Elisa e Benito Calònego M'ILLUMINO D'IMMENSO IL ... - Il Crocevia
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<strong>Elisa</strong> e <strong>Benito</strong> <strong>Calònego</strong><br />
M’<strong>IL</strong>LUMINO D’IMMENSO<br />
<strong>IL</strong> TEMA POETICO DELL‟IMMENSITÀ IN UNGARETTI E LEOPARDI<br />
1
Siamo nel bel mezzo della prima guerra mondiale. „Sul teatro principale del conflitto,<br />
cioè il fronte occidentale, e sul fronte italiano alla guerra di movimento si era dunque sostituita la<br />
guerra di posizione. Era questo un nuovo ed inatteso modo di combattere che colse impreparati<br />
innanzitutto i capi militari. Per sfondare le linee avversarie e ritornare ai sistemi « classici » di<br />
guerra, vennero compiuti massicci quanto vani sforzi. Ma, oltre all'adozione di nuovi e micidiali<br />
mezzi bellici come le mitragliatrici, le bombe a mano ed i gas venefici, i carri armati e gli aerei,<br />
la guerra di trincea, conseguenza della cristallizzazione dei fronti, aveva già di per sé significato<br />
un radicale peggioramento delle condizioni dei soldati.<br />
La presenza continua del nemico, l'estenuante attesa dell'attacco, i bombardamenti<br />
delle artiglierie che rendevano insicure anche le trincee, la disciplina fatta valere con<br />
metodi disumani, provocarono infatti nei soldati un logoramento, innanzitutto psicologico,<br />
che le campagne di movimento, caratterizzate da un rapido e decisivo contatto con l'avversario<br />
solo al momento della battaglia, avevano conosciuto in misura molto minore.‟ (Francesco<br />
Traniello, Storia contemporanea, ed. SEI)<br />
Tutto questo inizia nell‟autunno del 1916, e Ungaretti che si trova al fronte, in trincea, vive<br />
con angoscia la situazione che si è venuta determinando, come risulta dalla breve e intensa<br />
poesia che segue, composta nell‟inverno 1916- 1917.<br />
3
SOLITUDINE<br />
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917<br />
Ma le mie urla<br />
feriscono<br />
come fulmini<br />
la campana fioca<br />
del cielo<br />
Sprofondano<br />
impaurite<br />
I brevi versi esprimono esasperazione, scoramento, paura. La , allude simbolicamente allo scoramento, alla mancanza di prospettive per il futuro. La<br />
dell‟uomo contro la dura realtà della guerra appare senza prospettive.<br />
Nella stessa giornata, il poeta compone altre due poesie, anch‟esse brevi ma di grande<br />
concentrazione emotiva ed espressiva.<br />
Come per incanto, l‟atmosfera cupa e depressa di viene meno nella<br />
seconda, famosissima poesia della giornata, .<br />
MATTINA<br />
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917<br />
M‟illumino<br />
d‟immenso<br />
Cosa è successo? <strong>Il</strong> poeta, dalla trincea vede in lontananza la distesa infinita del mare. Lo<br />
splendore del sole sorto da poco gli trasmette una sensazione di luminosità ed in particolare un<br />
sentimento di una vastità sconfinata. L‟intensa emozione riscatta il suo spirito dalla cupezza e<br />
dallo scoramento. <strong>Il</strong> cielo grigio e chiuso di , invaso dalla luce, si apre a perdita<br />
d‟occhio, senza più confini.<br />
4
La ritrovata serenità di spirito la ritroviamo intatta nell‟ultimo acuto poetico della giornata.<br />
DORMIRE<br />
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917<br />
Vorrei imitare<br />
questo paese<br />
adagiato<br />
nel suo camice<br />
di neve<br />
5
In questi versi non c‟è più traccia di esasperazione e di scoramento, l‟animo del poeta<br />
appare pacificato.<br />
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^<br />
La formula espressiva (voce del verbo ) è stata<br />
sperimentata un anno prima (1916), nella poesia , in risposta ad una situazione<br />
spirituale assai particolare. La vita gli e il suo cuore stanco, non<br />
reggendo alle terribili prove della guerra, cerca conforto nella fede religiosa dei padri.<br />
<strong>Il</strong> mio cuore vuole illuminarsi<br />
come questa notte<br />
almeno di zampilli di razzi<br />
.......................................<br />
