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Caccia 2000 - Associazione Cacciatori Bellunesi

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Aut. del Trib di Belluno n. 558/08 n.c.- «POSTE ITALIANE SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1,<br />

CNS BL». CONTIENE I.P. - Direttore Responsabile: Pellegrinon Giuseppe - Tipografia: Dolomiti Stampa s.r.l., Via Campo, 18/F Santa Giustina (BL)<br />

LEPRE BIANCA<br />

Foto di: Claude Morerod<br />

<strong>Caccia</strong><br />

<strong>2000</strong><br />

ORGANO DI INFORMAZIONE<br />

DELL’ASSOCIAZIONE<br />

CACCIATORI BELLUNESI<br />

Buon Natale<br />

a tutti i lettori di <strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong>


2<br />

PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

Lettera<br />

del Presidente <strong>Associazione</strong> <strong>Caccia</strong>tori <strong>Bellunesi</strong><br />

Fiocchi di neve<br />

che cadete lenti<br />

bianchi, eterni,<br />

sui boschi e sulle mie montagne,<br />

e ricoprite di silenzio<br />

il verde degli abeti,<br />

il grigio immutabile dei sassi,<br />

l’umido naso<br />

del capriolo affamato,<br />

vi prego, fiocchi di neve<br />

date l’oblìo anche al mio cuore,<br />

alla mia anima<br />

alla mia coscienza.<br />

Carissimi Soci,<br />

nell’ultimo numero di <strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> terminavo il mio editoriale augurando a tutti Voi “Buona caccia” inteso, nel<br />

senso comune, di “buona stagione venatoria” e, più in generale, di serene e piacevoli giornate di caccia.<br />

Non l’avessi mai fatto. Ho perso il conto delle telefonate e delle e-mail ricevute da tanti di Voi che mi richiamavano<br />

bonariamente per questa espressione portatrice, secondo loro, solo di sfortuna. Spero che non sia<br />

stato proprio così e che alla fine tutti quanti, visto che siamo oramai alla fine della stagione venatoria, abbiate<br />

raggiunto i vostri obiettivi e che siate rimasti ugualmente contenti delle belle giornate trascorse nella pratica<br />

di questa nostra passione sportiva.<br />

In questi giorni è terminato il controllo dei tesseramenti 2009/10. Sono e dobbiamo essere tutti particolarmente<br />

orgogliosi perchè, anche in questi anni difficili per molteplici motivi e con la rinuncia o, purtroppo, la<br />

scomparsa di qualche cacciatore, la nostra <strong>Associazione</strong> continua a crescere. A tutt’oggi siamo in 912 (+ 52 unità<br />

rispetto allo scorso anno). Grazie per la fiducia che ci dimostrate. Sarà, per noi Dirigenti, uno stimolo maggiore<br />

per impegnarci ancora di più a difendere, tutelare e regolamentare al meglio il nostro hobby.<br />

“<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong>” piace sempre di più e la redazione riceve spesso complimenti anche da Persone al di fuori della<br />

caccia a dimostrazione che gli argomenti trattati sono validi, suscitano curiosità ed interesse. Con il prossimo<br />

numero, il primo del 2010, collaborerà con propri articoli anche il Prof. Lasen, ex Presidente del Parco delle Dolomiti<br />

<strong>Bellunesi</strong> nonché esperto naturalista. Pur non “tifando” per la caccia ha apprezzato la rivista ed il nostro<br />

modo serio di concepire la caccia. Fin da ora gli diamo il più sincero benvenuto e lo ringraziamo sentitamente.<br />

Al fine di ridurre i costi di stampa la Tipografia, in modo autonomo, ha ceduto, con il nostro consenso, alcuni<br />

spazi ad Aziende le quali pagano alla Tipografia stessa il costo delle inserzioni, riducendo così i costi di stampa.<br />

Un grazie sincero anche a queste Aziende.<br />

A voi tutti Soci, Amici, Simpatizzanti, Collaboratori, ed alle Vostre famiglie formulo a nome mio e della Giunta i<br />

più cordiali auguri di Buon Natale e felice Anno nuovo.<br />

IL PRESIDENTE<br />

Sandro Pelli<br />

Poesia Fiocchi di neve<br />

Tratta da”Vecchia baita” di C.Betta


Editoriale<br />

LEGGE 157/92, una storia di ordinaria politica<br />

Dalla storia ormai “infinita” delle modifiche alla legge statale sulla caccia - la famosa<br />

o famigerata 157/92 - emergono alcune verità sulle quali è bene che tutti noi riflettiamo.<br />

Non solo noi cacciatori, sia ben chiaro, perché alcune considerazioni valgono<br />

per tutti i cittadini di questo meraviglioso Paese, senza alcuna distinzione.<br />

A chi legge la stampa quotidiana o in TV guarda anche qualche telegiornale oltre i<br />

film, le partite o i programmi di intrattenimento, sarà apparso evidente che la Politica<br />

(o meglio i politici) hanno una strana visione del confronto parlamentare e dei<br />

criteri che dovrebbero regolare i rapporti fra maggioranza e opposizione; non solo,<br />

ma anche quelli fra gli Elettori e gli Eletti.<br />

Recentemente, nell’arco di un anno e mezzo, i nostri governanti hanno più volte<br />

dimostrato, spesso anche a colpi di fiducia, che quando si possiedono i numeri, si<br />

possono varare leggi anche senza il beneplacito dell’opposizione e dei giornali dichiaratamente<br />

ostili. Pochi giorni fa, proprio un Ministro ha detto che la maggioranza<br />

non può non rispettare gli impegni assunti con gli Elettori, costi quello che costi.<br />

Già, bravo, sette più. Poche volte è stato detto qualcosa di più giusto. Peccato, però,<br />

che quando si tratta di mantenere gli impegni presi con i cacciatori prima delle elezioni,<br />

la memoria faccia strani scherzi e tutto finisca nel dimenticatoio, con la “scusa”<br />

che noi rappresentiamo una minoranza infima per la quale non vale la pena di<br />

impegnarsi più di tanto.<br />

Così, eccoci ancora ad aspettare quello che ci spetta da oltre diciassette anni: una<br />

sacrosanta rivisitazione di un impianto normativo che era nato male e che è stato<br />

applicato anche peggio e che oggi non corrisponde più alla realtà sociale e faunistica<br />

del nostro Paese e dell’intera Unione Europea che è ormai allargata a ben 27 stati<br />

membri contro i dodici del 1992.<br />

“La riforma della legge, dicevano, sarà fatta entro brevissimo tempo, seguendo un<br />

iter molto dinamico e spedito”. Invece, se si esclude la grande volontà e capacità<br />

del Senatore Franco Orsi, la maggioranza (che è tale anche grazie ai nostri voti) si è<br />

dimenticata di noi e, anzi, in più occasioni (come nel caso degli onorevoli Brambilla<br />

e Catanoso) si è schierata contro di noi con grande decisione e spesso con estrema<br />

violenza verbale.<br />

Noi della Libera <strong>Caccia</strong>, anche con i suggerimenti dell’A.C.B. che condivide gli stessi<br />

nostri ideali, chiediamo soltanto una caccia più dignitosa ed al passo con i tempi, ma<br />

non certo priva di regole. Abbiamo lavorato e continueremo a farlo con impegno e<br />

onestà a fianco del Senatore Orsi e di quanti hanno a cuore i nostri legittimi interessi,<br />

ma questa disponibilità non può essere scambiata per dabbenaggine.<br />

Tutti coloro che vorranno combattere al nostro fianco, per il raggiungimento dei<br />

nostri stessi obiettivi, saranno benvenuti. La loro richiesta di affiliazione sarà tenuta<br />

in grande considerazione e se i principi di cui sono portatori sono in linea con quelli<br />

del nostro Statuto, allora l’Assemblea non potrà che deliberare in favore di una loro<br />

adesione.<br />

IL PRESIDENTE NAzIoNALE ANLC<br />

Paolo Sparvoli<br />

3<br />

PAGINA


4<br />

PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

Conoscerli Meglio<br />

LA LEPRE BIANCA (lepre variabile)<br />

Lepus Timidus - Ordine: lagomorfi - Famiglia: leporidi<br />

La lepre bianca o lepre alpina è definita da molti<br />

appassionati “il selvatico dei grandi silenzi”.<br />

Questo relitto glaciale sa meravigliosamente<br />

sfruttare un ambiente che, durante l’anno,<br />

cambia radicalmente per clima e conformazione<br />

intonando la sua livrea al paesaggio con<br />

il mutare delle stagioni. La sua muta, infatti, è<br />

caratterizzata dal cambiamento completo del<br />

colore del manto che diviene da grigio-rossastro<br />

in primavera - estate a bianco candido in autunno-inverno.<br />

è proprio questa caratteristica quindi che gli permette di<br />

evitare, nel migliore dei modi, i suoi numerosi nemici.<br />

La muta, per i soggetti che vivono nelle Alpi, avviene due volte<br />

l’anno. Quelli che vivono nelle regioni nordiche, invece, mantengono<br />

la livrea invernale per tutto l’anno.<br />

Verso la metà di Aprile il pelo comincia a cadere, sostituito da<br />

altro di colore bruno rossiccio con sfumature grigiastre. La<br />

muta estiva è completata a fine Giugno e la lepre alpina ha assunto,<br />

in questo periodo, un “abito” confacente all’ambiente<br />

che la circonda in grado di mimetizzarla nel migliore dei modi.<br />

Verso la metà di settembre ha inizio invece la muta invernale:<br />

il pelo bruno cade a ciuffi e viene sostituito da un soffice, folto,<br />

pelame candido. A fine Novembre la muta è terminata ed il<br />

manto è diventato completamente bianco; solo le punte delle<br />

orecchie restano nere.<br />

HABITAT E COMPORTAMENTO<br />

è presente praticamente nei territori alpini di tutta l’Europa,<br />

dalle regioni nordiche fino alla Groenlandia ed alla penisola<br />

di Tajmyr e di Ciukci. Gli esemplari che vivono nelle Alpi però,<br />

hanno in genere dimensioni inferiori ai loro fratelli nordici.<br />

Sulle Alpi vive ad un’altezza compresa tra i 1500 e i 3000 metri.<br />

Frequenta indifferentemente, a seconda delle stagioni, sia i<br />

luoghi aperti sia i boschi di abeti rossi e di mughi e le zone cespugliose<br />

lungo i corsi d’acqua.<br />

Durante il periodo estivo trova riparo tra le pietraie, nei cespugli,<br />

nel sottobosco di pini nani, tra le radici che affiorano ed i rododendri,<br />

riuscendo a sfruttare in maniera sorprendente tutte<br />

le caratteristiche morfologiche del luogo che la ospita e che<br />

conosce alla perfezione. La popolazione non è mai stabile ma<br />

soggetta ad una serie di oscillazioni dovute all’andamento stagionale,<br />

alla quantità di cibo a disposizione, alle malattie ma,<br />

soprattutto, al quantitativo dei predatori, in particolare aquile,<br />

volpi ed ermellini, senza trascurare naturalmente l’uomo.<br />

La sua ridotta consistenza e le abitudini crepuscolari e notturne<br />

fanno sì che sia praticamente impossibile osservarla durante<br />

il giorno se non in rari e fortunati casi. Anche il cacciatore,<br />

che batte le alte quote in cerca di camosci o di forcelli, molto<br />

raramente ha la fortuna di imbattersi in una lepre bianca sorpresa<br />

fuori dalla tana molte volte ricavata dalle cavità sotto<br />

i massi. A molti cacciatori accade quindi di constatare la presenza<br />

della lepre sul territorio solo quando, dopo le prime ne-<br />

a cura di Elvio Dal Pan<br />

vicate, ne notano le orme sulla neve. Orme<br />

che, molto spesso però, possono dare un’errata<br />

impressione della reale consistenza di<br />

quest’animale sul territorio. Può bastare,<br />

infatti, una sola lepre girovaga alla ricerca di<br />

cibo o di una femmina in estro per imprimere<br />

nel soffice manto un infinità di piste che s’intrecciano<br />

tra di loro. La ricerca di cibo, infatti,<br />

è sempre difficoltosa proprio per le caratteristiche<br />

dell’ambiente in cui vive. D’estate la “bianca” non ha<br />

eccessive difficoltà a reperire le erbe alpine e le bacche ricche<br />

di linfa di cui si nutre. Ogni cespuglio può ripararla come ogni<br />

cespuglio può diventare per lei fonte di nutrimento. è con il<br />

sopraggiungere dell’inverno che la vita si fa dura e spesso la<br />

costringe ha scavare profondi cunicoli nella spessa coltre bianca<br />

fino a raggiungere il terreno dove può trovare licheni ed<br />

erbe rinsecchite dal gelo o nutrirsi della corteccia di giovani<br />

alberi. In questo caso sarà facile, per l’attento osservatore, notare<br />

sui tronchi i segni degli incisivi.<br />

In questa stagione a tutti ostile, anche i suoi nemici si fanno<br />

più accaniti e “l’orecchiona” può solo difendersi confidando<br />

sull’accentuato mimetismo e sulle sue abitudini notturne.<br />

RIPRODUZIONE<br />

La lepre bianca raggiunge la maturità sessuale a circa un anno<br />

e la stagione riproduttiva inizia in genere con la primavera.<br />

Dopo 40 giorni dall’accoppiamento la femmina partorisce, in<br />

un anfratto roccioso o tra i cespugli, da 1 a 4 piccoli; poi, per<br />

proteggerli dai predatori, si allontana a volte anche per lunghe<br />

distanze ritornando da loro solo per l’allattamento che in genere<br />

avviene durante le ore notturne. I parti sono solitamente<br />

due l’anno, ma possono essere anche di più in caso d’inverni<br />

particolarmente miti che anticipano l’estro delle femmine. In<br />

questi casi però molti piccoli del primo parto muoiono per improvvise<br />

gelate o nevicate tardive. Nelle regioni nordiche, in<br />

base a studi compiuti dai naturalisti, spesso si ha un solo parto<br />

l’anno, ma in questo caso i piccoli sono in numero maggiore<br />

ed, a volte, superano anche le dieci unità.<br />

Una volta svezzati, i piccoli, sono abbandonati dalla madre<br />

al loro destino ed inizia quindi per i nuovi nati un cammino<br />

che li porterà a cercare di sopravvivere in un territorio ostile<br />

e ricco di insidie. Si calcola che solo 3 piccoli su 10 raggiungeranno<br />

l’età riproduttiva, gli altri saranno vittime dei predatori<br />

e delle avverse condizioni atmosferiche. è perciò necessario<br />

che il cacciatore vigili e mediti sui prelievi da compiere su<br />

questo splendido abitatore delle rocce al fine di tutelarne<br />

la salvaguardia a tutto vantaggio dei nostri monti. La sua<br />

presenza silenziosa e invisibile, infatti, ci potrà accompagnare<br />

durante le nostre passeggiate anche se solamente<br />

a pochi fortunati sarà concesso l’onore di poter vedere con<br />

i propri occhi questo “relitto glaciale “ che ha sfidato i secoli<br />

e le avversità naturali per giungere fino ai nostri giorni.


