violenza è sintomo di una malattia: una delle due parti ... - Mezzocielo
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anno XX - n. 3 - luglio 2012 - € 5,00<br />
sped. in a.p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale <strong>di</strong> Palermo<br />
mezzocielo<br />
Fotografia <strong>di</strong> Shobha, Karnataka, 2012<br />
VIOLENZA È SINTOMO<br />
DI UNA MALATTIA: UNA<br />
DELLE DUE PARTI È IN<br />
UNA SITUAZIONE DI MAGGIOR<br />
POTERE RISPETTO ALL’ALTRA,<br />
ED ESERCITA VIOLENZA<br />
PER MANTENERLA COSÌ<br />
COM’È; CHI HA MINORE<br />
POTERE ESERCITA VIOLENZA<br />
PER ROVESCIARLA.<br />
LA NONVIOLENZA VORREBBE<br />
TENDERE A PARIFICARE<br />
QUESTE DUE SITUAZIONI.<br />
DA SATAYAGRAHA<br />
bimestrale <strong>di</strong> politica cultura e ambiente pensato e realizzato da donne
pag. 1 La città – Costantino Kavafis<br />
POLITICA<br />
pag. 2 Ritrovare l’unità <strong>delle</strong> donne e<br />
della sinistra per amore <strong>di</strong> Palermo<br />
– Daniela Dioguar<strong>di</strong><br />
pag. 4 Una sindaca per fare <strong>di</strong> Barcellona<br />
un città normale – (intervista<br />
<strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Furnari a Maria<br />
Teresa Collica)<br />
pag. 6 La sapienza femminile per superare<br />
l’emergenza – Stefania<br />
Savoia<br />
pag. 6 Flessibilità ed ironia in un mondo<br />
precario – Gisella Mo<strong>di</strong>ca<br />
SOCIETÀ<br />
pag. 8 La Tensione nelle carceri per<br />
l’applicazione del 41 bis – Rita<br />
Barbera<br />
pag. 10 Per la nostra contemporaneità:<br />
estetica ed etica insieme – Jolanda<br />
Lima<br />
pag. 11 Vita da strada – Br<strong>una</strong> Masi<br />
MONDO MIO<br />
pag. 12 Io parlo in nome dell’Islam: vivere<br />
l’emancipazione femminile<br />
senza rinunciare alla <strong>di</strong>mensione<br />
religiosa – Leila El Houssi<br />
DOSSIER<br />
Violenza (a cura <strong>di</strong> Monica Lanfranco)<br />
pag. 15 Non c’<strong>è</strong> mai <strong>una</strong> <strong>violenza</strong> giusta<br />
– Monica Lanfranco<br />
pag. 17 Quel che manca alla pre<strong>di</strong>cazione<br />
anti<strong>violenza</strong> – Luisa Muraro<br />
Sommario<br />
mezzocielo luglio 2012<br />
CULTURA<br />
pag. 19 Maxxiartiste – Letizia Battaglia<br />
pag. 20 Quante mani sopra <strong>di</strong> me –<br />
Paola Nepi<br />
pag. 21 La vita <strong>è</strong> come un fiume – Sabina<br />
pag. 22 Ok la carriera ma non rinunciare<br />
a se stesse – Angela Distefano<br />
pag. 23 La sven<strong>di</strong>ta del sapere stu<strong>di</strong>are<br />
solo per trovare lavoro? Francesca<br />
Sajeva<br />
pag. 24 Quel misogino <strong>di</strong> Euripide –<br />
Egle Palazzolo<br />
pag. 25 Marilyn Monroe mai veramente<br />
amata – Giusi Catalfamo<br />
pag. 26-27 La fotografa Shobha<br />
LIBRI<br />
pag. 28 Due focus sul bel libro <strong>di</strong> Evelina<br />
Santangelo – Rosanna Pirajno<br />
pag. 28 Collegamenti forse impropri –<br />
Simona Mafai<br />
pag. 29 La Sicilia oggi, ieri e l’altro ieri<br />
pag. 30 Ho fame <strong>di</strong> giustizia – Emi Monteneri<br />
pag. 31 Su e giù per gli scaffali – Loredana<br />
Mancino<br />
POCHERIGHE<br />
pag. 14-30-31 Cettina Musca, Dora Bottaro,<br />
Adriana Palmeri, Silvana Fernandez<br />
INTEMPERANZE<br />
pag. 33 Fatima era <strong>una</strong> <strong>di</strong> noi – Cettina<br />
Musca<br />
Pensierino per l’estate<br />
Non ci aspetta un’estate tranquilla; i prossimi mesi vedranno eventi che esigono la nostra<br />
attenzione ed anche qualche nostra risposta. Ciò vale per tutta l’Italia, dove si gioca <strong>una</strong><br />
<strong>parti</strong>ta drammatica per superare il debito pubblico, ed insieme salvaguardare il welfare e<br />
possibilmente ridurre lo “spread” (in questo caso la parola <strong>è</strong> esatta) tra red<strong>di</strong>ti da lavoro e<br />
ren<strong>di</strong>te finanziarie e parassitarie. Ma <strong>è</strong> complessa anche la sfida per la Sicilia, dove con l’auspicato<br />
(ma non ancora certo) rinnovo dell’Assemblea e del (o della) Presidente della Regione,<br />
si dovrebbe avviare in ottobre, dopo più <strong>di</strong> mezzo secolo, un percorso nuovo per la<br />
nostra terra, fuori dal clientelismo, dall’assistenzialismo, dai con<strong>di</strong>zionamenti mafiosi.<br />
Non sappiamo come tutto ciò andrà a finire. Ma sui prossimi eventi non potranno non<br />
influire i pensieri, le decisioni, e le conseguenti iniziative e azioni, <strong>di</strong> tutte/i noi. Quin<strong>di</strong><br />
sarà bene leggere, incontrarsi, <strong>di</strong>scutere, demistificare proposte demagogiche e inviti alla<br />
astensione. Tra i tanti motivi <strong>di</strong> preoccupazione, mi spaventa il neo-nazionalismo strisciante,<br />
che sta conquistando parte dell’opinione pubblica italiana: colpevole della crisi<br />
(e <strong>delle</strong> <strong>di</strong>fficoltà ad uscirne) sarebbe in ultima analisi la Germania, il cui cancelliere tra<br />
l’altro <strong>è</strong> <strong>una</strong> donna, con tutte le ironie e le offese del caso. Colpe e responsabilità ne ha<br />
certamente Angela Merkel. Ma gli altri paesi? Non voglio parlare (sarebbe troppo facile)<br />
<strong>di</strong> un ex-capo <strong>di</strong> Governo italiano, che mentre il debito pubblico cresceva, si <strong>di</strong>lettava nei<br />
burlesque ed affermava non esserci crisi dato che i ristoranti (evidentemente quelli che era<br />
solito frequentare) erano sempre pieni. Mi piacerebbe con<strong>di</strong>videre con voi (come spunto<br />
<strong>di</strong> riflessioni per l’estate) la seguente affermazione <strong>di</strong> un filosofo contemporaneo: “La tentazione<br />
dell’innocenza …<strong>è</strong> molto peggio <strong>di</strong> <strong>una</strong> tendenza generale (del resto inesistente) ad<br />
auto colpevolizzarsi. È peggio perché pone coloro che incorrono in essa nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
perenni minorenni, in <strong>una</strong> specie <strong>di</strong> stato verginale originario... Tali in<strong>di</strong>vidui si trovano<br />
sempre dalla parte <strong>di</strong> coloro che reclamano. Nonostante tutto si <strong>di</strong>rebbe che l’essere al riparo<br />
<strong>di</strong> ogni rimprovero … sia <strong>di</strong>ventata <strong>una</strong> <strong>delle</strong> fantasie dominanti della nostra società”. (Slavoj<br />
Zizek. Vivere alla fine dei tempi, Ponte alle Grazie ed. p. 71). Simona Mafai<br />
La città<br />
Costantino Kavafis<br />
Hai detto: “Per altre terre andrò per altro mare.<br />
Altra città più amabile <strong>di</strong> questa, dove<br />
ogni mio sforzo <strong>è</strong> votato al fallimento<br />
dove il mio cuore come un morto sta sepolto<br />
ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?<br />
Dei lunghi anni, se mi guardo intorno,<br />
della mia vita consumata qui, non vedo<br />
che nere macerie solitu<strong>di</strong>ne e rovina”<br />
Non troverai altro luogo non troverai altro mare.<br />
La città ti verrà <strong>di</strong>etro. Andrai vagando<br />
per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.<br />
Imbiancherai in queste stesse case. Sempre<br />
farai capo a questa città. Altrove, non sperare,<br />
non c’<strong>è</strong> nave non c’<strong>è</strong> strada per te.<br />
Perché sciupando la tua vita in questo angolo <strong>di</strong>screto<br />
Tu l’hai sciupata su tutta la terra.<br />
Un poeta greco perché la grecità ci ap<strong>parti</strong>ene. Perché Grecia e Italia<br />
hanno ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> comune civiltà. Perché la Grecia patisce <strong>una</strong> sofferenza<br />
che come la nostra chiede conto e ragioni che non trova. Perché Kavafis<br />
canta la città, la polis, che <strong>è</strong> il centro dell’intero mondo. E perché non dobbiamo<br />
mai sentirci vinti/e anche quando sembra che lo siamo e tutto intorno<br />
lo conferma. Il verso “non c’<strong>è</strong> nave non c’<strong>è</strong> strada per te” entrato<br />
nel parlare comune del popolo greco e oggi ripetuto per le strade come<br />
motto <strong>di</strong> incoraggiamento, incoraggi anche noi a non sciupare la nostra<br />
vita in questo angolo <strong>di</strong> mondo. Francesca Traina<br />
1 mezzocielo luglio 2012
politica<br />
Ritrovare Titolo l’unità tiolo <strong>delle</strong> titolo donne titolo<br />
e della sinistra<br />
per amore <strong>di</strong> Palermo<br />
Alla Dopo fine anni del <strong>di</strong> ’91 torpore – la e prima inerzia, guerra la vittoria in Iraq <strong>di</strong><br />
sullo Orlando scenario e la nomina internazionale; <strong>di</strong> assessori/e in Italia compe- lo<br />
squasso tenti hanno dei riacceso <strong>parti</strong>ti, e speranze il PCI che e messo cambia in<br />
volto, moto energie e nome; e aspettative. al comune Palermo <strong>di</strong> Palermo può <strong>una</strong> tor-<br />
giunta nare ad democristsullo essere <strong>una</strong> città stile vivibile “altalenante” e vivace,<br />
ricca d’iniziative e <strong>di</strong> progetti, <strong>una</strong> città che<br />
non vive nostalgicamente del suo passato ma<br />
si proietta nel futuro. Questo comporta <strong>una</strong><br />
grande responsabilità <strong>di</strong> cui il sindaco e la<br />
giunta devono essere consapevoli. Troppe<br />
volte <strong>è</strong> stata tra<strong>di</strong>ta la fiducia dei/lle citta<strong>di</strong>ni/e.<br />
In un momento così <strong>di</strong>fficile della<br />
vita del paese, in cui <strong>è</strong> grande il malcontento<br />
nei confronti dei <strong>parti</strong>ti e della politica istituzionale,<br />
un’ulteriore delusione comporterebbe<br />
conseguenze negative per la tenuta<br />
della democrazia.<br />
Anche in Sicilia, non <strong>di</strong>mentichiamolo, si <strong>è</strong><br />
registrato un preoccupante aumento dell’astensione.<br />
Dopo anni <strong>di</strong> cattiva amministrazione la<br />
nuova giunta trova <strong>una</strong> situazione <strong>di</strong>sastrata,<br />
soprattutto dal punto <strong>di</strong> vista economico-finanziario,<br />
con problemi gravi e urgenti. Non<br />
preten<strong>di</strong>amo quin<strong>di</strong> miracoli ma buone pratiche<br />
<strong>di</strong> governo che testimonino, al <strong>di</strong> là<br />
<strong>delle</strong> affermazioni <strong>di</strong> principio, l’amore <strong>di</strong>sinteressato<br />
per il bene pubblico e <strong>di</strong>ano il<br />
segnale <strong>di</strong> un profondo rinnovamento, <strong>di</strong><br />
<strong>una</strong> svolta moralizzatrice.<br />
Questo <strong>è</strong> possibile anche in mancanza <strong>di</strong> risorse<br />
finanziarie. Le prime scelte compiute,<br />
pulire, sistemare Palazzo <strong>delle</strong> Aquile, dopo<br />
anni <strong>di</strong> abbandono, mostrano amore e attenzione<br />
per il luogo simbolo della comunità<br />
citta<strong>di</strong>na. Prendersi cura <strong>di</strong> ciò che ci circonda,<br />
come sanno bene le donne, sono<br />
qualità necessarie per preservare la vita e la<br />
bellezza, oggi messe seriamente in pericolo<br />
da logiche speculative e <strong>di</strong> mercato.<br />
Spalancare il portone <strong>di</strong> Palazzo <strong>delle</strong><br />
Aquile ci <strong>di</strong>ce che si vuol favorire la partecipazione<br />
e affermare <strong>una</strong> continuità tra la<br />
sede del governo e la città, fatta <strong>di</strong> comunicazione,<br />
anche conflittuale, senza che tuttavia<br />
venga mai meno la volontà e la capacità<br />
<strong>di</strong> ascolto e <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione.<br />
Abbiamo letto sui giornali <strong>di</strong> riunioni consiliari<br />
convocate in modo da fare raddoppiare<br />
l’indennità, <strong>di</strong> commissioni <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>ose ma<br />
assolutamente improduttive, <strong>di</strong> consigliere/i<br />
che non si mettono in aspettativa, pur non<br />
andando quasi mai al lavoro, per continuare<br />
a percepire lo stipen<strong>di</strong>o, oltre la lauta indennità,<br />
<strong>di</strong> consulenti pagati più o meno profu-<br />
2 mezzocielovent’anni2011 2<br />
politica<br />
matamente per non fare nulla… Sono solo<br />
alcuni esempi <strong>di</strong> malcostume e <strong>di</strong> sprechi<br />
scandalosi non più sopportabili che il sindaco<br />
e la nuova giunta devono eliminare.<br />
Ne acquisteranno in cre<strong>di</strong>bilità e autorevolezza.<br />
È così che si sconfigge l’antipolitica,<br />
non con inutili, anzi dannosi anatemi e controproducenti<br />
sottovalutazioni. Avremmo<br />
preferito, com’era stato promesso da Orlando,<br />
<strong>una</strong> giunta con il 50% <strong>di</strong> donne, e sicuramente<br />
a Palermo ci sono donne<br />
competenti, non omologate ai modelli maschili,<br />
capaci <strong>di</strong> <strong>di</strong>re no quando <strong>è</strong> necessario<br />
e <strong>di</strong> contribuire all’amministrazione della<br />
città con sguardo <strong>di</strong>vergente e propositivo.<br />
Adesso ci aspettiamo che alle più alte cariche<br />
del consiglio siano nominate le consigliere<br />
elette nelle liste che hanno appoggiato<br />
il sindaco. Sarebbe <strong>una</strong> scelta coerente in <strong>di</strong>rezione<br />
del rinnovamento della politica.<br />
Alle consigliere e alle assessore facciamo innanzitutto<br />
<strong>una</strong> richiesta semplice che non richiede<br />
alcuno sforzo: farsi nominare al<br />
femminile.<br />
È, infatti, motivo <strong>di</strong> tristezza che donne, arrivate<br />
nelle istituzioni, grazie anche alle battaglie<br />
del femminismo, si affrettino a<br />
correggere se qualcuno/a le chiama al femminile,<br />
quasi fosse qualcosa <strong>di</strong> cui vergognarsi.<br />
Il nostro desiderio <strong>è</strong> che si possa costruire<br />
con loro un’utile relazione e che Palermo <strong>di</strong>venti<br />
<strong>una</strong> città accogliente e armoniosa in cui<br />
anche il rapporto tra i sessi sia improntato a<br />
rispetto e civile convivenza.<br />
A loro, che conoscono la grandezza “dell’opera<br />
<strong>di</strong> civiltà” compiuta dalle donne,<br />
quello straor<strong>di</strong>nario lavoro <strong>di</strong> cura, non riconosciuto<br />
e gratuito, con cui si supplisce<br />
alle mancanze dello Stato e <strong>delle</strong> Istituzioni<br />
locali, spetta il compito <strong>di</strong> fare capire che le<br />
politiche sociali sono un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> civiltà e<br />
un volano <strong>di</strong> sviluppo e non il <strong>di</strong> più da cui<br />
la politica maschile inizia a tagliare.<br />
Tutte insieme si adoperino perché la società<br />
registri nella sua organizzazione i cambiamenti<br />
prodotti dalle donne e queste possano<br />
agire la libertà a <strong>parti</strong>re dalla scelta<br />
mezzocielo luglio 2012<br />
Daniela Dioguar<strong>di</strong><br />
fondamentale <strong>di</strong> essere o non essere madre.<br />
Dovrebbe essere scontato, ma purtroppo<br />
non <strong>è</strong> così. È evidente che portare Palermo<br />
fuori dal degrado in cui <strong>è</strong> stata ridotta,<br />
esige <strong>una</strong> responsabilità collettiva, non<br />
foss’altro che per la necessaria attività <strong>di</strong><br />
3 mezzocielovent’anni2011 3 mezzocielo luglio 2012<br />
politica<br />
Fotografia <strong>di</strong> Martina Viganò, “Dimmi, dov <strong>è</strong> la l<strong>una</strong>?”<br />
stimolo e <strong>di</strong> controllo sull’operato dell’amministrazione.<br />
Dobbiamo quin<strong>di</strong> sentirci<br />
tutti/e impegnati/e, superando le profonde<br />
<strong>di</strong>visioni che hanno lacerato la sinistra e<br />
purtroppo anche il mondo <strong>delle</strong> donne durante<br />
la campagna elettorale.
