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HEARTLINE HSM Genoa Cardiology Meeting - Aristea

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<strong>HEARTLINE</strong> BOOK<br />

<strong>HEARTLINE</strong><br />

<strong>HSM</strong> <strong>Genoa</strong><br />

<strong>Cardiology</strong><br />

<strong>Meeting</strong><br />

Genova, Hotel NH Marina<br />

21/22 Ottobre 2011<br />

IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino<br />

IST - Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro<br />

Largo Rosanna Benzi, 10 16132 GENOVA


Perché Heartline<br />

<strong>Genoa</strong> <strong>Cardiology</strong> <strong>Meeting</strong> 2011<br />

Sono lieto di dare il più cordiale benvenuto a tutti i partecipanti ad Heartline 2011.<br />

In un mondo sempre più globalizzato e dinamico basta un click per far conoscere avanzamenti<br />

scientici e tecnologici. Le difcoltà nascono quando si tratta di portare le innovazioni<br />

nel mondo reale, quando si deve interagire con le realtà locali, le Istituzioni, le Regioni,<br />

gli Ospedali, quando si fanno i conti con le risorse disponibili.<br />

Perchè questo <strong>Meeting</strong>? Per riettere sui propri dati e discutere in un contesto macroregionale<br />

le innovazioni della Cardiologia: solo l’interazione tra Professionisti, Direzioni Aziendali<br />

e Decisori Pubblici può farci progredire.<br />

In questa prima edizione di Heartline sono al centro della attenzione l’Infarto Miocardico<br />

Acuto (STEMI) e l’Impianto Transcatetere di protesi Valvolare Aortica (TAVI).<br />

Verranno presentate e discusse le esperienze della Rete per l’Infarto di diverse Regioni ed<br />

il Protocollo della Regione Liguria per la gestione dello STEMI.<br />

E’ possibile riparare il danno cellulare provocato dall’infarto stimolando le Cellule Staminali<br />

con la somministrazione in acuto di Citochine? La comunità scientica italiana approfondirà<br />

presupposti e prospettive di questa avvincente tematica e presenterà per la prima<br />

volta un trial randomizzato con endpoint clinici.<br />

Riguardo all’impianto transcatetere di bioprotesi aortica si confronteranno i successi, i<br />

dubbi ed i problemi sollevati da una metodica che in brevissimo tempo ha rivoluzionato le<br />

frontiere della Cardiologia.<br />

Il <strong>Meeting</strong> è dedicato a chi non si accontenta, a chi vuole crescere nelle conoscenze e migliorare<br />

la qualità delle cure, a chi persegue obiettivi di Salute Pubblica, a chi ha la responsabilità<br />

di scelte programmatiche ed amministrative, agli Specialisti di grande<br />

esperienza, agli Specialisti più giovani, a chi sta completando il percorso di formazione.<br />

Per tutti la crescita esige l’apertura degli orizzonti, il coraggio delle scelte, la determinazione<br />

a renderle operative.<br />

Francesco Chiarella<br />

Direttore S.C. Cardiologia IRCCS AOU San Martino IST. Genova


Infarto Miocardico Acuto Esteso:<br />

c’è bisogno di nuove terapie?<br />

Stefano De Servi<br />

Dipartimento Cardiovascolare, Azienda Ospedaliera Ospedale Civile di Legnano<br />

La riperfusione dell’infarto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) con angioplastica<br />

primaria (PPCI ) rappresenta la modalità più ampiamente utilizzata sia in Europa che in Italia.<br />

L’utilizzo di agenti brinolitici ha insegnato che il tempo è una variabile molto importante:<br />

più precoce l’intervento farmacologico infatti e più ridotta risulta l’area infartuale<br />

nale, essendo quindi migliore l’esito della terapia. Anche per quanto riguarda la PPCI vale<br />

sostanzialmente lo stesso principio, sintetizzato dallo slogan “the earlier the better”. Tuttavia<br />

esistono segnalazioni della letteratura che mostrano come l’esito di PPCI tardive ottengano<br />

risultati clinici superiori rispetto a quelli ottenuti con la brinolisi. Infatti il vantaggio<br />

offerto dalla riperfusione meccanica in termini prognostici sulla trombolisi si amplica a<br />

mano a mano che il tempo di ischemia si allunga. Dati del gruppo di Monaco inoltre evidenziano<br />

come l’area di miocardio salvato dalla PPCI possa essere molto ampia, anche se<br />

la riperfusione meccanica viene effettuata alcune ore dopo l’insorgenza dei sintomi.<br />

L’estensione nale dell’area necrotica è quella che determina l’entità della disfunzione ventricolare<br />

sinistra ed in ultima analisi la prognosi a distanza del singolo paziente. E’ evidente<br />

che più estesa è l’area a rischio, maggiore deve essere il salvataggio di miocardio ottenuto<br />

dalla tecnica riperfusiva . In questa ottica, la tempestività dell’intervento può giocare un<br />

ruolo rilevante.<br />

In questa presentazione abbiamo voluto vericare l’interrelazione tra ampiezza dell’area a<br />

rischio, ritardo riperfusivo e mortalità a 0 giorni in pazienti con STEMI inclusi nel registro<br />

LOMBARDIMA, che ha arruolato 901 pazienti che negli anni 200 e 2006 sono stati trattati<br />

con PPCI.<br />

Un tempo di ischemia inferiore ai 180’ ( gruppo 1 ) e’ stato osservato nel 0% dei pazienti,<br />

mentre il 60% aveva un ritardo superiore a 180’ ( gruppo 2 ) . I due gruppi differivano per<br />

età, prevalenza di sesso femminile e diabete, tutte caratteristiche più frequenti nel gruppo<br />

2. I pazienti con accesso tardivo inoltre si presentavano direttamente all’ospedale o, più frequentemente,<br />

si recavano presso centri spoke. Globalmente i pazienti del gruppo 2 avevano<br />

un TIMI Risk Index più elevato rispetto ai pazienti del gruppo 1 e una minore<br />

riperfusione efcace (valutata come percentuale di riduzione del sopraslivellamento del<br />

tratto ST dopo PPCI ).<br />

La mortalità a 0 gg era signicativamente maggiore nel gruppo 2 (6%) che nel gruppo 1<br />

( .1%). Particolarmente elevata risultava la mortalità nei pazienti con infarto anteriore (7.6%<br />

nel gruppo 2 vs . % nel gruppo 1), ma sussisteva differenza di mortalità anche nei pazienti<br />

con infarto a sede non anteriore ( .7% vs 2%). Particolarmente ampia risultava la dif-


6<br />

ferenza di mortalità a favore di un trattamento precoce nei pazienti con ampia area di rischio<br />

all’ingresso: infatti quando lo STEMI interessava > derivazioni la mortalità risultava<br />

del .6% nel gruppo 1 e del 12% nel gruppo 2.<br />

Anche nei pazienti a rischio clinico elevato la mortalità a 0 giorni risultava più alta se il<br />

tempo di ischemia era superiore a 180’: nei pazienti ultrasettantacinquenni essa era del<br />

9.2% nel gruppo 1 e del 1 . % nel gruppo 2 . Minore era la differenza, ma pur sempre presente,<br />

nei pazienti più giovani (2.1% vs .8%). Anche nei pazienti con TIMI Risk Index più<br />

elevato, la mortalità risultava dell’8. % nel gruppo 1 e del 12% nel gruppo 2.<br />

Questi dati evidenziano il diverso outcome cui vanno incontro pazienti con caratteristiche<br />

cliniche analoghe, a seconda che la riperfusione avvenga in tempi differenti. E’ evidente che<br />

ogni sforzo organizzativo deve essere messo in atto per ridurre i ritardi cosiddetti di sistema,<br />

cioè quelli che si vericano una volta che il paziente ha avuto il primo contatto medico.<br />

Dall’analisi della letteratura non sembra che la prognosi possa essere migliorata da<br />

interventi farmacologici o strumentali. I farmaci che inibiscono il recettore piastrinico IIbIIIa<br />

sono efcaci infatti solo nei pazienti che vengano riperfusi rapidamente. Il recente studio<br />

CRISP AMI non ha inoltre mostrato un benecio dell’uso del contropulsatore in pazienti con<br />

infarto anteriore. In quello studio il tempo medio di ischemia era di 20 ’.<br />

Studi futuri dovranno vericare se differenti approcci di trattamento, basati ad esempio<br />

sulla terapia cellulare rigenerativa, possano migliorare la prognosi dei pazienti riperfusi<br />

tardivamente.


La siopatologia cellulare<br />

dell’infarto miocardico acuto:<br />

ruolo delle citochine<br />

G. Pompilio, B. Bassetti, E. Gambini<br />

Laboratorio di Biologia Vascolare e Medicina Rigenerativa, Centro Cardiologico Monzino<br />

IRCCS, Milano<br />

M.C. Capogrossi<br />

Laboratorio di Patologia Vascolare, Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI), Roma<br />

E’ acquisizione relativamente recente che il tessuto miocardico ischemico rilasci segnali<br />

che inducono l’aumento dei livelli circolanti di cellule provenienti dal midollo osseo e il loro<br />

attecchimento nel miocardio ischemico. Tali segnali sono soprattutto molecole dette citochine,<br />

favorenti la mobilizzazione di cellule staminali, incluse granulocyte colony-stimulating<br />

factor (G-CSF), stem cell factor (SCF), ligando per Flt- (FL) e eritropoietina (EPO).<br />

Shintani et al. ha dimostrato per la prima volta nell’uomo la mobilizzazione di progenitori<br />

endoteliali dopo infarto del miocardio (IMA), correlandola con il signicativo aumento dei<br />

livelli plasmatici di vari fattori di crescita. E’ stato poi dimostrato che una tale risposta biologica<br />

sia correlata al recupero della performance ventricolare dopo infarto ed anche alla<br />

prognosi. Questi studi hanno fornito le premesse scientiche necessarie per i futuri tentativi<br />

di incrementare gli stimoli citochinici con lo scopo di potenziare la mobilizzazione cellulare<br />

ed il conseguente attecchimento nel miocardio.<br />

In particolare il G-CSF è una glicoproteina di 19 kDa costituita da 17 aminoacidi e prodotta,<br />

in risposta a vari stimoli, da cellule del midollo osseo, cellule monocito-macrofagiche, cellule<br />

endoteliali, broblasti e astrociti. Il recettore per G-CSF (G-CSFR) è costituito da una porzione<br />

extracellulare, un solo dominio transmembrana e uno citoplasmatico. La stimolazione<br />

del recettore attiva il differenziamento, la proliferazione e l’attivazione funzionale dei granulociti.<br />

Benché non sia del tutto noto il meccanismo di attivazione del segnale in risposta<br />

a G-CSF, è stato riportato un coinvolgimento di STAT , proteina di trascrizione, nei processi<br />

di differenziamento e di proliferazione di varie sottopopolazioni di cellule derivate da midollo<br />

osseo (BMCs). G-CSF partecipa non solo alla mobilizzazione di granulociti da midollo<br />

a sangue periferico ma anche di cellule staminali e progenitori midollari. Studi recenti in<br />

pazienti colpiti da IMA hanno evidenziato un incremento dei livelli di progenitori cellulari e<br />

di G-CSF endogeno nel sangue periferico, sottolineando l’importanza del ruolo di G-CSF<br />

nelle patologie cardiache di origine ischemica.<br />

Benché la mobilizzazione e il reclutamento di cellule midollari sia alla base del meccanismo di<br />

azione di G-CSF nei confronti del miocardio ischemico, recenti studi hanno scoperto nuovi effetti<br />

legati alla citochina nella rigenerazione miocardica e includono: inibizione dell’apoptosi, attività<br />

citoprotettiva diretta, induzione di angiogenesi e arteriogenesi ed effetti di tipo paracrino.<br />

7


8<br />

Gli effetti beneci riportati in numerosi studi sono associati prevalentemente a trattamenti<br />

con citochine combinate (G-CSF + SCF e G-CSF + FL) piuttosto che terapia con solo G-<br />

CSF. Nello studio condotto da Asaki et al. il trapianto nelle zone perinfartuali di broblasti<br />

cardiaci singenici trasfettati con SDF-1, in combinazione a G-CSF, ha indotto la mobilizzazione<br />

di cellule CD117 + dal midollo al miocardio e ha portato ad un miglioramento globale<br />

della funzione cardiaca. Nello studio di Kawada et al., la somministrazione del fattore<br />

G-CSF dopo IMA ha favorito il reclutamento e differenziamento cardiomiocitario di cellule<br />

cardiomiogeniche mobilizzate. Allo stesso modo è stato riportato, in seguito a terapia con<br />

G-CSF, un aumento dell’inltrazione nella zona infartuata di BMCs. Tuttavia è ancora oggetto<br />

di indagine la capacità dei progenitori midollari mobilizzati di differenziare in senso<br />

cardiomiogenico. L’importanza del reclutamento di BMCs nelle zone infartuate è stata dimostrata<br />

ulteriormente da uno studio nel quale la somministrazione di AMD 100, un inibitore<br />

di CXCR , ha portato ad una riduzione del reclutamento miocardico di cellule CXCR<br />

derivate da midollo, abolendo così l’efcacia della terapia con G-CSF. Complessivamente,<br />

questi risultati hanno messo in luce l’importanza che riveste l’asse SDF-1/CXCR nel mediare<br />

gli effetti della terapia con G-CSF per il reclutamento miocardico di cellule del midollo<br />

osseo.<br />

Numerosi studi confermano la presenza del recettore G-CSFR sulla supercie di varie popolazioni<br />

residenti cardiache tra cui cardiomiociti, cellule endoteliali e cellule interstiziali.<br />

È possibile che G-CSF eserciti un’azione citoprotettiva e proliferativa diretta sul tessuto<br />

miocardico grazie all’attivazione, ad opera del G-CSFR, del fattore di trascrizione JAK/STAT<br />

(vedi Fig. 1). Harada et al. hanno dimostrato in vitro la possibilità di inibire l’apoptosi di<br />

miociti e la riduzione indotta da H 2 O 2 di protine anti-apoptotiche come Bcl-2 grazie a trattamento<br />

con G-CSF. In topi transgenici che overesprimevano una mutazione dominante<br />

negativa per STAT , la terapia con G-CSF, pur incrementando i livelli di c-kit + /Sca-1 + midollari<br />

nel sangue periferico, risultava inefcace nel migliorare la funzione cardiaca. In aggiunta,<br />

l’azione positiva di G-CSF dopo danno ischemico è stata dimostrata anche in<br />

modello di cuore di Langendorff. I risultati ottenuti suggeriscono un’azione, almeno in parte,<br />

anti-apoptotica di G-CSF attraverso la trasduzione del segnale JAK/STAT. Ulteriori evidenze<br />

attribuiscono a G-CSF un ruolo nella modulazione delle molecole coinvolte nel ciclo cellulare<br />

(incluso p27, inibitore delle chinasi ciclino-dipendente) riducendo la fase G 0 /G 1 e promuovendo<br />

la proliferazione e la sopravvivenza cellulare. G-CSF ha dimostrato, in modello<br />

di ischemia miocardica, di indurre la proliferazione di cardiomiociti di topo e di incrementare<br />

i livelli di cellule cardiache residenti Sca-1 + , suggerendo un coinvolgimento della citochina<br />

nell’attivazione di progenitori cardiaci. Un effetto cardioprotettivo diretto di G-CSF<br />

è stato riportato anche in un modello di cardiomiopatia dilatativa nel criceto. Benché non<br />

sia stato osservato un effetto protettivo anti-apoptotico, è stato dimostrato un effetto cardioprotettivo<br />

contro la degradazione cellulare attraverso la via di trascrizione JAK/STAT, limitando<br />

la progressione dell’insufcienza cardiaca. In cuori di ratto isolati perfusi, la<br />

somministrazione di G-CSF in fase precoce ha indotto l’attivazione del segnale Akt/eNOS,<br />

portando ad un aumento della produzione di ossido nitrico (NO) e riduzione dell’area infartuata.<br />

Gli studi sopracitati suggeriscono come attraverso l’attivazione di numerosi segnali<br />

di sopravvivenza cellulare, G-CSF sia in grado di esercitare molteplici effetti beneci<br />

a livello miocardico anche in assenza di mobilizzazione cellulare.


Sia in modelli di piccola che di grossa taglia è stata dimostrata la capacità di G-CSF di indurre<br />

neovascolarizzazione nelle zone perinfartuali e ridurre l’apoptosi di cellule endoteliali.<br />

In un modello di ischemia miocardica nel ratto la terapia con G-CSF protratta per giorni<br />

ha portato ad un migliorato signicativo della funzione cardiaca globale, attenuando il rimodellamento<br />

miocardico post-ischemico e incrementando il numero di capillari nelle zone<br />

perinfartuali, in assenza tuttavia di rigenerazione in senso cardiomiocitario. Benché il meccanismo<br />

di azione sia ancora oggetto di studio, è stato riportato da Ohki e Capoccia una<br />

stimolazione di neutroli e monociti mediata da G-CSF in grado di promuovere la neovascolarizzazione<br />

in tessuti ischemici attraverso meccanismi di tipo paracrino. Inoltre G-CSF<br />

mobilizza progenitori endoteliali (EPCs) i quali possono favorire l’angiogenesi e ridurre la<br />

progressione dell’aterosclerosi. Date le capacità di G-CSF di incrementare l’espressione<br />

di molecole di adesione e chemochine (SDF-1), è possibile che un forte aumento di cellule<br />

CXCR + , EPCs e leucociti circolanti sia responsabile dell’incremento della vascolarizzazione<br />

evidenziata in numerosi studi a livello perinfartuale. Oltre all’angiogenesi, è possibile<br />

che G-CSF, attraverso il coinvolgimento di molecole di adesione (ICAM-1), citochine e leucociti,<br />

stimoli anche l’arteriogenesi. A dimostrazione è stato riportato un aumento di ICAM-1,<br />

un accumulo di leucociti e una proliferazione di cellule endoteliali e muscolari lisce in seguito<br />

a somministrazione di G-CSF in un modello di IMA.<br />

L’infarto miocardico acuto è caratterizzato da stress ossidativo e stato inammatorio che<br />

inuenzano il successivo rimodellamento avverso del ventricolo sinistro. In seguito ad insulto<br />

ischemico, cellule inammatorie e miociti rilasciano citochine che agiscono nei processi<br />

di sopravvivenza, apoptosi, angiogenesi e alterazione della matrice cellulare. G-CSF<br />

endogeno ha dimostrato di esercitare un ruolo antinammatorio modulando il rilascio di citochine<br />

coinvolte nell’inammazione e nei processi di rimodellamento post-infartuale. In<br />

particolare, è dimostrato il coinvolgimento di un recettore specico per G-CSF a livello monocitario.<br />

Un effetto protettivo del G-CSF nei confronti dello stress ossidativo è stato ripor-<br />

Fig. 1<br />

Rappresentazione<br />

schematica dei segnali<br />

di trasduzione attivati da<br />

G-CSF. L’attivazione del<br />

recettore JAK/STAT,<br />

MAPK, e PI -K/Akt<br />

favorisce l’inibizione<br />

del’apoptosi, della<br />

sopravvivenza e del<br />

differenziamento cellulare<br />

(Santosh K et al., Basic<br />

Res Cardiol 2011).<br />

9


10<br />

tato in un recente studio condotto da Hou et al., nel quale il trattamento con citochina ha<br />

portato ad una diminuzione dei livelli di mondialdeide (MDA) e un aumento dei livelli di glutatione<br />

in un modello murino di cardiotossicità indotta da doxorubicina. L’effetto antiossidante<br />

contribuisce probabilmente al miglioramento della funzionalità e dell’omeostasi<br />

cardiaca post-infartuale. Ulteriori studi aiuteranno ad identicare quei markers e quelle<br />

molecole coinvolte nel miglioramento dello stress ossidativo miocardico indotto da terapia<br />

con G-CSF.<br />

È probabile che gli effetti beneci delle citochine coinvolte nella rigenerazione miocardica<br />

dipendano da numerose variabili, alcune ben note altre ancora in fase di studio, e che ulteriori<br />

studi preclinici e clinici siano auspicabili per determinare le potenzialità terapeutiche<br />

del trattamento con G-CSF.


Citochine nell’infarto miocardico acuto:<br />

dati clinici e sperimentali<br />

Cristina Malafronte<br />

Dipartimento Cardiologia, A.O. “Manzoni”, Lecco<br />

L'infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) continua ad essere un problema<br />

importante di salute pubblica sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo<br />

(1-2) così come l’insufcienza cardiaca post-infartuale rimane una causa importante<br />

di morbilità e mortalità ( ) . Anche se le nuove strategie di riperfusione precoce (angioplastica<br />

primaria) hanno ridotto signicativamente i tassi iniziali di mortalità ( ) , modesti sono<br />

i miglioramenti registrati in termini di recupero di funzione ventricolare sinistra globale<br />

(FE), con un aumento che va dal 2 % al % di FE sei mesi dopo uno STEMI.<br />

L’insufcienza cardiaca dovuta a perdita del miocardio può essere trattata con due modalità:<br />

trapianto cardiaco, molto limitato dalla scarsità di donatori, ed impianto di dispositivi<br />

di supporto cardiaco, limitato dall'alta incidenza di gravi complicanze durante l’utilizzo a<br />

lungo termine. Così in futuro sarà necessaria la ricerca di nuove strategie per il trattamento<br />

dei pazienti affetti da STEMI ( ) .<br />

Nell’ultimo decennio diversi sono i lavori pubblicati in letteratura riguardanti la mobilizzazione<br />

di cellule staminali da midollo verso sangue periferico nel setting dell’infarto acuto,<br />

mediante la somministrazione di citochine, in particolare di granulocyte colony stimulating<br />

factor (G-CSF)<br />

Il G-CSF è una citochina ematopoietica prodotta dai monociti, dai broblasti e dalle cellule<br />

endoteliali. Il G-CSF è riconosciuto avere funzioni molteplici nell’ematopoiesi nel soggetto<br />

normale, nella regolazione della produzione di neutroli e nel loro rilascio dal midollo osseo,<br />

nella proliferazione e differenziazione delle cellule progenitrici dei neutroli, e nella attivazione<br />

funzionale dei neutroli (6) . L'utilizzo del ricombinante umano G-CSF al giorno d'oggi<br />

è utilizzato come opzione terapeutica per il trattamento delle malattie ematologiche. Infatti,<br />

è utilizzato di routine per mobilizzare le cellule staminali ematopoietiche CD + dal midollo<br />

osseo al sangue periferico, permettendo così la loro più facile raccolta in confronto alla<br />

procedura di aspirazione del midollo osseo. L'utilizzo di cellule staminali CD + raccolte<br />

utilizzando questa procedura è approvato dalla American Society for Clinical Oncology (7) .<br />

L'efcacia e la sicurezza provate di G-CSF, sia in donatori sani che in pazienti con malattia<br />

ematologica, insieme ai risultati favorevoli ottenuti dagli studi clinici e sperimentali di<br />

mobilizzazione cellulare nell’IMA suggeriscono che tale trattamento possa ritenersi una<br />

valida terapia aggiuntiva alla terapia standard dell’infarto acuto.<br />

Partendo dagli studi sperimentali, uno dei primi lavori storici pubblicato nel 2001 da<br />

P. Anversa (8) , fu condotto su 1 topi, splenectomizzati, trattati con colony stimulating factor<br />

+ G-CSF giorni prima e giorni dopo un infarto esteso condizionante severa disfunzione<br />

Vsx. I topi venivano poi sacricati a 27 giorni. Evidenti sono i risultati in termini di<br />

mortalità con una sopravvivenza all’interno del gruppo trattato pari ad oltre il 70% versus<br />

11


12<br />

il 20% circa del gruppo controllo.<br />

L’analisi delle sezioni di miocardio infartuato ha permesso di evidenziare come il trattamento<br />

di mobilizzazione abbia stimolato la rigenerazione miocardica all’interno dell’area infartuata<br />

dall’endocardio verso l’epicardio e dalla border zone verso l’interno dell’area<br />

danneggiata. Lo studio anatomico ha permesso inoltre di visualizzare la formazione di neovasi<br />

funzionalmente competenti e connessi all’albero coronarico. Lo studio ha dimostrato<br />

come la riparazione strutturale dell’area infartuata si traducesse in un miglioramento in<br />

termini di rimodellamento Vsx e in termini di ripresa di funzione contrattile.<br />

Lo studio di Harada (9) , pubblicato qualche anno più tardi e condotto su conigli, dimostrò un<br />

miglioramento in termini di funzione contrattile nel gruppo trattato, ma con un’efcacia di<br />

trattamento dose e tempo dipendenti. In particolare i risultati migliori sono stati osservati<br />

nel gruppo trattato precocemente e ad alte dosi.<br />

Le evidenze più signicative, in ambito clinico, sono state pubblicate dal 200 ad oggi (10-19) .<br />

Si tratta di studi relativamente piccoli che hanno arruolato complessivamente 0 Pts con<br />

STEMI, di cui 197 trattati con G-CSF. Tra questi, due studi (12-16) hanno considerato l’arruolamento<br />

di soli infarti anteriori, infarti anteriori presenti in una percentuale di circa il 0%<br />

nei restanti trial. La maggior parte dei protocolli prevedeva la rivascolarizzazione mediante<br />

angioplastica primaria, due studi italiani hanno arruolato pazienti sottoposto a PCI rescue<br />

e/o trombolisi (12,18) , e un solo studio ha inserito come criterio di inclusione pazienti con<br />

STEMI subacuto (1 ) . Il G-CSF veniva somministrato a dosi variabili da 2. a 10 mcg/kg generalmente<br />

per giorni consecutivi e con tempi di somministrazione dalla riapertura del<br />

vaso molto variabili, in particolare solo nel FIRSTLINE AMI i pazienti vennero trattati molto<br />

precocemente (10,11) .<br />

Diverse furono le metodiche utilizzate per studiare il rimodellamento ventricolare, la funzione<br />

ventricolare sx e l’infarct size, in particolare pochi studi hanno utilizzato più metodiche<br />

a confronto inserendo tra queste anche la risonanza cardiaca. La FEVsx al basale risulta<br />

pressoché conservata in molti dei trial ad eccezione degli studi di Ellis e Leone che furono<br />

gli unici a denire un cut-off di FE all’arruolamento. In termini di safety nessuno degli studi<br />

ha registrato percentuali di restenosi signicativamente differenti tra i due gruppi.<br />

In termini di efcacia il G-CSF si è dimostrato efcace nel migliorare la funzione Vsx al follow<br />

up solo nei due trial in cui vennero arruolati solo infarti anteriori (Takano e Rigenera) e<br />

nel FIRSTLINE trial caratterizzato da somministrazione molto precoce di G-CSF.<br />

In particolare il FIRSTLINE ha registrato un incremento di FE di 8 punti % rispetto al basale<br />

con una variazione signicativa del wall motion score index (WMSI) ad un anno di follow up.<br />

Circa punti % di incremento di FE sono stati documentati da Takano, apparentemente<br />

senza differenze statisticamente signicative per quanto riguarda i volumi ma con un trend<br />

favorevole nel gruppo trattamento per quanto riguarda il volume telesistolico.<br />

Il RIGENERA ha dimostrato un incremento signicativo di FE valutata all’eco, senza nessuna<br />

variazione signicativa del gruppo controllo. L’analisi dei volumi dimostra variazioni signi-<br />

cative in termini di rimodellamento sfavorevole a carico del gruppo controllo con un incremento<br />

di volumi telesistolico e telediastolico di circa 20 ml al follow up.<br />

Come spiegare la discrepanza evidente tra i risultati dei trial clinici e dei trial sperimentali<br />

e come mai risultati così controversi emergono dagli studi clinici. La risposta a queste do-


mande ci viene probabilmente suggerita dalla letteratura analizzando i disegni degli studi<br />

animali e clinici. Ricordiamo che studi sperimentali sono stati condotti su infarti omogenei<br />

per sede, con severa disfunzione Vsx, utilizzando alte dosi di G-CSF somministrato molto<br />

precocemente. Mentre i trial clinici sono stati condotti su infarti eterogenei per sede, rivascolarizzati<br />

con modalità e tempi differenti, con FE Vsx al basale sostanzialmente conservata,<br />

utilizzando dosi e tempi di somministrazione di G-CSF molto variabili a cui se vogliamo<br />

possiamo aggiungere i limiti legati all’utilizzo di campioni a numerosità probabilmente non<br />

adeguata, follow up brevi, e utilizzo di diverse metodiche per la valutazione del rimodellamento<br />

cardiaco.<br />

Incoraggianti sono i dati suggeriti da una recente sotto-analisi pubblicata da Latif (20) nel<br />

2008 che comprende 8 studi randomizzati, per un totale di 8 Pts arruolati, in cui si dimostra<br />

l’efcacia del trattamento di mobilizzazione nei pazienti con FE basale depressa (in<br />

particolare minore del 0%) e con tempi di trattamento precoci (entro 7 ore dalla riapertura<br />

del vaso)Gli autori concludono la loro meta-analisi sottolineando come il G-CSF possa<br />

essere efcace in pazienti con infarto acuto e disfunzione Vsx al basale, e quando la terapia<br />

venga somministrata precocemente.<br />

Per quanto riguarda la safety, le meta-analisi (21) non hanno osservato nessuna differenza<br />

signicativa tra gruppo controllo e gruppo trattamento in termini di in-stent restenosis,<br />

trombosi, re-infarti e morte.<br />

Bibliograa<br />

1. Elliott M. Antman, Daniel T. Anbe, Paul Wayne Armstrong, et all. ACC/AHA Guidelines for the Management of Patients With ST-<br />

Elevation Myocardial Infarction-Executive Summary. JACC 200 ; :671–719<br />

2. F.Van de Werf, D.Ardissino, A.Betriu et all. Management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment<br />

elevation. Eur H J 200 ; 2 : 28-66<br />

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L’ecocontrastograa nello studio<br />

di vitalità e perfusione: applicabilità<br />

in studi con terapia cellulare<br />

Francesco Gentile<br />

Divisione di Cardiologia e U.T.I.C. “M.O. Triulzi”, Ospedale Bassini, Milano<br />

Nel corso degli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi studi che hanno cercato di convalidare<br />

lo studio della perfusione miocardica con metodica eco-contrastograca mediante<br />

confronto con le altre metodiche già consolidate che rappresentano il gold-standard<br />

di riferimento.<br />

L’ecocontrastograa miocardica per la valutazione della malattia coronarica stabile<br />

