità di Abramo. Nelle<br />
cose dello spirito. Perché la posterità di Abramo*, se non siamo in errore, è<br />
detta per dire posterità spirituale contrapposta a quella di Agar, che è<br />
posterità di schiavi. Come dunque puoi dire che diverremo liberi?».<br />
«Era posterità di Abramo anche Ismaele ed i figli di lui, ve lo faccio notare.<br />
Perché Abramo fu padre e di Isacco e di Ismaele».<br />
«Ma impura, perché figlio di donna schiava ed egizia».<br />
«In verità, in verità vi dico: non vi è che una schiavitù, quella del peccato.<br />
Soltanto chi commette peccato è uno schiavo. E di una schiavitù che nessuna<br />
moneta riscatta. E verso un padrone inesorabile e crudele. E perdente ogni<br />
diritto alla libera sovranità nel Regno dei Cieli. Lo schiavo, l’uomo che una<br />
guerra o delle sciagure hanno fatto schiavo, può cadere anche in possesso di un<br />
buon padrone. Ma è sempre precario il suo benestare, perché il padrone lo può<br />
vendere ad altro padrone crudele. Egli è una merce e nulla più. Talora serve<br />
anche come moneta per saldare un debito. E non ha neppure il diritto di<br />
piangere. Il servo invece vive nella casa del padrone finché però esso non lo<br />
licenzia. Ma il figlio resta sempre nella casa del padre, né il padre pensa a<br />
cacciarlo. Soltanto per sua libera volontà ne può uscire. E in questo sta la<br />
differenza fra schiavitù e servitù, e fra servitù e figliolanza. La schiavitù<br />
mette l’uomo in catene. La servitù lo mette a servizio di un padrone. La<br />
figliolanza lo colloca per sempre, e con parità di vita, nella casa del padre.<br />
La schiavitù annichila l’uomo. La servitù lo rende soggetto. La figliolanza lo<br />
fa libero e felice. Il peccato fa l’uomo schiavo del padrone più crudele e<br />
senza<br />
__________________<br />
* posterità di Abramo, nel racconto di: Genesi 16-17; 21, 8-20; opere di Abramo,<br />
nei racconti di: Genesi 12; 13; 15; 18; 22. Citato nell’opera fin da 8.2 (in<br />
relazione al noto episodio del sacrificio del figlio Isacco) Abramo viene più<br />
volte ricordato come padre d’Israele e di tutti i credenti. È chiamato seno di<br />
Abramo (nota in 223.7) il luogo della beata attesa per coloro che muoiono nella<br />
fedeltà al Dio d’Israele. Altre noie su Abramo, oltre alla nota in 300.2 che<br />
riguarda Rebecca sposa di Isacco, sono in: 509.4 - 514.3 - 635.18 - 638.8.15.<br />
termine: Satana. La servitù, in questo caso l’antica Legge, fa l’uomo timoroso<br />
di Dio come di un Essere intransigente. La figliolanza, ossia il venire a Dio<br />
insieme al suo Primogenito, con Me, fa l’uomo libero e felice, che conosce e ha<br />
fiducia nella carità del Padre suo. Accettare la mia dottrina è venire a Dio<br />
insieme a Me, primogenito di molti figli diletti. Io spezzerò le vostre catene<br />
sol che voi veniate a Me perché le spezzi, e sarete veramente liberi e coeredi<br />
con Me del Regno dei Cieli. 8Lo so che siete posterità di Abramo. Ma chi fra di<br />
voi cerca di farmi morire non onora più Abramo ma Satana, e lo serve da schiavo<br />
fedele. Perché? Perché respinge la mia Parola, ed essa non può penetrare in<br />
molti di voi. Dio non violenta l’uomo a credere. Non lo violenta ad accettarmi.<br />
Ma mi manda perché Io vi indichi la sua volontà. Ed Io vi dico quello che ho<br />
veduto e udito presso il Padre mio. E faccio ciò che Egli vuole. Ma quelli fra<br />
voi che mi perseguitano fanno quello che hanno imparato dal padre loro e quello<br />
che egli suggerisce».<br />
Come un parossismo che risorge dopo una sosta del male, l’ira dei giudei,<br />
farisei e scribi, che pareva calmata alquanto, si ridesta violenta. Si insinuano<br />
come un cuneo nel cerchio compatto che stringe Gesù e cercano avvicinarlo. La<br />
folla ha un ondeggiare di marosi contrari, come sono contrari i sentimenti dei<br />
cuori. Urlano i giudei lividi d’ira e di odio: «Il padre nostro è Abramo. Non<br />
abbiamo nessun altro padre».<br />
«Il Padre degli uomini è Dio. Abramo stesso è figlio del Padre universale. Ma<br />
molti ripudiano il Padre vero per uno che padre non è, ma che essi eleggono tale<br />
perché sembra più potente e pronto ad accontentarli nei loro desideri smodati. I<br />
figli fanno le opere che vedono fare dal padre loro. Se siete figli di Abramo,<br />
perché non fate le opere di Abramo? Non le conoscete? Ve le devo enumerare come<br />
natura e come simbolo? Abramo ubbidì andando nel paese che Dio gli indicò,<br />
figura dell’uomo che deve essere pronto a lasciare tutto per andare dove Dio lo<br />
manda. Abramo fu condiscendente col figlio di suo fratello e gli lasciò<br />
scegliere la regione preferita, figura del rispetto alla libertà d’azione e
della carità che si deve avere per il prossimo nostro. Abramo fu umile dopo la<br />
predilezione di Dio e l’onorò in Mambre sentendosi sempre un nulla rispetto<br />
all’Altissimo che gli aveva parlato, figura della posizione di amore<br />
reverenziale che l’uomo deve sempre tenere verso il suo Dio. Abramo credette ed<br />
ubbidì a Dio anche nelle cose più difficili a credersi e penose a compiersi, e<br />
per sentirsi sicuro non si fece egoista, ma pregò per quei di Sodoma. Abramo non<br />
patteggiò col Signore volendo premio per le sue molte ubbidienze, ma anzi per<br />
onorarlo sino alla fine, al termine massimo gli sacrificò il figlio diletto...».<br />
«Non lo sacrificò».<br />
«Gli sacrificò il figlio diletto, perché in verità il suo cuore aveva già<br />
sacrificato, durante il tragitto, con la sua volontà di ubbidienza, arrestata<br />
dall’angelo quando già il cuore del padre si fendeva nel procinto di fendere il<br />
cuore del figlio. Uccideva il figlio per onorare Dio. Voi uccidete a Dio il<br />
Figlio per onorare Satana. Fate voi allora le opere di chi dite vostro padre?<br />
No, non le fate. Voi cercate di uccidere Me perché vi dico la verità così come<br />
l’ho udita da Dio. Abramo non faceva così. Non cercava di uccidere la voce che<br />
veniva dal Cielo, ma la ubbidiva. No, voi non fate le opere di Abramo, ma quelle<br />
che vi indica il padre vostro».<br />
9«Non siamo nati da una prostituta. Bastardi non siamo. Tu lo hai detto, Tu<br />
stesso, che il Padre degli uomini è Dio; a noi, poi, siamo del Popolo eletto, e<br />
delle caste elette fra questo Popolo. Perciò abbiamo Dio per unico Padre».<br />
«Se riconosceste Dio per Padre in spirito e in verità mi amereste, perché Io<br />
procedo e vengo da Dio; non vengo già da Me stesso, ma è Lui che mi ha mandato.<br />
Perciò, se veramente conosceste il Padre, conoscereste anche Me, suo Figlio e<br />
vostro fratello e Salvatore. Possono i fratelli non riconoscersi? Possono i<br />
figli di Un solo non conoscere il linguaggio che si parla nella Casa dell’unico<br />
Padre? Perché allora non capite il mio linguaggio e non tollerate le mie parole?<br />
Perché Io vengo da Dio e voi no. Voi avete lasciato la dimora paterna e<br />
dimenticato il volto e il linguaggio di Colui che l’abita. Siete andati<br />
volontariamente in altre regioni, in altre dimore, dove regna un altro che Dio<br />
non è, e dove si parla altro idioma. E chi vi regna impone che per entrarvi uno<br />
si faccia suo figlio e l’ubbidisca. E voi lo avete fatto e lo fate. Voi<br />
abiurate, rinnegate il Padre Iddio per scegliervi un altro padre. E questo è<br />
Satana. Voi avete a padre il demonio, e volete compiere ciò che egli vi<br />
suggerisce. E i desideri del demonio sono di peccato e di violenza, e voi li<br />
accogliete. Fin dal principio egli era omicida, e non perseverò nella verità<br />
perché egli, che si ribellò alla Verità, non può avere in sé amore alla verità.<br />
Quando egli parla, parla come egli è, ossia da bugiardo e tenebroso, perché in<br />
verità egli è bugiardo e ha generato e partorito la menzogna dopo essersi<br />
fecondato con la superbia e nutrito con la ribellione. Tutta la concupiscenza è<br />
nel suo seno, ed egli la sputa e la inocula ad avvelenare le creature. È il<br />
tenebroso, lo schernitore, lo strisciante rettile maledetto, è l’Obbrobrio e<br />
l’Orrore. Da secoli e secoli le sue opere tormentano l’uomo, e i segni e frutti<br />
di esse sono davanti agli intelletti degli uomini. Eppure a lui, che mente e<br />
rovina, date ascolto, mentre, se Io parlo e dico ciò che è vero ed è buono, non<br />
mi credete e mi dite peccatore. Ma chi fra i tanti che mi hanno avvicinato, con<br />
odio o con amore, può dire di avermi visto peccare? Chi lo può dire con verità?<br />
Dove le prove per convincere Me e chi crede in Me che Io sono peccatore? A quale<br />
dei dieci comandamenti ho mancalo? Chi davanti all’altare di Dio può giurare di<br />
avermi visto violare la Legge e le consuetudini, i precetti, le tradizioni, le<br />
preghiere? Chi fra tutti gli uomini potrà farmi mutare nel volto per essere, con<br />
prove sicure, convinto di peccato? Nessuno può fare questo. Nessuno fra gli<br />
uomini e nessuno fra gli angeli. Dio nel cuore degli uomini grida: “Egli è<br />
l’innocente”. Di questo tutti ne siete convinti, e ancor più voi che mi<br />
accusate, di questi altri che sono incerti su chi fra Me e voi ha ragione. Ma<br />
soltanto chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Voi non le ascoltate per quanto<br />
esse rimbombino nelle vostre anime notte e giorno, e non le ascoltate perché non<br />
siete da Dio».<br />
10«Noi, noi che viviamo per la Legge e nella più minuta osservanza dei<br />
precetti per onorare l’Altissimo, non siamo da Dio? E Tu osi dirlo? Ah!!!».<br />
Sembrano asfissiare dall’orrore come fosse un capestro. «E non dobbiamo dire che<br />
sei un indemoniato e un samaritano?».<br />
«Non sono né l’uno né l’altro, ma onoro il Padre mio, anche se voi lo negate per<br />
vituperarmi. Ma il vostro vituperio non mi addolora. Non cerco la mia gloria. Vi
è chi ne prende cura e giudica. Questo dico a voi che mi volete avvilire. Ma a<br />
chi ha volontà buona dico che chi accoglierà la mia parola, o già l’ha accolta,<br />
e la saprà custodire, non vedrà mai la morte in eterno».<br />
«Ah! ora ben vediamo che per le tue labbra parla il demonio che ti possiede! Tu<br />
stesso lo hai detto: “Egli parla da bugiardo”. Ciò che Tu hai detto è parola di<br />
menzogna, perciò è parola demoniaca. Abramo è morto e morti sono i profeti. E Tu<br />
dici che chi custodisce la tua parola non vedrà mai la morte in eterno. Tu<br />
dunque non morrai?».<br />
«Io non morrò che come Uomo, per risorgere nel tempo di Grazia, ma come Verbo<br />
non morrò. La Parola è Vita e non muore. E chi accoglie la Parola ha in sé la<br />
Vita e non muore in eterno, ma risorge in Dio perché Io lo risusciterò».<br />
«Bestemmiatore! Folle! Demonio! Sei più del nostro padre Abramo, che è morto, e<br />
dei profeti? Chi pretendi di essere?».<br />
«Il Principio che vi parlo».<br />
Succede un pandemonio. E, mentre avviene, il levita Zaccaria spinge Gesù<br />
insensibilmente verso un angolo del portico, aiutato in ciò dai figli di Alfeo e<br />
da altri che forse lo coadiuvano senza neppur saper bene ciò che fanno.<br />
11Quando Gesù è ben addossato al muro e con la protezione dei più fedeli davanti<br />
a Lui, e un poco si quieta il tumulto anche nel cortile, Egli dice con la sua<br />
voce così incisiva e bella, calma anche nei momenti più turbati: «Se Io mi<br />
glorifico da Me stesso, non ha valore la mia gloria. Ognuno può dire di sé ciò<br />
che vuole. Ma chi mi glorifica è il mio Padre che voi dite essere il vostro Dio,<br />
sebbene sia tanto poco vostro che voi non lo conoscete e non lo avete mai<br />
conosciuto né lo volete conoscere attraverso Me che ve ne parlo, perché Io lo<br />
conosco; e se dicessi di non conoscerlo per calmare il vostro odio verso di Me,<br />
sarei un mentitore come lo siete voi dicendo di conoscerlo. Io so che non devo<br />
mentire per nessuna ragione. Il Figlio dell’uomo non deve mentire, anche se dire<br />
la verità sarà cagione della sua morte. Perché, se il Figlio dell’uomo mentisse,<br />
non sarebbe più veramente Figlio della Verità, e la Verità lo respingerebbe da<br />
Sé. Io conosco Iddio, e come Dio e come Uomo. E come Dio e come Uomo conservo le<br />
sue parole e le osservo. Israele, rifletti! Qui è che si compie la Promessa. In<br />
Me si compie. Riconoscimi per ciò che Io sono! Abramo vostro padre sospirò di<br />
vedere il mio giorno. Lo vide, profeticamente, per una grazia di Dio, e ne<br />
tripudiò. E voi che in verità lo vivete...».<br />
«Ma taci! Non hai ancora cinquanta anni e vuoi dire che Abramo ti ha veduto e Tu<br />
lo hai visto?», e la loro risata di scherno si propaga come un’onda di veleno o<br />
di acido che corrode.<br />
«In verità, in verità Io ve lo dico: prima che Abramo nascesse, Io sono».<br />
«“Io sono”? Solo Dio lo può dire che è, perché è eterno. Non Tu! Bestemmiatore!<br />
“Io sono”! Anatema! Sei forse Dio, Tu, per dirlo?», gli urla uno che deve essere<br />
un gran personaggio perché, sopraggiunto da poco, è già vicino a Gesù, dato che<br />
tutti si scansano quasi con terrore al suo venire.<br />
«Lo hai detto» , risponde Gesù con voce tonante.<br />
Tutto diventa arma in mano di chi odia. Mentre l’ultimo che ha interrogato il<br />
Maestro si abbandona a tutta una mimica di scandalizzato orrore e si strappa dal<br />
capo il copricapo, si scompiglia capelli e barba e si slaccia le fibbie che<br />
tengono la veste al collo, come se si sentisse mancare dall’orrore, manciate di<br />
terra, e sassi, usati dai venditori di colombi e altre bestie per tenere tese le<br />
funi dei recinti, e dai cambiavalute per... prudenziale tutela dei loro cofani<br />
di cui sono gelosi più che della loro vita, vengono scagliati contro il Maestro,<br />
e naturalmente ricadono sulla folla stessa, perché Gesù è troppo in dentro,<br />
sotto il porticato, perché sia colpito, e la folla impreca e si lamenta...<br />
12Zaccaria, il levita, dà un potente urto a Gesù, unico mezzo per fargli<br />
raggiungere una porticina bassa, celata nella muraglia del portico e già<br />
preparata ad aprirsi, e ve lo spinge insieme ai due figli di Alfeo, a Giovanni,<br />
Mannaen, Tommaso. Gli altri restano fuori, nel tumulto... E il rumore dello<br />
stesso giunge affievolito nel cunicolo, fra le potenti muraglie di pietre, che<br />
non so come si chiamino in architettura. Sono fatte a incastro, direi io, ossia<br />
pietre larghe e pietre più piccole, e sopra a queste sulle piccole le larghe e<br />
viceversa. Non so se mi spiego bene. Scure, potenti, scalpellate rudemente,<br />
appena visibili nella penombra che è prodotta da feritoie strette messe a<br />
distanza regolari nell’alto, per aereare e rendere non completamente tenebroso<br />
il luogo, che è una stretta galleria che non so a che serve, ma che mi dà<br />
l’impressione che giri per tutto il porticato. Forse era stata fatta per
protezione, per ricovero, per rendere doppie, e perciò più resistenti, le<br />
muraglie dei portici che fanno come altrettante cinte al vero a proprio Tempio,<br />
al Santo dei santi. Insomma non so. Dico ciò che vedo. Odor di umido, e di<br />
quell’umido che non si sa dire se è freddo o no, come in certe cantine.<br />
«E che facciamo qui?», chiede Tommaso.<br />
«Taci! Mi ha detto Zaccaria che verrà lui, e di stare zitti e fermi», risponde<br />
il Taddeo.<br />
«Ma... c’è da fidarsi?».<br />
«Lo spero».<br />
«Non temete. L’uomo è buono», conforta Gesù.<br />
Fuori il tumulto si allontana. Passa del tempo. Poi un rumore sordo di passi e<br />
una piccola luce tremula, che viene avanti da profondità oscure.<br />
«Sei lì, Maestro?», dice una voce che vuol farsi sentire ma che teme di esser<br />
sentita.<br />
«Sì, Zaccaria».<br />
«Lode a Jeovè! Mi sono fatto aspettare? Ho dovuto attendere che corressero tutti<br />
agli altri sbocchi. Vieni, Maestro... I tuoi apostoli... Sono riuscito a dire a<br />
Simone di andare tutti verso Betesda e di attendere. Di qui si scende... Poca<br />
luce. Ma via sicura. Si scende alle cisterne... e si esce verso il Cedron. Via<br />
antica. Non sempre destinata a buon uso. Ma questa volta sì... E questo la<br />
santifica...».<br />
Scendono continuamente in un’ombra rotta soltanto dalla fiammella ballonzolante<br />
del lume, finché un chiarore diverso si intravvede là in fondo... e, oltre il<br />
chiarore, del verde che par lontano... Una cancellata, che è quasi una porta<br />
tanto è massiccia e fitta, termina la galleria.<br />
«Maestro, ti ho salvalo. Puoi andare. Ma ascoltami. Non venire per qualche<br />
tempo. Non potrei sempre servirti senza essere notato. E... dimentica,<br />
dimenticate tutti questa via e me che vi ci ho condotto», dice Zaccaria facendo<br />
agire dei congegni che sono nella cancellata pesante e socchiudendola quel tanto<br />
che serva a lasciare uscire le persone. E ripete: «Dimenticate, per pietà di<br />
me».<br />
«Non temere. Nessuno di noi parlerà. E Dio sia con te per la tua carità». Gesù<br />
alza la mano posandola sul capo chino del giovane.<br />
Esce seguito dai cugini e dagli altri. Si trova su un piccolo spiazzo selvaggio<br />
di rovi che appena può riceverli tutti, di fronte all’Uliveto. Un sentierino da<br />
capre scende fra i rovi verso il torrente.<br />
«Andiamo. Risaliremo poi all’altezza della porta delle Pecore e Io con i<br />
fratelli andrò da Giuseppe, mentre voi andrete a Betesda a prendere gli altri e<br />
mi raggiungerete. Andremo a Nobe domani sera dopo il tramonto».<br />
508.Giovanni sarà la luce del Cristo fino alla fine dei tempi.<br />
Il piccolo Marziale-Manasse accolto da Giuseppe di Sefori.<br />
7 ottobre 1946.<br />
1La casa di Giuseppe non è quella di Giuseppe d’Arimatea, ma quella di un<br />
vecchio galileo di Sefori, amico dei figli di Alfeo e specie dei più anziani,<br />
perché era amico, forse anche un poco parente, col vecchio a ormai defunto<br />
Alfeo. E, se non erro, è anche molto in relazione coi figli di Zebedeo per il<br />
commercio del pesce secco, che dal lago di Genezaret viene importato nella<br />
capitale insieme ad altri prodotti della Galilea, cari ai galilei spaesati in<br />
Gerusalemme. Così deduco dai discorsi che fanno i due figli di Alfeo e Giovanni<br />
a Tommaso.<br />
Gesù invece è un poco indietro con Mannaen, al quale dà l’incarico di andare da<br />
Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo pregandoli di recarsi da Lui. Cosa che Mannaen<br />
fa subito. Gesù si riunisce ancora un momento coi tre per raccomandare ancora di<br />
essere prudenti nel parlare «per amore verso il levita che li ha messi in<br />
salvo», poi si separa e a passi lunghi si dirige per una vietta... 2Ma lo<br />
raggiunge presto Giovanni.<br />
«Perché sei venuto?».<br />
«Non potevamo lasciarti così solo... e sono venuto io».<br />
«E credi che potresti difendermi da solo contro tanti?».<br />
«Non ne sono sicuro. Ma almeno morirei prima di Te. E mi basterebbe».
«Morirai molto tempo dopo di Me, Giovanni. Ma non te ne rammaricare. Se<br />
l’Altissimo ti lascia nel mondo è perché tu lo serva e serva il suo Verbo».<br />
«Ma dopo...».<br />
«Dopo servirai. Quanto dovresti vivere per servirmi come i due nostri cuori<br />
vorrebbero. Ma anche dopo morto mi servirai».<br />
«Come farò, Maestro mio? Se sarò con Te in Cielo ti adorerò. Ma non potrò<br />
servirti sulla Terra quando l’avrò lasciata...».<br />
«Lo credi proprio? Ebbene Io ti dico che tu mi servirai sino alla nuova mia<br />
venuta, a quella finale. Molte cose si inaridiranno prima dell’ultimo tempo,<br />
cosi come fiumi che si disseccano e, da bel corso d’acqua azzurra e salutare,<br />
divengono terriccio polveroso e pietroni aridi. Ma tu sarai ancora fiume<br />
suonante la mia parola e riflettente la mia luce. Sarai la suprema luce che<br />
resta a ricordare Cristo. Perché sarai luce tutta spirituale, e gli ultimi tempi<br />
saranno lotta di tenebre contro luce, di carne contro spirito. Quelli che<br />
sapranno perseverare nella fede troveranno forza, speranza, conforto in ciò che<br />
tu lascerai dopo di te, e che sarà ancora te... e che soprattutto sarà ancora<br />
Me, perché Io e te ci amiamo, e dove tu sei Io sono, e dove Io sono tu sei. Ho<br />
promesso a Pietro che la Chiesa, che avrà a capo e a base la mia Pietra, non<br />
sarà scardinata dall’Inferno nei suoi ripetuti e sempre più feroci assalti, ma<br />
ora ti dico che ciò che sarà ancora Io, e che tu lascerai a luce per chi cerca<br />
la Luce, non sarà distrutto nonostante che l’Inferno, con ogni maniera, cercherà<br />
di annullarlo. Anzi, più! Anche coloro che crederanno in Me imperfettamente,<br />
perché pur accogliendo Me non accoglieranno il mio Pietro*, saranno sempre<br />
accorrenti al tuo faro come navicelle senza pilota e senza bussola, che si<br />
dirigono fra la loro tempesta verso una luce, perché luce vuol dire ancora<br />
salvezza».<br />
«Ma che lascerò, Signor mio? Io sono... povero... ignorante... Non ho che<br />
l’amore...».<br />
«Ecco: lascerai l’amore. E l’amore per il tuo Gesù sarà parola. E molti, molti,<br />
anche fra quelli che non saranno della mia Chiesa, che non saranno di nessuna<br />
chiesa, ma che cercheranno una luce e un conforto per aculeo dello spirito<br />
insoddisfatto, per bisogno di una compassione nelle pene, verranno a te e<br />
troveranno Me».<br />
«Vorrei che i primi a trovare Te fossero questi crudeli giudei, questi farisei e<br />
scribi... Ma non servo a tanto...».<br />
«Non entra cosa alcuna dove già è ripienezza. Ma non ti sconfortare. Tu... 3Ma<br />
eccoci da Giuseppe. Bussa ed entriamo».<br />
È una casa stretta e alta, con a lato un fondaco basso e graveolente di<br />
mercanzie accatastate; e a fianco di questo un cortile, oscuro per le muraglie<br />
che lo sovrastano, un cortile dall’aspetto quasi di albergo, come erano allora<br />
gli alberghi: portici per le merci, stalle per i ciuchi, e stanzucce per gli<br />
ospiti o cameroni. Qui vi è un cortile selciato in mal modo, una vasca, due<br />
stalle basse e scure, una rustica tettoia che fa da portico, addossata alla<br />
casa, e con una portaccia che dà nel fondaco. Poi, oltre questo, la casa che ho<br />
detto, vecchia, scura, con una porta alta e stretta che si apre su tre gradini<br />
di pietra consunta dall’uso.<br />
Giovanni bussa alla porta e attende finché uno spioncino si apre e un viso<br />
rugoso di vecchia scruta dalla penombra: «Oh! Giovanni! Apro subito. Dio sia con<br />
te», dice la bocca appartenente a quel viso rugoso, e la porta si apre con molto<br />
rumore di chiavistelli.<br />
«Non sono solo, Maria. Ho con me il Maestro».<br />
«La pace anche a Lui, onore di Galilea, e felice il giorno che porta i piedi del<br />
Santo fra le mura di un vero israelita. Entra, Signore. Vado subito ad avvertire<br />
Giuseppe. Sta facendo le ultime consegne perché è sollecito il tramonto nel<br />
triste etamin».<br />
«Lascialo al suo lavoro, donna. Sosteremo qui sino a domani».<br />
«Grande gioia per noi. Ti attendevamo da tempo. E anche giorni or sono tuo<br />
fratello Giuseppe ha mandato a chiedere notizie di Te. Ma il mio sposo ti dirà<br />
meglio. Ecco, qui puoi sostare... E ti lascio, Signore, perché sto ultimando il<br />
pane. Prima che sia il tramonto deve esser cotto. Se vuoi cosa alcuna, Giovanni<br />
sa dove trovarmi».<br />
«Va’ in pace. Non ci occorre nulla fuorché di ospitarci».<br />
_______________________<br />
* ... non accoglieranno il mio Pietro... Su una copia dattiloscritta MV annota:
Allude ai protestanti futuri.<br />
4Restano soli per qualche tempo. Poi un visetto bruno spunta da dietro la tenda<br />
che separa la stanza da un corridoio, e sbircia, timoroso e curioso insieme.<br />
«Chi è quel fanciullo?», chiede Gesù a Giovanni.<br />
«Non so, Signore. Non c’era le altre volte. Vero è che da quando sono con Te,<br />
qui, per mio padre, non sono più venuto. Vieni qui, fanciullo».<br />
Il bambino viene avanti a piccoli passi.<br />
«Chi sei?».<br />
«Non te lo dico».<br />
«Perché?».<br />
«Non voglio sentirmi dire brutte parole. Se le dici ti rispondo, e Giuseppe non<br />
vuole».<br />
«Questa è nuova! Maestro, che ne dici?», e Giovanni ride divertito delle ragioni<br />
dell’ometto.<br />
Anche Gesù sorride, ma alza la mano ad attirare a Sé il fanciullo e lo osserva.<br />
Poi dice: «E lo sai chi sono?».<br />
«Sì che lo so! Sei il Messia. Quello che farà tutto il mondo suo, e allora non<br />
si diranno più brutte parole ai bambini come me».<br />
«Non sei d’Israele, vero?».<br />
«Sono circonciso... e ha fatto molto male. Ma... ma faceva male anche la fame<br />
e... non avere più mamma... e nessuno... Però fa male ancora sentire che si...<br />
che ci...», piange avendo perduto tutta la primitiva baldanza.<br />
«Deve essere qualche orfano straniero, Giovanni. Giuseppe lo deve aver raccolto<br />
per pietà e fatto circoncidere...», spiega Gesù a Giovanni, stupito delle<br />
ragioni e del pianto. 5E Gesù alza il fanciullo di peso e se lo mette sulle<br />
ginocchia. «Dimmi il tuo nome, bambino. Io ti voglio bene. Gesù vuole bene a<br />
tutti i fanciulli e specie agli orfanelli. Ne ho uno anche Io che si chiama<br />
Marziam a che...».<br />
«Anche io così, perché io (la piccola voce si fa sussurro appena percettibile)<br />
perché io sono romano...».<br />
«Te lo avevo detto! E sei orfano, vero?».<br />
«Sì... Mio padre io non lo ricordo. La mamma sì. È morta che ero già grande... e<br />
sono rimasto solo, e nessuno mi voleva. Da Cesarea a piedi dietro i viandanti<br />
dopo che il padrone è tornato via, lontano. E tanta fame. E se dicevo il nome,<br />
busse... Perché si capiva dal nome, eh?! Poi sono venuto qui, per una festa, e<br />
avevo fame. Sono entrato nelle stalle con una carovana e mi sono nascosto nella<br />
paglia a mangiare le biade e carrube degli asini. E un asino mi ha morsicato e<br />
ho gridato, e sono corsi e mi volevano picchiare. Ma Giuseppe ha detto: “No.<br />
Egli lo ha fatto*, e dice di fare ciò che Egli fa. E io prendo il fanciullo e lo<br />
farò israelita”. E mi ha preso e curato insieme a Maria e mi ha messo un altro<br />
nome perché il mio... Ma la mamma mi chiamava Marziale...», e le lacrime tornano<br />
a gocciare.<br />
_____________________<br />
* Egli lo ha fatto... è detto con riferimento a Gesù che raccolse l’orfano Jabé,<br />
poi chiamato Marziam, dando un esempio da imitare.<br />
«E Io ti chiamerò Marziale come la mamma. È molto buono ciò che ha fatto<br />
Giuseppe. Tu gli devi volere molto bene».<br />
«Sì. Ma di più a Te. Lo dice lui. Dice sempre: “Se un giorno incontrerai Gesù di<br />
Nazaret, il Messia, amalo con tutto te stesso, perché è per Lui che sei salvato<br />
dall’errore”. Maria diceva di là, alla serva, che era in casa il Messia, e sono<br />
venuto a vedere chi mi ha salvato».<br />
«Non sapevo che Giuseppe avesse fatto questo. Era così... avaro... Mai avrei<br />
pensato che potesse... Povero Giuseppe! Avaro e disgustato dei suoi figli. Non<br />
hanno rispettato i suoi capelli bianchi».<br />
«Lo so. Ma vedi? Forse in questo fanciullo egli si rinnova... e dimentica. Dio<br />
lo compensa così dell’opera fatta verso il fanciullo. Come ti chiami, adesso?».<br />
«Con un brutto nome. Non mi piace altro perché principia come il mio. Manasse mi<br />
chiamo!... Ma Maria, che capisce, mi chiama “Man”». E il fanciullo lo dice con<br />
un visetto così desolato che Gesù e Giovanni non possono trattenersi dal<br />
sorridere.<br />
Ma Gesù, per consolarlo, spiega: «Manasse è un nome dal dolce significalo* per<br />
noi. Vuol dire: il Signore mi ha fatto dimenticare ogni dolore. Giuseppe te lo<br />
ha messo perché si è voluto dire che tu gli farai dimenticare ogni suo dolore. E
tu lo farai, fanciullo, per essergli riconoscente. Tu stesso, col nuovo nome, ti<br />
dici che il Signore ti ha tanto amato che ti ha ridato un padre, una madre e una<br />
casa. Non è vero?».<br />
«Sì. Spiegalo così, sì... Ma Giuseppe dice che devo dimenticare anche la mia<br />
casa. Io non voglio dimenticare la mamma!».<br />
Gesù guarda Giovanni, a Giovanni guarda il Maestro, e al di sopra della<br />
testolina bruna vi è tutto un discorso di sguardi...<br />
«La mamma non va dimenticata, fanciullo. Giuseppe si è spiegalo male, o meglio,<br />
tu hai capito male. Certo voleva dire che tu devi dimenticare tutto il dolore<br />
del tuo passato, il dolore della tua casa, perché ora hai questa e devi essere<br />
felice».<br />
«Ah! così sì. E Maria è buona e mi fa felice. Anche ora mi fa le focacce. Vado a<br />
vedere se sono cotte e le porto anche a Te», e scivola giù dai ginocchi di Gesù<br />
correndo fuori della stanza. Il rumore dei piedini scalzi si sperde nel lungo<br />
corridoio.<br />
«Sempre questa tendenza dura anche nei migliori fra noi! Pretendere<br />
l’impossibile! Sono più severi di Dio i figli del suo popolo! Povero fanciullo!<br />
Si può forse pretendere che un figlio dimentichi la madre perché ora egli è<br />
circonciso? Lo dirò a Giuseppe».<br />
«Non sapevo proprio che avesse fatto questo. Mio padre, come molti galilei,<br />
scende qui, nelle feste. E non me ne ha parlato come non sapesse la cosa... 6Ma<br />
sento la voce di Giuseppe...».<br />
________________________<br />
* significalo, già visto in 364.9, che è in: Genesi 41, 51.<br />
Gesù si alza in piedi e Giovanni lo imita, pronti a salutare, coi dovuti onori,<br />
il padrone di casa, che entra e che a sua volta si sprofonda in inchini finendo<br />
ad inginocchiarsi ai piedi di Gesù.<br />
«Alzati, Giuseppe. Sono venuto. Lo vedi».<br />
«Perdona se ti ho fatto attendere. Il venerdì è sempre un gran giorno! Salute a<br />
te, Giovanni. Hai notizie di Zebedeo?».<br />
«No, dai Tabernacoli, nei quali lo vidi».<br />
«Allora sappi che sta bene e così Salome. Notizie fresche. Di questa mattina.<br />
Con l’ultimo carico di pesce. E anche a Te, Maestro, posso dire che i parenti<br />
stanno tutti bene a Nazaret. Il dì dopo il sabato partirà chi venne. Se volete<br />
mandare notizie... Siete soli?».<br />
«No. Fra poco saranno qui gli altri...».<br />
«Bene! Vi è posto per tutti. È casa fedele. Mi spiace che Maria sia stata<br />
occupata col pane e io colle vendite. Lasciati così soli... Abbiamo mancalo di<br />
farti onore e compagnia come si conviene all’ospite. E grande ospite!».<br />
«Un figlio di Dio come te, Giuseppe. Tutti uguali coloro che seguono la Legge di<br />
Dio».<br />
«Eh! no. Tu sei Tu. Non sono stolto come questi giudei. Tu sei il Messia!».<br />
«Ciò per volere di Dio. Ma per mio volere e dovere sono come te figlio della<br />
Legge».<br />
«Eh! quelli che ti calunniano non sanno dire e fare ciò che Tu ora dici e sempre<br />
fai!».<br />
«Tu però molto fai di ciò che Io insegno. 7Ho visto il fanciullo,<br />
Giuseppe...».<br />
«Ah! lo hai visto? È venuto! Sa che non voglio! Per Te... ho piacere. Ma potevi<br />
non essere Te...».<br />
«E allora? Che sarebbe accaduto?».<br />
«Che... non ho piacere, ecco!».<br />
«Perché, Giuseppe? Per non averne lode? È encomiabile il tuo pensiero. Ma il<br />
fanciullo potrebbe pensare che tu ti vergogni di mostrarlo...».<br />
«Ed è vero!».<br />
«È vero? Perché? Spiegami la cosa».<br />
«Ecco. Il fanciullo non è nato ebreo da ebrei, neppure da proseliti, neppure da<br />
donna ebrea e padre gentile. È figlio di due romani, liberti in casa di un<br />
romano che era a Cesarea Marittima. Si era tenuto il fanciullo finché rimase lì.<br />
Ma partendo non se ne curò e rimase solo. Gli ebrei, naturalmente, non lo<br />
accolsero. I romani... Cosa sono i romani Tu lo sai... E quei romani, poi, di<br />
Cesarea! Il fanciullo, mendicando...».<br />
«Sì, lo so. È giunto qui e tu lo hai accolto. Dio ha segnato il tuo atto in
Cielo».<br />
«E ne ho fatto un circonciso! E gli ho cambialo il nome. Il suo! Pagano!<br />
Idolatra! Ma non voglio si faccia vedere e che ricordi il suo passato».<br />
«Perché, Giuseppe?», chiede dolcemente Gesù e continua: «Il fanciullo soffre di<br />
questo. Ricorda la madre. È comprensibile!».<br />
«Ma è comprensibile anche il mio desiderio di non essere criticato per avere<br />
accolto un...».<br />
«Un innocente. Nulla più che questo, Giuseppe. Perché temi il giudizio degli<br />
uomini quando un più alto giudizio, quello divino, sancisce il tuo atto come<br />
santo? Perché ti vergogni, per rispetto umano, o per timore di rappresaglie, di<br />
un’azione buona? Perché vuoi dare al fanciullo un esempio di doppiezza quale<br />
quello che sorge dall’avergli cambialo nome, dal soffocare il passato per tema<br />
di averne danno? Perché vuoi inculcare al fanciullo il disprezzo del padre e<br />
della madre? Vedi, Giuseppe, tu hai fatto un’azione degna di lode, ma la copri<br />
di polvere con queste... idee imperfette. Tu hai imitalo un mio gesto. Hai<br />
accolto le mie parole. Ciò è bene. Ma perché non rendi perfetta la mia<br />
imitazione col compiere francamente l’opera e dire: “Sì. Il fanciullo era<br />
romano. E io non ne ho avuto ribrezzo, perché egli è figlio del Creatore così<br />
come noi. Soltanto l’ho voluto nella nostra Legge e l’ho circonciso”?<br />
Veramente... la vera circoncisione sta per venire e il nuovo taglio sarà sul<br />
cuore degli uomini, dal quale verrà asportato lo strozzante anello della<br />
concupiscenza triplice, e perciò, se anche il fanciullo fosse rimasto un<br />
innocente fino a quel momento... Ma non ti voglio rimproverare per questo. Hai<br />
fatto bene, tu ebreo, a farlo ebreo. Però lasciagli il suo nome. Oh! in futuro<br />
quanti Marziale, e Caio, e Felice, e Cornelio, e Claudio, e così via, saranno<br />
del Cristo e del Cielo! Può esserci anche lui, il fanciullo che non sa di ebrei<br />
e di gentili, che giungerà ad essere eternamente maggiorenne quando la vera e la<br />
nuova Legge sarà fondata col nuovo Tempio e i nuovi sacerdoti, e non come tu<br />
credi, ma esaminato da Dio a trovato degno del suo vero Tempio. Lascialo col<br />
nome che sua madre gli ha dato. È ancora una carezza materna per lui. Capisco<br />
ciò che hai voluto dire col dirlo Manasse. Ma lascialo Marziale. E a chi ti<br />
interroga di’ pure: “Sì. È Marziale. Quasi come il discepolo del Cristo al quale<br />
ha dato quel nome Maria”. Abbi coraggio nel bene, Giuseppe. E sarai grande,<br />
tanto grande».<br />
«Maestro... come Tu vuoi. Io non ti voglio disgustare. E credi che... ho fatto<br />
bene anche come uomo?».<br />
«Hai fatto bene. Il tuo dolore ti ha fatto buono. Perciò tutto è bene ciò che<br />
hai fatto. E bene è questo atto».<br />
Dei picchi alla porta di strada interrompono la conversazione.<br />
509. Il vecchio sacerdote Matan, accolto con gli apostoli e i discepoli fuggiti<br />
dal Tempio. II piccolo Marziale e la nuova circoncisione.<br />
8 ottobre 1946.<br />
1Pietro, entrando, ha la stessa mossa accasciata che ebbe al Giordano dopo aver<br />
guadato a Betabara: si getta come sfinito sul primo sedile che trova e si prende<br />
il capo fra le mani. Gli altri non sono così abbattuti, ma alterati, pallidi,<br />
direi smarriti lo sono tutti, chi più chi meno. I figli di Alfeo, Giacomo di<br />
Zebedeo e Andrea non rispondono quasi al saluto di Giuseppe di Sefori e della<br />
moglie di lui, che arriva con una vecchia servente e del pane caldo e cibi<br />
diversi. Marziam ha dei segni di pianto sotto gli occhi. Isacco accorre presso<br />
Gesù e gli prende la mano, la carezza mormorando: «Sempre come la notte della<br />
strage... E salvo un’altra volta. Oh! mio Signore, fino a quando? Fino a quando<br />
ti potrai salvare?». È questo grido che apre le bocche e tutti, in confuso,<br />
parlano, raccontano i maltrattamenti, le minacce, le paure avute...<br />
2Un altro colpo alla porta. «Ohimè, non ci avranno seguiti?! Io lo avevo detto<br />
di venire alla spicciolata!... », dice l’Iscariota.<br />
«Era meglio, sì. Li abbiamo sempre alle calcagna. Ma ormai...», dice Barlolomeo.<br />
Giuseppe, per quanto poco volentieri, va personalmente a guardare dallo<br />
spioncino, mentre sua moglie dice: «Dal terrazzo potete scendere sulle stalle e<br />
da lì nell’orto posteriore. Vi farò vedere...». Ma, mentre si avvia, suo marito<br />
esclama: «L’Anziano Giuseppe! Quale onore!», e apre la porta lasciando entrare<br />
Giuseppe d’Arimatea.
«La pace a Te, Maestro. C’ero e ho visto... Mannaen mi ha incontrato che uscivo<br />
dal Tempio disgustato a morte. E non poter intervenire, non poterlo fare, per<br />
esserti più utile, e... Oh! sei qui tu pure, Giuda di Keriot? Tu lo potresti<br />
fare, tu, amico di tanti! Non ne senti il dovere, tu, suo apostolo?».<br />
«Tu sei discepolo...».<br />
«No. Se lo fossi, sarei al suo seguito come vi sono altri. Sono un suo amico*».<br />
«È la stessa cosa».<br />
«No. Anche Lazzaro gli è amico, ma non vorrai dire che gli è discepolo...».<br />
«Nell’anima, sì».<br />
«Coloro che non sono dei satana sono tutti discepoli della sua parola, perché la<br />
sentono parola di Sapienza».<br />
Il piccolo battibecco fra Giuseppe e Giuda di Keriot si esaurisce intanto che<br />
Giuseppe di Sefori, comprendendo solamente ora che vi è stato del brutto,<br />
interroga questo e quello con interesse e con atti di dolore. «Ciò<br />
va detto a<br />
_____________________<br />
* suo amico, come in 505.1, dove è spiegata la differenza tra discepoli e amici<br />
di Gesù. Ma “l’amico” può essere “più che discepolo per il cuore”, come dice<br />
Gesù a Lazzaro in 135.2, ed è colui che “fa ciò che Io faccio”, come gli ripete<br />
in 581.5. La differenza tra discepoli e apostoli in 165.8.<br />
Giuseppe d’Alfeo! Ciò va detto. E incaricherò... Che vuoi da me, Giuseppe?»,<br />
chiede volgendosi all’Anziano che gli tocca la spalla come per interrogarlo.<br />
«Nulla. Volevo soltanto felicitarmi con te per il tuo buon aspetto. Questo è un<br />
buon israelita. Fedele e giusto in tutto. Eh! io lo so. Di lui si può dire che<br />
Dio lo ha provato e conosciuto...».<br />
Altro busso alla porta. I due Giuseppe si avviano insieme verso il portone per<br />
aprirlo, e vedo che Giuseppe d’Arimatea si china a dire qualcosa all’orecchio<br />
dell’altro, che ha un moto di viva sorpresa e si volge per un momento a guardare<br />
verso gli apostoli. Poi apre l’uscio.<br />
3Nicodemo e Mannaen entrano, seguiti da tutti i pastori-discepoli presenti a<br />
Gerusalemme, ossia Gionata e i discepoli già del Battista. Poi, con loro, è il<br />
sacerdote Giovanni insieme ad un altro molto anziano, e Nicolai. E, in coda a<br />
tutti, Niche con la giovinetta che Gesù le ha affidato, e Annalia con la madre.<br />
Si levano il velo che le nasconde nel volto, e appaiono i loro volti turbati.<br />
«Maestro! Ma che ti accade? Ho saputo... Prima dalla gente che da Mannaen... La<br />
città è piena di questa voce come un alveare di ronzio. E chi ti ama accorre a<br />
cercarti dove pensa Tu sia. Certo anche in casa tua, Giuseppe, sono accorsi...<br />
Io stessa andavo alle case di Lazzaro... È troppo! Come ti sei salvalo?».<br />
«La Provvidenza ha veglialo su Me. Non piangano le discepole ma benedicano<br />
l’Eterno e fortifichino il loro cuore. E a voi tutti, grazie e benedizioni. Non<br />
è tutto morto l’amore e la giustizia in Israele. E ciò mi conforta».<br />
«Sì. Ma non andare più al Tempio, Maestro. Per molto non andare, non andare!».<br />
Le voci sono concordi nel dire le parole, e l’affannoso «non andare» si<br />
ripercuote fra le mura robuste della vecchia casa con voce di supplice<br />
ammonimento.<br />
Il piccolo Marziale, nascosto chissà dove, sente quel rumore e, curioso, accorre<br />
mettendo il suo visetto nella fessura della tenda. E vedendo Maria va da lei,<br />
rifugiandosi fra le sue braccia per timore del rimprovero di Giuseppe di Sefori.<br />
Ma Giuseppe è troppo agitato ed occupato ad ascoltare questo e quello, a<br />
consigliare, ad approvare e così via, per occuparsi di lui, e lo vede soltanto<br />
quando il bambino, al quale la vecchia Maria ha detto qualcosa, va da Gesù e lo<br />
bacia gettandogli le braccia al collo. Gesù lo cinge con un braccio attirandolo<br />
a Sé, mentre risponde ai molti che gli dicono ciò che credono migliore a farsi.<br />
«No. Non mi muovo di qui. Da Lazzaro, che mi attendeva, andate voi a dire che<br />
non posso. Io, galileo e amico da anni della famiglia, resto qui fino al<br />
tramonto di domani. E poi... vedrò dove andare...».<br />
«Dici sempre così, e poi torni là. Ma non ti lasceremo più andare. Io almeno. Ti<br />
ho proprio creduto perduto...», dice Pietro e due lacrime gli si riformano<br />
all’angolo degli occhi sporgenti.<br />
4«Mai visto così. E basta. Ciò mi ha deciso. Se non mi rifiuti... Sono troppo<br />
vecchio per l’altare, ormai, ma per morire per Te sono valido ancora. E morirò,
se occorre, fra il vestibolo e l’altare, come il saggio Zaccaria oppure Onia*<br />
difensore del Tempio e del Tesoro, morirò fuor dal sacro recinto al quale ho<br />
consacrato la mia vita. Ma Tu mi aprirai un luogo più santo! Oh! non posso più<br />
vedere l’abominio! Perché i miei vecchi occhi hanno dovuto vedere tanto?<br />
L’abominio visto dal Profeta è già dentro le mura, e sale, sale come un moto<br />
d’acque che la piena spinge a sommergere una città! Sale, sale! Invade i cortili<br />
e i portici, sormonta i gradini, penetra più avanti! Sale! Sale! Urta già contro<br />
il Santo! L’onda fangosa lambe le pietre che selciano il sacro luogo! Se ne<br />
offuscano i colori preziosi! Se ne insozza il piede del Sacerdote! Se ne bagna<br />
la tunica! Se ne intride l’efod! Se ne velano le pietre del razionale e non se<br />
ne possono più leggere le parole! Oh! Oh! Le onde dell’abominio salgono al volto<br />
del Sacerdote Sommo e l’imbrattano, e la Santità del Signore è sotto una crosta<br />
di fango, e la tiara è come panno caduto in gora fangosa. Fango! Fango! Ma sale<br />
da fuori, o dal sommo del Moria trabocca sulla città e su tutto Israele? Padre<br />
Abramo! Padre Abramo! Non volevi tu accendere là il fuoco del sacrifizio perché<br />
splendesse l’olocausto del cuore fedele? Ora fango gorgoglia dove doveva esser<br />
fuoco! Isacco è fra noi, e il popolo lo immola. Ma se pura è la Vittima... se<br />
pura è la Vittima... sozzi sono i sacrificalori. Anatema su noi! Sul monte il<br />
Signore vedrà l’abominio del suo popolo!... Ah!», e il vecchio, che è con il<br />
sacerdote Giovanni, si accascia al suolo coprendosi il volto con un desolato<br />
pianto di vecchio.<br />
«Te lo avevo condotto... È tanto che vuole... Ma oggi, dopo ciò che ha visto,<br />
nessuno più lo teneva... Il vecchio Matan (o Natan) ha sovente spirito<br />
profetico, e se la vista delle sue pupille sempre più si vela, la vista del suo<br />
spirito sempre più si illumina. Accetta il mio amico, Signore», dice il<br />
sacerdote Giovanni.<br />
«Non respingo alcuno. Alzati, sacerdote, e alza lo spirito. In alto non c’è<br />
fango. E fango non tocca chi sa stare in alto».<br />
Il vecchio si alza e, venerabondo, prima di farlo, prende il lembo estremo della<br />
veste di Gesù e la bacia.<br />
5Le donne, specie Annalia, piangono ancora emozionate nel loro velo, e le parole<br />
del vecchio aumentano il loro pianto. Gesù le chiama a Sé, ed esse vengono a<br />
testa china, dal loro angolino, vicino al Maestro. Se Niche e la madre di<br />
Annalia sanno soffocare il loro pianto tenendolo quasi celato, la giovane<br />
discepola singhiozza proprio, senza ritegno di chi la osserva con sentimenti<br />
diversi.<br />
«Perdonala, Maestro. Ella ti deve la vita e ti ama. Non può pensare che ti<br />
facciano del male. E poi è rimasta così... sola e così... triste dopo che...»,<br />
dice la madre.<br />
_______________________<br />
* come il saggio Zaccaria oppure Onia, in: 2 Cronache 24, 17-22; 2 Maccabei 4,<br />
30-35; abominio visto dal Profeta, in: Daniele 9, 27; 11, 31; 12, 11; accendere<br />
là il fuoco del sacrifizio, in: Genesi 22, 1-18.<br />
«Oh! non è questo! No, non è questo! Signore! Maestro! Salvatore mio! Io...<br />
Io...». Annalia non riesce a parlare, parte per i singhiozzi, parte per<br />
vergogna, o altro.<br />
«Ha temuto rappresaglie perché discepola. Certo è per questo. Molti se ne vanno<br />
per questo...», dice l’Iscariota.<br />
«Oh! no! Meno ancora è per questo! Tu non capisci nulla, uomo, o presti ad altri<br />
il tuo pensiero. Ma Tu sai, Signore, di che piango. Ti ho temuto morto e che non<br />
ti fossi ricordato della promessa*...», finisce in un sospiro, dopo aver detto<br />
con forza le prime parole, ribellandosi all’insinuazione di Giuda.<br />
Gesù le risponde: «Io non dimentico mai. Non temere. Va’ alla tua casa.<br />
Tranquilla. Ad attendere l’ora del mio trionfo e della tua pace. Va’. Sta per<br />
calare il sole. Ritiratevi, donne. E la pace sia con voi».<br />
«Signore, io non vorrei lasciarti...», dice Niche.<br />
«L’ubbidienza è amore».<br />
«È vero, Maestro. Ma perché non io pure come Elisa?».<br />
«Perché tu mi sei utile qui come lei a Nobe. Va’, Niche, va’! Degli uomini<br />
scortino le donne perché non siano importunate.<br />
6Mannaen e Gionata si apprestano ad ubbidire. Ma Gesù ferma Gionata<br />
chiedendogli: «Tu dunque torni in Galilea?».<br />
«Sì, Maestro. Il giorno dopo il sabato. Mi manda il padrone».
«Hai posto sul carro?».<br />
«Sono solo, Maestro».<br />
«Allora condurrai con te Marziam e Isacco. Tu, Isacco, sai cosa devi fare. E tu<br />
pure, Marziam...».<br />
«Sì, Maestro», rispondono i due, Isacco col suo mite sorriso, Marziam con un<br />
tremore di pianto nella voce e sulle labbra.<br />
Gesù lo carezza e Marziam, dimentico di ogni ritegno, gli si abbandona sul petto<br />
dicendo: «Lasciarti... ora che ti perseguitano tutti!... Oh! Maestro mio! Ti<br />
vedrò mai più!... Sei stato tutto il mio Bene. Tutto in Te ho trovato!... Perché<br />
mi mandi? Lasciami morire con Te! Che vuoi che più mi importi la vita, se non ho<br />
Te?».<br />
«Dico a te ciò che ho detto a Niche. L’ubbidienza è amore».<br />
7«Vado! Benedicimi, Gesù!». Gionata se ne va con Mannaen, Niche e le altre tre<br />
donne. Anche gli altri discepoli se ne vanno a gruppetti.<br />
È soltanto quando la stanza, prima sopraffollata, si vuota quasi, che si nota la<br />
mancanza di Giuda di Keriot. E molti se ne stupiscono, perché era lì poco<br />
avanti, né ha avuto alcun ordine.<br />
_____________________<br />
* promessa, chiesta a ottenuta in 156.5/6.<br />
«Sarà andato a comperare per noi», dice Gesù per impedire commenti, e continua a<br />
parlare con Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, rimasti unici oltre gli undici<br />
apostoli e Marziam, che sta vicino a Gesù con l’avidità di goderlo in queste<br />
ultime ore. E Gesù è così fra Marziam, giovinetto, a Marziale, fanciullo,<br />
brunetti, magrolini, infelici nella fanciullezza ugualmente, e ugualmente<br />
raccolti in nome di Gesù da due buoni israeliti.<br />
Giuseppe di Sefori e la moglie si sono eclissati prudentemente per lasciare<br />
libero il Maestro.<br />
8Nicodemo chiede: «Ma chi è questo bambino?».<br />
«È Marziale. Un fanciullo che Giuseppe si è preso per figlio».<br />
«Non lo sapevo».<br />
«Nessuno, o quasi nessuno, lo sa».<br />
«Molto umile quest’uomo. Un altro avrebbe messo in vista il suo atto», osserva<br />
Giuseppe.<br />
«Lo credi?... Va’, Marziale. Conduci Marziam a vedere la casa...», dice Gesù. E,<br />
andati via i due, riprende a parlare: «Sei in errore, Giuseppe. Come è difficile<br />
giudicare con giustizia! ».<br />
«Ma Signore! Raccogliere un orfano, perché certo è un orfano, e non vantarsene,<br />
è certo umiltà».<br />
«Il fanciullo, il nome lo dice, non è d’Israele...».<br />
«Ah! ora comprendo! Fa bene allora a tenerlo celato».<br />
«Ma è stato circonciso però...»<br />
«Non importa. Tu sai... Anche Giovanni di Endor lo era... Ma ti fu cagione di<br />
riprovazione. Giuseppe, galileo per giunta, potrebbe avere delle... noie,<br />
nonostante la circoncisione. Ci sono tanti orfani anche in Israele... Certo che<br />
con quel nome... e coll’aspetto...»<br />
«Come siete tutti “Israele”, anche i migliori! Come anche nel fare il bene non<br />
capite e non sapete essere perfetti! Non comprendete ancora che Uno solo è il<br />
Padre dei Cieli, ed ogni creatura ne è figlia? Non comprendete ancora che un<br />
unico premio o un unico castigo può l’uomo avere, e che sia veramente premio o<br />
castigo? Perché farvi schiavi della paura degli uomini? Ma questo è il frutto<br />
della corruzione della Legge divina, lavorata tanto, tanto oppressa da leggicole<br />
umane, da rendere ottuso ed oscuro anche il pensiero del giusto che la pratica.<br />
Nella Legge mosaica e perciò divina, in quella premosaica, e unicamente morale,<br />
o sorta per ispirazione celeste, è forse detto che chi non era d’Israele non<br />
poteva entrare a farvi parte? Non si legge* nella Genesi: “Quando fa otto<br />
giorni, ogni bambino maschio sia tra voi circonciso, tanto quello nato in casa<br />
come quello comprato, anche se non è della vostra stirpe, sia circonciso”?<br />
Questo era detto. Ogni altra aggiunta è vostra. L’ho detto a Giuseppe e a voi lo<br />
dico. Non avrà presto più eccessiva importanza la circoncisione antica. Una<br />
nuova, e più vera, verrà apposta<br />
_____________________
* si legge, in: Genesi 17, 12.<br />
e su più nobile parte. Ma finché la prima dura, e voi, per fedeltà al Signore,<br />
la apponete al maschio da voi nato, o da voi adottalo, non vergognatevi di<br />
averlo fatto su carne di altra stirpe. La carne è del sepolcro, l’anima è di<br />
Dio. Si circoncide la carne non potendo circoncidere ciò che è spirituale. Ma il<br />
segno santo splende sullo spirito. E lo spirito è del Padre di tutti gli uomini.<br />
Meditate su questo»<br />
9Un silenzio, poi Giuseppe d’Arimatea si alza a dice: «Io vado, Maestro. Vieni<br />
domani da me».<br />
«No. È meglio che Io non venga».<br />
«Allora da me, nella casa sulla via dell’Uliveto per Betania. Vi è pace e...».<br />
«Neppure. Andrò nell’Uliveto. Per pregare... Ma il mio spirito cerca solitudine.<br />
Vogliatemi avere per scusato».<br />
«Come vuoi, Maestro. E... non andare al Tempio. La pace a Te».<br />
«La pace a voi».<br />
I due se ne vanno...<br />
«Io vorrei sapere dove è andato Giuda!», esclama Giacomo di Zebedeo. «Direi dai<br />
poveri. Ma qui è la borsa!».<br />
«Non ve ne occupate... Verrà...».<br />
Rientra Maria di Giuseppe con dei lumi, perché la luce non rompe più lo spessore<br />
di una lastra di mica messa a far da lucernario nello stanzone, e rientrano i<br />
due ragazzi.<br />
«Sono contento di lasciarti con uno che quasi ha il mio nome. Così, chiamando<br />
lui, ti ricorderai di me», dice Marziam.<br />
Gesù lo attira a Sé.<br />
Rientra anche Giuda al quale ha aperto la servente. Baldo, sorridente, franco!<br />
«Maestro, ho voluto vedere... La tempesta è sedata. E ho scortalo le donne...<br />
Così paurosa quella vergine! Non ti ho detto nulla perché me lo avresti<br />
impedito, e io volevo vedere se c’era del pericolo per Te. Ma nessuno ci pensa<br />
più. Il sabato svuota le vie».<br />
«Va bene. Ora stiamo qui in pace e domani...».<br />
«Non vorrai già andare al Tempio!», gridano gli apostoli.<br />
«No. Alla sinagoga nostra. Da buoni galilei fedeli».<br />
510. La guarigione di un cieco nato, provocata da una manovra di Giuda<br />
Iscariota.<br />
10 ottobre 1946.<br />
1Gesù esce insieme ai suoi apostoli e a Giuseppe di Sefori, diretto alla<br />
sinagoga. La giornata, limpida e serena, rallegra come una promessa di primavera<br />
dopo giorni di vento e di nuvole tutte invernali. Molti di Gerusalemme sono<br />
quindi per le vie, chi diretto alle sinagoghe, chi di ritorno da esse o da altri<br />
luoghi, chi con la famiglia, intenzionato ad uscire dalla città per godersi il<br />
sole nelle campagne. Dalla porta di Erode, visibile dalla casa di Giuseppe di<br />
Sefori, si vede uscire la gente per degli allegri svaghi oltre le mura,<br />
all’aperto. Un tuffo nel verde, nell’ampio, nel libero, fuori delle vie anguste<br />
fra le alte case. Credo che la cintura agreste che era intorno a Gerusalemme<br />
fosse voluta spontaneamente dai cittadini, che volevano conciliare la misura del<br />
sabato col loro desiderio di aria e sole, presi per le vie e non soltanto sulle<br />
altane delle case.<br />
Ma Gesù non va verso la porta di Erode. Anzi volge le spalle alla stessa,<br />
dirigendosi verso l’interno della città. Ma non ha fatto che pochi passi nella<br />
via più larga, nella quale sbocca la stradetta dove è la casa di Giuseppe di<br />
Sefori, che Giuda di Keriot gli richiama l’attenzione su un giovane, che procede<br />
verso di loro toccheggiando il muro con un bastone, alzando il volto privo di<br />
occhi verso l’alto, nell’andatura caratteristica dei ciechi. Le vesti sono<br />
povere, sebbene pulite, e deve essere persona nota a molti di Gerusalemme,<br />
perché più di uno lo addita e alcuni vanno a lui dicendo: «Uomo, oggi hai<br />
sbaglialo la strada. Le vie del Moria sono tutte superate. Già sei in Bezeta».<br />
«Non chiedo elemosina di denaro, oggi», risponde con un sorriso il cieco e<br />
procede sempre con quel sorriso verso il nord della città.<br />
2«Maestro, osservalo. Ha le palpebre saldate. Anzi direi che non ha palpebre. La
fronte si unisce alle guance senza incavo alcuno, e sembra che sotto non siano<br />
le palle degli occhi. È nato così l’infelice. E così morrà, senza aver visto una<br />
volta la luce del sole, né il volto dell’uomo. Ora dimmi, Maestro. Per essere<br />
così punito, certo ha peccato. Ma se è cieco nato, come certamente è, come può<br />
aver peccato prima di nascere? Avranno forse peccato i suoi parenti e Dio li ha<br />
puniti facendolo nascere in tal modo?».<br />
Anche gli altri apostoli e Isacco e Marziam si stringono a Gesù per ascoltare la<br />
sua risposta. E affrettando il passo, come attirati dall’altezza di Gesù che<br />
domina la folla, accorrono due gerosolimitani di civile condizione, che erano un<br />
poco indietro del cieco. E fra questi è Giuseppe d’Arimatea, che non si avvicina<br />
ma, addossandosi ad un portone alto su due gradini, gira lo sguardo su tutti i<br />
volti osservando tutto.<br />
Gesù risponde, e si sentono nitidamente le parole nel silenzio che si è fatto:<br />
«Non ha peccato né lui né i suoi parenti più di quanto pecchi ogni uomo e forse<br />
anche meno. Perché povertà è sovente freno al peccare. Ma egli è nato così<br />
perché ancora una volta siano manifeste in lui le potenze e le opere di Dio. Io<br />
sono la Luce venuta nel mondo perché quelli del mondo, che hanno dimenticato<br />
Iddio o smarrito la sua effigie spirituale, vedano e ricordino, e perché quelli<br />
che cercano Dio, o di Lui già sono, siano confermati nella fede e nell’amore. Il<br />
Padre mi ha mandato perché nel giorno che ancora è concesso ad Israele Io<br />
completi la conoscenza di Dio in Israele e nel mondo. Ecco dunque che Io debbo<br />
compiere le opere di Colui che mi ha mandato, e testimoniare che Io posso ciò<br />
che Egli può, perché sono Uno con Lui. E il mondo sappia e veda che il Figlio<br />
non è dissimile dal Padre, e creda in Me per ciò che Io sono. Dopo verrà la<br />
notte nella quale non si può lavorare, la tenebra, e chi non si sarà scolpito il<br />
mio segno e la fede in Me non potrà più farlo nelle tenebre e nella confusione,<br />
dolore, desolazione e rovina che copriranno questi luoghi e sbalordiranno gli<br />
spiriti con gli orgasmi degli affanni. Ma finché Io sono nel mondo, Io sono Luce<br />
e Testimonianza, Parola, Via e Vita, Sapienza, Potenza e Misericordia. 3Va’,<br />
dunque, e raggiungi il cieco nato e portamelo qui».<br />
«Va’ tu, Andrea. Io voglio restare qui e vedere ciò che fa il Maestro», risponde<br />
Giuda indicando Gesù, che si è chinato verso la via polverosa, ha sputato in un<br />
mucchietto di terriccio e col dito sta stemperando la polvere nella saliva<br />
formando una pallina di fango e che, mentre Andrea, sempre condiscendente, va a<br />
prendere il cieco che sta per svoltare nella vietta dove è la casa di Giuseppe<br />
di Sefori, se la spalma sui due indici restando così, con le mani come le<br />
tengono i sacerdoti nella S. Messa, al Vangelo o all’Epistola. Però Giuda si<br />
ritira dal suo posto dicendo a Matteo e Pietro: «Venite qui, voi che avete poca<br />
statura, e vedrete meglio». E si mette dietro a tutti, quasi celato dai figli<br />
d’Alfeo a da Barlolomeo, che sono alti.<br />
Andrea torna tenendo per mano il cieco, che si affanna a dire: «Non voglio<br />
denaro. Lasciami andare. So dove è quello chiamato Gesù. E vado per<br />
chiedere...».<br />
«Questo è Gesù, questo che ti è davanti», dice Andrea fermandosi davanti al<br />
Maestro.<br />
Gesù, contrariamente al solito, non chiede nulla all’uomo. Subito gli stende il<br />
poco fango, che ha sugli indici, sulle palpebre chiuse e gli ordina: «Ed ora<br />
va’, il più sollecito che puoi, alla cisterna di Siloe, senza fermarti a parlare<br />
con nessuno».<br />
Il cieco, col volto impiastriccialo di fango, resta un attimo perplesso e apre<br />
le labbra per parlare. Poi le chiude e ubbidisce. I primi passi sono lenti, come<br />
di chi è pensieroso oppure deluso. Poi affretta il passo, rasentando col<br />
bastoncello il muro, sempre più lesto, lesto quanto lo può un cieco, forse più,<br />
come se si sentisse guidato...<br />
I due gerosolimitani ridono sarcastici scrollando il capo e se ne vanno.<br />
Giuseppe d’Arimatea, e mi stupisce il fatto, li segue senza neppure salutare il<br />
Maestro, tornando sui suoi passi, ossia verso il Tempio, mentre da quella stessa<br />
direzione veniva. Così tanto il cieco, come i due, come Giuseppe d’Arimatea,<br />
vanno verso il sud della città, mentre Gesù piega verso occidente e lo perdo di<br />
vista, perché il volere del Signore mi fa seguire il cieco e quelli che lo<br />
seguono.<br />
4Superata Bezeta, entrano tutti nella valle che è fra il Moria e Sion - mi<br />
sembra di averla sentita altre volte chiamare Tiropeo - la percorrono tutta fino<br />
ad Ofel, lo costeggiano, escono sulla via che va alla fonte di Siloe, sempre
stando con quest’ordine: per primo il cieco, che deve essere conosciuto in<br />
quella parte popolana, poi i due, ultimo, a qualche distanza, Giuseppe<br />
d’Arimatea.<br />
Giuseppe si ferma presso una casetta meschina, seminascosto da una siepe di<br />
bosso, che sporge contornando l’orticello della povera casa. Ma i due vanno<br />
proprio vicino alla fonte e osservano il cieco, che si accosta cauto al vasto<br />
bacino e, tastando il muro umido, spenzola dentro alla cisterna una mano e la<br />
trae gocciante d’acqua e se ne lava gli occhi, una, due, tre volte. Alla terza<br />
preme sul viso anche l’altra mano, lasciando cadere il bastone e gettando un<br />
grido come di dolore.<br />
Poi scosta lentamente le mani e il suo primo grido di pena si muta in un urlo di<br />
gioia: «Oh! Altissimo! Io vedo!», e si getta a terra come vinto dall’emozione,<br />
le mani messe a parare gli occhi, strette alle tempie, per ansia di vedere, per<br />
sofferenza di luce, e ripete: «Vedo! Vedo! Questa è dunque la terra! Questa la<br />
luce! Questa l’erba che conoscevo solo per la sua frescura...». Si alza e stando<br />
curvo, come uno che porta un peso, il suo peso di gioia, va al ruscello che<br />
porta via il soprappiù dell’acqua e lo guarda scorrere scintillante e ridarello,<br />
a mormora: «E questa è l’acqua... Ecco! Così la sentivo fra le dita (vi immerge<br />
la mano) fredda e che non si tiene, ma non ti conoscevo... Ah! Bella! Bella!<br />
Come è tutto bello!». Alza il viso e vede un albero... ci va vicino, lo tocca,<br />
stende una mano, attira a sé un rametto, lo guarda e ride, ride, e fa solecchio,<br />
e guarda il cielo, il sole, e due lacrime scendono dalle vergini palpebre aperte<br />
a contemplare il mondo... E abbassa gli occhi sull’erba dove un fiore ondula<br />
sullo stelo, e vede se stesso riflesso nell’acqua del ruscello, e si guarda e<br />
dice: «Così io sono!», e osserva stupito una tortora venuta a bere poco più là,<br />
e una capretta che strappa le ultime foglie di un rosaio selvatico, e una donna<br />
che viene verso la fonte con un figliolino sul seno. E quella donna gli ricorda<br />
sua madre, la sua madre dallo sconosciuto volto, e alzando le braccia al cielo<br />
grida: «Te benedetto, Altissimo, per la luce, per la madre, e per Gesù!», e<br />
corre via lasciando a terra il suo ormai inutile bastone...<br />
I due non hanno atteso di vedere tutto questo. Appena visto che l’uomo ci<br />
vedeva, sono corsi via verso la città. Giuseppe invece resta fino alla fine e,<br />
quando il cieco non più cieco gli sfreccia davanti entrando nel dedalo di viuzze<br />
del popolano borgo di Ofel, lascia a sua volta il suo posto e torna sui suoi<br />
passi, verso la città, molto pensieroso...<br />
5Il borgo di Ofel, sempre rumoroso, è ora addirittura in subbuglio. Chi corre a<br />
destra, chi a sinistra. Domande, risposte.<br />
«Ma vi sarete sbagliati con un altro...».<br />
«No, ti dico. Gli ho parlato dicendo: “Ma sei proprio tu, Sidonia detto<br />
Barlolmai?”, e lui mi ha detto: “Lo sono”. Volevo chiedergli come fu, ma è corso<br />
via».<br />
«Dove è ora?».<br />
«Dalla madre, certamente».<br />
«Chi? Chi l’ha visto?», chiedono nuovi accorrenti.<br />
«Io, io», dicono in diversi rispondendo.<br />
«Ma come avvenne?».<br />
«...L’ho visto correre senza bastone con due occhi nel volto e ho detto:<br />
“Guarda! Così sarebbe Barlolmai se...”».<br />
«Ti dico che tremo tutta. Entrando ha gridato: “Madre, io ti vedo!”».<br />
«Una grande gioia per i parenti. Ora potrà aiutare il padre e guadagnare il suo<br />
cibo...».<br />
«Quella povera donna! Si è sentita male dalla gioia. Oh! una cosa! una cosa! Io<br />
ero andata a farmi dare un po’ di sale e...».<br />
«Corriamo a sentire da lui...».<br />
Giuseppe d’Arimatea si trova preso in mezzo a questo baccano e, non so se per<br />
curiosità o se per spirito di imitazione, segue la corrente a va a finire in un<br />
vicoletto cieco, che se proseguisse andrebbe al Cedron, dove la folla si accalca<br />
soverchiando col suo parlare il fruscio delle acque del torrente, ingrossato<br />
dalle piogge di autunno. E Giuseppe vi arriva quando, da un altro vicolo che<br />
sbocca in questo, vengono i due di prima con altri tre: uno scriba, un sacerdote<br />
e un altro che non identifico alla veste. Essi si fanno largo con prepotenza e<br />
cercano entrare nella casa stipata di gente.<br />
La casa è fatta di una vasta cucina nera come il catrame, con un angolo taglialo<br />
fuori da un rustico assito, oltre il quale è un giaciglio e una porta che dà in
un’altra stanza con un letto più grande. Una porta, aperta nella parete opposta,<br />
mostra un orticello di pochi metri quadri. Ed è tutto.<br />
6Il cieco guarito parla addossato al tavolo, rispondendo a chi lo interroga,<br />
tutta gente povera come lui, popolo minuto di Gerusalemme, di questo borgo, che<br />
è forse il più povero di tutti. Sua madre, ritta vicino a lui, lo guarda a<br />
piange asciugandosi gli occhi nel suo velo. Il padre, un uomo sciupato dal<br />
lavoro, si stropiccia la barba con la mano scossa da un tremilo. Entrare nella<br />
casa è impossibile anche alla prepotenza giudea e dottorale, e i cinque devono<br />
ascoltare da fuori le parole del guarito.<br />
«Come mi si sono aperti? Quell’uomo che si chiama Gesù mi ha sporcato gli occhi<br />
con della terra bagnata e mi ha detto: “Va’ a lavarti alla fonte di Siloe”. Ci<br />
sono andato, mi sono lavalo e si sono aperti gli occhi e ho visto».<br />
«Ma come hai fatto a trovare il Rabbi? Dicevi sempre che eri disgraziato perché<br />
mai lo incontravi, neppure quando passava sempre di qui per andare da Giona al<br />
Getsemani. E oggi, adesso che non si sa mai dove sia...».<br />
«Eh! Ieri sera è venuto un suo discepolo e mi ha dato due monete dicendo:<br />
“Perché non cerchi di vedere?”. Gli ho detto: “Ho cercato. Ma non trovo mai quel<br />
Gesù che fa i miracoli. Lo cerco da quando ha guarito Annalia, del mio stesso<br />
borgo, ma se vado qua Egli è là...”, a lui mi ha detto: “Io sono un suo apostolo<br />
e ciò che io voglio Egli fa. Vieni domani in Bezeta e cerca la casa di Giuseppe<br />
il galileo, quello del pesce secco, Giuseppe di Sefori, presso la porta di Erode<br />
e l’arco della piazza, dalla parte d’oriente, e vedrai che prima o poi Egli<br />
passa di là o entra nella casa ed io ti accennerò al Maestro”. Ho detto: “Ma<br />
domani è sabato”. Volevo dire che Egli non farebbe nulla in sabato. Mi ha detto:<br />
“Se vuoi guarire è il giorno, perché dopo si lascia la città, né sai se lo<br />
potrai più incontrare”. Io ho detto ancora: “So che lo perseguitano. Ho sentito<br />
dalle porte della cinta del Tempio, dove vado a mendicare. E perciò dico che ora<br />
che lo perseguitano così, meno ancora vorrà essere perseguitato e non mi guarirà<br />
in sabato”. E lui: “Fa’ ciò che ti dico e in sabato tu vedrai il sole”. E io<br />
sono andato. Chi non sarebbe andato? Se lo dice un suo apostolo! Mi ha detto<br />
anche: “Io sono quello che Egli più ascolta, e vengo apposta perché mi fai pietà<br />
e perché voglio che splenda il suo potere dopo che lo hanno vilipeso. Tu, cieco<br />
nato, lo farai risplendere. So ciò che dico. Vieni e vedrai”. E io sono andato,<br />
e non ero ancora arrivato alla casa di Giuseppe che un uomo mi ha preso per<br />
mano, ma alla voce non era quello di ieri, e mi ha detto: “Vieni con me,<br />
fratello”, e io non volevo andare, credevo mi volesse dare pane e denaro, vesti<br />
forse, e gli dicevo di lasciarmi andare perché avevo saputo dove trovare quello<br />
chiamato Gesù, e l’uomo mi ha detto: “Questo è Gesù, questo che ti è davanti”.<br />
Ma io non ho visto nulla, per ché ero cieco. Ho sentito due dita coperte di<br />
terra bagnata toccarmi qui e qui, e una voce dire: “Va’ sollecito a Siloe e<br />
lavati e non parlare con alcuno”, e l’ho fatto. Ma ero sconfortato perché<br />
speravo vederci subito, e quasi ho creduto che fosse uno scherzo di giovani<br />
senza cuore, e non volevo quasi andare. Ma ho sentito dentro una specie di voce<br />
dire: “Spera e ubbidisci”, e allora sono andato alla fonte e mi sono lavalo e ho<br />
visto». E il giovane si ferma estatico a ripensare alla gioia del primo<br />
vedere...<br />
7«Fate uscire l’uomo. Lo vogliamo interrogare», gridano i cinque.<br />
Il giovane si fa largo ed esce sulla soglia.<br />
«Dove è Colui che ti ha guarito?».<br />
«Io non lo so», dice il giovane, al quale un amico ha sussurrato: «Sono scribi e<br />
sacerdoti».<br />
«Come non lo sai? Dicevi ora che lo sapevi. Non mentire ai dottori della Legge e<br />
al sacerdote! Guai a chi cerca ingannare i magistrati del popolo!». .<br />
«Non inganno nessuno. Quel discepolo mi ha detto: “È in quella casa” ed era<br />
vero, perché c’ero vicino quando sono stato preso e condotto da Lui. Ma dove ora<br />
sia non so. Il discepolo mi ha detto che vanno via. Potrebbe già essere uscito<br />
dalle porte».<br />
«Ma dove andava?».<br />
«E che ne so io?! Andrà in Galilea... Per come viene trattato qui!...».<br />
«Stolto e irrispettoso! Bada a come parli, feccia del popolo! Ti ho detto: per<br />
che via si dirigeva?».<br />
«Ma come volete che lo sappia se ero cieco? Può un cieco dire dove va un<br />
altro?».<br />
«Sta bene. Seguici».
