violenza è sintomo di una malattia: una delle due parti ... - Mezzocielo
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cultura<br />
Quel misogino <strong>di</strong> Euripide<br />
Si <strong>di</strong>ceva fosse misogino Euripide. E senza volerci<br />
girare troppo intorno, dato che appare ben<br />
possibile, l’ultimo, il più giovane della triade feconda<br />
dei drammaturghi greci, qualche novità,<br />
nel panorama uomo-donna-<strong>di</strong>vinità-Fato riuscì<br />
davvero a collocarla. E riguardo alla donna in<br />
<strong>parti</strong>colare. Se da lui viene infatti la pura e sofferente<br />
Ifigenia, la donna <strong>di</strong> Euripide, <strong>è</strong> piuttosto<br />
quella <strong>di</strong>segnata nella tragica passione <strong>di</strong> Fedra<br />
o nella vendetta dolente e forsennata <strong>di</strong> Medea.<br />
Donne che sprigionano <strong>una</strong> sessualità forte e manifesta,<br />
<strong>una</strong> passione spinta agli estremi, pronte a<br />
interfacciarsi con gli dei, pronte a pagare, con determinazione<br />
e coraggio. Anche il misfatto, anche<br />
la follia, <strong>di</strong> cui. sono autrici e vittime al tempo<br />
stesso. A tutt’oggi sono le creature euripidee che<br />
maggiormente gravitano, fuori dal mito a millenni<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza in o<strong>di</strong>erne realtà, come la nostra. Proprio<br />
per essere donne ed anche <strong>di</strong> più e <strong>di</strong>versamente<br />
da quanto non avvenga per il personaggio<br />
maschile, per “l’eroe”, più idonee a contenere le<br />
complessità e le sfumature dell’animo. Perché,<br />
nella donna, rimangono integri, come fuori dal<br />
tempo,il percorso <strong>di</strong>fficile e tortuoso dell’affermazione<br />
del suo ruolo, della sua vita stessa e lo strascico<br />
greve dei suoi <strong>di</strong>ritti negati.<br />
La donna protagonista in Euripide, merita, in<br />
qualsiasi momento lo si voglia fare, un <strong>di</strong>scorso<br />
ricco e stimolante. Il suo modello, – e siamo alla<br />
fine della potenza politica <strong>di</strong> Atene – rompe lo<br />
schema consueto e l’autore si fa talora imprudente,<br />
persino ambiguo: rende ossequio alla <strong>di</strong>vinità<br />
ma non evita <strong>di</strong> spiazzarla,<strong>di</strong>ssimula i suoi<br />
dubbi ma non la sua stessa sofferenza <strong>di</strong> autore.<br />
E tutt’oggi, ma va detto, come accade per Eschilo<br />
o per Sofocle, irrompe su un magnifico palcoscenico<br />
<strong>di</strong> pietra antica più volte genialmente attualizzato<br />
e inchioda lo spettatore. Quello che<br />
oggi,se ha in mano il suo iPad, si adopera a fermarne<br />
le immagini. Una solida verifica si <strong>è</strong> avuta<br />
quest’anno con l’e<strong>di</strong>zione de “Le baccanti”, spettacolo<br />
<strong>di</strong> grande raffinatezza scenografica per<br />
l’eccezionale apporto <strong>delle</strong> danzatrici dell’International<br />
Ballett <strong>di</strong> Marta Graham che ha impresso<br />
al testo un paio <strong>di</strong> tasselli in più in uno con<br />
la limpida e schietta regia <strong>di</strong> Antonio Calenda.<br />
Regista che non ha strizzato troppo l’occhio a<br />
Dioniso ma ha condotto con azzeccate intuizioni<br />
il suo gioco sarcastico e crudele, la sua superbia<br />
inalterata, forse alla fine oscurandone la vittoria.<br />
L’opera, l’ultima come <strong>è</strong> noto <strong>di</strong> Euripide, rappresentata<br />
per la prima volta dopo la sua morte,<br />
<strong>è</strong> teatralmente tra le più incisive e articolate. Ma<br />
pur sapendo dei riti greci, <strong>delle</strong> feste <strong>di</strong> Dionisio,<br />
<strong>di</strong> quanto in quelle occasioni avveniva, ci si chiede<br />
in <strong>parti</strong>colare se <strong>è</strong> solo a questo che Euripide fa<br />
riferimento o quanto e se volentieri faccia <strong>delle</strong><br />
donne baccanti ibrido strumento <strong>di</strong> <strong>una</strong> sua tesi<br />
più spinta, più audace ma a tratti ambigua.<br />
Rese folli da Dioniso che vuole ven<strong>di</strong>carsi <strong>di</strong><br />
chi non lo riconosce figlio <strong>di</strong> Zeus, le donne<br />
che si muovono in onore <strong>di</strong> Bacco fanno tre-<br />
24 mezzocielo Luglio 2012<br />
cultura<br />
Egle Palazzolo<br />
mare Tebe e si impongono vaganti e impren<strong>di</strong>bili<br />
per la loro forza, e la loro estrema crudeltà.<br />
Vale ripetere questo dato, del resto il più<br />