politica<br />
Una sindaca Titolo tiolo per fare titolo <strong>di</strong> titolo Barcellona<br />
<strong>una</strong> città normale<br />
Alla fine del ’91 – la prima guerra in Iraq<br />
sullo scenario internazionale; in Italia lo<br />
squasso dei <strong>parti</strong>ti, e il PCI che cambia<br />
volto, e nome; al comune <strong>di</strong> Palermo <strong>una</strong><br />
giunta democristsullo stile “altalenante”<br />
Sembra un giorno d’inizio estate al comune<br />
<strong>di</strong> Barcellona, gli impiegati sono andati via<br />
da qualche ora e le uniche presenze al pian<br />
terreno sono un vigile urbano e alcune signore<br />
<strong>delle</strong> pulizie.<br />
Al primo piano sembra ripetersi lo scenario.<br />
In<strong>di</strong>viduo la stanza del sindaco. Una targa<br />
blu con scritto “Sindaco Maria Teresa Collica”,<br />
<strong>è</strong> bello vedere un nome <strong>di</strong> donna su<br />
quella targa che per sessanta anni ha portato<br />
il nome <strong>di</strong> uomo rappresentando il potere.<br />
Incontriamo l’assessore alla cultura Raffaella<br />
Campo anche lei espressione della società civile.<br />
Anche lei entusiasta. Una giovane<br />
donna positiva.<br />
Il sindaco ci riceve dopo qualche minuto, il<br />
suo viso non <strong>è</strong> quello ra<strong>di</strong>oso <strong>delle</strong> foto ma<br />
<strong>è</strong> segnato dalla stanchezza, “troppe urgenze<br />
da gestire”, tanta voglia <strong>di</strong> trasformare Barcellona<br />
Pozzo <strong>di</strong> Gotto in <strong>una</strong> città normale.<br />
Un sindaco che lavora per la propria città<br />
non <strong>è</strong> un fatto straor<strong>di</strong>nario ed <strong>è</strong> questo che<br />
Maria Teresa vuole sottolineare più <strong>di</strong> tutto,<br />
ma in quella citta<strong>di</strong>na un susseguirsi <strong>di</strong> vicende<br />
aveva convinto la maggior parte della<br />
citta<strong>di</strong>nanza del contrario.<br />
La stanza del Sindaco <strong>è</strong> ancora impersonale<br />
e austera, Maria Teresa non ha ancora avuto<br />
il tempo <strong>di</strong> personalizzarla.<br />
Maria Teresa come mai sei stata appoggiata<br />
da <strong>due</strong> liste civiche e non dai <strong>parti</strong>ti?<br />
In realtà la lista civica Voltiamo Pagina era<br />
parte <strong>di</strong> un progetto più ampio che assorbiva<br />
i <strong>parti</strong>ti; nel simbolo della lista non<br />
c’erano i simboli dei <strong>parti</strong>ti della coalizione<br />
perché graficamente non ci entravano. Anzi,<br />
durante la campagna elettorale io passavo<br />
proprio come la can<strong>di</strong>data <strong>di</strong> SEL, IDV, Rifondazione<br />
e Partito Socialista (al primo<br />
turno PD correva da solo, ha appoggiato la<br />
Collica al ballottaggio).<br />
Barcellona da parecchi anni <strong>è</strong> stata vista<br />
come un feudo, prima <strong>di</strong> Santalco (DC) e<br />
poi come il feudo del Senatore Nania. Cosa<br />
<strong>è</strong> successo?<br />
Intanto Barcellona vive un periodo <strong>di</strong> crisi<br />
4 mezzocielovent’anni2011 4<br />
politica<br />
totale sotto il punto <strong>di</strong> vista economico, poi<br />
c’<strong>è</strong> stata l’alluvione che ha messo in ginocchio<br />
ulteriormente la città… e penso che<br />
dopo anni e anni <strong>di</strong> promesse i barcellonesi<br />
si siano resi conto che le ulteriori promesse<br />
fatte all’ultimo momento lasciavano un po’<br />
il tempo che trovavano. Hanno creduto in<br />
chi <strong>di</strong>ceva espressamente che non avrebbe<br />
fatto facili promesse. Non hanno creduto<br />
nella gestione clientelare della politica che<br />
ancora <strong>una</strong> volta prometteva posti <strong>di</strong> lavoro,<br />
favori vari all’ultimo momento. Gli amministratori<br />
precedenti e il loro can<strong>di</strong>dato hanno<br />
pagato il fatto <strong>di</strong> non essere stati presenti fisicamente.<br />
Secondo me erano convinti <strong>di</strong><br />
poter gestire la vita politica come hanno<br />
sempre fatto, chiunque fosse stato il can<strong>di</strong>dato<br />
loro avrebbero dovuto godere automaticamente<br />
del consenso.<br />
Tu sei impegnata nel sociale ma non eri famosissima<br />
in città. Come mai hanno votato<br />
<strong>una</strong> quasi sconosciuta e per giunta donna?<br />
Nei primi incontri <strong>di</strong>cevo proprio che<br />
c’erano tutti i pregiu<strong>di</strong>zi possibili per appoggiare<br />
<strong>una</strong> can<strong>di</strong>datura come la mia perché<br />
donna, perché etichettata <strong>di</strong> sinistra nonostante<br />
non abbia <strong>una</strong> tessera <strong>di</strong> <strong>parti</strong>to; poi<br />
ero etichettata come donna <strong>di</strong> estrema sinistra<br />
perché non ci appoggiava il PD. Moltissimi<br />
incominciano a conoscermi nei passaggi<br />
televisivi nelle TV locali. Il fatto <strong>di</strong> essere<br />
donna forse li ha rassicurati perché noi<br />
donne per emergere dobbiamo essere almeno<br />
<strong>di</strong>eci volte più brave degli uomini.<br />
Quanto c’<strong>è</strong> del tuo essere donna nelle tue<br />
scelte politiche?<br />
Le idee per me sono asessuate e preferisco<br />
essere valutata per le mie capacità. Certamente<br />
c’<strong>è</strong> la mia sensibilità <strong>di</strong> donna e <strong>di</strong><br />
madre.<br />
Quanti assessori donne ci sono nella tua<br />
giunta?<br />
Nella giunta ci sono <strong>due</strong> donne. Sono quelle<br />
espresse dalla componente civica <strong>delle</strong> liste<br />
che mi hanno appoggiato. I Partiti hanno in<strong>di</strong>cato<br />
solo assessori uomini. Quin<strong>di</strong> le uni-<br />
mezzocielo luglio 2012<br />
intervista <strong>di</strong><br />
Na<strong>di</strong>a Furnari<br />
a Maria Teresa Collica<br />
che donne sono volute espressamente da<br />
me.<br />
Quante donne in consiglio com<strong>una</strong>le?<br />
Solo <strong>una</strong> del PDL. Anche qui erano can<strong>di</strong>date<br />
ma non sono state votate. Per il consiglio<br />
vale ancora il vecchio criterio del voto<br />
all’amico.<br />
Cre<strong>di</strong> che le donne possano dare un contributo<br />
specifico al cambiamento del nostro<br />
paese?<br />
Credo che le donne possano dare un contributo<br />
importante perché per occupare posti<br />
<strong>di</strong> rilievo, devono esprimere capacità mag-<br />
5 mezzocielovent’anni2011 5 mezzocielo luglio 2012<br />
politica<br />
Fotografia <strong>di</strong> Shobha, In<strong>di</strong>a, 2012<br />
giori, cio<strong>è</strong> devono, essere molto più brave rispetto<br />
agli uomini<br />
E tuo marito cosa ne pensa?<br />
Mio marito nonostante lavori a Roma ha deciso<br />
<strong>di</strong> rispettare le mie scelte. Io non mi sono<br />
trasferita a Roma perché ho preferito rimanere<br />
a Barcellona per dare un contributo <strong>di</strong><br />
crescita alla mia città. Lui fa il pendolare ed <strong>è</strong><br />
la persona che mi consiglia e mi appoggia.<br />
Tuo figlio?<br />
Mio figlio ha cinque anni e suggeriva <strong>di</strong> votare<br />
per l’altro can<strong>di</strong>dato perché temeva la<br />
mia assenza. In famiglia.
politica<br />
La sapienza Titolo tiolo femminile titolo titolo<br />
per superare<br />
l’emergenza<br />
Alla È <strong>una</strong> fine lampa<strong>di</strong>na, del ’91 – <strong>è</strong> la un prima suono guerra che fa in impaz- Iraq<br />
sullo zire. È scenario il pericolo internazionale; che tutto finisca, in Italia <strong>è</strong> la leva lo<br />
squasso sulla quale dei si <strong>parti</strong>ti, innesta il e caos il PCI e la che muta cambia obbe-<br />
volto, <strong>di</strong>enza. e nome; al comune <strong>di</strong> Palermo <strong>una</strong><br />
giunta Emergenza: democristsullo ed <strong>è</strong> subito stile paura “altalenante” e riconoscenza<br />
per chi il problema lo risolve per noi,<br />
per chi come un padre compassionevole, ci<br />
spiega cosa fare e per rimettere tutto al suo<br />
posto. Un padre duro ma compassionevole,<br />
sí, <strong>è</strong> questo che spesso si cerca. Il deus exmachina<br />
che ci proponga un baratto tra la<br />
vita e la morte ma che, alla fine, ricomponga<br />
la trama e ci illuda <strong>di</strong> poter giungere a un bel<br />
finale, della serie “tutti vissero felici e contenti”.<br />
E se non fosse un padre quello <strong>di</strong> cui abbiamo<br />
bisogno? se fosse <strong>una</strong> madre, se fosse<br />
la via femminile quella giusta per riuscire a<br />
superare le innumerevoli crisi che ci vedono<br />
coinvolti?<br />
Me lo domando in questi tempi <strong>di</strong> profonda<br />
crisi mon<strong>di</strong>ale, in cui le uniche esperienze<br />
che sembrano sopravvivere, o meglio vivere,<br />
sono quelle nate a <strong>parti</strong>re dall’idea della con<strong>di</strong>visione<br />
dell’esperienza, della concretezza<br />
Gisella Mo<strong>di</strong>ca<br />
“E se non fosse un padre quello <strong>di</strong> cui abbiamo<br />
bisogno? Se fosse <strong>una</strong> madre la via<br />
femminile giusta per riuscire a superare le innumerevoli<br />
crisi che ci vedono coinvolti?”<br />
La domanda <strong>di</strong> Stefania Savoia lascia intendere<br />
che la via giusta, sì, <strong>è</strong> femminile. Soprattutto<br />
quella intrapresa dalle giovani donne,<br />
sue coetanee. Una conferma la troviamo nel<br />
racconto a più voci, coor<strong>di</strong>nato da Federica<br />
Giar<strong>di</strong>ni per Iacobelli, dal titolo Sensibili<br />
Guerriere, nel quale donne tra i 25 e i 35 anni<br />
parlano <strong>di</strong> sé e del come vivono il loro<br />
mondo precario e quali le armi usate per affrontarlo.<br />
Fanno loro eco, in un moltiplicare<br />
6 mezzocielovent’anni2011 6<br />
politica<br />
<strong>di</strong> voci, altre coetanee, nel numero 91 <strong>di</strong> Leggendaria,<br />
<strong>di</strong>retto da Annamaria Crispino,<br />
dall’omonimo titolo. Anche qui a parlare<br />
sono altre giovani: <strong>una</strong> fotoreporter, <strong>una</strong> ex<br />
regista passata a fare l’appren<strong>di</strong>sta chef, <strong>una</strong><br />
webmistress, <strong>una</strong> <strong>di</strong>rettrice <strong>di</strong> agenzia pubblicitaria,<br />
tutte plurispecializzate, “né precarie,<br />
né <strong>di</strong>soccupate ma <strong>di</strong>versamente occupate”.<br />
Le stesse da qualche politico adulto definite<br />
generazione dei bamboccioni prive <strong>di</strong> responsabilità.<br />
Si autodefiniscono “definitivamente<br />
provvisorie, risorsa usa e getta senza desideri<br />
ma solo bisogni, protagoniste <strong>di</strong> esistenze noma<strong>di</strong>che<br />
fatte <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ni e precarietà, in<br />
lotta quoti<strong>di</strong>ana tra la mente che cerca <strong>di</strong><br />
adattarsi al modello imposto <strong>di</strong> eterna ragazza<br />
dall’età indefinita, con infinite flessibilità<br />
lavorative, senza progetti per il futuro, e<br />
la voce del corpo che grida il suo <strong>di</strong>ssenso”.<br />
Dissenso che alcune, meno dotate <strong>delle</strong> armi<br />
per <strong>di</strong>fendersi o attaccare, risolvono col ri-<br />
mezzocielo luglio 2012<br />
Stefania Savoia<br />
e dell’ascolto. Me lo domando guardando<br />
alle donne che conosco, in primis, osservando<br />
la loro capacità <strong>di</strong> coniugare <strong>di</strong>fficoltà<br />
lavorative e famiglia, profondo sconforto e<br />
voglia <strong>di</strong> vivere, in tempi duri come questi.<br />
Se non abbiamo un posto <strong>di</strong> lavoro, siamo<br />
madri, nonne, sorelle e amiche. Non ci riesce<br />
poi male reinventarci e rimetterci in<br />
gioco, senza dover <strong>di</strong>chiarare al mondo intero<br />
quale sia il nostro titolo ufficiale. Difficilmente<br />
nei nostri citofoni ci sono etichette<br />
che <strong>di</strong>cano quale sia la nostra professione<br />
mentre quella del pater familias brilla poderosa<br />
accanto.<br />
Siamo essenzialmente da sempre esercitate<br />
a vivere e con la vita abbiamo imparato l’urgenza<br />
e la risposta concreta che ne dovrebbe<br />
scaturire. Non che l’uomo non sia attivo in<br />
Flessibilità ed ironia<br />
in un mondo precario<br />
questo processo, ma <strong>è</strong> meno drastica e “violenta”<br />
la nostra risposta perch<strong>è</strong> capace <strong>di</strong><br />
analisi più complesse ma non per questo<br />
meno imme<strong>di</strong>ate.<br />
Le “Mujeres de Plaza de Mayo” ad esempio,<br />
per contrastare un dolore assoluto come<br />
quello della per<strong>di</strong>ta violenta dei propri figli,<br />
trovarono il modo <strong>di</strong> lottare senza avvilirsi<br />
in pianto e costruire tutti i giovedì <strong>una</strong> comunità<br />
che sconfiggesse l’in<strong>di</strong>fferenza e che<br />
desse risposte politiche concrete.<br />
Penso anche ai progetti <strong>di</strong> microcre<strong>di</strong>to in<br />
molte zone del mondo che vedono spesso<br />
donne giovani e poverissime rimettere in<br />
sesto economie intere con grande umiltà ma<br />
con <strong>una</strong> prospettiva enorme.<br />
Una prospettiva femminile <strong>è</strong> anche quella<br />
<strong>delle</strong> donne che sostengono, più “banalmente”<br />
le proprie famiglie confezionando<br />
braccialetti o cucinando su or<strong>di</strong>nazione<br />
guardando, in tempi così funesti, la propria<br />
laurea incorniciata nella sala da pranzo.<br />
Penso, anche, alle mie emergenze quoti<strong>di</strong>ane<br />
nel mio lavoro <strong>di</strong> docente, qundo vedo<br />
quanto mi <strong>è</strong> utile collaborare, chiedere e<br />
ascoltare chi conosce <strong>di</strong> più <strong>di</strong> me, praticare<br />
un lavoro cooperativo in classe e con i compagni<br />
<strong>di</strong> lavoro.<br />
Il risultato a <strong>parti</strong>re da queste pratiche <strong>è</strong><br />
migliore, sempre, e i risultati sono sempre<br />
figli <strong>di</strong> un percorso con<strong>di</strong>viso e quin<strong>di</strong> gratificante<br />
per tutti. Basterebbe, forse, in<br />
questi tempi <strong>di</strong> crisi economica e morale,<br />
fiuto del corpo attraverso l’anoressia, altre<br />
mettendolo in ven<strong>di</strong>ta. Raccontano del<br />
proprio vissuto, <strong>delle</strong> scelte, dei meto<strong>di</strong> ma<br />
soprattutto <strong>delle</strong> strategie operate per sopravvivere<br />
“cercando <strong>di</strong> coniugare <strong>di</strong>fficoltà lavorative<br />
e famiglia, profondo sconforto e voglia<br />
<strong>di</strong> vivere, in tempi duri come questi” (Savoia).<br />
Molte <strong>di</strong> loro si raccontano nei blog. Di vittimismo<br />
o irresponsabilità ness<strong>una</strong> traccia;<br />
nemmeno <strong>di</strong> “attesa”. Invece molta “concretezza<br />
e ascolto”, e sopratutto determinazione,<br />
grinta. Al limite cattiveria. Perché “forse non<br />
immaginate quanta cattiveria, intesa come testardaggine,<br />
ci voglia per muoversi come giovani<br />
donne in un mondo maschilista come<br />
quello dell’impren<strong>di</strong>toria” <strong>di</strong>ce Elisa Coco<br />
che gestisce un’agenzia <strong>di</strong> pubblicità. Ne <strong>è</strong> <strong>di</strong>mostrazione<br />
come titolano i loro blog (nella<br />
rivista se ne contano cento e non sono tutti).<br />
Ne cito alcuni: Le malefiche, Le comunicattive,<br />
Degeneri intriganti, Furiose, Malefimminie,<br />
Mala Pecora, Vitadastreghe, Sconfinate,<br />
La femme cannibale.<br />
Quali le strategie messe in atto per sopravvivere?<br />
Magari “tenendo sul como<strong>di</strong>no un flacone<br />
<strong>di</strong> psicofarmaci a mò <strong>di</strong> amuleto scaccia<br />
7 mezzocielovent’anni2011 7 mezzocielo luglio 2012<br />
politica<br />
aprirsi ad un nuovo pensiero più complesso<br />
e antico, quello <strong>delle</strong> donne che<br />
nelle comunità antiche raccoglievano e<br />
conservavano il cibo perch<strong>è</strong> non ne mancasse<br />
e che accu<strong>di</strong>vano, per migliorare<br />
anche il benessere <strong>di</strong> tutti, perch<strong>è</strong> ci fosse<br />
accoglienza e non esclusione, creando regole<br />
<strong>di</strong> convivenza a cui potremmo tornare<br />
a guardare. Cura, accoglienza,<br />
ascolto: parole che troviamo anche senza<br />
cercare perch<strong>è</strong> parte del percorso <strong>delle</strong><br />
donne.<br />
Cambiare punto <strong>di</strong> vista quin<strong>di</strong>, avere uno<br />
sguardo globale e includente, in un momento<br />
<strong>di</strong> crisi, risulta fondamentale perch<strong>è</strong><br />
quando <strong>una</strong> casa va a fuoco bisogna capire<br />
che bisogna ricostruirla <strong>di</strong>versamente.<br />
Per questo risulta necessaria <strong>una</strong> pratica politica<br />
che non permetta all’emergenza <strong>di</strong><br />
osare, <strong>di</strong> varcare i limiti dell’umana sopportazione<br />
per rispondere al pericolo ma <strong>di</strong> offrire<br />
soluzioni alternative.<br />
Potremmo ora, forse, mostrare la grande <strong>di</strong>versità<br />
<strong>di</strong> un percorso al femminile vincente<br />
a <strong>di</strong>scapito <strong>di</strong> quello corrente.<br />
Una pratica <strong>di</strong>versa fatta <strong>di</strong> parole e azioni<br />
che potrebbero rispondere agli interrogativi<br />
e alle urgenze della politica e della finanza<br />
senza (false) lacrime perch<strong>è</strong> quelle, solo<br />
quelle, da noi ci si aspetta e mostrare, infine,<br />
se siamo capaci come lo sono state le donne<br />
prima <strong>di</strong> noi, <strong>di</strong> scrivere la trama vera e profonda<br />
della storia del mondo.<br />
ansia”. Queste alcune risposte che danno<br />
conto del tipo <strong>di</strong> strategia: “Dire e agire<br />
dando ascolto al corpo”. “Stare in equilibrio<br />
cercando <strong>di</strong> tenere insieme tutti i gli elementi<br />
della propria esistenza”. “Scovare nel proprio<br />
svantaggio il germe della propria forza”.<br />
“Imparare ad abitare lo spaesamento, a convivere<br />
con l’assenza <strong>di</strong> certezze”. “Accettare<br />
il fallimento e far memoria della sconfitta”.<br />
“Farsi carico <strong>delle</strong> circostanze consapevoli<br />
che accettarle <strong>è</strong> il primo passo per trasformarle”.<br />
“Stare dentro le circostanze, sì, ma<br />
custodendo un sogno”. Dove trovano la<br />
forza, si chiede Federica Giar<strong>di</strong>ni.<br />
“Se la precarietà <strong>è</strong> <strong>una</strong> realtà e l’instabilità<br />
<strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione, il rispetto <strong>di</strong> me stessa <strong>è</strong> la<br />
prima risposta”, risponde Barbara Giuliani.<br />
“L’affidamento alle relazioni mi ha permesso<br />
<strong>di</strong> accedere ad <strong>una</strong> riserva <strong>di</strong> forza che da sola<br />
non potevo permettermi”, replica Valeria<br />
Mercan<strong>di</strong>no parlando degli scontri <strong>di</strong> piazza.<br />
“Una forza simile a quella del bamboo”,<br />
commenta Chiricosta, esperta <strong>di</strong> arti marziali,<br />
“sottile e flessuoso, capace <strong>di</strong> fronteggiare gli<br />
eventi senza venirne travolti, ma sopravvive<br />
alla tempesta”.
