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violenza è sintomo di una malattia: una delle due parti ... - Mezzocielo

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anno XX - n. 3 - luglio 2012 - € 5,00<br />

sped. in a.p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale <strong>di</strong> Palermo<br />

mezzocielo<br />

Fotografia <strong>di</strong> Shobha, Karnataka, 2012<br />

VIOLENZA È SINTOMO<br />

DI UNA MALATTIA: UNA<br />

DELLE DUE PARTI È IN<br />

UNA SITUAZIONE DI MAGGIOR<br />

POTERE RISPETTO ALL’ALTRA,<br />

ED ESERCITA VIOLENZA<br />

PER MANTENERLA COSÌ<br />

COM’È; CHI HA MINORE<br />

POTERE ESERCITA VIOLENZA<br />

PER ROVESCIARLA.<br />

LA NONVIOLENZA VORREBBE<br />

TENDERE A PARIFICARE<br />

QUESTE DUE SITUAZIONI.<br />

DA SATAYAGRAHA<br />

bimestrale <strong>di</strong> politica cultura e ambiente pensato e realizzato da donne


pag. 1 La città – Costantino Kavafis<br />

POLITICA<br />

pag. 2 Ritrovare l’unità <strong>delle</strong> donne e<br />

della sinistra per amore <strong>di</strong> Palermo<br />

– Daniela Dioguar<strong>di</strong><br />

pag. 4 Una sindaca per fare <strong>di</strong> Barcellona<br />

un città normale – (intervista<br />

<strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Furnari a Maria<br />

Teresa Collica)<br />

pag. 6 La sapienza femminile per superare<br />

l’emergenza – Stefania<br />

Savoia<br />

pag. 6 Flessibilità ed ironia in un mondo<br />

precario – Gisella Mo<strong>di</strong>ca<br />

SOCIETÀ<br />

pag. 8 La Tensione nelle carceri per<br />

l’applicazione del 41 bis – Rita<br />

Barbera<br />

pag. 10 Per la nostra contemporaneità:<br />

estetica ed etica insieme – Jolanda<br />

Lima<br />

pag. 11 Vita da strada – Br<strong>una</strong> Masi<br />

MONDO MIO<br />

pag. 12 Io parlo in nome dell’Islam: vivere<br />

l’emancipazione femminile<br />

senza rinunciare alla <strong>di</strong>mensione<br />

religiosa – Leila El Houssi<br />

DOSSIER<br />

Violenza (a cura <strong>di</strong> Monica Lanfranco)<br />

pag. 15 Non c’<strong>è</strong> mai <strong>una</strong> <strong>violenza</strong> giusta<br />

– Monica Lanfranco<br />

pag. 17 Quel che manca alla pre<strong>di</strong>cazione<br />

anti<strong>violenza</strong> – Luisa Muraro<br />

Sommario<br />

mezzocielo luglio 2012<br />

CULTURA<br />

pag. 19 Maxxiartiste – Letizia Battaglia<br />

pag. 20 Quante mani sopra <strong>di</strong> me –<br />

Paola Nepi<br />

pag. 21 La vita <strong>è</strong> come un fiume – Sabina<br />

pag. 22 Ok la carriera ma non rinunciare<br />

a se stesse – Angela Distefano<br />

pag. 23 La sven<strong>di</strong>ta del sapere stu<strong>di</strong>are<br />

solo per trovare lavoro? Francesca<br />

Sajeva<br />

pag. 24 Quel misogino <strong>di</strong> Euripide –<br />

Egle Palazzolo<br />

pag. 25 Marilyn Monroe mai veramente<br />

amata – Giusi Catalfamo<br />

pag. 26-27 La fotografa Shobha<br />

LIBRI<br />

pag. 28 Due focus sul bel libro <strong>di</strong> Evelina<br />

Santangelo – Rosanna Pirajno<br />

pag. 28 Collegamenti forse impropri –<br />

Simona Mafai<br />

pag. 29 La Sicilia oggi, ieri e l’altro ieri<br />

pag. 30 Ho fame <strong>di</strong> giustizia – Emi Monteneri<br />

pag. 31 Su e giù per gli scaffali – Loredana<br />

Mancino<br />

POCHERIGHE<br />

pag. 14-30-31 Cettina Musca, Dora Bottaro,<br />

Adriana Palmeri, Silvana Fernandez<br />

INTEMPERANZE<br />

pag. 33 Fatima era <strong>una</strong> <strong>di</strong> noi – Cettina<br />

Musca<br />

Pensierino per l’estate<br />

Non ci aspetta un’estate tranquilla; i prossimi mesi vedranno eventi che esigono la nostra<br />

attenzione ed anche qualche nostra risposta. Ciò vale per tutta l’Italia, dove si gioca <strong>una</strong><br />

<strong>parti</strong>ta drammatica per superare il debito pubblico, ed insieme salvaguardare il welfare e<br />

possibilmente ridurre lo “spread” (in questo caso la parola <strong>è</strong> esatta) tra red<strong>di</strong>ti da lavoro e<br />

ren<strong>di</strong>te finanziarie e parassitarie. Ma <strong>è</strong> complessa anche la sfida per la Sicilia, dove con l’auspicato<br />

(ma non ancora certo) rinnovo dell’Assemblea e del (o della) Presidente della Regione,<br />

si dovrebbe avviare in ottobre, dopo più <strong>di</strong> mezzo secolo, un percorso nuovo per la<br />

nostra terra, fuori dal clientelismo, dall’assistenzialismo, dai con<strong>di</strong>zionamenti mafiosi.<br />

Non sappiamo come tutto ciò andrà a finire. Ma sui prossimi eventi non potranno non<br />

influire i pensieri, le decisioni, e le conseguenti iniziative e azioni, <strong>di</strong> tutte/i noi. Quin<strong>di</strong><br />

sarà bene leggere, incontrarsi, <strong>di</strong>scutere, demistificare proposte demagogiche e inviti alla<br />

astensione. Tra i tanti motivi <strong>di</strong> preoccupazione, mi spaventa il neo-nazionalismo strisciante,<br />

che sta conquistando parte dell’opinione pubblica italiana: colpevole della crisi<br />

(e <strong>delle</strong> <strong>di</strong>fficoltà ad uscirne) sarebbe in ultima analisi la Germania, il cui cancelliere tra<br />

l’altro <strong>è</strong> <strong>una</strong> donna, con tutte le ironie e le offese del caso. Colpe e responsabilità ne ha<br />

certamente Angela Merkel. Ma gli altri paesi? Non voglio parlare (sarebbe troppo facile)<br />

<strong>di</strong> un ex-capo <strong>di</strong> Governo italiano, che mentre il debito pubblico cresceva, si <strong>di</strong>lettava nei<br />

burlesque ed affermava non esserci crisi dato che i ristoranti (evidentemente quelli che era<br />

solito frequentare) erano sempre pieni. Mi piacerebbe con<strong>di</strong>videre con voi (come spunto<br />

<strong>di</strong> riflessioni per l’estate) la seguente affermazione <strong>di</strong> un filosofo contemporaneo: “La tentazione<br />

dell’innocenza …<strong>è</strong> molto peggio <strong>di</strong> <strong>una</strong> tendenza generale (del resto inesistente) ad<br />

auto colpevolizzarsi. È peggio perché pone coloro che incorrono in essa nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

perenni minorenni, in <strong>una</strong> specie <strong>di</strong> stato verginale originario... Tali in<strong>di</strong>vidui si trovano<br />

sempre dalla parte <strong>di</strong> coloro che reclamano. Nonostante tutto si <strong>di</strong>rebbe che l’essere al riparo<br />

<strong>di</strong> ogni rimprovero … sia <strong>di</strong>ventata <strong>una</strong> <strong>delle</strong> fantasie dominanti della nostra società”. (Slavoj<br />

Zizek. Vivere alla fine dei tempi, Ponte alle Grazie ed. p. 71). Simona Mafai<br />

La città<br />

Costantino Kavafis<br />

Hai detto: “Per altre terre andrò per altro mare.<br />

Altra città più amabile <strong>di</strong> questa, dove<br />

ogni mio sforzo <strong>è</strong> votato al fallimento<br />

dove il mio cuore come un morto sta sepolto<br />

ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?<br />

Dei lunghi anni, se mi guardo intorno,<br />

della mia vita consumata qui, non vedo<br />

che nere macerie solitu<strong>di</strong>ne e rovina”<br />

Non troverai altro luogo non troverai altro mare.<br />

La città ti verrà <strong>di</strong>etro. Andrai vagando<br />

per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.<br />

Imbiancherai in queste stesse case. Sempre<br />

farai capo a questa città. Altrove, non sperare,<br />

non c’<strong>è</strong> nave non c’<strong>è</strong> strada per te.<br />

Perché sciupando la tua vita in questo angolo <strong>di</strong>screto<br />

Tu l’hai sciupata su tutta la terra.<br />

Un poeta greco perché la grecità ci ap<strong>parti</strong>ene. Perché Grecia e Italia<br />

hanno ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> comune civiltà. Perché la Grecia patisce <strong>una</strong> sofferenza<br />

che come la nostra chiede conto e ragioni che non trova. Perché Kavafis<br />

canta la città, la polis, che <strong>è</strong> il centro dell’intero mondo. E perché non dobbiamo<br />

mai sentirci vinti/e anche quando sembra che lo siamo e tutto intorno<br />

lo conferma. Il verso “non c’<strong>è</strong> nave non c’<strong>è</strong> strada per te” entrato<br />

nel parlare comune del popolo greco e oggi ripetuto per le strade come<br />

motto <strong>di</strong> incoraggiamento, incoraggi anche noi a non sciupare la nostra<br />

vita in questo angolo <strong>di</strong> mondo. Francesca Traina<br />

1 mezzocielo luglio 2012


politica<br />

Ritrovare Titolo l’unità tiolo <strong>delle</strong> titolo donne titolo<br />

e della sinistra<br />

per amore <strong>di</strong> Palermo<br />

Alla Dopo fine anni del <strong>di</strong> ’91 torpore – la e prima inerzia, guerra la vittoria in Iraq <strong>di</strong><br />

sullo Orlando scenario e la nomina internazionale; <strong>di</strong> assessori/e in Italia compe- lo<br />

squasso tenti hanno dei riacceso <strong>parti</strong>ti, e speranze il PCI che e messo cambia in<br />

volto, moto energie e nome; e aspettative. al comune Palermo <strong>di</strong> Palermo può <strong>una</strong> tor-<br />

giunta nare ad democristsullo essere <strong>una</strong> città stile vivibile “altalenante” e vivace,<br />

ricca d’iniziative e <strong>di</strong> progetti, <strong>una</strong> città che<br />

non vive nostalgicamente del suo passato ma<br />

si proietta nel futuro. Questo comporta <strong>una</strong><br />

grande responsabilità <strong>di</strong> cui il sindaco e la<br />

giunta devono essere consapevoli. Troppe<br />

volte <strong>è</strong> stata tra<strong>di</strong>ta la fiducia dei/lle citta<strong>di</strong>ni/e.<br />

In un momento così <strong>di</strong>fficile della<br />

vita del paese, in cui <strong>è</strong> grande il malcontento<br />

nei confronti dei <strong>parti</strong>ti e della politica istituzionale,<br />

un’ulteriore delusione comporterebbe<br />

conseguenze negative per la tenuta<br />

della democrazia.<br />

Anche in Sicilia, non <strong>di</strong>mentichiamolo, si <strong>è</strong><br />

registrato un preoccupante aumento dell’astensione.<br />

Dopo anni <strong>di</strong> cattiva amministrazione la<br />

nuova giunta trova <strong>una</strong> situazione <strong>di</strong>sastrata,<br />

soprattutto dal punto <strong>di</strong> vista economico-finanziario,<br />

con problemi gravi e urgenti. Non<br />

preten<strong>di</strong>amo quin<strong>di</strong> miracoli ma buone pratiche<br />

<strong>di</strong> governo che testimonino, al <strong>di</strong> là<br />

<strong>delle</strong> affermazioni <strong>di</strong> principio, l’amore <strong>di</strong>sinteressato<br />

per il bene pubblico e <strong>di</strong>ano il<br />

segnale <strong>di</strong> un profondo rinnovamento, <strong>di</strong><br />

<strong>una</strong> svolta moralizzatrice.<br />

Questo <strong>è</strong> possibile anche in mancanza <strong>di</strong> risorse<br />

finanziarie. Le prime scelte compiute,<br />

pulire, sistemare Palazzo <strong>delle</strong> Aquile, dopo<br />

anni <strong>di</strong> abbandono, mostrano amore e attenzione<br />

per il luogo simbolo della comunità<br />

citta<strong>di</strong>na. Prendersi cura <strong>di</strong> ciò che ci circonda,<br />

come sanno bene le donne, sono<br />

qualità necessarie per preservare la vita e la<br />

bellezza, oggi messe seriamente in pericolo<br />

da logiche speculative e <strong>di</strong> mercato.<br />

Spalancare il portone <strong>di</strong> Palazzo <strong>delle</strong><br />

Aquile ci <strong>di</strong>ce che si vuol favorire la partecipazione<br />

e affermare <strong>una</strong> continuità tra la<br />

sede del governo e la città, fatta <strong>di</strong> comunicazione,<br />

anche conflittuale, senza che tuttavia<br />

venga mai meno la volontà e la capacità<br />

<strong>di</strong> ascolto e <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione.<br />

Abbiamo letto sui giornali <strong>di</strong> riunioni consiliari<br />

convocate in modo da fare raddoppiare<br />

l’indennità, <strong>di</strong> commissioni <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>ose ma<br />

assolutamente improduttive, <strong>di</strong> consigliere/i<br />

che non si mettono in aspettativa, pur non<br />

andando quasi mai al lavoro, per continuare<br />

a percepire lo stipen<strong>di</strong>o, oltre la lauta indennità,<br />

<strong>di</strong> consulenti pagati più o meno profu-<br />

2 mezzocielovent’anni2011 2<br />

politica<br />

matamente per non fare nulla… Sono solo<br />

alcuni esempi <strong>di</strong> malcostume e <strong>di</strong> sprechi<br />

scandalosi non più sopportabili che il sindaco<br />

e la nuova giunta devono eliminare.<br />

Ne acquisteranno in cre<strong>di</strong>bilità e autorevolezza.<br />

È così che si sconfigge l’antipolitica,<br />

non con inutili, anzi dannosi anatemi e controproducenti<br />

sottovalutazioni. Avremmo<br />

preferito, com’era stato promesso da Orlando,<br />

<strong>una</strong> giunta con il 50% <strong>di</strong> donne, e sicuramente<br />

a Palermo ci sono donne<br />

competenti, non omologate ai modelli maschili,<br />

capaci <strong>di</strong> <strong>di</strong>re no quando <strong>è</strong> necessario<br />

e <strong>di</strong> contribuire all’amministrazione della<br />

città con sguardo <strong>di</strong>vergente e propositivo.<br />

Adesso ci aspettiamo che alle più alte cariche<br />

del consiglio siano nominate le consigliere<br />

elette nelle liste che hanno appoggiato<br />

il sindaco. Sarebbe <strong>una</strong> scelta coerente in <strong>di</strong>rezione<br />

del rinnovamento della politica.<br />

Alle consigliere e alle assessore facciamo innanzitutto<br />

<strong>una</strong> richiesta semplice che non richiede<br />

alcuno sforzo: farsi nominare al<br />

femminile.<br />

È, infatti, motivo <strong>di</strong> tristezza che donne, arrivate<br />

nelle istituzioni, grazie anche alle battaglie<br />

del femminismo, si affrettino a<br />

correggere se qualcuno/a le chiama al femminile,<br />

quasi fosse qualcosa <strong>di</strong> cui vergognarsi.<br />

Il nostro desiderio <strong>è</strong> che si possa costruire<br />

con loro un’utile relazione e che Palermo <strong>di</strong>venti<br />

<strong>una</strong> città accogliente e armoniosa in cui<br />

anche il rapporto tra i sessi sia improntato a<br />

rispetto e civile convivenza.<br />

A loro, che conoscono la grandezza “dell’opera<br />

<strong>di</strong> civiltà” compiuta dalle donne,<br />

quello straor<strong>di</strong>nario lavoro <strong>di</strong> cura, non riconosciuto<br />

e gratuito, con cui si supplisce<br />

alle mancanze dello Stato e <strong>delle</strong> Istituzioni<br />

locali, spetta il compito <strong>di</strong> fare capire che le<br />

politiche sociali sono un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> civiltà e<br />

un volano <strong>di</strong> sviluppo e non il <strong>di</strong> più da cui<br />

la politica maschile inizia a tagliare.<br />

Tutte insieme si adoperino perché la società<br />

registri nella sua organizzazione i cambiamenti<br />

prodotti dalle donne e queste possano<br />

agire la libertà a <strong>parti</strong>re dalla scelta<br />

mezzocielo luglio 2012<br />

Daniela Dioguar<strong>di</strong><br />

fondamentale <strong>di</strong> essere o non essere madre.<br />

Dovrebbe essere scontato, ma purtroppo<br />

non <strong>è</strong> così. È evidente che portare Palermo<br />

fuori dal degrado in cui <strong>è</strong> stata ridotta,<br />

esige <strong>una</strong> responsabilità collettiva, non<br />

foss’altro che per la necessaria attività <strong>di</strong><br />

3 mezzocielovent’anni2011 3 mezzocielo luglio 2012<br />

politica<br />

Fotografia <strong>di</strong> Martina Viganò, “Dimmi, dov <strong>è</strong> la l<strong>una</strong>?”<br />

stimolo e <strong>di</strong> controllo sull’operato dell’amministrazione.<br />

Dobbiamo quin<strong>di</strong> sentirci<br />

tutti/e impegnati/e, superando le profonde<br />

<strong>di</strong>visioni che hanno lacerato la sinistra e<br />

purtroppo anche il mondo <strong>delle</strong> donne durante<br />

la campagna elettorale.


politica<br />

Una sindaca Titolo tiolo per fare titolo <strong>di</strong> titolo Barcellona<br />

<strong>una</strong> città normale<br />

Alla fine del ’91 – la prima guerra in Iraq<br />

sullo scenario internazionale; in Italia lo<br />

squasso dei <strong>parti</strong>ti, e il PCI che cambia<br />

volto, e nome; al comune <strong>di</strong> Palermo <strong>una</strong><br />

giunta democristsullo stile “altalenante”<br />

Sembra un giorno d’inizio estate al comune<br />

<strong>di</strong> Barcellona, gli impiegati sono andati via<br />

da qualche ora e le uniche presenze al pian<br />

terreno sono un vigile urbano e alcune signore<br />

<strong>delle</strong> pulizie.<br />

Al primo piano sembra ripetersi lo scenario.<br />

In<strong>di</strong>viduo la stanza del sindaco. Una targa<br />

blu con scritto “Sindaco Maria Teresa Collica”,<br />

<strong>è</strong> bello vedere un nome <strong>di</strong> donna su<br />

quella targa che per sessanta anni ha portato<br />

il nome <strong>di</strong> uomo rappresentando il potere.<br />

Incontriamo l’assessore alla cultura Raffaella<br />

Campo anche lei espressione della società civile.<br />

Anche lei entusiasta. Una giovane<br />

donna positiva.<br />

Il sindaco ci riceve dopo qualche minuto, il<br />

suo viso non <strong>è</strong> quello ra<strong>di</strong>oso <strong>delle</strong> foto ma<br />

<strong>è</strong> segnato dalla stanchezza, “troppe urgenze<br />

da gestire”, tanta voglia <strong>di</strong> trasformare Barcellona<br />

Pozzo <strong>di</strong> Gotto in <strong>una</strong> città normale.<br />

Un sindaco che lavora per la propria città<br />

non <strong>è</strong> un fatto straor<strong>di</strong>nario ed <strong>è</strong> questo che<br />