L‟adesione alla fede dei padri darà i suoi frutti, sia sul piano esistenziale che sul piano<br />
poetico (, , , ecc...), ma risulterà complementare ad una<br />
esigenza più profondamente avvertita dal poeta, quella di sentirsi in armonia con l‟universo:<br />
Questo è l'Isonzo<br />
E qui meglio<br />
mi sono riconosciuto<br />
una docile fibra<br />
dell'universo<br />
<strong>Il</strong> mio supplizio<br />
è quando<br />
non mi credo<br />
in armonia<br />
6
Ma quelle occulte<br />
mani<br />
che m'intridono<br />
mi regalano<br />
la rara<br />
felicità<br />
(Da I fiumi)<br />
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^<br />
nasce, come sappiamo, da una emozione visiva. <strong>Il</strong> poeta,<br />
dalla trincea vede in lontananza la distesa infinita del mare illuminata dal sole sorto da poco e<br />
prova una intensissima emozione.<br />
Poiché il poeta non dice ma , è chiaro che la<br />
luminosità percepita è solo lo stimolo esteriore ad un evento tutto interiore, spirituale. Colpito da<br />
quella intensa ed ampia luminosità, egli vive l‟emozione dell‟immensità, il sentimento<br />
dell‟infinito, una emozione di natura cosmica che tocca le radici del suo essere, lo penetra<br />
interamente, lo solleva in una dimensione spirituale di cristallina purezza, al di sopra delle<br />
miserie umane.<br />
La gran luce che si è accesa dentro di lui rasserena il suo animo. Grazie ad essa egli riesce<br />
ad assumere un atteggiamento pacificato nei confronti del mondo reale. <strong>Il</strong> cielo grigio e chiuso di<br />
, invaso dalla luce, si apre a perdita d‟occhio, non ha più confini. La tensione si<br />
allenta e ora il poeta – soldato è disposto a concedersi un sonno ristoratore, in armoniosa sintonia<br />
col .<br />
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^<br />
Per intendere appieno il senso della fulminante brevità di , la<br />
forte concentrazione emotiva ed espressiva che la caratterizza, trascrivo le parole con cui il<br />
poeta illustra la propria rivoluzionaria concezione della parola poetica: una concezione che<br />
rifiuta nettamente la verbosità sonora e fluente del dannunzianesimo imperante, come pure<br />
quella rumorosa, tecnologica e antiromantica del futurismo.. «Era la prima volta che<br />
7
l‟espressione cercava di aderire in modo assoluto a ciò che doveva esprimere. Non c'era nessuna<br />
divagazione: tutto era lì, incombente sulla parola da dire. „Io ha da dare questo: come posso dirlo<br />
con il numero minore di parole? Anzi con quell'unica parola che lo dica nel modo più completo<br />
possibile?‟ Si sa che tra parola e ciò che si deve dire c'è sempre un divario enorme, anche quando<br />
magari sembri piccolissimo. La lingua corrisponde male a quello che si ha in mente, che si<br />
vorrebbe dire: sicuro, non corrisponde se non assai approssimativamente. Dico dunque che<br />
cercavo l‟approssimazione meno imprecisa, la riduzione per quanto possibile di quel divario<br />
ineliminabile».<br />
E la parola poetica trovata, ovviamente non ha un significato solo a livello linguistico ed<br />
estetico, essa assume per il poeta un significato profondamente umano, come risulta dai versi<br />
seguenti, tratti dalla poesia „Commiato‟ :<br />
Quando trovo<br />
in questo mio silenzio<br />
una parola<br />
scavata è nella mia vita<br />
come un abisso.<br />
Coerentemente con la ricerca della massima concentrazione, della stringatezza espressiva,<br />
Ungaretti cancella due versi di presenti nella primitiva stesura, spedita su cartolina<br />
postale all‟amico Papini.<br />
M‟illumino<br />
d‟immenso<br />
con un breve<br />
moto di sguardi<br />
Quando dà la poesia alle stampe, con il suo infallibile intuito, elimina gli ultimi due versi,<br />
di carattere descrittivo che, tra l‟altro, hanno il torto di diluire nel tempo un evento che nella<br />
istantaneità ha il suo punto di forza.<br />
8
Una concezione siffatta del linguaggio poetico non ha solo una matrice culturale. Io<br />
ritengo che sia stata la stessa esperienza della guerra, un‟esperienza di situazioni dolorose ed<br />
