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LA PAGINA OTTOBRE 2012:progetto La Pagina futura.qxd

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14<br />

Il nonno sedeva ovviamente a capotavola: ai lati i figli con le nuore<br />

e i nipoti e di fronte la moglie Barbera, detta Barburella, perché<br />

molto minuta. A dire la verità la nonna mangiava spesso da sola<br />

vicino al camino, col piatto poggiato sulle ginocchia, specie<br />

d’inverno. Quella sera di fine estate Barburella non c’era. Era<br />

partita verso mezzogiorno, senza pranzare, con un tozzo di pane<br />

nella tasca dello zinale e sulle spalle un sacco a trama larga con<br />

dentro 3 o 4 pulcinotti che stavano per diventare galli. Li portava<br />

dalla nipote Nena per farli castrare in modo che diventassero<br />

capponi per fare il brodo il giorno di Natale.<br />

Gli animali castrati (polli, agnelli, maiali), non avendo più gli<br />

attributi sessuali, né gli ormoni da essi prodotti, si dedicavano solo<br />

al mangiare diventando perciò più grassi, teneri e saporiti.<br />

Nena abitava in un casale lontano oltre un’ora di cammino, a valle<br />

della villa del barone Franchetti (oggi<br />

Villalago) e godeva fama di essere molto<br />

brava a castrare i polli. <strong>La</strong> castrazione<br />

era una vera e propria operazione chirurgica<br />

di rimozione, tramite incisione<br />

dell’addome, degli attributi maschili del<br />

futuro gallo e di successiva ricucitura<br />

con ago e filo da rammendo (!).<br />

<strong>La</strong> bravura consisteva nel saper tagliare<br />

dove bisognava tagliare, asportare le<br />

gonadi, spruzzare sulla ferita un sorso di<br />

vino e ricucire rapidamente.<br />

Come disinfettante, dopo l’intervento, si<br />

usava la cenere che aveva anche lo scopo<br />

di cauterizzare la ferita.<br />

Quel giorno il tempo si era mantenuto bello per quasi tutto il<br />

pomeriggio, poi iniziarono a passare e ad addensarsi nuvole<br />

sempre più nere, tanto che si fece buio prima dell’ora e la pioggia<br />

iniziò a cadere a scrosci.<br />

Da lontano si avvicinavano i lampi e il borbottio dei tuoni.<br />

Il buio della campagna sotto un temporale di fine estate è il buio<br />

quello vero, non come in città dove si accendono subito i<br />

lampioni! Tu non riesci a vedere dove metti i piedi, non hai punti<br />

di riferimento... e se un fulmine, oltre allo spavento, ti porta uno<br />

squarcio di luce improvvisa, altrettanto rapidamente se ne va<br />

lasciandoti abbagliato e facendoti ripiombare nel buio nero come<br />

la pece. Al primo accecante lampo saltò la luce elettrica nella casa<br />

e rimase solo la fiamma insufficiente del camino.<br />

Fu acceso subito un lumino a olio che, col suo flebile chiarore<br />

aggiunto, rendeva ancora più spettrali i volti dei presenti,<br />

ingigantendo le ombre delle donne che erano indaffarate a<br />

preparare la cena.<br />

I capponi per Natale<br />

Sulla spianatora c’era già una montagnola di picchiettini (= ciriole,<br />

manfricoli…) pronti per la cottura, nel camino il caldaio di rame<br />

sbruffava acqua bollente e il sugo borbottava sul fornello a carbone.<br />

Fuori sembrava il finimondo con acqua a catinelle, tuoni, lampi;<br />

all’improvviso un colpo di vento più forte degli altri spalancò la<br />

porta dell’ampia cucina, consentendo al gatto che stava accovacciato<br />

sul gradino di approfittarne per entrare in casa e, dopo essersi<br />

scrollato degli schizzi di pioggia che aveva addosso, dirigersi con<br />

fare sussiegoso in direzione delle gambe del grande tavolino.<br />

Nessuno lo dava a vedere ma tutti erano preoccupati e speravano<br />

che la nonna si fosse riparata per tempo in una delle tante capanne<br />

che si trovavano ai lati delle strade.<br />

I figli avevano intenzione di andare a cercarla, ma con quel buio e<br />

senza avere la minima idea del percorso che poteva avere scelto, era<br />

impossibile. Il nonno a capotavola incominciava a sragionare per la<br />

fame e cercava di sostenere una tesi alquanto bizzarra.<br />

Diceva che se era accaduta una disgrazia -affogata mentre attraversava<br />

uno dei tanti fossi o colpita da un fulmine- non si poteva fare più<br />

niente e quindi era meglio cenare in santa pace; altrimenti con<br />

l’arrivo del prete, dei carabinieri, dei<br />

parenti e dei vicini non sarebbe stato più<br />

possibile mangiare.<br />

Se invece, come pensava lui, Nobbia<br />

-nomignolo affibbiato alla moglie forse al<br />

ritorno dalle trincee della Grande Guerraera<br />

semplicemente in ritardo, perché era<br />

sua abitudine ritardare sia a pranzo che a<br />

cena, sarebbe arrivata di lì a poco mentre<br />

tutti erano seduti al tavolo. Pertanto<br />

l’ordine perentorio fu: “Buttate giù la<br />

pasta!”.<br />

Una rapida mescolata con un gran<br />

forchettone di legno ed ecco che<br />

li picchiettini vengono a galla.<br />

Un rapido assaggio per controllare il punto di cottura, seguito<br />

dall’ordine di scolare la pasta.<br />

Mentre le donne armeggiavano intorno al paiolo bollente, si aprì la<br />

porta con la violenza del vento e apparve la nonna bagnata fradicia<br />

col sacco degli operati sulle spalle.<br />

Mentre depositava con delicatezza i volatili feriti a terra, incominciò<br />

a lanciare improperi e santi verso il marito e contro i figli e le nuore<br />

che non erano andati a farle incontro.<br />

In un attimo si creò un caos indescrivibile, una cacofonia di grida che<br />

superò perfino il frastuono del temporale. Ma appena i piatti furono<br />

colmi della pasta fatta in casa, col sugo rosso fumante, impreziosita<br />

da lardelli e formaggio, la caciara, dove ognuno gridava le sue più<br />

o meno buone ragioni, si spense gradualmente, sostituita dal soffiare<br />

sulle forchette. <strong>La</strong> nonna non prese nemmeno un raffreddore e i<br />

pollastrelli operati sopravvissero tutti.<br />

In quanto al brodo per i cappelletti di Natale venne così buono che<br />

non ne avanzò nemmeno una goccia. Vittorio Grechi

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