L’angolo dell’avvocato<br />

COME SI DEVONO DETENERE<br />

E TRASPORTARE LE ARMI<br />

a cura dell’avv. Barbara Bastianon<br />

Gentili Lettori,<br />

nell’intervento di questo numero ho pensato di fare con Voi un breve “ripasso” di nozioni<br />

che, probabilmente, la stragrande maggioranza dei cacciatori ha ormai acquisite, ma che,<br />

tuttavia, ripetere non guasta sicuramente a nessuno: repetita iuvant!<br />

In particolare, vorrei precisare alcuni concetti legali in materia di “detenzione di armi”.<br />

La legge dice che le armi devono essere conservate con la “dovuta diligenza”: cosa si intende<br />

con questo? Si intende che il detentore di un’arma deve mettere in atto tutte quelle precauzioni<br />

che impediscano a chiunque, se non al titolare della denuncia di detenzione, di impossessarsene<br />

e di maneggiarle.<br />

In diverse Province nazionali i Questori hanno da tempo imposto ai cittadini residenti od ivi<br />

domiciliati, prescrizioni particolari che riguardano i metodi di conservazione delle armi.<br />

Un esempio è l’utilizzo di un armadio blindato: quindi, nel caso di trasferimenti in località<br />

diverse da quella di residenza, è bene informarsi sulla presenza o meno di tali possibili restrizioni.<br />

A proposito di trasferimenti con armi, è bene ricordare che le armi devono essere trasportate<br />

scariche e in “busta” o in apposita custodia:questo per evitare che si incorra nel reato di porto<br />

abusivo di armi, ossia nel trasporto di un’arma che viene considerata in “pronto uso”.<br />

La legge impone infatti che il trasferimento di un’arma avvenga come semplice trasporto di<br />

un oggetto inerte, ossia non in grado di sparare o di essere caricato in tempi brevi. Mai lasciare<br />

le armi in bella vista e magari incustodite sull’autovettura!<br />

Costante giurisprudenza della Suprema Corte<br />

di Cassazione, si è più volte espressa nel configurare<br />

il reato di “incauta custodia” nel caso di<br />

armi rubate durante il loro trasporto a bordo<br />

di autoveicoli, nel caso questi siano stati lasciati<br />

temporaneamente incustoditi.<br />

Da ultimo, un veloce excursus sulle possibili<br />

cause di sospensione o revoca della Licenza di<br />

caccia.<br />

Come ben saprete, la Licenza di caccia è “un’autorizzazione di polizia” quindi, assoggettata<br />

al Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza, a leggi del Ministero della Sanità, a leggi speciali e<br />

alla legge venatoria.<br />

è importante ricordarsi di tale aspetto in quanto, in caso di violazioni alle leggi o ai regolamenti<br />

sopra indicati, questa sarà soggetta a rivalutazione con possibilità di sospensione o<br />

revoca da parte del Questore. Ciò avviene quando:<br />

- vengono a mancare in tutto, o in parte, determinati aspetti sanitari (abuso di sostanze alcoliche<br />

- uso di sostanze stupefacenti - malattie che vanno ad incidere nelle facoltà mentali, ecc.)<br />

- viene a modificarsi la posizione giuridica del soggetto davanti alla legge (condanne per furto<br />

- rapina - omessa custodia di armi, ecc.)<br />

- si verificano, da parte del titolare la licenza, comportamenti non consoni in ambito sociale<br />

(comportamenti che sfociano in diatribe con personale addetto al controllo venatorio, si frequentano<br />

pregiudicati, ecc.)<br />

- avvengono violazioni di carattere venatorio (la stessa legge prevede i singoli casi di sospensione<br />

o revoca)<br />

- avviene un abuso del titolo (abbattimento di specie protette, caccia in zone di divieto, trasporto<br />

dell’arma carica, ecc.)<br />

Nel salutarVi, quello che ritengo sia sempre il miglior consiglio per chi detiene un’arma:<br />

siate prudenti!<br />

5<br />

PAGINA


6<br />

PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

L’ANGOLO DEL VETERINARIO<br />

La trichina e le carni di cinghiale<br />

Quale il rischio per il consumatore?<br />

La Regione Veneto con una<br />

delibera della propria giunta,<br />

pubblicata quest’estate<br />

sul BUR (D.G.R. n. 2305 del<br />

28/07/2009), ha definito i controlli<br />

sanitari per le carni di selvaggina<br />

selvatica abbattuta.<br />

Essi stabiliscono diverse modalità<br />

di trattamento del capo<br />

cacciato proprio in funzione all’uso delle carni stesse.<br />

Nella norma, infatti, è prevista la possibilità per il cacciatore,<br />

oltre a quella di autoconsumare a livello famigliare<br />

le carni degli animali selvatici da lui abbattuti<br />

nell’esercizio dell’attività venatoria, di cedere direttamente<br />

a dettaglianti, ristoranti e agriturismi, con l’obbligo<br />

di documentarne la provenienza, un capo grosso<br />

e cinquecento capi di selvaggina da penna e lagomorfi<br />

(lepri) all’anno.<br />

Viene normata anche la possibilità di commercializzare<br />

le carni cacciate in quantità non limitata, purché i capi<br />

abbattuti vengano inviati per la lavorazione ad un Centro<br />

Ufficialmente Riconosciuto CE allo scopo di essere<br />

sottoposti ad ispezione veterinaria e, se riconosciuti<br />

sani, contraddistinti da bollo sanitario.<br />

Va inoltre precisato che, per i capi di CINGHIALE, qualunque<br />

sia il loro destino (autoconsumo, cessione o<br />

commercializzazione), la delibera regionale n. 2560 del<br />

16/09/2008 obbliga il cacciatore a sottoporre le carni,<br />

prima del loro utilizzo, a prelievo da parte del veterinario<br />

ufficiale, che le invierà ad un laboratorio ufficialmente<br />

accreditato per la ricerca della TRICHINA.<br />

Le motivazioni che hanno indotto il legislatore ad obbligare<br />

il controllo sistematico di tutte le carcasse degli<br />

animali sensibili sono motivate dal fatto che l’ingestione<br />

da parte dell’uomo di questo parassita, attraverso<br />

il consumo di carni contaminate, è causa di una grave,<br />

seppur poco frequente malattia, la TRICHINOSI.<br />

Questa patologia è sostenuta da un piccolo verme tondo,<br />

un nematode (invisibile a occhio nudo) che può incistarsi<br />

nei muscoli di molti carnivori (ospiti principali del<br />

parassita) selvatici (volpe, tasso, mustelidi) e domestici<br />

(cane, gatto), degli onnivori (suini, cinghiali, orso), dei<br />

solipedi (cavallo) e di alcune specie di uccelli predatori<br />

che, come l’uomo, la contraggono nutrendosi di carni<br />

di prede infette o loro carcasse.<br />

Le carni contaminate, una volta giunte nello stomaco<br />

a cura della Dr. Patrizia Bragagna<br />

degli animali o dell’uomo, vengono attaccate dai succhi<br />

gastrici che liberano le larve di trichina dalle cisti. Giunte<br />

nell’intestino tenue, le larve diventano adulti, maschi e<br />

femmine, che accoppiandosi generano nuove larve capaci,<br />

attraverso la via linfoematogena, di raggiungere i<br />

muscoli scheletrici nei quali penetrano, si accrescono e<br />

formano la tipica cisti. è così che il ciclo si perpetua.<br />

TRICHINELLA MAsCHIO ADULTO<br />

1.5 MM x 40 MICRON<br />

TRICHINELLA FEMMINA<br />

ADULTA NELL’INTEsTINO<br />

TENUE DI UN MAMMIFERO<br />

TRICHINELLA FEMMINA ADULTA<br />

3MM x 60 MICRON<br />

LARvA DI TRICHINA INCIsTATA<br />

NEL MUsCOLO sCHELETRICO<br />

DI UN CINGHIALE<br />

Il parassita deve il suo nome, trichina o trichinella, al<br />

suo aspetto che ricorda quello di un capello: dal greco<br />

TRICHÒS che significa appunto capello.<br />

Di trichinelle ne esistono svariate specie: spiralis, pseudospiralis,<br />

nativa, britovi, ognuna con ospiti preferenziali<br />

e con diverse aree geografiche di distribuzione.<br />

Le specie maggiormente isolate nei casi di trichinosi<br />

umana nel nostro paese sono la T. britovi (presente<br />

sul nostro territorio in un ciclo silvestre, che vede nella<br />

volpe l’animale serbatoio) e T. spiralis (riscontrata nelle<br />

carni di animali importati). Secondo uno studio nel<br />

ventennio che va dal 1980 al <strong>2000</strong>, in Italia vi sono stati<br />

1.125 casi di Trichinellosi umana di cui il 17,1 % per consumo<br />

di carni di cinghiale oggetto di attività venatoria<br />

(Rustichelli, 2001).


