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L'incontro - nr. 161 - Cooperativa sociale AEPER

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Dobbiamo avere sempre più coscienza di<br />

essere parte di una rete che è internazionale<br />

perché prima si è radicata nel locale:<br />

non si tratta di limitarci a usare una parola<br />

nuova come potrebbe essere il “glocale”,<br />

quanto di sapere che possiamo disseminare<br />

una cultura che prima abbiamo imparato<br />

a pensare e costruire nel nostro<br />

piccolo mondo locale.<br />

In chiusura al mio intervento voglio ringraziarvi<br />

e augurarvi, anzi augurarci perché<br />

spero anch’io di far parte di questa rete<br />

di cooperative che vogliono lavorare a presentare<br />

dei progetti ben sapendo che dobbiamo<br />

essere bravi. Anche se, com’è<br />

accaduto al nostro Istituto di ricerca, dopo<br />

il terremoto in Abruzzo, non siamo stati<br />

ancora pagati per i progetti realizzati, mentre<br />

l’amministrazione locale si vanta del<br />

nostro operato come di un fiore all’occhiello.<br />

Tanto più siamo fiore all’occhiello, tanto<br />

meno ai loro occhi abbiamo bisogno di<br />

fondi: questo è il problema sia per il diritto<br />

dei popoli sia per il diritto ufficiale, dove le<br />

dichiarazioni delle cose sostituiscono le<br />

cose stesse.<br />

25 anni<br />

Come cooperative di ricerca, di assistenza,<br />

di diritto dovremmo mimare concretamente<br />

quello che vogliamo far vedere e<br />

capire. Non dobbiamo assomigliare a chi<br />

spende tante parole per dire quello che c’è<br />

da fare, piuttosto a chi “rappresenta il<br />

fare”: è’ un modo di interpretare la realtà,<br />

come faceva Etty Hillesum.<br />

Il testo di Galeano racconta la creazione<br />

del mondo come un grande divertimento<br />

senza rete, immaginava di fare una festa<br />

comune dove imperava la fantasia, senza<br />

la quale non si può andare avanti, la storia<br />

finirebbe insieme a tutte le cose.<br />

Credo che sia un bene avere il senso<br />

della festa per resistere. Mi sembra<br />

molto bello avere organizzato questa<br />

festa che significa “cercarsi” e prende<br />

tempo: sul palcoscenico gli attori e le attrici<br />

del gruppo “La strada” avevano valigie,<br />

si cercavano e non si riconoscevano,<br />

provavano gesti e non si trovavano e soltanto<br />

alla fine, quando si accolgono reciprocamente,<br />

non vogliono finire più,<br />

come nella creazione, di abbracciarsi, di<br />

riconoscersi, di scoprirsi e scoprire i fili<br />

di continuità. Quei fili che voi avete in-<br />

cooperativa Aeper<br />

36<br />

trecciato nella vostra cooperativa e tra le<br />

tante marginalità.<br />

È un altro modo di fare cultura senza separare<br />

i saperi, ma avvicinandoli. La sanità<br />

sta distruggendo il diritto proprio<br />

con questa separatezza perché continua<br />

a mettere al centro la malattia e non il<br />

sogno di vita delle persone. Forse il<br />

sogno non sarà perfetto, forse si tratterà<br />

sempre di “camminare sul filo”, ma è<br />

possibile se lo si fa insieme a tutte le altre<br />

cooperative del Cnca, e pensando di<br />

poter dare un contributo imprescindibile<br />

nella ridefinizione dei bisogni a livello<br />

<strong>sociale</strong>, senza aspettarsi di collaborare<br />

con le autorità. Non c’è da aspettarsi<br />

nulla: c’è da fare. La definizione a livello<br />

internazionale dei bisogni passerà sempre<br />

più attraverso la cancellazione delle<br />

persone a vantaggio della definizione<br />

delle prestazioni da erogare loro.<br />

Voi tutti dell’Aeper dovete invece farvi<br />

titolari di un dovere di concettualizzazione<br />

e di visibilità dei bisogni delle persone<br />

e quindi, per i prossimi venticinque<br />

anni, avete molto da lavorare.<br />

Grazie. ■

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