Lo studio della perfusione miocardica mediante eco-contrastograa miocardica (ECM) può<br />

essere effettuato sia in modo qualitativo, mediante analisi visiva della distribuzione del segnale<br />

derivato dalle microbolle presenti a livello del miocardio, sia in modo quantitativo.<br />

Il modello di studio quantitativo della perfusione miocardica prevede la distruzione delle microbolle<br />

con impulsi ultrasonori ad elevata energia, la registrazione della loro ricomparsa<br />

nel miocardio con imaging intermittente (se si utilizza imaging ad elevata potenza) o con<br />

imaging continuo (imaging a bassa potenza) e la valutazione successiva della intensità del<br />

contrasto miocardico e della velocità delle microbolle. Per ciascun segmento miocardico,<br />

i punti di intensità nel tempo, vengono descritti da una funzione esponenziale (fig. 1) :<br />

Y = A x (1 – e ß t )<br />

dove A rappresenta il plateau di Videointensità e corrisponde al Volume di Sangue Miocardico,<br />

ß è la pendenza della curva che rappresenta la velocità di incremento della video intensità<br />

e corrisponde alla velocità delle microbolle (e quindi del microcircolo). Il Flusso di<br />

Sangue Miocardico Regionale (MBV) è rappresentato dal prodotto “A x ß”.<br />

Fig. 1<br />

Curva<br />

distruzione-riperfusione<br />

1


16<br />

La presenza di una stenosi di una arteria coronarica epicardica limitante il usso, determina<br />

una riduzione del volume di sangue miocardico nella porzione di microcircolo che si trova<br />

distalmente alla stenosi. Durante infusione continua di mezzo di contrasto ecocardiogra-<br />

co, se si trasmettono impulsi ultrasonori ad elevata energia per distruggere le microbolle<br />

e successivamente si misura la velocità di ricomparsa delle microbolle nel miocardio insonicato<br />

si osserva un ritardo della velocità delle microbolle ed una riduzione del plateau<br />

di videointensità che esprime la riduzione del volume di sangue capillare; la riduzione di<br />

questi due parametri rappresenta la base per la dimostrazione della cardiopatia ischemica<br />

mediante ecocontrastograa miocardica. L’ECM valuta contemporaneamente la contrattilità<br />

regionale e la perfusione miocardia, rispetto alla sola analisi della wall motion con ecobidimensionale,<br />

migliorando in questo modo la sensibilità della metodica stessa. Numerosi<br />

studi hanno confrontato l’accuratezza dell’ECM, per la valutazione della perfusione miocardica,<br />

in confronto alla SPECT ed all’eco-stress con dobutamina osservando una elevata<br />

concordanza che varia dal 6 % al 92% (1-9). A sostegno della validità della metodica<br />

ECM, vi sono anche studi di confronto dell’ECM con la metodica angiograca coronarica:<br />

la sensibilità dell’ECM per la dimostrazione di cardiopatia ischemica varia dal 6 al 97 %,<br />

rispetto alla SPECT che presenta una sensibilità che varia dal % al 100% (1-1 ) .<br />

Limiti della metodica eco-contrastograca per lo studio della perfusione: i territori di vascolarizzazione<br />

della discendente anteriore sono studiati con ECM in modo più accurato rispetto<br />

ai territori della Coronaria Destra o della Circonessa. In base ai territori analizzati<br />

la concordanza tra ECM e SPECT è risultata elevata (81-9 % a seconda dei ricercatori) per<br />

il territorio della discendente anteriore, minore per la Circonessa (72-89 %), e per il territorio<br />

della Coronaria destra (76-79 %) (1, 11,1 ) .<br />

Valutazione dell’area a rischio in corso di infarto miocardico acuto<br />

La valutazione della perfusione miocardica rispetto alla semplice valutazione della wall<br />

motion regionale è più accurata per denire l’area a rischio per la presenza di disfunzione<br />

contrattile nelle aree di miocardio rifornite dal circolo collaterale (1 ) . Nel corso di occlusione<br />

coronarica acuta, la presenza di circolo collaterale in alcune regioni dell’area a<br />

rischio può essere sufciente per mantenere la vitalità, ma il usso del sangue nel microcircolo,<br />

in queste regioni rifornite dal circolo collaterale, è più lento: questo può essere<br />

dimostrato con metodica ECM con la dimostrazione di una ridotta velocità delle curve di<br />

relling delle microbolle (16) .<br />

L’ECM è anche in grado di fornire anche importanti informazioni prognostiche nel paziente<br />

affetto da infarto miocardico per la possibilità di dimostrare la presenza ed entità del fenomeno<br />

di non reow (g. 2); l’estensione del fenomeno di non-reow si correla con uno<br />

scarso recupero della funzione ventricolare, una maggiore espansione dell’area infartuale,<br />

un maggiore rimodellamento e dilatazione ventricolare (17, 18) , una più elevata incidenza di<br />

eventi cardiaci nel primo anno dopo l’infarto. E’ stato osservato che non sempre la presenza<br />

di perfusione con ECM nell’area a rischio indica la ripresa di funzione contrattile (19-21) : la<br />

ripresa della contrattilità dipenderà infatti dalla estensione di necrosi a livello del miocardio<br />

subendocardico, che può essere analizzata con la metodica ECM (19,21) . Le informazioni<br />

spaziali transmurali del usso miocardico ottenute con ECM si correlano molto bene con<br />

quelle osservate mediante Risonanza Magnetica con Gadolinio (22) . Le ricerche in corso di


imaging molecolare con ECM, permetteranno lo sviluppo di metodi di monitoraggio degli<br />

eventi molecolari che determinano il fenomeno di non-reow e successivamente di identicare<br />

le strategie in grado di limitarlo.<br />

Vitalità miocardica<br />

La presenza di vitalità miocardica sia nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica cronica<br />

che nei pazienti dopo un recente IMA è importante ai ni prognostici e per valutare la necessità<br />

di un intervento di rivascolarizzazione miocardica (2 , 2 ) .Comunemente il termine di<br />

vitalità viene utilizzato per indicare la presenza di risposta contrattile durante infusione di<br />

dobutamina a basse dosi; questo metodo si è dimostrato impreciso in quanto la dobutamina<br />

a basse dosi valuta la vitalità dei settori subendocardici, responsabili dell’ispessimento<br />

miocardico, senza considerare la vitalità dei settori medi o epicardici. Per questo<br />

motivo negli studi che hanno utilizzato il recupero della funzione contrattile come endpoint,<br />

la metodica ECM ha dimostrato una elevata sensibilità ma una bassa specicità (2 ,<br />

26) : l’ECM valuta la perfusione nelle zone medie ed epicardiche che non necessariamente<br />

contribuiranno alla ripresa della funzione contrattile ma che sono importanti per la prevenzione<br />

del rimodellamento ventricolare. E’ quindi indispensabile integrare i dati di perfusione<br />

con quelli della dobutamina a basse dosi per migliorare la sensibilità e specicità<br />

di diagnosi di vitalità.<br />

Potenziali applicazioni dell’ecocardiograa con contrasto durante terapia cellulare<br />

L’imaging ultrasonoro con utilizzo di mezzi di contrasto può essere impiegato nell’ambito<br />

della terapia cellulare con le seguenti nalità: 1) valutazione del rilascio delle cellule staminali,<br />

2) studio della funzione ventricolare, ) perfusione miocardica e angiogenesi, ) vitalità<br />

miocardica, ) targeted imaging.<br />

1) Rilascio delle cellule staminali<br />

Fig 2<br />

Fenomeno di non-reow<br />

dopo procedura di<br />

angioplastica coronarica<br />

in corso di infarto<br />

miocardico acuto: a<br />

livello del miocardio<br />

dell’apice e della parete<br />

anteriore non sono<br />

visualizzabili microbolle,<br />

espressione del<br />

fenomeno di non-reow<br />

17


18<br />

La metodica ultrasonora attualmente riveste un ruolo limitato nel valutare il rilascio di cellule<br />

staminali nell’organo bersaglio; altre metodiche di imaging quali la risonanza magnetica<br />

e la medicina nucleare sono state utilizzate con buoni risultati per questa nalità. Un<br />

vantaggio dell’ecocardiograa è quello di potere essere eseguita in tempo reale al momento<br />

della iniezione delle cellule staminali. L'ecocardiograa transesofagea permette una<br />

eccellente visualizzazione in tempo reale del miocardio e può essere eseguita al momento<br />

del cateterismo cardiaco durante iniezione delle cellule staminali. Per tale scopo sono state<br />

utilizzate nanoparticelle per contrassegnare cellule CD1 + iniettate nel miocardio ischemico<br />

dell’animale da esperimento (27) ; la metodica ecocardiograca transesofagea ha permesso<br />

la visualizzazione delle cellule impiantate nel miocardio sia durante l’iniezione che<br />

durante il follow-up.<br />

2) Funzione ventricolare sinistra<br />

La maggior parte degli studi con le cellule staminali utilizzano l’ecocardiograa per la valutazione<br />

dei volumi, della massa e della frazione di eiezione del ventricolo sinistro. L'utilizzo<br />

della formula di Simpson per il calcolo dei volumi con ecocardiograa è meno<br />

riproducibile della misurazione dei volumi mediante risonanza magnetica. L’iniezione di<br />

microbolle per via endovenosa, aumenta la denizione del miocardio migliorando l'accuratezza<br />

e la riproducibilità dei volumi con la metodica ecocardiograca.<br />

)Perfusione miocardica nella terapia cellulare e studio della angiogenesi<br />

Il trapianto di cellule midollari nel cuore o la somministrazione di citochine possono essere<br />

in grado di favorire la rigenerazione cardiaca e la induzione di nuova angiogenesi. I microvasi<br />

che si formano in seguito al trapianto di cellule midollari sono troppo piccoli per essere<br />

visualizzabili con la metodica angiograca. Per questo motivo è stata impiegata la<br />

metodica ECM per la valutazione della angiogenesi dopo terapia cellulare. Nell’animale da<br />

esperimento, è stata osservata una correlazione tra l’intensità di contrasto miocardico e la<br />

densità capillare osservata all’esame istologico a livello miocardico, confermando come la<br />

metodica ECM possa essere una metodica promettente nell’ambito della ricerca clinica<br />

della terapia cellulare (28) .<br />

)Vitalità miocardica<br />

La valutazione della vitalità miocardica e quindi della integrità del microcircolo, effettuata<br />

mediante ECM, è importante nel determinare la prognosi del paziente e straticare il paziente<br />

in previsione di terapia cellulare.<br />

)Targeted Imaging<br />

Il “Targeted Imaging” rimane un'area di ricerca molto interessante che utilizza differenti modalità<br />

per identicare e visualizzare speciche componenti tissutali con la nalità di identicare<br />

meglio le regioni miocardiche idonee per la terapia cellulare. Mentre il Targeted<br />

Imaging non è ancora utilizzato da un punto di vista clinico, è stato dimostrato avere un<br />

grande potenziale in studi sull'animale. Il targeted imaging può essere effettuato con ultrasuoni<br />

utilizzando microbolle dirette a markers specici. Per esempio, alcuni tipi di microbolle<br />

si possono legare a leucociti permettendo di visualizzare l'inammazione legata<br />

alla lesione miocardica da riperfusione nel corso di infarto miocardico acuto. E’ stato di-


mostrato che il miocardio ischemico può essere visualizzato utilizzando microbolle che si<br />

legano alla P-Selectina (29) . È possibile che queste tecniche possano essere estese in futuro<br />

per permettere la visualizzazione delle cellule staminali.<br />

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Trial Clinici sulla Terapia Cellulare:<br />

End Point Strumentali o Clinici?<br />

Filippo Crea<br />

Dipartimento di Medicina Cardiovascolare, Policlinico Universitario Sacro Cuore "Agostino<br />

Gemelli", Università Cattolica, Roma<br />

Negli ultimi 10 anni, dopo la dimostrazione sperimentale che il cuore non è un organo terminalmente<br />

differenziato e che la somministrazione intramiocardica di cellule staminali è<br />

in grado di migliorare la funzione cardiaca dopo un infarto, probabilmente anche attraverso<br />

la rigenerazione tessuto miocardico, numerosi trial clinici hanno confermato che la somministrazione<br />

intracoronarica o intramiocardica di cellule staminali di derivazione midollare,<br />

in pazienti con infarto recente, è associata ad un miglioramento della frazione d’eiezione<br />

(FE). Simili risultati sono stati ottenuti con la somministrazione intracoronarica di cellule staminali<br />

in pazienti con cardiomiopatia ischemica. Tre meta-analisi hanno dimostrato che il<br />

miglioramento della FE nei pazienti trattati con cellule staminali rispetto ai pazienti non<br />

trattati è del - %. Il numero di pazienti arruolato in questi trial non raggiunge la potenza<br />

statistica necessaria per stabilire se il miglioramento della FE si traduce in un miglioramento<br />

della sopravvivenza. Tuttavia, esso è simile a quello osservato nei grandi trial che hanno valutato<br />

i beta-bloccanti e gli antagonisti del sistema renina-angiotensina in pazienti con<br />

scompenso cardiaco: in questi trial che avevano una potenza statistica sufciente per valutare<br />

end point clinici, il miglioramento della FE era, in effetti, associato ad una riduzione<br />

della mortalità.<br />

Queste considerazioni lasciano sospettare che l’utilizzazione di cellule staminali in pazienti<br />

con scompenso cardiaco possa non solo migliorare la FE, ma anche la sopravvivenza. Tuttavia<br />

è ovvio che la correttezza di questa estrapolazione può solo essere dimostrata da un<br />

trial di grandi dimensioni con end point clinici. Gli end point strumentali sono molto utili per<br />

stabilire l’opportunità di un trial clinico di grandi dimensioni. Infatti, se un intervento terapeutico<br />

non li migliora, un trial clinico di grandi dimensioni è probabilmente inutile. Se invece<br />

un intervento terapeutico li migliora diventa opportuno un trial clinico di grandi<br />

dimensioni per vericare se questo miglioramento si trasla in un una riduzione di end point<br />

clinici. L’esperienza recente con il Torcetrapib che migliora in maniera spettacolare il pro-<br />

lo lipidico ma aumenta la mortalità è un esempio, certamente non l’unico, che dimostra<br />

la necessità di operare questa verica.<br />

21


22<br />

STEM AMI OUTCOME:<br />

razionale e protocollo.<br />

STem cElls Mobilization in Acute Myocardial Infarction OUTCOME<br />

Trial: STEM-AMI OUTCOME Trial<br />

Felice Achilli,<br />

U.O.C. Cardiologia A.O. “Manzoni”, Lecco<br />

Il precedente studio di fase II, multicentrico, placebo-controllo (STEM-AMI trial), ha dimostrato<br />

che la somministrazione precoce di alte dosi di G-CSF può attenuare il rimodellamento sfavorevole<br />

a 6 mesi in pazienti con infarto miocardico acuto (STEMI) anteriore esteso, sottoposti ad<br />

angioplastica primaria (PCI) tra 2-12 ore e con evidenza di disfunzione ventricolare sinistra<br />

(frazione di eiezione dopo riperfusione < %). Sessanta pazienti consecutivi con STEMI anteriore,<br />

sottoposti a PCI primaria sono stati randomizzati a G-CSF mcg/kg b.i.d. sottocute<br />

(n° 0) o placebo (n° 0) iniettato entro 12 h dalla riperfusione per giorni consecutivi. E’ stato<br />

valutato come end-point primario l’incremento a 6 mesi del % di frazione d’eiezione (FE) misurata<br />

alla risonanza magnetica (RMN) e come end point co-primario un incremento di volume<br />

telediastolico (EDV) ≥ 20 mL. Sono state effettuate, inoltre,una stima dell’area di necrosi<br />

con metodica late gadolinium enhancement (LGE) alla RMN e una valutazione della perfusione<br />

miocardica con 99mTechnetium Sestamibi single-photon emission computed tomography<br />

(SPECT). A 6 mesi nel gruppo placebo è stato dimostrato un incremento dei volumi telediastolici<br />

e telesistolici ventricolari sx (81.7 + 2 . vs 9 . + 26.0 mL/m 2 , p=0.0000 e<br />

.2 + 20.0 vs .2 + 2 .8 mL/m 2 , p=0.016) mentre non è stata osservata nessuna differenza<br />

signicativa nel gruppo G-CSF (82.2 + 20. vs 8 .7 + 2 .7 mL/m 2 , p=0. 0 e 6.0 + 18.2<br />

vs 8. +20.8 mL/m 2 , p=0. 8). Nessuna differenza signicativa è stata misurata in termini di<br />

FE e perfusione in entrambi i gruppi. Una signicativa riduzione del numero di segmenti<br />

con necrosi transmurale (LGE > 7 %) è stata osservata a 6 mesi solo nel gruppo G-CSF<br />

( . 8 + 2.9 vs . + 2.6, p=0.0 ). Un maggior numero di pazienti nel gruppo placebo vs controllo<br />

ha mostrato un incremento signicativo di EDV al di sopra del valore mediano (9. mL/m 2 )<br />

quando riperfusi oltre i 180 min (valore mediano time-to-reperfusion) (p=0.012 ).<br />

La mobilizzazione di cellule staminali da midollo a sangue periferico, mediante somministrazione<br />

di G-CSF, potrebbe quindi modicare il substrato biologico del miocardio infartuato<br />

con una riduzione dell’area di necrosi ed una conseguente attenuazione del rimodellamento<br />

inverso migliorando la prognosi del paziente.<br />

Sulla base di questi risultatati abbiamo proposto uno studio nazionale, multicentrico, randomizzato,<br />

placebo-controllo di fase III (STEM AMI OUTCOME).<br />

Obiettivo dello studio è quello di dimostrare che la terapia con G-CSF in aggiunta alla terapia<br />

standard dell’IMA è sicura ed efcace nel migliorare signicativamente l’outcome<br />

clinico nei pazienti con disfunzione Vsx (FE≤ %) dopo riperfusione efcace in corso di infarto<br />

miocardio acuto anteriore esteso.<br />

Lo studio prevede l’arruolamento di 1200 pazienti con infarto miocardico acuto anteriore esteso<br />

sottoposti ad angioplastica primaria tra -2 ore e con evidenza di disfunzione ventricolare si-


nistra dopo riperfusione efcace. I pazienti verranno randomizzati 1:1 a gruppo trattamento o<br />

gruppo controllo (600 pazienti per gruppo). Granulocyte colony-stimulating factor (Lenograstim)<br />

µ/kg o placebo verrà somministrato sottocute b.i.d. per 6 giorni (dal giorno 0 al giorno<br />

), entro 12 ore dalla rivascolarizzazione. Il gruppo placebo riceverà soluzione salina. Una conta<br />

di globuli bianchi > 0.000/mm verrà considerato il cut-off per l’interruzione del trattamento.<br />

Criteri di inclusione:<br />

1. Approvazione del paziente mediante consenso informato<br />

2. Uomini e donne di età ≥ 18 anni e ≤ 7 anniì<br />

. Pazienti affetti da STEMI anteriore sottoposti a PCI primaria (time symptom-toreperfusion<br />

> h and < 2 h) o PCI rescue con evidenza di occlusione coronarica<br />

. Evidenza di disfunzione Vsx (2-D Echocardiography FE ≤ %) misurata entro 12 ore<br />

dalla rivascolarizzazione<br />

. TIMI ow > 1 post PCI<br />

Criteri di esclusione:<br />

1. Pregresso infarto miocardico anteriore<br />

2. Pregressa documentazione di disfunzione ventricolare sinistra<br />

. Pregressa o attuale documentazione di leucemia, malattie mieloproliferative<br />

. Pregressa o attuale documentazione di malattie neoplastiche<br />

. Pregressa o attuale documentazione di patologie autoimmuni<br />

6. Documentazione di concomitanti gravi patologie (non cardiache) non adeguatamente<br />

controllate<br />

7. Aspettativa di vita < 6 mesi<br />

8. Pregresso intervento di rivascolarizzazione miocardica mediante by-pass aorto-coronarico<br />

(CABG) o angioplastica nei 6 mesi precedenti.<br />

9. Pazienti con evidenza angiograca di stenosi coronariche non trattabili mediante PCI<br />

ma candidati a CABG<br />

10. Conta piastrinica < 0.000/mm<br />

11. Hb < 10 g%<br />

12. Documentato abuso di alcool e/o droghe<br />

1 . Scarsa compliance<br />

End point primari<br />

1. morte o<br />

2. recidiva di infarto miocardico o<br />

. ospedalizzazione per scompenso cardiaco.<br />

End point secondari<br />

1. morte cardiovascolare (scompenso/morte improvvisa)<br />

2. necessitàdirivascolarizzazione coronarica urgente perinsorgenza diischemia dopo ladimissione<br />

. stroke fatale/non fatale<br />

. trapianto cardiaco o necessità di VAD<br />

. livelli sierici di pro-BNP alla randomizzazione, 6 12 e 2 mesi<br />

2


2<br />

Endpoint di sicurezza<br />

1. incidenza e severità delle complicanze emorragiche<br />

2. variazione di parametri ematochimici (WBC, RBC, HT, HB, PLT, CREA, UREA, CRP, AST,<br />

ALT, CK, TNI alla dimissione e a 6-12-2 mesi)<br />

Lo studio prevede un disegno per gruppi sequenziale con un’analisi ad interim ed un’analisi nale<br />

e una rivalutazione della numerosità del campione ad interim.All’analisi ad interim lo studio potrà<br />

essere precocemente interrotto se dimostrata l’efcacia del trattamento, altrimenti lo studio verrà<br />

proseguito e il numero degli eventi necessari verrà ricalcolato ed eventualmente modicato.<br />

L’incidenza di eventi a 2 anni in questa popolazione di malati è stimata essere circa il 20%<br />

nel gruppo controllo. Lo scopo dello studio è dimostrare una riduzione di incidenza di eventi<br />

nel gruppo trattamento. Si considera rilevante una riduzione di eventi del 0% a 2 anni.<br />

Questo corrisponde ad un’incidenza di eventi del 1 %. La numerosità del campione per<br />

l’analisi nale è stata calcolata considerando un’incidenza di eventi del 20% nei controlli<br />

e del 1 % nel gruppo trattamento.<br />

E’ inoltre contemplata la possibilità che l’effetto del trattamento sia maggiore di quello stimato<br />

per calcolare il sample size. E’ stata quindi pianicata un’analisi ad interim. Per questa<br />

analisi è stata stimata un’incidenza di eventi dell’8% nel gruppo trattamento.<br />

Bibliograa<br />

1. Achilli F, Malafronte C, Lenatti L, Gentile F, Dadone V, Gibelli G, Maggiolini S, Squadroni L, Di Leo C, Burba I, Pesce M, Mircoli<br />

L, Capogrossi MC, Di Lelio A, Camisasca P, Morabito A, Colombo G, Pompilio G. Granulocyte colony-stimulating factor attenuates<br />

left ventricular remodelling after acute anterior STEMI: results of the single-blind, randomized, placebo-controlled multicentre<br />

STem cEll Mobilization in Acute Myocardial Infarction (STEM-AMI) Trial. Eur J Heart Failure (2010) 12, 1111–1121<br />

2. Chronic Heart Failure in the Adult: ACC/AHA Practice Guidelines for Evaluation and Management. JACC 2001; 8: 2101-1 .<br />

. Guidelines for the diagnosis and treatment of chronic heart failure: executive summary (update 200 ). Eur Heart Journal<br />

200 ;26:111 - 0<br />

. Management of acute myocardial infarction in patients presenting with persistent ST-segment elevation. European Heart<br />

Journal (2008) 29, 2909–29


“Apical Ballooning Syndrome”:<br />

casistica della Cardiologia<br />

San Martino di Genova.<br />

Alberto Valbusa<br />

Cardiologia IRCCS AOU San Martino - IST Genova<br />

La sindrome di Tako-Tsubo nota anche come “Apical Ballooning Syndrome” (ABS) è stata descritta<br />

per la prima volta da Sato et al in Giappone nel 1990 (1) . Da allora sono apparse in letteratura<br />

numerose segnalazioni in diversi paesi in tutto il mondo. Nella lingua giapponese, il<br />

“Tako-Tsubo” è uno strumento utilizzato dai pescatori del luogo per catturare i polpi, ed è caratterizzato<br />

da un fondo di aspetto “balloniforme” e da un collo ristretto ( Fig. 1). Il termine “Tako-<br />

Tsubo like Syndrome”deriva appunto dalla straordinaria somiglianza in fase acuta, del ventricolo<br />

sinistro in telesistole con il vaso da polpi stesso (Fig. 2). Il quadro d’esordio della ABS mima generalmente<br />

quello di una sindrome coronarica acuta, con comparsa di dolore toracico e/o equivalenti<br />

anginosi come sintomi d’esordio, generalmente scatenati da uno stress emotivo e/o<br />

sico intenso; modicazioni ECG de novo a tipo sopra ST o sotto ST o T negative ; minimo rilascio<br />

enzimatico; circolo coronarico indenne da lesioni critiche. La disfunzione ventricolare sinistra<br />

acuta all’ecocardiogramma e alla ventricolograa sinistra ha il classico aspetto di<br />

ballonizzazione apicale più o meno estesa, con normo-ipercinesia dei segmenti basali (2) . L’evoluzione<br />

elettrocardiograca è contraddistinta da QT lungo e T giganti negative diffuse, nelle successive<br />

2 -72 h. Tipico è il completo recupero funzionale del ventricolo sinistro a breve medio<br />

termine, in assenza del quale non è possibile fare diagnosi. La prognosi generalmente è benigna,<br />

superata la fase acuta. La prevalenza è nel sesso femminile, in età post-menopausale ( ) .<br />

La casistica complessiva di S. Martino comprende n= 8 pazienti (pz) ABS di cui 2 pz valutati<br />

retrospettivamente (anni 2001-2006) e pz valutati prospetticamente (anni 2006-2011)<br />

con follow-up medio di 6.2 ± . mesi (max 121 mesi; minimo 0 mesi).<br />

Per quanto riguarda la casistica retrospettiva abbiamo rivalutato le cartelle cliniche e la relativa<br />

documentazione angiograca di 22 pz ricoverati nel nostro reparto dal gennaio 2001<br />

Fig. 1<br />

Tako-Tsubo strumento<br />

utilizzato dai pescatori<br />

giapponesi per la pesca<br />

dei polpi.<br />

Fig. 2<br />

Immagine TC del<br />

ventricolo sinistro in<br />

telesistole, notare la<br />

somiglianza con il<br />

Tako-Tsubo in Fig. 1<br />

2


26<br />

Tabella 1<br />

ABS: principali fattori di<br />

rischio cardiovascolare<br />

al gennaio 2006 con diagnosi di Sindrome Coronarica Acuta (117 STEMI e 10 9 NSTEMI).<br />

Tra questi abbiamo identicato 12 pz con albero coronarico indenne da lesioni critiche alla<br />

valutazione angiograca. I pz che non presentavano il tipico aspetto di “Apical Ballooning” alla<br />

ventricolograa e/o Ecocardiograa sono stati esclusi (100/12 pazienti). I restanti 2 pz che<br />

rappresentano circa l’1% di tutti i pz ricoverati per Sindrome Coronarica Acuta nel nostro reparto<br />

tra il 2001 e il 2006 sono stati riconosciuti come ABS ed inclusi nello studio. Di questi<br />

sono stati raccolti retrospettivamente i dati anamnestici, i dati clinici di presentazione e le relative<br />

complicanze, il quadro ECG, ecocardiograco, angiograco e i valori di troponina I (cTnI)<br />

al picco. Tutti i pz hanno eseguito follow-up clinico ed ecograco prospettico ( ) .<br />

Dei pz raccolti in maniera prospettica abbiamo valutato i dati anamnestici, i dati clinici<br />

di presentazione, le relative complicanze, il quadro ECG, ecocardiograco, angiogra-<br />

co, i valori cTn I al picco, la terapia alla dimissione, il follow-up ecograco alla dimissione,<br />

ad 1- -6-12 mesi o comunque no alla normalizzazione. Trascorsi i primi 12 mesi tutti i<br />

pz sono stati ricontattati annualmente per follow-up telefonici periodici.<br />

Dei 8 pz complessivi ABS, 7/ 8 (12%) maschi e 1/ 8 (88%) femmine, di età media<br />

72.6± 10.6 anni.<br />

I principali fattori di rischio cardiovascolare sono riportati in Tabella 1, il quadro ECG in fase<br />

acuta è elencato nella Fig. . 1/ 8 ( . %) pz descrivevano uno stress emotivo come scatenante<br />

l’evento acuto, 17/ 8 (29. %) uno stress sico, mentre 10/ 8 (17.2%) non riconoscevano<br />

alcun evento stressante. Il picco di cTnI medio è stato di . ±7. ug/l. La FE valutata<br />

in fase acuta era di 2.1 ± 8.9% con un parziale recupero già alla dimissione 0.1±10. %.<br />

7/ 8 pz presentavano un’insufcienza mitralica almeno moderata (12%); 11/ 8 pz (19%)<br />

presentavano un’ ipertensione polmonare all’ingresso, 2/ 8 ( %) pz presentavano ostruzione<br />

all’efusso ventricolare sinistro in fase acuta. 6/ 8 pz (10%) presentavano una classe<br />

NYHA III-IV. Le principali complicanze di fase acuta sono elencate in Fig. .<br />

Totale pz %<br />

Famigliarità 8/ 8 1 .8<br />

Ipertensione 8/ 8 6 .<br />

Diabete mellito 7/ 8 12.1<br />

Dislipidemia 2 / 8 9.7<br />

Fumo / 8 8.6<br />

Ex fumo 1/ 8 1.7<br />

Menopausa 8/ 1 9 .1<br />

In particolare / 8 ( .1%) pz hanno sviluppato una trombosi endoventricolare sinistra, in<br />

2 casi sintomatica per ischemia acuta periferica secondaria a cardioembolismo (Fig. ) ed<br />

in un caso asintomatica. Tutti questi casi sono stati gestiti avviando trattamento anticoagulante<br />

orale embricato in fase acuta a trattamento antitrombotico con eparina. Nessun paziente<br />

è stato avviato a trattamento chirurgico ( ) . 2/ 8 (90%) pz presentavano un quadro<br />

tipico di Apical Ballooning mentre 6/ 8 pz (10%) presentavano un quadro di Ballonizzazione<br />

Medio-Ventricolare, in altre casistiche è riportato in circa il 17% ( ) . Nessun paziente<br />

presentava un quadro di “Reverse Ballooning” o “Ballooning Biventricolare”. Le terapie<br />

prescritte in dimissione sono elencate in Tabella 2.