Nella maggior parte dei casi l’infezione da Trichinella<br />

negli animali non produce una sintomatologia apprezzabile,<br />

pertanto per effettuare una diagnosi sia in vivo<br />

che post- mortem sono necessari esami di laboratorio.<br />

L’uomo, a sua volta, può infettarsi consumando carni<br />

crude o poco cotte di animali infestati e la sintomatologia<br />

può variare da un decorso asintomatico fino ad un<br />

esito mortale, a seconda della quantità di larve migrate<br />

nei tessuti, della loro localizzazione nei muscoli e della<br />

specie di trichina interessata.<br />

Nella fase iniziale si possono avere sintomi gastrointestinali<br />

(diarrea, dolori addominali, vomito) dovuti ai parassiti<br />

adulti presenti a livello dell’intestino tenue.<br />

CONGIUNTIvITE E EDEMA<br />

DELLE PALPEBRE EMORRAGIE sOTTOUNGUEALI<br />

Successivamente (a circa una settimana dall’infestazione)<br />

prevalgono, a seguito della migrazione delle larve<br />

nei muscoli i seguenti sintomi: mialgia, febbre, astenia,<br />

edema facciale, edema delle palpebre, emorragie, debolezza,<br />

fotofobia e compromissioni cardiache (in caso<br />

di infestioni massive). Per inattivare completamente la<br />

Trichinella è consigliato CUOCERE LE CARNI a cuore: bastano<br />

70 C° per pochi minuti. Anche il CONGELAMENTO<br />

può essere utile, ma non ci sono dati certi sul fatto che<br />

le basse temperature siano completamente efficaci,<br />

soprattutto su alcune specie di Trichinella, quali britovi<br />

e nativa, tipiche di animali che vivono nel nordeuropa.<br />

Molti esperti ritengono che un congelamento a -20 C°<br />

per 4 settimane sia efficace.<br />

I congelatori domestici hanno una potenza variabile:<br />

quelli a 3 stelle (***) arrivano a -18 C°, mentre quelli a<br />

4 (****) possono raggiungere anche -30 C° e sono sicuramente<br />

più adatti per operazioni di questo genere.<br />

è meglio congelare piccole porzioni: si congelano prima<br />

e il freddo raggiunge con più efficacia il cuore del<br />

prodotto. Non c’è pericolo che si infettino gli altri cibi<br />

presenti nel congelatore.<br />

Ricorda: insaccati (salsicce, salami, ecc..), prosciutti o<br />

capicollo preparati con carne fresca di cinghiale sono<br />

a rischio.<br />

Infatti, questi prodotti non hanno subito nessun trattamento<br />

con il calore e la loro lavorazione mediante<br />

macinatura, essiccatura, salagione, affumicamento, aggiunta<br />

di sostanze (spezie, antiossidanti, conservanti,<br />

ecc..) e stagionatura non assicura la distruzione della<br />

Trichinella eventualmente presente.<br />

Pertanto è bene consumare e/o trasformare esclusivamente<br />

carni che siano state sottoposte a un test ufficiale<br />

di laboratorio specifico per la ricerca di questo<br />

parassita con esito negativo, secondo una metodica<br />

riconosciuta dalla normativa comunitaria.<br />

7<br />

PAGINA


8<br />

PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

Passeggiando<br />

nel bosco: CORBEZZOLO<br />

Arbutus unedo - Ericacee<br />

DEsCRIZIONE:<br />

Arbusto o alberello sempreverde di forme eleganti. Le foglie<br />

sono coriacee di forma ovale, oblunga, con margine seghettato.<br />

La pagina superiore è di un bel verde lucente, quella<br />

inferiore è opaca. I fiori sono bianchi cerulei riuniti in brevi<br />

grappoli. La fioritura viene in autunno-inverno. La pianta può<br />

superare i 10 metri di altezza.<br />

HABITAT:<br />

Pianta caratteristica delle zone mediterranee. In Italia è<br />

diffusa nel Centro-Sud, nel Veneto, nelle Marche. Costituente<br />

della macchia mediterranea, predilige i terreni aridi e silicei.<br />

è diffuso dal piano alla collina.<br />

RACCOLTA:<br />

Coltivato sovente a scopo ornamentale, del corbezzolo si<br />

utilizzano i frutti raccolti a fine autunno: le foglie e la radice.<br />

Questo bel alberello, utilizzato talvolta per ornare i giardini,<br />

vanta più di una proprietà medicinale. Contro l’arteriosclerosi<br />

si prepara un decotto facendo bollire a fuoco lento<br />

30 g. di radice contusa in 1 lt. d’acqua per un quarto d’ora. Si<br />

lascia intiepidire se ne consumano 2 tazzine al giorno a digiuno.<br />

Nelle affezioni delle vie urinarie, nelle cistiti e nei casi di<br />

prostatite, si fanno sbollentare 10 g. di foglie in 250 ml. d’acqua<br />

per 2-3 minuti, si lascia riposare per un quarto d’ora, si filtra<br />

e se ne beve 1 tazza al mattino a digiuno. Lo stesso infuso<br />

può essere utilizzato nella dose di 2 tazze al giorno contro le<br />

affezioni reumatiche.<br />

I fiori servono per combattere la febbre. Allo scopo se ne<br />

pone in infusione 1 cucchiaino colmo in 250 ml. d’acqua bollente,<br />

si lascia riposare per un quarto d’ora, si filtra e si consumano<br />

1 o 2 tazze al giorno secondo necessità.<br />

Una manciata di foglie poste in infusione in 1 lt. d’acqua<br />

bollente e lasciate riposare per una decina di minuti, facilitano<br />

la secrezione biliare. Dosi: 2 tazze al giorno prese lontano<br />

dai pasti, previa filtrazione.<br />

Le corbe, ovvero i rossi frutti del corbezzolo, hanno una<br />

polpa giallastra dal sapore piacevolmente dolce-acidulo. Esse<br />

possono piacere a quanti sopportano la buccia granulosa<br />

ed i semini presenti nella bacca. Per ovviare a questi inconvenienti,<br />

si possono cuocere passarle al setaccio, preparando<br />

saporite conserve e gelatine. L’acquavite di corbezzolo<br />

ha un gradevole sapore e vanta priorità digestive. I frutti del<br />

corbezzolo sono appetiti dagli uccelli che dopo l’ingestione<br />

lo disseminano a grandi distanze. Il suo legno rosso-brunastro<br />

serve per lavori di ebanisteria e fornisce un eccellente<br />

carbone-vegetale. Anche le foglie hanno una loro utilità: ricche<br />

di tannini, vengono impiegate per la concia delle pelli.<br />

SOCIETÀ COOPERATIVA AGRICOLA<br />

Via dei Martiri, 61 - Lentiai (BL) - Tel. 0437 750584 - Fax 0437 750584<br />

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Dalla Provincia:<br />

Nuovi segnali stradali<br />

Rottura di parabrezza, ammaccatura di parafanghi, cofani<br />

e paraurti, specchietti retrovisori rotti, mascherine e<br />

fari frantumati, talvolta feriti e, fortunatamente in casi rari,<br />

morti.<br />

Non sono i risultati di un cataclisma o, usando un termine<br />

caro agli Assicuratori, di eventi socio-politici, ma quelli<br />

di collisioni fra autoveicoli e la fauna selvatica.<br />

Il loro numero, in Provincia di Belluno, si attesta mediamente<br />

su oltre trecento casi l’anno, solo con animali di<br />

grosse dimensioni.<br />

Possiamo quindi dire che quasi ogni giorno avviene<br />

una collisione tra autoveicoli ed ungulati selvatici sulle nostre<br />

strade.<br />

Le domande che possiamo porci a questo punto, tra<br />

molte altre, sono: possiamo fare qualcosa per ridurre il rischio<br />

e, finora, cosa è stato fatto in questa senso?<br />

Cercheremo di vedere di seguito ciò che si è già fatto e<br />

ciò che si sta facendo in questo campo. L’Amministrazione<br />

Provinciale di Belluno, ben conscia del problema, ha da<br />

molti anni iniziato a raccogliere i dati relativi agli investimenti<br />

di fauna selvatica che avvengono sul proprio territorio.<br />

Tutto questo ha permesso di realizzare una mappa<br />

del rischio di collisioni che individua, con precisione, i tratti<br />

di strada interessati al fenomeno e che, come ben sanno<br />

i cacciatori, sono quasi sempre gli stessi.<br />

A questo punto ci si è chiesti come utilizzare tali conoscenze<br />

ed è nata allora l’idea di sperimentare, sul alcuni<br />

tratti stradali, i diversi metodi per ridurre il rischio di collisione.<br />

Qualora l’efficacia dei metodi sperimentati venga<br />

dimostrata sarà quindi possibile estenderli a tutta le rete<br />

stradale provinciale.<br />

Per realizzare tale idea si è reso necessario predisporre<br />

un protocollo d’intesa che vede coinvolti, oltre all’Amministrazione<br />

Provinciale, i proprietari delle strade (ANAS<br />

e Veneto Strade) i Comuni interessati dai tratti stradali sui<br />

quali si effettua la sperimentazione, nonché le relative Riserve<br />

di <strong>Caccia</strong>.<br />

La sperimentazione prevede una fase di progettazione,<br />

che è già stata realizzata dallo studio del Dott. Ivano<br />

Caviola, una fase di realizzazione delle opere, in corso di<br />

esecuzione, ed una fase di monitoraggio necessario alla<br />

verifica dell’efficacia delle stesse, che verrà condotto sotto<br />

la supervisione dell’ ISPRA (ex INFS).<br />

L’analisi del fenomeno ha permesso di individuare due<br />

principali linee di intervento finalizzate alla riduzione del<br />

rischio: la prima orientata alla segnalazione del pericolo,<br />

la seconda tendente a scoraggiare l’attraversamento da<br />

parte degli animali. Per quanto riguarda il lato “umano”<br />

a cura del Commissario Principale, Loris Pasa<br />

del fenomeno si è visto<br />

che la velocità del<br />

veicolo gioca un ruolo<br />

determinante, così<br />

pure la visibilità ai lati<br />

della strada. Il progetto<br />

prevede infatti la segnalazione<br />

del pericolo<br />

per mezzo di appositi<br />

segnali, di cui trovate<br />

un’immagine in questa<br />

pagina. La nuova segnaletica<br />

ha lo scopo di<br />

richiamare l’attenzione<br />

da parte dei conducenti<br />

in modo più vistoso<br />

e preciso rispetto al<br />

comune segnale di pericolo<br />

attraversamento<br />

animali selvatici. è pure prevista la creazione di fasce di visibilità<br />

laterali mediante il taglio della vegetazione che si<br />

affaccia al ciglio stradale.<br />

Per quanto riguarda i sistemi di deterrenza all’attraversamento,<br />

è prevista la realizzazione di apposite recinzioni<br />

di contenimento con il convogliamento degli animali<br />

sotto a ponti o ad opere già esistenti, la creazione di barriere<br />

olfattive e visive, la creazione di radure all’interno di<br />

boschi fitti in prossimità di strade in modo da creare delle<br />

zone di alimentazione che consentano agli ungulati di<br />

sfamarsi senza attraversare necessariamente le vie di comunicazione.<br />

Questo progetto pone la Provincia di Belluno all’avanguardia<br />

in questo settore. Oltre a ciò si cerca di informare<br />

i cittadini dell’esistenza del rischio e di incentivare la sottoscrizione<br />

di apposite polizze assicurative da parte degli<br />

utenti della strada. La Provincia ha inoltre votato un ordine<br />

del giorno nel quale si chiede che la Regione approvi<br />

un’apposita normativa sulla materia in modo da consentire<br />

il risarcimento del danno.<br />

In futuro non possiamo certo aspettarci una riduzione<br />

spontanea del fenomeno; solo una maggiore consapevolezza<br />

del rischio ed iniziative tese a ridurlo possono verosimilmente<br />

consentire una diminuzione degli incidenti.<br />

Un ruolo importante in questo senso lo svolgono i<br />

cacciatori. Essi possono segnalare il rischio ai conoscenti<br />

ignari, spiegare il comportamento degli animali ed indicare<br />

quello da tenere alla guida in particolari orari e luoghi.<br />

In una parola: INFORMARE<br />

9<br />

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10<br />

PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

Dalla Provincia:<br />

Il ritorno dell’orso bruno<br />

in provincia di belluno<br />

Come riportato frequentemente nelle cronache dei<br />

quotidiani locali, a partire dal mese di aprile di quest’anno,<br />

ci sono state molteplici segnalazioni della presenza dell’orso<br />

nella nostra Provincia.<br />

È stato infatti un anno molto significativo per questa<br />

specie che arricchisce il patrimonio faunistico bellunese e<br />

che dona a molti amanti della montagna, siano essi esperti<br />

cacciatori, escursionisti o naturalisti, un’emozione in più<br />

nell’esplorarla.<br />

Da almeno otto anni non si registrava una frequentazione<br />

costante, quando l’orso “Friz” dal 1998 al 2001 frequentò<br />

l’Agordino e poi soprattutto i territori di Lamon e Sovramonte,<br />

facendo poi perdere le proprie tracce.<br />

Oggi, grazie ai progressi della tecnologia, è possibile<br />

effettuare analisi genetiche che rendono possibile riconoscere<br />

non solo la specie animale, ma anche il singolo individuo<br />

e il suo “ceppo” di provenienza, ad un costo contenuto,<br />

partendo da campioni biologici come feci e pelo. Così il<br />

monitoraggio effettuato dalla Polizia Provinciale nell’ambito<br />

dei suoi compiti istituzionali, ha portato alla conoscenza<br />

della frequentazione del territorio provinciale di due individui<br />

di diversa provenienza. Si tratta infatti della migrazione<br />

spontanea di<br />

due giovani maschi<br />

provenienti uno dal<br />

nucleo del Trentino<br />

occidentale, che<br />

conta ormai 25 individui<br />

circa, l’altro<br />

che con un viaggio<br />

ancora più lungo ar-<br />

IMPRONTA<br />

riva dai Balcani, dalla<br />

popolazione che<br />

vive in Croazia e Slovenia. Può essere il timido inizio del fenomeno<br />

di ricongiunzione della popolazione residua delle<br />

alpi centrali con quella dell’ est, che è auspicata per allontanare<br />

il rischio di estinzione degli orsi bruni europei.<br />

Tornando ai “nostri” due orsi, essi hanno mostrato di<br />

avere progetti differenti: quello proveniente dal Trentino,<br />

arrivando dall’altopiano di Asiago si è soffermato qualche<br />

giorno nel mese di maggio in quel di Soffranco per poi proseguire<br />

per Auronzo, il Comelico e infine per l’Austria; quello<br />

proveniente da est, chiamato M5, dopo essere arrivato ai<br />

primi di aprile in Cadore, è passato anche per Soffranco, poi<br />

per la valle del Mis, per arrivare e fare qualche danno in Val<br />

di Seren e Sovramonte, tra fine aprile e maggio. Da lì ha evidentemente<br />

esplorato le nostre montagne passando per<br />

Cortina D’Ampezzo, Auronzo, Cesiomaggiore, stabilendosi<br />

poi per circa due mesi (luglio e agosto) sui monti al confine<br />

a cura di Christian Losso<br />

tra Agordino e Primiero. In queste praterie d’alta quota l’orso<br />

M5, la cui dieta è normalmente per l’80 % vegetariana, ha<br />

trovato cibo troppo facile per resistere nei grandi greggi di<br />

pecore lasciati incustoditi al pascolo brado, ed ha compiuto<br />

delle razzie. è importante sapere che esiste un articolato<br />

protocollo d’azione creato e ratificato da molte Regioni<br />

dell’arco alpino, tra cui il Veneto, che indirizzato dalle direttive<br />

comunitarie, ha come obiettivo la gestione e la conservazione<br />

degli orsi bruni alpini. Tra le molte azioni previste,<br />

ci sono i piani di indennizzo dei danni subìti da allevatori e<br />

apicoltori, i contributi per la realizzazione di opere di prevenzione<br />

( p. es. recinzioni elettrificate), e la gestione di orsi<br />

che si dimostrano troppo “invadenti “.<br />

In attuazione di questo protocollo, l’orso M5 il 15 ottobre<br />

è stato catturato sul luogo di una predazione dai colleghi<br />

del Servizio Foreste e Fauna di Trento, munito di radiocollare<br />

e rilasciato poco dopo, accompagnando la fuga<br />

con scoppi e latrare di cani. Una così brutta “ esperienza”<br />

scoraggia gli orsi ad avvicinarsi troppo agli animali domestici,<br />

e spesso (anche se non sempre) funziona. Di fatto M5<br />

da allora è tornato a cibarsi di vegetali del bosco, in questo<br />

stagione tardo autunnale soprattutto di faggiole. Ora conosciamo<br />

i suoi spostamenti quotidiani, ed è interessante<br />

osservare che sta frequentando soprattutto le Vette Feltrine<br />

a cavallo tra Trentino e Bellunese, e la scelta dei posti è<br />

molto simile a quella dell’orso Friz di 10 anni fa, segno che ci<br />

sono caratteristiche ambientali favorevoli, e fattori di scelta<br />

che ancora non conosciamo del tutto.<br />

Di sicuro questo arrivo spontaneo dimostra che le condizioni<br />

dell’ambiente naturale bellunese sono buone, perché<br />

ricordiamo che i grandi carnivori rappresentano l’anello<br />

più debole della catena alimentare e vivono solamente in<br />

un ecosistema sufficientemente produttivo: essere riusciti<br />

a mantenere il territorio in queste condizioni è motivo d’orgoglio<br />

e un incoraggiamento a lavorare in questa direzione<br />

perché anche le generazioni future possano goderne.


