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deve però diventare consapevole. Chi pretendesse di risolverla,<br />

secondo l’autrice, non farebbe che “mascherarla”, per proteggersi<br />

dietro un comodo quanto falso “spirito di serietà”: l'appiattirsi su<br />

valori dati e rassicuranti, rifuggendo la propria libertà. Ed è proprio<br />

la libertà, per contro, che permette il passaggio dal puro essere al<br />

pieno esistere: nodo focale della morale esistenzialista. La “Morale<br />

dell'ambiguità”, dunque, non perché equivoca o sfuggente, ma in<br />

quanto morale della condizione ambigua dell'uomo, che deve<br />

conquistare concretamente la libertà, per sé e per gli altri.<br />

Se al fondo della concezione espressa dalla de Beauvoir c’è l’istanza<br />

prescrittiva ideologico-politica, un’altra voce a difesa del valore<br />

dell’ambiguità come indice di libertà, e quindi sostanzialmente di<br />

affermazione della propria, irrinunciabile, identità, si trova in un<br />

famosissimo test psicologico: le “Macchie di Rorschach”, in cui al<br />

soggetto vengono presentate in un determinato ordine, dieci tavole<br />

su cui sono rappresentate delle macchie di inchiostro, passibili di<br />

diversa interpretazione, in quanto stimoli nuovi ed ambigui. Il test<br />

psicologico proiettivo (di tale complessità da essere utilizzabile solo<br />

da psicodiagnosti di grande esperienza) serve a delineare attitudini,<br />

personalità ed eventuali problemi del soggetto.<br />

Nell’operazione di “traduzione’’ del messaggio ambiguo, dunque,<br />

esce allo scoperto l’intima natura dell’uomo: la risultante di tutte le<br />

esperienze che egli è e che hanno cominciato a costituirlo dal<br />

momento in cui ha ricevuto il suo patrimonio genetico. Il suo<br />

passato e il suo presente rivelati in quella facoltà che lo identifica in<br />

modo, questa volta davvero, univoco, come “homo symbolicus ’’.<br />

Nel suo comunicare attraverso simboli, l’uomo costruisce<br />

incessantemente sistemi polisemici, e altrettanto incessantemente li<br />

riceve e interpreta, compiendo infinite traduzioni che attingono ogni<br />

volta alla sua identità, non solo come individuo, ma come individuonel-mondo.<br />

Se sono le “stratificazioni’’ di esperienze ad ampliare la capacità<br />

dell’individuo di interpretare, decodificandoli, i messaggi da cui è<br />

circondato in un mondo polisemico, allora la cultura (che<br />

quotidianamente perde pezzi davanti ad altre urgenze proclamate<br />

inappellabili) si pone come elemento irrinunciabile affinché ognuno<br />

di noi possa esercitare la “facoltà di libertà” che ci consente di<br />

compiere un passo per “essere nel mondo” come soggetti e non<br />

solo oggetti.<br />

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