estreme, a suggerirgli il rifiuto della parola fluente e sonora, ad imporgli l‟adozione di un<br />
linguaggio asciutto ed essenziale, perfettamente aderente tra l‟altro all‟intenzione di realizzare un<br />
diario di guerra, in cui annotare quanto andava sperimentando giorno per giorno.<br />
Questa concezione trova perfetta espressione ne del 1919, l‟opera poetica<br />
che accoglie le poesie del tempo di guerra, ma ha vita breve. A partire da (1919-1935) viene infatti superata dalla nuova poetica dell‟Ermetismo, che privilegia<br />
il linguaggio analogico e simbolico e si affida al potere allusivo della parola. (A. Gianni, in<br />
Antologia della letteratura italiana, vol III, parte II, ed. D’Anna )<br />
^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^<br />
L‟Ungaretti de “L‟allegria”, se sul piano lessicale rifiuta – come abbiamo appena visto - la<br />
parola fluente e sonora ed è alla ricerca della parola autentica, sul piano metrico compie una<br />
“rivoluzione” non meno significativa: rompe la misura tradizionale del verso spezzandolo con<br />
molta libertà in tronconi. Ciò vale in particolare per l‟endecasillabo e per il settenario. Vediamo<br />
qualche esempio.<br />
<br />
Leggendo i due versi senza la pausa al termine del primo, constatiamo che si tratta di un<br />
Analogamente, formano un endecasillabo i quattro versi della poesia<br />
Si sta come<br />
d‟autunno<br />
9
sugli alberi<br />
le foglie.<br />
Costituiscono invece un settenario spezzato i due versi:<br />
<br />
Evidentemente, la scelta del poeta non è senza un senso preciso: il ritmo che deriva dallo<br />
spezzamento del verso tradizionale esprime meglio il suo stato d‟animo tormentato e le sue<br />
intenzioni espressive. <strong>Il</strong> ritmo è l‟elemento del dettato poetico che con più immediatezza registra<br />
ed esprime il sentire del poeta. Non è una componente formale isolata e semanticamente vuota<br />
del testo, ma contribuisce in modo significativo, insieme con gli altri significanti (colore del<br />
suono, sintassi, ecc...), a forgiare il significato poetico complessivo dell‟opera.<br />
In alcuni casi, non solo esprime il sentimento, lo stato d‟animo del poeta, ma dà un<br />
contributo assai efficace alla iconizzazione del significato espresso dalle parole. È il caso di<br />
.<br />
Consideriamo a titolo d‟esempio i seguenti sintagmi:<br />
- _ _ _ _ - _<br />
l ì m p i d i o r i z z ò n t i<br />
_ _ - _ - _ _<br />
o r i z z ò n t i l ì m p i d i<br />
N.B. – Le sillabe toniche sono graficamente rappresentate leggermente più in alto<br />
<strong>Il</strong> ritmo largo del primo sintagma non solo è più musicale, ma „disegna‟ un orizzonte<br />
ampio, sconfinato, mentre il ritmo stretto del secondo lo restringe indebitamente.<br />
_ - _ _ _ - _<br />
M'i l l ùm i n o // d'i m m é n s o<br />
10
La frase ha una struttura analoga a . Siccome, poi, si distribuisce su due<br />
versi, l‟a capo dilata ulteriormente la distanza tra le due sillabe toniche, lo spazio della luce. I<br />
due brevissimi versi grazie al ritmo largo e disteso iconizzano così, cioè rappresentano<br />
concretamente, il senso di immensità. Anche in questo consiste il loro fascino.<br />
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^<br />
<strong>Il</strong> senso dell‟immensità, dell‟infinito, ovvero l‟emozione di carattere cosmico che abbiamo<br />
individuato in rivive in non poche poesie de “L‟allegria” sempre in<br />
forma fortemente concentrata e con connotazioni di segno contrario. In alcune di esse egli si<br />
sente in armonia con l‟universo, in altre prevale il senso della solitudine e dello smarrimento<br />
metafisico.<br />
Cominciamo con le poesie dell‟, così cariche di vibrazioni positive,<br />
di rapimenti estatici, di ebbrezza del cuore. <strong>Il</strong> poeta si sente una parte viva, una fibra<br />
dell‟universo.<br />
LA NOTTE BELLA<br />
Devetachi il 24 agosto 1916<br />
Quale canto s'è levato stanotte<br />
che intesse<br />
di cristallina eco del cuore<br />
le stelle<br />
Quale festa sorgiva<br />
di cuore a nozze<br />
Sono stato<br />
uno stagno di buio<br />
Ora mordo<br />