Fig. 3<br />

ABS: ECG di presentazione<br />

in fase acuta<br />

Fig. 4<br />

ABS: Complicanze in fase<br />

acuta di ricovero<br />

Fig. 5<br />

ABS: Trombosi<br />

endoventricolare sinistra<br />

straticata (A) con<br />

successiva evoluzione a<br />

trombosi mobile ottante<br />

ad alto rischio emboligeno<br />

dopo recupero della cinesi<br />

apicale (B).<br />

A B<br />

27


28<br />

Tabella 2<br />

ABS: Farmaci<br />

alla dimissione<br />

Farmaco alla dimissione Numero pazienti (tot 58) %<br />

ASA 8 82.8<br />

Bbloccanti 7 .9<br />

ACE inibitori 2 72.<br />

Ca antagonisti 10 17.2<br />

Diuretici 10 17.2<br />

Statine 1 70.7<br />

Clopidogrel 18 1<br />

Nitroderivati 7 12.1<br />

Warfarin 0.<br />

Il follow-up medio è di 6.2 ± . mesi (max 121 mesi; minimo 0 mesi). 2 pz sono stati persi<br />

al follow-up. Dei restanti 6 pz, 12 (21. %) hanno completato un follow-up di piu’ di 70 mesi,<br />

22 pz ( .9%) di 6 mesi, 8 pz (67.9%) di piu’ di 1 anno.Al follow-up medio la mortalità complessiva<br />

per tutte le cause è stata dell’8.9% ( / 6 pz). La mortalità intraospedaliera è stata<br />

dell’1.8% (1/ 6, pz con ABS e ictus cerebrale ischemico deceduto per aggravamento delle complicanze<br />

neurologiche preesistenti). Dei restanti pz, 1 pz è deceduto ad un anno da ABS (complicanze<br />

ipopitituarismo e sepsi), 2 pz sono deceduti a 2 anni (rispettivamente per sclerosi<br />

multipla ed emorragia cerebrale post caduta accidentale), 1 pz è deceduto a 6 anni per verosimile<br />

neoplasia non meglio precisata.La mortalità è probabilmente correlata all’età dei pz (7 .8 ± .2 anni<br />

dei pz deceduti vs 72.6± 10.6 anni della casistica complessiva) e alle comorbidità.<br />

Per quanto concerne gli eventi cardiovascolari al follow-up, / 6 pz ( . %) hanno presentato<br />

una recidiva di ABS, indipendentemente dal trattamento in corso, 1.7% in altre casistiche<br />

(6) ; 2/ 6 pz ( . %) hanno avuto un ricovero per cardioversione di brillazione atriale,<br />

6/ 6 pz (10.7%) hanno avuto un ricovero per altre cause o un accesso in DEA per dolore<br />

toracico ad accertamenti cardiologici negativi. In tutti i pz si è assistito ad un recupero funzionale<br />

completo con FE media di 60 ± %.<br />

In conclusione ad un follow-up medio di 6.2 ± . mesi (max 121 mesi; minimo 0 mesi)<br />

la mortalità totale per ABS è stata del 8.9%, la mortalità intraospedaliera è stata del 1.8%.<br />

. % dei pz ha sviluppato una recidiva indipendentemente dal trattamento in corso. In tutti<br />

i pazienti si è assistito ad un completo recupero funzionale con FE media di 60 ± %.<br />

Dal 2011 insieme alla Cardiologia del Policlinico S Matteo di Pavia e dell’Ospedale Villa<br />

Scassi di Genova abbiamo costituito un database comune, condividendo le nostre casistiche.<br />

Nel Registro sono già disponibili dati relativi a 17 pz, si tratta in termini di casistica<br />

di uno dei data base prospettici di maggior ampiezza nel contesto nazionale. Considerando<br />

le tre ampie casistiche unite assieme, l’esperienza dei tre centri e la numerosità dei dati<br />

raccolti siamo ad oggi in grado di sviluppare più campi di ricerca in ambito di ABS.<br />

Bibliograa<br />

1) Sato H et al. Tako-Tsubo-type cardiomyopathy due to multi vessel spasm. In: Kodama K, Haze k, Hon M editors. Clinical aspect<br />

of myocardial injury: from ischemia to heart failure. Tokyo:Kagakuhyouronsya;1990.pp 6-6 .<br />

2) Tsuchihashi K et al. Transient left ventricular apical ballooning without coronary artery stenosis: a novel heart syndrome<br />

mimicking acute myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2001; 8:11-18<br />

) A.Valbusa et al.“Long-term follow-up of Tako-Tsubo-like syndrome: a retrospective study of 22 cases.“J Cardiovasc Med 9:80 -809.<br />

) Michael J Seitz et al. A rare cause of Takotsubo Cardiomyopathy related Left Ventricular Apical Thrombus Requiring Surgery.<br />

Heart, Lung and Circulation 2011 Article in press)<br />

) Ingo Eitel et al. Clinical Characteristics and cardiovascular magnetic Resonance ndings in stress (Takotsubo) Cardiomyopathy.<br />

JAMA 2011; 06( ):277-286<br />

6) Parodi G et al for the Tuscany registry of Tako-Tsubo cardiomyopathy. Natural History of tako-Tsubo cardiomyopathy. CHEST<br />

2011; 1 9( ):887-892.


Lesioni Coronariche critiche<br />

in sindromi Tako Tsubo-like<br />

Gabriele Crimi<br />

Dipartimento Cardiologia Ospedale Villa Scassi, Genova<br />

La Cardiomiopatia di Tako-tsubo (TTC) è una sindrome caratterizzata da asinergie regionali<br />

della funzione ventricolare sinistra che possono simulare un infarto miocardico acuto.<br />

Le alterazioni della cinesi nella TTC coinvolgono generalmente l’apice, le porzioni medioventricolari<br />

e sono generalmente reversibili in alcune settimane.<br />

Nonostante l’assenza di malattia coronarica ostruttiva (> 0%) sia un criterio necessario per<br />

denire la Sindrome di Tako Tsubo, sono stati segnalati in letteratura casi sporadici in cui<br />

le alterazioni cliniche, strumentali e il decorso appaiono del tutto sovrapponibili ai pazienti<br />

con TTC eccetto che per la presenza di lesioni coronariche critiche (> 0%). Il territorio tributario<br />

di tali lesioni non coincide generalmente con le asinergie regionali.<br />

I casi e i dati che presentati sono stati raccolti prospettivamente a partire dall’anno 2002<br />

e coinvolgono attivamente tre Ospedali tra Lombardia e Liguria. L’Ospedale IRCCS Policlinico<br />

San Matteo di Pavia, l’Ospedale Villa Scassi e L’Ospedale San Martino di Genova.<br />

Scopo dello studio è:<br />

• Indenticare pazienti con TTC e lesioni coronariche critiche in una popolazione di pazienti<br />

studiati precocemente con coronarograa<br />

• Paragonare le due popolazioni di TTC e TTC con stenosi critiche per quanto riguarda caratteristiche<br />

di base, eventi maggiori e prognosi.<br />

• Stabilire il ruolo patogenetico delle lesioni coronariche nelle TTC<br />

A partire da Gennaio dell’anno 2002 abbiamo raccolto 17 pazienti consecutivi ammessi<br />

con sintomi coronarici acuti e con i seguenti criteri di inclusione:<br />

• Alterazioni della cinetica regionale coinvolgenti l’apice e/o le porzioni medio – ventricolari<br />

• Alterazioni dinamiche del tratto ST o dell’onda T associate a minimo movimento enzimatico<br />

• Angiograa coronarica e ventricolograa eseguita precocemente<br />

• Recupero delle asinergie regionali durante il periodo di follow - up<br />

17 pazienti sono stati divisi in tre gruppi a seconda della presenza o meno di stenosi coronariche<br />

> 0%.<br />

Il gruppo TTC comprende 16 /17 pazienti, il gruppo TTC + CAD comprende 12/17 pazienti<br />

con stenosi coronariche critiche (> 0%) o storia di pregresso infarto o rivascolarizzazione<br />

miocardica. Tutti i pazienti hanno avuto valutazioni ecocardiograche seriate per<br />

valutare la cinesi regionale<br />

I pazienti con TTC + CAD sono più frequentemente di sesso maschile ( 2% Vs 10%,<br />

p


0<br />

presentazione e procedurali. I pazienti con TTC + CAD hanno un decorso Ospedaliero più<br />

complicato e una prognosi più sfavorevole (tabella 1)<br />

Eventi maggiori TTC (N=163) TTC + CAD (N=12)<br />

Morte (%) (2. ) (20)<br />

Morte – scompenso cardiaco –<br />

Trombosi – aritmie maggiori (%) 7 ( ) ( )<br />

Tabella 1. Eventi clinici<br />

La sindrome di Tako Tsubo non si osserva soltanto nei pazienti con coronarie normali o<br />

malattia ostruttiva minima, ma può vericarsi anche in casi con coronaropatia ostruttiva critica<br />

(prevalenza di CAD nella Ns popolazione del 7%).<br />

Nei casi di TTC + CAD non c’è generalmente corrispondenza tra territorio tributario della<br />

coronaria stenotica e le alterazioni della cinesi. Questo dato suggerisce che le lesioni ostruttive<br />

siano da considerarsi degli “innocent bystander”, ma anche la presenza di un meccanismo<br />

patogenetico comune può essere considerato.


Infarto Miocardico Acuto:<br />

nuovi orizzonti nella terapia<br />

con farmaci anticoagulanti<br />

Giuseppe Musumeci<br />

USC Cardiologia - Dipartimento Cardiovascolare, Ospedali Riuniti di Bergamo<br />

Dott. Giuseppe Musumeci<br />

USC Cardiologia - Dipartimento Cardiovascolare<br />

Ospedali Riuniti di Bergamo - Largo Barozzi, 1 - 24128 Bergamo<br />

Tel 035266455 - Fax 035400491 - Mail: giuseppe.musumeci@gmail.com<br />

Attualmente, l’obiettivo della terapia antitrombotica nei pazienti con sindromi coronariche<br />

acute è quello di ridurre gli eventi ischemici coronarici di tipo trombotico senza aumentare<br />

il rischio di eventi emorragici, come espresso nelle linee guida della Società Europea<br />

di Cardiologia sulle sindromi coronariche acute senza sopraslivellamento del tratto ST (1) .<br />

Negli ultimi anni è emersa chiaramente in letteratura una stretta associazione tra eventi<br />

emorragici e prognosi sfavorevole sia a breve che a lungo termine. Il potere prognostico<br />

sfavorevole dei sanguinamenti ha una sua plausibilità biologica anche in quanto la comparsa<br />

di un sanguinamento potrebbe comportare la sospensione della terapia antitrombotica,<br />

con conseguente aumentato rischio di infarto miocardico, ictus e morte<br />

cardiovascolare (2- ) .<br />

La bivalirudina, inibisce in modo diretto sia la trombina legata al coagulo, sia la trombina<br />

circolante tramite uno specico legame bivalente al sito catalitico attivo e al sito esterno.<br />

Questo meccanismo d’azione implica che, per produrre un effetto anticoagulante, la bivalirudina<br />

non richiede la presenza dell’antitrombina, mostrando, a differenza dell’eparina,<br />

un’attivita’ anticoagulante piu’ stabile e indipendente dalle variazioni tra paziente e paziente<br />

dei livelli di antitrombina. La bivalirudina mostra un prolo farmacocinetico prevedibile<br />

e lineare nei pazienti sottoposti a PCI. La somministrazione e.v. di bivalirudina produce<br />

un effetto anticoagulante immediato; il volume di distribuzione e’ ridotto, mentre la breve<br />

emivita (2 minuti) implica che i tempi richiesti afnche’ la coagulazione ritorni alle condizioni<br />

basali siano circa pari a 1-2 ore dopo l’interruzione della sua infusione. Questa clearance<br />

rapida nel plasma fa ridurre il rischio emorragico, caratteristica che la differenzia<br />

notevolemnte dagli altri farmaci antitrombotici (6) .<br />

I risultati dei trial pubblicati negli ultimi anni hanno evidenziato la capacità della bivalirudina<br />

di ridurre l’incidenza di eventi ischemici in misura analoga rispetto all’associazione<br />

eparina non frazionata + inibitori dei recettori piastrinici GPIIb/IIIa garantendo,<br />

rispetto a quest’ultima associazione, una marcata e significativa riduzione dell’incidenza<br />

di eventi emorragici sia in pazienti trattati con angioplastica coronarica elettiva<br />

sia in pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (7-9) .<br />

1


2<br />

Figura 1<br />

I risultati a un anno del<br />

Trial Replace 2 hanno<br />

evidenziato che nei<br />

pazienti ad alto rischio i<br />

beneci in termini di<br />

sanguinamento garantiti<br />

dalla bivalirudina a 0<br />

giorni si sono tradotti in<br />

una riduzione della<br />

mortalità ad un anno<br />

In particolar modo la riduzione dei sanguinamenti era più consistente nei pazienti ad alto<br />

rischio e, in quest’ultimi, si associava a una riduzione significativa della mortalità a un<br />

anno (Figura 1).<br />

Per questa ragione, negli ultimi anni la bivalirudina è stata messa alla prova in setting di<br />

pazienti sempre più complessi ed in particolare nei pazienti con sindromi coronariche acute<br />

senza sopraslivellamento ST nell’ambito del Trial ACUITY e nei pazienti con sopraslivellamento<br />

del tratto ST nell’ambito del trial HORZONS AMI.<br />

Il trial HORIZONS AMI è uno studio, prospettico, randomizzato ed in aperto, che ha arruolato<br />

.602 pazienti consecutivi con infarto miocardico associato a sopraslivellamento del<br />

tratto ST (STEMI), ricoverati entro 12 h dall’insorgenza dei sintomi e sottoposti a PCI primaria.<br />

I pazienti sono stati randomizzati a trattamento con eparina non frazionata più inibitore<br />

della glicoproteina IIb/IIIa o a trattamento con la sola bivalirudina. I due endpoint<br />

primari dello studio erano costituiti da sanguinamento maggiore ed eventi clinici avversi<br />

combinati, deniti come emorragie maggiori ed eventi cardiovascolari avversi, rappresentati<br />

da morte, reinfarto, rivascolarizzazione del vaso “target” per ischemia e ictus a 0 giorni<br />

(da qui in poi deniti come eventi clinici avversi netti). Rispetto alla terapia con eparina più<br />

inibitore della glicoproteina IIb/IIIa, il trattamento con la sola bivalirudina ha comportato<br />

una riduzione a 0 giorni dell’incidenza degli eventi clinici avversi netti (9.2 vs 12.1%; rischio<br />

relativo 0.76; p =0.00 ) in virtù di una minore incidenza di sanguinamenti maggiori<br />

( .9 vs 8. %; rischio relativo 0.60; p


(1.9%), indipendentemente dal trattamento aggiuntivo con bivalirudina o inbitori GPIIb/IIIa,<br />

con una riduzione signicativa dell’incidenza di trombosi sub-acuta nel sottogruppo trattato<br />

con bivalirudina (Figura ) (10-12) .<br />

Se i dati a 0 giorni erano quindi molto incoraggianti, ancora più signicativi sono risultati<br />

quelli a lungo termine (1 ) . Ad un anno, infatti, i pazienti trattati con bivalirudina presentavano<br />

una riduzione del 1% della mortalità globale ( .8% vs . %; HR [9 %CI] = 0.69 [0. 0, 0.97]<br />

P=0.029), determinata da una riduzione della mortalità cardiaca del % ( .8% vs 2.1%;<br />

HR [9 %CI] = 0. 7 [0. 8, 0.8 ] P=0.00 ; Figura ). Erano ovviamente mantenuti i vantaggi<br />

in termini di sanguinamenti (9.2% vs .8% HR [9 %CI] =0.61 [0. 8, 0.78] P


Figura 4<br />

I risultati a un anno del<br />

Trial HORIZONS AMI<br />

hanno evidenziato che i<br />

pazienti trattati con<br />

bivalirudina presentavano<br />

una riduzione del 1%<br />

della mortalità globale<br />

determinata da una<br />

riduzione della mortalità<br />

cardiaca del %<br />

Figura 5<br />

Alle immagini della<br />

tomograa a coerenza<br />

ottica (OCT) sono evidenti<br />

dei piccoli trombi subclinici<br />

(frecce). L’analisi<br />

OCT a 1 mesi di 117<br />

pazienti arruolati nel Trial<br />

Horizons ha evidenziato<br />

l’assenza di differenze<br />

signicative in termini di<br />

trombi subclinici tra<br />

pazienti randomizzati a<br />

bivalirudina rispetto a<br />

quelli randomizzati a<br />

UHF+GPIIb/IIIa<br />

Il follow-up angiograco a 1 mesi ha dato la possibilità di raccogliere ulteriori dati in favore<br />

del trattamento con bivalirudina. In particolare, presso il nostro centro, che è risultato il secondo<br />

centro mondiale per numero di pazienti arruolati con il coinvolgimento di 200 pazienti,<br />

è stato completato un sottostudio con l’ausilio della tomograa a coerenza ottica (OCT).<br />

L’ OCT, è una tecnica di immagine intravascolare ad altissima risoluzione (10-1 µm di risoluzione<br />

assiale, almeno 10 volte superiore a quella degli ultrasuoni intracoronarici - IVUS),<br />

in grado di effettuare un’analisi quantitativa dettagliata delle coronarie. La visualizzazione<br />

OCT dei microdettagli strutturali nelle coronarie permette di denire la struttura, la composizione<br />

e la distribuzione delle placche aterosclerotiche così come i processi di ricopertura<br />

degli stents in diversi momenti temporali dopo l’impianto. Un’altra caratteristica<br />

peculiare dell’OCT e’ la sua elevata capacità di riconoscimento dei trombi intracoronarici.<br />

Nel nostro centro, 117 pazienti arruolati nel Trial Horizons sono stati sottoposti a controllo<br />

angiograco e valutazione con OCT nell’ambito del sottostudio HORIZONS OCT che ha evidenziato,<br />

tra l’altro, l’assenza di differenze signicative in termini di evidenza OCT di trombi<br />

subclinici (Figura ) tra pazienti randomizzati a bivalirudina rispetto a quelli randomizzati<br />

a UHF+GPIIb/IIIa (2.9% vs 2.8%; p=0. ) (1 ) .


I dati clinici a tre anni del Trial HORIZONS AMI pubblicati sul numero del Giugno 2011, di The<br />

Lancet hanno confermato e rafforzato i vantaggi offerti dal trattamento dei pazienti con<br />

STEMI con la bivalirudina rispetto alla combinazione tra eparina non frazionata ed inibitore<br />

GPIIb/IIIa già evidenti a un anno (1 ) . Dopo anni, il trattamento con sola bivalirudina rispetto<br />

all'eparina più un GP IIb / IIIa inibitore portato a tassi signicativamente ridotto di mortalità<br />

per qualsiasi causa ( .9% vs 7.7%), la mortalità cardiaca (2.9% vs .1%; Figura 6) reinfarto<br />

(6,2% vs 8,2%) e di emorragie maggiori non correlate alla chirurgia di bypass graft (6.9%<br />

vs 10. %). Non ci sono state differenze signicative nell'incidenza di ischemia-driven rivascolarizzazione<br />

del vaso target, trombosi da stent, infarto, o composito eventi avversi.<br />

La notevole riduzione dei sanguinamenti maggiori nei primi trenta giorni garantita dalla bivalirudina<br />

si traduce in un benecio netto in termini di mortalità sia ad uno che a due anni.Questo dato<br />

è particolarmente importante se si considera che i criteri di inclusione ed esclusione del trial permettevano<br />

di includere pazienti ad alto rischio trombotico (tronco comune, malattia multivasale,<br />

diabetici, classe Killip III/IV) che teoricamente potrebbero più beneciare del trattamento con inibitori<br />

piastrinici (l’utilizzo in bail-out degli inibitori GPIIb/IIIa nel gruppo trattato con bivalirudina è<br />

stato solo del . %). Viceversa, i pazienti ad alto rischio di sanguinamento (pazienti trattati con<br />

terapia anticoagulante orale,severa anemia,storia di diatesi emorragica etc.) che potevano maggiormente<br />

beneciare del trattatamento con un farmaco che riduce i sanguinamenti come la bivalirudina<br />

risultano esclusi dallo studio (Tabella 1) e questo conferisce ancora più valore ai vantaggi<br />

garantiti dalla bivalirudina, che potrebbero essere ancora più rilevanti nel mondo reale.<br />

Criteri di esclusione del Trial HORIZONS AMI per alto rischio di sanguinamento<br />

• Pazienti già trattati (durante l’evento acuto in corso) con terapia trombolitica, LMWH o fondaparinux<br />

• Terapia anticoagulante orale in atto<br />

• Paziente con storia di diatesi emorragiche o coagulopatie note (tra cui HIT), o che riuta le<br />

trasfusioni sanguigne<br />

• Storia di massa intracerebrale, aneurisma, AVM, o ictus emorragico, ictus ischemico o TIA entro 6<br />

mesi o ogni decit neurologico permanente; emorragie gastriche o genitourinarie negli ultimi due<br />

mesi, o interventi di chirurgia maggiore entro 6 settimane; conta piastrinica recente o nota<br />


6<br />

Tabella 2<br />

In base a questi dati sembra emergere, quindi, una indicazione chiara a trattare i pazienti<br />

con STEMI con bivalirudina piuttosto che con l’associazione inibitore piastrinico ed eparina<br />

non frazionata. La recente update delle linee guida americane AHA/ACC inseriscono infatti<br />

l’utilizzo della bivalirudina in corso di angioplastica primaria in Classe I con livello di evidenza<br />

B ( 16 ; Tabella 2). Inoltre, la ridotta incidenza di trombosi sub-acuta nei pazienti trattati<br />

con il carico di clopidogrel di 600 mg ci fa protendere verso l’indicazione a un carico<br />

sistematico con 600 mg di clopidogrel o attualmente prasugrel 60 mg nei pazienti con<br />

STEMI trattati con PCI primaria e bivalirudina.<br />

Linee Guida STEMI & PCI Update 2009<br />

Classe I:<br />

1. Dose di carico di tienopiridine nello STEMI: 600 mg clopidogrel o 60 mg Prasugrel<br />

2. Durata del trattamento con tienopiridine dopo PCI: BMS (1 mese), DES (12 mesi)<br />

. Terapia anticoagulante durante PCI primaria: eparina non frazionata o bivalirudina<br />

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Cardiopatia Ischemica:<br />

nuovi orizzonti nella terapia<br />

con antiaggreganti orali<br />

Giancarlo Casolo<br />

UO Cardiologia, Ospedale Versilia, Lido di Camaiore (LU)<br />

Introduzione<br />

L’importanza della terapia antiaggregante nella malattia coronarica e nella cardiopatia<br />

ischemica è ormai parte integrante del bagaglio terapeutico di ogni Medico. La consapevolezza<br />

che le manifestazioni cliniche e la progressione dell’aterosclerosi includono fenomeni<br />

trombotici ed in particolare il ruolo centrale delle piastrine hanno portato allo sviluppo<br />

di farmaci sempre più potenti ed efcaci. Nelle sindromi coronariche acute (SCA) l’attivazione<br />

e l’aggregazione piastrinica giocano un ruolo fondamentale nella formazione e propagazione<br />

del trombo arterioso. Perciò le piastrine sono considerati importanti target<br />

terapeutici ed i farmaci impiegati per modularne la funzione sono stati oggetto di una intensa<br />

ricerca farmacologia e clinica, soprattutto negli ultimi anni.<br />

La rottura di una placca aterosclerotica o l’applicazione di stent sull’albero coronarico promuovono<br />

l’aggregazione piastrinica che viene stimolata ed amplicata da vari fattori quali<br />

la trombina, il trombossano A2, e l’ADP. L’ADP stimola le piastrine attraverso due recettori:<br />

il P2Y1 ed il P2Y12. Il legame dell’ADP al recettore P2Y1 stimola l’attivazione del recettore<br />

GPIIb/IIIa che a sua volta mobilizza il calcio, promuove il cambiamento di forma delle piastrine,<br />

e l’aggregazione piastrinica transitoria. Il legame dell’ADP al recettore P2Y12 stimola<br />

l’attivazione del recettore e promuove la degranulazione delle piastrine, la produzione di TxA<br />

e l’aggregazione piastrinica più prolungata.<br />

Le terapie raccomandate per controllare l’aggregazione piastrinica nelle SCA comprendono<br />

l’aspirina e gli inibitori del recettore P2Y12 quali il clopidogrel. Nella pratica questa<br />

strategia non inibisce completamente le piastrine e di fatto esistono casi di scarsa risposta<br />

alle tienopiridine classiche (ticlopidina, clopidogrel) che si traducono in eventi clinici.<br />

I progressi della ricerca in questo campo hanno prodotto risultati che per la loro rilevanza<br />

sono stati imediatamente incorporati nelle Linee Guida dell’ESC 2011 per il trattamento<br />

delle SCA.<br />

Le Tienopiridine<br />

Questa categoria di farmaci è quella che maggiormente è in grado di influenzare la funzione<br />

piastrinica inibendo sia l’adesione che l’aggregazione fin dalle prime fasi attraverso<br />

il legame con il recettore P2Y12. Questo legame è covalente ed irreversibile per le<br />

tienopiridine classiche e per il più recente Prasugrel. Ciò risulta in una inibizione che<br />

perdura per tutta la durata di vita delle piastrine. Viceversa, le tienopiridine più recenti<br />

quali il Cangrelor ed il Ticagrelor modificano in modo reversibile il sito di legame del recettore<br />

P2Y12 determinando così una inibizione di breve durata seppure altrettanto potente<br />

ed efficace.<br />

7


8<br />

Clopidogrel<br />

Ticlopidina e Clopidogrel , approvati per la terapia antiaggregante, sono farmaci che richiedono<br />

almeno un processo ossidativo per divenire attivi sul recettore P2Y12, loro target<br />

nale. Clopidogrel, in particolare, necessita di una metabolizzazione epatica da parte<br />

della catena dei citocromi. Il legame con il recettore è irreversibile e richiede alcuni giorni<br />

per avere massima efcacia. Il Clopidogrel è preferito alla ticlopidina per il suo maggior pro-<br />

lo di sicurezza e la maggior velocità di azione.<br />

L’inibizione piastrinica avviene entro1-2ore dopo una dose di carico di Clopidogrel. Il livello<br />

massimo si ottiene - ore dopo 00mg e produce una inibizione del 0% c.ca dell’attività<br />

piastrinica che si mantiene per 2 ore circa. L’inibizione cessa completamente dopo<br />

una settimana di sospensione. L’inibizione piastrinica può essere aumentata con dosi di carico<br />

no a 600mg; questo dosaggio consente di accorciare i tempi di inibizione (2- ore)<br />

con un aumento dell’inibizione no al 0- %. I pazienti soprappeso ed i diabetici mostrano<br />

una risposta subottimale al clopidogrel.<br />

Nel CURRENT-OASIS 7 il mantenimento per una settimana del dosaggio di 1 0mg anziché<br />

di 7 mg ha portato ad una signicativa riduzione di trombosi dello stent e di eventi nei pazienti<br />

con SCA avviati alla PCI. Per effetto di ciò le recenti linee guida ESC per il trattamento<br />

del paziente con NSTEMI hanno ricevuto una raccomandazione IIa con livello di<br />

evidenza B per questa indicazione.<br />

La cosiddetta “resistenza al clopidogrel”<br />

Si ritiene che una quota compresa i tra il 10 ed il 0% dei pazienti che assumono Clopidogrel<br />

non abbiano una efcace inibizione piastrinica quando valutata in vitro con il test dell’aggregazione<br />

con ADP. In realtà, una stima precisa della prevalenza della cosiddetta<br />

resistenza alla terapia antipiastrinica non è possibile. Il problema principale sembra essere<br />

una univoca denizione e di un metodo di misurazione standardizzato.<br />

Sebbene la risposta individuale al Clopidogrel possa dipendere dalla variabilità tra pazienti<br />

nell’assorbimento del farmaco, la causa sembra essere legata a differenze genetiche nell’espressione<br />

dei numerosi geni che regolano il metabolismo del citocromo P 0 (CYP 0)<br />

e nella espressione dei recettori piastrinici.<br />

Dei tre maggiori citocromi facenti parte del sistema CYP 0 epatico quello che ha ricevuto<br />

maggior attenzione quale imputato della risposta individuale è il CYP2C19. Sono state identicate<br />

varianti fenotipiche di questo citocromo che sono associate ad una inibizione piastrinica<br />

meno efcace ed ad eventi clinici. Nelle diverse razze sono state rilevate varianti<br />

difettose del CYP2C19 anche signicative. Pertanto sono state ipotizzate variazioni anche<br />

signicative nella risposta al Clopidogrel in base all’etnia di appartenenza (minor efcacia<br />

nei paesi asiatici e negli afro-americani rispetto ai caucasici).<br />

Per migliorare la risposta al Clopidogrel una misura comune è quella di aumentarne la dose.Tuttavia<br />

al momento non esistono raccomandazioni sull’impiego dei sistemi di monitoraggio della risposta<br />

terapeutica al Clopidogrel né del loro utilizzo a seguito dell’aumento della dose. (AHA ACC 2011).<br />

In genere l’aumento del dosaggio comporta un miglioramento dell’inibizione del recettore P2Y12<br />

ma esistono anche notevoli differenze tra individui nell’inibizione piastrinica che si ottiene così che<br />

diventa difcile prevedere nel singolo individuo quale sia la risposta.Nelle recenti Linee Guida della<br />

ESC il dosaggio di mantenimento del Clopidogrel può essere individualizzato in casi selezionati<br />

impiegando i test di funzionalità piastrinica con un livello di evidenza B, classe IIb.