«Dove volete portarmi?».<br />
«Dai capi dei farisei».<br />
«Perché? Che c’entrano essi con me? Mi hanno forse guarito, essi, che io li<br />
debba ringraziare? Quando ero cieco e mendicavo, le mie mani non sentivano mai<br />
le loro monete, il mio udito mai la loro parola di pietà, e il mio cuore mai il<br />
loro amore. Che devo dire loro? Non ho che uno al quale dire “grazie”, dopo mio<br />
padre e mia madre che per tanti anni mi hanno amato infelice. Ed è questo Gesù<br />
che mi ha guarito amandomi col suo cuore, come i miei parenti col loro. Io non<br />
vengo dai farisei. Sto con mia madre e mio padre, a godere di vedere il loro<br />
volto ed essi i miei occhi nati ora, dopo tante primavere da quella in cui<br />
nacqui ma non vidi la luce».<br />
«Non tante parole. Vieni a seguici».<br />
«Che no! Non vengo! Avete voi forse mai asciugato una lacrima o un sudore a mia<br />
madre avvilita della mia sventura, a mio padre sfinito dal lavoro? Ora io lo<br />
posso fare col mio aspetto, e dovrei lasciarli e seguirvi?».<br />
«Te lo ordiniamo. Non sei tu che ordini, ma il Tempio e i capi del popolo. Se la<br />
superbia di esser guarito ti rende ottusa la mente a ricordare che noi<br />
comandiamo, noi te lo ricordiamo. Avanti! Cammina! ».<br />
«Ma perché io devo venire? Che volete da me?».<br />
«Che tu deponga della cosa. È sabato. Opera compiuta nel sabato. Va registrata<br />
per il peccato. Peccato tuo e di quel satana».<br />
«Satana voi! Peccato voi! E io dovrei venire a deporre contro chi mi ha<br />
beneficalo? Voi siete ebbri! Al Tempio verrò. A benedire il Signore. E non più<br />
di così. Nell’ombra della cecità sono stato per tanti anni. Ma le palpebre<br />
chiuse non hanno fatto tenebra che agli occhi. L’intelletto è stato in luce lo<br />
stesso, in grazia di Dio, e mi dice che non devo danneggiare l’unico Santo che è<br />
in Israele».<br />
«Uomo, basta! Non sai che vi sono castighi per chi si oppone ai magistrati?».<br />
«So niente io. Qui sono e qui sto. E non vi conviene nuocermi. Vedete che tutto<br />
l’Ofel è dalla mia parte».<br />
«Sì! Sì! Lasciatelo! Sciacalli! È protetto da Dio. Non lo toccate! Dio è coi<br />
poveri! Dio è con noi, affamatori a ipocriti!». La gente urla e minaccia con una<br />
di quelle spontanee manifestazioni popolari che sono le esplosioni di sdegno<br />
degli umili verso chi li preme, o di amore per chi li protegge. E grida: «Guai a<br />
voi se colpite il nostro Salvatore! L’Amico dei poveri! Il Messia tre volte<br />
santo. Guai a voi! Non si è temuto le ire di Erode, non quelle dei Presidi,<br />
quando si è voluto. Non temiamo le vostre, vecchie iene dalle mascelle sdentate!<br />
Sciacalli dalle unghie mozzate! Inutili prepotenti! Roma non vuole i tumulti e<br />
non opprime il Rabbi perché Egli è pace. Ma voi vi conosce. Andate via! Via dai<br />
quartieri di quelli che opprimete con decime più forti delle loro forze, ad<br />
aver denaro per saziare le<br />
vostre fami e a compiere i turpi mercati. Discendenti di Giasone*! Di Simone!<br />
Torturalori dei veri Eleazari, dei santi Onia. Conculcalori dei profeti! Via!<br />
Via!». Il tumulto si accende sempre più fiero.<br />
8Giuseppe d’Arimatea, schiaccialo contro un muretto, sino allora spettatore<br />
attento ma inattivo dei fatti, con un’agilità insospettabile in un vecchio, e<br />
per di più così infagottato in vesti e mantelli, salta in piedi sul muricciolo a<br />
urla: «Silenzio, cittadini. E ascoltate Giuseppe l’Anziano!».<br />
Una, due, dieci teste si volgono in direzione del grido. Vedono Giuseppe.<br />
Gridano il suo nome. Deve essere molto noto il d’Arimatea e deve godere il<br />
favore del popolo, perché le urla di sdegno si mutano in urla di gioia: «C’è<br />
Giuseppe l’Anziano! Viva lui! Pace e lunga vita al giusto! Pace e benedizione al<br />
benefattore dei miseri! Silenzio, ché parla Giuseppe! Silenzio!».<br />
Il silenzio si fa a fatica, e si ode per qualche minuto il frusciare del Cedron<br />
oltre il vicolo. Tutte le teste sono rivolte a Giuseppe, avendo tutti<br />
dimenticato l’oggetlo che prima li faceva volgere in opposta direzione: i cinque<br />
disgraziati e improvvidi che hanno suscitalo il tumulto.<br />
«Cittadini di Gerusalemme, uomini di Ofel, perché volete lasciarvi accecare dal<br />
sospetto e dall’ira? Perché mancare al rispetto e alle consuetudini, voi sempre<br />
così fedeli alle leggi dei padri? Di che temete? Forse che il Tempio sia un<br />
Moloch** che non rende ciò che accoglie? Forse che i giudici vostri siano tutti<br />
ciechi, più del vostro amico, ciechi nel cuore e sordi nella giustizia? Non è<br />
forse usanza che un fatto prodigioso sia deposto, scritto e conservato da chi di<br />
dovere per le cronache di Israele? Lasciate dunque che, anche per onore del
Rabbi che amate, il miracolato salga a deporre l’opera da Esso compiuta. Ancora<br />
titubate? Ebbene, io mi fo mallevadore che nulla avverrà di male a Barlolmai. E<br />
voi sapete che io non mento. Come un figlio a me caro lo scorterò lassù, a ve lo<br />
ricondurrò qui poi. A me credete. E del sabato non fate un giorno di peccato con<br />
la ribellione ai vostri capi».<br />
«Dice giusto! Non si deve. Possiamo credergli. Egli è un giusto. Nelle buone<br />
deliberazioni del Sinedrio è sempre la sua voce». La gente si scambia le sue<br />
idee e finisce per gridare: «A te sì. Il nostro amico a te lo affidiamo!». E<br />
rivolta al giovane: «Vieni! Non temere. Con Giuseppe d’Arimatea sei sicuro come<br />
e più che con tuo padre», e fa largo perché il giovane possa andare da Giuseppe,<br />
che è<br />
_____________________<br />
* Giasone... Simone... Eleazari... Onia..., da: 2 Maccabei 4-6.<br />
** Moloch, nome di un idolo cui si offrivano in sacrificio i figli passandoli<br />
per il fuoco, e nome del sacrificio stesso, divenuto proverbiale. Si trattava di<br />
un culto peccaminoso, che è condannato in: Levitico 18, 21; 20, 1-5;<br />
Deuteronomio 12, 31. Di esso si fa cenno in: 2 Re 16, 3; 23, 10; 2<br />
Cronache 33, 6; Geremia 32, 35; Ezechiele 16, 21. A Moloch viene associato,<br />
nella menzione che incontreremo in 555.7, il culto idolatrico di Baal e di<br />
Astarte, per il quale rimandiamo a: Giudici 2, 11-13; 6, 25-32; 10, 6; 1 Re 11,<br />
5.33; 18, 16-29; 2 Re 10, 18-28; 23, 4-5.13; 2 Cronache 33, 3;<br />
Osea 11, 2.<br />
sceso dal suo pulpito improvvisalo, e mentre passa gli dicono: «Veniamo anche<br />
noi. Non temere!».<br />
Giuseppe, nelle sue ricche vesti di splendida lana, pone una mano sulla spalla<br />
del giovane e si mette in cammino. La tunica bigia e consunta del giovane, il<br />
suo piccolo mantello, strusciano contro l’ampia veste rosso cupa e il pomposo<br />
manto ancor più scuro del vecchio sinedrista. Dietro, i cinque e, dopo questi,<br />
molti e molti di Ofel...<br />
9Eccoli al Tempio, dopo aver traversato le vie centrali attirando l’attenzione<br />
di molti, che si additano il già cieco dicendo: «Ma è colui che mendicava cieco!<br />
E ora ha gli occhi! Ma forse è uno che gli somiglia! No. È lui certo e lo<br />
conducono al Tempio. Andiamo a sentire», e il codazzo aumenta sempre più, sinché<br />
le mura del Tempio li inghiottono tutti.<br />
Giuseppe guida il giovane in una sala, non è il Sinedrio, dove sono molti<br />
farisei e scribi. Giuseppe entra e con lui entra Barlolmai e i cinque. I<br />
popolani di Ofel vengono respinti nel cortile.<br />
«Ecco l’uomo. Io stesso ve l’ho condotto, avendo, non visto, assistito al suo<br />
incontro col Rabbi e alla sua guarigione. E vi posso dire che fu del tutto<br />
casuale da parte del Rabbi. L’uomo, lo sentirete anche voi, fu condotto, o<br />
meglio, invitato ad andare dove era il Rabbi, da Giuda di Keriot, che voi<br />
conoscete. E io ho sentito, e anche questi due con me hanno sentito, perché<br />
erano presenti, come fu Giuda a tentare Gesù di Nazaret al miracolo. Or io qui<br />
depongo che, se uno vi è da punire, non è il cieco, né il Rabbi, ma l’uomo di<br />
Keriot, che - Dio mi vede se mento nel dire ciò che il mio intelletto pensa - è<br />
il solo autore del fatto come colui che lo ha con apposita manovra provocato. Ho<br />
detto».<br />
«Il tuo dire non annulla la colpa del Rabbi. Se un suo discepolo pecca non deve<br />
peccare il Maestro. Ed Egli ha peccato guarendo in sabato. Ha compiulo opera<br />
servile».<br />
«Sputare in terra non è fare opera servile. E toccare gli occhi di un altro non<br />
è fare opera servile. Io pure tocco l’uomo e non credo di peccare».<br />
«Egli ha fatto miracolo in sabato. In questo sta il peccato».<br />
«Onorare il sabato con un miracolo è grazia di Dio e sua bontà. È il suo giorno.<br />
E non potrà l’Onnipotente celebrarlo con un miracolo che faccia splendere la sua<br />
potenza?».<br />
«Non siamo qui per ascoltare te. Tu non sei imputato. È l’uomo che vogliamo<br />
interrogare. 10Rispondi, tu. Come hai ottenuto la vista?».<br />
«L’ho detto. E questi mi hanno sentito. Il discepolo di quel Gesù mi ha detto<br />
ieri: “Vieni e io ti farò guarire”. E sono venuto. E mi sono sentito mettere del<br />
fango qui e una voce dirmi di andare a Siloe a lavarmi. E l’ho fatto e ci vedo».<br />
«Ma sai lo chi ti ha guarito?».
«Certo che lo so! Gesù. Ve l’ho detto».<br />
«Ma sai di preciso chi è Gesù?».<br />
«Non so niente io. Sono un povero e un ignorante. E fino a poco fa ero cieco.<br />
Questo so. E so che Lui mi ha guarito. E se lo ha potuto fare, certo Dio è con<br />
Lui».<br />
«Non bestemmiare! Non può Dio essere con chi non osserva il sabato», urlano<br />
alcuni.<br />
Ma Giuseppe e i farisei Eleazaro, Giovanni e Gioacchino osservano: «Neppure però<br />
può un peccatore fare tali prodigi».<br />
«Siete sedotti voi pure, forse, da quel posseduto?».<br />
«No. Siamo giusti. E diciamo che, se Dio non può essere con chi opera in sabato,<br />
neppure può l’uomo senza Dio fare che un cieco nato veda», dice calmo Eleazaro.<br />
E gli altri annuiscono.<br />
«E il demonio dove lo mettete?», urlano bisbetici i malevoli.<br />
«Non posso credere, e neppur voi lo credete, che il demonio possa far opera<br />
capace di far lodare il Signore», dice il fariseo Giovanni.<br />
«E chi lo loda?».<br />
«Il giovane, i suoi parenti, tutto Ofel, ed io con loro, e con me tutti quelli<br />
che giusti sono e santamente timorati di Dio», ribatte Giuseppe.<br />
I malevoli, scornati, non sapendo cosa obbiettare, investono Sidonia detto<br />
Barlolmai: «Tu che cosa dici di colui che ti ha aperto gli occhi?».<br />
«Per me è un profeta. E più grande di Elia col figlio della vedova di Sarepta.<br />
Perché Elia fece tornare l’anima nel fanciullo. Ma questo Gesù mi ha dato ciò<br />
che non avevo mai perso perché non l’avevo mai avuto: la vista. E se mi ha fatto<br />
gli occhi così in un baleno e con nulla, salvo un po’ di fango, mentre in nove<br />
mesi mia madre con carne e sangue non era riuscita a farmeli, deve essere grande<br />
come Dio, che col fango ha fatto l’uomo<br />
«Va’ via! Va’ via! Bestemmiatore! Bugiardo! Merce d’acquisto!», e cacciano fuori<br />
l’uomo come fosse un dannato.<br />
11«L’uomo mente. Non può esser vero. Tutti lo possono dire che chi è nato cieco<br />
non può guarire. Sarà uno che gli somiglia a Barlolmai e che il Nazareno ha<br />
preparato... oppure... Barlolmai non è mai stato cieco».<br />
Davanti a questa sorprendente affermazione Giuseppe d’Arimatea scatta: «Che<br />
l’odio acciechi si sa dal tempo di Caino. Ma che faccia stolti non si sapeva<br />
ancora. Vi pare che uno giunga alla maturità della gioventù fingendosi cieco<br />
per... attendere un presumibile evento strepiloso e molto futuro? O che i<br />
parenti di Barlolmai non conoscano il figlio o si prestino a questa menzogna?».<br />
«Il denaro può tutto. Ed essi sono poveri».<br />
«Il Nazareno lo è più di loro».<br />
«Tu menti! Somme da satrapo gli passano fra le mani».<br />
«Ma non vi si fermano un istante. Sono dei poveri quelle somme. Usate per il<br />
bene, non per la menzogna».<br />
«Come lo difendi! E sei uno degli Anziani!».<br />
«Giuseppe ha ragione. La verità va detta quale che sia la carica che l’uomo<br />
ricopre», dice Eleazaro.<br />
12«Correte a richiamare il cieco. E portatelo di nuovo qui. E altri vadano dai<br />
parenti e li portino qui», urla Elchia spalancando la porta e ordinando ad<br />
alcuni in attesa lì fuori. E la sua bocca è quasi coperta di bava tanto l’ira lo<br />
strozza.<br />
Chi corre di qua, chi di là. Il primo che torna è Sidonia detto Barlolmai,<br />
stupito e seccato. Lo ficcano in un angolo guardandolo come una muta di cani<br />
guata una selvaggina... Poi, dopo un bel po’, ecco venire i genitori di lui,<br />
circondati da folla.<br />
«Venite dentro voi. E gli altri fuori!».<br />
I due entrano spaventati e vedono il figlio là in fondo, sano, ma in stato di<br />
arresto. La madre geme: «Figlio mio! E doveva esser giorno di festa per noi!».<br />
«Ascoltate noi. È vostro figlio quell’uomo?», interroga rudemente un fariseo.<br />
«Sì che è nostro figlio! E chi volete che sia se non lui?».<br />
«Ne siete proprio sicuri?».<br />
Il padre e la madre sono tanto sbalorditi della domanda che prima di rispondere<br />
si guardano.<br />
«Rispondete!» .<br />
«Nobile fariseo, e puoi pensare che un padre e una madre si possano ingannare<br />
sulla loro creatura?», dice umilmente il padre.
«Ma... potete giurare che... sì, che per nessuna somma vi fu chiesto di dire che<br />
questo è vostro figlio mentre è uno che gli somiglia?».<br />
«Chiesto di dire? E da chi mai? Giurare? Ma mille volte, e per l’altare e il<br />
Nome di Dio, se vuoi!». È così sicura l’affermazione che smonterebbe anche il<br />
più ostinato.<br />
Ma i farisei non si smontano! Chiedono: «Ma vostro figlio non era nato cieco?».<br />
«Sì. Così era nato. A palpebre chiuse e, sotto, il vuoto, il nulla...».<br />
«E come mai ora ci vede, ha gli occhi e le palpebre aperte su essi? Non vorrete<br />
già dire che gli occhi possono nascere così, come fiori a primavera, e che una<br />
palpebra si schiuda, come giusto fa il calice di un fiore!...», dice un altro<br />
fariseo e ride sarcastico.<br />
«Sappiamo che questo uomo è veramente nostro figlio da quasi trent’anni e che è<br />
nato cieco, ma come ora ci veda non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto<br />
gli occhi. Del resto, chiedetene a lui. Non è ebete e non è fanciullo. Ha i suoi<br />
buoni anni. Interrogatelo e vi risponderà».<br />
«Voi mentite. Egli, in casa vostra, ha narralo come fu guarito e da chi. Perché<br />
dite che non sapete?», urla uno dei due che avevano sempre seguito il cieco.<br />
«Eravamo tanto sbalorditi dalla sorpresa che non abbiamo sentito», si scusano i<br />
due.<br />
13I farisei si volgono a Sidonia detto Barlolmai: «Vieni avanti tu. E da’ pur<br />
gloria a Dio se ti riesce! Non sai che chi ti ha toccato gli occhi è un<br />
peccatore? Non lo sai? Ebbene, sappilo. Noi te lo diciamo, che lo sappiamo».<br />
«Mah! Sarà come voi dite. Io, se sia peccatore, non lo so. So soltanto che prima<br />
ero cieco e ora ci vedo, e ben chiaro».<br />
«Ma cosa ti fece? Come ti apri gli occhi?».<br />
«Ve l’ho già detto e voi mi avete ascoltalo. Ora volete sentire di nuovo?<br />
Perché? Forse volete farvi discepoli di Lui?».<br />
«Stolto! Sii tu discepolo di quell’uomo. Noi siamo discepoli di Mosè. E di Mosè<br />
sappiamo ogni cosa e che Dio gli ha parlato. Ma di quest’uomo nulla sappiamo, né<br />
di dove venga né chi sia, e nessun prodigio del Cielo lo indica per profeta».<br />
«Qui appunto sta il meraviglioso! Che voi non sapete di dove Egli sia e dite che<br />
nessun prodigio lo indica per giusto. Ma Egli mi ha aperto gli occhi e nessuno<br />
di noi d’Israele aveva mai potuto farlo, neppur l’amore di una madre e i<br />
sacrifici del padre mio. Una cosa però sappiamo tutti, tanto io che voi, ed è<br />
che Dio non esaudisce il peccatore, ma colui che ha timore di Dio e fa la sua<br />
volontà. Non si è mai sentito che nessuno in tutto il mondo abbia potuto aprire<br />
gli occhi ad un cieco nato, ma questo Gesù lo ha fatto. Se Egli non fosse da<br />
Dio, non lo avrebbe potuto fare.<br />
«Sei nato nel peccato interamente, e deforme sei nello spirito come e più che<br />
non lo fosti nel corpo, e ti pretendi di insegnare a noi? Va’ via, maledetto<br />
aborto, e fatti satana col tuo seduttore. Via! Via tutti, plebe stolta a<br />
peccatrice!», e buttano fuori figlio, padre e madre, come fossero tre lebbrosi.<br />
14I tre se ne vanno lesti, seguiti dagli amici. Ma, giunto fuori dalla cinta,<br />
Sidonia si volge e dice: «E state! E dite ciò che volete! Il vero è che io ci<br />
vedo e ne lodo Iddio. E satana voi sarete, non già il Buono che mi ha guarito».<br />
«Taci, figlio! Taci! Purché ciò non ci faccia del male!...», geme la madre.<br />
«Oh! madre mia! Ti ha avvelenato l’anima l’aria di quella sala, tu che nel mio<br />
dolore mi insegnavi a lodar Dio e che ora nella gioia non lo sai ringraziare e<br />
temi gli uomini? Se Dio mi ha amato tanto e ti ha amata tanto da darci il<br />
miracolo, non saprà difenderci da un pugno d’uomini?».<br />
«Il figlio ha ragione, donna. Andiamo alla sinagoga nostra a lodare il Signore,<br />
posto che dal Tempio ci hanno cacciato. E andiamoci lesti, prima che termini il<br />
sabato...».<br />
E, affrettando il passo, si sperdono nelle vie della valle.<br />
Indice del Volume Nono<br />
Preparazione alla Passione di Gesù.<br />
(continuazione a fine)
* = in linea<br />
*<br />
555. Lezione notturna a Simon Pietro sull’esame dei peccati e sul dolore dei<br />
buoni e degli innocenti.<br />
556. Un altro sabato ad Efraim. Discorso ai samaritani sul vero Tempio e<br />
sul tempo nuovo.<br />
557. L’arrivo, da Sichem, dei parenti dei tre fanciulli strappati ai<br />
ladroni.<br />
558. Con la comitiva che fa ritorno a Sichem.<br />
Parabola della goccia che scava il masso.<br />
559. Ad Efraim, pellegrini dalla Decapoli e missione segreta di Mannaen.<br />
560. Colloquio nella notte, presso Gofenà, con Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo<br />
e Mannaen.<br />
*<br />
561. Il saforim Samuele, da sicario a discepolo.<br />
562. Dicerie a Nazaret.<br />
563. Falsi discepoli a Sichem.<br />
Risanato ad Efraim lo schiavo muto di Claudia Procula.<br />
564. L’uomo di Jabnia e la fine di Ermasteo.<br />
Rimprovero ai samaritani che mancano di carità.<br />
565. Samuele turbato da Giuda Iscariota, che non comprende la natura<br />
del dolore salvifico. Il modello delle api per gli operai di Dio.<br />
566. Ad Efraim, il giorno dell’arrivo della Madre con Lazzaro e le<br />
discepole. Il carattere di Pilato.<br />
567. Parabola della stoffa strappata e miracolo su una partoriente.<br />
Lungo discorso a Giuda di Keriot sorpreso a rubare.<br />
568. Inizio del viaggio per la Samaria partendo da Efraim alla volta di Silo.<br />
569. A Silo, la parabola dei cattivi consiglieri.<br />
570. A Lebona, la parabola dei mal consigliati.<br />
571. Arrivo a Sichem e accoglienze.<br />
572. A Sichem, l’ultima parabola sui consigli dati e ricevuti.<br />
573. Partenza per Enon dopo un battibecco tra l’Iscariota ed Elisa, che<br />
restano a Sichem.<br />
574. Andando da Enon a Tersa, Gesù riscatta e accoglie un pastorello<br />
dopo aver dato la cecità ad un crudele e la vista ad un cieco.<br />
575. Cattive accoglienze a Tersa. Estremo tentativo di redimere Giuda<br />
Iscariota.<br />
576. Verso Doco l’incontro con il giovane ricco.<br />
577. Terzo annuncio della Passione. Maria d’Alfeo rievoca la figura<br />
di Giuseppe. L’insensata richiesta dei figli di Zebedeo.<br />
578. Incontro con discepoli e uomini di valore condotti da Mannaen.<br />
Arrivo a Gerico.<br />
579. Sconosciuti giudei riferiscono sulle accuse raccolte dal Sinedrio.<br />
Allegoria per Gerusalemme.<br />
580. Delazioni dell’Iscariota e profezie su Israele.<br />
Miracoli sulla via da Gerico a Betania.<br />
581. A Betania nella casa di Lazzaro.<br />
582. Vigilia del sabato avanti l’entrata in Gerusalemme.<br />
Offerta estrema per la salvezza di Giuda Iscariota.<br />
583. Vigilia del sabato avanti l’entrata in Gerusalemme.<br />
Commiato alle discepole. L’infelice nipote di Nahum.<br />
584. Il sabato avanti l’entrata in Gerusalemme. Parabola dei due lumi e<br />
parabola vivente del piccolo deforme risanato.<br />
Il dolore nel futuro dell’Umanità.<br />
585. Il sabato avanti l’entrata in Gerusalemme.
Giudei e pellegrini a Betania. Il Sinedrio ha deciso.<br />
586. Il sabato avanti l’entrata in Gerusalemme. La cena di Betania.<br />
Giuda di Keriot ha deciso.<br />
587. L’addio a Lazzaro.<br />
588. Giuda Iscariota dai Capi del Sinedrio.<br />
589. Da Betania a Gerusalemme, predisponendo gli apostoli alla Passione<br />
imminente.<br />
590. Il pianto su Gerusalemme e l’entrata trionfale nella Città santa.<br />
Morte di Annalia.<br />
591. La sera al Getsemani.<br />
Gli apostoli richiamati alla realtà dopo l’ebbrezza del trionfo.<br />
592. Lunedì santo. Conforto alla madre di Annalia a incontro con il<br />
milite Vitale. Il fico sterile e la parabola dei vignaioli perfidi.<br />
Le domande sull’autorità di Gesù e sul battesimo di Giovanni.<br />
593. Lunedì notte al Getsemani con gli apostoli.<br />
594. Martedì santo. Lezioni dal fico seccato.<br />
I quesiti sul tributo a Cesare e sulla risurrezione.<br />
595. Martedì notte al Getsemani con gli apostoli.<br />
596. Mercoledì santo. Il maggiore dei comandamenti, l’obolo della vedova,<br />
l’invettiva contro scribi e farisei. Pausa di riposo con la<br />
Madre e le discepole. L’edificazione della Chiesa e i tempi ultimi.<br />
597. Mercoledì notte al Getsemani con gli apostoli.<br />
598. Giovedì santo. Preparativi per la Cena pasquale. La voce del<br />
Padre. Il segno convenuto con il Traditore. L’ossequio di persone<br />
ragguardevoli.<br />
599. L’arrivo al Cenacolo e l’addio di Gesù alla Madre.<br />
600. L’ultima Cena pasquale.<br />
Maria Valtorta<br />
L’evangelo<br />
come mi è stato<br />
rivelato<br />
VOLUME NONO<br />
Preparazione alla Passione di Gesù.<br />
(continuazione e fine)<br />
555. Lezione notturna a Simon Pietro sull’esame dei peccati e sul dolore<br />
dei buoni e degli innocenti.<br />
15 gennaio 1947.<br />
1Gesù è solo in una piccola stanza. Seduto sul lettuccio, pensa o prega. Un<br />
lumicino ad olio su una scansia palpita con la sua fiammolina giallastra. Deve<br />
essere notte, perché non c’è rumore alcuno per la casa e nella via. Solo il<br />
torrente pare frusciare più forte, fuor della casa, nel silenzio della notte.<br />
Gesù alza il capo guardando l’uscio. Ascolta. Si alza e va ad aprire. Vede<br />
Pietro fuor dell’uscio. «Tu? Vieni. Che vuoi, Simone? Ancora alzato, tu che devi<br />
fare tanto cammino?». Lo ha preso per mano e tirato dentro, rinchiudendo l’uscio<br />
senza far rumore. Se lo fa sedere accanto sulla sponda del letto.<br />
«Volevo dirti, Maestro... Sì, volevo dirti che, lo hai visto anche oggi ciò che<br />
valgo. Sono capace soltanto di fare divertire dei poveri bambini, consolare una<br />
vecchierella, mettere pace fra due pastori che questionano per un’agnella<br />
risultata di petto cieco. Sono un povero uomo. Tanto povero che non capisco
neppure ciò che Tu mi spieghi. Ma questa è un’altra cosa. Ora io volevo dirti<br />
che, proprio per questo, Tu mi tenessi qui. Io non ci tengo ad andare in giro<br />
quando Tu non sei con noi. E non sono capace di fare... Accontentami, Signore».<br />
Pietro parla con calore, ma tenendo gli occhi puntati sui rozzi mattoni<br />
sbocconcellati del pavimento.<br />
«Guardami, Simone», comanda Gesù. E poiché Pietro ubbidisce, Gesù lo fissa<br />
acutamente chiedendo: «E questo è tutto? Tutta la ragione del tuo vegliare?<br />
Tutta la ragione del tuo pregare di tenerti qui? Sii sincero, Simone. Non è<br />
mormorare dire al tuo Maestro l’altra parte del tuo pensiero. Bisogna saper<br />
distinguere fra parola oziosa e parola utile. È oziosa, e generalmente nell’ozio<br />
fiorisce il peccato, quando si parla delle manchevolezze altrui con chi non può<br />
nulla su esse. Allora è semplicemente mancanza di carità, anche se le cose dette<br />
sono vere. Come è mancanza di carità rimproverare più o meno acerbamente senza<br />
unire al rimprovero il consiglio. E parlo di rimproveri giusti. Gli altri sono<br />
ingiusti e sono peccato contro il prossimo. Ma quando uno vede un suo prossimo<br />
che pecca, e ne soffre perché peccando colui offende Dio e danneggia la sua<br />
anima, e da solo sente che non è capace di misurare l’entità dell’altrui<br />
peccato, né si sente sapiente a dire parole di conversione e allora si rivolge<br />
ad un giusto, ad un sapiente, e confida il suo affanno, allora non fa peccato,<br />
perché le sue confidenze sono volte a por fine ad uno scandalo e a salvare<br />
un’anima. È come uno che avesse un parente malato di una malattia che è<br />
vergognosa. È certo che egli cercherà di tenerla nascosta al popolo, ma in<br />
segreto andrà a dire al medico: “Il mio parente secondo me ha questo e questo,<br />
né io so consigliarlo e curarlo. Vieni tu o dimmi ciò che devo fare”. Manca<br />
forse costui di amore al parente? No. Anzi! Mancherebbe se fingesse di non<br />
accorgersi della malattia e la lasciasse progredire, portando alla morte, per un<br />
malinteso sentimento di prudenza e di amore. 2Un giorno, e non passeranno anni,<br />
tu, e con te i tuoi compagni, dovrete ascoltare le confidenze dei cuori. Non<br />
così come le ascoltate ora, da uomini, ma come sacerdoti, ossia medici, maestri<br />
e pastori delle anime, così come Io sono Medico, Maestro e Pastore. Dovrete<br />
ascoltare e decidere e consigliare. Il vostro giudizio avrà valore come se Dio<br />
stesso lo avesse pronunciato...».<br />
Pietro si svincola da Gesù, che lo teneva stretto al suo fianco, e dice<br />
alzandosi: «Ciò non è possibile, Signore. Non ce lo imporre mai. Come vuoi che<br />
si giudichi come Dio, se non sappiamo neppure giudicare come uomini?».<br />
«Allora saprete, perché lo Spirito di Dio si librerà su voi e vi penetrerà delle<br />
sue luci. Saprete giudicare, considerando le sette condizioni dei fatti che vi<br />
verranno proposti per avere consiglio o perdono. Ascolta bene e cerca di<br />
ricordare. A suo tempo lo Spirito di Dio ti ricorderà le mie parole. Ma tu cerca<br />
ugualmente di ricordare con la tua intelligenza, perché Dio te l’ha data perché<br />
tu la adoperi senza infingardie e presunzioni spirituali, che portano ad<br />
attendere e pretendere tutto da Dio. Quando tu sarai maestro, medico e pastore<br />
al posto mio e in mia vece, e quando un fedele verrà a piangere ai tuoi piedi i<br />
suoi turbamenti per azioni proprie o azioni altrui, tu devi sempre aver presente<br />
questo settenario di interrogativi.<br />
Chi: chi ha peccato? Cosa: quale è la materia del peccato? Dove: in che luogo?<br />
Come: in che circostanze? Con che o con chi: lo strumento o la creatura che fu<br />
materia al peccato. Perché: quali gli stimoli che hanno creato l’ambiente<br />
favorevole al peccato? Quando: in che condizioni e reazioni, e se<br />
accidentalmente o per abitudine malsana.<br />
Perché vedi, Simone, la stessa colpa può avere infinite sfumature e gradi, a<br />
seconda di tutte le circostanze che l’hanno creata e degli individui che l’hanno<br />
compiuta. Ad esempio... Prendiamo in considerazione due peccati che sono i più<br />
diffusi: quello della concupiscenza carnale o della concupiscenza delle<br />
ricchezze.<br />
Una creatura ha peccato di lussuria, o crede aver peccato di lussuria. Perché<br />
talora l’uomo confonde il peccato con la tentazione, oppure giudica uguali lo<br />
stimolo creato artificiosamente per un malsano appetito, e uguali quei pensieri<br />
che sorgono per riflesso ad una sofferenza di malattia, o anche perché la carne<br />
e il sangue delle volte hanno delle improvvise voci che risuonano nella mente<br />
prima che essa abbia tempo di mettersi in guardia per soffocarle. Viene da te e<br />
ti dice: “Io ho peccato li lussuria”. Un sacerdote imperfetto direbbe: “Anatema<br />
su te”. Ma tu, il mio Pietro, non devi dire così. Perché tu sei Pietro di Gesù,<br />
sei il successore della Misericordia. E allora, prima di condannare, devi
considerare e toccare dolcemente e prudentemente il cuore che ti piange davanti<br />
per sapere tutti i lati della colpa o della supposta colpa, dello scrupolo.<br />
Ho detto dolcemente e prudentemente. Ricordare che, oltre che maestro e pastore,<br />
sei medico. Il medico non invelenisce le piaghe. Pronto a recidere se c’è della<br />
cancrena, sa però anche scoprire e medicare con mano leggera se vi è soltanto<br />
ferita con lacerazione di parti vive che vanno riunite, non strappate via. E<br />
ricordare che, oltre che medico e pastore, sei maestro. Un maestro regola le sue<br />
parole a seconda dell’età dei suoi discepoli. Sarebbe uno scandalo quel pedagogo<br />
che a fanciullini svelasse leggi animali che gli innocenti ignoravano, dando<br />
così cognizioni e malizie precoci. Anche nel trattare le anime bisogna avere<br />
prudenza nell’interrogare. Rispettarsi e rispettare. Ti sarà facile se in ogni<br />
anima tu vedrai un tuo figlio. Il padre è naturalmente maestro, medico e guida<br />
dei suoi figli. Perciò, quale che sia la creatura che ti è davanti turbata da<br />
colpa, o da timore di colpa, tu amala con paterno amore, e saprai giudicare<br />
senza ferire e senza scandalizzare. 3Mi segui?».<br />
«Sì, Maestro. Capisco molto bene. Dovrò essere cauto e paziente, persuadere a<br />
scoprire le ferite, ma guardarvi da me, senza attirare l’occhio altrui su esse,<br />
e soltanto quando vedessi che c’è proprio ferita allora dire: “Vedi? Qui ti sei<br />
fatto del male per questo e questo”. Ma, se vedo che la creatura ha soltanto<br />
paura di esser ferita per aver visto fantasmi, allora... soffiare via le nebbie<br />
senza dare delle luci, per zelo inutile, atte a illuminare vere fonti di colpa.<br />
Dico bene?».<br />
«Molto bene. Dunque. Se uno ti dice: “Ho peccato di lussuria”, tu considera chi<br />
hai di fronte. Vero è che il peccato può sorgere a tutte le età. Ma sarà più<br />
facile riscontrarlo in un adulto che non in un fanciullo, e diverse saranno<br />
perciò le interrogazioni e le risposte da fare e da dare ad un uomo o ad un<br />
fanciullo. Viene di conseguenza, dalla prima indagine, la seconda sulla materia<br />
del peccato, e poi la terza sul luogo del peccato, e la quarta sulle circostanze<br />
del peccato, e la quinta su chi fu complice al peccato, e la sesta sul perché<br />
del peccato, e la settima sul tempo e sul numero del peccato.<br />
Vedrai che, generalmente, mentre per un adulto, e adulto vivente nel mondo, ad<br />
ogni domanda ti apparirà corrispondente una circostanza di vera colpa, per<br />
creature fanciulle di età o di spirito, a molte domande dovrai risponderti: “Qui<br />
c’è un fumo, non sostanza di colpa”. Anzi, vedrai talora in luogo di fango<br />
esservi un giglio che trema di essere stato schizzato di fango, e confonde la<br />
goccia di rugiada scesa sul suo calice con lo spruzzo della mota. Anime tanto<br />
desiderose di Cielo che temono come macchia anche l’ombra di una nube, che le<br />
oscura per un momento frapponendosi fra loro e il sole, ma poi passa, e non vi è<br />
traccia di essa sulla candida corolla. Anime tanto innocenti e vogliose di<br />
restarlo, che Satana spaventa con tentazioni mentali o aizzando i fomiti della<br />
carne o la carne stessa, coll’approfittarsi di vere malattie della carne. Queste<br />
anime vanno consolate e sorrette, perché sono non già peccatrici, ma martiri.<br />
Ricordalo sempre.<br />
E ricorda sempre di giudicare anche chi peccò di avidità alle ricchezze o cose<br />
altrui con lo stesso metodo. Perché, se è colpa maledetta essere avidi senza<br />
bisogno e senza pietà, rubando al povero e contro giustizia vessando i<br />
cittadini, i servi, o i popoli, meno grave, molto meno grave è la colpa di chi,<br />
avendo avuto negato un pane dal suo prossimo, lo ruba per sfamare se stesso e le<br />
sue creature. Ricorda che, se tanto per il lussurioso come il ladro è di misura,<br />
nel giudicare, il numero, le circostanze e la gravità della colpa, è anche di<br />
misura nel giudicare la conoscenza, da parte del peccatore, del peccato che ha<br />
commesso e nel momento che lo commetteva. Perché, se uno fa con piena<br />
conoscenza, pecca più di chi fa per ignoranza. E chi fa con libero consenso<br />
della volontà pecca più di chi è forzato al peccato. In verità ti dico che<br />
talora vi saranno fatti dall’apparenza di peccato e che saranno martirio, e<br />
avranno il premio dato per un patito martirio.<br />
E ricorda soprattutto che in tutti i casi, prima di condannare, dovrai<br />
ricordarti che tu pure fosti uomo e che il Maestro tuo, che nessuno poté trovare<br />
in peccato, mai, non condannò mai alcuno che si fosse pentito di aver peccato.<br />
Perdona settanta volte sette, e anche settanta volte settanta, i peccati dei<br />
tuoi fratelli e dei figli tuoi. Perché chiudere le porte della Salute ad un<br />
malato, solo perché ricaduto nella malattia, è volerlo fare morire. 4Hai<br />
compreso?».<br />
«Ho compreso. Questo l’ho proprio compreso...».
«E allora dimmi ora tutto il tuo pensiero».<br />
«Eh! sì! Te lo dico perché vedo che proprio Tu sai tutte le cose, e capisco che<br />
non è mormorare dirti di mandare via Giuda, al mio posto, perché egli soffre di<br />
non andare. Io te lo dico non per dire che egli è invidioso e farmi scandalo di<br />
lui, ma per dargli pace e... darti pace. Perché deve essere ben faticoso per Te<br />
avere sempre quel vento di temporale vicino...».<br />
«Giuda si è ancora lamentato?».<br />
«Eh! sì! Ha detto che ogni tua parola è una ferita per lui. Anche quello che hai<br />
detto per i fanciulli. Dice che in verità fu per lui che Tu hai detto che Eva<br />
andò all’albero perché le piaceva quella cosa lucente come un serto di re. Io<br />
veramente non ci avevo trovato proprio un paragone. Ma io sono ignorante.<br />
Bartolmai e lo Zelote invece hanno detto che Giuda è stato proprio “toccato nel<br />
vivo più vivo”, perché egli è stregato da tutto ciò che luccica e seduce la<br />
vanagloria. E avranno ragione, perché essi sono sapienti. Sii buono con i tuoi<br />
poveri apostoli, Maestro! Fa’ contento Giuda, e me con lui. Tanto! Lo vedi? So<br />
fare solo divertire i fanciulli... ed essere fanciullo fra le tue braccia», e si<br />
stringe al suo Gesù, che ama veramente con tutte le sue forze.<br />
«No. Non ti posso accontentare. Non insistere. Tu, proprio perché sei come sei,<br />
vai alla missione. Egli, proprio perché è come è, resta qui. Anche mio fratello<br />
me ne aveva parlato, e per quanto lo ami tanto ho risposto anche a lui “no”.<br />
Neppure se me ne pregasse mia Madre cederei. Non è un castigo, ma una medicina.<br />
E Giuda la deve prendere. Se non gioverà al suo spirito gioverà al mio, perché<br />
non potrò rimproverarmi di avere omesso cosa alcuna per santificarlo».<br />
Gesù è severo e imperioso nel dire questo. Pietro lascia ricadere le braccia e<br />
abbassa il capo sospirando.<br />
«Non te ne affliggere, Simone. Noi avremo un’eternità per stare uniti e amarci.<br />
5Ma tu avevi altre cose da dirmi...».<br />
«È tardi, Maestro. Tu devi dormire».<br />
«Tu più di Me, Simone, che all’alba devi metterti in cammino».<br />
«Oh! per me! Stare qui con Te è più riposo che stare sul letto».<br />
«Parla, dunque. Tu lo sai che poco Io dormo...».<br />
«Ecco! Io sono uno zuccone, lo so e lo dico senza vergogna. E se fosse per me<br />
non mi importerebbe molto di sapere, perché penso che la sapienza più grande sia<br />
amarti e seguirti e servirti con tutto il cuore. Ma Tu mi mandi qua e là. E la<br />
gente mi interroga e io devo rispondere. Penso che quello che io chiedo a Te,<br />
altri possono chiederlo a me. Perché gli uomini hanno gli stessi pensieri. Tu<br />
dicevi* ieri che sempre gli innocenti e i santi soffriranno, anzi saranno quelli<br />
che soffrono per tutti. Questo è duro per il mio intelletto, anche che Tu dica<br />
che essi stessi lo desidereranno. E penso che, come è duro per me, possa esserlo<br />
per altri. Se me ne chiedono, che cosa devo rispondere? In questo primo viaggio<br />
una madre mi disse: “Non era giusto che la mia bambina morisse con tanto dolore,<br />
perché era buona e innocente”. E io, non sapendo che dire, le ho detto le<br />
parole** di Giobbe: “Il Signore ha dato. Il Signore ha tolto. Sia benedetto il<br />
Nome del Signore”. Ma non sono rimasto persuaso neppure io. E non ho persuaso<br />
lei. Vorrei un’altra volta sapere che dire...».<br />
«È giusto. 6Ascolta. Pare un’ingiustizia, ed è una grande giustizia, che i<br />
migliori soffrano per tutti. Ma dimmi un poco, Simone. Cosa è la Terra? Tutta la<br />
Terra».<br />
«La Terra? Uno spazio grande, grandissimo, fatto di polvere e acque, di rocce,<br />
con piante, animali e creature umane».<br />
«E poi?».<br />
«E poi basta... A meno che Tu non voglia che io dica che è il luogo di castigo<br />
dell’uomo e di esilio».<br />
«La Terra è un altare, Simone. Un enorme altare. Doveva essere altare di lode<br />
perpetua al suo Creatore. Ma la Terra è piena di peccato. Perciò deve essere<br />
altare di perpetua espiazione, di sacrificio, su cui ardono le ostie. La Terra<br />
dovrebbe, come gli altri mondi sparsi nel Creato, cantare i salmi a Dio che l’ha<br />
fatta. Guarda!».<br />
Gesù apre le imposte di legno, e dalla finestra spalancata entra il fresco della<br />
notte, il rumore del torrente, il raggio di luna, e si vede il cielo trapunto di<br />
stelle.<br />
«Guarda quegli astri! Essi cantano con la voce loro, che è di luce e di moto<br />
negli spazi infiniti del firmamento, le lodi di Dio. Da millenni dura il loro<br />
canto, che sale dagli azzurri campi del cielo al Cielo di Dio. Possiamo pensare
astri e pianeti, stelle e comete come creature siderali che, come siderali<br />
sacerdoti, leviti, vergini e fedeli, devono cantare in un tempio sconfinato le<br />
laudi del Creatore. Ascolta, Simone. Senti il fruscio delle brezze fra le fronde<br />
e il rumore delle acque nella notte. Anche la Terra canta, come il cielo, coi<br />
venti, con le acque, con la voce degli uccelli e degli animali. Ma, se per il<br />
firmamento basta la luminosa lode degli astri che lo popolano, non basta il<br />
canto dei venti, acque e animali per il tempio che è la Terra. Perché in essa<br />
non sono solo venti, acque e animali, cantanti incoscientemente le lodi di Dio,<br />
ma in essa è anche l’uomo: la creatura perfetta sopra tutto ciò che è vivente<br />
nel tempo e nel mondo, dotata di materia come gli<br />
_______________<br />
* dicevi, su un tema già accennato in 436.4, 553.6, 554.3. Il dolore nell’ultimo<br />
discorso di Gesù, in 638.14/15.<br />
** parole, che sono in: Giobbe 1, 21.<br />
animali, i minerali e le piante, e di spirito come gli angeli del Cielo, e come<br />
essi destinata, se fedele nella prova, a conoscere e possedere Dio, con la<br />
grazia prima, col Paradiso poi. L’uomo, sintesi che abbraccia tutti gli stati,*<br />
ha una missione che gli altri creati non hanno e che per lui dovrebbe essere,<br />
oltre che dovere, una gioia: amare Dio. Dare intelligentemente e volontariamente<br />
culto d’amore a Dio. Ripagare Dio dell’amore che Egli ha dato all’uomo dandogli<br />
la vita e dandogli il Cielo oltre la vita. Dare culto intelligente.<br />
Considera, Simone. Che bene ritrae Dio dalla Creazione? Che utile? Alcuno. La<br />
Creazione non aumenta Dio, non lo santifica, non lo arricchisce. Egli è<br />
infinito. Tale sarebbe stato anche se la Creazione non fosse stata. Ma Dio-Amore<br />
voleva avere dell’amore. Ed ha creato per avere amore. Unicamente amore può<br />
trarre dal Creato Iddio, e questo amore, che è intelligente e libero unicamente<br />
negli angeli e negli uomini, è la gloria di Dio, la gioia degli angeli, la<br />
religione per gli uomini. Quel giorno che il grande altare della Terra tacesse<br />
di lodi e di suppliche d’amore, la Terra cesserebbe di essere. Perché, spento<br />
l’amore, sarebbe spenta la riparazione, e l’ira di Dio annullerebbe l’inferno<br />
terrestre che sarebbe divenuta la Terra. La Terra, dunque, per esistere deve<br />
amare. E ancora: la Terra deve essere il Tempio che ama e prega con<br />
l’intelligenza degli uomini. Ma nel Tempio, in ogni tempio, quali vittime si<br />
offrono? Le vittime pure, senza macchia né tara. Solo queste sono gradite al<br />
Signore. Esse e le primizie. Perché al padre della famiglia vanno date le cose<br />
migliori, e a Dio Padre dell’umana Famiglia va data la primizia di ogni cosa, e<br />
le cose elette.<br />
7Ma ho detto che la Terra ha un duplice dovere di sacrificio: quello di lode e<br />
quello di espiazione. Perché l’Umanità che la copre ha peccato nei primi uomini<br />
e pecca continuamente, aggiungendo al peccato di disamore a Dio quegli altri<br />
mille delle sue aderenze alle voci del mondo, della carne e di Satana.<br />
Colpevole, colpevole Umanità che, avendo somiglianza con Dio, avendo<br />
intelligenza propria e aiuti divini, è peccatrice sempre, sempre più. Gli astri<br />
ubbidiscono, le piante ubbidiscono, gli elementi ubbidiscono, gli animali<br />
ubbidiscono e, così come sanno, lodano il Signore. Gli uomini non ubbidiscono e<br />
non lodano a sufficienza il Signore. Ecco allora la necessità di anime ostie che<br />
amino ed espiino per tutti. Sono i fanciulli che pagano, innocenti e ignari,<br />
l’amaro castigo del dolore per coloro che non sanno che peccare. Sono i santi<br />
che, volonterosi, si sacrificano per tutti.<br />
Fra poco - un anno o un secolo è sempre “poco” rispetto all’eternità - non si<br />
celebreranno più altri olocausti sull’altare del gran Tempio della Terra<br />
fuor** di<br />
__________________<br />
* tutti gli stati è corretto da MV in tutte le nature su una copia<br />
dattiloscritta, sulla quale anche MV annota: Nell’uomo è presente la natura<br />
minerale, perché di sostanze minerali è composta la sua materia, e animale, e lo<br />
stato spirituale.<br />
** fuor è aggiunto da MV su una copia dattiloscritta, sulla quale anche MV<br />
corregge l’espressione ostie con l’Ostia perfetta con l’espressione ostie<br />
consumate insieme all’Ostia perfetta.<br />
questi delle vittime-uomo, consumate con il perpetuo sacrificio: ostie con<br />
l’Ostia perfetta. Non ti scuotere, Simone. Non dico già che Io metterò un culto
simile a quello di Moloc e di Baal e di Astarte. Gli uomini stessi ci<br />
immoleranno. Intendi? Ci immoleranno. E noi andremo lieti alla morte per espiare<br />
e amare per tutti. E poi verranno i tempi in cui gli uomini non immoleranno più<br />
gli uomini. Ma sempre vi saranno le vittime pure, che l’amore consuma insieme<br />
alla gran Vittima nel Sacrificio perpetuo. Dico l’amore di Dio e l’amore per<br />
Dio. Invero esse saranno le ostie del tempo e del Tempio futuro. Non agnelli e<br />
capri, vitelli e colombi, ma il sacrificio del cuore è ciò che Dio gradisce.<br />
Davide lo ha intuito.* E nel tempo nuovo, tempo dello spirito e dell’amore, solo<br />
questo sacrificio sarà gradito.<br />
Considera, Simone, che se un Dio ha dovuto incarnarsi per placare la Giustizia<br />
divina per il gran Peccato, per i molti peccati degli uomini, nel tempo della<br />
verità solo i sacrifici degli spiriti degli uomini possono placare il Signore.<br />
Tu pensi: “Ma perché allora Egli, l’Altissimo, dette ordine** di immolargli i<br />
figli degli animali e i frutti delle piante”? Io te lo dico: perché, prima della<br />
mia venuta, l’uomo era un olocausto macchiato, e perché non era conosciuto<br />
l’Amore. Ora conosciuto sarà. E l’uomo, che conoscerà l’Amore, perché Io renderò<br />
la Grazia per la quale l’uomo conosce l’ Amore, escirà dal letargo, ricorderà,<br />
comprenderà, vivrà, si sostituirà ai capri e agli agnelli, ostia di amore e di<br />
espiazione, ad imitazione dell’Agnello di Dio, suo Maestro e Redentore. Il<br />
dolore, sin qui castigo, si muterà in amore perfetto, e beati quelli che lo<br />
abbracceranno per amore perfetto».<br />
«Ma i bambini…».<br />
«Vuoi dire coloro che ancor non sanno offrirsi... E sai tu quando Dio parli in<br />
essi? Il linguaggio di Dio è linguaggio spirituale. L’anima lo intende e l’anima<br />
non ha età. Anzi ti dico che l’anima fanciulla, perché senza malizia, è, per<br />
capacità di intendere Dio, più adulta di quella di un vegliardo peccatore. Io ti<br />
dico, Simone, che tu vivrai tanto da vedere molti pargoli insegnare agli adulti,<br />
e anche a te stesso, la sapienza dell’amore eroico. Ma in quei piccoli che<br />
muoiono per ragioni naturali è Dio che opera direttamente, per ragioni di un<br />
così alto amore che non posso spiegarti, rientrando esse nelle sapienze che sono<br />
scritte nei libri della Vita e che solo nel Cielo saranno letti dai beati.<br />
Letti, ho detto. Ma, in verità, basterà guardare Iddio per conoscere non solo<br />
Dio, ma anche la sua infinita sapienza... 8Abbiamo fatto venire il tramonto<br />
della luna, Simone... Presto è l’alba e tu non hai dormito...».<br />
«Non importa, Maestro. Ho perduto poche ore di sonno e acquistato tanta<br />
sapienza. E sono stato con Te. Ma se Tu lo permetti, ora vado. Non a dormire. Ma<br />
a ripensare alle tue parole». È già sulla porta e sta per uscire quando si ferma<br />
pensieroso e poi dice: «Ancora una cosa, Maestro. È giusto che io dica, a<br />
qualcuno che soffre, che il dolore non è un castigo ma è una... grazia, una cosa<br />
come... come<br />
_______________<br />
* lo ha intuito, in: Salmo 51, 18-19.<br />
** dette ordine, come in: Esodo 22, 28-29; 34, 19.<br />
la nostra chiamata, bella anche se faticosa, bella anche se, a chi non sa, può<br />
parere brutta e triste cosa?».<br />
«Lo puoi dire, Simone. È la verità. Il dolore non è un castigo, quando lo si sa<br />
accogliere e usare con giustizia. Il dolore è come un sacerdozio, Simone. Un<br />
sacerdozio aperto a tutti. Un sacerdozio che dà un gran potere sul cuore di Dio.<br />
E un grande merito. Nato col peccato, sa placare la Giustizia. Perché Dio sa<br />
usare al Bene anche quanto l’Odio ha creato per dare del dolore. Io non ho<br />
voluto altro mezzo per annullare la Colpa. Perché non vi è mezzo più grande di<br />
questo».<br />
556. Un altro sabato ad Efraim.<br />
Discorso ai samaritani sul vero Tempio e sul tempo nuovo.<br />
17 gennaio 1947.<br />
1Deve essere un altro sabato, perché gli apostoli sono di nuovo riuniti nella<br />
casa di Maria di Giacobbe.<br />
I fanciulli sono ancora fra di loro, vicini a Gesù, presso il focolare. Ed è<br />
proprio questo che fa dire a Giuda Iscariota: «Intanto una settimana è passata,
né i parenti sono venuti», e ride scrollando il capo.<br />
Gesù non gli risponde. Carezza il secondogenito.<br />
Giuda interroga Pietro e Giacomo d’Alfeo: «E dite che avete fatto le due vie che<br />
conducono a Sichem?».<br />
«Sì. Ma è stata una cosa inutile, a ben considerarla. Certo i ladroni non<br />
passano per le vie frequentate, specie ora che i drappelli romani le percorrono<br />
di continuo», risponde Giacomo d’Alfeo.<br />
«E allora perché le avete fatte?», incalza l’Iscariota.<br />
«Così!... Andare qua o là per noi è uguale. E allora abbiamo fatto quelle».<br />
«E nessuno ha saputo dirvi nulla?».<br />
«Nulla abbiamo chiesto».<br />
«E come volevate allora capire se erano passati o no? Portano forse le insegne,<br />
o lasciano le tracce le persone quando vanno per una via? Non credo. Ché allora<br />
noi saremmo già stati trovati almeno dagli amici. Invece non ne è venuto uno da<br />
quando siamo qui», e ride sarcastico.<br />
«Noi non sappiamo il motivo per il quale qui nessuno è venuto. Il Maestro sa.<br />
Noi non sappiamo. Le persone, non lasciando tracce del loro passaggio coloro<br />
che, come noi, si ritirano in luogo ignorato alla gente, non possono venire, se<br />
non è loro detto il luogo del rifugio. Ora noi non sappiamo se il fratello<br />
nostro ha detto questo agli amici», dice pazientemente Giacomo d’Alfeo.<br />
«Oh! e vorresti credere e far credere che Egli non lo disse almeno a Lazzaro e a<br />
Niche?».<br />
Gesù non parla. Prende un fanciullo per mano ed esce...<br />
«Io non voglio credere a nulla. Ma, anche se è come tu vuoi dire, ancora non<br />
puoi giudicare, e nessuno di noi lo può, le ragioni dell’assenza degli<br />
amici...».<br />
«Sono facili a capirsi queste ragioni! Nessuno vuole avere noie col Sinedrio, e<br />
tanto meno ne vuole avere chi è ricco e potente. Ecco tutto! 2Soltanto noi<br />
sappiamo metterci nei pericoli».<br />
«Sii giusto, Giuda! Il Maestro non ha forzato nessuno di noi a stare con Lui.<br />
Perché sei rimasto, se ti spaura il Sinedrio?», gli osserva Giacomo d’Alfeo.<br />
«E puoi andartene ugualmente quando vuoi. Non sei in catene...», interrompe<br />
l’altro Giacomo, figlio di Zebedeo.<br />
«Questo poi no! Proprio no! Qui si è e qui si resta. Tutti. Chi voleva, doveva<br />
andarsene prima. Ora no. Mi ci oppongo io, se non se ne oppone il Maestro», dice<br />
lentamente ma decisamente Pietro, picchiando un pugno sulla tavola.<br />
«E perché? Chi sei tu per comandare in luogo del Maestro?», gli chiede con<br />
violenza l’Iscariota.<br />
«Un uomo che ragiona non da Dio, come fa Lui, ma da uomo».<br />
«Tu sospetti di me? Mi pensi un traditore?», dice Giuda agitato.<br />
«Tu lo hai detto. Non che io ti pensi tale per volontà; ma sei così...<br />
spensierato, Giuda, e così volubile! E hai troppi amici. E ti piace troppo<br />
grandeggiare, in tutto. Tu, oh! tu non sapresti tacere! O per ribattere a<br />
qualche perfido, o per mostrare che tu sei l’Apostolo, tu parleresti. Perciò qui<br />
sei e qui stai. Così non nuoci e non ti crei dei rimorsi» .<br />
«Dio non costringe la libertà dell’uomo, e tu lo vuoi fare?».<br />
«Lo voglio fare. Ma dimmi, insomma. Ti piove sul capo? Ti manca il pane? Ti<br />
nuoce l’aria? Ti offende il popolo? Nulla di questo. La casa è solida, anche se<br />
non è ricca, l’aria è buona, il cibo non è mai mancato, la popolazione ti onora.<br />
E allora perché stai qui così inquieto, come se fossi in una galera?».<br />
«“Due popoli non può soffrire l’anima mia, e il terzo da me odiato non è neppure<br />
un popolo: quelli del monte Seir, i filistei e il popolo stolto che abita in<br />
Sichem”. Ti rispondo con le parole* del Sapiente. E ho ragione di pensare così.<br />
Guarda se questi popoli ci amano!».<br />
«Uhm! In verità non mi pare che anche gli altri, il tuo e il mio, siano molto<br />
migliori. Abbiamo preso sassate in Giudea e in Galilea, in Giudea più ancor che<br />
in Galilea, e nel Tempio di Giudea più che in ogni altro luogo. Io non trovo che<br />
si sia stati maltrattati né sulle terre filistee, né qui, né altrove...».<br />
«Dove altrove? Non andammo altrove, per buona sorte. Ma, anche ci fosse stato da<br />
andare altrove, io non sarei venuto, e non verrò in futuro. 3Non voglio oltre<br />
contaminarmi».<br />
«Contaminarti? Non è questo ciò che ti impressiona, Giuda di Simone. Tu non vuoi<br />
inimicarti quelli del Tempio. Questo ti duole», dice pacato Simone Zelote che è<br />
rimasto nella cucina con Pietro, Giacomo d’Alfeo e Filippo. Gli altri se ne
sono<br />
_______________<br />
* parole, che sono in: Siracide 50, 25-26.<br />
andati, uno dopo l’altro, insieme ai due bambini raggiungendo il Maestro. Fuga<br />
meritoria, perché è fatta per non mancare di carità.<br />
«No. Non per questo. Ma perché non mi piace perdere il mio tempo e dare la<br />
sapienza agli stolti. Guarda! Che è valso prendere con noi Ermasteo? Se ne è<br />
andato e non è più tornato. Giuseppe disse che si separò da lui dicendo che<br />
sarebbe tornato per le Capanne. Lo hai forse visto? Un rinnegato...».<br />
«Io non so perché non è tornato e non giudico. Ma però ti chiedo: è forse il<br />
solo che ha abbandonato il Maestro e che gli si è fatto anzi nemico? Non ce ne<br />
sono di rinnegati fra noi giudei e fra i galilei? Puoi sostenerlo?».<br />
«No. È vero. Ma insomma io sono a disagio qui. Se si sapesse che ci siamo! Se si<br />
sapesse che trattiamo coi samaritani sino ad entrare nelle loro sinagoghe nel<br />
sabato! Egli lo vuol fare... Guai se si sapesse! L’accusa sarebbe<br />
giustificata...».<br />
«E il Maestro condannato, vuoi dire. Ma lo è già. Lo è già prima che si sappia.<br />
È stato condannato, anzi, dopo aver risuscitato un giudeo in Giudea. È odiato e<br />
accusato di essere samaritano e amico di pubblicani e meretrici. Lo è da...<br />
sempre. E tu più di tutti sai se Egli non lo è!».<br />
«Che vuoi dire, Natanaele? Che vuoi dire? Che c’entro io in questo? Che posso<br />
sapere più di voi?». È agitatissimo.<br />
«Mi hai l’aspetto di un topo circondato da nemici, ragazzo mio! Ma non sei un<br />
topo, né noi siamo qui armati di bastoni per catturarti e ucciderti. Perché ti<br />
sgomenti tanto? Se la tua coscienza è in pace, perché ti agiti per innocenti<br />
parole? Che disse Bartolmai da agitarti così? Non è forse verità che nessuno più<br />
di noi, suoi apostoli, che gli dormiamo vicino e seco Lui viviamo, possiamo<br />
sapere e testimoniare che Egli non ama l’uomo samaritano, l’uomo pubblicano,<br />
l’uomo peccatore, la donna meretrice, ma le loro anime, e di queste sole si<br />
preoccupa, e per queste sole - e solo l’Altissimo saprà quanto sia lo sforzo del<br />
Purissimo ad avvicinare ciò che noi uomini e peccatori chiamiamo “lordura” - va<br />
con samaritani, pubblicani e meretrici? Tu non capisci e non conosci ancora<br />
Gesù, ragazzo mio! Tu meno degli stessi samaritani, filistei, fenici e quanti<br />
altri vuoi», dice Pietro, con tristezza nelle ultime parole.<br />
Giuda non parla più, e anche gli altri tacciono.<br />
4Rientra la vecchietta dicendo: «Sono nella via quelli della città. Dicono che è<br />
l’ora della preghiera del sabato e che il Maestro ha promesso di parlare...».<br />
«Vado a dirlo, donna. E tu di’ a quelli di Efraim che ora verremo», le risponde<br />
Pietro ed esce nell’orto per avvisare Gesù.<br />
«Tu che fai? Vieni? Se non vuoi venire, va’ via, va’ fuori, prima che Egli abbia<br />
dolore per un tuo rifiuto», dice lo Zelote a Giuda.<br />
«Io vengo con voi. Qui non si può parlare! Sembra che io sia il più grande<br />
peccatore. Ogni mia parola è male intesa».<br />
Gesù, che rientra nella cucina, impedisce ogni altra parola.<br />
Escono nella via unendosi a quelli di Efraim ed entrano con essi in città<br />
fermandosi soltanto quando sono davanti alla sinagoga, sulla cui porta è<br />
Malachia che saluta e invita ad entrare.<br />
Non rilevo differenza alcuna fra il luogo di preghiera samaritano e quelli che<br />
vidi in altre regioni. Sempre i soliti lumi, i soliti leggii o scaffali con<br />
sopra i rotoli, il posto del sinagogo o di chi ammaestra in sua vece. Se mai,<br />
qui i rotoli sono molti meno che non siano in altre sinagoghe.<br />
«Abbiamo già fatto le nostre preghiere mentre ti attendevamo. 5Se vuoi<br />
parlare... Quale rotolo chiedi, Maestro?».<br />
«Non me ne abbisogna alcuno. Inoltre, tu non avresti ciò che Io voglio<br />
spiegare»,* risponde Gesù e poi si volta verso la gente e inizia il suo<br />
discorso:<br />
«Quando gli ebrei furono rimandati in patria da Ciro re dei Persiani onde<br />
riedificassero il Tempio di Salomone, distrutto cinque decenni avanti, fu<br />
riedificato l’altare sulle sue basi, e su esso arse l’olocausto giornaliero sera<br />
e mattina, e quello straordinario del primo di ogni mese e delle solennità<br />
consacrate al Signore o gli olocausti delle offerte individuali. Poscia, dopo la<br />
primizia indispensabile e inderogabile del culto, posero mano, nel secondo anno<br />
del ritorno, a ciò che si potrebbe chiamare la cornice del culto, l’esteriorità
di esso. Cosa non colpevole, perché sempre fatta per onorare l’Eterno, ma non<br />
indispensabile. Perché il culto a Dio è amore a Dio, e l’amore si sente e si<br />
consuma col cuore, non già con le pietre squadrate, i legni preziosi, gli ori e<br />
i profumi. Tutto ciò è esteriorità, data più a soddisfare il proprio orgoglio,<br />
nazionale o cittadino, che ad onorare il Signore.<br />
Dio vuole un Tempio di spirito. Non si soddisfa di un Tempio di mura e di marmi,<br />
che sia vuoto di spiriti pieni di amore. In verità vi dico che il tempio del<br />
cuore mondo e amoroso è l’unico che Dio ama e nel quale fa dimora con le sue<br />
luci, e che sono stolte contese quelle che tengono divise le regioni e le città<br />
circa le bellezze dei singoli luoghi di preghiera. A che rivaleggiare in<br />
ricchezza e ornamenti delle case dove si invoca Dio? Può forse il finito<br />
appagare l’Infinito, fosse anche un finito dieci volte più bello del Tempio di<br />
Salomone e delle regge unite insieme? Dio, l’Infinito che non può essere<br />
contenuto e onorato da nessuno spazio e da nessuno sfarzo materiale, trova<br />
l’unico luogo degno di onorarlo come si conviene e può essere, anzi vuole essere<br />
contenuto dal cuore dell’uomo, perché lo spirito del giusto è un tempio sul<br />
quale si libra, fra i profumi dell’amore, lo Spirito di Dio; e presto sarà un<br />
tempio nel quale lo Spirito farà reale dimora, Uno e Trino come è nel Cielo.<br />
Ed è scritto che, non appena i muratori ebbero gettato le fondamenta del Tempio,<br />
andarono i sacerdoti coi loro ornamenti e le trombe e i leviti coi cembali,<br />
secondo le ordinanze di Davide. E cantarono che “Dio va lodato perché è buono e<br />
la sua misericordia dura in eterno”. E il popolo esultava. Ma molti sacerdoti,<br />
capi, leviti e anziani, piangevano dirottamente pensando al Tempio che era<br />
prima, e però non si potevano distinguere le voci di pianto da quelle di giubilo<br />
tanto erano confuse. E ancor si legge che però vi furono i popoli vicini che<br />
molestarono quelli<br />
___________________<br />
* ciò che Io voglio spiegare è in: Esdra 3. I samaritani non ammettevano altri<br />
libri della sacra Scrittura all’infuori dei cinque di Mosè, detti Pentateuco:<br />
Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio. Lo ha anche ricordato MV in<br />
483.1.<br />
che edificavano il Tempio, per vendicarsi che i costruttori li avessero respinti<br />
quando essi si erano offerti ad edificare con loro, perché essi pure cercavano<br />
il Dio d’Israele, il Dio unico e vero. E queste molestie interruppero il corso<br />
dei lavori sino a che a Dio non piacque di farli proseguire.<br />
Questo si legge nel libro di Esdra.<br />
6Quante e quali lezioni dà il brano che ho detto? Queste, oltre quella già data<br />
sulla necessità che il culto sia sentito dal cuore e non fatto professare da<br />
pietre e legnami o anche da vesti e cembali e canti, dai quali è esule lo<br />
spirito. Che la mancanza di amore reciproco è sempre causa di ritardo e<br />
disturbo, anche se si tratta di uno scopo per sé buono. Dio non è dove non è<br />
carità. Inutile cercare Dio se prima non ci si pone nella condizione di poterlo<br />
trovare. Dio si trova nella carità. Colui o coloro che si stabiliscono nella<br />
carità trovano Dio anche senza doverne fare penosa ricerca. E chi ha seco Dio,<br />
seco ha la riuscita di ogni sua impresa.<br />
Nel salmo sgorgato dal cuore di un saggio*, dopo la meditazione dei penosi<br />
eventi che accompagnarono la ricostruzione del Tempio e delle mura, è detto: “Se<br />
il Signore non edifica la casa, invano si affaticano intorno ad essa i<br />
costruttori. Se il Signore non veglia la città e la protegge, invano vegliano su<br />
essa i difensori”.<br />
Or come può essere Dio ad edificare la casa, se sa che gli abitatori di essa non<br />
lo hanno in cuore perché non hanno amore ai vicini? E come proteggerà le città e<br />
darà forza ai difensori, se non può essere in esse, essendo esse prive di Lui<br />
con l’odio che hanno per i vicini? È forse giovato, o popoli, esser divisi da<br />
barriere di odio? Vi ha fatto più grandi? Più ricchi? Più felici? Mai non giova<br />
l’odio né il rancore, mai è forte chi è solo, mai è amato chi non ama. E non<br />
serve, come dice il salmo, alzarsi avanti la luce per divenire grandi, ricchi e<br />
felici. Prenda ognuno il riposo a conforto del dolore della vita, perché il<br />
sonno è dono di Dio così come lo è la luce e ogni altra cosa di cui l’uomo gode;<br />
prenda ognuno il suo riposo ma abbia, nel sonno e nella veglia, compagna la<br />
carità, e le sue opere prospereranno, e prospereranno la sua famiglia e i suoi<br />
interessi, e soprattutto prospererà il suo spirito e conquisterà la regale<br />
corona di figli dell’Altissimo ed eredi del suo Regno.<br />
7Si è detto che, mentre il popolo osannava, alcuni piangevano forte perché
ipensavano e rimpiangevano il passato. Ma non era possibile distinguere le voci<br />
diverse nel tumulto delle grida.<br />
Figli di Samaria! E voi, miei apostoli, figli di Giudea e di Galilea! Anche oggi<br />
vi è chi osanna e chi piange mentre il nuovo Tempio di Dio sorge su fondamenta<br />
eterne. Anche ora c’è chi ostacola i lavori e chi cerca Dio là dove non è. Anche<br />
ora c’è chi vuole edificare secondo l’ordine di Ciro e non secondo l’ordine di<br />
Dio, secondo l’ordine cioè del mondo e non secondo le voci dello spirito. E<br />
anche ora c’è chi piange con stolto e umano rimpianto su un passato inferiore,<br />
su un passato che non fu buono e sapiente, tanto da provocare lo sdegno di Dio.<br />
Anche ora abbiamo tutte queste cose, come sempre fossimo nella nebulosità dei<br />
tempi remoti e non nella luce del tempo della Luce.<br />
______________<br />
* un saggio è Salomone, e le citazioni corrispondono al Salmo 127, 1-2.<br />
Aprite il vostro cuore alla Luce, empitevi di Luce per vedere voi, almeno voi,<br />
ai quali Io-Luce parlo. È il tempo nuovo. Tutto si riedifica in esso. Ma guai a<br />
coloro che non vorranno entrarvi e ostacoleranno quelli che edificano il Tempio<br />
della nuova fede, al quale Io sono Pietra angolare* e al quale anche darò tutto<br />
Me stesso per fare calcina alle pietre, onde l’edifizio sorga santo e forte,<br />
mirabile nei secoli, vasto quanto la Terra che coprirà tutta della sua luce.<br />
Dico luce, non ombra, perché il mio Tempio sarà di spiriti e non di materie<br />
opache. Pietra ad esso Io col mio Spirito eterno, e pietre tutti coloro che<br />
seguiranno la mia parola e la nuova fede, pietre incorporee, pietre accese,<br />
pietre sante. E la luce si estenderà sulla Terra, la luce del nuovo Tempio, e la<br />
coprirà di sapienza e di santità. E fuori ne resteranno solo coloro che con<br />
impuro pianto piangeranno e rimpiangeranno il passato, perché esso era per loro<br />
sorgente di utili e di onori tutti umani.<br />
8Apritevi al tempo e al Tempio nuovo, o uomini di Samaria! In essi tutto è<br />
novello, e le antiche separazioni e confini di materie, di pensiero e di<br />
spirito, non esistono più. Cantate, poiché l’esilio fuori dalla città di Dio sta<br />
per finire. Che forse godete di essere come esiliati, come lebbrosi per gli<br />
altri d’Israele? Che forse godete di sentirvi come degli espulsi dal seno di<br />
Dio? Perché questo voi lo sentite, le vostre anime lo sentono, le povere anime<br />
vostre, costrette in questi vostri corpi, sulle quali fate dominare il vostro<br />
pensiero protervo che non vuole dire ad altri uomini: “Noi abbiamo errato, ma<br />
come pecore sperse ora torniamo all’Ovile”. Non lo volete dire ad altri uomini,<br />
e questo è già male. Ma almeno vogliate dirlo a Dio. Anche se voi soffocate il<br />
grido della vostra anima, Dio sente il gemito dell’anima vostra, che è infelice<br />
di essere esiliata dalla casa del Padre universale e santissimo.<br />
Ascoltate le parole del salmo graduale*. Ben voi siete pellegrini che da secoli<br />
andate verso l’alta città, verso la vera Gerusalemme, quella celeste. Di là, dal<br />
Cielo, le vostre anime sono scese per animare una carne, e là è che sospirano di<br />
fare ritorno. Perché volete sacrificare le vostre anime, diseredarle del Regno?<br />
Quale colpa hanno esse di esser scese in carni concepite in Samaria? Esse<br />
vengono da un unico Padre. Esse hanno lo stesso Creatore che hanno le anime di<br />
Giudea e di Galilea, della Fenicia e della Decapoli. Dio è il fine di ogni<br />
spirito. Ogni spirito tende a questo Dio, anche se idolatrie di ogni specie, o<br />
eresie funeste, scismi, o non fede, lo mantengono in una ignoranza del Dio vero,<br />
che sarebbe assoluta se l’anima non avesse incancellabile in essa un embrionale<br />
ricordo della Verità e un anelito ad essa. Oh! fate crescere questo ricordo e<br />
questo anelito. Aprite le porte alla vostra anima. Che la Luce entri! Che entri<br />
la Vita! Che entri la Verità! Che sia aperta la Via! Che tutto entri a fiotti<br />
luminosi e vitali, come i raggi del sole e le onde e i<br />
_______________<br />
* Pietra angolare, alludendo a: Salmo 118, 22; Isaia 28, 16.<br />
* graduale è il Salmo 122 al quale si allude qui. I salmi graduali (120-134), o<br />
canti delle ascensioni, erano cantati dai pellegrini diretti a Gerusalemme per<br />
salire al Tempio. Già menzionati in 195.4. Più sotto si allude al Salmo 126.<br />
venti degli equinozi, per far crescere dall’embrione la pianta che si lancia in<br />
alto, sempre più vicino al suo Signore.<br />
Uscite dall’esilio! Cantate con Me: “Quando il Signore fa tornare dalla<br />
captività, l’anima pare sognare dalla gioia. Si riempie di sorrisi la nostra<br />
bocca, e la nostra lingua di giubilo. Ora si dirà: ‘Il Signore ha fatto grandi
cose per noi’ ”. Sì, il Signore ha fatto grandi cose per voi, e voi sarete<br />
inondati di letizia.<br />
9Oh! Padre mio! Per essi Io ti prego come per tutti. Fa’ tornare, o Signore,<br />
questi nostri prigionieri, questi che, per Te e per Me, sono prigioni nelle<br />
catene del cocciuto errore. Riconducili, o Padre, come torrente che si getta nel<br />
gran fiume, nel gran mare della tua misericordia e della tua pace. Io ed i miei<br />
servi, con lacrime, seminiamo in essi la tua verità. Padre, fa’ che al tempo<br />
della gran messe noi si possa, noi tutti tuoi servi nell’insegnare il tuo Vero,<br />
mietere con gioia fra questi solchi, che ora sembrano solo sparsi di triboli e<br />
tossici, il grano eletto dei tuoi granai. Padre! Padre! Per le nostre fatiche, e<br />
lacrime, e dolori, e sudori, e morti, che furono e saranno compagni al nostro<br />
seminare, fa’ che si possa venire a Te portando, come manipoli, le primizie di<br />
questo popolo, le anime rinate alla Giustizia e Verità per tua gloria. Amen!».<br />
10Il silenzio, che era addirittura impressionante tanto era assoluto in così<br />
gran folla che empiva la sinagoga e la piazza davanti ad essa, viene incrinato<br />
da un bisbiglio che sempre più cresce e si tramuta da bisbiglio a sussurro, da<br />
sussurro a rumore, da rumore ad osanna. La gente gesticola e commenta e<br />
acclama...<br />
Come è diverso qui dall’epilogo dei discorsi al Tempio! Malachia dice per tutti:<br />
«Tu solo puoi dire la verità così, senza offendere e mortificare! Tu sei<br />
veramente il Santo di Dio! Prega per la nostra pace. Noi siamo induriti da<br />
secoli di... credenze e da secoli di affronti. E dobbiamo rompere questa nostra<br />
dura corteccia. Compatisci».<br />
«Più ancora: amo. Abbiate la buona volontà, e la corteccia si fenderà da sé. La<br />
Luce venga a voi».<br />
Si fa largo ed esce, seguito dagli apostoli.<br />
557. L’arrivo, da Sichem, dei parenti dei tre fanciulli strappati ai ladroni.<br />
18 gennaio 1947.<br />
1Gesù è solo nell’isoletta in mezzo al torrente. Sulla sponda, oltre il<br />
torrentello, giuocano i tre fanciullini e bisbigliano sottovoce come per non<br />
turbare la meditazione di Gesù. Qualche volta il più piccolo ha un gridetto di<br />
gioia scoprendo un sassolino di bel colore, o un fiorellino novello; gli altri<br />
lo zittiscono dicendo: «Taci! Gesù prega...», e il bisbiglio riprende mentre le<br />
manine brunette costruiscono con la rena blocchetti e coni che,<br />
nell’immaginazione infantile, dovrebbero essere case e montagne.<br />
In alto il sole splende, gonfiando sempre più le gemme sugli alberi e aprendo<br />
bocci nei prati. Il pioppo tremula nelle sue foglie verdi grigie, e gli uccelli,<br />
lassù sulla vetta, hanno schermaglie d’amore e di rivalità che terminano talora<br />
in un canto, talaltra in uno strido di dolore.<br />
Gesù prega. Seduto sull’erba, con un ciuffo di falaschi a far da riparo fra Lui<br />
e il sentiero della riva, è assorto nella sua orazione mentale. Talvolta alza<br />
gli occhi ad osservare i piccoli che giuocano là sull’erba. Poi li riabbassa e<br />
si raccoglie nuovamente nei suoi pensieri.<br />
2Un correre di passi fra le piante della riva e l’irrompere di Giovanni sulla<br />
isoletta mettono in fuga gli uccelli, che sfrecciano via dalla vetta del pioppo<br />
ponendo fine al loro carosello con uno stridio di paura.<br />
Giovanni non vede subito Gesù, che è celato dai falaschi, e un poco interdetto<br />
grida: «Dove sei, Maestro?».<br />
Gesù si alza in piedi, mentre i tre fanciulli gridano dall’opposta sponda: «Lì<br />
è! Dietro le alte erbe».<br />
Ma Giovanni ha già visto Gesù e va a Lui dicendo: «Maestro, sono venuti i<br />
parenti. I parenti dei fanciulli. E con molti di Sichem. Sono andati da<br />
Malachia. E Malachia li ha condotti alla casa. Io sono venuto a cercarti».<br />
«E Giuda dove è?».<br />
«Non so, Maestro. È uscito subito dopo che Tu sei venuto qui e non è più<br />
tornato. Sarà per la città. Vuoi che lo cerchi?».<br />
«No, non occorre. Resta qui con i fanciulli. Voglio parlare prima ai parenti».<br />
«Come vuoi Tu, Maestro».<br />
Gesù se ne va, e Giovanni raggiunge i fanciulli e si mette ad aiutarli nella<br />
grande impresa di fare un ponte su un immaginario fiume fatto di lunghe foglie<br />
di canna, messe sul suolo a simulare l’acqua...
