Tar Piemonte. Sez. I Sentenza n. 4089 - 5 novembre 2010 ...
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<strong>Tar</strong> <strong>Piemonte</strong>. <strong>Sez</strong>. I <strong>Sentenza</strong> n. <strong>4089</strong> - 5 <strong>novembre</strong> <strong>2010</strong><br />
REPUBBLICA ITALIANA<br />
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il <strong>Piemonte</strong> (<strong>Sez</strong>ione Prima)<br />
ha pronunciato la presente<br />
SENTENZA<br />
sul ricorso numero di registro generale 1373 del 2009, proposto da:<br />
Alessandra Molon, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Maisto, Mila Fiorina, Marco Stabile,<br />
con domicilio eletto presso l’avv. Mila Fiorina in Torino, via Grassi, 5;<br />
contro<br />
Ente Per il Diritto Allo Studio Universitario - E.Di.S.U. <strong>Piemonte</strong>, rappresentato e difeso<br />
dall'avv. Claudio Pipitone Federico, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, via<br />
Grassi, 9;<br />
per l'annullamento<br />
della determinazione n. 668 del 22.9.2009, notificata al ricorrente in data 7.10.2009;<br />
della determinazione n. 669 del 22.9.2009, notificata al ricorrente in data 7.10.2009;<br />
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.<br />
Visti il ricorso e i relativi allegati;<br />
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ente Per il Diritto Allo Studio Universitario - E.Di.S.U.<br />
<strong>Piemonte</strong>;<br />
Viste le memorie difensive;<br />
Visti tutti gli atti della causa;<br />
Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 21 ottobre <strong>2010</strong> il dott. Alfonso Graziano e uditi per le<br />
parti i difensori come specificato nel verbale;<br />
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.<br />
FATTO e DIRITTO<br />
1. Con il ricorso in epigrafe la ricorrente impugna la determinazione di revoca della borsa di<br />
studio e di richiesta di restituzione dell’importo di € 2.454 nonché di applicazione di una<br />
sanzione amministrativa, assunta sul rilievo che la medesima avrebbe una situazione<br />
anagrafica difforme da quanto dichiarato nel modello ISE, essendo stato accertato che con lei<br />
risiede il nonno, il cui apporto reddituale conduce al superamento dei limiti prescritti dalla<br />
normativa.<br />
La deducente presentava controdeduzioni procedimentali ex art. 10, l. n. 241/1990, del tutto<br />
disattese dal’Ente.<br />
Si costituiva l’EDISU con atto dell’11 gennaio <strong>2010</strong> cui seguiva memoria e deposito<br />
documentale il 12.1.<strong>2010</strong>.<br />
Entrambe le parti producevano memoria il 2.7.<strong>2010</strong>.<br />
Alla Camera di Consiglio del 14.1.<strong>2010</strong> la <strong>Sez</strong>ione accoglieva l’istanza cautelare motivando<br />
profusamente in ordine al fumus boni iuris dell’intentata azione.<br />
Pervenuto l’affare alla pubblica Udienza del 21.10.<strong>2010</strong> sulle conclusioni delle parti e la<br />
Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano il gravame è stato ritenuto in decisione.
