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Dopo quel tragico 25 luglio 1943 il processo a Carlo Scorza nel ...

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CIVILTÀ DELLA SCRITTURA<br />

10<br />

di MARIO<br />

BOMMEZZADRI<br />

<strong>Dopo</strong> <strong>quel</strong> <strong>tragico</strong> <strong>25</strong> <strong>luglio</strong> <strong>1943</strong><br />

<strong>il</strong> <strong>processo</strong> a <strong>Carlo</strong> <strong>Scorza</strong><br />

<strong>nel</strong> racconto<br />

di chi lo stenografò<br />

Il fatto che si vuole ricordare risale all’apr<strong>il</strong>e del 1944, probab<strong>il</strong>mente l’anno più<br />

triste e più <strong>tragico</strong> del periodo dell’ultima guerra mondiale. È l’anno in cui si consumò<br />

la tragedia delle Fosse Ardeatine, mentre sul territorio nazionale si combattevano<br />

due eserciti nemici e, in più, si contrapponevano in una guerra fratricida fascisti e<br />

squadre partigiane che gradualmente andavano formandosi sulle montagne delle varie<br />

regioni del Nord. Il nostro Paese era diviso in due parti, entrambe occupate da truppe<br />

straniere. Sulla città erano frequenti i bombardamenti aerei, diurni e notturni. La Re-<br />

pubblica sociale italiana, detta “la repubblichetta<br />

di Salò”, non aveva i propri apparati<br />

soltanto sulle rive del Garda; uffici<br />

ministeriali, paraministeriali o m<strong>il</strong>itari si<br />

trovavano <strong>nel</strong>le principali città lombarde<br />

e venete. A Parma fu dislocato <strong>il</strong> Tribunale<br />

speciale per la difesa dello Stato,<br />

davanti al quale si celebrarono vari importanti<br />

processi, come <strong>quel</strong>lo agli ammiragli<br />

Campioni e Maschera, comandanti<br />

delle postazioni m<strong>il</strong>itari di Rodi e<br />

Lero che, dopo una certa resistenza opposta<br />

ai tedeschi, furono da questi sopraffatti,<br />

imprigionati e consegnati ai fascisti<br />

di Mussolini col mandato di consumare<br />

la vendetta. Il <strong>processo</strong> si risolse<br />

quindi in una formalità, in obbedienza<br />

agli ordini degli alleati teutonici.<br />

Più importante ed anche più incerto<br />

fu <strong>il</strong> <strong>processo</strong> contro l’ultimo segretario<br />

del partito <strong>Carlo</strong> <strong>Scorza</strong> ed <strong>il</strong> vice segretario<br />

Alessandro Tarabini. Quale l’imputazione?<br />

Due giorni dopo la caduta del<br />

fascismo e la cattura di Mussolini, <strong>Scorza</strong><br />

aveva scritto una lettera a Badoglio<br />

del seguente tenore: “Eccellenza, dopo<br />

due giorni di s<strong>il</strong>enzioso lavoro, ritengo<br />

di poter considerare esaurito <strong>il</strong> mio compito<br />

di persuasione e di disciplina tra i<br />

fascisti impostomi dalla mia coscienza e<br />

dal sacro dovere di soldato, in seguito al<br />

cambiamento di governo. Vi rimetto copia<br />

delle dichiarazioni da me presentate<br />

al Gran Consiglio del Fascismo e resto<br />

in attesa di una vostra decisione circa <strong>il</strong><br />

partito. <strong>Carlo</strong> <strong>Scorza</strong>”.<br />

La lettera fu trovata sul tavolo di Badoglio<br />

al momento della sua fuga al sud<br />

con <strong>il</strong> re ed i membri del nuovo governo.<br />

A sua volta Alessandro Tarabini era<br />

accusato di avere spedito, la sera stessa del<br />

<strong>25</strong> <strong>luglio</strong>, un telegramma ai segretari federali<br />