Prasugrel<br />

Anche il Prasugrel è un profarmaco appartenente alle tienopiridine che viene trasformato<br />

attivamente in una molecola che lega in modo irreversibile il recettore P2Y12. Il primo passaggio<br />

metabolico avviene ad opera delle esterasi plasmatiche che danno luogo ad un tiolattone<br />

intermedio; il secondo passaggio è invece mediato dai citocromi epatici. Rispetto<br />

al clopidogrel , il passaggio citocromico epatico è singolo (e non doppio come per il clopidogrel)<br />

e non dipende dal polimorsmo genetico né dalla interazione con altri farmaci. Ne<br />

risulta una inibizione piastrinica più rapida e potente, ma soprattutto priva di risposte signicativamente<br />

differenti tra individui.<br />

L’inibizione piastrinica si rileva entro 1 - 0 minuti dalla somministrazione di 60mg di Prasugrel<br />

e si ottiene una inibizione del 60-70% entro 2- ore. Con il mantenimento a 10mg<br />

si osserva una inibizione del 0% dell’attività piastrinica che torna a valori ormali dopo<br />

7-10 giorni dalla sospensione della terapia. L’inibizione piastrinica è dose dipendente anche<br />

se dosi più alte di 60mg non sono state testate. L’utilizzo della dose da carico comporta una<br />

inibizione piastrinica più rapida e sostenuta. Con Prasugrel non si evidenzia resistenza al<br />

trattamento ed i pazienti che non rispondono a Clopidogrel raggiungono una inibizione ef-<br />

cace in breve tempo dopo switch terapeutico.<br />

Prasugrel è stato studiato in varie condizioni cliniche . Nello studio TRITON TIMI 8 Prasugrel<br />

si è dimostrato efcace, rispetto a Clopidogrel, nel ridurre gli eventi ischemici al prezzo<br />

di un maggior rischio di emorragie nei pazienti con sindrome coronarica acuta avviati alla<br />

PCI. Questo rischio emorragico è stato osservato maggiormente nei soggetti anziani ed in<br />

quelli con basso peso corporeo. Il beneco aggiuntivo rispetto a Clopidogrel è stato tuttavia<br />

rilevato nei diabetici e nei pazienti con STEMI avviati alla PCI.<br />

Come risultato, le linee guida ESC del 2011 raccomandano l’uso di Prasugrel con dose di<br />

carico di 60mg e successivo mantenimento a 10mg nei pazienti che non assumono già inibitori<br />

P2Y12 (specie se diabetici) in cui è nota l’anatomia coronarica e sono avviati all’angioplastica<br />

sempre che non vi siano rischi di sanguinamento che mettono a rischio la vita<br />

o altre controindicazioni .<br />

Ticagrelor<br />

Il Ticagrelor agisce direttamente sul recettore P2Y12 con una inibizione dell’attività piastrinica<br />

del 0-60% dopo 2 ore dalal dose di carico di 180mg. La dose di mantenimento è<br />

di 90mg bid e mantiene il grado di inibizione per breve tempo dopo la sospensione. Rispetto<br />

a Clopidogrel questo farmaco produce una inibizione piatrinica più precoce e più potente<br />

e sostenuta. Inoltre, inibisce le piastrine anche nei pazienti “resistenti” al Clopidogrel con<br />

un effetto che non dipende dal grado di inibizione raggiunto in precedenza. Il Cangrelor, è<br />

un farmaco simile, utilizzabile per via endovenosa. L’inibizione piastrinica di Cangrelor si osserva<br />

dopo 1 minuti, lo steady state è raggiunto a 0 minuti e cessa dopo un’ora dalla sospensione<br />

della terapia.<br />

Ticagrelor è un farmaco di grande interesse ; infatti non necessita di un passaggio epatico<br />

prima di agire, ed è attivo n dal suo assorbimento. Rispetto a Clopidogrel, dopo dosa di<br />

carico, l’inibizione piastrinica inizia più precocemente, comporta una maggior inibizione<br />

piastrinica (70-90% vs 0-60%) e cessa più rapidamente.<br />

Nello studio PLATO, condotto in pazienti con SCA NTEMI a rischio moderato ed alto e STEMI<br />

avviati alla PCI Ticagrelor è stato confrontato vs Clopidogrel per un anno. L’end-point pri-<br />

9


0<br />

mario composito di morte, infarto e stroke è risultato signicativamente ridotto da Ticagrelor<br />

rispetto a Clopidogrel. Anche tutti gli obiettivi secondari escluso lo stroke e la trombosi su<br />

stent sono stati signicativamente meno nel gruppo trattato con Ticagrelor. Questa maggior<br />

efcacia è stata osservata qualunque fosse la dose da carico di Clopidogrel impiegata.<br />

Tutto ciò non è stato gravato da maggiori sanguinamenti.<br />

Nelle linee guida ESC 2011 relative ai pazienti con SCA senza STEMI Ticagrelor viene raccomandato<br />

per tutti i pazienti a rischio moderato od alto di eventi ischemici qualunque sia<br />

il trattamento precedente e qualunque sia la strategia prevista.<br />

Conclusioni<br />

Nel corso degli ultimi anni è stata riconosciuta l’importanza dell’inibizione del recettore<br />

P2Y12 piastrinico quale target chiave per la terapia antiaggregante delle sindromi coronariche<br />

acute. Il Clopidogrel, che si è andato affermando quale antiaggregante di riferimento<br />

non è in grado di garantire in tutti i pazienti una inibizione piastrinica efcace ed il suo<br />

semplice aumento di dosaggio non appare una strada che garantisca l’obiettivo terapeutico.<br />

Pertanto la ricerca farmacologica e clinica hanno individuato nuovi farmaci in grado<br />

di migliorare la risposta terapeutica antiaggregante. Prasugrel e Ticagrelor sono entrati a<br />

tutti gli effetti tra i farmaci raccomandati seppure per indicazioni diverse. Ticagrelor, nuovo<br />

farmaco già attivo n dal suo assorbimento, inibisce in modo reversibile il recettore P2Y12,<br />

favorisce un’inibizione piastrinica rapida e potente, e si è dimostrato assai efcace nelle<br />

SCA con rischio moderato ed elevato. Ticagrelor , in particolare, ha ridotto la mortalità cardiovascolare<br />

e quella per tutte le cause senza causare un aumento di mortalità per sanguinamento.<br />

Esistono differenze nel disegno degli studi dei nuovi antiaggreganti che<br />

possono rendere difcile il confronto dei dati di mortalità .<br />

Con la dovuta attenzione questi nuovi farmaci sono in grado di offrire una potente azione<br />

antiaggregante e di migliorare l’outcome rispetto al trattamento con Clopidogrel.<br />

Bibliograa essenziale<br />

Wijns W, Kolh P, Danchin N, Di Mario C, Falk V, Folliguet T, Garg S, Huber K, James S, Knuuti J, Lopez-Sendon J, Marco J, Menicanti<br />

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A, Baumgartner H, Ceconi C, Dean V, Deaton C, Fagard R, Funck-Brentano C, Hasdai D, Hoes A, Knuuti J, Kolh P, McDonagh T, Moulin<br />

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Cannon CP, Harrington RA, James S, Ardissino D, Becker RC, Emanuelsson H, Husted S, Katus H, Keltai M, Khurmi NS, et al.<br />

Comparison of ticagrelor with clopidogrel in patients with a planned invasive strategy for acute coronary syndromes (PLATO): a<br />

randomised double-blind study.<br />

Lancet. 2010 ; 7 (9711):28 -9<br />

James SK, Roe MT, Cannon CP, Cornel JH, Horrow J, Husted S, Katus H, Morais J, Steg PG, Storey RF, Stevens S, Wallentin L,<br />

Harrington RA; PLATO Study Group. Ticagrelor versus clopidogrel in patients with acute coronary syndromes intended for noninvasive<br />

management: substudy from prospective randomised PLATelet inhibition and patient Outcomes (PLATO) trial. BMJ. 2011<br />

Jun 17; 2:d 27<br />

1


2<br />

La rete per lo STEMI in Lombardia,<br />

l’Archivio Regionale STEMI<br />

e il Progetto Strategico<br />

“Sindrome coronarica acuta”<br />

Maurizio Marzegalli<br />

U.O.C. Cardiologia - A.O. Ospedale San carlo Borromeo, Milano<br />

In questi ultimi anni una attenzione particolare è stata dedicata in regione Lombardia alla<br />

realizzazioni di una rete di emergenza sempre più efcacie per il trattamento dell’infarto<br />

con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI). Questo è dovuto al fatto che lo STEMI richiede<br />

interventi efcaci nel più breve tempo possibile (90-120’), e quindi era evidente che si dovesse<br />

dedicare una particolare cura nella realizzazione di reti efcienti ed efcaci in questa<br />

patologia. Ci si è resi conto che anche l’infarto senza ST sopraslivellato (NSTEMI), pur<br />

consentendo margini di tempo più lunghi (120’-2 ore), ha un’alta mortalità che si può e<br />

si deve combattere con una rete adeguata in linea con quanto già sperimentato per lo<br />

STEMI. Il compito attualmente non è nito, poiché le reti richiedono continui miglioramenti<br />

ed un attento monitoraggio nel tempo perché non ci si adagi sui risultati ottenuti.<br />

Le linee operative regionali per la costituzione di una “Rete regionale per lo STEMI“ sono<br />

state indicate in un Decreto Regionale N° 10 6 del 1 -10-2009 dal titolo “Determinazioni<br />

in merito alla rete per il trattamento dei pazienti con infarto miocardico con tratto ST<br />

sopaslivellato (STEMI)”. Le indicazioni sono quelle espresse nelle linee guida europee ed<br />

italiane e pertanto non necessitano ulteriori chiarimenti. E’ infatti ormai un dato consolidato<br />

che il trattamento dello STEMI si sia giovato di reti di emergenza adeguate allo scopo. Le reti<br />

si basano sul fatto che questi pazienti vengano soccorsi tramite sistemi di emergenza (CO<br />

118) dotati di teleECG (sia mezzi di soccorso avanzati che di base) e di debrillatore automatico<br />

e non trasportati con mezzi privati, vengano portati in sicurezza con triage primario<br />

ad un centro Hub cioè dotati di un laboratorio con emodinamica interventistica operativo<br />

sulle 2 ore 7 giorni su 7. Qualora per l’autopresentazione o per l’arrivo con un mezzo di base<br />

del 118 i pazienti giungano in un ospedale non dotato di questa opzione (centro Spoke) devono<br />

essere trasferiti in un centro hub secondo protocolli locali specici che tengano conto<br />

del tempo ischemico totale, della possibilità di praticare una PCI primaria entro 90-120’ altrimenti<br />

dovrebbero esser trattati localmente con farmaci brinolitici. La letteratura è ricca<br />

di linee guida internazionali e nazionali che si esprimono in tal senso e di contributi che continuano<br />

a documentare come con la rete si possa ridurre la mortalità ed il danno miocardico.<br />

In regione Lombardia il coordinamento di una rete locale è stabilito su base territoriale coincidente<br />

con quella della Centrale Operativa 118 di riferimento.Tutte le centrali rispondono alla<br />

Azienda Regionale Emergenza Urgenza che ha attivamente partecipato alla stesura del decreto<br />

e contribuisce signicativamente alla sua realizzazione. La collaborazione tra AREU ed<br />

ospedali avviene tramite un organismo l’ACEU (area di coordinamento emergenza urgenza)


che riunisce tutti gli ospedali con pronto soccorso e la CO 118 territoriale ed è in grado di de-<br />

nire protocolli condivisi da tutti i partecipanti per la fase di intervento preospedaliero.<br />

Lo stesso provvedimento stabiliva già la costituzione di un “archivio regionale” per lo STEMI<br />

quale strumento per migliorare l’intervento in questo campo e per monitorare l’efcacia e<br />

l’efcienza dei singoli centri e indicare i necessari cambiamenti operativi. L’archivio regionale<br />

STEMI, che raccoglie i dati di tutti i pazienti ricoverati in Lombardia per infarto miocardico<br />

con ST sopraslivellato è lo strumento innovativo di monitoraggio della efcienza ed<br />

efcacia dell’intervento su questa patologia.<br />

L’innovazione di questo archivio consiste nel fatto che questa raccolta dati è sostenuto direttamente<br />

dall’Assessorato Regionale Sanità con la collaborazione di tutte le Società Scientiche<br />

Cardiologiche. Tutti gli ospedali che dimettano un paziente con una SDO classicata<br />

come “Infarto miocardico con ST sopraslivellato” sono tenute a completare una scheda<br />

redatta in accordo con le società scientiche con i principali dati che consentano di ricavare<br />

gli indicatori individuati a livello internazionale come più signicativi per valutare il<br />

grado di efcienza del sistema. Fra questi sono indicatori direttamente correlati alla mortalità<br />

in questa patologia: i tempi dal primo contatto medico (sia che sia avvenuto sul territorio<br />

con una ambulanza del 118 che direttamente in ospedale) alla somministrazione<br />

della terapia interventistica con angioplastica o farmacologica.<br />

Molto importante è che il registro è web based ed è direttamente gestito da Lombardia Informatica<br />

all’interno del progetto di reti di patologia che la regione sta sviluppando. Questo<br />

ha consentito di correlare subito, sin dall’inizio della compilazione la scheda, con i dati<br />

“amministrativi” già in possesso della regione, sia quelli inerenti i ricoveri pregressi e quindi<br />

le procedure eseguite, sia quelli sul consumo di farmaci o sulle prestazioni ambulatoriali<br />

eseguite. Anche il dato anagraco è correlato e quindi è già possibile con questo strumento<br />

innovativo effettuare un follow up sulla mortalità totale nei mesi successivi al ricovero, valutare<br />

i reinterventi, i ricoveri successivi e il consumo reale dei farmaci consigliati in fase<br />

di dimissione. Il tutto garantendo l’anonimato del singolo paziente per il rispetto della privacy.<br />

Ogni ospedale può avere i propri dati sia per una propria elaborazione che per un confronto<br />

con la media degli indicatori della attività degli altri ospedali a livello regionale.<br />

Un archivio così concepito è stato usato per la prima volta in Lombardia ed in Italia ma<br />

sembra destinato ad un uso più estensivo sia in campo cardiologico su altre patologie della<br />

sindrome coronarica acuta (come l’infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto<br />

ST o le sue complicanze quali lo shock cardiogeno o l’arresto cardiaco extraospedaliero)<br />

che su altre patologie quali l’ictus cerebrale. Proprio questa patologia è la prima che sta<br />

iniziando a percorrere la stessa strada di modalità di raccolta dati.<br />

L’importanza di questo archivio è evidente poiché è nito il tempo dell’autoreferenzialità dei<br />

singoli centri ed operatori ma occorre misurare l’efcienza e soprattutto l’efcacia in termini<br />

di riduzione della mortalità dell’azione dei singoli centri e del sistema di emergenza<br />

territoriale. Con questo metodo si potrebbe ottenere un eventuale accreditamento clinico<br />

(professionale o istituzionale). A livello della programmazione regionale poi i dati serviranno


Tab I<br />

per acquisire dati per la programmazione e per la razionalizzazione del Servizio Sanitario<br />

Regionale (ruolo delle singole Cardiologie, ubicazione e ruolo dei Laboratori di Emodinamica)<br />

I primi risultati parziali ricavati dalla seconda estrazione dati effettuata su 1889 pazienti dimessi<br />

tra il 1° novembre 2010 e il 0 giugno 2011 sono molto incoraggianti. I dati (tab I)<br />

per ora confermano l’ottima organizzazione regionale che per ora ha ottenuto una elevata<br />

percentuale di pazienti sottoposti a trattamento riperfusivo, una ridotta mortalità intraospedaliera<br />

almeno per i pazienti che sono stati dimessi dalle cardiologie e nelle UTIC.<br />

N° 1.889 da UTIC e/o Cardiologie<br />

➢ 7 a. : 27% - > 80 a. : 17%<br />

Riperfusi tot : 8 %<br />

PCI primaria : 78 %<br />

Fibrinolisi intraosp : % preosp : 0.16 %<br />

Non riperfusi : 17 % (non noto .7%)<br />

Diagnosi tardiva ,12%, emodinamica non disponibile .1 %,<br />

riperfusione spont. 21.1%, riuto 6. 1%, comorbilità .7 %, decesso 0.9 %,<br />

Mortalità intraospedaliera tot. = .2 % ;<br />

Killip IV ( .02 %) = 1. % ; ACC preosp. ( .08 %) = 28.6 %<br />

Indicatori di processo: door to balloon 7 ’ (mediana)<br />

Gli altri dati sembrano indicare che 1) non sembrerebbe esservi una correlazione tra numero<br />

dei casi trattati ed efcienza del singolo centro; 2) singole cardiologie hanno importanti<br />

margini di miglioramento in efcienza; ) si possono aumentare i casi trasportati dal<br />

118 con teleECG e ridurre gli autopresentati; ) ancora una volta per ridurre il numero dei<br />

pazienti non riperfusi occorrerebbe ridurre il ritardo decisionale<br />

Tutte le Società Scientiche in varie occasioni hanno sottolineato come questa iniziativa si<br />

inserisca nella storia e tradizione delle società lombarde che da anni hanno condotto studi<br />

di registro sullo STEMI ma hanno ben presente la limitatezza delle informazioni ottenute e<br />

le difcoltà incontrate. La speranza è che un registro comune integrato dalla BDA regionale<br />

possa essere uno strumento molto più efcace.<br />

Si è deciso peraltro di limitare i periodi di raccolta dati a due periodi di due mesi all’anno<br />

per non sovraccaricare l’onere della immissione dati e per dare tempo ai centri di analizzare<br />

i propri dati ed apportare le modiche organizzative necessarie. I centri aderenti sono<br />

stati avvisati pertanto di immettere nell’archivio solo tutti i casi dimessi in ottobre e novembre<br />

2011, poiché la prossima estrazioni avverrà entro ne anno.<br />

In autunno si procederà anche a presentare i risultati n qui ottenuti e ogni centro avrà i propri<br />

dati confrontati con la media regionale per poter migliorare ulteriormente le proprie prestazioni.<br />

Nell’ambito del “Progetto Strategico SCA” nanziato dal Ministero della Salute sono stati<br />

elaborati dal dott. Barbieri i soli dati amministrativi degli ultimi 10 anni di regione Lombardia<br />

che hanno fatto veder anche come la mortalità per classe di età si sia costantemente<br />

ridotta negli ultimi anni e che l’incidenza degli IMA negli ultimi anni 2009-2010 appare in<br />

leggera diminuzione.


Costituzione di reti per lo shock cardiogeno e per i pz sopravvissuti ad arresto cardiaco<br />

Entrambe le patologie infartuali come altre cardiopatie, quali le miocarditi o le valvulopatie,<br />

possono presentarsi o evolvere in modo drammatico con un arresto cardiaco o con<br />

una grave instabilità emodinamica che può sfociare nello shock cardiogeno. Entrambe le<br />

complicazioni sono ad alta mortalità e richiedono interventi integrati multidisciplinari in<br />

centri altrettanto adeguati. Anche in questi casi l’identicazione di reti di “secondo / terzo<br />

livello” potrebbe ridurre l’alta mortalità della fase acuta di queste complicazioni. Successivamente<br />

si potrebbero indirizzare i sopravvissuti, qualora non riescano a recuperare una<br />

stabilità emodinamica e nei casi appropriati, verso ulteriori interventi terapeutici, ora possibili,<br />

quali il trapianto cardiaco o i VAD. In entrambi i casi quindi, i pazienti dovrebbero essere<br />

portati con triage primario o con trasferimento secondario precoce in centri adeguati<br />

poiché questa può essere l’unica opportunità per sopravvivere. Per questo in regione Lombardia<br />

è stato costituito un Gruppo di approfondimento tecnico per realizzare una rete di<br />

secondo livello per queste complicazioni ad alta mortalità<br />

In sintesi le indicazioni date dalla regione sono che occorre ulteriormente ottimizzare<br />

il percorso del paziente su tutto il territorio di competenza. Elementi :<br />

1) Portare il paziente alla riperfusione ottimale il più celermente possibile (sia PCI primaria<br />

che, se occorre, brinolisi specialmente preospedaliera)<br />

2) Identicazione di percorsi particolari per : shock cardiogeno, postarresto cardiaco, aneurismi<br />

dell’aorta toracica,…., ruolo cardiochirurgia<br />

) Sinergia con l’AREU e sviluppo di protocolli integrati (rete per il trasporto secondario in<br />

emergenza)<br />

) Sinergia tra tutti i componenti della rete che superi logiche puramente aziendali e che<br />

segua la miglior qualità per il paziente (tempi di attuazione e qualità della prestazione)<br />

• Valutazione della situazione attuale<br />

1. Non in tutte le aree è stata attivata una rete e/o con protocolli operativi adeguati<br />

2. L’offerta di PCI primaria è disomogenea: in genere eccedente la domanda ma tendenzialmente<br />

disomogenea e non ben distribuita<br />

. La brinolisi preospedaliera è quasi assente e sottoutilizzata quella ospedaliera<br />

. Il trasporto “secondario in emergenza” non è organizzato in modo omogeneo ed ha in<br />

linea di massima tempi troppo lunghi<br />

. Non è diffusa la disponibilità della teletrasmissione dell’ECG (anche dai mezzi di base)<br />

• Ogni progetto locale deve valutare ed esprimere i vantaggi e gli svantaggi in termine<br />

di :<br />

1. Tempo alla riperfusione : sintomi / chiamata, chiamata / arrivo in PS, door (rst medical<br />

contact)/ balloon o needle . Tempi e modalità di trasferimento Hub – Spoke ; eventuale<br />

ritrasferimento. Attivazione del fast track non condizionato dai posti letto in UTIC<br />

2. Qualità delle prestazioni : numero di procedure per centro e per operatore , out come;<br />

requisiti di personale e di struttura<br />

. Costi : ottimizzazione delle risorse : reperibilità, trasferimenti, apertura operativa 2 /2 ore…..<br />

. Valorizzazione delle risorse esistenti e loro possibili integrazioni : ussi, razionalizzazione<br />

del ruolo dei centri Hub e dei centri Spoke


6<br />

STEMI oggi<br />

in Emilia Romagna<br />

Pier Camillo Pavesi<br />

UTIC Cardiologia Ospedale Maggiore Bologna<br />

Il ruolo dell’angioplastica primaria (PCI) nel trattamento dell’IMA con sopraslivellamento di<br />

ST (STEMI) ha cambiato lo scenario organizzativo delle UTIC.<br />

L’esigenza di trattare il maggior numero di pazienti con STEMI con PCI primaria in modo<br />

appropriato e con costi sostenibili ha determinato la riorganizzazione degli ospedali in un<br />

sistema di rete interospedaliera, al cui interno le UTIC dotate di laboratorio di emodinamica<br />

h2 sette giorni su sette hanno funzioni di Hub (sede di destinazione e trattamento<br />

con PCI primaria dei pazienti con STEMI), mentre le restanti UTIC hanno quello di Spoke<br />

(luogo di selezione, invio all’Hub e rientro dopo la PCI degli stessi pazienti per la gestione<br />

del follow-up successivo). Grazie a questo modello, che prevede anche una stretta collaborazione<br />

con il sistema dell’Emergenza Territoriale (118), un maggior numero di pazienti<br />

con STEMI afferisce ai laboratori di emodinamica per eseguire una PCI primaria.<br />

In quest’ottica nel 200 in Emilia-Romagna è stata effettuata una riorganizzazione delle<br />

UTIC su base provinciale per garantire un tempestivo accesso ai laboratori di emodinamica<br />

dei pazienti con STEMI, tramite anche una denizione dei protocolli di trasmissione<br />

dell’elettrocardiogramma dal territorio da parte dei servizi di emergenza territoriale (118).<br />

Scopo di questa comunicazione è valutare, sulla base dei ussi informativi amministrativi<br />

regionali, i nuovi percorsi assistenziali e di esaminare l’impatto della nuova organizzazione<br />

sull’attività complessiva delle UTIC della regione Emilia-Romagna.<br />

Materiali e metodi<br />

Con un approccio analitico di tipo osservazionale retrospettivo sono state estratte dalla<br />

banca dati della Regione Emilia-Romagna tutte le schede di dimissione ospedaliera (SDO)<br />

relative ai pazienti ricoverati nelle UTIC della regione dal il 1° gennaio 2002 al il 1 dicembre<br />

2007 (ricovero indice).<br />

Sono state valutate le caratteristiche degli ospedali della rete interospedaliera, denendo<br />

come UTIC Hub le strutture dotate di laboratorio di emodinamica interventistica h 2 sette<br />

giorni su sette e come UTIC Spoke quelle senza laboratorio di emodinamica interventistica.<br />

Tutti gli altri ospedali per acuti delle Regione, non provvisti di UTIC, sono stati inne catalogati<br />

come “Altri Ospedali per acuti”.<br />

Nel caso di una successione di più ricoveri con data di dimissione e di ammissione coincidenti<br />

per ogni paziente è stato ricostruito il percorso assistenziale: le relative SDO sono<br />

state unite per costruire un unico episodio di cura, mantenendo la tracciabilità dei trasferimenti<br />

da un ospedale all’altro.<br />

Il percorso per ogni episodio di cura è stato denito in base al numero dei ricoveri, alla tipologia<br />

delle UTIC coinvolte e alla sequenza temporale del loro coinvolgimento. Sono stati<br />

quindi individuati i seguenti percorsi:<br />

• Hub: un solo ricovero con ammissione e dimissione da Hub;


• Hub vs OspRER: due ricoveri, ammissione in Hub, dimissione da ospedale non sede di UTIC;<br />

• Hub vs Spoke: due ricoveri; ammissione in Hub, trasferimento e dimissione da Spoke;<br />

• Spoke: un solo ricovero con ammissione e dimissione da Spoke;<br />

• Spoke vs EmoHub (Emodinamica in Service): ammissione e dimissione da Spoke, con effettuazione<br />

di coronarograa e/o angioplastica durante la degenza in Spoke. In questi casi<br />

il paziente viene inviato al laboratorio di emodinamica dell’Hub per la sola procedura e<br />

rientra rapidamente in Spoke dopo la sua esecuzione.<br />

• Spoke vs Hub: due ricoveri; ammissione in Spoke, trasferimento e dimissione dall’Hub;<br />

• Spoke vs Hub vs Spoke: tre ricoveri con la seguente sequenza: ammissione in Spoke,<br />

transito in Hub, nuovo trasferimento e dimissione da Spoke;<br />

Nella categoria STEMI sono stati raccolti i percorsi con diagnosi principale 10.X eccettuato<br />

10.7. Nella categoria SCA no STEMI sono stati raggruppati i percorsi con diagnosi principale<br />

10.7 e 11 (angina instabile). La categoria noSCA raccoglie tutta la restante popolazione<br />

ricoverata in UTIC.<br />

Risultati<br />

Nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2002 e il 1 dicembre 2007 sono state estratte<br />

11 . 7 SDO relative a tutti i ricoveri nelle UTIC della regione e sono stati individuati<br />

92. episodi di cura corrispondenti ad altrettanti pazienti deniti da una successione di<br />

più ricoveri con data di dimissione e di ammissione coincidenti.<br />

UTIC-Hub<br />

La valutazione globale dell’attività di queste strutture evidenzia nel 2007 rispetto al 2002<br />

un aumento del 1 % dei pazienti che iniziano il loro percorso in un’UTIC Hub.<br />

STEMI<br />

Nonostante che nel periodo di osservazione vi sia stata una riduzione del numero complessivo<br />

degli STEMI in Regione, nelle UTIC Hub si è vericato un aumento progressivo<br />

degli STEMI, dovuto all’aumento degli accessi diretti, mentre è stabile il numero dei pazienti<br />

con STEMI trasferiti dagli Spoke. Le caratteristiche demograche di questi pazienti sono rimaste<br />

sostanzialmente invariate. Si è osservato un aumento delle PCI primarie e una riduzione<br />

signicativa della mortalità intra-ospedaliera del 20% e a 1 anno del 18%.<br />

La mediana della durata della degenza complessiva dei pazienti ricoverati per STEMI in<br />

Hub nel 2007 si è ridotta di 2 giorni rispetto al 2002.<br />

SCA noSTEMI<br />

Dal 2002 al 2007 aumenta progressivamente il numero dei pazienti ricoverati nelle UTIC<br />

Hub per SCA noSTEMI (+26%). Anche in questo caso l’incremento è determinato da pazienti<br />

che iniziano il loro percorso in Hub, mentre è stabile la quota di soggetti con SCA noSTEMI<br />

trasferiti dagli Spoke. In questa popolazione aumenta signicativamente la percentuale di<br />

soggetti con età superiore a 80 anni e con comorbilità associate. La percentuale dei pazienti<br />

con SCA noSTEMI ricoverati in Hub che esegue una PCI cresce considerevolmente.<br />

Si riducono di un giorno la mediana della durata del tempo di attesa per la coronarograa<br />

e quella della degenza complessiva. La mortalità intraospedaliera rimane stabile e tende a<br />

ridursi del 7%, ma in modo non signicativo a 1 anno.<br />

7


8<br />

Patologie non SCA<br />

Tra il 2002 ed il 2007 i pazienti ricoverati nelle UTIC Hub per patologia nonSCA sono aumentati<br />

del 6%, con un signicativo aumento di soggetti con età superiore a 80 e con<br />

un’elevata incidenza di comorbilità associate. Per questa categoria non si sono osservate<br />

modicazioni né nelle diagnosi di dimissione, sempre eterogenee, né dei percorsi esaminati,<br />

infatti questi pazienti nella quasi totalità dei casi rimangono ricoverati in Hub. È da rilevare<br />

inne un aumento della durata della degenza totale in ospedale.<br />

Attività delle UTIC Spoke<br />

L’analisi complessiva dell’attività delle UTIC Spoke evidenzia nel 2007 se confrontata con<br />

il 2002 un calo del 1 % dei pazienti che iniziano il loro percorso in queste strutture.<br />

STEMI<br />

Nel 2007 i pazienti con STEMI che iniziano il loro percorso in UTIC Spoke sono diminuiti del<br />

7% rispetto al 2002 e questo calo non è stato compensato dai rientri dall’Hub dopo esecuzione<br />

di una PCI. Relativamente alle caratteristiche dei pazienti ricoverati in UTIC Spoke si evidenzia<br />

un signicativo incremento dei soggetti di genere feminile, di quelli con età superiore<br />

a 80 anni e con comorbilità associate. Aumentano in modo signicativo il numero dei pazienti<br />

con STEMI che PCI esegue nelle prime 2 ore dal ricovero e la percentuale dei pazienti<br />

STEMI che completa il proprio percorso di cura nello Spoke, senza entrare in rete, scende dal<br />

% del 2002 al 28% del 2007. Si verica inoltre anche una riduzione della durata della degenza<br />

complessiva in ospedale, la cui entità è però minore rispetto a quella rilevata negli<br />

Hub. La mortalità intra-ospedaliera si osserva riduce del 1 %, ma non in modo signicativo.<br />

SCA noSTEMI<br />

Contrariamente agli STEMI, tra il 2002 ed il 2007 i pazienti con SCA noSTEMI ricoverati nelle<br />

UTIC Spoke sono aumentati del 20%. Le loro caratteristiche cliniche non presentano variazioni<br />

signicative a parte un aumento della percentuale degli ottuagenari. La mortalità<br />

intraospedaliera è stabile, così come quella ad un anno.<br />

Tra i pazienti con SCA noSTEMI la quota di pazienti che viene a contatto con l’Hub sale nel<br />

2007 al 70% rispetto al % del 2002, con un signicativo aumento delle coronarograe<br />

e delle PCI, grazie al frequente ricorso a procedure “in service”, con rientro immediato allo<br />

Spoke, mentre il numero dei trasferimenti tra Hub e Spoke è rimasto sostanzialmente invariato.<br />

È interessante constatare che la mediana del tempo di esecuzione per la coronarograa<br />

si riduce di giorni, passando dai sei giorni del 2002 a tre giorni nel 2007.<br />

Contestualmente la durata complessiva della degenza dei pazienti che entrano in rete si riduce<br />

di due giorni, mentre non si modica quella dei soggetti non trasferiti.<br />

Patologie non SCA<br />

Anche negli Spoke la quota dei pazienti ricoverati per patologie no SCA è rimasta stabile, pari<br />

quasi al 0% dell’attività complessiva e l’analisi dei relativi percorsi non mostra nel tempo<br />

sostanziali variazioni, in quanto solo in una piccola percentuale di soggetti entra in rete.<br />

Analogamente alle UTIC Hub in questo gruppo rientrano varie condizioni cliniche e una percentuale<br />

consistente di pazienti (circa il 7%) presenta nel 2007 una diagnosi di dimissione<br />

non cardiologica.