Maria Teresa vuole sottolineare più <strong>di</strong> tutto,<br />

ma in quella citta<strong>di</strong>na un susseguirsi <strong>di</strong> vicende<br />

aveva convinto la maggior parte della<br />

citta<strong>di</strong>nanza del contrario.<br />

La stanza del Sindaco <strong>è</strong> ancora impersonale<br />

e austera, Maria Teresa non ha ancora avuto<br />

il tempo <strong>di</strong> personalizzarla.<br />

Maria Teresa come mai sei stata appoggiata<br />

da <strong>due</strong> liste civiche e non dai <strong>parti</strong>ti?<br />

In realtà la lista civica Voltiamo Pagina era<br />

parte <strong>di</strong> un progetto più ampio che assorbiva<br />

i <strong>parti</strong>ti; nel simbolo della lista non<br />

c’erano i simboli dei <strong>parti</strong>ti della coalizione<br />

perché graficamente non ci entravano. Anzi,<br />

durante la campagna elettorale io passavo<br />

proprio come la can<strong>di</strong>data <strong>di</strong> SEL, IDV, Rifondazione<br />

e Partito Socialista (al primo<br />

turno PD correva da solo, ha appoggiato la<br />

Collica al ballottaggio).<br />

Barcellona da parecchi anni <strong>è</strong> stata vista<br />

come un feudo, prima <strong>di</strong> Santalco (DC) e<br />

poi come il feudo del Senatore Nania. Cosa<br />

<strong>è</strong> successo?<br />

Intanto Barcellona vive un periodo <strong>di</strong> crisi<br />

4 mezzocielovent’anni2011 4<br />

politica<br />

totale sotto il punto <strong>di</strong> vista economico, poi<br />

c’<strong>è</strong> stata l’alluvione che ha messo in ginocchio<br />

ulteriormente la città… e penso che<br />

dopo anni e anni <strong>di</strong> promesse i barcellonesi<br />

si siano resi conto che le ulteriori promesse<br />

fatte all’ultimo momento lasciavano un po’<br />

il tempo che trovavano. Hanno creduto in<br />

chi <strong>di</strong>ceva espressamente che non avrebbe<br />

fatto facili promesse. Non hanno creduto<br />

nella gestione clientelare della politica che<br />

ancora <strong>una</strong> volta prometteva posti <strong>di</strong> lavoro,<br />

favori vari all’ultimo momento. Gli amministratori<br />

precedenti e il loro can<strong>di</strong>dato hanno<br />

pagato il fatto <strong>di</strong> non essere stati presenti fisicamente.<br />

Secondo me erano convinti <strong>di</strong><br />

poter gestire la vita politica come hanno<br />

sempre fatto, chiunque fosse stato il can<strong>di</strong>dato<br />

loro avrebbero dovuto godere automaticamente<br />

del consenso.<br />

Tu sei impegnata nel sociale ma non eri famosissima<br />

in città. Come mai hanno votato<br />

<strong>una</strong> quasi sconosciuta e per giunta donna?<br />

Nei primi incontri <strong>di</strong>cevo proprio che<br />

c’erano tutti i pregiu<strong>di</strong>zi possibili per appoggiare<br />

<strong>una</strong> can<strong>di</strong>datura come la mia perché<br />

donna, perché etichettata <strong>di</strong> sinistra nonostante<br />

non abbia <strong>una</strong> tessera <strong>di</strong> <strong>parti</strong>to; poi<br />

ero etichettata come donna <strong>di</strong> estrema sinistra<br />

perché non ci appoggiava il PD. Moltissimi<br />

incominciano a conoscermi nei passaggi<br />

televisivi nelle TV locali. Il fatto <strong>di</strong> essere<br />

donna forse li ha rassicurati perché noi<br />

donne per emergere dobbiamo essere almeno<br />

<strong>di</strong>eci volte più brave degli uomini.<br />

Quanto c’<strong>è</strong> del tuo essere donna nelle tue<br />

scelte politiche?<br />

Le idee per me sono asessuate e preferisco<br />

essere valutata per le mie capacità. Certamente<br />

c’<strong>è</strong> la mia sensibilità <strong>di</strong> donna e <strong>di</strong><br />

madre.<br />

Quanti assessori donne ci sono nella tua<br />

giunta?<br />

Nella giunta ci sono <strong>due</strong> donne. Sono quelle<br />

espresse dalla componente civica <strong>delle</strong> liste<br />

che mi hanno appoggiato. I Partiti hanno in<strong>di</strong>cato<br />

solo assessori uomini. Quin<strong>di</strong> le uni-<br />

mezzocielo luglio 2012<br />

intervista <strong>di</strong><br />

Na<strong>di</strong>a Furnari<br />

a Maria Teresa Collica<br />

che donne sono volute espressamente da<br />

me.<br />

Quante donne in consiglio com<strong>una</strong>le?<br />

Solo <strong>una</strong> del PDL. Anche qui erano can<strong>di</strong>date<br />

ma non sono state votate. Per il consiglio<br />

vale ancora il vecchio criterio del voto<br />

all’amico.<br />

Cre<strong>di</strong> che le donne possano dare un contributo<br />

specifico al cambiamento del nostro<br />

paese?<br />

Credo che le donne possano dare un contributo<br />

importante perché per occupare posti<br />

<strong>di</strong> rilievo, devono esprimere capacità mag-<br />

5 mezzocielovent’anni2011 5 mezzocielo luglio 2012<br />

politica<br />

Fotografia <strong>di</strong> Shobha, In<strong>di</strong>a, 2012<br />

giori, cio<strong>è</strong> devono, essere molto più brave rispetto<br />

agli uomini<br />

E tuo marito cosa ne pensa?<br />

Mio marito nonostante lavori a Roma ha deciso<br />

<strong>di</strong> rispettare le mie scelte. Io non mi sono<br />

trasferita a Roma perché ho preferito rimanere<br />

a Barcellona per dare un contributo <strong>di</strong><br />

crescita alla mia città. Lui fa il pendolare ed <strong>è</strong><br />

la persona che mi consiglia e mi appoggia.<br />

Tuo figlio?<br />

Mio figlio ha cinque anni e suggeriva <strong>di</strong> votare<br />

per l’altro can<strong>di</strong>dato perché temeva la<br />

mia assenza. In famiglia.


politica<br />

La sapienza Titolo tiolo femminile titolo titolo<br />

per superare<br />

l’emergenza<br />

Alla È <strong>una</strong> fine lampa<strong>di</strong>na, del ’91 – <strong>è</strong> la un prima suono guerra che fa in impaz- Iraq<br />

sullo zire. È scenario il pericolo internazionale; che tutto finisca, in Italia <strong>è</strong> la leva lo<br />

squasso sulla quale dei si <strong>parti</strong>ti, innesta il e caos il PCI e la che muta cambia obbe-<br />

volto, <strong>di</strong>enza. e nome; al comune <strong>di</strong> Palermo <strong>una</strong><br />

giunta Emergenza: democristsullo ed <strong>è</strong> subito stile paura “altalenante” e riconoscenza<br />

per chi il problema lo risolve per noi,<br />

per chi come un padre compassionevole, ci<br />

spiega cosa fare e per rimettere tutto al suo<br />

posto. Un padre duro ma compassionevole,<br />

sí, <strong>è</strong> questo che spesso si cerca. Il deus exmachina<br />

che ci proponga un baratto tra la<br />

vita e la morte ma che, alla fine, ricomponga<br />

la trama e ci illuda <strong>di</strong> poter giungere a un bel<br />

finale, della serie “tutti vissero felici e contenti”.<br />

E se non fosse un padre quello <strong>di</strong> cui abbiamo<br />

bisogno? se fosse <strong>una</strong> madre, se fosse<br />

la via femminile quella giusta per riuscire a<br />

superare le innumerevoli crisi che ci vedono<br />

coinvolti?<br />

Me lo domando in questi tempi <strong>di</strong> profonda<br />

crisi mon<strong>di</strong>ale, in cui le uniche esperienze<br />

che sembrano sopravvivere, o meglio vivere,<br />

sono quelle nate a <strong>parti</strong>re dall’idea della con<strong>di</strong>visione<br />

dell’esperienza, della concretezza<br />

Gisella Mo<strong>di</strong>ca<br />

“E se non fosse un padre quello <strong>di</strong> cui abbiamo<br />

bisogno? Se fosse <strong>una</strong> madre la via<br />

femminile giusta per riuscire a superare le innumerevoli<br />

crisi che ci vedono coinvolti?”<br />

La domanda <strong>di</strong> Stefania Savoia lascia intendere<br />

che la via giusta, sì, <strong>è</strong> femminile. Soprattutto<br />

quella intrapresa dalle giovani donne,<br />

sue coetanee. Una conferma la troviamo nel<br />

racconto a più voci, coor<strong>di</strong>nato da Federica<br />

Giar<strong>di</strong>ni per Iacobelli, dal titolo Sensibili<br />

Guerriere, nel quale donne tra i 25 e i 35 anni<br />

parlano <strong>di</strong> sé e del come vivono il loro<br />

mondo precario e quali le armi usate per affrontarlo.<br />

Fanno loro eco, in un moltiplicare<br />

6 mezzocielovent’anni2011 6<br />

politica<br />

<strong>di</strong> voci, altre coetanee, nel numero 91 <strong>di</strong> Leggendaria,<br />

<strong>di</strong>retto da Annamaria Crispino,<br />

dall’omonimo titolo. Anche qui a parlare<br />

sono altre giovani: <strong>una</strong> fotoreporter, <strong>una</strong> ex<br />

regista passata a fare l’appren<strong>di</strong>sta chef, <strong>una</strong><br />

webmistress, <strong>una</strong> <strong>di</strong>rettrice <strong>di</strong> agenzia pubblicitaria,<br />

tutte plurispecializzate, “né precarie,<br />

né <strong>di</strong>soccupate ma <strong>di</strong>versamente occupate”.<br />

Le stesse da qualche politico adulto definite<br />

generazione dei bamboccioni prive <strong>di</strong> responsabilità.<br />

Si autodefiniscono “definitivamente<br />

provvisorie, risorsa usa e getta senza desideri<br />

ma solo bisogni, protagoniste <strong>di</strong> esistenze noma<strong>di</strong>che<br />

fatte <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ni e precarietà, in<br />

lotta quoti<strong>di</strong>ana tra la mente che cerca <strong>di</strong><br />

adattarsi al modello imposto <strong>di</strong> eterna ragazza<br />

dall’età indefinita, con infinite flessibilità<br />

lavorative, senza progetti per il futuro, e<br />

la voce del corpo che grida il suo <strong>di</strong>ssenso”.<br />

Dissenso che alcune, meno dotate <strong>delle</strong> armi<br />

per <strong>di</strong>fendersi o attaccare, risolvono col ri-<br />

mezzocielo luglio 2012<br />

Stefania Savoia<br />

e dell’ascolto. Me lo domando guardando<br />

alle donne che conosco, in primis, osservando<br />

la loro capacità <strong>di</strong> coniugare <strong>di</strong>fficoltà<br />

lavorative e famiglia, profondo sconforto e<br />

voglia <strong>di</strong> vivere, in tempi duri come questi.<br />

Se non abbiamo un posto <strong>di</strong> lavoro, siamo<br />

madri, nonne, sorelle e amiche. Non ci riesce<br />

poi male reinventarci e rimetterci in<br />

gioco, senza dover <strong>di</strong>chiarare al mondo intero<br />

quale sia il nostro titolo ufficiale. Difficilmente<br />

nei nostri citofoni ci sono etichette<br />

che <strong>di</strong>cano quale sia la nostra professione<br />

mentre quella del pater familias brilla poderosa<br />

accanto.<br />

Siamo essenzialmente da sempre esercitate<br />

a vivere e con la vita abbiamo imparato l’urgenza<br />

e la risposta concreta che ne dovrebbe<br />

scaturire. Non che l’uomo non sia attivo in<br />

Flessibilità ed ironia<br />

in un mondo precario<br />

questo processo, ma <strong>è</strong> meno drastica e “violenta”<br />

la nostra risposta perch<strong>è</strong> capace <strong>di</strong><br />

analisi più complesse ma non per questo<br />

meno imme<strong>di</strong>ate.<br />

Le “Mujeres de Plaza de Mayo” ad esempio,<br />

per contrastare un dolore assoluto come<br />

quello della per<strong>di</strong>ta violenta dei propri figli,<br />

trovarono il modo <strong>di</strong> lottare senza avvilirsi<br />

in pianto e costruire tutti i giovedì <strong>una</strong> comunità<br />

che sconfiggesse l’in<strong>di</strong>fferenza e che<br />

desse risposte politiche concrete.<br />

Penso anche ai progetti <strong>di</strong> microcre<strong>di</strong>to in<br />

molte zone del mondo che vedono spesso<br />

donne giovani e poverissime rimettere in<br />

sesto economie intere con grande umiltà ma<br />

con <strong>una</strong> prospettiva enorme.<br />

Una prospettiva femminile <strong>è</strong> anche quella<br />

<strong>delle</strong> donne che sostengono, più “banalmente”<br />

le proprie famiglie confezionando<br />

braccialetti o cucinando su or<strong>di</strong>nazione<br />

guardando, in tempi così funesti, la propria<br />

laurea incorniciata nella sala da pranzo.<br />

Penso, anche, alle mie emergenze quoti<strong>di</strong>ane<br />

nel mio lavoro <strong>di</strong> docente, qundo vedo<br />

quanto mi <strong>è</strong> utile collaborare, chiedere e<br />

ascoltare chi conosce <strong>di</strong> più <strong>di</strong> me, praticare<br />

un lavoro cooperativo in classe e con i compagni<br />

<strong>di</strong> lavoro.<br />

Il risultato a <strong>parti</strong>re da queste pratiche <strong>è</strong><br />

migliore, sempre, e i risultati sono sempre<br />

figli <strong>di</strong> un percorso con<strong>di</strong>viso e quin<strong>di</strong> gratificante<br />

per tutti. Basterebbe, forse, in<br />

questi tempi <strong>di</strong> crisi economica e morale,<br />

fiuto del corpo attraverso l’anoressia, altre<br />

mettendolo in ven<strong>di</strong>ta. Raccontano del<br />

proprio vissuto, <strong>delle</strong> scelte, dei meto<strong>di</strong> ma<br />

soprattutto <strong>delle</strong> strategie operate per sopravvivere<br />

“cercando <strong>di</strong> coniugare <strong>di</strong>fficoltà lavorative<br />

e famiglia, profondo sconforto e voglia<br />

<strong>di</strong> vivere, in tempi duri come questi” (Savoia).<br />

Molte <strong>di</strong> loro si raccontano nei blog. Di vittimismo<br />

o irresponsabilità ness<strong>una</strong> traccia;<br />

nemmeno <strong>di</strong> “attesa”. Invece molta “concretezza<br />

e ascolto”, e sopratutto determinazione,<br />

grinta. Al limite cattiveria. Perché “forse non<br />

immaginate quanta cattiveria, intesa come testardaggine,<br />

ci voglia per muoversi come giovani<br />

donne in un mondo maschilista come<br />

quello dell’impren<strong>di</strong>toria” <strong>di</strong>ce Elisa Coco<br />

che gestisce un’agenzia <strong>di</strong> pubblicità. Ne <strong>è</strong> <strong>di</strong>mostrazione<br />

come titolano i loro blog (nella<br />

rivista se ne contano cento e non sono tutti).<br />

Ne cito alcuni: Le malefiche, Le comunicattive,<br />

Degeneri intriganti, Furiose, Malefimminie,<br />

Mala Pecora, Vitadastreghe, Sconfinate,<br />

La femme cannibale.<br />

Quali le strategie messe in atto per sopravvivere?<br />

Magari “tenendo sul como<strong>di</strong>no un flacone<br />

<strong>di</strong> psicofarmaci a mò <strong>di</strong> amuleto scaccia<br />

7 mezzocielovent’anni2011 7 mezzocielo luglio 2012<br />

politica<br />

aprirsi ad un nuovo pensiero più complesso<br />

e antico, quello <strong>delle</strong> donne che<br />

nelle comunità antiche raccoglievano e<br />

conservavano il cibo perch<strong>è</strong> non ne mancasse<br />

e che accu<strong>di</strong>vano, per migliorare<br />

anche il benessere <strong>di</strong> tutti, perch<strong>è</strong> ci fosse<br />

accoglienza e non esclusione, creando regole<br />

<strong>di</strong> convivenza a cui potremmo tornare<br />

a guardare. Cura, accoglienza,<br />

ascolto: parole che troviamo anche senza<br />

cercare perch<strong>è</strong> parte del percorso <strong>delle</strong><br />

donne.<br />

Cambiare punto <strong>di</strong> vista quin<strong>di</strong>, avere uno<br />

sguardo globale e includente, in un momento<br />

<strong>di</strong> crisi, risulta fondamentale perch<strong>è</strong><br />

quando <strong>una</strong> casa va a fuoco bisogna capire<br />

che bisogna ricostruirla <strong>di</strong>versamente.<br />

Per questo risulta necessaria <strong>una</strong> pratica politica<br />

che non permetta all’emergenza <strong>di</strong><br />

osare, <strong>di</strong> varcare i limiti dell’umana sopportazione<br />

per rispondere al pericolo ma <strong>di</strong> offrire<br />

soluzioni alternative.<br />

Potremmo ora, forse, mostrare la grande <strong>di</strong>versità<br />

<strong>di</strong> un percorso al femminile vincente<br />

a <strong>di</strong>scapito <strong>di</strong> quello corrente.<br />

Una pratica <strong>di</strong>versa fatta <strong>di</strong> parole e azioni<br />

che potrebbero rispondere agli interrogativi<br />

e alle urgenze della politica e della finanza<br />

senza (false) lacrime perch<strong>è</strong> quelle, solo<br />

quelle, da noi ci si aspetta e mostrare, infine,<br />

se siamo capaci come lo sono state le donne<br />

prima <strong>di</strong> noi, <strong>di</strong> scrivere la trama vera e profonda<br />

della storia del mondo.<br />

ansia”. Queste alcune risposte che danno<br />

conto del tipo <strong>di</strong> strategia: “Dire e agire<br />

dando ascolto al corpo”. “Stare in equilibrio<br />

cercando <strong>di</strong> tenere insieme tutti i gli elementi<br />

della propria esistenza”. “Scovare nel proprio<br />

svantaggio il germe della propria forza”.<br />

“Imparare ad abitare lo spaesamento, a convivere<br />

con l’assenza <strong>di</strong> certezze”. “Accettare<br />

il fallimento e far memoria della sconfitta”.<br />

“Farsi carico <strong>delle</strong> circostanze consapevoli<br />

che accettarle <strong>è</strong> il primo passo per trasformarle”.<br />

“Stare dentro le circostanze, sì, ma<br />

custodendo un sogno”. Dove trovano la<br />

forza, si chiede Federica Giar<strong>di</strong>ni.<br />

“Se la precarietà <strong>è</strong> <strong>una</strong> realtà e l’instabilità<br />

<strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione, il rispetto <strong>di</strong> me stessa <strong>è</strong> la<br />

prima risposta”, risponde Barbara Giuliani.<br />

“L’affidamento alle relazioni mi ha permesso<br />

<strong>di</strong> accedere ad <strong>una</strong> riserva <strong>di</strong> forza che da sola<br />

non potevo permettermi”, replica Valeria<br />

Mercan<strong>di</strong>no parlando degli scontri <strong>di</strong> piazza.<br />

“Una forza simile a quella del bamboo”,<br />

commenta Chiricosta, esperta <strong>di</strong> arti marziali,<br />

“sottile e flessuoso, capace <strong>di</strong> fronteggiare gli<br />

eventi senza venirne travolti, ma sopravvive<br />

alla tempesta”.


società<br />

La tensione Titolo nelle tiolo titolo carceri titolo<br />

per l’applicazione<br />

del 41bis<br />

Alla fine del ’91 – la prima guerra in Iraq<br />

sullo scenario internazionale; in Italia lo<br />

squasso dei <strong>parti</strong>ti, e il PCI che cambia<br />

volto, Ero Direttore e nome; del al comune carcere <strong>di</strong> Termini Palermo Ime- <strong>una</strong><br />

giunta rese: un democristsullo carcere che era stile stato “altalenante” adeguato nella<br />

struttura, <strong>di</strong>ventando <strong>di</strong> massima sicurezza,<br />

dal Generale Dalla Chiesa,<br />

per ospitare durante<br />

l’emergenza degli anni<br />

’70, i terroristi. Per volere<br />

dell’allora Ministro<br />

della Giustizia Martelli,<br />

fu in<strong>di</strong>viduato, all’indomani<br />

<strong>delle</strong> stragi, per ricevere<br />

i detenuti mafiosi<br />

trasferiti nottetempo,<br />

dall’Ucciardone, a carceri<br />

<strong>di</strong> massima sicurezza,<br />

situate nelle isole o<br />

al Nord, tornati per presenziare<br />

alle u<strong>di</strong>enze<br />

nelle quali erano imputati.<br />

Il loro <strong>di</strong>ritto alla <strong>di</strong>fesa<br />

dovette cedere il<br />

passo alla reazione <strong>di</strong> dolore<br />

e <strong>di</strong> rabbia del Paese<br />

e quin<strong>di</strong>, cercando <strong>di</strong><br />

mantenere ferma la promessa<br />

del Ministro che i<br />

mafiosi non sarebbero<br />

più tornati all’Ucciardone,<br />

arrivarono al carcere<br />

<strong>di</strong> Termini Imerese<br />

con l’applicazione del regime<br />

del 41 bis: un articolo<br />

dell’Or<strong>di</strong>namento<br />

penitenziario che applicava<br />

un regime <strong>di</strong> rigore,<br />

reazione imme<strong>di</strong>ata all’orrore<br />

<strong>delle</strong> stragi e che<br />

ne voleva essere risposta<br />

adeguata.<br />

Ricevetti in <strong>una</strong> qualunque<br />

giornata del 1992<br />

<strong>una</strong> telefonata <strong>di</strong> uno dei<br />

capi del Di<strong>parti</strong>mento<br />

dell’Amministrazione<br />

penitenziaria che mi annunciò,<br />

chiedendomi se<br />

pensavo <strong>di</strong> avere i mezzi necessari e se pensavo<br />

<strong>di</strong> poterlo fare, l’arrivo <strong>di</strong> <strong>una</strong> sessantina<br />