con l’invito a non ribellarsi ed a mettersi<br />

a disposizione del nuovo governo.<br />

Poiché l’esito del <strong>processo</strong> si preannunciava<br />

incerto, <strong>il</strong> tribunale decise di<br />

verbalizzare tutta la discussione e, in<br />

particolare, la deposizione di <strong>Carlo</strong> <strong>Scorza</strong><br />

per sottoporla al Duce ed acquisirne <strong>il</strong><br />

parere. A <strong>quel</strong> tempo, l’unico sistema per<br />

riportare integralmente un dibattimento<br />

giudiziario era <strong>quel</strong>lo di farlo raccogliere<br />

da uno stenografo: non erano ancora stati<br />

inventati gli attuali e più moderni mezzi<br />

di registrazione magnetica. A <strong>quel</strong>l’epoca<br />

soltanto la “Gazzetta di Parma” disponeva<br />

di uno stenografo professionale.<br />

Egli era regolarmente iscritto all’albo dei<br />

giornalisti ed era tecnicamente molto<br />

preparato, avendo trascorso <strong>il</strong> periodo di<br />

praticantato <strong>nel</strong>l’ufficio di stenografia<br />

del “Resto del Carlino” a Bologna, una<br />

fra le migliori scuole d’Italia per la presenza<br />

di anziani professionisti, collaudati<br />

da molti anni di lavoro. Egli, dunque,<br />

fu incaricato di svolgere <strong>quel</strong> delicato<br />

compito. Anche nei giornali, in <strong>quel</strong> pe-


CIVILTÀ DELLA SCRITTURA<br />

11<br />

Uno storico<br />

documento<br />

firmato da<br />

<strong>Carlo</strong> <strong>Scorza</strong>:<br />

la convocazione<br />

del Gran Consiglio,<br />

che segnò poi la<br />

fine del fascismo<br />

riodo, la funzione dello stenografo era di<br />

primaria importanza. Non essendo disponib<strong>il</strong>i<br />

altri sistemi di trasmissione<br />

delle notizie, meno che meno <strong>quel</strong>lo postale,<br />

i servizi e le notizie provenienti<br />

dall’esterno dovevano essere ricevuti per<br />

via telefonica.<br />

La parte centrale del <strong>processo</strong> fu<br />

senz’altro la deposizione di <strong>Scorza</strong>.<br />

Una autentica f<strong>il</strong>ippica che non mancò di<br />

impressionare la giuria. <strong>Scorza</strong> aveva<br />

trascorso i mesi precedenti <strong>nel</strong> carcere<br />

parmense di San Francesco e, <strong>nel</strong> raccoglimento<br />

della sua cella, aveva avuto la<br />

possib<strong>il</strong>ità di preparare la propria difesa<br />

e le argomentazioni più persuasive.<br />

<strong>Dopo</strong> una lunga esposizione per<br />

elencare le proprie benemerenze nei confronti<br />

del partito e le prove di fedeltà al<br />

fascismo e al Duce, venne agli argomenti<br />

giustificativi della lettera inviata a Badoglio<br />

dopo l’arresto del Duce stesso: in<br />

primo luogo l’impossib<strong>il</strong>ità di organizzare<br />

qualsiasi reazione o tentativo di liberare<br />

Mussolini. A chi avrebbe potuto rivolgersi<br />

se <strong>il</strong> partito si era dissolto, se le<br />

sedi erano deserte, se tutti i fascisti si<br />

erano nascosti di fronte all’esultanza popolare<br />

per la fine del fascismo?<br />

“Io, in <strong>quel</strong> momento – disse testualmente<br />

<strong>Carlo</strong> <strong>Scorza</strong> – avevo la sensazione<br />

di non poter ottenere nulla con la violenza.<br />

O non sarebbe stato, <strong>quel</strong>lo, un<br />

lanciare la popolazione <strong>nel</strong>la guerra civ<strong>il</strong>e,<br />