Discussione<br />

Lo studio ha analizzato l’epidemiologia dei ricoveri in UTIC e valutato per primo gli effetti<br />

dell’attivazione della rete interospedaliera per la riperfusione dello STEMI con PCI primaria<br />

sulle attività delle UTIC su scala regionale.<br />

I nostri dati, derivati da data-base amministrativi, confermano che le SCA rimangono la<br />

causa più frequente di ricovero in UTIC, ma con diversa distribuzione negli anni tra STEMI<br />

e SCAnoSTEMI. Essi evidenziano anche che il numero di ricoveri per patologie cardiologiche<br />

non SCA è costantemente elevato.<br />

L’implementazione della rete per lo STEMI ha determinato un incremento dei ricoveri per<br />

STEMI nelle UTIC Hub e una loro contestuale riduzione in quelle Spoke, non compensata<br />

dal rientro dei pazienti dopo trattamento in Hub, né dall’aumento dei ricoveri per SCA no-<br />

STEMI o per patologie non correlate a SCA.<br />

Bibliograa di riferimento:<br />

Pavesi PC, Nobilio L, De Palma R, et al. L’evoluzione delle unitàdi terapia intensiva cardiologica nell’era della rete interospedaliera<br />

Hub e Spoke. Analisi dell’attivitàin Emilia-Romagna dal 2002 al 2007. G Ital Cardiol 2011;12: 1- 2.<br />

9


0<br />

STEMI oggi in Piemonte<br />

Maria Rosa Conte<br />

Unità di Cardiologia/UTIC - Ospedale “Degli Infermi”, Torino<br />

Fasi del progetto<br />

In Piemonte sin dal 200 e’ stato creato un “ tavolo tecnico “ in Regione Assessoratio alla<br />

Sanita', a cui partecipano cardiologi, medici del emergenza territoriale 118, medici operanti<br />

i presso i DEA e decisori pubblici per la RETE dell’EMERGENZA CORONARICA ed il trattamento<br />

dello STEMI.<br />

La PRIMA FASE del lavoro era consistita nel traslare le indicazioni delle Societa’ Scientiche<br />

, delle linee guida vigenti in materia, nella pratica clinica e nel formulare delle ipotesi<br />

di lavoro comune che portassero alla denizione di protocolli diagnostico terapeutici condivisi,<br />

percorsi comuni nalizzati ad offrire al cittadino , in qualsiasi luogo riesieda , il miglior<br />

trattamento dell’infarto acuto con ST sopra slivellato in accordo con la Consenusus FIC<br />

del 200 .<br />

L’ambizione era stata quella di creare una rete REGIONALE e non solo cittadina o provinciale,<br />

di uniformare il trattamento dello STEMI su tutto il territorio piemontese..<br />

Tale obiettivo ambizioso e’ stato pero’ anche la causa di un certo rallentamento del<br />

progetto stesso.<br />

In una PRIMA FASE sono stati deniti:<br />

• Dati epidemiologici dello STEMI in Piemonte ( dati Nazionali e del registro PRIMA )<br />

• Protocolli diagnostici<br />

• Modalita’ della trasmissione dell’ECG dal domicilio / autoambulanza 118<br />

• Protocolli terapeutici<br />

• Scheda dati da inviare unitamente all’ECG<br />

• Flow-chart decisionale ( PTCA primaria – brinolisi )<br />

• Denizione a livello regionale dei centri Hub e spoke<br />

• Rientro del paziente al centro di riferimento territoriale<br />

• diffusione dell'informazione capillare . Per ES giornata con il patrocinio ANMCO in cui e’ra<br />

stato presentato il progetto ai cardiologia piemontesi<br />

In una SECONDA FASE<br />

• E’ stata fatta la gara del sistema di trasmissione dati / ECG<br />

• Sono state affrontate le tematiche piu’ strettamente tecniche della trasmissione<br />

• Sono stati effettuati corsi di addestramento sulla lettura del ‘ECG, la ccinica e la siopatologia<br />

dello STEMI ai medici del 118 ed agli infermieri in tutti i quadranti della regione<br />

piemonte.<br />

• Si e’ attivata la collaborazione tra il CSI regione piemonte ed i vari CED delle aziende<br />

ospedaliere.


Nella TERZA FASE<br />

• Il progetto e’ stato attivato in forma pilota nel quadrante di Cuneo<br />

• Sono state rilevate le criticita’<br />

Nella QUARTA ed ATTUALE FASE ( gennaio 2011 )<br />

• il progetto e’ stato avviato sull’intero territorio piemontese<br />

• sono state ricontatte tutte le UTIC i Laboratori di emodinamica ed i DEA<br />

• e’ stato inviato alle UTIC il data base per la raccolta dei dati minimi<br />

• sono state informate dell'attivazione del progetto ufcialmente da parte dell'assessorato<br />

alla Sanita' le Direzioni generali e Sanitarie delle varie aziende .<br />

• e’ stata organizzata una tavola rotonda con i responsabili UTIC , 118 , medici di DEA e<br />

funzionari regionali nell’ambito del congresso ANMCO regionale dell’Aprile 2010 per discutere<br />

i dati dei primi mesi.<br />

• e' stata predisposta una raccolta dati minimal data set<br />

• sono state istutuite 2 sotto commissioni per l ' ottimizzazione del percorso intr a ed<br />

extra ospdaliero.<br />

Filosoa della rete dello STEMI piemontese<br />

Uno degli obiettivi della rete dello STEMi piemontese e’ stato quello di cercare di salvaguardare<br />

la territorialita’ del progetto coinvolgendo attivamente le UTIC di riferimento territoriale.<br />

Ciò dovrebbe da un lato sottolineare l’importanza della collaborazione e del<br />

coinvolgimento di tutte le UTIC, comprese le piu’ piccole , nel processo d i diagnosi e cura<br />

dei propri pazienti, dall’altro facilitare il rientro tempestivo del paziente nell’ospedale di<br />

competenza territoriale .<br />

Il “ prezzo” che si paga con questo tipo di impostazione e' stato stimato in un ritardo massimo<br />

di ca m' (tempo da protocollo consentito per avere la risposta dalle UTIC) . In caso<br />

di mancanza di risposta entro i tempi deniti , il 118 invia l'ecg , la scheda dati ed il pazienete<br />

al centro Hub piu' vicino.<br />

Descrizione del progetto<br />

Il Piemonte e' diviso in quadranti; nel quadrante 1 ( Torino e provincia ) risiedeil 1% della<br />

popolazione del Piemonte . Sono presenti in totale 1 UTIC spoke e 16 Hub di cui ben 9 nel<br />

quadrante 1 . La dotazione di mezzi di soccorso e' di 72 ambulanze ed 8 elicotteri<br />

Percorso<br />

• Il paziente chiama il 118 –> viene eseguito L’ ECG a domicilio o sull’autoambulanza –<br />

>ECG e SCHEDA DATI sintetica ( dati angraci, ora di insorgenza dei sintomi, PA, FC, killip)<br />

vengono inviati alla UTIC ( sia Hub che spoke ) di competenza territoriale. LA terapia farmacologica<br />

e' esposta nella tabella<br />

• Il medico del 118 ed il cardiologo UTIC che risponde , concordano la strategia riperfusiva<br />

in base a ora di insorgenza sintomi alto medio basso rischio , distanza da UTIC Hub<br />

e tempi di percorrenza<br />

• Il paziente viene inviato alla UTIC Hub ( in ogni caso ) o per PTCA primaria o in seguito a<br />

brinolisi pre-ospedaliera.<br />

• La centrale 118 invia il paziente nella UTIC HUB piu’ vicina e con Laboratorio disponibile<br />

1


• data una media di 220 STEMI 1.100 STEMI di questi<br />

trasmissione ECG da parte del 118--> 343 pari al 32% ca !!<br />

Breve commento e principali criticita'<br />

Pochi trasporti con 118 , poche trasmissioni ECG specie nelle citta' in cui data la vicinanza<br />

degi centri Hub si continua a conttare telefonicamente l'UTIC .<br />

Difcolota' al riilevamento sistematico dei dati ( minimal data set) da parte delle UTIC.<br />

Percorsi intraopedalieri disomogenei ( in alcuni casi lunghi )<br />

Ancora problemi tecnici di trasmissione ( pochi ).<br />

Tali dati sono in via di elaborazione.<br />

Tab 2


Infarto miocardico acuto<br />

con ST sopralivellato (STEMI)<br />

STEMI in Liguria<br />

Esperienza Ospedale San Martino<br />

Francesco Abbadessa<br />

C. Giachero, M. Vischi, A. Zingarelli, M. Balbi, A. Valbusa, R. Delno, P. Moscatelli, L. Borgo,<br />

F. Bermano, M. Comaschi, P. Rubartelli, S. Chierchia, L. Oltrona Visconti, F. Copello, F. Chiarella.<br />

IRCCS “Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino”<br />

IST Istituto Nazionale per la ricerca sul Cancro<br />

L’Ospedale San Martino ha avviato il programma di trattamento sistematico dello STEMI con<br />

angioplastica primaria (pPCI), nel 2002. Il programma prevede l’invio diretto del paziente<br />

con STEMI, in Emodinamica, dopo una diagnosi ECG effettuata sia sul territorio, con ECG<br />

pre-ospedaliero teletrasmesso dal 118, sia al DEA, con ECG trasmesso in UTIC attraverso<br />

la rete interna. Ormai da diversi anni 1,2 , la pPCI è il trattamento di prima scelta nell’infarto<br />

miocardico con sopralivellamento del tratto ST (STEMI), secondo quanto attualmente indicato<br />

dalle linee guida europee e statunitensi . La pPCI, effettuata tempestivamente nei<br />

tempi indicati, ha sostituito la brinolisi, che per oltre 1 anni, dalla metà degli anni 80 no<br />

ai primi anni del 2000, è stato il trattamento riperfusivo di riferimento nello STEMI. Dal<br />

2002 ad oggi, al San Martino sono state effettuate oltre 1700 pPCI. Questa esperienza ha<br />

riguardato l’intera area metropolitana genovese, in collaborazione con il servizio 118, il<br />

DEA e gli Ospedali Galliera e Villa Scassi.<br />

Volumi annuali di pPCI al San Martino dal 2002 al 2011.<br />

Dopo una fase iniziale di sperimentazione tecnica di trasmissione dell’ECG, da 118 ad UTIC,<br />

avvenuta nella seconda metà del 2002, il trattamento sistematico dello STEMI, con angioplastica<br />

primaria (pPCI) , è andato a regime dall’inizio del 200 , nell’ambito di una rete<br />

cardiologica inter-ospedaliera, costituita inizialmente da due Hub, San Martino e Galliera e<br />

dal 200 anche Villa Scassi.<br />

Da allora al San Martino, il volume annuale di pPCI ha avuto modeste variazioni: da oltre<br />

1 0 a circa 200 procedure per anno.<br />

Complessivamente, dal 2002, al San Martino sono state effettuate oltre 1700 procedure di pPCI.<br />

La Cardiologia Universitaria partecipa al programma di pPCI dal luglio 2010, effettuando il<br />

20% dell’attività totale del San Martino.<br />

Liguria : prima regione italiana per numero di pPCI in rapporto alla popolazione.<br />

Nel 2010, come già nel 2009, la Liguria è stata la prima regione italiana per numero di<br />

pPCI rispetto alla popolazione: 700 pPCI, per milione di abitanti, per anno.<br />

Media italiana: 6 , media europea: 8pPCI/mil.abitanti/anno.<br />

Nel 2010 in Italia sono state effettuate 279 1 pPCI, con un incremento del 9.7% rispetto<br />

al 2009. Su un totale di 262 Cath-Lab, 21 sono attivi h2 .


Numero annuale di pPCI per centro.<br />

Per quanto riguarda il volume annuale per centro, di angioplastiche primarie (pPCI), la mediana<br />

nazionale nel 2009 è stata di 11 pPCI per centro. 6<br />

Il San Martino, con 172 pPCI, nel 2009, si colloca nella fascia alta della distribuzione nazionale,<br />

oltre il 7 ° percentile.<br />

L’elevato numero di pPCI in rapporto alla popolazione è dovuto verosimilmente alle caratteristiche<br />

demograche della popolazione ligure.<br />

La Liguria è infatti la regione più vecchia d’Italia.<br />

L’indice di vecchiaia, 2 ,6, è il più alto in Italia, ed indica la presenza di oltre 2 anziani,<br />

con oltre 6 anni, per ogni giovane di età inferiore ai 1 anni.<br />

La percentuale di abitanti con età superiore a 6 anni, in Liguria, è la più alta fra tutte le<br />

regioni italiane: 26.8% .<br />

La distribuzione degli anziani è disomogenea nelle varie zone cittadine. La quota di over 6<br />

è maggiore nelle aree del mediolevante che costituiscono il principale bacino d’utenza del<br />

San Martino.<br />

Confronto tra le età riscontrate, nel 2010, nel registro STEMI del San Martino, nel registro<br />

nazionale Blitz 7 e nell’ampio registro nordamericano, Medicare-Medicaid 8 , da poco pubblicato,<br />

che comprende, nei primi nove mesi del 2010, 2 1 0 pz.


6<br />

Nel registro STEMI del San Martino è presente una popolazione più anziana di almeno anni<br />

rispetto al Blitz ed ai dati di Krumholz.<br />

Volumi annuali di pPCI a Genova, dopo l’attivazione del programma di pPCI.<br />

E’ attiva una rete cardiologica interospedaliera che comprende centri che effettuano pPCI,<br />

ed una UTIC senza emodinamica.<br />

Villa Scassi ha iniziato nel 200 .<br />

(Dati ricavati dai registri nazionali GISE, disponibili al 0 settembre 2011.) 6<br />

Il bacino di utenza del 118 corrisponde al territorio della ASL genovese, la cosiddetta<br />

area metropolitana, che comprende 7722 7 abitanti, distribuiti nel comune di Genova ed<br />

in 0 comuni minori limitro, su una supercie di oltre 1000 Km 2 .<br />

L’assegnazione dei pz STEMI ai tre HUB, Galliera, Villa Scassi e San Martino, viene effettuata<br />

dal 118 in base in base a criteri territoriali e di disponibilità delle sale.<br />

Isocrone di accesso: i comuni in celeste hanno un tempo di trasporto all’HUB superiore a<br />

0 min.<br />

L’efcacia delle procedure di pPCI dipende dal tempo di intervento, il cosiddetto door-toballon<br />

(D2B) 10-1 . Questo indice è risultato in rapporto direttamente proporzionale alla mortalità<br />

intra-ospedaliera. 11


Il tempo D2B è stato utilizzato dalle società cardiologiche internazionali nelle diverse iniziative<br />

nalizzate lanciate negli scorsi anni.<br />

L’obiettivo indicato è stato il raggiungimento di un tempo D2B uguale od inferiore a 90 min,<br />

in almeno il 7 % dei pz non trasferiti.<br />

Analisi sui primi 500 pz consecutivi.<br />

Per valutare l’impatto dei tempi d’intervento (D2B) sugli outcome a breve e medio termine,<br />

abbiamo effettuato un follow-up dei primi 00 pz consecutivi, trattati al San Martino nell’ambito<br />

del programma di pPCI nello STEMI. Il follow-up mediano è stato di 2 mesi.<br />

E’ stato effettuato un confronto sugli outcome rilevati in due gruppi di pazienti: quelli trattati<br />

entro il tempo D2B di 90 minuti e quelli oltre 90 min.<br />

Il cosiddetto tempo “door-to-balloon” è stato calcolato dal primo contatto medico, inteso<br />

come il tempo registrato sul primo ECG diagnostico di STEMI 1 , effettuato sia in fase preospedaliera,<br />

sia all’interno dell’ospedale.<br />

L’endpoint primario era costituito da un composito dei seguenti outcome: mortalità, scompenso<br />

cardiaco, re-intervento sul vaso trattato.<br />

Door-to-Balloon Time and Late Prognosis in Primary Angioplasty for ST-Segment<br />

Elevation Acute Myocardial Infarction<br />

Francesco Abbadessa, MD, Corinna Giachero, MD, Paolo Rubartelli, MD, Massimo Vischi,<br />

MD, Antonio Zingarelli, MD, Lorenzo Borgo, MD, Alberto Valbusa, MD, Francesco<br />

Bermano, MD, Paolo Moscatelli, MD, Sergio Chierchia, MD, Luigi Oltrona Visconti, MD.<br />

The purpose of this study was to evaluate whether


8<br />

Un terzo dei pz. proveniva dal 118, dopo diagnosi ECG preospedaliera. Il % proveniva dal DEA.<br />

Attualmente al San Martino non ci sono trasferimenti da altri ospedali, che fanno riferimento<br />

agli altri due HUB, Galliera e Villa Scassi.<br />

Il 27% dei pz. aveva un’età superiore a 7 anni.<br />

Circa un quarto dei pz era diabetico.<br />

Oltre il 60% dei pz era ad alto rischio, denito dalla presenza di almeno uno dei TIMI risk<br />

factor (FC>100; PA70; IMA ant). 1 Il 1 % dei pz era in shock; il 6% aveva<br />

avuto un arresto cardiaco prima dell’arrivo in Emodinamica.<br />

La mortalità ospedaliera, nei trattati con tempo D2B entro 90 min, è stata signicativamente<br />

inferiore rispetto a quella dei trattati oltre 90 min. : . vs 11.2 %.<br />

Il tempo D2B mediano, nel totale dei pz, è stato 70 min. La distribuzione dei tempi D2B è<br />

rappresentata con questo tipo di graco , denominato box plot, che consente di visualizzare<br />

la quota di pz trattati entro l’obiettivo, rappresentato dalla linea dei 90 min, tratteggiata<br />

in rosso. Il rettangolo giallo del box comprende i pz dal 2 ° al 7 ° percentile (range<br />

inter-quartile).<br />

Dalla posizione del box rispetto alla linea del tempo critico di 90 min, si vede che la quota<br />

dei trattati nel tempo critico è di poco inferiore al 7 %.


Nel sottogruppo di pz con STEMI anteriore, presentazione precoce, entro 120 min, ed età<br />

inferiore a 6 anni, il massimo ritardo accettabile afnché la pPCI mantenga un miglior benecio<br />

rispetto alla brinolisi, è risultato di 0 min 16 , equivalente quindi ad un D2B di 70<br />

min. Nella nostra casistica, in questo sottogruppo di pz, la quota dei trattati entro 70 min<br />

è stata 76%.<br />

Tempi di trattamento diversi in base alle modalità di arrivo.<br />

Per i pz 118 la quota di trattamento entro 90 min è stata 89% contro il 66% dei pz provenienti<br />

dal DEA.<br />

Complessivamente la quota di pz non trasferiti, trattata entro 90 min, è stata 7 %.<br />

Per i pz trasferiti da altri ospedali la quota si riduceva a 8%.<br />

Outcome in base ai percorsi<br />

Nonostante la differenza dei tempi di trattamento nei percorsi effettuati dai pz per arrivare<br />

in Emodinamica, la mortalità intra-ospedaliera non è stata differente in modo signicativo.<br />

Nel follow-up è stata rilevata una tendenza, non signicativa, ad una minor incidenza di<br />

eventi sfavorevoli nei pz 118.<br />

E’ probabile che le diverse modalità di presentazione caratterizzino popolazioni differenti,<br />

per la presenza di variabili non ancora identificate ed indipendenti dai tempi<br />

door-to-balloon. 17<br />

9


60<br />

Outcome in base al rischio ed al ritardo di presentazione<br />

Nel follow-up, tempi D2B < 90 min sono associati ad una minor incidenza di eventi sfavorevoli<br />

nei pz ad alto rischio ed in quelli con presentazione entro tre ore dall’esordio dei sintomi.<br />

Non è risultata differenza di eventi sfavorevoli nei pz a basso rischio ed in quelli con presentazione<br />

oltre le tre ore.<br />

Graco riassuntivo, forest plot, dell’analisi multivariata che esprime gli OR degli outcome<br />

rispetto ai tempi D2B. Tempi D2B inferiori a 90 min hanno ridotto gli eventi cardiaci sfavorevoli,<br />

in modo altamente signicativo.<br />

Dati dal 200 al 2011<br />

Tempi D2B dal 2003 ad oggi<br />

Il tempo D2B mediano è stato 7 ( ,106) min.<br />

Il registro nazionale più recente,il“Blitz qualità”riporta un D2B di 78 ( 7,107) min.in 1 2 pPCI. 7<br />

Le quote di trattamento entro 90 min risultano 6 % al San Martino e 62% nel Blitz .<br />

La campagna dell’ANMCO sul “Ritardo evitabile”, lanciata nel 2008, rileva i dati su base annuale<br />

dal 2009. La quota di trattati con D2B inferiore a 90 min è stata 68, 77, 72%, rispettivamente<br />

nel 2009, 2010 e 2011. 2<br />

Nel recente registro nazionale “Mantra”, che comprende 28 8 pz con STEMI, il tempo D2B<br />

mediano, nei pz non trasferiti, era 81 ( ,1 0). 27


Andamento annuale dei tempi ECG-to-balloon al San Martino, dall’inizio del programma<br />

nel 200 al 1 agosto 2011. Si può notare come la quota dei trattati entro 90 min, già dal<br />

200 , era quella indicata dalle linee guida: intorno al 7 %. Negli ultimi anni questa quota<br />

si è ridotta, di poco, ma in modo signicativo.Una tendenza simile è presente anche in alcune<br />

rilevazioni nazionali come quelle annuali della campagna ANMCO sul “Ritardo evitabile”<br />

( 77% nel 2010, 72% nel 2011). Nel registro nord americano invece la quota di<br />

partenza era molto più bassa, intorno al 0%, ed attualmente è arrivata ad oltre il 90%.<br />

I tempi di presentazione (S2B) sono un indice surrogato, rappresentativo del tempo totale<br />

di ischemia miocardica. 18<br />

Al San Martino la quota di presentazione entro le due “golden hours”, in cui è massimo il<br />

salvataggio miocardico, è risultata 2 %. Nel Blitz è stata %. A livello nazionale, secondo<br />

i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, solo il 10% dei pz con STEMI si presenta entro 120 min.<br />

dall’inizio dei sintomi.<br />

Le variazioni dei tempi di presentazione, nel corso degli anni, non sono state signicative.<br />

La quota di pz STEMI, con presentazione entro le due ore dall’inizio dei sintomi, è rimasta<br />

intorno al 2 %.<br />

Rispetto invece al percorso seguito dai pz, le differenze nei tempi di presentazione sono signicative.<br />

I pz che si rivolgono al 118 hanno tempi di presentazione dall’inizio dei sintomi<br />

61


62<br />

più rapidi rispetto a quelli che si presentano al DEA: presentazione entro 120 m’, % (118)<br />

vs 2 % (DEA).<br />

Alcune caratteristiche procedurali delle pPCI effettuate al San Martino nel periodo dal<br />

1 gennaio al 0 settembre 2011.<br />

Il registro Blitz si è svolto con due periodi di arruolamento dei pz, di 10 settimane ciascuno,<br />

tra il settembre 2009 ed il maggio 2010. Hanno partecipato 16 centri nazionali che<br />

hanno arruolato complessivamente 11 706 pz di cui 8 con STEMI. 7<br />

Il San Martino ha contribuito con 7 pz STEMI nelle due fasi di arruolamento. Confronto tra<br />

l’incidenza degli eventi intraospedalieri del San Martino e la media nazionale.<br />

Dati ricavati dalle SDO 2010.<br />

Sono stati selezionati i casi con DRG 10.X nella diagnosi principale, escludendo gli infarti<br />

subendocardici ( 107).<br />

Sono stati considerati i seguenti parametri:<br />

reparto di dimissione n° di pz età e genere giornate di degenza mortalità .<br />

Circa un terzo degli STEMI, così deniti, è risultato ricoverato in reparti diversi dalla<br />

Cardiologia, come Medicina, Medicina d’urgenza, Rianimazione.<br />

Questo gruppo di pz è caratterizzato da una maggiore età, una maggior percentuale di<br />

donne ed una mortalità ospedaliera nettamente più alta.<br />

Conclusioni<br />

Al San Martino il programma di angioplastica primaria nello STEMI è attivo da ormai quasi<br />

dieci anni.<br />

La nostra popolazione di riferimento ha la maggiore anzianità in Italia ed ha anche la maggior<br />

mortalità ospedaliera per infarto miocardico 9 .<br />

Fin dall’inizio, nel 200 , è stato raggiunto l’obiettivo che è stato successivamente indicato nelle<br />

campagne cardiologiche internazionali come ad esempio quella del “Door-to-balloon” dell’American<br />

College of <strong>Cardiology</strong> nel 2006 19 , “Mission for life” dell’American Heart Association<br />

nel 2007 ed inne quella della Società Europea di Cardiologia, “Stent for life” nel 2009.<br />

L’obiettivo principale di queste campagne era infatti il raggiungimento della quota del 7 %<br />

di STEMI trattati con pPCI entro 90 minuti dal primo contatto medico.


Nei primi anni della nostra esperienza, la quota dei pz. non trasferiti trattati entro 90 minuti,<br />

era intorno al 7 %, cioè quella indicata come obiettivo dalle società cardiologiche internazionali.<br />

Successivamente, nonostante la collaudata esperienza organizzativa, i tempi<br />

di trattamento non si sono ulteriormente ridotti, come pure non si è ridotto il tempo di presentazione<br />

dei pazienti: solo il 2 % ha una presentazione entro il tempo critico dei 120 minuti,<br />

in cui è massima la possibilità di salvataggio miocardico.<br />

La possibile spiegazione del mancato miglioramento è verosimilmente dovuta alle caratteristiche<br />

della nostra popolazione di pazienti, che insieme ad una maggiore anzianità, ha<br />

anche un maggior numero di comorbidità ed altre caratteristiche non ancora chiaramente<br />

identicate: ad esempio una maggior complessità con necessità di stabilizzazione prima<br />

del trasporto in Emodinamica.<br />

Nella nostra esperienza abbiamo nora valutato l’impatto favorevole dei tempi di intervento sugli<br />

outcome, a breve termine e, in minor misura anche a distanza, nei primi 00 casi consecutivi.<br />

Il controllo di qualità sul lavoro svolto, nel trattamento interventistico dello STEMI, è stato<br />

effettuato con una analisi basata sul confronto tra indici di processo, come il tempo di intervento<br />

(D2B) e indici di esito, come la mortalità a distanza. 20-2<br />

Questo tipo di analisi, sulla qualità del lavoro svolto, è stato nora effettuato da noi cardiologi,<br />

a scopo scientico, ma prossimamente potrebbe essere realizzato in collaborazione<br />

con gli specialisti del controllo di gestione, sia a livello delle aziende ospedaliere, sia<br />

a livello delle agenzie regionali sanitarie. Secondo la nostra esperienza occorre continuare<br />

a monitorare i principali indici procedurali, utilizzando un database prospettico, condiviso<br />

con i centri che effettuano la pPCI. Il database comune dovrebbe essere accessibile via<br />

web. Le analisi sui dati dovrebbero essere periodiche ed i risultati dovrebbero essere condivisi<br />

tra i centri partecipanti, in modo da poter disporre delle informazioni necessarie per<br />

una maggiore efcacia nella gestione delle procedure.<br />

Da questo punto di vista il lavoro da fare è ancora tanto ed il percorso è lungo, ma la realizzazione<br />

di un progetto unitario è necessaria per migliorare l’efcienza, nell’attuale contesto<br />

generale caratterizzato da una progressiva riduzione delle risorse.<br />

6


6<br />

Bibliograa<br />

1. Keeley EC, Boura JA, Grines CL. Primary angioplasty versus intravenous thrombolytic therapy for acute myocardial infarction:<br />

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Congresso 2011<br />

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Nazionale Medici Cardiologi<br />

6


66<br />

Infarto miocardico acuto<br />

con ST sopralivellato:<br />

esperienza ASL3 Genovese<br />

Paolo Rubartelli, Davide Bartolini, Sandro Bellotti, Gabriele Crimi, Alessandro Iannone<br />

Cardiologia, Ospedale Villa Scassi, ASL3, Genova<br />

La rete per il trattamento dello STEMI nell’area genovese (770.000 abitanti) è attiva dal<br />

2000. Dal 200 l’Ospedale Villa Scassi di Sampierdarena ha iniziato a far parte della rete<br />

come centro Hub insieme agli Ospedali San Martino e Galliera.<br />

Schema operativo genovese<br />

Il protocollo vigente nell’area genovese è stato sottoposto a successive revisioni, ma i punti<br />

sottoelencati ne hanno sempre costituito l’asse portante.<br />

1. I pazienti con STEMI entro le 12 ore dall’esordio dei sintomi, o entro le 2 ore in caso di<br />

persistenza di sintomi, sono considerati candidati alla riperfusione immediata.<br />

2. Sebbene il protocollo abbia sempre mantenuto possibilità di utilizzare la brinolisi, in<br />

pratica l’angioplastica primaria (pPCI) è stata utilizzata nella quasi totalità dei casi.<br />

. I pazienti con sospetto STEMI che chiamano il servizio 118 (S118) vengono immediatamente<br />

sottoposti ad ecg a 12 derivazioni, che può essere teletrasmesso all’UTIC. Se si<br />

conferma lo STEMI, il paziente viene condotto direttamente in sala di Emodinamica per<br />

la pPCI.<br />

. I pazienti con STEMI che si autopresentano ad un Ospedale senza Emodinamica, sono<br />

immediatamente trasferiti ad un Ospedale con Emodinamica attiva a cura del S118.<br />

Raccolta dei dati<br />

Dal 1° gennaio 2006 è disponibile un database con i dati relativi ai pazienti con STEMI afferiti<br />

all’Ospedale Villa Scassi. Verrà qui presentata la casistica dei pazienti con STEMI dal<br />

gennaio 2006 all’agosto 2011 (Figura 1). Per la diagnosi ecg, sono stati considerati i seguenti<br />

criteri: sopralivellamento di ST di almeno 1 mm in almeno 2 derivazioni contigue, o<br />

blocco di branca sinistra non preesistente, o sottolivellamento di ST in sede anteriore compatibile<br />

con ischemia transmurale posteriore.<br />

In questo periodo sono stati dimessi con diagnosi ISTAT di STEMI, vericata dall’analisi<br />

delle SDO, 116 pazienti. Di questi, 2 non presentavano i criteri ecg sopraesposti oppure<br />

sono giunti oltre la nestra temporale in cui è indicata la riperfusione immediata. I dati dei<br />

restanti 9 2 pazienti sono oggetto di questa analisi (Figura 1).