3Gesù entra nella casa di Maria di Giacobbe, che è sulla porta ad attenderlo e<br />
che gli dice: «Sono saliti sulla terrazza. Li ho condotti là offrendo riposo. Ma<br />
ecco Giuda che accorre dal paese. Lo attenderò e poi preparerò ristoro per i<br />
pellegrini, che sono stanchi molto».<br />
Anche Gesù attende Giuda nell’andito un poco buio rispetto alla luce esterna. E<br />
Giuda subito non vede Gesù e con alterigia dice alla donna entrando: «Dove sono<br />
quei di Sichem? Già partiti forse? E il Maestro? Nessuno lo chiama?<br />
Giovanni...». Vede Gesù e cambia tono dicendo: «Maestro! Ho corso quando ho<br />
saputo, per puro caso... Eri già in casa?».<br />
«Giovanni c’era, e mi ha cercato».<br />
«Io... Ci sarei stato anche io. Ma alla fonte mi avevano invitato alcuni a<br />
spiegare loro alcune cose...».<br />
Gesù non risponde niente. Non apre bocca altro che per salutare quelli che lo<br />
attendono, seduti parte sui muretti della terrazza e parte nella stanza che si<br />
apre su essa, e che come lo vedono si alzano ossequiandolo.<br />
Gesù, dopo il saluto collettivo, saluta alcuni a nome, fra lo stupore contento<br />
di questi che dicono: «Ti ricordi ancora dei nostri nomi?». Devono essere gli<br />
abitanti di Sichem.<br />
E Gesù risponde: «Dei vostri nomi, dei vostri volti e delle vostre anime. Avete<br />
accompagnato i parenti dei fanciulli? Sono quelli?».<br />
«Quelli sono. Essi sono venuti a prenderseli, e noi ci siamo uniti ad essi per<br />
ringraziarti della tua pietà per quei piccoli figli di donna di Samaria. Tu solo<br />
sai fare queste cose!... Tu sei sempre il Santo che non fa che opere sante. Noi<br />
pure ti abbiamo sempre ricordato. Ed or, sapendo che qui eri, siamo venuti. Per<br />
vederti e dirti che ti siamo grati di averci eletti a tuo rifugio e di averci<br />
amati nei figli del nostro sangue. 4Ma ora ascolta i parenti».<br />
Gesù, seguito da Giuda, si dirige ad essi e li saluta nuovamente, invitandoli a<br />
parlare.<br />
«Noi, non so se Tu lo sai, siamo i fratelli della madre dei fanciulli. E molto<br />
irati con lei eravamo, perché ella stoltamente, e contro il nostro consiglio,<br />
volle quelle nozze infelici. Nostro padre fu debole per l’unica fanciulla della<br />
sua molta prole, tanto che noi anche con lui ci adirammo, e per più anni fu<br />
silenzio fra noi e separazione. Poi, sapendo che la mano di Dio gravava sulla<br />
donna e miseria era nella sua casa, ché impura unione non ha difesa di<br />
benedizione divina, riprendemmo nella nostra casa il vecchio padre, perché<br />
avesse il solo dolore della miseria in cui languiva la donna. E poi lei è morta.<br />
E lo sapemmo. Tu eri passato da poco e di Te si parlava fra noi... E noi,<br />
vincendo lo sdegno, offrimmo all’uomo, attraverso costui e costui (due di<br />
Sichem), di ritirare i fanciulli. Erano, per metà, sangue nostro. Disse che<br />
piuttosto morti tutti di mala morte che vivere per il nostro pane. Non i<br />
fanciulli e non il corpo della sorella, neppur quello, perché avesse sepoltura<br />
secondo i nostri riti! E allora giurammo a lui odio e al suo seme. E l’odio lo<br />
colpì come maledizione, tanto che da libero lo fece servo e da servo... un morto<br />
come uno sciacallo in una fetida tana. Mai lo avremmo saputo, perché da molto<br />
tutto era morto fra noi. 5E grandemente tememmo, questo solo, quando, or sono<br />
otto notti, vedemmo apparire nella nostra aia quei ladroni. E poi, sapendo<br />
perché erano apparsi, lo sdegno, non il dolore, ci morse come un veleno e ci<br />
affrettammo a licenziare quei ladri, offrendo loro buona mercede per averli<br />
amici, e stupimmo sentendo che essi già si erano pagati e altro non volevano».<br />
Giuda rompe all’improvviso il silenzio attento di tutti con una ironica risata e<br />
grida: «La loro conversione! Totale! In verità!».<br />
Gesù lo guarda severo, gli altri lo guardano stupiti, e chi parlava riprende: «E<br />
che potevi pretendere di più da essi? Non è già molto esser venuti guidando il<br />
pastorello e sfidando i pericoli senza pretendere mercede? A disgraziata vita è<br />
necessaria disgraziata usanza. Non fu certo larga la preda fatta allo stolto,<br />
morto randagio! Non larga! E appena sufficiente a chi deve sospendere di predare<br />
per dieci giorni almeno. E la loro onestà tanto ci stupì, e tanto, che chiedemmo<br />
loro qual voce aveva loro parlato inculcando questa pietà. E seppimo così che un<br />
rabbi aveva loro parlato... Un rabbi! Tu solo. Perché nessun altro rabbi<br />
d’Israele potrebbe fare ciò che Tu hai fatto. E partiti che furono, interrogammo<br />
meglio lo spaurito fanciullo pastore e seppimo con più esattezza le cose. Sulle<br />
prime sapevamo soltanto che il marito di nostra sorella era morto e che i<br />
fanciulli erano ad Efraim presso un giusto, e poi che questo giusto, che rabbi<br />
era, aveva loro parlato, e subito pensammo che Tu eri. Ed entrati in Sichem
all’aurora ci consultammo con questi, perché ancora non eravamo decisi se<br />
accogliere i fanciulli. Ma questi ci dissero: “E che? Vorreste che invano il<br />
Rabbi di Nazaret abbia amato i fanciulli? Poiché certo Egli è, non ne dubitate.<br />
Andiamo tutti a Lui, anzi, perché la sua benignità è grande verso i figli di<br />
Samaria”. E sistemati i nostri affari siamo venuti. 6Dove sono i fanciulli?».<br />
«Presso il torrente. Giuda, vai a dir loro che vengano».<br />
Giuda se ne va.<br />
«Maestro, è un duro incontro per noi. Essi ci ricordano tutti i nostri affanni,<br />
e ancora siamo incerti se accoglierli. Sono figli del più fiero nemico che mai<br />
ebbimo al mondo...».<br />
«Sono figli di Dio. Innocenti sono. La morte annulla il passato e l’espiazione<br />
ottiene perdono, anche da Dio. Vorreste esser più severi di Dio? E più crudeli<br />
dei ladroni? E più ostinati di essi? I ladroni volevano uccidere il pastorello e<br />
tenere i fanciulli. Quello per prudente difesa, questi per umana pietà verso gli<br />
inermi. Il Rabbi ha parlato, ed essi non hanno ucciso e hanno consentito, sino a<br />
guidare a voi il piccolo pastore. Dovrò Io conoscere sconfitta con dei cuori<br />
retti, se vinsi il delitto?…».<br />
«È che... Siamo quattro fratelli, e trentasette fanciulli sono già nella nostra<br />
casa...».<br />
«E dove trovano cibo trentasette passerotti, perché il Padre dei Cieli fa<br />
trovare loro i granelli, non ne troveranno quaranta? Forse che la potenza del<br />
Padre non potrà procurare il cibo ad altri tre, anzi quattro, suoi figli? Ha un<br />
limite questa divina Provvidenza? Si sgomenterà l’Infinito di fecondare<br />
maggiormente i vostri semi, le vostre piante e le vostre pecore, perché sia<br />
sempre sufficiente il pane e l’olio e il vino e la lana e la carne ai vostri<br />
figli e a quattro altri poveri bambini rimasti soli?».<br />
«Sono tre, Maestro!».<br />
«Quattro sono. Il pastorello è orfano egli pure. Potreste, se qui vi apparisse<br />
Iddio, sostenere che così misurato è il vostro pane da non poter sfamare un<br />
orfano? La pietà per l’orfano è ordinata dal Pentateuco...».<br />
«Non lo potremmo, Signore. È vero. Non saremo inferiori ai ladroni. Daremo pane,<br />
vesti e alloggio anche al fanciullo pastore. E per amor tuo».<br />
«Per amore. Per tutto l’amore. A Dio, al suo Messia, a vostra sorella, al<br />
prossimo vostro. Questo l’omaggio e il perdono da dare al vostro sangue! Non un<br />
freddo sepolcro per la sua polvere. Perdono è pace. Pace per lo spirito<br />
dell’uomo che peccò. Ma non sarebbe che bugiardo perdono, tutto esteriore, e<br />
nulla pace per lo spirito della morta, che è sorella e madre a voi e ai<br />
fanciulli, se all’espiazione giusta di Dio si unisse, a dare penoso tormento, la<br />
conoscenza che i figli suoi scontano, innocenti qual sono, il suo peccato. La<br />
misericordia di Dio è infinita. Ma unitevi la vostra a dar pace alla morta».<br />
«Oh! lo faremo! Lo faremo! A nessuno si sarebbe piegato il nostro cuore, ma a Te<br />
sì, o Rabbi, passato un giorno fra noi, seminando un seme che non è morto e che<br />
non morirà».<br />
«Amen! 7Ecco i fanciulli...». Gesù li indica sull’argine del torrente, diretti<br />
alla casa. E li chiama.<br />
Ed essi lasciano le mani degli apostoli e accorrono gridando: «Gesù! Gesù!».<br />
Entrano, salgono la scala, sono sul terrazzo e si arrestano intimoriti davanti a<br />
tanti estranei che li guardano.<br />
«Vieni Ruben, e tu, Eliseo, e tu, Isacco. Questi sono i fratelli della vostra<br />
mamma, e sono venuti a prendervi per unirvi ai loro figli. Vedete come è buono<br />
il Signore? Proprio come quel colombo di Maria di Giacobbe, che vedemmo<br />
imboccare ieri l’altro il figlio non suo ma del fratello morto. Egli vi<br />
raccoglie e vi dona a questi perché abbiano cura di voi e non siate più orfani.<br />
Su! Salutate i parenti».<br />
«Il Signore sia con voi, signori», dice timidamente il più grande, guardando il<br />
suolo. E i due più piccoli fanno eco.<br />
«Questo è molto simile alla madre, e anche questo, ma costui (il più grande) è<br />
tutto come il padre», osserva un parente.<br />
«Amico mio, non credo che tu sia tanto ingiusto da fare differenze d’amore per<br />
una somiglianza di volto», dice Gesù.<br />
«Oh! no. Questo no. Osservavo... e pensavo... Non vorrei che avesse del padre<br />
anche il cuore».<br />
«È un fanciullo tenero ancora. E le sue semplici parole tradiscono il suo amore<br />
per la madre ben più vivo di ogni altro amore».
8«Li teneva però meglio di quanto credevamo. Sono vestiti e calzati con decoro.<br />
Forse aveva fatto fortuna...».<br />
«Io ed i fratelli abbiamo la veste nuova perché Gesù ci ha vestiti. Non avevamo<br />
né calzari né mantello, in tutto eravamo come il pastore», dice il secondo che è<br />
meno timido del primo.<br />
«Ti compenseremo di tutto, Maestro», risponde un parente e aggiunge: «Gioacchino<br />
di Sichem aveva le offerte della città. Ma vi uniremo denaro ancora...».<br />
«No. Non voglio denaro. Voglio una promessa. La vostra di amore per questi che<br />
Io strappai ai ladroni. Le offerte... Malachia, prendile per i poveri che tu<br />
conosci e fanne parte a Maria di Giacobbe, perché ben misera è la sua casa».<br />
«Come Tu vuoi. Se essi saranno buoni, noi li ameremo».<br />
«Lo saremo, signore. Sappiamo che bisogna esserlo per ritrovare la madre nostra<br />
e risalire il fiume sino al seno di Abramo, e non levare il filo della nostra<br />
barca dalle mani di Dio per non essere portati via dalla corrente del demonio»,<br />
dice Ruben tutto d’un fiato.<br />
«Ma che dice il fanciullo?».<br />
«Una parabola udita da Me. L’ho detta per consolare il loro cuore e dare una<br />
guida al loro spirito. E i fanciulli l’hanno ritenuta e l’applicano ad ogni loro<br />
azione. Famigliarizzatevi con essi, mentre Io parlo a questi di Sichem...».<br />
9«Maestro, ancora una parola. Ciò che ci stupì nei ladroni fu la preghiera di<br />
dire al Rabbi, che aveva seco i fanciulli, di perdonarli se lungo era stato il<br />
tempo preso per venire, considerando che a loro non è aperta ogni via e che la<br />
presenza fra loro di un fanciullo impediva lunghe marce per le gole selvagge».<br />
«Senti, Giuda?», dice Gesù all’Iscariota che non ribatte.<br />
E poi Gesù si isola con quelli di Sichem, che gli strappano la promessa di una<br />
visita anche breve, prima della calura estiva. E raccontano a Gesù, intanto,<br />
cose della città e come i guariti, d’anima o di corpo, di Lui si ricordino.<br />
Intanto Giuda e Giovanni si industriano ad affratellare i fanciulli coi parenti<br />
loro...<br />
558. Con la comitiva che fa ritorno a Sichem.<br />
Parabola della goccia che scava il masso.<br />
21 gennaio 1947.<br />
1Gesù sta camminando per una via solitaria. Sono davanti a Lui i parenti dei<br />
fanciulli e al suo fianco quei di Sichem. Sono in una zona deserta. Nessuna<br />
città è in vista. I fanciulli sono stati messi in sella ad alcuni asinelli, e un<br />
parente tiene le briglie sorvegliando il fanciullo. Gli altri asinelli, liberi<br />
di cavalieri perché quei di Sichem hanno preferito camminare a piedi per stare<br />
vicino a Gesù, precedono il gruppo degli uomini, andando in branco e ragliando<br />
ogni tanto di gioia per ritornare verso le stalle senza peso alcuno, in una<br />
splendida giornata, fra prode orlate di erba novella, nella quale ogni tanto<br />
tuffano le froge a gustarne una boccata, e poi, con un ambio scherzoso,<br />
caracollano raggiungendo i compagni cavalcati. Cosa che fa ridere i fanciulli.<br />
Gesù parla con i sichemiti, o li ascolta nei loro discorsi. È palese che i<br />
samaritani sono orgogliosi di avere con loro il Maestro, e sognano più che non<br />
convenga. Tanto da dire a Gesù, accennando ai monti alti che sono alla sinistra<br />
di chi procede verso il nord: «Vedi? Brutta fama hanno l’Ebal e il Garizim. Ma<br />
essi, per Te almeno, sono molto migliori di Sion. E lo sarebbero totalmente se<br />
Tu lo volessi, eleggendoli a tua dimora. Sion è sempre covo ai Jebusei. E quelli<br />
di ora sono per Te ancor più nemici che non gli antichi per Davide.* Egli,<br />
poiché usò violenza, prese la cittadella; ma Tu, che non usi violenza, non vi<br />
regnerai. Mai. Resta fra noi, Signore, e noi ti onoreremo».<br />
Gesù risponde: «Ditemi: mi avreste amato se con violenza vi avessi voluto<br />
conquistare?».<br />
«Veramente... no. Ti amiamo proprio perché sei tutto amore».<br />
«Per questo dunque, per l’amore, Io regno nei vostri cuori?».<br />
«Così è, Maestro. Ma è perché noi abbiamo accolto il tuo amore. Essi, quelli di<br />
Gerusalemme, non ti amano».<br />
«È vero. Non mi amano. 2Ma, voi che siete tutti molto esperti nei commerci,<br />
ditemi: quando voi volete vendere, acquistare e guadagnare, vi perdete forse<br />
d’animo perché in certi luoghi non vi amano, oppure fate lo stesso i vostri
affari, preoccupandovi unicamente di fare buoni acquisti e buone vendite, senza<br />
tener conto se al denaro che guadagnate è assente l’amore di chi con voi ha<br />
comperato o venduto?».<br />
«È solo dell’affare che ci preoccupiamo. Poco ci importa se ad esso manca<br />
l’amore di chi tratta con noi. Finito l’affare, finito il contatto. L’utile<br />
resta, il resto... non ha valore».<br />
«Ebbene, Io pure, Io che sono venuto a fare gli interessi del Padre mio, non mi<br />
devo che preoccupare di questo. Che poi, là dove Io li faccio, Io trovi amore o<br />
scherno o durezza, a Me non preoccupa. In una città di commerci non con tutti si<br />
fanno guadagni e si fanno compre e vendite. Ma, anche se si tratta con uno solo<br />
e si fa un buon guadagno, si dice che quel viaggio non fu inutile, e ci si torna<br />
e ritorna ancora. Perché ciò che non si ottiene che con uno la prima volta, si<br />
ottiene con tre la seconda, con sette la quarta, con dieci e dieci le altre. Non<br />
è così? Io pure, per le conquiste del Cielo, faccio come voi per i vostri<br />
mercati. Insisto, persevero, trovo sufficiente il piccolo, di numero, il grande,<br />
perché anche una sola anima salvata è grande cosa, il grande compenso ricavato<br />
dalla mia fatica**. Ogni volta che vado là e supero tutto ciò che può essere<br />
reazione dell’Uomo pur di conquistare, come Re dello spirito, anche un suddito<br />
solo, no, non dico che è stato inutile il mio andare, inutili i dolori, inutili<br />
le fatiche. Ma dico santi, amabili e desiderabili gli scherni, le ingiurie, le<br />
accuse. Non sarei un buon conquistatore se mi arrestassi davanti agli ostacoli<br />
delle fortezze granitiche».<br />
«Ma ti occorrerebbero secoli per vincerli. Tu... sei un uomo. Non vivrai secoli.<br />
Perché perdere il tuo tempo dove non ti si vuole?».<br />
______________<br />
* Davide nella presa di Gerusalemme, narrata in: 2 Samuele 5, 6-10; 1 Cronache<br />
11, 4-9<br />
** trovo... fino a ...fatica. Forse la frase si capirebbe meglio se fosse<br />
costruita così: trovo sufficiente il grande compenso (piccolo di numero, grande<br />
perché anche una sola anima salvata è grande cosa) ricavato dalla mia fatica.<br />
«Vivrò molto meno. Presto anzi non sarò più fra voi, non vedrò più albe e<br />
tramonti come pietre miliari di giorni che sorgono e di giorni che finiscono, ma<br />
li contemplerò unicamente come bellezze del creato e loderò per essi il Creatore<br />
che li fece e che mi è Padre; non vedrò più fiorire le piante e maturare i<br />
grani, né avrò bisogno dei frutti della terra per conservarmi in vita, poiché,<br />
tornato al mio Regno, mi nutrirò d’amore. Eppure Io abbatterò le molte fortezze<br />
serrate che sono i cuori degli uomini.<br />
3Osservate quella pietra là, sotto quella sorgiva, sul fianco del monte. La<br />
sorgiva è esile molto, direi che non scorre, ma stilla: una goccia che cade,<br />
forse da secoli, su quella roccia che sporge dal fianco del monte. E la pietra è<br />
ben dura. Non è calcare friabile né morbido alabastro, è basalto durissimo.<br />
Eppure, guardate come al centro del masso convesso, e nonostante sia tale, si<br />
sia formato un minuscolo specchio d’acqua, non più largo del calice di un<br />
nenufaro, ma sufficiente a rispecchiare il cielo azzurro e a dissetare gli<br />
uccelli. Quella concavità* sul masso convesso l’ha forse fatta l’uomo per<br />
mettere una gemma azzurra nel masso oscuro e una coppa refrigerante agli<br />
uccelli? No. L’uomo non se ne è occupato. Forse, nei molti secoli che gli uomini<br />
passano davanti a questo masso, che una stilla da secoli scava con inesorabile e<br />
sincopato lavorio, siamo noi i primi che l’osserviamo, questo basalto nero colla<br />
sua turchese liquida al centro, e ne ammiriamo la bellezza, e lodiamo l’Eterno<br />
di averla voluta a delizia dei nostri occhi e a refrigerio degli uccelli che<br />
nidificano qui presso.<br />
Ma ditemi. È forse la prima stilla, che sgorgò da sotto il cornicione basaltico<br />
sovrapposto al masso e che cadde da quell’altezza su questa roccia, che ha<br />
scavato la coppa che specchia il cielo, il sole, le nuvole e le stelle? No.<br />
Milioni e milioni di gocce, una dopo l’altra, una dopo l’altra, si sono<br />
succedute, sgorgando come una lacrima là in alto, scendendo con uno scintillio a<br />
percuotere il masso, e con una nota d’arpa, nel morire su esso, hanno scalfito,<br />
per una profondità immisurabile tanto era nulla, la materia dura. E così per<br />
secoli, col movimento di una sabbia in una clessidra, segnando il tempo: tante<br />
gocce all’ora, tante nel corso di una vigilia, tante fra l’alba e il tramonto, e<br />
la notte e l’aurora, tante al dì, tante da sabato a sabato, tante da neonemia a
neonemia, e da nisam a nisam, e da secolo a secolo. Resistente il masso,<br />
persistente la goccia.<br />
L’uomo, che è superbo e perciò impaziente e ozioso, avrebbe gettato il mazzuolo<br />
e la sgorbia dopo i primi colpi, dicendo: “È cosa che non si incava”. La goccia<br />
ha scavato. Era ciò che doveva fare. Ciò per cui fu creata. E ha gemuto, una<br />
goccia dopo l’altra, per secoli, sino a scavare il masso. E non si è fermata,<br />
poi, dicendo: “Ora ci penserà il cielo a nutrire la coppa, che io ho scavata,<br />
con le rugiade e le piogge, le brine e le nevi”. Ma ha continuato a cadere, ed<br />
essa sola empie la coppa minuscola nei calori estivi, nei rigori invernali,<br />
mentre le piogge violente o blande corrugano lo specchio ma non possono né<br />
abbellirlo né allargarlo, né approfondirlo perché esso è già colmo, utile,<br />
bello. La sorgiva sa che<br />
_____________<br />
* concavità, invece di convessità, è correzione nostra.<br />
le figlie sue, le gocce, vanno a morire là nel piccolo bacino, ma non le<br />
trattiene. Le sospinge, anzi, verso il loro sacrificio, e perché non restino<br />
sole e cadano in tristezza manda loro nuove sorelle, onde chi muore non sia sola<br />
e veda sé perpetuata in altre.<br />
4Io pure, percuotendo per primo e cento e mille volte le fortezze dure dei duri<br />
cuori e perpetuandomi nei miei successori, che manderò sino alla fine dei<br />
secoli, aprirò in esse dei varchi, e la mia Legge entrerà come un sole dovunque<br />
sono creature. Ché, se poi esse non vorranno la Luce e chiuderanno i varchi che<br />
l’inesausto lavoro avrà aperto, Io e i miei successori non ne avremo colpa agli<br />
occhi del Padre nostro. Se quella sorgiva si fosse aperta altra via, vedendo la<br />
durezza del masso, e avesse gocciato più là, dove è terreno erboso, ditemi voi,<br />
avremmo avuto quella gemma lucente, e gli uccelli quel limpido ristoro?».<br />
«Non si sarebbe neppur vista, Maestro», «Al massimo... un poco d’erba più folta<br />
anche in estate avrebbe segnato il posto dove la sorgiva stillava», «O anche...<br />
meno erba che altrove, essendosi marcite, in un continuo umidore, le radici di<br />
esse», «E fanghiglia. Nulla più. Un inutile gocciare, perciò».<br />
«Lo avete detto. Un inutile, o almeno un ozioso gocciare. Io pure, se avessi a<br />
preferire unicamente i luoghi dove i cuori sono disposti ad accogliermi per<br />
giustizia o per simpatia, farei un imperfetto lavoro. Perché lavorerei, questo<br />
sì, ma senza fatica, anzi con molto soddisfacimento dell’io, con un compiacente<br />
compromesso fra il dovere e il piacere. Non pesa già lavorare dove l’amore<br />
circonda e dove l’amore rende duttili le anime da lavorare. Ma, se non vi è<br />
fatica, non vi è merito e non vi è molto guadagno, perché poche conquiste si<br />
fanno se ci si limita a quelli che già sono nella giustizia. Non sarei Io se non<br />
cercassi di redimere prima alla Verità, poi alla Grazia, tutti gli uomini».<br />
5«E credi di riuscirvi? Che potrai mai fare, più di quanto Tu abbia già fatto,<br />
per persuadere i tuoi avversari alla tua parola? Che? Se neppure la risurrezione<br />
dell’uomo di Betania è valsa a far dire ai giudei che Tu sei il Messia di Dio?».<br />
«Ho ancora qualcosa da fare, più grande, molto più grande del fatto».<br />
«Quando, Signore?».<br />
«Quando la luna di nisam sarà piena. Ponete attenzione allora».<br />
«Avrà un segno il cielo? Si dice che quando Tu nascesti il cielo parlò con luci,<br />
canti e stelle strane».<br />
«È vero. Per dire che la Luce era venuta nel mondo. Allora, in nisam, avranno<br />
segni il cielo e la terra, e sembrerà la fine del mondo per le tenebre e lo<br />
scuotimento e il ruggire dei fulmini nei firmamenti e dei terremoti nelle<br />
viscere aperte della Terra. Ma non sarà la fine. Sarà il principio, anzi. Prima,<br />
alla mia venuta, il Cielo partorì agli uomini il Salvatore e, poiché era atto di<br />
Dio, pace era a compagna dell’evento. A nisam sarà la Terra che con propria<br />
volontà partorirà a se stessa il Redentore, e poiché sarà atto di uomini non<br />
avrà pace a compagna. Ma vi sarà orrenda convulsione. E fra l’orrore dell’ora<br />
del secolo e dell’inferno, la Terra squarcerà il suo seno sotto le saette<br />
infuocate dell’ira divina, e urlerà il suo volere, troppo ebbra per comprenderne<br />
la portata, troppo insatanassata per impedirlo. Come una folle partoriente,<br />
crederà di distruggere il frutto ritenuto maledetto, e non comprenderà che<br />
invece lo innalzerà così in luoghi dove mai più il dolore e l’insidia lo<br />
raggiungeranno. La pianta, la nuova pianta, da allora allargherà i suoi rami per<br />
tutta la Terra, per tutti i secoli, e Colui che vi parla, con amore o con odio<br />
sarà riconosciuto per vero Figlio di Dio e Messia del Signore. E guai a quelli<br />
che lo riconosceranno senza volerlo confessare e senza convertirsi a Me».
6«Dove avverrà questo, Signore?».<br />
«A Gerusalemme. Essa è bene la città del Signore».<br />
«Allora noi non vi saremo, perché a nisam la Pasqua qui ci trattiene. Noi siamo<br />
fedeli al nostro Tempio».<br />
«Meglio sarebbe foste fedeli al Tempio vivo che non è né sul Moria né sul<br />
Garizim, ma, essendo divino, è universale. Ma Io so attendere la vostra ora,<br />
quella nella quale amerete Dio e il suo Messia in spirito e verità».<br />
«Noi crediamo che Tu sei il Cristo. Per questo ti amiamo».<br />
«Amare è lasciare il passato per entrare nel mio presente. Voi non mi amate<br />
ancora con perfezione».<br />
I samaritani si guardano sottecchi tacendo. Poi uno dice: «Per Te, per venire a<br />
Te, lo faremmo. Ma non possiamo, anche se lo volessimo, entrare dove sono i<br />
giudei. Tu lo sai. Essi non ci vogliono...».<br />
«Né voi volete essi. Ma abbiate pace. Fra poco non ci saranno più due regioni,<br />
due Templi, due pensieri opposti. Ma un unico popolo, un unico Tempio, un’unica<br />
fede per tutti i desiderosi di Verità. 7Ma ora Io vi lascio. I fanciulli sono<br />
ormai consolati e distratti, e lunga è per Me la via del ritorno ad Efraim per<br />
giungervi avanti le tenebre. Non vi agitate. I vostri atti potrebbero attirare<br />
l’attenzione dei piccoli, e non conviene che essi avvertano la mia partenza.<br />
Proseguite. Io sosto qui. Il Signore vi guidi sui sentieri della Terra e sui<br />
sentieri della sua Via. Andate».<br />
Gesù si accosta al monte e li lascia allontanare. L’ultima cosa che si avverte,<br />
della carovana che torna a Sichem, è un’allegra risata di un fanciullo che si<br />
propaga per i silenzi della via montana.<br />
559. Ad Efraim, pellegrini dalla Decapoli e missione segreta di Mannaen.<br />
22 gennaio 1947.<br />
1La notizia che Gesù è a Efraim, forse per vanto degli stessi cittadini, o per<br />
altri motivi che ignoro, si deve essere diffusa, perché ormai molti sono quelli<br />
che vengono a cercare di Gesù: malati, la più parte, qualche afflitto e anche<br />
chi ha desiderio di vederlo. Comprendo questo perché sento l’Iscariota dire ad<br />
un gruppo di pellegrini venuti dalla Decapoli: «Il Maestro non c’è. Ma ci sono<br />
io e Giovanni ed è la stessa cosa. Dite dunque ciò che volete e noi faremo».<br />
«Ma voi non potrete mai insegnare ciò che Egli insegna», obbietta uno.<br />
«Noi siamo altri Lui, uomo. Ricordalo sempre. Ma se proprio vuoi sentire il<br />
Maestro, torna prima del sabato e va’ via dopo di esso. Il Maestro è ora un vero<br />
maestro. Non parla più su tutte le vie, nei boschi o sulle rupi come un randagio<br />
e a tutte l’ore come un servo. Parla qui il sabato, come a Lui si conviene. E<br />
bene fa! Per quello che gli è giovato sfinirsi di fatica e di amore!».<br />
«Ma noi non abbiamo colpa se i giudei...».<br />
«Tutti! Tutti! Che giudei e non giudei! Tutti uguali siete stati e sarete. Egli<br />
tutto a voi. Voi nulla a Lui. Egli dare. Voi non dare; neppure l’obolo che si dà<br />
al mendico».<br />
«Ma noi l’abbiamo l’offerta per Lui. Eccotela, se non ci credi».<br />
2Giovanni, che ha sempre taciuto ma con visibile sofferenza, guardando Giuda con<br />
occhi che supplicano e rimproverano, o meglio ammoniscono, non sa più tacere. E<br />
mentre Giuda già allunga la mano per prendere l’offerta, posa una mano sul<br />
braccio del compagno per trattenerlo e gli dice: «No, Giuda. Questo no. Tu sai<br />
l’ordine del Maestro», e si rivolge ai venuti dicendo: «Giuda si è male spiegato<br />
e voi avete male compreso. Non è questo che voleva dire il mio compagno. È<br />
soltanto offerta di sincera fede, di fedele amore che noi, io, i miei compagni,<br />
voi, tutti dobbiamo dare per il molto che il Maestro ci dà. Quando peregrinavamo<br />
per la Palestina, Egli accettava le vostre offerte, perché erano necessarie al<br />
nostro andare e perché molti mendichi trovavamo sul nostro cammino o venivamo a<br />
conoscenza di miserie nascoste. Ora, qui, non abbiamo bisogno di nulla - ne sia<br />
lodata la Provvidenza - e non incontriamo mendichi. Riprendete, riprendete la<br />
vostra offerta e datela in nome di Gesù agli infelici. Questi sono i desideri<br />
del Signore e Maestro nostro, e gli ordini a quelli fra noi che vanno<br />
evangelizzando per le diverse città. Se poi avete malati con voi, o qualcuno ha<br />
un vero bisogno di parlare col Maestro, ditelo. Ed io lo cercherò là dove Egli<br />
si isola in preghiera, avendo grande desiderio il suo spirito di raccogliersi<br />
nel Signore».
Giuda brontola fra i denti qualcosa, ma non contraddice apertamente. Si siede<br />
presso il focolare acceso come per disinteressarsi della cosa.<br />
«Veramente... un gran bisogno non lo abbiamo. Ma abbiamo saputo che era qui e<br />
abbiamo attraversato il fiume per venire a vederlo. Ma se abbiamo fatto<br />
male...».<br />
«No, fratelli. Non è male amarlo e cercarlo anche con disagio e fatica. E la<br />
vostra buona volontà avrà ricompensa. Io vado a dire al Signore della vostra<br />
venuta e certo Egli verrà. Ma, se proprio non venisse, vi porterò la sua<br />
benedizione». E Giovanni esce nell’orto per andare alla ricerca del Maestro.<br />
«Lascia! Ci vado io», dice Giuda imperiosamente e si alza correndo fuori.<br />
Giovanni lo guarda andare e non obbietta nulla.<br />
Rientra nella cucina dove sono accalcati i pellegrini. Ma quasi subito propone<br />
loro: «Vogliamo andare incontro al Maestro?».<br />
«Ma se Egli non volesse...».<br />
«Oh! non date peso ad un malinteso, ve ne prego. 3Voi sapete certo le ragioni<br />
per le quali qui siamo. Sono gli altri che obbligano il Maestro a queste misure<br />
di riserbo, non è già la volontà del suo cuore. Esso ha sempre gli stessi<br />
affetti per voi tutti».<br />
«Sappiamo. I primi giorni dopo la lettura del bando fu tutto un cercarlo<br />
nell’Oltre-Giordano e nei luoghi dove potevano pensarlo. A Betabara come a<br />
Betania, e a Pella, e a Ramot Galaad e anche oltre. E sappiamo che così pure fu<br />
per la Giudea e la Galilea. Le case degli amici suoi sono state molto<br />
sorvegliate perché... se molti sono i suoi amici e discepoli, molti anche sono<br />
quelli che non sono tali, e credono servire l’Altissimo perseguitando il<br />
Maestro. Poi le ricerche sono subito cessate e si sparse voce che Egli era qui».<br />
«Ma voi da chi lo avete saputo?».<br />
«Da discepoli suoi».<br />
«I miei compagni? Dove?».<br />
«No. Nessuno di essi. Altri. Nuovi, perché non li vedemmo mai col Maestro né coi<br />
vecchi discepoli. Anzi ce ne stupimmo che Egli avesse mandato a dire dove era da<br />
sconosciuti, ma anche poi pensammo che lo avesse fatto perché i nuovi non erano<br />
conosciuti come discepoli dai giudei».<br />
«Io non so cosa vi dirà il Maestro. Ma per me vi dico che d’ora in poi non<br />
dovrete prestar fede che ai noti discepoli. Siate prudenti. Ognuno di questa<br />
nazione sa che avvenne al Battista...».<br />
«Tu pensi che...».<br />
«Se Giovanni, odiato da una sola*, fu preso e morto, che non sarà di Gesù,<br />
odiato del pari dalla Reggia e dal Tempio, e da farisei e scribi, sacerdoti ed<br />
erodiani? Siate dunque vigilanti onde non aver poi un rimorso... Ma eccolo che<br />
viene. Andiamogli incontro...».<br />
4È notte fonda e senza luna, ma chiara di stelle. Non potrei dire l’ora, non<br />
vedendo la posizione della luna e la sua fase. Vedo unicamente che è una notte<br />
serena. Tutta Efraim è scomparsa nel velo nero della notte. Anche il torrente è<br />
una voce, non altro. Le sue spume e i suoi scintillii sono annullati totalmente<br />
sotto la volta verde delle piante delle rive, che interdicono anche quella luce<br />
non luce che viene dalle stelle.<br />
______________<br />
* una sola, cioè Erodiade, come in 266.3 e in 270.5.<br />
Un uccello notturno si lamenta in qualche luogo. Poi tace per un frascare di<br />
ramaglie e un rompersi di canne che si avvicina alla casa, seguendo il torrente<br />
e venendo dalla parte montana. Poi una forma alta e robusta emerge dalla riva<br />
sul sentiero che monta verso la casa. Si arresta un poco come per orientarsi.<br />
Rasenta il muro tastandolo con le mani. Trova la porta. La sfiora e va oltre.<br />
Gira, sempre tastando, l’angolo della casa sino a raggiungere l’usciolo<br />
dell’orto. Lo tenta, lo apre, lo spinge, entra. Rasenta adesso i muri che danno<br />
nell’orto. Resta perplesso alla porta della cucina. Poi prosegue sino alla<br />
scaletta esterna, la sale a tastoni e si siede sull’ultimo scalino, ombra scura<br />
nell’ombra. Ma là, ad oriente, il colore del cielo notturno - un velario cupo,<br />
che si avverte che è tale solo per le stelle che lo trapungono - comincia a<br />
mutare colore, ossia a prendere un colore che l’occhio riesce a percepire come<br />
tale: un bigio di ardesia, che pare nebbia folta e fumosa e non è che chiaror<br />
d’alba che si avanza. Ed è lentamente il giornaliero miracolo nuovo della luce<br />
che torna.
La persona, che era accoccolata al suolo, tutta in un groppo coperto dal<br />
mantello scuro, si muove, si disgroppa, alza il capo, getta il mantello un poco<br />
indietro. È Mannaen. Vestito come un uomo qualunque, di una pesante veste<br />
marrone e di un mantello uguale. Una stoffa rude, da lavoratore o da pellegrino,<br />
senza fregi né fibbie e cinture. Un cordone di lana attorcigliata tiene la veste<br />
alla vita. Si alza in piedi, si sgranchisce. Guarda il cielo, dove la luce<br />
avanza permettendo di vedere ciò che è d’intorno.<br />
5Una porta in basso si apre cigolando. Mannaen si sporge senza far rumore per<br />
vedere chi esce di casa. È Gesù, che cautamente riaccosta la porta e si avvia<br />
alla scaletta. Mannaen si ritira un poco e si schiarisce la gola per attirare<br />
l’attenzione di Gesù, che alza il capo fermandosi a mezza scala.<br />
«Sono io, Maestro. Sono Mannaen. Vieni presto, ché ti devo parlare. Ti ho<br />
atteso...», bisbiglia Mannaen e si curva nel saluto.<br />
Gesù sale gli ultimi scalini: «La pace a te. Quando sei venuto? Come? Perché?»,<br />
chiede.<br />
«Credo che appena fosse trascorso il gallicinio quando posi piede qui. Ma nei<br />
cespugli, là in fondo, ero da ieri alla seconda vigilia».<br />
«Tutta la notte all’aperto!».<br />
«Non c’era altro modo di fare. Dovevo parlarti da solo. Dovevo conoscere la via<br />
per venire, la casa, e non essere visto. Perciò sono venuto a giorno e mi sono<br />
imboscato lassù. Ho visto calmarsi la vita nella città. Ho visto Giuda e<br />
Giovanni rientrare in casa. Anzi, Giovanni mi passò quasi al fianco col suo<br />
carico di legna. Ma non mi vide, perché ero ben nel folto. Ho visto, finché ci<br />
fu luce a vedere, una vecchia entrare e uscire, e il fuoco splendere nella<br />
cucina, e Te scendere di quassù che già era crepuscolo fondo. E chiudersi la<br />
casa. Allora sono venuto alla luce della luna novella e ho studiato la via. Sono<br />
anche entrato nell’orto. L’usciolo è più inutile che se non ci fosse. Ho sentito<br />
le vostre voci. Ma io dovevo parlare a Te solo. Sono tornato via per ritornare<br />
alla terza vigilia ed esser qui. So che Tu solitamente ti alzi avanti giorno per<br />
pregare. E ho sperato che oggi pure Tu lo facessi. Lodo l’Altissimo che così<br />
sia».<br />
6«Ma quale il motivo di dovermi vedere con tanto disagio?».<br />
«Maestro, Giuseppe e Nicodemo vogliono parlarti e hanno pensato di farlo in modo<br />
di eludere ogni sorveglianza. Hanno tentato altre volte, ma Belzebù deve aiutare<br />
molto i tuoi nemici. Dovettero sempre rinunciare a venire, perché non era<br />
lasciata senza sorveglianza la loro casa e così quella di Niche. Anzi la donna<br />
doveva venire prima di me. È una donna forte e si era da sola messa in cammino<br />
per l’Adonim. Ma fu seguita e fermata presso la Salita del Sangue*, e lei, per<br />
non tradire la tua dimora e giustificare le cibarie che aveva sulla cavalcatura,<br />
disse: “Salgo da un mio fratello che è in una grotta sui monti. Se volete<br />
venire, voi, che insegnate di Dio, fareste opera santa, poiché egli è malato e<br />
ha bisogno di Dio”. E con questa audacia li persuase ad andarsene. Ma non osò<br />
più venire qui e andò veramente da uno che dice essere in una grotta e da Te a<br />
lei affidato».<br />
«È verità. Ma come poté, poi, Niche farlo sapere agli altri?».<br />
«Andando a Betania. Lazzaro non c’è. Ma ci sono le sorelle. C’è Maria. E Maria è<br />
forse donna da sgomentarsi di cosa alcuna? Si è vestita come forse non fece<br />
Giuditta per andare dal re, ed è andata al Tempio pubblicamente insieme a Sara e<br />
Noemi, e poi al suo palazzo di Sion. E da lì ha mandato Noemi a Giuseppe con le<br />
cose da dire. E mentre... astutamente i giudei andavano o mandavano da lei<br />
per... onorarla, e ognuno poteva vederla, signora nella sua casa, Noemi<br />
vecchierella, in vesti dimesse, andava a Bezeta dall’Anziano. Ci siamo allora<br />
accordati di mandare qui me, il nomade che non dà sospetto se lo si vede<br />
cavalcare a briglia sciolta dall’una all’altra residenza di Erode, qui a dirti<br />
che la notte fra il venerdì e il sabato Giuseppe e Nicodemo, venendo uno da<br />
Arimatea l’altro da Rama avanti il tramonto, si incontreranno a Gofenà e ti<br />
attenderanno là. Io so il luogo e la via, e verrò qui a sera per condurti. Di me<br />
ti puoi fidare. Ma fidati di me solo, Maestro. Giuseppe si raccomanda che<br />
nessuno sappia questo nostro incontro. Per il bene di tutti».<br />
«Anche il tuo, Mannaen?».<br />
«Signore... io sono io. Ma non ho da tutelare beni e interessi di famiglia come<br />
Giuseppe».<br />
«E questo conferma il mio dire che le ricchezze materiali sono sempre un peso...<br />
Ma di’ pure a Giuseppe che nessuno saprà il nostro incontro».
«Allora posso andare, Maestro. Il sole è sorto e potrebbero alzarsi i tuoi<br />
discepoli».<br />
«Va’ pure, e Dio sia con te. Anzi ti accompagno per farti vedere il punto dove<br />
ci troveremo la notte del sabato...».<br />
Scendono senza far rumore ed escono dall’orto, scendendo subito sulle rive del<br />
torrente.<br />
_________________<br />
* Salita del Sangue: Chiamavano “Salita del Sangue” - annota MV su una copia<br />
dattiloscritta - un punto del monte Adonim per i delitti che ivi i ladroni<br />
compivano.<br />
560. Colloquio nella notte, presso Gofenà, con Giuseppe d’Arimatea,<br />
Nicodemo e Mannaen.<br />
23 gennaio 1947.<br />
1È una via ben difficile quella presa da Mannaen per guidare Gesù al luogo dove<br />
è atteso. Tutta montana, stretta, sassosa, fra macchioni e boschi. La luce di<br />
una chiarissima luna, nella sua prima fase, a malapena si fa strada fra<br />
l’intrico dei rami e talora cessa affatto, e Mannaen sopperisce con torce<br />
preparate, che si è portato seco a tracolla come armi sotto il mantello. Egli<br />
avanti, Gesù dietro, procedono in silenzio nel grande silenzio della notte. Due<br />
o tre volte qualche animale selvatico, correndo per i boschi, simula un suon di<br />
passi che fa arrestare in sospetto Mannaen. Ma, tolto questo, null’altro turba<br />
il cammino già tanto faticoso.<br />
«Ecco, Maestro. Quella là è Gofenà. Ora pieghiamo di qui. Conterò trecento passi<br />
e sarò alle grotte dove essi attendono dal tramonto. Ti è parso lungo il<br />
cammino? Eppure siamo andati per scorciatoie che credo mantengano la distanza<br />
legale».<br />
Gesù fa un gesto come dire: «Non si poteva fare altrimenti».<br />
Mannaen non parla più, intento a contare i suoi passi. Ora sono in un corridoio<br />
roccioso e nudo, simile ad uno speco in salita, fra le pareti del monte che<br />
quasi si toccano. Si direbbe la frattura prodotta da qualche cataclisma, tanto è<br />
strana. Un’enorme coltellata nel masso del monte, che l’avesse inciso per un<br />
buon terzo dalla cima. Al disopra, là in alto, oltre le pareti a perpendicolo,<br />
oltre il frascare agitato delle piante nate sull’orlo dell’enorme taglio,<br />
splendono le stelle, ma la luna non scende qui, in questo baratro. La luce<br />
fumosa della torcia risveglia degli uccelli da preda, che squittiscono agitando<br />
le ali sui bordi dei loro nidi fra i crepacci.<br />
2Mannaen dice: «Ecco!», e getta dentro uno spacco della parete rocciosa un grido<br />
simile al lamento di un grosso gufo.<br />
Venendo dal fondo, una luce rossastra si avanza per un altro corridoio roccioso,<br />
che però è chiuso in alto come un androne. Giuseppe appare: «Il Maestro?»,<br />
chiede non vedendo Gesù che è un poco indietro.<br />
«Sono qui, Giuseppe. La pace a te».<br />
«A Te, la pace. Vieni! Venite. Abbiamo fatto fuoco per vedere serpi e scorpioni<br />
e per fugare il freddo. Vi precedo».<br />
Si rivolge e, per le ondulazioni del sentiero fra le viscere del monte, li guida<br />
verso un luogo luminoso di vampe. Là, presso al fuoco, è Nicodemo che getta<br />
frasche e ginepri sul fuoco.<br />
«La pace anche a te, Nicodemo. Eccomi fra voi. 3Parlate».<br />
«Maestro, nessuno si è accorto della tua venuta?».<br />
«E chi mai, Nicodemo?».<br />
«Ma i tuoi discepoli non sono con Te?».<br />
«Con Me sono Giovanni e Giuda di Simone. Gli altri evangelizzano dal dì dopo il<br />
sabato al tramonto del venerdì. Ma Io ho lasciato la casa prima di sesta,<br />
dicendo che non mi si attendesse avanti l’alba del dì dopo il sabato. È ormai<br />
troppo abituale in Me l’assentarmi per più ore perché ciò desti sospetti in<br />
alcuno. State perciò tranquilli. Abbiamo tutto il tempo di parlare senza ansia<br />
alcuna di essere sorpresi. Qui... Il luogo è propizio».<br />
«Sì. Tane dei serpi e avvoltoi... e di ladroni nella stagione buona, quando<br />
questi monti sono pieni di greggi. Ma ora i ladroni preferiscono altri luoghi<br />
dove calare più rapidi sugli ovili e le carovaniere. Ci dispiace averti
trascinato sin qui. Ma da qui noi potremo partire per vie diverse. Senza dare<br />
nell’occhio ad alcuno. Perché, Maestro, dove è sospetto di amore per Te, là è<br />
puntata l’attenzione del Sinedrio».<br />
«Ecco, in questo io dissento da Giuseppe. A me sembra che ormai siamo noi che<br />
vediamo ombre dove non sono. Sembra ancora a me che da qualche giorno molto si<br />
sia calmata la cosa...», dice Nicodemo.<br />
«Ti inganni, amico. Io te lo dico. È calmata in quanto non c’è più stimolo di<br />
ricerca del Maestro, perché sanno ormai dove è. Per questo Lui, e non noi, è<br />
sorvegliato. Per questo gli ho raccomandato di non dire ad alcuno che ci si<br />
sarebbe incontrati. Perché non ci fosse qualcuno pronto... a qualunque cosa»,<br />
dice Giuseppe.<br />
4«Non credo che quelli di Efraim...», obbietta Mannaen.<br />
«Non quelli di Efraim e nessun altro di Samaria. Solo per fare diverso di quanto<br />
facciamo noi dall’altra parte...».<br />
«No, Giuseppe. Non per questo. Ma perché essi non hanno nel cuore quella serpe<br />
maligna che voi avete. Essi non temono di essere spogliati di nessuna<br />
prerogativa. Non hanno da difendere interessi settari e di casta. Nulla hanno,<br />
fuorché un istintivo bisogno di sentirsi perdonati e amati da Colui che offesero<br />
i loro antenati e che essi continuano ad offendere rimanendo fuori dalla<br />
Religione perfetta. Fuori perché, orgogliosi essi, e orgogliosi voi, non si sa<br />
da ambe le parti deporre l’astio che divide e tendersi la mano in nome<br />
dell’unico Padre. Già, anche fosse in loro tanta volontà, voi la stronchereste.<br />
Perché voi non sapete perdonare. Non sapete dire, ponendo sotto i piedi ogni<br />
stoltezza: “Il passato è morto, perché è sorto il Principe del Secolo futuro che<br />
tutti ci raccoglie sotto il suo Segno”. Io infatti sono venuto e raccolgo. Ma<br />
voi! Oh! per voi è sempre anatema anche ciò che Io ho ritenuto meritevole di<br />
essere raccolto!».<br />
«Sei severo con noi, Maestro».<br />
«Sono giusto. 5Potete forse dire che non mi fate rimprovero, in cuor vostro, per<br />
certe mie azioni? Potete dire che approvate la mia misericordia uguale per<br />
giudei e galilei come per samaritani e gentili, anzi ancor più vasta per questi<br />
e per i grandi peccatori, proprio perché essi ne hanno il maggior bisogno?<br />
Potete dire che non pretendereste da Me gesti di violenta maestà per manifestare<br />
la mia soprannaturale origine, e soprattutto, badate bene, e soprattutto la mia<br />
missione di Messia secondo il vostro concetto del Messia? Dite proprio il vero:<br />
a parte la gioia del vostro cuore per la risurrezione dell’amico, non avreste<br />
preferito a questa che Io giungessi a Betania bello e crudele, come* i<br />
nostri antichi con gli Amorrei e i Basaniti, e come Giosuè con quelli di Ai e di<br />
Gerico o, meglio ancora, facendo crollare con la mia voce le pietre ed i muri<br />
sui nemici, come le trombe di Giosuè fecero per le mura di Gerico, o attirando<br />
sopra i nemici dal cielo grosse pietre, come avvenne nella discesa di Beteron<br />
ancora ai tempi di Giosuè, o, come in tempi più recenti, chiamando celesti<br />
cavalieri scorrenti nell’aria coperti d’oro, armati di lance come coorti, e uno<br />
scorrazzar di cavalli in ordinati squadroni e assalti da una parte e dall’altra,<br />
e un agitar di scudi ed eserciti con elmo e spada sguainata, e un lanciar di<br />
dardi a terrorizzare i miei nemici? Sì, questo avreste preferito perché,<br />
nonostante che voi mi amiate molto, è ancora impuro il vostro amore, e ad esso<br />
dà esca, nel desiderare ciò che non è santo, il vostro pensiero di israeliti, il<br />
vostro vecchio pensiero. Quello che è in Gamaliele come nell’ultimo di Israele,<br />
quello che è nel Sommo Sacerdote, nel Tetrarca, nel contadino, nel pastore, nel<br />
nomade, nell’uomo della Diaspora. Il pensiero fisso del Messia conquistatore.<br />
L’incubo di chi teme di essere reso nulla da Lui. La speranza di chi ama la<br />
Patria con violenza di umano amore. Il sospiro di chi è oppresso sotto altre<br />
potenze, in altre terre. Non è colpa vostra. Il pensiero puro, quale era stato<br />
dato da Dio su ciò che Io sono, si è andato stratificando nei secoli di scorie<br />
inutili. E pochi sanno, con sofferenza, riportare alla sua purezza iniziale<br />
l’idea messianica. Ora, poi, essendo vicini i tempi in cui verrà dato il segno<br />
che Gamaliele aspetta, e che con lui attende tutto Israele; ora, poi, venendo i<br />
tempi della mia perfetta manifestazione, a rendere più imperfetto il vostro<br />
amore e più alterato il vostro pensiero, lavora Satana. Viene la sua ora. Io ve<br />
lo dico. E in quell’ora di tenebre anche quelli che sono attualmente veggenti, o<br />
appena un poco orbi, saranno ciechi del tutto. Pochi, ben pochi, nell’Uomo<br />
abbattuto riconosceranno il Messia. Lo riconosceranno in pochi per vero Messia,<br />
proprio appunto perché sarà abbattuto come lo videro i Profeti. Io vorrei, per
il bene dei miei amici, che mentre è ancora giorno essi sapessero vedermi e<br />
conoscermi per potermi riconoscere e vedere anche nello sfiguramento e nelle<br />
tenebre dell’ora del mondo... 6Ma ditemi ora ciò che volevate dirmi. L’ora<br />
avanza presto e verrà l’alba. Parlo per voi, perché Io non temo incontri<br />
pericolosi».<br />
«Ecco. Ti volevamo dunque dire che qualcuno deve aver detto dove Tu sei e che<br />
questo qualcuno non è certo né io, né Nicodemo, né Mannaen, né Lazzaro e le<br />
sorelle, né Niche. Con chi altro hai parlato del luogo prescelto per tuo<br />
rifugio?».<br />
«Con nessuno, Giuseppe».<br />
«Ne sei sicuro?».<br />
«Sicuro».<br />
«E hai dato ordini ai tuoi discepoli di non parlarne?».<br />
«Prima di partire non parlai a loro del luogo. Giunto in Efraim, detti ordine di<br />
andare evangelizzando e di operare in mia vece. E sono sicuro della loro<br />
ubbidienza».<br />
_______________<br />
* come nelle gesta narrate in: Numeri 21, 21-35; Deuteronomio 2, 26-37; Giosuè<br />
6-8; 10; 2 Maccabei 5, 1-4.<br />
«E... Tu sei solo ad Efraim?».<br />
«No. Sono con Giovanni e con Giuda di Simone. L’ho già detto. Egli, Giuda,<br />
poiché leggo il tuo pensiero, non può avermi nuociuto, con la sua irriflessione,<br />
perché mai si è allontanato dalla città, né, in questi tempi, passano da essa<br />
pellegrini di altri luoghi».<br />
«Allora... è proprio Belzebù che ha parlato. Perché al Sinedrio si sa che Tu sei<br />
lì».<br />
«Ebbene? Quali le reazioni di esso al mio atto?».<br />
«Diverse, Maestro. Molto diverse fra loro. C’è chi dice che questo è logico.<br />
Posto che ti hanno messo al bando nei luoghi santi, a Te non rimaneva che<br />
rifugiarti in Samaria. Altri invece dicono che questo ti mostra per ciò che sei,<br />
un samaritano d’anima più ancor che di razza, e che ciò basta a condannarti.<br />
Tutti poi giubilano di poterti aver messo a tacere e di poterti additare alle<br />
turbe come amante dei samaritani. Dicono: “Abbiamo già vinto la battaglia. Il<br />
resto sarà un giuoco di fanciulli”. Ma, te ne preghiamo, fa’ che ciò non sia<br />
vero».<br />
«Non sarà vero. Lasciate che parlino. Quelli che mi amano non si turberanno per<br />
le apparenze. Lasciate che il vento cada del tutto. È vento di Terra. Poi verrà<br />
il vento del Cielo e si aprirà il velario apparendo la gloria di Dio. 7Avete<br />
altro da dirmi?».<br />
«No, al tuo riguardo. Vigila, sii cauto, non uscire da dove sei. E dirti ancora<br />
che noi ti faremo sapere...».<br />
«No. Non occorre. Rimanete dove siete. Presto avrò con Me le discepole e, questo<br />
sì, dite ad Elisa e a Niche di raggiungere le altre, se vogliono. Ditelo anche<br />
alle due sorelle. Noto come è ormai il mio luogo, coloro che non temono il<br />
Sinedrio possono ormai venire per averne reciproco conforto».<br />
«Non possono venire le due sorelle sinché Lazzaro non torna. Egli è partito con<br />
gran pompa, e tutta Gerusalemme lo ha saputo che egli andava ai suoi possessi<br />
lontani, né si sa quando farà ritorno. Ma il suo servo è tornato già da Nazaret<br />
e ha detto, anche questo ti dobbiamo dire, che tua Madre sarà qui con le altre<br />
entro la fine di questa luna. Essa sta bene e bene sta Maria di Alfeo. Il servo<br />
le vide. Ma tardano un poco, perché Giovanna vuol venire con esse e non può sino<br />
alla fine di questa luna. 8E poi, ecco, se ce lo concedi, vorremmo sovvenirti...<br />
da amici fedeli anche se... imperfetti come Tu dici».<br />
«No. I discepoli che vanno evangelizzando portano ogni vigilia di sabato quanto<br />
necessita per loro e per noi che stiamo in Efraim. Altro non occorre. L’operaio<br />
vive della sua mercede. Ciò è giusto. Il resto sarebbe superfluo. Datelo a<br />
qualche infelice. Così ho imposto anche a quelli di Efraim e agli stessi<br />
apostoli miei. Esigo che al loro ritorno non abbiano un picciolo di scorta e che<br />
ogni obolo sia dato per via, prendendone per noi solo quel tanto che basti al<br />
cibo frugalissimo di una settimana».<br />
«Ma perché, Maestro?».<br />
«Per insegnare loro il distacco dalle ricchezze e la superiorità di spirito<br />
sulle preoccupazioni del domani. E per questo, e per altre mie buone ragioni di<br />
Maestro, vi prego di non fare insistenza».
«Come Tu vuoi. Ma ci spiace di non poter servirti».<br />
«Verrà l’ora che lo farete... 9Non è quella una prima luce d’alba?», dice<br />
volgendosi verso oriente, dal lato, cioè, opposto a quello per cui è venuto, e<br />
accennando ad un timido chiarore che appare da un’apertura su sfondi lontani.<br />
«È. Ci dobbiamo lasciare. Io torno a Gofenà, dove ho lasciato la cavalcatura, e<br />
Nicodemo per quest’altra parte scenderà verso Berot e da lì a Rama, finito il<br />
sabato».<br />
«E tu, Mannaen?».<br />
«Oh! io anderò apertamente per le scoperte vie verso Gerico, dove ora è Erode.<br />
Ho il cavallo in una casa di povera gente, che per un obolo non hanno schifo di<br />
alcuna cosa, neppure di un samaritano come mi credono. Ma per ora resto con Te.<br />
Nella borsa ho viveri per due».<br />
«Allora salutiamoci. 10A Pasqua ci ritroveremo».<br />
«No! Tu non vorrai già metterti a quel cimento!», dicono Giuseppe e Nicodemo.<br />
«Non lo fare, Maestro!».<br />
«In verità siete dei cattivi amici, perché mi consigliate il peccato e la viltà.<br />
Potreste poi amarmi, riflettendo sul mio atto? Ditelo. Siate sinceri. Dove<br />
dovrei andare ad adorare il Signore nella Pasqua d’Azzimi? Forse sul monte<br />
Garizim?* O non dovrei comparire davanti al Signore nel Tempio di Gerusalemme,<br />
come deve ogni maschio d’Israele nelle tre grandi feste annuali? Non ricordate<br />
che già mi si accusa di non rispettare il sabato, nonostante - qui Mannaen lo<br />
può anche testimoniare - anche oggi, per aderire al vostro desiderio, Io mi sia<br />
mosso a sera da un luogo che conciliasse il vostro desiderio con la legge<br />
sabatica?».<br />
«Noi pure abbiamo sostato a Gofenà per questo... E faremo un sacrificio per<br />
espiare una involontaria trasgressione per un inderogabile motivo. Ma Tu,<br />
Maestro!... Essi ti vedranno subito...».<br />
«Anche non mi vedessero, farò in modo di esser visto».<br />
«Tu ti vuoi rovinare! È come se Tu ti uccidessi...».<br />
«No. La vostra mente è molto fasciata di tenebre. Non è come un volermi<br />
uccidere, ma è unicamente ubbidire alla voce del Padre mio che mi dice: “Vai. È<br />
l’ora”. Ho sempre cercato di conciliare la Legge con le necessità, anche quel<br />
giorno che dovetti fuggire da Betania e ricoverarmi ad Efraim perché ancora non<br />
era l’ora di esser preso. L’Agnello di Salute non può essere immolato che per<br />
Pasqua d’Azzimi. E vorreste che, se così ho fatto per la Legge, non faccia così<br />
per l’ordine del Padre mio? Andate, andate! Non vi affliggete così. E per che<br />
sono venuto se non per essere proclamato Re di tutte le genti? Perché questo<br />
vuol dire<br />
_____________<br />
* sul monte Garizim, dove i samaritani avevano il loro Tempio (già menzionato in<br />
558.6) in opposizione a quello di Gerusalemme: Deuteronomio 11, 26-32; 27,<br />
11-13; Giosuè 8, 30-35; 2 Maccabei 6, 1-2.<br />
“Messia”, non è vero? Sì. Lo vuol dire. E anche questo vuol dire “Redentore”.<br />
Solo che la verità del dire di questi due nomi non corrisponde a quello che voi<br />
vi figurate. 11Ma Io vi benedico, implorando che un raggio celeste scenda in voi<br />
insieme alla mia benedizione. Perché vi amo e perché mi amate. Perché vorrei che<br />
la vostra giustizia fosse tutta luminosa. Perché non siete malvagi, ma siete voi<br />
pure “vecchio Israele”, e non avete eroica volontà di spogliarvi del passato e<br />
farvi nuovi. Addio, Giuseppe. Sii giusto. Giusto come colui che mi fu tutore per<br />
tanti anni e che fu capace di ogni rinnovazione per servire il Signore Iddio<br />
suo. Se egli fosse qui, fra noi, oh! come vi insegnerebbe a saper servire Dio<br />
perfettamente, ad essere giusti, giusti, giusti. Ma bene è che egli sia già nel<br />
seno di Abramo!... Per non vedere l’ingiustizia di Israele. Santo servo di<br />
Dio!... Novello Abramo egli, col cuore trafitto, ma con volontà perfetta, non mi<br />
avrebbe consigliato alla viltà, ma mi avrebbe detto la parola che usava quando<br />
qualche cosa penosa gravava su noi: “Alziamo lo spirito. Incontreremo lo sguardo<br />
di Dio e dimenticheremo che sono gli uomini a dare il dolore. E facciamo ogni<br />
cosa che ci è grave, come se l’Altissimo ce la presentasse. In tal modo<br />
santificheremo anche le più piccole cose, e Dio ci amerà”. Oh! così avrebbe<br />
detto anche nel confortarmi a subire i più grandi dolori... Ci avrebbe<br />
confortati... Oh! Madre mia!...».<br />
Gesù lascia andare Giuseppe, che teneva abbracciato, e china il capo stando<br />
muto, in contemplazione certo del suo prossimo martirio e di quello della sua<br />
povera Madre...
Poi alza il capo e abbraccia Nicodemo dicendo: «La prima volta che tu a Me<br />
venisti* come discepolo segreto, Io ti ho detto che per entrare nel Regno di Dio<br />
e per avere il Regno di Dio in voi è necessario che voi rinasciate da spirito e<br />
amiate da Luce più che il mondo non l’ami. Oggi, e forse è l’ultima volta che ci<br />
incontriamo in segreto, ti ripeto le stesse parole. Rinasci nel tuo spirito,<br />
Nicodemo, per poter amare la Luce che Io sono ed Io abiti in te come Re e<br />
Salvatore. Andate. E Dio sia con voi».<br />
12I due sinedristi se ne vanno per la parte opposta a quella dalla quale è<br />
venuto Gesù.<br />
Quando il rumore dei loro passi si è allontanato, Mannaen, che si era fatto<br />
sull’ingresso della grotta per vederli allontanare, torna indietro, dicendo con<br />
faccia molto espressiva: «E per una volta tanto, quelli che violeranno la misura<br />
sabatica saranno loro! E non avranno pace sinché non avranno regolato il loro<br />
debito con l’Eterno col sacrificio di un animale! Non sarebbe meglio per loro<br />
sacrificare la loro tranquillità dicendosi “tuoi” apertamente? Non sarebbe ciò<br />
più gradito all’Altissimo?».<br />
«Lo sarebbe certamente. Ma non li giudicare. Sono impasti che lievitano adagio.<br />
Ma al momento giusto, quando tanti che si credono meglio di loro crolleranno,<br />
essi si drizzeranno contro tutto un mondo».<br />
____________<br />
* venisti, in 116.4/11.<br />
«Lo dici per me, Signore? Piuttosto levami la vita, ma non far che io ti<br />
rinneghi».<br />
«Tu non rinnegherai. Ma in te sono già elementi diversi dai loro ad aiutarti ad<br />
essere fedele».<br />
13«Sì. Io sono... l’erodiano. Ossia, ero l’erodiano. Perché, come mi sono<br />
staccato dal Consiglio, così mi sono staccato dal partito da quando lo vedo vile<br />
e ingiusto come gli altri verso di Te. Essere erodiano!... Per le altre caste è<br />
essere poco meno di pagano. Non dico che noi si sia dei santi. È vero. Per un<br />
fine impuro noi abbiamo commesso impurità. Parlo come fossi ancora l’erodiano di<br />
prima di esser tuo. Siamo perciò doppiamente impuri, secondo il giudizio umano,<br />
e perché ci siamo alleati ai romani e perché lo abbiamo fatto per utile nostro.<br />
Ma dimmi, Maestro, Tu che sempre dici il vero senza astenertene per tema di<br />
perdere un amico. Fra noi che ci siamo alleati con Roma per... avere ancora<br />
effimeri trionfi personali, e i farisei, i capi dei sacerdoti, gli scribi, i<br />
sadducei, che si alleano a Satana per abbattere Te, quali sono i più impuri? Io,<br />
lo vedi?, ora che ho visto che<br />
il partito degli Erodei si schiera contro di Te, li ho lasciati. Non lo dico per<br />
averne la tua lode, ma per dirti il mio pensiero. E quelli, parlo dei farisei e<br />
sacerdoti, degli scribi e dei sadducei, credono di avere un utile di questa<br />
improvvisa alleanza degli erodiani con loro! Infelici! Non sanno che gli<br />
erodiani lo fanno per aver più meriti e perciò più protezione dai romani, e<br />
dopo... definita e finita la causa e il movente che li unisce ora, abbattere<br />
quelli che ora prendono come alleati. Dall’una e dall’altra parte si giuocano<br />
così. Tutto è basato sull’inganno. E questo così mi ripugna che io mi sono reso<br />
indipendente del tutto. Tu... Tu sei un grande fantasma di paura. Per tutti! E<br />
sei anche il pretesto per il losco giuoco degli interessi dei diversi partiti.<br />
Il movente religioso? Il sacro sdegno per “il bestemmiatore”, come ti chiamano?<br />
Tutte menzogne! L’unico movente è non la difesa della Religione, non il sacro<br />
zelo per l’Altissimo, ma i loro interessi, cupidi, insaziabili. Mi fanno schifo<br />
come cose immonde. E vorrei... Sì, vorrei più audaci i pochi che non sono<br />
immondezza. Ah! mi pesa ormai avere una duplice vita! Vorrei seguire Te solo. Ma<br />
ti servo così più che se ti seguissi. Mi pesa... Ma Tu dici che sarà presto...<br />
Come... 14Ma Tu realmente sarai immolato come l’Agnello? Non è linguaggio<br />
figurato? La vita d’Israele è tessuta di simboli e figure...».<br />
«E tu vorresti che così fosse per Me... Ma non è una figura, la mia».<br />
«Non è? Ne sei proprio sicuro? Io potrei... Molti potremmo ripetere gesti<br />
antichi e farti ungere Messia e difenderti. Basterebbe una parola, e a mille e<br />
diecimila sorgerebbero i difensori del vero Pontefice santo e sapiente. Non<br />
parlo già di un re terreno, posto che ora so che il tuo Regno è tutto<br />
spirituale. Ma, dato che umanamente forti e liberi non lo saremo mai più, almeno<br />
che sia la tua santità a reggere e risanare il corrotto Israele. Nessuno, e Tu<br />
lo sai, ama l’attuale Sacerdozio e chi lo sostiene. Vuoi, Signore? Ordina e io
farò».<br />
«Già molto hai camminato nel tuo pensiero, o Mannaen. Ma ancor sei tanto lontano<br />
dalla mèta come la Terra dal sole. Io sarò Sacerdote, e in eterno, Pontefice<br />
immortale in un org7anismo che Io vivificherò sino alla fine dei secoli. Ma non<br />
con olio di letizia sarò unto, né proclamato e difeso con violenza d’atti voluti<br />
da un pugno di fedeli per gettare la Patria in un più fiero scisma e farla più<br />
schiava di come mai fu. E credi tu che mano d’uomo possa ungere il Cristo? In<br />
verità ti dico che no. La vera Autorità che mi ungerà Pontefice e Messia è<br />
quella di Colui che mi ha mandato. Nessun altro, che Dio non sia, non potrebbe<br />
ungere Dio a Re dei re e Signore dei signori, in eterno».<br />
«Allora nulla?! Nulla da fare!? Oh! mio dolore!».<br />
«Tutto. Amarmi. In questo è tutto. Amare non la creatura che ha nome Gesù, ma<br />
ciò che è Gesù. Amarmi con l’umanità e con lo spirito, così come Io con lo<br />
Spirito e l’Umanità vi amo, per essere meco oltre l’Umanità. 15Guarda che<br />
bell’aurora. La luce pacata delle stelle non giungeva qui dentro. Ma quella<br />
trionfante del sole, sì. Così avverrà nei cuori di quelli che giungeranno ad<br />
amarmi con giustizia. Vieni fuori. Nel silenzio del monte, puro di voci umane<br />
rauche di interessi. Guarda là quelle aquile come a larghi voli si allontanano<br />
in cerca di preda. Vediamo noi quella preda? No. Ma esse sì. Perché l’occhio<br />
dell’aquila è potente più del nostro, e dall’alto dove spazia vede un largo<br />
orizzonte e sa scegliere. Anche Io. Io vedo ciò che voi non vedete, e dall’alto<br />
dove si libra il mio spirito so scegliere le mie dolci prede. Non per sbranarle<br />
come fanno gli avvoltoi e le aquile, ma per portarle con Me. Saremo così felici<br />
là, nel Regno del Padre mio, noi che ci amammo!...».<br />
E Gesù, che parlando è uscito a sedersi al sole sulla soglia della caverna,<br />
avendo a fianco Mannaen, lo attira a sé, tacendo, sorridendo a chissà quale<br />
visione...<br />
INDICE DEL VOLUME DECIMO<br />
Passione a Morte di Gesù.<br />
* = in linea<br />
*<br />
601. Introduzione.<br />
602. Verso il Getsemani con undici apostoli. L’agonia spirituale e la<br />
cattura.<br />
603. Riflessioni sull’agonia nel Getsemani e premessa agli altri dolori della<br />
Passione.<br />
604. I processi e il rinnegamento di Pietro. Considerazioni su Pilato.<br />
605. Disperazione a suicidio di Giuda Iscariota. Avrebbe ancora potuto<br />
salvarsi se si fosse pentito.<br />
606. Gesù e Maria sono l’antitesi di Adamo ed Eva. Giuda Iscariota è il nuovo<br />
Caino. La vera evoluzione dell’uomo è quella del suo spirito.<br />
607. Giovanni va a prendere la Madre.<br />
608. La via dolorosa dal Pretorio al Calvario.<br />
609. La crocifissione, la morte e la deposizione dalla croce.<br />
610. Angoscia di Maria al Sepolcro e unzione del Corpo di Gesù.<br />
*<br />
611. La chiusura del Sepolcro e il ritorno al Cenacolo.<br />
612. La notte del Venerdì Santo. Lamento della Vergine. Il velo di Niche e la<br />
preparazione degli unguenti.<br />
613. Riflessioni sulla Passione di Gesù e di Maria e sulla Con-passione di<br />
Giovanni.<br />
614. Il giorno del Sabato Santo.<br />
615. La notte del Sabato Santo.<br />
Glorificazione di Gesù e di Maria.