società<br />
La tensione Titolo nelle tiolo titolo carceri titolo<br />
per l’applicazione<br />
del 41bis<br />
Alla fine del ’91 – la prima guerra in Iraq<br />
sullo scenario internazionale; in Italia lo<br />
squasso dei <strong>parti</strong>ti, e il PCI che cambia<br />
volto, Ero Direttore e nome; del al comune carcere <strong>di</strong> Termini Palermo Ime- <strong>una</strong><br />
giunta rese: un democristsullo carcere che era stile stato “altalenante” adeguato nella<br />
struttura, <strong>di</strong>ventando <strong>di</strong> massima sicurezza,<br />
dal Generale Dalla Chiesa,<br />
per ospitare durante<br />
l’emergenza degli anni<br />
’70, i terroristi. Per volere<br />
dell’allora Ministro<br />
della Giustizia Martelli,<br />
fu in<strong>di</strong>viduato, all’indomani<br />
<strong>delle</strong> stragi, per ricevere<br />
i detenuti mafiosi<br />
trasferiti nottetempo,<br />
dall’Ucciardone, a carceri<br />
<strong>di</strong> massima sicurezza,<br />
situate nelle isole o<br />
al Nord, tornati per presenziare<br />
alle u<strong>di</strong>enze<br />
nelle quali erano imputati.<br />
Il loro <strong>di</strong>ritto alla <strong>di</strong>fesa<br />
dovette cedere il<br />
passo alla reazione <strong>di</strong> dolore<br />
e <strong>di</strong> rabbia del Paese<br />
e quin<strong>di</strong>, cercando <strong>di</strong><br />
mantenere ferma la promessa<br />
del Ministro che i<br />
mafiosi non sarebbero<br />
più tornati all’Ucciardone,<br />
arrivarono al carcere<br />
<strong>di</strong> Termini Imerese<br />
con l’applicazione del regime<br />
del 41 bis: un articolo<br />
dell’Or<strong>di</strong>namento<br />
penitenziario che applicava<br />
un regime <strong>di</strong> rigore,<br />
reazione imme<strong>di</strong>ata all’orrore<br />
<strong>delle</strong> stragi e che<br />
ne voleva essere risposta<br />
adeguata.<br />
Ricevetti in <strong>una</strong> qualunque<br />
giornata del 1992<br />
<strong>una</strong> telefonata <strong>di</strong> uno dei<br />
capi del Di<strong>parti</strong>mento<br />
dell’Amministrazione<br />
penitenziaria che mi annunciò,<br />
chiedendomi se<br />
pensavo <strong>di</strong> avere i mezzi necessari e se pensavo<br />
<strong>di</strong> poterlo fare, l’arrivo <strong>di</strong> <strong>una</strong> sessantina<br />
<strong>di</strong> detenuti mafiosi con il regime del 41 bis.<br />
Non ebbi molte incertezze, forse anche un<br />
po’ da incosciente, non venendomi neanche<br />
in mente <strong>di</strong> quanti “no” avrei dovuto <strong>di</strong>re e<br />
8 mezzocielovent’anni2011 8<br />
società<br />
che rischi avrei potuto correre. Ritenevo e ritengo<br />
che l’applicazione del 41 bis sia stata<br />
necessaria per segnare il cambiamento: oltre<br />
che servire a spezzare i contatti tra i mafiosi<br />
e l’esterno serviva a cambiare la rappresentazione,<br />
nel contesto carcerario, della mafia.<br />
mezzocielo luglio 2012<br />
Rita Barbera<br />
Il carcere per i detenuti <strong>di</strong> mafia, a maggior<br />
ragione per i capi, <strong>è</strong> sempre stato un luogo<br />
in cui la sofferenza della per<strong>di</strong>ta della libertà<br />
era compensata da <strong>una</strong> qualità della detenzione<br />
<strong>di</strong> gran lunga superiore a quella <strong>di</strong><br />
tutti gli altri detenuti. Tutti abbiamo in<br />
mente un Padrino in vestaglia <strong>di</strong> seta ossequiato<br />
nel cortile del carcere.<br />
La leaderschip, la <strong>di</strong>sponibilità economica <strong>di</strong><br />
cui i detenuti mafiosi <strong>di</strong>spongono nonché il<br />
“rispetto” <strong>di</strong> cui godono anche tra gli operatori<br />
influenzati da <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong>”sicilianità”<br />
deviata, avevano fatto sì che anche nel contesto<br />
carcerario i detenuti per mafia fossero<br />
vissuti come imbattibili, come criminali in<strong>di</strong>struttibili<br />
davanti ad uno Stato debole ed<br />
inadeguato, impotente <strong>di</strong> fronte ad un fenomeno<br />
criminale ormai secolare. Un cancro<br />
incurabile e dall’esito ineluttabile. Il regime<br />
del 41 bis, mise in <strong>di</strong>scussione tutto questo:<br />
9 mezzocielovent’anni2011 9 mezzocielo luglio 2012<br />
società<br />
i contatti dei detenuti con l’esterno, anche<br />
con la famiglia, limitati ad un solo colloquio<br />
con un vetro <strong>di</strong>visorio a tetto che impe<strong>di</strong>va<br />
il contatto fisico; il <strong>di</strong>vieto agli acquisti; il <strong>di</strong>vieto<br />
<strong>di</strong> partecipare alla vita comune con<br />
altri detenuti... tutto ciò <strong>di</strong>ede l’impressione<br />
<strong>di</strong> un declino e fu un duro colpo inferto agli<br />
uomini <strong>di</strong> mafia: finalmente lo Stato con un<br />
colpo <strong>di</strong> schiena si era raddrizzato ed opposto<br />
ad un potere criminale che era arrivato,<br />
con le morti <strong>di</strong> <strong>due</strong> suoi uomini, al limite<br />
della sopportazione civile e sociale.<br />
Io c’ero quando successe tutto questo: vissi<br />
momenti <strong>di</strong> grande tensione. L’esercito presi<strong>di</strong>ava<br />
il carcere <strong>di</strong><br />
Termini Imerese,<br />
ogni giorno i vari<br />
Madonia, Inzerillo,<br />
Greco, Calò e tanti<br />
altri salivano sui cellulari<br />
che li avrebbe<br />
portati in Trib<strong>una</strong>le<br />
per poi tornare a<br />
pomeriggio inoltrato.<br />
Nessuno parlava o<br />
si lamentava in maniera<br />
scomposta…<br />
“Calati iunco che<br />
passa la china”.<br />
forse questo pensavano<br />
quei detenuti<br />
ai quali sicuramente<br />
non mancava<br />
l’esperienza,<br />
ma non fecero i<br />
conti con la forza<br />
persuasiva che il<br />
41 bis ebbe su alcuni<br />
che non lo<br />
sopportarono. Il<br />
regime del 41 bis<br />
“convinse” molti a<br />
collaborare con la<br />
giustizia e comunque<br />
ebbe il merito<br />
anche <strong>di</strong> risvegliare<br />
la speranza in<br />
quanti, come me,<br />
pensavano che forse<br />
era giunto il momento<br />
della liberazione,<br />
del cambiamento…<br />
non<br />
sarebbero dovute<br />
arrivare la morte<br />
del giu<strong>di</strong>ce Livatino,<br />
la strage <strong>di</strong> via dei Georgofili e tanti<br />
altri lutti <strong>di</strong> questa povera e martoriata<br />
nostra Sicilia… ma continuo ancora a sperare<br />
e faccio tesoro dei tanti piccoli segnali<br />
<strong>di</strong> cambiamento che secondo me ci<br />
sono…<br />
Fotografia <strong>di</strong> Letizia Battaglia, Rielaborazione, 2011
società<br />
Per la Titolo nostra tiolo contemporaneità:<br />
titolo titolo<br />
Estetica ed etica<br />
insieme<br />
Alla In “Tempo fine del <strong>di</strong> ’91 mutamenti” – la prima (2002) guerra Rita in Levi Iraq<br />
sullo Montalcini scenario (Nobel internazionale; per la me<strong>di</strong>cina in nel Italia 1986) lo<br />
squasso si interroga dei sui <strong>parti</strong>ti, poteri <strong>di</strong> e annientamento il PCI che cambia messi<br />
volto, in atto in e nome; un continuo al comune crescendo <strong>di</strong> Palermo dagli uomini, <strong>una</strong><br />
giunta sulla drammatica democristsullo con<strong>di</strong>zione stile “altalenante” del pianeta, e<br />
sulle strategie da adottare per arrestare questo<br />
percorso votato all’estinzione. Facendo leva<br />
sul pro<strong>di</strong>gio della mente umana – “La galassia<br />
mente” la chiama titolando in tal modo un<br />
altro suo splen<strong>di</strong>do libro e<strong>di</strong>to nel ’99 – avverte<br />
sulla improrogabile necessità <strong>di</strong> un ra<strong>di</strong>cale<br />
cambiamento. All’interno <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />
narrazione rigorosa, significante e al pari leggera,<br />
seleziono alcune righe: «[...] le crisi che<br />
travagliano la società moderna e il modo <strong>di</strong> vivere<br />
e <strong>di</strong> pensare, il nostro modo <strong>di</strong> produrre,<br />
<strong>di</strong> sprecare e <strong>di</strong> consumare non sono più compatibili<br />
con i <strong>di</strong>ritti dei popoli e della natura».<br />
Ancor più oggi, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa un decennio<br />
da queste sferzanti riflessioni, la città<br />
contemporanea dovunque – in Occidente e<br />
anche in gran parte dell’Oriente – <strong>è</strong> in profonda<br />
crisi e <strong>una</strong> soluzione della stessa non<br />
ammette più approcci parziali. Crescita smisurata<br />
e incontrollata <strong>di</strong> periferie e sobborghi<br />
che <strong>di</strong>vora spazio e risorse con lo stesso<br />
ritmo con cui si espandono globalmente<br />
l’economia capitalistica ed i mercati ad essa<br />
correlati; inurbazione <strong>di</strong> masse <strong>di</strong> <strong>di</strong>seredati<br />
costretti a vivere ai margini della società,<br />
come fonte <strong>di</strong> mano d’opera a basso costo<br />
da sfruttare all’occorrenza, <strong>di</strong>sastri ambientali,<br />
impoverimento <strong>di</strong> interi territori, <strong>di</strong>fficoltà<br />
a smaltire i rifiuti, desertificazione,<br />
mutazioni climatiche, emergenze sanitarie,<br />
ma anche burocratizzazione, irrazionalità<br />
tecnologica, escalation della <strong>violenza</strong>, proliferazione<br />
dei conflitti armati, terrorismo e,<br />
non ultimi, solitu<strong>di</strong>ne, segregazione, <strong>di</strong>sagio<br />
sociale e psichico, fanatismi ideologico e religioso.<br />
Mali <strong>di</strong> un mondo governato da un<br />
consumismo esasperato e cinico.<br />
Per un’umanità che appare quin<strong>di</strong> spinta<br />
verso <strong>una</strong> folle corsa al contempo produttrice<br />
e <strong>di</strong>struttrice, occorre ri-celebrare il pro<strong>di</strong>gio<br />
della vita e quello della mente, come unica<br />
possibilità <strong>di</strong> riscatto, il che significa riacquisire<br />
la consapevolezza della sacralità della vita<br />
<strong>di</strong> cui <strong>è</strong> pregna anche la sua più infinitesima<br />
<strong>parti</strong>cella in ogni angolo della terra. Coltivare<br />
gli spazi dell’anima <strong>è</strong> certamente un primo<br />
passo verso questo obiettivo, ponendo l’energia<br />
creativa a servizio della costruzione <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />
nuova città che sia essa stessa principio <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />
nuova civiltà. Ne vertebra lo sviluppo la co-<br />
10 mezzocielovent’anni2011 10<br />
società<br />
scienza ecologica che presuppone la coscienza<br />
della <strong>di</strong>namica evolutiva del mondo.<br />
Perch<strong>è</strong> ciò avvenga l’uomo deve ri-<strong>di</strong>ventare<br />
consapevole, nuovamente padrone <strong>di</strong> s<strong>è</strong>.<br />
Solo così può generare progettualità e dare<br />
avvio ad un futuro <strong>di</strong>verso proponendo ra<strong>di</strong>cali<br />
proposte <strong>di</strong> cambiamento contro la<br />
pazzia autolesionista che sembra essere la<br />
sola ispiratrice <strong>delle</strong> sue azioni. E ciò va necessariamente<br />
fatto in <strong>una</strong> <strong>di</strong>mensione tale da<br />
aprirsi al cosmo richiedendo la messa a nudo<br />
<strong>di</strong> qualsiasi concetto consolidato; la messa in<br />
<strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> qualsiasi parola, con la consapevolezza<br />
<strong>di</strong> come la sua intima essenza sia<br />
stata via via svilita nell’uso corrente, sino a richiedere<br />
<strong>una</strong> risemantizzazione <strong>di</strong> esse<br />
stesse – le parole – ed ancor più <strong>di</strong> quelle da<br />
cui <strong>di</strong>pende la fioritura della vita, la salute<br />
della città, quelle <strong>di</strong> cui solitamente abbiamo<br />
bisogno per parlare degli spazi dell’anima:<br />
parole che abbiamo espulso dal nostro vocabolario<br />
e dal nostro mestiere quoti<strong>di</strong>ano ritenendo<br />
che <strong>di</strong> volta in volta appartengano solo<br />
al <strong>di</strong>re dei filosofi, dei poeti, degli scienziati, i<br />
gran<strong>di</strong> scienziati. Ne metto giù alcune: amore,<br />
compassione, solidarietà, tenerezza, spiritualità,<br />
gioia, grazia, giustizia, partecipazione, libertà,<br />
creazione, ma anche essere, <strong>di</strong>venire,<br />
mistero dell’essere, realtà, angoscia, equità,<br />
estetica, coerenza, etica, desiderabile, complessità,<br />
cosmo, rilevanza cosmica, ...<br />
Occorre inventare nuove strutture economiche<br />
e politiche che pongano i valori dello<br />
spirito e la <strong>di</strong>gnità dell’uomo e la sana inter<strong>di</strong>pendenza<br />
<strong>di</strong> organismo e ambiente al centro<br />
<strong>delle</strong> azioni singole e <strong>delle</strong> relazioni<br />
reciproche sì da promuovere lo sviluppo<br />
dell’infinita complessità dell’universo uomo<br />
la cui vera essenza <strong>è</strong> l’atto creativo. Ponte,<br />
quest’ultimo, tra realtà contingente e spiritualità<br />
che trasmuta il sensibile, passo in<br />
avanti verso l’intangibile nel processo <strong>di</strong> autorivelazione<br />
della realtà stessa, esso <strong>è</strong> quin<strong>di</strong><br />
atto etico proprio del fare. Estetica ed etica<br />
insieme dunque, non binomio <strong>di</strong> concetti tra<br />
loro separati. Estetica come contenitore <strong>di</strong><br />
etica, capacità <strong>di</strong> creare la realtà dello spirito.<br />
mezzocielo luglio 2012<br />
Jolanda Lima<br />
Vita da strada<br />
Suor Valeria, della Caritas Diocesana <strong>di</strong> Palermo<br />
ci racconta che alcune ragazze riescono<br />
ad affrontare la strada soltanto dopo<br />
essersi ubriacate. A Palermo, ogni ragazza<br />
per “lavorare” in strada deve pagare un pizzo<br />
<strong>di</strong> circa 200 euro solo per il proprio posto sul<br />
marciapiede, oltre al conto fisso che va dai<br />
sessantacinque agli ottanta mila euro da versare<br />
puntualmente alla mafia e agli sfruttatori<br />
per tornare a essere libera. Andare con <strong>una</strong><br />
prostituta, ha aggiunto suor Valeria, significa<br />
finanziare anche la mafia e gli sfruttatori.<br />
Barbara, trans, mi <strong>di</strong>ce “Ho lasciato a quin<strong>di</strong>ci<br />
anni la mia famiglia, <strong>una</strong> famiglia umile<br />
che non accettava la mia con<strong>di</strong>zione. Io, invece,<br />
volevo essere me stessa, identificarmi<br />
agli occhi <strong>di</strong> tutti per quella che ero. Mi sono<br />
dovuta trasferire al nord dove ho cominciato<br />
a battere perché non volevo ritornare a casa<br />
e nessuno mi dava un lavoro.<br />
Qui, In Italia la vita della trans prostituta <strong>è</strong><br />
più <strong>di</strong>fficile al nord che a sud. Esistono, infatti,<br />
vere bande antitrans. Appena ti trovi<br />
sola sbucano dal nulla per massacrarti <strong>di</strong><br />
botte. Ci sono perfino bande, armate <strong>di</strong><br />
acido muriatico, pronte a sfregiarci. La polizia<br />
interveniva sempre in ritardo quando i<br />
persecutori erano già spariti e ad<strong>di</strong>rittura<br />
non credeva ai nostri racconti. Tornata al<br />
sud il clima era leggermente <strong>di</strong>verso, ma<br />
11 mezzocielovent’anni2011 11 mezzocielo luglio 2012<br />
società<br />
Br<strong>una</strong> Masi<br />
camminavamo sempre in gruppo. Un giorno<br />
che eravamo state <strong>di</strong>sturbate, per l’ennesima<br />
volta, da un manipolo <strong>di</strong> teppisti, <strong>una</strong> collega<br />
e amica ci condusse all’arcigai. Siamo state<br />
ascoltate e protette, ci hanno accompagnate<br />
alla polizia, dove abbiamo trovato <strong>una</strong> certa<br />
comprensione così che, quando telefonavamo,<br />
arrivavano subito. Per il <strong>di</strong>verso nel<br />
meri<strong>di</strong>one “retrogrado” la vita <strong>è</strong> migliore<br />
perché basata più sul rapporto personale che<br />
sul fatto se sei o no normale. Io, per esempio,<br />
abito, in uno dei più noti mercati <strong>di</strong> Palermo,<br />
tutti mi vogliono bene, sento persino rispetto<br />
attorno a me. Vivo da 15 anni col mio compagno<br />
che mi da affetto e comprensione.<br />
Tante volte abbiamo deciso <strong>di</strong> cambiar vita,<br />
ma in qualunque posto non ho mai trovato<br />
un lavoro. Il mio passato <strong>di</strong> prostituta non<br />
mi consente altro che <strong>di</strong> continuare a battere.<br />
Se tornassi in<strong>di</strong>etro farei un percorso <strong>di</strong>verso<br />
utilizzerei la mia famiglia per l’aiuto agli stu<strong>di</strong><br />
ed <strong>una</strong> volta <strong>di</strong>plomata o, perché no, laureata<br />
<strong>di</strong>chiarerei chi sono”.<br />
Fotografia <strong>di</strong> Ornella Mazzola, Autoritratto ironico <strong>di</strong> <strong>una</strong> giovane <strong>di</strong>soccupata, 2012
mondo mio<br />
Alla fine del ’91 – la prima guerra in Iraq<br />
sullo scenario internazionale; in Italia lo<br />
squasso dei <strong>parti</strong>ti, e il PCI che cambia<br />
volto, e nome; al comune <strong>di</strong> Palermo <strong>una</strong><br />
giunta democristsullo stile “altalenante”<br />
Quando si parla <strong>di</strong> donne che vivono nei paesi<br />
che si affacciano nella riva sud del me<strong>di</strong>terraneo<br />
ten<strong>di</strong>amo a confinarle in uno spazio prettamente<br />
religioso. Ne scaturisce l’idea che per<br />
le donne <strong>di</strong> fede musulmana l’appartenenza<br />
religiosa sia la <strong>di</strong>scriminante essenziale.<br />
Si tratta <strong>di</strong> un’osservazione che rimanda all’idea<br />
generale dell’Islam inteso come unico<br />
Fotografia <strong>di</strong> Shobha, Aeroporto <strong>di</strong> Dubai, Toilettes donne, 2012<br />
“Io parlo in nome dell’Islam”<br />
Vivere l’emancipazione femminile<br />
senza rinunciare alla <strong>di</strong>mensione religiosa<br />
Leila El Houssi<br />
12 mezzocielovent’anni2011 12<br />
mondo mio<br />
patrimonio <strong>di</strong> valori, chiave d’identità, modello<br />
<strong>di</strong> vita. E tuttavia se consideriamo ad<br />
esempio l’area maghrebina, osserviamo che la<br />
prescrizione religiosa coincide perfettamente<br />
con la <strong>di</strong>mensione antropologica e culturale<br />
riconducibile alla connotazione patriarcale <strong>di</strong><br />
molte società del Me<strong>di</strong>terraneo rivelando<br />
quanto la realtà sia più complessa <strong>di</strong> quello<br />
mezzocielo luglio 2012<br />
che appare. Al centro dunque <strong>di</strong> un ambiente<br />
ricco <strong>di</strong> sovrapposizioni e <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni<br />
socio-culturali, le donne costituiscono un elemento<br />
cruciale all’interno <strong>di</strong> queste società,<br />
dove svolgono un ruolo <strong>di</strong> primo piano anche<br />
nello spazio pubblico, sia politico sia religioso.<br />
Analizzando le società dell’area me<strong>di</strong>terranea<br />
secondo <strong>una</strong> prospettiva storica, esse appaiono<br />
contrad<strong>di</strong>stinte da <strong>una</strong> transculturalità<br />
che ha origini lontane. Territori abitati nel<br />
corso dei secoli da “genti me<strong>di</strong>terranee” – fenici,<br />
berberi, arabi, italiani, maltesi, francesi<br />
– che hanno lasciato un’ere<strong>di</strong>tà importante,<br />
costituita da vivacità culturale, convivenza religiosa<br />
e abitu<strong>di</strong>ne al confronto. Si deve ricondurre<br />
a questo retroterra <strong>di</strong> secolari<br />
tra<strong>di</strong>zioni e prassi segnate dalla transculturalità<br />
il fatto che all’interno dell’universo femminile<br />
si siano sviluppate elaborazioni<br />
<strong>di</strong>fferenziate non solo nel vissuto sociale ma<br />
anche in quello religioso. Dall’Islam popolare<br />
femminile nell’area del Maghreb – con manifestazioni<br />
religiose <strong>di</strong> carattere estatico legate<br />
13 mezzocielovent’anni2011 13 mezzocielo luglio 2012<br />
mondo mio<br />
al culto dei santi e <strong>delle</strong> sante – all’emergere<br />
<strong>di</strong> un’esigenza <strong>di</strong> rileggere<br />
il Corano da <strong>una</strong> prospettiva<br />
femminile attraverso il “femminismo<br />
islamico”. Tutto ciò mette in<br />
evidenza come le donne <strong>di</strong> queste<br />
società abbiano sviluppato un loro<br />
modo <strong>di</strong> vivere la <strong>di</strong>mensione religiosa.<br />
Considerato il processo <strong>di</strong> rafforzamento<br />
della presenza dell’Islam<br />
ufficiale all’interno <strong>delle</strong> società,<br />
appare sempre più centrale la battaglia<br />
portata avanti dalle donne<br />
per l’affermazione <strong>di</strong> un ‘uguaglianza<br />
<strong>di</strong> genere in nome dell’Islam’.<br />
Una reinterpretazione<br />
della religione attraverso uno<br />
sguardo femminista viene considerata<br />
dalle donne nel mondo musulmano<br />
l’arma più efficace per<br />
affermare l’uguaglianza <strong>di</strong> genere.<br />
È da oltre un secolo che il femminismo<br />
<strong>è</strong> apparso nel mondo islamico<br />
vivendo <strong>di</strong>verse trasformazioni<br />
a seconda del contesto nazionale.<br />
Il cosiddetto ‘femminismo<br />
islamico’ <strong>è</strong> emerso tra gli anni ottanta<br />
e novanta del XX secolo, impegnandosi<br />
per i <strong>di</strong>ritti <strong>delle</strong><br />
donne nel mondo musulmano.<br />
Fortemente variegato al proprio<br />
interno, presenta un comune denominatore:<br />
l’obiettivo <strong>di</strong> sovvertire<br />
la tra<strong>di</strong>zione patriarcale che ha<br />
strumentalizzato l’Islam. Da parte<br />
<strong>delle</strong> donne, infatti, c’<strong>è</strong> la volontà<br />
<strong>di</strong> vivere l’emancipazione femminile,<br />
ma non per questo rinunciare<br />
alla <strong>di</strong>mensione religiosa.<br />
Per le femministe islamiche, come la marocchina<br />
Asma Lamrabet e la malesiana Zainah<br />
Anwar, <strong>è</strong> la logica patriarcale che con<strong>di</strong>ziona<br />
la società musulmana. Per risolvere i problemi<br />
<strong>delle</strong> donne <strong>di</strong>viene dunque necessario risvegliare<br />
la coscienza femminile che può operare<br />
un rinnovamento dell’Islam rileggendo il Corano<br />
a <strong>parti</strong>re da <strong>una</strong> prospettiva <strong>di</strong> genere.<br />
Come nota la storica Renata Pepicelli nel suo<br />
libro Femminismo Islamico, “per reinterpretare<br />
i testi sacri della tra<strong>di</strong>zione musulmana le<br />
femministe islamiche si servono dell’Ijtihad, la<br />
ricerca in<strong>di</strong>pendente sulle fonti religiose [...],<br />
si basano sul tafsir, l’esegesi del Corano”.<br />
Questa rilettura <strong>è</strong> in pieno svolgimento e ciò<br />
sembra <strong>di</strong>mostrare quanto il pensiero comune<br />
in Occidente che l’Islam sia <strong>una</strong> religione<br />
oppressiva nei confronti <strong>delle</strong> donne<br />
si riveli un pregiu<strong>di</strong>zio da respingere, tanto<br />
più se si osservano le società musulmane<br />
post-rivolta, protagoniste <strong>di</strong> <strong>una</strong> trasformazione<br />
politica importante.