in una guerra civ<strong>il</strong>e in cui gli italiani<br />

non avrebbero avuto nulla da guadagnare?<br />

O non avremmo offerto a Badoglio<br />

la giustificazione di <strong>quel</strong>l’armistizio<br />

di cui egli aveva già preparato la trama?<br />

Egli avrebbe detto, per l’Italia e per l’estero,<br />

di essere costretto a chiedere l’armistizio<br />

poiché i fascisti avevano promesso<br />

la guerra civ<strong>il</strong>e”.<br />

Poi <strong>Scorza</strong> continuò: “Ma se si era<br />

spento lo spirito di iniziativa <strong>nel</strong> partito,<br />

volete addossarne a me la responsab<strong>il</strong>ità?<br />

A me che avevo assunto da soli novantanove<br />

giorni la direzione del partito?...<br />

La dissoluzione già da tempo lavorava<br />

<strong>nel</strong>le f<strong>il</strong>e del partito”.<br />

Il secondo argomento addotto da<br />

<strong>Scorza</strong> fu <strong>quel</strong>lo della situazione in cui si<br />

trovava Mussolini, prigioniero di Badoglio.<br />

Se si fosse creato un momento di<br />

difficoltà con un tentativo di insurrezione<br />

fascista, la prima vittima sarebbe stata<br />

sicuramente lo stesso Duce. Badoglio<br />

non se lo sarebbe certamente lasciato<br />

carpire. “Fu dunque Mussolini –<br />

esclamò <strong>Scorza</strong> – che, dalla prigione,<br />

ispirò la mia linea di condotta”.<br />

In un impeto di oratoria, <strong>Scorza</strong><br />

esclamò: “Se un colpo di fuc<strong>il</strong>e fosse stato<br />

esploso contro le guardie di pubblica sicurezza,<br />

<strong>il</strong> secondo colpo delle regie<br />

guardie o dei regi carabinieri sarebbe<br />

stato indirizzato contro Mussolini, oppure<br />

quest’ultimo sarebbe stato tradotto dinanzi<br />

ad un tribunale straordinario che si<br />

sarebbe vantato di difendere lo Stato. Fu<br />

Mussolini, generale presidente, che dalla<br />

sua fredda cella ha guidato l’opera dell’ultimo<br />

segretario del partito ed ha salvato<br />

ancora una volta le sorti dell’Italia<br />

con <strong>il</strong> suo s<strong>il</strong>enzio e la sua saggezza”.<br />

Fu poi fac<strong>il</strong>e a <strong>Scorza</strong> chiamare correi<br />

“tutti <strong>quel</strong>li che materialmente avrebbero<br />

potuto fare e non hanno fatto.”.<br />

“Ma dove sono – egli disse – <strong>quel</strong>li che<br />

blaterano che io non avrei avuto <strong>il</strong> coraggio<br />

dell’azione?” A questo punto<br />

<strong>Scorza</strong> parlò di coloro che fuggirono in<br />

Germania, dei novantadue federali delle


CIVILTÀ DELLA SCRITTURA<br />

12<br />

Esultanza della<br />

folla alla caduta<br />

del fascismo <strong>nel</strong><br />

<strong>luglio</strong> <strong>1943</strong><br />

varie province che non fecero nulla per<br />

resistere, della m<strong>il</strong>izia volontaria per la<br />

sicurezza nazionale che non si fece minimamente<br />

sentire.<br />

A sua volta Alessandro Tarabini raccontò,<br />

<strong>nel</strong> corso della sua deposizione,<br />

che la sera del <strong>25</strong> <strong>luglio</strong> riuscì a contattare<br />

