LA PAGINA OTTOBRE 2012:progetto La Pagina futura.qxd
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Il nonno sedeva ovviamente a capotavola: ai lati i figli con le nuore<br />
e i nipoti e di fronte la moglie Barbera, detta Barburella, perché<br />
molto minuta. A dire la verità la nonna mangiava spesso da sola<br />
vicino al camino, col piatto poggiato sulle ginocchia, specie<br />
d’inverno. Quella sera di fine estate Barburella non c’era. Era<br />
partita verso mezzogiorno, senza pranzare, con un tozzo di pane<br />
nella tasca dello zinale e sulle spalle un sacco a trama larga con<br />
dentro 3 o 4 pulcinotti che stavano per diventare galli. Li portava<br />
dalla nipote Nena per farli castrare in modo che diventassero<br />
capponi per fare il brodo il giorno di Natale.<br />
Gli animali castrati (polli, agnelli, maiali), non avendo più gli<br />
attributi sessuali, né gli ormoni da essi prodotti, si dedicavano solo<br />
al mangiare diventando perciò più grassi, teneri e saporiti.<br />
Nena abitava in un casale lontano oltre un’ora di cammino, a valle<br />
della villa del barone Franchetti (oggi<br />
Villalago) e godeva fama di essere molto<br />
brava a castrare i polli. <strong>La</strong> castrazione<br />
era una vera e propria operazione chirurgica<br />
di rimozione, tramite incisione<br />
dell’addome, degli attributi maschili del<br />
futuro gallo e di successiva ricucitura<br />
con ago e filo da rammendo (!).<br />
<strong>La</strong> bravura consisteva nel saper tagliare<br />
dove bisognava tagliare, asportare le<br />
gonadi, spruzzare sulla ferita un sorso di<br />
vino e ricucire rapidamente.<br />
Come disinfettante, dopo l’intervento, si<br />
usava la cenere che aveva anche lo scopo<br />
di cauterizzare la ferita.<br />
Quel giorno il tempo si era mantenuto bello per quasi tutto il<br />
pomeriggio, poi iniziarono a passare e ad addensarsi nuvole<br />
sempre più nere, tanto che si fece buio prima dell’ora e la pioggia<br />
iniziò a cadere a scrosci.<br />
Da lontano si avvicinavano i lampi e il borbottio dei tuoni.<br />
Il buio della campagna sotto un temporale di fine estate è il buio<br />
quello vero, non come in città dove si accendono subito i<br />
lampioni! Tu non riesci a vedere dove metti i piedi, non hai punti<br />
di riferimento... e se un fulmine, oltre allo spavento, ti porta uno<br />
squarcio di luce improvvisa, altrettanto rapidamente se ne va<br />
lasciandoti abbagliato e facendoti ripiombare nel buio nero come<br />
la pece. Al primo accecante lampo saltò la luce elettrica nella casa<br />
e rimase solo la fiamma insufficiente del camino.<br />
Fu acceso subito un lumino a olio che, col suo flebile chiarore<br />
aggiunto, rendeva ancora più spettrali i volti dei presenti,<br />
ingigantendo le ombre delle donne che erano indaffarate a<br />
preparare la cena.<br />
I capponi per Natale<br />
Sulla spianatora c’era già una montagnola di picchiettini (= ciriole,<br />
manfricoli…) pronti per la cottura, nel camino il caldaio di rame<br />
sbruffava acqua bollente e il sugo borbottava sul fornello a carbone.<br />
Fuori sembrava il finimondo con acqua a catinelle, tuoni, lampi;<br />
all’improvviso un colpo di vento più forte degli altri spalancò la<br />
porta dell’ampia cucina, consentendo al gatto che stava accovacciato<br />
sul gradino di approfittarne per entrare in casa e, dopo essersi<br />
scrollato degli schizzi di pioggia che aveva addosso, dirigersi con<br />
fare sussiegoso in direzione delle gambe del grande tavolino.<br />
Nessuno lo dava a vedere ma tutti erano preoccupati e speravano<br />
che la nonna si fosse riparata per tempo in una delle tante capanne<br />
che si trovavano ai lati delle strade.<br />
I figli avevano intenzione di andare a cercarla, ma con quel buio e<br />
senza avere la minima idea del percorso che poteva avere scelto, era<br />
impossibile. Il nonno a capotavola incominciava a sragionare per la<br />
fame e cercava di sostenere una tesi alquanto bizzarra.<br />
Diceva che se era accaduta una disgrazia -affogata mentre attraversava<br />
uno dei tanti fossi o colpita da un fulmine- non si poteva fare più<br />
niente e quindi era meglio cenare in santa pace; altrimenti con<br />
l’arrivo del prete, dei carabinieri, dei<br />
parenti e dei vicini non sarebbe stato più<br />
possibile mangiare.<br />
Se invece, come pensava lui, Nobbia<br />
-nomignolo affibbiato alla moglie forse al<br />
ritorno dalle trincee della Grande Guerraera<br />
semplicemente in ritardo, perché era<br />
sua abitudine ritardare sia a pranzo che a<br />
cena, sarebbe arrivata di lì a poco mentre<br />
tutti erano seduti al tavolo. Pertanto<br />
l’ordine perentorio fu: “Buttate giù la<br />
pasta!”.<br />
Una rapida mescolata con un gran<br />
forchettone di legno ed ecco che<br />
li picchiettini vengono a galla.<br />
Un rapido assaggio per controllare il punto di cottura, seguito<br />
dall’ordine di scolare la pasta.<br />
Mentre le donne armeggiavano intorno al paiolo bollente, si aprì la<br />
porta con la violenza del vento e apparve la nonna bagnata fradicia<br />
col sacco degli operati sulle spalle.<br />
Mentre depositava con delicatezza i volatili feriti a terra, incominciò<br />
a lanciare improperi e santi verso il marito e contro i figli e le nuore<br />
che non erano andati a farle incontro.<br />
In un attimo si creò un caos indescrivibile, una cacofonia di grida che<br />
superò perfino il frastuono del temporale. Ma appena i piatti furono<br />
colmi della pasta fatta in casa, col sugo rosso fumante, impreziosita<br />
da lardelli e formaggio, la caciara, dove ognuno gridava le sue più<br />
o meno buone ragioni, si spense gradualmente, sostituita dal soffiare<br />
sulle forchette. <strong>La</strong> nonna non prese nemmeno un raffreddore e i<br />
pollastrelli operati sopravvissero tutti.<br />
In quanto al brodo per i cappelletti di Natale venne così buono che<br />
non ne avanzò nemmeno una goccia. Vittorio Grechi