pocherighe<br />
P O C H E R I G H E<br />
Accade nella terra dell’Adda. Un uomo si arrampica sull’albero del proprio<br />
giar<strong>di</strong>no. Non per aspettare l’alba ma per spegnere tutte quelle a venire.<br />
A quella scena assiste Francesca, quin<strong>di</strong>ci anni appena. Solo<br />
quin<strong>di</strong>ci anni e nelle gambe la forza pronta <strong>di</strong> muoversi. Di correre per<br />
sostenere il peso che il padre non vuole più sopportare. Sessanta secon<strong>di</strong><br />
in attesa che altre braccia, più forti, le tolgano la responsabilità <strong>di</strong> quel<br />
carico. Enorme.<br />
Un minuto che vale a salvare <strong>una</strong> vita, <strong>una</strong> sola e non la sua.<br />
Quella <strong>di</strong> Francesca <strong>è</strong> rimasta sospesa a quel ramo.<br />
Prima o poi dovrà andare a riprendersela.<br />
Chissà quando e come.<br />
Cettina Musca<br />
Leggo <strong>di</strong> un padre che uccide a pugni un amico che sta abusando della<br />
propria bambina, <strong>di</strong> <strong>una</strong> squillo che chiede a Monti la legalizzazione della<br />
sua professione per aumentare le entrate dello Stato, <strong>di</strong> <strong>una</strong> donna scomparsa<br />
da mesi, forse sepolta nel cimitero vicino casa. Sono tutte storie <strong>di</strong><br />
donne <strong>di</strong>verse, accom<strong>una</strong>te da <strong>una</strong> sconfitta: <strong>una</strong> bambina costretta a vivere<br />
<strong>una</strong> duplice <strong>violenza</strong>; <strong>una</strong> ragazza indotta a prostituirsi per mantenersi<br />
agli stu<strong>di</strong>; <strong>una</strong> madre privata della propria libertà e forse della<br />
stessa vita. Al centro <strong>di</strong> queste storie c’<strong>è</strong> sempre <strong>una</strong> donna, <strong>una</strong> merce<br />
<strong>di</strong> scambio sempre più red<strong>di</strong>tizia ma facilmente degradabile. Dall’altra<br />
parte un uomo senza scrupoli con i suoi istinti bestiali. Intorno ci siamo<br />
tutti noi, la società sconfitta, complici silenziosi <strong>di</strong> violenze terribili, sempre<br />
più spesso nascoste tra le mura domestiche. E poca importanza<br />
hanno le statistiche che già da sole mettono i brivi<strong>di</strong>, quando ci informano<br />
che ogni tre minuti viene sfigurata, stuprata o uccisa <strong>una</strong> donna.<br />
L’orrore non sta nei numeri ma nella <strong>violenza</strong> in s<strong>è</strong>, perpetrata quasi sempre<br />
da un uomo che, in preda a un delirio <strong>di</strong> onnipotenza, decide <strong>di</strong> togliere<br />
la vita altrui, smette i panni del compagno affettuoso e si trasforma,<br />
impreve<strong>di</strong>bilmente, in belva feroce, padre padrone, nemico crudele. L’orrore<br />
sta anche nell’ impotenza che sento salirmi dentro come un conato<br />
<strong>di</strong> vomito e che mi spinge a credere con orgoglio che ness<strong>una</strong><br />
donna, madre e origine della vita, riuscirebbe mai a fare altrettanto.<br />
Dora Bottaro<br />
14<br />
pocherighe<br />
mezzocielo giugno-luglio luglio 2012 2012<br />
Non c’<strong>è</strong> mai <strong>una</strong> <strong>violenza</strong> giusta<br />
(a proposito del saggio <strong>di</strong> Luisa Muraro)<br />
Fotografia <strong>di</strong> Gregory Crewdson<br />
“Non si può smantellare la casa del padrone<br />
con gli attrezzi del padrone” <strong>è</strong> <strong>una</strong> frase<br />
della femminista e poeta afroamericana<br />
Audre Lorde.<br />
In<strong>di</strong>ca <strong>una</strong> strada, offre <strong>una</strong> suggestione che <strong>è</strong><br />
anche traccia precisa per costruire <strong>una</strong> visione:<br />
non si <strong>di</strong>smette un sistema se lo si imita, adoperando<br />
i suoi strumenti, seppur sostenendo<br />
che <strong>è</strong> a fin <strong>di</strong> bene e che i nostri fini sono nobili<br />
e alternativi. Chiaramente lo <strong>di</strong>ce, conoscendo<br />
da vicino la fascinazione erotica simbolica e<br />
concreta della <strong>violenza</strong> anche Robin Morgan,<br />
altra grande pensatrice nordamericana vivente,<br />
nel suo Il demone amante, che nella prima traduzione<br />
italiana aveva per sottotitolo “sessualità<br />
del terrorismo”.<br />
Morgan chiede alle donne, specie a quelle <strong>di</strong><br />
sinistra, <strong>di</strong> interrogarsi sul fascino che esercita<br />
sul genere femminile la <strong>violenza</strong> rivoluzionaria<br />
incarnata dal condottiero che parla<br />
del futuro regno <strong>di</strong> miele imbracciando un<br />
fucile dal quale non spuntano fiori, e per il<br />
quale la (sua) <strong>violenza</strong> <strong>è</strong> giusta perché il sistema<br />
oppressivo <strong>è</strong> da abbattere.<br />
In questa logica il fine giustifica i mezzi, pur<br />
se identici a quelli del potere dominante.<br />
Morgan invita anche a riflettere sul fatto che<br />
<strong>una</strong> democrazia, se nasce da un gesto <strong>di</strong> <strong>violenza</strong><br />
(fosse anche quello <strong>di</strong> uccidere il <strong>di</strong>ttatore<br />
più o<strong>di</strong>oso), porterà comunque i segni<br />
<strong>di</strong> quel sangue versato. Dal letame nascono<br />
i fiori, non dal sangue.<br />
<strong>di</strong> Monica Lanfranco<br />
15 mezzocielo luglio 2012<br />
<strong>violenza</strong><br />
Nel numero <strong>di</strong> marzo 2012 <strong>di</strong><br />
Via Dogana titolato Con tutta<br />
la forza necessaria, Luisa Muraro<br />
dà <strong>una</strong> anticipazione <strong>di</strong> un<br />
suo saggio breve Dio <strong>è</strong> violent<br />
…! Uscito a giugno nelle e<strong>di</strong>zioni<br />
Nottetempo (qui parzialmente<br />
riportato), ha suscitato<br />
<strong>di</strong>verse risposte ma soprattutto<br />
critiche non sempre positive.<br />
Nel numero successivo <strong>di</strong> VD,<br />
Politica mon amour, luisa si<br />
scusa “per l’incauta anticipazione<br />
che considero uno sbaglio<br />
poco o niente scusabile”. A <strong>parti</strong>re<br />
da questo numero <strong>Mezzocielo</strong><br />
pubblica la reazione critica<br />
<strong>di</strong> Monica Lanfranco, invitando<br />
le lettrici ad un <strong>di</strong>battito sul<br />
tema della forza, al limite la<br />
<strong>violenza</strong>, sollevata da Luisa<br />
Muraro.<br />
Nel 2003 Maria Di Rienzo ed io (che ero reduce<br />
dal drammatico G8 in qualità <strong>di</strong> portavoce<br />
del Genova Social Forum per la rete <strong>delle</strong><br />
donne), scrivemmo il primo libro italiano che<br />
intrecciava pratica e pensiero femminista e<br />
non<strong>violenza</strong>: Donne <strong>di</strong>sarmanti - storie e testimonianze<br />
su non<strong>violenza</strong> e femminismi.<br />
Con chiarezza sostenemmo che non era vero<br />
che le donne in quanto tali erano meno violente<br />
degli uomini: <strong>di</strong>re che per natura non<br />
siamo portate alla <strong>violenza</strong> era, ed <strong>è</strong>, uno stereotipo<br />
e <strong>una</strong> trappola patriarcale.<br />
Portammo esempi <strong>di</strong> storia antica e recente<br />
in cui le donne avevano scelto la non<strong>violenza</strong><br />
come strumento politico perché nella<br />
relazione conflittuale (ma non nella <strong>violenza</strong><br />
che vede dall’altra parte un/<strong>una</strong> nemica) c’<strong>è</strong><br />
l’unica strada per uscire dalla logica del<br />
mors tua - vita mea.<br />
Raccontammo le strade <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo e <strong>di</strong> conflitto<br />
praticate dalle Donne in nero (dal cui<br />
lavoro tra l’altro originò il bel testo Vita tuavita<br />
mea), da quelle <strong>di</strong> Not in my name, dalle<br />
attiviste in<strong>di</strong>ane seguaci <strong>di</strong> Vandana Shiva,<br />
dalle suore incarcerate e poi assolte in Inghilterra<br />
contro la costruzione dei caccia<br />
Hawk 955, della voce non incarnata <strong>di</strong> Lisistrata<br />
che fonda la <strong>di</strong>plomazia contro la<br />
guerra maschile e patriarcale.<br />
Nel frattempo giravo l’Italia ospite <strong>di</strong> piccoli<br />
e gran<strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> donne, ma anche misti,<br />
che in tutto il paese creavano spazi <strong>di</strong> elabo-<br />
dossier
<strong>violenza</strong><br />
razione del lutto per le violenze del G8, che<br />
ancora oggi resta <strong>una</strong> ferita aperta non solo<br />
nella democrazia, ma anche dentro ai movimenti<br />
per alcune derive militariste interne.<br />
Da allora ho cercato sempre <strong>di</strong> ricordare che<br />
prima del luglio 2001 c’<strong>è</strong> stato un mese<br />
prima PuntoG- Genova, genere, globalizzazione,<br />
uno straor<strong>di</strong>nario evento <strong>di</strong> <strong>due</strong> giorni<br />
e mezzo nel quale (attraverso in <strong>parti</strong>colare<br />
le parole <strong>di</strong> Li<strong>di</strong>a Campagnano), si era anticipato<br />
con luci<strong>di</strong>tà profetica non solo l’arrivo<br />
della crisi, ma il realizzarsi <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />
mutazione antropologica e politica nella<br />
quale stiamo ora intrappolate: l’avvento del<br />
mercato come potenza pressoch<strong>è</strong> assoluta<br />
regolatrice <strong>delle</strong> nostre vite.<br />
Quell’appuntamento costituì anche però un<br />
momento <strong>di</strong> forte conflitto con il resto dei<br />
movimenti misti, perché in più occasioni noi<br />
femministe stigmatizzammo l’uso <strong>di</strong> linguaggio,<br />
pratiche e simbolico bellico nel seno<br />
stesso <strong>di</strong> <strong>parti</strong> <strong>di</strong> movimento altermon<strong>di</strong>alista,<br />
nei confronti dei quali ci <strong>di</strong>chiarammo<br />
totalmente e definitivamente in <strong>di</strong>saccordo<br />
e dopo il G8 Maschile Plurale e Uomini in<br />
cammino scrissero un documento <strong>di</strong> forte<br />
<strong>di</strong>sagio circa le pratiche <strong>di</strong> piazza muscolari.<br />
Un pezzo <strong>di</strong> femminismo italiano sottovalutò<br />
questa nostra analisi e profezia: nel maggio<br />
2001 un gruppo <strong>di</strong> allora giovani della Libreria<br />
<strong>delle</strong> donne <strong>di</strong> Milano ci invitò a spiegare<br />
cosa ci muovesse a organizzare un momento<br />
precedente e separato (non separatista) sulla<br />
globalizzazione: le ‘maggiori’ ci <strong>di</strong>ssero che<br />
questioni come la globalizzazione erano fuori<br />
dall’orizzonte del ‘vero’ femminismo’ decidendo<br />
la cancellazione <strong>di</strong> quel pezzo <strong>di</strong> storia<br />
e <strong>di</strong> pratiche, che invece purtroppo si rivelarono<br />
corrette e anticipatrici.<br />
Oggi apprendo che Luisa Muraro su Via<br />
Dogana ragiona <strong>di</strong> <strong>violenza</strong> e uso della forza<br />
sostenendo che esistono occasioni in cui la<br />
<strong>violenza</strong> può essere giusta. Si tratta <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />
affermazione che reputo grave, da parte <strong>di</strong><br />
<strong>una</strong> femminista e <strong>di</strong> <strong>una</strong> filosofa.<br />
Scrive Muraro: “La pre<strong>di</strong>cazione anti<strong>violenza</strong><br />
non manca certo <strong>di</strong> argomenti morali ma le<br />
manca ormai un punto <strong>di</strong> leva per sollevare<br />
le giuste pretese e abbassare l’arroganza dei<br />
potenti. Anticamente il punto <strong>di</strong> leva era la<br />
parola <strong>di</strong>vina; modernamente <strong>è</strong> stato l’ideale<br />
del progresso. Che oggi <strong>è</strong> morto, al pari e<br />
forse più <strong>di</strong> Dio. Oggi, a causa della competizione<br />
globale, esasperata dalla crisi in corso,<br />
l’idea che sia possibile stare meglio tutti non<br />
agisce più; prevale quella che il meglio sia per<br />
alcuni a spese <strong>di</strong> altri.<br />
La constatazione che non siamo più animati<br />
dal sogno <strong>di</strong> stare tutti meglio, <strong>è</strong> un colpo<br />
mortale all’ideale dell’uguaglianza e alla politica<br />
dei <strong>di</strong>ritti. E impone <strong>di</strong> riaprire il <strong>di</strong>scorso<br />
sull’uso della forza. C’<strong>è</strong> <strong>una</strong> <strong>violenza</strong> nelle cose<br />
16 mezzocielo luglio 2012<br />
<strong>violenza</strong><br />
e fra i viventi che prelude a un ritorno della<br />
legge del più forte: dobbiamo pensarci.<br />
Il <strong>di</strong>scorso può aprirsi <strong>di</strong>cendo semplicemente<br />
che, in certi contesti, a certe con<strong>di</strong>zioni,<br />
<strong>è</strong> opportuno non usare tutta la forza<br />
<strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>spone. Bisogna però tenerla a <strong>di</strong>sposizione,<br />
se non si vuole che altri se la<br />
prendano: alla propria forza non si rinuncia<br />
senza soccombere ad altre forze. Si tratterà<br />
dunque <strong>di</strong> dosarla senza perderla”.<br />
Penso che aperture, più o meno ambigue o<br />
possibiliste, verso l’uso della forza o della <strong>violenza</strong>,<br />
giustificata in certi ambiti, sia pericoloso<br />
perché genera derive incontrollabili. È<br />
un luogo comune purtroppo <strong>di</strong>ffuso quello<br />
secondo il quale la <strong>violenza</strong> che fai tu <strong>è</strong> giusta:<br />
cito esempi lontani tra loro ma <strong>una</strong>nimi su<br />
questo aspetto come gli ultras, i brigatisti neri<br />
e rossi, i fondamentalisti <strong>di</strong> tutte le religioni<br />
che ritengono che <strong>una</strong> certa dose <strong>di</strong> <strong>violenza</strong><br />
serva a tenere in riga le donne, i casseur, i<br />
black block, <strong>una</strong> certa giurisprudenza, che<br />
ammette la legittimità <strong>di</strong> <strong>una</strong> certa forzatura<br />
sulla donna nel rapporto sessuale, considerando<br />
ambiguo il desiderio femminile.<br />
Mai l’umanità <strong>è</strong> stata animata all’unisono<br />
dallo stesso sogno <strong>di</strong> pace, giustizia ed<br />
equità, ma non per questo dobbiamo derogare<br />
sulla legittimità della <strong>violenza</strong> solo perché<br />
oggi le ingiustizie sono, o ci sembrano,<br />
più gran<strong>di</strong>. La <strong>violenza</strong> <strong>è</strong> <strong>violenza</strong>: sempre<br />
stupida, sempre <strong>di</strong>struttiva. La <strong>violenza</strong> intelligente<br />
<strong>è</strong> un ossimoro.<br />
Se si comincia a derogare sull’uso della <strong>violenza</strong>,<br />
magari invocando la rabbia o la <strong>di</strong>sperazione<br />
come legittimo motivo per<br />
abbandonarvisi o servirsene, pensando che<br />
esista <strong>una</strong> mo<strong>di</strong>ca quantità tollerabile (se si<br />
sta dalla parte giusta), abbiamo perso già in<br />
partenza la scommessa del cambiamento, che<br />
ha tra i suoi fondamenti il senso del limite, la<br />
responsabilità, e l’esclusione della <strong>violenza</strong><br />
dall’orizzonte della vita e della felicità.<br />
Abbiamo perso perché rinunciamo alla con<strong>di</strong>visione,<br />
dal momento che la <strong>violenza</strong> <strong>è</strong><br />
pratica che salda in<strong>di</strong>vidualità blindate e deprivate<br />
sensorialmente che non <strong>di</strong>alogano<br />
ma si uniformano, militarizzando e gerarchizzando<br />
corpi e menti.<br />
La paziente (<strong>di</strong> certo faticosa), ma anche <strong>di</strong>vertente<br />
e creativa pratica nonviolenta costruisce<br />
invece sguar<strong>di</strong>, visioni, realtà,<br />
politiche <strong>di</strong>vergenti, inclusive, felicemente<br />
conflittuali.<br />
Scrive Vandana Shiva, che <strong>di</strong> certo non accademicamente<br />
<strong>di</strong>sserta sulle violenze del<br />
mondo: “La pace non si creerà dalle armi e<br />
dalla guerra, dalle bombe e dalla barbarie.<br />
La <strong>violenza</strong> <strong>è</strong> <strong>di</strong>ventata un lusso che la specie<br />
umana non può più permettersi, se vuole sopravvivere.<br />
La non<strong>violenza</strong> <strong>è</strong> <strong>di</strong>ventata un<br />
imperativo per la sopravvivenza”.<br />
Quel che manca<br />
alla pre<strong>di</strong>cazione<br />
anti<strong>violenza</strong><br />
La pre<strong>di</strong>cazione anti<strong>violenza</strong> non manca<br />
certo <strong>di</strong> argomenti morali ma le manca<br />
ormai un punto <strong>di</strong> leva per sollevare le giuste<br />
pretese e abbassare l’arroganza dei potenti.<br />
Anticamente il punto <strong>di</strong> leva era la parola <strong>di</strong>vina;<br />
modernamente <strong>è</strong> stato l’ideale del progresso.<br />
Che oggi <strong>è</strong> morto, al pari e forse più<br />
<strong>di</strong> Dio. Oggi, a causa della competizione<br />
globale, esasperata dalla crisi in corso, l’idea<br />
che sia possibile stare meglio tutti non agisce<br />
più; prevale quella che il meglio sia per alcuni<br />
a spese <strong>di</strong> altri.<br />
La costatazione che non siamo più animati<br />
dal sogno <strong>di</strong> stare tutti meglio, <strong>è</strong> un colpo<br />
mortale all’ideale dell’uguaglianza e alla politica<br />
dei <strong>di</strong>ritti. E impone <strong>di</strong> riaprire il <strong>di</strong>scorso<br />
sull’uso della forza. C’<strong>è</strong> <strong>una</strong> <strong>violenza</strong><br />
nelle cose e fra i viventi che prelude a un ritorno<br />
della legge del più forte: dobbiamo<br />
pensarci.<br />
Il <strong>di</strong>scorso può aprirsi <strong>di</strong>cendo semplicemente<br />
che, in certi contesti, a certe con<strong>di</strong>zioni,<br />
<strong>è</strong> opportuno non usare tutta la forza<br />
<strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>spone. Bisogna però tenerla a <strong>di</strong>sposizione,<br />
se non si vuole che altri se la<br />
prendano: alla propria forza non si rinuncia<br />
17 mezzocielo luglio 2012<br />
<strong>violenza</strong><br />
Luisa Muraro<br />
senza soccombere ad altre forze. Si tratterà<br />
dunque <strong>di</strong> dosarla senza perderla.<br />
La pre<strong>di</strong>cazione anti<strong>violenza</strong> vorrebbe farci<br />
credere che la misura giusta la fisserebbe il<br />
confine tra forza e <strong>violenza</strong>: no, lo sconfinamento<br />
tra l’<strong>una</strong> e l’altra spesso <strong>è</strong> inevitabile.<br />
La misura da cercare <strong>è</strong> nella coincidenza fra<br />
Fotografia <strong>di</strong> Shobha, Prima della vampa <strong>di</strong> San Giuseppe, Acqua dei Corsari, 2009<br />
la giustezza e la giustizia dell’agire, coincidenza<br />
che va cercata non <strong>di</strong>co a tentoni, ma<br />
quasi. La giustezza (che <strong>è</strong> parente dell’efficacia)<br />
<strong>è</strong> soprattutto dei mezzi, la giustizia <strong>è</strong><br />
soprattutto dei fini. La loro rispondenza,<br />
sempre da ri-cercare, si oppone al cinismo<br />
del fine che giustificherebbe i mezzi, ma<br />
anche alla paralisi <strong>di</strong> un agire tutto conforme<br />
alle regole stabilite. Ed <strong>è</strong> un nome della politica.<br />
Dosare l’uso della forza <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>spone fa<br />
parte della strategia dell’agire politico non<br />
come un’opzione qualsiasi ma come un sapere<br />
necessario; lo insegna molto bene l’an-
<strong>violenza</strong><br />
tico filosofo taoista Sun-Tzu nell’Arte della<br />
guerra. La giustizia, per il generale che comanda<br />
l’esercito, consiste nell’obbe<strong>di</strong>re agli<br />
or<strong>di</strong>ni dell’Imperatore, ma il generale sa che<br />
“ci sono or<strong>di</strong>ni dell’Imperatore ai quali non<br />
si deve obbe<strong>di</strong>re”: bisogna saperlo se vogliamo<br />
accorciare le <strong>di</strong>stanze fra la cosa giusta<br />
da fare qui e ora, e la giustizia del nostro fare,<br />
riconoscibile anche domani e dopodomani.<br />
In seconda battuta deve venire, logicamente,<br />
un’aperta <strong>di</strong>scussione sull’idea <strong>di</strong> <strong>violenza</strong><br />
giusta. Il nostro sistematico non chiamare in<br />
causa Dio (che ha le sue buone ragioni), ce<br />
la rende forse <strong>una</strong> questione improponibile,<br />
perché la <strong>violenza</strong> giusta <strong>è</strong> per definizione<br />
<strong>violenza</strong> <strong>di</strong>vina, ossia manifestazione <strong>di</strong> un<br />
essere per essenza giusto. Che non <strong>è</strong> certo<br />
l’essere umano. Tra i nomi <strong>di</strong>vini c’<strong>è</strong> anche<br />
Sole <strong>di</strong> giustizia. Non esiste? Pazienza, ci faremo<br />
luce con le candele, ma le verità teoriche<br />
restano tali anche in assenza <strong>di</strong> fatti, e<br />
teniamole presenti.<br />
Altrimenti, in base a quello che capita <strong>di</strong><br />
fatto tra gli umani, si crede che la <strong>violenza</strong><br />
sia in sé cattiva. E si prepara il terreno per<br />
sostenere che essa si giustifica unicamente se<br />
il suo uso viene regolato per legge. Si sorvola<br />
così sul fatto che il <strong>di</strong>ritto usa la <strong>violenza</strong><br />
come uno strumento per scopi che il <strong>di</strong>ritto<br />
stesso <strong>di</strong>chiara tali, giusti: un circolo vizioso<br />
dal quale non si esce senza spezzarlo, dato<br />
che il <strong>di</strong>ritto vigente rispecchia lo stato dei<br />
rapporti <strong>di</strong> forza e la <strong>violenza</strong> non gli <strong>è</strong> certo<br />
estranea. Cose già dette e risapute. Possiamo<br />
far finta d’ignorarle? Si tratta <strong>di</strong> pensare <strong>una</strong><br />
<strong>violenza</strong> che non <strong>è</strong> strumento <strong>di</strong> nessuno,<br />
che il <strong>di</strong>ritto non può fare sua giustificandola,<br />
e nessuno può farla sua, manifestazione<br />
<strong>di</strong> <strong>una</strong> giustizia che ci oltrepassa dalla<br />
quale, però, noi umani possiamo lasciarci<br />
usare, consapevoli del rischio inevitabile <strong>di</strong><br />
cadere in errori ed eccessi. Dunque, <strong>violenza</strong><br />
giusta non come categoria del <strong>di</strong>ritto, al contrario,<br />
le cui con<strong>di</strong>zioni storiche il <strong>di</strong>ritto<br />
non può co<strong>di</strong>ficare, solo riconoscere a posteriori.<br />
Possono stabilirle, <strong>di</strong> volta in volta,<br />
soltanto le circostanze.<br />
La forza, date certe circostanze, può giustamente<br />
ed efficacemente esercitarsi arrivando<br />
ai limiti della <strong>violenza</strong> e perfino<br />
oltrepassarli. Ma perché abbia senso <strong>di</strong>scutere<br />
su questa tesi, giusta o sbagliata che sia,<br />
devo chiedermi se ho veramente la capacità<br />
<strong>di</strong> agire con tutta la forza potenzialmente<br />
mia, se ne <strong>di</strong>spongo effettivamente. Se non<br />
fosse così e se questo <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> energia fosse<br />
<strong>di</strong>ffuso, come temo, sarebbe ri<strong>di</strong>colo cercare<br />
un nuovo punto <strong>di</strong> leva, come voler saltare<br />
su un letto con le molle rotte. La<br />
pre<strong>di</strong>cazione anti<strong>violenza</strong>, nella misura in<br />
cui esclude a priori l’idea <strong>di</strong> <strong>una</strong> <strong>violenza</strong><br />
giusta, favorisce l’ab<strong>di</strong>cazione ad agire, se<br />
necessario, con tutta la forza necessaria. E<br />
18 mezzocielo luglio 2012<br />
<strong>violenza</strong><br />
ciò si ripercuote sull’intelligenza <strong>delle</strong> persone:<br />
chi non usa la sua forza quando gli sarebbe<br />
utile e necessario, sembra stupido,<br />
ma chi vi ha rinunciato a priori, lo <strong>di</strong>venta<br />
realmente. Nessuno lo <strong>di</strong>ce ma, secondo<br />
me, nell’appannarsi dell’intelligenza collettiva<br />
in questo nostro paese, non c’entra solo<br />
il consumismo e cose simili, ma anche la<br />
fine della sfida comunista che veicolava<br />
un’idea <strong>di</strong> <strong>violenza</strong> giusta, quella rivoluzionaria;<br />
poco importa qui il giu<strong>di</strong>zio politico,<br />
sto parlando <strong>di</strong> dosaggi interiori.<br />
Dicendo “tutta la forza necessaria”, intendo<br />
la duplice forza della consapevolezza (non il<br />
recriminare e lamentarsi ma vedere e rendersi<br />
conto fino in fondo) e del tirare le conseguenze<br />
pratiche e logiche, quelle che<br />
stanno nelle possibilità della persona che<br />
vede e si rende conto.<br />
Era nelle possibilità <strong>delle</strong> forze <strong>di</strong> pace presenti<br />
nella ex Iugoslavia <strong>di</strong>fendere i civili<br />
inermi che furono assassinati in massa a Srebrenica<br />
nel 1995. E invece che cosa hanno<br />
fatto i militari dell’Onu? Hanno aiutato a<br />
selezionare le vittime destinate al massacro:<br />
l’hanno fatto non per paura né per complicità<br />
ma per semplice stupi<strong>di</strong>tà, incapaci <strong>di</strong><br />
percepire il mostro dell’o<strong>di</strong>o che era davanti<br />
ai loro occhi.<br />
Era nelle possibilità degli abitanti dell’Aquila<br />
impe<strong>di</strong>re al capo del governo <strong>di</strong> fare della<br />
loro sventurata città la cornice massme<strong>di</strong>atica<br />
per la sua autopromozione. Sette volte il<br />
capo del governo <strong>è</strong> andato impunemente a<br />
fare passerella nella città <strong>di</strong>strutta dal terremoto.<br />
Se lo avessero mandato in<strong>di</strong>etro a fischi<br />
e sassate, come si meritava, come si<br />
usava <strong>una</strong> volta, come chiedevano i loro<br />
morti, quelli uccisi dal crollo <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici pubblici<br />
taroccati, ness<strong>una</strong> polizia avrebbe osato<br />
picchiarli e arrestarli. E il loro centro storico,<br />
chissà, non sarebbe più il mucchio <strong>di</strong> macerie<br />
transennate che continua a essere.<br />
I filosofi lamentano che confon<strong>di</strong>amo tra loro<br />
concetti <strong>di</strong>versi come potere, dominio, forza,<br />
<strong>violenza</strong>. D’accordo. Ma quando, per tutta risposta,<br />
si mettono a darci le loro accurate definizioni,<br />
vorrei <strong>di</strong>rgli: prima <strong>di</strong> ciò, dovreste<br />
indagare dove e come nasca la confusione. E<br />
chiedervi se per caso quella che appare <strong>una</strong><br />
confusione non sia la manifestazione <strong>di</strong> qualcosa<br />
che fareste bene a guardare più da vicino.<br />
Rileggete quel capolavoro racchiuso in<br />
poche pagine che <strong>è</strong> L’Iliade poema della<br />
forza <strong>di</strong> Simone Weil. Sebbene forza e <strong>violenza</strong><br />
siano fra loro ben <strong>di</strong>verse, separarle per<br />
definizione non fa che occultare un aspetto<br />
ineliminabile della realtà umana. Ci sono <strong>di</strong>stanze<br />
e prossimità che non si stabiliscono<br />
verbalmente ma attivamente: la definizione<br />
giusta la troveremo alla luce <strong>di</strong> questo agire.<br />
Insomma, meno filosofia e più pratica.<br />
dal saggio “Dio <strong>è</strong> volent...!”, Nottetempo Ed., € 6<br />
Maxxiartiste<br />
19 mezzocielo luglio 2012<br />
arte<br />
Ferrara 2012, Naiza Khan, artista pakistana<br />
Roma. Sventolano come ban<strong>di</strong>erine al sole davanti ai severi profili dell’architettura<br />
del Maxxi <strong>di</strong> Zaha Ha<strong>di</strong>d, le centinaia <strong>di</strong> magliette gonnelline e pantaloncini colorati <strong>di</strong><br />
Kaarina Kaikkonen, stesi sui fili, come si fa nei vicoli <strong>delle</strong> nostre città meri<strong>di</strong>onali. Un<br />
bell’ingresso, molto femminile che dà allegria e poi, dentro, <strong>di</strong> artiste ne trovi altre tre.<br />
Mostre corpose, importanti, Paola De Pietri che fotografa paesaggi silenziosi laddove<br />
cento anni fa ci furono guerre e urla <strong>di</strong> dolore e poi un focus molto articolato su Marisa<br />
Merz, e alla fine il colpo al cuore e al cervello lo dà la colombiana Doris Sulcedo. Una<br />
sala lunga, molto lunga, riempita da cento tavoli <strong>di</strong> legno grezzo scurito sui quali sono<br />
posati a gambe all’aria altrettanti tavoli scuri. E già sarebbe un drammatico vedere e sentire<br />
se da ogni tavolo capovolto, probabile bara <strong>di</strong> esseri umani in<strong>di</strong>fesi, non venissero<br />
fuori, dal legno vivo, come per miracolo, migliaia <strong>di</strong> fili d’erba. Veri fili d’erba, morbi<strong>di</strong><br />
e teneri da accarezzare <strong>di</strong> nascosto. L.B.<br />
Quando l’acido<br />
brucia anche l’anima<br />
È il titolo <strong>di</strong> un’esposizione <strong>di</strong> Shobha al nuovo Festival della Fotografia a Ragusa.<br />
“De<strong>di</strong>co questo progetto a Fakhra Yo<strong>una</strong>s, <strong>una</strong> bellissima danzatrice <strong>di</strong><br />
Karachi fuggita dal suo paese dopo che il marito nel sonno l’aveva bruciata<br />
con l’acido. Arrivata in Italia nel 2001 si era sottoposta a 39 operazioni, <strong>di</strong>ventando<br />
un simbolo per molte donne islamiche. Fakhra si <strong>è</strong> suicidata nel 2011”.<br />
La mostra <strong>è</strong> affiancata da un video <strong>di</strong> 27 minuti “Stop Acid Violence Against<br />
Humanity” realizzato da Shobha in Bangladesh nel 2012.<br />
http://www.ragusafotofestival.it/festival/le-mostre/38-quando-l-acido-sfigura-anche-l-anima
teatro<br />
Quante mani<br />
sopra <strong>di</strong> me<br />
Paola Nepi<br />
Fotografia <strong>di</strong> Massimo Carroccia, La scenografia dello spettacolo,<br />
Sono sola? Che <strong>di</strong>co!<br />
Non posso stare sola, il mio <strong>è</strong> un deserto affollato<br />
...<br />
Mani esperte, devote, mani <strong>di</strong>sposte ma straniere. Cuori<br />
stranieri con in bocca la loro musica straniera.<br />
Tra poco, lo so, comincerà la giostra ma, vi prego, tacete<br />
un attimo! Lasciatemi ascoltare, fuori c’<strong>è</strong> il silenzio del<br />
mattino …<br />
Il rito non si ferma.<br />
La mia carne nelle loro mani, il cuore altrove.<br />
...<br />
Aspettate! Non tiratemi ancora fuori dal guscio.<br />
Ancora i miei sguar<strong>di</strong> non hanno suono al loro sentire, le mani mi sono addosso, <strong>di</strong>sfanno<br />
l’illusorio calore della notte. Ma io chi sono? Dove sono? Chi sembro? Che posso fare?<br />
20 mezzocielo luglio 2012 21 mezzocielo luglio 2012<br />
teatro teatro<br />
La vita<br />
<strong>è</strong> come un fiume<br />
Come fare a descrivere chi e com’<strong>è</strong> Paola Nepi, e quanto<br />
io la ami e le sono vicina anche se sono lontana?<br />
Una volta l’andai a trovare. Paola era nel suo<br />
letto, senza potersi muovere e mi chiedeva <strong>di</strong> me,<br />
cosa facevo, eccetera – ed io cominciai a raccontare<br />
cercando <strong>di</strong> analizzare la mia vita. Paola mi fece<br />
parlare, e poi mi <strong>di</strong>sse “Perché tutti questi <strong>di</strong>scorsi<br />
e ragionamenti...? Sabi, la vita <strong>è</strong> come un<br />
fiume …”. Non stavo parlando con un saggio Zen,<br />
e tanto meno con Eraclito. Era Paola, la mia amica<br />
affetta da <strong>di</strong>strofia muscolare che si aggrava progressivamente.<br />
Lei era sul suo letto, non poteva<br />
muoversi, mentre io andavo e venivo, potevo correre,<br />
nuotare e ballare. Un’altra volta mi <strong>di</strong>sse: Io<br />
mi sento come un uccellino; se arriva un raggio<br />
<strong>di</strong> sole dalla finestra, sono felice”.<br />
Paola ha già scritto un libro <strong>di</strong> poesie, poi la sua autobiografia<br />
(Storie <strong>di</strong> via Cennino) e quest’inverno<br />
il testo per uno spettacolo multime<strong>di</strong>ale, Le mani<br />
addosso, da cui sono stati tratti gli stralci qui pubblicati.<br />
Anch’io sono andata a vedere lo spettacolo,<br />
assieme a numerosi amici venuti da tante <strong>parti</strong> d’Italia<br />
ed anche dall’estero. La scenografia riusciva a<br />
dare il senso dello spazio interiore <strong>di</strong> Paola e dei suoi<br />
sogni, attraverso un cielo immenso dove apparivano<br />
frammenti scomposti <strong>delle</strong> parole scritte quando ancora<br />
usava la penna. L’opera <strong>è</strong> stata messa in scena<br />
grazie al lavoro <strong>di</strong> numerosi artisti e persone amiche,<br />
tra cui il suo compagno Richard Ingersoll, il regista<br />
Tiziano Trevisiol, e l’attrice Lorella Serni che ha interpretato<br />
con grande intensità la sofferenza e la<br />
forza dell’autrice. È stata rappresentata a Cavriglia<br />
(Arezzo) l’8 marzo scorso, con il sostegno degli enti<br />
locali e della regione. Sabina<br />
Mani materne, mani matrigne, mani benedette, mani maledette, mani necessarie, mani in<strong>di</strong>spensabili!<br />
Mani! Mani! Inconsapevoli mani da cui spesso mi sento come scancellata, che del mio corpo<br />
leggono i bisogni, mai i desideri…<br />
Chiudo gli occhi, mi arrendo.<br />
Non ho scampo, incessante l’opera prosegue<br />
...<br />
Chi, per prima mi mise le mani addosso? Mi tastò con mani sconosciute fino allora ansiosa<br />
<strong>di</strong> scoprire cosa accadesse, e mi lasciò sperduta?<br />
...<br />
Sì, fu proprio lei che, in un giorno d’estate, d’improvviso caduta nell’abisso della paura, mi<br />
mise le mani addosso e mi marchiò con la sua ansia.<br />
Proprio quella madre dal sorriso ameno e lo sguardo severo. Lei che vedeva smpre tutto,<br />
che si accorse che crescevo sbilenca, che subito pensò che il destino della sua infanzia negata<br />
continuasse in me.<br />
Sì, lei che mi guadava come se si guardasse in uno specchio.<br />
E fu ancora lei che, per il mio bene, mentre io, in uno strano mattino in cui, <strong>di</strong>stratta, mi ero<br />
persa <strong>di</strong>etro la musica del mio primo treno, a mettermi – ignuda – sotto gli occhi <strong>di</strong> un uomo<br />
<strong>di</strong> scienza che prima mi mise le mani addosso e poi mi chiuse in gabbia….<br />
Io ch’ero farfalla!<br />
dal volume “Le mani addosso”, <strong>di</strong> Paola Nepi,<br />
e<strong>di</strong>z. della Meri<strong>di</strong>ana, Firenze € 10
cultura<br />
Ok la carriera<br />
ma non rinunciare<br />
a se stesse<br />
Dall’inizio <strong>di</strong> quest’anno l’APRE (Agenzia<br />
per la Promozione della Ricerca Europea)<br />
ha organizzato incontri in <strong>di</strong>verse città italiane<br />
dal titolo “Valorizzare la presenza<br />
femminile nella Ricerca e nell’Innovazione”.<br />
Quando l’invito per questa giornata formativa<br />
a Catania <strong>è</strong> arrivato sul tavolo del mio<br />
ufficio, la prima reazione <strong>è</strong> stata <strong>di</strong> irritazione:<br />
dopo più <strong>di</strong> 40 anni <strong>di</strong> femminismo<br />
(ero un’adolescente nel 1968) era ancora<br />
necessario ricordare al mondo maschile che<br />
la presenza femminile andava valorizzata?<br />
Dopo questa emotiva reazione ho riflettuto<br />
sui numeri che conosco come me<strong>di</strong>co e ricercatore<br />
del Consiglio Nazionale <strong>delle</strong> Ricerche<br />
(CNR) e che da soli illuminano su<br />
questa realtà.<br />
Al CNR ci sono 11 Di<strong>parti</strong>menti <strong>di</strong> cui solo<br />
uno <strong>è</strong> <strong>di</strong>retto da <strong>una</strong> donna e 107 Istituti<br />
con 18 Direttori <strong>di</strong> sesso femminile. Ci consoliamo<br />
con un vice Presidente donna.<br />