<strong>di</strong> detenuti mafiosi con il regime del 41 bis.<br />

Non ebbi molte incertezze, forse anche un<br />

po’ da incosciente, non venendomi neanche<br />

in mente <strong>di</strong> quanti “no” avrei dovuto <strong>di</strong>re e<br />

8 mezzocielovent’anni2011 8<br />

società<br />

che rischi avrei potuto correre. Ritenevo e ritengo<br />

che l’applicazione del 41 bis sia stata<br />

necessaria per segnare il cambiamento: oltre<br />

che servire a spezzare i contatti tra i mafiosi<br />

e l’esterno serviva a cambiare la rappresentazione,<br />

nel contesto carcerario, della mafia.<br />

mezzocielo luglio 2012<br />

Rita Barbera<br />

Il carcere per i detenuti <strong>di</strong> mafia, a maggior<br />

ragione per i capi, <strong>è</strong> sempre stato un luogo<br />

in cui la sofferenza della per<strong>di</strong>ta della libertà<br />

era compensata da <strong>una</strong> qualità della detenzione<br />

<strong>di</strong> gran lunga superiore a quella <strong>di</strong><br />

tutti gli altri detenuti. Tutti abbiamo in<br />

mente un Padrino in vestaglia <strong>di</strong> seta ossequiato<br />

nel cortile del carcere.<br />

La leaderschip, la <strong>di</strong>sponibilità economica <strong>di</strong><br />

cui i detenuti mafiosi <strong>di</strong>spongono nonché il<br />

“rispetto” <strong>di</strong> cui godono anche tra gli operatori<br />

influenzati da <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong>”sicilianità”<br />

deviata, avevano fatto sì che anche nel contesto<br />

carcerario i detenuti per mafia fossero<br />

vissuti come imbattibili, come criminali in<strong>di</strong>struttibili<br />

davanti ad uno Stato debole ed<br />

inadeguato, impotente <strong>di</strong> fronte ad un fenomeno<br />

criminale ormai secolare. Un cancro<br />

incurabile e dall’esito ineluttabile. Il regime<br />

del 41 bis, mise in <strong>di</strong>scussione tutto questo:<br />

9 mezzocielovent’anni2011 9 mezzocielo luglio 2012<br />

società<br />

i contatti dei detenuti con l’esterno, anche<br />

con la famiglia, limitati ad un solo colloquio<br />

con un vetro <strong>di</strong>visorio a tetto che impe<strong>di</strong>va<br />

il contatto fisico; il <strong>di</strong>vieto agli acquisti; il <strong>di</strong>vieto<br />

<strong>di</strong> partecipare alla vita comune con<br />

altri detenuti... tutto ciò <strong>di</strong>ede l’impressione<br />

<strong>di</strong> un declino e fu un duro colpo inferto agli<br />

uomini <strong>di</strong> mafia: finalmente lo Stato con un<br />

colpo <strong>di</strong> schiena si era raddrizzato ed opposto<br />

ad un potere criminale che era arrivato,<br />

con le morti <strong>di</strong> <strong>due</strong> suoi uomini, al limite<br />

della sopportazione civile e sociale.<br />

Io c’ero quando successe tutto questo: vissi<br />

momenti <strong>di</strong> grande tensione. L’esercito presi<strong>di</strong>ava<br />

il carcere <strong>di</strong><br />

Termini Imerese,<br />

ogni giorno i vari<br />

Madonia, Inzerillo,<br />

Greco, Calò e tanti<br />

altri salivano sui cellulari<br />

che li avrebbe<br />

portati in Trib<strong>una</strong>le<br />

per poi tornare a<br />

pomeriggio inoltrato.<br />

Nessuno parlava o<br />

si lamentava in maniera<br />

scomposta…<br />

“Calati iunco che<br />

passa la china”.<br />

forse questo pensavano<br />

quei detenuti<br />

ai quali sicuramente<br />

non mancava<br />

l’esperienza,<br />

ma non fecero i<br />

conti con la forza<br />

persuasiva che il<br />

41 bis ebbe su alcuni<br />

che non lo<br />

sopportarono. Il<br />

regime del 41 bis<br />

“convinse” molti a<br />

collaborare con la<br />

giustizia e comunque<br />

ebbe il merito<br />

anche <strong>di</strong> risvegliare<br />

la speranza in<br />

quanti, come me,<br />

pensavano che forse<br />

era giunto il momento<br />

della liberazione,<br />

del cambiamento…<br />

non<br />

sarebbero dovute<br />

arrivare la morte<br />

del giu<strong>di</strong>ce Livatino,<br />

la strage <strong>di</strong> via dei Georgofili e tanti<br />

altri lutti <strong>di</strong> questa povera e martoriata<br />

nostra Sicilia… ma continuo ancora a sperare<br />

e faccio tesoro dei tanti piccoli segnali<br />

<strong>di</strong> cambiamento che secondo me ci<br />

sono…<br />

Fotografia <strong>di</strong> Letizia Battaglia, Rielaborazione, 2011


società<br />

Per la Titolo nostra tiolo contemporaneità:<br />

titolo titolo<br />

Estetica ed etica<br />

insieme<br />

Alla In “Tempo fine del <strong>di</strong> ’91 mutamenti” – la prima (2002) guerra Rita in Levi Iraq<br />

sullo Montalcini scenario (Nobel internazionale; per la me<strong>di</strong>cina in nel Italia 1986) lo<br />

squasso si interroga dei sui <strong>parti</strong>ti, poteri <strong>di</strong> e annientamento il PCI che cambia messi<br />

volto, in atto in e nome; un continuo al comune crescendo <strong>di</strong> Palermo dagli uomini, <strong>una</strong><br />

giunta sulla drammatica democristsullo con<strong>di</strong>zione stile “altalenante” del pianeta, e<br />

sulle strategie da adottare per arrestare questo<br />

percorso votato all’estinzione. Facendo leva<br />

sul pro<strong>di</strong>gio della mente umana – “La galassia<br />

mente” la chiama titolando in tal modo un<br />

altro suo splen<strong>di</strong>do libro e<strong>di</strong>to nel ’99 – avverte<br />

sulla improrogabile necessità <strong>di</strong> un ra<strong>di</strong>cale<br />

cambiamento. All’interno <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

narrazione rigorosa, significante e al pari leggera,<br />

seleziono alcune righe: «[...] le crisi che<br />

travagliano la società moderna e il modo <strong>di</strong> vivere<br />

e <strong>di</strong> pensare, il nostro modo <strong>di</strong> produrre,<br />

<strong>di</strong> sprecare e <strong>di</strong> consumare non sono più compatibili<br />

con i <strong>di</strong>ritti dei popoli e della natura».<br />

Ancor più oggi, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa un decennio<br />

da queste sferzanti riflessioni, la città<br />

contemporanea dovunque – in Occidente e<br />

anche in gran parte dell’Oriente – <strong>è</strong> in profonda<br />

crisi e <strong>una</strong> soluzione della stessa non<br />

ammette più approcci parziali. Crescita smisurata<br />

e incontrollata <strong>di</strong> periferie e sobborghi<br />

che <strong>di</strong>vora spazio e risorse con lo stesso<br />

ritmo con cui si espandono globalmente<br />

l’economia capitalistica ed i mercati ad essa<br />

correlati; inurbazione <strong>di</strong> masse <strong>di</strong> <strong>di</strong>seredati<br />

costretti a vivere ai margini della società,<br />

come fonte <strong>di</strong> mano d’opera a basso costo<br />

da sfruttare all’occorrenza, <strong>di</strong>sastri ambientali,<br />

impoverimento <strong>di</strong> interi territori, <strong>di</strong>fficoltà<br />

a smaltire i rifiuti, desertificazione,<br />

mutazioni climatiche, emergenze sanitarie,<br />

ma anche burocratizzazione, irrazionalità<br />

tecnologica, escalation della <strong>violenza</strong>, proliferazione<br />

dei conflitti armati, terrorismo e,<br />

non ultimi, solitu<strong>di</strong>ne, segregazione, <strong>di</strong>sagio<br />

sociale e psichico, fanatismi ideologico e religioso.<br />

Mali <strong>di</strong> un mondo governato da un<br />

consumismo esasperato e cinico.<br />

Per un’umanità che appare quin<strong>di</strong> spinta<br />

verso <strong>una</strong> folle corsa al contempo produttrice<br />

e <strong>di</strong>struttrice, occorre ri-celebrare il pro<strong>di</strong>gio<br />

della vita e quello della mente, come unica<br />

possibilità <strong>di</strong> riscatto, il che significa riacquisire<br />

la consapevolezza della sacralità della vita<br />

<strong>di</strong> cui <strong>è</strong> pregna anche la sua più infinitesima<br />

<strong>parti</strong>cella in ogni angolo della terra. Coltivare<br />

gli spazi dell’anima <strong>è</strong> certamente un primo<br />

passo verso questo obiettivo, ponendo l’energia<br />

creativa a servizio della costruzione <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

nuova città che sia essa stessa principio <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

nuova civiltà. Ne vertebra lo sviluppo la co-<br />

10 mezzocielovent’anni2011 10<br />

società<br />

scienza ecologica che presuppone la coscienza<br />

della <strong>di</strong>namica evolutiva del mondo.<br />

Perch<strong>è</strong> ciò avvenga l’uomo deve ri-<strong>di</strong>ventare<br />

consapevole, nuovamente padrone <strong>di</strong> s<strong>è</strong>.<br />

Solo così può generare progettualità e dare<br />

avvio ad un futuro <strong>di</strong>verso proponendo ra<strong>di</strong>cali<br />

proposte <strong>di</strong> cambiamento contro la<br />

pazzia autolesionista che sembra essere la<br />

sola ispiratrice <strong>delle</strong> sue azioni. E ciò va necessariamente<br />

fatto in <strong>una</strong> <strong>di</strong>mensione tale da<br />

aprirsi al cosmo richiedendo la messa a nudo<br />

<strong>di</strong> qualsiasi concetto consolidato; la messa in<br />

<strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> qualsiasi parola, con la consapevolezza<br />

<strong>di</strong> come la sua intima essenza sia<br />

stata via via svilita nell’uso corrente, sino a richiedere<br />

<strong>una</strong> risemantizzazione <strong>di</strong> esse<br />

stesse – le parole – ed ancor più <strong>di</strong> quelle da<br />

cui <strong>di</strong>pende la fioritura della vita, la salute<br />

della città, quelle <strong>di</strong> cui solitamente abbiamo<br />

bisogno per parlare degli spazi dell’anima:<br />

parole che abbiamo espulso dal nostro vocabolario<br />

e dal nostro mestiere quoti<strong>di</strong>ano ritenendo<br />

che <strong>di</strong> volta in volta appartengano solo<br />

al <strong>di</strong>re dei filosofi, dei poeti, degli scienziati, i<br />

gran<strong>di</strong> scienziati. Ne metto giù alcune: amore,<br />

compassione, solidarietà, tenerezza, spiritualità,<br />

gioia, grazia, giustizia, partecipazione, libertà,<br />

creazione, ma anche essere, <strong>di</strong>venire,<br />

mistero dell’essere, realtà, angoscia, equità,<br />

estetica, coerenza, etica, desiderabile, complessità,<br />

cosmo, rilevanza cosmica, ...<br />

Occorre inventare nuove strutture economiche<br />

e politiche che pongano i valori dello<br />

spirito e la <strong>di</strong>gnità dell’uomo e la sana inter<strong>di</strong>pendenza<br />

<strong>di</strong> organismo e ambiente al centro<br />

<strong>delle</strong> azioni singole e <strong>delle</strong> relazioni<br />

reciproche sì da promuovere lo sviluppo<br />

dell’infinita complessità dell’universo uomo<br />

la cui vera essenza <strong>è</strong> l’atto creativo. Ponte,<br />

quest’ultimo, tra realtà contingente e spiritualità<br />

che trasmuta il sensibile, passo in<br />

avanti verso l’intangibile nel processo <strong>di</strong> autorivelazione<br />

della realtà stessa, esso <strong>è</strong> quin<strong>di</strong><br />

atto etico proprio del fare. Estetica ed etica<br />

insieme dunque, non binomio <strong>di</strong> concetti tra<br />

loro separati. Estetica come contenitore <strong>di</strong><br />

etica, capacità <strong>di</strong> creare la realtà dello spirito.<br />

mezzocielo luglio 2012<br />

Jolanda Lima<br />

Vita da strada<br />

Suor Valeria, della Caritas Diocesana <strong>di</strong> Palermo<br />

ci racconta che alcune ragazze riescono<br />

ad affrontare la strada soltanto dopo<br />

essersi ubriacate. A Palermo, ogni ragazza<br />

per “lavorare” in strada deve pagare un pizzo<br />

<strong>di</strong> circa 200 euro solo per il proprio posto sul<br />

marciapiede, oltre al conto fisso che va dai<br />

sessantacinque agli ottanta mila euro da versare<br />

puntualmente alla mafia e agli sfruttatori<br />

per tornare a essere libera. Andare con <strong>una</strong><br />

prostituta, ha aggiunto suor Valeria, significa<br />

finanziare anche la mafia e gli sfruttatori.<br />

Barbara, trans, mi <strong>di</strong>ce “Ho lasciato a quin<strong>di</strong>ci<br />

anni la mia famiglia, <strong>una</strong> famiglia umile<br />

che non accettava la mia con<strong>di</strong>zione. Io, invece,<br />

volevo essere me stessa, identificarmi<br />

agli occhi <strong>di</strong> tutti per quella che ero. Mi sono<br />

dovuta trasferire al nord dove ho cominciato<br />

a battere perché non volevo ritornare a casa<br />

e nessuno mi dava un lavoro.<br />

Qui, In Italia la vita della trans prostituta <strong>è</strong><br />

più <strong>di</strong>fficile al nord che a sud. Esistono, infatti,<br />

vere bande antitrans. Appena ti trovi<br />

sola sbucano dal nulla per massacrarti <strong>di</strong><br />

botte. Ci sono perfino bande, armate <strong>di</strong><br />

acido muriatico, pronte a sfregiarci. La polizia<br />

interveniva sempre in ritardo quando i<br />

persecutori erano già spariti e ad<strong>di</strong>rittura<br />

non credeva ai nostri racconti. Tornata al<br />

sud il clima era leggermente <strong>di</strong>verso, ma<br />

11 mezzocielovent’anni2011 11 mezzocielo luglio 2012<br />

società<br />

Br<strong>una</strong> Masi<br />

camminavamo sempre in gruppo. Un giorno<br />

che eravamo state <strong>di</strong>sturbate, per l’ennesima<br />

volta, da un manipolo <strong>di</strong> teppisti, <strong>una</strong> collega<br />

e amica ci condusse all’arcigai. Siamo state<br />

ascoltate e protette, ci hanno accompagnate<br />

alla polizia, dove abbiamo trovato <strong>una</strong> certa<br />

comprensione così che, quando telefonavamo,<br />

arrivavano subito. Per il <strong>di</strong>verso nel<br />

meri<strong>di</strong>one “retrogrado” la vita <strong>è</strong> migliore<br />

perché basata più sul rapporto personale che<br />

sul fatto se sei o no normale. Io, per esempio,<br />

abito, in uno dei più noti mercati <strong>di</strong> Palermo,<br />

tutti mi vogliono bene, sento persino rispetto<br />

attorno a me. Vivo da 15 anni col mio compagno<br />

che mi da affetto e comprensione.<br />

Tante volte abbiamo deciso <strong>di</strong> cambiar vita,<br />

ma in qualunque posto non ho mai trovato<br />

un lavoro. Il mio passato <strong>di</strong> prostituta non<br />

mi consente altro che <strong>di</strong> continuare a battere.<br />

Se tornassi in<strong>di</strong>etro farei un percorso <strong>di</strong>verso<br />

utilizzerei la mia famiglia per l’aiuto agli stu<strong>di</strong><br />

ed <strong>una</strong> volta <strong>di</strong>plomata o, perché no, laureata<br />

<strong>di</strong>chiarerei chi sono”.<br />

Fotografia <strong>di</strong> Ornella Mazzola, Autoritratto ironico <strong>di</strong> <strong>una</strong> giovane <strong>di</strong>soccupata, 2012


mondo mio<br />

Alla fine del ’91 – la prima guerra in Iraq<br />

sullo scenario internazionale; in Italia lo<br />

squasso dei <strong>parti</strong>ti, e il PCI che cambia<br />

volto, e nome; al comune <strong>di</strong> Palermo <strong>una</strong><br />

giunta democristsullo stile “altalenante”<br />

Quando si parla <strong>di</strong> donne che vivono nei paesi<br />

che si affacciano nella riva sud del me<strong>di</strong>terraneo<br />

ten<strong>di</strong>amo a confinarle in uno spazio prettamente<br />

religioso. Ne scaturisce l’idea che per<br />

le donne <strong>di</strong> fede musulmana l’appartenenza<br />

religiosa sia la <strong>di</strong>scriminante essenziale.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un’osservazione che rimanda all’idea<br />

generale dell’Islam inteso come unico<br />

Fotografia <strong>di</strong> Shobha, Aeroporto <strong>di</strong> Dubai, Toilettes donne, 2012<br />

“Io parlo in nome dell’Islam”<br />

Vivere l’emancipazione femminile<br />

senza rinunciare alla <strong>di</strong>mensione religiosa<br />

Leila El Houssi<br />

12 mezzocielovent’anni2011 12<br />

mondo mio<br />

patrimonio <strong>di</strong> valori, chiave d’identità, modello<br />

<strong>di</strong> vita. E tuttavia se consideriamo ad<br />

esempio l’area maghrebina, osserviamo che la<br />

prescrizione religiosa coincide perfettamente<br />

con la <strong>di</strong>mensione antropologica e culturale<br />

riconducibile alla connotazione patriarcale <strong>di</strong><br />

molte società del Me<strong>di</strong>terraneo rivelando<br />

quanto la realtà sia più complessa <strong>di</strong> quello<br />

mezzocielo luglio 2012<br />

che appare. Al centro dunque <strong>di</strong> un ambiente<br />

ricco <strong>di</strong> sovrapposizioni e <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni<br />

socio-culturali, le donne costituiscono un elemento<br />

cruciale all’interno <strong>di</strong> queste società,<br />

dove svolgono un ruolo <strong>di</strong> primo piano anche<br />

nello spazio pubblico, sia politico sia religioso.<br />

Analizzando le società dell’area me<strong>di</strong>terranea<br />

secondo <strong>una</strong> prospettiva storica, esse appaiono<br />

contrad<strong>di</strong>stinte da <strong>una</strong> transculturalità<br />

che ha origini lontane. Territori abitati nel<br />

corso dei secoli da “genti me<strong>di</strong>terranee” – fenici,<br />

berberi, arabi, italiani, maltesi, francesi<br />

– che hanno lasciato un’ere<strong>di</strong>tà importante,<br />

costituita da vivacità culturale, convivenza religiosa<br />

e abitu<strong>di</strong>ne al confronto. Si deve ricondurre<br />

a questo retroterra <strong>di</strong> secolari<br />

tra<strong>di</strong>zioni e prassi segnate dalla transculturalità<br />

il fatto che all’interno dell’universo femminile<br />

si siano sviluppate elaborazioni<br />

<strong>di</strong>fferenziate non solo nel vissuto sociale ma<br />

anche in quello religioso. Dall’Islam popolare<br />

femminile nell’area del Maghreb – con manifestazioni<br />

religiose <strong>di</strong> carattere estatico legate<br />

13 mezzocielovent’anni2011 13 mezzocielo luglio 2012<br />

mondo mio<br />

al culto dei santi e <strong>delle</strong> sante – all’emergere<br />

<strong>di</strong> un’esigenza <strong>di</strong> rileggere<br />

il Corano da <strong>una</strong> prospettiva<br />

femminile attraverso il “femminismo<br />

islamico”. Tutto ciò mette in<br />

evidenza come le donne <strong>di</strong> queste<br />

società abbiano sviluppato un loro<br />

modo <strong>di</strong> vivere la <strong>di</strong>mensione religiosa.<br />

Considerato il processo <strong>di</strong> rafforzamento<br />

della presenza dell’Islam<br />

ufficiale all’interno <strong>delle</strong> società,<br />

appare sempre più centrale la battaglia<br />

portata avanti dalle donne<br />

per l’affermazione <strong>di</strong> un ‘uguaglianza<br />

<strong>di</strong> genere in nome dell’Islam’.<br />

Una reinterpretazione<br />

della religione attraverso uno<br />

sguardo femminista viene considerata<br />

dalle donne nel mondo musulmano<br />

l’arma più efficace per<br />

affermare l’uguaglianza <strong>di</strong> genere.<br />

È da oltre un secolo che il femminismo<br />

<strong>è</strong> apparso nel mondo islamico<br />

vivendo <strong>di</strong>verse trasformazioni<br />

a seconda del contesto nazionale.<br />

Il cosiddetto ‘femminismo<br />

islamico’ <strong>è</strong> emerso tra gli anni ottanta<br />

e novanta del XX secolo, impegnandosi<br />

per i <strong>di</strong>ritti <strong>delle</strong><br />

donne nel mondo musulmano.<br />

Fortemente variegato al proprio<br />

interno, presenta un comune denominatore:<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> sovvertire<br />

la tra<strong>di</strong>zione patriarcale che ha<br />

strumentalizzato l’Islam. Da parte<br />

<strong>delle</strong> donne, infatti, c’<strong>è</strong> la volontà<br />

<strong>di</strong> vivere l’emancipazione femminile,<br />

ma non per questo rinunciare<br />

alla <strong>di</strong>mensione religiosa.<br />

Per le femministe islamiche, come la marocchina<br />

Asma Lamrabet e la malesiana Zainah<br />

Anwar, <strong>è</strong> la logica patriarcale che con<strong>di</strong>ziona<br />

la società musulmana. Per risolvere i problemi<br />

<strong>delle</strong> donne <strong>di</strong>viene dunque necessario risvegliare<br />

la coscienza femminile che può operare<br />

un rinnovamento dell’Islam rileggendo il Corano<br />

a <strong>parti</strong>re da <strong>una</strong> prospettiva <strong>di</strong> genere.<br />