L’angolo delle armi<br />

LE POLVERI<br />

Diciamo subito che il termine<br />

in voga sarebbe “propellenti”:<br />

ma il nome “polveri” fu<br />

il primo ad essere usato quando<br />

la scoperta della versione<br />

“nera” diede il via alla nascita<br />

dell’intero mondo delle armi<br />

da fuoco, e quindi merita di<br />

essere usato per rispetto della<br />

tradizione, e qui continueremo<br />

ad usarlo. Diciamo anche<br />

che per semplicità parleremo di “combustione” delle<br />

polveri: in realtà lo sviluppo dei gas dalle polveri avviene<br />

per una reazione chimica tra i componenti che è innescata<br />

dalla temperatura più o meno elevata.<br />

Parecchie cose sono cambiate nel tempo, e la vecchia<br />

ed onorata polvere nera è adesso relegata all’uso<br />

nelle gare di armi ad avancarica, nei fuochi d’artificio e in<br />

qualche caso come polvere da mina. Le polveri scoperte<br />

nel tardo ‘800, oggi note come polveri “bianche” od “infumi”<br />

l’hanno estromessa completamente dall’uso nelle<br />

armi moderne, viste le molto maggiori prestazioni che<br />

queste ultime rendono possibili.<br />

Tutte le polveri bruciano emettendo un grande volume<br />

di gas che, all’interno di una camera di scoppio, produce<br />

una pressione sufficiente a lanciare un proiettile<br />

lungo la canna e verso il bersaglio: non tutte però si comportano<br />

allo stesso modo durante la combustione e la<br />

velocità con cui bruciano varia molto da un tipo all’altro.<br />

La polvere nera brucia con una velocità che decresce<br />

al crescere della pressione nella camera di scoppio: questo<br />

fa sì che le pressioni non raggiungano valori eccessivi<br />

anche in presenza di cariche esagerate, ed è il motivo<br />

per cui i nostri bisnonni, che per misurare la polvere usavano<br />

il ditale della moglie (uno per gli uccelletti, due per<br />

la lepre, tre per il camoscio) siano riusciti a sopravvivere<br />

così a lungo; d’altro canto mano a mano che il proiettile<br />

viaggia lungo la canna il volume della camera di scoppio<br />

aumenta: di conseguenza si riduce la pressione e quindi<br />

la polvere nera aumenta la sua velocità di combustione.<br />

Questo consente una certa costanza della pressione, anche<br />

se a valori non elevati, durante la corsa del proiettile<br />

lungo la canna, e spiega come mai le armi a polvere nera,<br />

a parità di condizioni, diano un rinculo meno violento e<br />

più tollerabile di quelle a polveri infumi.<br />

Tutto il contrario per queste ultime: la velocità di<br />

combustione cresce in maniera molto rapida al crescere<br />

della pressione in camera di scoppio, ed una quantità di<br />

a cura di “Nani” Cadorin<br />

polvere eccessiva può causare valori di pressione incompatibili<br />

con la resistenza dell’arma. Anche in questo caso<br />

il movimento del proiettile lungo la canna fa aumentare<br />

il volume della camera di scoppio e questo, provocando<br />

un calo della pressione, fa rallentare la velocità di combustione<br />

della polvere.<br />

Se la velocità di combustione rallenta troppo, i gas<br />

non spingono più il proiettile lungo la canna: il proiettile<br />

rallenta, il volume a disposizione dei gas aumenta meno<br />

velocemente e siccome la polvere continua a bruciare ed<br />

emettere gas, la velocità di combustione tende ad aumentare:<br />

ed il giochino ricomincia.<br />

Facile da dirsi: ma le caratteristiche della polvere<br />

(quantità di gas emessi, velocità di combustione e sua<br />

variazione al variare<br />

della pressione)<br />

devono essere tali<br />

da ottenere che una<br />

giusta quantità di<br />

polvere sviluppi una<br />

pressione che, dopo<br />

essere cresciuta velocemente<br />

all’inizio,<br />

si mantenga quanto<br />

più possibile entro<br />

valori né troppo<br />

alti né troppo bassi<br />

mano a mano che il proiettile viaggia lungo la canna ed il<br />

volume della camera di scoppio aumenta.<br />

Ora le diverse munizioni hanno differenti capacità del<br />

bossolo, allo scopo di contenere diverse quantità di polvere,<br />

e soprattutto hanno diversi rapporti tra la capacità<br />

del bossolo e calibro del proiettile: questo significa che<br />

nella loro corsa lungo la canna i proiettili fanno aumentare<br />

in proporzioni differenti il volume che è a disposizione<br />

dei gas sviluppati dalla polvere che sta bruciando.<br />

Due esempi estremi: nei fucili a canna liscia, o nelle<br />

pistole che generalmente hanno bossoli pressoché cilindrici,<br />

la corsa dei proiettili lungo la canna fa aumentare<br />

molte volte il volume della camera a disposizione dei gas<br />

(in un fucile cal. 12, il volume aumenta di almeno 60-70<br />

volte): per mantenere la pressione occorre che la polvere<br />

sviluppi molto rapidamente una grande quantità di<br />

gas, pena la caduta della pressione e quindi della velocità<br />

dei proiettili.<br />

In munizioni con proiettili di piccolo calibro e bossoli<br />

“a bottiglia” di grande capacità accade il contrario: il<br />

volume a disposizione dei gas cresce in modo molto mo-<br />

11<br />

PAGINA


12<br />

PAGINA<br />

desto durante la corsa del proiettile. I<br />

gas devono quindi svilupparsi in modo<br />

più lento per non generare pericolose<br />

sovrapressioni<br />

Per non avere eccessi di pressione<br />

(e conseguenti aumenti pericolosi della<br />

velocità di combustione della polvere)<br />

occorre che lo sviluppo dei gas<br />

si svolga con una velocità adeguata<br />

all’aumento di volume a disposizione,<br />

d’altro canto le quantità di polvere<br />

contenute nel bossolo sono elevate ed alla fine avranno<br />

sprigionato una grande quantità di gas: occorre quindi<br />

che i gas siano sviluppati in modo sufficientemente lento,<br />

cioè che la velocità di combustione sia sufficientemente<br />

bassa.<br />

Per questo esiste una grande varietà di polveri, ognuna<br />

con la propria caratteristica velocità di combustione e<br />

quindi adatta a quelle munizioni con rapporto<br />

Volume del bossolo<br />

Volume della canna<br />

abbastanza simile.<br />

Per regolare i valori della velocità di combustione di<br />

una determinata polvere i produttori hanno due fattori<br />

principali: la composizione chimica e la forma dei granuli.<br />

In base alla composizione chimica le polveri si dividono<br />

in due grandi classi: le monocomponenti, a base di nitrocellulosa,<br />

e le bicomponenti, a base di nitrocellulosa e<br />

nitroglicerina, ognuna completata da diversi additivi ritardanti<br />

o acceleranti della combustione.<br />

La forma dei granuli è molto influente perché la reazione<br />

chimica che dà luogo allo sviluppo dei gas è innescata<br />

dalla fiamma che si sta sviluppando nel bossolo<br />

durante lo sparo, che agisce sulla superficie esterna dei<br />

granuli della polvere: quindi una polvere<br />

sarà tanto più veloce, a parità<br />

di condizioni, quanto maggiore sarà<br />

per i suoi granuli la superficie esterna<br />

in rapporto al volume del granulo.<br />

Questo spiega la varietà di forme dei<br />

granuli delle diverse polveri, che possono<br />

andare dalla sfera (che è il solido<br />

col maggior rapporto volume/superficie<br />

esterna) ai cilindretti forati, alle<br />

scaglie più o meno schiacciate e più o<br />

meno grandi: chi ha fatto la naia avrà forse avuto modo<br />

di aver per le mani le cariche aggiuntive del mortaio,<br />

con le loro scaglie estremamente sottili e grandi come<br />

un’unghia; addirittura in passato erano in uso polveri<br />

che ricordavano la forma degli spaghetti (la famosa cordite);<br />

il loro uso, abbastanza diffuso all’inizio del secolo<br />

scorso, si è poi gradatamente ristretto alle munizioni<br />

per artiglierie.<br />

I produttori di polveri stabiliscono per ogni calibro<br />

e peso di proiettile il tipo di polvere più adatto ed il<br />

peso massimo ammesso per le cariche: i produttori di<br />

proiettili forniscono invece elenchi di polveri, con le relative<br />

dosi massime e minime, consigliate per i diversi<br />

tipi e pesi di proiettili dei vari calibri: questo perché o<br />

per ricerca di precisione o semplicemente per motivi<br />

economici il popolo di coloro che praticano la ricarica<br />

si è ampliato a dismisura: dalla ricarica delle munizioni a<br />

pallini, in voga sin dopo la seconda guerra mondiale, si è<br />

passati alla ricarica di munizioni per armi rigate, dando<br />

luogo ad un mercato molto interessante per i costruttori<br />

di attrezzature e componenti. E adesso che abbiamo<br />

rinfrescato le nostre cognizioni su cosa e perché accada<br />

quando tiriamo il grilletto e sentiamo un gran botto e un<br />

rinculo da KO, in bocca al lupo a tutti.<br />

Marchesan Galdino & C. S.a.s.<br />

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Il Racconto<br />

Mario Rigoni Stern<br />

Un anno e mezzo fa moriva, nella sua amata Asiago, Mario<br />

Rigoni Stern grande scrittore e cacciatore che mai rinnegò<br />

la sua passione venatoria ma con fierezza scrisse magistralmente<br />

di caccia e di natura. Con Mario è scomparso un maestro<br />

ed un punto di riferimento per tutti noi. Pubblicando<br />

questo suo racconto, lo ricordiamo con affetto anche noi,<br />

che avevamo avuto il piacere d’incontrarlo e scambiare<br />

quattro chiacchiere sulla caccia qualche anno fa a Feltre.<br />

CHIUsURA DI CACCIA<br />

Sarà neve domani. Vedi che cerchio ha la luna - alzò la testa<br />

e non disse nulla. - Sarà neve, ti dico. E ti conviene restare<br />

a letto e dormire. - Ma tu vai? - Con qualsiasi tempo andrò.<br />

Ancora domani e poi è finita. Appenderemo lo schioppo al<br />

camino - allora vengo anch’io.<br />

Così si parlava una sera ai primi di dicembre al crocicchio<br />

della strada. Il paese era deserto; passava solo per la piazza<br />

l’appuntato dei carabinieri. Dall’est veniva un vento freddo<br />

e annusavo l’odore<br />

della neve che<br />

l’aria mi portava<br />

da lontano. Il cielo<br />

andava annuvolandosi.Dall’osteria<br />

uscì cantando<br />

un cavallaro che<br />

conoscevo: passandoci<br />

accanto<br />

ci invitò a bere<br />

un mezzo litro di<br />

caldo.<br />

PERNICE BIANCA<br />

Dopo ci lasciammo. Alle nove ero a letto e sul tavolo, in cucina,<br />

erano preparati il fucile, le cartucce, la borraccia della<br />

grappa ed il cibo.<br />

Alle quattro ero sveglio; stetti un po’ a godermi il caldo del<br />

letto e poi, piano per non svegliare mia moglie e senza accendere<br />

la luce, andai a vestirmi in cucina. Mi lavai con l’acqua<br />

fredda per cacciar via il residuo del letto e guardai attraverso<br />

i vetri. Se questo l’avessi fatto prima di lavarmi sarei quasi di<br />

sicuro ritornato tra le coltri giacchè vedevo che nell’orto la<br />

neve aveva raggiunto l’altezza dei cavoli. Ce n’era una buona<br />

scarpa e chissà quanta sulle montagne. Ma l’acqua fredda<br />

sul viso, sul petto, sul collo, sulle braccia aveva fatto il suo<br />

effetto e così, senza tanto pensarci sopra, andai in soffitta<br />

a prendere le uose valdostane che adoperavo all’ inverno<br />

quando ero militare. La cagna non poteva venire con quella<br />

neve e così, per farla star zitta, le diedi un panetto ed un<br />

osso da rosicchiare. Quando, uscendo, richiusi la porta, mia<br />

moglie al rumore si svegliò e mi chiamò sottovoce. - a che ora<br />

tornerai? - Mah! - risposi. - Si sa quando si parte ma non quando<br />

si torna. Ad ogni modo prima di notte, spero. - Che cosa<br />

prepararti da mangiare? - Zuppa di patate e verze e salsiccia.<br />

- Che tempo fa? - Nevica. - Matto! Torna a letto. - Ciao. - Abbi<br />

prudenza. - Ciao dormi. -<br />

Era buio e l’alba non ancora accennava. Qualche favilla di<br />

neve cadeva vorticando ma il cielo andava rischiarandosi: già<br />

appariva qualche stella e l’aria diventava più fredda. Il paese<br />

era ovattato dalla neve, immaginavo le stanze raccolte,<br />

i letti caldi e i bambini che dormivano. I fabbricati di pietra,<br />

le montagne attorno, il caldo di casa mia e l’immagine della<br />

gente che riposava tranquilla mi davano una sicurezza calma<br />

e grande che nessuna cosa avrebbe potuto darmi.<br />

Il mio amico m’aspettava a casa. Era alzato anche suo padre<br />

che doveva governare e mungere le vacche. Sul focolare ardevano<br />

di luce chiara dei pezzi di faggio. Scambiai qualche<br />

parola con il vecchio, poi andammo.<br />

Man mano che salivamo il monte la neve aumentava e come<br />

il cielo si schiariva e iniziava il giorno aumentava anche il freddo.<br />

Venne il sole e tutto era nuovo e puro e, come incominciò<br />

a scaldare, vedemmo gli scoiattoli attraversare di corsa<br />

la mulattiera, arrampicarsi lesti sugli alberi e fermarsi poi a<br />

guardarci con quegli occhietti allegri e stupiti. Non si sentiva<br />

alcun rumore: solo i nostri passi ed il frusciare della neve dai<br />

rami del bosco.<br />

A turno battemmo la pista e quando, dopo due ore di marcia,<br />

ci fermammo a riposare un po’, il mio amico disse: - Ce ne<br />

saranno di matti. Dico che per tutto l’Altipiano nessun cacciatore<br />

oggi si è mosso. E dove hai intenzione di portarmi? - A<br />

pernici bianche - dissi. - Oggi le troveremo.<br />

Ma le pernici bianche vivono sui duemila metri e oltre, poi<br />

sono abbastanza rare e con quella neve era difficile e faticoso<br />

il cacciarle. E, difatti, procedevamo lentamente e con fatica.<br />

Camminando pensavo a quanta neve avevo calpestato in<br />

vita mia e come in Russia l’avessi maledetta e promesso di<br />

evitarla il più possibile: come sarebbe stato più comodo se<br />

fossi restato a casa e, presi gli sci, avessi fatto un giretto per<br />

i prati. Sentivo, però, che i muscoli rispondevano allo sforzo,<br />

che i polmoni bevevano con piacere l’aria fredda e che tutto<br />

era bene e bello.<br />

Se avessi portato giù soltanto una pernice bianca o anche<br />

niente sarei stato contento, e questa era una buona maniera<br />

di vivere. Quando abbandonammo la mulattiera e ci addentrammo<br />

tra i mughi, incominciarono i guai. La neve sostenuta<br />

dai rami, al nostro passare ci cadeva addosso penetrandoci<br />

nel collo e nelle maniche e ogni tanto bisognava fermarsi<br />

a soffiar nelle canne del fucile per cacciarla fuori. A volte ci<br />

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Agosto 2009<br />

mancava il sostegno sotto i piedi e allora sprofondavamo o<br />

in un buco o in una trincea della vecchia guerra del’ 15. Il mio<br />

amico imprecava con calore e io ridevo dicendo: - E loro, i<br />

nostri vecchi, che hanno passato in questi buchi tre inverni?<br />

Figurati. Mal di pancia, pidocchi, partite a carte, grappa, vedette,<br />

dissenteria, curvè, pattuglie e tutto il resto. E, inoltre<br />

il paese incendiato, distrutto e saccheggiato dai tedeschi. -<br />

Già, ma chi ce lo fa fare? - Ti ricordi? Noi disprezziamo la vita<br />

comoda. - Che scemi!<br />

Sotto una roccia, dove la neve non era arrivata, ci sedemmo<br />

a mangiare e a fumare. Il sole bruciava e dolevano gli occhi a<br />

guardare quel biancore e il cielo, ora tutto limpido e nuovo.<br />

Girato il costone, vedemmo un filo di fumo salire dal tetto<br />

di una malga. Non poteva essere che lui, il vecchio Albino.<br />

Passammo a salutarlo. Come sempre ci accolse tranquillo e<br />

senza alcun stupore. - Andate a cercare la “bolpe”? - disse. -<br />

Ogni sera esce là dietro. E indicò con la mano.<br />

Da trent’anni, ormai, viveva solitario e il suo mestiere, giacchè<br />

ogni uomo deve averne uno, era quello di raccogliere<br />

per le montagne rottami ferrosi lasciati dalla vecchia guerra.<br />

Scendeva in paese ogni quindici giorni a fare la spesa e una<br />

sbornia più grande per poi ritirarsi in qualche malga e passare<br />

l’inverno come un tasso.<br />

Dopo averci detto della volpe non fece alcuna parola, solo ci<br />

salutò cordialmente quando lo lasciammo.<br />

In alto tirava vento. Saliva fischiando dai canaloni della Valsugana<br />

e perciò ci fermammo poco a guardare quel mondo.<br />

Passammo la pila di sassi del punto geodetico e dopo con<br />

metodo, perlustrammo gli avallamenti e le buche dove usano<br />

ripararsi le pernici bianche in queste giornate. Quattro ne<br />

scovammo e due riuscimmo ad abbatterle. Se, levate, non<br />

salivano contro il cielo, si faticava ad averle bene in mira per il<br />

loro mimetismo. Da lontano balzò via anche una lepre bianca<br />

e si poteva seguire la<br />

sua corsa per l’ombra<br />

che faceva sulla<br />

neve. Quando ci fermammo<br />

a mangiare<br />

era già passato il<br />

mezzogiorno. Non si<br />

udiva alcun rumore,<br />

nessun movimento<br />

di vita e anche noi<br />

PERNICE BIANCA<br />

parlavamo a voce<br />

bassa per non disturbare<br />

quella quiete. Pareva<br />

così che nell’aria di quella<br />

solitudine restasse ancora<br />

l’eco delle fucilate di<br />

prima e il frusciare delle<br />

ali delle pernici bianche<br />

morenti sulla neve. Dopo<br />

mangiato e dopo un sor-<br />

GALLO FORCELLO<br />

so di grappa levai dalla<br />

tasca della cacciatora le<br />

due pernici. Erano più candide di colombe tranne per l’iride<br />

dei riflessi rossi e per quelle piume folte e morbide che coprivano<br />

i tarsi sino alle unghie. Sarei curioso di sapere come se<br />

la passano nell’inverno - disse il mio amico.<br />

Alle due riprendemmo la discesa per il ritorno. La neve s’era<br />

ammollita e rendeva più faticoso il camminare. Passammo<br />

la malga del vecchio. Lo chiamammo fuori gridando: - Alla<br />

vostra salute, vecchio! Scaricammo in aria i fucili. La salve<br />

echeggiò per le montagne e il vecchio rise felice dal nostro<br />

gesto. - Arrivederci - disse - arrivederci in primavera, “putei”.<br />

Ci salutò con la mano ammiccando con gli occhietti vispi nel<br />

viso ispido e fanciullesco e ritornò dentro a iniziare il letargo.<br />

Cammin facendo dissi al mio compagno: - E se andassimo a<br />

galli? La caccia è aperta sino alla mezzanotte e si può sparare<br />

fin dopo il tramonto. è meglio che ne approfittiamo.<br />

Era pomeriggio inoltrato, le nostre ombre si allungavano<br />

sulla neve e il fucile, nell’ombra, pareva un cannone. Risalimmo<br />

faticosamente un sentiero che s’inerpicava per le rocce<br />

e abbassammo i cani del fucile: era facile scivolare e poteva<br />

diventar pericoloso.<br />

Sopra si stendeva un pianoro rotto ogni tanto da vallette e<br />

doline. Qua e là qualche larice contorto e stentato e ciuffi di<br />

mughi neri e intricati: il posto ideale per i galli che in questo<br />

periodo dell’anno si radunano in gruppo numerosi per passare<br />

l’inverno. Sono anche difficili da avvicinarsi, resi sospettosi<br />

e furbi dalle fucilate d’un intero autunno e duri a uccidere per<br />

le penne e le piume infoltite dal freddo.<br />

Cambiammo cartucce: un due nella prima e uno zero nella<br />

seconda canna. - Camminiamo distanziati - dissi - almeno un<br />

centinaio di metri.<br />

Andammo così, con il fucile spianato e i sensi tesi come un<br />

arco. La neve iniziava a formare la crosta e il fiato usciva<br />

bianco dalla bocca e dal naso, la barba e i baffi brinavano.<br />

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Senza che ce ne accorgessimo, il sole era sceso dietro il Verena.<br />