saliente della trage<strong>di</strong>a, per tornare alle iniziali<br />
riflessioni: In quest’opera Euripide fa <strong>delle</strong><br />
donne le vere protagoniste della sua trage<strong>di</strong>a,<br />
mentre vagano ebbre e <strong>di</strong>ssolute, ignare <strong>di</strong> ciò<br />
che erano e della loro maternità <strong>di</strong> cui faranno<br />
scempio. Come Agave del proprio figlio Panteo<br />
– che ha osato imprigionare Dioniso e <strong>di</strong>sconoscerne<br />
la natura <strong>di</strong>vina –. E dopo averlo<br />
<strong>di</strong>laniato insieme alle compagne questa madre<br />
infelice, non appena rinsavita ne porterà tra le<br />
mani, la testa ritenendola quella <strong>di</strong> un leone<br />
Dionisio infine <strong>è</strong> pago e non manifesta dubbi<br />
o rimpianti, le baccanti rientrano comprendendo<br />
senza scampo a quale trama, a quale<br />
iniquo fato il <strong>di</strong>o li aveva destinate.<br />
Ma Euripide si pone oggi <strong>di</strong> fronte ad un pubblico<br />
che non può ignorare se stesso e le sue <strong>di</strong>verse<br />
emozioni. A cui va perdonato se non si<br />
ferma troppo a deco<strong>di</strong>ficare. Inevitabilmente tra<br />
l’altro per quel che attiene al rapporto tra il <strong>di</strong>o e<br />
l’uomo così onnipresente nel mondo dei greci,<br />
nel Mito dominante. E, vien la tentazione <strong>di</strong> fare<br />
un leggero sgambetto ad Euripide. Era misogino?<br />
Si <strong>è</strong> impadronito <strong>delle</strong> baccanti e le ha fatto<br />
muovere nella follia, nel lutto, nel sangue? Eppure<br />
esse riescono a rimandarci <strong>una</strong> essenza persino<br />
gioiosa, che la trama e il suo sanguinario e<br />
infecondo sviluppo, non alterano ai nostri occhi:<br />
Per un momento sono donne in ogni caso “liberate”,<br />
che lasciano le loro <strong>di</strong>more, i loro compiti<br />
abituali,le loro quoti<strong>di</strong>ane sottomissioni. Vagano<br />
tra la bellezza della natura, la suggestione dei tramonti<br />
e del canto degli uccelli, libano a Bacco e<br />
accolgono il piacere, del proprio corpo e <strong>delle</strong><br />
proprie passioni. Avvertono il senso del “gruppo”<br />
dello stare insieme, della sintonia che tra loro si<br />
crea, della forza che sanno <strong>di</strong> poter sprigionare e<br />
della paura che ad altri ne deriva. Noi questo prodromo<br />
<strong>di</strong> donne insieme, capaci <strong>di</strong> dominare<br />
Tebe, ce lo teniamo. Dietro la follia riusciamo a<br />
<strong>di</strong>stinguere <strong>una</strong> natura imprigionata, <strong>una</strong> verità<br />
che la ragione comune <strong>di</strong>sattiva. Euripide <strong>è</strong> un<br />
grande drammaturgo della classicità, Noi, oggi in<br />
quella cavea, siamo, donne <strong>di</strong> <strong>una</strong> contemporaneità<br />
che, senza mescolare o imbastar<strong>di</strong>re il<br />
grande archetipo della Trage<strong>di</strong>a, si prende qualche<br />
sua libertà d’intendere. In tutto rispetto.<br />
Marilyn Monroe mai veramente<br />
amata<br />
Quando era ancora trentenne, e già ossessionata<br />
da un possibile viale del tramonto e<br />
dalla concorrenza <strong>di</strong> nuove temibili rivali,<br />
Marilyn Monroe, si reca a Londra perché<br />
chiamata nientemeno che da Sir Lawrence<br />
Olivier che la vuole come partner per il film<br />
Il Principe e la Ballerina da lui <strong>di</strong>retto. In effetti<br />
il grande attore aveva solo bisogno <strong>di</strong><br />
un’oca bionda, dal fisico <strong>di</strong>rompente che<br />
non insi<strong>di</strong>asse troppo la sua bravura, mentre<br />
Marilyn pensava che finalmente sarebbe<br />
stata apprezzata come attrice. E in effetti<br />
regge il confronto, superando la prova brillantemente,<br />
anche se il prezzo <strong>di</strong> questa sua<br />
rivalsa <strong>di</strong>venta per lei sempre più alto. Il film<br />
My week with Marilyn, in Italia semplicemente<br />
Marilyn, del regista inglese Simone<br />
Curtis, non racconta la vita della grande <strong>di</strong>va<br />
ormai cristallizzata nel tempo, ma il ricordo<br />
del giovane Colin, allora terzo aiuto regista<br />
del film, che accoglie con grande amore e de<strong>di</strong>zione<br />
il <strong>di</strong>sperato bisogno <strong>di</strong> ammirazione<br />
e perché no, <strong>di</strong> amore <strong>di</strong> cui la star aveva necessità<br />
per la sua stessa sopravvivenza, avida<br />
com’era <strong>di</strong> conferme e gratificazioni e non<br />
solo per il suo, sia pure apprezzabile fondo<br />