Come nota la storica Renata Pepicelli nel suo<br />

libro Femminismo Islamico, “per reinterpretare<br />

i testi sacri della tra<strong>di</strong>zione musulmana le<br />

femministe islamiche si servono dell’Ijtihad, la<br />

ricerca in<strong>di</strong>pendente sulle fonti religiose [...],<br />

si basano sul tafsir, l’esegesi del Corano”.<br />

Questa rilettura <strong>è</strong> in pieno svolgimento e ciò<br />

sembra <strong>di</strong>mostrare quanto il pensiero comune<br />

in Occidente che l’Islam sia <strong>una</strong> religione<br />

oppressiva nei confronti <strong>delle</strong> donne<br />

si riveli un pregiu<strong>di</strong>zio da respingere, tanto<br />

più se si osservano le società musulmane<br />

post-rivolta, protagoniste <strong>di</strong> <strong>una</strong> trasformazione<br />

politica importante.


pocherighe<br />

P O C H E R I G H E<br />

Accade nella terra dell’Adda. Un uomo si arrampica sull’albero del proprio<br />

giar<strong>di</strong>no. Non per aspettare l’alba ma per spegnere tutte quelle a venire.<br />

A quella scena assiste Francesca, quin<strong>di</strong>ci anni appena. Solo<br />

quin<strong>di</strong>ci anni e nelle gambe la forza pronta <strong>di</strong> muoversi. Di correre per<br />

sostenere il peso che il padre non vuole più sopportare. Sessanta secon<strong>di</strong><br />

in attesa che altre braccia, più forti, le tolgano la responsabilità <strong>di</strong> quel<br />

carico. Enorme.<br />

Un minuto che vale a salvare <strong>una</strong> vita, <strong>una</strong> sola e non la sua.<br />

Quella <strong>di</strong> Francesca <strong>è</strong> rimasta sospesa a quel ramo.<br />

Prima o poi dovrà andare a riprendersela.<br />

Chissà quando e come.<br />

Cettina Musca<br />

Leggo <strong>di</strong> un padre che uccide a pugni un amico che sta abusando della<br />

propria bambina, <strong>di</strong> <strong>una</strong> squillo che chiede a Monti la legalizzazione della<br />

sua professione per aumentare le entrate dello Stato, <strong>di</strong> <strong>una</strong> donna scomparsa<br />

da mesi, forse sepolta nel cimitero vicino casa. Sono tutte storie <strong>di</strong><br />

donne <strong>di</strong>verse, accom<strong>una</strong>te da <strong>una</strong> sconfitta: <strong>una</strong> bambina costretta a vivere<br />

<strong>una</strong> duplice <strong>violenza</strong>; <strong>una</strong> ragazza indotta a prostituirsi per mantenersi<br />

agli stu<strong>di</strong>; <strong>una</strong> madre privata della propria libertà e forse della<br />

stessa vita. Al centro <strong>di</strong> queste storie c’<strong>è</strong> sempre <strong>una</strong> donna, <strong>una</strong> merce<br />

<strong>di</strong> scambio sempre più red<strong>di</strong>tizia ma facilmente degradabile. Dall’altra<br />

parte un uomo senza scrupoli con i suoi istinti bestiali. Intorno ci siamo<br />

tutti noi, la società sconfitta, complici silenziosi <strong>di</strong> violenze terribili, sempre<br />

più spesso nascoste tra le mura domestiche. E poca importanza<br />

hanno le statistiche che già da sole mettono i brivi<strong>di</strong>, quando ci informano<br />

che ogni tre minuti viene sfigurata, stuprata o uccisa <strong>una</strong> donna.<br />

L’orrore non sta nei numeri ma nella <strong>violenza</strong> in s<strong>è</strong>, perpetrata quasi sempre<br />

da un uomo che, in preda a un delirio <strong>di</strong> onnipotenza, decide <strong>di</strong> togliere<br />

la vita altrui, smette i panni del compagno affettuoso e si trasforma,<br />

impreve<strong>di</strong>bilmente, in belva feroce, padre padrone, nemico crudele. L’orrore<br />

sta anche nell’ impotenza che sento salirmi dentro come un conato<br />

<strong>di</strong> vomito e che mi spinge a credere con orgoglio che ness<strong>una</strong><br />

donna, madre e origine della vita, riuscirebbe mai a fare altrettanto.<br />

Dora Bottaro<br />

14<br />

pocherighe<br />

mezzocielo giugno-luglio luglio 2012 2012<br />

Non c’<strong>è</strong> mai <strong>una</strong> <strong>violenza</strong> giusta<br />

(a proposito del saggio <strong>di</strong> Luisa Muraro)<br />

Fotografia <strong>di</strong> Gregory Crewdson<br />

“Non si può smantellare la casa del padrone<br />

con gli attrezzi del padrone” <strong>è</strong> <strong>una</strong> frase<br />

della femminista e poeta afroamericana<br />

Audre Lorde.<br />

In<strong>di</strong>ca <strong>una</strong> strada, offre <strong>una</strong> suggestione che <strong>è</strong><br />

anche traccia precisa per costruire <strong>una</strong> visione:<br />

non si <strong>di</strong>smette un sistema se lo si imita, adoperando<br />

i suoi strumenti, seppur sostenendo<br />

che <strong>è</strong> a fin <strong>di</strong> bene e che i nostri fini sono nobili<br />

e alternativi. Chiaramente lo <strong>di</strong>ce, conoscendo<br />

da vicino la fascinazione erotica simbolica e<br />

concreta della <strong>violenza</strong> anche Robin Morgan,<br />

altra grande pensatrice nordamericana vivente,<br />

nel suo Il demone amante, che nella prima traduzione<br />

italiana aveva per sottotitolo “sessualità<br />

del terrorismo”.<br />

Morgan chiede alle donne, specie a quelle <strong>di</strong><br />

sinistra, <strong>di</strong> interrogarsi sul fascino che esercita<br />

sul genere femminile la <strong>violenza</strong> rivoluzionaria<br />

incarnata dal condottiero che parla<br />

del futuro regno <strong>di</strong> miele imbracciando un<br />

fucile dal quale non spuntano fiori, e per il<br />

quale la (sua) <strong>violenza</strong> <strong>è</strong> giusta perché il sistema<br />

oppressivo <strong>è</strong> da abbattere.<br />

In questa logica il fine giustifica i mezzi, pur<br />

se identici a quelli del potere dominante.<br />

Morgan invita anche a riflettere sul fatto che<br />

<strong>una</strong> democrazia, se nasce da un gesto <strong>di</strong> <strong>violenza</strong><br />

(fosse anche quello <strong>di</strong> uccidere il <strong>di</strong>ttatore<br />

più o<strong>di</strong>oso), porterà comunque i segni<br />

<strong>di</strong> quel sangue versato. Dal letame nascono<br />

i fiori, non dal sangue.<br />

<strong>di</strong> Monica Lanfranco<br />

15 mezzocielo luglio 2012<br />

<strong>violenza</strong><br />

Nel numero <strong>di</strong> marzo 2012 <strong>di</strong><br />

Via Dogana titolato Con tutta<br />

la forza necessaria, Luisa Muraro<br />

dà <strong>una</strong> anticipazione <strong>di</strong> un<br />

suo saggio breve Dio <strong>è</strong> violent<br />

…! Uscito a giugno nelle e<strong>di</strong>zioni<br />

Nottetempo (qui parzialmente<br />

riportato), ha suscitato<br />

<strong>di</strong>verse risposte ma soprattutto<br />

critiche non sempre positive.<br />

Nel numero successivo <strong>di</strong> VD,<br />

Politica mon amour, luisa si<br />

scusa “per l’incauta anticipazione<br />

che considero uno sbaglio<br />

poco o niente scusabile”. A <strong>parti</strong>re<br />

da questo numero <strong>Mezzocielo</strong><br />

pubblica la reazione critica<br />

<strong>di</strong> Monica Lanfranco, invitando<br />

le lettrici ad un <strong>di</strong>battito sul<br />

tema della forza, al limite la<br />

<strong>violenza</strong>, sollevata da Luisa<br />

Muraro.<br />

Nel 2003 Maria Di Rienzo ed io (che ero reduce<br />

dal drammatico G8 in qualità <strong>di</strong> portavoce<br />

del Genova Social Forum per la rete <strong>delle</strong><br />

donne), scrivemmo il primo libro italiano che<br />

intrecciava pratica e pensiero femminista e<br />

non<strong>violenza</strong>: Donne <strong>di</strong>sarmanti - storie e testimonianze<br />

su non<strong>violenza</strong> e femminismi.<br />

Con chiarezza sostenemmo che non era vero<br />

che le donne in quanto tali erano meno violente<br />

degli uomini: <strong>di</strong>re che per natura non<br />

siamo portate alla <strong>violenza</strong> era, ed <strong>è</strong>, uno stereotipo<br />

e <strong>una</strong> trappola patriarcale.<br />

Portammo esempi <strong>di</strong> storia antica e recente<br />

in cui le donne avevano scelto la non<strong>violenza</strong><br />

come strumento politico perché nella<br />

relazione conflittuale (ma non nella <strong>violenza</strong><br />

che vede dall’altra parte un/<strong>una</strong> nemica) c’<strong>è</strong><br />

l’unica strada per uscire dalla logica del<br />

mors tua - vita mea.<br />

Raccontammo le strade <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo e <strong>di</strong> conflitto<br />

praticate dalle Donne in nero (dal cui<br />

lavoro tra l’altro originò il bel testo Vita tuavita<br />

mea), da quelle <strong>di</strong> Not in my name, dalle<br />

attiviste in<strong>di</strong>ane seguaci <strong>di</strong> Vandana Shiva,<br />

dalle suore incarcerate e poi assolte in Inghilterra<br />

contro la costruzione dei caccia<br />

Hawk 955, della voce non incarnata <strong>di</strong> Lisistrata<br />

che fonda la <strong>di</strong>plomazia contro la<br />

guerra maschile e patriarcale.<br />

Nel frattempo giravo l’Italia ospite <strong>di</strong> piccoli<br />

e gran<strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> donne, ma anche misti,<br />

che in tutto il paese creavano spazi <strong>di</strong> elabo-<br />

dossier


<strong>violenza</strong><br />

razione del lutto per le violenze del G8, che<br />

ancora oggi resta <strong>una</strong> ferita aperta non solo<br />

nella democrazia, ma anche dentro ai movimenti<br />

per alcune derive militariste interne.<br />

Da allora ho cercato sempre <strong>di</strong> ricordare che<br />

prima del luglio 2001 c’<strong>è</strong> stato un mese<br />

prima PuntoG- Genova, genere, globalizzazione,<br />

uno straor<strong>di</strong>nario evento <strong>di</strong> <strong>due</strong> giorni<br />

e mezzo nel quale (attraverso in <strong>parti</strong>colare<br />

le parole <strong>di</strong> Li<strong>di</strong>a Campagnano), si era anticipato<br />

con luci<strong>di</strong>tà profetica non solo l’arrivo<br />

della crisi, ma il realizzarsi <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

mutazione antropologica e politica nella<br />

quale stiamo ora intrappolate: l’avvento del<br />

mercato come potenza pressoch<strong>è</strong> assoluta<br />

regolatrice <strong>delle</strong> nostre vite.<br />

Quell’appuntamento costituì anche però un<br />

momento <strong>di</strong> forte conflitto con il resto dei<br />

movimenti misti, perché in più occasioni noi<br />

femministe stigmatizzammo l’uso <strong>di</strong> linguaggio,<br />

pratiche e simbolico bellico nel seno<br />

stesso <strong>di</strong> <strong>parti</strong> <strong>di</strong> movimento altermon<strong>di</strong>alista,<br />

nei confronti dei quali ci <strong>di</strong>chiarammo<br />

totalmente e definitivamente in <strong>di</strong>saccordo<br />

e dopo il G8 Maschile Plurale e Uomini in<br />

cammino scrissero un documento <strong>di</strong> forte<br />

<strong>di</strong>sagio circa le pratiche <strong>di</strong> piazza muscolari.<br />

Un pezzo <strong>di</strong> femminismo italiano sottovalutò<br />

questa nostra analisi e profezia: nel maggio<br />

2001 un gruppo <strong>di</strong> allora giovani della Libreria<br />

<strong>delle</strong> donne <strong>di</strong> Milano ci invitò a spiegare<br />

cosa ci muovesse a organizzare un momento<br />

precedente e separato (non separatista) sulla<br />

globalizzazione: le ‘maggiori’ ci <strong>di</strong>ssero che<br />

questioni come la globalizzazione erano fuori<br />

dall’orizzonte del ‘vero’ femminismo’ decidendo<br />

la cancellazione <strong>di</strong> quel pezzo <strong>di</strong> storia<br />

e <strong>di</strong> pratiche, che invece purtroppo si rivelarono<br />

corrette e anticipatrici.<br />

Oggi apprendo che Luisa Muraro su Via<br />

Dogana ragiona <strong>di</strong> <strong>violenza</strong> e uso della forza<br />

sostenendo che esistono occasioni in cui la<br />

<strong>violenza</strong> può essere giusta. Si tratta <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

affermazione che reputo grave, da parte <strong>di</strong><br />

<strong>una</strong> femminista e <strong>di</strong> <strong>una</strong> filosofa.<br />

Scrive Muraro: “La pre<strong>di</strong>cazione anti<strong>violenza</strong><br />

non manca certo <strong>di</strong> argomenti morali ma le<br />

manca ormai un punto <strong>di</strong> leva per sollevare<br />

le giuste pretese e abbassare l’arroganza dei<br />

potenti. Anticamente il punto <strong>di</strong> leva era la<br />

parola <strong>di</strong>vina; modernamente <strong>è</strong> stato l’ideale<br />

del progresso. Che oggi <strong>è</strong> morto, al pari e<br />

forse più <strong>di</strong> Dio. Oggi, a causa della competizione<br />

globale, esasperata dalla crisi in corso,<br />

l’idea che sia possibile stare meglio tutti non<br />

agisce più; prevale quella che il meglio sia per<br />

alcuni a spese <strong>di</strong> altri.<br />

La constatazione che non siamo più animati<br />

dal sogno <strong>di</strong> stare tutti meglio, <strong>è</strong> un colpo<br />

mortale all’ideale dell’uguaglianza e alla politica<br />

dei <strong>di</strong>ritti. E impone <strong>di</strong> riaprire il <strong>di</strong>scorso<br />

sull’uso della forza. C’<strong>è</strong> <strong>una</strong> <strong>violenza</strong> nelle cose<br />

16 mezzocielo luglio 2012<br />

<strong>violenza</strong><br />

e fra i viventi che prelude a un ritorno della<br />

legge del più forte: dobbiamo pensarci.<br />

Il <strong>di</strong>scorso può aprirsi <strong>di</strong>cendo semplicemente<br />

che, in certi contesti, a certe con<strong>di</strong>zioni,<br />

<strong>è</strong> opportuno non usare tutta la forza<br />

<strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>spone. Bisogna però tenerla a <strong>di</strong>sposizione,<br />

se non si vuole che altri se la<br />

prendano: alla propria forza non si rinuncia<br />

senza soccombere ad altre forze. Si tratterà<br />

dunque <strong>di</strong> dosarla senza perderla”.<br />

Penso che aperture, più o meno ambigue o<br />

possibiliste, verso l’uso della forza o della <strong>violenza</strong>,<br />

giustificata in certi ambiti, sia pericoloso<br />

perché genera derive incontrollabili. È<br />

un luogo comune purtroppo <strong>di</strong>ffuso quello<br />

secondo il quale la <strong>violenza</strong> che fai tu <strong>è</strong> giusta:<br />

cito esempi lontani tra loro ma <strong>una</strong>nimi su<br />

questo aspetto come gli ultras, i brigatisti neri<br />

e rossi, i fondamentalisti <strong>di</strong> tutte le religioni<br />

che ritengono che <strong>una</strong> certa dose <strong>di</strong> <strong>violenza</strong><br />

serva a tenere in riga le donne, i casseur, i<br />

black block, <strong>una</strong> certa giurisprudenza, che<br />

ammette la legittimità <strong>di</strong> <strong>una</strong> certa forzatura<br />

sulla donna nel rapporto sessuale, considerando<br />

ambiguo il desiderio femminile.<br />

Mai l’umanità <strong>è</strong> stata animata all’unisono<br />

dallo stesso sogno <strong>di</strong> pace, giustizia ed<br />

equità, ma non per questo dobbiamo derogare<br />

sulla legittimità della <strong>violenza</strong> solo perché<br />

oggi le ingiustizie sono, o ci sembrano,<br />

più gran<strong>di</strong>. La <strong>violenza</strong> <strong>è</strong> <strong>violenza</strong>: sempre<br />

stupida, sempre <strong>di</strong>struttiva. La <strong>violenza</strong> intelligente<br />