2.1. Deve il Collegio confermare la valutazione di fondatezza del gravame formulata con<br />
l’Ordinanza cautelare n. 39.<strong>2010</strong>.<br />
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione, elevata<br />
dall’Amministrazione sull’assunto che la ricorrente non avrebbe previamente impugnato il<br />
bando, che all’art. 4 fissa i requisiti reddituali con riguardo alla famiglia anagrafica.<br />
Va al riguardo ricordato che l’invocato art. 4 del bando in atti (doc. 11 P.A.) stabilisce che “il<br />
nucleo familiare dello studente è definito secondo le modalità previste dal d.p.c.m. n.<br />
221/1999 e successive modificazioni”.<br />
Orbene, la ricorrente si duole che sia stato computato nel suo reddito anche quello del nonno<br />
Molon Alberto, il quale, benché residente nel medesimo immobile della ricorrente in Abano<br />
Terme non ha, tuttavia, mai stabilmente coabitato con lei né, tanto meno, ha la sua dimora<br />
abituale nella di lei abitazione, com’è comprovato da dichiarazione sostitutiva rilasciata dal<br />
medesimo, attestante che egli coabita con la moglie in Ivrea (doc. 4) con la quale gestisce un<br />
locale da ballo in Ivrea (doc. 5 ricorrente).<br />
Da ciò la deducente inferisce la violazione dell’art. 1-bis del DPCM n. 221/1999 e dell’art. 4 del<br />
D.P.R. n. 223/1989.<br />
2.2. A parere del Collegio il motivo è fondato e infondata l’eccezione che fa leva sul riportato<br />
disposto del bando lamentandone l’omessa impugnazione.<br />
Invero, va debitamente osservato che il riportato art. 4 del bando istituisce un chiaro rinvio alle<br />
modalità di determinazione della nozione di “nucleo familiare” stabilite dal DPCM n. 221/1999<br />
che, come indicato nella sede cautelare, dispone che “fanno parte del nucleo familiare i<br />
soggetti componenti la famiglia anagrafica ai sensi dell’art. 4 del decreto del Presidente della<br />
Repubblica 30 maggio 1989, n. 223”.<br />
Ora, l’art. 4 del citato D.P.R., recante “approvazione del nuovo regolamento anagrafico della<br />
popolazione residente” definisce l’istituto della “famiglia anagrafica” stabilendo che “agli effetti<br />
anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio,<br />
parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale<br />
nello stesso comune”. Rimarca, dunque, il Collegio che sulla scorta della norma del<br />
regolamento anagrafico nazionale appena riportata, condicio iuris necessaria ai fini<br />
dell’individuazione di una famiglia anagrafica, rilevante agli effetti che eventuali disposizioni<br />
normative generali settoriali annettano a tale nozione o istituto è la circostanza di fatto che le<br />
persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione coniugio, tutela ovvero,<br />
residualmente, da vincoli affettivi, coabitino od abbiano dimora abituale nello stesso Comune.<br />
2.3.1. Ciò precisato, rileva il Collegio come difetti nel caso all’esame il delineato requisito<br />
fattuale, ovverosia la coabitazione con la ricorrente del nonno Molon Alberto, o quanto meno,<br />
in subordine, la dimora abituale del medesimo nello stesso Comune in cui ella abita.<br />
E’ infatti agli atti idoneo principio di prova dell’assenza di coabitazione tra il sig. Molon Alberto<br />
e la nipote Signora Alessandra Molon, atteso che il doc.5, certificato della CCIAA di Torino,<br />
attesta che il Molon è amministratore della Frenzy s.n.c di Fabris Clara e che è residente in<br />
Ivrea, Via Gobetti 9/C.<br />
Al riguardo, considerato che a norma del Codice civile la residenza è nel luogo in cui una<br />
persona ha la dimora abituale (art. 43, comma 2, c.c.) dalla rilevata circostanza di fatto<br />
discende, oltre che la conseguenza che il Molon non coabita con la ricorrente (ossia non abita<br />
con lei nella stessa abitazione in Abano Terme) – per cui difetta la condicio iuris sopra<br />
lumeggiata costituente nella coabitazione ai sensi e per gli effetti del’art. 4, D.P.R. n. 223/1989<br />
e da detta norma imposta ai fini della configurabilità dell’istituto della famiglia anagrafica –<br />
anche che non si ravvisa la residuale condizione, pure dalla stessa norma richiesta, della<br />