Restava forse ancora mezz’ora di luce ed eravamo<br />

lontani dal paese almeno due ore di marcia. Il rumore di uno<br />

stormo di cesene parve assordante, mi fece sussultare e alzai<br />

la testa.<br />

Su un sasso, vicino alla sorgente non ancora gelata, vidi un<br />

ermellino immobile. Era tutto bianco tranne nel ciuffetto<br />

nero sulla punta della coda. Non mi era ancora a tiro però, e,<br />

giacchè il mio compagno gli era più vicino, sbracciai in quella<br />

direzione per avvertirlo. Intento come era a guardare davanti<br />

a sé, il mio sbracciare non servì a niente. Allora mi avvicinai<br />

cauto verso la sorgente ma, dopo pochi passi, l’ermellino<br />

che mi osservava attentamente seguendo ogni mia mossa,<br />

si rizzò sul sasso, scattò e in due balzi sparì inghiottito dalla<br />

terra. Non c’era più niente da fare. Peccato! I miei ragazzi si<br />

sarebbero divertiti un mondo se avessi portato a casa quella<br />

bestiola.<br />

La Busa del Carbon s’apriva davanti a noi ampia e senza luce.<br />

Attorno giravano i gradoni di roccia come un anfiteatro e tra<br />

l’uno e l’altro gradino, sulle cenge, nereggiavano i mughi; nel<br />

centro, in basso, lo stagno gelato. Sentivo che i galli dovevano<br />

essere qui e così mi avvicinai cauto e pronto a sparare.<br />

Il mio compagno era nell’altro versante a duecento metri,<br />

pronto anche lui. Vibrai le labbra emettendo violentemente<br />

l’aria inspirata. Niente. Battei le mani come a teatro ma più<br />

lentamente. Nessun volo. Niente. Tutto restava in silenzio.<br />

Fu quando iniziai ad attraversare la buca per andare in linea<br />

retta dal mio compagno che sentii il cuore darmi un tonfo<br />

e sussultare. Partirono proprio dal centro, tra me e lui, ma<br />

a nessuno dei due erano a tiro. Uno dietro l’altro, veloci e<br />

simultanei, facevano fremere l’aria che li sosteneva. Con il<br />

collo proteso e lucido, la coda arcuata e nera e il sottocoda<br />

bianco infilarono veloci, ad ali ferme, la gola che sboccava<br />

nella valle. Scaricai il fucile nella loro direzione e così fece il<br />

mio compagno. Corsi in avanti; ne contai dodici. Dall’orlo vidi<br />

che passavano sicuri la valle, la risalirono per un po’, infine<br />

mi sparirono dalla vista dietro uno sperone di roccia. Il mio<br />

compagno mi raggiunse emozionato ed ansante. - Hai visto<br />

- disse - che roba! Dodici erano! - Amen - dissi - finita la caccia<br />

per quest’anno. Li rivedremo l’anno venturo. Alzai in aria il<br />

fucile esclamando: - Alla salute degli urogalli! E scaricai due<br />

colpi. - Alla salute dei forcelli! - gridò il compagno e scaricò<br />

due colpi.<br />

Allora - dissi - ricarichiamo. Attento!<br />

Eravamo sull’orlo delle rocce che precipitavano nella valle<br />

deserta dove era già scesa la sera. - Alla salute degli urogalli,<br />

dei forcelli, delle coturnici, delle pernici, dei francolini, dei caprioli<br />

e delle lepri.<br />

Tam! tam fece secco il mio fucile. Tam! tam! rispose quello<br />

del mio amico e l’eco ci riportò le fucilate e poi la valle rimbombò<br />

fino alle ultime vette dove sino alla primavera prossima<br />

nessun uomo sarebbe passato. Solo i selvatici restano.<br />

Finalmente in pace con la loro natura tra tormente e gelo.<br />

La sera ci colse di sorpresa seduti sotto un abete dove avevamo<br />

finito la borraccia della grappa. Lontano, giù in fondo, si<br />

vedeva il paese illuminato. Dalla linea delle luci indovinavo le<br />

strade e le contrade. Sopra le case si stendeva il fumo dei camini.<br />

I camini che fumano: case calde, latte fumante, patate<br />

e zuppa bollente, bambini assonnati. Finita la caccia.<br />

Dicembre 1963<br />

FOTO DI RENATO GRAssI<br />

BUON COMPLEANNO<br />

Soci A.C.B che nei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre<br />

2009 hanno compiuto o stanno per compiere gli anni:<br />

89 ANNI<br />

Fedon Luigi - Riserva di Domegge di Cadore<br />

84 ANNI<br />

Martuscelli Mario - Riserva di Trichiana<br />

Calamina Plinio - Riserva di Mel<br />

79 ANNI<br />

Cescato Mario - Riserva di Arsiè<br />

Guerriero Angelo - Riserva di Lamon<br />

Pinazza Eugenio - Riserva di Domegge di Cadore<br />

Zuccolotto Antonio - Riserva di Mel<br />

Dalla Corte Giamberto - Riserva di Sovramonte<br />

78 ANNI<br />

Briosi Saul - Riserva di Santa Giustina<br />

D’Alberto Luciano - Riserva di Seren del Grappa<br />

Schenal Guido - Riserva di Santa Giustina<br />

77 ANNI<br />

Codemo Nilo - Riserva di Alano di Piave<br />

Comiotto Guerrino - Riserva di Trichiana<br />

Beato Bruno - Riserva di Santa Giustina<br />

Trento Bortolo - Riserva di Sovramonte<br />

76 ANNI<br />

Forlin Filippo - Riserva di Lamon<br />

Dalla Rosa Luigi - Riserva di Santa Giustina<br />

Gaio Vittore - Riserva di Lamon<br />

Piazza Vittorio - Riserva di Puos D’alpago<br />

Masoch Gianfranco - Riserva di Belluno<br />

Conte Giuseppe R. - Riserva di Lamon<br />

Cadorin Giovanni - Riserva di S. Gregorio N. Alpi<br />

Mazzier Giacomo - Riserva di Alano di Piave<br />

75 ANNI<br />

Mainardi Angelo - Riserva di Lorenzago di Cadore<br />

Centeleghe Annibale - Riserva di S. Gregorio N. Alpi<br />

Zuglian Libero Fiore - Riserva di Cesiomaggiore<br />

74 ANNI<br />

Solagna Sereno - Riserva di Vas<br />

Rossi Martino - Riserva di S. Tomaso Agordino<br />

73 ANNI<br />

Zandegiacomo Mazzon Giuseppe - Riserva di Auronzo di Cadore<br />

Bellante Gino - Riserva di Gosaldo<br />

72 ANNI<br />

Facen Gildo - Riserva di Lamon<br />

Da Rold Igino - Riserva di Santa Giustina<br />

Brandalise Agostino - Riserva di Farra d’Alpago<br />

Brancher Ferruccio - Riserva di Trichiana<br />

Triches Sergio - Riserva di Limana<br />

Zanella Quinto - Riserva di Lozzo di Cadore<br />

Bortoluzzi Lorenzo - Riserva di Ponte nelle Alpi<br />

71 ANNI<br />

Buzzo Vincenzo - Riserva di Domegge di Cadore<br />

Fontanella Angelo - Riserva di Ponte nelle Alpi<br />

Cescato Mario - Riserva di Arsiè<br />

Tonin Valeriano - Riserva di Arsiè<br />

Da Pra Gilberto - Riserva di Lozzo di Cadore<br />

Cossalter Silvano - Riserva di Pedavena<br />

70 ANNI<br />

Melchiori Bruno - Riserva di Alano di Piave<br />

Mazzer Ettore - Riserva di Trichiana<br />

Moretta Mario - Riserva di Sovramonte<br />

Resenterra Ettore - Riserva di Lamon<br />

Da Deppo Gino - Riserva di Auronzo di Cadore<br />

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PAGINA


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PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

PICCOLA GUIDA PER<br />

CONOSCERE I CANI<br />

DA RECUPERO - I parte<br />

Come annunciato<br />

nell’ultimo numero<br />

l’Amico ed esperto<br />

cacciatore Claudio<br />

Betta inizierà,<br />

a puntate, a parlare<br />

in maniera dettagliata<br />

ed esaustiva del cane<br />

da traccia. vostri<br />

interventi, domande<br />

e suggerimenti<br />

saranno ben accetti.<br />

Buona lettura.<br />

LA REDAZIONE<br />

a cura di Claudio Betta<br />

LE ORIGINI<br />

Fin dagli albori della vita l’uomo dovette difendersi dall’assalto delle belve feroci<br />

ed altresì procurarsi il cibo abbattendo animali e pescando pesci. Era sicuramente<br />

più dotato fisicamente dell’odierno cacciatore, ma poteva avvalersi solo di rozze<br />

armi di pietra, prima dell’Età del Ferro. Probabilmente tendeva trappole ed altre<br />

insidie: rimane tuttavia il fatto che quei tempi furono sicuramente tremendi per la<br />

sua sopravvivenza. Gradatamente dovette sentire la necessità di qualcuno che lo<br />

aiutasse a difendersi dalle fiere, sia a cacciare i selvatici per il loro sostentamento.<br />

E scoprì il cane.<br />

Molto probabilmente l’amicizia ebbe inizio da un “mutuo soccorso” dal momento che<br />

l’uomo era armato e sicuramente più intelligente.<br />

Uccideva quindi più prede e quello che avanzava dai suoi banchetti diventava cibo per il<br />

cane. Questi cominciò a trovare la convenienza a frequentare gli stessi luoghi di caccia e<br />

vivere nelle vicinanze. Forse inconsciamente, inseguendo la selvaggina, il cane facilitò il<br />

compito dell’uomo il quale, constatata l’utilità di questo animale, cominciò ad incoraggiare<br />

i cani lasciando loro i resti del bottino.<br />

Così si formò l’associazione di lavoro proseguita<br />

poi con la caccia, la guardia e la<br />

difesa dell’uomo e dei suoi averi.<br />

L’uomo riuscì a colmare quel atavico<br />

bisogno di compagnia del cane, unico<br />

animale tra tutte le fiere a gradire la sua<br />

presenza.<br />

E nacque l’amicizia.<br />

Molti studiosi, da Aristotele, a Linneo,<br />

a Buffon, a Corneven, hanno cercato di<br />

classificare i cani su basi scientifiche, non<br />

sempre convergenti.<br />

Il nostro ENCI ha praticamente adottato<br />

la classificazione degli antichi romani,<br />

cioè basata sulle attitudini di ogni razza.<br />

I romani distinguevano i cani “venatici”<br />

(da caccia), “pastorales” (da pastore) e<br />

“villatici” (da guardia).<br />

I cani venatici erano poi suddivisi in altri<br />

gruppi e precisamente “sagaces”, “celeres”,<br />

“pugnaces”, cioè quelli che seguivano<br />

la selvaggina, quelli che la rincorrevano e quelli che l’attaccavano. Questo in linea<br />

di massima, perché naturalmente poi si dividono in molti altri e riguardano le varie razze.<br />

Il cacciatore deve sapere anzitutto di quale cane abbisogna, dal momento che un cane<br />

che vada bene per tutte le cacce non esiste.<br />

Il cacciatore di ungulati dovrà sempre avere a disposizione un cane da recupero (o da<br />

sangue): quindi bavarese per camosci e caprioli, annoveriano per il cervo e la grossa<br />

selvaggina.<br />

ORIGINI DEI CANI DA RECUPERO: Annoveriano e Bavarese<br />

Già le origini del cane in genere sono incerte: chi dice che discenda dal lupo e chi dallo<br />

sciacallo od ancora altre possibilità. Il segugio di Hannover (annoveriano) pare discenda<br />

dal segugio di S. Umberto il quale a sua volta discenderebbe dal limiere (cane usato, con-


dotto a guinzaglio, a segnalare la presenza del selvatico<br />

e poi riportato a casa per essere sostituito dal segugio,<br />

scovatore ed inseguitore del selvatico stesso).<br />

Susseguentemente essendo i limiere cane molto docile<br />

e non di carattere forte venne incrociato probabilmente<br />

con il molosso, e quindi si dette origine all’annoveriano.<br />

Questo cane però, molto forte e pesante, richiese soprattutto<br />

per la caccia in montagna un cane più agile e<br />

veloce. Incroci con cani più leggeri dettero origine poi<br />

al bavarese. Per rinforzarne il sangue non è escluso che<br />

il bavarese abbia avuto immissione di sangue del segugio<br />

austriaco nero-focato (Brandlbracke).<br />

Ma evidentemente, soprattutto le origini, si prestato<br />

a diverse interpretazioni e solo la nascita dell’annoveriano<br />

e quella successiva del bavarese si possono dare<br />

scontate ed evidenti.<br />

L’ADDEsTRAMENTO<br />

è impegnativo addestrare un cane da caccia perché, a<br />

parte l’insegnamento della pratica venatoria, esso abbisogna<br />

di un addestramento all’obbedienza (forse la<br />

dote più importante) ed alla coesistenza con l’uomo.<br />

Non si deve mai dare un ordine senza farlo eseguire;<br />

all’inizio mai insistere con lunghi periodi di addestramento,<br />

ma alternarli col gioco o con la passeggiata.<br />

Naturalmente l’addestramento sarà differenziato a<br />

seconda che il cane sia da ferma, da seguita, da sangue<br />

(recupero), anche se, ripeto, la base fondamentale<br />

sarà sempre l’obbedienza. Ma anche il cacciatore, prima<br />

di voler fare l’addestratore dovrà farsi un esame di<br />

coscienza: se non ha molta pazienza, equilibrio, ed un<br />

minimo di psicologia è meglio che lasci perdere ed acquisti<br />

un cane già addestrato. Psicologia perché?<br />

Se il cacciatore non riesce a capire se il proprio cucciolone<br />

è un timido o un testardo, o un permaloso, avrà<br />

perso prima di cominciare, perché ad ogni tipologia<br />

di cane deve essere applicato un particolare modo di<br />

comportamento da parte del padrone.<br />

Non parlo poi della pazienza o dell’equilibrio necessari,<br />

perché mi sembra che ognuno possa capire da solo<br />

l’importanza di queste doti. Necessaria poi la calma assoluta:<br />

guai farsi portare dal nervosismo o dalla rabbia.<br />

Il nostro cane fino a sei mesi è come un bambino e quindi<br />

portiamolo all’aria, nel bosco a fare passeggiate, ma<br />

non facciamolo lavorare molto.<br />

Pretendiamo l’obbedienza, lo stare al guinzaglio, il dietro<br />

e poi gradatamente il “platz” allo sparo.<br />

A tre mesi possiamo preparare una breve traccia dritta,<br />

di 50-60 metri con poco sangue di selvatico, solo per<br />

capire se nel nostro cucciolo c’è l’istinto. Lo lasciamo<br />

seguire il percorso senza incoraggiamento: se arriva<br />

alla fine facciamogli trovare una zampa, un po’ di pelle,<br />

e poi lo premiamo con carezze e qualche bocconcino.<br />

Più avanti, dopo i sei mesi, gradatamente iniziamo a<br />

predisporre qualche breve traccia, via via più lunga e<br />

difficile. Sempre con calma e premio finale.<br />

Sarà importante portarlo, prima legato e più tardi libero<br />

nel bosco o in montagna, e fargli vedere selvatici<br />

vivi ai quali deve prestare attenzione, ma non tentare<br />

di seguirli.<br />

Questa sarà la prova più difficile; bisognerà comunque<br />

insistere fino a quando il cane rispetterà i vivi.<br />

Quando avrà fatto bene tutto quanto descritto, allora,<br />

potremo portarlo a caccia ed avere un vero ausiliare<br />

corretto e capace.<br />

Ogni addestratore infine ha i suoi metodi: io ho cercato<br />

di spiegare solo le doti più importanti per ottenere un<br />

buon risultato dall’allievo, senza pretendere che i miei<br />

consigli siano dogma divino.<br />

L’esperienza poi fatta in proprio, con dei logici errori,<br />

sarà ancora la scuola migliore per tutti.<br />

FINE PRIMA PARTE<br />

Nel prossimo numero: Gli Standard<br />

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<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

Gli Auguri<br />

dell’Assessore<br />

In questo primo semestre di mandato, in qualità di Assessore provinciale alla <strong>Caccia</strong>,<br />

ho voluto toccare con mano le problematiche del mondo venatorio, addentrandomi<br />

in dinamiche e regolamenti di una realtà che - ammetto - conoscevo solo marginalmente.<br />

Ho così avuto modo di apprezzare i cacciatori ed il loro lavoro, la loro<br />

passione, scoprendo la ricchezza data dalla loro esperienza. Ho incontrato tutti i<br />

Presidenti delle Riserve e dei vari Distretti, per comprendere il più possibile le esigenze<br />

e, attraverso il dialogo ed il confronto, iniziare a lavorare per trovare le possibili<br />

soluzioni. Ho quindi aperto un canale che mi ha portato a contatto con le varie<br />

anime del mondo venatorio (e anche della pesca), autentici protagonisti del nostro<br />

territorio e della sua manutenzione e tutela: non è una novità, infatti, che il ruolo del<br />

cacciatore, soprattutto nella nostra Provincia, sia anche quello della salvaguardia<br />

dell’ambiente in cui si muove. Durante le numerose riunioni a cui ho partecipato<br />

sono stati sollevati diversi problemi che l’attuale Amministrazione provinciale ha<br />

già cominciato a prendere in esame per condurli ad una efficace quanto concreta<br />

soluzione. Attraverso una serie di riunioni zonali, abbiamo individuato quali potranno<br />

essere i piccoli e grandi interventi da avviare, seguendo un percorso condiviso in<br />

ogni settore.<br />

Per meglio comprendere ed affrontare i vari aspetti, abbiamo voluto coinvolgere<br />

autentici esperti nel settore della caccia e della pesca, rivolgendoci al prof. Ramanzin<br />

dell’Università di Padova ed al tecnico Maurizio Pegoraro del consorzio per le<br />

Politiche Faunistiche e Forestali. Il loro supporto può fornire contributi importanti<br />

sotto l’aspetto tecnico ma non solo, trovando e proponendo nuovi e migliorativi<br />

progetti per quanto concerne il mondo venatorio di cui sono ottimi conoscitori.<br />

Ho già dato disposizione affinché tutte le sedi operative di Riserve e Distretti abbiano<br />

a dotarsi di mezzi di comunicazione che possano garantire loro un costante aggiornamento<br />

su regolamenti, leggi e tutte le novità che possono riguardare le loro<br />

attività. Non solo: fornendo loro queste apparecchiature telematiche, la Provincia<br />

di Belluno ha garantito la condivisione della conoscenza e del reciproco scambio,<br />

affinché si possa giungere ad una fattiva collaborazione basata sul lavoro che tutti<br />

i protagonisti della scena sono in grado di apportare, a cominciare proprio dal mio<br />