<strong>è</strong> un ossimoro.<br />

Se si comincia a derogare sull’uso della <strong>violenza</strong>,<br />

magari invocando la rabbia o la <strong>di</strong>sperazione<br />

come legittimo motivo per<br />

abbandonarvisi o servirsene, pensando che<br />

esista <strong>una</strong> mo<strong>di</strong>ca quantità tollerabile (se si<br />

sta dalla parte giusta), abbiamo perso già in<br />

partenza la scommessa del cambiamento, che<br />

ha tra i suoi fondamenti il senso del limite, la<br />

responsabilità, e l’esclusione della <strong>violenza</strong><br />

dall’orizzonte della vita e della felicità.<br />

Abbiamo perso perché rinunciamo alla con<strong>di</strong>visione,<br />

dal momento che la <strong>violenza</strong> <strong>è</strong><br />

pratica che salda in<strong>di</strong>vidualità blindate e deprivate<br />

sensorialmente che non <strong>di</strong>alogano<br />

ma si uniformano, militarizzando e gerarchizzando<br />

corpi e menti.<br />

La paziente (<strong>di</strong> certo faticosa), ma anche <strong>di</strong>vertente<br />

e creativa pratica nonviolenta costruisce<br />

invece sguar<strong>di</strong>, visioni, realtà,<br />

politiche <strong>di</strong>vergenti, inclusive, felicemente<br />

conflittuali.<br />

Scrive Vandana Shiva, che <strong>di</strong> certo non accademicamente<br />

<strong>di</strong>sserta sulle violenze del<br />

mondo: “La pace non si creerà dalle armi e<br />

dalla guerra, dalle bombe e dalla barbarie.<br />

La <strong>violenza</strong> <strong>è</strong> <strong>di</strong>ventata un lusso che la specie<br />

umana non può più permettersi, se vuole sopravvivere.<br />

La non<strong>violenza</strong> <strong>è</strong> <strong>di</strong>ventata un<br />

imperativo per la sopravvivenza”.<br />

Quel che manca<br />

alla pre<strong>di</strong>cazione<br />

anti<strong>violenza</strong><br />

La pre<strong>di</strong>cazione anti<strong>violenza</strong> non manca<br />

certo <strong>di</strong> argomenti morali ma le manca<br />

ormai un punto <strong>di</strong> leva per sollevare le giuste<br />

pretese e abbassare l’arroganza dei potenti.<br />

Anticamente il punto <strong>di</strong> leva era la parola <strong>di</strong>vina;<br />

modernamente <strong>è</strong> stato l’ideale del progresso.<br />

Che oggi <strong>è</strong> morto, al pari e forse più<br />

<strong>di</strong> Dio. Oggi, a causa della competizione<br />

globale, esasperata dalla crisi in corso, l’idea<br />

che sia possibile stare meglio tutti non agisce<br />

più; prevale quella che il meglio sia per alcuni<br />

a spese <strong>di</strong> altri.<br />

La costatazione che non siamo più animati<br />

dal sogno <strong>di</strong> stare tutti meglio, <strong>è</strong> un colpo<br />

mortale all’ideale dell’uguaglianza e alla politica<br />

dei <strong>di</strong>ritti. E impone <strong>di</strong> riaprire il <strong>di</strong>scorso<br />

sull’uso della forza. C’<strong>è</strong> <strong>una</strong> <strong>violenza</strong><br />

nelle cose e fra i viventi che prelude a un ritorno<br />

della legge del più forte: dobbiamo<br />

pensarci.<br />

Il <strong>di</strong>scorso può aprirsi <strong>di</strong>cendo semplicemente<br />

che, in certi contesti, a certe con<strong>di</strong>zioni,<br />

<strong>è</strong> opportuno non usare tutta la forza<br />

<strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>spone. Bisogna però tenerla a <strong>di</strong>sposizione,<br />

se non si vuole che altri se la<br />

prendano: alla propria forza non si rinuncia<br />

17 mezzocielo luglio 2012<br />

<strong>violenza</strong><br />

Luisa Muraro<br />

senza soccombere ad altre forze. Si tratterà<br />

dunque <strong>di</strong> dosarla senza perderla.<br />

La pre<strong>di</strong>cazione anti<strong>violenza</strong> vorrebbe farci<br />

credere che la misura giusta la fisserebbe il<br />

confine tra forza e <strong>violenza</strong>: no, lo sconfinamento<br />

tra l’<strong>una</strong> e l’altra spesso <strong>è</strong> inevitabile.<br />

La misura da cercare <strong>è</strong> nella coincidenza fra<br />

Fotografia <strong>di</strong> Shobha, Prima della vampa <strong>di</strong> San Giuseppe, Acqua dei Corsari, 2009<br />

la giustezza e la giustizia dell’agire, coincidenza<br />

che va cercata non <strong>di</strong>co a tentoni, ma<br />

quasi. La giustezza (che <strong>è</strong> parente dell’efficacia)<br />

<strong>è</strong> soprattutto dei mezzi, la giustizia <strong>è</strong><br />

soprattutto dei fini. La loro rispondenza,<br />

sempre da ri-cercare, si oppone al cinismo<br />

del fine che giustificherebbe i mezzi, ma<br />

anche alla paralisi <strong>di</strong> un agire tutto conforme<br />

alle regole stabilite. Ed <strong>è</strong> un nome della politica.<br />

Dosare l’uso della forza <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>spone fa<br />

parte della strategia dell’agire politico non<br />

come un’opzione qualsiasi ma come un sapere<br />

necessario; lo insegna molto bene l’an-


<strong>violenza</strong><br />

tico filosofo taoista Sun-Tzu nell’Arte della<br />

guerra. La giustizia, per il generale che comanda<br />

l’esercito, consiste nell’obbe<strong>di</strong>re agli<br />

or<strong>di</strong>ni dell’Imperatore, ma il generale sa che<br />

“ci sono or<strong>di</strong>ni dell’Imperatore ai quali non<br />

si deve obbe<strong>di</strong>re”: bisogna saperlo se vogliamo<br />

accorciare le <strong>di</strong>stanze fra la cosa giusta<br />

da fare qui e ora, e la giustizia del nostro fare,<br />

riconoscibile anche domani e dopodomani.<br />

In seconda battuta deve venire, logicamente,<br />

un’aperta <strong>di</strong>scussione sull’idea <strong>di</strong> <strong>violenza</strong><br />

giusta. Il nostro sistematico non chiamare in<br />

causa Dio (che ha le sue buone ragioni), ce<br />

la rende forse <strong>una</strong> questione improponibile,<br />

perché la <strong>violenza</strong> giusta <strong>è</strong> per definizione<br />

<strong>violenza</strong> <strong>di</strong>vina, ossia manifestazione <strong>di</strong> un<br />

essere per essenza giusto. Che non <strong>è</strong> certo<br />

l’essere umano. Tra i nomi <strong>di</strong>vini c’<strong>è</strong> anche<br />

Sole <strong>di</strong> giustizia. Non esiste? Pazienza, ci faremo<br />

luce con le candele, ma le verità teoriche<br />

restano tali anche in assenza <strong>di</strong> fatti, e<br />

teniamole presenti.<br />

Altrimenti, in base a quello che capita <strong>di</strong><br />

fatto tra gli umani, si crede che la <strong>violenza</strong><br />

sia in sé cattiva. E si prepara il terreno per<br />

sostenere che essa si giustifica unicamente se<br />

il suo uso viene regolato per legge. Si sorvola<br />

così sul fatto che il <strong>di</strong>ritto usa la <strong>violenza</strong><br />

come uno strumento per scopi che il <strong>di</strong>ritto<br />

stesso <strong>di</strong>chiara tali, giusti: un circolo vizioso<br />

dal quale non si esce senza spezzarlo, dato<br />

che il <strong>di</strong>ritto vigente rispecchia lo stato dei<br />

rapporti <strong>di</strong> forza e la <strong>violenza</strong> non gli <strong>è</strong> certo<br />

estranea. Cose già dette e risapute. Possiamo<br />

far finta d’ignorarle? Si tratta <strong>di</strong> pensare <strong>una</strong><br />

<strong>violenza</strong> che non <strong>è</strong> strumento <strong>di</strong> nessuno,<br />

che il <strong>di</strong>ritto non può fare sua giustificandola,<br />

e nessuno può farla sua, manifestazione<br />

<strong>di</strong> <strong>una</strong> giustizia che ci oltrepassa dalla<br />

quale, però, noi umani possiamo lasciarci<br />

usare, consapevoli del rischio inevitabile <strong>di</strong><br />

cadere in errori ed eccessi. Dunque, <strong>violenza</strong><br />

giusta non come categoria del <strong>di</strong>ritto, al contrario,<br />

le cui con<strong>di</strong>zioni storiche il <strong>di</strong>ritto<br />

non può co<strong>di</strong>ficare, solo riconoscere a posteriori.<br />

Possono stabilirle, <strong>di</strong> volta in volta,<br />

soltanto le circostanze.<br />

La forza, date certe circostanze, può giustamente<br />

ed efficacemente esercitarsi arrivando<br />

ai limiti della <strong>violenza</strong> e perfino<br />

oltrepassarli. Ma perché abbia senso <strong>di</strong>scutere<br />

su questa tesi, giusta o sbagliata che sia,<br />

devo chiedermi se ho veramente la capacità<br />

<strong>di</strong> agire con tutta la forza potenzialmente<br />

mia, se ne <strong>di</strong>spongo effettivamente. Se non<br />

fosse così e se questo <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> energia fosse<br />

<strong>di</strong>ffuso, come temo, sarebbe ri<strong>di</strong>colo cercare<br />

un nuovo punto <strong>di</strong> leva, come voler saltare<br />

su un letto con le molle rotte. La<br />

pre<strong>di</strong>cazione anti<strong>violenza</strong>, nella misura in<br />

cui esclude a priori l’idea <strong>di</strong> <strong>una</strong> <strong>violenza</strong><br />

giusta, favorisce l’ab<strong>di</strong>cazione ad agire, se<br />

necessario, con tutta la forza necessaria. E<br />

18 mezzocielo luglio 2012<br />

<strong>violenza</strong><br />

ciò si ripercuote sull’intelligenza <strong>delle</strong> persone:<br />

chi non usa la sua forza quando gli sarebbe<br />

utile e necessario, sembra stupido,<br />

ma chi vi ha rinunciato a priori, lo <strong>di</strong>venta<br />

realmente. Nessuno lo <strong>di</strong>ce ma, secondo<br />

me, nell’appannarsi dell’intelligenza collettiva<br />

in questo nostro paese, non c’entra solo<br />

il consumismo e cose simili, ma anche la<br />

fine della sfida comunista che veicolava<br />

un’idea <strong>di</strong> <strong>violenza</strong> giusta, quella rivoluzionaria;<br />

poco importa qui il giu<strong>di</strong>zio politico,<br />

sto parlando <strong>di</strong> dosaggi interiori.<br />

Dicendo “tutta la forza necessaria”, intendo<br />

la duplice forza della consapevolezza (non il<br />

recriminare e lamentarsi ma vedere e rendersi<br />

conto fino in fondo) e del tirare le conseguenze<br />

pratiche e logiche, quelle che<br />

stanno nelle possibilità della persona che<br />

vede e si rende conto.<br />

Era nelle possibilità <strong>delle</strong> forze <strong>di</strong> pace presenti<br />

nella ex Iugoslavia <strong>di</strong>fendere i civili<br />

inermi che furono assassinati in massa a Srebrenica<br />

nel 1995. E invece che cosa hanno<br />

fatto i militari dell’Onu? Hanno aiutato a<br />

selezionare le vittime destinate al massacro:<br />

l’hanno fatto non per paura né per complicità<br />

ma per semplice stupi<strong>di</strong>tà, incapaci <strong>di</strong><br />

percepire il mostro dell’o<strong>di</strong>o che era davanti<br />

ai loro occhi.<br />

Era nelle possibilità degli abitanti dell’Aquila<br />

impe<strong>di</strong>re al capo del governo <strong>di</strong> fare della<br />

loro sventurata città la cornice massme<strong>di</strong>atica<br />

per la sua autopromozione. Sette volte il<br />

capo del governo <strong>è</strong> andato impunemente a<br />

fare passerella nella città <strong>di</strong>strutta dal terremoto.<br />

Se lo avessero mandato in<strong>di</strong>etro a fischi<br />

e sassate, come si meritava, come si<br />

usava <strong>una</strong> volta, come chiedevano i loro<br />

morti, quelli uccisi dal crollo <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici pubblici<br />

taroccati, ness<strong>una</strong> polizia avrebbe osato<br />

picchiarli e arrestarli. E il loro centro storico,<br />

chissà, non sarebbe più il mucchio <strong>di</strong> macerie<br />

transennate che continua a essere.<br />

I filosofi lamentano che confon<strong>di</strong>amo tra loro<br />

concetti <strong>di</strong>versi come potere, dominio, forza,<br />

<strong>violenza</strong>. D’accordo. Ma quando, per tutta risposta,<br />

si mettono a darci le loro accurate definizioni,<br />

vorrei <strong>di</strong>rgli: prima <strong>di</strong> ciò, dovreste<br />

indagare dove e come nasca la confusione. E<br />

chiedervi se per caso quella che appare <strong>una</strong><br />

confusione non sia la manifestazione <strong>di</strong> qualcosa<br />

che fareste bene a guardare più da vicino.<br />

Rileggete quel capolavoro racchiuso in<br />

poche pagine che <strong>è</strong> L’Iliade poema della<br />

forza <strong>di</strong> Simone Weil. Sebbene forza e <strong>violenza</strong><br />

siano fra loro ben <strong>di</strong>verse, separarle per<br />

definizione non fa che occultare un aspetto<br />

ineliminabile della realtà umana. Ci sono <strong>di</strong>stanze<br />

e prossimità che non si stabiliscono<br />

verbalmente ma attivamente: la definizione<br />

giusta la troveremo alla luce <strong>di</strong> questo agire.<br />

Insomma, meno filosofia e più pratica.<br />

dal saggio “Dio <strong>è</strong> volent...!”, Nottetempo Ed., € 6<br />

Maxxiartiste<br />

19 mezzocielo luglio 2012<br />

arte<br />

Ferrara 2012, Naiza Khan, artista pakistana<br />

Roma. Sventolano come ban<strong>di</strong>erine al sole davanti ai severi profili dell’architettura<br />

del Maxxi <strong>di</strong> Zaha Ha<strong>di</strong>d, le centinaia <strong>di</strong> magliette gonnelline e pantaloncini colorati <strong>di</strong><br />

Kaarina Kaikkonen, stesi sui fili, come si fa nei vicoli <strong>delle</strong> nostre città meri<strong>di</strong>onali. Un<br />

bell’ingresso, molto femminile che dà allegria e poi, dentro, <strong>di</strong> artiste ne trovi altre tre.<br />

Mostre corpose, importanti, Paola De Pietri che fotografa paesaggi silenziosi laddove<br />

cento anni fa ci furono guerre e urla <strong>di</strong> dolore e poi un focus molto articolato su Marisa<br />

Merz, e alla fine il colpo al cuore e al cervello lo dà la colombiana Doris Sulcedo. Una<br />

sala lunga, molto lunga, riempita da cento tavoli <strong>di</strong> legno grezzo scurito sui quali sono<br />

posati a gambe all’aria altrettanti tavoli scuri. E già sarebbe un drammatico vedere e sentire<br />

se da ogni tavolo capovolto, probabile bara <strong>di</strong> esseri umani in<strong>di</strong>fesi, non venissero<br />

fuori, dal legno vivo, come per miracolo, migliaia <strong>di</strong> fili d’erba. Veri fili d’erba, morbi<strong>di</strong><br />

e teneri da accarezzare <strong>di</strong> nascosto. L.B.<br />

Quando l’acido<br />

brucia anche l’anima<br />

È il titolo <strong>di</strong> un’esposizione <strong>di</strong> Shobha al nuovo Festival della Fotografia a Ragusa.<br />

“De<strong>di</strong>co questo progetto a Fakhra Yo<strong>una</strong>s, <strong>una</strong> bellissima danzatrice <strong>di</strong><br />

Karachi fuggita dal suo paese dopo che il marito nel sonno l’aveva bruciata<br />

con l’acido. Arrivata in Italia nel 2001 si era sottoposta a 39 operazioni, <strong>di</strong>ventando<br />

un simbolo per molte donne islamiche. Fakhra si <strong>è</strong> suicidata nel 2011”.<br />

La mostra <strong>è</strong> affiancata da un video <strong>di</strong> 27 minuti “Stop Acid Violence Against<br />

Humanity” realizzato da Shobha in Bangladesh nel 2012.<br />

http://www.ragusafotofestival.it/festival/le-mostre/38-quando-l-acido-sfigura-anche-l-anima


teatro<br />

Quante mani<br />

sopra <strong>di</strong> me<br />

Paola Nepi<br />

Fotografia <strong>di</strong> Massimo Carroccia, La scenografia dello spettacolo,<br />

Sono sola? Che <strong>di</strong>co!<br />

Non posso stare sola, il mio <strong>è</strong> un deserto affollato<br />

...<br />

Mani esperte, devote, mani <strong>di</strong>sposte ma straniere. Cuori<br />

stranieri con in bocca la loro musica straniera.<br />

Tra poco, lo so, comincerà la giostra ma, vi prego, tacete<br />

un attimo! Lasciatemi ascoltare, fuori c’<strong>è</strong> il silenzio del<br />

mattino …<br />

Il rito non si ferma.<br />

La mia carne nelle loro mani, il cuore altrove.<br />

...<br />

Aspettate! Non tiratemi ancora fuori dal guscio.<br />

Ancora i miei sguar<strong>di</strong> non hanno suono al loro sentire, le mani mi sono addosso, <strong>di</strong>sfanno<br />

l’illusorio calore della notte. Ma io chi sono? Dove sono? Chi sembro? Che posso fare?<br />

20 mezzocielo luglio 2012 21 mezzocielo luglio 2012<br />

teatro teatro<br />

La vita<br />

<strong>è</strong> come un fiume<br />

Come fare a descrivere chi e com’<strong>è</strong> Paola Nepi, e quanto<br />

io la ami e le sono vicina anche se sono lontana?<br />

Una volta l’andai a trovare. Paola era nel suo<br />

letto, senza potersi muovere e mi chiedeva <strong>di</strong> me,<br />

cosa facevo, eccetera – ed io cominciai a raccontare<br />

cercando <strong>di</strong> analizzare la mia vita. Paola mi fece<br />

parlare, e poi mi <strong>di</strong>sse “Perché tutti questi <strong>di</strong>scorsi<br />

e ragionamenti...? Sabi, la vita <strong>è</strong> come un<br />

fiume …”. Non stavo parlando con un saggio Zen,<br />

e tanto meno con Eraclito. Era Paola, la mia amica<br />

affetta da <strong>di</strong>strofia muscolare che si aggrava progressivamente.<br />

Lei era sul suo letto, non poteva<br />

muoversi, mentre io andavo e venivo, potevo correre,<br />

nuotare e ballare. Un’altra volta mi <strong>di</strong>sse: Io<br />

mi sento come un uccellino; se arriva un raggio<br />

<strong>di</strong> sole dalla finestra, sono felice”.<br />

Paola ha già scritto un libro <strong>di</strong> poesie, poi la sua autobiografia<br />

(Storie <strong>di</strong> via Cennino) e quest’inverno<br />

il testo per uno spettacolo multime<strong>di</strong>ale, Le mani<br />

addosso, da cui sono stati tratti gli stralci qui pubblicati.<br />

Anch’io sono andata a vedere lo spettacolo,<br />

assieme a numerosi amici venuti da tante <strong>parti</strong> d’Italia<br />

ed anche dall’estero. La scenografia riusciva a<br />

dare il senso dello spazio interiore <strong>di</strong> Paola e dei suoi<br />

sogni, attraverso un cielo immenso dove apparivano<br />

frammenti scomposti <strong>delle</strong> parole scritte quando ancora<br />

usava la penna. L’opera <strong>è</strong> stata messa in scena<br />

grazie al lavoro <strong>di</strong> numerosi artisti e persone amiche,<br />

tra cui il suo compagno Richard Ingersoll, il regista<br />

Tiziano Trevisiol, e l’attrice Lorella Serni che ha interpretato<br />

con grande intensità la sofferenza e la<br />

forza dell’autrice. È stata rappresentata a Cavriglia<br />

(Arezzo) l’8 marzo scorso, con il sostegno degli enti<br />

locali e della regione. Sabina<br />

Mani materne, mani matrigne, mani benedette, mani maledette, mani necessarie, mani in<strong>di</strong>spensabili!<br />

Mani! Mani! Inconsapevoli mani da cui spesso mi sento come scancellata, che del mio corpo<br />

leggono i bisogni, mai i desideri…<br />

Chiudo gli occhi, mi arrendo.<br />

Non ho scampo, incessante l’opera prosegue<br />

...<br />

Chi, per prima mi mise le mani addosso? Mi tastò con mani sconosciute fino allora ansiosa<br />

<strong>di</strong> scoprire cosa accadesse, e mi lasciò sperduta?<br />

...<br />

Sì, fu proprio lei che, in un giorno d’estate, d’improvviso caduta nell’abisso della paura, mi<br />

mise le mani addosso e mi marchiò con la sua ansia.<br />

Proprio quella madre dal sorriso ameno e lo sguardo severo. Lei che vedeva smpre tutto,<br />

che si accorse che crescevo sbilenca, che subito pensò che il destino della sua infanzia negata<br />

continuasse in me.<br />

Sì, lei che mi guadava come se si guardasse in uno specchio.<br />

E fu ancora lei che, per il mio bene, mentre io, in uno strano mattino in cui, <strong>di</strong>stratta, mi ero<br />

persa <strong>di</strong>etro la musica del mio primo treno, a mettermi – ignuda – sotto gli occhi <strong>di</strong> un uomo<br />

<strong>di</strong> scienza che prima mi mise le mani addosso e poi mi chiuse in gabbia….<br />