dimora abituale del sig. Molon nello stesso Comune ove risiede la deducente.<br />
Constano, inoltre, agli atti numerose fatture di somministrazioni Enel, gas e telefono, tutte<br />
inviate dalle imprese erogatrici al predetto nell’indirizzo di Ivrea citato (doc. 11 ricorrente).<br />
Dette fatture, il cui invio alla dimora di Ivrea già può costituire principio di prova della<br />
circostanza che il Molon dimora abitualmente ivi, espongono, oltretutto, importi per consumi<br />
assai esigui, riferiti all’abitazione in cui formalmente risiede in Abano Terme. Esiguità che<br />
contribuisce a comprovare che in realtà egli non abita in tale immobile, come esattamente
dedotto dalla ricorrente.<br />
A nulla vale dunque, a fronte di siffatte emergenze documentali, la certificazione comunale<br />
attestante che il Molon ha la residenza anagrafica ad Abano terme nello stesso immobile<br />
occupato dalla ricorrente.<br />
2.4. Ribadisce infatti il Collegio che il requisito della coabitazione o quanto meno della dimora<br />
abituale nello stesso Comune, necessario per le ragioni normative sopra illustrate ai fini di<br />
integrare la nozione stessa di famiglia anagrafica rilevante ai fini che occupano, è l’oggetto di<br />
una quaestio facti che può essere provata con idonei e concordanti elementi documentali.<br />
La necessità della delineata condizione si profila, del resto, coerente con la ratio del sistema<br />
normativo di riferimento che disciplina i limiti di reddito ai fini del conseguimento dei benefici<br />
delle borse di studio, già tratteggiata nell’Ordinanza cautelare e che va correttamente<br />
individuata nell’impossibilità di cumulare con il reddito del dichiarante anche quello prodotto da<br />
altri soggetti che quantunque formalmente residenti nel medesimo immobile detenuto dal<br />
dichiarante, non possono arricchirne la sfera reddituale perché non coabitanti con il medesimo<br />
o perché dimoranti in Comune diverso.<br />
Illogico ed anche incostituzionale a parere del Collegio sarebbe dunque il far discendere dalla<br />
mera residenza formale, non assistita dal requisito della coabitazione, conseguenze preclusive<br />
all’ottenimento delle provvidenze che postulano che il soggetto abbia un reddito effettivo non<br />
superiore ai determinati limiti massimi.<br />
Ne consegue che il D.P.C.M. n. 221/1999 cui l’art. 4 del bando correttamente rinvia, va<br />
coordinato con l’art. 4 del D.P.R. n. 223/1989, cui pure il predetto DPCM del 1999 fa rinvio e<br />
che a sua volta impone il delineato requisito della coabitazione o dimora abituale nel medesimo<br />
Comune.<br />
Il bando è pertanto coerente e conforme al parametro normativo di riferimento e dunque<br />
nessuna ragione aveva la ricorrente di impugnarlo.<br />
Alla luce di quanto finora illustrato, pertanto, l’eccezione di inammissibilità si prospetta<br />
infondata e va conseguentemente disattesa.<br />
Merita invece di essere accolto il primo motivo di gravame che snoda la censura sostanziale, il<br />
cui accoglimento importa il favorevole esito dell’intero gravame con possibilità di assorbire le<br />
residue censure di rilievo meramente formale e inidonee a recare in caso di accoglimento, un<br />
beneficio maggiore di quello veicolato alla ricorrente dall’accoglimento del primo motivo.<br />
Le spese di lite possono, peraltro, essere compensate in ragione della particolarità della<br />
fattispecie trattata anche rispetto ad altre analoghe esaminate dalla <strong>Sez</strong>ione.<br />
P.Q.M.<br />
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il <strong>Piemonte</strong> (<strong>Sez</strong>ione Prima)<br />
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto,<br />
annulla i provvedimenti impugnati.<br />
Compensa le spese di lite.<br />
Ordina che la presente <strong>Sentenza</strong> sia eseguita dall'Autorità amministrativa.<br />
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre <strong>2010</strong> con l'intervento dei<br />
Magistrati:<br />
Franco Bianchi, Presidente<br />
Alfonso Graziano, Referendario, Estensore<br />
Paola Malanetto, Referendario<br />
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA<br />
Il 05/11/<strong>2010</strong>