616. Il mattino della Risurrezione. Preghiera di Maria.<br />
617. La Risurrezione.<br />
618. Gesù risorto appare alla Madre.<br />
619. Le pie donne al Sepolcro<br />
620. Considerazioni sulla Risurrezione.<br />
621. Apparizione a Lazzaro.<br />
622. Apparizione a Giovanna di Cusa.<br />
623. Apparizione a Giuseppe d’Arimatea, a Nicodemo e a Mannaen.<br />
624. Apparizione ai pastori.<br />
625. Apparizione ai discepoli di Emmaus.<br />
626. Venuta dei pagani e accenni ad altre apparizioni.<br />
627. Apparizione agli apostoli nel Cenacolo.<br />
628. Il ritorno di Tommaso e la sua incredulità.<br />
629. Apparizione agli apostoli con Tommaso. Discorso sulla dignità del<br />
sacerdozio e sui sacerdoti futuri.<br />
630. Gli apostoli mandati al Getsemani. Meditazioni sulla preghiera del<br />
“Padre nostro”.<br />
631. Gli apostoli mandati sul Golgota e il loro ritorno al Cenacolo.<br />
632. Apparizioni a varie persone in luoghi diversi.<br />
633. Apparizione sulle rive del lago e conferimento del mandato a Pietro.<br />
634. Ammaestramenti agli apostoli e a numerosi discepoli sul monte Tabor.<br />
Marziam consolato<br />
635. Lezione sui Sacramenti e predizioni sulla Chiesa.<br />
636. La Pasqua supplementare.<br />
637. Addio alla Madre prima di ascendere al Padre. Tutto noi abbiamo per<br />
Maria.<br />
638. Ultimi ammaestramenti nel Getsemani e commiato.<br />
Ascensione di Gesù al Padre.<br />
639. L’elezione di Mattia.<br />
640. La discesa dello Spirito Santo. Fine del ciclo messianico.<br />
641. Pietro celebra l’Eucarestia in una riunione dei primi cristiani.<br />
642. Maria Ss. prenderà dimora al Getsemani con Giovanni, che le predice<br />
l’Assunzione.<br />
643. Maria Ss. con Giovanni nei luoghi della Passione.<br />
644. Istituzione della “domenica”. Graduale conversione di Gamaliele.<br />
Le due sindoni.<br />
645. Il processo a Stefano e la sua lapidazione. Le opposte vie di Saulo e di<br />
Gamaliele alla santità.<br />
646. Sepoltura di Stefano e inizio della persecuzione.<br />
647. Gamaliele si fa cristiano.<br />
648. Pietro si congeda da Maria SS. dopo un colloquio con Giovanni.<br />
649. Transito beato di Maria SS.<br />
650. Assunzione gloriosa di Maria SS.<br />
651. Riflessioni sul Transito di Maria SS., sulla sua Assunzione e sulla sua<br />
Regalità.<br />
652. Commiato all’Opera.
Maria Valtorta<br />
L’evangelo<br />
come mi è stato<br />
rivelato<br />
VOLUME DECIMO<br />
Passione e Morte di Gesù.<br />
601. Introduzione.<br />
10 febbraio 1944.<br />
1Dice Gesù:<br />
«Ed ora vieni. Per quanto tu sia questa sera come uno prossimo a spirare, vieni,<br />
ché Io ti conduca verso le mie sofferenze. Lungo sarà il cammino che dovremo<br />
fare insieme, perché nessun dolore mi fu risparmiato. Non dolore della carne,<br />
non della mente, non del cuore, non dello spirito. Tutti li ho assaggiati, di<br />
tutti mi sono nutrito, di tutti dissetato, fino a morirne.<br />
Se tu appoggiassi sul mio labbro la tua bocca, sentiresti che essa ancora<br />
conserva l’amarezza di tanto dolore. Se tu potessi vedere la mia Umanità nella<br />
sua veste, ora fulgida, vedresti che quel fulgore emana dalle mille e mille<br />
ferite che coprirono con una veste di porpora viva le mie membra lacerate,<br />
dissanguate, percosse, trafitte per amore di voi.<br />
Ora è fulgida la mia Umanità. Ma fu un giorno che fu simile a quella d’un<br />
lebbroso, tanto era percossa ed umiliata. L’Uomo-Dio, che aveva in Sé la<br />
perfezione della bellezza fisica, perché Figlio di Dio e della Donna senza<br />
macchia, apparve allora, agli occhi di chi lo guardava con amore, con curiosità<br />
o con occhio sprezzante, brutto: un “verme”, come dice Davide, l’obbrobrio degli<br />
uomini, il rifiuto della plebe.<br />
L’amore per il Padre e per le creature del Padre mio mi ha portato ad<br />
abbandonare il mio corpo a chi mi percoteva, ad offrire il mio volto a chi mi<br />
schiaffeggiava e sputacchiava, a chi credeva fare opera meritoria strappandomi<br />
le chiome, svellendomi la barba, trapassandomi la testa con le spine, rendendo<br />
complice anche la terra e i suoi frutti dei tormenti inflitti al suo Salvatore,<br />
slogandomi le membra, scoprendo le mie ossa, strappandomi le vesti e dando così<br />
alla mia purezza la più grande delle torture, configgendomi ad un legno e<br />
innalzandomi come agnello sgozzato sugli uncini di un beccaio, e abbaiando,<br />
intorno alla mia agonia, come torma di lupi famelici che l’odore del sangue fa<br />
ancora più feroci.<br />
Accusato, condannato, ucciso. Tradito, rinnegato, venduto. Abbandonato anche da<br />
Dio perché su Me erano i delitti che m’ero addossato. Reso più povero del<br />
mendico derubato da briganti, perché non mi fu lasciata neppur la veste per<br />
coprire la mia livida nudità di martire. Non risparmiato neppur oltre la morte<br />
dall’insulto di una ferita e dalle calunnie dei nemici. Sommerso sotto il fango<br />
di tutti i vostri peccati, precipitato sino in fondo al buio del dolore, senza<br />
più luce del Cielo che rispondesse al mio sguardo morente, né voce divina che<br />
rispondesse al mio invocare estremo.<br />
2Isaia la dice la ragione di tanto dolore: “Veramente Egli ha preso su di Sé i<br />
nostri mali ed ha portato i nostri dolori”.<br />
I nostri dolori! Sì, per voi li ho portati! Per sollevare i vostri, per<br />
addolcirli, per annullarli, se mi foste stati fedeli. Ma non avete voluto<br />
esserlo. E che ne ho avuto? Mi avete “guardato come un lebbroso, un percosso da<br />
Dio”. Sì, era su Me la lebbra dei vostri peccati infiniti, era su Me come una<br />
veste di penitenza, come un cilicio; ma come non avete visto tralucere Dio,<br />
nella sua infinita carità, da quella veste indossata per voi sulla sua santità?<br />
“Piagato per le nostre iniquità, trafitto per le nostre scelleratezze” dice<br />
Isaia, che coi suoi occhi profetici vedeva il Figlio dell’uomo divenuto tutta<br />
una lividura per sanare quelle degli uomini. E fossero state unicamente ferite
alla mia carne!<br />
Ma ciò che più m’avete ferito fu il sentimento e lo spirito. Dell’uno e<br />
dell’altro avete fatto zimbello e bersaglio; e mi avete colpito nell’amicizia,<br />
che avevo posto in voi, attraverso Giuda; nella fedeltà, che speravo da voi,<br />
attraverso Pietro che rinnega; nella riconoscenza per i miei benefici,<br />
attraverso coloro che mi gridavano: “Muori!”, dopo che Io li avevo risorti da<br />
tante malattie; attraverso l’amore, per lo strazio inflitto a mia Madre;<br />
attraverso alla religione, dichiarandomi bestemmiatore di Dio, Io che per lo<br />
zelo della causa di Dio m’ero messo nelle mani dell’uomo incarnandomi, patendo<br />
per tutta la vita e abbandonandomi alla ferocia umana senza dire parola o<br />
lamento.<br />
Sarebbe bastato un volgere di occhi per incenerire accusatori, giudici e<br />
carnefici. Ma ero venuto volontariamente per compiere il sacrificio, e come<br />
agnello, perché ero l’Agnello di Dio e lo sono in eterno, mi sono lasciato<br />
condurre per essere spogliato e ucciso e per fare della mia Carne la vostra<br />
Vita.<br />
Quando fui innalzato ero già consumato da patimenti senza nome, con tutti i<br />
nomi. Ho cominciato a morire a Betlemme nel vedere la luce della Terra, così<br />
angosciosamente diversa per Me che ero il Vivente del Cielo. Ho continuato a<br />
morire nella povertà, nell’esilio, nella fuga, nel lavoro, nell’incomprensione,<br />
nella fatica, nel tradimento, negli affetti strappati, nelle torture, nelle<br />
menzogne, nelle bestemmie. Questo ha dato l’uomo a Me che venivo a riunirlo con<br />
Dio!<br />
3Maria, guarda il tuo Salvatore. Non è bianco nella veste e biondo nel capo. Non<br />
ha lo sguardo di zaffiro che tu gli conosci. Il suo vestito è rosso di sangue, è<br />
lacero e coperto di immondezze e di sputi. Il suo volto è tumefatto e stravolto,<br />
il suo sguardo velato dal sangue e dal pianto, e ti guarda attraverso la crosta<br />
di questi e della polvere che appesantiscono le palpebre. Le mie mani - lo vedi?<br />
- sono già tutte una piaga e attendono la piaga ultima.<br />
Guarda, piccolo Giovanni, come mi guardò tuo fratello Giovanni. Dietro il mio<br />
andare restano impronte sanguigne. Il sudore dilava il sangue che geme dalle<br />
lacerazioni dei flagelli, che ancor resta dall’agonia dell’Orto. La parola esce,<br />
nell’anelito dell’affanno di un cuore già morente per tortura d’ogni nome, dalle<br />
labbra arse e contuse.<br />
D’ora in poi mi vedrai sovente così. Sono il Re del Dolore e verrò a parlarti<br />
del dolore mio con la mia veste regale. Seguimi, nonostante la tua agonia.<br />
Saprò, poiché sono il Pietoso, mettere davanti alle tue labbra, attossicate dal<br />
mio dolore, anche il miele profumato di più serene contemplazioni. Ma devi ancor<br />
più preferire queste di sangue, perché per esse tu hai la Vita e con esse<br />
porterai altri alla Vita. Bacia la mia mano sanguinosa e vigila meditando su Me<br />
Redentore».<br />
4Vedo Gesù così come Egli si descrive. Questa sera, dalle 19 in poi (sono le<br />
1,15 dell’11, ormai) sono proprio in agonia.<br />
5Mi dice Gesù questa mattina, 11 febbraio, alle 7,30:<br />
«Ieri sera non ho voluto che parlarti di Me penante, perché ho iniziato la<br />
descrizione e visione dei miei dolori. Ieri sera è stata l’introduzione. Ed eri<br />
così sfinita, amica mia! Ma, prima che l’agonia torni, ti devo fare un dolce<br />
rimprovero.<br />
Ieri mattina sei stata egoista. Hai detto al Padre*: “Speriamo che io duri,<br />
perché la mia fatica è la più grande”. No. La sua è la più grande, perché è<br />
faticosa e non compensata dalla beatitudine del vedere e dall’avere Gesù<br />
presente, come tu hai, anche con la sua santa Umanità. Non essere mai egoista,<br />
neppure nelle cose minime. Una discepola, un piccolo Giovanni, deve essere<br />
umilissimo e caritatevolissimo come il suo Gesù.<br />
Ed ora vieni a stare con Me. “I fiori sono apparsi... il tempo di potare è<br />
venuto... si è sentita nelle campagne la voce della tortorella...”. E sono i<br />
fiori nati nelle pozze del Sangue del tuo Cristo. E Colui che sarà reciso come<br />
ramo potato è il Redentore. E la voce della tortora, che chiama la sposa al suo<br />
convito di nozze dolorose e sante, è la mia che ti ama.<br />
Sorgi a vieni, come dice** la Messa d’oggi. Vieni a contemplare ed a soffrire. È<br />
il dono che concedo ai prediletti».
602. Verso il Getsemani con undici apostoli. L’agonia spirituale a la<br />
cattura.<br />
16 marzo 1945.<br />
1La via è tutta silenziosa. Solo una fontanella che ricade in un bacino di<br />
pietra mette un suono in tanto silenzio. Lungo i muri delle case, dal lato<br />
d’oriente, vi è ancora oscurità, mentre dall’altro lato la luna comincia a fare<br />
bianco il sommo delle case e, dove la via allarga in una piazzetta, ecco che il<br />
latteo argenteo della luna scende a far belli anche i ciottoli e la terra della<br />
via. Ma sotto i frequenti archivolti che vanno da casa a casa, simili a ponti<br />
levatoi od a puntelli a queste vecchie case dalle scarsissime aperture sulle<br />
vie, e che in quest’ora sono tutte chiuse e buie come fossero case abbandonate,<br />
vi è l’oscurità perfetta, e il rossastro<br />
______________________<br />
* al Padre, cioè a Padre Migliorini, la cui fatica viene spiegata in nota a<br />
174.10.<br />
** dice, da: Cantico dei cantici 2, 10-12, che comprende la citazione riportata<br />
sopra tra virgolette.<br />
della torcia portata da Simone acquista una singolare vivezza e un’ancora più<br />
grande utilità. I visi, in quella luce rossa e mobile, si mostrano con un<br />
rilievo netto e, tanti quanti sono, rivelano altrettanti e diversi stati<br />
d’animo.<br />
Il più solenne a calmo è quello di Gesù. Per quanto una stanchezza lo invecchi<br />
marcandolo di linee che solitamente non ha e che fanno già apparire la futura<br />
effigie del suo volto ricomposto nella morte.<br />
Giovanni, che gli è al fianco, gira uno sguardo stupefatto, dolente, su tutto<br />
quanto vede. Sembra un fanciullo terrorizzato da qualche racconto udito o da<br />
qualche promessa paurosa e che invochi aiuto da chi sa di più di lui. Ma chi gli<br />
può dare aiuto?<br />
Simone, che è all’altro fianco di Gesù, ha il viso chiuso, cupo, di chi rimugina<br />
in sé pensieri atroci. Ed è ancora l’unico che, dopo Gesù, mostri un aspetto<br />
dignitoso.<br />
2Gli altri, in due gruppi che continuamente si alternano nella loro formazione,<br />
sono tutto un fermento. E ogni tanto la voce rauca di Pietro o quella baritonale<br />
di Tommaso si elevano con risonanza strana. Poi si riabbassano, come paurosi di<br />
quello che dicono. Discutono sul da farsi, e chi propone l’una a chi l’altra<br />
cosa. Ma cadono tutte le proposte, perché realmente sta per iniziarsi “l’ora<br />
delle tenebre” e i giudizi umani restano oscurati e confusi.<br />
«Bisognava dirmelo prima», arrangola Pietro.<br />
«Ma non uno ha parlato. Non il Maestro...», dice Andrea*.<br />
«Sì! Proprio Lui te lo diceva. Ma fratello! Sembra che tu non lo conosca!...»,<br />
gli risponde Pietro.<br />
«Io sentivo qualche cosa di turbato. E l’ho detto: “Andiamo a morire con Lui”.<br />
Ve lo ricordate? Ma, per il nostro santissimo Iddio, se avessi saputo che era<br />
Giuda di Simone!...», tuona Tommaso minaccioso.<br />
«E che volevi fare?», chiede Bartolomeo.<br />
«Io? Io farei anche ora se mi aiutaste!».<br />
«Cosa? Partiresti per ucciderlo? E dove?».<br />
«No. Porterei via il Maestro. È più semplice».<br />
«Non verrebbe! ».<br />
«Non gli chiederei se verrebbe. Lo rapirei come si rapisce una donna».<br />
«Non sarebbe una malvagia idea!», dice Pietro. E impulsivo torna indietro, si<br />
mette nel gruppo dei due figli di Alfeo che con Matteo e Giacomo bisbigliano<br />
piano come congiurati. «Sentite, dice Tommaso di portare via Gesù. Tutti<br />
insieme. Si potrebbe... dal Get-Samnì per Betfage a Betania e di là... vela per<br />
qualche posto. Lo facciamo? Messo in salvo Lui, si torna e si stermina Giuda».<br />
«È inutile. Israele è tutta una trappola», dice Giacomo d’Alfeo.<br />
«Ed ora è prossima a chiudersi. Lo si capiva. Troppo odio!».<br />
____________________<br />
* dice Andrea a il successivo gli risponde Pietro sono due aggiunte di MV su una
copia dattiloscritta.<br />
«Ma, Matteo! Mi fai rabbia! Avevi più coraggio quando eri peccatore! Di’ tu,<br />
Filippo».<br />
Filippo, che viene solo solo e pare monologare fra sé, alza il viso e si ferma.<br />
Pietro lo raggiunge e bisbigliano fra loro. Poi raggiungono il gruppo di prima:<br />
«Io direi che il posto migliore è nel Tempio», dice Filippo.<br />
«Sei matto?», urlano i cugini, Matteo e Giacomo. «Ma se là lo vogliono morto!».<br />
«Sss! Quanto baccano! So quello che mi dico. Lo cercheranno da per tutto. Ma non<br />
lì. Tu e Giovanni avete buone amicizie fra i servi di Anna. Si dà un bel boccone<br />
d’oro... e tutto è fatto. Credete! Il posto migliore per nascondere uno<br />
ricercato è in casa dei carcerieri».<br />
«Io non lo faccio», dice Giacomo di Zebedeo. «Però, senti anche gli altri.<br />
Giovanni per primo. E se poi lo arrestano? Non voglio che si dica che sono io il<br />
traditore...».<br />
«Non ci avevo pensato. E allora?». Pietro è annichilito.<br />
«E allora io direi che è pietoso fare una cosa. L’unica che possiamo. Portare<br />
via la Madre...», dice Giuda d’Alfeo.<br />
«Già!... Ma... Chi ci va? Che le si dice? Va’ tu, parente».<br />
«Io resto con Gesù. È mio diritto. Va’ tu».<br />
«Io?! Mi sono armato di spada per morire come Eleazaro di Saura*. Traverserò<br />
legioni per difendere il mio Gesù e colpirò senza ritegno. Se la forza dei più<br />
mi ucciderà, non importa. Lo avrò difeso», proclama Pietro.<br />
«Ma sei proprio sicuro che è l’Iscariota?», chiede Filippo al Taddeo.<br />
«Ne sono sicuro. Nessuno di noi ha cuore di serpe. Solo lui... Va’ tu, Matteo,<br />
da Maria e dille...».<br />
«Io? Ingannarla? Vederla al mio fianco ignara, a poi?... Ah! no. Sono pronto<br />
alla morte, ma non a tradire quella colomba...».<br />
Le voci si mischiano in un sussurro.<br />
3«Odi? Maestro, noi ti amiamo», dice Simone.<br />
«Lo so. Non ho bisogno di quelle parole per saperlo. E se danno pace al cuore<br />
del Cristo esse feriscono la sua anima.<br />
«Perché, Signor mio? Sono parole d’amore».<br />
«Di tutto umano amore. In verità, in questi tre anni non ho fatto nulla, perché<br />
voi siete ancora più umani della prima ora. Lievitano in voi tutti i fermenti<br />
più fangosi, questa sera. Ma non è colpa vostra...».<br />
«Salvati, Gesù!», geme Giovanni.<br />
«Mi salvo».<br />
«Sì? Oh! Mio Dio, grazie!». Giovanni pare un fiore piegato da arsione e che<br />
torni fresco sullo stelo. «Lo dico agli altri. Dove andiamo?».<br />
«Io alla morte. Voi alla Fede».<br />
«Ma non avevi detto ora che ti salvavi?». Il prediletto si accascia di nuovo.<br />
_____________________<br />
* come Eleazaro di Saura, in: 1 Maccabei 6, 43-46.<br />
«Mi salvo, infatti, mi salvo. Se non ubbidissi al Padre mi perderei. Ubbidisco.<br />
Perciò mi salvo. Ma non piangere così! Sei meno bravo dei discepoli di quel<br />
filosofo greco di cui ti parlai un giorno. Essi rimasero presso il maestro<br />
morente per cicuta, confortandolo col loro virile dolore. Tu... tu sembri un<br />
pargolo che abbia perduto suo padre.<br />
«E non è forse così? Più che se perdessi il padre, io perdo! Perdo Te...».<br />
«Non mi perdi poiché continui a volermi bene. È perduto uno che è da noi<br />
separato dalla dimenticanza sulla Terra e dal giudizio di Dio nell’al di là. Ma<br />
noi non saremo separati. Mai. Né da questo, né da quello».<br />
Ma Giovanni non intende ragioni.<br />
4Simone si fa ancora più vicino a Gesù e gli confida sottovoce: «Maestro...<br />
io... io e Simon Pietro speravamo di fare qualche cosa di buono... Ma... Tu che<br />
sai tutto, dimmi: fra quante ore pensi essere catturato?».<br />
«Non appena la luna è al colmo del suo arco».<br />
Simone ha un atto di dolore e di impazienza, per non dire di stizza. «Allora<br />
tutto fu inutile... Maestro, ora ti spiego. Tu hai quasi rimproverato me e Simon<br />
Pietro per averti lasciato tanto solo in questi ultimi giorni... Ma eravamo<br />
lontani per Te... per amore di Te. Pietro, nella notte del lunedì, impressionato<br />
dalle tue parole, è venuto da me mentre dormivo e mi ha detto: “Io e te, di te<br />
mi fido, dobbiamo fare qualche cosa per Gesù. Anche Giuda ha detto di volersene<br />
occupare”. Oh! perché non abbiamo capito allora? Perché non ci hai detto nulla
Tu? Ma, dimmi, a nessuno lo hai detto? Proprio a nessuno? Forse tu hai compreso<br />
solo poche ore fa?».<br />
«L’ho sempre saputo. Prima ancora che egli fosse nei discepoli. E perché il suo<br />
delitto non fosse perfetto, e nel divino e nell’umano, ho cercato in tutti i<br />
modi di allontanarlo da Me. Coloro che vogliono che Io muoia sono i carnefici di<br />
Dio. Questo, mio discepolo e amico, è anche il traditore, il carnefice<br />
dell’Uomo. Il mio primo carnefice, perché mi ha già fatto morto con lo sforzo di<br />
averlo al fianco, alla mensa, e di doverlo proteggere con Me stesso contro voi».<br />
«E nessuno lo sa?» .<br />
«Giovanni. Gliel’ho detto alla fine della Cena. Ma che avete fatto?».<br />
«E Lazzaro? Non sa proprio nulla Lazzaro? Oggi fummo da lui, perché egli è<br />
venuto di prima mattina, ha sacrificato ed è ripartito senza neppure fermarsi al<br />
suo palazzo né andare al Pretorio. Perché lui ci va sempre, per consuetudine<br />
presa dal padre. E Pilato, lo sai, c’è in città, in questi giorni...».<br />
«Sì. Tutti ci sono. C’è Roma, la nuova Sionne, con Pilato. C’è Israele con Caifa<br />
ed Erode. C’è tutto Israele, perché la Pasqua ha raccolto i figli di questo<br />
popolo ai piedi dell’altare di Dio... 5Hai visto Gamaliele?».<br />
«Sì. Perché questa domanda? Lo devo rivedere anche domani...».<br />
«Gamaliele questa sera è a Betfage. Lo so. Quando saremo giunti al Getsemani tu<br />
andrai da Gamaliele e gli dirai: “Fra poco avrai il segno che attendi da<br />
ventun’anni”. Null’altro. Poi tornerai coi compagni».<br />
«Ma come lo sai? Oh! Maestro mio, povero Maestro che non hai neppure il conforto<br />
di ignorare le opere altrui!».<br />
«Dici bene! Il conforto di ignorare! Povero Maestro! Perché sono più le opere<br />
malvagie delle buone. Ma vedo anche quelle buone e ne giubilo».<br />
«Allora Tu sai che...».<br />
«Simone, è la mia ora di passione. Per renderla più completa il Padre mi ritira<br />
la luce man mano che si approssima. Fra poco non avrò che tenebre e la<br />
contemplazione di ciò che è tenebre: ossia tutti i peccati degli uomini. Non<br />
puoi, non potete capire. Nessuno, meno chi sarà a ciò chiamato da Dio per<br />
speciale missione, comprenderà questa passione nella grande Passione e, poi che<br />
l’uomo è materiale anche nell’amare e nel meditare, ci sarà chi piangerà e<br />
soffrirà per le mie battiture, per le torture del Redentore, ma non si misurerà<br />
questa spirituale tortura che, credetelo voi che mi udite, sarà la più atroce...<br />
Parla, perciò, Simone. Guidami sui sentieri dove la tua amicizia andò per Me,<br />
perché Io sono un povero che accieca e che vede fantasmi, non cose reali...».<br />
Giovanni lo stringe e chiede: «Che? Non vedi più il tuo Giovanni?».<br />
«Ti vedo. Ma i fantasmi sorgono dalle nebbie di Satana. Visioni d’incubo e<br />
dolore. Tutti siamo avvolti in questo miasma d’inferno, questa sera. In Me cerca<br />
di creare viltà, disubbidienza e dolore. In voi creerà delusione e paura. In<br />
altri, che pure non sono né paurosi né delinquenti, darà delinquenza e pavidità.<br />
In altri, che già sono di Satana, darà il pervertimento soprannaturale. Dico<br />
così perché la loro perfezione nel male sarà tale da superare le umane<br />
possibilità e raggiungere il perfetto che è sempre nel sopraumano. 6Parla,<br />
Simone».<br />
«Sì. Da martedì non facciamo che andare per sapere, per prevenire, per cercare<br />
aiuti».<br />
«E che avete potuto fare?».<br />
«Nulla. O ben poco».<br />
«E il poco sarà “nulla” quando la paura paralizzerà i cuori».<br />
«Mi sono anche urtato con Lazzaro... La prima volta che mi avviene... Urtato,<br />
perché mi parve inerte... Lui potrebbe fare. È amico del Governatore. È sempre<br />
il figlio di Teofilo! Ma Lazzaro ha respinto ogni mia proposta. L’ho lasciato<br />
urlando: “Io penso che l’amico di cui parla il Maestro sia tu. Mi fai orrore!”,<br />
e non volevo più tornare da lui... Ma questa mattina egli mi ha chiamato e<br />
detto: “Puoi ancora pensare che sia io il suo traditore?”. Io avevo già visto<br />
Gamaliele e Giuseppe e Cusa, e Nicodemo e Mannaen, ed infine tuo fratello<br />
Giuseppe... e non potevo più credere questo. Gli ho detto: “Perdona, Lazzaro. Ma<br />
mi sento la mente sconvolta più di quando ero io stesso un condannato”. Ed è<br />
così, Maestro... Io non sono più io... Ma perché sorridi?».<br />
«Perché ciò conferma quanto Io ti ho detto prima. La nebbia di Satana ti avvolge<br />
e turba. Che ha risposto Lazzaro?».<br />
«Ha detto: “Ti capisco. Vieni oggi, con Nicodemo. Ho bisogno di vederti”. E sono<br />
andato, mentre Simon Pietro è andato dai galilei. Perché tuo fratello, lui, da
tanto lontano, ne sa più di noi. Dice che lo ha saputo per caso parlando con un<br />
vecchio galileo, amico di Alfeo e Giuseppe, che abita vicino ai mercati».<br />
«Ah!... sì... Un grande amico della casa...».<br />
«Egli è là con Simone e le donne. Vi è anche la famiglia di Cana».<br />
«Ho visto Simone» .<br />
«Ebbene, Giuseppe da questo suo amico e amico di uno del Tempio, che è divenuto<br />
suo parente per donne, ha saputo che è decisa la tua cattura e ha detto a<br />
Pietro: “Io l’ho sempre combattuto. Ma per amore. E finché Egli era ancora<br />
forte. Ma, ora che diventa come un bambino in preda dei suoi nemici, io, parente<br />
che sempre l’ho amato, sono con Lui. È dovere di sangue e di cuore”».<br />
Gesù sorride, riavendo per un attimo il viso sereno delle ore di gioia.<br />
«E Giuseppe ha detto a Pietro: “I farisei di Galilea sono aspidi come tutti i<br />
farisei. Ma la Galilea non è tutta farisei. E qui sono molti galilei che lo<br />
amano. Andiamo a dire loro di radunarsi per difenderlo. Non abbiamo che i<br />
coltelli. Ma anche i bastoni sono armi, se ben maneggiati. E, se non vengono le<br />
milizie romane, avremo presto ragione di quella canaglia vile che sono gli<br />
sgherri del Tempio”. E Pietro è andato con lui. 7Io intanto andavo da Lazzaro.<br />
Con Nicodemo. Avevamo deciso di persuadere Lazzaro a venire con noi e ad aprire<br />
la sua casa per stare con Te. Ci ha detto: “Devo ubbidire a Gesù e stare qui. A<br />
soffrire il doppio...”. È vero?».<br />
«È vero. Io gli ho dato questo ordine».<br />
«Però mi ha dato le spade. Sono sue. Una per me, una per Pietro. Anche Cusa<br />
voleva darmi le spade. Ma... Che sono due pezzi di ferro contro tutto un mondo?<br />
Cusa non può credere che sia vero quanto Tu dici. Giura che egli non sa nulla e<br />
che nella corte non c’è che il pensiero di godere della festa... Un bagordo come<br />
al solito. Tanto che egli ha detto a Giovanna di ritirarsi in una loro casa in<br />
Giudea. Ma Giovanna vuole rimanere qui. Chiusa nel suo palazzo, come se non ci<br />
fosse. Ma non si allontana. È con lei Plautina, Anna, Niche e due dame romane<br />
della casa di Claudia. Piangono, pregano e fanno pregare gli innocenti. Ma non è<br />
tempo di preghiere. Di sangue è tempo. Io sento tornare vivo lo “zelote” e ardo<br />
di uccidere per fare vendetta!...».<br />
«Simone! Se volevo farti morire maledetto, non ti levavo alla desolazione!...».<br />
Gesù è severissimo.<br />
«Oh! perdono, Maestro... Perdono! Sono come un ebbro, un delirante».<br />
«E Mannaen che dice?».<br />
«Mannaen dice che non può essere vero e che, se lo fosse, egli ti seguirà anche<br />
nel supplizio».<br />
«Come tutti fidate di voi!... Quanta superbia è nell’uomo! E Nicodemo e<br />
Giuseppe? Che sanno?».<br />
«Nulla più di me. Tempo fa in una assemblea Giuseppe si prese col Sinedrio,<br />
perché li chiamò assassini volendo uccidere un innocente, e disse: “Tutto è<br />
illegale qui dentro. Lui dice bene. L’abominio è nella casa del Signore. Questo<br />
altare va distrutto perché profanato”. Non lo lapidarono perché è lui. Ma da<br />
allora lo hanno tenuto all’oscuro di tutto. Solo Gamaliele e Nicodemo gli si<br />
sono conservati amici. Ma il primo non parla. E il secondo... Né lui né Giuseppe<br />
furono più chiamati al Sinedrio per le decisioni più vere. Esso si aduna<br />
illegalmente qua a là, ad ore diverse, per paura di loro e di Roma. Ah!<br />
dimenticavo!... I pastori. Anche loro sono coi galilei. Ma pochi siamo! Se<br />
Lazzaro avesse voluto ascoltarci e venire dal Pretore! Ma non ci ascoltò...<br />
Questo abbiamo fatto... Molto... e nulla... e io sono tanto accasciato che<br />
vorrei andare per la campagna urlando come uno sciacallo, abbrutendomi in<br />
un’orgia, uccidendo come un brigante, pur di levarmi questo pensiero che è<br />
“tutto inutile”, come ha detto Lazzaro, come ha detto Giuseppe e Cusa e Mannaen<br />
e Gamaliele...». Lo Zelote non sembra più lui...<br />
«Che ha detto il rabbi?».<br />
«Ha detto: “Io non so esattamente i propositi di Caifa. Ma vi dico che solo per<br />
il Cristo è profetizzato quanto dite. E siccome io non ammetto in questo profeta<br />
il Cristo, non trovo ci sia da agitarsi. Verrà ucciso un uomo, buono, amico di<br />
Dio. Ma di quanti suoi simili ha bevuto il sangue Sionne?!”. E poiché noi<br />
insistevamo sulla tua divina Natura, ha ripetuto cocciuto: “Quando vedrò il<br />
segno, crederò”. Ed ha promesso di astenersi dal votare la tua morte, e anzi, se<br />
sarà possibile, di persuadere gli altri a non condannarti. Questo, non più. Non<br />
crede! Non crede! Se si potesse giungere a domani... Ma Tu dici di no. 8Oh! che<br />
faremo noi?! ».
«Tu andrai da Lazzaro e cercherai di portare con te quanti più puoi. Non solo<br />
degli apostoli. Ma anche dei discepoli che troverai vaganti per le vie della<br />
campagna. Cerca di vedere i pastori e da’ loro questo ordine. La casa di Betania<br />
è più che mai la casa di Betania, la casa della buona ospitalità. Quelli che non<br />
hanno coraggio di affrontare l’odio di tutto un popolo si rifugino là. Ad<br />
attendere...».<br />
«Ma noi non ti lasceremo».<br />
«Non vi separate... Divisi, sareste un nulla. Uniti, sarete ancora una forza.<br />
Simone, promettimi questo. Tu sei pacato, fedele, hai parola e impero anche su<br />
Pietro. E hai un grande obbligo con Me. Te lo ricordo per la prima volta, per<br />
importi l’ubbidienza. Guarda, siamo al Cedron. Di lì sei salito a Me lebbroso e<br />
di lì sei partito mondato. Per quello che ti ho dato, dammi. Dàllo all’Uomo ciò<br />
che Io ho dato all’uomo. Ora il lebbroso sono Io...».<br />
«Nooo! Non lo dire!», gemono insieme i due discepoli.<br />
«Così è! Pietro, i fratelli miei saranno i più accasciati. Come un delinquente<br />
si sentirà l’onesto mio Pietro e non avrà pace. E i fratelli... Non avranno<br />
cuore di guardare la loro e la mia Madre... Te li raccomando...».<br />
«Ed io, Signore, di chi sarò? A me non pensi?».<br />
«O mio fanciullo! Tu sei affidato al tuo amore. È tanto forte che ti guiderà<br />
come una madre. Non ti do ordine né guida. Ti lascio sulle acque dell’amore.<br />
Sono in te un fiume tanto calmo e profondo che non mi mettono dubbio sul tuo<br />
domani. Simone, hai inteso? Promettimi, promettimi!». È penoso vedere Gesù tanto<br />
angosciato... Riprende: «Prima che vengano gli altri! Oh! grazie! Sii<br />
benedetto!».<br />
9Tutto il gruppo si riunisce.<br />
«Ora dividiamoci. Io salgo in alto, a pregare. Con Me voglio Pietro, Giovanni e<br />
Giacomo. Voi rimanete qui. E, se foste sopraffatti, chiamate. E non temete. Non<br />
vi sarà torto un capello. Pregate per Me. Deponete odio e paura. Non sarà che un<br />
attimo... e poi la gioia sarà piena. Sorridete. Che Io abbia nel cuore i vostri<br />
sorrisi. E ancora grazie di tutto, amici. Addio. Il Signore non vi<br />
abbandoni...».<br />
Gesù si separa dagli apostoli e va avanti, mentre Pietro si fa dare da Simone la<br />
torcia dopo che questo ha acceso con essa degli sterpi resinosi, che bruciano<br />
scoppiettando sul limite dell’uliveto e spandendo un odore di ginepro. Mi fa<br />
pena vedere il Taddeo che guarda con uno sguardo talmente intenso e doloroso<br />
Gesù che questo si volge e cerca chi lo ha guardato. Ma il Taddeo si nasconde<br />
dietro a Bartolomeo e si morde le labbra per frenarsi.<br />
Gesù fa un gesto con la mano, fra la benedizione e l’addio, e poi prosegue il<br />
suo cammino. La luna, ormai ben alta, circonda della sua luce la sua alta figura<br />
e pare renderla anche più alta, spiritualizzandola, facendone più chiara la<br />
veste rossa e più pallido l’oro dei capelli. Dietro a Lui affrettano il passo<br />
Pietro con la torcia e i due figli di Zebedeo.<br />
10Proseguono sino a raggiungere il limite della prima balza del rustico<br />
anfiteatro dell’uliveto, a cui fa da entrata la piazzuola irregolare e da<br />
gradinate le diverse balze che ascendono a scaglioni di ulivi sul monte, poi<br />
Gesù dice: «Fermatevi, attendetemi qui, mentre Io prego. Ma non dormite. Potrei<br />
avere bisogno di voi. E, ve lo chiedo per carità, pregate! Il vostro Maestro è<br />
molto accasciato».<br />
È infatti di un accasciamento già profondo. Pare già aggravato da un peso. Dove<br />
è più il virile Gesù che parlava alle folle, bello, forte, dall’occhio<br />
dominatore, il pacato sorriso, la voce sonora e bellissima? Pare già preso da un<br />
affanno. È come uno che ha corso o che ha pianto. Ha una voce stanca e<br />
affannata. Triste, triste, triste...<br />
Pietro risponde per tutti: «Sta’ tranquillo, Maestro. Vigileremo e pregheremo.<br />
Non hai che chiamarci, che verremo».<br />
E Gesù li lascia, mentre i tre si curvano a radunare foglie e sterpi per fare un<br />
fuocherello che serva a tenerli desti e anche a combattere la guazza che<br />
comincia a scendere abbondante.<br />
11Cammina, volgendo loro le spalle, da occidente a oriente, avendo perciò in<br />
faccia la luce lunare. Vedo che un grande dolore fa ancor più dilatato l’occhio,<br />
forse è un bistro di stanchezza che lo allarga, forse è l’ombra dell’arco<br />
sopraccigliare. Non so. So che ha l’occhio più aperto e incavato. Sale a testa<br />
china, solo ogni tanto la alza con un sospiro, come facesse fatica e anelasse, e<br />
allora gira il suo occhio tanto triste sul placido uliveto. Fa qualche metro in
salita, poi gira intorno ad uno scaglione, che rimane così fra Lui e i tre<br />
lasciati più in basso.<br />
Lo scaglione, alto pochi decimetri all’inizio, sale sempre più e dopo poco è<br />
alto più di due metri, di modo che ripara completamente Gesù da ogni sguardo più<br />
o meno discreto e amico. Gesù prosegue sino ad un grosso masso che ad un certo<br />
punto sbarra il sentieruolo, forse messo a sostegno alla costa che in giù<br />
scoscende più ripida e nuda sino ad una desolata macia, che precede le mura<br />
oltre le quali è Gerusalemme, e in su continua a salire con altri balzi e altri<br />
ulivi. Proprio sopra al grosso sasso si spenzola un ulivo tutto nodoso e<br />
contorto. Pare un bizzarro punto interrogativo messo dalla natura a chiedere<br />
qualche perché. I rami folti sulla cima danno risposta alla domanda del tronco,<br />
dicendo ora di sì col piegarsi verso terra, ora di no dimenandosi da destra a<br />
manca, sotto un vento lieve che passa a ondate fra le fronde e che a volte sa<br />
soltanto di terra, a volte di quell’odore amarognolo dell’ulivo, alle volte di<br />
un misto profumo di rose e mughetti che non si sa da dove possa venire. Oltre il<br />
sentieruolo, in basso, sono altri ulivi, ed uno, proprio sotto al masso, fenduto<br />
da qualche fulmine eppure sopravvissuto, o scosciato per non so che causa, ha<br />
del tronco iniziale fatto due tronchi che salgono come le due aste di un grande<br />
V in stampatello, e le due chiome si affacciano al di qua e al di là del masso,<br />
come volessero vedere e velare nello stesso tempo, o fare ad esso masso una base<br />
di un grigio argento tutto pace.<br />
12Gesù si ferma lì. Non guarda la città che appare là in basso, tutta bianca<br />
nella luce lunare. Anzi le volge le spalle e prega a braccia aperte a croce, col<br />
volto alzato verso il cielo. E non vedo il volto suo perché è nell’ombra, avendo<br />
la luna quasi a perpendicolo sul capo, è vero, ma anche la folta ramaglia<br />
dell’ulivo fra Lui e la luna, che appena filtra fra foglia a foglia con<br />
occhiellini ed aghi di luce in perpetuo movimento.<br />
Una lunga, ardente preghiera. Ogni tanto ha un sospiro e qualche parola più<br />
netta. Non è un salmo, non è il Pater. È una preghiera fatta dallo sgorgare del<br />
suo amore e del suo bisogno. Un vero discorso fatto al Padre suo. Lo comprendo<br />
per le poche parole che afferro: «Tu lo sai... Sono il tuo Figlio... Tutto, ma<br />
aiutami... L’ora è venuta... Io non sono più della Terra. Cessa ogni bisogno di<br />
aiuto al tuo Verbo... Fa’ che l’Uomo ti soddisfi come Redentore come ti fu<br />
ubbidiente la Parola... Ciò che Tu vuoi... Per loro ti chiedo pietà... Li farò<br />
salvi? Questo ti chiedo. Voglio così: dal mondo salvi, dalla carne, dal<br />
demonio... Posso chiedere ancora? È giusta domanda, Padre mio. Non per Me. Per<br />
l’uomo, che è tua creazione e che volle rendere fango anche la sua anima. Io<br />
getto nel mio dolore e nel mio Sangue questo fango, perché torni<br />
l’incorruttibile essenza dello spirito a Te gradito... Ed è dovunque. Egli è il<br />
re questa sera. Nella reggia e nelle case. Fra le milizie e nel Tempio... La<br />
città ne è colma, e domani sarà un inferno...».<br />
Gesù si volge, si appoggia con la schiena al masso e incrocia le braccia. Guarda<br />
Gerusalemme. Il viso di Gesù si fa sempre più mesto. Mormora: «Pare di neve...<br />
ed è tutta un peccato. Anche in essa quanti ho guarito! Quanto ho parlato!...<br />
Dove sono quelli che mi parevano fedeli?»...<br />
Gesù curva il capo e guarda fisso il terreno coperto di una erbetta corta e<br />
lucida di guazza. Ma, per quanto abbia il capo chino, comprendo che piange,<br />
perché delle gocce lucono nel cadere dal volto al suolo. Poi alza il capo,<br />
disserra le braccia, le congiunge tenendole al disopra del capo e agitandole<br />
così unite.<br />
13Poi si incammina. Torna verso i tre apostoli seduti intorno al loro<br />
fuocherello di sterpi. E li trova mezzo addormentati. Pietro si è addossato ad<br />
un tronco con le spalle e, con le braccia conserte sul petto, ciondola con la<br />
testa nelle prime caligini di un robusto sonno. Giacomo è seduto, con il<br />
fratello, su un radicone che affiora e sul quale hanno messo i mantelli per<br />
sentirne meno le gobbe, ma, nonostante siano scomodi più di Pietro, sono anche<br />
loro sonnecchianti. Giacomo ha abbandonato la testa sulla spalla di Giovanni e<br />
questo ha piegato la sua su quella del fratello, come se il dormiveglia li<br />
avesse immobilizzati in quella posa.<br />
«Dormite? Non avete saputo vegliare un’ora sola? Ed Io ho tanto bisogno del<br />
vostro conforto e delle vostre preghiere!».<br />
I tre sobbalzano confusi. Si sfregano gli occhi. Mormorano una scusa, accusando<br />
lo sforzo del digerire come causa prima di questo loro sonnecchiare: «È il<br />
vino... il cibo... Ma ora passa. Un momento è stato. Non avevamo voglia di
parlare e questo ci ha portati al sonno. Ma ora pregheremo a voce alta e non<br />
succederà più».<br />
«Sì. Pregate e vigilate. Anche per voi ne avete bisogno».<br />
«Sì, Maestro. Ti ubbidiremo».<br />
14Gesù torna via. La luna che gli batte in volto, così forte nel suo chiarore<br />
d’argento che rende sempre più pallida la veste rossa come la velasse di una<br />
polvere bianco lucente, mi fa vedere il suo volto sconfortato, addolorato,<br />
invecchiato. Lo sguardo è sempre dilatato, ma pare appannato. La bocca ha una<br />
piega di stanchezza.<br />
Torna al suo masso ancor più lento e curvo. Si inginocchia appoggiando le<br />
braccia al masso, che non è liscio ma a mezza altezza ha come un seno, quasi<br />
fosse stato lavorato apposta così, e su questo breve seno è nata una pianticina,<br />
che mi pare di quei fioretti simili a piccoli gigli che ho visto anche in<br />
Italia*, dalle fogliette piccole, tonde ma dentellate agli orli e polpute e i<br />
fiorellini minuti sugli esilissimi steli. Sembrano piccoli fiocchi nevosi<br />
spruzzanti il grigio del masso e le fogliette verde scuro. Gesù appoggia le mani<br />
lì presso e i fiorellini gli vellicano la guancia, perché Egli appoggia il capo<br />
sulle mani giunte e prega. Dopo un poco sente il fresco delle piccole corolle,<br />
alza il capo. Le guarda. Le carezza. Parla loro: «Voi siete pure!... Voi mi date<br />
ristoro! C’erano anche nella grotticella della Mamma questi fiorellini... a Lei<br />
li amava perché diceva: “Quando ero piccina, diceva mio padre: ‘Tu sei un giglio<br />
così piccino e tutto pieno di rugiada celeste’ ”... La Mamma! Oh! Mamma mia!».<br />
Ha uno scoppio di pianto. Col capo sulle mani congiunte, ricaduto un poco sui<br />
calcagni, lo vedo e l’odo piangere, mentre le mani stringono le dita e le<br />
tormentano l’una all’altra. Sento che dice: «Anche a Betlemme... e te li ho<br />
portati, Mamma. Ma questi, chi te li porterà più?...».<br />
15Poi riprende a pregare e a meditare. Deve essere ben triste la sua<br />
meditazione, angosciosa più che triste, perché per sfuggirla Egli si alza, va<br />
avanti e indietro mormorando parole che non afferro, alzando il volto,<br />
abbassandolo, gestendo, passandosi sugli occhi, sulle gote, sui capelli, le<br />
mani con mosse macchinali e<br />
___________________<br />
* in Italia: nei posti rocciosi, aggiunge MV su una copia dattiloscritta, dove<br />
aggiunge anche: Il loro nome è cimballarie.<br />
agitate, proprie di chi è in grande angoscia. Dirlo non è niente. Descriverlo è<br />
impossibile. Vederlo è andare nella sua angoscia. Gestisce verso Gerusalemme.<br />
Poi torna ad alzare le braccia verso il cielo come per invocare aiuto.<br />
Si leva il mantello come avesse caldo. Lo guarda... Ma che vede? I suoi occhi<br />
non guardano altro che la sua tortura, e tutto serve a questa tortura, ad<br />
aumentarla. Anche il mantello tessuto dalla Madre. Lo bacia e dice: «Perdono,<br />
Mamma! Perdono!». Pare lo chieda alla stoffa filata e tessuta dall’amore di<br />
mamma... Se lo rimette. È in uno strazio. Vuole pregare per superarlo. Ma con la<br />
preghiera tornano i ricordi, le apprensioni, i dubbi, i rimpianti... È una<br />
valanga di nomi... città... persone... fatti... Non posso seguirlo perché è<br />
veloce e saltuario. È la sua vita evangelica che gli sfila davanti... e gli<br />
riporta Giuda traditore.<br />
16È tanto l’affanno che urla, per vincerlo, il nome di Pietro e Giovanni. E<br />
dice: «Ora verranno. Sono ben fedeli loro!». Ma “loro” non vengono. Chiama di<br />
nuovo. Pare terrorizzato come vedesse chissà che.<br />
Fugge veloce verso il luogo dove è Pietro e i due fratelli. E li trova più<br />
comodamente e pesantemente addormentati intorno a poche bragie che, ormai<br />
morenti, hanno solo dei zig a zag di rosso fra il grigio della cenere.<br />
«Pietro! Vi ho chiamati tre volte! Ma che fate? Dormite ancora? Ma non sentite<br />
quanto soffro? Pregate. Che la carne non vinca, non vi vinca. In nessuno. Se lo<br />
spirito è pronto, la carne è debole. Aiutatemi...».<br />
I tre sono più lenti a svegliarsi. Ma infine lo fanno e, con occhi imbambolati,<br />
si scusano. Si alzano, prima mettendosi seduti, poi mettendosi proprio ritti.<br />
«Ma guarda!», mormora Pietro. «Non ci è mai accaduto! Deve essere proprio stato<br />
quel vino. Era forte. E anche questo fresco. Ci si è coperti per non sentirlo<br />
(infatti si erano coperti coi mantelli anche sul capo) e non si è più visto il<br />
fuoco, non si è avuto più freddo, ed ecco che il sonno è venuto. Dici che hai<br />
chiamato? Eppure non mi pareva di dormire tanto forte... Su, Giovanni, cerchiamo<br />
dei rametti, muoviamoci. Ci passerà. Sta’ sicuro, Maestro, che ora poi!...<br />
Resteremo in piedi...», e getta una manata di fogliette secche sulle bragie, e
soffia finché la fiamma risuscita, e la alimenta con i rami di rovo portati da<br />
Giovanni, mentre Giacomo porta un grosso ramo di ginepro, o simile pianta, che<br />
ha tagliato da un macchione poco discosto, e lo unisce al resto.<br />
La fiamma si alza alta e gioconda illuminando il povero viso di Gesù. Un viso<br />
veramente di una tristezza che non si può guardare senza piangere. Ogni fulgore<br />
di quel volto è annullato in una stanchezza mortale. Dice: «Sono in un’angoscia<br />
che mi uccide! Oh! sì! L’anima mia è triste sino a morirne. Amici!... Amici!<br />
Amici!». Ma, se anche così non dicesse, il suo aspetto direbbe che Egli è<br />
proprio come uno che muore, e nel più angoscioso e desolato abbandono. Pare che<br />
ogni parola sia un singhiozzo...<br />
Ma i tre sono troppo carichi di sonno. Sembrano quasi ebbri tanto vanno<br />
traballando ad occhi semichiusi... Gesù li guarda... Non li mortifica con<br />
rimproveri. Scuote il capo, sospira e torna via. Al posto di prima.<br />
17Prega di nuovo in piedi, con le braccia in croce. Poi in ginocchio come prima,<br />
col volto curvo sui piccoli fiori. Pensa. Tace... Poi si dà a gemere e<br />
singhiozzare forte, quasi prostrato tanto è rilassato sui calcagni. Chiama il<br />
Padre. Sempre più affannosamente...<br />
«Oh!», dice. «È troppo amaro questo calice! Non posso! Non posso! È al di sopra<br />
di quanto Io posso. Tutto ho potuto! Ma non questo... Allontanalo, Padre, dal<br />
tuo Figlio! Pietà di Me!... Che ho fatto per meritarlo?». Poi si riprende e<br />
dice: «Però, Padre mio, non ascoltare la mia voce se essa chiede ciò che è<br />
contrario alla tua volontà. Non ricordarti che ti sono Figlio, ma solo servo<br />
tuo. Non la mia, ma la tua volontà sia fatta».<br />
Rimane così qualche tempo. Poi ha un grido soffocato e alza un viso sconvolto.<br />
Un attimo solo, poi piomba al suolo, proprio volto a terra, e resta così. Uno<br />
straccio d’uomo su cui preme tutto il peccato del mondo, su cui si abbatte tutta<br />
la Giustizia del Padre, su cui scende la tenebra, la cenere, il fiele, quella<br />
tremenda, tremenda, tremendissima cosa che è l’abbandono di Dio mentre Satana ci<br />
tortura... È l’asfissia dell’anima, è l’essere sepolti vivi in questa carcere<br />
che è il mondo, quando non si può più sentire che fra noi e Dio vi è un legame,<br />
è l’essere incatenati, imbavagliati, lapidati dalle nostre preghiere stesse che<br />
ci ricadono addosso irte di punte e sparse di fuoco, è il dare di cozzo contro<br />
un Cielo chiuso in cui non penetrano né voce né sguardi della nostra angoscia, è<br />
l’essere “orfani di Dio”, è la pazzia, l’agonia, il dubbio d’essersi sino allora<br />
ingannati, è la persuasione di essere scacciati da Dio, di esser dannati. È<br />
l’inferno!...<br />
Oh! lo so! e non posso, non posso vedere lo spasimo del mio Cristo, e sapere che<br />
esso è un milione di volte più atroce di quello che mi ha consumata lo scorso<br />
anno e che, quando mi torna alla mente, mi sconvolge ancora...<br />
Gesù geme, fra rantoli e sospiri proprio d’agonia: «Niente!... Niente!...<br />
Via!... La volontà del Padre! Quella! Quella sola!... La tua volontà, Padre. La<br />
tua, non la mia... Inutile. Non ho che un Signore: Iddio santissimo. Una legge:<br />
l’ubbidienza. Un amore: la redenzione... No. Non ho più Madre. Non ho più vita.<br />
Non ho più divinità. Non ho più missione. Inutilmente mi tenti, demonio, con la<br />
Madre, la vita, la mia divinità, la mia missione. Ho per madre l’Umanità e l’amo<br />
sino a morire per lei. La vita la rendo a Chi me l’ha data e me la chiede,<br />
supremo Padrone di ogni vivente. La divinità l’affermo essendo capace di questa<br />
espiazione. La missione la compio con la mia morte. Nulla ho più. Fuorché fare<br />
la volontà del Signore, mio Dio. Va’ indietro, Satana! L’ho detto la prima e la<br />
seconda volta. Lo ridico per la terza: “Padre, se è possibile passi da Me questo<br />
calice. Ma però non la mia, la tua volontà sia fatta”. Va’ indietro, Satana. Io<br />
sono di Dio».<br />
Poi non parla più altro che per dire fra gli ansiti: «Dio! Dio! Dio!». Lo chiama<br />
ad ogni battito di cuore, e pare che ad ogni battito il sangue trabocchi. La<br />
stoffa tesa sulle spalle se ne imbibisce e torna scura, nonostante il grande<br />
chiarore lunare che lo fascia tutto.<br />
18Pure un chiarore più vivo si forma sul suo capo, sospeso a circa un metro da<br />
Lui, un chiarore così vivo che anche il Prostrato lo vede filtrare fra le onde<br />
dei capelli, già pesanti di sangue, e il velo che il sangue fa agli occhi. Alza<br />
il capo... Splende la luna sul povero volto, e ancora più splende la luce<br />
angelica simile a quella del diamante bianco azzurro della stella Venere. E<br />
appare tutta la tremenda agonia nel sangue che trasuda dai pori. Le ciglia, i<br />
capelli, i baffi, la barba sono aspersi e cospersi di sangue. Sangue cola dalle<br />
tempie, sangue sgorga dalle vene del collo, sangue gocciano le mani, e quando
Egli tende le mani verso la luce angelica e le ampie maniche scorrono in su,<br />
verso i gomiti, appaiono tutti sudanti sangue gli avambracci di Cristo. Nel<br />
viso, solo le lacrime fanno due righe nette fra la maschera rossa.<br />
Si torna a levare il mantello e si asciuga le mani, il volto, il collo, gli<br />
avambracci. Ma il sudore continua. Egli si preme più e più volte la stoffa sul<br />
volto tenendola premuta con le mani, ed ogni volta che cambia posto, sulla<br />
stoffa rosso scura appaiono nette le impronte che, umide come sono, sembrano<br />
essere nere. L’erba del suolo è rossa di sangue.<br />
Gesù pare prossimo a mancare. Si slaccia la veste al collo come si sentisse<br />
soffocare. Si porta la mano al cuore e poi al capo e se l’agita davanti al volto<br />
come per farsi vento, tenendo la bocca dischiusa. Si trascina contro il masso,<br />
ma più verso lo scrimolo del balzo, e si appoggia con la schiena ad esso, stando<br />
con le braccia pendenti lungo il corpo come fosse già morto, la testa penzoloni<br />
sul petto. Non si muove più.<br />
La luce angelica decresce piano piano. Poi viene come assorbita nel chiarore<br />
lunare.<br />
Gesù riapre gli occhi. Alza a fatica il capo. Guarda. È solo. Ma è meno<br />
angosciato. Allunga una mano. Tira a Sé il mantello, lasciato abbandonato<br />
sull’erba, e torna ad asciugarsi il volto, le mani, il collo, la barba, i<br />
capelli. Prende una larga foglia, nata proprio in riva al ciglio, tutta bagnata<br />
di guazza, e con quella finisce di pulirsi, bagnandosi volto e mani e poi<br />
asciugandosi da capo. E ripete, ripete con altre foglie, finché ha cancellato le<br />
tracce del suo tremendo sudore. Solo la veste, e specie sulle spalle e alle<br />
pieghe dei gomiti, al collo e alla cintura, ai ginocchi, è macchiata. Se la<br />
guarda e scuote il capo. Guarda anche il mantello. Ma lo vede troppo macchiato.<br />
Lo piega e lo pone sul masso, là dove esso fa cuna, presso i fioretti.<br />
Con fatica, come per debolezza, si rigira mettendosi in ginocchio. Prega<br />
appoggiando il capo sul mantello, su cui sono già le mani. 19Poi si puntella al<br />
masso, si alza e, ancora lievemente barcollando, va dai discepoli. Il suo viso è<br />
pallidissimo. Ma non è più turbato. È un viso pieno di divina bellezza, pure<br />
essendo esangue e mesto oltre il solito.<br />
I tre dormono saporitamente. Tutti avvolti nei mantelli, sdraiati affatto,<br />
presso il fuoco spento, si sentono respirare profondamente in un principio di<br />
sonoro russare.<br />
Gesù li chiama. Inutile. Deve chinarsi e scuotere generosamente Pietro.<br />
«Cosa è? Chi mi arresta?», dice questo emergendo, sbalordito e spaventato, dal<br />
suo mantello verde scuro.<br />
«Nessuno. Sono Io che ti chiamo».<br />
«È mattina?».<br />
«No. È quasi terminata la seconda vigilia».<br />
Pietro è tutto ingranchito.<br />
Gesù scuote Giovanni, che ha un grido di terrore vedendo su di lui curvo un<br />
volto di fantasma tanto è marmoreo. «Oh!... Mi parevi morto!».<br />
Scuote Giacomo, e questo, che crede che sia il fratello che lo chiama, dice:<br />
«Hanno preso il Maestro?».<br />
«Non ancora, Giacomo», risponde Gesù. «Ma alzatevi ormai e andiamo. Chi mi<br />
tradisce è vicino».<br />
I tre, ancora imbambolati, si alzano. Si guardano intorno... Ulivi, luna,<br />
usignoli, venticello, pace... Null’altro. Seguono però Gesù senza parlare. Anche<br />
gli altri otto sono più o meno addormentati intorno al fuoco spento.<br />
«Sorgete!», tuona Gesù. «Mentre Satana viene, mostrate all’insonne e ai suoi<br />
figli che i figli di Dio non dormono!».<br />
«Sì, Maestro».<br />
«Dove è, Maestro?».<br />
«Gesù, io...».<br />
«Ma che è stato?».<br />
E fra arruffate domande e risposte si rimettono i mantelli...<br />
20Appena in tempo per apparire in ordine alla sbirraglia capitanata da<br />
Giuda, che irrompe nella quieta piazzuola illuminandola violentemente con molte<br />
torce accese. Sono un’orda di banditi camuffati da soldati, facce da galera<br />
torte in ghigni da demoni. Vi è anche qualche campione del Tempio.<br />
Gli apostoli balzano tutti in un angolo. Pietro davanti, e dietro in gruppo gli<br />
altri. Gesù resta dove è.<br />
Giuda si accosta sostenendo lo sguardo di Gesù, che è tornato il lampeggiante
sguardo dei suoi giorni migliori. E non abbassa il volto. Anzi si fa vicino con<br />
un sorriso da iena e lo bacia sulla guancia destra.<br />
«Amico, e che sei venuto a fare? Con un bacio mi tradisci?».<br />
Giuda curva per un attimo la testa, poi la rialza... Morto al rimprovero come ad<br />
ogni invito al pentimento. Gesù, dopo le prime parole ancora dette con imponenza<br />
di Maestro, prende il tono accorato di chi si rassegna ad una sventura.<br />
21La sbirraglia, con un clamore di urla, viene avanti con funi e bastoni e cerca<br />
di impadronirsi degli apostoli, oltre che di Cristo. Meno Giuda Iscariota, si<br />
intende.<br />
«Chi cercate?», chiede Gesù calmo e solenne.<br />
«Gesù Nazareno».<br />
«Sono Io». La voce è un tuono. Davanti al mondo assassino e a quello innocente,<br />
davanti alla natura e alle stelle, Gesù si rende questa testimonianza, aperta,<br />
leale, sicura, direi che è lieto di potersela dare.<br />
Ma, se avesse sprigionato un fulmine, non avrebbe potuto fare di più. Come un<br />
fascio di spighe falciate, tutti cadono al suolo. Restano in piedi solo Giuda,<br />
Gesù e gli apostoli, che davanti allo spettacolo dei soldati abbattuti<br />
riprendono fiato, tanto che si avvicinano a Gesù con delle minacce così<br />
esplicite per Giuda che questo fa un balzo, appena in tempo per sfuggire al<br />
colpo maestro della spada di Simone, e invano inseguito da pietre e bastoni,<br />
lanciatigli dietro dagli apostoli non armati di spada, fugge oltre il Cedron e<br />
si infosca nel nero di un viottolo.<br />
«Alzatevi. Chi cercate? Torno a chiedervi».<br />
«Gesù Nazareno».<br />
«Ve l’ho detto che sono Io», dice con dolcezza Gesù. Sì, con dolcezza. «Lasciate<br />
dunque liberi questi altri. Io vengo. Riponete le spade e i bastoni. Non sono un<br />
ladrone. Stavo sempre fra voi. Perché non mi avete preso allora? Ma questa è la<br />
vostra ora e quella di Satana...».<br />
22Ma, mentre parla, Pietro si accosta all’uomo che già tende le funi per legare<br />
Gesù e mena un maldestro colpo di spada. Se l’avesse usata di punta, lo sgozzava<br />
come un montone. Così non fa che staccargli quasi l’orecchio, che resta<br />
penzoloni fra un gran gemere di sangue. L’uomo grida dicendosi morto. Vi è<br />
tumulto fra chi vuol venire avanti e chi ha paura vedendo luccicare spade e<br />
pugnali.<br />
«Riponete quelle armi. Ve lo comando. Se volessi, avrei gli angeli del Padre a<br />
difendermi. E tu, guarisci. Nell’anima per prima cosa, se puoi». E, prima di<br />
tendere le mani alle corde, tocca l’orecchio e lo rende sano.<br />
Gli apostoli hanno urli scomposti... Sì. Mi spiace dirlo ma è così. Chi dice una<br />
cosa, chi l’altra. Chi urla: «Ci hai traditi!», e chi: «Ma è folle!», e chi<br />
dice: «E chi ti può credere?». Chi non urla, fugge...<br />
E Gesù resta solo... Lui e gli sgherri... E incomincia il cammino . . .<br />
603. Riflessioni sull’agonia nel Getsemani e premessa agli altri dolori della<br />
Passione.<br />
15 febbraio 1944.<br />
1Dice Gesù:<br />
«La sofferenza della mia agonia spirituale tu l’hai contemplata nella sera del<br />
Giovedì. Hai visto il tuo Gesù accasciarsi come uomo colpito a morte che sente<br />
fuggire la vita attraverso le ferite che lo svenano, o come creatura soverchiata<br />
da un trauma psichico superiore alle sue forze. Ne hai visto le fasi crescenti,<br />
di questo trauma, culminate nell’effusione sanguigna, provocata dallo squilibrio<br />
circolatorio causato dallo sforzo di vincermi e di resistere al peso che mi si<br />
era abbattuto sopra.<br />
Io ero, sono, il Figlio del Dio altissimo. Ma ero anche il Figlio dell’uomo. Da<br />
queste pagine voglio che sgorghi nitida questa mia duplice natura, ugualmente<br />
totale e perfetta.<br />
Della mia Divinità vi fa fede la mia parola, la quale ha accenti che solo un Dio<br />
può avere. Della mia Umanità i bisogni, le passioni, le sofferenze che vi<br />
presento e che patii nella mia carne di vero Uomo, proposta a modello della<br />
vostra umanità, così come vi istruisco lo spirito con la mia dottrina di vero<br />
Dio.