schiena, o il suo “sguardo da camera da<br />
letto”. Insicura, nevrotica, <strong>di</strong>vorata dalla<br />
paura <strong>di</strong> non essere all’altezza “nel suo sangue<br />
ribolliva <strong>una</strong> lista <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cinali da facoltà<br />
<strong>di</strong> farmacologia tutti accompagnati a liquori<br />
forti”. Un mix mici<strong>di</strong>ale fatto <strong>di</strong> farmaci, lavoro,<br />
mariti, amanti, amori più o meno impossibili<br />
per protagonisti fuori dalla sua<br />
portata, come i fratelli Kennedy, hanno segnato<br />
ogni giorno <strong>di</strong> più la sua corsa verso<br />
un crollo irreversibile. E viene da chiedersi<br />
come mai non si sia spezzata prima.<br />
La protagonista del film Michelle Williams,<br />
lontana anni luce dal voler somigliare a <strong>una</strong><br />
icona <strong>di</strong>fficile da imitare, con grande umiltà<br />
ha introiettato il personaggio Marilyn, evocandone<br />
fragilità e complessità, ma anche<br />
quel mix <strong>di</strong> sensualità e spontaneità irripetibili.<br />
Perfetto, come sempre, Kenneth Branagh-Lawrence<br />
Olivier, nel ruolo del grande<br />
attore, alquanto trombone, bisogna <strong>di</strong>rlo,<br />
sempre più insofferente ai ritar<strong>di</strong> interminabili<br />
e alle sparizioni della sua partner che,<br />
poco elegantemente, definiva “la più stupida<br />
sciacquetta che abbia mai incontrato”. (La<br />
stessa insofferenza denunceranno Jack Lemmon<br />
e Tony Curtis per le riprese <strong>di</strong> A qualcuno<br />
piace caldo). Tutto questo non era<br />
25 mezzocielo Luglio 2012<br />
cinema<br />
Giusi Catalfamo<br />
imputabile al suo voler essere <strong>di</strong>va, ma a notti<br />
insonni e angosciose, risolte con quantità industriali<br />
<strong>di</strong> barbiturici e alcool.<br />
E il film stigmatizza proprio lo scontro tra<br />
chi grande attore, vuole essere <strong>di</strong>vo, e chi,<br />
<strong>di</strong>va suo malgrado, vuole invece essere <strong>una</strong><br />
vera attrice. Il merito del film, secondo me,<br />
<strong>è</strong> quello <strong>di</strong> non avere frugato tra i tanti misteri<br />
e le trame oscure della vita <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />
donna <strong>di</strong>ventata leggenda e su cui l’avi<strong>di</strong>tà<br />
<strong>di</strong> biografi più o meno atten<strong>di</strong>bili ha voluto<br />
speculare e, da parte della protagonista, il<br />
non voler somigliare a un mito, perché ogni<br />
tentativo <strong>di</strong> imitazione sarebbe risultato caricaturale.<br />
Chi l’ha conosciuta, chi l’ha frequentata, chi<br />
l’ha curata, o chi forse involontariamente si<br />
<strong>è</strong> reso complice della sua tragica fine. Si<br />
sono incrementati sospetti e improbabili<br />
ipotesi della sua vita e della sua tragica<br />
morte, quando la verità, forse, <strong>è</strong> stata semplicemente<br />
quella <strong>di</strong> <strong>una</strong> donna fragile, incapace<br />
<strong>di</strong> reggere un gioco troppo grande<br />
per chiunque, e ancora <strong>di</strong> più per lei, già così<br />
incrinata. In questo senso il film non <strong>è</strong> un<br />
biopic, non vuole raccontare la sua biografia,<br />
ed <strong>è</strong> per questo che l’abbiamo apprezzato,<br />
per questo mi ha commosso. Non so se a<br />
questo punto posso <strong>di</strong>re che Marilyn sia un<br />
film da non perdere.<br />
Forse il ritmo non <strong>è</strong> proprio ottimale, forse<br />
la trama non <strong>è</strong> coinvolgente, forse <strong>è</strong> troppo<br />
“sobrio”, mai sbracato, ma forse, proprio<br />
per questo, ti lascia qualcosa dentro e anche<br />
tu, da spettatrice, cre<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivivere il dramma<br />
<strong>di</strong> chi forse non <strong>è</strong> mai stata veramente<br />
amata, la solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> chi si sente perennemente<br />
fuori posto.<br />
Un altro suo merito sono gli attori, tutti<br />
perfetti da Kenneth Branagh-Lawrence<br />
Olivier, a Ju<strong>di</strong> Dench, al giovane e sognante<br />
Ed<strong>di</strong>e Redmayne, ma il suo merito più<br />
grande <strong>è</strong> lei, la dolce, convincente intensa<br />
Michelle Williams, che per la sua interpretazione<br />
ha fatto incetta <strong>di</strong> meritati premi,<br />
insi<strong>di</strong>ando persino l’Oscar a <strong>una</strong> grande<br />
come Meryl Streep.<br />
cinema