Risultati<br />

Va innanzitutto notato che solo 29 pazienti su 9 2 ( .1%), sulla base di una complessiva<br />

valutazione clinica, non sono stati considerati candidati alla riperfusione. La brinolisi è<br />

stata utilizzata in soli 1 pazienti (1. %), di cui 2 sono stati successivamente sottoposti a<br />

rescue PCI.<br />

I restanti 890 pazienti sono stati avviati alla coronarograa immediata nalizzata alla pPCI,<br />

che è stata effettivamente tentata nel 9 . % dei pazienti. I motivi per non iniziare la pPCI<br />

sono stati principalmente lo scarso territorio di distribuzione del vaso colpevole o l’avvenuta<br />

riperfusione; più raramente la pPCI non è stata tentata per sopravvenute complicanze.<br />

Abbiamo analizzato i dati dei pazienti sulla base di tre modalità di afferenza: accesso al nostro<br />

Pronto Soccorso, arrivo accompagnati dall’automedica del S118, trasferimento da altri<br />

Ospedali (Tabella 1). Le modalità di accesso più comuni sono risultate essere il S118 ( %)<br />

ed il Pronto Soccorso di Villa Scassi ( %). Circa un quarto dei pazienti sono stati trasferiti<br />

da altri Ospedali della ASL , ed una minoranza erano già in Ospedale o sono giunti con<br />

altre modalità.<br />

In Tabella 1 sono esposte le caratteristiche e l’outcome dei pazienti divisi sulla base delle<br />

modalità di afferenza. I pazienti che giungono via S118 sono più frequentemente maschi<br />

e con sintomi tipici, meno frequentemente diabetici. I pazienti che si presentano al Pronto<br />

Soccorso di Villa Scassi presentano un prolo di rischio più elevato (maggior prevalenza di<br />

diabete e sesso femminile, scores di rischio più elevati) ed hanno una mortalità ospedaliera<br />

nettamente superiore.<br />

Figura 1<br />

Pazienti con STEMI<br />

giunti a Villa Scassi<br />

dal 1-1-2006<br />

al 1-8-2011<br />

67


68<br />

Tabella 1<br />

Tabella 2<br />

Caratteristiche ed outcome<br />

S118 PS Villa Scassi Transfer Totale pazienti<br />

(n= 29, %) (n= 09, %) (n=228, 2 %) (n=9 2)<br />

Età 67.0±12.1 68.1±1 .8 67. ±1 .2 67.6±1 .1<br />

Età ≥80 aa (%) 16. 22.9 20.6 20.1<br />

Maschi (%) 77.8 6 . 71.9 71.<br />

Diabete (%) 22.2 29. 22.8 2 .2<br />

Pregresso Infarto (%) 12.2 10. 9.2 10.7<br />

Angina cronica (%) .8 6.7 7. 6.<br />

Sintomi atipici (%) 8.0 22.1 19. 16.<br />

STEMI anteriore (%) 1.6 9.0 .6 8.9<br />

Killip >1 (%) .9 8.6 .7 6.6<br />

TIMI Risk Score > (%) 21.9 26.7 2 . 2 .7<br />

Fibrinolisi (%) 0. .2 0 1.<br />

Nessuna riperfusione (%) 2.1 . 0. .1<br />

Coronarograa per pPCI (%) 97.6 91.2 99.6 9 .<br />

pPCI non eseguita (%) .9 .7 . .2<br />

Mortalità ospedaliera (%) 6. 11. .7 8.<br />

Tempistica<br />

Gli intervalli di tempo tra esordio dei sintomi, contatto con i servizi medici e riperfusione con<br />

pPCI sono esposti in Tabella 2. L’intervallo tra esordio dei sintomi e primo contatto medico<br />

nella nostra popolazione è minore nei pazienti che si rivolgono al S118, e maggiore nei<br />

pazienti che si presentano negli Ospedali. L’intervallo tra primo contatto medico e pPCI è<br />

invece simile nei casi gestiti dal S118 e nei pazienti che si presentano al Pronto Soccorso<br />

di Villa Scassi ma, grazie ad un minor ritardo decisionale, i pazienti che giungono con il S118<br />

hanno un minor tempo ischemico totale (esordio-pPCI). I pazienti trasferiti dagli altri Ospedali<br />

hanno il maggior tempo ischemico totale a causa di un maggior ritardo decisionale che<br />

si somma al maggior intervallo 1° contatto medico-pPCI.<br />

L’intervallo door to balloon, ovvero dal momento in cui il paziente giunge all’Ospedale Villa<br />

Scassi alla pPCI, è nettamente inferiore sia nei pazienti trasportati dal S118 sia nei pazienti<br />

trasferiti da altri Ospedali rispetto ai pazienti che si presentano al nostro ospedale. Ciò è<br />

dovuto al fatto che sia il medico del 118 che il medico dell’Ospedale che trasferisce preavvisano<br />

il personale della cardiologia dell’Ospedale Villa Scassi che possono così attivare<br />

la sala di emodinamica ed accelerare la procedura di pPCI.<br />

Tempistica (minuti). I dati sono espressi come mediana, (quartili)<br />

Automedica 118 PS Villa Scassi Transfer Totale pazienti<br />

(n= 29) (n= 7 ) (n=228) (n=9 2)<br />

Esordio-1° contatto medico 7 ( 0, 1 6) 120 (68, 26 ) 116 ( 6, 29 ) 100 ( 0, 211)<br />

1° contatto medico-pPCI 78 (6 , 97) 77 (60, 102) 10 (88, 1 1) 86 (67, 109)<br />

Esordio-pPCI 162 (118, 2 2) 21 (1 6, 69) 229 (1 7, 2 ) 197 (1 , 18)<br />

Door (nale) to balloon 1 (22, 8) 77 (60, 102) 27 (21, 8) 2 (26, 7 )


Variabili procedurali e risultati angiograci<br />

I risultati esposti in Tabella si riferiscono agli 8 pazienti in cui la pPCI è stata tentata.<br />

Una riapertura del vaso con usso TIMI 2 o è stata ottenuta nel 97% dei casi.<br />

Variabili procedurali e risultati angiograci sui pazienti avviati alla pPCI (n=844)<br />

Flusso nale TIMI 2 107 (1 %)<br />

Flusso nale TIMI 70 (8 %)<br />

Sistema aspirazione trombo 97 ( 7%)<br />

Impianto di stent 7 (87%)<br />

Effetti della tempistica sulla mortalità ospedaliera<br />

Abbiamo analizzato gli effetti del tempo ischemico totale e del tempo door-to balloon (1) ed<br />

abbiamo trovato una forte associazione tra aumento del tempo door-to-balloon e mortalità.<br />

Questa associazione rimaneva signicativa anche all’analisi multivariata, ed anche per<br />

tempi di door-to-balloon ben al di sotto di quelli raccomandati dalle linee guida (Figura 2).<br />

Fattori associati al ritardo<br />

Le linee guida internazionali raccomandano un intervallo 1° contatto medico-pPCI non superiore<br />

ad un valore compreso tra 90’ (linee guida americane) e 120’ (linee guida europee).<br />

Nella nostra esperienza, circa 2/ dei pazienti che non richiedono trasferimento interospedaliero<br />

hanno un tempo 1° contatto medico-pPCI


70<br />

tanto è stato eliminato dal protocollo della rete genovese. Pur con il limite di una analisi di<br />

dati non randomizzati, la nostra esperienza aveva evidenziato una associazione tra pretrattamento<br />

con Abciximab e riduzione della mortalità ospedaliera ( ) .<br />

Ruolo dell’accesso radiale<br />

L’utilizzo dell’accesso arterioso radiale anziché femorale nella pPCI è passato dal 0%<br />

all’80% nel corso della nostra esperienza ( ) . I dati indicano che l’accesso radiale non comporta<br />

ritardo nella riapertura del vaso ma è associato a minori complicanze emorragiche e<br />

vascolari.<br />

Conclusioni<br />

Il nostro centro è inserito in un collaudato sistema di rete per il trattamento dello STEMI.<br />

La nostra esperienza indica che una elevatissima percentuale di pazienti con STEMI può<br />

essere trattata con successo con pPCI, senza differenze tra ore lavorative, notturne o festive.<br />

Sono state individuate variabili cliniche ed organizzative che inuenzano i tempi di<br />

trattamento, che appaiono sicuramente migliorabili, pur confrontandosi favorevolmente<br />

con quelli di altre esperienze italiane ed internazionali. La mortalità ospedaliera osservata<br />

è relativamente elevata (8. %), ma riteniamo sia conseguenza della scarsissima selezione<br />

dei pazienti (97% avviati alla pPCI) e dell’età (20% ultraottantenni). Attualmente più<br />

dell’80% dei pazienti sono riperfusi mediante l’accesso radiale, con minori complicanze<br />

emorragiche e vascolari, maggior comfort del paziente, e senza che ciò comporti un allungamento<br />

dei tempi di riperfusione.<br />

Bibliograa<br />

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2010<br />

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complications (Abs). ESC Congress 2010


STEMI oggi in Liguria<br />

Esperienza Ospedale Galliera<br />

Andrea Rolandi<br />

S.S.C. Emodinamica - Ospedale Galliera, Genova<br />

Il trattamento dell’infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI)<br />

mediante angioplastica primaria è stato introdotto presso l’Ente Ospedaliero Galliera nel<br />

200 . Da allora il Laboratorio di Emodinamica è operativo come centro HUB nelle modalità<br />

di guardia attiva e reperibilità di 2 ore al giorno, 7 giorni a settimana (2 /7). Dallo<br />

stesso anno sono stati introdotti protocolli per il trattamento dell’infarto miocardico acuto<br />

(STEMI) in relazione alle differenti modalità di afferenza del paziente. In particolare, per i<br />

pazienti inviati al Laboratorio di Emodinamica mediante il Servizio di Soccorso 118, è stato<br />

introdotto un protocollo condiviso con gli altri Ospedali dotati di Emodinamica operativa<br />

2 /7 dell’area metropolitana. Tale servizio include sia i casi di primo intervento del 118 sul<br />

territorio, sia il trasporto secondario, cioè di pazienti con accesso presso ospedale privo di<br />

servizio di emodinamica 2 /7. Per i pazienti afferenti direttamente al Pronto Soccorso dell’ospedale<br />

o già degenti al momento dell’esordio dei sintomi, sono stati allestiti protocolli<br />

terapeutici “interni” .<br />

Dal 200 ad oggi 1187 pazienti sono stati trattati presso il laboratorio di emodinamica dell’E.O.<br />

Galliera per infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST.<br />

Attività del laboratorio<br />

per il trattamento<br />

dell’infarto STEMI con<br />

PTCA primaria e rescue<br />

dal 200 al 2010<br />

71


72<br />

Pazienti con STEMI<br />

suddivisi per classe di età<br />

Afferenza dei pazienti<br />

con STEMI<br />

L’età media della popolazione è di 6 anni (da 2 a 97 anni), 76% di sesso maschile. I pazienti<br />

con età superiore a 79 anni sono il 12. %.<br />

L'afferenza dei pazienti è stata nel 2.0% dei casi dal territorio tramite Servizio Soccorso<br />

118, nel 1.0% dal Pronto Soccorso dell' ospedale, nel 12. % da altro ospedale, nel . %<br />

da altri reparti dell'ospedale e nell'1.2 % da guardia medica.<br />

La presentazione clinica al momento dell'ingresso in Laboratorio è stata nel 90. % Classe<br />

Killip 1, nel .2% classe Killip 2, nel 1. % classe Killip e nel .1% classe Killip .<br />

In relazione al trattamento farmacologico, in aggiunta al trattamento con aspirina, clopidogrel<br />

ed eparina, nell' 87% dei casi è stato impiegato un inibitore del recettore piastrinico gp IIb-<br />

IIIa. Nel 76.9 % è stato impiegato Abiciximab, nel 8. % Eptidibatide e nell' 1.7% Tiroban.<br />

Per quanto riguarda le tecniche di rivascolarizzazione, nel 9% dei casi è stata eseguita una<br />

trombectomia con un progressivo aumento del tasso di impiego della metodica negli ultimi<br />

anni. Nel 6 .2% dei casi è stato impiegato uno stent metallico non rivestito, nel 20.1 % è


stato impiegato uno stent a rilascio di farmaco, nell'1.7% sono stati impiegati entrambi, in-<br />

ne nel .9% dei casi non è stata impiantata una endoprotesi. Nel 7.7% dei casi è stato<br />

impiegato un contropulsatore aortico.<br />

L’accesso arterioso femorale risulta complessivamente il più utilizzato. L’accesso radiale è<br />

stato impiegato in modo crescente no a costituire, nell’ anno 2010, il più impiegato.<br />

L’analisi dei tempi, effettuata sui dati del registro WebSTEMI, riferita a 86 pazienti trattati<br />

tra il 2006 ed il 2010, evidenzia che il tempo medio intercorso tra l'esordio dei sintomi e<br />

l'esecuzione dell'ECG diagnostico è stata di 178 minuti. Il tempo medio tra la diagnosi (ECG<br />

diagnostico) e la riapertura del vaso è stata di 97 minuti. Il tempo medio tra l'accesso all'ospedale<br />

(door nale) e la riapertura del vaso (balloon) è stato di 76 minuti.<br />

L'outcome procedurale è stato nel 9 .1% un usso TIMI , nel . % TIMI 2, nello 0. % TIMI 1<br />

e nel 1. % dei casi TIMI 0.<br />

Percentuale annua di<br />

impiego di trombectomia<br />

e stent medicato.<br />

Percentuale annua di<br />

accesso arterioso<br />

femorale e radiale nei<br />

pazienti con STEMI<br />

7


7<br />

Flusso TIMI al termine<br />

della procedura<br />

La mortalità intra-ospedaliera è stata del 7.8%. L'incidenza di reinfarto intra-ospedaliero<br />

è stata dello 0. %.<br />

Nel .9% dei casi è stata eseguita una nuova procedura di rivascolarizzazione nel corso del<br />

ricovero. Nello 0. % dei casi è stato necessario un ulteriore trattamento della lesione target.<br />

Nel . % dei casi è stata trattata un’ altra lesione.<br />

Il ricorso ad intervento cardiochirurgico si è vericato nello 0.9% dei casi. Nello 0.2% dei<br />

casi è stato necessario un intervento in elezione, nello 0.7% in urgenza.<br />

L'incidenza complessiva di eventi emorragici è stata del 6.6%. L’incidenza di sanguinamenti<br />

minori è stata del .7%, l’incidenza di sanguinamenti maggiori è stata del 2.9% .<br />

Eventi %<br />

Mortalità intra-ospedaliera 7.8<br />

Re-infarto intra-ospedaliero 0.<br />

PTCA su lesione target 0.<br />

PTCA su altra lesione .<br />

CABG in urgenza 0.7<br />

CABG elettivo 0.2<br />

Sanguinamenti minori .7<br />

Sanguinamenti maggiori 2.9<br />

La degenza media è stata di 7.6 giorni. La dimissione è avvenuta nel 76 % dei casi dal reparto<br />

Cardiologia UTIC e nel 2 % dei casi da altri reparti.


STEMI.<br />

L’esperienza della Spezia nel 2010.<br />

Gianfranco Mazzotta<br />

S.C. di Cardiologia, Ospedale S. Andrea, La Spezia<br />

Dalla primavera del 2009, il Servizio 118 della ASL si è organizzato per offrire a tutti gli<br />

STEMI con presentazione precoce la terapia con angioplastica primaria. Il protocollo farmacologico<br />

durante il trasporto prevedeva il classico schema MANO, clopidogrel in dose di<br />

carico, eparina UHF e abcximab. Il Servizio 118 ha sempre avuto la possibilità di inviare il<br />

tracciato elettrocardiograco al Cardiologi di Guardia dell’Ospedale S. Andrea. Fino ad agosto<br />

2009, la Sala di Emodinamica è stata aperta 6 ore al mattino (8-1 ); dal 1 agosto al<br />

1 dicembre, per 12 ore (8-20). Di conseguenza, i malati con STEMI venivano trattati alla<br />

Spezia in quelle ore, e venivano inviati, previi accordi telefonici, alla Sala di Emodinamica<br />

dell’O.P.A. di Massa negli altri orari. Dal 1 dicembre 2009, la Sala di Emodinamica della<br />

Spezia è aperta H2 per 6 giorni l’anno.<br />

Da questa data, quindi, tutti i malati con STEMI vengono gestiti dalla S.C. di Cardiologia della<br />

Spezia, per la ASL . Gli STEMI che si sono presentati alla nostra osservazione nell’anno<br />

solare 2010 sono stati 2 , di cui 8 presentazioni molto tardive (superiori alle 12 ore). 170<br />

hanno eseguito coronarograa d’urgenza e angioplastica primaria. In 6 casi si è proceduto<br />

a tromboaspirazione diretta, in casi ad IVUS. In 16 casi, per protocollo interno concordato,<br />

si è eseguita PTCA solo sul vaso colpevole; in 6 casi, 2 lesioni erano co-culprit,<br />

oppure non era possibile comprendere con esattezza quale delle 2 avesse più peso nel<br />

determinare lo STEMI, e quindi sono state trattate entrambe. Non vi è stata mortalità all’interno<br />

della Sala di Emodinamica nei malati con STEMI. Sempre nel 2010, sono state eseguite<br />

altre 97 PTCA su angina stabile, instabile, NON STEMI, STEMI tardivi, con 2 decessi<br />

in Sala di Emodinamica (grave NON-STEMI con malattia del tronco comune in ottantasettente,<br />

trivasale in dialisi con angina instabile in settantacinquenne). La mortalità totale intraospedaliera<br />

per tutti gli infarti è stata del 6,2%, con un’età mediana di 7 anni.<br />

Tornando agli STEMI sottoposti a PTCA primaria, 170 appunto, il 21% è arrivato direttamente<br />

in Sala di Emodinamica provenendo dal 118; il 6% provenendo dal Pronto Soccorso<br />

della Spezia, il 29% da quello di Sarzana, l’1% dal Pronto Soccorso di Levanto; il restante<br />

% proveniva da ricoverati all’interno dell’Ospedale S. Andrea stesso. Il tempo dal dolore<br />

al primo contatto medico è stato di 110 minuti quando il Malato chiamava il 118, 212 minuti<br />

nelle altre presentazioni; il tempo dal primo contatto al pallone è stato di 99 minuti con<br />

il 118, 126 minuti con le presentazioni alternative; il tempo door to balloon è simile e molto<br />

buono, 0 e 2 minuti rispettivamente (unica differenza non signicativa). Il tempo totale<br />

dall’inizio del dolore al pallone è di 210 minuti nei malati con STEMI che decidono di chiamare<br />

il Servizio 118, 8 minuti negli altri. Da Febbraio 2011, il protocollo farmacologico<br />

in atto presso il Servizio 118 è cambiato, e si è uniformato a quello elaborato ex novo il Liguria,<br />

non comprende più l’abcximab che è somministrato solo in Sala di Emodinamica.<br />

7


76<br />

Poche riessioni. I cittadini che chiamano direttamente il 118 sono troppo pochi. Questo dipende<br />

verosimilmente dal fatto che il servizio di emergenza nello STEMI è in atto da un<br />

tempo limitato e che una buona parte della popolazione deve prenderne coscienza. Sono<br />

in atto campagne pubblicitarie congiunte con la Neurologia (per la trombo lisi nell’isctus)<br />

per sensibilizzare a questo scopo, giacché la differenza sulla tempistica è enorme. La concentrazione<br />

di tutte le strutture dell’emergenza in un solo padiglione dotato di 2 ascensori<br />

avvantaggia la movimentazione dei malati e contribuisce a realizzare tempi interni veramente<br />

brevi. Emergono quindi problemi di consapevolezza della cittadinanza e restano<br />

problematiche gestionali che presentano margini di miglioramento soprattutto per il distretto<br />

meno vicino, quello di Levanto.


Protocollo di Gestione<br />

dell'Infarto Miocardico Acuto<br />

a ST sopraslivellato (STEMI)<br />

nell’ambito della Regione Liguria<br />

A cura del Gruppo Collaborativo Interdisciplinare della Regione Liguria per il Percorso di<br />

Cura dello STEMI<br />

F. Abbadessa, F. Arcidiacono, P. Ballarino, D. Bartolini, P. Bellotti, L. Beringheli, F. Bermano,<br />

L. Borgo, M. Brignole, F. Chiarella, M. Comaschi, P. Cremonesi, R. Delno, F. Della Rovere,<br />

C. Del Prato, S. Domenicucci, S. Esposito, S. Ferlito, R. Griffo, P. Iannoni, G. Lerza, G. Mazzotta,<br />

F. Miccoli, P. Moscatelli, G. Orengo, E. Puggioni, G. Regolini, P. Rubartelli, P. Spirito, F.<br />

Torracca, M. Zanna<br />

Presentazione di Marco Comaschi<br />

Introduzione<br />

Ridurre la mortalità nei pazienti con STEMI rimane l’obiettivo a cui tendono tutti gli sforzi<br />

terapeutici, pertanto cruciale diventa anche ridurre il tempo tra il primo contatto medico e<br />

l’inizio di una strategia riperfusiva volta a salvare quanto più muscolo cardiaco possibile,<br />

secondo l’ormai consolidata evidenza che il tempo è muscolo.<br />

Le due terapie riperfusive attualmente disponibili sono l’angioplastica coronarica (PCI) e la<br />

brinolisi. Chiedersi quale sia l’opzione immediatamente utilizzabile in un determinato limite<br />

temporale è prioritario nella decisione su quale strategia seguire dopo la diagnosi di<br />

STEMI, piuttosto che considerare semplicemente quale trattamento offra i maggiori bene-<br />

ci da un punto di vista teorico, senza tener conto dei tempi e della quantità di tessuto cardiaco<br />

ischemico che sta andando incontro a necrosi.<br />

Sebbene l’angioplastica primaria sia il trattamento di scelta quando può essere effettuata<br />

entro 90 – 120 minuti dal primo contatto medico, a volte non è possibile praticarla nella<br />

nestra temporale utile. La procedura, inoltre, oltre che dal fattore tempo dipende da altri<br />

due aspetti importanti: dall’esperienza dell’operatore e dal volume di procedure del Centro.<br />

E’, infatti, ormai acquisito che la mortalità risulta signicativamente più alta nei Centri<br />

e per gli operatori “low – volume”.<br />

E’ dimostrato, inoltre, che i vantaggi dell’angioplastica spesso si annullano quando il ritardo<br />

per l’esecuzione della PCI, rispetto al tempo necessario per eseguire la trombolisi, è<br />

superiore a 60 minuti. I vantaggi variano considerevolmente in funzione di alcuni fattori<br />

come l’età e il rischio emorragico del paziente, il tempo trascorso dall’inizio dei sintomi, la<br />

sede dell’infarto. Nella scelta della terapia riperfusiva questi fattori devono essere valutati<br />

attentamente. In molti casi è opportuno, quindi, considerare la brinolisi precoce da effettuarsi<br />

anche in ambito pre – ospedaliero e la disponibilità di una PCI di routine o di salvataggio<br />

da eseguirsi nei casi di non completa risoluzione del tratto ST all’ECG.<br />

77


78<br />

A tutt'oggi la diagnosi e la cura dell’infarto spesso si basano su atti terapeutici concentrati<br />

in un unico luogo rappresentato dall’Unità di Terapia Intensiva Coronarica (UTIC) dell’ospedale<br />

più prossimo al paziente. Oggi deve essere previsto un ambito d’azione differente<br />

e concettualmente più ampio in cui diagnosi e terapia coinvolgano sedi diverse<br />

dall’UTIC, quali il territorio…<br />

Il diverso e più ampio ambito d’azione deve coinvolgere nella rete per la gestione dello<br />

STEMI nuove gure professionali, e tra queste il personale dell’Area Emergenza – Urgenza<br />

extraospedaliera. Si anticipa quindi il percorso diagnostico – terapeutico del paziente con<br />

STEMI individuando nel Servizio Sanitario di Urgenza – Emergenza (S.S.U.Em) l’elemento<br />

di continuità tra territorio, ospedale non dotato di emodinamica interventistica e ospedale<br />

con emodinamica interventistica.<br />

Al S.S.U.Em viene pertanto richiesto un ruolo attivo nella gestione diagnostica e terapeutica<br />

del paziente e nel concorrere a favorire lo sviluppo della rete delle strutture deputate<br />

al trattamento dello STEMI, in linea con quanto denito dalla normativa regionale.<br />

L’attività coordinata delle gure professionali coinvolte nella gestione del paziente con<br />

STEMI determina obbligatoriamente la denizione di protocolli operativi e terapeutici concordati<br />

e contestualizzati al livello locale, riferiti alla fase diagnostica e terapeutica extraospedaliera,oltre<br />

a quella inter ed intraospedaliera<br />

Obiettivi<br />

Il documento riporta gli obiettivi prioritari per la gestione in emergenza – urgenza dell’ Infarto<br />

Miocardico con Tratto ST Elevato (STEMI) e che si possono così riassumere:<br />

1. trasmettere il segnale elettrocardiograco dal territorio all’UTIC di riferimento territoriale<br />

2. diagnosticare lo STEMI nel più breve tempo possibile<br />

. rendere disponibili, nel minor tempo possibile, trattamenti adeguati per tutti i pazienti<br />

con STEMI, indipendentemente dal luogo dove viene formulata la diagnosi<br />

. aumentare il numero dei pazienti che giungono vivi in ospedale<br />

. garantire percorsi diagnostici e terapeutici tempestivi e preordinati<br />

6. accogliere in modo appropriato i pazienti con IMA acuto nelle UTIC con Emodinamica<br />

7. iniziare il più rapidamente possibile un trattamento riperfusivo<br />

8. aumentare la percentuale dei pazienti trattati con le terapie di riperfusione<br />

9. assicurare il trattamento interventistico ai pazienti a più alto rischio<br />

10.garantire una corretta e tempestiva informazione al paziente e ai suoi familiari<br />

Situazione attuale nella diverse aree della Regione Liguria.<br />

La Regione Liguria, comprendente capoluoghi di provincia, è suddivisa in ASL, oltre ad<br />

un’Azienda Ospedaliera Universitaria e un Ente Ospedaliero afferenti all'area metropolitana<br />

genovese.<br />

ASL 1 “Imperiese”<br />

ASL 2 “Savonese”<br />

Area Metropolitana genovese (ASL 3; A.O.U. Ospedale S.Martino; E.O.Ospedali Galliera)<br />

ASL 4 Chiavarese<br />

ASL 5 Spezzino


Ogni ASL, come di seguito espresso, comprende almeno un DEA di I o II livello, uno o più<br />

Pronto Soccorsi e, laddove l'estensione territoriale è maggiore o impervia, uno o più Punti<br />

di Primo Intervento che si integrano con i rispettivi centri di riferimento come sotto indicato.<br />

ASL 1 “Imperiese”<br />

• ASL 1 OSPEDALE DI IMPERIA<br />

Via S.AGATA 7 IMPERIA DEA di I livello (Presidi Riuniti)- Pronto Soccorso - Cardiologia<br />

/UTIC<br />

• ASL 1 OSPEDALE DI SANREMO<br />

Via G.Borea 6 SANREMO - DEA di I livello (Presidi Riuniti) - Pronto Soccorso - Cardiologia<br />

/UTIC<br />

Laboratorio di emodinamica<br />

• ASL 1 OSPEDALE DI BORDIGHERA<br />

Via Aurelia 122 BORDIGHERA -DEA di I livello (Presidi Riuniti) -Pronto Soccorso<br />

ASL 2 “Savonese”<br />

• ASL 2 OSPEDALE S.PAOLO<br />

Via Genova SavonaDEA 1°livello Pronto Soccorso/Cardiologia/UTIC<br />

Laboratorio di emodinamica<br />

• ASL 2 OSPEDALE S.MARIA DI MISERICORDIA Viale Martiri della Foce, Regione Banoli,<br />

ALBENGA<br />

Pronto Soccorso Cardiologia di riferimento DEA S.Corona<br />

• ASL 2 OSPEDALE S.GIUSEPPE<br />

V.le Martiri della Libertà 0 Cairo Montenotte P.S. Cardiologia di riferimento DEA Osp.<br />

S.Paolo SV<br />

• ASL 2 OSPEDALE S.CORONA<br />

Via XXV Aprile 8 PIETRA LIGURE DEA II Livello Cardiologia /UTIC<br />

Laboratorio di emodinamica<br />

Area Metropolitana genovese<br />

• ASL OSPEDALE VILLA SCASSI<br />

Corso Onofrio Scassi 1 Genova –Sampierdarena DEA 1° livello Cardiologia /UTIC<br />

Laboratorio di emodinamica<br />

• OSPEDALE S.CARLO<br />

Piazzale Giannasso (Ge-Voltri) Pronto Soccorso/Cardiologia (Servizio)<br />

• OSPEDALE PADRE ANTERO MICONE<br />

Via Domenico Oliva 22 (Ge-Sestri Ponente) Pronto Soccorso/Cardiologia/UTIC NO<br />