Tanto la mia santissima Divinità come la mia perfettissima Umanità, nel corso<br />
dei secoli e per l’azione disgregante della “vostra” umanità imperfetta, sono<br />
risultate menomate, svisate nella loro illustrazione. Avete resa irreale la mia<br />
Umanità, l’avete resa inumana, così come avete resa piccola la mia figura<br />
divina, negandola in tante parti che non vi faceva comodo riconoscere o che non<br />
potevate più riconoscere con i vostri spiriti, menomati dalle tabi del vizio e<br />
dell’ateismo, dell’umanismo, del razionalismo.<br />
Io vengo, in quest’ora tragica, prodromo di universali sventure, vengo a<br />
rinfrescarvi nella mente la mia duplice figura di Dio e di Uomo, perché voi la<br />
conosciate quale Essa è, perché voi la riconosciate dopo tanto oscurantismo con<br />
cui l’avete coperta ai vostri spiriti, perché voi la amiate e torniate ad Essa e<br />
vi salviate per mezzo di Essa. È la figura del vostro Salvatore, e chi la<br />
conoscerà e l’amerà sarà salvo.<br />
2In questi giorni ti ho fatto conoscere le mie sofferenze fisiche. Esse hanno<br />
torturato la mia Umanità. Ti ho fatto conoscere le mie sofferenze morali,<br />
connesse, intrecciate, fuse a quelle della Madre mia, così come sono le<br />
inestricabili liane delle foreste equatoriali, che non si possono separare per<br />
reciderne una sola, ma che si deve spezzarle con un unico colpo d’accetta per<br />
aprirsi il varco, uccidendole insieme; così come sono le vene di un corpo, che<br />
non se ne può privare di sangue una perché un unico umore le empie; così, meglio<br />
ancora, così come non si può impedire che nella creatura, che si forma nel seno<br />
della madre, entri la morte se la madre muore, perché è la vita, il calore, il<br />
nutrimento, il sangue della madre quello che, con ritmo sonante sul moto del<br />
materno cuore, penetra, attraverso le interne membrane, sino al nascituro e lo<br />
completa alla vita.<br />
Ella, oh! Ella, la pura Madre mia, mi ha portato non solo per i nove mesi con<br />
cui ogni femmina d’uomo porta il frutto dell’uomo, ma per tutta la vita. I<br />
nostri cuori erano uniti da spirituali fibre e hanno palpitato insieme sempre, e<br />
non c’era lacrima materna che cadesse senza rigarmi il cuore del suo salso, a<br />
non c’era mio interno lamento che non risuonasse in Lei svegliando il suo<br />
dolore.<br />
Vi fa pena la madre di un figlio destinato alla morte per morbo insanabile, la<br />
madre di un condannato al supplizio dal rigore dell’umana giustizia. Ma pensate<br />
a questa Madre mia, che dal momento in cui mi ha concepito ha tremato pensando<br />
che ero il Condannato, a questa Madre che quando m’ha dato il primo bacio sulle<br />
carni morbide e rosee di neonato ha sentito le future piaghe della sua Creatura,<br />
a questa Madre che avrebbe dato dieci, cento, mille volte la sua vita per<br />
impedirmi di divenire Uomo e di giungere al momento dell’Immolazione, a questa<br />
Madre che sapeva e che doveva desiderare quell’ora tremenda per accettare la<br />
volontà del Signore, per la gloria del Signore, per bontà verso l’Umanità. No,<br />
non vi è stata agonia più lunga, e finita in un dolore più grande, di quella<br />
della Madre mia.<br />
3E non vi è stato un dolore più grande, più completo del mio. Ero Uno col Padre.<br />
Egli mi aveva dall’eternità amato come solo Dio può amare. Si era compiaciuto di<br />
Me ed aveva trovato in Me la sua divina gioia. Ed Io l’avevo amato come solo un<br />
Dio può amare, e trovato nell’unione con Lui la mia gioia divina. Gli ineffabili<br />
rapporti che legano ab aeterno il Padre col Figlio non possono esservi spiegati<br />
neppure dalla mia parola, perché, se essa è perfetta, la vostra intelligenza non<br />
lo è, e non potete comprendere e conoscere ciò che è Dio finché non siete seco<br />
Lui nel Cielo. Ebbene, Io sentivo, come acqua che monta e preme contro una diga,<br />
crescere, ora per ora, il rigore del Padre verso di Me.<br />
A testimonianza contro gli uomini-bruti, che non volevano comprendere chi ero,<br />
Egli aveva aperto, durante il tempo della mia vita pubblica, tre volte* il<br />
Cielo: al Giordano, al Tabor e in Gerusalemme nella vigilia della Passione. Ma<br />
l’aveva fatto per gli uomini, non per dare sollievo a Me. Io ormai ero<br />
l’Espiatore.<br />
Molte volte, Maria, Dio fa conoscere agli uomini un suo servo perché essi ne<br />
siano scossi e trascinati, attraverso esso, a Lui, ma ciò avviene anche<br />
attraverso il dolore di quel servo. È desso che paga in proprio, mangiando il<br />
pane amaro del rigore di Dio, i conforti e la salvezza dei fratelli. Non è vero?<br />
Le vittime d’espiazione conoscono il rigore di Dio. Poi viene la gloria. Ma dopo<br />
che la Giustizia è placata. Non è come per il mio Amore, che alle sue vittime dà<br />
i suoi baci. Io sono Gesù, Io sono il Redentore, Colui che ha sofferto e sa, per<br />
personale esperienza, cosa sia il dolore d’esser guardato con severità da Dio ed
essere abbandonato da Lui, e non sono mai severo, e non abbandono mai. Consumo<br />
ugualmente, ma in un incendio d’amore.<br />
4Più l’ora dell’espiazione si avvicinava e più Io sentivo allontanarsi il Padre.<br />
Sempre più separato dal Padre, la mia Umanità si sentiva sempre meno sorretta<br />
dalla Divinità di Dio. E ne soffrivo in tutte le maniere. La separazione da Dio<br />
porta seco paura, porta seco attaccamento alla vita, porta seco languore,<br />
stanchezza, tedio. Più è profonda e più sono forti queste sue conseguenze.<br />
Quando è totale, porta disperazione. E quanto più chi, per un decreto di Dio, la<br />
prova senza averla meritata, più ne soffre, perché lo spirito vivo sente la<br />
recisione da Dio così come una carne viva sente la recisione di un arto. È uno<br />
stupore doloroso, accasciante, che chi non l’ha provato non intende.<br />
Io l’ho provato. Tutto ho dovuto conoscere per potere di tutto perorare presso<br />
il Padre in vostro favore. Anche le vostre disperazioni. Oh, Io l’ho provato<br />
cosa vuol dire: “Sono solo. Tutti mi hanno tradito, abbandonato. Anche il Padre,<br />
anche Dio non m’aiuta più”. Ed è per questo che opero misteriosi prodigi di<br />
grazia presso i poveri cuori che la disperazione soverchia, e che chiedo ai miei<br />
prediletti di bere il mio calice così amaro di esperienza, perché essi, coloro<br />
che naufragano nel mare della disperazione, non ricusino la croce che offro per<br />
àncora e per salvezza, ma vi si afferrino ed Io li possa portare alla beata riva<br />
dove non vive che pace.<br />
5Nella sera del Giovedì, Io solo so se avrei avuto bisogno del Padre! Ero uno<br />
spirito già agonizzante per lo sforzo di aver dovuto superare i due più grandi<br />
dolori di un uomo: l’addio ad una madre amatissima, la vicinanza dell’amico<br />
infedele. Erano due piaghe che mi bruciavano il cuore. Una col suo pianto,<br />
l’altra col suo odio.<br />
______________________<br />
* tre volte: in 45.5/7, in 349.6/7 a in 598.14.<br />
Avevo dovuto spezzare il mio pane col mio Caino. Avevo dovuto parlargli da amico<br />
per non accusarlo agli altri, della cui violenza non ero sicuro, e per impedire<br />
un delitto, inutile d’altronde poiché tutto era già segnato nel gran libro della<br />
vita: e la mia Morte santa, ed il suicidio di Giuda. Inutili altre morti<br />
riprovate da Dio. Nessuno altro sangue che non fosse il mio doveva esser sparso,<br />
e sparso non fu. Il capestro strozzò quella vita chiudendo nel sacco immondo del<br />
corpo del traditore il suo sangue impuro venduto a Satana, sangue che non doveva<br />
mescolarsi, cadendo sulla Terra, al Sangue purissimo dell’Innocente.<br />
Sarebbero bastate quelle due piaghe a fare di Me un agonizzante nel mio Io. Ma<br />
ero l’Espiatore, la Vittima, l’Agnello. L’agnello, prima d’esser immolato,<br />
conosce il marchio rovente, conosce le percosse, conosce lo spogliamento,<br />
conosce la vendita al beccaio. Solo per ultimo conosce il gelo del coltello che<br />
penetra nella gola e svena e uccide. Prima deve lasciare tutto: il pascolo dove<br />
è cresciuto, la madre al cui petto si è nutrito e scaldato, i compagni con cui<br />
ha vissuto. Tutto. Io ho conosciuto tutto: Io, Agnello di Dio.<br />
6Perciò è venuto Satana, mentre il Padre si ritirava nei Cieli. Era già venuto<br />
all’inizio della mia missione, a tentarmi per sviarmi da essa. Ora tornava. Era<br />
la sua ora. L’ora della tregenda satanica.<br />
Torme e torme di demoni erano quella notte sulla Terra, per portare a termine la<br />
seduzione nei cuori e farli pronti a volere il domani l’uccisione del Cristo.<br />
Ogni sinedrista aveva il suo, e il suo Erode, e il suo Pilato, e il suo ogni<br />
singolo giudeo che avrebbe invocato su lui il mio Sangue. Anche gli apostoli<br />
avevano il loro tentatore al fianco, che li assopiva mentre Io languivo, che li<br />
preparava alla viltà. Osserva il potere della purezza. Giovanni, il puro, si<br />
liberò primo fra tutti della grinfia demoniaca e tornò subito presso il suo Gesù<br />
e lo comprese nel suo inespresso desiderio, e mi condusse Maria.<br />
Ma Giuda aveva Lucifero, ed Io avevo Lucifero. Egli nel cuore, Io al fianco.<br />
Eravamo i due principali personaggi della tragedia, e Satana si occupava<br />
personalmente di noi. Dopo aver condotto Giuda al punto di non potere più<br />
retrocedere, si volse a Me.<br />
Con la sua astuzia perfetta, mi presentò le torture della carne con un verismo<br />
insuperabile. Anche nel deserto aveva cominciato dalla carne. Lo vinsi pregando.<br />
Lo spirito signoreggiò le paure della carne.<br />
Mi presentò allora l’inutilità del mio morire, l’utilità di vivere per Me stesso<br />
senza occuparmi degli uomini ingrati. Vivere ricco, felice, amato. Vivere per la<br />
Madre mia, per non farla soffrire. Vivere per portare a Dio con un lungo<br />
apostolato tanti uomini, i quali, una volta Io morto, m’avrebbero dimenticato,
mentre se fossi stato Maestro non per tre anni ma per lustri e lustri avrebbero<br />
finito ad immedesimarsi della mia dottrina. I suoi angeli mi avrebbero aiutato a<br />
sedurre gli uomini. Non vedevo che gli angeli di Dio non intervenivano<br />
nell’aiutarmi? Dopo, Dio mi avrebbe perdonato vedendo la messe di credenti che<br />
gli avrei portato. Anche nel deserto m’aveva indotto a tentare Iddio con<br />
l’imprudenza. Lo vinsi con la preghiera. Lo spirito signoreggiò la tentazione<br />
morale.<br />
7Mi presentò l’abbandono di Dio. Egli, il Padre, non mi amava più. Ero carico<br />
dei peccati del mondo. Gli facevo ribrezzo. Era assente, mi lasciava solo. Mi<br />
abbandonava al ludibrio di una folla feroce. E non mi concedeva neppure il suo<br />
divino conforto. Solo, solo, solo. In quell’ora non c’era che Satana presso il<br />
Cristo. Dio e gli uomini erano assenti, perché non mi amavano. Mi odiavano o<br />
erano indifferenti. Io pregavo per coprire col mio orare le parole sataniche. Ma<br />
la preghiera non saliva più a Dio. Ricadeva su Me come le pietre della<br />
lapidazione e mi schiacciava sotto la sua macia. La preghiera, che per Me era<br />
sempre carezza data al Padre, voce che saliva, ed alla quale rispondeva carezza<br />
e parola paterna, ora era morta, pesante, invano lanciata contro i Cieli chiusi.<br />
Allora sentii l’amaro del fondo del calice. Il sapore della disperazione. Era<br />
questo che voleva Satana. Portarmi a disperare per fare di Me un suo schiavo. Ho<br />
vinto la disperazione e l’ho vinta con le sole mie forze, perché ho voluto<br />
vincerla. Con le sole mie forze di Uomo. Non ero più che l’Uomo. E non ero più<br />
che un uomo non più aiutato da Dio. Quando Dio aiuta è facile sollevare anche il<br />
mondo e sostenerlo come giocattolo di bimbo. Ma quando Dio non aiuta più, anche<br />
il peso di un fiore ci è faticoso.<br />
Ho vinto la disperazione, e Satana suo creatore, per servire Dio e voi dandovi<br />
la Vita. Ma ho conosciuto la Morte. Non la morte fisica del crocifisso - quella<br />
fu meno atroce - ma la Morte totale, cosciente, del lottatore che cade, dopo<br />
aver trionfato, col cuore spezzato e il sangue che si stravasa nel trauma di uno<br />
sforzo superiore al possibile. Ed ho sudato sangue. Ho sudato sangue per essere<br />
fedele alla volontà di Dio.<br />
8Ecco perché l’angelo del mio dolore mi ha prospettato la speranza di tutti i<br />
salvati per il mio sacrificio come medicina al mio morire.<br />
I vostri nomi! Ognuno m’è stato una stilla di farmaco infuso nelle vene per<br />
ridare loro tono e funzione, ognuno m’è stato vita che torna, luce che torna,<br />
forza che torna. Nelle inumane torture, per non urlare il mio dolore di Uomo, e<br />
per non disperare di Dio e dire che Egli era troppo severo e ingiusto verso la<br />
sua Vittima, Io mi sono ripetuto i vostri nomi. Io vi ho visti. Io vi ho<br />
benedetti da allora. Da allora vi ho portati nel cuore. E quando è per voi<br />
venuta la vostra ora di essere sulla Terra, Io mi sono proteso dai Cieli ad<br />
accompagnare la vostra venuta, giubilando al pensiero che un nuovo fiore di<br />
amore era nato nel mondo e che avrebbe vissuto per Me.<br />
Oh! miei benedetti! Conforto del Cristo morente! La Madre, il Discepolo, le<br />
Donne pietose erano intorno al mio morire, ma voi pure c’eravate. I miei occhi<br />
morenti vedevano, insieme al volto straziato della Mamma mia, i vostri visi<br />
amorosi, e si sono chiusi così, beati di chiudersi perché vi avevano salvati, o<br />
voi che meritate il Sacrificio di un Dio».<br />
16 febbraio 1944.<br />
9Dice Gesù:<br />
«Hai conosciuto ormai tutti i dolori che hanno preceduto la Passione<br />
propriamente detta. Ora ti farò conoscere i dolori della Passione in atto. Quei<br />
dolori che più colpiscono la vostra mente quando li meditate.<br />
Ma li meditate molto poco. Troppo poco. Non riflettete a quanto mi siete costati<br />
e di quale tortura è fatta la vostra salvezza. Voi che vi lamentate di una<br />
scorticatura, di un urto contro uno spigolo, di un male di capo, non pensate che<br />
Io ero tutto una piaga, che quelle piaghe erano invelenite da molte cose, che le<br />
cose stesse servivano a tormento del loro Creatore, perché torturavano il già<br />
torturato Dio-Figlio senza rispetto a Colui che, Padre del creato, le aveva<br />
formate.<br />
Ma le cose non erano colpevoli. Era ancora e sempre l’uomo il colpevole. Il<br />
colpevole dal giorno che ascoltò Satana nel Paradiso terrestre. Non spine, non
tossico, non ferocia avevano sino a quel momento le cose del creato per l’uomo<br />
creatura eletta. Dio lo aveva fatto re, questo uomo, fatto a sua immagine e<br />
somiglianza, e nel suo paterno amore non aveva voluto che le cose potessero<br />
essere insidiose all’uomo. Satana mise l’insidia. Nel cuore dell’uomo per prima.<br />
Poi essa partorì all’uomo, colla punizione del peccato, triboli e spine.<br />
10Ed ecco che Io, l’Uomo, ho dovuto soffrire anche per le cose e dalle cose,<br />
oltre che dalle persone. Queste mi dettero insulti e sevizie; quelle ne furono<br />
arma.<br />
La mano che Dio aveva fatto all’uomo per distinguerlo dai bruti, la mano che Dio<br />
aveva insegnato all’uomo ad usare, la mano che Dio aveva messo in rapporto con<br />
la mente rendendola esecutrice dei comandi della mente, questa parte di voi così<br />
perfetta e che avrebbe dovuto aver solo carezze per il Figlio di Dio, dal quale<br />
aveva avuto solo carezze e guarigione se era malata, si rivoltò contro il Figlio<br />
di Dio e lo colpì di guanciate, di pugni, si armò di flagelli, si fece tenaglia<br />
per strappare capelli e barba, e maglio per conficcare i chiodi.<br />
I piedi dell’uomo, che avrebbero dovuto unicamente correre solerti ad adorare il<br />
Figlio di Dio, furono veloci per venire a catturarmi, e sospingermi e<br />
trascinarmi per le vie dai miei carnefici, e per colpirmi di calci come non è<br />
lecito fare con un mulo restio.<br />
La bocca dell’uomo, che avrebbe dovuto usare della parola, la parola che è dote<br />
data unicamente all’uomo su tutti gli animali creati, per lodare e benedire il<br />
Figlio di Dio, si empì di bestemmie e menzogne e gettò queste, insieme con la<br />
sua bava, contro la mia persona.<br />
La mente dell’uomo, quella che è la prova della sua origine celeste, stancò se<br />
stessa per escogitare tormenti di un raffinato rigore.<br />
11L’uomo, tutto l’uomo usò di se stesso, nelle sue singole parti, per torturare<br />
il Figlio di Dio. E chiamò la terra, con le sue forme, ad aiuto nel torturare.<br />
Fece, delle pietre dei torrenti, proiettili per ferirmi; dei rami delle piante,<br />
randelli per percuotermi; della ritorta canapa, laccio per trascinarmi,<br />
segandomi le carni; delle spine, una corona di pungente fuoco al mio capo<br />
stanco; dei minerali, un esasperato flagello; della canna, uno strumento di<br />
tortura; delle pietre delle vie, un’insidia al piede vacillante di Colui che<br />
saliva, morendo, per morire crocifisso.<br />
E alle cose della terra si unirono le cose del cielo. Il freddo dell’alba al mio<br />
corpo già esausto dell’agonia dell’orto, il vento che esaspera le ferite, il<br />
sole che aumenta arsione e febbre e porta mosche e polvere, che abbacina gli<br />
occhi stanchi a cui le mani prigioniere non possono far riparo.<br />
E alle cose del cielo si uniscono le fibre concesse all’uomo per rivestire la<br />
sua nudità: nel cuoio che diviene flagello, nella lana della veste che si<br />
attacca alle aperte piaghe dei flagelli e dà tortura di confricamento e di<br />
lacerazione ad ogni mossa.<br />
12Tutto, tutto, tutto ha servito per tormentare il Figlio di Dio. Egli, per cui<br />
tutte le cose sono state create, nell’ora in cui era l’Ostia offerta a Dio ebbe<br />
tutte le cose nemiche. Non ha avuto sollievo, Maria, il tuo Gesù da nessuna<br />
cosa. Come vipere inferocite, tutto quanto è si volse a mordermi le carni e ad<br />
accrescere il patire.<br />
Questo occorrerebbe pensare quando soffrite e, paragonando le vostre<br />
imperfezioni alla mia perfezione e il mio dolore al vostro, riconoscere che il<br />
Padre ama voi come non amò Me in quell’ora, ed amarlo perciò con tutti voi<br />
stessi, come Io l’ho amato nonostante il suo rigore».<br />
604. I processi e il rinnegamento di Pietro. Considerazioni su Pilato.<br />
22-25 marzo 1945.<br />
1Incomincia il doloroso cammino per la stradetta sassosa che conduce dalla<br />
piazzetta dove Gesù fu catturato al Cedron e da questo, per altra stradetta,<br />
alla città. E subito incominciano i lazzi e le sevizie.<br />
Gesù, legato come è ai polsi e persino alla cintura come fosse un pazzo<br />
pericoloso, con i capi delle funi affidati a degli energumeni briachi di odio, è<br />
stiracchiato qua a là come un cencio abbandonato all’ira di una torma di<br />
cuccioli. Ma, fossero cani coloro che così agiscono, sarebbero ancora scusabili.<br />
Invece hanno nome di uomini, sebbene dell’uomo non abbiano altro che l’aspetto.
Ed è per dare maggior dolore che hanno pensato a quella legatura di due funi<br />
opposte, di cui una si occupa soltanto di imprigionare i polsi, e li sgraffia e<br />
sega col suo ruvido attrito, e l’altra, quella della cintura, comprime i gomiti<br />
contro il torace, e sega e opprime l’alto dell’addome, torturando il fegato e le<br />
reni, dove è fatto un enorme nodo e dove, ogni tanto, chi tiene i capi delle<br />
funi dà, con gli stessi, delle sferzate dicendo: «Arri! Via! Trotta, somaro!», e<br />
unisce anche dei calci, menati al dietro dei ginocchi del Torturato, che ne<br />
barcolla e non cade del tutto solo perché le funi lo tengono in piedi. Ma non<br />
evitano però che, stiracchiato verso destra da quello che si occupa delle mani e<br />
verso sinistra da quello che tiene la fune della cintura, Gesù vada ad urtare<br />
contro muretti e tronchi, e cada duramente contro la spalletta del ponticello<br />
per un più crudele strattone, ricevuto quando sta per valicare il ponticello sul<br />
Cedron. La bocca contusa sanguina. Gesù alza le mani legate per tergersi il<br />
sangue che brutta la barba, e non parla. È veramente l’agnello che non morde chi<br />
lo tortura.<br />
Della gente è scesa intanto a prendere selci a ciottoli nel greto, e dal basso<br />
inizia una sassaiola sul facile bersaglio. Perché l’andare è stentato sul<br />
ponticello stretto e insicuro, su cui la gente si accalca facendo ostacolo a se<br />
stessa, e le pietre colpiscono Gesù sul capo, sulle spalle, e non Gesù solo. Ma<br />
anche i suoi aguzzini, che reagiscono lanciando bastoni e le stesse pietre. E<br />
tutto serve per colpire di nuovo Gesù sul capo e sul collo. Ma il ponte ha ben<br />
fine, ed ora la viuzza stretta getta ombre sulla mischia, perché la luna, che<br />
inizia il tramonto, non scende in quel vicolo contorto, e molte torce nel<br />
parapiglia si sono spente. Ma l’odio fa da lume per vedere il povero Martire, al<br />
quale fa da torturatrice anche la sua alta statura. È il più alto di tutti.<br />
Facile quindi il percuoterlo, l’acciuffarlo per i capelli obbligandolo a<br />
rovesciare violentemente indietro il capo, sul quale viene lanciata una manata<br />
di immonda materia, che gli deve per forza andare in bocca e negli occhi dando<br />
nausea e dolore.<br />
2Si inizia la traversata del sobborgo di Ofel, del sobborgo in cui tanto bene e<br />
tante carezze Egli ha sparso. La turba vociante richiama i dormenti sulle<br />
soglie, e se le donne hanno gridi di dolore e fuggono terrorizzate vedendo<br />
l’avvenuto, gli uomini, gli uomini che pure da Lui hanno avuto guarigioni,<br />
soccorsi, parole d’Amico, o chinano il capo rimanendo indifferenti, affettando<br />
noncuranza per lo meno, o passano dalla curiosità all’astio, al ghigno, all’atto<br />
di minaccia, e anche si accodano al corteo per seviziare. Satana è già<br />
all’opera...<br />
Un uomo, un marito* che vuole seguirlo per offenderlo, viene abbrancato dalla<br />
moglie urlante che gli grida: «Vigliacco! Se sei vivo è per Lui, lurido uomo<br />
pieno di marciume. Ricordalo!». Ma la donna viene sopraffatta dall’uomo, che la<br />
picchia bestialmente gettandola al suolo e che poi corre a raggiungere il<br />
Martire, sulla cui testa scaglia un sasso.<br />
Un’altra donna, vecchia, cerca di sbarrare la strada al figlio, che accorre con<br />
un volto di iena e con un bastone per colpire lui pure, e gli grida: «Assassino<br />
del tuo Salvatore tu non sarai finché io vivo!». Ma la misera, colpita dal<br />
figlio con un calcio brutale all’inguine, stramazza gridando: «Deicida e<br />
matricida! Per il seno che squarci una seconda volta e per il Messia che<br />
ferisci, che tu sia maledetto!».<br />
3La scena aumenta sempre più in violenza man mano che ci si avvicina alla città.<br />
Prima di giungere alle mura - e già sono aperte le porte, ed i soldati romani<br />
con le armi al piede osservano dove e come si svolge il tumulto, pronti ad<br />
intervenire se il prestigio di Roma ne fosse leso - vi è Giovanni con Pietro. Io<br />
credo che siano giunti lì da una scorciatoia presa valicando il Cedron più su<br />
del ponte e precedendo velocemente la turba, che va lenta, tanto da sé si<br />
ostacola. Stanno nella penombra<br />
______________________<br />
* un marito: si tratta di un certo Giacobbe, guarito da Gesù in 374.7/9. Il<br />
figlio del capoverso seguente è Samuele, sposo fedifrago di Annalia, incontrato<br />
in 374.5/6 e in 375.6/9.<br />
di un androne, presso una piazzetta che precede le mura. E hanno sul capo i<br />
mantelli a far velo al volto. Ma, quando Gesù giunge, Giovanni lascia cadere il<br />
suo mantello e mostra la sua faccia pallida e sconvolta al libero chiarore della<br />
luna, che lì ancora fa lume prima di scomparire dietro il colle, che è oltre le<br />
mura e che sento designare come Tofet dagli sgherri catturatori. Pietro non osa
scoprirsi. Ma però viene avanti per essere visto...<br />
Gesù li guarda... ed ha un sorriso di una bontà infinita. Pietro gira su se<br />
stesso e torna nel suo angolo buio, con le mani sugli occhi, curvo, invecchiato,<br />
già un cencio d’uomo. Giovanni resta coraggiosamente dove è, e solo quando la<br />
turba vociante è passata raggiunge Pietro, lo prende per un gomito, lo guida<br />
come fosse un ragazzo che guida il padre cieco, ed entrano ambedue in città<br />
dietro alla folla schiamazzante.<br />
Sento le esclamazioni stupite, derisorie, addolorate dei soldati romani. Chi fra<br />
essi maledice per essere stato levato dal letto per quel «pecorone stolto»; chi<br />
deride i giudei capaci di «prendere una mezza femmina»; chi compassiona la<br />
Vittima che «ha sempre visto buona»; a chi dice: «Preferirei mi avessero ucciso<br />
che vedere Lui in quelle mani. È un grande. La mia devozione è per due nel<br />
mondo: Egli e Roma». «Per Giove!», esclama il più alto in grado. «Io non voglio<br />
noie. Ora vado dall’alfiere. Pensi lui a dirlo a chi deve. Non voglio essere<br />
mandato a combattere i Germani. Questi ebrei puzzano e sono serpi e rogne. Ma<br />
qui è sicura la vita. Ed io sto per finire il tempo, e presso Pompei ho una<br />
fanciulla!...».<br />
4Perdo il resto per seguire Gesù, che procede per la via che fa un arco in<br />
salita per andare al Tempio. Ma vedo e comprendo che la casa di Anna, dove lo<br />
vogliono portare, è e non è in quel labirintico agglomerato che è il Tempio e<br />
che occupa tutto il colle di Sion. Essa ne è agli estremi, presso una serie di<br />
muraglioni, che paiono delimitare qui la città e da questo luogo si estendono<br />
con portici e cortili per il fianco del monte sino a giungere nel recinto del<br />
Tempio vero e proprio, ossia di quello in cui vanno gli israeliti per le loro<br />
diverse manifestazioni di culto.<br />
Un alto portone ferrato si apre nella muraglia. A questo accorrono delle iene<br />
volonterose e bussano forte. E non appena si apre uno spiraglio irrompono<br />
dentro, quasi atterrando e calpestando la serva venuta ad aprire, e lo<br />
spalancano tutto perché la turba vociante, con il Catturato al centro, possa<br />
entrare. Ed entrata che è, ecco che chiudono e sprangano, paurosi forse di Roma<br />
o dei partigiani del Nazareno. I suoi partigiani! Dove sono?...<br />
Percorrono l’atrio di ingresso e poi traversano un ampio cortile, un corridoio,<br />
e un altro portico e un nuovo cortile, e trascinano Gesù su per tre scalini,<br />
facendogli percorrere quasi di corsa un porticato sopraelevato sul cortile per<br />
giungere più presto ad una ricca sala, dove è un uomo anziano vestito da<br />
sacerdote.<br />
«Dio ti consoli, Anna», dice colui che pare l’ufficiale, se ufficiale può<br />
chiamarsi il manigoldo che ha comandato quei briganti. «Eccoti il colpevole.<br />
Alla tua santità l’affido perché Israele sia mondato dalla colpa».<br />
«Dio ti benedica per la tua sagacia e la tua fede».<br />
Bella sagacia! Era bastata la voce di Gesù a farli cadere per terra al<br />
Getsemani.<br />
5«Chi sei Tu?» .<br />
«Gesù di Nazaret, il Rabbi, il Cristo. E tu mi conosci. Non ho agito nelle<br />
tenebre».<br />
«Nelle tenebre, no. Ma hai traviato le folle con dottrine tenebrose. E il Tempio<br />
ha il diritto e il dovere di tutelare l’anima dei figli di Abramo».<br />
«L’anima! Sacerdote di Israele, puoi dire che per l’anima del più piccolo o del<br />
più grande di questo popolo tu hai sofferto?».<br />
«E Tu allora? Che hai fatto che possa chiamarsi sofferenza?».<br />
«Che ho fatto? Perché me lo chiedi? Tutto Israele parla. Dalla città santa al<br />
più misero borgo anche le pietre parlano per dire quanto ho fatto. Ho dato la<br />
vista ai ciechi: la vista degli occhi e del cuore. Ho aperto l’udito ai sordi:<br />
alle voci della Terra e alle voci del Cielo. Ho fatto camminare gli storpi e i<br />
paralitici, perché iniziassero la marcia verso Dio dalla carne e poi<br />
procedessero con lo spirito. Ho mondato i lebbrosi, dalle lebbre che la Legge<br />
mosaica segnala e da quelle che rendono infetti presso Dio: i peccati. Ho<br />
risuscitato i morti, né dico che grande è il richiamare alla vita una carne, ma<br />
grande è redimere un peccatore, e l’ho fatto. Ho soccorso i poveri insegnando<br />
agli avidi e ricchi ebrei il precetto santo dell’amore del prossimo e, rimanendo<br />
povero nonostante il rio d’oro che mi passò fra le mani, ho asciugato più<br />
lacrime Io solo che non tutti voi, possessori di ricchezze. Ho dato infine una<br />
ricchezza che non ha nome: la conoscenza della Legge, la conoscenza di Dio, la<br />
certezza che siamo tutti uguali e che agli occhi santi del Padre uguale è il
pianto o il delitto, sia che siano fatti o versati dal Tetrarca e dal Pontefice,<br />
o dal mendicante e dal lebbroso che muore sulla carraia. Questo ho fatto. Nulla<br />
più».<br />
6«Sai che da Te stesso ti accusi? Tu dici: le lebbre che rendono infetti a Dio e<br />
non sono segnalate da Mosè. Tu insulti Mosè e insinui che vi sono lacune nella<br />
sua Legge...».<br />
«Non sua: di Dio. Così è. Più della lebbra, sventura della carne e che ha un<br />
termine, Io dico grave, e tale è, la colpa che è sventura ed eterna dello<br />
spirito».<br />
«Tu osi dire che puoi rimettere i peccati. Come lo fai?».<br />
«Se con un poco di acqua lustrale e il sacrificio di un ariete è lecito e<br />
credibile annullare una colpa, espiarla ed esserne mondati, come non lo potrà il<br />
mio pianto, il mio Sangue e il mio volere?».<br />
«Ma Tu non sei morto. Dove è allora il Sangue?».<br />
«Non sono ancora morto. Ma lo sarò perché è scritto. In Cielo da quando Sionne<br />
non era, da quando non era Mosè, da quando non era Giacobbe, da quando non era<br />
Abramo, da quando il re del Male morse al cuore l’uomo e lo avvelenò in lui e<br />
nei suoi figli. È scritto in Terra nel Libro in cui sono le voci dei profeti. È<br />
scritto nei cuori. Nel tuo, in quello di Caifa e dei sinedristi che non mi<br />
perdonano, no, questi cuori non mi perdonano di essere buono. Io ho assolto,<br />
anticipando sul Sangue. Ora compio l’assoluzione col lavacro in esso».<br />
«Tu ci dici avidi e ignoranti del precetto d’amore...».<br />
«E non è forse vero? Perché mi uccidete? Perché avete paura che Io vi<br />
detronizzi. Oh! non temete. Il mio Regno non è di questo mondo. Vi lascio<br />
padroni di ogni potere. L’Eterno sa quando dire il “Basta” che vi farà cadere<br />
fulminati...».<br />
«Come Doras*, eh?».<br />
«Egli morì d’ira. Non per fulmine celeste. Dio lo attendeva dall’altra parte per<br />
fulminarlo».<br />
«E lo ripeti a me? Suo parente? Osi?».<br />
«Io sono la Verità. E la Verità non è mai vile».<br />
«Superbo e folle!».<br />
«No: sincero. Mi accusi di farvi offesa. Ma non odiate forse voi tutti? L’un<br />
coll’altro vi odiate. Ora l’odio per Me vi unisce. Ma domani, quando mi avrete<br />
ucciso, tornerà l’odio fra voi, e più fiero, e vivrete con questa iena alle<br />
spalle e questo serpente nel cuore. Io ho insegnato l’amore. Per pietà del<br />
mondo. Ho insegnato ad essere non avidi, ad avere misericordia. 7Di che mi<br />
accusi?».<br />
«Di avere messo una dottrina nuova».<br />
«O sacerdote! Israele pullula di nuove dottrine: gli esseni hanno la loro, i<br />
sadochiti la loro, i farisei la loro; ognuno ha la sua segreta, che per uno ha<br />
nome piacere, per l’altro oro, per l’altro potere; e ognuno ha il suo idolo. Non<br />
Io. Io ho ripreso la calpestata Legge del Padre mio, del Dio eterno, e sono<br />
tornato a dire semplicemente le dieci proposizioni del Decalogo, asciugandomi i<br />
polmoni per farle entrare nei cuori che non le conoscevano più».<br />
«Orrore! Bestemmia! A me, sacerdote, dire questo? Non ha un Tempio, Israele?<br />
Siamo come i percossi di Babilonia**? Rispondi».<br />
«Questo siete. E più ancora. Vi è un Tempio. Sì. Un edificio. Dio non c’è. È<br />
fuggito davanti all’abominio che è nella sua casa. Ma a che mi interroghi tanto,<br />
se tanto è decisa la mia morte?».<br />
«Non siamo assassini. Uccidiamo se ne abbiamo il diritto per colpa provata. 8Ma<br />
io ti voglio salvare. Dimmi, e ti salverò. Dove sono i tuoi discepoli? Se Tu me<br />
li consegni, io ti lascio libero. Il nome di tutti, e più gli occulti che i<br />
palesi. Di’: Nicodemo è tuo? E tuo Giuseppe? E Gamaliele? E Eleazaro? E... Ma di<br />
questo lo so... Non occorre. Parla. Parla. Lo sai: ti posso uccidere e salvare.<br />
Sono potente».<br />
«Sei fango. Lascio al fango il mestiere della spia. Io sono Luce».<br />
Uno sgherro gli sferra un pugno.<br />
«Io sono Luce. Luce e Verità. Ho parlato apertamente al mondo, ho insegnato<br />
nelle sinagoghe e nel Tempio, dove si radunano i giudei, e nulla ho detto in<br />
segreto. Lo ripeto. Perché interroghi Me? Interroga quelli che hanno sentito ciò<br />
che Io ho detto. Essi lo sanno» .<br />
Un altro sgherro gli lascia andare un ceffone urlando: «Così rispondi al Sommo<br />
Sacerdote?».
__________________<br />
* Come Doras, in 110.3 a 126.10.<br />
** i percossi di Babilonia, secondo quanto si narra in: 2 Re, 24-25; 2 Cronache<br />
36.<br />
«Ad Anna Io parlo. Il Pontefice è Caifa. E parlo col rispetto dovuto per il<br />
vecchio. Ma se ti pare che abbia parlato male, dimostramelo. Se no, perché mi<br />
percuoti?».<br />
«Lascialo fare. 9Io vado da Caifa. Voi tenetelo qui fino a mio comando. E fate<br />
che non parli con nessuno». Anna esce.<br />
Non parla, no, Gesù. Neppure con Giovanni, che osa stare sulla porta sfidando<br />
tutta la plebe sgherrana. Ma Gesù, senza parole, gli deve dare un comando,<br />
perché Giovanni, dopo uno sguardo accorato, esce di lì e lo perdo di vista.<br />
Gesù resta fra gli aguzzini. Colpi di corda, sputi, lazzi, calci, stiracchiate<br />
ai capelli, sono quanto gli resta. Finché un servo viene a dire di portare il<br />
Prigioniero in casa di Caifa.<br />
E Gesù, sempre legato e malmenato, esce di nuovo sotto il portico, lo percorre<br />
fino ad un androne e poi traversa un cortile in cui molta folla si scalda ad un<br />
fuoco, perché la notte si è fatta rigida e ventosa in queste prime ore del<br />
venerdì. Vi è anche Pietro con Giovanni, mescolati fra la folla ostile. E devono<br />
avere un bel coraggio a stare lì... Gesù li guarda e ha un’ombra di sorriso<br />
sulla bocca già enfiata dai colpi ricevuti.<br />
Un lungo cammino fra portici e atri e cortili e corridoi. Ma che case avevano<br />
questa gente del Tempio?<br />
Ma nel recinto pontificale la folla non entra. Viene respinta nell’atrio di<br />
Anna. Gesù va solo, fra sgherri e sacerdoti. 10Entra in una vasta sala, che pare<br />
perdere la sua forma rettangolare per i molti scanni messi a ferro di cavallo su<br />
tre pareti, lasciando al centro uno spazio vuoto oltre il quale sono due o tre<br />
seggi alzati su predelle.<br />
Mentre Gesù sta per entrare, rabbi Gamaliele lo raggiunge e le guardie danno uno<br />
strattone al Prigioniero perché ceda l’entrata al rabbi di Israele. Ma questo,<br />
rigido come una statua, ieratico, rallenta e, muovendo appena le labbra senza<br />
guardare nessuno, chiede: «Chi sei? Dimmelo». E Gesù dolcemente: «Leggi i<br />
profeti e ne avrai risposta. Il segno primo è in essi. L’altro verrà».<br />
Gamaliele raccoglie il suo manto ed entra. E dietro a lui entra Gesù. Mentre<br />
Gamaliele va su uno scanno, Gesù viene trascinato al centro dell’aula, di fronte<br />
al Pontefice: una faccia da delinquente vera e propria. E si attende finché<br />
entrano tutti i membri del Sinedrio.<br />
Poi ha inizio la seduta. Ma Caifa vede due o tre seggi vuoti e chiede: «Dove è<br />
Eleazaro? E dove Giovanni?».<br />
Si alza un giovane scriba, credo, si inchina e dice: «Hanno ricusato di venire.<br />
Qui è lo scritto».<br />
«Si conservi e si scriva. Ne risponderanno. 11Che hanno i santi membri di questo<br />
Consiglio da dire sopra costui?».<br />
«Io parlo. Nella mia casa Egli violò il sabato. Me ne è testimonio Dio se io<br />
mento. Ismael ben Fabi non mente mai».<br />
«È vero, accusato?».<br />
Gesù tace.<br />
«Io lo vidi convivere con meretrici note. Fingendosi profeta, aveva fatto del<br />
suo covo un lupanare e con donne pagane per colmo. Con me erano Sadoc,<br />
Callascebona a Nahum fiduciario di Anna. Dico il vero, Sadoc e Callascebona?<br />
Smentitemi, se lo merito».<br />
«Vero è. Vero è».<br />
«Che dici?».<br />
Gesù tace.<br />
«Non mancava occasione per deriderci e farci deridere. La plebe più non ci ama<br />
per Lui».<br />
«Li odi? Hai profanato i membri santi».<br />
Gesù tace.<br />
«Quest’uomo è indemoniato. Reduce dall’Egitto, esercita la magia nera».<br />
«Come lo provi?».<br />
«Sulla mia fede e sulle tavole della Legge!».<br />
«Grave accusa. Discolpati».
Gesù tace.<br />
«Illegale è il tuo ministero, lo sai. E passibile di morte. Parla».<br />
«Illegale è questa nostra seduta. Alzati, Simeone, e andiamo», dice Gamaliele.<br />
«Ma rabbi, ammattisci?».<br />
«Rispetto le formule. Lecito non è procedere come procediamo. E ne farò pubblica<br />
accusa». E rabbi Gamaliele esce, rigido come una statua, seguito da un uomo sui<br />
trentacinque anni che gli somiglia.<br />
12Vi è un poco di tumulto, di cui approfittano Nicodemo e Giuseppe per parlare<br />
in favore del Martire.<br />
«Gamaliele ha ragione. Illecita è l’ora e il luogo, e non consistenti le accuse.<br />
Può uno accusarlo di noto vilipendio alla Legge? Io gli sono amico e giuro che<br />
sempre lo trovai rispettoso alla Legge», dice Nicodemo.<br />
«Ed io pure. E per non sottoscrivere ad un delitto mi copro il capo, non per<br />
Lui, ma per noi, ed esco». E Giuseppe fa per scendere dal suo posto e uscire.<br />
Ma Caifa sbraita: «Ah! così dite? Vengano i testimoni giurati, allora. E udite.<br />
Poi ve ne andrete».<br />
Entrano due tipi da galera. Sguardi sfuggenti, ghigni crudeli, subdole mosse.<br />
«Parlate».<br />
«Non è lecito udirli insieme», urla Giuseppe.<br />
«Io sono il Sommo Sacerdote. Io ordino. E silenzio!».<br />
Giuseppe dà un pugno su un tavolo a dice: «Si aprano su te le fiamme del Cielo!<br />
Da questo momento sappi che l’Anziano Giuseppe è nemico del Sinedrio e amico del<br />
Cristo. E con questo passo vado a dire al Pretore che qui si uccide senza<br />
ossequio a Roma», ed esce violentemente dando uno spintone ad un magro e giovane<br />
scriba che lo vorrebbe trattenere.<br />
Nicodemo, più pacato, esce senza dire parola. E nell’uscire passa davanti a Gesù<br />
e lo guarda...<br />
13Nuovo tumulto. Si teme Roma. E la vittima espiatoria è sempre e ancora Gesù.<br />
«Per Te, vedi, tutto questo! Tu corruttore dei migliori giudei. Prostituiti li<br />
hai».<br />
Gesù tace.<br />
«Parlino i testimoni», urla Caifa.<br />
«Sì, costui usava il... il... Lo sapevamo... Come si chiama quella cosa?».<br />
«Il tetragramma forse?».<br />
«Ecco! L’hai detto! Evocava i morti. Insegnava ribellione al sabato e<br />
profanazione all’altare. Lo giuriamo. Diceva che Egli voleva distruggere il<br />
Tempio per riedificarlo in tre giorni con l’aiuto dei demoni».<br />
«No. Diceva: non sarà fabbricato dall’uomo».<br />
Caifa scende dal suo seggio e viene presso Gesù. Piccolo, obeso, brutto, pare un<br />
enorme rospo vicino ad un fiore. Perché Gesù, nonostante sia ferito, contuso,<br />
sporco e spettinato, è ancora tanto bello e, maestoso. «Non rispondi? Che accuse<br />
ti fanno! Orrende! Parla, per levare da Te la loro onta».<br />
Ma Gesù tace. Lo guarda e tace.<br />
14«Rispondi a me, allora. Sono il tuo Pontefice. In nome del Dio vivo io ti<br />
scongiuro. Dimmi: sei Tu il Cristo, il Figlio di Dio?».<br />
«Tu lo hai detto. Io lo sono. E vedrete il Figliuolo dell’uomo, seduto alla<br />
destra della Potenza del Padre, venire sulle nubi del cielo. Del resto, a che mi<br />
interroghi? Ho parlato in pubblico per tre anni. Nulla ho detto di occulto.<br />
Interroga quelli che mi hanno udito. Essi ti diranno ciò che ho detto e ciò che<br />
ho fatto».<br />
Uno dei soldati che lo tengono lo colpisce sulla bocca, facendola sanguinare di<br />
nuovo, e urla: «Così rispondi, o satana, al Sommo Pontefice?».<br />
E Gesù, mite, risponde a questo come a quello di prima: «Se ho parlato bene,<br />
perché mi percuoti? Se male, perché non mi dici dove erro? Ripeto: Io sono il<br />
Cristo, Figlio di Dio. Non posso mentire. Il sommo Sacerdote, l’eterno Sacerdote<br />
Io sono. E Io solo porto il vero Razionale su cui è scritto: Dottrina e Verità.<br />
E a queste Io sono fedele. Sino alla morte, ignominiosa agli occhi del mondo,<br />
santa agli occhi di Dio, e sino alla beata Risurrezione. Io sono l’Unto.<br />
Pontefice e Re Io sono. E sto per prendere il mio scettro e con esso, come con<br />
ventilabro, mondare l’aia. Questo Tempio sarà distrutto e risorgerà, nuovo,<br />
santo. Perché questo è corrotto e Dio lo ha lasciato al suo destino».<br />
«Bestemmiatore!», urlano tutti in coro. «In tre giorni lo farai, folle e<br />
posseduto?».<br />
«Non questo. Ma il mio risorgerà, il Tempio del Dio vero, vivo, santo, tre volte
santo».<br />
«Anatema!», urlano di nuovo in coro.<br />
Caifa alza la sua voce chioccia, e si strappa le vesti di lino con atti di<br />
studiato orrore, e dice: «Che altro abbiamo da udire dai testimoni? La bestemmia<br />
è detta. Che dunque facciamo?».<br />
E tutti in coro: «Sia reo di morte».<br />
E con atti di sdegno e di scandalo escono dalla sala, lasciando Gesù alla<br />
mercede degli sgherri e della plebaglia dei falsi testimoni, che con schiaffi,<br />
con pugni, con sputi, legandogli gli occhi con uno straccio e poi tirandogli<br />
violentemente i capelli, lo sbalestrano qua e là a mani legate, di modo che urta<br />
contro tavoli, scranni e muri, e intanto gli chiedono: «Chi ti ha percosso?<br />
Indovina». E più volte, facendogli sgambetto fra le gambe, lo fanno stramazzare<br />
bocconi, e ridono sgangheratamente vedendo come, a mani legate, Egli stenti a<br />
rialzarsi.<br />
15Passano così le ore, e i carnefici, stanchi, pensano di prendere un poco di<br />
riposo. Portano Gesù in uno sgabuzzino, facendogli attraversare molte corti fra<br />
i lazzi della plebe, già folta nel recinto delle case pontificali.<br />
Gesù giunge nella corte dove è Pietro presso al suo fuoco. E lo guarda. Ma<br />
Pietro ne sfugge lo sguardo. Giovanni non c’è più. Io non lo vedo. Penso sia<br />
andato via con Nicodemo...<br />
L’alba viene avanti stentata e verdolina. Un ordine è dato: riportare il<br />
Prigioniero nella sala del Consiglio per un più legale processo. È il momento<br />
che Pietro nega per la terza volta di conoscere il Cristo quando Questi passa,<br />
già segnato dai patimenti. E nella luce verdognola dell’alba le lividure<br />
sembrano ancor più atroci sul volto terreo, gli occhi più fondi e vitrei, un<br />
Gesù offuscato dal dolore del mondo...<br />
Un gallo getta nell’aria appena mossa dell’alba il suo grido irridente,<br />
sarcastico, monello. E in questo momento di gran silenzio, che si è fatto<br />
all’apparizione del Cristo, non si sente che l’aspra voce di Pietro dire: «Lo<br />
giuro, donna. Non lo conosco»: affermazione recisa, sicura, alla quale, come una<br />
risata beffarda, subito risponde il birichino canto del galletto.<br />
Pietro ha un sussulto. Gira su se stesso per fuggire e si trova di fronte a Gesù<br />
che lo guarda con infinita pietà, con un dolore così accorato e intenso che mi<br />
spezza il cuore, come se dopo quello dovessi vedere dissolversi, e per sempre,<br />
il mio Gesù. Pietro ha un singhiozzo ed esce barcollando come fosse ebbro. Fugge<br />
dietro a due servi che escono nella via e si perde giù per la strada ancora<br />
semibuia.<br />
Gesù è riportato nell’aula. E gli ripetono in coro la domanda capziosa: «In nome<br />
del Dio vero, di’ a noi: sei il Cristo?».<br />
E, avutane la risposta di prima, lo condannano a morte e dànno ordine di<br />
condurlo a Pilato.<br />
16Gesù, scortato da tutti i suoi nemici meno Anna e Caifa, esce ripassando da<br />
quei cortili del Tempio in cui tante volte aveva parlato e beneficato e guarito,<br />
valica la cinta merlata, entra nelle vie cittadine e, più strascinato che<br />
condotto, scende verso la città che si fa rosa in un primo annuncio d’aurora.<br />
Credo che, con l’unico scopo di tormentarlo più a lungo, gli facciano fare un<br />
lungo giro vizioso per Gerusalemme, passando ad arte dai mercati, davanti agli<br />
stallaggi e agli alberghi colmi di gente per la Pasqua. E tanto le verdure di<br />
scarto dei mercati, come gli escrementi degli animali degli stallaggi, divengono<br />
proiettili per l’Innocente, il cui volto appare con sempre maggiori lividi e<br />
piccole lacerazioni sanguinanti, e velato dalle sudicerie varie che su di esso<br />
si sono sparse. I capelli, già appesantiti e lievemente stesi dal sudore<br />
sanguigno e resi più opachi, ora pendono spettinati, sparsi di paglie e<br />
immondezze, cadenti sugli occhi perché glieli scompigliano per velargli la<br />
faccia.<br />
La gente dei mercati, compratori e venditori, lasciano tutto in asso per<br />
seguire, e non con amore, l’Infelice. Gli stallieri e i servi degli alberghi<br />
escono in massa, sordi ai richiami e agli ordini delle padrone, le quali, a dire<br />
il vero, come quasi tutte le altre donne, sono, se non contrarie tutte alle<br />
offese, almeno indifferenti al tumulto, e si ritirano brontolando per essere<br />
lasciate sole con tanta gente che hanno da servire.<br />
Il codazzo urlante ingrossa così di minuto in minuto e sembra che, per una<br />
improvvisa epidemia, animi e fisionomie cambino natura, divenendo, i primi,<br />
animi di delinquenti e, le seconde, maschere di ferocia in volti verdi di odio o
ossi di ira; e le mani artigliano, e le bocche prendono forma e ululo di lupo,<br />
e gli occhi divengono biechi, rossi, strabici come quelli di folli. Solo Gesù è<br />
sempre quello, sebbene ormai velato dalle immondezze sparse sul suo corpo e<br />
alterato da lividure e gonfiori.<br />
17Ad un archivolto che stringe la via come un anello, mentre tutto si ingorga e<br />
rallenta, un grido fende l’aria: «Gesù!». È Elia, il pastore, che cerca di farsi<br />
largo roteando un pesante randello. Vecchio, potente, minaccioso e forte, riesce<br />
a giungere quasi dal Maestro. Ma la folla, sgominata dall’improvviso assalto,<br />
restringe le sue file e separa, respinge, soverchia il solo contro tutta una<br />
plebe. «Maestro!», urla mentre il gorgo della folla lo assorbe e respinge.<br />
«Vai!... La Madre... Ti benedico...».<br />
E il corteo supera il punto ristretto. E, come acqua che ritrova il largo dopo<br />
una chiusa, si rovescia tumultuando in un ampio viale sopraelevato sopra una<br />
depressione fra due colli, ai cui termini sono splendidi palazzi di gran<br />
signori.<br />
Torno a vedere il Tempio sull’alto del suo colle e comprendo che il cerchio<br />
ozioso fatto fare al Condannato, per darlo in berlina a tutta la città e<br />
permettere a tutti di insultarlo, aumentando passo per passo gli insultatori,<br />
sta per conchiudersi di nuovo tornando sui luoghi di prima.<br />
18Da un palazzo esce al galoppo un cavaliere. La gualdrappa purpurea sopra il<br />
candore del cavallo arabo e l’imponenza del suo aspetto, la spada brandita nuda,<br />
e menata di piatto e di taglio su schiene e su teste che sanguinano, lo fanno<br />
parere un arcangelo. Quando in un caracollo, in un’impennata del cavallo che<br />
corvetta, facendo degli zoccoli un’arma di difesa per se stesso e per il padrone<br />
e il più valido degli strumenti di apertura per farsi largo fra la folla, gli<br />
cade* dal capo il velo di porpora e oro che lo copriva, tenuto stretto da una<br />
striscia in oro, riconosco Manaem.<br />
______________________<br />
* gli cade, invece di gli fa cadere, è correzione di MV su una copia<br />
dattiloscritta.<br />
«Indietro!», urla. «Come vi permettete turbare i riposi del Tetrarca?». Ma<br />
questo non è che una finta per giustificare il suo intervento e il suo tentativo<br />
di giungere a Gesù. «Quest’uomo... lasciatemelo vedere... Scostatevi, o chiamo<br />
le guardie...».<br />
La gente, e per la grandine delle piattonate, e per i calci del cavallo, e per<br />
la minaccia del cavaliere, si apre, e Manaen raggiunge il gruppo di Gesù e delle<br />
guardie del Tempio che lo tengono.<br />
«Via! Il Tetrarca è da più di voi, luridi servi. Indietro. Gli voglio parlare»,<br />
e lo ottiene caricando con la sua spada il più accanito dei carcerieri.<br />
«Maestro!...».<br />
«Grazie. Ma vai! E Dio ti conforti!». E, come può con le mani legate, Gesù fa un<br />
cenno di benedizione.<br />
La folla fischia da lontano e, non appena vede che Manaen si ritira, si vendica<br />
d’essere stata respinta con una grandine di pietre e di immondezze sul<br />
Condannato.<br />
19Per il viale, che è in salita ed è già tutto tiepido di sole, ci si avvia<br />
verso la torre Antonia, la cui mole già appare lontano.<br />
Un grido acuto di donna: «Oh! il mio Salvatore! La mia vita per la sua, o<br />
Eterno!», fende l’aria.<br />
Gesù gira il capo a vede, dall’alto della loggia fiorita che incorona una casa<br />
molto bella, Giovanna di Cusa fra serve e servi, coi piccoli Maria e Mattia<br />
intorno, tendere le braccia al cielo. Ma il Cielo non sente preghiera oggi! Gesù<br />
solleva le mani e traccia un gesto di benedicente addio.<br />
«A morte! A morte il bestemmiatore, il corruttore, il satanasso! A morte gli<br />
amici di esso», e fischi e sassi vengono frombolati verso l’alta terrazza. Non<br />
so se qualcuno sia ferito. Sento un grido acutissimo e poi vedo scomporsi il<br />
gruppo e scomparire.<br />
E avanti, avanti, salendo... Gerusalemme mostra le sue case al sole, vuote,<br />
svuotate dall’odio che spinge tutta una città, coi suoi effettivi abitanti e coi<br />
posticci qui convenuti per la Pasqua, contro un inerme.<br />
20Dei soldati romani, tutto un manipolo, esce di corsa dall’Antonia con le aste<br />
puntate contro la plebaglia, che urlando si sperde. Restano in mezzo alla via
Gesù con le guardie e i capi dei sacerdoti, degli scribi e degli anziani del<br />
popolo.<br />
«Quest’uomo? Questa sedizione? Ne risponderete a Roma», dice altezzoso un<br />
centurione.<br />
«È reo di morte secondo la nostra legge».<br />
«E da quando vi è stato reso l’jus gladii et sanguinis*?», chiede sempre il più<br />
anziano dei centurioni, un volto severo, veramente romano, con una guancia<br />
divisa da una cicatrice profonda. E parla con lo sprezzo e il ribrezzo con cui<br />
avrebbe parlato a galeotti pidocchiosi.<br />
_______________________<br />
* jus gladii (che è nostra correzione da gladis) et sanguinis significa diritto<br />
di spada e di sangue ed era il diritto di condannare a morte, riservato (come<br />
ricorda anche Gesù in 561.10 e in 604.36/37) al Procuratore di Roma.<br />
«Lo sappiamo che non lo abbiamo questo diritto. Siamo i fedeli dipendenti di<br />
Roma...».<br />
«Ah! Ah! Ah! Sentili, Longino! Fedeli! Dipendenti! Carogne! Le frecce dei miei<br />
arcieri vi darei per premio».<br />
«Troppo nobile tal morte! Le schiene dei muli vogliono solo il flagrum!...»,<br />
risponde con ironica flemma Longino.<br />
I capi dei sacerdoti, scribi e anziani spumano veleno. Ma vogliono ottenere lo<br />
scopo loro e tacciono, inghiottono l’offesa senza mostrare di capirla e,<br />
inchinandosi ai due capi, chiedono che Gesù sia portato da Ponzio Pilato perché<br />
«giudichi e condanni con la ben nota e onesta giustizia di Roma».<br />
«Ah! Ah! Odili! Siamo divenuti più saggi di Minerva... Qui! Date! E marciate<br />
avanti! Non si sa mai. Voi siete sciacalli e fetenti. Avervi alle spalle è un<br />
pericolo. Avanti!».<br />
«Non possiamo».<br />
«E perché? Quando uno accusa deve essere davanti al giudice coll’accusato.<br />
Questa è la regola di Roma».<br />
«La casa di un pagano è immonda agli occhi nostri, e noi già siamo purificati<br />
per la Pasqua».<br />
«Oh! miserini! Si contaminano a entrare!... E l’uccisione dell’unico ebreo che<br />
uomo sia, e non sciacallo e rettile vostro pari, non vi sporca? Va bene. State<br />
dove siete, allora. Non un passo avanti o sarete infilzati sulle aste. Una<br />
decuria intorno all’Accusato. Le altre contro questa marmaglia sitente di becco<br />
mal lavato».<br />
21Gesù entra nel Pretorio in mezzo ai dieci astati, che fanno un quadrato di<br />
alabarde intorno alla sua persona. I due centurioni vanno avanti. Mentre Gesù<br />
sosta in un largo atrio, oltre il quale è un cortile che si intravede dietro una<br />
tenda che il vento sommuove, essi scompaiono dietro una porta.<br />
Rientrano col Governatore, vestito di una toga bianchissima sulla quale però è<br />
un manto scarlatto. Forse così erano quando rappresentavano ufficialmente Roma.<br />
Entra indolentemente, con un sorrisetto scettico sul volto sbarbato, stropiccia<br />
fra le mani delle fronde di erba cedrina e le fiuta con voluttà. Va ad una<br />
meridiana, si rivolge dopo averla guardata. Getta dei grani d’incenso nel<br />
braciere posto ai piedi di un nume. Si fa portare acqua cedrata e si gargarizza<br />
la gola. Si rimira la pettinatura tutta a onde in uno specchio di metallo<br />
tersissimo. Pare che abbia dimenticato il Condannato che aspetta la sua<br />
approvazione per essere ucciso. Farebbe venire l’ira anche alle pietre.<br />
Gli ebrei, posto che l’atrio è tutto aperto sul davanti e sopraelevato di tre<br />
alti scalini anche sul vestibolo, che si apre sulla via già sopraelevato di<br />
altri tre sulla via stessa, vedono tutto benissimo e fremono. Ma non osano<br />
ribellarsi per paura delle aste e dei giavellotti.<br />
Finalmente, dopo avere girato e rigirato per l’ampio luogo, Pilato va diritto<br />
incontro a Gesù, lo guarda a chiede ai due centurioni: «Questo?».<br />
«Questo».<br />
«Vengano i suoi accusatori», a va a sedersi sulla sedia posta sulla predella.<br />
Sul suo capo le insegne di Roma si incrociano con le loro aquile dorate e la<br />
loro sigla potente.<br />
«Non possono venire. Si contaminano».<br />
«Euè!!! Meglio. Eviteremo fiumi d’essenze per levare il caprino al luogo. Fateli<br />
avvicinare, almeno. Qui sotto. E badate non entrino, posto che non vogliono<br />
farlo. Può essere un pretesto, quest’uomo, per una sedizione».<br />
Un soldato parte per portare l’ordine del Procuratore romano. Gli altri si
schierano sul davanti dell’atrio a distanze regolari, belli come nove statue di<br />
eroi.<br />
22Vengono avanti i capi dei sacerdoti, scribi e anziani, e salutano con servili<br />
inchini e si fermano sulla piazzetta che è al davanti del Pretorio, oltre i tre<br />
gradini del vestibolo.<br />
«Parlate e siate brevi. Già in colpa siete per avere turbato la notte e ottenuto<br />
l’apertura delle porte con violenza. Ma verificherò. E mandanti e mandatari<br />
risponderanno della disubbidienza al decreto». Pilato è andato verso di loro,<br />
rimanendo nel vestibolo.<br />
«Noi veniamo a sottoporre a Roma, di cui tu rappresenti il divino Imperatore, il<br />
nostro giudizio su costui».<br />
«Quale accusa portate contro di lui? Mi sembra un innocuo...».<br />
«Se non fosse malfattore non te lo avremmo portato». E nella smania di accusare<br />
si fanno avanti.<br />
«Respingete questa plebe! Sei passi oltre i tre scalini della piazza. Le due<br />
centurie all’armi!».<br />
I soldati ubbidiscono veloci, allineandosi cento sul gradino esterno più alto,<br />
con le spalle volte al vestibolo, e cento sulla piazzetta su cui si apre il<br />
portone d’ingresso alla dimora di Pilato. Ho detto portone: dovrei dire androne<br />
o arco trionfale, perché è una vastissima apertura limitata da un cancello, ora<br />
spalancato, che immette nell’atrio per il lungo corridoio del vestibolo largo<br />
almeno sei metri, di modo che ben si vede ciò che avviene nell’atrio<br />
sopraelevato. Oltre l’ampio vestibolo si vedono le facce bestiali dei giudei<br />
guardare minacciose e sataniche verso l’interno, guardare dall’al di là della<br />
barriera armata che, gomito a gomito, come per una parata, presenta duecento<br />
punte ai conigli assassini.<br />
«Quale accusa portate verso costui, ripeto».<br />
«Ha commesso delitto contro la Legge dei padri».<br />
«E venite a seccare me per questo? Pigliatelo voi e giudicatelo secondo le<br />
vostre leggi».<br />
«Noi non possiamo dar morte ad alcuno. Dotti non siamo. Il Diritto ebraico è un<br />
pargolo deficiente rispetto al perfetto Diritto di Roma. Come ignoranti e come<br />
soggetti di Roma, maestra, abbiamo bisogno...».<br />
«Da quando siete miele e burro?... Ma avete detto una verità, o maestri del<br />
mendacio! Di Roma avete bisogno! Sì. Per sbarazzarvi di costui che vi dà noia.<br />
Ho compreso». E Pilato ride, guardando il cielo sereno che si inquadra come una<br />
rettangolare lastra di cupa turchese fra le marmoree e candide pareti<br />
dell’atrio. «Dite: in che ha commesso delitto contro le vostre leggi?».<br />
«Noi abbiamo trovato che costui metteva il disordine nella nostra nazione e che<br />
impediva di pagare il tributo a Cesare, dicendosi il Cristo, re dei giudei».<br />
23Pilato ritorna presso Gesù, che è al centro dell’atrio, lasciato là dai<br />
soldati, legato ma senza scorta tanto appare netta la sua mansuetudine. E gli<br />
chiede: «Sei Tu il re dei giudei?».<br />
«Per te lo chiedi o per insinuazione d’altri?».<br />
«E che vuoi che me ne importi del tuo regno? Son forse io giudeo? La tua nazione<br />
e i capi di essa mi ti hanno consegnato perché io giudichi. Che hai fatto? Ti so<br />
leale. Parla. È vero che aspiri al regno?».<br />
«Il mio Regno non viene da questo mondo. Se fosse un regno del mondo, i miei<br />
ministri e i miei soldati avrebbero combattuto perché i giudei non mi<br />
pigliassero. Ma il mio Regno non è della Terra. E tu lo sai che al potere Io non<br />
tendo».<br />
«Ciò è vero. Lo so. Mi fu detto. Ma però Tu non neghi d’essere re?».<br />
«Tu lo dici. Io sono Re. Per questo sono venuto al mondo: per rendere<br />
testimonianza alla Verità. Chi è amico della Verità ascolta la mia voce».<br />
«E che cosa è la Verità? Sei filosofo? Non serve di fronte alla morte. Socrate<br />
morì lo stesso».<br />
«Ma gli servì di fronte alla vita, a ben vivere. E anche a ben morire. E ad<br />
andare nella vita seconda senza nome di traditore delle civiche virtù».<br />
«Per Giove!». Pilato lo guarda ammirato qualche momento. Poi lo riprende il<br />
sarcasmo scettico. Fa un atto di noia, gli volge le spalle, torna verso i<br />
giudei. «Io non trovo in Lui alcuna colpa».<br />
La folla tumultua, presa dal panico di perdere la preda e lo spettacolo del<br />
supplizio. E urla: «È un ribelle!», «Un bestemmiatore», «Incoraggia il<br />
libertinaggio», «Eccita alla ribellione», «Nega rispetto a Cesare», «Si finge
profeta senza esserlo», «Compie magie», «È un satana», «Solleva il popolo con le<br />
sue dottrine insegnando in tutta la Giudea, alla quale è venuto dalla Galilea<br />
insegnando», «A morte!», «A morte!».<br />
«Galileo è? Galileo sei?». Pilato torna da Gesù: «Lo senti come ti accusano?<br />
Discolpati».<br />
Ma Gesù tace.<br />
24Pilato pensa... E decide. «Una centuria, e da Erode costui. Lo giudichi. È suo<br />
suddito. Riconosco il diritto del Tetrarca e al suo verdetto sottoscrivo in<br />
anticipo. Gli sia detto. Andate».<br />
E Gesù, inquadrato come un manigoldo da cento soldati, riattraversa la città e<br />
torna ad incontrare Giuda Iscariota, che già aveva incontrato una volta presso<br />
un mercato. Prima mi ero dimenticata di dirlo, presa dal disgusto della zuffa<br />
popolana. Lo stesso sguardo di pietà sul traditore...<br />
Ora è più difficile colpirlo con calci e bastoni, ma le pietre e le immondezze<br />
non mancano e, se i sassi cadono sonando senza ferire sugli elmi e le corazze<br />
romane, ben lasciano un segno colpendo Gesù, che procede col solo vestito,<br />
avendo lasciato il mantello nel Getsemani.<br />
Nell’entrare nel fastoso palazzo di Erode, Egli vede Cusa... che non sa<br />
guardarlo e che fugge per non vederlo in quello stato, coprendosi il capo col<br />
mantello.<br />
25Eccolo nella sala, davanti a Erode. E, dietro Lui, ecco gli scribi e i<br />
farisei, che qui si sentono a loro agio, entrare da accusatori mendaci. Solo il<br />
centurione con quattro militi lo scortano davanti al Tetrarca.<br />
Questo scende dal suo seggio e gira intorno a Gesù, mentre ascolta le accuse dei<br />
nemici suoi. E sorride e beffeggia. Poi finge una pietà e un rispetto che non<br />
turbano il Martire come non lo hanno turbato i motteggi.<br />
«Sei grande. Lo so. Ti ho seguito e ho avuto giubilo che Cusa ti fosse amico e<br />
Manaem discepolo. Io... le cure di Stato... Ma che desiderio di dirti: grande...<br />
di chiederti perdono... L’occhio di Giovanni... la sua voce mi accusano e sempre<br />
davanti a me sono. Tu sei il santo che annulla i peccati del mondo. Assolvimi, o<br />
Cristo».<br />
Gesù tace.<br />
«Ho sentito che ti accusano di esserti drizzato contro Roma. Ma non sei Tu la<br />
verga promessa* per percuotere Assur?».<br />
Gesù tace.<br />
«Mi hanno detto che Tu profetizzi la fine del Tempio e di Gerusalemme. Ma non è<br />
eterno il Tempio come spirito, essendo voluto da Chi eterno è?».<br />
Gesù tace.<br />
«Sei folle? Hai perduto il potere? Satana ti inceppa la parola? Ti ha<br />
abbandonato?». Erode ride, ora.<br />
26Ma poi dà un ordine. E dei servi accorrono portando un levriero dalla gamba<br />
spezzata, che guaisce lamentosamente, e uno stalliere ebete dalla testa acquosa,<br />
sbavante, un aborto d’uomo, trastullo dei servi. Gli scribi e i sacerdoti<br />
fuggono urlando al sacrilegio, quando vedono la barella del cane. Erode, falso e<br />
beffardo, spiega: «È il preferito di Erodiade. Dono di Roma. Si è spezzato ieri<br />
una zampa ed ella piange. Comanda che guarisca. Fa’ miracolo».<br />
Gesù lo guarda severo. E tace.<br />
«Ti ho offeso? Allora questo. È un uomo, benché di poco sia più che una belva.<br />
Dàgli l’intelligenza, Tu, Intelligenza del Padre... Non dici così?». E ride,<br />
offensivo.<br />
Altro più severo sguardo di Gesù e silenzio.<br />
«Quest’uomo è troppo astinente e ora è intontito dagli spregi. Vino e donne,<br />
qui. E sia slegato».<br />
Lo slegano. E mentre servi, in gran numero, portano anfore e coppe, entrano<br />
danzatrici... coperte di niente: una frangia multicolore di lino cinge per unica<br />
veste la loro sottile persona, dalla cintura alle anche. Null’altro. Bronzee<br />
perché africane, snelle come gazzelle giovinette, iniziano una danza silenziosa<br />
e lasciva.<br />
_____________________<br />
* verga promessa, in: Isaia 30, 30-32.<br />
Gesù respinge le coppe e chiude gli occhi senza parlare. La corte di Erode ride<br />
davanti al suo sdegno.<br />
«Prendi quella che vuoi. Vivi! Impara a vivere!...», insinua Erode.<br />
Gesù pare una statua. A braccia conserte, occhi serrati, non si scuote neppure
quando le impudiche danzatrici lo sfiorano coi loro corpi nudi.<br />
«Basta. Ti ho trattato da Dio e non hai agito da Dio. Ti ho trattato da uomo e<br />
non hai agito da uomo. Sei folle. Una veste bianca. Rivestitelo di essa perché<br />
Ponzio Pilato sappia che il Tetrarca ha giudicato folle il suo suddito.<br />
Centurione, dirai al Proconsole che Erode gli umilia il suo rispetto e venera<br />
Roma. Andate».<br />
E Gesù, legato di nuovo, esce, con una tunica di lino, che gli giunge al<br />
ginocchio, sopra la rossa veste di lana.<br />
E tornano da Pilato.<br />
27Ora, quando la centuria fende a fatica la folla, che non si è stancata di<br />
attendere davanti al palazzo proconsolare - ed è strano vedere tanta folla in<br />
quel luogo e nelle vicinanze, mentre il resto della città appare vuoto di popolo<br />
- Gesù vede in gruppo i pastori, e sono al completo, ossia Isacco, Gionata,<br />
Levi, Giuseppe, Elia, Mattia, Giovanni, Simeone, Beniamino e Daniele, insieme ad<br />
un gruppetto di galilei di cui riconosco Alfeo e Giuseppe di Alfeo, insieme a<br />
due altri che non conosco ma che direi giudei alla acconciatura. E più oltre,<br />
scivolato fin dentro al vestibolo, seminascosto dietro una colonna, insieme ad<br />
un romano che direi un servo, vede Giovanni. Sorride a questo e a quelli... I<br />
suoi amici... Ma che sono questi pochi, a Giovanna e Manaem e Cusa, in mezzo ad<br />
un oceano di odio che bolle?...<br />
28Il centurione saluta Ponzio Pilato e riferisce.<br />
«Qui ancora?! Auf! Maledetta questa razza! Fate avanzare la plebaglia e portate<br />
qui l’Accusato. Euè! che noia!».<br />
Va verso la folla, sempre fermandosi a metà vestibolo.<br />
«Ebrei, udite. Mi avete condotto quest’uomo come sobillatore del popolo. Davanti<br />
a voi l’ho esaminato e non ho trovato in Lui nessuno dei delitti di cui lo<br />
accusate. Erode non più di me ha trovato. E a noi lo ha rimandato. Non merita la<br />
morte. Roma ha parlato. Però, per non dispiacervi levandovi il sollazzo, vi darò<br />
in cambio Barabba*. E Lui lo farò colpire con quaranta colpi di fustigazione.<br />
Basta così».<br />
«No, no! Non Barabba! Non Barabba! A Gesù la morte! E morte orrenda! Libera<br />
Barabba e condanna il Nazzareno».<br />
«Ma udite! Ho detto fustigazione. Non basta? Lo farò flagellare, allora! È<br />
atroce, sapete? Può morire per essa. Che ha fatto di male? Io non trovo nessuna<br />
colpa in Lui. E lo libererò».<br />
«Crocifiggi! Crocifiggi! A morte! Protettore dei delinquenti sei! Pagano! Satana<br />
tu pure!».<br />
______________________<br />
* Barabba potrebbe essere il ladro assassino nominato da Gesù in 567.12 (ultime<br />
righe) e dalla gente in 576.3, perché apprendiamo da Matteo 27, 16 che si<br />
trattava di “un prigioniero famoso”.<br />
La folla si fa sotto e la prima schiera di soldati ondeggia nell’urto, non<br />
potendo usare le aste. Ma la seconda fila, scendendo d’un gradino, rotea le aste<br />
e libera i compagni.<br />
«Sia flagellato», ordina Pilato a un centurione.<br />
«Quanto?».<br />
«Quanto ti pare... Tanto è affare finito. E io sono annoiato. Va’».<br />
29Gesù viene tradotto da quattro soldati nel cortile oltre l’atrio. In esso,<br />
tutto selciato di marmi colorati, è al centro un’alta colonna simile a quella<br />
del porticato. A un tre metri dal suolo essa ha un braccio di ferro sporgente<br />
per almeno un metro e terminante in anello. A questa viene legato Gesù con le<br />
mani congiunte sull’alto del capo, dopo che fu fatto spogliare. Egli resta<br />
unicamente con delle piccole brache di lino e i sandali. Le mani legate ai polsi<br />
vengono alzate sino all’anello, di modo che Egli, per quanto sia alto, non<br />
poggia al suolo che la punta dei piedi... E deve essere tortura anche questa<br />
posizione.<br />
Ho letto non so dove che la colonna era bassa e Gesù stava curvo. Sarà. Io vedo<br />
così e così dico.<br />
Dietro a Lui si colloca uno dalla faccia di boia, dal netto profilo ebraico;<br />
davanti a Lui, un altro dalla faccia uguale. Sono armati del flagello, fatto di<br />
sette strisce di cuoio legate ad un manico a terminanti in un martelletto di<br />
piombo. Ritmicamente, come per un esercizio, si dànno a colpire. Uno davanti,<br />
l’altro di dietro, di modo che il tronco di Gesù è in una ruota di sferze e di<br />
flagelli.