Io ch’ero farfalla!<br />

dal volume “Le mani addosso”, <strong>di</strong> Paola Nepi,<br />

e<strong>di</strong>z. della Meri<strong>di</strong>ana, Firenze € 10


cultura<br />

Ok la carriera<br />

ma non rinunciare<br />

a se stesse<br />

Dall’inizio <strong>di</strong> quest’anno l’APRE (Agenzia<br />

per la Promozione della Ricerca Europea)<br />

ha organizzato incontri in <strong>di</strong>verse città italiane<br />

dal titolo “Valorizzare la presenza<br />

femminile nella Ricerca e nell’Innovazione”.<br />

Quando l’invito per questa giornata formativa<br />

a Catania <strong>è</strong> arrivato sul tavolo del mio<br />

ufficio, la prima reazione <strong>è</strong> stata <strong>di</strong> irritazione:<br />

dopo più <strong>di</strong> 40 anni <strong>di</strong> femminismo<br />

(ero un’adolescente nel 1968) era ancora<br />

necessario ricordare al mondo maschile che<br />

la presenza femminile andava valorizzata?<br />

Dopo questa emotiva reazione ho riflettuto<br />

sui numeri che conosco come me<strong>di</strong>co e ricercatore<br />

del Consiglio Nazionale <strong>delle</strong> Ricerche<br />

(CNR) e che da soli illuminano su<br />

questa realtà.<br />

Al CNR ci sono 11 Di<strong>parti</strong>menti <strong>di</strong> cui solo<br />

uno <strong>è</strong> <strong>di</strong>retto da <strong>una</strong> donna e 107 Istituti<br />

con 18 Direttori <strong>di</strong> sesso femminile. Ci consoliamo<br />

con un vice Presidente donna.<br />

Un rapporto del 2009 della Commissione<br />

europea sulla parità <strong>di</strong> genere nella scienza<br />

ci informava che le donne pur rappresentando<br />

il 33 per cento dei ricercatori italiani,<br />

solo in <strong>una</strong> percentuale del 20% raggiunge<br />

posizioni <strong>di</strong> leadership.<br />

Nel 2011 a Firenze <strong>è</strong> stato organizzato un<br />

Convegno dalla Federazione Nazionale dei<br />

Me<strong>di</strong>ci e degli Odontoiatri (Fnomceo) in<br />

cui sono stati presentati gli ultimi dati, certamente<br />

non incoraggianti: solo <strong>una</strong> donna<br />

su 10 <strong>di</strong>venta primario e su 106 Or<strong>di</strong>ni dei<br />

Me<strong>di</strong>ci in Italia appena <strong>due</strong> (Gorizia e<br />

Fermo) hanno <strong>una</strong> presidenza al femminile.<br />

Eppure oggi, <strong>di</strong>cono i dati Fnomceo, nella<br />

fascia <strong>di</strong> età tra i 24 e i 29 anni i «camici<br />

rosa» sono 5.490 (circa il 64 per cento),<br />

mentre gli uomini sono 3.118. Se poi si sale<br />

<strong>di</strong> qualche anno, tra i 29 e i 34 anni, le<br />

donne me<strong>di</strong>co iscritte all’Albo sono 16.810<br />

(64,25%) contro 9.351 maschi.<br />

Nonostante la forte e significativa presenza<br />

<strong>di</strong> donne nel mondo della me<strong>di</strong>cina e della<br />

ricerca i posti occupati ai vertici non riflettono<br />

le stesse percentuali.<br />

Negli anni ottanta, appena laureata <strong>di</strong>cevo<br />

con veemenza che ero <strong>una</strong> donna ma volevo<br />

lavorare come un uomo; adesso, con<br />

maggiore consapevolezza e maturità affermo<br />

con la stessa veemenza che sono <strong>una</strong><br />

donna e voglio lavorare come <strong>una</strong> donna!<br />

Cosa significa? che ho imparato che il mio<br />

Angela Distefano* Auspicare a un incontro tra teoria e pratica<br />

non <strong>è</strong> uno slogan dei nostri giorni, piuttosto<br />

<strong>una</strong> richiesta (storicamente testata) per ridefinire<br />

l’identità <strong>di</strong> ogni realtà e sapere. Richiesta<br />

legittima, <strong>di</strong> certo, ma soggetta a<br />

innumerevoli contrad<strong>di</strong>zioni. E l’impressione<br />

modo <strong>di</strong> lavorare da donna <strong>è</strong> più produttivo,<br />

empatico, aggregante e innovativo ma<br />

coniugare famiglia e carriera <strong>è</strong> ancora <strong>una</strong><br />

sfida e <strong>una</strong> grande fatica. Forse per questo,<br />

alla fine, rinunciamo a raggiungere posizioni<br />

apicali. Infatti, ben il 30% <strong>delle</strong><br />

donne primario <strong>è</strong> single, il 30% <strong>è</strong> senza figli<br />

ed il 20% con un solo figlio. Le stesse percentuali,<br />

naturalmente, non riguardano il<br />

mondo maschile.<br />

Noi donne sappiamo lavorare in gruppo<br />

per raggiungere obiettivi e non potere; sappiamo<br />

confrontarci con competitività ma<br />

senza aggressività e la nostra presenza nei<br />

gruppi <strong>di</strong> lavoro e <strong>di</strong> ricerca <strong>è</strong> un valore aggiunto<br />

perché sappiamo mettere impegno,<br />

sacrificio e determinazione.<br />

Nei miei 30 anni <strong>di</strong> esperienza professionale<br />

ho anche imparato che noi donne possiamo<br />

trasferire nel nostro lavoro ciò che ci<br />

insegna l’esperienza familiare: il sapere<br />

ascoltare, capire i bisogni <strong>delle</strong> altre donne<br />

e provare sempre (o quasi) ad allentare tensioni<br />

e conciliare esigenze <strong>di</strong>verse.<br />

Mi piace aggiungere, inoltre, che la maternità<br />

potrebbe essere un valore aggiunto per<br />

le donne capo, perche con i figli s’imparano<br />

la tolleranza e la pazienza e l’importanza <strong>di</strong><br />

essere un modello da imitare piuttosto che<br />

un capo da temere.<br />

Alle giovani donne <strong>di</strong>co sempre <strong>di</strong> non<br />

vergognarsi mai <strong>delle</strong> loro incombenze familiari.<br />

Non si può essere un’ottima ricercatrice<br />

o in generale un’ottima professionista<br />

se non si riesce a essere anche <strong>una</strong><br />

buona madre perché sono i nostri figli la<br />

società <strong>di</strong> domani.<br />

Per tutto questo dobbiamo lottare e non<br />

solo per avere veramente pari opportunità<br />

nella carriera ma soprattutto per avere un<br />

mondo del lavoro coniugato al femminile<br />

che ci permetta <strong>di</strong> fare carriera senza rinunciare<br />

ad <strong>una</strong> vita familiare altrettanto gratificante<br />

e socialmente utile.<br />

* Ricercatore Istituto <strong>di</strong> Scienze Neurologiche -<br />

Consiglio Nazionale <strong>delle</strong> Ricerche<br />

La sven<strong>di</strong>ta del sapere<br />

stu<strong>di</strong>are solo per<br />

trovare lavoro?<br />

che ne viene fuori <strong>è</strong> quella <strong>di</strong> <strong>una</strong> cultura svilita<br />

a suon <strong>di</strong> monetine da un sistema-istruzione<br />

allo sbando, alla ricerca <strong>di</strong> ‘provvigioni’<br />

da investire su un capitale umano che rischia<br />

paradossalmente <strong>di</strong> non <strong>di</strong>ventare nemmeno<br />

forza-lavoro.<br />

La questione dei saperi vive infatti strani<br />

giorni, a causa <strong>delle</strong> <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> mercato <strong>di</strong><br />

chi da un lato sostiene <strong>di</strong> volere investire sul<br />

capitale umano, dall’altro non ne limita la<br />

fuga.<br />

In piena crisi economica l’Italia <strong>di</strong> oggi, da nazione<br />

giovane (almeno così ci avevano abituato<br />

a definirla vecchi manuali <strong>di</strong> storia, in<br />

relazione alla sua tar<strong>di</strong>va unificazione) <strong>è</strong> <strong>di</strong>ventata<br />

un “paese anziano”, dove circa <strong>due</strong><br />

milioni <strong>di</strong> giovani non lavorano e non stu<strong>di</strong>ano.<br />

Così, tra presunta mobilità e precarifantasmi,<br />

l’Italia da decenni sul ‘<strong>di</strong>scensore’ fa<br />

della <strong>di</strong>soccupazione il suo emblema.<br />

Dati recenti registrano il calo <strong>delle</strong> iscrizioni<br />

nei licei (sotto del 50% rispetto agli altri in<strong>di</strong>rizzi<br />

scolastici) e nelle università (queste sembrano<br />

infatti non rappresentare più i vecchi e<br />

rassicuranti parcheggi <strong>di</strong> <strong>una</strong> volta). Fra le<br />

scelte degli studenti sono privilegiati gli istituti<br />

tecnici e i professionali (rispettivamente con<br />

il 31.50% e con il 20.60% degli iscritti, stando<br />

ai dati rilasciati dal ministero per le iscrizioni<br />

2012-13, mentre i licei scendono del 47.90%).<br />

Emerge inoltre che tra i licei la scelta interessa<br />

perlopiù l’in<strong>di</strong>rizzo scientifico e linguistico a<br />

scapito <strong>di</strong> saperi umanistici, relegati nei ‘superati’<br />

licei classici, ormai non più in grado <strong>di</strong><br />

competere con meccanica, chimica, informatica<br />

e settore alberghiero.<br />

Come porsi, dunque, nei confronti della questione?<br />

Sarebbe troppo facile sostenere la tesi<br />

che la cultura vada al passo coi tempi e che le<br />

suddette iscrizioni a in<strong>di</strong>rizzo siano frutto <strong>di</strong><br />

libere scelte. E se tutto fosse invece <strong>una</strong> conseguenza<br />

<strong>di</strong> un contingente socio-economico<br />

che crea ancora <strong>una</strong> volta aspettative sulla<br />

base <strong>di</strong> stimoli impren<strong>di</strong>toriali, <strong>di</strong> liberalizzazioni<br />

(ve<strong>di</strong> imprese under 35) e appren<strong>di</strong>stati<br />

“professionalizzanti”?<br />

Se la questione <strong>è</strong> controversa (in relazione a<br />

interessi privati e pubblici), sulla base <strong>di</strong> rapporti<br />

<strong>di</strong> causa-effetto, dove in questo caso l’ef-<br />

22 mezzocielo luglio 2012 23 mezzocielo luglio 2012<br />

cultura cultura<br />

Francesca Saieva<br />

fetto-lavoro non sembra essere più garantito<br />

dalla causa-formazione, <strong>è</strong> certo però che, oggi<br />

più che mai, si sceglie la via più breve.<br />

Per esempio, per quanto riguarda le iscrizioni<br />

alle scuole <strong>di</strong> II grado, l’afflusso ai corsi triennali<br />

che rilasciano qualifiche specializzate (per<br />

inserimento ‘presumibilmente’ in tempi reali<br />

nel mondo del lavoro) rispecchia anche le esigenze<br />

della famiglia me<strong>di</strong>a italiana, sempre<br />

più a corto <strong>di</strong> risorse economiche, che stenta<br />

ad arrivare a fine mese e che non <strong>è</strong> in grado <strong>di</strong><br />

sobbarcarsi nella ‘avventura’ istruzione dei<br />

figli, tra costi <strong>di</strong> libri <strong>di</strong> testo e tasse universitarie<br />

in aumento.<br />

Che <strong>di</strong>re poi <strong>delle</strong> ‘raccolte punti’ dei corsi <strong>di</strong><br />

formazione per docenti precari, o degli stage<br />

e master per nuove ‘caste’ del sapere?… Insomma<br />

non si finisce mai <strong>di</strong> pagare! e così<br />

pure <strong>di</strong> stupirsi <strong>di</strong> fronte a iniziative ‘red<strong>di</strong>tizie’(non<br />

<strong>di</strong> certo per i docenti), quali i tirocini<br />

formativi (TFA) a pagamento per gli insegnanti,<br />

che aggiungeranno alla lista dei precari<br />

storici neo-precari, e a recenti notizie <strong>di</strong> un<br />

possibile imminente bando <strong>di</strong> concorso per i<br />

docenti che elude le vere problematiche scolastiche.<br />

E l’immagine che ne viene fuori della<br />

scuola italiana <strong>è</strong> ancora <strong>una</strong> volta quello <strong>di</strong> un<br />

sistema nel baratro, devastato e <strong>di</strong>stratto alla<br />

‘domanda’ e alla ‘offerta’ formativa stessa.<br />

Nel Belpaese la fuga dei cervelli <strong>di</strong>viene quasi<br />

‘privilegio’ se paragonata all’impossibilità <strong>di</strong><br />

molti giovani e meno giovani <strong>di</strong> assecondare<br />

le proprie attitu<strong>di</strong>ni e inclinazioni, non portando<br />

a compimento il proprio ciclo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>.<br />

Così che lo scarto culturale delimita la soglia<br />

tra pubblico e privato.<br />

Una vera e propria controtendenza sulla base<br />

<strong>delle</strong> esigenze-richieste dell’Ue “d’incrementare<br />

la percentuale <strong>di</strong> popolazione con <strong>una</strong><br />

laurea dei paesi Ue nella fascia d’età 30-34<br />

anni”.<br />

Nel declino <strong>di</strong> <strong>una</strong> società allo sbaraglio, tra<br />

paradossi e controtendenze, guar<strong>di</strong>amo l’assenza<br />

<strong>di</strong> <strong>una</strong> prassi attenta a interessi ideologico-culturali<br />

ed economici collettivi.<br />

Sì, dalle arti del trivio e del quadrivio alle aule<br />

‘pollaio’ il passo <strong>è</strong> stato breve, forse più <strong>di</strong><br />

quanto possa sembrare.


cultura<br />

Quel misogino <strong>di</strong> Euripide<br />

Si <strong>di</strong>ceva fosse misogino Euripide. E senza volerci<br />

girare troppo intorno, dato che appare ben<br />

possibile, l’ultimo, il più giovane della triade feconda<br />

dei drammaturghi greci, qualche novità,<br />

nel panorama uomo-donna-<strong>di</strong>vinità-Fato riuscì<br />

davvero a collocarla. E riguardo alla donna in<br />

<strong>parti</strong>colare. Se da lui viene infatti la pura e sofferente<br />

Ifigenia, la donna <strong>di</strong> Euripide, <strong>è</strong> piuttosto<br />

quella <strong>di</strong>segnata nella tragica passione <strong>di</strong> Fedra<br />

o nella vendetta dolente e forsennata <strong>di</strong> Medea.<br />

Donne che sprigionano <strong>una</strong> sessualità forte e manifesta,<br />

<strong>una</strong> passione spinta agli estremi, pronte a<br />

interfacciarsi con gli dei, pronte a pagare, con determinazione<br />

e coraggio. Anche il misfatto, anche<br />

la follia, <strong>di</strong> cui. sono autrici e vittime al tempo<br />

stesso. A tutt’oggi sono le creature euripidee che<br />

maggiormente gravitano, fuori dal mito a millenni<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza in o<strong>di</strong>erne realtà, come la nostra. Proprio<br />

per essere donne ed anche <strong>di</strong> più e <strong>di</strong>versamente<br />

da quanto non avvenga per il personaggio<br />

maschile, per “l’eroe”, più idonee a contenere le<br />

complessità e le sfumature dell’animo. Perché,<br />

nella donna, rimangono integri, come fuori dal<br />

tempo,il percorso <strong>di</strong>fficile e tortuoso dell’affermazione<br />

del suo ruolo, della sua vita stessa e lo strascico<br />

greve dei suoi <strong>di</strong>ritti negati.<br />

La donna protagonista in Euripide, merita, in<br />

qualsiasi momento lo si voglia fare, un <strong>di</strong>scorso<br />

ricco e stimolante. Il suo modello, – e siamo alla<br />

fine della potenza politica <strong>di</strong> Atene – rompe lo<br />

schema consueto e l’autore si fa talora imprudente,<br />

persino ambiguo: rende ossequio alla <strong>di</strong>vinità<br />

ma non evita <strong>di</strong> spiazzarla,<strong>di</strong>ssimula i suoi<br />

dubbi ma non la sua stessa sofferenza <strong>di</strong> autore.<br />

E tutt’oggi, ma va detto, come accade per Eschilo<br />

o per Sofocle, irrompe su un magnifico palcoscenico<br />

<strong>di</strong> pietra antica più volte genialmente attualizzato<br />

e inchioda lo spettatore. Quello che<br />

oggi,se ha in mano il suo iPad, si adopera a fermarne<br />

le immagini. Una solida verifica si <strong>è</strong> avuta<br />

quest’anno con l’e<strong>di</strong>zione de “Le baccanti”, spettacolo<br />

<strong>di</strong> grande raffinatezza scenografica per<br />

l’eccezionale apporto <strong>delle</strong> danzatrici dell’International<br />

Ballett <strong>di</strong> Marta Graham che ha impresso<br />

al testo un paio <strong>di</strong> tasselli in più in uno con<br />

la limpida e schietta regia <strong>di</strong> Antonio Calenda.<br />

Regista che non ha strizzato troppo l’occhio a<br />

Dioniso ma ha condotto con azzeccate intuizioni<br />

il suo gioco sarcastico e crudele, la sua superbia<br />

inalterata, forse alla fine oscurandone la vittoria.<br />

L’opera, l’ultima come <strong>è</strong> noto <strong>di</strong> Euripide, rappresentata<br />

per la prima volta dopo la sua morte,<br />

<strong>è</strong> teatralmente tra le più incisive e articolate. Ma<br />

pur sapendo dei riti greci, <strong>delle</strong> feste <strong>di</strong> Dionisio,<br />