Assessorato.<br />

A conclusione di questi primi sei mesi di impegno, che posso assicurare sarà costante<br />

fino al termine del mio mandato, non posso che porgere i miei più sentiti auguri<br />

a tutti gli appassionati di caccia e alle loro famiglie per un sereno Natale ed un 2010<br />

ricco di soddisfazioni.<br />

Cordiali saluti<br />

Silver De zolt<br />

Assessore <strong>Caccia</strong> e Pesca - Provincia di Belluno


Bailo S.p.A.<br />

38050 Pieve Tesino (TN)<br />

Tel. +39 0461 591111<br />

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PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

Foraggiamento<br />

UN’ATTIVITÀ FRA RAZIONALITÀ<br />

GESTIONALE ED EMOTIVITÀ ANIMALISTA<br />

L’inverno 2008-2009, eccezionale dal punto di vista<br />

delle precipitazioni nevose, ha evidenziato il problema<br />

dell’alimentazione artificiale degli animali selvatici.<br />

Il problema ha avuto una risonanza nazionale su tutti<br />

i maggiori quotidiani e sulle televisioni, con immagini<br />

suggestive che suscitavano un’emotività profonda nello<br />

spettatore. Qualche Provincia ha chiuso la caccia, qualcuna<br />

l’ha sospesa adducendo motivazioni soprattutto<br />

etiche per tale sospensione.<br />

Certo è che il dibattito nato è stato acceso: da una<br />

parte si sono schierati i naturalisti ed i gestori delle aree<br />

protette; dall’altra cacciatori ed animalisti, una volta tanto<br />

concordi. I primi sconsigliavano, se non vietavano, gli<br />

interventi di foraggiamento, ritenendoli una forzatura<br />

contraria alla selezione naturale; i secondi ritenevano<br />

l’intervento necessario sotto il profilo etico e volto alla<br />

salvaguardia delle popolazioni animali.<br />

Sicuramente il cittadino comune, al di là delle giustificazioni<br />

e delle ragioni ecologiche, di fronte ad un animale<br />

in difficoltà, sofferente o affamato che si avvicina, è<br />

portato a nutrirlo. Questa azione oltre che gratificante,<br />

riscuote un grande consenso sociale e come sempre avvicinare<br />

un animale selvatico dà grande emozione. Ciò<br />

non toglie che l’emotività e la razionalità non sempre<br />

collidono e che avvicinare gli animali selvatici non sempre<br />

ha effetti positivi per gli animali stessi.<br />

Di fronte a tale emergenza gli Enti cui compete la gestione<br />

della caccia si sono trovati spesso impreparati a<br />

dare risposte e a programmare azioni efficaci. Un esempio<br />

positivo è da citare, quello del Canton Grigioni, dove<br />

sul sito dell’Assessorato <strong>Caccia</strong> e Pesca è apparsa una<br />

efficace nota illustrativa correlata di immagini per fornire<br />

esaurienti informazioni e modi di comportamento per<br />

cacciatori, escursionisti e per tutta la popolazione.<br />

Nell’arco alpino, però, da sempre ponte tra la cultura<br />

mediterranea e la cultura nordica, così come nella gestione<br />

faunistica, si sono identificate soluzioni e strutture<br />

intermedie alle due visioni e matrici giuridiche del settore,<br />

anche fra questi due obbiettivi si può definire una<br />

terza via intermedia tra le due. Un obbiettivo che può<br />

essere definito con tre termini: gestione faunistico venatoria<br />

sociale. La fauna infatti, al di là del passaggio da res<br />

nullius a res comunitatis, ha assunto sempre più un significato<br />

ed un’importanza sociale con interesse e partecipazione<br />

fondamentale da parte di persone sempre più<br />

“affamate” di naturalità e di poter fruire, anche se non<br />

invasivamente, del bene fauna. Anche per i cervidi l’obbiettivo<br />

di una gestione faunistica deve essere quindi la<br />

di Umberto Zamboni<br />

massimizzazione della fruizione di tale risorsa, tenendo<br />

conto anche di queste persone. Tant’è che nella gestione<br />

della specie risultano imprescindibili anche gli aspetti,<br />

ad esempio, dell’avvistabilità delle zone di bramito, dei<br />

percorsi turistici dove possono essere avvistati con facilità<br />

gli animali. Dall’altra, però, non possiamo prescindere<br />

dai danni che tali specie possono provocare (soprattutto<br />

pensiamo ai cervi) nell’agricoltura, negli ambienti di foresta<br />

e con gli investimenti stradali con incidenti anche<br />

mortali. Non ultimo è poi la risorsa venatoria, non solo<br />

come attività ricreativa, ma anche economica come indotto<br />

e come risorsa alimentare pregiata. Nella gestione<br />

dei cervidi è evidente che proprio per la complessità della<br />

gestione e le conoscenze specifiche richieste dell’etologia<br />

e degli habitat ed il loro utilizzo nei vari momenti<br />

stagionali, il ruolo centrale non può che essere riservato<br />

alla componente venatoria. Che però non può essere più<br />

di matrice dilettantistica o esclusivamente volontaristica,<br />

ma deve dotarsi di strutture e personale altamente<br />

specialistico e professionale. Anche gli ambiti territoriali<br />

della gestione non possono delinearsi secondo logiche<br />

associazionistiche o territoriali di base politica-sociale,<br />

ma solo secondo habitat e territori faunistici, in particolar<br />

modo per i distretti del cervo dove habitat invernali<br />

ed estivi e zone di bramito possono essere anche migliaia<br />

di ettari. è altrettanto evidente che, proprio per questa<br />

pluralità e complessità degli interessi della gestione,<br />

un ruolo fondamentale spetta all’Ente pubblico nella<br />

pianificazione e nella gestione degli obbiettivi riferiti alla<br />

densità delle popolazioni selvatiche, ma il ruolo pubblico<br />

deve esaurirsi in questa funzione e tutt’al più in una<br />

funzione di controllo. Qualsiasi interferenza in campo<br />

Foto di: MOMA MARZIO


gestionale o di realizzazione della pianificazione, proprio<br />

per l’impossibilità dell’Ente pubblico di prescindere dalla<br />

burocrazia e dalla territorializzazione delle conoscenze<br />

e delle azioni, rischiano di invalidare gli obbiettivi della<br />

gestione.<br />

Ma ritornando al foraggiamento, è chiaro che la pianificazione<br />

di tale attività, le finalità della stessa e la sua realizzazione<br />

non è più uno degli obbiettivi finali, ma eventualmente<br />

uno strumento che spetta nella sua scelta di<br />

attuazione al titolare della gestione nell’ottica di raggiungere<br />

una distribuzione territoriale e una densità ottimale<br />

della popolazione. La logica, quindi, per un intervento<br />

di foraggiamento, che nessuno può negare sia artificiale,<br />

può essere legata a molti fattori. Partendo peraltro<br />

dal presupposto che l’ambiente cosiddetto naturale è<br />

tutto fuorché naturale, ma è il prodotto di azioni umane<br />

con infrastrutture che modificano in modo sostanziale<br />

l’etologia e gli spostamenti degli animali e gli stessi rapporti<br />

interspecifici delle popolazioni, favorendo densità<br />

eccessive della specie a danno di un’altra (pensiamo il<br />

cervo ed il capriolo) in questa logica anche il foraggiamento<br />

diventa una delle azioni umane che agiscono sulle<br />

popolazioni e interagiscono conseguentemente anche<br />

sull’ambiente. In questo senso, un miglioramento ambientale<br />

volto a favorire il pascolo invernale o il foraggiamento<br />

avranno le stesse conseguenze sulla popolazione<br />

e sull’aumento della densità delle stesse in determinati<br />

areali. Ecco perché il foraggiamento non può essere<br />

un’azione individuale o programmata dalla singola Riserva,<br />

ma deve rientrare in una pianificazione pluriennale e<br />

Gazzi<br />

di Gazzi Fabrizio<br />

Via Pedemontana, 20<br />

SORANZEN di Cesiomaggiore (BL)<br />

Tel. 0439 438161 - Cell. 328 9349009<br />

su ambito di areale della specie o di areale gestionale. In<br />

questo capitolo devono essere specificate le motivazioni<br />

per le quali viene previsto il foraggiamento (che possono<br />

essere molteplici: evitare attraversamenti stradali, danni<br />

forestali e agricoli, distribuzione della densità sul territorio,<br />

aree di tutela per disturbo antropico turistico, piste<br />

da sci, percorsi escursionistici, aree di avvistamento per<br />

scopi turistici, ecc.).<br />

Altro punto fondamentale sono le metodologie del<br />

foraggiamento a seconda della specie per la quale è previsto:<br />

il capriolo rispetto al cervo, strutture, localizzazioni,<br />

qualità e quantità del foraggio utilizzato assumono<br />

un’importanza fondamentale, così come un’importanza<br />

fondamentale è l’assoluta costanza e periodicità, oltre<br />

che una razionale dislocazione dei punti di foraggiamento.<br />

In quest’ottica non si può prescindere dai costi e<br />

dall’impegno richiesto per il foraggiamento.<br />

In conclusione, quindi, si ritorna al titolo iniziale dove<br />

il foraggiamento, supportato dall’emotività animalista<br />

dell’esclusivo salvataggio del singolo o di alcuni soggetti,<br />

non ha alcun valore per la gestione, ma ha comunque<br />

un evidente interesse sociale di cui la gestione non può<br />

che tenerne conto in una logica gestionale che mira peraltro<br />

a obbiettivi di gestione globale del territorio e delle<br />

specie faunistiche. Non ultimo e meno importante è lo<br />

scopo di coinvolgere e rendere partecipi i <strong>Caccia</strong>tori alla<br />

gestione e alla responsabilità diretta del mantenimento<br />

delle popolazioni selvatiche di un territorio.<br />

Dr. Umberto zamboni<br />

Direttore <strong>Associazione</strong> <strong>Caccia</strong>tori Trentini<br />

Centro Carni<br />

Foto di: MOMA MARZIO<br />

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22<br />

PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong><br />

Notizie<br />

dai Circoli<br />

DA TRICHIANA<br />

...a buon intenditor poche parole. Se a 2 mesi, quando sono<br />

state scattate queste foto, i 2 piccoli (1 maschietto ed una femminuccia)<br />

risultato di una cucciolata di 7 cuccioli fermano così<br />

le prospettive future non possono che essere molto entusiasmanti.<br />

Per gli appassionati la cucciolata è stata filiata dalla setter<br />

Ledy di proprietà di Perenzin Maurizio e dal maschio Rocky<br />

di proprietà di Tres Giuseppe. (P.M.)<br />

DA sANTA GIUsTINA<br />

I treni ….cacciano più dei <strong>Caccia</strong>tori??<br />

Negli ultimi mesi almeno cinque cervi sono stati causa di incidenti<br />

stradali di cui ben 2 ferroviari: in particolare lo scontro<br />

con i treni ha causato disagi e ritardi alla circolazione e notevoli<br />

danni alle motrici (i treni sono stati trainati in stazione da appositi<br />

locomotori).<br />

Fortunatamente, anche gli incidenti stradali, hanno provocato<br />

solo danni ai mezzi (una Signora è stata accompagnata al pronto<br />

soccorso e subito dimessa).<br />

Sulle strade comunali, a tutt’oggi, oltre ai cervi sono stati recuperati<br />

anche 12 caprioli e 15 lepri. (B.M.)<br />

GIORNATA ECOLOGICA A MEL<br />

Si è svolta, come consuetudine, organizzata dal circolo A.C.B<br />

di Mel in collaborazione con il Comune una giornata ecologica.<br />

Quest’anno l’area scelta per la pulizia è stata quella che costeggia<br />

il fiume Piave ed il torrente Terche. Buona è stata la partecipazione<br />

dei <strong>Caccia</strong>tori che a disposizione dei coordinatori si<br />

sono impegnati per tutta la mattinata alla ricerca del materiale<br />

abbandonato. La squadra “A” ha ispezionato la zona che dal<br />

bruciatore porta a Bardies arrivando fino alla sbarra che delimita<br />

la strada dell’ex-impianto per lo smaltimento dei rifiuti. La<br />

squadra “B” invece ha iniziato a valle del ponte sul torrente<br />

Terche per teminare ai confini della frazione Follo.<br />

Sono stati recuperati materiali di ogni genere: carcasse di autovetture,<br />

lamiere, bidoni, lattine e bottiglie, materiali plastici<br />

ed indumenti.<br />

Il nostro Circolo ringrazia sentitamente Il Comune di Mel<br />

per aver messo a disposizione automezzi e materiali e tutti i<br />

Dicembre 2009<br />

partecipanti in special modo coloro che hanno messo a disposizione<br />

la propria attrezzatura. Ringrazia sentitamente anche il<br />

Presidente dell’A.C.B. provinciale Sandro Pelli per averci onorato<br />

della Sua presenza. Alle tredici tutti si sono ritrovati al Ristorante<br />

“Cavallino Rosso” per il meritato pranzo.<br />

L’A.C.B. di Mel vuole sensibilizzare quei Cittadini, che pur disponendo<br />

a Mel di un ecocentro attrezzatissimo, continuano<br />

indisturbati ad abbandonare rifiuti di ogni tipo ed in ogni luogo<br />

affinché NON lo facciano più.<br />

Arrivederci al prossimo anno.<br />

Sbardella Enzo<br />

LA FAUNA DEL GRAPPA<br />

situazione della tipica fauna alpina sul massiccio del grappa<br />

Questo il tema di un incontro promosso dall’Istituto Professionale<br />

di Stato per l’Agricoltura A. Della Lucia di Feltre, d’intesa<br />

con il presidente della Riserva Alpina di <strong>Caccia</strong> di Seren del<br />

Grappa Galdino Marchesan, svoltosi al Centro Didattico Valpore<br />

di Seren del Grappa.<br />

La lezione, alla quale hanno partecipato una ventina di studenti,<br />

è stata affidata a Damiano Rech, profondo conoscitore del<br />

territorio in tutti i suoi aspetti fin dal 1946 ed ex Presidente della<br />

Riserva dal 1961 al 1989.<br />

Nella sua relazione Rech ha descritto innanzi tutto l’ambiente<br />

e le attività silvo-pastorali che hanno caratterizzato il comprensorio<br />

del Grappa fino ai primi anni sessanta.<br />

L’attività prevalente, subito dopo la fine della seconda guerra,<br />

era quella zootecnica, con l’alpeggio di migliaia di bovini da latte,<br />

in tutte le malghe e i casolari nel periodo estivo da giugno<br />

a settembre. La ripresa di questa tradizionale attività, compromessa<br />

durante il periodo bellico, contribuì a ristabilire e conservare<br />

le radure, i prati-pascoli circondati da fasce del bosco<br />

oculatamente utilizzate creando così un miglioramento ambientale<br />

ideale per la riproduzione di alcune specie, come la<br />

coturnice delle Alpi, numerosissima in tutta l’area, e della lepre<br />

comune. Nelle abetaie delle vallate a nord del Grappa, si era<br />

consolidata fra i tetraonidi la presenza del Gallo Cedrone e del<br />

Francolino di Monte, mentre era piuttosto scarsa la presenza<br />

del Gallo Forcello. Tra gli ungulati ancora rarissimo il capriolo e<br />

del tutto assente il Cervo.<br />

Con l’abbandono delle attività agricole ed in particolare della<br />

coltivazione dei prati e l’utilizzo dei pascoli in tutta l’area delle<br />

Prealpi, determinato dallo sviluppo industriale ed economico<br />

sociale, le condizioni ambientali subiscono un peggioramento<br />

con il quale coincide il degrado faunistico di alcune specie a<br />

vantaggio di altre.<br />

è in via d’estinzione la Coturnice e cala fortemente la presenza<br />

della lepre; si diffonde il Gallo Forcello in alcune aree del Massiccio,<br />

ma con una forte diminuzione alla fine degli anni ottanta.<br />

Aumenta notevolmente la presenza del capriolo che si consolida<br />

con l’introduzione della caccia di selezione e, dagli inizi del<br />

<strong>2000</strong>, fa capolino il Cervo in tutta l’area a nord del Grappa.<br />