I quattro soldati a cui è consegnato, indifferenti, si sono messi a giocare a<br />
dadi con altri tre soldati sopraggiunti. E le voci dei giuocatori si cadenzano<br />
sul suono dei flagelli, che fischiano come serpi e poi suonano come sassi<br />
gettati sulla pelle tesa di un tamburo, percuotendo il povero corpo così snello<br />
e di un bianco d’avorio vecchio, e che diviene prima zebrato di un rosa sempre<br />
più vivo, poi viola, poi si orna di rilievi d’indaco gonfi di sangue, e poi si<br />
crepa e rompe lasciando colare sangue da ogni parte. E infieriscono specie sul<br />
torace e l’addome, ma non mancano i colpi dati alle gambe e alle braccia e fin<br />
sul capo, perché non vi fosse brano di pelle senza dolore.<br />
E non un lamento... Se non fosse sostenuto dalla fune, cadrebbe. Ma non cade e<br />
non geme. Solo la testa gli pende, dopo colpi e colpi ricevuti, sul petto, come<br />
per svenimento.<br />
«Ohé! Fermati! Deve essere ucciso da vivo», urla e motteggia un soldato.<br />
I due boia si fermano e si asciugano il sudore.<br />
«Siamo sfiniti», dicono. «Dateci la paga, che si possa bere per ristorarsi...».<br />
«La forca vi darei! Ma prendete...», e un decurione getta una larga moneta ad<br />
ognuno dei due boia.<br />
«Avete lavorato a dovere. Pare un mosaico. Tito, dici che era proprio questo<br />
l’amore di Alessandro*? Allora gliene daremo notizia perché faccia il lutto.<br />
Sleghiamolo un poco».<br />
_____________________<br />
* Alessandro, milite romano incontrato nei capitoli 86 a 115, ricordato in 204.3<br />
e in 461.19.<br />
30Lo slegano e Gesù si accascia al suolo come morto. Lo lasciano là, urtandolo<br />
ogni tanto col piede calzato dalle calighe per vedere se geme. Ma Egli tace.<br />
«Che sia morto? Possibile? È giovane e artiere, mi hanno detto... e pare una<br />
dama delicata».<br />
«Ora ci penso io», dice un soldato. E lo mette seduto con la schiena alla<br />
colonna. Dove Egli era, sono grumi di sangue... Poi va ad una fontanella che<br />
chioccola sotto al portico, empie un mastello d’acqua e la rovescia sul capo e<br />
sul corpo di Gesù. «Così! Ai fiori fa bene l’acqua».<br />
Gesù sospira profondamente e fa per alzarsi, ma ancora sta ad occhi chiusi.<br />
«Oh! bene. Su, bellino! Che ti aspetta la dama!...».<br />
Ma Gesù inutilmente punta al suolo i pugni nel tentativo di drizzarsi.<br />
«Su! Svelto! Sei debole? Ecco il ristoro», ghigna un altro soldato. E con l’asta<br />
della sua alabarda mena una bastonata al viso e coglie Gesù fra lo zigomo destro<br />
e il naso, che si mette a sanguinare.<br />
Gesù apre gli occhi, li gira. Uno sguardo velato... Fissa il soldato<br />
percuotitore, si asciuga il sangue con la mano, e poi, con molto sforzo, si pone<br />
in piedi.<br />
«Vestiti. Non è decenza stare così. Impudico!». Ridono tutti in cerchio intorno<br />
a Lui.<br />
Egli ubbidisce senza parlare. Ma mentre si china - e solo Lui sa quello che<br />
soffre nel piegarsi al suolo, così contuso come è, e con le piaghe che nel<br />
tendersi della pelle si aprono più ancora, e altre che se ne formano per<br />
vesciche che si rompono - un soldato dà un calcio alle vesti e le sparpaglia e,<br />
ogni volta che Gesù le raggiunge andando barcollante dove esse cadono, un<br />
soldato le spinge o le getta in altra direzione. E Gesù, soffrendo acutamente,<br />
le insegue senza una parola, mentre i soldati lo deridono oscenamente.<br />
Può finalmente rivestirsi. E rimette anche la veste bianca, rimasta pulita in un<br />
angolo. Pare voglia nascondere la sua povera veste rossa, solo ieri tanto bella<br />
ed ora lurida di immondizie e macchiata del sangue sudato nel Getsemani. Anzi,<br />
prima di mettersi la tunichella corta sulla pelle, con essa si asciuga il volto<br />
bagnato e lo deterge così da polvere e sputi. Ed esso, il povero, santo volto,<br />
appare pulito, solo segnato da lividi e piccole ferite. E si ravvia i capelli<br />
caduti scomposti e la barba per un innato bisogno di essere ordinato nella<br />
persona.<br />
E poi si accoccola al sole. Perché trema, il mio Gesù... La febbre comincia a<br />
serpeggiare in Lui con i suoi brividi. E anche la debolezza del sangue perduto,<br />
del digiuno, del molto cammino, si fa sentire.<br />
31Gli legano di nuovo le mani. E la corda torna a segare là dove è già un rosso<br />
braccialetto di pelle scorticata.<br />
«E ora? Che ne facciamo? Io mi annoio!».<br />
«Aspetta. I giudei vogliono un re. Ora glielo diamo. Quello lì...», dice un
soldato.<br />
E corre fuori, in un retrostante cortile certo, dal quale torna con un fascio di<br />
rami di biancospino selvatico, ancora flessibili perché la primavera tiene<br />
relativamente morbidi i rami, ma ben duri nelle spine lunghe e acuminate. Con la<br />
daga levano foglie e fioretti, piegano a cerchio i rami e li calcano sul povero<br />
capo. Ma la barbara corona ricade sul collo.<br />
«Non ci sta. Più stretta. Levala».<br />
La levano e sgraffiano le guance, risicando di accecarlo, e strappano i capelli<br />
nel farlo. La stringono. Ora è troppo stretta e, per quanto la pigino<br />
conficcando gli aculei nel capo, essa minaccia di cadere. Via di nuovo<br />
strappando altri capelli. La modificano di nuovo. Ora va bene. Davanti è un<br />
triplice cordone spinoso. Dietro, dove gli estremi dei tre rami si incrociano, è<br />
un vero nodo di spini che entrano nella nuca.<br />
«Vedi come stai bene? Bronzo naturale a rubini schietti. Specchiati, o re, nella<br />
mia corazza», motteggia l’ideatore del supplizio.<br />
«Non basta la corona a fare un re. Ci vuole porpora e scettro. Nella stalla è<br />
una canna e nella cloaca è una clamide rossa. Prendile, Cornelio».<br />
E, avutele, mettono il sudicio straccio rosso sulle spalle di Gesù e, prima di<br />
mettergli fra le mani la canna, gliela dànno sul capo inchinandosi e salutando:<br />
«Ave, re dei Giudei», e si sbellicano dalle risa.<br />
Gesù li lascia fare. Si lascia mettere seduto sul «trono» - un mastello<br />
capovolto, certo usato per abbeverare i cavalli - si lascia colpire, schernire,<br />
senza mai parlare. Li guarda solo... ed è uno sguardo di una dolcezza e di un<br />
dolore così atroce che non lo posso sostenere senza sentirne ferita al cuore.<br />
32I soldati smettono lo scherno solo alla voce aspra di un superiore che ordina<br />
la traduzione davanti a Pilato del reo. Reo! Di che?<br />
Gesù è riportato nell’atrio, ora coperto da un prezioso velario per il sole. Ha<br />
ancora la corona, la clamide e la canna.<br />
«Vieni avanti. Che io ti mostri al popolo».<br />
Gesù, già franto, si raddrizza dignitoso. Oh! che è veramente re!<br />
«Udite, ebrei. Qui è l’uomo. Io l’ho punito. Ma ora lasciatelo andare».<br />
«No, no! Vogliamo vederlo! Fuori! Che si veda il bestemmiatore!».<br />
«Conducetelo fuori. E guardate non sia preso».<br />
E mentre Gesù esce nel vestibolo e si mostra nel quadrato dei soldati, Ponzio<br />
Pilato lo accenna colla mano dicendo: «Ecco l’Uomo. Il vostro re. Non basta<br />
ancora?».<br />
Il sole di una giornata afosa, che ormai scende quasi diritto perché si è a metà<br />
tra terza e sesta, accende e dà risalto agli sguardi e ai volti: sono uomini<br />
quelli? No: iene idrofobe. Urlano, mostrano i pugni, chiedono morte...<br />
Gesù sta eretto. E le assicuro che mai ebbe la nobiltà di ora. Neppure quando<br />
faceva i più potenti miracoli. Nobiltà di dolore. Ma talmente divino che<br />
basterebbe a segnarlo del nome di Dio. Ma per dire quel Nome bisogna essere<br />
almeno uomini. E Gerusalemme non ha uomini, oggi. Ma solo demoni.<br />
Gesù gira lo sguardo sulla folla, cerca, trova, nel mare dei visi astiosi, i<br />
volti amici. Quanti? Meno di venti amici in migliaia di nemici... E curva il<br />
capo colpito da questo abbandono. Una lacrima cade... un’altra... un’altra... La<br />
vista del suo pianto non genera pietà, ma ancor più fiero odio.<br />
33Viene riportato nell’atrio.<br />
«Dunque? Lasciatelo andare. È giustizia».<br />
«No. A morte. Crocifiggi».<br />
«Vi do Barabba».<br />
«No. Il Cristo!».<br />
«E allora prendetelo voi. E da voi crocifiggetelo. Perché io non trovo alcuna<br />
colpa in Lui per farlo».<br />
«Si è detto Figlio di Dio. La nostra legge commina la morte al reo di tale<br />
bestemmia».<br />
Pilato si fa pensoso. Rientra. Si siede sul suo tronetto. Pone una mano alla<br />
fronte e il gomito sul ginocchio e scruta Gesù. «Avvicinati», dice.<br />
Gesù va ai piedi della predella.<br />
«È vero? Rispondi».<br />
Gesù tace.<br />
«Da dove vieni? Chi è Dio?».<br />
«È il Tutto».<br />
«E poi? Che vuol dire il Tutto? Che è il Tutto per chi muore? Sei folle... Dio
non è. Io sono».<br />
Gesù tace. Ha lasciato cadere la grande parola e poi torna a fasciarsi di<br />
silenzio.<br />
34«Ponzio, la liberta di Claudia Procula chiede di entrare. Ha uno scritto per<br />
te».<br />
«Domine! Anche le donne ora! Venga».<br />
Entra una romana e si inginocchia porgendo una tavoletta cerata. Deve essere<br />
quella su cui Procula prega il marito di non condannare Gesù. La donna si ritira<br />
a ritroso mentre Pilato legge.<br />
«Mi si consiglia evitare il tuo omicidio. È vero che sei più di un aruspice? Mi<br />
fai paura».<br />
Gesù tace.<br />
«Ma non sai che ho potere di liberarti o di crocifiggerti?».<br />
«Nessun potere avresti, se non ti fosse dato dall’alto. Perciò, chi mi ha dato<br />
nelle tue mani è più colpevole di te».<br />
«Chi è? Il tuo Dio? Ho paura...».<br />
Gesù tace.<br />
Pilato è sulle spine. Vorrebbe e non vorrebbe. Teme il castigo di Dio, teme<br />
quello di Roma, teme le vendette giudee. Vince un momento la paura di Dio. Va<br />
sul davanti dell’atrio e tuona: «Non è colpevole».<br />
«Se lo dici, sei nemico di Cesare. Chi si fa re è suo nemico. Tu vuoi liberare<br />
il Nazzareno. Faremo sapere a Cesare questo».<br />
Pilato viene preso dalla paura dell’uomo.<br />
«Lo volete morto, insomma? E sia. Ma il sangue di questo giusto non sia sulle<br />
mie mani», e fattosi portare un catino si lava le mani alla presenza del popolo,<br />
che pare preso da frenesia mentre urla: «Su noi, su noi il suo sangue. Su noi<br />
ricada e sui nostri figli. Non lo temiamo. Alla croce! Alla croce!».<br />
35Ponzio Pilato torna sul tronetto, chiama il centurione Longino e uno schiavo.<br />
Dallo schiavo si fa portare una tavola su cui appoggia un cartello e vi fa<br />
scrivere: «Gesù Nazareno, Re dei Giudei». E lo mostra al popolo.<br />
«No. Non così. Non re dei Giudei. Ma che ha detto che sarebbe re dei Giudei»,<br />
così urlano in molti.<br />
«Ciò che ho scritto, ho scritto», dice duro Pilato e, dritto in piedi, stende la<br />
mano a palma in avanti e volta in basso e ordina: «Vada alla croce. Soldato,<br />
va’. Prepara la croce». (Ibis ad crucem! I, miles, expedi crucem). E scende<br />
senza neppure più voltarsi verso la folla in tumulto, né verso il pallido<br />
Condannato. Esce dall’atrio...<br />
Gesù resta al centro di esso, sotto la guardia dei soldati, in attesa della<br />
croce.<br />
10 marzo 1944. Venerdì.<br />
38Dice Gesù:<br />
«Ti voglio far meditare il punto che si riferisce ai miei incontri con Pilato.<br />
Giovanni, che essendo stato quasi sempre presente, o per lo meno molto prossimo,<br />
è il testimone e narratore più esatto, racconta come, uscito dalla casa di<br />
Caifa, Io fui portato al Pretorio. E specifica “di mattina presto”. Infatti, lo<br />
hai visto, il giorno si iniziava appena. Specifica anche: “essi (i giudei) non<br />
entrarono per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua”.<br />
Ipocriti come sempre, essi trovavano pericolo di contaminarsi nel calpestare la<br />
polvere della casa di un gentile, ma non trovavano peccato uccidere un Innocente<br />
e, coll’animo soddisfatto del delitto compiuto, poterono gustare meglio ancora<br />
la Pasqua. Hanno anche ora molti seguaci. Tutti quelli che nell’interno agiscono<br />
male e all’esterno professano rispetto alla religione e amore a Dio, sono simili<br />
a questi. Formule, formule e non religione vera! Mi fanno ripugnanza e sdegno.<br />
Non entrando i giudei da Pilato, uscì Pilato per udire che avesse la turba<br />
vociferante e, esperto come era nel governo e nel giudizio, con un solo sguardo<br />
comprese che il reo non ero Io, ma quel popolo ubriaco di odio. L’incontro dei<br />
nostri sguardi fu una reciproca lettura dei nostri cuori. Io giudicai l’uomo per<br />
quel che era*. Egli giudicò Me per quel che ero. In Me venne per lui della pietà<br />
perché era un uomo debole. Ed in lui venne per Me della pietà perché ero un<br />
innocente. Cercò di salvarmi dal primo momento. E, dato che unicamente a Roma<br />
era deferito e riserbato il diritto di esercitare giustizia verso i malfattori,<br />
tentò di salvarmi dicendo: “Giudicatelo secondo la vostra legge”.<br />
37Ipocriti per la seconda volta, i giudei non vollero dare condanna. Vero che
Roma aveva diritto di giustizia, ma quando, ad esempio, Stefano venne lapidato,<br />
Roma imperava tuttora su Gerusalemme ed essi, ciononostante, definirono e<br />
consumarono giudizio e supplizio senza curarsi di Roma. Per Me, di cui avevano<br />
non amore ma odio e paura - non mi volevano credere Messia, ma non volevano<br />
uccidermi materialmente nel dubbio lo fossi - agirono in maniera diversa<br />
e mi<br />
______________________<br />
* quel che era. Il carattere di Pilato è descritto magistralmente in 566.18.<br />
accusarono come sobillatore contro la potenza di Roma (voi direste: “ribelle”)<br />
per ottenere che Roma mi giudicasse.<br />
Nella loro aula infame, e più volte nei tre anni del mio ministero, mi avevano<br />
accusato d’esser bestemmiatore e falso profeta, e come tale avrei dovuto esser<br />
da essi lapidato o comunque ucciso. Ma ora, per non compiere materialmente il<br />
delitto di cui sentono per istinto che sarebbero puniti, lo fanno compiere a<br />
Roma accusandomi d’esser malfattore e ribelle.<br />
Nulla di più facile, quando le folle sono pervertite ed i capi insatanassati, di<br />
accusare un innocente per sfogare la loro libidine di ferocia e di usurpazione,<br />
e levare di mezzo chi rappresenta un ostacolo e un giudizio. Siamo tornati ai<br />
tempi di allora. Il mondo ogni tanto, dopo una incubazione di idee perverse,<br />
esplode in queste manifestazioni di pervertimento. Come una immensa gestante, la<br />
folla, dopo aver nutrito nel suo seno con dottrine da fiera il suo mostro, lo<br />
partorisce perché divori. Divori per primi i migliori e poi divori se stessa.<br />
38Pilato rientra nel Pretorio e mi chiama vicino. E mi interroga.<br />
Egli aveva già sentito parlare di Me. Fra i suoi centurioni c’erano alcuni che<br />
ripetevano il mio Nome con amore riconoscente, con le lacrime agli occhi e il<br />
sorriso nel cuore, e parlavano di Me come di un benefattore. Nei loro rapporti<br />
al Pretore, interrogati su questo Profeta che attirava a Sé le folle e predicava<br />
una dottrina nuova in cui si parlava di un regno strano, inconcepibile a mente<br />
pagana, essi avevano sempre risposto che ero un mite, un buono che non cercavo<br />
onori di questa Terra e che inculcavo e praticavo il rispetto e l’ubbidienza<br />
verso coloro che sono le autorità. Più sinceri degli israeliti, essi vedevano e<br />
deponevano la verità.<br />
La scorsa domenica egli, attratto dal clamore della folla, si era affacciato<br />
sulla via ed aveva visto passare su un’asinella un uomo disarmato, benedicente,<br />
circondato da bimbi e da donne. Aveva compreso che non poteva certo essere in<br />
quell’uomo un pericolo per Roma.<br />
Vuol dunque sapere se Io sono re. Nel suo ironico scetticismo pagano, voleva<br />
ridere un poco su questa regalità che cavalca un asino, che ha per cortigiani<br />
dei bambini scalzi, delle donne sorridenti, degli uomini del popolo, di questa<br />
regalità che da tre anni predica di non avere attrazioni per le ricchezze ed il<br />
potere e che non parla di altre conquiste fuorché quelle dello spirito e di<br />
anima. Che è l’anima per un pagano? Neppure i suoi dèi hanno un’anima. E la può<br />
avere l’uomo? Anche ora questo re senza corona, senza reggia, senza corte, senza<br />
soldati, gli ripete che il suo regno non è di questo mondo. Tanto vero che<br />
nessun ministro e nessuna milizia insorge a difendere il suo re ed a strapparlo<br />
ai nemici.<br />
Pilato, seduto sul suo seggio, mi scruta, perché Io sono un enigma per lui.<br />
Sgomberasse l’anima dalle sollecitudini umane, dalla superbia della carica,<br />
dall’errore del paganesimo, comprenderebbe subito Chi sono. Ma come può la luce<br />
penetrare dove troppe cose occludono le aperture perché la luce entri?<br />
39Sempre così, figli. Anche ora. Come può entrare Dio e la sua luce là dove non<br />
c’è più spazio per loro, e le porte e finestre sono sbarrate e difese dalla<br />
superbia, dall’umanità, dal vizio, dall’usura, da tante, tante guardie al<br />
servizio di Satana contro Dio?<br />
Pilato non può capire quale sia il mio regno. E, quel che è doloroso, non chiede<br />
che Io glielo spieghi. Al mio invito perché egli conosca la Verità, egli,<br />
l’indomabile pagano, risponde: «Che cosa è la verità?», e lascia cadere con una<br />
alzata di spalle la questione.<br />
Oh! figli, figli miei! Oh! miei Pilati di ora! Anche voi, come Ponzio Pilato,<br />
lasciate cadere con una alzata di spalle le questioni più vitali. Vi sembrano<br />
cose inutili, sorpassate. Cosa è la Verità? Denaro? No. Donne? No. Potere? No.<br />
Salute fisica? No. Gloria umana? No. E allora si lasci perdere. Non merita che<br />
si corra dietro ad una chimera. Denaro, donne, potere, buona salute, comodi,
onori, queste sono cose concrete, utili, da amarsi e raggiungersi a qualunque<br />
scopo. Voi ragionate così. E, peggio di Esaù, barattate i beni eterni per un<br />
cibo grossolano che vi nuoce nella salute fisica e che vi nuoce per la salute<br />
eterna. Perché non persistete a chiedere: “Cosa è la verità”? Essa, la Verità,<br />
non chiede che di farsi conoscere, per istruirvi su di essa. Vi sta davanti come<br />
a Pilato e vi guarda con occhi di amore supplicante, implorandovi: “Interrogami.<br />
Ti istruirò”.<br />
Vedi come guardo Pilato? Ugualmente guardo voi tutti così. E, se ho sguardo di<br />
sereno amore per chi mi ama e chiede le mie parole, ho sguardi di accorato amore<br />
per chi non mi ama, non mi cerca, non mi ascolta. Ma amore, sempre amore, perché<br />
l’Amore è la mia natura.<br />
40Pilato mi lascia dove sono, senza interrogare di più, e va dai malvagi che<br />
hanno la voce più grossa e che si impongono con la loro violenza. E li ascolta,<br />
questo sciagurato che non ha ascoltato Me e che ha respinto con una scrollata di<br />
spalle il mio invito a conoscere la Verità. Ascolta la Menzogna. L’idolatria,<br />
quale che sia la sua forma, è sempre portata a venerare ed accettare la<br />
Menzogna, quale che sia. E la Menzogna, accettata da un debole, porta il debole<br />
al delitto.<br />
Pure Pilato, sulle soglie del delitto, mi vuole salvare ancora e una e due<br />
volte. È qui che mi manda a Erode. Sa bene che il re astuto, che barcamena fra<br />
Roma e il suo popolo, agirà in modo da non ledere Roma e da non urtare il popolo<br />
ebreo. Ma, come tutti i deboli, allontana di qualche ora la decisione che non si<br />
sente di prendere, sperando che la sommossa plebea si calmi.<br />
Io ho detto*: “Il vostro linguaggio sia: sì, sì; no, no”. Ma egli non l’ha<br />
sentito o, se qualcuno glielo ha ripetuto, ha fatto la solita alzata di spalle.<br />
Per vincere nel mondo, per avere onori e lucro, occorre saper fare del sì un no,<br />
o del no un sì, a seconda che il buon senso (leggi: senso umano) consigli.<br />
Quanti, quanti Pilati che ha il ventesimo secolo! Dove sono gli eroi del<br />
cristianesimo che dicevano sì, costantemente sì alla Verità e per la Verità, e<br />
no, costantemente no per la Menzogna? Dove sono gli eroi che sanno affrontare il<br />
pericolo e gli eventi con fortezza d’acciaio e con serena prontezza e non<br />
dilazionano, perché il Bene va subito compiuto e il Male subito fuggito senza<br />
“ma”<br />
__________________<br />
* ho detto, in 172.4.<br />
e senza “se”?<br />
41Al mio ritorno da Erode, ecco la nuova transazione di Pilato: la<br />
flagellazione. E che sperava? Non sapeva che la folla è la belva che, quando<br />
comincia a vedere il sangue, inferocisce? Ma dovevo esser franto per espiare i<br />
vostri peccati di carne. E vengo franto. Non ho più un brano del mio corpo che<br />
non sia percosso. Sono l’Uomo di cui parla Isaia. E al supplizio ordinato si<br />
aggiunge quello non ordinato, ma creato dalla crudeltà umana, delle spine.<br />
Lo vedete, uomini, il vostro Salvatore, il vostro Re, coronato di dolore per<br />
liberarvi il capo da tante colpe che vi fermentano? Non pensate quale dolore ha<br />
subito la mia testa innocente per pagare per voi, per i vostri sempre più atroci<br />
peccati di pensiero che si tramutano in azione? Voi, che vi offendete anche<br />
quando non c’è motivo di farlo, guardate al Re offeso, ed è Dio, col suo ironico<br />
manto di porpora lacera, con lo scettro di canna e la corona di spine. È già<br />
morente e lo schiaffeggiano ancora con le mani e con gli scherni. Né ve ne<br />
muovete a pietà. Come i giudei, continuate a mostrarmi i pugni, e gridare: “Via,<br />
via, non abbiamo altro dio che Cesare”, o idolatri che non adorate Dio, ma voi<br />
stessi e chi fra voi è più prepotente. Non volete il Figlio di Dio. Per i vostri<br />
delitti non vi dà aiuto. Più servizievole è Satana. Volete perciò Satana. Del<br />
Figlio di Dio avete paura. Come Pilato. E quando lo sentite incombere su voi con<br />
la sua potenza, agitarsi in voi con la voce della coscienza che vi rimprovera in<br />
suo nome, chiedete come Pilato: “Chi sei?”.<br />
Chi sono lo sapete. Anche quelli che mi negano sanno che sono e Chi sono. Non<br />
mentite. Venti secoli stanno intorno a Me e vi illustrano Chi sono e vi<br />
istruiscono sui miei prodigi. È più perdonabile Pilato. Non voi, che avete un<br />
retaggio di venti secoli di cristianesimo per sorreggere la vostra fede o per<br />
inculcarvela, e non ne volete sapere. Eppure con Pilato fui più severo che con<br />
voi. Non risposi. Con voi parlo. E, ciononostante, non riesco a persuadervi che<br />
sono Io, che mi dovete adorazione e ubbidienza.<br />
Anche ora mi accusate di esser Io stesso la rovina di Me in voi, perché non vi
ascolto. Dite di perdere la fede per questo. Oh! mentitori! Dove l’avete la<br />
fede? Dove è il vostro amore? Quando mai pregate e vivete con amore e fede?<br />
Siete dei grandi? Ricordatevi che tali siete perché Io lo permetto. Siete degli<br />
anonimi fra la folla? Ricordatevi che non vi è altro Dio che Io. Niuno è da più<br />
di Me e avanti di Me. Datemi dunque quel culto d’amore che mi spetta ed Io vi<br />
ascolterò, perché non sarete più dei bastardi ma dei figli di Dio.<br />
42Ed ecco l’ultimo tentativo di Pilato per salvarmi la vita, dato che la potessi<br />
salvare dopo la spietata e illimitata flagellazione. Mi presenta alla folla:<br />
“Ecco l’Uomo!”. A lui faccio umanamente pietà. Spera nella pietà collettiva. Ma,<br />
davanti alla durezza che resiste ed alla minaccia che avanza, non sa compiere un<br />
atto soprannaturalmente giusto, e perciò buono, e dire: “Io libero costui perché<br />
è innocente. Voi siete dei colpevoli e, se non vi disperdete, conoscerete il<br />
rigore di Roma”. Questo doveva dire se era un giusto, senza calcolare il futuro<br />
male che gliene sarebbe venuto.<br />
Pilato è un falso buono. Buono è Longino che, meno potente del Pretore e meno<br />
difeso, in mezzo alla via, circondato da pochi soldati e da una moltitudine<br />
nemica, osa difendermi, aiutarmi, concedermi di riposare, di confortarmi con le<br />
donne pietose, di esser soccorso dal Cireneo e infine di avere la Mamma ai piedi<br />
della Croce. Quello fu un eroe della giustizia e divenne per questo un eroe di<br />
Cristo.<br />
Sappiatelo, o uomini che vi preoccupate unicamente del vostro bene materiale,<br />
che anche ai sensi di questo il vostro Dio interviene quando vi vede fedeli alla<br />
giustizia che è emanazione di Dio. Io premio sempre chi agisce con rettezza. Io<br />
difendo chi mi difende. Io lo amo e soccorro. Sono sempre Quello che ha detto*:<br />
“Chi darà un bicchier d’acqua in mio nome avrà ricompensa”. A chi mi dà amore,<br />
acqua che disseta il mio labbro di Martire divino, Io do Me stesso, ossia<br />
protezione e benedizione».<br />
605. Disperazione e suicidio di Giuda Iscariota.<br />
Avrebbe ancora potuto salvarsi se si fosse pentito.<br />
31 marzo 1944. Venerdì di Passione, ore 2 ant.ne<br />
1Ecco la mia penosissima visione di queste prime ore del Venerdì di Passione,<br />
presentatamisi mentre facevo l’Ora di Maria Desolata, perché avevo pensato che<br />
passare la notte, che precede la Professione, in compagnia della Vergine dei<br />
Sette Dolori fosse la più bella preparazione alla Professione.<br />
2Vedo Giuda. È solo. Vestito di giallo chiaro e con un cordone rosso alla vita.<br />
Il mio interno ammonitore mi avverte che da poco è stato catturato Gesù e che<br />
Giuda, fuggito subito dopo la cattura, è ora in preda ad un contrasto di<br />
pensieri. Infatti l’Iscariota pare una belva furente e braccata da una muta di<br />
mastini. Ogni sospiro di vento fra le fronde, il frusciare che fa un qualche che<br />
per le vie, il gemito di una fontanella, lo fanno sussultare e volgersi con<br />
sospetto e terrore, come si sentisse raggiunto da un giustiziere. Gira il capo<br />
tenendolo basso, a collo torto, gira gli occhi come chi vuol vedere e ha paura<br />
di vedere e, se un giuoco di luna crea un’ombra dalla parvenza umana, egli<br />
sbarra gli occhi, fa un salto indietro, diventa anche più livido di quanto non<br />
sia, si arresta un istante e poi fugge a precipizio, tornando sui suoi passi,<br />
scantonando per altre viuzze, sinché un altro rumore, un altro giuoco di luce,<br />
lo fa arretrare e fuggire in altra direzione.<br />
Nel suo andare pazzo va così verso l’interno della città. Ma un clamore di<br />
popolo l’avverte che è presso alla casa di Caifa, e allora, portandosi le mani<br />
al capo e curvandosi come se quei gridi fossero altrettante pietre che lo<br />
lapidino, fugge, fugge. E nel fuggire prende una stradetta che lo porta diritto<br />
verso la casa dove fu consumata la Cena. Se ne accorge, quando è davanti ad<br />
essa, per una fontanella che<br />
______________<br />
* ha detto, in 265.13.<br />
geme a quel punto della via. Il piangere dell’acqua, che goccia e cade nel<br />
piccolo bacino di pietra, e un fischio debole di vento, che insinuandosi per la<br />
via stretta fa come un represso lamento, gli devono sembrare il pianto del<br />
Tradito e il lamento del Suppliziato. Si tappa gli orecchi per non udire e
scappa ad occhi chiusi per non vedere quella porta, da cui poche ore avanti è<br />
passato col Maestro e dalla quale egli è uscito per andare a prendere gli armati<br />
per catturarlo.<br />
3Nel correre, così alla cieca, va a urtare contro un cane randagio, il primo<br />
cane che vedo da quando ho le visioni, un grosso cane grigio e irsuto, che con<br />
un ringhio si scansa, pronto a slanciarsi contro il suo disturbatore. Giuda apre<br />
gli occhi e incontra le due pupille fosforescenti che lo fissano e vede il<br />
biancore delle zanne scoperte che pare abbiano un riso diabolico. Dà un urlo di<br />
terrore. Il cane, che forse lo crede un urlo di minaccia, si avventa, e i due<br />
rotolano nella polvere: Giuda sotto, paralizzato dalla paura, il cane sopra.<br />
Quando la bestia lascia la preda, giudicata forse indegna di una lotta, Giuda<br />
sanguina per due o tre morsi e il suo mantello presenta dei vasti strappi.<br />
Un morso lo ha proprio addentato alla guancia, nel preciso posto dove egli ha<br />
baciato Gesù. La guancia sanguina, e sangue brutta la veste giallognola di Giuda<br />
al collo. Gli fa come un collare di sangue, imbibendo di sé il cordone rosso che<br />
stringe al collo la veste, facendolo più rosso ancora. Giuda, portandosi la mano<br />
alla guancia e guardando il cane che si allontana, ma lo guata dall’insenatura<br />
di una porta, mormora: «Belzebù!», e con un nuovo urlo fugge inseguito dal cane<br />
per qualche tempo. Fugge sino al ponticello che è prossimo al Getsemani. Qui,<br />
sia perché stanco di inseguirlo, sia perché fosse idrofobo e l’acqua lo<br />
allontani, il cane lascia la preda e torna indietro ringhiando. Giuda, che si<br />
era gettato nel torrente per prendere pietre da scagliare al cane, quando lo<br />
vede allontanare si guarda intorno, si vede con l’acqua sino a metà polpaccio.<br />
Senza curarsi della veste, che sempre più si bagna, si curva sull’acqua e beve<br />
come fosse preso da arsione di febbre, e si lava la guancia che sanguina e deve<br />
dolere.<br />
4Al lume di un primo svegliarsi di alba risale il greto. Dall’altra parte, come<br />
avesse ancora paura del cane e non osasse tornare verso la città. Fa qualche<br />
metro e si trova nell’ingresso dell’orto degli Ulivi. Grida: «No! No!»,<br />
riconoscendo il posto. Ma poi, non so per quale forza irresistibile o per quale<br />
sadismo satanico e criminale, avanza in quel luogo. Cerca il posto dove è<br />
avvenuta la cattura. La terra del sentiero scompigliata da molte pedate, l’erba<br />
calpestata in un dato punto e del sangue per terra, forse quello di Malco, lo<br />
avvisano che lì egli ha indicato ai carnefici l’Innocente.<br />
Guarda, guarda... e poi ha un urlo roco e fa un balzo indietro. Grida: «Quel<br />
sangue, quel sangue!...», e lo indica... a chi? col braccio teso e l’indice<br />
puntato. Nella luce che aumenta il suo volto è terreo e spettrale. Pare un<br />
pazzo. Ha gli occhi sbarrati e lucidi come per delirio, i capelli scompigliati<br />
dalla corsa e dal terrore sembrano stare irti sul capo, la guancia che va<br />
enfiando gli torce la bocca in un ghigno. La veste strappata, insanguinata,<br />
bagnata, motosa, perché la polvere si è appiccicata al bagnato ed è divenuta<br />
fango, lo fa simile ad un accattone. Il manto, pure lacero e motoso, gli pende<br />
giù da una spalla come uno straccio, e in questo egli si impiglia quando,<br />
continuando a gridare: «Quel sangue, quel sangue!», arretra come se quel sangue<br />
divenisse un mare che monta e sommerge.<br />
Giuda cade riverso e si ferisce al capo, dietro al capo, contro una pietra. Ha<br />
un gemito di dolore e di paura. «Chi è?», grida. Deve aver pensato che qualcuno<br />
l’abbia fatto cadere per colpirlo. Si volge con terrore. Nessuno! Si alza. Ora<br />
il sangue goccia anche sulla nuca. Il cerchio rosso si allarga sulla veste. Non<br />
cade in terra*, perché è poco. La veste lo beve. Ora il capestro rosso pare già<br />
al collo.<br />
5Cammina. Ritrova le tracce del fuocherello acceso da Pietro ai piedi di un<br />
ulivo. Ma egli non sa che è opera di Pietro e deve credere che lì fu Gesù.<br />
Grida: «Via! Via!», e con ambe le mani, tese avanti a sé, pare respingere un<br />
fantasma che lo tormenta. Scappa. E va a finire proprio contro il masso<br />
dell’Agonia.<br />
Ormai l’alba è netta e permette vedere bene e subito. Giuda vede il mantello di<br />
Gesù rimasto piegato sul masso. Lo conosce. Vuole toccarlo. Ha paura. Stende e<br />
ritira la mano. Vuole. Disvuole. Ma quel manto lo affascina. Geme: «No. No». Poi<br />
dice: «Sì, per Satana! Sì. Voglio toccarlo. Non ho paura! Non ho paura!». Dice<br />
che non ha paura, ma batte i denti dal terrore, e il rumore che fa sul suo capo<br />
un ramo d’ulivo, mosso dal vento e urtante contro un tronco vicino, lo fa urlare<br />
di nuovo. Pure si sforza e afferra il mantello. E ride. Un riso da pazzo, da<br />
demonio. Un riso isterico, spezzato, lugubre, che non finisce mai, perché ha
vinto la sua paura.<br />
E lo dice: «Non mi fai paura, Cristo. Più paura. Avevo tanta paura di Te perché<br />
ti credevo un Dio e un forte. Ora non mi fai più paura perché non sei Dio. Sei<br />
un povero pazzo, un debole. Non ti sei saputo difendere. Non mi hai incenerito<br />
come non hai letto nel mio cuore il tradimento. Le mie paure!... Che stolto!<br />
Quando parlavi, anche ieri sera, io credevo Tu sapessi. Nulla sapevi. Era la mia<br />
paura che dava tono di profezia alle tue comuni parole. Sei un nulla. Ti sei<br />
lasciato vendere, indicare, prendere come un sorcio nella tana. Il tuo potere!<br />
La tua origine! Ah! Ah! Ah! Buffone! Il forte è Satana! Più forte di Te. Ti ha<br />
vinto! Ah! Ah! Ah! Il Profeta! Il Messia! Il Re d’Israele! E mi hai tenuto<br />
soggetto per tre anni! Con la paura sempre nel cuore! E dovevo mentire per<br />
ingannarti con finezza quando volevo godere la vita! Ma anche avessi rubato e<br />
fornicato senza tutta l’astuzia che usavo, Tu non mi avresti fatto nulla.<br />
Imbelle! Pazzo! Vigliacco! Toh! Toh! Toh! Ho avuto torto a non fare a Te quel<br />
che faccio al tuo manto per vendicarmi del tempo in cui mi hai tenuto schiavo<br />
della paura. Paura di un coniglio!... Toh! Toh! Toh!».<br />
6Ad ogni «toh!» Giuda morde e cerca strappare la stoffa del manto. Lo spiegazza<br />
fra le mani. Ma nel farlo lo apre e appaiono le macchie che lo bagnano. Giuda si<br />
ferma nella sua furia. Fissa quelle macchie. Le tocca. Le fiuta. Sono<br />
______________________<br />
* Non cade in terra, perché non doveva mescolarsi... al Sangue purissimo<br />
dell’Innocente, come è detto in 603.5 e come sarà ribadito in 639.3. La<br />
relazione tra Giuda e il sangue, che nel presente capitolo assume aspetti<br />
ossessionanti, trova un fondamento anche in 92.6, 361.5 e 496.4.<br />
sangue... Spiega tutto il mantello. È ben visibile l’impronta lasciata dalle due<br />
mani sanguinose quando si premevano la stoffa sul viso.<br />
«Ah!... Sangue! Sangue! Il suo... No!». Giuda lascia cadere il mantello e guarda<br />
intorno. Anche contro il masso, là dove Gesù si è appoggiato con la schiena<br />
quando l’Angelo lo confortava, vi è uno scuro di sangue che secca. «Là!...<br />
Là!... Sangue! Sangue!...». Abbassa gli occhi per non vedere, e vede l’erba<br />
tutta rossa del sangue gocciato su essa. Questo, per la rugiada che lo ha tenuto<br />
sciolto, pare appena gocciato. È rosso e brilla al primo sole. «No! No! No! Non<br />
voglio vedere! Non posso vedere quel sangue! Aiuto!», e porta le mani alla gola<br />
e annaspa come se stesse affogando in un mare di sangue. «Indietro! Indietro!<br />
Lasciami! Lasciami! Maledetto! Ma questo sangue è un mare! Copre la Terra! La<br />
Terra! La Terra! E sulla Terra non c’è posto per me, perché io non posso vedere<br />
quel sangue che la copre. Sono il Caino dell’Innocente!».<br />
L’idea del suicidio credo sia venuta in questo momento in quel cuore. Il volto<br />
di Giuda fa paura.<br />
7Si butta dal balzo e fugge per l’uliveto senza tornare per la via già fatta.<br />
Pare un inseguito dalle fiere. Torna in città. Si avvolge nel mantello come può<br />
e cerca coprirsi la ferita e il volto per quanto può.<br />
Si dirige al Tempio. Ma, mentre va a quella volta, ad un incrocio di via si<br />
trova di fronte alle canaglie che trascinano Gesù da Pilato. Non può ritirarsi,<br />
perché altra folla lo preme alle spalle, accorrendo a vedere. E, alto come è,<br />
domina per forza e vede. E incontra lo sguardo di Cristo... I due sguardi si<br />
allacciano un momento. Poi Cristo passa, legato, percosso. E Giuda cade riverso<br />
come svenuto. La folla lo calpesta senza pietà, né egli reagisce. Deve preferire<br />
essere calpestato da tutto un mondo anziché incontrare quello sguardo.<br />
8Quando la canea deicida è passata col Martire e la via è vuota, si rialza e<br />
corre al Tempio. Urta e quasi rovescia una guardia messa alla porta del recinto.<br />
Altre guardie accorrono per interdire al forsennato di entrare. Ma egli, come un<br />
toro furente, sgomina tutti. Uno, che gli si aggrappa per impedirgli di<br />
penetrare nell’aula del Sinedrio, dove sono ancora tutti raccolti a discutere,<br />
viene afferrato per la gola, strozzato e gettato, se non morto certo moribondo,<br />
giù dai tre scalini.<br />
«Il vostro denaro, maledetti, non lo voglio», egli urla, ritto in mezzo<br />
all’aula, al posto dove prima era Gesù. Pare un demone sbucato dall’inferno.<br />
Insanguinato, spettinato, acceso dal delirio, con la bava alla bocca, le mani ad<br />
artiglio, egli urla e pare che abbai tanto la sua voce è stridula, roca,<br />
ululante. «Il vostro denaro, maledetti, non lo voglio. Mi avete perduto. Mi<br />
avete fatto commettere il più grande peccato. Come voi, come voi sono maledetto!<br />
Ho tradito il Sangue innocente. Ricada su voi quel Sangue e la mia morte. Su
voi... No! Ah!...». Giuda vede il pavimento bagnato di sangue. «Anche qui, anche<br />
qui è sangue? Da per tutto! Da per tutto è il suo Sangue! Ma quanto Sangue ha<br />
l’Agnello di Dio per coprirne così la Terra e non morirne? Ed io l’ho sparso!<br />
Per istigazione vostra. Maledetti! Maledetti! Maledetti in eterno! Maledizione a<br />
queste mura! Maledizione a questo Tempio profanato! Maledizione al Pontefice<br />
deicida! Maledizione ai sacerdoti indegni, ai dottori falsi, ai farisei<br />
ipocriti, ai giudei crudeli, agli scribi subdoli! Maledizione a me! A me<br />
maledizione! A me! Tenete il vostro denaro e vi strozzi l’anima nella gola come<br />
a me il capestro», e getta la borsa in faccia a Caifa e va con un urlo, mentre<br />
le monete suonano spargendosi al suolo dopo aver colpito a sangue la bocca di<br />
Caifa.<br />
Nessuno osa trattenerlo.<br />
9Esce. Corre per le vie. E fatalmente torna ad incrociare altre due volte Gesù,<br />
che va e viene da Erode.<br />
Abbandona il centro della città, prendendo a casaccio per le viette più misere,<br />
e va a finire da capo contro la casa del Cenacolo. È tutta chiusa. Come<br />
abbandonata. Si ferma. La guarda. «La Madre!», mormora. «La Madre!...». Resta in<br />
sospeso... «Ho anche io una madre! E ho ucciso un figlio a una madre! Pure...<br />
Voglio entrare... Rivedere quella stanza. Là non c’è sangue...».<br />
Dà un picchio alla porta. Un altro... Un altro... La padrona di casa viene ad<br />
aprire e socchiude l’uscio. Una fessura... E vedendo quell’uomo stravolto,<br />
irriconoscibile, getta un urlo e tenta rinchiudere l’uscio. Ma Giuda con una<br />
spallata lo spalanca e, travolgendo la donna esterrefatta, passa oltre.<br />
Corre verso la porticina che mette nel Cenacolo. L’apre. Entra. Un bel sole<br />
entra dalle finestre spalancate. Giuda tira un respiro di sollievo. Si inoltra.<br />
Qui tutto è calmo e silenzioso. Le stoviglie sono ancora come furono lasciate.<br />
Si capisce che per ora nessuno se ne è occupato. Si potrebbe credere che si sia<br />
per mettersi a tavola.<br />
Giuda va verso la tavola. Guarda se vi è vino nelle anfore. Ce ne è. Beve<br />
avidamente dall’anfora stessa, che solleva a due mani. Poi si lascia cadere<br />
seduto e appoggia il capo sulle braccia conserte sulla tavola. Non si accorge<br />
che si è seduto proprio al posto di Gesù e che ha di fronte il calice usato per<br />
l’Eucarestia. Sta fermo qualche tempo. Finché l’ansito del gran correre si<br />
placa. Poi alza il capo. E vede il calice. E riconosce dove si è seduto.<br />
Si alza come spiritato. Ma il calice lo affascina. Un poco di vino rosso è<br />
ancora nel fondo e il sole, percuotendo il metallo (pare argento), accende quel<br />
liquido. «Sangue! Sangue! Sangue anche qui! Il suo Sangue! Il suo Sangue!...<br />
“Fate questo in memoria di Me!... Prendete e bevete. Questo è il mio Sangue...<br />
Il Sangue del nuovo testamento che sarà sparso per voi...”. Ah! maledetto me!<br />
Per me non può più esser sparso per remissione del mio peccato. Non chiedo<br />
perdono perché Egli non mi può perdonare. Via, via! Non c’è più un posto dove il<br />
Caino di Dio possa conoscere quiete. A morte! A morte!...».<br />
10Esce. Si trova di fronte Maria, ritta sulla porta della stanza dove Gesù l’ha<br />
lasciata. Ella, udendo un rumore, si è affacciata sperando forse vedere<br />
Giovanni, che manca da tante ore. È pallida come un svenata. Ha degli occhi che<br />
il dolore fa ancor più simili a quelli del Figlio. Giuda incontra quello sguardo<br />
che lo guarda con la stessa accorata e cosciente cognizione con cui Gesù lo ha<br />
guardato per via, e con un «Oh!» spaurito si addossa al muro.<br />
«Giuda!», dice Maria. «Giuda, che sei venuto a fare?». Le stesse parole di Gesù.<br />
E dette con amore doloroso. Giuda le ricorda a urla.<br />
«Giuda», ripete Maria, «che hai tu fatto? A tanto amore hai risposto tradendo?».<br />
La voce di Maria è carezza che trema.<br />
Giuda fa per scappare. Maria lo chiama con una voce che avrebbe dovuto<br />
convertire un demonio: «Giuda! Giuda! Fermati! Fermati! Ascolta! Io te lo dico<br />
in suo Nome: pentiti, Giuda. Egli perdona...». Giuda è fuggito.<br />
La voce di Maria, il suo aspetto è stato il colpo di grazia, ossia di disgrazia<br />
perché egli le resiste.<br />
Va a precipizio. Incontra Giovanni che corre verso la casa a prendere Maria. La<br />
sentenza è pronunciata. Gesù sta per andare al Calvario. È ora che la Madre sia<br />
condotta dal Figlio.<br />
Giovanni riconosce Giuda per quanto ben poco resti del bel Giuda di poco tempo<br />
prima. «Tu qui?», gli dice Giovanni con palese ribrezzo. «Tu qui? Maledizione a<br />
te, uccisore del Figlio di Dio! Il Maestro è condannato. Giubila, se puoi. Ma<br />
sgombra la via. Vado a prendere la Madre. Che Ella, l’altra tua Vittima, non ti
incontri, rettile».<br />
11Giuda fugge. Si è avvolto il capo nei brandelli del manto, lasciando<br />
unicamente uno spiraglio per gli occhi. La gente, la poca gente che non è verso<br />
il Pretorio, lo scansa come vedesse un pazzo. E tale sembra.<br />
Vaga per la campagna. Il vento porta ogni tanto un’eco del clamore che proviene<br />
dalla turba che segue imprecando Gesù. Ogni volta che tale eco giunge a Giuda,<br />
egli urla come uno sciacallo.<br />
Io credo che sia realmente impazzito, perché batte la testa ritmicamente contro<br />
i muretti di pietra. Oppure è divenuto idrofobo perché, quando vede un liquido<br />
purché sia - acqua, latte portato in un recipiente da un bambino, olio che geme<br />
da un otre - urla, urla e grida: «Sangue! Sangue! Il suo Sangue!». Vorrebbe bere<br />
ai ruscelli e alle fonti. Non può, perché l’acqua gli pare sangue, e lo dice: «È<br />
sangue! È sangue! Mi affoga! Mi brucia! Ho il fuoco! Il suo Sangue, che ieri mi<br />
ha dato, è divenuto fuoco in me! Maledizione a me e a Te!».<br />
12Sale e scende per i colli che circondano Gerusalemme. E l’occhio,<br />
irresistibilmente, gli va al Golgota. E due volte vede da lungi il corteo<br />
snodarsi nella salita. Guarda e urla.<br />
Eccolo alla cima. Anche Giuda è in cima di un piccolo colle coperto d’ulivi. Vi<br />
è penetrato aprendo una chiudenda rustica come ne fosse padrone o per lo meno<br />
molto pratico. Già ho l’impressione che Giuda non avesse molti riguardi per<br />
l’altrui proprietà. Ritto sotto un ulivo al limite di un balzo, guarda verso il<br />
Golgota. Vede drizzare le croci e comprende che Gesù è crocifisso. Non può<br />
vedere né udire. Ma il delirio o un malefizio di Satana gli fan vedere e udire<br />
come fosse sulla cima del Calvario.<br />
Guarda, guarda come allucinato. Si dibatte: «No! No! Non mi guardare! Non mi<br />
parlare! Non lo sopporto. Muori, muori, maledetto! Ti chiuda la morte quegli<br />
occhi che mi fan paura, quella bocca che mi maledice. Ma anche io ti maledico.<br />
Perché non mi hai salvato».<br />
Il volto è talmente stralunato che non si può più guardare. Due fili di bava<br />
scendono dalla bocca urlante. La guancia morsa è livida e enfiata, e il viso ne<br />
appare storto. I capelli appiccicati, la barba, molto scura, cresciuta sulle<br />
guance in quelle ore, mette un bavaglio lugubre sulle gote e sul mento. Gli<br />
occhi poi!... Roteano, si torcono, sono fosforescenti. Da vero demonio.<br />
13Strappa dalla sua cintura il cordone di grossa lana rossa che lo cinge con tre<br />
giri. Ne prova la solidità avvinghiandolo intorno ad un ulivo e tirando con<br />
tutta la sua forza. Resiste. È forte.<br />
Sceglie un ulivo atto alla bisogna. Ecco. Questo, proteso oltre la balza con la<br />
sua chioma spettinata, va bene. Monta sull’albero. Assicura solidamente un<br />
cappio al ramo più robusto e sporgente nel vuoto. Ha già fatto il nodo scorsoio.<br />
Guarda un’ultima volta al Golgota. Poi infila la testa nel nodo scorsoio. Ora<br />
pare avere due collane rosse alla radice del collo. Si siede sulla balza. Poi di<br />
colpo si lascia scivolare nel vuoto.<br />
Il nodo lo stringe. Si dibatte qualche minuto. Strabuzza gli occhi, diviene nero<br />
d’asfissia, apre la bocca, le vene del collo si gonfiano e si fanno nere. Tira<br />
quattro o cinque calci per aria, nelle ultime convulsioni. Poi la bocca si apre<br />
e ne pende la lingua scura e bavosa, e i globi oculari restano scoperti,<br />
sporgenti, mostranti il bulbo bianchiccio iniettato di sangue. L’iride scompare<br />
in alto. È morto.<br />
Il forte vento, che si è alzato per l’imminente bufera, ciondola il macabro<br />
pendolo e lo fa roteare come un orrido ragno appeso al filo della ragnatela.<br />
La visione finisce così. E mi auguro a avermi a dimenticare presto tutto ciò,<br />
perché le assicuro che è visione orrenda.<br />
14Dice Gesù:<br />
«Orrenda, ma non inutile. Troppi credono che Giuda abbia commesso cosa da poco.<br />
Alcuni giungono anzi a dire che egli è un benemerito perché senza di lui la<br />
Redenzione non sarebbe venuta e che, perciò, egli è giustificato al cospetto di<br />
Dio.<br />
In verità vi dico che, se 1’Inferno non fosse già esistito, ed esistito perfetto<br />
nei suoi tormenti, sarebbe stato creato per Giuda ancor più orrendo ed eterno,<br />
perché di tutti i peccatori e i dannati egli è il più dannato e peccatore, né<br />
per lui in eterno vi sarà ammolcimento di condanna.<br />
Il rimorso 1’avrebbe anche potuto salvare, se egli avesse fatto del rimorso un<br />
pentimento. Ma egli non volle pentirsi e, al primo delitto di tradimento, ancora
compatibile per la grande misericordia che è la mia amorosa debolezza, ha unito<br />
bestemmie, resistenze alle voci della Grazia che ancora gli volevano parlare<br />
attraverso i ricordi, attraverso i terrori, attraverso il mio Sangue e il mio<br />
mantello, attraverso il mio sguardo, attraverso le tracce dell’istituita<br />
Eucarestia, attraverso le parole di mia Madre.<br />
Ha resistito a tutto. Ha voluto resistere. Come aveva voluto tradire. Come volle<br />
maledire. Come si volle suicidare. 15È la volontà quella che conta nelle cose.<br />
Sia nel bene che nel male.<br />
Quando uno cade senza volontà di cadere, Io perdono. Vedi Pietro. Ha negato.<br />
Perché? Non lo sapeva esattamente neppure lui. Vile Pietro? No. Il mio Pietro<br />
non era vile. Contro la coorte e le guardie del Tempio aveva osato ferire Malco<br />
per difendermi e rischiare d’essere ucciso per questo. Era poi fuggito. Senza<br />
averne volontà di farlo. Aveva poi negato. Senza averne volontà di farlo. Ha<br />
saputo poi ben restare e procedere sulla sanguinosa via della Croce, sulla mia<br />
Via, fino a giungere alla morte di croce. Ha saputo poi molto bene testimoniare<br />
di Me, sino ad esser ucciso per la sua fede intrepida. Io lo difendo il mio<br />
Pietro. Il suo è stato l’ultimo smarrimento della sua umanità. Ma la volontà<br />
spirituale non era presente in quel momento. Ottusa dal peso dell’umanità,<br />
dormiva. Quando si destò, non volle restare nel peccato e volle esser perfetta.<br />
Io l’ho perdonato subito.<br />
16Giuda non volle. Tu dici che pareva pazzo e idrofobo. Lo era di rabbia<br />
satanica.<br />
Il suo terrore nel vedere il cane, bestia rara, in Gerusalemme in specie, venne<br />
dal fatto che si attribuiva a Satana, da tempi immemorabili, quella forma per<br />
apparire ai mortali. Nei libri di magia è detto tuttora che una delle forme<br />
preferite da Satana per apparire è quella di un cane misterioso o di un gatto o<br />
di un capro. Giuda, già preda del terrore nato dal suo delitto, convinto d’esser<br />
di Satana per il suo delitto, vide Satana in quella bestia randagia.<br />
Chi è colpevole, in tutto vede ombre di paura. È la coscienza che le crea.<br />
Satana poi aizza queste ombre, che potrebbero ancora dare pentimento ad un<br />
cuore, e ne fa larve orrende che portano alla disperazione. E la disperazione<br />
porta all’ultimo delitto: al suicidio.<br />
A che pro gettare il prezzo del tradimento quando questo spogliamento è solo<br />
frutto dell’ira e non è corroborato da una retta volontà di pentimento? Allora<br />
spogliarsi dai frutti del male diviene meritorio. Ma così come egli fece, no.<br />
Inutile sacrificio.<br />
17Mia Madre, ed era la Grazia che parlava e la mia Tesoriera che largiva<br />
perdono* in mio Nome, glielo disse: “Pentiti, Giuda. Egli perdona...”.<br />
Oh! se lo avrei perdonato! Se si fosse gettato ai piedi della Madre dicendo:<br />
“Pietà!”, Ella, la Pietosa, lo avrebbe raccolto come un ferito e sulle sue<br />
ferite sataniche, per le quali il Nemico gli aveva inoculato il Delitto, avrebbe<br />
sparso il suo pianto che salva e me lo avrebbe portato, ai piedi della Croce,<br />
tenendolo per mano perché Satana non lo potesse ghermire e i discepoli colpirlo,<br />
portato perché il mio Sangue cadesse per primo su lui, il più grande dei<br />
peccatori. E sarebbe stata,<br />
__________________________________<br />
* largiva perdono, nel significato e nella misura che emergono in 574.13.<br />
Ella, Sacerdotessa* mirabile sul suo altare, fra la Purezza e la Colpa, perché è<br />
Madre dei vergini e dei santi, ma anche Madre dei peccatori.<br />
Ma egli non volle. 18Meditate il potere della volontà di cui siete arbitri<br />
assoluti. Per essa potete avere il Cielo o l’Inferno. Meditate cosa vuol dire<br />
persistere nella colpa.<br />
Il Crocifisso, Colui che sta con le braccia aperte e confitte per dirvi che vi<br />
ama, e che non vuole, non può colpirvi perché vi ama, e preferisce negarsi di<br />
potervi abbracciare, unico dolore del suo esser confitto, anziché aver libertà<br />
di punirvi, il Crocifisso, oggetto di divina speranza per coloro che si pentono<br />
e che vogliono lasciare la colpa, diviene per gli impenitenti oggetto di un tale<br />
orrore che li fa bestemmiare e usare violenza verso se stessi. Uccisori del loro<br />
spirito e del loro corpo per la loro persistenza nella colpa. E l’aspetto del<br />
Mite, che si è lasciato immolare nella speranza di salvarli, assume l’apparenza
di uno spettro di orrore.<br />
19Maria, ti sei lamentata di questa visione. Ma è il Venerdì di Passione,<br />
figlia. Devi soffrire. Alle sofferenze per le sofferenze mie e di Maria devi<br />
unire le tue per l’amarezza di vedere i peccatori rimanere peccatori. È stata<br />
sofferenza nostra, questa. Deve esser tua. Maria ha sofferto, e soffre ancora,<br />
di questo, come delle mie torture. Perciò tu devi soffrire questo. Ora riposa.<br />
Fra tre ore sarai tutta mia e di Maria. Ti benedico, violetta della mia Passione<br />
e passiflora di Maria**».<br />
______________________________<br />
* Sacerdotessa è un titolo già dato alle donne discepole e illustrato in: 95.6 -<br />
151.3 - 153.3 - 157.2.5 - 262.9 - 307.2. Nello stesso senso, ma in misura piena,<br />
deve intendersi quando è riferito a Maria Ss., che in 610.11 si definisce<br />
“Sacerdotessa” in virtù della propria Maternità, e in 618.5 è proclamata da Gesù<br />
“Regina del Sacerdozio”. (Del sacerdozio comune a tutti si dirà in 606.15).<br />
** di Maria». Segue, sul manoscritto originale, l’annotazione a matita di MV:<br />
sono le 5 e 1/4!!! Grano (proprio così: Grano).<br />
115. Gesù a Maria sono l’antitesi di Adamo ed Eva. Giuda Iscariota è il<br />
nuovo Caino. La vera evoluzione dell’uomo è quella del suo spirito.<br />
2 aprile 1944. Domenica delle Palme.<br />
1Dice Gesù:<br />
«La coppia Gesù-Maria è l’antitesi della coppia Adamo-Eva*. È quella destinata<br />
ad annullare tutto l’operato di Adamo ed Eva e riportare l’Umanità al punto in<br />
cui era quando fu creata: ricca di grazia e di tutti i doni ad essa largiti dal<br />
Creatore. L’Umanità ha subìto una rigenerazione totale per l’opera della coppia<br />
Gesù-Maria, i quali sono così divenuti i nuovi Capostipiti dell’Umanità. Tutto<br />
il tempo precedente è annullato. Il tempo e la storia dell’uomo si conta da<br />
questo momento in cui la nuova Eva, per un capovolgimento di creazione, trae dal<br />
suo seno inviolato, per opera del Signore Iddio, il nuovo Adamo.<br />
Ma per annullare le opere dei due Primi, causa di mortale infermità, di perpetua<br />
mutilazione, di impoverimento, più: di indigenza spirituale - perché dopo il<br />
peccato Adamo ed Eva si trovarono spogliati di tutto quanto aveva loro donato,<br />
ricchezza infinita, il Padre santo - hanno dovuto, questi due Secondi, operare<br />
in tutto e per tutto in maniera opposta al modo di operare dei due Primi.<br />
Perciò, spingere l’ubbidienza sino alla perfezione che si annichila e si immola<br />
nella carne, nel sentimento, nel pensiero, nella volontà, per accettare tutto<br />
quanto Dio vuole. Perciò, spingere la purezza ad una castità assoluta, per cui<br />
la carne... che fu la carne per Noi due puri? Velo d’acqua sullo spirito<br />
trionfante, carezza di vento sullo spirito re, cristallo che isola lo spiritosignore<br />
e non lo corrompe, impulso che solleva e non peso che opprime. Questo fu<br />
la carne per Noi. Meno pesante e sensibile di una veste di lino, lieve sostanza<br />
interposta fra il mondo e lo splendore dell’io soprumanato, mezzo per operare<br />
ciò che Dio voleva. Null’altro.<br />
2Fu nostro l’amore? Certo. Il “perfetto amore” fu nostro. Non è, uomini, amore<br />
la fame di senso che vi spinge bramosi a saziarvi di una carne. Quella è<br />
lussuria. Nulla più. Tanto vero che amandovi cosi - voi lo credete amore - non<br />
sapete compatirvi, aiutarvi, perdonarvi. Che è allora il vostro amore? È odio. È
unicamente delirio paranoico, che vi spinge a preferire il sapore di putridi<br />
pasti al sano, corroborante cibo di eletti sentimenti.<br />
Noi avemmo il “perfetto amore”, Noi, i casti perfetti. Questo amore abbracciava<br />
Dio in Cielo e, a Lui unito come lo sono i rami col tronco che li nutre, si<br />
espandeva e scendeva prodigandosi di riposo, di riparo, di nutrimento, di<br />
conforto sulla Terra e sui suoi abitanti. Nessuno escluso da questo amore. Non i<br />
nostri simili, non gli esseri inferiori, non la natura erborea, non le acque e<br />
gli astri. Neppure i malvagi esclusi da questo amore. Perché anche essi, benché<br />
membri morti, erano pur sempre membri del gran corpo del Creato, e perciò<br />
vedevamo in essi, per quanto deturpata e bruttata dalla loro malvagità,<br />
la santa effigie del<br />
___________________________<br />
* coppia Adamo-Eva, protagonista di: Genesi 1, 26-29; 2, 7-25; 3; 4, 1-16.25-26,<br />
ivi inclusa la storia di Caino e Abele, cui si fa riferimento più sotto.<br />
Signore, che a sua immagine e somiglianza li aveva formati.<br />
Gioendo coi buoni, piangendo sui non buoni, pregando (amore fattivo che si<br />
estrinseca coll’impetrare e ottenere protezione a chi si ama) pregando per i<br />
buoni acciò fossero sempre più buoni per accostarsi sempre più alla perfezione<br />
del Buono che ci ama dai Cieli, pregando per i vacillanti fra la bontà e la<br />
malvagità perché si fortificassero e sapessero persistere sul cammino santo,<br />
pregando per i malvagi perché la Bontà parlasse al loro spirito, li atterrasse<br />
magari con una folgore del suo potere, ma li convertisse al Signore Iddio loro,<br />
Noi amammo. Come nessun altro amò. Spingemmo l’amore alle vette della perfezione<br />
per colmare, col nostro oceano d’amore, l’abisso scavato dal disamore dei Primi,<br />
che amarono sé più di Dio, volendo avere più che lecito non fosse per divenire<br />
superiori a Dio.<br />
3Perciò alla purezza, ubbidienza, carità, distacco da tutte le ricchezze della<br />
Terra (carne, potere, denaro: il trinomio di Satana opposto al trinomio di Dio:<br />
fede, speranza, carità); perciò all’odio, alla lussuria, all’ira, alla superbia<br />
(le quattro passioni perverse, antitesi delle quattro virtù sante: fortezza,<br />
temperanza, giustizia, prudenza) Noi dovemmo unire una costante pratica di tutto<br />
quanto era all’opposto del modo di agire della coppia Adamo-Eva. E se molto, per<br />
il nostro buon volere senza limite, ci fu ancor facile farlo, solo l’Eterno sa<br />
quanto fu eroico compiere questa pratica in certi momenti e in certi casi.<br />
Non voglio qui che parlarne di uno solo. E di mia Madre. Non di Me. Della nuova<br />
Eva, la quale aveva già respinto dai più teneri anni le blandizie usate da<br />
Satana per sedurla a mordere il frutto e sentirne il sapore che aveva reso folle<br />
la compagna di Adamo; della nuova Eva, la quale non si era limitata a respingere<br />
Satana, ma l’aveva vinto schiacciandolo sotto una volontà di ubbidienza, di<br />
amore, di castità talmente vasta che esso, il Maledetto, ne era rimasto<br />
schiacciato e domo.<br />
No! No, che non si alza Satana da sotto il calcagno della mia Madre Vergine!<br />
Sbava e spuma, rugge e bestemmia. Ma la sua bava cola in basso, ma il suo urlo<br />
non tocca l’atmosfera che circonda la mia Santa, la quale non ode fetore né<br />
cachinni demoniaci, non vede, neppur vede la schifosa bava del Rettile eterno,<br />
perché le armonie celesti ed i celesti aromi le danzano innamorati intorno alla<br />
bella e santa persona, e perché il suo occhio, più puro del giglio e più<br />
innamorato di quello di tortora tubante, fissa solo il suo Signore eterno, di<br />
cui è Figlia, Madre e Sposa.<br />
4Quando Caino uccise Abele, la bocca della madre proferì le maledizioni che il<br />
suo spirito, separato da Dio, suggeriva contro il suo prossimo più intimo: il<br />
figlio delle sue viscere, profanate da Satana e rese brute dall’incomposto<br />
desiderio. E quella maledizione fu la macchia nel regno del morale umano, come<br />
il delitto di Caino la macchia nel regno dell’animale umano. Sangue sulla Terra,<br />
sparso da mano fraterna. Il primo sangue, che attira come calamita millenaria<br />
tutto il sangue che mano d’uomo sparge traendolo da vene d’uomo. Maledizione<br />
sulla Terra, proferita da bocca d’uomo. Quasi che la Terra non<br />
fosse sufficientemente<br />
maledetta per causa dell’uomo ribelle al suo Dio e non avesse* dovuto conoscere<br />
i triboli e le spine e la durezza delle gleba, le siccità, le grandini, i geli,<br />
i solleoni, essa che era stata creata perfetta e servita da elementi perfetti<br />
per esser dimora facile e bella all’uomo suo re.<br />
Maria deve annullare Eva. Maria vede il secondo Caino: Giuda. Maria sa che egli
è il Caino del suo Gesù, del secondo Abele. Sa che il sangue di questo secondo<br />
Abele è stato venduto da quel Caino e già viene sparso. Ma non maledice. Ama e<br />
perdona. Ama e richiama.<br />
Oh! Maternità di Maria martire! Maternità sublime quanto la tua virginea e<br />
divina! Di quest’ultima ti ha fatto dono Iddio! Ma della prima tu, Madre santa,<br />
Corredentrice, ti sei fatta dono, perché tu, tu sola hai saputo, in quell’ora,<br />
col cuore franto dai flagelli che mi avevano franto le carni, dire a Giuda<br />
quelle parole; tu, tu sola hai saputo, in quell’ora, mentre sentivi già la croce<br />
spaccarti il cuore, amare e perdonare.<br />
5Maria: la nuova Eva. Essa vi insegna la nuova religione, che spinge l’amore a<br />
perdonare chi uccide un figlio. Non siate come Giuda, che a questa Maestra di<br />
Grazia chiude il cuore e dispera dicendo: “Egli non mi può perdonare”, mettendo<br />
in dubbio le parole della Madre della Verità e perciò le mie parole, che avevano<br />
sempre ripetuto che Io ero venuto per salvare e non perdere. Per perdonare a chi<br />
a Me veniva pentito.<br />
Maria, nuova Eva, ha anche Ella avuto da Dio un nuovo figlio “in luogo di Abele<br />
ucciso da Caino”. Ma non lo ebbe con un’ora di gioia brutale, che rende assopito<br />
il dolore sotto i vapori del senso e le stanchezze dell’appagamento. Lo ebbe in<br />
un’ora di dolore totale, ai piedi di un patibolo, fra i rantoli del Morente che<br />
le era Figlio, gli improperi di una folla deicida e una desolazione immeritata e<br />
totale, poiché anche Dio non più la consolava.<br />
La vita nuova incomincia per l’Umanità e per i singoli uomini da Maria. Nelle<br />
sue virtù e nel suo modo di vivere è la vostra scuola. E nel suo dolore, che<br />
ebbe tutti i volti, anche quello del perdono all’uccisore del suo Figlio, è la<br />
salvezza vostra».<br />
6Dice Gesù: «Un giorno ti parlerò ancora di Caino e dei Progenitori. Vi è molto<br />
da dire e da meditare».<br />
5 aprile 1944.<br />
7Dice Gesù:<br />
«Nella Genesi si legge: “Allora Adamo pose alla sua moglie il nome di Eva,<br />
essendo essa la madre di tutti i viventi”.<br />
Oh! sì. La donna era nata dalla “Virago” che Dio aveva formata per compagna di<br />
Adamo, traendola dalla costola dell’uomo. Era nata col suo destino<br />
doloroso<br />
_____________________<br />
* e non avesse, invece di e avesse, è correzione nostra.<br />
perché aveva voluto nascere*. Perché aveva voluto conoscere ciò che Dio le aveva<br />
occultato riserbandosi la gioia di darle la gioia di posterità senza avvilimento<br />
di senso. La compagna di Adamo aveva voluto conoscere il bene che si cela nel<br />
male e, soprattutto, il male che si cela nel bene, nell’apparente bene. Poiché,<br />
sedotta come era da Lucifero, aveva appetito a conoscenze che solo Dio poteva<br />
conoscere senza pericolo, e si era fatta creatrice. Ma, usando questa forza di<br />
bene indegnamente, l’aveva corrotta in atto di male, perché disubbidienza a Dio<br />
e malizia e ingordigia della carne.<br />
Ormai ella era la “madre”. Pianto infinito delle cose intorno all’innocenza<br />
della loro regina profanata! E pianto desolato della regina sulla sua<br />
profanazione, di cui comprende l’entità e l’impossibile annullamento! Se le<br />
tenebre e i cataclismi accompagnarono la morte dell’Innocente, anche tenebra e<br />
bufera accompagnarono la morte dell’Innocenza e della Grazia nei cuori dei<br />
Progenitori. Era nato il Dolore sulla Terra. E la Provvidenza di Dio non lo<br />
volle eterno, dandovi dopo anni di dolore la gioia di uscire dal dolore per<br />
entrare nella gioia, se sapete vivere con animo retto.<br />
Guai all’uomo se avesse dovuto farsi umanamente padrone della vita! E vivere col<br />
ricordo dei suoi delitti e il continuo aumento degli stessi, poiché vivere senza<br />
peccare vi è più impossibile che vivere senza respirare, creature che eravate<br />
state create per conoscere la Luce, e che la Tenebra ha avvelenato di sé<br />
facendovi sue vittime. La Tenebra! Essa vi circuisce continuamente. Vi avviluppa<br />
ridestando quanto il Sacramento ha cancellato e, poiché voi ad essa non opponete<br />
volontà d’esser di Dio, riesce a riavvelenarvi del suo veleno, che il Battesimo<br />
aveva reso innocuo.<br />
8Dio Padre allontanò l’uomo, della cui disubbidienza erano palesi i segni, dal
luogo delle paradisiache delizie, affinché non peccasse un’altra volta e più<br />
ancora alzando la mano ladra all’albero di Vita. Non si poteva più fidare il<br />
Padre dei suoi figli, né sentirsi sicuro nel suo terrestre Paradiso. Satana vi<br />
era penetrato una volta per insidiargli le creature predilette e, se aveva<br />
potuto indurli alla colpa quando erano innocenti, con agio maggiore l’avrebbe<br />
potuto rifare ora che innocenti non erano più.<br />
L’uomo aveva tutto voluto possedere, non lasciando a Dio il tesoro d’esser il<br />
Generatore. Se ne andasse perciò con la sua ricchezza acquistata con violenza e<br />
se la portasse seco sulla terra d’esilio, a farlo sempre memore del suo peccato,<br />
re avvilito e spogliato dei suoi doni. La creatura paradisiaca era divenuta<br />
creatura terrestre. E dovevano passare secoli di dolore perché l’Unico che<br />
potesse stendere la mano al frutto di Vita venisse e cogliesse per tutta<br />
l’Umanità tal frutto. Lo cogliesse con le sue mani trafitte e lo desse agli<br />
uomini perché tornassero coeredi del Cielo e possessori della Vita che non muore<br />
in eterno.<br />
__________________________<br />
* aveva voluto nascere, perché fu in conseguenza del suo peccato, commesso<br />
volutamente, che la Virago (la donna tratta dall’uomo) divenne Eva (la madre di<br />
tutti i viventi).<br />
9Dice ancora la Genesi: “Adamo poi conobbe la sua moglie Eva”.<br />
Avevano voluto conoscere i segreti del bene e del male. Giusto era che<br />
conoscessero ora anche il dolore di dover riprodurre se stessi nella carne<br />
avendo l’aiuto di Dio unicamente per ciò che l’uomo non può creare: lo spirito,<br />
scintilla che da Dio si parte, soffio che da Dio si infonde, sigillo che sulla<br />
carne appone il segno del Creatore eterno. Ed Eva partorì Caino.<br />
Eva era carica della sua colpa. Richiamo qui la vostra attenzione su un fatto<br />
che sfugge ai più. Eva era carica della sua colpa. Né il dolore era ancora stato<br />
subìto in misura sufficiente a diminuire la sua colpa. Come organismo carico di<br />
tossine, ella aveva trasmesso al figlio quanto pullulava in lei. E Caino, primo<br />
figlio d’Eva, era nato duro, invidioso, iracondo, lussurioso, perverso, di poco<br />
dissimile alle belve rispetto all’istinto, di molto superiore rispetto al<br />
soprannaturale, perché nel suo io feroce egli negava rispetto a Dio che guardava<br />
come un nemico, credendosi lecito di non averne culto sincero. Satana lo aizzava<br />
a deridere Dio. E chi deride Dio non rispetta nessuno al mondo. Onde coloro che<br />
sono a contatto coi derisori dell’Eterno conoscono l’amaro del pianto, perché<br />
non vi è per loro speranza di amore riverente nella prole, non sicurezza di<br />
amore fedele nel consorte, non certezza di amicizia onesta nell’amico.<br />
Lacrime e lacrime rigarono il volto di Eva e rigarono il suo cuore per la<br />
durezza del figlio, gettando nel suo cuore il germe del pentimento. Lacrime e<br />
lacrime che le ottennero una diminuzione di colpa, perché Dio al dolore di chi<br />
si pente perdona. E il secondogenito di Eva ebbe l’anima lavata nel pianto della<br />
madre, e fu dolce e rispettoso verso i genitori, e devoto al Signore suo, di cui<br />
sentiva l’onnipotenza raggiare dai Cieli. Era la gioia della decaduta.<br />
Ma il cammino del dolore di Eva doveva esser lungo e doloroso, proporzionato al<br />
suo cammino nell’esperienza di peccato. In questo, fremito di sensi. In quello,<br />
fremito di spasimi. In questo, baci. In quello, sangue. Da questo, un figlio. Da<br />
quello, la morte di un figlio. Del prediletto per la sua bontà. Abele diviene<br />
strumento di purificazione per la colpevole. Ma quale dolorosa purificazione!<br />
Essa empì dei suoi ululi la Terra esterrefatta per il fratricidio e mescolò le<br />
lacrime di una madre al sangue di un figlio, mentre colui che l’aveva sparso, in<br />
odio a Dio e al fratello amato da Dio, fuggiva inseguito dal suo rimorso.<br />
10Dice il Signore a Caino: “Perché sei irritato?. Perché, se tu manchi verso di<br />
Me, ti irriti che Io non ti guardi benigno?”.<br />
Quanti Caini sono sulla Terra! Essi mi danno un culto derisore e ipocrita o non<br />
me ne danno affatto, e vogliono che Io li guardi con amore e li colmi di<br />
felicità.<br />
Dio è vostro Re. Non vostro servo. Dio è vostro Padre. Ma un padre non è mai un<br />
servo, se si giudica secondo giustizia. Dio è giusto. Voi non lo siete. Ma Egli<br />
lo è. E non può certo, poiché vi colma a dismisura dei suoi benefici sol che lo<br />
amiate un poco, non darvi i suoi castighi poiché tanto lo schernite. La<br />
Giustizia non conosce due vie. Una è la sua via. Tale fate e tale avete. Se<br />
siete buoni, avete bene. Se siete malvagi, avete male. E, credetelo, è sempre<br />
molto più il bene che avete rispetto al male che dovreste avere per la vostra
maniera di vivere in ribellione alla Legge divina.<br />
11È detto da Dio: “Non è vero che se farai bene avrai bene e se farai male il<br />
peccato sarà subito alla tua porta?”. Infatti il bene porta ad una costante<br />
elevazione spirituale e rende sempre più capaci di compiere un bene sempre più<br />
grande, sino ad attingere la perfezione e divenire santi. Mentre basta cedere al<br />
male per degradarsi e allontanarsi dalla perfezione, conoscere il dominio del<br />
peccato che entra nel cuore e lo fa scendere per gradi a sempre maggiore<br />
colpevolezza.<br />
“Ma”, dice ancora Dio, “ma sotto di te sarà il desiderio di esso e tu lo devi<br />
dominare”. Sì. Dio non vi ha fatto schiavi del peccato. Le passioni sono sotto<br />
di voi. Non sopra di voi. Dio vi ha dato intelligenza e forza di dominarvi.<br />
Anche ai primi uomini, colpiti dal rigore di Dio, Egli ha lasciato intelligenza<br />
e forza morale. Ora, poi, da quando il Redentore ha consumato per voi il<br />
Sacrificio, voi avete ad aiuto dell’intelligenza e forza i fiumi della Grazia e<br />
potete, e dovete dominare il desiderio del male. Con la vostra volontà<br />
fortificata dalla Grazia lo dovete fare. Ecco perché gli angeli della mia<br />
Nascita cantarono alla Terra: “Pace agli uomini di buona volontà”. Io ero venuto<br />
per riportarvi la Grazia e, mediante il connubio di essa con la vostra buona<br />
volontà, sarebbe venuta agli uomini la Pace. La Pace: gloria del Cielo di Dio.<br />
12“E Caino disse al fratello: ‘Andiamo fuori’ ”. Menzogna che cela sotto un<br />
sorriso il tradimento che uccide. La delinquenza è sempre menzognera. Verso le<br />
sue vittime e verso il mondo che cerca ingannare. E vorrebbe ingannare anche<br />
Dio. Ma Dio legge nei cuori.<br />
“Andiamo fuori”. Tanti secoli dopo, uno disse: “Salve, Maestro”, e lo baciò. I<br />
due Caini nascosero il delitto sotto un’apparenza innocua e sfogarono l’invidia,<br />
l’ira, la prepotenza loro e tutti i malvagi istinti, sulla vittima, perché non<br />
avevano dominato se stessi, ma del proprio io corrotto avevano fatto schiavo lo<br />
spirito.<br />
Eva sale nell’espiazione. Caino scende verso l’inferno. La disperazione lo<br />
prende e ve lo sprofonda. E con la disperazione, ultimo colpo mortale allo<br />
spirito già languente per il suo delitto, viene la paura fisica, vile, della<br />
punizione umana. Non più essere memore del Cielo, l’uomo dall’anima morta è un<br />
animale che trema per la sua vita animale. La morte, il cui aspetto è sorriso<br />
per i giusti poiché per essa essi vanno alla gioia del possesso di Dio, è<br />
terrore a coloro che sanno che morire vuol dire passare dall’inferno del cuore<br />
all’Inferno di Satana in eterno. E come allucinati vedono dovunque vendetta<br />
pronta a colpirli.<br />
13Ma sappiate - parlo ai giusti - sappiate che se il rimorso e le tenebre di un<br />
cuore colpevole permettono e fomentano le allucinazioni del peccatore, a nessuno<br />
è lecito erigersi a giudice del fratello e tanto meno a giustiziere. Uno solo è<br />
Giudice: Dio. E se la giustizia dell’uomo ha creato i suoi tribunali, ad essi<br />
occorre deferire il compito di amministrare giustizia, e guai a coloro che<br />
profanano tal nome e giudicano per aculeo di passione propria o per pressione di<br />
potenze umane.<br />
Maledizione a chi si fa giustiziere privato di un suo simile! Ma maledizione<br />
ancor più grande a chi, senza coefficiente di impulsivo sdegno ma per freddo<br />
calcolo umano, manda a morte o a disonore di carcere senza giustizia. Ché, se a<br />
colui che uccide chi uccise sarà dato castigo sette volte più grande, come disse<br />
il Signore sarebbe avvenuto di chi colpiva Caino, colui che senza giustizia<br />
condanna, per asservimento a Satana in veste di Prepotere umano, sarà colpito<br />
settantasette volte dal rigore di Dio.<br />
Questo occorrerebbe aver sempre presente, e specie in quest’ora*, uomini che vi<br />
uccidete a vicenda per fare dei caduti la base del vostro trionfo, e non sapete<br />
che vi scavate sotto i piedi il trabocchetto in cui precipiterete maledetti da<br />
Dio e dagli uomini. Poiché Io ho detto: “Non ucciderai”.<br />
14Eva sale sul suo cammino di espiazione. Il pentimento cresce in lei davanti<br />
alle prove del suo peccato. Volle conoscere il bene e il male. E il ricordo del<br />
bene perduto le è come il ricordo del sole ad uno subitamente acciecato; e il<br />
male le sta davanti nella spoglia del figlio ucciso e intorno per il vuoto<br />
lasciato dal figlio omicida e fuggiasco. E nasce Set. E, da Set, Enos. Il primo<br />
sacerdote.<br />
Voi vi gonfiate la mente dei fumi della vostra scienza e parlate di evoluzione<br />
come di un segno della vostra formazione spontanea. L’uomo-animale evolvendosi<br />
raggiungerà il superuomo. Dite così**. Sì. Così è. Ma a modo mio. Nel campo mio.