<strong>il</strong> Capo di stato maggiore delle camicie<br />

nere, generale Galbiati. Anche questi<br />

però si dimostrò più incerto che mai. I<br />

due si consultarono, decidendo poi di rimanere<br />

in attesa degli eventi senza assumere<br />

alcuna determinazione. Quando<br />

Tarabini ritornò alla sede del partito,<br />

trovò addirittura la porta sbarrata e l’edificio<br />

circondato dalle forze di polizia.<br />

Durante la sua assenza era entrato <strong>nel</strong><br />

suo ufficio un maggiore, certo Campana<br />

che, dopo avere requisito tutte le armi e<br />

perquisito tutti i presenti, li aveva invitati<br />

a sgomberare, senza incontrare la benché<br />

minima resistenza.<br />

Visto poi che la popolazione tumultuava<br />

ed inscenava aperte dimostrazioni<br />

di piazza, Tarabini credette opportuno<br />

rincasare, chiudere bene <strong>il</strong> portone alle<br />

proprie spalle e non muoversi più. Successivamente,<br />

venuto a conoscenza del<br />

fatto che la folla stava tentando di dare<br />

alle fiamme Palazzo Braschi, sede della<br />

federazione fascista dell’Urbe, si mise in<br />

comunicazione con <strong>il</strong> Ministero della<br />

Guerra chiedendo al generale Sorice di<br />

provvedere ad inviare rinforzi per evitare<br />

che ciò si verificasse. Egli non sapeva<br />

che, <strong>nel</strong> gabinetto Badoglio, <strong>il</strong> generale<br />

Sorice sarebbe stato <strong>il</strong> nuovo ministro<br />

della guerra.<br />

Asua volta <strong>Scorza</strong>, dopo avere atteso<br />

lungamente <strong>il</strong> ritorno di Mussolini<br />

dal colloquio con <strong>il</strong> Re a V<strong>il</strong>la Savoia,<br />

tentò più volte di contattare telefonicamente<br />

sia Palazzo Venezia sia V<strong>il</strong>la Torlonia,<br />

residenza privata del Duce, accorgendosi<br />

a un certo punto che <strong>il</strong> telefono<br />

gli era stato scollegato. Decise allora di<br />

far chiamare <strong>il</strong> vice segretario del partito<br />

Alfredo Cucco e <strong>il</strong> segretario federale<br />

dell’Urbe invitandoli a mob<strong>il</strong>itare tutte<br />

le squadre fasciste di Roma e di affidarne<br />

<strong>il</strong> comando ad un noto e vecchio<br />

squadrista della capitale. Egli si rese<br />

conto, infatti, che qualche cosa di grave<br />

stava avvenendo. Più tardi, però, <strong>il</strong> federale<br />

di Roma, Ratti, tornerà alla sede del<br />

partito per annunciare di essere riuscito<br />

a trovare soltanto settanta uomini in tutta<br />

Roma, nucleo del tutto insufficiente a<br />

salvare le sorti del partito in un frangente<br />

tanto grave.<br />

Il presidente del tribunale speciale,<br />

Griffini, mosse a <strong>Scorza</strong> due contestazioni:<br />

la frase: “<strong>Dopo</strong> due giorni di lavoro,<br />

di persuasione e di disciplina tra i fascisti…”<br />

non era sufficientemente spiegata<br />

<strong>nel</strong>la sua deposizione; inoltre, come poté<br />

<strong>Scorza</strong> concepire un partito fascista senza<br />

Mussolini o pensare che Badoglio potesse<br />

tenere in vita <strong>il</strong> partito fascista<br />

quando tutti gli italiani ebbero chiara<br />

l’impressione del crollo definitivo del fascismo?<br />

<strong>Scorza</strong>, alla prima obiezione rispose:<br />

“Ma io, generale presidente, scrivevo a<br />

Badoglio, non a un fascista. Non potevo,<br />

<strong>il</strong> giorno 27 <strong>luglio</strong>, ammettere che <strong>il</strong> partito<br />

era calmo perché non esisteva più. Ammettere<br />

che la rivolta a Roma non era stata<br />

fatta contro i badogliani e gli antifascisti<br />

perché non ci era stato possib<strong>il</strong>e mob<strong>il</strong>itare<br />