Un rapporto del 2009 della Commissione<br />
europea sulla parità <strong>di</strong> genere nella scienza<br />
ci informava che le donne pur rappresentando<br />
il 33 per cento dei ricercatori italiani,<br />
solo in <strong>una</strong> percentuale del 20% raggiunge<br />
posizioni <strong>di</strong> leadership.<br />
Nel 2011 a Firenze <strong>è</strong> stato organizzato un<br />
Convegno dalla Federazione Nazionale dei<br />
Me<strong>di</strong>ci e degli Odontoiatri (Fnomceo) in<br />
cui sono stati presentati gli ultimi dati, certamente<br />
non incoraggianti: solo <strong>una</strong> donna<br />
su 10 <strong>di</strong>venta primario e su 106 Or<strong>di</strong>ni dei<br />
Me<strong>di</strong>ci in Italia appena <strong>due</strong> (Gorizia e<br />
Fermo) hanno <strong>una</strong> presidenza al femminile.<br />
Eppure oggi, <strong>di</strong>cono i dati Fnomceo, nella<br />
fascia <strong>di</strong> età tra i 24 e i 29 anni i «camici<br />
rosa» sono 5.490 (circa il 64 per cento),<br />
mentre gli uomini sono 3.118. Se poi si sale<br />
<strong>di</strong> qualche anno, tra i 29 e i 34 anni, le<br />
donne me<strong>di</strong>co iscritte all’Albo sono 16.810<br />
(64,25%) contro 9.351 maschi.<br />
Nonostante la forte e significativa presenza<br />
<strong>di</strong> donne nel mondo della me<strong>di</strong>cina e della<br />
ricerca i posti occupati ai vertici non riflettono<br />
le stesse percentuali.<br />
Negli anni ottanta, appena laureata <strong>di</strong>cevo<br />
con veemenza che ero <strong>una</strong> donna ma volevo<br />
lavorare come un uomo; adesso, con<br />
maggiore consapevolezza e maturità affermo<br />
con la stessa veemenza che sono <strong>una</strong><br />
donna e voglio lavorare come <strong>una</strong> donna!<br />
Cosa significa? che ho imparato che il mio<br />
Angela Distefano* Auspicare a un incontro tra teoria e pratica<br />
non <strong>è</strong> uno slogan dei nostri giorni, piuttosto<br />
<strong>una</strong> richiesta (storicamente testata) per ridefinire<br />
l’identità <strong>di</strong> ogni realtà e sapere. Richiesta<br />
legittima, <strong>di</strong> certo, ma soggetta a<br />
innumerevoli contrad<strong>di</strong>zioni. E l’impressione<br />
modo <strong>di</strong> lavorare da donna <strong>è</strong> più produttivo,<br />
empatico, aggregante e innovativo ma<br />
coniugare famiglia e carriera <strong>è</strong> ancora <strong>una</strong><br />
sfida e <strong>una</strong> grande fatica. Forse per questo,<br />
alla fine, rinunciamo a raggiungere posizioni<br />
apicali. Infatti, ben il 30% <strong>delle</strong><br />
donne primario <strong>è</strong> single, il 30% <strong>è</strong> senza figli<br />
ed il 20% con un solo figlio. Le stesse percentuali,<br />
naturalmente, non riguardano il<br />
mondo maschile.<br />
Noi donne sappiamo lavorare in gruppo<br />
per raggiungere obiettivi e non potere; sappiamo<br />
confrontarci con competitività ma<br />
senza aggressività e la nostra presenza nei<br />
gruppi <strong>di</strong> lavoro e <strong>di</strong> ricerca <strong>è</strong> un valore aggiunto<br />
perché sappiamo mettere impegno,<br />
sacrificio e determinazione.<br />
Nei miei 30 anni <strong>di</strong> esperienza professionale<br />
ho anche imparato che noi donne possiamo<br />
trasferire nel nostro lavoro ciò che ci<br />
insegna l’esperienza familiare: il sapere<br />
ascoltare, capire i bisogni <strong>delle</strong> altre donne<br />
e provare sempre (o quasi) ad allentare tensioni<br />
e conciliare esigenze <strong>di</strong>verse.<br />
Mi piace aggiungere, inoltre, che la maternità<br />
potrebbe essere un valore aggiunto per<br />
le donne capo, perche con i figli s’imparano<br />
la tolleranza e la pazienza e l’importanza <strong>di</strong><br />
essere un modello da imitare piuttosto che<br />
un capo da temere.<br />
Alle giovani donne <strong>di</strong>co sempre <strong>di</strong> non<br />
vergognarsi mai <strong>delle</strong> loro incombenze familiari.<br />
Non si può essere un’ottima ricercatrice<br />
o in generale un’ottima professionista<br />
se non si riesce a essere anche <strong>una</strong><br />
buona madre perché sono i nostri figli la<br />
società <strong>di</strong> domani.<br />
Per tutto questo dobbiamo lottare e non<br />
solo per avere veramente pari opportunità<br />
nella carriera ma soprattutto per avere un<br />
mondo del lavoro coniugato al femminile<br />
che ci permetta <strong>di</strong> fare carriera senza rinunciare<br />
ad <strong>una</strong> vita familiare altrettanto gratificante<br />
e socialmente utile.<br />
* Ricercatore Istituto <strong>di</strong> Scienze Neurologiche -<br />
Consiglio Nazionale <strong>delle</strong> Ricerche<br />
La sven<strong>di</strong>ta del sapere<br />
stu<strong>di</strong>are solo per<br />
trovare lavoro?<br />
che ne viene fuori <strong>è</strong> quella <strong>di</strong> <strong>una</strong> cultura svilita<br />
a suon <strong>di</strong> monetine da un sistema-istruzione<br />
allo sbando, alla ricerca <strong>di</strong> ‘provvigioni’<br />
da investire su un capitale umano che rischia<br />
paradossalmente <strong>di</strong> non <strong>di</strong>ventare nemmeno<br />
forza-lavoro.<br />
La questione dei saperi vive infatti strani<br />
giorni, a causa <strong>delle</strong> <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> mercato <strong>di</strong><br />
chi da un lato sostiene <strong>di</strong> volere investire sul<br />
capitale umano, dall’altro non ne limita la<br />
fuga.<br />
In piena crisi economica l’Italia <strong>di</strong> oggi, da nazione<br />
giovane (almeno così ci avevano abituato<br />
a definirla vecchi manuali <strong>di</strong> storia, in<br />
relazione alla sua tar<strong>di</strong>va unificazione) <strong>è</strong> <strong>di</strong>ventata<br />
un “paese anziano”, dove circa <strong>due</strong><br />
milioni <strong>di</strong> giovani non lavorano e non stu<strong>di</strong>ano.<br />
Così, tra presunta mobilità e precarifantasmi,<br />
l’Italia da decenni sul ‘<strong>di</strong>scensore’ fa<br />
della <strong>di</strong>soccupazione il suo emblema.<br />
Dati recenti registrano il calo <strong>delle</strong> iscrizioni<br />
nei licei (sotto del 50% rispetto agli altri in<strong>di</strong>rizzi<br />
scolastici) e nelle università (queste sembrano<br />
infatti non rappresentare più i vecchi e<br />
rassicuranti parcheggi <strong>di</strong> <strong>una</strong> volta). Fra le<br />
scelte degli studenti sono privilegiati gli istituti<br />
tecnici e i professionali (rispettivamente con<br />
il 31.50% e con il 20.60% degli iscritti, stando<br />
ai dati rilasciati dal ministero per le iscrizioni<br />
2012-13, mentre i licei scendono del 47.90%).<br />
Emerge inoltre che tra i licei la scelta interessa<br />
perlopiù l’in<strong>di</strong>rizzo scientifico e linguistico a<br />
scapito <strong>di</strong> saperi umanistici, relegati nei ‘superati’<br />
licei classici, ormai non più in grado <strong>di</strong><br />
competere con meccanica, chimica, informatica<br />
e settore alberghiero.<br />
Come porsi, dunque, nei confronti della questione?<br />
Sarebbe troppo facile sostenere la tesi<br />
che la cultura vada al passo coi tempi e che le<br />
suddette iscrizioni a in<strong>di</strong>rizzo siano frutto <strong>di</strong><br />
libere scelte. E se tutto fosse invece <strong>una</strong> conseguenza<br />
<strong>di</strong> un contingente socio-economico<br />
che crea ancora <strong>una</strong> volta aspettative sulla<br />
base <strong>di</strong> stimoli impren<strong>di</strong>toriali, <strong>di</strong> liberalizzazioni<br />
(ve<strong>di</strong> imprese under 35) e appren<strong>di</strong>stati<br />
“professionalizzanti”?<br />
Se la questione <strong>è</strong> controversa (in relazione a<br />
interessi privati e pubblici), sulla base <strong>di</strong> rapporti<br />
<strong>di</strong> causa-effetto, dove in questo caso l’ef-<br />
22 mezzocielo luglio 2012 23 mezzocielo luglio 2012<br />
cultura cultura<br />
Francesca Saieva<br />
fetto-lavoro non sembra essere più garantito<br />
dalla causa-formazione, <strong>è</strong> certo però che, oggi<br />
più che mai, si sceglie la via più breve.<br />
Per esempio, per quanto riguarda le iscrizioni<br />
alle scuole <strong>di</strong> II grado, l’afflusso ai corsi triennali<br />
che rilasciano qualifiche specializzate (per<br />
inserimento ‘presumibilmente’ in tempi reali<br />
nel mondo del lavoro) rispecchia anche le esigenze<br />
della famiglia me<strong>di</strong>a italiana, sempre<br />
più a corto <strong>di</strong> risorse economiche, che stenta<br />
ad arrivare a fine mese e che non <strong>è</strong> in grado <strong>di</strong><br />
sobbarcarsi nella ‘avventura’ istruzione dei<br />
figli, tra costi <strong>di</strong> libri <strong>di</strong> testo e tasse universitarie<br />
in aumento.<br />
Che <strong>di</strong>re poi <strong>delle</strong> ‘raccolte punti’ dei corsi <strong>di</strong><br />
formazione per docenti precari, o degli stage<br />
e master per nuove ‘caste’ del sapere?… Insomma<br />
non si finisce mai <strong>di</strong> pagare! e così<br />
pure <strong>di</strong> stupirsi <strong>di</strong> fronte a iniziative ‘red<strong>di</strong>tizie’(non<br />
<strong>di</strong> certo per i docenti), quali i tirocini<br />
formativi (TFA) a pagamento per gli insegnanti,<br />
che aggiungeranno alla lista dei precari<br />
storici neo-precari, e a recenti notizie <strong>di</strong> un<br />
possibile imminente bando <strong>di</strong> concorso per i<br />
docenti che elude le vere problematiche scolastiche.<br />
E l’immagine che ne viene fuori della<br />
scuola italiana <strong>è</strong> ancora <strong>una</strong> volta quello <strong>di</strong> un<br />
sistema nel baratro, devastato e <strong>di</strong>stratto alla<br />
‘domanda’ e alla ‘offerta’ formativa stessa.<br />
Nel Belpaese la fuga dei cervelli <strong>di</strong>viene quasi<br />
‘privilegio’ se paragonata all’impossibilità <strong>di</strong><br />
molti giovani e meno giovani <strong>di</strong> assecondare<br />
le proprie attitu<strong>di</strong>ni e inclinazioni, non portando<br />
a compimento il proprio ciclo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>.<br />
Così che lo scarto culturale delimita la soglia<br />
tra pubblico e privato.<br />
Una vera e propria controtendenza sulla base<br />
<strong>delle</strong> esigenze-richieste dell’Ue “d’incrementare<br />
la percentuale <strong>di</strong> popolazione con <strong>una</strong><br />
laurea dei paesi Ue nella fascia d’età 30-34<br />
anni”.<br />
Nel declino <strong>di</strong> <strong>una</strong> società allo sbaraglio, tra<br />
paradossi e controtendenze, guar<strong>di</strong>amo l’assenza<br />
<strong>di</strong> <strong>una</strong> prassi attenta a interessi ideologico-culturali<br />
ed economici collettivi.<br />
Sì, dalle arti del trivio e del quadrivio alle aule<br />
‘pollaio’ il passo <strong>è</strong> stato breve, forse più <strong>di</strong><br />
quanto possa sembrare.
cultura<br />
Quel misogino <strong>di</strong> Euripide<br />
Si <strong>di</strong>ceva fosse misogino Euripide. E senza volerci<br />
girare troppo intorno, dato che appare ben<br />
possibile, l’ultimo, il più giovane della triade feconda<br />
dei drammaturghi greci, qualche novità,<br />
nel panorama uomo-donna-<strong>di</strong>vinità-Fato riuscì<br />
davvero a collocarla. E riguardo alla donna in<br />
<strong>parti</strong>colare. Se da lui viene infatti la pura e sofferente<br />
Ifigenia, la donna <strong>di</strong> Euripide, <strong>è</strong> piuttosto<br />
quella <strong>di</strong>segnata nella tragica passione <strong>di</strong> Fedra<br />
o nella vendetta dolente e forsennata <strong>di</strong> Medea.<br />
Donne che sprigionano <strong>una</strong> sessualità forte e manifesta,<br />
<strong>una</strong> passione spinta agli estremi, pronte a<br />
interfacciarsi con gli dei, pronte a pagare, con determinazione<br />
e coraggio. Anche il misfatto, anche<br />
la follia, <strong>di</strong> cui. sono autrici e vittime al tempo<br />
stesso. A tutt’oggi sono le creature euripidee che<br />
maggiormente gravitano, fuori dal mito a millenni<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza in o<strong>di</strong>erne realtà, come la nostra. Proprio<br />
per essere donne ed anche <strong>di</strong> più e <strong>di</strong>versamente<br />
da quanto non avvenga per il personaggio<br />
maschile, per “l’eroe”, più idonee a contenere le<br />
complessità e le sfumature dell’animo. Perché,<br />
nella donna, rimangono integri, come fuori dal<br />
tempo,il percorso <strong>di</strong>fficile e tortuoso dell’affermazione<br />
del suo ruolo, della sua vita stessa e lo strascico<br />
greve dei suoi <strong>di</strong>ritti negati.<br />
La donna protagonista in Euripide, merita, in<br />
qualsiasi momento lo si voglia fare, un <strong>di</strong>scorso<br />
ricco e stimolante. Il suo modello, – e siamo alla<br />
fine della potenza politica <strong>di</strong> Atene – rompe lo<br />
schema consueto e l’autore si fa talora imprudente,<br />
persino ambiguo: rende ossequio alla <strong>di</strong>vinità<br />
ma non evita <strong>di</strong> spiazzarla,<strong>di</strong>ssimula i suoi<br />
dubbi ma non la sua stessa sofferenza <strong>di</strong> autore.<br />
E tutt’oggi, ma va detto, come accade per Eschilo<br />
o per Sofocle, irrompe su un magnifico palcoscenico<br />
<strong>di</strong> pietra antica più volte genialmente attualizzato<br />
e inchioda lo spettatore. Quello che<br />
oggi,se ha in mano il suo iPad, si adopera a fermarne<br />
le immagini. Una solida verifica si <strong>è</strong> avuta<br />
quest’anno con l’e<strong>di</strong>zione de “Le baccanti”, spettacolo<br />
<strong>di</strong> grande raffinatezza scenografica per<br />
l’eccezionale apporto <strong>delle</strong> danzatrici dell’International<br />
Ballett <strong>di</strong> Marta Graham che ha impresso<br />
al testo un paio <strong>di</strong> tasselli in più in uno con<br />
la limpida e schietta regia <strong>di</strong> Antonio Calenda.<br />
Regista che non ha strizzato troppo l’occhio a<br />
Dioniso ma ha condotto con azzeccate intuizioni<br />
il suo gioco sarcastico e crudele, la sua superbia<br />
inalterata, forse alla fine oscurandone la vittoria.<br />
L’opera, l’ultima come <strong>è</strong> noto <strong>di</strong> Euripide, rappresentata<br />
per la prima volta dopo la sua morte,<br />
<strong>è</strong> teatralmente tra le più incisive e articolate. Ma<br />
pur sapendo dei riti greci, <strong>delle</strong> feste <strong>di</strong> Dionisio,<br />
<strong>di</strong> quanto in quelle occasioni avveniva, ci si chiede<br />
in <strong>parti</strong>colare se <strong>è</strong> solo a questo che Euripide fa<br />
riferimento o quanto e se volentieri faccia <strong>delle</strong><br />
donne baccanti ibrido strumento <strong>di</strong> <strong>una</strong> sua tesi<br />
più spinta, più audace ma a tratti ambigua.<br />
Rese folli da Dioniso che vuole ven<strong>di</strong>carsi <strong>di</strong><br />
chi non lo riconosce figlio <strong>di</strong> Zeus, le donne<br />
che si muovono in onore <strong>di</strong> Bacco fanno tre-<br />
24 mezzocielo Luglio 2012<br />
cultura<br />
Egle Palazzolo<br />
mare Tebe e si impongono vaganti e impren<strong>di</strong>bili<br />
per la loro forza, e la loro estrema crudeltà.<br />
Vale ripetere questo dato, del resto il più<br />
saliente della trage<strong>di</strong>a, per tornare alle iniziali<br />
riflessioni: In quest’opera Euripide fa <strong>delle</strong><br />
donne le vere protagoniste della sua trage<strong>di</strong>a,<br />
mentre vagano ebbre e <strong>di</strong>ssolute, ignare <strong>di</strong> ciò<br />
che erano e della loro maternità <strong>di</strong> cui faranno<br />
scempio. Come Agave del proprio figlio Panteo<br />
– che ha osato imprigionare Dioniso e <strong>di</strong>sconoscerne<br />
la natura <strong>di</strong>vina –. E dopo averlo<br />
<strong>di</strong>laniato insieme alle compagne questa madre<br />
infelice, non appena rinsavita ne porterà tra le<br />
mani, la testa ritenendola quella <strong>di</strong> un leone<br />
Dionisio infine <strong>è</strong> pago e non manifesta dubbi<br />
o rimpianti, le baccanti rientrano comprendendo<br />
senza scampo a quale trama, a quale<br />
iniquo fato il <strong>di</strong>o li aveva destinate.<br />
Ma Euripide si pone oggi <strong>di</strong> fronte ad un pubblico<br />
che non può ignorare se stesso e le sue <strong>di</strong>verse<br />
emozioni. A cui va perdonato se non si<br />
ferma troppo a deco<strong>di</strong>ficare. Inevitabilmente tra<br />
l’altro per quel che attiene al rapporto tra il <strong>di</strong>o e<br />
l’uomo così onnipresente nel mondo dei greci,<br />
nel Mito dominante. E, vien la tentazione <strong>di</strong> fare<br />
un leggero sgambetto ad Euripide. Era misogino?<br />
Si <strong>è</strong> impadronito <strong>delle</strong> baccanti e le ha fatto<br />
muovere nella follia, nel lutto, nel sangue? Eppure<br />
esse riescono a rimandarci <strong>una</strong> essenza persino<br />
gioiosa, che la trama e il suo sanguinario e<br />
infecondo sviluppo, non alterano ai nostri occhi:<br />
Per un momento sono donne in ogni caso “liberate”,<br />
che lasciano le loro <strong>di</strong>more, i loro compiti<br />
abituali,le loro quoti<strong>di</strong>ane sottomissioni. Vagano<br />
tra la bellezza della natura, la suggestione dei tramonti<br />
e del canto degli uccelli, libano a Bacco e<br />
accolgono il piacere, del proprio corpo e <strong>delle</strong><br />
proprie passioni. Avvertono il senso del “gruppo”<br />
dello stare insieme, della sintonia che tra loro si<br />
crea, della forza che sanno <strong>di</strong> poter sprigionare e<br />
della paura che ad altri ne deriva. Noi questo prodromo<br />
<strong>di</strong> donne insieme, capaci <strong>di</strong> dominare<br />
