ciudad juárez e le storie di una città e di una frontiera - Uacj ...

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212 sette appuntamenti segreti, si possono contare nel suo paesaggio. La sequenza comincia col Memorial a Aita Donosti, Lesaka 1956-59. A Agiña, vicino al limite con Gipuzkoa e Navarra. “In un paesaggio circolare, molto religioso e caratterizzato dalla presenza neolitica di numerosi cromlechs” 12 , insieme al suo amico architetto Luis Vallet, costruisce un memoriale riconciliando i tempi delle forme moderne con quelle arcaiche. Oteiza genera una stele bianco-nera e grigia, erede di Malévich. Circolo, quadrato, croce, movimento e velocità sono racchiusi nella sua corporeità. Dieci anni dopo inel1966, come una variante di questo esercizio, sul limite che traccia il Bidasoa, colloca una pietra rossa ortogonale, messaggera del movimento circolare, come un’ancora di rotazione. La sequenza continua nel 1973, sulla frontiera, a Luzaide con le sue Estelas para el camino de Santiago, 1973. “E sì anche, con un po’ di umore politico (c’è sempre qualcosa da decifrare) galleggiando, entrano dal Nord di Euskadi. Nella stele dal disco circolare, incidiamo sul suo fondo: Ernatzen ari dira hilarriak Santiyoko bidean” 13 . Un anno dopo, nel 1974 nella valle di Arrasate (Mondragón), nella cooperativa che collaudava un nuovo ordine economico, colloca una grande pietra che si dichiara, vigilante e protettiva, Harri ernai zaitzailea (Pietra vigilante e protettiva). E vigilante e protettrici sono la testa del guerriero, Gudari armado chiamato Odisseo che difende la capitale basca di Iruña- Pamplona (1992) come la “partitura che ho voluto lenta e circolare fatta di ferri aperti, taglienti e silenziosi (appaiono e scompaiono) vigilanti e vuoti, di questo grande Corpo-totem”. 14 ANCORA OGGI, IMMAGINE AL LIMITE. Fig. 14, Jorge Oteiza en su apartamento de Zarautz, 1983. I due artisti costruirono la loro casa-laboratorio sulla frontiera, lungo il rio Bravo e il Bidasoa. Intervennero sul paesaggio, installando le loro opere sulla stessa frontiera, senza dare spazio alcuno alla 12. JORGE OTEIZA, Quousque tendem…!, Auñamendi, Donostia 1963, n.55 13. “Las estelas están despertando en el camino de Santiago”. Jorge Oteiza, en MIGUEL PELAY OROZCO, Jorge Oteiza. Su vida, su obra su pensamiento, su palabra, La gran enciclopedia vasca, Bilbo, p. 308 14. Ibid., p. 208
nostalgia, guardando avanti. I loro oggetti hanno come attributi il limite, il marchio, l’occupazione dello spazio e il vuoto, e si estendono avanzando con un’eco metallico ed implacabile. L’azione pubblica, sociale e politica deve essere intesa come un riferimento nella conformazione dei loro rispettivi paesaggi. L’ideologia moderna è latente nelle loro opere, ancora oggi FINALE Jorge Oteiza e Donald Judd non si sono mai conosciuti, mai s’incontrarono, né si riunirono. Nonostante ciò, la solitudine, la loro posizione in piedi/standing, di fronte al paesaggio, sotto il sole, la pietra e il paesaggio, fanno sì che il loro incontro per un momento, sia reale e vittorioso, grazie ad un terzo poeta, Last evening the moon rose above this rock Impure upon a world unpurged. The man and his companion stopped To rest before the heroic height. Coldly the wind fell upon them In many majesties of sound: They that had left the flame-freaked sun To seek a sun of fuller fire. Instead there was this tufted rock Massively rising high and bare Beyond all trees, the ridges thrown Like giant arms among the clouds. There was neither voice nor crested image, No chorister, nor priest. There was Only the great height of the rock And the two of them standing still to rest. There was a cold wind and the sound It made, away from the muck of the land That they had left, heroic sound Joyous and jubilant and sure. 15 WALLACE STEVENS, How to live. What to do, 1936 15. “Ieri notte la luna spuntò tra queste rocce/impura su un mondo non purificato./L’uomo e il suo amico si fermarono/per riposare ai piedi dell’eroica vetta./ Il gelido il vento li avvolse/ con maestosi sibili:/ loro che abbandonarono un sole malato/ alla ricerca di un sole di fuoco pieno./ Invece trovarono questa roccia increspata/ che si eleva massiccia, ottusa, in alto/ sopra gli alberi, le cime intrepide/come braccia di gigante tra le nuvole./ Non si udiva voce alcuna né c’era nessuna immagine elevata,/ né coristi, né preti. Solo c’erano/l’altezza irraggiungibile della roccia/ e i due uomini, quieti riposando./C’erano il vento freddo e i sibilii/che questo generava, lontano dal fango della terra/ che si lasciarono alle spalle, suono eroico/ allegro, gioviale e assolutamente certo.” WALLACE STEVENS, How to live. What to do, 1936, (Traduzione all’italiano: Anna Vincenza Nufrio) 213
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