le squadre; non potevo cioè ammettere,<br />

scrivendo a Badoglio, che i fascisti<br />

erano rimasti impotenti. Non potevo dire<br />

questo, è evidente. Da questo stato di fatto<br />

dovevo trarre le migliori conseguenze o<br />

<strong>il</strong> miglior sfruttamento, se la parola può<br />

stare. Io non potevo dire: ‘Badate che io<br />

non ho potuto agire contro di voi perché<br />

le vostre misure sono state sconcertanti;<br />

ho voluto parlare di opera di persuasione<br />

per acquistare un merito, un titolo ai fascisti<br />

e per giustificare <strong>nel</strong>lo stesso tempo<br />

la mancata reazione”.<br />

Alla seconda obiezione <strong>Scorza</strong> rispose:<br />

“Io avevo la convinzione che Badoglio<br />

avrebbe mantenuto in vita <strong>il</strong> partito,<br />

in quanto ciò gli avrebbe giovato come<br />

una forza. E’ stata proprio la sua microcefalia<br />

che non gli ha consentito di tenere<br />

in vita <strong>il</strong> partito. Avrebbe potuto giostrare,<br />

servendosi del partito fascista<br />

ab<strong>il</strong>mente manovrato dai suoi uomini, su<br />

tutti gli altri partiti politici. E’ stata proprio<br />

la completa incapacità di Badoglio<br />

a provocare questo cataclisma. In questo<br />

egli si è rivelato veramente un settario”.<br />

Ad un certo punto della sua deposizione,<br />

<strong>Carlo</strong> <strong>Scorza</strong> ammise come fosse arduo<br />

andare in giro per Roma nei giorni immediatamente<br />

successivi alla caduta del<br />

fascismo: la città era in tumulto e per le


CIVILTÀ DELLA SCRITTURA<br />

13<br />

Pietro Badoglio,<br />

nuovo capo del<br />

governo, dopo la<br />

caduta di<br />

Mussolini, in un<br />

manifesto a firma<br />

del maresciallo<br />

Graziani, capo<br />

delle forze armate<br />

della Repubblica<br />

Sociale Italiana<br />

vie si aggiravano<br />

alcuni personaggi<br />

che volevano assolutamente<br />

la sua testa.<br />

E qui <strong>Scorza</strong><br />

lasciò capire a chi<br />

si riferisse. Si riferiva<br />

probab<strong>il</strong>mente<br />

alle azioni squadristiche<br />

da lui comandate<br />

ed agli antifascisti<br />

che ne<br />

erano rimasti vittime.Successivamente,<br />

<strong>il</strong> 30 o <strong>il</strong> 31<br />

<strong>luglio</strong>, <strong>Scorza</strong> ebbe<br />

un incontro con Ettore<br />

Muti e tra i due<br />

si svolse un mesto<br />

colloquio. Muti<br />

disse: “Non c’è più niente da fare. Qui ci<br />

ammazzano tutti. E poi sono così feroci<br />

che faranno la pelle anche a Mussolini”.<br />

Lo stesso <strong>Scorza</strong> ebbe un incontro con<br />

Badoglio; gli parlò di persecuzioni<br />

immeritate a carico dei fascisti, di comunismo<br />

d<strong>il</strong>agante, e gli chiese misure per<br />

la cessazione di tale stato di cose. Badoglio<br />

accolse <strong>Scorza</strong> con molta cordialità<br />

e semplicità, la porta dell’ufficio era<br />

aperta, uscivano ed entravano degli ufficiali.<br />

Poi, uscendo, <strong>Scorza</strong> si accorse<br />

che, <strong>nel</strong>la bussola, tra una porta e l’altra,<br />

si trovava un ufficiale dei carabinieri. Il<br />

Capo del governo gli disse che aveva<br />

dato disposizioni severissime per <strong>il</strong> mantenimento<br />

dell’ordine pubblico, che<br />

avrebbe rinnovato tali disposizioni, ma<br />

che, purtroppo, qualche caso sporadico,<br />

qualche eccezione non si sarebbe potuta<br />

evitare, dato <strong>il</strong> momento particolare e <strong>il</strong><br />