come un bambino la mammella<br />
lo spazio<br />
11
Ora sono ubriaco<br />
d'universo<br />
La sua vita, anche quando gli appare solo una , ,<br />
ha un senso poiché è iscritta in , è una nota del poema eterno del mondo.<br />
SERENO<br />
Bosco di Courton luglio 1918<br />
Dopo tanta<br />
nebbia<br />
a una<br />
a una<br />
si svelano<br />
12
le stelle<br />
Respiro<br />
il fresco<br />
che mi lascia<br />
il colore del cielo<br />
Mi riconosco<br />
immagine<br />
passeggera<br />
Presa in un giro<br />
immortale<br />
Nelle poesie che seguono, della > esistenziale, il poeta, avendo smarrito il<br />
senso della partecipazione cosmica, si sente come un punto perso nell‟infinito, una cosa priva di<br />
senso. Sono poesie tutt‟altro che consolatorie, in cui vibrano emozioni di carattere metafisico,<br />
emozioni che, per loro natura, toccano le radici dell‟essere.<br />
UN‟ALTRA NOTTE<br />
Vallone il 20 aprile 1917<br />
In quest'oscuro<br />
colle mani<br />
gelate<br />
distinguo<br />
il mio viso<br />
Mi vedo<br />
abbandonato nell‟infinito<br />
13
Nella poesia che segue, si avverte il contrasto tra l‟universo e puro e delle umane passioni, la promiscuità che affligge il mondo degli uomini.<br />
Le macerie della guerra sono a lì a denunciare la follia umana e a far da contrasto con .<br />
VANITÀ<br />
Vallone il 19 agosto 1917<br />
D'improvviso<br />
è alto<br />
sulle macerie<br />
il limpido<br />
stupore<br />
dell'immensità<br />
E l'uomo<br />
14
curvato<br />
sull'acqua<br />
sorpresa<br />
dal sole<br />
si rinviene<br />
un'ombra<br />
Cullata e<br />
piano<br />
franta<br />
Si capisce che lo stupore appartiene al poeta, il quale proietta i suoi sentimenti nel mondo<br />
che lo circonda, e non all‟immensità, ma la soluzione espressiva trovata, dando un volto e<br />
un‟anima all‟universo, è di un‟efficacia poetica straordinaria.<br />
Grande poesia quella dell‟, e grande poesia questa della<br />
. Poesia, oltre tutto, originalissima nel panorama della poesia italiana, sia per i<br />
contenuti che per la forma.<br />
15
Poiché significa (m‟illumino d‟immensità), e poiché la<br />
poesia di Ungaretti è apparsa in alcune pubblicazioni dell‟epoca col titolo , mi<br />
è venuto spontaneo richiamare un brano dell‟Alfieri che per l‟appunto è rimasto affascinato dalle<br />
immensità del cielo e del mare.<br />
<br />
La situazione descritta dall‟Alfieri ci richiama a sua volta alla mente l‟analoga situazione<br />
vissuta dal Leopardi sull‟ dietro lo schermo della . Da tale situazione, come sappiamo, è nato,<br />
.<br />
Così dall‟Ungaretti di , grazie alla suggestiva annotazione<br />
dell‟Alfieri, siamo arrivati al Leopardi de .<br />
Nel celebre idillio, ricorre il termine , una di quelle parole poetiche che il<br />
Leopardi predilige ed ama per il loro carattere di vaghezza e indefinitezza:<br />
.............................. Così tra questa<br />
immensità s‟annega il pensier mio:<br />
e il naufragar m‟è dolce in questo mare.<br />
L‟impiego dello stesso termine, , da parte sia di Ungaretti che di Leopardi<br />
mi ha sollecitato suggestivamente a mettere a confronto i due grandi, ad analizzare il peculiare<br />
significato poetico che assume in ognuno di essi. <strong>Il</strong> significato che connota la poesia<br />
dell‟Ungaretti de “L‟allegria” l‟abbiamo visto, vediamo ora il significato che assume nel<br />
Leopardi dei grandi idilli.<br />
<strong>Il</strong> Leopardi sente il bisogno di fingersi una realtà sempre diversa da quella veramente<br />
reale.
di continuo ed immaginando, il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi. Egli vedrà con<br />
gli occhi una torre, una campagna; udrà con gli orecchi un suono di una campana; e nel tempo<br />
stesso con l' immaginazione vedrà un'altra torre, un'altra campagna, udrà un altro suono. In<br />
questo secondo genere di obbietti sta tutto il bello e piacevole delle cose. Trista quella vita<br />
(ed è pur tale la vita comunemente) che non vede, non ode non sente se non che gli oggetti,<br />
quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione>> (Zib. I,<br />
4418).