Emodinamica<br />

• OSPEDALE LA COLLETTA<br />

Via del Giappone Arenzano (GE) Cardiologia Riabilitativa<br />

• OSPEDALE ANDREA GALLINO<br />

Via Ospedale Gallino (Ge-Pontedecimo) Primo intervento h12 Cardiologia/UTIC NO<br />

Emodinamica<br />

• A.O. U. S.MARTINO<br />

L.go Rosanna Benzi 10 Genova DEA II Livello Cardiologia/UTIC<br />

79


80<br />

Laboratorio di emodinamica<br />

• E.O. OSPEDALI GALLIERA<br />

Via Mura delle Cappuccine 1 Genova DEA I Livello Cardiologia/UTIC<br />

Laboratorio di emodinamica<br />

ASL 4 Chiavarese<br />

• ASL OSPEDALI RIUNITI LEONARDI E RIBOLI<br />

Via Don Bobbio 2 LAVAGNA (Ge) DEA I Livello Cardiologia/UTIC<br />

Laboratorio di Emodinamica<br />

• ASL OSPEDALE CIVILE SESTRI LEVANTE<br />

Via Terzi Pronto Soccorso (Cardiologia di riferimento Ospedale Lavagna)<br />

• ASL OSPEDALE CIVILE S.MARGHERITA LIGURE<br />

Via Fratelli Arpe 1 Primo intervento (Cardiologia di riferimento Ospedale Lavagna)<br />

• OSPEDALE “Nostra Signora di Montallegro” Rapallo<br />

Via San Pietro 8 Rapallo (GE)<br />

ASL 5 Spezzina<br />

• OSPEDALE SANT'ANDREA LA SPEZIA<br />

Via Vittorio Veneto 197 La Spezia DEA I Livello Cardiologia /UTIC<br />

Laboratorio di emodinamica<br />

• OSPEDALE FELETTINO<br />

Via del Forno-Loc Felettino La Spezia<br />

Pronto Soccorso (Cardiologia di riferimento Osp.S.Andrea, La Spezia)<br />

• OSPEDALE S.NICOLO' LEVANTO<br />

Via Madonna della Guardia LEVANTO La Spezia<br />

Primo intervento (PS e Cardiologia di riferimento Osp.S.Andrea, La Spezia)<br />

• PRESIDIO OSPEDALIERO SAN BARTOLOMEO<br />

Via Cisa (Sp) - Pronto Soccorso (Cardiologia di riferimento Osp.S.Andrea La Spezia)<br />

Un dolore toracico di sospetta natura cardiaca implica la registrazione di un ECG nel più<br />

breve tempo possibile<br />

Il Servizio di 118 garantisce su tutto il territorio automediche dotate di elettrocardiogra<br />

a 12 derivazioni. La lettura e l'interpretazione dell'ECG può essere effettuata dal medico<br />

dell'automedica o dal cardiologo di guardia dell'Ospedale S.Martino per l'area metropolitana<br />

genovese, dal cardiologo di guardia di Sanremo o di Imperia a seconda del territorio<br />

di pertinenza per la ASL 1; dal cardiologo dell'Ospedale di Savona o di Pietra Ligure<br />

a seconda del territorio di pertinenza per la ASL 2: dal Cardiologo dell'Ospedale di Lavagna<br />

per la ASL ; dal cardiologo dell'Ospedale di Spezia per la ASL . I tracciati vengono<br />

inviati per via telematica.<br />

I Pazienti da sottoporre a PTCA presi in carico dal 118 verranno trasportati presso il laboratorio<br />

di emodinamica secondo il criterio della competenza territoriale: in caso di indisponibilità<br />

anche temporanea dell'emodinamica di riferimento accertata dal 118 (mancanza<br />

posti UTIC, procedura in corso etc), il Paziente verrà trasportato ad altra emodinamica.<br />

Resta inteso che il Servizio 118 mantiene la più alta discrezionalità sull'individuazione dell'emodinamica<br />

più idonea in relazione a situazioni particolari (trafco, logistica, situazioni


di criticità etc.), fermo restando che presso ciascuna azienda il Servizio deve essere immediatamente<br />

fruibile, 2 ore su 2 , per 6 giorni all'anno.<br />

Sarà compito del personale del Laboratorio di Emodinamica garantire l'attivazione della<br />

sala nei tempi più brevi e avvertire tempestivamente il medico della centrale del 118 sull'operatività<br />

della sala stessa.<br />

Qualora il Paziente trasportato dal personale del 118 dovesse arrivare nella struttura ospedaliera<br />

preposta prima dell'attivazione della sala, il Paziente verrà trasferito presso:<br />

.Il PS per quanto riguarda l'Ospedale Galliera.<br />

.L'UTIC del Monoblocco per quanto riguarda l'Osp San Martino<br />

.il PS per quanto riguarda l’Ospedale Villa Scassi<br />

.il PS per quanto riguarda l'Osp.S.Paolo di SV<br />

.il PS per quanto riguarda l'Osp. di Pietra Ligure<br />

.il PS per quanto riguarda l'Osp di Lavagna<br />

.il PS per quanto riguarda l'Osp.S.Andrea di La Spezia.<br />

.il PS per quanto riguarda l'Osp. di Sanremo<br />

Per i pazienti trasportati presso un Laboratorio di Emodinamica per l’esecuzione di<br />

una procedura di angioplastica primaria è auspicabile lo sviluppo di un protocollo<br />

operativo che permetta la ricollocazione presso l’ Ospedale di competenza territoriale<br />

una volta superata la fase critica.<br />

Basi scientiche<br />

Linee Guida ESC<br />

STEMI:<br />

• Presenza di dolore toracico prolungato insorto da più di venti minuti e da meno di sei ore.<br />

• Tratto ST sopraslivellato oltre 1mm (0,1mV) in almeno due derivazioni contigue, oppure<br />

BBS completo di nuova insorgenza.<br />

Il trattamento dello STEMI è mirato ad una quanto mai precoce rivascolarizzazione:<br />

Primary PCI: rivascolarizzazione percutanea senza precedente o concomitante trattamento<br />

brinolitico<br />

Secondo le attuali linee guida (ESC/EACTS GUIDELINES European Heart Journal (2010) 31,<br />

2501–2555 doi:10.1093/eurheartj/ehq277) è necessario concentrare ogni sforzo per ridurre<br />

al minimo ogni ritardo, specialmente nelle prime due ore dall'insorgenza dei sintomi.<br />

La preferenza è l'immediato trasferimento dello STEMI verso un centro in grado di eseguire<br />

PCI e nessun brinolitico dovrebbe essere somministrato se è prevedibile un intervallo dall'insorgenza<br />

del dolore alla PCI inferiore alle due ore.<br />

Se il ritardo è prevedibilmente superiore alle due ore, (o >90 min in Pazienti di età inferiore<br />

a 7 anni) il Paziente deve essere sottoposto a brinolisi e quindi trasportato a un<br />

81


82<br />

centro dove angiograa e PCI possano essere organizzate in un intervallo compreso fra<br />

le e le 2 ore.<br />

STEMI : terapia antiaggregante piastrinica<br />

Aspirina<br />

L'aspirina acetila irreversibilmente la ciclossigenasi prevenendo la formazione di trombossano<br />

A2 ed esercita un'azione antiogistica. Alcuni studi realizzati negli anni ‘70, prima<br />

della diffusione dell'angioplastica e del bypass, hanno confermato l'efcacia dell'ASA (somministrata,<br />

a seconda del trial, a dosi variabili da 2 a 7 mg/die) rispetto a placebo e la<br />

revisione che è stata fatta dal Antithrombotic Trialists’ Collaboration ha osservato una riduzione<br />

del 22% dell'indice composito comprendente morte cardiovascolare, IMA o ictus<br />

(1 .2% vs 10.7%, p < 0.0001), del 1 % della mortalità cardiovascolare (p < 0.0001) e nei<br />

pazienti con angina instabile una riduzione del 6% degli eventi vascolari (1 . % vs 8.0%,<br />

p < 0.0001). Tuttavia, nonostante i beneci mostrati dall'ASA, la mortalità e la morbilità<br />

dopo una sindrome coronarica rimangono elevate e questo ha spinto la ricerca al ne di<br />

trovare molecole per ridurre questo rischio da usare a breve e a lungo termine, da sole od<br />

in associazione all'ASA.<br />

Tienopiridinici<br />

Gli antagonisti del recettore dell'ADP, ticlopidina, clopidogrel e prasugrel, agiscono prevenendo<br />

la degranulazione piastrinica e la reazione di attivazione piastrinica, inibendo la trasformazione<br />

del recettore GP IIb/IIIa allo stato che lega il brinogeno e prevenendo in modo<br />

selettivo ed irreversibile il legame dell’ADP al recettore piastrinicoP2Y12.<br />

La ticlopidina è una molecola attiva mentre clopidogrel e prasugrel sono profarmaci e necessitano<br />

pertanto di attivazione in vivo. La ticlopidina tuttavia agisce lentamente esercitando<br />

la sua azione dopo alcuni giorni e pertanto non è utile nel trattamento acuto delle<br />

sindromi coronariche, al contrario clopidogrel e prasugrel somministrati in bolo ( 00 mg<br />

o 60 mg, rispettivamente) agiscono rapidamente. Pertanto la ticlopidina sembrerebbe dal<br />

punto di vista teorico maggiormente indicata nel trattamento dell'angina instabile in cui<br />

si è rivelata effettivamente efcace in base ai risultati di un trial randomizzato che ha<br />

comparato la ticlopidina con il placebo in 662 pazienti con angina instabile dando luogo<br />

ad una riduzione del 6% dell'indice combinato comprendente morte cardiovascolare e<br />

IMA (p = 0.009).<br />

Il clopidogrel è stato comparato all'ASA nello studio CAPRIE, per la prevenzione secondaria<br />

degli eventi ischemici. Rispetto all'ASA, ad 1,9 anni di follow-up, clopidogrel è risultato<br />

associato ad una riduzione dell' 8.7% dell'end point combinato morte cardiovascolare, IMA<br />

e ictus ischemico (9 % CI da 0. % a 16. %).


La doppia antiaggregazione:m ASA e Tienopiridinici<br />

Dopo un evento coronarico l'inibizione piastrinica conferisce vantaggi sensibili in termini<br />

di mortalità e morbilità. Attualmente viene abitualmente praticata una doppia inibizione attraverso<br />

l'associazione di ASA e di una tienopiridina. Il farmaco maggiormente impiegato<br />

è il clopidogrel, ma alcuni pazienti rispondono in modo inadeguato, pertanto sono stati sviluppati<br />

altri farmaci allo scopo: uno di questi è il prasugrel, che come il clopidogrel è un profarmaco<br />

e dunque necessita di attivazione in metabolita attivo prima di poter esercitare il<br />

suo effetto farmacodinamico.<br />

Teoricamente rispetto al clopidogrel il prasugrel potrebbe giovarsi anche sul piano clinico<br />

della maggiore e più riproducibile trasformazione epatica del profarmaco nel metabolita attivo,<br />

inducendo un' inibizione dell’aggregazione piastrinica più rapida e pronunciata e con<br />

minore variabilità interindividuale. I risultati dello studio TRITON-TIMI 8, che è stato condotto<br />

in modo mirabile, avendo registrato un numero bassissimo di casi perduti al followup,<br />

ha dimostrato una maggiore efcacia di prasugrel rispetto a clopidogrel, con una<br />

maggiore inibizione dell'aggregazione piastrinica con il prasugrel rispetto a clopidogrel,<br />

sia a 6 ore dal carico ( 7 ,8% vs 1,8% p < 0,0001), che nella fase di mantenimento<br />

(61, % vs 6,1% p < 0,0001) e un miglioramento signicativo dell'indice combinato.<br />

Questo risultato si paga con un maggior numero di emorragie gravi, tanto che la mortalità per<br />

tutte le cause non è signicativamente diversa tra i pazienti trattati con clopidogrel o prasugrel<br />

Nei pazienti con sindrome coronarica acuta che devono sottoporsi a PCI, la combinazione<br />

prasugrel + ASA rispetto a clopidogrel + ASA è risultata associata con un minor numero di<br />

eventi ischemici ma anche ad un maggior numero di emorragie maggiori e fatali senza differenze<br />

in termini di mortalità globale tra i due gruppi. Sulla base di quanto sopra si enfatizza<br />

la necessità di valutare sia il rischio cardiovascolare che il rischio emorragico del singolo<br />

paziente, ai ni di una scelta individualizzata della terapia antitrombotica più adeguata.<br />

Un'analisi di sottogruppo predenito ha dimostrato che i pazienti STEMI o NSTE-ACS candidati<br />

a PCI traggono signicativo vantaggio da ticagrelor, rispetto a clopidogrel, con sovrapponibile<br />

incidenza di sanguinamento. La maggior parte degli studi sugli inibitori della<br />

glicoproteina IIb-IIIa in STEMI ha valutato Abciximab (0,2 mg / kg ev in bolo seguito da<br />

un'infusione di 0,12 mg / kg / min no ad un massimo di 10 mg / min per 12 h). I risultati<br />

sono discordanti riguardo l'efcacia della modalità di somministrazione (somministrazione<br />

precoce) con gli inibitori della glicoproteina IIb-IIIa prima del cateterismo. Mentre il<br />

solo disponibile RCT86 non ha mostrato alcun benecio, studi, meta-analisi, e analisi post<br />

hoc di APEX-AMI2 evidenziano risultati positivi. I controversi dati di letteratura, l'esito<br />

negativo del solo RCT 86 prospettico, e gli effetti beneci della più rapida azione e della<br />

maggior efcacia degli ADP- bloccanti nella PCI primaria non supportano l'impiego preospedaliero<br />

o pre-cateterismo degli inibitori della glicoproteina IIb-IIIa.<br />

Terapia anticoagulante<br />

Le opzioni per la terapia anticoagulante includono: 1) eparina frazionata 60 UI / kg bolo ev<br />

con inibitore della glicoproteina IIb-IIIa; 2) eparina frazionata 100 UI / kg iv bolo senza inibitore<br />

della glicoproteina IIb-IIIa; ) bivalirudina 0,7 mg / kg in bolo seguito da 1,7 mg /<br />

kg / h. Gli antitrombinici possono essere sospesi dopo PCI per STEMI con alcune eccezioni<br />

8


8<br />

(aneurisma del ventricolo sinistro e / o trombo, FA, prolungato riposo a letto, ritardata rimozione<br />

della cannula). Uno studio recente ha valutato l'uso della bivalirudina in monoterapia<br />

in alternativa alla UFH combinata con un GPIIb / IIIa inhibitor: tassi signicativamente<br />

più bassi di emorragia severa indicano che nei pazienti con STEMI ad alto rischio di sanguinamento<br />

la bivalirudina è preferibile. Ulteriori outcome clinici valutati nel corso di un<br />

anno (RCT HORIZONS) hanno confermato il maggior benecio di bivalirudina in monoterapia<br />

vs UFH in associazione ad un inibitore della glicoproteina IIb-IIIa. Ancora incertezza<br />

invece rimane nella prima fase della PCI, quando le complicanze trombotiche sembrano essere<br />

più elevate con bivaluridina in monoterapia. Tuttavia, questo non ha modicato a lungo<br />

termine i risultati clinici, probabilmente perché la trombosi acuta dello stent in ospedale può<br />

essere affrontata tempestivamente, a differenza del ritardo che comporta la stenosi dello<br />

stent fuori dall'ospedale. Fondaparinux inne è risultato inferiore a UFH nel contesto della<br />

PCI primaria nei pazienti con STEMI (OASIS-6)<br />

Straticazione del rischio.<br />

La valutazione del rischio è un aspetto fondamentale della pratica clinica , di rilevante importanza<br />

non solo per il paziente ma anche per il medico. Nel lungo termine permette infatti<br />

un controllo di qualità e una valutazione di economia sanitaria, di sussidio ai singoli<br />

operatori, alle istituzioni e agli organismi per valutare, confrontare e regolamentare le prestazioni.<br />

La rivascolarizzazione miocardica infatti è appropriata quando i risultati positivi attesi,<br />

in termini di sopravvivenza o outcomes (sintomi, stato funzionale e/o qualità della<br />

vita), superano le prevedibili conseguenze negative della procedura. Numerosi modelli<br />

sono stati sviluppati per la straticazione del rischio: un'analisi comparativa di questi ha<br />

dimostrato che negli studi disponibili sono in gran parte valutati modelli di rischio individuali<br />

in diverse popolazioni di pazienti con misure di outcome diverse presentate in momenti<br />

diversi. Restringendo queste limitazioni l'indicazione ad attenersi ad un modello<br />

piuttosto che ad un altro, è importante sottolineare che nessun punteggio di rischio può<br />

prevedere con precisione gli eventi in un singolo paziente. In denitiva la straticazione del<br />

rischio dovrebbe essere utilizzata come una guida, mentre il giudizio clinico e il dialogo<br />

multidisciplinare (Heart Team) restano indispensabili.<br />

Per quanto concerne la Regione Liguria, coerentemente con le altre Regioni italiane, il Medico<br />

di Guardia di P.S. e/o Cardiologo ,contestualmente alla interpretazione del tracciato ed<br />

alla ipotesi diagnostica di STEMI, potrà comunque, per individuare i pazienti ad alto e basso<br />

rischio, seguire lo schema proposto dal gruppo TIMI qui di seguito riportato.<br />

TIMI RISK SCORE STEMI Punti<br />

Età > 7 anni<br />

Età > 6 anni e < 7 anni 2<br />

Diabete – Ipertensione arteriosa – Angina 1<br />

P.A. sistolica < 100 mmHg<br />

Frequenza cardiaca > 100 2<br />

Killip II – III – IV 1<br />

Peso minore di 67 Kg 1<br />

IMA anteriore o BBSin di nuova insorgenza 1<br />

Tempo pre-trombolisi > ore 1


Punteggio Mortalità a 30 giorni (%)<br />

0 0,8<br />

1 1,6<br />

2 2,2<br />

,<br />

7,<br />

12<br />

6 16<br />

7 2<br />

8 27<br />

> 8 6<br />

Sono considerati pazienti ad alto rischio quelli il cui TIMI SCORE è > .<br />

Poiché tale schema attribuisce un punteggio elevato all’età, si è deciso di considerare come<br />

pazienti ad alto rischio, indipendentemente dall’età, anche i pazienti con STEMI che presentano<br />

almeno una delle seguenti caratteristiche:<br />

• Shock cardiogeno<br />

• Sopralivellamento di ST in almeno cinque derivazioni (periferiche e/o precordiali)<br />

• IMA anteriore<br />

• Recidiva di IMA eterosede<br />

Nei pazienti ad alto rischio è indicato come trattamento terapeutico ideale la riperfusione<br />

meccanica con angioplastica coronarica, da eseguirsi entro 90’ dalla diagnosi.<br />

L’angioplastica primaria è inoltre indicata in tutti quei pazienti che presentano controindicazione<br />

alla brinolisi.<br />

Nei pazienti con età > 80 anni l’effettuazione dell’esame coronarograco e l’eventuale<br />

PTCA primaria deve tenere conto dell’età biologica più che di quella anagraca e comunque<br />

risultano controindicate nelle seguenti condizioni:<br />

• Insufcienza renale di grado elevato (creatinina > )<br />

• Vasculopatia polidistrettuale di grado severo<br />

• Encefalopatia multinfartuale<br />

• Scadenti condizioni generali<br />

• Gammopatia monoclonale nota<br />

E 'importante ancora sottolineare che nessun punteggio di rischio può prevedere con precisione<br />

gli eventi in un singolo paziente. In denitiva la straticazione del rischio dovrebbe<br />

essere utilizzata come una guida, mentre il giudizio clinico e il dialogo multidisciplinare<br />

(Heart Team) restano indispensabili.<br />

L’indicazione di rigidi schemi temporali è stata recentemente, e più pragmaticamente, sostituita<br />

dalla proposta di introdurre criteri di maggiore essibilità, poiché è preferibile l’intervento<br />

di angioplastica se eseguito entro 120 minuti dalla presentazione in ospedale, per<br />

pazienti che giungano con tempi di ischemia che superano le 2 ore. Per ingressi più pre-<br />

8


86<br />

coci e con ampia area a rischio, la raccomandazione è di ridurre tale tempo a 90 minuti.<br />

In altri termini, per IMA anche estesi diagnosticati precocemente e per i quali la brinolisi<br />

si rivela molto spesso efcace, si propone di procedere ad angioplastica primaria solo<br />

quando la realtà organizzativa (comprendente anche il trasporto ad un’altra struttura in<br />

grado di eseguire in tempi brevi la rivascolarizzazione meccanica) comporti ritardi temporali<br />

contenuti. Per STEMI diagnosticati più tardivamente (per i quali la brinolisi si è dimostrata<br />

poco efcace) il ritardo tollerabile per l’esecuzione della PCI primaria può essere<br />

anche maggiore, orientativamente è accettato un tempo no a 120 minuti”<br />

Trombolisi pre-ospedaliera<br />

Se ne raccomanda l’utilizzo in fase preospedaliera soprattutto nei pazienti a presentazione<br />

precoce.<br />

Nel rapporto integrato con l’angioplastica primaria, invece, se ne raccomanda l’utilizzo se:<br />

1. il ritardo all’angioplastica (ECG to balloon) è stimato superiore ai 90 minuti per i pazienti<br />

con tempo di esordio dei sintomi inferiore alle 2 ore (*o superiore ai 60’ se i pazienti, ad<br />

esordio entro 2 ore, presentano infarto anteriore e età 0,2 mV in 2 derivazioni precordiali adiacenti oppure<br />

> 0,1 mV in 2 o più derivazioni periferiche “adiacenti”<br />

Oppure<br />

• onde R dominanti e depressione del tratto ST in V1 – V (IMA posteriore)<br />

Oppure<br />

• blocco di branca sinistra completo di nuova insorgenza (o presunto tale)<br />

In pz trattati entro 6-12 ore dall’ insorgenza dei sintomi in centri di esperienza con alti volumi<br />

di lavoro, con la PCI primaria si ottiene una maggiore efcacia per quanto riguarda la<br />

pervietà del vaso, riduzione della riocclusione, miglioramento della funzione residua del<br />

ventricolo sn e migliore clinical out come.<br />

Nonostante le frequenti controindicazioni, la limitata efcacia nel favorire la riperfusione e<br />

il più alto rischio di sanguinamento, la terapia brinolitica, preferibilmente somministrata<br />

come trattamento pre-ospedaliero, rimane una alternativa importante alla rivascolarizzazione<br />

meccanica.<br />

Controindicazioni alla terapia brinolitica<br />

Controindicazioni relative<br />

• ipertensione grave non controllata dalla terapia al momento della presentazione (PA<br />

180/110 mmHg)<br />

• malattia cerebrovascolare<br />

• attacco ischemico transitorio nei 6 mesi precedenti<br />

• gravidanza o allattamento


• sanguinamento gastrointestinale o urogenitale negli ultimi 10 giorni<br />

• valvulopatia (es. SM con FA cronica)<br />

• puntura arteriosa non comprimibile<br />

• iniezione i.m. entro 2 giorni<br />

• emorragie oftalmiche, retinopatia diabetica emorragica<br />

• età > 7 anni<br />

• peso < 60 Kg (valutato in relazione alla staura corporea)<br />

Controindicazioni assolute<br />

• RCP prolungata (> 2 min)<br />

• pregresso ictus emorragico<br />

• ictus ischemico nei 6 mesi precedenti<br />

• malattie SNC (aneurisma, neoplasia, recente trauma cranico, ESA o intervento NCH nei<br />

6 mesi precedenti)<br />

• paziente in TAO con INR > 2<br />

• emorragia interna in atto (escluse le mestruazioni) o sanguinamento gastrointestinale<br />

nelle settimane precedenti<br />

• diatesi emorragica nota<br />

• recente intervento di chirurgia maggiore o biopsia organo parenchimale negli ultimi<br />

2 mesi<br />

• trauma maggiore (entro settimane)<br />

• dissecazione aortica diagnosticata o sospetta<br />

• ulcera peptica attiva, pancreatine acuta, cirrosi epatica, varici esofagee, epatite attiva,<br />

insufcienza epatica<br />

• endocardite batterica sub - acuta<br />

• pericardite acuta<br />

• aneurisma arterioso o malformazione AV ota<br />

• ipersensibilità nota al TNK<br />

Il trattamento riperfusivo va applicato sempre se la diagnosi viene fatta entro 12 ore<br />

dall’esordio e, in caso di persistenza di sintomi o sopralivellamento di ST, fino a 2 ore<br />

dall’esordio.<br />

L’opportunità di sottoporre il paziente alla terapia riperfusiva è comunque subordinata alla<br />

valutazione delle sue condizioni cliniche generali e/o alla presenza di gravi comorbidità<br />

evidenziabili in tempi brevi.<br />

In caso di persistenza di dubbi o sulla diagnosi o sulla scelta del trattamento riperfusivo è<br />

opportuno l’ invio del paziente a un DEA con una Cardiologia dotata di Emodinamica<br />

Centralizzazione<br />

I pazienti trasportati in Ospedali senza PCI facilities dovrebbero essere trasferiti senza essere<br />

trattati con terapia brinolitica, se il tempo stimato tra il primo contatto medico e il balloon<br />

ination e’ inferiore a 2 ore.<br />

• Se il tempo stimato tra il primo contatto medico e il balloon ination e’ superiore a 2 ore<br />

( o superiore a 90 minuti in pazienti di eta’ inferiore a 7 anni con Stemi anteriore esteso<br />

e recente insorgenza di sintomi ) i pazienti dovrebbero ricevere immediatamente la -<br />

87


88<br />

brinolisi e poi trasferiti per eseguire PCI in -2 ore.<br />

• Non e’ stata dimostrata l’ utilità di una seconda dose di trombolitico, per cui in caso di<br />

persistente sopraslivellamento del tratto ST dopo brinolisi, e/o dolore toracico persistente,<br />

e’ da prendere in considerazione un rapido trasferimento a un PCI centre per rescue<br />

angioplasty.<br />

Si raccomanda una stretta adesione ai tempi riportati e si sottolinea la non utilità di alcuni<br />

comportamenti che possono allungare i tempi di trattamento : fondamentali la lettura dell’<br />

Ecg e il tentativo, quando possibile, di assicurare al pz la rivascolarizzazione meccanica.<br />

Indicazione alla trombolisi<br />

• Stemi insorto entro 0 minuti e arrivo a un centro di emodinamica oltre 0 minuti<br />

• Stemi insorto entro 1 ora e arrivo a un centro di emodinamica oltre 1 ora<br />

• Stemi tra 1 e 2 ore e arrivo a un centro di emodinamica oltre un’ ora e mezza<br />

Indicazioni alla PTCA<br />

• controindicazioni alla trombolisi<br />

• eta’ > 6 anni<br />

• fc > 100 b/min<br />

• p.a. sistolica < 100 mmHg<br />

• edema polmonare acuto<br />

• > derivazioni Ecg interessate dal sopraslivellamento del tratto ST<br />

• Shock cardiogeno<br />

• Reinfarto in sede elettrocardiogracamente diversa da un pregresso infarto<br />

• Infarto in pregresso by-pass aorto-coronarico<br />

Tutti gli altri pazienti con STEMI devono essere trattati con angioplastica primaria<br />

Altre condizioni che indicano il trasporto a un centro con emodinamica anziché la brinolisi:<br />

• Diagnosi di STEMI dubbia<br />

• Classe Killip >1 (vedi sotto)<br />

• Età > 6 anni<br />

• Sintomi insorti da più di 2 ore ??<br />

• Pregresso intervento di Bypass Coronarico ??<br />

Classe KILLIP<br />

Eupnea Killip I<br />

Presenza di rantoli Killip II<br />

Edema polmonare acuto Killip III<br />

Shock Killip IV<br />

Resta inteso che il medico mantiene potere decisionale per ogni singolo caso in relazione<br />

a situazioni particolari (trafco, logistica, situazioni di criticità ecc.)<br />

• La riperfusione deve essere ottenuta al più presto possibile, quindi, in caso di brinolisi,<br />

questa deve essere praticata il più precocemente possibile (preospedaliera a cura del 118


o in Pronto Soccorso se la diagnosi è fatta in Pronto Soccorso); in caso di pPTCA i tempi<br />

di trasporto devono essere velocizzati al massimo.<br />

• Per i pazienti con STEMI che si presentino in PS periferici, il servizio 118 si impegna nei<br />

casi previsti ad effettuare il trasporto assistito presso il Laboratorio di Emodinamica di<br />

riferimento e/o presso le UTIC di riferimento.<br />

Protocollo regionale<br />

Documento di consenso operativo fra 118-cardiologie-DEA della<br />

Liguria<br />

1. Gestione in centrale operativa<br />

a. Indicazione da parte dell’operatore della centrale operativa del 118, sulla base della<br />

procedura prevista dal Dispatch, di far assumere al paziente, se possibile e se ne ha<br />

disponibilità, 00- 00 mg di aspirina.<br />

2. Gestione da parte del medico della automedica<br />

a. Somministrare Morna-Aspirina-Nitrati-Ossigeno come indicato<br />

b. Somministrare EPARINA UFH al dosaggio di 60 U/kg, nel caso sia possibile determinare<br />

il peso corporeo con precisione, altrimenti utilizzare un dosaggio compreso tra<br />

000 e 000U, preferibilmente senza superare le 000 U.<br />

c. Non vi è indicazione a utilizzare FONDAPARINUX<br />

d. Somministrare PRASUGREL 60 mg<br />

i. nei pazienti che non hanno avuto un pregresso TIA o stroke,<br />

ii. nei pazienti di età inferiore a 7 anni.<br />

iii. nei pazienti diabetici<br />

e. Somministrare CLOPIDOGREL 600 mg:<br />

i. nei pazienti con pregresso TIA/stroke,<br />

ii. nei pazienti con età superiore ai 7 anni,<br />

iii. nel caso vi sia indicazione alla trombolisi<br />

f. Somministrare beta-bloccante se giudicato utile.<br />

Servizi 118 & Pronto Soccorso<br />

3. indicazione alla trombolisi<br />

a. STEMI insorto entro 0’ e arrivo ad un centro di Emodinamica oltre 0’<br />

b. STEMI insorto entro 1 ora e arrivo ad un centro di Emodinamica oltre 1 ora<br />

c. STEMI tra 1 e 2 ore e arrivo ad un centro di Emodinamica oltre un’ora e mezza<br />