sommovimento degli animi.<br />

Badoglio assicurò poi l’ex segretario<br />

del partito che non sarebbe stato minimamente<br />

disturbato e che, analogamente<br />

a quanto si stava disponendo per tutti gli<br />

alti gerarchi, sarebbe stato richiamato<br />

sotto le armi. Infatti, successivamente,<br />

<strong>Scorza</strong> fu ricevuto anche dal generale<br />

Sorice che gli annunciò che <strong>il</strong> Governo<br />

lo aveva assegnato al Ministero della<br />

Guerra, cosa che egli rifiutò, adducendo<br />

di essere stato sempre al comando di<br />

truppe combattenti e di non voler accet-<br />

tare un posto sedentario solo perché era<br />

stato segretario del partito.<br />

In <strong>quel</strong>l’occasione Sorice chiese<br />

all’ex segretario del partito se per caso,<br />

attorno al <strong>25</strong> <strong>luglio</strong>, avesse avuto contatti<br />

con <strong>il</strong> maresciallo Graziani. <strong>Scorza</strong> rispose<br />

in maniera del tutto negativa: “Io<br />

non ho incontrato Graziani; avete la mia<br />

parola di italiano”. Altri contatti <strong>Scorza</strong><br />

disse di aver avuto con i tedeschi, <strong>il</strong><br />

primo dei quali proprio la notte del <strong>25</strong><br />

<strong>luglio</strong>, non appena fu noto <strong>il</strong> cambiamento<br />

di governo in Italia. In <strong>quel</strong>l’occasione<br />

egli incontrò l’ambasciatore tedesco<br />

a Roma che fu da lui messo al corrente<br />

della situazione, con preghiera di<br />

riferirne al capo del partito nazionalsocialista.<br />

Può darsi che l’afflusso di divisioni<br />

tedesche in Italia, iniziato proprio <strong>il</strong><br />

<strong>25</strong> <strong>luglio</strong>, sia stato dovuto in parte anche<br />

al campa<strong>nel</strong>lo di allarme dato da <strong>Scorza</strong><br />

all’ambasciatore tedesco: la considerazione<br />

non è nostra ma fu esposta dallo<br />

stesso <strong>Scorza</strong> <strong>nel</strong> corso della sua deposizione<br />