L’infinito<br />
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,<br />
e questa siepe, che da tanta parte<br />
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.<br />
Ma sedendo e mirando, interminati<br />
spazi di là da quella, e sovrumani<br />
silenzi, e profondissima quiete<br />
io nel pensier mi fingo; ove per poco<br />
il cor non si spaura. E come il vento<br />
odo stormir tra queste piante, io<br />
infinito silenzio a questa voce<br />
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,<br />
le morte stagioni, e la presente<br />
viva, e il suon di lei. Così tra questa<br />
immensità s'annega il pensier mio:<br />
e il naufragar m'è dolce in questo mare.<br />
18
percorsi.<br />
Ne il protagonista è il pensiero immaginativo, che realizza due distinti<br />
Nel primo (dall‟inizio fino a ) il pensiero, prescindendo completamente e<br />
incautamente dal mondo concreto e reale, concepisce immagini poetiche suggestive ma prive di<br />
vita () che lo sgomentano un<br />
poco (). Evidentemente, il cuore del poeta ha difficoltà a<br />
la visione di un mondo illimitato e vuoto, in cui regna il Nulla. Un mondo<br />
cosiffatto contrasta con le legittime esigenze del cuore.<br />
<strong>Il</strong> secondo percorso prende le mosse dallo stormire del vento fra le piante intorno. Esso<br />
riconduce il pensiero alle cose finite e concretamente esistenti. Facendo tesoro della precedente<br />
esperienza, non si allontana dal mondo reale, ma lo va con il mondo<br />
immaginato. In particolare, il pensiero compara il vento che stormisce tra le piante con<br />
l‟ del precedente percorso, e il suono vivo della realtà attuale con l‟eternità<br />
e le epoche del lontano passato.<br />
Nella mente del poeta convivono così, suggestivamente, grandezze infinite e grandezze<br />
finite, entità astratte e realtà concrete, che hanno difficoltà a relazionarsi tra di loro. Consapevole<br />
di ciò, egli non spinge l‟analisi su un piano freddamente razionale, preferisce assaporare la<br />
suggestione di un paesaggio interiore mosso come la superficie del mare e senza confini definiti,<br />
paesaggio descritto dal poeta in termini di immensità. In tale immensità, preso come da una<br />
vertigine del pensiero, egli si abbandona al dolce piacere dell‟immaginazione ( ).<br />
Un commentatore la frase poetica
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^<br />
<strong>Il</strong> Leopardi impiega il tema dell‟immensità, in forma non nominale, anche in altri celebri<br />
testi, segno che il termine è uno dei suoi più cari,.<br />
Le ricordanze<br />
.....................................................<br />
Quante immagini un tempo, e quante fole<br />
creommi nel pensier l'aspetto vostro<br />
e delle luci a voi compagne! allora<br />
che, tacito, seduto in verde zolla,<br />
delle sere io solea passar gran parte<br />
mirando il cielo, ed ascoltando il canto<br />
della rana rimota alla campagna!<br />
E la lucciola errava appo le siepi<br />
e in su le aiuole, sussurrando al vento<br />
i viali odorati, ed i cipressi<br />
là nella selva; e sotto al patrio tetto<br />
sonavan voci alterne, e le tranquille<br />
opre dè servi. E che pensieri immensi,<br />
che dolci sogni mi spirò la vista<br />
di quel lontano mar, quei monti azzurri,<br />
che di qua scopro, e che varcare un giorno<br />
io mi pensava, arcani mondi, arcana<br />
felicità fingendo al viver mio!<br />
................................................................<br />
20
Come si evince dal testo, il sintagma significa ,<br />
sogni di . <strong>Il</strong> termine allude suggestivamente a<br />
qualcosa di indefinito e vago, e insieme a qualcosa di grande, intenso, profondamente sentito.<br />
Non si poteva dire meglio. <strong>Il</strong> termine scelto dal poeta, col suo ricco alone di forza e di<br />
indefinitezza, esprime pienamente il carico di aspirazioni, sogni, speranze del giovane Leopardi.<br />
21
Canto notturno di un pastore errante dell’Asia<br />
.....................................................<br />
Spesso quand'io ti miro<br />
Star così muta in sul deserto piano,<br />
