L'incontro - nr. 161 - Cooperativa sociale AEPER
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Potresti dare di più o di meno, ma ciò che<br />
ricevi non è in relazione a quanto hai<br />
dato.<br />
Puoi dare molto? Bene, andrà in favore<br />
di tutti. Puoi dare di meno? Oppure, oggi<br />
non hai voglia o non riesci a dare tutto<br />
quello che potresti? Non importa. L’accettazione<br />
all’interno del gruppo c’è<br />
ugualmente. La considerazione che gli<br />
altri hanno di te non diminuisce, se ti<br />
sentono autentico, vero.<br />
Questo per me è stato un grande insegnamento.<br />
Dare, mettere a disposizione le<br />
proprie risorse va a beneficio di tutti, di<br />
chi ne possiede meno e di chi ne possiede<br />
di più. Ma questo non fa maturare un<br />
“diritto retributivo”, che ti legittima ad<br />
aspettarti che ti debba essere restituita almeno<br />
la stessa quantità. I meno giovani<br />
forse ricordano una canzone di alcuni<br />
anni fa… “io di tutta un’esistenza, spesa<br />
a dare, dare, dare, non ho salvato<br />
niente…”. Appunto. Non salvi qualcosa<br />
se miri ad avere più di quanto avevi<br />
prima. È quanto hai dato che hai salvato,<br />
perché non perisce con te, con le tue non<br />
voglie, con le tue mancanze. Lo hai salvato<br />
perché quello che hai dato vive in<br />
qualcun altro. Dandosi nella terra, il<br />
seme non salva se stesso. Il seme muore.<br />
Ma fa nascere una pianticella nuova.<br />
Forse è questo il significato di “servire”.<br />
Ricordo che a un noto sacerdote, tempo<br />
fa, in un’intervista televisiva fu chiesto<br />
quanti tossicodipendenti avesse salvato<br />
nelle “sue” comunità. La domanda, vagamente<br />
blasfema, in quanto eleva<br />
l’uomo a divinità in grado di salvare<br />
25 anni<br />
delle vite, evidentemente presuppone che<br />
ci siano almeno due livelli diversi, potenzialmente<br />
contrapposti: persone che salvano<br />
e persone che vengono salvate.<br />
Perché umanamente condannate a perdersi,<br />
in quanto non in grado di gestire la<br />
propria vita senza fare o farsi del male.<br />
Persone che devono essere “recuperate”<br />
per tornare ad essere “normali”, produttive,<br />
sociali, e devono quindi affidarsi<br />
acriticamente ad altri che “sanno qual è il<br />
loro bene” un po’ come quando siamo<br />
bambini, e i genitori sanno quale sia il<br />
nostro bene.<br />
Normalmente però non si tratta di bambini,<br />
ma di adulti fragili, per alcuni tratti<br />
della vita sopraffatti dalla proprie difficoltà.<br />
Nelle comunità e nei servizi dell’Aeper<br />
ho imparato anzitutto a non giudicare.<br />
Perché la tentazione di sentirsi un gradino<br />
(o più) sopra gli altri c’è anche in<br />
chi educa.<br />
Ma soprattutto che lo zero assoluto è un<br />
concetto fisico, ma non umano. Perché<br />
non esiste nessuno che non abbia dentro<br />
di sé tesori preziosi, che stanno chiusi<br />
solo in quanto attendono che qualcuno<br />
apra la porta giusta con la chiave giusta.<br />
Uno dei punti importanti dell’esperienza<br />
dell’Aeper è che non serve che cerchi di<br />
“salvare” qualcuno senza dargli gli strumenti<br />
necessari a fare in modo che possa<br />
essere autonomo e fare con i suoi mezzi<br />
il suo cammino, perché cadrà non appena<br />
te ne sarai andato.<br />
Proprio questo è il valore: camminare in-<br />
cooperativa Aeper<br />
48<br />
sieme per un tratto di strada, vivendo insieme<br />
esperienze significative, in modo<br />
tale che chi è più fragile si rafforzi e riesca<br />
a trovare in sé le risorse per vivere da<br />
solo. In quel momento avrà la possibilità<br />
di scegliere davvero di vivere con gli<br />
altri, che altrimenti sarebbero solo figure<br />
da cui dipendere… e nessuna figura è<br />
eterna.<br />
Esistono persone che non raggiungono<br />
mai una vera autonomia? Probabilmente<br />
sì. Ce lo dice la vita di tutti i giorni. Cosa<br />
fare, allora, in queste situazioni? Continuare<br />
a camminare insieme. Perché<br />
anche se non si raggiunge la meta finale,<br />
vi possono essere tappe intermedie comunque<br />
molto importanti nella vita di<br />
ognuno. Certo, anche l’Aeper, anche noi<br />
dobbiamo maturare questo convincimento<br />
ed attrezzarci perché si possa riconoscere<br />
il percorso migliore che una<br />
persona può fare, senza attendere per<br />
forza che diventino qualcosa (o meglio<br />
qualcuno) di diverso.<br />
Forse è questo tentativo che dà serenità,<br />
anche nei momenti in cui aleggia lo spettro<br />
del fallimento. In Aeper ci sono state<br />
persone che sono morte durante il loro<br />
cammino, o apparentemente non hanno<br />
migliorato le loro condizioni, o sono fuggite.<br />
O sono ancora con noi e sappiamo<br />
che non le salveremo. E non sono state<br />
poche. Tuttavia, se queste persone hanno<br />
vissuto un istante di benessere, o si sono<br />
trovate meglio con se stesse, o sono state<br />
capaci di vivere delle relazioni belle con<br />
qualcuno, anche se in modo non duraturo,<br />
il cammino non è stato inutile. Se<br />
anche uno solo dei loro tesori è venuto<br />
alla luce, e lo hanno accarezzato prima<br />
che tornasse il buio, un passo è stato<br />
fatto. Un passo nel campo dove qualcuno<br />
ha trovato una perla rara e l’ha condivisa<br />
con i suoi amici.<br />
Concludendo i loro racconti ai bambini<br />
radunati in cucina, un tempo i nonni,<br />
nelle case di campagna, spesso dicevano<br />
“c’è sempre da imparare”. Si riferivano<br />
ai ritmi vitali del tempo e delle colture,<br />
al comportamento degli animali, alle<br />
contrattazioni nei mercati. Con l’andare<br />
del tempo probabilmente il numero di<br />
persone che ritiene vero che ci sia sempre<br />
da imparare è un po’ diminuito. Fare<br />
cose impensabili cento anni fa ci fa sentire<br />
forti, sapienti, in qualche modo su-