al <strong>processo</strong> di Parma, non sappiamo<br />

se a scopo strumentale o meno. Dai<br />

tedeschi <strong>Scorza</strong> ricevette anche un invito<br />

a prendere un aereo per rifugiarsi in Germania,<br />

ma egli rifiutò. Sarebbe andato<br />

volentieri per conferire con <strong>il</strong> Führer, ma<br />

avrebbe voluto essere subito riaccompagnato<br />

in Italia. Fu raggiunta un’intesa in<br />

questo senso, ma <strong>il</strong> giorno convenuto per<br />

la partenza <strong>Scorza</strong> ricevette una telefonata<br />

di un funzionario dell’ambasciata tedesca<br />

che gli annunciava di non potersi<br />

avvicinare per r<strong>il</strong>evarlo, in quanto la casa<br />

era circondata da agenti di polizia. All’indomani<br />

<strong>Scorza</strong> riuscì a d<strong>il</strong>eguarsi e<br />

fece giungere <strong>il</strong> suo nuovo recapito all’ambasciata<br />

che, tuttavia, non si mise<br />

più in contatto con lui.<br />

Fra i testimoni a difesa, molto calorosi<br />

furono Francesco Giunta, già segretario<br />

del partito e governatore della Dalmazia<br />

(“In una riunione del partito alla<br />

quale partecipai ed in cui <strong>Scorza</strong> era segretario,<br />

mi accorsi che egli aveva infuso<br />

in tutti uno spirito nuovo, un fervore<br />

che in precedenza non avevo mai notato”)<br />

e Farinacci. Quest’ultimo, dopo avere<br />

sottolineato che <strong>Scorza</strong> aveva votato<br />

contro l’ordine del giorno Grandi <strong>nel</strong>la<br />

famosa riunione del Gran Consiglio del<br />

Fascismo, disse: “Mi meraviglio che,


CIVILTÀ DELLA SCRITTURA<br />

14<br />

CARLO SCORZA<br />

N ato a Paola (Cosenza) <strong>nel</strong><br />

1897, partecipò, come volontario,<br />

al primo conflitto mondiale. Fu <strong>il</strong><br />

fondatore del fascio di Lucca e diresse<br />

le squadre d’azione in numerose<br />

spedizioni ponendosi alla<br />

loro testa anche in occasione della<br />

marcia su Roma. Incontrastato ras di Lucca, fu segretario<br />

federale della città dal 1921 al 1929 e deputato al<br />

Parlamento dal 1924 al 1939. Per alcuni anni, <strong>nel</strong> periodo<br />

compreso fra <strong>il</strong> 1920 e <strong>il</strong> 19<strong>25</strong>, si occupò di giornalismo<br />

dirigendo l’“Intrepido” e, per un breve periodo, “La<br />

Lucchesia”. Dall’ottobre del 1929 al dicembre del 1931<br />

fu incluso <strong>nel</strong> direttorio del Pnf, fu incaricato di costituire<br />

i Fasci Giovan<strong>il</strong>i di Combattimento e, infine, nominato<br />

ispettore della m<strong>il</strong>izia nazionale. Nello scontro del 1931<br />

fra <strong>il</strong> regime e la Santa Sede assunse posizioni radicali<br />

tendenti all’esasperazione dello scontro. Dietro diretta<br />

richiesta del Vaticano, <strong>il</strong> regime lo costrinse a dimettersi<br />

da tutte le cariche allora ricoperte. L’anno seguente, a<br />

causa della concorrenza apertasi fra lui e Storace, <strong>il</strong> Partito<br />

aprì un’inchiesta sullo stato del fascismo in provincia<br />

di Lucca. L’inchiesta si concluse con la proibizione, fatta<br />

a <strong>Scorza</strong>, di recarsi <strong>nel</strong>la intera provincia: <strong>il</strong> vecchio ras<br />

di Lucca evitava l’espulsione dal Partito, ma <strong>il</strong> suo futuro<br />

politico appariva ormai segnato. Negli anni successivi<br />

prese parte alla campagna d’Etiopia e alla guerra di<br />

Spagna. Nel 1940, con la nomina a presidente dell’Ente<br />

stampa, tornò a rivestire incarichi politici riprendendo<br />

anche la scalata <strong>nel</strong> Partito del quale, <strong>il</strong> 21 dicembre<br />

1942 divenne vicesegretario, e, quattro mesi più tardi, <strong>il</strong><br />

17 apr<strong>il</strong>e, segretario. Fu <strong>il</strong> primo a informare Mussolini<br />

del contenuto dell’Ordine del giorno che Grandi avrebbe<br />

presentato alla seduta del Gran Consiglio del Fascismo<br />

del <strong>25</strong> <strong>luglio</strong> <strong>1943</strong>, quindi concorda con <strong>il</strong> Duce un Ordine<br />

del giorno del P.N.F. che poi sarebbe stato messo ai<br />

voti subito dopo <strong>quel</strong>lo di Grandi (contro <strong>il</strong> quale <strong>Scorza</strong><br />

esprime voto contrario) e che raccolse solo sette voti a<br />

favore. Nella confusione politica seguita alla destituzione<br />

e all’arresto di Mussolini, prima si nasconde, sottraendosi<br />

alla cattura, poi si offre di collaborare al governo di<br />

Pietro Badoglio e resta indisturbato fino all’8 settembre.<br />

Per tale motivo, dopo la nascita della Repubblica Sociale<br />

Italiana, verrà arrestato con l’accusa di tradimento.<br />

Compare come testimone al <strong>processo</strong> di Verona contro<br />

Ciano e gli altri gerarchi. Processato a Parma <strong>nel</strong>l’apr<strong>il</strong>e<br />