<strong>di</strong> quanto in quelle occasioni avveniva, ci si chiede<br />

in <strong>parti</strong>colare se <strong>è</strong> solo a questo che Euripide fa<br />

riferimento o quanto e se volentieri faccia <strong>delle</strong><br />

donne baccanti ibrido strumento <strong>di</strong> <strong>una</strong> sua tesi<br />

più spinta, più audace ma a tratti ambigua.<br />

Rese folli da Dioniso che vuole ven<strong>di</strong>carsi <strong>di</strong><br />

chi non lo riconosce figlio <strong>di</strong> Zeus, le donne<br />

che si muovono in onore <strong>di</strong> Bacco fanno tre-<br />

24 mezzocielo Luglio 2012<br />

cultura<br />

Egle Palazzolo<br />

mare Tebe e si impongono vaganti e impren<strong>di</strong>bili<br />

per la loro forza, e la loro estrema crudeltà.<br />

Vale ripetere questo dato, del resto il più<br />

saliente della trage<strong>di</strong>a, per tornare alle iniziali<br />

riflessioni: In quest’opera Euripide fa <strong>delle</strong><br />

donne le vere protagoniste della sua trage<strong>di</strong>a,<br />

mentre vagano ebbre e <strong>di</strong>ssolute, ignare <strong>di</strong> ciò<br />

che erano e della loro maternità <strong>di</strong> cui faranno<br />

scempio. Come Agave del proprio figlio Panteo<br />

– che ha osato imprigionare Dioniso e <strong>di</strong>sconoscerne<br />

la natura <strong>di</strong>vina –. E dopo averlo<br />

<strong>di</strong>laniato insieme alle compagne questa madre<br />

infelice, non appena rinsavita ne porterà tra le<br />

mani, la testa ritenendola quella <strong>di</strong> un leone<br />

Dionisio infine <strong>è</strong> pago e non manifesta dubbi<br />

o rimpianti, le baccanti rientrano comprendendo<br />

senza scampo a quale trama, a quale<br />

iniquo fato il <strong>di</strong>o li aveva destinate.<br />

Ma Euripide si pone oggi <strong>di</strong> fronte ad un pubblico<br />

che non può ignorare se stesso e le sue <strong>di</strong>verse<br />

emozioni. A cui va perdonato se non si<br />

ferma troppo a deco<strong>di</strong>ficare. Inevitabilmente tra<br />

l’altro per quel che attiene al rapporto tra il <strong>di</strong>o e<br />

l’uomo così onnipresente nel mondo dei greci,<br />

nel Mito dominante. E, vien la tentazione <strong>di</strong> fare<br />

un leggero sgambetto ad Euripide. Era misogino?<br />

Si <strong>è</strong> impadronito <strong>delle</strong> baccanti e le ha fatto<br />

muovere nella follia, nel lutto, nel sangue? Eppure<br />

esse riescono a rimandarci <strong>una</strong> essenza persino<br />

gioiosa, che la trama e il suo sanguinario e<br />

infecondo sviluppo, non alterano ai nostri occhi:<br />

Per un momento sono donne in ogni caso “liberate”,<br />

che lasciano le loro <strong>di</strong>more, i loro compiti<br />

abituali,le loro quoti<strong>di</strong>ane sottomissioni. Vagano<br />

tra la bellezza della natura, la suggestione dei tramonti<br />

e del canto degli uccelli, libano a Bacco e<br />

accolgono il piacere, del proprio corpo e <strong>delle</strong><br />

proprie passioni. Avvertono il senso del “gruppo”<br />

dello stare insieme, della sintonia che tra loro si<br />

crea, della forza che sanno <strong>di</strong> poter sprigionare e<br />

della paura che ad altri ne deriva. Noi questo prodromo<br />

<strong>di</strong> donne insieme, capaci <strong>di</strong> dominare<br />

Tebe, ce lo teniamo. Dietro la follia riusciamo a<br />

<strong>di</strong>stinguere <strong>una</strong> natura imprigionata, <strong>una</strong> verità<br />

che la ragione comune <strong>di</strong>sattiva. Euripide <strong>è</strong> un<br />

grande drammaturgo della classicità, Noi, oggi in<br />

quella cavea, siamo, donne <strong>di</strong> <strong>una</strong> contemporaneità<br />

che, senza mescolare o imbastar<strong>di</strong>re il<br />

grande archetipo della Trage<strong>di</strong>a, si prende qualche<br />

sua libertà d’intendere. In tutto rispetto.<br />

Marilyn Monroe mai veramente<br />

amata<br />

Quando era ancora trentenne, e già ossessionata<br />

da un possibile viale del tramonto e<br />

dalla concorrenza <strong>di</strong> nuove temibili rivali,<br />

Marilyn Monroe, si reca a Londra perché<br />

chiamata nientemeno che da Sir Lawrence<br />

Olivier che la vuole come partner per il film<br />

Il Principe e la Ballerina da lui <strong>di</strong>retto. In effetti<br />

il grande attore aveva solo bisogno <strong>di</strong><br />

un’oca bionda, dal fisico <strong>di</strong>rompente che<br />

non insi<strong>di</strong>asse troppo la sua bravura, mentre<br />

Marilyn pensava che finalmente sarebbe<br />

stata apprezzata come attrice. E in effetti<br />

regge il confronto, superando la prova brillantemente,<br />

anche se il prezzo <strong>di</strong> questa sua<br />

rivalsa <strong>di</strong>venta per lei sempre più alto. Il film<br />

My week with Marilyn, in Italia semplicemente<br />

Marilyn, del regista inglese Simone<br />

Curtis, non racconta la vita della grande <strong>di</strong>va<br />

ormai cristallizzata nel tempo, ma il ricordo<br />

del giovane Colin, allora terzo aiuto regista<br />

del film, che accoglie con grande amore e de<strong>di</strong>zione<br />

il <strong>di</strong>sperato bisogno <strong>di</strong> ammirazione<br />

e perché no, <strong>di</strong> amore <strong>di</strong> cui la star aveva necessità<br />

per la sua stessa sopravvivenza, avida<br />

com’era <strong>di</strong> conferme e gratificazioni e non<br />

solo per il suo, sia pure apprezzabile fondo<br />

schiena, o il suo “sguardo da camera da<br />

letto”. Insicura, nevrotica, <strong>di</strong>vorata dalla<br />

paura <strong>di</strong> non essere all’altezza “nel suo sangue<br />

ribolliva <strong>una</strong> lista <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cinali da facoltà<br />

<strong>di</strong> farmacologia tutti accompagnati a liquori<br />

forti”. Un mix mici<strong>di</strong>ale fatto <strong>di</strong> farmaci, lavoro,<br />

mariti, amanti, amori più o meno impossibili<br />

per protagonisti fuori dalla sua<br />

portata, come i fratelli Kennedy, hanno segnato<br />

ogni giorno <strong>di</strong> più la sua corsa verso<br />

un crollo irreversibile. E viene da chiedersi<br />

come mai non si sia spezzata prima.<br />

La protagonista del film Michelle Williams,<br />

lontana anni luce dal voler somigliare a <strong>una</strong><br />

icona <strong>di</strong>fficile da imitare, con grande umiltà<br />

ha introiettato il personaggio Marilyn, evocandone<br />

fragilità e complessità, ma anche<br />

quel mix <strong>di</strong> sensualità e spontaneità irripetibili.<br />

Perfetto, come sempre, Kenneth Branagh-Lawrence<br />

Olivier, nel ruolo del grande<br />

attore, alquanto trombone, bisogna <strong>di</strong>rlo,<br />

sempre più insofferente ai ritar<strong>di</strong> interminabili<br />

e alle sparizioni della sua partner che,<br />

poco elegantemente, definiva “la più stupida<br />

sciacquetta che abbia mai incontrato”. (La<br />

stessa insofferenza denunceranno Jack Lemmon<br />

e Tony Curtis per le riprese <strong>di</strong> A qualcuno<br />

piace caldo). Tutto questo non era<br />

25 mezzocielo Luglio 2012<br />

cinema<br />

Giusi Catalfamo<br />

imputabile al suo voler essere <strong>di</strong>va, ma a notti<br />

insonni e angosciose, risolte con quantità industriali<br />

<strong>di</strong> barbiturici e alcool.<br />

E il film stigmatizza proprio lo scontro tra<br />

chi grande attore, vuole essere <strong>di</strong>vo, e chi,<br />

<strong>di</strong>va suo malgrado, vuole invece essere <strong>una</strong><br />

vera attrice. Il merito del film, secondo me,<br />

<strong>è</strong> quello <strong>di</strong> non avere frugato tra i tanti misteri<br />

e le trame oscure della vita <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

donna <strong>di</strong>ventata leggenda e su cui l’avi<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> biografi più o meno atten<strong>di</strong>bili ha voluto<br />

speculare e, da parte della protagonista, il<br />

non voler somigliare a un mito, perché ogni<br />

tentativo <strong>di</strong> imitazione sarebbe risultato caricaturale.<br />

Chi l’ha conosciuta, chi l’ha frequentata, chi<br />

l’ha curata, o chi forse involontariamente si<br />

<strong>è</strong> reso complice della sua tragica fine. Si<br />

sono incrementati sospetti e improbabili<br />

ipotesi della sua vita e della sua tragica<br />

morte, quando la verità, forse, <strong>è</strong> stata semplicemente<br />

quella <strong>di</strong> <strong>una</strong> donna fragile, incapace<br />

<strong>di</strong> reggere un gioco troppo grande<br />

per chiunque, e ancora <strong>di</strong> più per lei, già così<br />

incrinata. In questo senso il film non <strong>è</strong> un<br />

biopic, non vuole raccontare la sua biografia,<br />

ed <strong>è</strong> per questo che l’abbiamo apprezzato,<br />

per questo mi ha commosso. Non so se a<br />

questo punto posso <strong>di</strong>re che Marilyn sia un<br />

film da non perdere.<br />

Forse il ritmo non <strong>è</strong> proprio ottimale, forse<br />

la trama non <strong>è</strong> coinvolgente, forse <strong>è</strong> troppo<br />

“sobrio”, mai sbracato, ma forse, proprio<br />

per questo, ti lascia qualcosa dentro e anche<br />

tu, da spettatrice, cre<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivivere il dramma<br />

<strong>di</strong> chi forse non <strong>è</strong> mai stata veramente<br />

amata, la solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> chi si sente perennemente<br />

fuori posto.<br />

Un altro suo merito sono gli attori, tutti<br />

perfetti da Kenneth Branagh-Lawrence<br />

Olivier, a Ju<strong>di</strong> Dench, al giovane e sognante<br />

Ed<strong>di</strong>e Redmayne, ma il suo merito più<br />

grande <strong>è</strong> lei, la dolce, convincente intensa<br />

Michelle Williams, che per la sua interpretazione<br />

ha fatto incetta <strong>di</strong> meritati premi,<br />

insi<strong>di</strong>ando persino l’Oscar a <strong>una</strong> grande<br />

come Meryl Streep.<br />

cinema


Bangladesh, 2011<br />

Karnataka, 2012<br />

Fotografie <strong>di</strong> Shobha<br />

Kerala, 2012


cultura<br />

Con questo romanzo, Cose da pazzi fedelmente<br />

illustrate dalla “pazzariella” foto <strong>di</strong><br />

copertina <strong>di</strong> Shobha, per la prima volta nella<br />

sua carriera <strong>di</strong> scrittrice affermata e apprezzata<br />

da larghe fette <strong>di</strong> critica e pubblico, Evelina<br />

Santangelo parla della sua città, Palermo.<br />

Ma lo fa in un modo latente, <strong>di</strong>ssimulato nei<br />

lampi descrittivi in cui ciascun palermitano colloca<br />

la propria cognizione <strong>di</strong> luoghi vissuti, che<br />

<strong>di</strong>ventano perciò summa <strong>di</strong> <strong>una</strong> città mai citata<br />

né nominata nei suoi topoi identificativi, eppure<br />

“raccontata” con allusioni sociologiche e riferimenti<br />

spazio-temporali che <strong>di</strong>segnano la sua<br />

geografia urbana senza esitazioni. La storia si<br />

svolge dunque in <strong>una</strong> Palermo non detta ma<br />

evocata da certi fenomeni ricorrenti, lo scirocco,<br />

l’afa, la luce accecante <strong>di</strong> un sole implacabile, le<br />

lunghe ombre meri<strong>di</strong>ane, le piogge scroscianti<br />

che impattano con la debolezza del sistema fognario,<br />

mentre il resto del lavoro <strong>di</strong> ricognizione<br />

<strong>è</strong> svolto dagli scarni scenari urbani che avviluppano<br />

il microcosmo antropologico che ne <strong>è</strong> protagonista.<br />

È la storia <strong>di</strong> <strong>una</strong> famiglia, padre<br />

operaio che pur perdendo il lavoro non scende<br />

a compromessi, madre colombiana perfettamente<br />

integrata a simboleggiare un potenzialmente<br />

avvenuto melting<br />

pot, figlio ragazzino sveglio<br />

e perspicace che segue lo<br />

svolgersi della vita del<br />

quartiere, amatissimo, attraverso<br />

i propri e gli occhi<br />

del suo compagno e amico<br />

<strong>di</strong> avventure con<strong>di</strong>vise, il<br />

Richi che non proseguirà<br />

con lui ma che non svanirà<br />

dal suo orizzonte. Il ragazzino<br />

Rafael osserva e deduce,<br />

senza giu<strong>di</strong>care, i<br />

movimenti dell’umanità che<br />

popola quel microcosmo e<br />

da cui si scoprirà “segnato”<br />

(o meglio, lo scopriranno i<br />

lettori) quando, da adolescente<br />

costretto ad emigrare<br />

con la famiglia in <strong>una</strong><br />

grande città del nord, le memorie<br />

<strong>di</strong> luoghi e persone<br />

della sua infanzia incarneranno<br />

l’àncora <strong>di</strong> salvezza a<br />

cui appigliarsi per non deviare.<br />

Ed <strong>è</strong> qui che emerge<br />

con grande forza espressiva<br />

la figura della giovane professoressa,<br />

ovviamente precaria,<br />

che si <strong>è</strong> spesa con<br />

generosità proprio contro i<br />

libri<br />

Due focus sul bel libro<br />

<strong>di</strong> Evelina Santangelo<br />

Evelina Santangelo, Cose da pazzi, Einau<strong>di</strong> Ed. 2012, € 21,00<br />

rischi <strong>di</strong> <strong>una</strong>, altrimenti inevitabile, devianza <strong>di</strong><br />

pensieri e comportamenti dei suoi alunni “a rischio”.<br />

Ho trovato, nel raccontare <strong>di</strong> Evelina<br />

Santangelo, l’evolversi <strong>di</strong> uno sguardo che, da<br />

indulgente e protettivo nei confronti del piccolo<br />

campione umano che situa nel quartiere<br />

Spina, <strong>di</strong>venta, lungo lo svolgersi del romanzo,<br />

desolato e perfino sconfortato nell’epilogo che<br />

racchiude, anche qui, la summa dei mali del<br />

nostro tempo e <strong>delle</strong> vittime lasciate sul terreno.<br />

I prodromi <strong>di</strong> quel che avverrà si annidano<br />

però nel crescendo <strong>delle</strong> trasformazioni<br />

subite dal quartiere: la nascita come funghi <strong>di</strong><br />

pub, boutique, ristoranti alla moda, abiti firmati<br />

e parole nuove sfoggiati come status <strong>di</strong><br />

<strong>una</strong> modernità solo epidermica, segnali <strong>di</strong><br />

cambiamenti che si accompagnano inevitabilmente<br />

al controllo mafioso del territorio, alla<br />

per<strong>di</strong>ta del lavoro e alla offerta <strong>di</strong> scorciatoie<br />

da parte <strong>di</strong> piccoli aspiranti boss, fino alla emigrazione<br />

e alla per<strong>di</strong>ta <strong>delle</strong> ra<strong>di</strong>ci che porta,<br />

non solo Rafael, a contatto con la terribile realtà<br />

dello straniamento, urbano e sociale. Ma<br />

il modo <strong>di</strong> sfuggire a tutto questo, Evelina lo<br />

cela nella sua “non descrizione” della città che<br />

le simboleggia tutte. Rosanna Pirajno<br />

Collegamenti forse impropri<br />

Rafael, il protagonista del libro <strong>di</strong> Evelina, lascia Palermo per il<br />

Nord, dove <strong>è</strong> tentato <strong>di</strong> farsi giustizia con la <strong>violenza</strong>. È fermato<br />

dalla polizia, caricato su <strong>una</strong> camionetta, e comincia a riflettere…<br />

Qui il libro finisce. Nella storia e nella letteratura <strong>di</strong> Sicilia: quanti<br />

giovani hanno cercato la salvezza nella <strong>violenza</strong> o fuori dell’isola.<br />

1972 – Un giovane siciliano, Giuseppe Di Maria, tenta a Torino<br />

<strong>una</strong> rapina a mano armata, ed <strong>è</strong> quasi linciato dalla folla. Ne parla,<br />

in uno splen<strong>di</strong>do libro del 1977, Giuliana Sala<strong>di</strong>no. Il libro <strong>è</strong><br />

“Terra <strong>di</strong> rapina”. Ecco alcune righe: “Per me <strong>è</strong> finita ha detto nel<br />

pomeriggio dopo ore <strong>di</strong> mutismo. È finita, ma dove, quando, come<br />

<strong>è</strong> cominciata per lui? Dove: nel più desolato interno dell’isola...<br />

Quando: nel giorno in cui <strong>una</strong> somma <strong>di</strong> frazioni <strong>di</strong> pensieri prese<br />

corpo e <strong>di</strong>ventò prima <strong>una</strong> certezza – se non mi dò aiuto non ho speranza<br />

– e poi <strong>una</strong> decisione, quella <strong>di</strong> rischiare…Come: sostituendo<br />

alla zappa un revolver”. Ma possiamo tornare molto più in<strong>di</strong>etro.<br />

1881 – Una famiglia <strong>di</strong> pescatori <strong>è</strong> <strong>di</strong>strutta da <strong>una</strong> serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgrazie,<br />

economiche e personali. ‘Ntoni, il figlio più bello, perduto<br />

<strong>di</strong>etro il vino e coinvolto in un piccolo contrabbando, accoltella<br />

<strong>una</strong> guar<strong>di</strong>a giurata, ed <strong>è</strong> condannato ad otto anni <strong>di</strong> carcere. Tornando<br />

<strong>di</strong> notte, per rivedere quello che resta della sua antica famiglia,<br />

<strong>di</strong>ce: “Andrò lontano, dove troverò da buscarmi il pane, e<br />

nessuno saprà chi sono”... Sono le ultime pagine dei I Malavoglia,<br />

un capolavoro della letteratura italiana, <strong>di</strong> Giovanni Verga, opera<br />

che apre il ciclo letterario (rimasto incompiuto) de I vinti. Ci sarà<br />

un domani, stiamo costruendo un domani, in cui non sarà più questo<br />

il destino dei più emarginati giovani siciliani?<br />

S. M.<br />

28 mezzocielo luglio 2012<br />

libri<br />

Fotografia <strong>di</strong> Margò Ovcharenko, Hermitage<br />

La Sicilia oggi, ieri e l’altro ieri<br />

Correndo il rischio <strong>di</strong> essere considerata esagerata,<br />

<strong>di</strong>co che questo libro <strong>è</strong> un piccolo miracolo.<br />

Raccontare, in meno <strong>di</strong> 300 pagine,<br />

la storia tutta della Sicilia – dalle “civiltà <strong>di</strong>menticate”<br />

dell’ultima età del bronzo fino a<br />

Salvatore Cuffaro che entra a Rebibbia, <strong>è</strong><br />

un’impresa che si può considerare impossibile,<br />

ma che Amelia Crisantino ha condotto<br />

felicemente in porto. Il filo contorto e affascinante<br />

della vita economica, sociale e politica<br />

<strong>di</strong> questa splen<strong>di</strong>da e insopportabile<br />

isola, si <strong>di</strong>pana con precisione e agilità attraverso<br />

sei essenziali capitoli, ciascuno sud<strong>di</strong>viso<br />

a propria volta in sette paragrafi.<br />

Un’audace cronologia a fine libro elenca in<br />

sei paginette gli eventi principali dal 735<br />

avanti Cristo al 2011 (dopo Cristo!).<br />

Piccolo libro, ma gran<strong>di</strong> ambizioni – come<br />

suggerisce il sottotitolo “Le ra<strong>di</strong>ci antiche dei<br />

problemi <strong>di</strong> oggi”. Perché la nostra <strong>di</strong>pendenza<br />

economica? Perché la miseria morale della<br />

classe <strong>di</strong>rigente siciliana? Perché la costante<br />

presenza <strong>di</strong> gruppi violenti (che oggi chiamiamo<br />

mafia, ma che in forme <strong>di</strong>verse hanno<br />

sempre imperversato in Sicilia) con<strong>di</strong>ziona la<br />

nostra vita comune? Chi leggerà il libro (che<br />

caldamente raccomando) andrà via via in<strong>di</strong>viduando<br />

acute e pungenti risposte (o ipotesi <strong>di</strong><br />

risposte) a queste ed altre dolenti domande.<br />

Le origini poco nobili dei nobili siciliani, la<br />

loro resistenza ad ogni innovazione portata<br />

dall’esterno, la poca o nulla capacità impren<strong>di</strong>toriale<br />

dei nativi, che hanno quasi sempre<br />

lasciato ad altri (fossero genovesi od inglesi)<br />

lo sfruttamento e la commercializzazione<br />

<strong>delle</strong> risorse locali, la compresenza <strong>di</strong> ribellismo<br />

e servilismo, le rare ma splen<strong>di</strong>de rivolte<br />

che hanno puntellato la nostra storia, ma che<br />

sono state sempre riassorbite dai potenti, per<br />

la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> darsi <strong>una</strong> <strong>di</strong>rezione coerente (e<br />

per la bieca reazione dei ceti <strong>di</strong>rigenti locali e<br />

nazionali); il mix (che si riproduce costantemente<br />

nei secoli pur tanto <strong>di</strong>versi) tra riven<strong>di</strong>cazioni<br />

autonomiste, opposizione allo stato<br />

centrale, e richieste <strong>di</strong> privilegi ed assistenza.<br />

Tra le pagine alcuni medaglioni (graficamente<br />

<strong>di</strong>stinti dal testo) illustrano singoli argomenti<br />

ed illuminano, partendo da <strong>una</strong> <strong>parti</strong>colare<br />

messa a fuoco, il contesto della narrazione<br />

complessiva. Ed ecco Le strade, Ruggero II,<br />

Idrisi e la nascita della geografia, Il terremoto,<br />

Zucchero <strong>di</strong> Sicilia, Napoleone e lo sbarco in<br />

Sicilia, Il canonico illuminista, ecc. ecc.<br />

L’ultimo capitolo si sofferma con ampiezza sui<br />

nostri giorni, con analisi estese e polemiche<br />

che in gran parte con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo. Si rivela così<br />

la passione politica dell’autrice, che fronteggia<br />

la sapiente (e a volte anche ironica!) serenità<br />

della storica. Simona Mafai<br />

Amelia Crisantino, Breve storia della Sicilia,<br />

Di Girolamo Ed., € 12,90<br />

29 mezzocielo luglio 2012


cultura<br />

libri<br />

In Italia come sappiamo per <strong>di</strong>vorziare occorre affrontare <strong>due</strong> <strong>di</strong>stinti processi: quello<br />

della separazione e poi quello del <strong>di</strong>vorzio, con <strong>due</strong> <strong>di</strong>stinti mandati e <strong>due</strong> <strong>di</strong>stinte parcelle.<br />

