Pdf completo da scaricare - Svizzera Pesciatina
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temente <strong>da</strong> solo gli arnesi del mestiere: subbie, scalpelli, punciotti, gradine, e quant’altro<br />
serviva al suo lavoro, tanto che nella cava era presente anche la forgia. Questo mestiere<br />
era insediato prevalentemente a Vellano, tanto <strong>da</strong> costituire <strong>da</strong> sempre la massima economia<br />
paesana e, tra egli anni 1920-1940, anche con una scuola dove “maestri scalpellini”<br />
traman<strong>da</strong>vano questa arte antica. Fra i tanti scalpeliini va ricor<strong>da</strong>to Ivo Cosci, le<br />
cui opere sono presenti in molte ville signorili della zona. Ai primi del secolo scorso<br />
alcuni si trasferirono, come si è visto (PARTE PRIMA 2.3 antichi mestieri e prodotti tipici) anche<br />
all’estero, a Bucarest, in Romania, a lavorare il porfido. Fra il 1955 e il 1965 tutte le cave<br />
hanno cessato la loro attività, ad eccezione della “Cava della Fontanella”, nella frazione<br />
di Vellano, di proprietà di Germano Nardini che, tutt’ora, con il figlio Marco, continua<br />
l’antica tradizione della lavorazione della pietra e rappresenta l’ultima generazione di<br />
scalpellini presenti sul territorio.<br />
Altro mestiere riconducibile alla lavorazione della pietra, era il cavatore. A questa<br />
parola venivano attribuiti più significati; erano definiti cavatori anche i renaioli, piastrai,<br />
e gli spaccaghiaia.<br />
I renaioli con diversi strumenti di lavoro si recavano lungo il fiume scavando e setacciando<br />
la rena che le piene precedenti aveva depositato. La rena veniva prelevata lungo<br />
il fiume a Nord di Pescia, fino al ponte di Castelvecchio, nella Pescia di Pontito e fino<br />
Pontaccosce nella Pescia di Vellano. Successivamente veniva trasportata con i barrocci<br />
sui cantieri per essere impastata insieme alla calce per le costruzioni. Questo mestiere<br />
fu svolto fino alla metà degli anni ‘50 anche <strong>da</strong> molti abitanti di Pietrabuona, come<br />
Gerando Panteri, Angeli Alberto, ecc. I Cavatori-piastrai lavoravano la pietra <strong>da</strong> piastre.<br />
Questo materiale veniva utilizzato come fornelli <strong>da</strong> carbone, alari, pianelle refrattarie, e<br />
piastre <strong>da</strong> “necci”, dette anche testi. Gli spaccaghiaia, lungo la provinciale Mammianese<br />
frantumavano manualmente blocchi di pietra albarese (calcarea) per farne ghiaia, usata<br />
poi per la manutenzione delle strade. La pietra albarese veniva estratta nelle cave della<br />
Maona, a Montecati Alto (PT) (in P. Biagini, 2008). Già anticamente a valle, lungo i<br />
fiumi, nei paesi di Pietrabuona, Calamari e Ponte di Sorana, erano presenti numerose<br />
La <strong>Svizzera</strong> <strong>Pesciatina</strong><br />
cartiere, si può dire che queste siano state l’unica e vera industria della zona, dove si<br />
produceva carta di ogni tipo. Nelle cartiere lavoravano intere famiglie di cartai di provata<br />
maestria, capaci di usare tecniche che, di generazione in generazione si sono traman<strong>da</strong>te<br />
fin <strong>da</strong>l lontano 1400 (cfr. PARTE PRIMA 2.2.4 cartiere e archeologia industriale). Qui ci soffermeremo<br />
soltanto per descrivere, secondo alcune testimonianze la dura fatica degli operai che<br />
si recavano a lavorare nelle cartiere <strong>da</strong>i loro paesi. Secondo la testimonianza diretta della