Non nel vostro. Non passando dalla sorte di quadrumani a quella di uomini. Ma<br />
passando da quella di uomini a quella di spiriti. Tanto più crescerà lo spirito<br />
e tanto più vi evolverete.<br />
Voi che parlate di glandole, e vi empite la bocca parlando di ipofisi o pineale,<br />
e mettete in essa la sede della vita, presa non nel tempo che la vivete ma nei<br />
tempi che hanno preceduto e che susseguiranno la vostra vita attuale, sappiate<br />
che la vera ghiandola vostra, quella che fa di voi i possessori eterni della<br />
Vita, è lo spirito vostro. Più questo sarà sviluppato e più possederete le luci<br />
divine e vi evolverete da uomini a dèi, immortali dèi, ottenendo così, senza<br />
contravvenire al desiderio di Dio, al suo comando circa l’albero di Vita, di<br />
possedere questa Vita proprio come Dio vuole la possediate, poiché Egli per voi<br />
l’ha creata eterna e fulgida, abbraccio beatifico con la sua eternità che vi<br />
assorbe in sé e vi comunica le sue proprietà.<br />
Più lo spirito sarà evoluto e più conoscerete Dio. 15Conoscere Dio vuol dire<br />
amarlo e servirlo, e perciò esser capaci di invocarlo per sé e per gli altri.<br />
Divenire perciò i sacerdoti che dalla Terra pregano per i fratelli. Poiché è<br />
sacerdote il consacrato. Ma lo è anche il credente convinto, amoroso, fedele. Lo<br />
è soprattutto l’anima vittima che immola se stessa per impulso di carità.<br />
Non è l’abito, ma l’animo quello che Dio osserva. E in verità vi dico che, agli<br />
occhi miei, appaiono molti tonsurati che di sacerdotale non hanno che la<br />
tonsura*** e molti laici nei quali la Carità, che li possiede e dalla quale si<br />
lasciano<br />
______________________<br />
* specie in quest’ora, poiché nel 1944 imperversava la seconda guerra mondiale.<br />
** Dite così, come già in 4.7.<br />
*** la tonsura, particolare taglio dei capelli, era ai tempi della scrittrice<br />
uno dei segni esteriori del sacerdote a del religioso.<br />
consumare, è Olio dell’ordinazione che fa di essi i miei sacerdoti, ignoti al<br />
mondo ma noti a Me che li benedico».<br />
607. Giovanni va a prendere la Madre.<br />
1Ore 10,30 del Venerdì Santo 1944 (7- 4- 44). Ora che il mio interno<br />
ammonitore mi dice esser quella in cui Giovanni andò da Maria.<br />
Vedo il prediletto ancor più pallido di quando era nel cortile di Caifa insieme<br />
a Pietro. Forse perché là la luce del fuoco acceso gli dava un riflesso caldo<br />
alle guance. Ora appare scavato come da una grave malattia ed esangue. Il suo<br />
viso emerge dalla tunica lilla come quello di un annegato, tanto è di un pallore<br />
livido. Anche gli occhi sono offuscati, i capelli opachi e spettinati, la barba,<br />
spuntata in quelle ore, gli mette un velo chiaro sulle guance e il mento e le fa<br />
apparire, biondo-chiara come è, ancor più pallide. Non ha più nulla del dolce,<br />
ilare Giovanni, né dell’inquieto Giovanni che poco prima, con una vampa di<br />
sdegno sul volto, a fatica si è contenuto dal malmenare Giuda.<br />
Bussa alla porta della casa e, come se dall’interno qualcuno, timoroso di<br />
ritrovarsi di fronte Giuda, chiedesse chi è che picchia, risponde: «Sono<br />
Giovanni». L’uscio si apre ed egli entra.<br />
Va anche lui subito nel cenacolo, non rispondendo alla padrona che gli chiede:<br />
«Ma che avviene in città?».<br />
Si chiude dentro e cade in ginocchio contro al sedile su cui era Gesù e piange<br />
chiamandolo con dolore. Bacia la tovaglia nel posto dove il Maestro tenne<br />
congiunte le mani, carezza il calice che fu tra le sue dita... Poi dice: «Oh!<br />
Dio altissimo, aiutami! Aiutami a dirlo alla Madre! Io non ho cuore!... Eppure<br />
devo dirlo. Io devo dirlo, poiché sono rimasto solo!».<br />
Si alza e pensa. Tocca ancora il calice come per attingere forza da<br />
quell’oggetto toccato dal Maestro. Si guarda intorno... Vede, ancora nel suo<br />
angolo dove Gesù l’ha posto, il purificatoio usato dal Maestro per asciugarsi le<br />
mani dopo la lavanda e l’altro che si era cinto alla vita. Li prende, li piega e<br />
li carezza e bacia.<br />
Resta ancora perplesso, ritto in mezzo alla stanza vuota. Dice: «Andiamo!», ma<br />
non si muove verso la porta. Anzi torna al tavolo e prende il calice e il pane<br />
spezzato in un angolo da Gesù per staccarne il boccone da dare a Giuda, intinto.
Li bacia e, insieme ai due purificatoi, li prende e se li tiene stretti contro<br />
al cuore come una reliquia. Ripete: «Andiamo!», e sospira. Cammina verso la<br />
scaletta e la sale a spalle curve e a passi riluttanti e strascicati. Apre,<br />
esce.<br />
2«Giovanni, sei venuto?». Maria è riapparsa sulla porta della sua stanza,<br />
sorreggendosi allo stipite come se non avesse forza di star ritta da sola.<br />
Giovanni alza il capo e la guarda. Vorrebbe parlare e apre la bocca. Ma non<br />
riesce. Due lacrimoni gli rotolano giù dalle guance. Curva il capo, vergognoso<br />
della sua debolezza.<br />
«Vieni qui, Giovanni. Non piangere. Tu non devi piangere. Tu lo hai sempre amato<br />
e fatto felice. Ciò ti conforti».<br />
Queste parole aprono le dighe al pianto di Giovanni, che diviene tanto alto e<br />
fragoroso da fare affacciare la padrona, Maria Maddalena, la moglie di Zebedeo e<br />
le altre...<br />
«Vieni da me, Giovanni». Maria si stacca dallo stipite e prende per un polso il<br />
discepolo, e lo trascina dentro alla stanza come fosse un bambino, e chiude la<br />
porta piano, per isolarsi con lui.<br />
Giovanni non reagisce. Ma, quando si sente posare sul capo la mano tremante di<br />
Maria, cade in ginocchio posando al suolo gli oggetti che aveva contro il cuore<br />
e, viso contro il suolo, tenendo un lembo della veste di Maria premuto sul suo<br />
viso convulso, singhiozza: «Perdono! Perdono! Madre, perdono!».<br />
Maria, ritta e ambasciata, con una mano sul cuore e l’altra pendente lungo il<br />
fianco, con una voce di strazio dice: «Che ti devo perdonare, povero figliuolo?<br />
Che? A te!».<br />
Giovanni alza il volto, mostrandolo così come è, senza più traccia di orgoglio<br />
maschile, il volto di un povero bambino piangente, e grida: «Di averlo<br />
abbandonato! Di esser fuggito! Di non averlo difeso! Oh! Maestro mio! O Maestro,<br />
perdono! Dovevo morire prima di lasciarti! Madre, Madre, chi mi leverà più<br />
questo rimorso?».<br />
«Pace, Giovanni. Egli ti perdona, ti ha già perdonato. Non ha mai tenuto conto<br />
del tuo smarrimento. Ti ama». Maria parla con soste fra le brevi frasi, come<br />
presa da affanno, tenendo una mano sul capo di Giovanni e una sul suo povero<br />
cuore che palpita d’angoscia.<br />
«Ma io non l’ho saputo capire neanche ieri sera... e ho dormito mentre Egli<br />
chiedeva il conforto del nostro vegliare. Solo l’ho lasciato, il mio Gesù! E poi<br />
sono scappato quando quel maledetto è venuto coi manigoldi...».<br />
«Giovanni, non maledire. Non odiare, Giovanni. Lascia al Padre il giudizio di<br />
farlo. 3Ascolta: dove è Egli, ora?».<br />
Giovanni torna a cadere faccia a terra, piangendo più forte.<br />
«Rispondi, Giovanni. Dove è mio Figlio?».<br />
«Madre... io... Madre, è... Madre...».<br />
«È condannato, lo so. Ti chiedo: dove è in questo momento».<br />
«Ho fatto tutto il possibile perché mi vedesse... ho cercato di ricorrere a chi<br />
è potente per ottenere pietà, per farlo... per farlo soffrire meno. Non gli<br />
hanno fatto molto male...».<br />
«Non mentire, Giovanni. Neppure per pietà di una madre. Non ci riusciresti. E<br />
sarebbe inutile. Io so. Da ieri sera l’ho seguito nel suo dolore. Tu non le<br />
vedi. Ma le mie carni sono contuse dai suoi stessi flagelli, ma alla mia fronte<br />
stanno le spine, ho sentito le percosse... tutto. Ma ora... non vedo più. Ora<br />
ignoro dove è il mio Figlio condannato alla croce!... alla croce!... alla<br />
croce!... Oh! Dio, dammi forza! Egli mi deve vedere. Non devo sentire il mio<br />
dolore finché Egli sente il suo. Quando poi sarà... finito tutto, fàmmi morire<br />
allora, o Dio, se vuoi. Ora no. Per Lui no. Perché mi veda. 4Andiamo, Giovanni.<br />
Dove è Gesù?».<br />
«Parte dalla casa di Pilato. Questo clamore è la turba che grida intorno a Lui,<br />
legato, sugli scalini del Pretorio, in attesa della croce o già camminante verso<br />
il Golgota».<br />
«Avverti tua madre, Giovanni, e le altre donne. E andiamo. Prendi quel calice,<br />
quel pane, quei lini... Mettili qui. Ci saranno di conforto... poi... e<br />
andiamo».<br />
Giovanni raccoglie gli oggetti rimasti al suolo ed esce per chiamare le donne. E<br />
Maria lo attende, passandosi sul viso quei lini come per ritrovare su essi la<br />
carezza della mano del Figlio, e bacia il calice e il pane, e mette tutto su una<br />
scansia. E si ammanta ben stretta nel suo manto calandolo fin sugli occhi, al di
sopra del velo che le fascia il capo e le si attorciglia al collo. Non piange.<br />
Ma trema. E pare che l’aria le manchi tanto ansa a bocca aperta.<br />
Giovanni rientra seguito dalle donne piangenti.<br />
«Figlie! Tacete! Aiutatemi a non piangere! Andiamo». E si appoggia a Giovanni,<br />
che la guida e sorregge come fosse una cieca.<br />
La visione cessa così. Sono le 12,30 di ora, ossia le 11,30 dell’ora solare.<br />
608. La via dolorosa dal Pretorio al Calvario.<br />
26 marzo 1945.<br />
1Passa qualche tempo* così, non più di una mezz’ora, forse anche meno. Poi<br />
Longino, incaricato di presiedere all’esecuzione, dà i suoi ordini.<br />
Ma prima che Gesù sia condotto fuori, nella via, per ricevere la croce e<br />
mettersi in moto, Longino, che lo ha guardato due o tre volte, con una curiosità<br />
che si tinge già di compassione e con l’occhio pratico di chi non è nuovo a<br />
certe cose, si accosta a Gesù con un soldato e gli offre un ristoro: una coppa<br />
di vino, credo. Perché mesce da una vera borraccia militare un liquido di un<br />
biondo-roseo chiaro. «Ti farà bene. Devi avere sete. E fuori c’è sole. E lunga è<br />
la via».<br />
Ma Gesù risponde: «Dio ti compensi della tua pietà. Ma non te ne privare».<br />
«Ma io sono sano e forte... Tu... Non mi privo... E poi... volentieri lo farei,<br />
se fosse, per darti un conforto... Un sorso... per mostrarmi che non odii i<br />
pagani».<br />
Gesù non ricusa più e beve un sorso della bevanda. Ha le mani già slegate, come<br />
non ha più canna né clamide, e lo può fare da Sé. E poi rifiuta, nonostante la<br />
bevanda fresca e buona dovrebbe essere di un grande ristoro alla febbre che già<br />
si manifesta nelle striature rosse che si accendono sulle sue guance pallide e<br />
nelle labbra asciutte, screpolate.<br />
_______________________<br />
* qualche tempo, dalla fine della visione (604.35) che immediatamente precede<br />
nell’ordine di stesura (25 marzo 1945).<br />
«Prendi, prendi. È acqua e miele. Sostiene. Disseta... Mi fai pietà... sì...<br />
pietà... Non eri Tu da uccidere fra gli ebrei... Mah!... Io non ti odio... e<br />
cercherò di farti soffrire solo il necessario» .<br />
Ma Gesù non torna a bere... Ha veramente sete... La tremenda sete degli svenati<br />
e dei febbrili... Sa che non è bevanda narcotizzata e berrebbe volentieri. Ma<br />
non vuole soffrire meno. Ma io comprendo, come comprendo questo che dico per<br />
luce interna, che ancora più che l’acqua melata gli è di ristoro la pietà del<br />
romano.<br />
«Dio ti renda in benedizione questo sollievo», dice poi. E ha ancora un<br />
sorriso... uno straziante sorriso con la bocca enfiata, ferita, che si piega a<br />
fatica, anche perché fra il naso e lo zigomo destro sta enfiando fortemente la<br />
forte contusione della bastonata presa nel cortile interno dopo la<br />
flagellazione.<br />
2Sopraggiungono i due ladroni, inquadrati da una decuria per uno di armati.<br />
È l’ora di andare. Longino dà gli ultimi ordini.<br />
Una centuria si dispone in due file distanti un tre metri l’una dall’altra ed<br />
esce così nella piazza, su cui un’altra centuria ha formato un quadrato per<br />
respingere la folla acciò non ostacoli il corteo. Sulla piazzetta sono già degli<br />
uomini a cavallo: una decuria di cavalleria con un giovane graduato che la<br />
comanda e con le insegne. Un soldato a piedi tiene per la briglia il morello del<br />
centurione. Longino monta in sella e va al suo posto, davanti un due metri dagli<br />
undici a cavallo.<br />
Portano le croci. Quelle dei due ladroni sono più corte. Quella di Gesù molto<br />
più lunga. Io dico che l’asta verticale non lo è meno di un quattro metri.<br />
Io la vedo portata già formata. Ho letto su questo, quando leggevo... ossia anni<br />
fa, che la croce fu composta sulla cima del Golgota e che lungo il cammino i<br />
condannati portavano solo i due pali a fascio sulle spalle. Tutto può essere. Ma<br />
io vedo una vera croce, ben contesta, solida, perfettamente incastrata<br />
nell’incrocio dei due bracci e ben rinforzata con chiodi e bulloni negli stessi.<br />
E infatti, se si pensa che era destinata a sostenere un peso non indifferente,
quale è il corpo di un adulto, e sostenerlo anche nelle convulsioni finali, non<br />
indifferenti, si comprende che non poteva essere fabbricata lì per lì sulla<br />
stretta e scomoda cima del Calvario.<br />
Prima di dare la croce a Gesù, gli passano al collo la tavola con la scritta<br />
Gesù Nazzareno Re dei Giudei. E la fune che la sostiene si impiglia nella<br />
corona, che si sposta e sgraffia dove non è già sgraffiato e penetra in nuovi<br />
posti dando nuovo dolore e facendo sgorgare nuovo sangue. La gente ride di<br />
sadica gioia, insulta, bestemmia.<br />
Ora sono pronti. E Longino dà l’ordine di marcia. «Per primo il Nazzareno,<br />
dietro i due ladroni; una decuria intorno ad ognuno, le altre sette decurie a<br />
fare da ala e rinforzo, e sarà responsabile il soldato che fa ferire a morte i<br />
condannati».<br />
3Gesù scende i tre scalini che dal vestibolo portano sulla piazza. E appare<br />
subito evidente che Gesù è in condizioni di forte debolezza. Vacilla nello<br />
scendere i tre scalini, impicciato dalla croce che preme sulla spalla tutta<br />
piagata, dalla tabella della scritta che ballonzola sul davanti e sega sul<br />
collo, dagli ondeggiamenti che imprime al corpo la lunga asta della croce, che<br />
sobbalza sugli scalini e sulle asperità del suolo.<br />
I giudei ridono, nel vederlo come ubriaco tentennare, e gridano ai soldati:<br />
«Urtatelo. Fatelo cadere. Nella polvere il bestemmiatore!». Ma i soldati fanno<br />
soltanto ciò che devono, ossia ordinano al Condannato di mettersi in mezzo alla<br />
via e di camminare.<br />
Longino sprona il cavallo, e il corteo si mette in moto lentamente. E Longino<br />
vorrebbe anche fare presto, prendendo la via più breve per andare al Golgota,<br />
perché non è sicuro della resistenza del Condannato. Ma la teppa scatenata, e<br />
chiamarla teppa è ancora un onore, non vuole così. Quelli che sono stati più<br />
furbi sono già corsi in avanti, al bivio dove la strada si biforca per andare da<br />
una parte verso le mura, dall’altra verso la città, e tumultuano, urlando,<br />
quando vedono che Longino tenta pigliare quella delle mura. «Non devi! Non devi!<br />
È illegale! La Legge dice che i condannati devono essere visti dalla città dove<br />
peccarono!». I giudei in coda al corteo comprendono che là davanti si tenta<br />
defraudarli di un diritto e uniscono le loro urla a quelle dei colleghi.<br />
Per amor di pace, Longino piega per la via che va verso la città e ne fa un<br />
pezzo. Ma fa anche cenno ad un decurione di venirgli accosto (dico decurione<br />
perché è il graduato, ma forse è quello che noi diremmo il suo ufficiale di<br />
ordinanza) e gli dice qualche cosa piano. Costui torna indietro al trotto e, man<br />
mano che raggiunge ogni capo decuria, trasmette l’ordine. Poi ritorna presso<br />
Longino a riferire che è fatto. E infine raggiunge il posto di prima, nella fila<br />
dietro a Longino.<br />
4Gesù procede ansando. Ogni buca della via è un tranello per il suo piede<br />
vacillante e una tortura per le sue spalle impiagate, per il suo capo coronato<br />
di spine su cui scende a perpendicolo un sole esageratamente caldo, che ogni<br />
tanto si nasconde dietro un tendone plumbeo di nubi. Ma che, anche se nascosto,<br />
non cessa di ardere. Gesù è congestionato dalla fatica, dalla febbre e dal<br />
caldo. Penso che anche la luce e gli urli gli debbano dare tormento. E, se non<br />
può tapparsi gli orecchi per non sentire quei gridi sgangherati, socchiude gli<br />
occhi per non vedere la strada abbacinante di sole... Ma li deve anche riaprire<br />
perché inciampa in sassi e buche, e ogni inciampone è dolore perché smuove<br />
bruscamente la croce che urta sulla corona, che si sposta sulla spalla piagata e<br />
allarga la piaga e accresce il dolore.<br />
I giudei non possono più colpirlo direttamente. Ma ancora qualche sasso arriva e<br />
qualche bastonata. Il primo, specie nelle piazzette piene di folla. Le seconde,<br />
invece, nelle svolte, per le stradette tutte a scalini che salgono e scendono,<br />
ora uno, ora tre, ora più, per i continui dislivelli della città. Lì, per forza,<br />
il corteo rallenta, e c’è sempre qualche volonteroso (!) che sfida le lance<br />
romane pur di dare un nuovo tocco al capolavoro di tortura che è ormai Gesù.<br />
I soldati lo difendono come possono. Ma anche per difenderlo lo colpiscono,<br />
perché le lunghe aste delle lance, brandite in così poco spazio, lo urtano e lo<br />
fanno incespicare. Ma, giunti ad un certo punto, i soldati fanno una manovra<br />
impeccabile e, nonostante gli urli e le minacce, il corteo devia bruscamente per<br />
una via che va diretta verso le mura, in discesa, una via che abbrevia molto<br />
l’andare verso il luogo del supplizio.<br />
Gesù ansa sempre più. Il sudore gli riga il volto insieme al sangue che gli geme<br />
dalle ferite della corona di spine. La polvere si appiccica a questo volto
agnato e lo fa maculato di macchie strane. Perché vi è anche vento, ora. Delle<br />
folate sincopate a lunghi intervalli, in cui ricade la polvere che la folata ha<br />
alzata in vortici, che portano detriti negli occhi e nelle fauci.<br />
Alla porta Giudiziaria sono già ammucchiate persone e persone. Quelli che,<br />
previdenti, si sono per tempo scelti un buon posto per vedere. Ma, poco prima di<br />
giungere ad essa, Gesù dà già segno di cadere. Solo il pronto intervento di un<br />
soldato, sul quale Egli quasi va a cadere, impedisce che Gesù vada per terra. La<br />
gentaglia ride e urla: «Lascialo! Diceva a tutti: “Sorgete”. Sorga Lui, ora...<br />
».<br />
Oltre la porta è un torrentello e un ponticello. Nuova fatica per Gesù andare su<br />
quelle tavole sconnesse, sulle quali rimbalza ancor più fortemente la lunga asta<br />
della croce. E nuova miniera di proiettili per i giudei. Volano i sassi del<br />
torrente e colpiscono il povero Martire...<br />
5Ha inizio la salita del Calvario. Una via nuda, senza un filo d’ombra, selciata<br />
a pietre sconnesse, che attacca direttamente la salita.<br />
Anche qui, quando leggevo, ho letto che il Calvario era alto pochi metri. Sarà.<br />
Non è certo un monte. Ma un colle lo è, e non certo più basso di quello che è,<br />
rispetto ai Lungarni, il monte alle Croci, là dove è la basilica di S. Miniato,<br />
a Firenze. Qualcuno dirà: «Oh! poca cosa!». Sì, per uno sano e forte è poca<br />
cosa. Ma basta avere il cuore debole per sentire se è poca o tanta!... Io so<br />
che, dopo che mi si ammalò il cuore, anche se ancora in forma benigna, non<br />
potevo più fare quella salita senza soffrirne molto e dovendo sostare ad ogni<br />
poco, e non avevo pesi sulle spalle. E Gesù credo che avesse il cuore molto male<br />
a posto dopo la flagellazione e il sudore sanguigno... e non contemplo altro che<br />
queste due cose.<br />
Gesù soffre perciò acutamente nel salire e col peso della croce che, così lunga<br />
come è, deve anche pesare molto.<br />
Trova una pietra sporgente e siccome, sfinito come è, alza ben poco il piede,<br />
inciampa e cade sul ginocchio destro, riuscendo però a sorreggersi con la mano<br />
sinistra. La gente urla di gioia... Si rialza. Procede. Sempre più curvo e<br />
ansante, congestionato, febbrile...<br />
Il cartello che gli ballonzola davanti gli ostacola la vista; la veste lunga<br />
che, ora che Lui va curvo, strascica per terra sul davanti, gli ostacola il<br />
passo. Inciampa di nuovo e cade sui due ginocchi, ferendosi di nuovo dove è già<br />
ferito; e la croce che gli sfugge di mano e cade, dopo averlo percosso<br />
fortemente sulla schiena, lo obbliga a chinarsi a rialzarla ed a faticare per<br />
porsela sulle spalle di nuovo. Mentre fa questo, appare nettamente visibile<br />
sulla spalla destra la piaga fatta dallo sfregamento della croce, che ha aperto<br />
le molte piaghe dei flagelli e le ha unificate in una sola che trasuda siero e<br />
sangue, di modo che la tunica bianca è in quel luogo tutta macchiata. La gente<br />
ha persino degli applausi per la gioia di vederlo cadere così male...<br />
Longino incita a spicciarsi, e i soldati, con colpi di piatto dati con le daghe,<br />
sollecitano il povero Gesù a procedere. Si riprende il cammino con una lentezza<br />
sempre maggiore, nonostante ogni sollecitazione.<br />
Gesù sembra tutt’affatto ebbro, tanto va barcollando, urtando or l’una or<br />
l’altra delle file dei soldati, tenendo tutta la via. E la gente lo nota e urla:<br />
«Gli è andata al capo la sua dottrina. Ve’, ve’ come traballa!». E altri, e non<br />
sono popolo questi, ma sacerdoti e scribi, sogghignano: «No. Sono i festini in<br />
casa di Lazzaro che ancora fanno fumo. Erano buoni? Ora mangia il nostro<br />
cibo...», e simili altre frasi.<br />
6Longino, che si volta ogni tanto, ha pietà e ordina una sosta di qualche<br />
minuto. Ed è insultato tanto dalla plebaglia che il centurione ordina alle<br />
milizie di caricare. E la folla vile, davanti alle lance che luccicano e<br />
minacciano, si allontana urlando e gettandosi qua e là giù per il monte.<br />
È qui che rivedo, fra i pochi rimasti, emergere da dietro una maceria, forse di<br />
qualche muretto franato, il gruppetto dei pastori. Desolati, stravolti,<br />
polverosi, stracciati, essi chiamano a loro, con la forza degli sguardi, il loro<br />
Maestro. Ed Egli gira il capo, li vede... li fissa come fossero volti di angeli,<br />
pare dissetarsi a fortificarsi col loro pianto, e sorride... Viene ridato<br />
l’ordine di marcia e Gesù passa proprio davanti a loro e ne ode il pianto<br />
angoscioso. Torce a fatica il capo da sotto il giogo della croce e ha un nuovo<br />
sorriso... I suoi conforti... Dieci volti... una sosta sotto al cocente sole...<br />
E poi subito il dolore della terza completa caduta. E questa volta non è che<br />
inciampi. Ma è che cade per subita flessione delle forze, per sincope. Va lungo
disteso, battendo il volto sulle pietre sconnesse, rimanendo nella polvere sotto<br />
la croce che gli si piega addosso. I soldati cercano rialzarlo. Ma, poiché pare<br />
morto, vanno a riferire al centurione. Mentre vanno e vengono, Gesù rinviene, e<br />
lentamente, con l’aiuto di due soldati, di cui uno rialza la croce e l’altro<br />
aiuta il Condannato a porsi in piedi, si rimette al suo posto. Ma è proprio<br />
sfinito.<br />
«Fate che non muoia che sulla croce! », urla la folla.<br />
«Se lo fate morire avanti, ne risponderete al Proconsole, ricordatelo. Il reo<br />
deve giungere vivo al supplizio», dicono i capi degli scribi ai soldati.<br />
Questi li fulminano con sguardi feroci, ma per disciplina non parlano.<br />
7Longino, però, ha la stessa paura dei giudei che il Cristo muoia per via, e non<br />
vuole noie. Senza bisogno che nessuno glielo ricordi, sa quale è il suo dovere<br />
di preposto alla esecuzione, e provvede. Provvede disorientando i giudei che<br />
sono già corsi avanti per la via, raggiunta da tutte le parti del monte,<br />
sudando, graffiandosi per passare fra i rari e spinosi cespugli del monte brullo<br />
e arso, cadendo sulle macerie che lo ingombrano come fosse un luogo di sbratto<br />
per Gerusalemme, senza sentire altra pena fuorché quella di perdere un ansito<br />
del Martire, un suo sguardo di dolore, un atto anche involontario di sofferenza,<br />
e senza altra paura che non sia quella di non giungere ad avere un buon posto.<br />
Longino dà, dunque, ordine di prendere la via più lunga, che sale a spirale<br />
lungo il monte e che perciò è molto meno ripida. Sembra questa un sentiero che a<br />
forza di essere percorso si sia mutato in via abbastanza comoda.<br />
Questo incrocio di una via con l’altra avviene ad una metà circa del monte. Ma<br />
vedo che più su, per quattro volte, la strada diretta viene tagliata da questa,<br />
che va su con molto meno pendenza e molto più lunghezza in compenso. E su questa<br />
strada sono persone che salgono, ma che non partecipano all’indegna gazzarra<br />
degli ossessi che seguono Gesù per godere dei suoi tormenti. Donne, per la più<br />
parte, e piangenti e velate, e qualche gruppetto di uomini, molto sparuto in<br />
verità, che, più avanti di molto delle donne, sta per scomparire alla vista<br />
quando, nel proseguire, la strada gira il monte.<br />
Qui il Calvario ha una specie di punta nella sua bizzarra struttura, fatta a<br />
muso da una parte, mentre dall’altra scoscende. Cercherò dargliene un’idea del<br />
suo aspetto preso di profilo. Ma bisogna che volti il foglio, perché qui mi<br />
viene male per mancanza di spazio*.<br />
Gli uomini scompaiono dietro la punta sassosa e li perdo di vista.<br />
8La gente che seguiva Gesù urla di rabbia. Era più bello, per essa, vederlo<br />
cadere. Con oscene imprecazioni al Condannato e a chi lo conduce, si dà in parte<br />
a seguire il corteo giudiziario e parte prosegue quasi di corsa su per la via<br />
ripida, per rifarsi, con un ottimo posto sulla vetta, della delusione avuta.<br />
Le donne che vanno piangendo, e sono al punto che segno con la lettera D, si<br />
volgono nel sentire gli urli e vedono che il corteo piega per quella parte. Si<br />
fermano, allora, addossandosi al monte, per tema di essere gettate giù dalla<br />
china dai violenti giudei. Calano ancor più i loro veli sul volto. E vi è chi è<br />
completamente velata come una mussulmana, lasciando liberi solo gli occhi<br />
nerissimi. Sono vestite molto riccamente ed hanno, a difesa, un vecchio robusto<br />
che, tutto ammantellato come è, non distinguo nel volto. Ne vedo solo la barba<br />
lunga, e più bianca che nera, sporgere dal mantellone scurissimo.<br />
Quando Gesù giunge alla loro altezza, esse hanno un pianto più alto e si curvano<br />
in profondo saluto. Poi si fanno risolutamente avanti. I soldati vorrebbero<br />
respingerle con le aste. Ma quella tutta coperta come una mussulmana scosta per<br />
un attimo il velo all’alfiere, sopraggiunto a cavallo per vedere che è questo<br />
nuovo intoppo, e questo dà ordine di farla passare. Non posso vedere né il<br />
volto, né il vestito, perché lo spostamento del velo è fatto con rapidità di<br />
lampo e l’abito è tutto nascosto in un mantello lungo fino a terra, pesante,<br />
chiuso completamente da una serie di fibbie. La mano, che per un attimo esce da<br />
là sotto per spostare il velo,<br />
_______________________<br />
* spazio. Nello schizzo che MV fa seguire si legge, alla base, Porta Giudiziaria<br />
al centro delle mura della Città. Poco più sopra, in parallelo, è per due volte<br />
la parola Torrente, e all’estremità destra ortaglie. La didascalia a sinistra<br />
dice: Il Calvario. La via quadrettata è quella ripida, abbandonata, per lo stato<br />
di Gesù, dove cessa il segno rosso [che va dalla “Porta Giudiziaria” al primo<br />
incrocio]. Quella rossa la via a spirale fatta poi da Gesù [a partire dal primo<br />
incrocio]. I punti segnati con le lettere D e M trovano spiegazione nel testo.
Oltre alla via in rosso, MV tinteggia il monte in giallo e il torrente in bleu.<br />
è bianca e bella. Ed è, con gli occhi nerissimi, l’unica cosa che si veda di<br />
questa alta matrona, certo influente se è così ubbidita dall’aiutante di<br />
Longino.<br />
9Si accostano a Gesù piangendo e si inginocchiano ai suoi piedi mentre Egli si<br />
ferma ansante... e pure sa ancora sorridere a quelle pietose e all’uomo che le<br />
scorta, che si scopre per mostrare che è Gionata. Ma questo le guardie non lo<br />
fanno passare. Solo le donne.<br />
Una è Giovanna di Cusa. Ed è più disfatta di quando era morente*. Di rosso non<br />
ha che le righe del pianto, e poi è tutta una faccia di neve con i dolci occhi<br />
neri che, così offuscati come sono, sembrano divenuti di un viola scurissimo<br />
come certi fiori. Ha in mano un’anfora d’argento e l’offre a Gesù. Ma Egli<br />
ricusa. D’altronde, è tanto il suo affanno che non potrebbe neppur bere. Con la<br />
mano sinistra si asciuga il sudore e il sangue che gli cade negli occhi e che,<br />
scorrendo lungo le guance paonazze e il collo, dalle vene turgide nel battito<br />
affannoso del cuore, bagna tutta la veste sul petto.<br />
Un’altra donna, che ha preso una fanciulla servente con uno scrignetto fra le<br />
braccia, apre lo scrignetto, ne trae un lino finissimo, quadrato, e lo offre al<br />
Redentore. Questo lo accetta. E poiché non può con una mano sola fare da Sé, la<br />
pietosa lo aiuta, badando di non urtargli la corona, a posarselo sul volto. E<br />
Gesù preme il fresco lino sulla sua povera faccia a ve lo tiene, come ne<br />
trovasse un grande ristoro.<br />
Poi rende il lino e parla: «Grazie Giovanna, grazie Niche,... Sara,...<br />
Marcella,... Elisa,... Lidia,... Anna,... Valeria,... e tu... Ma... non<br />
piangete... su Me... figlie di... Gerusalemme... Ma sui peccati... vostri e su<br />
quelli... della vostra città... Benedici... Giovanna... di non avere... più<br />
figli... Vedi... è pietà di Dio... non... non avere figli... perché... soffrano<br />
di... questo. E anche... tu, Elisabetta... Meglio... come fu... che fra i<br />
deicidi... E voi... madri... piangete sui... figli vostri, perché... quest’ora<br />
non passerà... senza castigo... E che castigo, se così è per... l’Innocente...<br />
Piangerete allora... di avere concepito... allattato e di... avere ancora... i<br />
figli... Le madri... di allora... piangeranno perché... in verità vi dico... che<br />
sarà fortunato... chi allora... cadrà... sotto le macerie... per primo. Vi<br />
benedico... Andate... a casa... pregate... per Me. Addio, Gionata... conducile<br />
via...».<br />
E fra un alto clamore di pianto femminile e di imprecazioni giudee Gesù si<br />
rimette in moto.<br />
10Gesù è di nuovo tutto bagnato di sudore. Sudano anche i soldati e gli altri<br />
due condannati, perché il sole di questo giorno temporalesco è scottante come<br />
fiamma e il fianco del monte, arroventato di suo, aumenta il calore solare.<br />
Cosa deve essere questo sole sulla veste di lana di Gesù, posta sulle ferite dei<br />
flagelli, è facile pensare e inorridire... Ma Egli non ha mai un lamento.<br />
Soltanto, nonostante la via sia molto meno ripida e non abbia quelle pietre<br />
sconnesse dell’altra, così pericolose al suo piede che ormai è strascicante,<br />
Gesù barcolla sempre più forte, tornando ad urtare da una fila all’altra<br />
dei soldati e piegando<br />
______________________<br />
* quando era morente, in 102.7.<br />
sempre più verso terra.<br />
Pensano di risolvere la cosa in bene passandogli una fune alla cintura e<br />
tenendolo per due capi come fossero redini. Sì. Questo lo sostiene. Ma non lo<br />
solleva dal peso. Anzi la fune, urtando nella croce, la fa spostare<br />
continuamente sulla spalla e picchiare nella corona, che ormai ha fatto della<br />
fronte di Gesù un tatuaggio sanguinante. Inoltre, la fune sfrega alla cintura<br />
dove sono tante ferite, e certo le deve rompere di nuovo, tanto che la tunica<br />
bianca si colora alla vita di un rosso pallido. Per aiutarlo, lo fanno soffrire<br />
più ancora.<br />
11La strada prosegue. Gira il monte, torna quasi sul davanti, verso la strada<br />
erta. Qui, nel posto che segno con la lettera M, è Maria con Giovanni. Direi che<br />
Giovanni l’ha portata in quel posto ombroso, dietro la china del monte, per<br />
darle un poco di ristoro. È la parte più scoscesa del monte. Non vi è che quella<br />
via che la costeggia. Sopra e sotto la costa scoscende o si inerpica ripida, e<br />
perciò è trascurata dai crudeli. Lì è ombra, perché direi che è il settentrione,<br />
e Maria, addossata come è al monte, è riparata dal sole. Sta appoggiata al
terriccio. In piedi, ma già esausta, Ella pure ansante, pallida come una morta<br />
nel suo abito blu scurissimo, quasi nero. Giovanni la guarda con pietà desolata.<br />
Anche egli ha perduto ogni traccia di colore ed è terreo, con due occhi stanchi<br />
e sbarrati, spettinato, dalle gote incavate come per malattia.<br />
Le altre donne - Maria e Marta di Lazzaro, Maria d’Alfeo e di Zebedeo, Susanna<br />
di Cana, la padrona di casa e altre ancora che non conosco* - tutte sono in<br />
mezzo alla via a guardano se viene il Salvatore. E, visto giungere Longino,<br />
accorrono presso Maria a dare la notizia. E Maria, sorretta per un gomito da<br />
Giovanni, si stacca, maestosa nel suo dolore, dalla costa del monte e si pone<br />
risolutamente in mezzo alla strada, scansandosi solo per il sopraggiungere di<br />
Longino, che dall’alto del suo morello guarda la pallida Donna e il suo<br />
accompagnatore biondo, pallido, dai miti occhi di cielo come Lei. E crolla il<br />
capo, Longino, mentre la supera seguito dagli undici a cavallo.<br />
Maria cerca passare fra i soldati appiedati. Ma questi, che hanno caldo e<br />
fretta, cercano respingerla con le aste, molto più che dalla via selciata volano<br />
sassi per protesta contro tante pietà. Sono i giudei, che ancora imprecano per<br />
la sosta causata dalle pie donne e dicono: «Presto! Domani è Pasqua. Bisogna<br />
finire tutto entro sera! Complici! Derisori della nostra Legge! Oppressori! A<br />
morte gli invasori e il loro Cristo! Lo amano! Veh! come lo amano! Ma<br />
prendetelo! Mettetelo nel vostro maledetto Urbe! Ve lo cediamo! Non lo vogliamo!<br />
Le carogne alle carogne! La lebbre ai lebbrosi!».<br />
12Longino si stanca e sprona il cavallo, seguito dai dieci lancieri, contro la<br />
canea insultante, che fugge una seconda volta. Ed è nel fare questo che vede<br />
fermo un carretto, certo salito lì dalle ortaglie che sono ai piedi del monte, e<br />
che attende col suo carico di insalate che la turba sia passata per scendere<br />
verso la città. Penso<br />
________________________<br />
* non conosco, poiché la data della presente visione precede quella della<br />
maggior parte delle visioni della vita pubblica di Gesù.<br />
che un poco di curiosità nel Cireneo e nei suoi figli lo abbia fatto salire fin<br />
lì, perché non era proprio necessario per lui di farlo. I due figli, sdraiati<br />
sull’alto del mucchio verdolino delle verdure, guardano e ridono dietro i giudei<br />
fuggenti. L’uomo invece, un robustissimo uomo sui quaranta-cinquant’anni, ritto<br />
presso il ciuchino che spaventato cerca di rinculare, guarda attentamente verso<br />
il corteo.<br />
Longino lo squadra. Pensa gli possa far comodo e ordina: «Uomo, vieni qui».<br />
Il Cireneo finge di non sentire. Ma con Longino non si scherza. Ripete l’ordine<br />
in un modo tale che l’uomo getta la redine ad un figlio e viene vicino al<br />
centurione.<br />
«Vedi quell’uomo?», chiede. E nel dire così si volge per indicare Gesù e vede a<br />
sua volta Maria, che supplica i soldati di farla passare. Ne ha pietà e urla:<br />
«Fate passare la Donna». Poi torna a parlare al Cireneo: «Non può più procedere<br />
così carico. Tu sei forte. Prendi la sua croce e portala per Lui sino alla<br />
cima».<br />
«Non posso... Ho l’asino... è riottoso... i ragazzi non sanno tenerlo...».<br />
Ma Longino dice: «Vai, se non vuoi perdere l’asino e acquistare venti colpi di<br />
castigo».<br />
Il Cireneo non osa più reagire. Urla ai ragazzi: «Andate a casa e presto. E dite<br />
che vengo subito», a poi va da Gesù.<br />
13Lo raggiunge proprio mentre Gesù si volge verso la Madre, che solo ora vede<br />
venire verso di Lui, perché procede così curvo e ad occhi quasi chiusi che è<br />
come fosse cieco, e grida: «Mamma!».<br />
È la prima parola, da quando è torturato, che esprima il suo soffrire. Perché in<br />
quel grido c’è la confessione di tutto e ogni suo tremendo dolore di spirito, di<br />
morale e di carne. È il grido straziato e straziante di un bambino che muore<br />
solo, fra aguzzini, fra le peggiori torture... e che giunge ad avere paura anche<br />
del suo proprio respiro. È il lamento di un fanciullo delirante che è straziato<br />
da visioni d’incubo... E vuole la mamma, la mamma, perché solo il suo bacio<br />
fresco calma l’ardore della febbre, la sua voce fuga i fantasmi, il suo<br />
abbraccio fa meno paurosa la morte...<br />
Maria si porta la mano al cuore, come ne avesse una pugnalata, e ha un lieve<br />
vacillamento. Ma si riprende, affretta il passo e, mentre va a braccia tese<br />
verso la sua Creatura straziata, grida: «Figlio!». Ma lo dice in maniera tale<br />
che chi non ha cuore di iena se lo sente fendere per quel dolore.
Vedo che anche fra i romani vi è un moto di pietà... eppure sono uomini d’arme,<br />
non nuovi alle uccisioni, segnati da cicatrici... Ma la parola «Mamma!» e<br />
«Figlio!» sono sempre quelle, e per tutti coloro che, ripeto, non sono peggio<br />
delle iene, e sono dette e comprese dovunque, e dovunque sollevano onde di<br />
pietà...<br />
Il Cireneo ha questa pietà... E poiché vede che Maria non può abbracciare il suo<br />
Figlio per via della croce e, dopo avere teso le braccia, le lascia ricadere,<br />
persuasa di non poterlo fare - e lo guarda soltanto, volendo sorridere del suo<br />
martire sorriso per rincuorarlo, mentre le labbra tremanti bevono il pianto, e<br />
Lui, torcendo il capo da sotto il giogo della croce, cerca a sua volta di<br />
sorriderle e di inviarle un bacio con le povere labbra ferite e spaccate dalle<br />
percosse e dalla febbre - si affretta a levare la croce, e lo fa con delicatezza<br />
di padre, per non urtare la corona o strofinare sulle piaghe.<br />
Ma Maria non può baciare la sua Creatura... Anche il tocco più lieve sarebbe<br />
tortura sulle carni lacerate, e Maria se ne astiene, e poi... i sentimenti più<br />
santi hanno un pudore profondo. E vogliono rispetto o almeno compassione. Qui è<br />
curiosità e soprattutto scherno. Si baciano solo le due anime angosciate.<br />
14Il corteo, che si rimette in moto sotto la spinta delle ondate di popolo<br />
furente che preme dal fondo, li divide, respingendo la Madre contro il monte,<br />
allo scherno di tutto un popolo...<br />
Ora dietro a Gesù è il Cireneo con la croce. E Gesù, libero di quel peso,<br />
procede meglio. Ansa fortemente, si porta sovente la mano al cuore, come avesse<br />
un grande dolore, una ferita lì, alla regione sterno-cardiaca, e ora che può,<br />
non avendo più le mani legate, si respinge i capelli caduti in avanti, tutti<br />
collosi di sangue e sudore, fin dietro le orecchie, per sentire aria sul volto<br />
cianotico, si slaccia il cordone del collo, per la sofferenza del respiro... Ma<br />
può camminare meglio.<br />
Maria si è ritirata con le donne. Si accoda al corteo quando è passato e poi,<br />
per una scorciatoia, si dirige alla vetta del monte, sfidando gli improperi<br />
della plebe cannibalesca.<br />
Ora che Gesù è libero, si compie abbastanza presto l’ultimo anello del monte, e<br />
già si è prossimi alla cima tutta piena di popolo urlante.<br />
Longino si ferma e dà ordine che tutti, inesorabilmente, siano respinti più in<br />
basso, perché la cima, luogo di esecuzione, sia libera. E metà centuria<br />
eseguisce l’ordine, accorrendo sul posto e respingendo senza pietà chiunque là<br />
si trova, usando daghe e aste per questo. Sotto la grandine delle piattonate e<br />
delle bastonate, i giudei della cima fuggono. E vorrebbero collocarsi nella<br />
sottostante spianata. Ma quelli che già sono in essa non cedono, e fra la gente<br />
si accendono risse feroci. Sembrano tutti pazzi.<br />
15Come le ho detto* lo scorso anno, il Calvario, nella sua cima, ha la forma di<br />
un trapezio irregolare, lievemente più alto nel lato A, dopo il quale il monte<br />
scoscende ripido per oltre metà della sua altezza. Su questa piazzuola sono già<br />
pronti tre buchi profondi, tappezzati di mattoni o lavagne, costruiti apposta,<br />
insomma. Vicino ad essi sono pietre e terra pronte per rincalzare le croci.<br />
Altri buchi invece sono stati lasciati pieni di pietre. Si capisce che li<br />
svuotano di volta in volta per il numero che serve.<br />
Sotto la cima trapezoidale, dalla parte che il monte non scoscende, vi è una<br />
specie di piattaforma degradante dolcemente, che fa una seconda piazzuola. Da<br />
questa partono due larghi sentieri che costeggiano la cima, di modo che questa è<br />
isolata e sopraelevata di almeno due metri da tutti i lati.<br />
____________________<br />
* Come le ho detto (a Padre Migliorini) lo scorso anno, nella visione descritta<br />
il 18 febbraio 1944 e facente parte di una “Passione” più compendiosa, come è<br />
spiegato in nota a 587.13.<br />
I soldati, che hanno respinto la folla dalla cima, domano, a colpi persuasivi di<br />
aste, le risse, e fanno largo perché il corteo possa sfilare senza ostacoli<br />
nell’ultimo pezzo di strada, e restano li a fare ala mentre i tre condannati,<br />
inquadrati dai cavalieri e protetti dall’altra metà centuria alle spalle,<br />
giungono fino al punto dove vengono fatti fermare: ai piedi del naturale palco<br />
sopraelevato che è la cima del<br />
Golgota.<br />
16Mentre ciò avviene, scorgo le Marie al punto che segno con un M, e un poco
dietro a loro sono Giovanna di Cusa con altre quattro delle dame di prima. Le<br />
altre si sono ritirate. E devono averlo fatto da sole, perché Gionata è là,<br />
dietro alla sua padrona. Non c’è più quella che noi diciamo Veronica e che Gesù<br />
ha detta Niche, e con lei manca la sua servente. E anche quella tutta velata,<br />
che fu obbedita dai soldati, non c’è più. Vedo Giovanna, la vecchia chiamata<br />
Elisa, Anna (è la padrona di quella casa dove Gesù va alla vendemmia del primo<br />
anno*) e due che non so identificare meglio.<br />
Dietro queste donne e le Marie vedo Giuseppe e Simone d’Alfeo, e Alfeo di Sara<br />
insieme al gruppo dei pastori. Hanno colluttato con chi li voleva respingere<br />
insultandoli, e la forza di questi uomini, che l’amore e il dolore moltiplicano,<br />
è stata cosi violenta** che hanno vinto, creando un semicerchio libero contro il<br />
quale i vilissimi giudei non osano che lanciare grida di morte e tendere i<br />
pugni. Ma non di più, perché i bastoni dei pastori sono nodosi e pesanti, e la<br />
forza e la mira non manca a questi prodi. E non dico male a dire così. Ci vuole<br />
un vero coraggio a stare in pochi, noti per galilei o seguaci del Galileo,<br />
contro tutta una popolazione ostile. L’unico punto di tutto il Calvario dove non<br />
si bestemmi il Cristo!<br />
Il monte, dai tre lati che scendono non ripidi a valle, è tutto un formicolaio<br />
di folla. La terra giallastra e nuda non si vede più. Sotto il sole che va e<br />
viene pare un prato fiorito di corolle di tutti i colori, tanto sono fitti i<br />
copricapi e i mantelli dei sadici che lo coprono. Oltre torrente, per la via,<br />
altra folla; oltre le mura, altra ancora. Sulle terrazze più vicine, altra<br />
ancora. Il resto della città nudo... vuoto... silenzioso. Tutto è qui. Tutto<br />
l’amore e tutto l’odio. Tutto il Silenzio che ama e perdona. Tutto il Clamore<br />
che odia e impreca.<br />
17Mentre gli uomini preposti all’esecuzione preparano i loro strumenti finendo<br />
di svuotare le buche, e i condannati aspettano al centro del loro quadrato, i<br />
giudei, rifugiati nell’angolo opposto alle Marie, le insultano. Anche la Madre<br />
insultano: «A morte i galilei. A morte! Galilei! Galilei! Maledetti! A morte il<br />
Bestemmiatore galileo. Inchiodate sulla croce anche il seno che lo ha portato!<br />
Via le vipere che partoriscono i demoni! A morte! Mondate Israele dalle femmine<br />
congiunte col capro!...».<br />
_______________________<br />
* alla vendemmia del primo anno, nel capitolo 108. L’annotazione tra parentesi è<br />
in calce alla pagina del quaderno autografo.<br />
** è stata così violenta, invece di sono state così violente, è correzione di MV<br />
su una copia dattiloscritta.<br />
Longino, che è smontato da cavallo, si volta e vede la Madre... Ordina di far<br />
cessare quella gazzarra... La mezza centuria, che era alle spalle dei<br />
condannati, carica la marmaglia e sgombera del tutto la seconda piazzuola,<br />
mentre i giudei scappano per il monte pestandosi gli uni con gli altri. Smontano<br />
anche gli altri soldati, e uno prende gli undici cavalli, oltre quello del<br />
centurione, e li porta all’ombra, dietro il costolone B del monte.<br />
Il centurione si avvia verso la vetta. Giovanna di Cusa si fa avanti, lo ferma.<br />
Gli dà l’anfora e una borsa. E poi si ritira piangendo, andando contro lo<br />
spigolo del monte con le altre.<br />
18In alto è pronto tutto. Vengono fatti salire i condannati. E Gesù passa ancora<br />
una volta presso la Madre, che ha un gemito che Ella stessa cerca frenare<br />
portandosi il mantello sulla bocca.<br />
I giudei vedono e ridono e deridono. Giovanni, il mite Giovanni, che ha un<br />
braccio dietro le spalle di Maria per sorreggerla, si volge con uno sguardo<br />
feroce. Ha persino l’occhio fosforescente. Se non avesse da tutelare le donne,<br />
io credo che prenderebbe qualcuno dei vili per la gola.<br />
Non appena i condannati sono sul palco fatale, i soldati circondano la piazzuola<br />
da tre lati. Non resta vuoto che quello a strapiombo.<br />
Il centurione dà ordine al Cireneo di andarsene. E questi se ne va, a malincuore<br />
ora, e non direi per sadismo, ma per amore. Tanto che si ferma presso i galilei,<br />
dividendo con essi gli insulti che la folla elargisce a questi sparuti fedeli<br />
del Cristo.<br />
I due ladroni gettano al suolo le loro croci bestemmiando. Gesù tace.<br />
La via dolorosa è terminata.
609. La crocifissione, la morte e la deposizione dalla croce.<br />
27 marzo 1945.<br />
1Quattro nerboruti uomini, che per l’aspetto mi paiono giudei, e giudei degni<br />
della croce più dei condannati, certo della stessa categoria dei flagellatori,<br />
saltano da un sentiero sul luogo del supplizio. Sono vestiti di tuniche corte e<br />
sbracciate ed hanno in mano chiodi, martelli e funi che mostrano con lazzi ai<br />
tre condannati. La folla si agita in un delirio crudele.<br />
Il centurione offre a Gesù l’anfora perché beva la mistura anestetica di vino<br />
mirrato. Ma Gesù la rifiuta. I due ladroni invece ne bevono molta. Poi 1’anfora,<br />
dall’ampia bocca svasata, viene posta presso un grosso sasso, quasi sullo<br />
scrimolo della cima.<br />
2Viene dato l’ordine ai condannati di spogliarsi. I due ladroni lo fanno senza<br />
nessun pudore. Anzi si divertono a fare atti osceni verso la folla e specie<br />
verso il gruppo sacerdotale, tutto candido nelle sue vesti di lino e che è piano<br />
piano tornato sulla piazzetta più bassa, usando della sua qualità per insinuarsi<br />
lì. Ai sacerdoti si sono uniti due o tre farisei e altri prepotenti personaggi,<br />
che l’odio fa amici. E vedo persone di conoscenza, come il fariseo Giocana e<br />
Ismaele, lo scriba Sadoch, Eli di Cafarnao...<br />
I carnefici offrono tre stracci ai condannati perché se li leghino all’inguine.<br />
E i ladroni li pigliano con più orrende bestemmie. Gesù, che si spoglia<br />
lentamente per lo spasimo delle ferite, lo ricusa. Forse pensa conservare le<br />
corte brache che ha tenute anche nella flagellazione. Ma, quando gli viene detto<br />
di levarsi anche le stesse, Egli tende la mano per mendicare lo straccio dei<br />
boia a difesa della sua nudità. È proprio l’Annichilito fino a dover chiedere<br />
uno straccio ai delinquenti.<br />
Ma Maria ha visto e si è sfilata il lungo e sottile telo bianco, che le vela il<br />
capo sotto al manto oscuro e nel quale Ella ha già versato tanto pianto. Se lo<br />
leva senza far cadere il manto, lo dà a Giovanni perché lo porga a Longino per<br />
il Figlio. Il centurione prende il velo senza fare ostacolo e, quando vede che<br />
Gesù sta per denudarsi del tutto, stando voltato non verso la folla ma verso la<br />
parte vuota di popolo, mostrando così la sua schiena rigata di lividi e di<br />
vesciche, sanguinante di ferite aperte o dalle croste oscure, gli porge il lino<br />
materno. E Gesù lo riconosce. Se ne avvolge a più riprese il bacino,<br />
assicurandoselo per bene perché non caschi... E sul lino, fino allora solo<br />
bagnato di pianto, cadono le prime gocce di sangue, perché molte delle ferite,<br />
appena coperte di coagulo, nel chinarsi per levarsi i sandali e deporre le vesti<br />
si sono riaperte e il sangue riprende a sgorgare.<br />
3Ora Gesù si volge verso la folla. E si vede così che anche il petto, le<br />
braccia, le gambe sono tutte state colpite dai flagelli. All’altezza del fegato<br />
è un enorme livido, e sotto l’arco costale sinistro vi sono nette sette righe in<br />
rilievo, terminate da sette piccole lacerazioni sanguinanti fra un cerchio<br />
violaceo... un colpo feroce di flagello in quella zona tanto sensibile del<br />
diaframma. I ginocchi, contusi dalle ripetute cadute, iniziate subito dopo la<br />
cattura e terminate sul Calvario, sono neri di ematoma e aperti sulla rotula,<br />
specie il destro, in una vasta lacerazione sanguinante.<br />
La folla lo schernisce* come in coro: «Oh! Bello! Il più bello dei figli degli<br />
uomini! Le figlie di Gerusalemme ti adorano...». E intona, con tono di salmo:<br />
«Il mio diletto è candido e rubicondo, distinto fra mille e mille. La sua testa<br />
è oro puro, i suoi capelli grappoli di palma, setosi come piuma di corvo. Gli<br />
occhi son come due colombe bagnantesi ai ruscelli non d’acqua ma di latte, nel<br />
latte della sua orbita. Le sue guance sono aiuole di aromi, le sue labbra<br />
porpurei gigli stillanti preziosa mirra. Le sue mani tornite come lavoro d’orafo<br />
terminate in rosei giacinti. Il suo tronco è avorio venato di zaffiri. Le sue<br />
gambe, perfette colonne di candido marmo su basi d’oro. La sua maestà è come<br />
quella del Libano; imponente egli è più dell’alto cedro. La sua lingua è intrisa<br />
di dolcezza ed egli è tutto delizia»; e ridono e urlano anche: «Il lebbroso! Il<br />
lebbroso! Hai dunque fornicato con un idolo se Dio ti ha così colpito? Hai<br />
mormorato contro i santi di Israele come Maria di Mosè, se sei stato così<br />
punito? Oh! Oh! il Perfetto! Sei il Figlio di Dio? Ma no!<br />
_____________________<br />
* lo schernisce, con citazioni da: Salmo 45, 3; Cantico dei cantici 5, 10-16; e
con allusioni a: Numeri 12; Deuteronomio 24, 9.<br />
L’aborto di Satana sei! Almeno egli, Mammona, è potente e forte. Tu... sei uno<br />
straccio impotente e schifoso».<br />
4I ladroni sono legati sulle croci e vengono portati al loro posto, uno a<br />
destra, uno a sinistra, ma così: ¡ + ¡ rispetto al posto destinato a Gesù.<br />
Urlano, imprecano, maledicono e, specie quando le croci vengono portate presso<br />
il buco e li sconquassano facendo segare i polsi dalle funi, le loro bestemmie a<br />
Dio, alla Legge, ai romani, ai giudei, sono infernali.<br />
È la volta di Gesù. Egli si stende mite sul legno. I due ladroni erano tanto<br />
ribelli che, non bastando a farlo i quattro boia, erano dovuti intervenire dei<br />
soldati a tenerli, perché a calci non respingessero gli aguzzini che li legavano<br />
per i polsi. Ma per Gesù non c’è bisogno di aiuto. Si corica e mette il capo<br />
dove gli dicono di metterlo. Apre le braccia come gli dicono di farlo, stende le<br />
gambe come gli ordinano. Si è solo preoccupato di accomodarsi per bene il suo<br />
velo. Ora il suo lungo corpo, snello e bianco, spicca sul legno oscuro e sul<br />
suolo giallo.<br />
5Due carnefici gli si siedono sul petto per tenerlo fermo. E io penso che<br />
oppressione e che dolore deve aver provato sotto quel peso. Un terzo gli prende<br />
il braccio destro, tenendolo con una mano sulla prima porzione dell’avambraccio<br />
e l’altra al termine delle dita. Il quarto, che ha già in mano il lungo chiodo<br />
acuminato sulla punta quadrangolare nel fusto, terminato in una piastra rotonda<br />
e piatta, larga come un soldone dei tempi passati, guarda se il buco già fatto<br />
nel legno corrisponde alla giuntura radio-ulnare del polso. Va bene. Il boia<br />
appoggia la punta del chiodo al polso, alza il martello e dà il primo colpo.<br />
Gesù, che aveva gli occhi chiusi, all’acuto dolore ha un grido e una<br />
contrazione, e spalanca gli occhi nuotanti fra le lacrime. Deve essere un dolore<br />
atroce quello che prova... Il chiodo penetra spezzando muscoli, vene, nervi,<br />
frantumando ossa...<br />
Maria risponde al grido della sua Creatura torturata con un gemito che ha quasi<br />
del lamento di un agnello sgozzato, e si curva, come spezzata, tenendosi la<br />
testa fra le mani. Gesù, per non torturarla, non grida più. Ma i colpi ci sono,<br />
metodici, aspri, di ferro contro ferro... e si pensa che sotto è un membro vivo<br />
quello che li riceve.<br />
La mano destra è inchiodata. Si passa alla sinistra. Il foro non corrisponde al<br />
carpo. Allora prendono una fune, legano il polso sinistro e tirano fino a<br />
slogare la giuntura e a strappare tendini e muscoli, oltre che lacerare la pelle<br />
già segata dalle funi della cattura. Anche l’altra mano deve soffrire, perché è<br />
stirata per riflesso, e intorno al suo chiodo si allarga il buco. Ora si arriva<br />
appena all’inizio del metacarpo, presso il polso. Si rassegnano e inchiodano<br />
dove possono, ossia fra il pollice e le altre dita, proprio al centro del<br />
metacarpo. Qui il chiodo entra più facilmente ma con maggiore spasimo, perché<br />
deve recidere nervi importanti, tanto che le dita restano inerti, mentre le<br />
altre della destra hanno contrazioni e tremiti che denunciano la loro vitalità.<br />
Ma Gesù non grida più, ha solo un lamento roco dietro le labbra fortemente<br />
chiuse, e lacrime di spasimo cadono per terra dopo esser cadute sul legno.<br />
6Ora è la volta dei piedi. A un due metri e più dal termine della croce è un<br />
piccolo cuneo, appena sufficiente ad un piede. Su questo vengono portati i piedi<br />
per vedere se va bene la misura. E dato che è un poco in basso e i piedi<br />
arrivano male, stiracchiano per i malleoli il povero Martire. Il legno scabro<br />
della croce sfrega così sulle ferite, smuove la corona che si sposta strappando<br />
nuovi capelli e minaccia di cadere. Un boia gliela ricalca sul capo con una<br />
manata...<br />
Ora, quelli che erano seduti sul petto di Gesù si alzano per spostarsi sui<br />
ginocchi, dato che Gesù ha un movimento involontario di ritirare le gambe,<br />
vedendo brillare al sole il lunghissimo chiodo, lungo il doppio e largo il<br />
doppio di quello usato per le mani. E pesano sui ginocchi scorticati, e premono<br />
sui poveri stinchi contusi, mentre gli altri due compiono l’operazione, molto<br />
più difficile, dell’inchiodatura di un piede sull’altro, cercando di combinare<br />
le due giunture dei tarsi insieme.<br />
Per quanto guardino e tengano fermi i piedi, al malleolo e alle dita, contro il<br />
cuneo, il piede sottoposto si sposta per la vibrazione del chiodo, e lo devono<br />
schiodare quasi*, perché, dopo essere entrato nelle parti molli, il chiodo, già<br />
spuntato per avere perforato il piede destro, deve essere portato un poco più in
centro. E picchiano, picchiano, picchiano... Non si sente che l’atroce rumore<br />
del martello sulla testa del chiodo, perché tutto il Calvario non è che occhi e<br />
orecchie tese, per raccogliere atto e rumore e gioirne...<br />
Sul suono aspro del ferro è un lamento in sordina di colomba: il gemere roco di<br />
Maria, che sempre più si curva, ad ogni colpo, come se il martello piagasse Lei,<br />
la Madre Martire. Ed ha ragione di parere prossima ad essere spezzata da quella<br />
tortura. La crocifissione è tremenda. Pari alla flagellazione in spasimo, più<br />
atroce a vedersi, perché si vede scomparire il chiodo fra le carni vive. Ma in<br />
compenso è più breve. Mentre la flagellazione spossa per la sua durata.<br />
Per me, l’agonia dell’Orto, la flagellazione e la crocifissione sono i momenti<br />
più atroci. Mi svelano tutta la tortura del Cristo. La morte mi solleva, perché<br />
dico: «È finito!». Ma queste non sono fine. Sono principio a nuove sofferenze.<br />
7Ora la croce è strascinata presso il buco e rimbalza, scuotendo il povero<br />
Crocifisso, sul suolo ineguale. Viene issata la croce, che sfugge per due volte<br />
a coloro che la alzano e ricade una volta di schianto, un’altra sul braccio<br />
destro della stessa, dando un aspro tormento a Gesù, perché la scossa subita<br />
smuove gli arti feriti.<br />
Ma quando poi la croce viene lasciata cadere nel suo buco e, prima di essere<br />
assicurata con pietre e terriccio, ondeggia in tutti i sensi, imprimendo<br />
continui spostamenti al povero Corpo sospeso a tre chiodi, la sofferenza deve<br />
essere atroce. Tutto il peso del corpo si sposta in avanti e in basso, e i buchi<br />
si allargano, specie quello della mano sinistra, e si allarga il foro nei piedi<br />
mentre il sangue spiccia più forte. E se quello dei piedi goccia lungo le dita<br />
per terra e lungo il legno della croce, quello delle mani segue gli avambracci,<br />
perché sono più alti al polso che<br />
_____________________________<br />
* schiodare quasi è corretto da MV, su una copia dattiloscritta, in: schiodare<br />
invertendo la posizione, ossia mettendo sotto il piede destro e sopra il<br />
sinistro.<br />
all’ascella per forza della posizione, e riga anche le coste scendendo<br />
dall’ascella verso la cintura. La corona, quando la croce ondeggia prima di<br />
essere fissata, si sposta, perché il capo ribatte all’indietro, conficcando<br />
nella nuca il grosso nodo di spini che termina la pungente corona, e poi torna<br />
ad adagiarsi sulla fronte e graffia, graffia senza pietà.<br />
Finalmente la croce è assicurata e non c’è che il tormento dell’essere appeso.<br />
Issano anche i ladroni, i quali, una volta messi verticalmente, urlano come<br />
fossero scotennati vivi per la tortura delle funi, che segano i polsi e fanno<br />
divenire nere le mani, con le vene gonfie come corde.<br />
Gesù tace. La folla non tace più, invece. Ma riprende il suo vocio infernale.<br />
Ora la cima del Golgota ha il suo trofeo e la sua guardia d’onore. A1 limite più<br />
alto (lato A) la croce di Gesù. Al lato B e C le altre due. Mezza centuria di<br />
soldati, con le armi al piede, tutto intorno alla vetta; dentro a questo cerchio<br />
d’armati, i dieci appiedati, che giocano a dadi le vesti dei condannati. Ritto<br />
in piedi, fra la croce di Gesù e quella di destra, Longino. E pare monti la<br />
guardia d’onore al Re Martire. L’altra mezza centuria, in riposo, è agli ordini<br />
dell’aiutante di Longino sul sentiero di sinistra e sulla piazzuola più bassa,<br />
in attesa di essere adoperata se ce ne sarà bisogno. Nei soldati c’è<br />
l’indifferenza quasi totale. Solo qualcuno alza ogni tanto il volto ai<br />
crocifissi.<br />
8Longino invece osserva tutto con curiosità e interesse, confronta e mentalmente<br />
giudica. Confronta i crocifissi, e specie il Cristo, e gli spettatori. Il suo<br />
occhio penetrante non perde un particolare. E per vedere meglio fa solecchio con<br />
la mano, perché il sole gli deve dare noia.<br />
È infatti un sole strano. Di un giallo rosso d’incendio. E poi pare che<br />
l’incendio si spenga di colpo per un nuvolone di pece che sorge da dietro le<br />
catene giudee e che corre veloce per il cielo, scomparendo dietro ad altri<br />
monti. E quando il sole ritorna fuori è così vivo che l’occhio non lo sopporta<br />
che male.<br />
Nel guardare vede Maria, proprio sotto il balzo, che tiene alzato verso il<br />
Figlio il suo volto straziato. Chiama uno dei soldati che giuocano a dadi e gli<br />
dice: «Se la Madre vuole salire col figlio che l’accompagna, venga. Scortala e<br />
aiutala».<br />
E Maria con Giovanni, creduto «figlio», sale per la scaletta incisa nella roccia<br />
tufacea, credo, e penetra oltre il cordone dei soldati andando ai piedi della
croce, ma un poco scosta per essere vista e per vedere il suo Gesù.<br />
La folla le propina subito i più obbrobriosi insulti. Accomunandola nelle<br />
bestemmie al Figlio. Ma Ella, con le labbra tremanti e sbiancate, cerca solo di<br />
dargli conforto, con un sorriso straziato su cui si asciugano le lacrime che<br />
nessuna forza di volontà riesce a trattenere negli occhi.<br />
9La gente, cominciando dai sacerdoti, scribi, farisei, sadducei, erodiani e<br />
simili, si procura lo spasso di fare come un carosello, salendo dalla strada<br />
erta, passando lungo il rialzo finale e scendendo per l’altra via, o viceversa.<br />
E mentre passano ai piedi della vetta, sulla seconda piazzuola, non mancano di<br />
offrire le loro parole blasfeme come omaggio al Morente. Tutta la turpitudine,<br />
la crudeltà, l’odio e l’insania di cui sono capaci gli uomini con la lingua,<br />
vengono ampiamente testificate da queste bocche d’inferno. I più accaniti sono i<br />
membri del Tempio, coi farisei per aiuto.<br />
«Ebbene? Tu, Salvatore dell’umano genere, perché non ti salvi? Ti ha abbandonato<br />
il tuo re Belzebù? Ti ha rinnegato?», urlano tre sacerdoti.<br />
E un branco di giudei: «Tu, che non più tardi di or sono cinque giorni, con<br />
l’aiuto del Demonio, facevi dire al Padre... ah! ah! ah! che ti avrebbe<br />
glorificato, come mai non gli ricordi di mantenere la sua promessa?».<br />
E tre farisei: «Bestemmiatore! Ha salvato gli altri, diceva, con l’aiuto di Dio!<br />
E non riesce a salvare Se stesso! Vuoi che ti si creda? E allora fai il<br />
miracolo. Non puoi più, eh? Ora hai le mani inchiodate, e sei nudo».<br />
E dei sadducei ed erodiani ai soldati: «Attenti alla malìa, voi che vi siete<br />
prese le sue vesti! Ha dentro il segno infernale!».<br />
Una folla in coro: «Scendi dalla croce e ti crederemo. Tu che distruggi il<br />
Tempio... Folle!... Guardalo là, il glorioso e santo Tempio d’Israele. È<br />
intoccabile, o profanatore! E Tu muori».<br />
Altri sacerdoti: «Blasfemo! Figlio di Dio, Tu? E scendi di lì, allora.<br />
Fulminaci, se sei Dio. Non ti temiamo e sputiamo verso Te».<br />
Altri che passano e scrollano il capo: «Non sa che piangere. Salvati, se è vero<br />
che sei l’Eletto!».<br />
I soldati: «E salvati, dunque! Incenerisci questa suburra della suburra! Sì!<br />
Suburra dell’Impero siete, giudei canaglie. Fàllo! Roma ti metterà in<br />
Campidoglio a ti adorerà come un nume!».<br />
I sacerdoti coi loro compari: «Erano più dolci le braccia delle femmine di<br />
quelle della croce, non è vero? Ma, guarda, sono già lì pronte a riceverti le<br />
tue... (e dicono un termine infame). Ci hai tutta Gerusalemme a farti da<br />
pronuba». E fischiano come carrettieri.<br />
Altri lanciando dei sassi: «Muta questi in pane, Tu, moltiplicatore dei pani».<br />
Altri, scimmiottando gli osanna della domenica delle palme, lanciano dei rami a<br />
gridano: «Maledetto colui che viene in nome del Demonio! Maledetto il suo regno!<br />
Gloria a Sionne che lo recide di fra i vivi!».<br />
Un fariseo si piazza di fronte alla croce, e mostra il pugno facendo le corna e<br />
dice: «“Ti affido al Dio del Sinai”, Tu dicesti*? Ora il Dio del Sinai ti<br />
prepara al fuoco eterno. Perché non chiami Giona a renderti il buon servizio?».<br />
Un altro: «Non rovinare la croce con i colpi della tua testa. Deve servire per i<br />
tuoi seguaci. Una intera legione ne morirà sul tuo legno, te lo giuro su Jeové.<br />
E per primo ci metterò Lazzaro. Vedremo se Tu lo levi di morte, ora».<br />
«Sì! Sì! Andiamo da Lazzaro. Inchiodiamolo dall’altro lato della croce», e<br />
pappagallescamente fanno la parlata lenta di Gesù dicendo: «Lazzaro, amico mio,<br />
vieni fuori! Slegatelo e lasciatelo andare!».<br />
«No! Diceva a Marta e Maria, le sue femmine: “Io sono la Risurrezione e la<br />
Vita”. Ah! Ah! Ah! La Risurrezione non sa mandare indietro la morte, e la<br />
Vita<br />
_______________________<br />
* dicesti, in 109.12, ripetuto in 126.10.<br />
muore!».<br />
10«Ecco là Maria con Marta. Chiediamo dove è Lazzaro e andiamolo a cercare». E<br />
si fanno avanti, verso le donne, chiedendo arrogantemente: «Dove è Lazzaro? Al<br />
palazzo?».<br />
E Maria Maddalena, mentre le altre terrorizzate fuggono dietro i pastori, si fa<br />
avanti, ritrovando nel suo dolore la antica baldanza dei tempi di peccato, e<br />
dice: «Andate. Troverete già in palazzo i soldati di Roma e cinquecento armati<br />
delle mie terre, che vi castreranno come vecchi caproni destinati al pasto degli<br />
schiavi alle macine».