Tempi biblici quando esso non <strong>è</strong> consensuale, da sei a otto anni circa. All’estero,<br />

invece, <strong>è</strong> possibile <strong>di</strong>vorziare subito senza passare per la fase della separazione (<strong>due</strong> anni<br />

in presenza <strong>di</strong> figli minori un anno senza). Dall’Unione Europea arriva <strong>una</strong> scorciatoia a<br />

decorrere dal 21 giugno un nuovo strumento giuri<strong>di</strong>co: l’entrata in vigore del regolamento<br />

europeo che <strong>di</strong>sciplina le separazione e il <strong>di</strong>vorzio che abbiano aspetti transnazionali<br />

cio<strong>è</strong> soggetti appartenenti a <strong>di</strong>versi stati membri, i quali potranno scegliere <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>vorziare, purch<strong>è</strong> <strong>di</strong>mostrino la residenza nel paese da loro stessi ritenuto più conveniente<br />

in cui vige tale regolamento cosiddetto “<strong>di</strong>vorzio breve” basterà pertanto, per esempio,<br />

che la coppia si presenti al giu<strong>di</strong>ce italiano e uno dei <strong>due</strong> sia <strong>di</strong> altra nazionalità<br />

o residente in altro paese e chieda l’applicazione dell’or<strong>di</strong>namento straniero. In attesa<br />

che il Parlamento Italiano provveda alla riforma del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia, tanto agognato,<br />

accontentiamoci <strong>di</strong> un aiuto dall’Europa. Adriana Palmeri<br />

“Ho fame <strong>di</strong> giustizia”<br />

È stato ripubblicato il libro “Ho fame <strong>di</strong> giustizia.<br />

La rivolta <strong>delle</strong> donne a Palermo contro<br />

la mafia”, a cura <strong>di</strong> Angela Lanza<br />

(Navarra Ed.). Il libro, uscito la prima volta<br />

nel’94, racconta l’esperienza <strong>delle</strong> “donne<br />

del <strong>di</strong>giuno” a Palermo durante l’estate del<br />

1992: risposta imme<strong>di</strong>ata alle stragi mafiose,<br />

sotto l’impulso <strong>di</strong> <strong>una</strong> forte emozione, ma<br />

politicamente me<strong>di</strong>tata, testimonianza significativa<br />

e <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> un’esperienza con<strong>di</strong>visa.<br />

Il <strong>di</strong>giuno, iniziato da un gruppo <strong>di</strong> un<strong>di</strong>ci<br />

donne riunitesi nella sede dell’UDI <strong>di</strong> Palermo<br />

subito dopo i funerali <strong>di</strong> Paolo Borsellino,<br />

<strong>è</strong> durato un mese. Un mese <strong>di</strong><br />

esposizione totale in piazza che significava<br />

non mostrare paura, non sentirsi sopraffatte<br />

dall’impotenza e dall’insignificanza <strong>di</strong> fronte<br />

a un potere oscuro e violento, cercare e costruire<br />

relazioni con altre donne, e uomini.<br />

Fin da subito le adesioni al <strong>di</strong>giuno sono<br />

state moltissime; nella calura <strong>di</strong> luglio piazza<br />

Castelnuovo era brulicante <strong>di</strong> donne e uomini,<br />

<strong>di</strong> idee e parole forti e significative. Si<br />

<strong>di</strong>gi<strong>una</strong>va a gruppi, alternandosi a staffetta,<br />

e poi si continuava a partecipare alla vita politica<br />

citta<strong>di</strong>na e nazionale. Le testimonianze<br />

<strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ne e citta<strong>di</strong>ni, mai anonime, erano<br />

numerosissime, come le manifestazioni <strong>di</strong><br />

solidarietà da varie <strong>parti</strong> d’Italia e d’Europa.<br />

Tutto questo e molto altro <strong>è</strong> stata l’esperienza<br />

<strong>delle</strong> “donne del <strong>di</strong>giuno” e ad Angela<br />

Lanza, che ne ha con<strong>di</strong>viso il vissuto, va<br />

il merito <strong>di</strong> averne tramandato la memoria<br />

par chi non c’era (soprattutto le giovani generazioni)<br />

ma anche per quelle e quelli che<br />

c’erano e possono rivivere l’atmosfera <strong>di</strong><br />

quei giorni, confrontare la narrazione, l’intreccio<br />

<strong>di</strong> voci femminili, con la propria pra-<br />

30 mezzocielo luglio 2012<br />

P O C H E R I G H E<br />

tica. Anche chi scrive era <strong>una</strong> donna del <strong>di</strong>giuno.<br />

Per me <strong>di</strong>gi<strong>una</strong>re ha significato esprimere<br />

<strong>di</strong>sprezzo e <strong>di</strong>stanza nei confronti <strong>di</strong><br />

un nutrimento velenoso e mortifero come le<br />

logiche e le collusioni col malcostume mafioso.<br />

Ha significato avere voce e mostrare,<br />

insieme alle altre, <strong>una</strong> pratica <strong>di</strong>fferente e<br />

con<strong>di</strong>visa che, abolendo le appartenenze <strong>di</strong><br />

ogn<strong>una</strong>, ha privilegiato lo scambio, la relazione,<br />

l’attenzione reciproca. Non <strong>è</strong> stata impresa<br />

semplice, ma il risultato <strong>è</strong> stato<br />

l’affermazione <strong>di</strong> autorità femminile che ci<br />

ha dato parola ascoltata e autorevole.<br />

Dopo vent’anni alcune <strong>delle</strong> parole forti <strong>di</strong><br />

allora sono <strong>di</strong> assoluta attualità: l’assunzione<br />

<strong>di</strong> responsabilità, la coerenza rispetto alle<br />

idee professate, la trasparenza unita alla <strong>di</strong>screzione<br />

e alla correttezza <strong>di</strong> comportamento<br />

in pubblico e in privato, la solidarietà<br />

nei confronti <strong>di</strong> chi continua a seguire la<br />

strada segnata da Falcone e Borsellino, irta<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà e zone buie. Mai avremmo pensato<br />

che nei giorni dell’omaggio alle vittime<br />

<strong>delle</strong> stragi, della partecipazione convinta <strong>di</strong><br />

tutta <strong>una</strong> popolazione, nei giorni del <strong>di</strong>giuno<br />

in piazza, la trattativa Stato-mafia continuava<br />

il suo percorso segreto e oscuro!<br />

La nuova e<strong>di</strong>zione del libro <strong>è</strong> arricchita da<br />

scritti <strong>di</strong> Daniela Dioguar<strong>di</strong>, Rita Borsellino,<br />

Franca Imbergamo, Piera Aiello;<br />

donne autorevoli che riflettono su come<br />

sono cambiate le loro vite, sulle tortuosità<br />

della politica in questi vent’anni, sulle<br />

ambiguità <strong>di</strong> certa antimafia, sul significato<br />

dell’impegno incon<strong>di</strong>zionato <strong>delle</strong><br />

“donne del <strong>di</strong>giuno”, ancora attuale e<br />

propositivo.<br />

Emi Monteneri<br />

libri<br />

L’ultima decade <strong>di</strong> Maggio <strong>è</strong> stata funestata da un altro terremoto che non sconvolge<br />

nessuno ma penso in<strong>di</strong>gni tutti: il terremoto nel mondo del calcio. Si scoprono altre <strong>parti</strong>te<br />

truccate per seguire l’iter <strong>delle</strong> scommesse. La procura indaga: alcuni patteggiano,<br />

altri confessano, insomma l’inchiesta si <strong>di</strong>mostra opport<strong>una</strong>. Eppure il 30 maggio il portiere<br />

della nazionale Buffon convoca giornalisti e televisioni. Afferma <strong>di</strong> essere fuori da<br />

qualunque giro <strong>di</strong> scommesse e <strong>di</strong> aver fatto <strong>una</strong> carriera integerrima e virtuosamente<br />

ammonisce i giu<strong>di</strong>ci «Non si può giocare con la vita <strong>delle</strong> persone». Il popolo del calcio<br />

lo osanna! I non tifosi, tenendo conto che nessuno l’aveva interrogato, restano perplessi.<br />

Qualche giorno dopo gli inquirenti, indagando su un tizio che ha <strong>una</strong> ricevitoria <strong>di</strong> scommesse,<br />

scoprono un flusso <strong>di</strong> assegni, tutti <strong>di</strong> notevole entità, che arrivano a lui <strong>di</strong>rettamente<br />

proprio da Buffon. Gli avvocati <strong>di</strong>fendono il calciatore chiedendo a noi tutti<br />

“Perché un onesto giocatore non può mandare dei sol<strong>di</strong> ad un suo amico anche se ha<br />

<strong>una</strong> ricevitoria?” Noi pensiamo al proverbio “Excusatio non petita accusatio manifesta”.<br />

La procura non si ferma. Silvana Fernandez<br />

Su e giù per gli scaffali<br />

Agata Tuszynska, Wiera Gran. L’accusata,<br />

Einau<strong>di</strong>, € 20,00<br />

Varsavia, 1941. Wiera Gran, la cantante più<br />

bella e famosa del ghetto, sopravvissuta all’Olocausto,<br />

cerca <strong>di</strong> guardare avanti.<br />

Ma l’accusa <strong>di</strong> collaborazionismo e il silenzio<br />

del suo pianista, Szpilman, pesano su <strong>di</strong> lei<br />

come <strong>una</strong> condanna.<br />

Della stella <strong>di</strong> Varsavia non resterà che un<br />

capro espiatorio, <strong>una</strong> ebrea errante destinata<br />

alla follia.<br />

Jeannette Winterson, Perché essere felice<br />

quando puoi essere normale?, Mondadori,<br />

€ 18,00<br />

La Winterson ha se<strong>di</strong>ci anni quando la madre<br />

adottiva le rivolge la domanda che <strong>è</strong> il titolo <strong>di</strong><br />

questo libro intimo e drammatico.<br />

Il racconto <strong>di</strong> <strong>una</strong> vita de<strong>di</strong>cata ad affermare<br />

se stessa, la propria omosessualità e l’amore<br />

per i libri.<br />

Una prova <strong>di</strong> generosità e <strong>di</strong> onestà intellettuale,<br />

<strong>una</strong> storia tragica, ma anche allegra, proprio<br />

come la scrittura della Winterson.<br />

Siri Hustvedt, L’estate senza uomini, Einau<strong>di</strong>,<br />

€ 17,00<br />

La preve<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> un uomo contro l’impreve<strong>di</strong>bilità<br />

<strong>di</strong> <strong>una</strong> donna. Boris lascia Mia per<br />

un’amante più giovane. Mia lascia il tetto coniugale<br />

per il paese natìo, in Minnesota. Trascorre<br />

la sua convalescenza in un’estate senza<br />

uomini, circondata da donne <strong>di</strong> ogni età,<br />

molto intellettuali e conflittuali (altro che piccola<br />

provincia i<strong>di</strong>llica!).<br />

Ma proprio questa problematicità aiuterà Mia<br />

a ritrovare la sua in<strong>di</strong>pendenza e il desiderio<br />

<strong>di</strong> amare ed essere amata.<br />

Stefania Scateni, Dove sono, Nottetempo,<br />

€ 14,00<br />

Ottimo esempio <strong>di</strong> autofiction (modo <strong>di</strong> narrare<br />

che utilizza l’autobiografia senza l’obbligo<br />

<strong>di</strong> attenersi strettamente alla verità dei fatti), il<br />

romanzo racconta <strong>di</strong> Chiara e del suo amore<br />

travagliato per Paolo. Chiara scrive lettere che<br />

non imbuca per conoscersi e per <strong>di</strong>panare un<br />

passato <strong>di</strong> <strong>violenza</strong> sulle donne e <strong>di</strong> dolore familiare<br />

al quale lei vuole sottrarsi. Forte, problematico<br />

e dolce.<br />

Stefania Scateni <strong>di</strong>rige le pagine culturali<br />

dell’Unità. Dove sono <strong>è</strong> il suo primo romanzo.<br />

Annalena McAfee, L’esclusiva, Einau<strong>di</strong>,<br />

€ 21,00<br />

Quando Honor Tait, “decana del giornalismo<br />

britannico”, incontra Tamara Sim, giovane autrice<br />

<strong>di</strong> pezzi traboccanti <strong>di</strong> gossip, in realtà<br />

sono <strong>due</strong> mon<strong>di</strong> che si scontrano: l’informazione<br />

onesta del passato contro i pettegolezzi<br />

usa e getta del presente.<br />

Ma, oggi come ieri, la penna si rivela un’arma<br />

potente, capace <strong>di</strong> avvicinare anche persone<br />

<strong>di</strong>versissime e <strong>di</strong> sgretolare facciate impeccabili.<br />

Loredana Mancino - Modus Viven<strong>di</strong><br />

31 mezzocielo luglio 2012


mezzocielo<br />

Direzione<br />

Rosanna Pirajno (<strong>di</strong>rettrice responsabile)<br />

Letizia Battaglia (art <strong>di</strong>rector)<br />

Simona Mafai (coor<strong>di</strong>namento)<br />

Redazione<br />

Beatrice Agnello, Carla Aleo Nero, Rita Calabrese, Giusi Catalfamo,<br />

Daniela Dioguar<strong>di</strong>, Maria Chiara Di Trapani, Silvana Fernandez,<br />

Gisella Mo<strong>di</strong>ca, Leontine Regine, Francesca Saieva,<br />

Maria Concetta Sala, Stefania Savoia, Shobha, Francesca Traína<br />

Impaginazione e grafica<br />

Letizia Battaglia<br />

Massimiliano Martorana<br />

E<strong>di</strong>tore<br />

Associazione <strong>Mezzocielo</strong><br />

Responsabile E<strong>di</strong>toriale<br />

Adriana Palmeri<br />

e-mail:<br />

mezzocielo.posta@yahoo.it<br />

Il lavoro redazionale e le collaborazioni<br />

sono forniti gratuitamente<br />

Stampa<br />

Istituto Poligrafico Europeo srl<br />

Contrada Zaccanelli<br />

Roccapalumba (Palermo)<br />

Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> luglio 2012<br />

Reg. al Trib. <strong>di</strong> Palermo il 19-3-’92<br />

Quota associativa annua:<br />

or<strong>di</strong>naria: € 30,00<br />

sostenitrice: € 60,00<br />

c/cp. 13312905 Rosanna Pirajno,<br />

V.le F. Scaduto, 14 - 90144 Palermo<br />

Rinnovate o regalate un abbonamento a mezzocielo per il 2012<br />

c/c postale n. 13312905 intestato a Rosanna Pirajno<br />

Guardate ogni giorno sul web<br />

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Hanno sottoscritto e rinnovato l’abbonamento:<br />

Letizia Battaglia, Silvana Fernandez, Adriana Palmeri, Simona Mafai, Francesca<br />

Traina (€ 100); Chiara Notararigo (€ 60); Angela Di Stefano (€ 50); Rosario<br />

Cubello, Mariolina Sardo (€ 40).<br />

32 mezzocielo luglio 2012<br />

intemperanze<br />

Fatima era <strong>una</strong> <strong>di</strong> noi<br />

Qualche giorno prima, pur sapendo <strong>di</strong> dover morire, ha scritto: “Era il 1973. Ero giovane<br />

e piena <strong>di</strong> sogni. Oggi svegliarmi con il sottofondo <strong>di</strong> un’altra poesia, in un luogo<br />

dove tendono a spegnere i sogni <strong>di</strong> tutti, mi dà la percezione <strong>di</strong> un passato molto importante<br />

che rende il mio presente inespugnabile”. E lo era davvero inespugnabile.<br />

Io la ricordo nel 1973. Poco più che bambina, sotto casa, interrompevo i giochi in<br />

cui ero intenta per guardarla passare. E non solo per la bellezza o il sorriso lucente.<br />

Allora non capivo cosa potesse renderla così speciale, adesso so che quello che seduceva,<br />

più <strong>di</strong> ogni altra cosa, era la forza gentile con cui convertiva in sostanza i propri<br />

sogni.<br />

Ecco perché, a ogni passo, la sua energia sembrava muovere l’aria immobile della<br />

città <strong>di</strong> provincia dove, entrambe, siamo cresciute.<br />

In molti ricorderanno che la sua passione più grande sono stati, da sempre, i bambini.<br />

In <strong>parti</strong>colare i piccoli rom <strong>di</strong> Palermo dei quali abbracciava la <strong>di</strong>versità emarginata<br />

con <strong>una</strong> solidarietà senza perimetro.<br />

Li preparava alla vita che li attendeva. Li istruiva, li fortificava o forse li amava soltanto.<br />

Fatima in arabo significa colei che svezza i bambini. Nomen omen, nel nome un presagio.<br />

Da sempre impegnata nel sociale e nella politica, nonostante l’appuntamento, inderogabile,<br />

che l’attendeva, aveva deciso <strong>di</strong> can<strong>di</strong>darsi alle elezioni amministrative <strong>di</strong><br />

Palermo.<br />

Senza pensare, nemmeno per un attimo, <strong>di</strong> cedere il passo alla <strong>malattia</strong>.<br />

Con un unico <strong>di</strong>segno, preciso: sfruttare ogni battito del suo tempo, partecipare, fino<br />

alla fine, al cambiamento in cui credeva.<br />

Prima <strong>di</strong> andare, ha anche preparato il suo saluto.<br />

Nessun fazzoletto listato a lutto, fuori dalla chiesa, a salutare la bara.<br />

Ha voluto che sventolassero ban<strong>di</strong>ere rosse, il sottofondo <strong>di</strong> “Bella ciao” ad accompagnarla.<br />

Fatima ha assistito, viva, alla sua morte come ad un cambio <strong>di</strong> stagione, un passaggio<br />

necessario.<br />

È sopravvissuta indenne al rigore dell’inverno.<br />

E non poteva essere altrimenti. Era nata il 21 marzo. Il primo giorno <strong>di</strong> primavera.<br />

Cettina Musca<br />

Un caro amico<br />

Mimmo Carnevale, il nostro amato tipografo fondatore dell’Istituto Poligrafico<br />

Europeo, dove si stampa <strong>Mezzocielo</strong>, <strong>è</strong> scomparso il maggio scorso. Mimmo ha<br />

sempre appoggiato, sostenuto ed incoraggiato il nostro giornale venendo incontro<br />

alle nostre esigenze.<br />

Per questo la nostra redazione lo ringrazia sentitamente e, con cordoglio, <strong>è</strong> vicina<br />

alla famiglia.


Antonia Azzolini, Fabiola Speranza,<br />

Stefania Mighali, Daniela Fiorentino,<br />

Nunzia Rintinella, Rosetta Trovato,<br />

Grazia Tarkowska, Enzina Cappuccio,<br />

Christina Marin, Domenica<br />

Menna, Leda Corbelli, Ave Ferraguti,<br />

Antonella Riotino, Rosanna Siciliano,<br />

Antonia Bianco, Edyta Kozakiewcz,<br />

Elisabeth Sacchiano, Gabriella Lanza,<br />

Francesca Alleruzzo, Chiara Matalone,<br />

Gabriella Falzoni, Esmeralda<br />

Enclada, Rita Pullara, Vanessa Scialfa,<br />

Concetta Milone, Annamaria Pinto,<br />

Hane Gjelaj, Carmela Imun<strong>di</strong>, Alfina<br />

Grande, Camilla Auciello, Gianna<br />

Toni, Giacomina Zanchetta, Pierina<br />

Bau<strong>di</strong>no, Matilde Passa, Julissa<br />

Reyes, Giovanna Sfoglietta, Tiziana<br />

Olivieri, Alessandra Cubeddo, Maria<br />

Diviccaro, Maria Strafile, Anna Cappilli,<br />

Patrizia Klear, Brunella Clock,<br />

Fernanda Frati, Loweth Eward, Elda<br />

Tiberio, Maura Carta, V. P., Lenuta<br />

Lazar, Tommasina Ugolotti, Rosa<br />

Genovese, Wlally Urbini, Qaioli Hu,<br />

Carmela Russi, Rosa Amoroso, Mariana<br />

Marku, Stefania Cancelliere.<br />

Il futuro <strong>è</strong> <strong>delle</strong> donne? Ma non per<br />

queste. Nei primi mesi del 2012 in Italia<br />

sono già state uccise più <strong>di</strong> 58 donne.

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