del 1944 viene liberato per intervento dello stesso<br />

Mussolini. Al termine della Seconda guerra mondiale si<br />

rifugia a Gallarate. Scoperto e arrestato <strong>nel</strong>l’agosto del<br />

1945, riesce a evadere riparando in Argentina. Rientrato<br />

in Italia <strong>nel</strong> 1969, si trasferisce in un piccolo comune vicino<br />

a Firenze, dove si spegne <strong>nel</strong> 1988.<br />

mentre i veri traditori del Duce sono ancora<br />

liberi, un uomo fedele come <strong>Scorza</strong><br />

sia stato arrestato e sottoposto a <strong>processo</strong>”.<br />

Al termine della sua deposizione,<br />

prima di lasciare l’aula, Farinacci si avvicinò<br />

al banco degli imputati e si strinse<br />

in un prolungato abbraccio a <strong>Carlo</strong> <strong>Scorza</strong>.<br />

Il tribunale pretese dallo stenografo<br />

l’immediata traduzione; gli mise a disposizione<br />

all’uopo una velocissima datt<strong>il</strong>ografa<br />

dal momento che un motociclista<br />

aspettava <strong>il</strong> resoconto completo da portare<br />

a Mussolini a Gargnano sul Garda. E<br />

sul Garda, presumib<strong>il</strong>mente, fu adottata<br />

la sentenza assolutoria. Alcuni giorni<br />

dopo, infatti, quando fu ripreso <strong>il</strong> <strong>processo</strong>,<br />

<strong>il</strong> pubblico ministero – pur con qualche<br />

osservazione non positiva sul comportamento<br />

dei due gerarchi (“<strong>il</strong> comandante<br />

non deve abbandonare la propria<br />

nave <strong>nel</strong> momento del pericolo, ma deve<br />

anche saper morire <strong>nel</strong> naufragio”) ne<br />

chiese l’assoluzione: “Sono contento –<br />

concluse – che al dolore per i tanti tradimenti<br />

subiti, <strong>il</strong> Duce non debba aggiungere<br />

anche <strong>il</strong> tradimento del suo ultimo<br />

segretario”.<br />

Quello del <strong>processo</strong> <strong>Scorza</strong> rappresentò,<br />

dunque, un lavoro stressante ed<br />

una fatica fisica r<strong>il</strong>evante per lo stenografo;<br />

ma fu, soprattutto, uno stress di<br />

tipo psicologico. Dalla valutazione di<br />

<strong>quel</strong>le cartelle dipendeva la vita o la<br />

morte dei due imputati. Una pagina di<br />

storia molto triste in un periodo molto<br />

triste per <strong>il</strong> nostro paese.<br />

<strong>Dopo</strong> la fine della guerra lo stenografo<br />

che ha registrato <strong>il</strong> <strong>processo</strong> <strong>Scorza</strong><br />

e che è l’autore di questi ricordi riferiti<br />

ad un evento tanto lontano negli anni, ottenuta<br />

la laurea, ha trasferito <strong>il</strong> suo lavoro<br />

dal giornalismo al Servizio dei Resoconti<br />

della Camera dei deputati di cui è<br />

diventato direttore <strong>nel</strong>l’ultima parte della<br />

sua attività professionale. Ha assistito a<br />

tanti altri dibattiti, spesso anche molto<br />

vivaci. Nelle sue cartelle ha registrato<br />

tante giornate storiche, perfino svolte<br />

epocali <strong>nel</strong>la vita del nostro Paese, sempre<br />

con molta partecipazione ma, questa<br />

volta, senza ansie o problemi di tipo psicologico.

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