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;<br />
Ovver con la mia greggia<br />
Seguirmi viaggiando a mano a mano;<br />
E quando miro in cielo arder le stelle;<br />
Dico fra me pensando:<br />
A che tante facelle?<br />
Che fa l'aria infinita, e quel profondo<br />
Infinito seren? che vuol dir questa<br />
Solitudine immensa? ed io che sono?<br />
Così meco ragiono; e della stanza<br />
Smisurata e superba,<br />
E dell‟innumerabile famiglia<br />
........................................................<br />
Uso alcuno, alcun frutto<br />
Indovinar non so. Ma tu per certo,<br />
Giovinetta immortal, conosci il tutto.<br />
Questo io conosco e sento,<br />
Che degli eterni giri,<br />
Che dell‟esser mio frale,<br />
Qualche bene o contento<br />
Avrà fors‟altri; a me la vita è male.<br />
........................................................<br />
Ancora una volta il tema dell‟immensità (solitudine immensa ... stanza smisurata e superba),<br />
mette efficacemente a frutto il pensiero immaginativo, realizzando un'atmosfera irreale di<br />
d'indefinito, di lontananza, di mistero.<br />
22
È notte. <strong>Il</strong> pastore, che conduce in solitudine, le sue greggi nelle steppe dell‟Asia centrale,<br />
interroga la luna, vuol saper il perché delle cose. Le sue non sono domande ingenue, pure e<br />
semplici curiosità. Alla base di esse sta un malessere esistenziale profondo dominato dal tedio,<br />
dalla noia. Per il povero pastore la vita è infelicità, è male.<br />
Non a caso la luna è , non dà risposta alle sue domande . Non a<br />
caso, guardando il firmamento sereno, egli s‟interroga sul senso della .<br />
La conclusione inevitabile delle sue meditazioni è la seguente:
La ginestra<br />
...........................................<br />
Sovente in queste rive<br />
Che, desolate, a bruno<br />
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,<br />
Seggo la notte; e su la mesta landa<br />
In purissimo azzurro<br />
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,<br />
Cui di lontan fa specchio<br />
<strong>Il</strong> mare, e tutto di scintille in giro<br />
Per lo voto seren brillare il mondo.<br />
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,<br />
Ch'a lor sembrano un punto,<br />
E sono immense, in guisa<br />
Che un punto a petto a lor son terra e mare<br />
.........................<br />
Le che brillano in cielo mantengono intatto il loro fascino, anche se il<br />
raffronto tra la grandezza delle stelle e quella della terra e del mare risulta scarsamente<br />
suggestivo. La vibrazione cosmica che permea l‟intero passo fa sì che il termine <br />
ci faccia vibrare intimamente con l‟intero alone delle sue connotazioni espressive.<br />
* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *<br />
Tirando le somme del lungo discorso, possiamo dire che sia il Leopardi, sia l‟Ungaretti del<br />
tempo di guerra vivono in un deserto di vita, avvertono un acuto senso di umana solitudine.<br />
Le differenze si fanno valere sul piano espressivo: la parola poetica in Leopardi, come<br />
sappiamo, privilegia l‟indefinitezza, la vaghezza, è una parola che diffonde intorno un alone di<br />
allusioni e di suggestioni; quella di Ungaretti, al contrario, è una parola di alta concentrazione<br />
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emotiva ed espressiva. La sua ambizione è quella di ridurre il più possibile l‟ineliminabile<br />
divario tra quello che sente e la parola che lo esprime.<br />
Sul piano tematico notiamo che il senso dell‟immensità in alcuni testi del Leopardi si<br />
accompagna ad un respiro cosmico pessimistico, riconducibile al materialismo filosofico di<br />
stampo illuministico (Canto notturno del pastore, La ginestra, ...); nell‟Ungaretti del tempo di<br />
guerra il tema ha un respiro cosmico, sia in positivo (senso di armonia con l‟universo) che in<br />
negativo (senso di solitudine cosmica, di smarrimento metafisico), ed è espressione poetica di un<br />
sentimento esistenziale, non di un pensiero filosofico.<br />
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