Tebe, ce lo teniamo. Dietro la follia riusciamo a<br />
<strong>di</strong>stinguere <strong>una</strong> natura imprigionata, <strong>una</strong> verità<br />
che la ragione comune <strong>di</strong>sattiva. Euripide <strong>è</strong> un<br />
grande drammaturgo della classicità, Noi, oggi in<br />
quella cavea, siamo, donne <strong>di</strong> <strong>una</strong> contemporaneità<br />
che, senza mescolare o imbastar<strong>di</strong>re il<br />
grande archetipo della Trage<strong>di</strong>a, si prende qualche<br />
sua libertà d’intendere. In tutto rispetto.<br />
Marilyn Monroe mai veramente<br />
amata<br />
Quando era ancora trentenne, e già ossessionata<br />
da un possibile viale del tramonto e<br />
dalla concorrenza <strong>di</strong> nuove temibili rivali,<br />
Marilyn Monroe, si reca a Londra perché<br />
chiamata nientemeno che da Sir Lawrence<br />
Olivier che la vuole come partner per il film<br />
Il Principe e la Ballerina da lui <strong>di</strong>retto. In effetti<br />
il grande attore aveva solo bisogno <strong>di</strong><br />
un’oca bionda, dal fisico <strong>di</strong>rompente che<br />
non insi<strong>di</strong>asse troppo la sua bravura, mentre<br />
Marilyn pensava che finalmente sarebbe<br />
stata apprezzata come attrice. E in effetti<br />
regge il confronto, superando la prova brillantemente,<br />
anche se il prezzo <strong>di</strong> questa sua<br />
rivalsa <strong>di</strong>venta per lei sempre più alto. Il film<br />
My week with Marilyn, in Italia semplicemente<br />
Marilyn, del regista inglese Simone<br />
Curtis, non racconta la vita della grande <strong>di</strong>va<br />
ormai cristallizzata nel tempo, ma il ricordo<br />
del giovane Colin, allora terzo aiuto regista<br />
del film, che accoglie con grande amore e de<strong>di</strong>zione<br />
il <strong>di</strong>sperato bisogno <strong>di</strong> ammirazione<br />
e perché no, <strong>di</strong> amore <strong>di</strong> cui la star aveva necessità<br />
per la sua stessa sopravvivenza, avida<br />
com’era <strong>di</strong> conferme e gratificazioni e non<br />
solo per il suo, sia pure apprezzabile fondo<br />
schiena, o il suo “sguardo da camera da<br />
letto”. Insicura, nevrotica, <strong>di</strong>vorata dalla<br />
paura <strong>di</strong> non essere all’altezza “nel suo sangue<br />
ribolliva <strong>una</strong> lista <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cinali da facoltà<br />
<strong>di</strong> farmacologia tutti accompagnati a liquori<br />
forti”. Un mix mici<strong>di</strong>ale fatto <strong>di</strong> farmaci, lavoro,<br />
mariti, amanti, amori più o meno impossibili<br />
per protagonisti fuori dalla sua<br />
portata, come i fratelli Kennedy, hanno segnato<br />
ogni giorno <strong>di</strong> più la sua corsa verso<br />
un crollo irreversibile. E viene da chiedersi<br />
come mai non si sia spezzata prima.<br />
La protagonista del film Michelle Williams,<br />
lontana anni luce dal voler somigliare a <strong>una</strong><br />
icona <strong>di</strong>fficile da imitare, con grande umiltà<br />
ha introiettato il personaggio Marilyn, evocandone<br />
fragilità e complessità, ma anche<br />
quel mix <strong>di</strong> sensualità e spontaneità irripetibili.<br />
Perfetto, come sempre, Kenneth Branagh-Lawrence<br />
Olivier, nel ruolo del grande<br />
attore, alquanto trombone, bisogna <strong>di</strong>rlo,<br />
sempre più insofferente ai ritar<strong>di</strong> interminabili<br />
e alle sparizioni della sua partner che,<br />
poco elegantemente, definiva “la più stupida<br />
sciacquetta che abbia mai incontrato”. (La<br />
stessa insofferenza denunceranno Jack Lemmon<br />
e Tony Curtis per le riprese <strong>di</strong> A qualcuno<br />
piace caldo). Tutto questo non era<br />
25 mezzocielo Luglio 2012<br />
cinema<br />
Giusi Catalfamo<br />
imputabile al suo voler essere <strong>di</strong>va, ma a notti<br />
insonni e angosciose, risolte con quantità industriali<br />
<strong>di</strong> barbiturici e alcool.<br />
E il film stigmatizza proprio lo scontro tra<br />
chi grande attore, vuole essere <strong>di</strong>vo, e chi,<br />
<strong>di</strong>va suo malgrado, vuole invece essere <strong>una</strong><br />
vera attrice. Il merito del film, secondo me,<br />
<strong>è</strong> quello <strong>di</strong> non avere frugato tra i tanti misteri<br />
e le trame oscure della vita <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />
donna <strong>di</strong>ventata leggenda e su cui l’avi<strong>di</strong>tà<br />
<strong>di</strong> biografi più o meno atten<strong>di</strong>bili ha voluto<br />
speculare e, da parte della protagonista, il<br />
non voler somigliare a un mito, perché ogni<br />
tentativo <strong>di</strong> imitazione sarebbe risultato caricaturale.<br />
Chi l’ha conosciuta, chi l’ha frequentata, chi<br />
l’ha curata, o chi forse involontariamente si<br />
<strong>è</strong> reso complice della sua tragica fine. Si<br />
sono incrementati sospetti e improbabili<br />
ipotesi della sua vita e della sua tragica<br />
morte, quando la verità, forse, <strong>è</strong> stata semplicemente<br />
quella <strong>di</strong> <strong>una</strong> donna fragile, incapace<br />
<strong>di</strong> reggere un gioco troppo grande<br />
per chiunque, e ancora <strong>di</strong> più per lei, già così<br />
incrinata. In questo senso il film non <strong>è</strong> un<br />
biopic, non vuole raccontare la sua biografia,<br />
ed <strong>è</strong> per questo che l’abbiamo apprezzato,<br />
per questo mi ha commosso. Non so se a<br />
questo punto posso <strong>di</strong>re che Marilyn sia un<br />
film da non perdere.<br />
Forse il ritmo non <strong>è</strong> proprio ottimale, forse<br />
la trama non <strong>è</strong> coinvolgente, forse <strong>è</strong> troppo<br />
“sobrio”, mai sbracato, ma forse, proprio<br />
per questo, ti lascia qualcosa dentro e anche<br />
tu, da spettatrice, cre<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivivere il dramma<br />
<strong>di</strong> chi forse non <strong>è</strong> mai stata veramente<br />
amata, la solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> chi si sente perennemente<br />
fuori posto.<br />
Un altro suo merito sono gli attori, tutti<br />
perfetti da Kenneth Branagh-Lawrence<br />
Olivier, a Ju<strong>di</strong> Dench, al giovane e sognante<br />
Ed<strong>di</strong>e Redmayne, ma il suo merito più<br />
grande <strong>è</strong> lei, la dolce, convincente intensa<br />
Michelle Williams, che per la sua interpretazione<br />
ha fatto incetta <strong>di</strong> meritati premi,<br />
insi<strong>di</strong>ando persino l’Oscar a <strong>una</strong> grande<br />
come Meryl Streep.<br />
cinema
Bangladesh, 2011<br />
Karnataka, 2012<br />
Fotografie <strong>di</strong> Shobha<br />
Kerala, 2012
cultura<br />
Con questo romanzo, Cose da pazzi fedelmente<br />
illustrate dalla “pazzariella” foto <strong>di</strong><br />
copertina <strong>di</strong> Shobha, per la prima volta nella<br />
sua carriera <strong>di</strong> scrittrice affermata e apprezzata<br />
da larghe fette <strong>di</strong> critica e pubblico, Evelina<br />
Santangelo parla della sua città, Palermo.<br />
Ma lo fa in un modo latente, <strong>di</strong>ssimulato nei<br />
lampi descrittivi in cui ciascun palermitano colloca<br />
la propria cognizione <strong>di</strong> luoghi vissuti, che<br />
<strong>di</strong>ventano perciò summa <strong>di</strong> <strong>una</strong> città mai citata<br />
né nominata nei suoi topoi identificativi, eppure<br />
“raccontata” con allusioni sociologiche e riferimenti<br />
spazio-temporali che <strong>di</strong>segnano la sua<br />
geografia urbana senza esitazioni. La storia si<br />
svolge dunque in <strong>una</strong> Palermo non detta ma<br />
evocata da certi fenomeni ricorrenti, lo scirocco,<br />
l’afa, la luce accecante <strong>di</strong> un sole implacabile, le<br />
lunghe ombre meri<strong>di</strong>ane, le piogge scroscianti<br />
che impattano con la debolezza del sistema fognario,<br />
mentre il resto del lavoro <strong>di</strong> ricognizione<br />
<strong>è</strong> svolto dagli scarni scenari urbani che avviluppano<br />
il microcosmo antropologico che ne <strong>è</strong> protagonista.<br />
È la storia <strong>di</strong> <strong>una</strong> famiglia, padre<br />
operaio che pur perdendo il lavoro non scende<br />
a compromessi, madre colombiana perfettamente<br />
integrata a simboleggiare un potenzialmente<br />
avvenuto melting<br />
pot, figlio ragazzino sveglio<br />
e perspicace che segue lo<br />
svolgersi della vita del<br />
quartiere, amatissimo, attraverso<br />
i propri e gli occhi<br />
del suo compagno e amico<br />
<strong>di</strong> avventure con<strong>di</strong>vise, il<br />
Richi che non proseguirà<br />
con lui ma che non svanirà<br />
dal suo orizzonte. Il ragazzino<br />
Rafael osserva e deduce,<br />
senza giu<strong>di</strong>care, i<br />
movimenti dell’umanità che<br />
popola quel microcosmo e<br />
da cui si scoprirà “segnato”<br />
(o meglio, lo scopriranno i<br />
lettori) quando, da adolescente<br />
costretto ad emigrare<br />
con la famiglia in <strong>una</strong><br />
grande città del nord, le memorie<br />
<strong>di</strong> luoghi e persone<br />
della sua infanzia incarneranno<br />
l’àncora <strong>di</strong> salvezza a<br />
cui appigliarsi per non deviare.<br />
Ed <strong>è</strong> qui che emerge<br />
con grande forza espressiva<br />
la figura della giovane professoressa,<br />
ovviamente precaria,<br />
che si <strong>è</strong> spesa con<br />
generosità proprio contro i<br />
libri<br />
Due focus sul bel libro<br />
<strong>di</strong> Evelina Santangelo<br />
Evelina Santangelo, Cose da pazzi, Einau<strong>di</strong> Ed. 2012, € 21,00<br />
rischi <strong>di</strong> <strong>una</strong>, altrimenti inevitabile, devianza <strong>di</strong><br />
pensieri e comportamenti dei suoi alunni “a rischio”.<br />
Ho trovato, nel raccontare <strong>di</strong> Evelina<br />
Santangelo, l’evolversi <strong>di</strong> uno sguardo che, da<br />
indulgente e protettivo nei confronti del piccolo<br />
campione umano che situa nel quartiere<br />
Spina, <strong>di</strong>venta, lungo lo svolgersi del romanzo,<br />
desolato e perfino sconfortato nell’epilogo che<br />
racchiude, anche qui, la summa dei mali del<br />
nostro tempo e <strong>delle</strong> vittime lasciate sul terreno.<br />
I prodromi <strong>di</strong> quel che avverrà si annidano<br />
però nel crescendo <strong>delle</strong> trasformazioni<br />
subite dal quartiere: la nascita come funghi <strong>di</strong><br />
pub, boutique, ristoranti alla moda, abiti firmati<br />
e parole nuove sfoggiati come status <strong>di</strong><br />
<strong>una</strong> modernità solo epidermica, segnali <strong>di</strong><br />
cambiamenti che si accompagnano inevitabilmente<br />
al controllo mafioso del territorio, alla<br />
per<strong>di</strong>ta del lavoro e alla offerta <strong>di</strong> scorciatoie<br />
da parte <strong>di</strong> piccoli aspiranti boss, fino alla emigrazione<br />
e alla per<strong>di</strong>ta <strong>delle</strong> ra<strong>di</strong>ci che porta,<br />
non solo Rafael, a contatto con la terribile realtà<br />
dello straniamento, urbano e sociale. Ma<br />
il modo <strong>di</strong> sfuggire a tutto questo, Evelina lo<br />
cela nella sua “non descrizione” della città che<br />
le simboleggia tutte. Rosanna Pirajno<br />
Collegamenti forse impropri<br />
Rafael, il protagonista del libro <strong>di</strong> Evelina, lascia Palermo per il<br />
Nord, dove <strong>è</strong> tentato <strong>di</strong> farsi giustizia con la <strong>violenza</strong>. È fermato<br />
dalla polizia, caricato su <strong>una</strong> camionetta, e comincia a riflettere…<br />
Qui il libro finisce. Nella storia e nella letteratura <strong>di</strong> Sicilia: quanti<br />
giovani hanno cercato la salvezza nella <strong>violenza</strong> o fuori dell’isola.<br />
1972 – Un giovane siciliano, Giuseppe Di Maria, tenta a Torino<br />
<strong>una</strong> rapina a mano armata, ed <strong>è</strong> quasi linciato dalla folla. Ne parla,<br />
in uno splen<strong>di</strong>do libro del 1977, Giuliana Sala<strong>di</strong>no. Il libro <strong>è</strong><br />
“Terra <strong>di</strong> rapina”. Ecco alcune righe: “Per me <strong>è</strong> finita ha detto nel<br />
pomeriggio dopo ore <strong>di</strong> mutismo. È finita, ma dove, quando, come<br />
<strong>è</strong> cominciata per lui? Dove: nel più desolato interno dell’isola...<br />
Quando: nel giorno in cui <strong>una</strong> somma <strong>di</strong> frazioni <strong>di</strong> pensieri prese<br />
corpo e <strong>di</strong>ventò prima <strong>una</strong> certezza – se non mi dò aiuto non ho speranza<br />
– e poi <strong>una</strong> decisione, quella <strong>di</strong> rischiare…Come: sostituendo<br />
alla zappa un revolver”. Ma possiamo tornare molto più in<strong>di</strong>etro.<br />
1881 – Una famiglia <strong>di</strong> pescatori <strong>è</strong> <strong>di</strong>strutta da <strong>una</strong> serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgrazie,<br />
economiche e personali. ‘Ntoni, il figlio più bello, perduto<br />
<strong>di</strong>etro il vino e coinvolto in un piccolo contrabbando, accoltella<br />
<strong>una</strong> guar<strong>di</strong>a giurata, ed <strong>è</strong> condannato ad otto anni <strong>di</strong> carcere. Tornando<br />
<strong>di</strong> notte, per rivedere quello che resta della sua antica famiglia,<br />
<strong>di</strong>ce: “Andrò lontano, dove troverò da buscarmi il pane, e<br />
nessuno saprà chi sono”... Sono le ultime pagine dei I Malavoglia,<br />
un capolavoro della letteratura italiana, <strong>di</strong> Giovanni Verga, opera<br />
che apre il ciclo letterario (rimasto incompiuto) de I vinti. Ci sarà<br />
un domani, stiamo costruendo un domani, in cui non sarà più questo<br />
il destino dei più emarginati giovani siciliani?<br />
S. M.<br />
28 mezzocielo luglio 2012<br />
libri<br />
Fotografia <strong>di</strong> Margò Ovcharenko, Hermitage<br />
La Sicilia oggi, ieri e l’altro ieri<br />
Correndo il rischio <strong>di</strong> essere considerata esagerata,<br />
<strong>di</strong>co che questo libro <strong>è</strong> un piccolo miracolo.<br />
Raccontare, in meno <strong>di</strong> 300 pagine,<br />
la storia tutta della Sicilia – dalle “civiltà <strong>di</strong>menticate”<br />
dell’ultima età del bronzo fino a<br />
Salvatore Cuffaro che entra a Rebibbia, <strong>è</strong><br />
un’impresa che si può considerare impossibile,<br />
ma che Amelia Crisantino ha condotto<br />
felicemente in porto. Il filo contorto e affascinante<br />
della vita economica, sociale e politica<br />
<strong>di</strong> questa splen<strong>di</strong>da e insopportabile<br />
isola, si <strong>di</strong>pana con precisione e agilità attraverso<br />
sei essenziali capitoli, ciascuno sud<strong>di</strong>viso<br />
a propria volta in sette paragrafi.<br />
Un’audace cronologia a fine libro elenca in<br />
sei paginette gli eventi principali dal 735<br />
avanti Cristo al 2011 (dopo Cristo!).<br />
Piccolo libro, ma gran<strong>di</strong> ambizioni – come<br />
suggerisce il sottotitolo “Le ra<strong>di</strong>ci antiche dei<br />
problemi <strong>di</strong> oggi”. Perché la nostra <strong>di</strong>pendenza<br />
economica? Perché la miseria morale della<br />
classe <strong>di</strong>rigente siciliana? Perché la costante<br />
presenza <strong>di</strong> gruppi violenti (che oggi chiamiamo<br />
mafia, ma che in forme <strong>di</strong>verse hanno<br />
sempre imperversato in Sicilia) con<strong>di</strong>ziona la<br />
nostra vita comune? Chi leggerà il libro (che<br />
caldamente raccomando) andrà via via in<strong>di</strong>viduando<br />
acute e pungenti risposte (o ipotesi <strong>di</strong><br />
risposte) a queste ed altre dolenti domande.<br />
Le origini poco nobili dei nobili siciliani, la<br />
loro resistenza ad ogni innovazione portata<br />
dall’esterno, la poca o nulla capacità impren<strong>di</strong>toriale<br />
dei nativi, che hanno quasi sempre<br />
lasciato ad altri (fossero genovesi od inglesi)<br />
lo sfruttamento e la commercializzazione<br />
<strong>delle</strong> risorse locali, la compresenza <strong>di</strong> ribellismo<br />
e servilismo, le rare ma splen<strong>di</strong>de rivolte<br />
che hanno puntellato la nostra storia, ma che<br />
sono state sempre riassorbite dai potenti, per<br />
la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> darsi <strong>una</strong> <strong>di</strong>rezione coerente (e<br />
per la bieca reazione dei ceti <strong>di</strong>rigenti locali e<br />
nazionali); il mix (che si riproduce costantemente<br />
nei secoli pur tanto <strong>di</strong>versi) tra riven<strong>di</strong>cazioni<br />
autonomiste, opposizione allo stato<br />
centrale, e richieste <strong>di</strong> privilegi ed assistenza.<br />
Tra le pagine alcuni medaglioni (graficamente<br />
<strong>di</strong>stinti dal testo) illustrano singoli argomenti<br />
ed illuminano, partendo da <strong>una</strong> <strong>parti</strong>colare<br />
messa a fuoco, il contesto della narrazione<br />
complessiva. Ed ecco Le strade, Ruggero II,<br />
Idrisi e la nascita della geografia, Il terremoto,<br />
Zucchero <strong>di</strong> Sicilia, Napoleone e lo sbarco in<br />
Sicilia, Il canonico illuminista, ecc. ecc.<br />
L’ultimo capitolo si sofferma con ampiezza sui<br />
nostri giorni, con analisi estese e polemiche<br />
che in gran parte con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo. Si rivela così<br />
la passione politica dell’autrice, che fronteggia<br />
la sapiente (e a volte anche ironica!) serenità<br />
della storica. Simona Mafai<br />
Amelia Crisantino, Breve storia della Sicilia,<br />
Di Girolamo Ed., € 12,90<br />
29 mezzocielo luglio 2012
cultura<br />
libri<br />