«Sfrontata! Così parli ai sacerdoti?».<br />
«Sacrileghi! Turpi! Maledetti! Volgetevi! Alle spalle avete, io le vedo, le<br />
lingue delle fiamme infernali».<br />
I vili si volgono, veramente terrorizzati, tanto è sicura l’affermazione di<br />
Maria; ma, se non hanno le fiamme alle spalle, hanno alle reni le ben pontute<br />
lance romane. Perché Longino ha dato un ordine e la mezza centuria che era in<br />
riposo è entrata in azione e punge alle natiche i primi che trova. Questi<br />
fuggono urlando e la mezza centuria resta a chiudere gli imbocchi delle due<br />
strade e a fare baluardo alla piazzuola. I giudei imprecano, ma Roma è la più<br />
forte.<br />
La Maddalena riabbassa il suo velo - se lo era alzato per parlare agli<br />
insultatori - e torna al suo posto. Le altre si riuniscono a lei.<br />
11Ma il ladrone di sinistra continua gli insulti dalla sua croce. Pare si sia<br />
fatto il condensatore di tutte le bestemmie altrui e le snocciola tutte,<br />
terminando: «Salvati e salvaci, se vuoi che ti si creda. Il Cristo Tu? Un folle<br />
sei! Il mondo è dei furbi e Dio non c’è. Io ci sono. Questo è vero, e per me<br />
tutto è lecito. Dio?... Fola! Messa per tenerci quieti. Viva il nostro io! Lui<br />
solo è re e dio!».<br />
L’altro ladrone, che è a destra ed ha quasi ai piedi Maria, e la guarda quasi<br />
più che non guardi Cristo, e da qualche momento piange mormorando: «la madre»,<br />
dice: «Taci. Non temi Dio neppure ora che soffri questa pena? Perché insulti chi<br />
è buono? È in un supplizio ancor più grande del nostro. E non ha fatto nulla di<br />
male».<br />
Ma il ladrone continua le sue imprecazioni.<br />
12Gesù tace. Anelante per lo sforzo della posizione, per la febbre, per lo stato<br />
cardiaco e respiratorio, conseguenza della flagellazione subita in forma tanto<br />
violenta, e anche dell’angoscia profonda che gli aveva fatto sudar sangue, cerca<br />
trovare un sollievo, alleggerendo il peso che grava sui piedi, sospendendosi<br />
alle mani e facendo forza con le braccia. Forse lo fa anche per vincere un poco<br />
il crampo che già tormenta i piedi e che si tradisce con il tremito muscolare.<br />
Ma lo stesso tremore è nelle fibre delle braccia, che sono sforzate in quella<br />
posizione e devono essere gelate nelle loro estremità, perché poste più in alto<br />
e abbandonate dal sangue, che a fatica giunge ai polsi e poi ne geme dai buchi<br />
dei chiodi lasciando senza circolazione le dita. Specie quelle della sinistra<br />
sono già cadaveriche e stanno senza moto, ripiegate verso il palmo. Anche le<br />
dita dei piedi esprimono il loro tormento. Specie gli alluci, forse perché meno<br />
è leso il loro nervo, si alzano, si abbassano, si divaricano.<br />
Il tronco, poi, svela tutta la sua pena col suo movimento, che è veloce ma non<br />
profondo, ed affatica senza dare sollievo. Le coste, molto ampie e alte di loro,<br />
perché la struttura di questo Corpo è perfetta, sono ora dilatate oltre misura<br />
per la posizione assunta dal corpo e per l’edema polmonare che certo si è<br />
formato nell’interno. Eppure non servono ad alleggerire lo sforzo respiratorio,<br />
tanto che tutto l’addome aiuta col suo muoversi il diaframma, che sempre più si<br />
va paralizzando.<br />
E la congestione e l’asfissia aumentano di minuto in minuto, come lo indicano il<br />
colorito cianotico che sottolinea le labbra, di un rosso acceso dalla febbre, e<br />
le striature di un rosso violaceo, che spennellano il collo lungo le giugulari<br />
turgide e si allargano fino sulle guance, verso le orecchie e le tempie, mentre<br />
il naso è affilato e esangue, e gli occhi affondano in un cerchio che è livido<br />
dove è privo del sangue colato dalla corona.<br />
Sotto l’arco costale sinistro si vede l’urto propagato dalla punta cardiaca,<br />
irregolare, ma violento, e ogni tanto, per una convulsione interna, il diaframma<br />
ha un fremito profondo che si rivela da una distensione totale della pelle, per<br />
quanto può stendersi su quel povero Corpo ferito e morente.<br />
Il Volto ha già l’aspetto che vediamo nelle fotografie della Sindone, col naso<br />
deviato e gonfio da una parte; e anche il tenere l’occhio destro quasi chiuso,<br />
per il gonfiore che è da questo lato, aumenta la somiglianza. La bocca, invece,<br />
è aperta, con la sua ferita sul labbro superiore ormai ridotta ad una crosta.<br />
La sete, data dalla perdita di sangue, dalla febbre e dal sole, deve essere<br />
intensa, tanto che Egli, con mossa macchinale, beve le stille del suo sudore e<br />
del suo pianto, e anche quelle del sangue che scende dalla fronte fin sui baffi,<br />
e si bagna con queste la lingua...<br />
La corona di spine gli vieta di appoggiarsi al tronco della croce per aiutare la<br />
sospensione sulle braccia e alleggerire i piedi. Le reni e tutta la spina si
arcua verso l’esterno, stando staccato dal tronco della croce dal bacino in su<br />
per forza di inerzia che fa pendere in avanti un corpo sospeso come era il suo.<br />
13I giudei, respinti oltre la piazzuola, non cessano di insultare, e il ladrone<br />
impenitente fa eco.<br />
L’altro, che ora guarda con sempre maggiore pietà la Madre e piange, lo rimbecca<br />
aspramente quando sente che nell’insulto è compresa anche Lei. «Taci. Ricordati<br />
che sei nato da una donna. E pensa che le nostre han pianto per causa dei figli.<br />
E furono lacrime di vergogna... perché noi siamo delinquenti. Le nostre madri<br />
sono morte... Io vorrei poterle chiedere perdono... Ma lo potrò? Era una<br />
santa... L’ho uccisa col dolore che le davo... Io sono un peccatore... Chi mi<br />
perdona? Madre, in nome del tuo Figlio morente, prega per me».<br />
La Madre alza per un momento il suo viso straziato e lo guarda, questo<br />
sciagurato che attraverso al ricordo di sua madre e alla contemplazione della<br />
Madre va verso il pentimento, e pare lo carezzi col suo sguardo di colomba.<br />
Disma piange più forte. Cosa che scatena ancora di più gli scherni della folla e<br />
del compagno. La prima urla: «Bravo! Pigliati questa per madre. Così ha due<br />
figli delinquenti!». E l’altro rincara: «Ti ama perché sei una copia minore del<br />
suo beneamato».<br />
14Gesù parla per la prima volta: «Padre, perdona loro perché non sanno quello<br />
che fanno!».<br />
Questa preghiera vince ogni timore in Disma. Osa guardare il Cristo e dice:<br />
«Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo Regno. Io è giusto che qui<br />
soffra. Ma dammi misericordia e pace oltre la vita. Una volta ti ho sentito<br />
parlare e, folle, ho respinto la tua parola. Ora me ne pento. E dei miei peccati<br />
me ne pento davanti a Te, Figlio dell’Altissimo. Io credo che Tu venga da Dio.<br />
Io credo nel tuo potere. Io credo nella tua Misericordia. Cristo, perdonami in<br />
nome di tua Madre e del tuo Padre Santissimo».<br />
Gesù si volge e lo guarda con profonda pietà, ed ha un sorriso ancora bellissimo<br />
sulla povera bocca torturata. Dice: «Io te lo dico: oggi tu sarai meco in<br />
Paradiso».<br />
Il ladrone pentito si mette calmo e, non sapendo più le preghiere imparate da<br />
bambino, ripete come una giaculatoria: «Gesù Nazareno, re dei giudei, pietà di<br />
me; Gesù Nazareno, re dei giudei, io spero in Te; Gesù Nazareno, re dei giudei,<br />
io credo nella tua Divinità».<br />
L’altro continua nelle sue bestemmie.<br />
15Il cielo si fa sempre più fosco. Ora difficilmente le nubi si aprono per fare<br />
passare il sole. Ma anzi si accavallano a più e più strati plumbei, bianchi,<br />
verdognoli, si sormontano, si dipanano secondo i giuochi di un vento freddo, che<br />
a intervalli scorre il cielo e poi scende sulla terra e poi tace di nuovo, ed è<br />
quasi più sinistra l’aria quando tace, afosa e morta, di quando fischia<br />
tagliente e veloce.<br />
La luce, prima viva fin oltre misura, si va facendo verdastra. E i volti<br />
prendono bizzarri aspetti. I soldati, sotto i loro elmi e nelle loro corazze,<br />
prima lucenti ed ora divenute come appannate nella luce verdastra e sotto il<br />
cielo di cenere, mostrano i duri profili come scalpellati. I giudei, per la<br />
maggioranza bruni di pelle e capelli e barba, paiono degli annegati, tanto il<br />
loro volto si fa terreo. Le donne sembrano statue di neve azzurrastra per il<br />
pallore esangue che la luce accentua.<br />
Gesù sembra illividire sinistramente come per inizio di decomposizione,<br />
quasi fosse già morto. La testa gli comincia a pendere sul petto. Le forze<br />
mancano rapidamente. Trema, nonostante la febbre che lo arde. E nella sua<br />
debolezza mormora il nome che prima ha solo detto nel fondo del cuore:<br />
«Mamma!», «Mamma!». Lo mormora piano, come in un sospiro, quasi fosse già in un<br />
lieve delirio che gli impedisca di trattenere quanto la volontà vorrebbe<br />
trattenere. E Maria, ogni volta, ha un atto infrenabile di tendere le braccia<br />
come per soccorrerlo.<br />
E la gente crudele ride di questi spasimi di chi muore e di chi spasima.<br />
Salgono da capo sino a dietro i pastori, che però sono sulla piazzetta bassa,<br />
i sacerdoti e gli scribi. E poiché i soldati vorrebbero respingerli,<br />
reagiscono dicendo: «Ci stanno questi galilei? Ci stiamo anche noi, che<br />
dobbiamo verificare che giustizia sia fatta fino in fondo. E da lontano, in<br />
questa luce strana, non possiamo vedere».<br />
Infatti molti cominciano a impressionarsi della luce che sta fasciando il<br />
mondo, e qualcuno ha paura. Anche i soldati accennano al cielo e ad una specie
di cono, che pare di lavagna tanto è cupo e che si leva come un pino da dietro<br />
una vetta. Sembra una tromba marina. Si alza, si alza a pare che generi nubi<br />
sempre più nere, quasi fosse un vulcano eruttante fumo e lava.<br />
È in questa luce crepuscolare e paurosa che Gesù dà a Maria Giovanni* e a<br />
Giovanni Maria. Curva il capo, poiché la Madre si è fatta più sotto alla<br />
croce per vederlo meglio, e dice: «Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua<br />
Madre».<br />
Maria ha il volto ancor più sconvolto dopo questa parola che è il testamento del<br />
suo Gesù, che non ha nulla da dare alla Madre se non un uomo, Egli che per amore<br />
dell’Uomo la priva dell’Uomo-Dio, nato da Lei. Ma cerca, la povera Madre, di non<br />
piangere che mutamente, perché non può, non può non piangere... Le stille del<br />
pianto gemono nonostante ogni sforzo per trattenerle, anche se la bocca ha il<br />
suo straziato sorriso, fissato sulle labbra per Lui, per confortare Lui...<br />
Le sofferenze crescono sempre più. E la luce sempre più decresce.<br />
16È in questa luce di fondo marino che emergono, da dietro dei giudei, Nicodemo<br />
e Giuseppe, e dicono: «Scansatevi!».<br />
«Non si può. Che volete?», dicono i soldati.<br />
«Passare. Siamo amici del Cristo».<br />
Si voltano i capi dei sacerdoti. «Chi osa professarsi amico del ribelle?»,<br />
dicono i sacerdoti sdegnati.<br />
E Giuseppe risoluto: «Io, nobile membro del Gran Consiglio, Giuseppe d’Arimatea,<br />
l’Anziano, e con me è Nicodemo, capo dei giudei».<br />
«Chi parteggia per il ribelle è ribelle».<br />
«E chi parteggia per gli assassini è assassino, Eleazaro di Anna. Ho vissuto da<br />
giusto. E ora vecchio sono e prossimo alla morte. Non voglio divenire ingiusto<br />
mentre già il Cielo su me discende e con esso il Giudice eterno».<br />
«E tu, Nicodemo! Mi meraviglio!».<br />
«Io pure. E di una cosa sola: che Israele sia tanto corrotto da non sapere più<br />
riconoscere Dio».<br />
«Mi fai ribrezzo».<br />
«Scansati, allora, e lasciami passare. Non chiedo che quello».<br />
«Per contaminarti più ancora?».<br />
«Se non mi sono contaminato a starvi presso, nulla più mi contamina. Soldato, a<br />
te la borsa e il segno di lasciapassare». E passa al decurione più vicino una<br />
borsa e una tavoletta cerata.<br />
___________________________<br />
* dà a Maria Giovanni..., come preannunciato in 540.2/3. Se Giovanni viene dato<br />
a Maria Ss. così come è affidato a Lei tutto il genere umano, Maria Ss. può<br />
essere data a Giovanni perché costui è simile a Gesù, come si rileva in: 49.11 -<br />
90.4 (ultime righe) -101.2 - 106.7 - 222.5 - 494.7 - 508.2.<br />
Il decurione osserva e dice ai soldati: «Lasciate passare i due».<br />
E Giuseppe con Nicodemo si avvicinano ai pastori. Non so neppure se Gesù li veda<br />
in quella caligine sempre più fitta e con l’occhio che già si vela nell’agonia.<br />
Ma essi lo vedono e piangono senza rispetto umano, nonostante ora su di loro si<br />
avventino gli improperi sacerdotali.<br />
17Le sofferenze sono sempre più forti. Il corpo ha i primi inarcamenti propri<br />
della tetanìa e ogni clamore di folla li esaspera. La morte delle fibre e dei<br />
nervi si estende dalle estremità torturate al tronco, rendendo sempre più<br />
difficoltoso il moto respiratorio, debole la contrazione diaframmatica e<br />
disordinato il movimento cardiaco. Il volto di Cristo passa alternativamente da<br />
vampe di rossore intensissimo a pallori verdastri di morente per dissanguamento.<br />
La bocca si muove con maggiore fatica, perché i nervi sovraffaticati del collo e<br />
del capo stesso, che hanno per decine di volte fatto da leva al corpo tutto<br />
puntandosi sulla sbarra trasversa della croce, propagano il crampo anche alle<br />
mascelle. La gola, enfiata dalle carotidi ingorgate, deve dolere ed estendere il<br />
suo edema alla lingua, che appare ingrossata e lenta nei movimenti. La schiena,<br />
anche nei momenti che le contrazioni tetanizzanti non la curvano ad arco<br />
completo dalla nuca alle anche, appoggiate come punti estremi al tronco della<br />
croce, si arcua sempre più in avanti, perché le membra divengono sempre più<br />
pesanti del peso delle carni morte.<br />
La gente vede poco e male queste cose, perché la luce è ormai di un cenere cupo,<br />
e solo chi è ai piedi della croce può vedere bene.<br />
18Gesù si affloscia, un certo momento, tutto in avanti e in basso, come già
morto; non ansa più, la testa gli pende inerte in avanti, il corpo dalle anche<br />
in su è tutto staccato facendo angolo con le braccia alla croce.<br />
Maria ha un grido: «È morto!». Un grido tragico che si propaga nell’aria nera. E<br />
Gesù appare realmente morto.<br />
Un altro grido femminile le risponde e nel gruppo delle donne vedo un tramestio.<br />
Poi una decina di persone si allontanano sostenendo qualche cosa. Ma non posso<br />
vedere chi si allontana così. È troppo poca la luce nebbiosa. Sembra di essere<br />
immersi in una nube di cenere vulcanica fittissima.<br />
«Non è possibile», urlano dei sacerdoti e dei giudei. «È una finta per farci<br />
andare via. Soldato, pungilo con la lancia. È una buona medicina per ridargli<br />
voce». E poiché i soldati non lo fanno, una scarica di pietre e di zolle di<br />
terra volano verso la croce, colpendo il Martire e ricadendo sulle corazze<br />
romane.<br />
Il farmaco, come ironicamente dicono i giudei, opera il prodigio. Certo qualche<br />
sasso ha colpito a segno, forse sulla ferita di una mano, o sul capo stesso,<br />
perché miravano in alto. Gesù ha un gemito pietoso e rinviene. Il torace torna a<br />
respirare con fatica e la testa a muoversi da destra a manca, cercando un luogo<br />
dove posarsi per soffrire meno, senza trovare altro che maggior pena.<br />
19A gran fatica, puntandosi una volta ancora sui piedi torturati, trovando<br />
forza<br />
nella sua volontà, unicamente in quella*, Gesù si irrigidisce sulla croce, torna<br />
eretto come fosse un sano nella sua forza completa, alza il volto guardando<br />
con<br />
occhi bene aperti il mondo steso ai suoi piedi, la città lontana, che appena si<br />
intravvede come un biancore incerto nella foschia, e il cielo nero dal quale<br />
ogni azzurro ed ogni ricordo di luce sono scomparsi. E a questo cielo chiuso,<br />
compatto, basso, simile ad una enorme lastra di lavagna scura, Egli grida a gran<br />
voce, vincendo con la forza della volontà, col bisogno dell’anima, l’ostacolo<br />
delle mascelle irrigidite, della lingua ingrossata, della gola edematica: «Eloi,<br />
Eloi, lamma scebacteni!» (io sento dire così). Deve sentirsi morire, e in un<br />
assoluto abbandono del Cielo, per confessare con tal voce l’abbandono paterno.<br />
La gente ride e lo scherza. Lo insulta: «Non sa che farne Dio di Te! I demoni<br />
sono maledetti da Dio!».<br />
Altri gridano: «Vediamo se Elia, che Egli chiama, viene a salvarlo».<br />
E altri: «Dategli un poco d’aceto, che si gargarizzi la gola. Fa bene alla voce!<br />
Elia o Dio, poiché è incerto ciò che il folle vuole, sono lontani... Ci vuol<br />
voce per farsi sentire!», e ridono come iene o come demoni.<br />
Ma nessun soldato dà l’aceto e nessuno viene dal Cielo per dare conforto. È<br />
l’agonia solitaria, totale, crudele, anche soprannaturalmente crudele, della<br />
Grande Vittima.<br />
Tornano le valanghe di dolore desolato che già l’avevano oppresso nel Getsemani.<br />
Tornano le onde dei peccati di tutto il mondo a percuotere il naufrago<br />
innocente, e sommergerlo nella loro amaritudine. Torna soprattutto la<br />
sensazione, più crocifiggente della croce stessa, più disperante di ogni<br />
tortura, che Dio ha abbandonato e che la preghiera non sale a Lui...<br />
Ed è il tormento finale. Quello che accelera la morte, perché spreme le ultime<br />
gocce di sangue dai pori, perché stritola le superstiti fibre del cuore, perché<br />
termina ciò che la prima cognizione di questo abbandono ha iniziato: la morte.<br />
Perché di questo per prima cosa è morto il mio Gesù, o Dio, che lo hai colpito<br />
per noi! Dopo il tuo abbandono, per il tuo abbandono, che diventa una creatura?<br />
O un folle, o un morto. Gesù non poteva divenire folle, perché la sua<br />
intelligenza era divina e, spirituale come è l’intelligenza, trionfava sopra il<br />
trauma totale del colpito da Dio. Divenne dunque un morto: il Morto, il<br />
santissimo Morto, l’innocentissimo Morto. Morto Lui che era la Vita. Ucciso dal<br />
tuo abbandono e dai nostri peccati.<br />
20L’oscurità si fa ancora più fitta. Gerusalemme scompare del tutto. Lo stesso<br />
Calvario pare annullarsi nelle sue falde. Solo la cima è visibile, quasi che le<br />
tenebre la tengano alta a raccogliere l’unica e l’ultima superstite luce,<br />
posandola come per una offerta, col suo trofeo divino, su uno stagno di onice<br />
liquida, perché<br />
_____________________________
* unicamente in quella, così come di sua propria volontà Gesù era “superiore al<br />
peccato” (lo dichiara Egli stesso nelle ultime righe di 567.19), e così come “di<br />
sua spontanea volontà” si era immolato “dandosi in Cibo e Bevanda” (lo dirà<br />
Pietro in 641.2). L’abbandono paterno, che ora sta per diventare assoluto (come<br />
leggeremo tra poche righe) e che gli lascia solo la forza della propria volontà<br />
di Uomo, è previsto e motivato in nota a 59.5 a 317.3 e più volte nel testo<br />
dell’opera, per esempio in 317.4.6, in 602.17 a in 603.4. Di esso si accora la<br />
Madre in 612.17/18.<br />
sia vista dall’amore e dall’odio.<br />
E dalla luce non più luce viene la voce lamentosa di Gesù: «Ho sete!».<br />
Vi è infatti un vento che asseta anche i sani. Un vento continuo, ora, violento,<br />
pieno di polvere, freddo, pauroso. Penso quale spasimo avrà dato col suo soffio<br />
violento ai polmoni, al cuore, alle fauci di Gesù, alle sue membra gelate,<br />
intormentite, ferite. Ma proprio tutto si è messo a torturare il Martire.<br />
Un soldato va ad un vaso dove i satelliti del boia hanno messo dell’aceto col<br />
fiele, perché col suo amaro aumenti la salivazione nei suppliziati. Prende la<br />
spugna immersa nel liquido, la infila su una canna sottile eppure rigida, che è<br />
già pronta lì presso, e porge la spugna al Morente.<br />
Gesù si tende avido verso la spugna che viene. Pare un infante affamato che<br />
cerchi il capezzolo materno.<br />
Maria, che vede e certo pensa questa cosa, geme, appoggiandosi a Giovanni: «Oh!<br />
ed io neppure una stilla di pianto gli posso dare... Oh! seno mio, ché non gemi<br />
latte? Oh! Dio, perché, perché così ci abbandoni? Un miracolo per la mia<br />
Creatura! Chi mi solleva per dissetarlo del mio sangue, posto che latte non<br />
ho?...».<br />
Gesù, che ha succhiato avidamente l’aspra e amara bevanda, torce il capo,<br />
avvelenato dal disgusto di essa. Deve, oltretutto, essere come del corrosivo<br />
sulle labbra ferite e spaccate.<br />
21Si ritrae, si accascia, si abbandona. Tutto il peso del corpo piomba sui piedi<br />
e in avanti. Sono le estremità ferite quelle che soffrono la pena atroce dello<br />
slabbrarsi sotto il peso di un corpo che si abbandona. Non più un movimento per<br />
sollevare questo dolore. Dal bacino in su, tutto è staccato dal legno, e tale<br />
resta.<br />
La testa pende in avanti tanto pesantemente che il collo pare scavato in tre<br />
posti: al giugolo, completamente infossato, e di qua e di là dello<br />
sternocleidomastoideo. Il respiro è sempre più anelante, ma interciso. È già più<br />
un rantolo sincopato che un respiro. Ogni tanto un colpo di tosse penosa porta<br />
una schiuma lievemente rosata alle labbra. E le distanze fra una espirazione e<br />
l’altra diventano sempre più lunghe. L’addome è già fermo. Solo il torace ha<br />
ancora dei sollevamenti, ma faticosi, stentati... La paralisi polmonare si<br />
accentua sempre più.<br />
E sempre più fievole, tornando al lamento infantile del bambino, viene<br />
l’invocazione: «Mamma!». E la misera mormora: «Sì, tesoro, sono qui». E quando<br />
la vista che si vela gli fa dire: «Mamma, dove sei? Non ti vedo più. Anche tu mi<br />
abbandoni?», e non è neanche una parola, ma un mormorio che appena è udibile da<br />
chi più col cuore che con l’udito raccoglie ogni sospiro del Morente, Ella dice:<br />
«No, no, Figlio! Non ti abbandono io! Sentimi, caro... La Mamma è qui, qui è...<br />
e solo si tormenta di non poter venire dove Tu sei...».<br />
È uno strazio... E Giovanni piange liberamente. Gesù deve sentire quel pianto.<br />
Ma non dice niente. Penso che la morte imminente lo faccia parlare come in<br />
delirio e neppure sappia quanto dice e, purtroppo, neppure comprenda il conforto<br />
materno e l’amore del Prediletto.<br />
Longino - che inavvertitamente ha lasciato la sua posa di riposo, con le mani<br />
conserte sul petto e una gamba accavallata, ora una, ora l’altra, per dare<br />
sollievo alla lunga attesa in piedi, e ora invece è rigido sull’attenti, la mano<br />
sinistra sulla spada, la destra regolarmente tesa lungo il fianco, come fosse<br />
sui gradini del trono imperiale - non vuole commuoversi. Ma il suo volto si<br />
altera nello sforzo di vincere l’emozione, e gli occhi hanno un luccicore di<br />
pianto che solo la sua ferrea disciplina trattiene.<br />
Gli altri soldati, che giocavano a dadi, hanno smesso e si sono drizzati in<br />
piedi, rimettendosi gli elmi che avevano servito ad agitare i dadi, e stanno in<br />
gruppo presso la scaletta scavata nel tufo, silenziosi, attenti. Gli altri sono<br />
di servizio e non possono mutare posizione. Sembrano statue. Ma qualcuno dei più<br />
prossimi, e che sente le parole di Maria, mugola qualcosa fra le labbra e
scrolla il capo.<br />
22Un silenzio. Poi, netta nell’oscurità totale, la parola: «Tutto è compiuto!»,<br />
e poi l’ansito sempre più rantoloso, con pause di silenzio fra un rantolo e<br />
l’altro, sempre più vaste.<br />
Il tempo scorre su questo ritmo angoscioso. La vita torna quando l’aria è rotta<br />
dall’anelito aspro del Morente... La vita cessa quando questo suono penoso non<br />
si ode più. Si soffre a sentirlo... si soffre a non sentirlo... Si dice: «Basta<br />
di questa sofferenza!», e si dice: «Oh! Dio! che non sia l’ultimo respiro».<br />
Le Marie piangono tutte, col capo contro il rialzo terroso. E si sente bene il<br />
loro pianto, perché tutta la folla ora tace di nuovo per raccogliere i rantoli<br />
del Morente.<br />
Ancora un silenzio. Poi, pronunciata con infinita dolcezza, con ardente<br />
preghiera, la supplica: «Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio!».<br />
Ancora un silenzio. Si fa lieve anche il rantolo. È appena un soffio limitato<br />
alle labbra e alla gola.<br />
Poi, ecco, l’ultimo spasimo di Gesù. Una convulsione atroce, che pare voglia<br />
svellere il corpo infisso, coi tre chiodi, dal legno, sale per tre volte dai<br />
piedi al capo, scorre per tutti i poveri nervi torturati; solleva tre volte<br />
l’addome in una maniera anormale, poi lo lascia dopo averlo dilatato come per<br />
sconvolgimento dei visceri, ed esso ricade e si infossa come svuotato; alza,<br />
gonfia e contrae tanto fortemente il torace, che la pelle si infossa fra coste e<br />
coste che si tendono, apparendo sotto l’epidermide e riaprendo le ferite dei<br />
flagelli; fa rovesciare violentemente indietro, una, due, tre volte il capo, che<br />
percuote contro il legno, duramente; contrae in uno spasimo tutti i muscoli del<br />
volto, accentuando la deviazione della bocca a destra, fa spalancare e dilatare<br />
le palpebre sotto cui si vede roteare il globo oculare e apparire la sclerotica.<br />
Il corpo si tende tutto; nell’ultima delle tre contrazioni è un arco teso,<br />
vibrante, tremendo a vedersi, e poi un grido potente, impensabile in quel corpo<br />
sfinito, si sprigiona, lacera l’aria, il «grande grido» di cui parlano* i<br />
Vangeli e che è la prima parte della parola «Mamma»... E più nulla...<br />
La testa ricade sul petto, il corpo in avanti, il fremito cessa, cessa il<br />
respiro. È spirato.<br />
____________________<br />
* parlano, in: Matteo 27, 50; Marco 15, 37. Ad esso sarà confrontato “il grande<br />
grido” di 619.10.<br />
23La Terra risponde al grido dell’Ucciso con un boato pauroso. Sembra che da<br />
mille buccine dei giganti traggano un unico suono e su questo tremendo accordo<br />
ecco le note isolate, laceranti dei fulmini che rigano il cielo in tutti i<br />
sensi, cadendo sulla città, sul Tempio, sulla folla... Credo che ci saranno<br />
stati dei fulminati, perché la folla è colpita direttamente. I fulmini sono<br />
l’unica luce saltuaria che permetta di vedere. E poi subito, e mentre durano<br />
ancora le scariche delle saette, la terra si scuote in un turbine di vento<br />
ciclonico. Il terremoto e l’aeromoto si fondono per dare un apocalittico castigo<br />
ai bestemmiatori. La vetta del Golgota ondeggia e<br />
balla come un piatto in mano di un pazzo, nelle scosse sussultorie e ondulatorie<br />
che scuotono talmente le tre croci che sembra le debbano ribaltare.<br />
Longino, Giovanni, i soldati si abbrancano dove possono, come possono, per non<br />
cadere. Ma Giovanni, mentre con un braccio afferra la croce, con l’altro<br />
sostiene Maria che, e per il dolore e per il traballio, gli si è abbandonata sul<br />
cuore. Gli altri soldati, e specie quelli del lato che scoscende, si sono dovuti<br />
rifugiare al centro per non essere gettati giù dai dirupi. I ladroni urlano di<br />
terrore, la folla urla ancora di più e vorrebbe scappare. Ma non può. Cadono le<br />
persone l’una sull’altra, si pestano, precipitano nelle spaccature del suolo, si<br />
feriscono, rotolano giù per la china, impazziti.<br />
Per tre volte si ripete il terremoto e l’aeromoto, e poi si fa l’immobilità<br />
assoluta di un mondo morto. Solo dei lampi, ma senza tuono, rigano ancora il<br />
cielo e illuminano la scena dei giudei fuggenti in ogni senso, con le mani fra i<br />
capelli, o tese in avanti, o alzate al cielo, schernito fino allora e di cui ora<br />
hanno paura. La oscurità si tempera di un barlume di luce che, aiutato dal<br />
lampeggio silenzioso e magnetico, permette di vedere che molti restano al suolo,<br />
morti o svenuti, non so. Una casa arde nell’interno delle mura e le fiamme si<br />
alzano dritte nell’aria ferma, mettendo un punto di rosso fuoco sul verde cenere<br />
dell’atmosfera.<br />
24Maria alza il capo dal petto di Giovanni e guarda il suo Gesù. Lo chiama,
perché mal lo vede nella poca luce e coi suoi poveri occhi pieni di pianto. Tre<br />
volte lo chiama: «Gesù! Gesù! Gesù!». È la prima volta che lo chiama per nome da<br />
quando è sul Calvario. Infine, ad un lampo che fa come una corona sopra la vetta<br />
del Golgota, lo vede, immobile, tutto pendente in avanti, col capo talmente<br />
piegato in avanti, e a destra, da toccare con la guancia la spalla e col mento<br />
le coste, e comprende. Tende le mani che tremano nell’aria scura e grida:<br />
«Figlio mio! Figlio mio! Figlio mio!». Poi ascolta... Ha la bocca aperta, pare<br />
voglia ascoltare anche con quella, come ha dilatati gli occhi per vedere, per<br />
vedere... Non può credere che il suo Gesù non sia più...<br />
Giovanni, che anche lui ha guardato e ascoltato, ed ha compreso che tutto è<br />
finito, abbraccia Maria e cerca allontanarla dicendo: «Non soffre più».<br />
Ma, prima che l’apostolo termini la frase, Maria, che ha capito, si svincola,<br />
gira su se stessa, si curva ad arco verso il suolo, si porta le mani agli occhi<br />
e grida: «Non ho più Figlio!».<br />
E poi vacilla e cadrebbe se Giovanni non se la raccogliesse tutta sul cuore, e<br />
poi egli si siede, per terra, per sostenerla meglio sul suo petto, finché le<br />
Marie, non più trattenute dal cerchio superiore di armati - perché, ora che i<br />
giudei sono fuggiti, i romani si sono ammucchiati sulla piazzuola sottostante<br />
commentando l’accaduto - sostituiscono l’apostolo presso la Madre.<br />
La Maddalena si siede dove era Giovanni, e quasi si adagia Maria sui ginocchi,<br />
sostenendola fra le braccia e il suo petto, baciandola sul volto esangue,<br />
riverso sulla spalla pietosa. Marta e Susanna, con la spugna e un lino intrisi<br />
nell’aceto, le bagnano le tempie e le narici, mentre la cognata Maria le bacia<br />
le mani chiamandola con strazio, e appena Maria riapre gli occhi, e gira uno<br />
sguardo che il dolore rende come ebete, le dice: «Figlia, figlia diletta,<br />
ascolta... dimmi che mi vedi... Sono la tua Maria... Non mi guardare così!...».<br />
E poiché il primo singhiozzo apre la gola di Maria e le prime lacrime cadono,<br />
ella, la buona Maria d’Alfeo, dice: «Sì, sì, piangi... Qui con me, come da una<br />
mamma, povera, santa figlia mia»; e quando si sente dire: «Oh! Maria! Maria! hai<br />
visto?», ella geme: «Sì, sì,... ma... ma... figlia... oh! figlia!...». Non trova<br />
più altro e piange, l’anziana Maria. Un pianto desolato, a cui fanno eco tutte<br />
le altre, ossia Marta e Maria, la madre di Giovanni e Susanna.<br />
Le altre pie donne non ci sono più. Penso siano andate via, e con esse i<br />
pastori, quando si udì quel grido femminile...<br />
25I soldati parlottano fra di loro.<br />
«Hai visto i giudei? Ora avevano paura».<br />
«E si battevano il petto».<br />
«I più terrorizzati erano i sacerdoti!».<br />
«Che paura! Ho sentito altri terremoti. Ma come questo mai. Guarda: la terra è<br />
rimasta piena di fessure».<br />
«E lì è franato tutto un pezzo della via lunga».<br />
«E sotto ci sono dei corpi».<br />
«Lasciali! Tanti serpenti di meno».<br />
«Oh! un altro incendio! Nella campagna...».<br />
«Ma è morto proprio?».<br />
«E non vedi? Ne hai dubbi?».<br />
26Spuntano da dietro la roccia Giuseppe e Nicodemo. Certo si erano rifugiati lì,<br />
dietro il riparo del monte, per salvarsi dai fulmini. Vanno da Longino.<br />
«Vogliamo il Cadavere».<br />
«Solo il Proconsole lo concede. Andate, e presto, perché ho sentito che i giudei<br />
vogliono andare al Pretorio ed ottenere il crucifragio. Non vorrei facessero<br />
sfregio».<br />
«Come lo sai?».<br />
«Rapporto dell’alfiere. Andate. Io attendo».<br />
I due si precipitano giù per la strada ripida e scompaiono.<br />
27È qui che Longino si accosta a Giovanni e gli dice piano qualche parola che<br />
non afferro. Poi si fa dare da un soldato una lancia. Guarda le donne tutte<br />
intente a Maria, che riprende lentamente le forze. Esse hanno, tutte, le spalle<br />
alla croce.<br />
Longino si pone di fronte al Crocifisso, studia bene il colpo e poi lo vibra. La<br />
larga lancia penetra profondamente da sotto in su, da destra a sinistra.<br />
Giovanni, combattuto fra il desiderio di vedere e l’orrore di vedere, torce per<br />
un attimo il viso.<br />
«È fatto, amico», dice Longino e termina: «Meglio così. Come a un cavaliere. E
senza spezzare ossa... Era veramente un Giusto!».<br />
Dalla ferita geme molt’acqua e un filino appena di sangue già tendente a<br />
raggrumarsi. Geme, ho detto. Non esce che filtrando dal taglio netto che rimane<br />
inerte, mentre, se vi fosse stato del respiro, si sarebbe aperto e chiuso nel<br />
moto toracico addominale. ..<br />
28Mentre sul Calvario tutto resta in questo tragico aspetto, io raggiungo<br />
Giuseppe e Nicodemo che scendono per una scorciatoia per fare più presto.<br />
Sono quasi alla base quando si incontrano con Gamaliele. Un Gamaliele<br />
spettinato, senza copricapo, senza mantello, con la splendida veste sporca di<br />
terriccio e strappata dai rovi. Un Gamaliele che corre, salendo e ansando, con<br />
le mani nei capelli radi e molto brizzolati di uomo anziano. Si parlano senza<br />
fermarsi.<br />
«Gamaliele! Tu?».<br />
«Tu, Giuseppe? Lo lasci?».<br />
«Io no. Ma tu come qui? E così?...».<br />
«Cose tremende! Ero nel Tempio! Il segno! Il Tempio scardinato! Il velo di<br />
porpora e giacinto pende lacerato! Il Sancta Santorum è scoperto! Anatema è su<br />
noi!». Ha parlato continuando a correre verso la cima, reso pazzo dalla prova.<br />
I due lo guardano andare... si guardano... dicono insieme: «“Queste pietre<br />
fremeranno alle mie ultime parole!”. Egli glielo aveva promesso!...».<br />
29Affrettano la corsa verso la città.<br />
Per la campagna, fra il monte e le mura, e oltre, vagano, nell’aria ancora<br />
fosca, persone con aspetto di ebeti... Urli, pianti, lamenti... Chi dice: «Il<br />
suo Sangue ha piovuto fuoco!». Chi: «Fra i fulmini Geové è apparso a maledire il<br />
Tempio!». Chi geme: «I sepolcri! I sepolcri!».<br />
Giuseppe afferra uno che dà di cozzo la testa contro la muraglia e lo chiama a<br />
nome, tirandoselo dietro mentre entra in città: «Simone! Ma che vai dicendo?».<br />
«Lasciami! Un morto anche tu! Tutti i morti! Tutti fuori! E mi maledicono».<br />
«È impazzito», dice Nicodemo.<br />
Lo lasciano e trottano verso il Pretorio.<br />
La città è in preda del terrore. Gente che vaga battendosi il petto. Gente che<br />
fa un salto indietro o si volge spaventata sentendo dietro una voce o un passo.<br />
In uno dei tanti archivolti oscuri, l’apparizione di Nicodemo, vestito di lana<br />
bianca - perché, per fare più presto, si è levato sul Golgota il manto oscuro -<br />
fa dare un urlo di terrore ad un fariseo fuggente. Poi si accorge che è Nicodemo<br />
e gli si attacca al collo con una espansione strana, urlando: «Non mi maledire!<br />
Mia madre m’è apparsa e mi ha detto: “Sii maledetto in eterno!”», e poi si<br />
accascia al suolo gemendo: «Ho paura! Ho paura!».<br />
«Ma sono tutti folli!», dicono i due.<br />
È raggiunto il Pretorio. E solo qui, mentre attendono di essere ricevuti dal<br />
Proconsole, Giuseppe e Nicodemo riescono a sapere il perché di tanti terrori.<br />
Molti sepolcri si erano aperti sotto la scossa tellurica, e c’era chi giurava<br />
averne visto uscire gli scheletri, che per un attimo si ricomponevano con<br />
parvenza umana e andavano accusando i colpevoli del deicidio e maledicendoli.<br />
Li lascio nell’atrio del Pretorio, dove i due amici di Gesù entrano senza tante<br />
storie di stupidi ribrezzi e paure di contaminazioni, 30e torno sul Calvario,<br />
raggiungendo Gamaliele che sale, ormai sfinito, gli ultimi metri. Procede<br />
battendosi il petto e, quando giunge sulla prima delle due piazzuole, si butta<br />
bocconi, lunghezza bianca sul suolo giallastro, e geme: «Il segno! Il segno!<br />
Dimmi che mi perdoni! Un gemito, anche un gemito solo, per dirmi che mi odi e<br />
perdoni».<br />
Comprendo che lo crede ancora vivo. Né si ricrede altro che quando un soldato,<br />
urtandolo con l’asta, dice: «Alzati e taci. Non serve! Dovevi pensarci prima. È<br />
morto. E io, pagano, te lo dico: Costui, che voi avete crocifisso, era realmente<br />
il Figlio di Dio!».<br />
«Morto? Morto sei? Oh!...». Gamaliele alza il volto terrorizzato, cerca vedere<br />
fin lassù in cima, nella luce crepuscolare. Poco vede, ma quel tanto da capire<br />
che Gesù è morto lo vede. E vede il gruppo pietoso che conforta Maria, e<br />
Giovanni ritto alla sinistra della croce che piange, e Longino ritto a destra,<br />
solenne nella sua rispettosa postura.<br />
Si pone in ginocchio, tende le braccia e piange: «Eri Tu! Eri Tu! Non possiamo<br />
più avere perdono. Abbiamo chiesto il tuo Sangue su noi. Ed Esso grida al Cielo,<br />
e il Cielo ci maledice... Oh! Ma Tu eri la Misericordia!... Io ti dico, io,<br />
l’annientato rabbi di Giuda: “Il tuo Sangue su noi, per pietà”. Aspergici con
Esso! Perché solo Esso può impetrarci perdono...», piange. E poi, più piano,<br />
confessa la sua segreta tortura: «Ho il segno richiesto... Ma secoli e secoli di<br />
cecità spirituale stanno sulla mia vista interiore, e contro il mio volere di<br />
ora si drizza la voce del mio superbo pensiero di ieri... Pietà di me! Luce del<br />
mondo, nelle tenebre che non ti hanno compreso fa’ scendere un tuo raggio! Sono<br />
il vecchio giudeo fedele a ciò che credevo giustizia ed era errore. Adesso sono<br />
una landa brulla, senza più alcuno degli antichi alberi della Fede antica, senza<br />
alcun seme o stelo della Fede nuova. Sono un arido deserto. Opera Tu il miracolo<br />
di far sorgere un fiore che abbia il tuo nome in questo povero cuore di vecchio<br />
israelita pervicace. In questo mio povero pensiero, prigioniero delle formule,<br />
penetra Tu, Liberatore. Isaia lo dice*: “... pagò per i peccatori e prese su Sé<br />
i peccati di molti”. Oh! anche il mio, Gesù Nazareno...».<br />
Si alza. Guarda la croce che si fa sempre più nitida nella luce che rischiara e<br />
poi se ne va curvo, invecchiato, annichilito.<br />
E sul Calvario torna il silenzio, appena rotto dal pianto di Maria. I due<br />
ladroni, esausti dalla paura, non parlano più.<br />
______________<br />
* lo dice, in: Isaia 53, 12.<br />
31Tornano in corsa Nicodemo e Giuseppe, dicendo che hanno il permesso di Pilato.<br />
Ma Longino, che non si fida troppo, manda un soldato a cavallo dal Proconsole<br />
per sapere come deve fare anche coi due ladroni. Il soldato va e torna al<br />
galoppo con l’ordine di consegnare Gesù e di compiere il crucifragio sugli<br />
altri, per volere dei giudei.<br />
Longino chiama i quattro boia, che sono vigliaccamente accoccolati sotto la<br />
rupe, ancora terrorizzati dell’accaduto, e ordina che i due ladroni siano finiti<br />
a colpi di clava. Cosa che avviene senza proteste per Disma, al quale il colpo<br />
di clava, sferrato al cuore dopo aver già percosso i ginocchi, spezza a metà fra<br />
le labbra, in un rantolo, il nome di Gesù. E con maledizioni orrende da parte<br />
dell’altro ladrone. Il loro rantolo è lugubre.<br />
32I quattro carnefici vorrebbero anche occuparsi di Gesù, staccandolo dalla<br />
croce. Ma Giuseppe e Nicodemo non lo permettono. Anche Giuseppe si leva il<br />
mantello e dice a Giovanni di imitarlo e di tenere le scale mentre loro salgono<br />
con leve e tenaglie.<br />
Maria si alza tremante, sorretta dalle donne, e si accosta alla croce.<br />
Intanto i soldati, finito il loro compito, se ne vanno. E Longino, prima di<br />
scendere oltre la piazzuola inferiore, si volta dall’alto del suo morello a<br />
guardare Maria e il Crocifisso. Poi il rumore degli zoccoli suona sulle pietre e<br />
quello delle armi contro le corazze, e si allontana sempre più.<br />
Il palmo sinistro è schiodato. Il braccio cade lungo il Corpo, che ora pende<br />
semistaccato.<br />
Dicono a Giovanni di salire lui pure, lasciando le scale alle donne. E Giovanni,<br />
montato sulla scala dove prima era Nicodemo, si passa il braccio di Gesù intorno<br />
al collo e lo tiene così, tutto abbandonato sul suo òmero, abbracciato dal suo<br />
braccio alla vita e tenuto per la punta delle dita per non urtare l’orrendo<br />
squarcio della mano sinistra, che è quasi aperta. Quando i piedi sono schiodati,<br />
Giovanni fatica non poco a tenere e sostenere il Corpo del suo Maestro fra la<br />
croce e il suo corpo.<br />
Maria si pone già ai piedi della croce, seduta con le spalle alla stessa, pronta<br />
a ricevere il suo Gesù nel grembo.<br />
Ma schiodare il braccio destro è l’operazione più difficile. Nonostante ogni<br />
sforzo di Giovanni, il Corpo pende tutto in avanti e la testa del chiodo<br />
sprofonda nella carne. E, poiché non vorrebbero ferirlo di più, i due pietosi<br />
faticano molto. Finalmente il chiodo è afferrato dalla tenaglia e estratto piano<br />
piano.<br />
Giovanni tiene sempre Gesù per le ascelle, con la testa rovesciata sulla sua<br />
spalla, mentre Nicodemo e Giuseppe lo afferrano uno alle cosce, l’altro ai<br />
ginocchi, e cautamente scendono così dalle scale.<br />
33Giunti a terra, vorrebbero adagiarlo sul lenzuolo che hanno steso sui loro<br />
mantelli. Ma Maria lo vuole. Si è aperta il manto, lasciandolo pendere da una<br />
parte, e sta con le ginocchia piuttosto aperte per fare cuna al suo Gesù.<br />
Mentre i discepoli girano per darle il Figlio, la testa coronata ricade<br />
all’indietro e le braccia pendono verso terra, e struscerebbero al suolo con le<br />
mani ferite se la pietà delle pie donne non le tenessero per impedirlo.
Ora è in grembo alla Madre... E sembra uno stanco e grande bambino che dorma<br />
tutto raccolto sul seno materno. Maria lo tiene col braccio destro passato<br />
dietro le spalle del Figlio e il sinistro passato al disopra dell’addome per<br />
sorreggerlo alle anche.<br />
La testa è sulla spalla materna. E Lei lo chiama... lo chiama con voce di<br />
strazio. Poi se lo stacca dalla spalla e lo carezza con la sinistra, ne<br />
raccoglie e stende le mani e, prima di incrociarle sul grembo spento, le bacia,<br />
e piange sulle ferite. Poi carezza le guance, specie là dove è il livido e il<br />
gonfiore, bacia gli occhi infossati, la bocca rimasta lievemente storta a destra<br />
e socchiusa.<br />
Vorrebbe ravviargli i capelli, come gli ha ravviato la barba ingrommata di<br />
sangue. Ma nel farlo incontra le spine. Si punge per levare quella corona e non<br />
vuole farlo che Lei, con l’unica mano che ha libera, e respinge tutti dicendo:<br />
«No, no! Io! Io!», e pare abbia fra le dita il capo tenerello di un neonato,<br />
tanto va con delicatezza nel farlo. E quando può levare questa torturante<br />
corona, si curva a medicare tutti gli sgraffi delle spine con i baci.<br />
Con la mano tremante divide i capelli scomposti, li ravvia e piange, e parla<br />
piano piano, e asciuga con le dita le lacrime che cadono sulle povere carni<br />
gelide e sanguinose, e pensa di pulirle col pianto e col suo velo, che è ancora<br />
ai lombi di Gesù. E ne tira a sé una estremità, e con quella si dà a detergere<br />
ed asciugare le membra sante. E sempre torna in carezze sul volto e poi sulle<br />
mani, e poi carezza le ginocchia contuse, e poi risale ad asciugare il Corpo, su<br />
cui cadono lacrime e lacrime.<br />
È nel fare questo che la sua mano incontra lo squarcio del costato. La piccola<br />
mano, coperta dal lino sottile, entra quasi tutta nell’ampia bocca della ferita.<br />
Maria si curva per vedere, nella semiluce che si è formata, e vede. Vede il<br />
petto aperto e il cuore di suo Figlio. Urla, allora. Sembra che una spada apra a<br />
Lei il cuore. Urla, e poi si rovescia sul Figlio e pare morta Lei pure.<br />
34La soccorrono, la confortano. Le vogliono levare il Morto divino e, poiché<br />
Ella grida: «Dove, dove ti metterò, che sia sicuro e degno di Te?», Giuseppe,<br />
tutto curvo in un inchino riverente, la mano aperta appoggiata sul petto, dice:<br />
«Confortati, o Donna! Il mio sepolcro è nuovo e degno di un grande. Lo dono a<br />
Lui. E questo, Nicodemo, amico, già nel sepolcro ha portato gli aromi, ché egli<br />
questo vuole offrire di suo. Ma, te ne prego, poiché la sera si avvicina,<br />
lasciaci fare... È Parasceve. Sii buona, o Donna santa!».<br />
Anche Giovanni e le donne pregano in tal senso, e Maria si lascia levare dal<br />
grembo la sua Creatura, e si alza, affannosa, mentre lo avvolgono nel lenzuolo,<br />
pregando: «Oh! fate piano!».<br />
Nicodemo e Giovanni alle spalle, Giuseppe ai piedi, sollevano la Salma avvolta<br />
non solo nel lenzuolo, ma appoggiata anche sui mantelli che fanno da portantina,<br />
e si avviano giù per la via.<br />
Maria, sorretta dalla cognata e dalla Maddalena, seguita da Marta, Maria di<br />
Zebedeo e Susanna, che hanno raccolto i chiodi, le tenaglie, la corona, la<br />
spugna e la canna, scende verso il sepolcro.<br />
Sul Calvario restano le tre croci, di cui quella di centro è nuda e le due altre<br />
hanno il loro vivo trofeo che muore.<br />
35«Ed ora», dice Gesù, «fate bene attenzione. Ti risparmio la descrizione della<br />
sepoltura, che è fatta bene dallo scorso anno: 19 febbraio 1944. Userete perciò<br />
quella*, e P. M. metterà al termine della stessa il lamento di Maria che ho dato<br />
a suo tempo: 4 ottobre 1944. Poi metterai quanto vedrai tu di nuovo. Sono parti<br />
nuove della Passione a vanno messe a posto molto bene, per non fare confusione o<br />
lasciare lacune».<br />
610. Angoscia di Maria al Sepolcro e unzione del Corpo di Gesù.<br />
19 febbraio 1944.<br />
1Dire quello che io provo è inutile. Farei unicamente un’esposizione del mio<br />
soffrire, e perciò senza valore rispetto al soffrire che io vedo. Lo descrivo<br />
dunque, senza commenti su me.<br />
2Assisto alla sepoltura di Nostro Signore.<br />
Il piccolo corteo, dopo aver sceso il Calvario, trova alla base dello stesso,
scavato nel calcare del monte, il sepolcro di Giuseppe d’Arimatea. In esso<br />
entrano i pietosi col Corpo di Gesù.<br />
Vedo il sepolcro fatto così. È un ambiente ricavato nella pietra in fondo ad una<br />
ortaglia tutta in fiore. Sembra una grotta, ma si capisce scavata dalla mano<br />
dell’uomo. Vi è la camera sepocrale propriamente detta con i suoi loculi (fatti<br />
diversi da quelli delle catacombe). Questi sono come fori tondi che penetrano<br />
nella pietra come buchi di un alveare, tanto per dare un’idea. Per ora sono<br />
tutti vuoti. Si vede l’occhio vuoto di ogni loculo come una macchia nera nel<br />
grigiastro della pietra. Poi, precedente a questa camera sepolcrale, vi è come<br />
un’anticamera. A1 centro della stessa, il tavolo di pietra per l’unzione. Su<br />
questo viene posto Gesù nel suo lenzuolo.<br />
Entrano anche Giovanni e Maria. Non di più, perché la camera preparatoria è<br />
piccola e, se fossero in più persone, non potrebbero più muoversi. Le altre<br />
donne stanno presso la porta, ossia presso l’apertura, perché non vi è porta<br />
vera e propria.<br />
3I due portatori scoprono Gesù.<br />
Mentre essi preparano, in un angolo, su una specie di mensola, alla luce di due<br />
torce, le bende e gli aromi, Maria si curva sul Figlio e piange. E daccapo lo<br />
asciuga col velo che è ancora ai lombi di Gesù. È l’unico lavacro che ha il<br />
Corpo di Gesù, questo delle lacrime materne, e se sono copiose e abbondanti non<br />
servono però che a levare superficialmente e parzialmente polvere, sudore e<br />
sangue di quel Corpo torturato.<br />
____________________________<br />
* quella, che corrisponde solo alla parte iniziale della “visione” del 19<br />
febbraio 1944, il cui seguito, riscritto più ampiamente il 28 marzo 1945, è nel<br />
successivo capitolo 611.<br />
Maria non si stanca di carezzare quelle membra gelate. Con una delicatezza ancor<br />
maggiore che se toccasse quelle di un neonato, Ella prende le povere mani<br />
straziate, le stringe fra le sue, ne bacia le dita, le stende, cerca di riunire<br />
le slabbrature delle ferite come per medicarle, perché dolgano meno, si appoggia<br />
sulle guance quelle mani che non possono più accarezzare, e geme, geme nel suo<br />
dolore atroce. Raddrizza e unisce i poveri piedi, che stanno così abbandonati,<br />
come mortalmente stanchi di tanto cammino fatto per noi. Ma essi si sono troppo<br />
spostati sulla croce, e specie il sinistro sta quasi per piatto come non avesse<br />
più caviglia.<br />
Poi torna al Corpo e lo carezza, così freddo e già rigido, e quando vede una<br />
nuova volta lo squarcio della lancia che ora, nella posizione supina del<br />
Salvatore sulla lastra di pietra, è aperto e beante come una bocca, lasciante<br />
vedere meglio ancora la cavità toracica - la punta del cuore appare<br />
distintamente fra lo sterno e l’arco costale sinistro, e due centimetri circa<br />
sopra di essa vi è l’incisione fatta dalla punta della lancia nel pericardio e<br />
nel cardio, lunga un buon centimetro e mezzo, mentre quella esterna al costato<br />
destro è di almeno sette - Maria grida di nuovo come sul Calvario. Sembra che la<br />
lancia trapassi Lei, tanto Ella si contorce nel suo dolore, portando le mani al<br />
cuore suo, trafitto come quello di Gesù. Quanti baci su quella ferita, povera<br />
Mamma!<br />
Poi torna al capo riverso e lo raddrizza, poiché è rimasto lievemente piegato<br />
indietro e fortemente a destra. Cerca di chiudere le palpebre, che si ostinano a<br />
rimanere semichiuse, e la bocca rimasta aperta, contratta, un poco storta a<br />
destra. Ravvia i capelli, solo ieri tanto belli e ordinati, ed ora fatti tutto<br />
un groviglio appesantito dal sangue. Districa le ciocche più lunghe, le liscia<br />
sulle sue dita, le arrotola per ridare ad esse la forma dei dolci capelli del<br />
suo Gesù, così morbidi e ricciuti. E geme, geme perché si ricorda di quando era<br />
bambino... È il motivo fondamentale del suo dolore: il ricordo dell’infanzia di<br />
Gesù, del suo amore per Lui, delle sue cure che temevano anche dell’aria più<br />
viva per la Creaturina divina, e il confronto con quanto gli hanno fatto, ora,<br />
gli uomini.<br />
4Il suo lamento mi fa stare male. Ed il suo gesto quando, gemendo: «Che ti<br />
hanno, che ti hanno fatto, Figlio mio?», non potendolo vedere così, nudo,<br />
rigido, su una pietra, Ella se lo raccoglie in braccio, passandogli il braccio<br />
sotto le spalle e serrandolo sul petto con l’altra mano e ninnandolo, con la<br />
stessa mossa della grotta della Natività, mi fa piangere e soffrire come se una<br />
mano mi frugasse nel cuore.
4 ottobre 1944.<br />
5La terribile angoscia spirituale di Maria.<br />
La Madre è ritta presso la pietra dell’unzione e carezza, e contempla, e geme, e<br />
piange. La luce tremolante delle torce illumina a tratti il suo volto, ed io<br />
vedo dei grossi goccioloni di pianto rotolare sulle guance pallidissime di un<br />
viso devastato. E odo le parole. Tutte. Ben distinte, per quanto mormorate fra<br />
le labbra, vero colloquio di anima materna coll’anima del Figlio. Ricevo<br />
l’ordine di scriverle.<br />
6«Povero Figlio! Quante ferite!... Come hai sofferto! Guarda che t’hanno<br />
fatto!... Come sei freddo, Figlio! Le tue dita sono di gelo. E come sono inerti!<br />
Paiono spezzate. Mai, neppure nel sonno più abbandonato dell’infanzia, né in<br />
quello pesante della tua fatica di artiere, erano inerti così... E come sono<br />
fredde! Povere mani! Dàlle alla tua Mamma, tesoro mio, amore santo, amore mio!<br />
Guarda come sono lacerate! Ma guarda, Giovanni, che squarcio! Oh! crudeli! Qui,<br />
qui, dalla tua Mamma questa mano ferita. Che te la medichi. Oh! non ti farò<br />
male... Userò baci e lacrime, e col fiato e con l’amore te la scalderò. Dammi<br />
una carezza, Figlio! Tu sei di ghiaccio, io ardo di febbre. La mia febbre avrà<br />
sollievo dal tuo gelo, e il tuo gelo si molcerà alla mia febbre. Una carezza,<br />
Figlio! Sono poche ore che non mi carezzi, e mi paiono secoli. Vi furono mesi<br />
senza tue carezze, e mi parvero ore perché sempre aspettavo il tuo venire e di<br />
ogni giorno facevo un’ora, di ogni ora un minuto, per dirmi che Tu non m’eri<br />
lontano da una o più lune, ma da solo pochi dì, da sole poche ore. Perché ora è<br />
così lungo il tempo? Ah! strazio inumano! Perché Tu sei morto. Mi ti hanno<br />
morto! Non ci sei più sulla Terra! Più! In qualunque posto io getti l’anima per<br />
cercare la tua e abbracciarsi ad essa, poiché trovarti, averti, sentirti era la<br />
vita della mia carne e del mio spirito, in qualunque posto io ti cerchi con<br />
l’onda del mio amore, non ti trovo più, più non ti trovo! Di Te non mi resta che<br />
questa spoglia fredda, questa spoglia senz’anima! O anima del mio Gesù, o anima<br />
del mio Cristo, o anima del mio Signore, dove sei? Perché avete levata l’anima<br />
al Figlio mio, iene crudeli congiunte con Satana? E perché non m’avete seco lui<br />
crocifissa? Avete avuto paura di un secondo delitto? (La voce si fa sempre più<br />
forte e straziante). E che era uccidere una povera donna, per voi che non avete<br />
esitato ad uccidere Dio fatto Carne? Non avete commesso un secondo delitto? E<br />
non è questo il più nefando, di lasciare sopravvivere una madre al figlio<br />
trucidato?».<br />
7La Madre, che con la voce aveva alzato anche il capo, ora torna a curvarsi sul<br />
volto spento ed a parlare piano, solo per Lui:<br />
«Almeno nella tomba, qui dentro, saremmo stati insieme come insieme saremmo<br />
stati nell’agonia sul legno, e insieme nel viaggio oltre vita e incontro alla<br />
Vita. Ma, se seguirti non posso nel viaggio oltre la vita, qui ad attenderti<br />
posso restare».<br />
Si torna a drizzare a dice forte ai presenti:<br />
«Andate tutti. Io resto. Chiudetemi qui con Lui. Lo attendo. Che dite? Che non<br />
si può? Perché non si può? Se fossi morta non sarei qui, coricata al suo fianco,<br />
in attesa d’essere composta? Sarò al suo fianco, ma in ginocchio. Vi fui quando<br />
Egli vagiva, tenero e roseo, in una notte decembrina. Vi sarò ora, in questa<br />
notte del mondo che non ha più il Cristo. Oh! vera notte! La Luce non è più!...<br />
O gelida notte! L’Amore è morto! Che dici, Nicodemo? Mi contamino? Il suo Sangue<br />
non è contaminazione. Non mi contaminai neppure nel generarlo. Ah! come uscisti,<br />
Tu, Fiore del mio seno, senza lacerare fibra, ma proprio come fiore di profumato<br />
narciso, che sboccia dall’anima del bulbo matrice e dà fiore anche se<br />
l’abbraccio della terra non è stato sulla matrice. Vergine fiorire che in Te ha<br />
riscontro, o Figlio venuto da abbraccio celeste e nato fra celesti dilagar di<br />
fulgori».<br />
8Ora la Madre straziata si torna a curvare sul Figlio, straniandosi da ogni<br />
altra cosa che non sia Lui, e mormora piano:<br />
«Ma te la ricordi, Figlio, quella sublime veste di splendori che tutto vestì<br />
mentre il tuo sorriso nasceva al mondo? Te la ricordi quella beatifica luce che<br />
il Padre mandò dai Cieli per avvolgere il mistero del tuo fiorire e per farti<br />
trovare meno repellente questo mondo oscuro, a Te che eri Luce e venivi dalla<br />
Luce del Padre e dello Spirito Paraclito? Ed ora?... Ora buio e freddo... Quanto<br />
freddo! Quanto! Io ne tremo tutta. Più di quella notte di dicembre. Allora c’era<br />
la gioia dell’averti a scaldarmi il cuore. E Tu avevi due ad amarti... Ora...<br />
Ora sono sola e morente io pure. Ma ti amerò per due: per questi che ti hanno
amato tanto poco da abbandonarti nel momento del dolore; ti amerò per quelli che<br />
ti hanno odiato, per tutto il mondo ti amerò, o Figlio. Non sentirai il gelo del<br />
mondo. No, non lo sentirai. Tu non mi apristi le viscere per nascere, ma per non<br />
farti sentire il gelo io sono pronta ad aprirmele e chiuderti nell’abbraccio del<br />
seno mio. Tu lo ricordi come questo seno ti amò, piccolo germe palpitante?... È<br />
sempre quel seno. Oh! è il mio diritto e il mio dovere di Madre. È il mio<br />
desiderio. Non c’è che la Madre che possa averlo, che possa avere per il Figlio<br />
un amore grande quanto l’universo.<br />
9La voce si è andata elevando e ora, tutta forte, dice:<br />
«Andate. Io resto. Tornerete fra tre giorni ed usciremo insieme. Oh! rivedere il<br />
mondo appoggiata al tuo braccio, o Figlio mio! Come sarà bello il mondo alla<br />
luce del tuo risorto sorriso! Il mondo fremente al passo del suo Signore! La<br />
Terra ha tremato quando la morte ti ha svelto l’anima e dal cuore t’è uscito lo<br />
spirito. Ma ora tremerà... oh! non più di orrore e spasimo, ma del fremito<br />
soave, a me sconosciuto ma che la mia femminilità intuisce, che scuote una<br />
vergine quando, dopo un’assenza, sente la pedata dello sposo che viene per le<br />
nozze. Più ancora: la Terra fremerà di un fremito santo, come io ne fui scossa,<br />
fin nel profondo più fondo, quando ebbi in me il Signore Uno e Trino, e il<br />
volere del Padre col fuoco dell’Amore creò il seme da cui Tu sei venuto, o mio<br />
Bambino santo, Creatura mia, tutta mia! Tutta! Tutta della Mamma! della<br />
Mamma!... Ogni bambino ha padre e madre. Anche il bastardo ha un padre e una<br />
madre. Ma Tu hai avuto la Mamma sola a farti la Carne di rosa e giglio, a farti<br />
questi ricami di vene, azzurre come i nostri rivi di Galilea, e queste labbra di<br />
melograno, e questi capelli che più vaghi non l’hanno le capre biondo-chiomate<br />
dei nostri colli, e questi occhi, due piccoli laghi di Paradiso. No, anzi, che<br />
son dell’acqua da cui viene l’unico e quadruplice Fiume del Luogo di delizie*, e<br />
seco porta, nei suoi quattro rami, l’oro, l’onice, il bidellio e l’avorio, e i<br />
diamanti, e le palme, e il miele, e le rose, e ricchezze infinite, o Fison, o<br />
Gehon, o Tigri, o Eufrate: via agli angeli giubilanti in Dio, via ai re che Te<br />
adorano, Essenza conosciuta o sconosciuta, ma vivente, ma presente anche nel<br />
cuore più oscuro! Solo la tua Mamma ti ha fatto questo, col suo “sì”... Di<br />
musica e di amore ti ho composto, di purezza e ubbidienza ti ho fatto, o Gioia<br />
mia! 10Il tuo Cuore cosa è? La fiamma del mio che si è partita per condensarsi<br />
in corona intorno<br />
____________________<br />
* Luogo di delizie, quello di: Genesi 2, 8-15.<br />
al bacio di Dio alla sua Vergine. Ecco cosa è questo tuo Cuore. Ah!».<br />
(L’urlo è straziante, al punto che la Maddalena accorre a soccorrere insieme a<br />
Giovanni. Le altre non osano e, piangenti e velate, sogguardano dall’apertura).<br />
«Ah! te l’hanno spezzato! Ecco perché sei così freddo e così fredda sono io! Non<br />
hai più dentro la fiamma del mio cuore, ed io non posso più continuare a vivere<br />
per il riflesso di quella fiamma, che era mia e che ti ho data per farti un<br />
cuore. Qui, qui, qui, sul mio petto! Prima che morte m’uccida ti voglio<br />
scaldare, cullare ti voglio. Ti cantavo: “Non c’è casa, non c’è cibo, non c’è<br />
altro che dolor”. O profetiche parole! Dolore, dolore, dolore per Te, per me! Ti<br />
cantavo: “Dormi, dormi sul mio cuore”. Anche ora: qui, qui, qui...».<br />
E, sedendosi sull’orlo della pietra, se lo raccoglie in grembo, passandosi un<br />
braccio del Figlio sulle spalle, appoggiandosi il capo del Figlio sull’òmero e<br />
su quel capo piegando il suo, tenendolo stretto al petto, ninnandolo,<br />
baciandolo, straziata e straziante.<br />
11Nicodemo a Giuseppe si avvicinano, appoggiando ad una specie di sedile, che è<br />
all’altra parte della pietra, vasi e bende, e la sindone monda e un catino con<br />
acqua, mi pare, e batuffoli di filacce, mi pare.<br />
Maria vede e chiede, forte: «Che fate voi? Che volete? Prepararlo? A che?<br />
Lasciatelo in grembo alla sua Mamma. Se riesco a scaldarlo, prima risorge. Se<br />
riesco a consolare il Padre e a consolare Lui dell’odio deicida, il Padre<br />
perdona prima, e Lui prima torna».<br />
La Dolorosa è quasi delirante.<br />
«No, non ve lo do! L’ho dato una volta, una volta l’ho dato al mondo, e il mondo<br />
non lo ha voluto. L’ha ucciso per non volerlo. Ora non lo do più! Che dite? Che<br />
lo amate? Già! Ma perché allora non l’avete difeso? Avete atteso, a dirlo che lo<br />
amavate, quando non era più che uno che non poteva più udirvi. Che povero amore<br />
il vostro! Ma se eravate così paurosi del mondo, al punto di non osare di<br />
difendere un innocente, almeno lo dovevate rendere a me, alla Madre, perché
difendesse il suo Nato. Lei sapeva chi era e che meritava. Voi!... Voi lo avete<br />
avuto a Maestro, ma non avete nulla imparato. Non è vero forse? Mento forse? Ma<br />
non vedete che non credete alla sua Risurrezione? Ci credete? No. Perché state<br />
là, preparando bende e aromi? Perché lo giudicate un povero morto, oggi gelido,<br />
domani corrotto, e lo volete imbalsamare per questo. Lasciate le vostre<br />
manteche. Venite ad adorare il Salvatore col cuore puro dei pastori betlemmiti.<br />
Guardate: nel suo sonno non è che uno stanco che riposa. Quanto ha faticato<br />
nella vita! Sempre più ha faticato! E in queste ultime ore, poi!... Ora riposa.<br />
Per me, per la Mamma sua non è che un grande Bambino stanco che dorme. Ben<br />
misero il letto e la stanza! Ma anche il suo primo giaciglio non fu più bello,<br />
né più allegra la sua prima dimora. I pastori adorarono il Salvatore nel suo<br />
sonno di Infante. Voi adorate il Salvatore nel suo sonno di Trionfatore di<br />
Satana. E poi, come i pastori, andate a dire al mondo: “Gloria a Dio! Il Peccato<br />
è morto! Satana è vinto! Pace sia in Terra e in Cielo fra Dio e l’uomo!”.<br />
Preparate le vie al suo ritorno. Io vi mando. Io che la Maternità fa<br />
Sacerdotessa del rito. Andate. Ho detto che non voglio. Io l’ho lavato col mio<br />
pianto. E basta. Il resto non occorre. E non vi pensate di porlo su di Lui. Più<br />
facile sarà per Lui il risorgere se libero da quelle funebri, inutili bende.<br />
Perché mi guardi così, Giuseppe? E tu perché, Nicodemo? Ma l’orrore di questa<br />
giornata ebeti vi ha fatto? Smemorati? Non ricordate? “A questa generazione<br />
malvagia e adultera, che cerca un segno, non sarà dato che il segno di Giona...<br />
Così il Figlio dell’uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della Terra”.<br />
Non ricordate? “Il Figlio dell’uomo sta per essere dato in mano agli uomini che<br />
l’uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà”. Non ricordate? “Distruggete questo<br />
Tempio del Dio vero ed in tre giorni Io lo risusciterò”. Il Tempio era il suo<br />
Corpo, o uomini. Scuoti il capo? Mi compiangi? Folle mi credi? Ma come? Ha<br />
risuscitato i morti e non potrà risuscitare Se stesso? 12Giovanni?».<br />
«Madre!».<br />
«Sì, chiamami “madre”. Non posso vivere pensando che non sarò chiamata così!<br />
Giovanni, tu eri presente quando risuscitò la figlioletta di Giairo e il<br />
giovinetto di Naim. Erano ben morti, quelli, vero? Non era solo un pesante<br />
sopore? Rispondi».<br />
«Morti erano. La bambina da due ore, il giovinetto da un giorno e mezzo».<br />
«E sorsero al suo comando?».<br />
«E sorsero al suo comando».<br />
«Avete udito? Voi due, avete udito? Ma perché scuotete il capo? Ah! forse volete<br />
dire che la vita torna più presto in chi è innocente e giovinetto. Ma il mio<br />
Bambino è l’Innocente! Ed è il sempre Giovane. È Dio, mio Figlio!...». La Madre<br />
guarda con occhi di strazio e di follia i due preparatori che, accasciati ma<br />
inesorabili, dispongono i rotoli delle bende inzuppate ormai negli aromi.<br />
Maria fa due passi. Ha rideposto il Figlio sulla pietra con la delicatezza di<br />
chi depone un neonato nella cuna. Fa due passi, si curva ai piedi del letto<br />
funebre, dove in ginocchio piange la Maddalena, e l’afferra per una spalla, la<br />
scuote, la chiama: «Maria. Rispondi. Costoro pensano che Gesù non possa<br />
risorgere perché uomo e morto di ferite. Ma tuo fratello non è più vecchio di<br />
Lui?».<br />
«Sì».<br />
«Non era tutto una piaga?».<br />
«Sì».<br />
«Non era già putrido prima di scendere nel sepolcro?».<br />
«Sì».<br />
«E non risorse dopo quattro giorni di asfissia e di putrefazione?».<br />
«Sì».<br />
«E allora?».<br />
13Un silenzio grave e lungo. Poi un urlo inumano. Maria vacilla portandosi una<br />
mano sul cuore. La sostengono. Ma Lei li respinge. Pare respinga i pietosi. In<br />
realtà respinge ciò che Lei sola vede. E urla: «Indietro! Indietro, crudele! Non<br />
questa vendetta! Taci! Non ti voglio udire! Taci! Ah! mi morde il cuore!».<br />
«Chi, Madre?».<br />
«O Giovanni! Satana è! Satana che dice: “Non risorgerà. Nessun profeta l’ha<br />
detto”. O Dio altissimo! Aiutatemi tutti, o voi, spiriti buoni, o voi, uomini<br />
pietosi! La mia ragione vacilla! Non ricordo più nulla. Che dicono i profeti?<br />
Che dice il salmo? Oh! chi mi ripete i passi che parlano del mio Gesù?».<br />
È la Maddalena che con la sua voce d’organo dice il salmo davidico sulla
Passione del Messia.<br />
La Madre piange più forte, sorretta da Giovanni, e il pianto cade sul Figlio<br />
morto che ne è tutto bagnato. Maria vede, e lo asciuga, e dice a voce bassa:<br />
«Tanto pianto! E quando avevi tanta sete neppure una stilla te ne ho potuto<br />
dare. E ora... tutto ti bagno! Sembri un arbusto sotto una pesante rugiada. Qui,<br />
che la Mamma ti asciuga, Figlio! Tanto amaro hai gustato! Sul tuo labbro ferito<br />
non cada anche l’amaro e il sale del materno pianto!...».<br />
Poi chiama forte: «Maria. Davide non dice... Sai Isaia? Di’ le sue parole...».<br />
La Maddalena dice il brano sulla Passione e termina con un singhiozzo:<br />
«...consegnò la sua vita alla morte e fu annoverato tra i malfattori, Egli che<br />
tolse i peccati del mondo e pregò per i peccatori».<br />
«Oh! Taci! Morte no! Non consegnato alla morte! No! No! Oh! che il vostro non<br />
credere, alleandosi alla tentazione di Satana, mi mette il dubbio nel cuore! E<br />
dovrei non crederti, o Figlio? Non credere alla tua santa parola?! Oh! dilla<br />
all’anima mia! Parla. Dalle sponde lontane, dove sei andato a liberare gli<br />
attendenti la tua venuta, getta la tua voce d’anima alla mia anima protesa, alla<br />
mia che è qui, tutta aperta a ricevere la tua voce. Dillo a tua Madre che torni!<br />
Di’: “Al terzo giorno risorgerò”. Te ne supplico, Figlio e Dio! Aiutami a<br />
proteggere la mia fede. Satana la attorciglia nelle spire per strozzarla. Satana<br />
ha levato la sua bocca di serpe dalla carne dell’uomo, perché Tu gli hai<br />
strappato questa preda, e ora ha confitto l’uncino dei suoi denti velenosi nella<br />
carne del mio cuore e me ne paralizza i palpiti, e la forza, e il calore. Dio!<br />
Dio! Dio! Non permettere che io diffidi! Non lasciare che il dubbio mi<br />
agghiacci! Non dare libertà a Satana di portarmi a disperare! Figlio! Figlio!<br />
Mettimi la mano sul cuore. Caccerà Satana. Mettimela sul capo. Vi riporterà la<br />
luce. Santifica con una carezza le mie labbra, perché si fortifichino a dire:<br />
“Credo” anche contro tutto un mondo che non crede. Oh! che dolore è non credere!<br />
Padre! Molto bisogna perdonare a chi non crede. Perché, quando non si crede<br />
più... quando non si crede più... ogni orrore diviene facile. Io te lo dico...<br />
io che provo questa tortura. Padre, pietà dei senza fede! Da’ loro, Padre santo,<br />
da’ loro, per questa Ostia consumata e per me, ostia che si consuma ancora, da’<br />
la tua Fede ai senza fede!».<br />
14Un lungo silenzio.<br />
Nicodemo e Giuseppe fanno un cenno a Giovanni e alla Maddalena.<br />
«Vieni, Madre». È la Maddalena che parla, cercando di allontanare Maria dal<br />
Figlio e di dividere le dita di Gesù intrecciate fra quelle di Maria, che le<br />
bacia piangendo.<br />
La Mamma si raddrizza. È solenne. Stende un’ultima volta le povere dita esangui,<br />
conduce la mano inerte a fianco del Corpo. Poi abbassa le braccia verso terra e,<br />
ben dritta, colla testa lievemente riversa, prega e offre. Non si ode parola. Ma<br />
si capisce che prega da tutto l’aspetto. È veramente la Sacerdotessa all’altare,<br />
la Sacerdotessa nell’attimo dell’offerta. «Offerimus* praeclarae majestati tuae<br />
de tuis donis, ac datis, hostiam puram, hostiam sanctam, hostiam<br />
immaculatam...».<br />
Poi si volge: «Fate pure. Ma Egli risorgerà. Inutilmente voi diffidate della mia<br />
ragione e siete ciechi alla verità che Egli vi disse. Inutilmente tenta Satana<br />
di insidiare la mia fede. A redimere il mondo manca anche la tortura data al mio<br />
cuore da Satana vinto. La subisco e la offro per i futuri. Addio, Figlio! Addio,<br />
mia Creatura! Addio, Bambino mio! Addio... Addio... Santo... Buono... Amatissimo<br />
e amabile... Bellezza... Gioia... Fonte di salute... Addio... Sui tuoi occhi...<br />
sulle tue labbra... sui tuoi capelli d’oro... sulle tue membra gelide... sul tuo<br />
Cuore trafitto... oh! sul tuo Cuore trafitto... il mio bacio... il mio bacio...<br />
il mio bacio... Addio... Addio... Signore! Pietà di me!».<br />
[19 febbraio 1944]<br />
15I due preparatori hanno finito la preparazione delle bende.<br />
Vengono alla tavola e denudano Gesù anche del suo velo. Passano una spugna, mi<br />
pare, o un batuffolo di lino sulle membra in una molto frettolosa preparazione<br />
delle membra goccianti da mille parti.<br />
Poi spalmano tutto il Corpo di unguenti. Lo seppelliscono addirittura sotto una<br />
crosta di manteca. Prima lo hanno sollevato, nettando anche la tavola di pietra<br />
su cui posano la sindone, che pende per oltre la metà dal capo del letto. Lo<br />
riadagiano sul petto e spalmano tutto il dorso, le cosce, le gambe. Tutta la<br />
parte posteriore. Poi delicatamente lo girano, osservando che non venga
asportata la manteca degli aromi, e lo ungono anche dalla parte anteriore. Prima<br />
il tronco, poi le membra. Prima i piedi, per ultime le mani, che uniscono sul<br />
basso ventre.<br />
La mistura degli aromi deve essere appiccicosa come gomma, perché vedo che le<br />
mani restano a posto, mentre prima scivolavano sempre per il loro peso di membra<br />
morte. I piedi no. Conservano la loro posizione: uno più dritto, l’altro più<br />
steso.<br />
Per ultimo, il capo. Dopo averlo spalmato accuratamente, di modo che le fattezze<br />
scompaiono sotto lo strato di unguento, lo legano con la fascia mentoniera per<br />
mantenere chiusa la bocca.<br />
Maria geme più forte.<br />
Poi alzano il lato pendente della sindone e la ripiegano sopra a Gesù. Egli<br />
scompare sotto la grossa tela della sindone. Non è più che una forma coperta da<br />
un telo.<br />
Giuseppe osserva che tutto sia bene a posto e appoggia ancora sul viso un<br />
sudario di lino e altri panni, simili e corte e larghe strisce rettangolari, che<br />
passano da destra a sinistra, al disopra del Corpo, e tengono a posto la<br />
sindone, bene aderente al Corpo. Non è la caratteristica fasciatura che si<br />
vede nelle mummie e<br />
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* Offerimus...: Offriamo alla tua superna maestà le cose che tu stesso ci hai<br />
donato, cioè il sacrificio puro, santo ed immacolato… (dal Messale Romano).<br />
neppure nella risurrezione di Lazzaro. È un embrione di fasciatura.<br />
Gesù ormai è annullato. Anche la forma si confonde sotto i lini. Sembra un lungo<br />
mucchio di tela, più stretto ai vertici e più largo al centro, appoggiato sul<br />
grigio della pietra.<br />
Maria piange più forte.<br />
[4 ottobre 1944]<br />
16Dice Gesù:<br />
«E la tortura continuò con assalti periodici sino all’alba della Domenica. Io ho<br />
avuto, nella Passione, una sola tentazione. Ma la Madre, la Donna, espiò per la<br />
donna, colpevole di ogni male, più e più volte. E Satana sulla Vincitrice<br />
infierì con centuplicata ferocia.<br />
Maria l’aveva vinto. Su Maria la più atroce tentazione. Tentazione alla carne<br />
della Madre. Tentazione al cuore della Madre. Tentazione allo spirito della<br />
Madre. Il mondo crede che la Redenzione ebbe fine col mio ultimo anelito. No. La<br />
compì la Madre, aggiungendo la sua triplice tortura per redimere la triplice<br />
concupiscenza, lottando per tre giorni contro Satana che la voleva portare a<br />
negare la mia Parola e a non credere nella mia Risurrezione. Maria fu l’unica<br />
che continuò a credere. Grande e beata è anche per questa fede.<br />
Hai conosciuto anche questo. Tormento che fa riscontro al tormento del mio<br />
Getsemani. Il mondo non capirà questa pagina. Ma “coloro che sono nel mondo<br />
senza essere del mondo” la comprenderanno e aumentato amore avranno per la Madre<br />
Dolorosa. Per questo l’ho data.<br />
Va’ in pace con la nostra benedizione».