Recentemente si rileva la diffusione del camoscio, specie che<br />

è stata introdotta dall’Amministrazione Provinciale di Belluno.<br />

Purtroppo, sia sul versante sud sia nord del Grappa, è presente<br />

da qualche anno il cinghiale, pare introdotto dalla stupidità<br />

d’alcuni cacciatori. La specie sta devastando le praterie e i pochi<br />

pascoli rimasti con gravi conseguenze sia sul piano agricolo<br />

sia faunistico.<br />

Alla relazione è seguita la proiezione di molte diapositive sulle<br />

specie di fauna stanziale presenti nell’area del Grappa e di alcune<br />

specie migratorie che hanno suscitato curiosità e grande interesse<br />

da parte degli Studenti.<br />

Marchesan Galdino


DA sEDICO<br />

Bel abbattimento<br />

di cervo maschio<br />

da parte del Socio<br />

Fant Gianpietro.<br />

Per gli appassionati<br />

di statistica<br />

l’animale ha avuto<br />

una valutazione<br />

di 6 anni ed è stato<br />

sparato con un drilling<br />

Sauer cal. 8x57 IS<br />

in località Seghe di<br />

Villa alle ore 6.55.<br />

Peso eviscerato<br />

Kg. 155.<br />

Nella foto:<br />

il cacciatore assieme<br />

all’accompagnatore<br />

Pol Sandro. (p.s.)<br />

DA LIMANA<br />

Cervo con arto deformato.<br />

Abbattimento “anomalo” a Limana dove la sorpresa non è stata tanto nell’animale, un cervo<br />

di 2 anni, quanto nel riscontrare un’evidente malformazione alla zampa posteriore dx. L’animale<br />

eviscerato pesava Kg. 74. L’abbattimento è della nostra Socia Marica Concas ed è stato<br />

fatto in località “Pisador” alle ore 18.40 con un basculante Merkel cal. 7 Remington magnum.<br />

Alla Signora Marica, nella foto assieme ad un altro nostro giovane Socio Paolo Vedana e Consorte<br />

del presidente della Riserva Segat Stefano, vanno anche i più sinceri complimenti dalla<br />

redazione di caccia <strong>2000</strong>.<br />

Polimelia: l’arto posteriore presenta 2 piedi, uno dei quali manifesta evidente Polidattilia:<br />

anomalia congenita sovranumeraria delle dita (4 dita) con annessa una piccola appendice rudimentale<br />

del quinto dito.<br />

Cause possibili: consanguineità, mutazione genetica spontanea dovuta a geni autosomici recessivi<br />

o ereditari, alterazioni ambientali.<br />

Il commento riportato, fatto dalla dottoressa Patrizia Bragagna, è formulato valutando le foto.<br />

Per dare evidenza certa al tipo di malformazione è necessaria almeno una radiografia.<br />

Inoltre, per valutare le cause, sarebbe stato utile un prelievo di sangue al fine di ricercare una<br />

eventuale mutazione genica.<br />

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PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

cinghiali<br />

in quota<br />

da Belluno<br />

di Tieri Filippin<br />

è un tiepido pomeriggio di fine novembre, salgo pigramente<br />

il versante est della mia montagna, la montagna che in molti<br />

anni di caccia ha saputo regalarmi, con molta fatica ed altrettanta<br />

pazienza, tante soddisfazioni venatorie, quasi insperate<br />

fino a pochi anni fa’. In questa zona del Bellunese, da sempre<br />

popolata da camosci e caprioli, ha fatto la sua comparsa<br />

da alcuni anni il cervo e la sua presenza è in costante aumento.<br />

Da un po’ di tempo cerco di avere la meglio su di un qualsiasi<br />

cervo che frequenta questa zona e, anche se gli stimoli<br />

stanno un po’ calando, le osservazioni sul terreno mi danno<br />

nuova carica per salire anche oggi ad una vecchia postazione<br />

che frequentava mio padre alle sue prime esperienze con<br />

la carabina. Non stò bene, ho le gambe un po’ legnose per le<br />

numerose uscite degli ultimi tempi, fatico a stare in piedi per<br />

via delle suole dei miei scarponi ormai fin troppo usurate ma,<br />

tra poco, sarò sul posto. Improvvisamente una lieve brezza<br />

mi porta alle narici un forte odore di selvatico e sono invaso<br />

da una strana agitazione, ho in mente solo i cervi.<br />

Mi arrampico ansimando sull’abete che funge da altana e comincio<br />

subito a passare in rassegna col binocolo tutta la zona.<br />

Sono appena le quattro del pomeriggio ma, non si sa mai<br />

che quello che cerco, possa mostrarsi in anticipo. L’area che<br />

sto osservando è uno sporco in buona pendenza con piccole<br />

radure, qualche nocciolo, abeti e molti ginepri a circa 1.200<br />

metri di quota. La scarsa visibilità, quindi, terrebbe in apprensione<br />

anche un esperto cacciatore.<br />

DA ALANO DI PIAvE DA QUERO<br />

Ad un tratto, nei pressi di una vecchia salina, qualcosa di scuro,<br />

d’indefinito si muove fra i cespugli; non riesco a capire cosa<br />

sia ed un incontrollato tremore alle mani mi mette in difficoltà.<br />

Prendo la carabina, meglio osservare direttamente attraverso<br />

l’ottica di che cervo si tratta perché può essere solamente<br />

il mio cervo. La distanza non è molta, intorno ai 100 metri,<br />

posso quindi valutare, con i dodici ingrandimenti del mio<br />

cannocchiale, che animale sia appena esce allo scoperto. Il<br />

reticolo copre quella che potrebbe essere la spalla, oppure<br />

la schiena...eccolo, si muove ... di colpo un grugnito...poi un<br />

altro e...vedo il dimenarsi di piccole code attorno all’ animale<br />

più grosso. Accidenti!! una scrofa con i piccoli! Rimango impietrito;<br />

incontrare dei cinghiali in questo posto proprio non<br />

me lo sarei mai aspettato, e pensare che a poche centinaia di<br />

metri più in alto ci sono i camosci. Lascio allontanare la famigliola<br />

verso valle ed attendo il tramonto con la speranza di<br />

sorprendere i cervi ma inutilmente. Rimango a pensare agli<br />

ultimi eventi con un peso allo stomaco; non ho titolo per fare<br />

un prelievo di cinghiale e, a questo punto, dovrò provvedere<br />

vista la possibilità di incontrare dei... cinghiali in quota.


Lo sapevate che...<br />

da National Geographic<br />

25<br />

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<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

Sentenza<br />

CHI AGISCE PER DIFENDERE I PROPRI BENI PUÒ VIOLARE<br />

ANCHE IL PERIODO DI CHIUSURA DELLA CACCIA<br />

Si può sempre uccidere la volpe per difendere il pollame<br />

Cassazione 25526/2009 - a cura di Roberto Codini<br />

Leggiamo<br />

e vi proponiamo<br />

una recente<br />

ed interessante<br />

sentenza emessa<br />

dalla corte suprema<br />

di cassazione.<br />

Non commette reato il proprietario di un<br />

pollaio che durante il periodo di chiusura della<br />

caccia abbatte con il fucile una volpe introdottasi<br />

nella sua proprietà per difendere gli<br />

animali ed i propri familiari da un grave pericolo<br />

alla loro incolumità. Lo ha stabilito la<br />

Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione<br />

annullando senza rinvio una sentenza del<br />

Tribunale di Pordenone che aveva condannato<br />

il proprietario di un pollaio che aveva sparato<br />

ad una volpe in periodo di chiusura della<br />

caccia.<br />

L’animale simbolo dell’astuzia si era infatti<br />

introdotto nella proprietà dell’imputato<br />

facendo razzia di polli ed addirittura aggredendo<br />

la moglie del proprietario. Per questo<br />

l’imputato aveva imbracciato il fucile e non<br />

aveva esitato ad abbattere l’animale. Il Tribunale<br />

di Pordenone non aveva avuto pietà:<br />

non si può invocare la legittima difesa in questo caso, aveva statuito, perché la regola<br />

non vale per la difesa di beni patrimoniali. Contro la sentenza l’imputato aveva proposto<br />

ricorso in Cassazione, sostenendo che era stato costretto al gesto omicida per<br />

tutelare i suoi polli ma anche per difendere i familiari dall’aggressione dell’animale. La<br />

Suprema Corte gli ha dato ragione. I giudici del Tribunale avrebbero infatti dovuto considerare<br />

che l’imputato era stato costretto ad abbattere l’animale per tutelare non solo<br />

i propri beni, ma anche per salvaguardare l’incolumità delle persone facenti parte<br />

del suo nucleo familiare.<br />

Da qui l’applicabilità al caso in questione della legittima difesa, prevista dall’art. 52<br />

del codice penale, e dello stato di necessità, previsto dall’art. 54. Infatti, è corretto invocare<br />

la legittima difesa quando si tratti di difendere non solo i beni di proprietà ma<br />

anche le persone care da un pericolo imminente (l’aggressione della volpe). Ed è oltremodo<br />

corretto invocare lo stato di necessità, in quanto, come più volte ribadito dalla<br />

giurisprudenza di legittimità, “nel concetto di “necessità”, escludente la configurabilità<br />

del reato, è compreso non solo lo stato di necessità, quale assunto dall’articolo<br />

54 del codice penale, ma anche ogni altra situazione che induca alla uccisione o al danneggiamento<br />

dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento<br />

di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai beni,<br />

quando tale danno l’agente ritenga altrimenti inevitabile”. Per questi motivi l’imputato<br />

deve essere assolto dall’accusa attribuitagli, perché “il fatto non costituisce reato”,<br />

essendo l’imputato stato costretto a sparare all’animale per difendere un proprio<br />

diritto patrimoniale nonché l’incolumità dei familiari con lui conviventi. La sentenza<br />

ha in buona sostanza esteso le cause di esclusione della responsabilità penale ai reati<br />

commessi nei confronti degli animali: così come è punibile penalmente chi uccide senza<br />

motivo un animale, non commette reato chi è costretto all’azione criminosa per tutelare<br />

interessi superiori, quali certamente devono considerarsi la difesa del proprio<br />

patrimonio e, ancor più, quella dei propri cari.


sUPREMA CORTE DI CAssAZIONE, sEZIONE TERZA<br />

PENALE, sENTENZA N. 25526/2009<br />

svolgimento del processo<br />

Il Tribunale di Pordenone, con sentenza del 21/5/08, ha dichiarato<br />

S. G. colpevole del reato di cui all’art. 30, lett. a),<br />

L. 157/92 [1], per avere esercitato la caccia alla volpe, abbattendone<br />

un esemplare, in periodo di divieto generale,<br />

intercorrente tra la data di chiusura e di apertura di cui<br />

all’art. 18 della medesima legge.<br />

Lo ha condannato alla pena di euro 620,00 di ammenda,<br />

pena integralmente condonata; ha ordinato la confisca<br />

dei bossoli in sequestro e la loro distruzione, nonché la restituzione<br />

del fucile all’imputato.<br />

Propone ricorso per cassazione la difesa del S., con i seguenti<br />

motivi:<br />

- il Tribunale ha errato nel ritenere la insussistenza della<br />

causa di giustificazione ex art. 54 o ex art. 52 c.p., che scriminasse<br />

il reato contestato e ciò in dipendenza di una non<br />

esatta valutazione delle emergenze istruttorie, che se correttamente<br />

lette, avrebbero permesso di ritenere che la<br />

condotta posta in essere dall’imputato fosse necessitata.<br />

Peraltro sussistono nella specie gli elementi per l’applicabilità<br />

della legittima difesa.<br />

Motivi della decisione<br />

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.<br />

Il Tribunale di Pordenone ha ritenuto che la condotta posta<br />

in essere dal prevenuto concretizzasse il reato di cui<br />

all’art. 30, lett. a), L. 157/92, escludendo che le risultanze<br />

probatorie potessero permettere al S. di vedersi riconosciuta<br />

la sussistenza della esimente ex art. 52 o 54 c.p..<br />

Il giudice del merito ha rilevato che il requisito dell’offesa<br />

ingiusta, nella ipotesi prevista dall’art. 52 c.p., in tema<br />

di difesa legittima, postula una azione umana responsabile<br />

e giammai un fatto irresponsabile quale è il danno arrecato<br />

dagli animali, introdottisi nel fondo altrui; quanto<br />

allo stato di necessità, ha evidenziato che il danno grave<br />

alla persona, richiesto dall’art. 54 c.p., non è solo quello<br />

alla vita, ma anche quello alla integrità fisica e quello minacciato<br />

a beni attinenti alla personalità, ma non può mai<br />

estendersi ad un evento temuto di natura patrimoniale,<br />

ovvero riguardante il mondo animale o vegetale, poiché<br />

solo il pericolo grave per la persona giustifica, secondo la<br />

scelta legislativa, in linea con quella costituzionale, l’illecito<br />

penale.<br />

Orbene si osserva che la argomentazione motivazionale,<br />

svolta dal decidente e posta a supporto della impugnata<br />

decisione, si rivela viziata, in quanto le emergenze processuali<br />

hanno permesso di rilevare che la volpe si era altre<br />

volte introdotta nel pollaio in proprietà al prevenuto, facendo<br />

razzia di polli e galline, nonché aggredendo la moglie<br />

dello stesso.<br />

Ciò avrebbe dovuto determinare il decidente nella convinzione<br />

che l’imputato era stato costretto ad abbattere<br />

l’animale per tutelare non solo i propri beni, ma anche<br />

per salvaguardare la incolumità delle persone facenti parte<br />

del suo nucleo familiare.<br />

Questa Corte ha avuto modo di affermare, in analoga fattispecie,<br />

che nel concetto di “necessità”, escludente la<br />

configurabilità del reato, è compreso non solo lo stato di<br />

necessità, quale assunto dall’art. 54 c.p., ma anche ogni<br />

altra situazione che induca alla uccisione o al danneggiamento<br />

dell’animale per evitare un pericolo imminente o<br />

per impedire l’aggravamento di un danno giuridicamente<br />

apprezzabile alla persona propria o altrui o ai beni, quando<br />

tale danno l’agente ritenga altrimenti inevitabile.<br />

In applicazione di tale principio il giudice di legittimità ha<br />

ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che<br />

aveva escluso la sussistenza di reato nella ipotesi di uccisione<br />

di un cane, pastore tedesco, che introdottosi in un<br />

pollaio, aveva mangiato gli animali ivi rinchiusi e quindi aggredito<br />

il loro proprietario, accorso per allontanarlo (Cass.<br />

18/2/98, n. 1963; Cass. 14/3/06, n. 8820).<br />

Questo Collegio ritiene che, nella specie, il S. andava assolto<br />

dalla imputazione ascrittagli, perché il fatto non costituisce<br />

reato, sussistendo la esimente di cui all’art. 52. co.<br />

1, c.p., essendo stato costretto a sparare sull’animale, per<br />

difendere un proprio diritto patrimoniale, nonché la incolumità<br />

delle persone con lui conviventi.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza<br />

impugnata perché il fatto non costituisce reato.<br />

DEPoSITATA IN CANCELLERIA IL 18 GIUGNo 2009<br />

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<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