In Italia come sappiamo per <strong>di</strong>vorziare occorre affrontare <strong>due</strong> <strong>di</strong>stinti processi: quello<br />
della separazione e poi quello del <strong>di</strong>vorzio, con <strong>due</strong> <strong>di</strong>stinti mandati e <strong>due</strong> <strong>di</strong>stinte parcelle.<br />
Tempi biblici quando esso non <strong>è</strong> consensuale, da sei a otto anni circa. All’estero,<br />
invece, <strong>è</strong> possibile <strong>di</strong>vorziare subito senza passare per la fase della separazione (<strong>due</strong> anni<br />
in presenza <strong>di</strong> figli minori un anno senza). Dall’Unione Europea arriva <strong>una</strong> scorciatoia a<br />
decorrere dal 21 giugno un nuovo strumento giuri<strong>di</strong>co: l’entrata in vigore del regolamento<br />
europeo che <strong>di</strong>sciplina le separazione e il <strong>di</strong>vorzio che abbiano aspetti transnazionali<br />
cio<strong>è</strong> soggetti appartenenti a <strong>di</strong>versi stati membri, i quali potranno scegliere <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>vorziare, purch<strong>è</strong> <strong>di</strong>mostrino la residenza nel paese da loro stessi ritenuto più conveniente<br />
in cui vige tale regolamento cosiddetto “<strong>di</strong>vorzio breve” basterà pertanto, per esempio,<br />
che la coppia si presenti al giu<strong>di</strong>ce italiano e uno dei <strong>due</strong> sia <strong>di</strong> altra nazionalità<br />
o residente in altro paese e chieda l’applicazione dell’or<strong>di</strong>namento straniero. In attesa<br />
che il Parlamento Italiano provveda alla riforma del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, tanto agognato,<br />
accontentiamoci <strong>di</strong> un aiuto dall’Europa. Adriana Palmeri<br />
“Ho fame <strong>di</strong> giustizia”<br />
È stato ripubblicato il libro “Ho fame <strong>di</strong> giustizia.<br />
La rivolta <strong>delle</strong> donne a Palermo contro<br />
la mafia”, a cura <strong>di</strong> Angela Lanza<br />
(Navarra Ed.). Il libro, uscito la prima volta<br />
nel’94, racconta l’esperienza <strong>delle</strong> “donne<br />
del <strong>di</strong>giuno” a Palermo durante l’estate del<br />
1992: risposta imme<strong>di</strong>ata alle stragi mafiose,<br />
sotto l’impulso <strong>di</strong> <strong>una</strong> forte emozione, ma<br />
politicamente me<strong>di</strong>tata, testimonianza significativa<br />
e <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> un’esperienza con<strong>di</strong>visa.<br />
Il <strong>di</strong>giuno, iniziato da un gruppo <strong>di</strong> un<strong>di</strong>ci<br />
donne riunitesi nella sede dell’UDI <strong>di</strong> Palermo<br />
subito dopo i funerali <strong>di</strong> Paolo Borsellino,<br />
<strong>è</strong> durato un mese. Un mese <strong>di</strong><br />
esposizione totale in piazza che significava<br />
non mostrare paura, non sentirsi sopraffatte<br />
dall’impotenza e dall’insignificanza <strong>di</strong> fronte<br />
a un potere oscuro e violento, cercare e costruire<br />
relazioni con altre donne, e uomini.<br />
Fin da subito le adesioni al <strong>di</strong>giuno sono<br />
state moltissime; nella calura <strong>di</strong> luglio piazza<br />
Castelnuovo era brulicante <strong>di</strong> donne e uomini,<br />
<strong>di</strong> idee e parole forti e significative. Si<br />
<strong>di</strong>gi<strong>una</strong>va a gruppi, alternandosi a staffetta,<br />
e poi si continuava a partecipare alla vita politica<br />
citta<strong>di</strong>na e nazionale. Le testimonianze<br />
<strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ne e citta<strong>di</strong>ni, mai anonime, erano<br />
numerosissime, come le manifestazioni <strong>di</strong><br />
solidarietà da varie <strong>parti</strong> d’Italia e d’Europa.<br />
Tutto questo e molto altro <strong>è</strong> stata l’esperienza<br />
<strong>delle</strong> “donne del <strong>di</strong>giuno” e ad Angela<br />
Lanza, che ne ha con<strong>di</strong>viso il vissuto, va<br />
il merito <strong>di</strong> averne tramandato la memoria<br />
par chi non c’era (soprattutto le giovani generazioni)<br />
ma anche per quelle e quelli che<br />
c’erano e possono rivivere l’atmosfera <strong>di</strong><br />
quei giorni, confrontare la narrazione, l’intreccio<br />
<strong>di</strong> voci femminili, con la propria pra-<br />
30 mezzocielo luglio 2012<br />
P O C H E R I G H E<br />
tica. Anche chi scrive era <strong>una</strong> donna del <strong>di</strong>giuno.<br />
Per me <strong>di</strong>gi<strong>una</strong>re ha significato esprimere<br />
<strong>di</strong>sprezzo e <strong>di</strong>stanza nei confronti <strong>di</strong><br />
un nutrimento velenoso e mortifero come le<br />
logiche e le collusioni col malcostume mafioso.<br />
Ha significato avere voce e mostrare,<br />
insieme alle altre, <strong>una</strong> pratica <strong>di</strong>fferente e<br />
con<strong>di</strong>visa che, abolendo le appartenenze <strong>di</strong><br />
ogn<strong>una</strong>, ha privilegiato lo scambio, la relazione,<br />
l’attenzione reciproca. Non <strong>è</strong> stata impresa<br />
semplice, ma il risultato <strong>è</strong> stato<br />
l’affermazione <strong>di</strong> autorità femminile che ci<br />
ha dato parola ascoltata e autorevole.<br />
Dopo vent’anni alcune <strong>delle</strong> parole forti <strong>di</strong><br />
allora sono <strong>di</strong> assoluta attualità: l’assunzione<br />
<strong>di</strong> responsabilità, la coerenza rispetto alle<br />
idee professate, la trasparenza unita alla <strong>di</strong>screzione<br />
e alla correttezza <strong>di</strong> comportamento<br />
in pubblico e in privato, la solidarietà<br />
nei confronti <strong>di</strong> chi continua a seguire la<br />
strada segnata da Falcone e Borsellino, irta<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà e zone buie. Mai avremmo pensato<br />
che nei giorni dell’omaggio alle vittime<br />
<strong>delle</strong> stragi, della partecipazione convinta <strong>di</strong><br />
tutta <strong>una</strong> popolazione, nei giorni del <strong>di</strong>giuno<br />
in piazza, la trattativa Stato-mafia continuava<br />
il suo percorso segreto e oscuro!<br />
La nuova e<strong>di</strong>zione del libro <strong>è</strong> arricchita da<br />
scritti <strong>di</strong> Daniela Dioguar<strong>di</strong>, Rita Borsellino,<br />
Franca Imbergamo, Piera Aiello;<br />
donne autorevoli che riflettono su come<br />
sono cambiate le loro vite, sulle tortuosità<br />
della politica in questi vent’anni, sulle<br />
ambiguità <strong>di</strong> certa antimafia, sul significato<br />
dell’impegno incon<strong>di</strong>zionato <strong>delle</strong><br />
“donne del <strong>di</strong>giuno”, ancora attuale e<br />
propositivo.<br />
Emi Monteneri<br />
libri<br />
L’ultima decade <strong>di</strong> Maggio <strong>è</strong> stata funestata da un altro terremoto che non sconvolge<br />
nessuno ma penso in<strong>di</strong>gni tutti: il terremoto nel mondo del calcio. Si scoprono altre <strong>parti</strong>te<br />
truccate per seguire l’iter <strong>delle</strong> scommesse. La procura indaga: alcuni patteggiano,<br />
altri confessano, insomma l’inchiesta si <strong>di</strong>mostra opport<strong>una</strong>. Eppure il 30 maggio il portiere<br />
della nazionale Buffon convoca giornalisti e televisioni. Afferma <strong>di</strong> essere fuori da<br />
qualunque giro <strong>di</strong> scommesse e <strong>di</strong> aver fatto <strong>una</strong> carriera integerrima e virtuosamente<br />
ammonisce i giu<strong>di</strong>ci «Non si può giocare con la vita <strong>delle</strong> persone». Il popolo del calcio<br />
lo osanna! I non tifosi, tenendo conto che nessuno l’aveva interrogato, restano perplessi.<br />
Qualche giorno dopo gli inquirenti, indagando su un tizio che ha <strong>una</strong> ricevitoria <strong>di</strong> scommesse,<br />
scoprono un flusso <strong>di</strong> assegni, tutti <strong>di</strong> notevole entità, che arrivano a lui <strong>di</strong>rettamente<br />
proprio da Buffon. Gli avvocati <strong>di</strong>fendono il calciatore chiedendo a noi tutti<br />
“Perché un onesto giocatore non può mandare dei sol<strong>di</strong> ad un suo amico anche se ha<br />
<strong>una</strong> ricevitoria?” Noi pensiamo al proverbio “Excusatio non petita accusatio manifesta”.<br />
La procura non si ferma. Silvana Fernandez<br />
Su e giù per gli scaffali<br />
Agata Tuszynska, Wiera Gran. L’accusata,<br />
Einau<strong>di</strong>, € 20,00<br />
Varsavia, 1941. Wiera Gran, la cantante più<br />
bella e famosa del ghetto, sopravvissuta all’Olocausto,<br />
cerca <strong>di</strong> guardare avanti.<br />
Ma l’accusa <strong>di</strong> collaborazionismo e il silenzio<br />
del suo pianista, Szpilman, pesano su <strong>di</strong> lei<br />
come <strong>una</strong> condanna.<br />
Della stella <strong>di</strong> Varsavia non resterà che un<br />
capro espiatorio, <strong>una</strong> ebrea errante destinata<br />
alla follia.<br />
Jeannette Winterson, Perché essere felice<br />
quando puoi essere normale?, Mondadori,<br />
€ 18,00<br />
La Winterson ha se<strong>di</strong>ci anni quando la madre<br />
adottiva le rivolge la domanda che <strong>è</strong> il titolo <strong>di</strong><br />
questo libro intimo e drammatico.<br />
Il racconto <strong>di</strong> <strong>una</strong> vita de<strong>di</strong>cata ad affermare<br />
se stessa, la propria omosessualità e l’amore<br />
per i libri.<br />
Una prova <strong>di</strong> generosità e <strong>di</strong> onestà intellettuale,<br />
<strong>una</strong> storia tragica, ma anche allegra, proprio<br />
come la scrittura della Winterson.<br />
Siri Hustvedt, L’estate senza uomini, Einau<strong>di</strong>,<br />
€ 17,00<br />
La preve<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> un uomo contro l’impreve<strong>di</strong>bilità<br />
<strong>di</strong> <strong>una</strong> donna. Boris lascia Mia per<br />
un’amante più giovane. Mia lascia il tetto coniugale<br />
per il paese natìo, in Minnesota. Trascorre<br />
la sua convalescenza in un’estate senza<br />
uomini, circondata da donne <strong>di</strong> ogni età,<br />
molto intellettuali e conflittuali (altro che piccola<br />
provincia i<strong>di</strong>llica!).<br />
Ma proprio questa problematicità aiuterà Mia<br />
a ritrovare la sua in<strong>di</strong>pendenza e il desiderio<br />
<strong>di</strong> amare ed essere amata.<br />
Stefania Scateni, Dove sono, Nottetempo,<br />
€ 14,00<br />
Ottimo esempio <strong>di</strong> autofiction (modo <strong>di</strong> narrare<br />
che utilizza l’autobiografia senza l’obbligo<br />
<strong>di</strong> attenersi strettamente alla verità dei fatti), il<br />
romanzo racconta <strong>di</strong> Chiara e del suo amore<br />
travagliato per Paolo. Chiara scrive lettere che<br />
non imbuca per conoscersi e per <strong>di</strong>panare un<br />
passato <strong>di</strong> <strong>violenza</strong> sulle donne e <strong>di</strong> dolore familiare<br />
al quale lei vuole sottrarsi. Forte, problematico<br />
e dolce.<br />
Stefania Scateni <strong>di</strong>rige le pagine culturali<br />
dell’Unità. Dove sono <strong>è</strong> il suo primo romanzo.<br />
Annalena McAfee, L’esclusiva, Einau<strong>di</strong>,<br />
€ 21,00<br />
Quando Honor Tait, “decana del giornalismo<br />
britannico”, incontra Tamara Sim, giovane autrice<br />
<strong>di</strong> pezzi traboccanti <strong>di</strong> gossip, in realtà<br />
sono <strong>due</strong> mon<strong>di</strong> che si scontrano: l’informazione<br />
onesta del passato contro i pettegolezzi<br />
usa e getta del presente.<br />
Ma, oggi come ieri, la penna si rivela un’arma<br />
potente, capace <strong>di</strong> avvicinare anche persone<br />
<strong>di</strong>versissime e <strong>di</strong> sgretolare facciate impeccabili.<br />
Loredana Mancino - Modus Viven<strong>di</strong><br />
31 mezzocielo luglio 2012
mezzocielo<br />
Direzione<br />
Rosanna Pirajno (<strong>di</strong>rettrice responsabile)<br />
Letizia Battaglia (art <strong>di</strong>rector)<br />
Simona Mafai (coor<strong>di</strong>namento)<br />
Redazione<br />
Beatrice Agnello, Carla Aleo Nero, Rita Calabrese, Giusi Catalfamo,<br />
Daniela Dioguar<strong>di</strong>, Maria Chiara Di Trapani, Silvana Fernandez,<br />
Gisella Mo<strong>di</strong>ca, Leontine Regine, Francesca Saieva,<br />
Maria Concetta Sala, Stefania Savoia, Shobha, Francesca Traína<br />
Impaginazione e grafica<br />
Letizia Battaglia<br />
Massimiliano Martorana<br />
E<strong>di</strong>tore<br />
Associazione <strong>Mezzocielo</strong><br />
Responsabile E<strong>di</strong>toriale<br />
Adriana Palmeri<br />
e-mail:<br />
mezzocielo.posta@yahoo.it<br />
Il lavoro redazionale e le collaborazioni<br />
sono forniti gratuitamente<br />
Stampa<br />
Istituto Poligrafico Europeo srl<br />
Contrada Zaccanelli<br />
Roccapalumba (Palermo)<br />
Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> luglio 2012<br />
Reg. al Trib. <strong>di</strong> Palermo il 19-3-’92<br />
Quota associativa annua:<br />
or<strong>di</strong>naria: € 30,00<br />
sostenitrice: € 60,00<br />
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Hanno sottoscritto e rinnovato l’abbonamento:<br />
Letizia Battaglia, Silvana Fernandez, Adriana Palmeri, Simona Mafai, Francesca<br />
Traina (€ 100); Chiara Notararigo (€ 60); Angela Di Stefano (€ 50); Rosario<br />
Cubello, Mariolina Sardo (€ 40).<br />
32 mezzocielo luglio 2012<br />
intemperanze<br />
Fatima era <strong>una</strong> <strong>di</strong> noi<br />
Qualche giorno prima, pur sapendo <strong>di</strong> dover morire, ha scritto: “Era il 1973. Ero giovane<br />
e piena <strong>di</strong> sogni. Oggi svegliarmi con il sottofondo <strong>di</strong> un’altra poesia, in un luogo<br />
dove tendono a spegnere i sogni <strong>di</strong> tutti, mi dà la percezione <strong>di</strong> un passato molto importante<br />
che rende il mio presente inespugnabile”. E lo era davvero inespugnabile.<br />
Io la ricordo nel 1973. Poco più che bambina, sotto casa, interrompevo i giochi in<br />
cui ero intenta per guardarla passare. E non solo per la bellezza o il sorriso lucente.<br />
Allora non capivo cosa potesse renderla così speciale, adesso so che quello che seduceva,<br />
più <strong>di</strong> ogni altra cosa, era la forza gentile con cui convertiva in sostanza i propri<br />
sogni.<br />
Ecco perché, a ogni passo, la sua energia sembrava muovere l’aria immobile della<br />
città <strong>di</strong> provincia dove, entrambe, siamo cresciute.<br />
In molti ricorderanno che la sua passione più grande sono stati, da sempre, i bambini.<br />
In <strong>parti</strong>colare i piccoli rom <strong>di</strong> Palermo dei quali abbracciava la <strong>di</strong>versità emarginata<br />
con <strong>una</strong> solidarietà senza perimetro.<br />
Li preparava alla vita che li attendeva. Li istruiva, li fortificava o forse li amava soltanto.<br />
Fatima in arabo significa colei che svezza i bambini. Nomen omen, nel nome un presagio.<br />
Da sempre impegnata nel sociale e nella politica, nonostante l’appuntamento, inderogabile,<br />
che l’attendeva, aveva deciso <strong>di</strong> can<strong>di</strong>darsi alle elezioni amministrative <strong>di</strong><br />
Palermo.<br />
Senza pensare, nemmeno per un attimo, <strong>di</strong> cedere il passo alla <strong>malattia</strong>.<br />
Con un unico <strong>di</strong>segno, preciso: sfruttare ogni battito del suo tempo, partecipare, fino<br />
alla fine, al cambiamento in cui credeva.<br />
Prima <strong>di</strong> andare, ha anche preparato il suo saluto.<br />
Nessun fazzoletto listato a lutto, fuori dalla chiesa, a salutare la bara.<br />
Ha voluto che sventolassero ban<strong>di</strong>ere rosse, il sottofondo <strong>di</strong> “Bella ciao” ad accompagnarla.<br />
Fatima ha assistito, viva, alla sua morte come ad un cambio <strong>di</strong> stagione, un passaggio<br />
necessario.<br />
È sopravvissuta indenne al rigore dell’inverno.<br />
E non poteva essere altrimenti. Era nata il 21 marzo. Il primo giorno <strong>di</strong> primavera.<br />
Cettina Musca<br />
Un caro amico<br />
Mimmo Carnevale, il nostro amato tipografo fondatore dell’Istituto Poligrafico<br />
Europeo, dove si stampa <strong>Mezzocielo</strong>, <strong>è</strong> scomparso il maggio scorso. Mimmo ha<br />
sempre appoggiato, sostenuto ed incoraggiato il nostro giornale venendo incontro<br />
alle nostre esigenze.<br />
Per questo la nostra redazione lo ringrazia sentitamente e, con cordoglio, <strong>è</strong> vicina<br />
alla famiglia.
Antonia Azzolini, Fabiola Speranza,<br />
Stefania Mighali, Daniela Fiorentino,<br />
Nunzia Rintinella, Rosetta Trovato,<br />
Grazia Tarkowska, Enzina Cappuccio,<br />
Christina Marin, Domenica<br />
Menna, Leda Corbelli, Ave Ferraguti,<br />
Antonella Riotino, Rosanna Siciliano,<br />
Antonia Bianco, Edyta Kozakiewcz,<br />
Elisabeth Sacchiano, Gabriella Lanza,<br />
Francesca Alleruzzo, Chiara Matalone,<br />
Gabriella Falzoni, Esmeralda<br />
Enclada, Rita Pullara, Vanessa Scialfa,<br />
Concetta Milone, Annamaria Pinto,<br />
Hane Gjelaj, Carmela Imun<strong>di</strong>, Alfina<br />
Grande, Camilla Auciello, Gianna<br />
Toni, Giacomina Zanchetta, Pierina<br />
Bau<strong>di</strong>no, Matilde Passa, Julissa<br />
Reyes, Giovanna Sfoglietta, Tiziana<br />
Olivieri, Alessandra Cubeddo, Maria<br />
Diviccaro, Maria Strafile, Anna Cappilli,<br />
Patrizia Klear, Brunella Clock,<br />
Fernanda Frati, Loweth Eward, Elda<br />
Tiberio, Maura Carta, V. P., Lenuta<br />
Lazar, Tommasina Ugolotti, Rosa<br />
Genovese, Wlally Urbini, Qaioli Hu,<br />
Carmela Russi, Rosa Amoroso, Mariana<br />
Marku, Stefania Cancelliere.<br />
Il futuro <strong>è</strong> <strong>delle</strong> donne? Ma non per<br />
queste. Nei primi mesi del 2012 in Italia<br />
sono già state uccise più <strong>di</strong> 58 donne.