TARATURA ARMI<br />

a Feltre<br />

Alle sette e mezza di Domenica 30 Agosto u.s. c’era già un consistente numero di Soci in attesa<br />

d’iscriversi per la taratura della propria arma a canna rigata. I tiri, come da programma, sono<br />

iniziati puntuali alle ore 8.30 sotto il controllo del Direttore del poligono Sig. Tisat Claudio e<br />

dei suoi Assistenti.<br />

La giornata, non afosa, ha impegnato intensamente i responsabili dell’organizzazione che, per<br />

poter soddisfare tutti i partecipanti, hanno dovuto ridurre i tempi di prova e velocizzare il cambio<br />

dei bersagli. Ad ogni cacciatore, alla fine della prova, è stato consegnato un attestato di partecipazione<br />

firmato dal direttore Tisat e dal nostro presidente Pelli.<br />

A LIMANA<br />

Il 12 e 13 Settembre si è svolta a Valmorel di Limana, in località Malga Van, la tradizionale prova<br />

di carabina per cacciatori. Forse dovuta all’imminente apertura della stagione venatoria, anche<br />

questa volta, c’è stata una cospicua partecipazione.<br />

Già da quattro anni viene organizzata questa manifestazione e lo scopo principale è proprio<br />

quello di coinvolgere il più possibile i cacciatori dando loro la possibilità di avere a disposizione<br />

un meraviglioso campo, 20 sono le linee di tiro, con varie distanze da 100-200 e 300 metri. Soluzione<br />

ottimale per potersi esercitare al maneggio della carabina ed al tiro di precisione, rispettando<br />

le essenziali norme di sicurezza ed avendo anche a disposizione del personale preparato<br />

e pronto a fornire eventuali consigli sulla taratura dell’arma. Tutto questo circondati da un<br />

bellissimo scenario di montagna, dove poter trascorrere alcune ore in compagnia ed assoluta<br />

tranquillità.<br />

Dopo anni di questa interessante esperienza i miei collaboratori ed il sottoscritto vogliamo fare<br />

una breve e modesta considerazione: abbiamo notato che i cacciatori che partecipano, dal primo<br />

anno ad oggi, hanno acquisito un comportamento conforme alle norme di sicurezza esposte<br />

sul campo; sono più disinvolti nell’impostazione al tiro e sono oramai consapevoli che colpire<br />

un bersaglio correttamente a 200 e 300 metri non è propriamente così facile.<br />

Cordiali saluti<br />

il Presidente della Riserva di Limana<br />

Segat Stefano


ULTIMISSIME<br />

La rabbia<br />

Ci risiamo, non serve arrabbiarsi ed imprecare, è da sempre<br />

così nel nostro amato Paese.<br />

Si chiudono le porte della stalla quando, oramai, tutti i<br />

buoi sono scappati.<br />

è riapparsa, purtroppo, dopo oltre 25 anni nella nostra Provincia<br />

la rabbia e la Regione Veneto, con ordinanza n. 251 del<br />

24 novembre 2009, obbliga i proprietari dei cani a sottoporli a<br />

vaccinazione pre-contagio. oltre ai cani, la vaccinazione è vivamente<br />

consigliata per gatti, furetti ed altri animali mammiferi<br />

da compagnia che vivono anche all’esterno della casa e, soprattutto,<br />

nelle zone limitrofe a boschi e campagne.<br />

Suddetta ordinanza specifica anche che i costi relativi alla vaccinazione<br />

(tariffe ancora da definirsi) saranno a carico dei proprietari<br />

e devono essere eseguite entro il 31 Gennaio 2010.<br />

Da più di un anno suddetta epidemia è riapparsa in Friuli Venezia<br />

Giulia con oltre 40 casi accertati.<br />

Perciò ci si domanda?<br />

La Regione Veneto NoN poteva anticipare tale ordinanza l’anno<br />

scorso, prima che la rabbia arrivasse anche nella nostra Provincia?<br />

Perché non l’ha fatto? Quest’anno avremmo potuto<br />

continuare la consueta attività venatoria fino alla chiusura della<br />

caccia con i nostri cani ed evitare le comprensibili rimostranze<br />

dei cacciatori che pagano tasse e sopratasse per poi trovarsi<br />

a cacciare senza cani, con la caccia in deroga un giorno autorizzata,<br />

un altro chiusa e così via.<br />

Comprendiamo e giustifichiamo, quindi, il rammarico, non solo<br />

dei nostri Associati ma di tutti i <strong>Caccia</strong>tori! Mantenere i propri<br />

cani per un anno e poi non poterli usare a causa di questo divieto<br />

dell’ultima ora crea indubbiamente…rabbia!<br />

Invitiamo comunque tutti al rispetto dell’Ordinanza: non usate<br />

i cani e provvedete alla vaccinazione, anche perché l’omessa<br />

osservanza della norma viene sanzionata con una multa<br />

salatissima, intorno ai tremila euro.<br />

Speriamo che, per il prossimo anno, l’epidemia venga debellata<br />

e si torni a cacciare come siamo abituati, con i nostri amati cani.<br />

Concludendo, vogliamo ricordare che quando la rabbia fu presente<br />

in Provincia (1984) il mondo venatorio fu coinvolto dagli<br />

Enti preposti e sollecitato ad abbattere più volpi possibili (c’era<br />

anche un premio di Lit. 50.000 per capo) ed era sceso in campo,<br />

con i propri Dirigenti, a difendere l’operato del Dott. Ettore<br />

Libanora, allora responsabile dell’Istituto zooprofilattico di<br />

Belluno, dagli attacchi verbali alquanto offensivi mossi alla sua<br />

persona dai Verdi e dalle organizzazioni protezionistiche.<br />

Ricordiamo, inoltre, che anche in quella occasione furono rese<br />

obbligatorie, ci sembra gratuitamente, le vaccinazioni, ma<br />

che si continuò a cacciare con i cani senza restrizioni.<br />

Sandro Pelli<br />

PRINCIPALI PRECAUZIONI DA PRENDERE<br />

Oltre a sottoporre a vaccinazione i propri animali<br />

domestici, consigliamo i <strong>Caccia</strong>tori, ma anche l’intera<br />

popolazione, ad osservare i seguenti accorgimenti:<br />

> evitare qualsiasi contatto con gli animali selvatici,<br />

in particolare con quelli che si mostrano socievoli,<br />

essendo questo un comportamento anomalo che<br />

deve far sospettare la presenza della malattia;<br />

> non maneggiare a mani nude (bensì proteggersi<br />

con guanti robusti ed impermeabili) le spoglie di<br />

animali rinvenuti morti o quelli abbattuti durante<br />

la caccia;<br />

> segnalare alle Autorità competenti (Servizi Veterinari,<br />

ASL, Ufficio <strong>Caccia</strong> della Provincia e Corpo Forestale<br />

dello Stato - CHIAMATE IL 118 CHE VI PASSERA’<br />

L’UFFICIO COMPETENTE DELLA ZONA) la presenza<br />

di cani randagi vaganti sul territorio, di animali selvatici<br />

con comportamenti anomali, specie in vicinanza<br />

di abitazioni, di carcasse di animali morti.<br />

Va segnalato al veterinario ogni comportamento<br />

inusuale dei propri animali domestici;<br />

> nella preparazione dei trofei è opportuno proteggersi<br />

le mani per non ferirsi e, prima di ogni altra<br />

operazione, sottoporre a bollitura la testa.<br />

In caso di morsicatura o di lambitura delle mucose<br />

(leccatura) da parte di un mammifero domestico<br />

o selvatico non bisogna farsi prendere dal panico,<br />

bensì:<br />

- lavare la ferita o l’area sottoposta a leccamento con<br />

abbondante acqua e sapone per almeno 15 minuti;<br />

- cercare di identificare il proprietario dell’animale<br />

domestico morsicatore o, se possibile, confinare in<br />

un luogo chiuso l’animale selvatico (per sottoporlo<br />

a sorveglianza o a indagini specifiche);<br />

- recarsi al pronto soccorso più vicino per la medicazione<br />

e riferire i dettagli della morsicatura utili per allertare<br />

il Servizio Veterinario.<br />

Va ricordato che una volta comparsi i sintomi, la<br />

prognosi di questa malattia, di origine virale, che<br />

colpisce il cervello è la MORTE nel 100% dei casi,<br />

perciò qualsiasi precauzione va scrupolosamente<br />

intrapresa.<br />

29<br />

PAGINA


30<br />

PAGINA<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> Dicembre 2009<br />

IL PREZZO DELLA<br />

BUONA FEDE<br />

Hanno collaborato<br />

a questo numero:<br />

Bastianon Barbara<br />

Bellus Luca<br />

Betta Claudio<br />

Bragagna Patrizia<br />

Bugana Maurizio<br />

Cadorin Giovanni<br />

Canal Adelino<br />

Codemo Doimo<br />

Dal Pan Elvio<br />

Dal Pan Vanni<br />

Filippin Tieri<br />

Grassi Renato<br />

Losso Christian<br />

Marchesan Galdino<br />

Pante Luciano<br />

Pasa Loris<br />

Pelli Sandro<br />

Perenzin Maurizio<br />

Pioggia Pasquale<br />

Pol Sandro<br />

Sbardella Enzo<br />

Segat Stefano<br />

Sparvoli Paolo<br />

Zamboni Umberto<br />

a cura di Adelino Canal - Riserva di Trichiana<br />

L’incertezza è un sentimento che mi ha accompagnato assiduamente in questi mesi, un’emozione<br />

particolarmente negativa e foriera di dubbi su un elemento che ha in piccola parte contraddistinto la<br />

mia vita da adulto.<br />

Quando a dicembre dello scorso anno mi autodenunciai per l’erroneo abbattimento di un esemplare<br />

di femmina “sottile” durante un “prelievo selettivo” ero ben lontano dal pensare che un gesto, che<br />

ritenevo e ritengo di correttezza e responsabilità, potesse in qualche modo mettere in discussione la<br />

possibilità di continuare a praticare l’attività venatoria, di poter godere di quella passione che fin da<br />

giovane ha condito e arricchito le mie giornate.<br />

Quel giorno, avvistata una femmina di cervo sola, l’avevo per lungo tempo seguita ed osservata con<br />

il cannocchiale. Il fatto che l’animale fosse isolato (i piccoli normalmente sono sempre nelle vicinanze<br />

della madre), unitamente alle caratteristiche fisiche dell’animale mi convinsero che si trattasse di una<br />

femmina “sottile” e mi decisi ad abbatterla.<br />

Solo dopo essermi avvicinato alla bestia ed averne analizzato la mandibola mi resi conto, con stupore<br />

e contrarietà, che si trattava di una piccola di 7 o 8 mesi e non di una “sottile”. Nonostante<br />

da anni fossi in possesso del patentino di accompagnatore esperto e che mai in passato fossi incorso<br />

in sbagli di tal natura, la dentatura dell’animale mi induceva a credere di essere caduto in fallo.<br />

Sapendo che nella riserva di Trichiana non vi erano più piccoli di cervo disponibili per l’abbattimento,<br />

non potei far altro che contattare il Presidente della riserva di Trichiana e autodenunciarmi per l’errore.<br />

Successivamente, nonostante l’errore sia universalmente riconosciuto come difficilmente eludibile,<br />

ebbi modo di scoprire, con sgomento, che la pena prevista era di carattere penale in quanto assimilata<br />

ad un atto di bracconaggio.<br />

Da allora è trascorso parecchio tempo, parte del quale speso nel determinato tentativo, peraltro riuscito,<br />

di dimostrare la mia totale buona fede e di regalarmi la possibilità di continuare a cacciare<br />

seppur ancora oggi faccia fatica a ritrovare la consueta serenità.<br />

Credo tutti voi comprendiate quanto mi valga questo risultato reso possibile solamente grazie all’aiuto<br />

delle persone che hanno creduto alla mia buona fede e mi hanno concretamente sostenuto non a<br />

parole ma con i fatti.<br />

A loro vanno quindi, oltre alla mia stima e riconoscenza, i più sentiti ringraziamenti, in particolare<br />

all’<strong>Associazione</strong> <strong>Caccia</strong>tori <strong>Bellunesi</strong> nella persona del Presidente sig. Sandro Pelli e Vice presidente<br />

sig. Maurizio Perenzin, al dott. Pioggia Pasquale ed alla Provincia di Belluno nella persona dell’Assessore<br />

alla caccia sig. Silver De Zolt, nonché al mio Legale.<br />

CONTRIBUTI PER RIPRIsTINO<br />

AMBIENTALE 2009<br />

Come più volte ricordato nelle precedenti edizioni di <strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong> sono stati inviati in questi giorni<br />

alle Riserve, che ne avevano fatto richiesta entro il 30 agosto u.s., i contributi per le operazioni di<br />

ripristino ambientale svolto nel proprio territorio rapportati al numero di Soci A.C.B. iscritti alla Riserva.<br />

Queste le 17 Riserve: Agordo, Alano di Piave, Arsiè, Auronzo di Cadore, Feltre, Gosaldo, La Valle Agordina,<br />

Lentiai, Lozzo di Cadore, Mel, Pedavena, Puos d’Alpago, Quero, San Gregorio nelle Alpi, San<br />

Tomaso Agordino, Santa Giustina, e Trichiana. L’importo complessivo erogato è stato di € 3.156,00.<br />

L’invito della nostra <strong>Associazione</strong> è che anche altre Riserve prendano esempio da queste e che il<br />

prossimo anno accedano a suddetti contributi.


Ricetta Il mercatino<br />

ANATRA SELVATICA delle Occasioni<br />

a cura di Vanni Dal Pan<br />

L’anatra selvatica,<br />

trinciata, non deve<br />

(come del resto tutta<br />

la selvaggina d’acqua)<br />

“maturare” ma deve<br />

essere appesa per il<br />

collo per una notte in<br />

un luogo fresco; verrà<br />

quindi spennata e<br />

asciugata e poi cucinata<br />

o congelata.<br />

L’anatra selvatica si<br />

taglia come un pollo<br />

arrosto: in quattro parti. Se viene farcita, il ripieno deve<br />

essere affettato o prelevato con il cucchiaio e distribuito<br />

esteticamente tra i pezzi di carne.<br />

Con la carcassa e i resti, cotti a fuoco lento, si ottengono<br />

ottimi brodi ristretti.<br />

Un’anatra giovane si distingue da una adulta per diversi<br />

fattori: la membrana delle zampe è più fragile, gli artigli<br />

sono ancora affilati e la trachea è più morbida e, inoltre,<br />

è più facile da spennare.<br />

ANATRA sELvATICA ALLE LENTICCHIE<br />

2 anatre selvatiche o 3/4 marzaiole, sale, 4 cipolle,<br />

1 mazzetto di maggiorana, burro, 300 gr di pancetta<br />

affumicata, grasso d’oca, 400 gr di lenticchie chiare,<br />

1,5 lt di brodo di pollo, 8 cucchiai d’aceto e 4 peperoncini<br />

Spennate l’anatra e asciugatela con un panno di cotone.<br />

Eliminate il codrione e la ghiandola adiposa. Salatela<br />

all’interno e inserite nel ventre una cipolla e la maggiorana.<br />

Bagnate l’anatra con il burro fuso, salatela e<br />

disponetela su un piatto che vada in forno, con il dorso<br />

rivolto verso l’alto. Rosolatela per circa 40 minuti e<br />

mettetela da parte.<br />

Nel frattempo tritate tre cipolle, tagliate la pancetta a<br />

lardelli e rosolatela in una padella con un po’ di grasso<br />

d’oca. Lavate le lenticchie, unitele al soffritto, mescolate<br />

ed innaffiate con il brodo e l’aceto. Salate leggermente<br />

e unite i peperoncini.<br />

Travasate le lenticchie in una grande terrina di terracotta<br />

e ponetevi sopra l’anatra con il dorso verso l’alto. Coprite<br />

e mettete in forno per circa un’ora.<br />

Togliete il coperchio e schiumate il grasso formatosi<br />

sulla superficie. Girate l’anatra ed infornate per altri 10<br />

minuti perché prenda colore. Tagliate in pezzi l’anatra<br />

e servitela con le lenticchie.<br />

Per eventuali vostre inserzioni scrivere al seguente indirizzo:<br />

Redazione “CACCIA <strong>2000</strong>” c/o Pelli sandro via Trevigiana,<br />

8 32035 Formegan di santa Giustina (Bl)<br />

oppure a mezzo Fax al n. 0437 - 88546 o per e-mail: cacciatori.acb@gmail.com<br />

Quanto pervenuto verrà inserito nel prossimo numero di<br />

<strong>Caccia</strong> <strong>2000</strong>.<br />

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i Delegati di zona, il<br />

calendario del 2010.<br />

Quest’anno la scelta<br />

fotografica è stata<br />

fatta, sui tetraonidi<br />

con un intruso… la<br />

coturnice che, come<br />

ben sapete, appartiene<br />

alla famiglia<br />

dei fasianidi.<br />

La maestosità del<br />

cedrone, la “danza<br />

d’amore” dei galli in 2010<br />

lotta per conquistarsi<br />

la femmina, i colori<br />

meravigliosi della coturnice che canta il sorgere del<br />

sole e del francolino nascosto fra le sterpaglie sapranno<br />

sicuramente creare in voi forti emozioni.<br />

31<br />

PAGINA


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