4. Indicazione alla PTCA<br />

a. Controindicazioni alla trombolisi<br />

b. Età > 6 anni<br />

c. FC > 100/min<br />

d. PA sistolica < 100 mmHg<br />

e. Edema polmonare<br />

f. Più di derivazioni ECG interessate dal sopralivellamento di ST<br />

g. Shock Cardiogeno<br />

89


90<br />

h. Reinfarto in sede elettrocardiogracamente diversa da un pregresso infarto<br />

i. Infarto in pregresso bypass aorto-coronarico<br />

Tutti gli altri malati con STEMI debbono essere trattati con angioplastica primaria<br />

Eventuale somministrazione di abciximab in fase preospedaliera viene decisa localmente,<br />

in attesa dell’approvazione da parte della Federazione Italiana di Cardiologia in merito alle<br />

linee guida europee<br />

Gestione preospedaliera dei pazienti con STEMI<br />

Scelta della terapia riperfusiva:<br />

se nella tabella tutte le risposte sono NO è indicata la trombolisi:<br />

Data _____________<br />

Cognome __________________________ Nome ____________________________<br />

Sintomi insorti entro 0’ e arrivo ad un centro di Emodinamica entro 0’<br />

Sintomi insorti tra 0’ e 60’ e arrivo ad un centro di Emodinamica entro 1 ora<br />

Sintomi insorti oltre 60’ e < 6 ore e arrivo ad un centro di Emodinamica<br />

entro un’ora e mezza<br />

Paziente con più di 6 anni<br />

FC superiore a 100’<br />

PA sistolica inferiore a 100 mmHg<br />

ST elevato in più di derivazioni ECG<br />

Paziente in EPA o shock cardiogeno<br />

Reinfarto in sede ECG diversa da un pregresso IMA<br />

Infarto in pregresso by-pass aorto-coronarico<br />

Controindicazioni assolute alla brinolisi<br />

Precedente ictus emorragico<br />

Precedenti eventi cerebrovascolari entro l’anno precedente.<br />

Neoplasia intracranica o spinale nota<br />

Emorragia interna attiva (ulcera, rettocolite ulcerosa, sanguinamenti emorroidari)<br />

Chirurgia maggiore nelle 2 settimane precedenti<br />

Evidenti sospetti di dissezione aortica<br />

Gravidanza<br />

Controindicazioni relative alla brinolisi<br />

Attuale uso di anticoagulanti (inr>2- )<br />

Signicativi disordini emorragici negli ultimi 6 mesi<br />

Trauma recente ( settimane),incluso trauma cranico<br />

Cpr prolungata (>10 min)e potenzialmente traumatica<br />

Chirurgia maggiore (>2 settimane prima),o biopsia parenchimale<br />

Punture vascolari non comprimibili<br />

Recente (2- settimane) emorragia interna<br />

Ulcera peptica attiva<br />

Insufcienza renale cronica in trattamento dialitico<br />

Ipertensione grave e incontrollata<br />

SI NO


Terapia aggiuntiva<br />

. Morna-Aspirina-Nitrati-Ossigeno, secondo le indicazioni<br />

6. Somministrare EPARINA UFH al dosaggio di 60 U/kg, nel caso sia possibile determinare il peso corporeo<br />

con precisione, altrimenti utilizzare un dosaggio compreso tra 000 e 000U, preferibilmente<br />

senza superare le 000 U<br />

7. Somministrare PRASUGREL 60 mg (6 compresse)<br />

a. nei pazienti che non hanno avuto un pregresso TIA o stroke,<br />

b. nei pazienti di età inferiore a 7 anni.<br />

c. nei pazienti diabetici indipendentemente dall’età<br />

8. Somministrare CLOPIDOGREL 600 mg (2 compresse)<br />

a. nei pazienti con pregresso TIA/stroke,<br />

b. nei pazienti di età superiore ai 7 anni,<br />

c. nel caso vi sia indicazione alla trombolisi<br />

9. Somministrare beta-bloccante, se giudicato utile<br />

Scenari:<br />

1. Chiamata per dolore toracico alla CO 118<br />

a. Invio automedica e ambulanza<br />

b. ECG<br />

c. ECG positivo per STEMI > sintomi insorti da meno di due ore<br />

d. Terapia come da schema<br />

e. Trasporto diretto Emodinamica di riferimento<br />

f. Ingresso in ED – IIb/IIIa inib – PCI – UTIC<br />

g. Dimissione in 8 – 72 h<br />

2. Autopresentazione in PS di DEA I - II Livello<br />

a. ECG entro 10’ dal Triage I livello<br />

b. ECG positivo per STEMI> sintomi insorti da meno di due ore<br />

c. Terapia come da schema<br />

d. Scelta della terapia riperfusiva come da schema<br />

e. Trasporto protetto (Medico 118 quando disponibile o, in alternativa, Cardiologo o Anestesista) in<br />

Emodinamica di Riferimento<br />

f. Invio in ED<br />

. Autopresentazione in PS periferico<br />

a. ECG entro 10’ dal Triage<br />

b. ECG positivo per STEMI> sintomi insorti da meno di due ore<br />

c. Terapia come da schema<br />

d. Scelta della terapia riperfusiva come da schema<br />

e. Attivazione CO 118<br />

f. Trasporto protetto (Medico 118 quando disponibile o, in alternativa, Cardiologo o Anestesista) in<br />

Emodinamica di Riferimento<br />

91


92<br />

Raccolta dati<br />

Dati da Raccogliere a cura del 118<br />

Di seguito vengono indicati alcuni dati temporali del servizio 118 che devono essere raccolti<br />

per poter eseguire il monitoraggio del progetto:<br />

• data e ora di insorgenza dei sintomi<br />

• data e ora chiamata al 118<br />

• data e ora ecg<br />

• data e ora arrivo in Ps o emodinamica<br />

Sono da denire i tempi dalla porta del PS / emodinamica in poi<br />

Dati da raccogliere a cura dei DEA, PS:<br />

Dati anagraci (DOB, Sesso, Codice scale, altezza e peso)<br />

Fattori di rischio CV<br />

Eventi CV pregressi (infarto miocardico, ictus, CABG, scompenso cardiaco)<br />

Percorsi (118, autopresentazione PS Spoke, PS Hub, già in ospedale)<br />

Dati da raccogliere a cura dei Servizi di Emodinamica:<br />

Data e ora inizio sintomi, tipo sintomo, 1° contatto medico, 1° ecg diagnostico, porta primo<br />

ospedale, porta ospedale denitivo, inizio brinolisi, ingresso in emodinamica, coronarograa,<br />

gonaggio palloncino.<br />

Sede infarto, numero derivazioni ST elevato, recidiva eterosede, PA, FC, Classe Killip alla<br />

presentazione, arresto cardiaco.<br />

Terapia antiaggregante, tipo di terapia riperfusiva<br />

Estensione malattia coronarica, vaso colpevole, usso TIMI basale e nale, tecnica PTCA<br />

Eventi intraospedalieri, data dimissione<br />

Picco Tn - CKMB, FE alla dimissione, creatinina all’ingresso e di picco, Hb all’ingresso e nadir<br />

Eventi nel follow-up<br />

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for acute coronary syndromes (PLATO): a randomized double-blind study. Lancet 2010; 7 :28 –29 .<br />

-Huber K, Holmes DR Jr, van ’t Hof AW, et al. Use of glycoprotein IIb/IIIa inhibitors in primary percutaneous coronary intervention:<br />

insights from the APEX-AMI trial. Eur Heart J 2010; 1;1708–1716.<br />

9


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-Stone GW, Witzenbichler B, Guagliumi G, et al. Bivalirudin during primary PCI in acute myocardial infarction. N Engl J Med<br />

2008; 8:2218–22 0.<br />

-Yusuf S, Mehta SR, Chrolavicius S, et al. Effects of fondaparinux on mortality and reinfarction in patients with acute ST-segment<br />

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Society of <strong>Cardiology</strong>. Eur Heart J 2008;29:2909–29 .<br />

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-Federazione Italiana di Cardiologia. Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri Società Italiana di Cardiologia.<br />

Documento di Consenso. Infarto miocardico acuto con ST elevato persistente: verso un appropriato percorso diagnosticoterapeutico<br />

nella comunità Ital Heart J Suppl 2002; (11):1127-116<br />

-Federazione Italiana di Cardiologia. Struttura e organizzazione funzionale della Cardiologia. Ital Heart J Suppl 200 ; (11):881-9 0.<br />

-Federazione Italiana di Cardiologia. Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri Società Italiana di Cardiologia. SIMEU.<br />

SIS 118. Documento di Consenso. La rete interospedaliera emergenza coronarica. Ital Heart J 200 ;6 (Suppl 6): S-6 S<br />

Si ringraziano:<br />

ELI LILLY Italia SpA per il supporto non condizionante alla preparazione e diffusione del Protocollo<br />

Dr.ssa Giulia Regolini per l’opera editoriale di stesura e di ricerca bibliograca<br />

<strong>Aristea</strong> International s.r.l. per l’organizzazione e la logistica delle Riunioni del Gruppo<br />

Autori ed appartenenza


Real World Pace Maker<br />

esperienze e prospettive<br />

dell’elettrostimolazione denitiva<br />

Paolo Rossi<br />

Divisione di Cardiologia, Ospedale San Martino, Genova<br />

Gli sviluppi della tecnologia bio - medica e dell’elettronica hanno consentito una straordinaria<br />

evoluzione nel settore dell’elettrostimolazione cardiaca permanente, associandosi ad<br />

un’ampia crescita degli impianti negli ultimi decenni.<br />

L’attività del Laboratorio di Elettrostimolazione dell’Ospedale S. Martino di Genova è iniziata<br />

nel 196 , 1° Centro in Liguria e tra i primi in Italia. Il primo impianto denitivo è<br />

stato eseguito il 1 novembre 196 : un elettrodo epicardico + un collare esterno con collegamento<br />

mediante trasmissione a radiofrequenza (n.° impianti). Dal 196 è stata intrapresa<br />

la “ tecnica epicardica “ (n.° 80 impianti); dal 1971 è stata avviata “ la tecnica<br />

transvenosa “, con tasca del Pace-maker in sede sottoclaveare. Nel tempo sono stati<br />

messi a disposizione stimolatori sempre più piccoli, corredati di ” pile al litio “, di longevità<br />

maggiore e prevedibile.<br />

Casistica Ospedale San Martino<br />

Attualmente il ns. Laboratorio ha all’attivo > 5.500 impianti totali di Pace-maker (de<br />

novo + sostituzioni).<br />

Ogni anno, negli ultimi 10 anni, la Cardiologia Ospedaliera di San Martino ha effettuato<br />

circa 00 procedure.<br />

L’età media dei pazienti impiantati è 81+/- 9 anni, in conformità con l’età media elevata<br />

della popolazione ligure. Negli ultimi anni abbiamo eseguito n.° 881 impianti, 6 erano<br />

maschi e femmine (62% e 8% della casistica, rispettivamente); i primi impianti sono<br />

stati n.° 6 e le sostituzioni n.° 2 7 (il 2% dell’attività complessiva). La Tabella 1 sintetizza<br />

l’attività negli anni 2008, 2009 e 2010, suddivisa per l’eziologia aritmica (BAV= blocchi<br />

atrio-ventricolari, SSS= malattia aritmica atriale, FA= brillazione atriale). Le modalità<br />

di stimolazione sono così suddivise: VR= n.° 192 (29%), DR= n.° 2 ( 2%), VDD= n.°<br />

120 (19%), i tricamerali = n.° 19 (2%). La Tabella 2 raffronta le percentuali delle modalità<br />

di stimolazione attuate del ns. Centro con i dati nazionali ed internazionali per l’anno 2009.<br />

Il Registro WSA (World Society of Arrhythmias), che ha raccolto i dati per l’anno 2009 da<br />

61 Nazioni, fornisce per l’Italia un numero totale di impianti di .6 , di cui il 29% sono<br />

sostituzioni, un’età media di primo impianto di 78 anni e, quanto al genere, i maschi rappresentano<br />

il % e le femmine il %. (Tabella ) (1) .<br />

Anno 2008 2009 2010<br />

Totale P.M. 299 29 287<br />

P.M. de novo 217 (7 %) 222 (7 %) 20 (71%)<br />

BAV 100 ( 6%) 10 ( 7%) 99 ( 8%)<br />

SSS 79 ( 7%) 76 ( %) 70 ( %)<br />

FA 8 (17%) (19%) 6 (18%)<br />

Tabella 1<br />

Eziologia impianti<br />

Pace-maker de-novo<br />

Cardiologia – Ospedale<br />

S. Martino<br />

9


96<br />

Tabella 2<br />

Confronto modalità di<br />

stimolazione Osp. S. Martino<br />

con i dati nazionali e<br />

internazionali (anno 2009).<br />

Tabella 3<br />

Cardiac Pace-makers 2009<br />

- The 11 th World Survey of<br />

Cardiac Pacing<br />

and Implantable<br />

Cardioverter-Debrillators:<br />

Calendar Year 2009 (Mond<br />

HG, Proclemer A, 2011)<br />

Figura 1<br />

Decubiti/infezioni in<br />

pazienti con Pace-maker.<br />

Dati della Cardiologia San<br />

Martino dal 2001 al 2011:<br />

nel 2007 ( freccia ) inizio<br />

antibiotico-prolassi.<br />

S. Martino Italia Giappone USA<br />

Modalità VR 26% 0% 29% 19%<br />

Modalità DR 0% 8% 1% 81%<br />

Modalità VDD 2 % 10% 18% 1%<br />

Country Population N.of New New Implants Replacements<br />

( million ) Centers Implants per million ( % of Total )<br />

Europe<br />

Belgium 10 12 6266 627 298 ( 2)<br />

France 62 0 8 87 782 16162 ( )<br />

Germany 82 986 760 6 927 2 9 ( )<br />

Italy 60 00 6 7 1797 (29)<br />

Spain 116 2 9 69 8 1 ( )<br />

UK 62 211 21 18 10176 ( 1)<br />

Asia Pacic<br />

Australia 22 111 12 2 6 7 2 (2 )<br />

China 1 00 78 0728 1 7187 (1 )<br />

India 1200 7 8 20000 17 00 (2)<br />

Japan 128 2 00 81 272 2 2 ( 0)<br />

Taiwan 2 8 9 2 172 868 (18)<br />

Africa/ Middle East<br />

Israel 7 20 000 29 1200 (29)<br />

South Africa 9 7 29 9 60 7 (20)<br />

The Americas<br />

Argentina 0 600 11 78 287 800 (2 )<br />

Brazil 18 17 2 966 1 6 9981 (29)<br />

USA 07 00 2 67 767 1010 2 ( 0)<br />

Complicanze osservate<br />

Infettive: per quanto attiene alla revisione retrospettiva di 10 anni di complicanze, possiamo<br />

suddividere i ns. risultati ante- e post- 2007, anno in cui è iniziata la prolassi antibiotica<br />

indicata dalle Linee Guida e concordata con gli Infettivologi del ns. Ospedale<br />

( amoxicillina+ ac.clavulanico ). Figura 1.


Casistica Cardiologia San Martino anni 2008-2010<br />

Totale impianti/ sostituzioni n.° = 881<br />

Complicanze infettive n.°= 12 (1.3%)<br />

Anno 2008 F 87 anni 1° impianto Procedura: Decubito dopo mesi<br />

PM 197<br />

a sostituzione PM<br />

M 77 anni 1° impianto Procedura: Decubito dopo anni<br />

PM 1998 1a sostituzione PM<br />

F 92 anni 1° impianto Procedura: Decubito dopo 2 anni<br />

PM 1997 1a sostituzione PM<br />

M 82anni 1° impianto<br />

PM 2006<br />

Decubito dopo 2 anni<br />

Anno 2009 F 8 anni 1° impianto<br />

PM 2009<br />

Decubito dopo 6 mesi<br />

F 81 anni 1° impianto<br />

PM 2009<br />

Decubito dopo 2 mesi<br />

M 81 anni 1° impianto<br />

PM 2009<br />

Infezione dopo 1 gg<br />

F 8 anni 1° impianto<br />

PM 1989<br />

?? Decubito<br />

Anno 2010 M 90 anni 1° impianto<br />

PM 200<br />

Decubito dopo anni<br />

M 6 anni 1° impianto Procedura: Decubito dopo mesi<br />

PM 2001 2a sostituzione PM<br />

M 8 anni 1° impianto Procedura: Decubito dopo mesi<br />

PM 1990<br />

a sostituzione PM<br />

M 89 anni 1° impianto Procedura: Decubito dopo 12 mesi<br />

PM 1996 2 a sostituzione PM<br />

Nella Tabella sono riportati i dettagli dei pazienti con decubito e/ o infezione del sistema<br />

di stimolazione negli anni 2008, 2009 e 2010: due casi hanno richiesto l’espianto dell’intero<br />

sistema di stimolazione, gli altri casi sono stati risolti con terapia antibiotica, recentazione<br />

chirurgica del decubito ed impianto controlaterale del Pace-maker.<br />

Le complicanze infettive sono un problema emergente. Greenspon e coll. (2) hanno recentemente<br />

analizzato negli Stati Uniti d’America un periodo di 16 anni (dal 199 al 2008), osservando<br />

che il numero d’infezioni si è mantenuto costante negli anni compresi tra il 199<br />

ed il 200 , con un’incidenza dell’1. %, che è aumentata al 2. 1% nel 2008 (Fig. 2 A, 2 B).<br />

Tabella 4<br />

Figura 2<br />

percentuale di infezioni<br />

(A); costi dei ricoveri (B).<br />

Dati relativi a USA<br />

dal 199 al 2008<br />

(Greenspon 2011).<br />

97


98<br />

Le ragioni di questo fenomeno non sono chiare ma si suppone che sia cambiata la tipologia<br />

dei pazienti sottoposti ad impianto perché più anziani ed affetti da comorbidità, quali<br />

insufcienza renale, respiratoria, cardiaca e diabete mellito (tutti fattori predisponenti le<br />

infezioni del sistema di stimolazione). Inoltre sono aumentati gli impianti più complessi per<br />

la resincronizzazione cardiaca, che richiedono più frequenti sostituzioni chirurgiche. Parallelamente<br />

è incrementata la mortalità per infezione che è passata dal 2.91% nel 199<br />

al .69% nel 2008 (cioè un incremento dell’1% per decade). Queste osservazioni implicano<br />

l’applicazione di protocolli di antibiotico-prolassi nei confronti dei patogeni più comunemente<br />

in causa (cioè gli Stalococchi) e la crescente diffusione di tecniche e di materiali<br />

per le procedure di espianto endovascolare degli elettrocateteri denitivi infetti ( ) . Nel ns.<br />

Laboratorio è in uso dal 2007 un protocollo di prolassi con Amoxicillina+ Acido Clavulanico<br />

2 gr. e.v. in singola somministrazione, 1 ora prima dell’impianto; le medesime dosi<br />

sono ripetute ogni 8 ore e continuate per giorni nel post-operatorio solo in categorie di<br />

pazienti ad alto rischio di infezione quali i portatori di protesi valvolari cardiache. Questa pratica,<br />

concordata con gli Infettivologi e ponderata per le caratteristiche microbiologiche della<br />

ora batterica isolata nel ns. Ospedale, è facilmente attuabile, a basso costo e molto efcace.<br />

Infatti, il numero di infezioni riscontrate negli anni 2008-2010 a livello della tasca del<br />

Pace-maker, è inferiore a quanto riportato in letteratura (Figura 1 e Tabella ).<br />

Oltre alle disposizioni di regola (“ zona ltro “ antistante alla Sala, norme antisettiche, meticoloso<br />

lavaggio delle mani degli operatori, decontaminazione e disinfezione della Sala<br />

Operatoria con vapori di Iodio), il nostro protocollo prevede l’impiego di teli sterili plasticati<br />

sulla cute e il trattamento della cute integra del paziente con antibatterici (Clorexidina):<br />

si ritiene verisimile che il rigore nell’applicazione del protocollo abbia contribuito all’abbattimento<br />

del numero di infezioni locali e sistemiche.<br />

Contributo del Laboratorio di Elettrostimolazione a studi multicentrici<br />

• Il ns. laboratorio ha partecipato allo studio internazionale OPTI-MIND (Clinical Outcome<br />

of Pacemaker paTIents according to pacing Modality and primary INDications) con l’invio<br />

del database relativo alla raccolta prospettica ed osservazionale di pazienti n° = 70,<br />

impiantati con pace-maker mono- o bicamerali in conformità all’attuale pratica clinica.<br />

Gli scopi dello studio, che ha completato l’arruolamento a giugno 2011 di > 1700 pazienti<br />

in 68 Centri da 1 Nazioni, sono:<br />

• la valutazione della mortalità per tutte le cause ad un follow-up di 2 anni (endpoint<br />

primario);<br />

• la valutazione della mortalità cardiaca o della prima causa cardiaca di ospedalizzazione<br />

correlate al tipo di stimolazione, la necessità di up-grading a stimolazione bi-ventricolare<br />

o cardio-debrillatore ad un follow-up di 2 anni (endpoint secondari).<br />

Una sottoanalisi del database ha esaminato l’impatto nella pratica clinica dei siti di stimolazione<br />

alternativa nel ventricolo destro, partendo da presupposto che la stimolazione apicale<br />

del ventricolo destro sia fonte di effetti deleteri sul ventricolo sinistro ( -8) . I risultati<br />

preliminari del registro OPTI-MIND, presentati al 12° Workshop Internazionale Venice<br />

Arrhythmias 2011, riportano che solo il 14.8% dei primi impianti era effettuato con elettrodo<br />

ventricolare collocato in sede medio-settale o nel tratto di efusso del ventricolo de-


stro, siti alternativi preferiti nei pazienti con cardiomiopatia; il follow-up a 2 anni fornirà dati<br />

sulle complicazioni (es. dislocazioni) ed eventi clinici avversi (9) .<br />

Esperienza originale del ns. Laboratorio riguardo all’approccio per la stimolazione<br />

epicardica ventricolare sinistra per via toracospica video-assistita<br />

In letteratura sono descritti accessi alternativi per la stimolazione permanente del ventricolo<br />

sinistro quando non è fattibile la più classica via transvenosa: epicardico sinistro per<br />

via (mini)-toracotomica o subxifoideo; endocardico sinistro per via transettale.<br />

Esistono, infatti, complicanze speciche per la stimolazione ventricolare sinistra con approccio<br />

transvenoso, che richiede pazienza, abilità ed un po’ di fortuna (10-11) :<br />

• Successo dell’impianto di CRT dall’89% al 9 .6% (12) ;<br />

• Dislocazione dell’elettrocatetere sinistro: rappresenta il “ tallone d’Achille “ della CRT,<br />

stimata tra .8% ed il 12% (mediamente il 7%, anche con i nuovi materiali). Fattori favorenti<br />

sono il grosso calibro dei rami venosi del Seno Coronarico e/o l’estrema curvatura<br />

della porzione distale dell’elettrodo che può creare una forza dislocante;<br />

• Stimolazione diaframmatica: presente nell’1.6-12% in cronico. Può essere assente in<br />

posizione supina ma rendersi manifesta con le variazioni di postura, favorita anche da<br />

microdislocazioni dell’elettrocatetere. La possibilità di cambiare il vettore di pacing (c.d.<br />

“ riposizionamento elettrico “) può eliminare il disturbo evitando una revisione chirurgica;<br />

• Dissezione/o Perforazione del seno Coronarico: si verica nel 2.1-2.2% (studi MIRACLE<br />

e CARE-HF) per trauma da manipolazione del lo-guida, catetere –guida o da iniezione<br />

forzata del contrasto per venograa. Nella maggior parte dei casi non dà tamponamento<br />

cardiaco perché è un sistema venoso a bassa pressione, ma può ostacolare il posizionamento<br />

dell’elettrodo denitivo.<br />

Una tecnica originale di cui esistono solo poche segnalazioni ed attuata nel ns. Laboratorio<br />

è quella epicardica per via toracospica video-assistita, meno invasiva rispetto alla<br />

tradizionale toracotomia laterale sinistra ma di pari efcacia. Dal maggio 2007 sono stati<br />

trattati n.° pazienti ( maschi e 1 femmina); la procedura è stata eseguita in collaborazione<br />

con i chirurghi toracici ed è stata completata in soggetti. in un caso invece non è<br />

stata realizzata per un’estrema fragilità del tessuto miocardico all’impianto dell’elettrodo<br />

epicardico. Non si è vericato un aumento della durata di degenza (media= n.° giorni) e<br />

n.° pazienti sono tuttora viventi ed in buone condizioni di salute a distanza dall’impianto,<br />

con follow-up medio di 8 mesi.<br />

Le novità nel campo della elettrostimolazione ed il loro sviluppo al San Martino<br />

• Controllo remoto dei Pace-maker:<br />

Pacemaker di ultima generazione sono equipaggiati con tecnologia wireless e possono fornire<br />

informazioni automatiche sullo stato dell’impianto e sulle condizioni cardiache del paziente.<br />

I vantaggi includono: il precoce riconoscimento di problemi tecnici, la diagnosi<br />

precoce di aritmie o di progressione dello scompenso cardiaco, la riduzione di controlli<br />

ambulatoriali non necessari e l’ottimizzazione delle risorse sanitarie. Prevediamo di avviare<br />

questa attività presso il ns. Centro all’inizio del 2012.<br />

• Impianto di Pace-maker senza utilizzo di radiazioni ionizzanti:<br />

MediGuide ha elaborato è un rafnato sistema di navigazione (Medical Positioning System<br />

99


100<br />

(“gMPS"), che consiste di multipli sensori montati su aghi, li-guida, cateteri, permettendone<br />

la localizzazione sulla base della distanza dei sensori dalle numerose sorgenti di<br />

campi magnetici, con una accuratezza sub-millimetrica. La posizione -D e l’orientamento<br />

dei sensori possono essere proiettata gracamente su uno schermo ultrasonico, uoroscopico,<br />

TAC, RMN, sottraendo gli artefatti da battito cardiaco, respirazione o altri movimenti,<br />

e minimizzando l’uso di radiazioni ionizzanti. Attualmente la ricerca è limitata agli<br />

Stati Uniti d’America, pur disponendo già della certicazione CE.<br />

Al momento è possibile utilizzare un altro sistema (“ NAVEX SJM “ ) per la visualizzazione<br />

non uoroscopica, lungo il decorso dei vasi e nelle cavità cardiache, degli elettrocateteri per<br />

la stimolazione cardiaca. Da qualche mese, infatti, nel ns. Laboratorio si maturano esperienze<br />

con tale sistema di mappaggio elettro-anatomico, comunemente utilizzato per le<br />

ablazioni delle aritmie. Questa rappresenta un’interessante ed inesplorata applicazione,<br />

che permette di ridurre i tempi ed il carico di esposizione radiologica, sia per il paziente sia<br />

per gli operatori.<br />

• Pace-maker senza elettrodo/i:<br />

Due aziende hanno in avanzata fase di sperimentazione un Pace-maker miniaturizzato, più<br />

piccolo di un penny, impiantabile per via transcatetere, che si ssa direttamente sull’endocardio<br />

del ventricolo destro; tramite uno smartphone è possibile monitorare e controllare<br />

l’impianto a breve distanza. E’ prevista la disponibilità in clinica tra - anni; potrebbe<br />

eliminare i problemi connessi con gli elettrocateteri denitivi.<br />

Bibliograa<br />

1) Mond HG, Proclemer A. The 11 th World Survey of Cardiac Pacing and Implantable Cardioverter-Debrillators: Calendar Year 2009<br />

– A World Society of Arrhythmia’s Project. PACE 2011; : 101 -27<br />

2) Greenspon AJ, Patel JD, Lau, E, et al. 16-year trends in the infection burden for Pace-makers and Implantable Cardioverter-<br />

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) Wilkoff BL, et al. Transvenous Lead Extraction: HRS Expert Consensus on Facilities, Training, Indications, and Patient<br />

Management Transvenous. HRS Lead Extraction Consensus - 2009<br />

) Sweeney MO, Hellkamp AS, Ellembogen KA, et al. Adverse effect on ventticular pacing on heart failure and atrial brillation<br />

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) Yiu KH, Siu CW, Zhang XH et al. Left ventricular apical akinetic aneurysmatic area associated with permanent right ventricular<br />

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6) Zhang XH, Chen H, Siu CW, Yiu KH et al. New-onset heart failure after permanent right ventricular apical pacing in patient with<br />

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7) Israel CW. Prevention of atrial brillation by prevention of ventricular pacing ? Europace 2011; 1 : 76 -7<br />

8) Funck RC, Boriani G, Manolis AS et al. The MINERVA study design and rationale: a controlled randomized trial to assess the<br />

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9) Santini L, Forleo G, Giudici V, et al. Right ventricular lead placement in PM recipients: current trends toward alternative sites.<br />

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10)Tops L, Schalij M, Bax J. Effect of right ventricular apical pacing and cardiac resynchronization therapy on left ventricular<br />

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11)El-Cham W, Leon A. Safety of cardiac resynchronization therapy. Pag.92-96, Chapter 8 in Cardiac resynchronization therapy<br />

in heart failure. Abraham W, Ragavendra B., Lippincott, Williams & Wilkins, 2010.<br />

12)Leon A, Abraham WT, Curtis AB, et al. Safety of transvenous cardiac resynchronization system implantation in patients with<br />

chronic heart failure: combined results of over 2,000 patients from a multicenter study program. JACC 200 ; 6: 2 8- 6.


Real World ICD e CRT-D:<br />

esperienze e prospettive<br />

Paolo Sartori<br />

Divisione di Cardiologia, Ospedale San Martino, Genova<br />

La morte improvvisa rappresenta una delle cause più frequenti di decesso nelle popolazioni<br />

economicamente più sviluppate.<br />

Nella popolazione generale la sua incidenza varia tra 0. e 1. per 1000 persone/anno con<br />

una distribuzione inuenzata prevalentemente dall’età, dal tipo e dalla gravità della patologia<br />

cardiaca sottostante . Generalmente la morte improvvisa (MI) è dovuta ad un arresto<br />

cardiaco conseguente ad una tachicardia ventricolare (TV) sostenuta o ad una brillazione<br />

ventricolare (FV) che portano rapidamente al decesso se non viene somministrata una terapia<br />

adeguata entro pochi minuti dall’esordio.<br />

L’arresto cardiaco avviene in oltre tre quarti dei casi al di fuori dell’ospedale e anche quando<br />

i servizi sanitari d’emergenza sul territorio operano in modo ottimale solo il % dei soggetti<br />

colpiti riesce a sopravvivere. Per tale motivo e per la scarsa efcacia della terapia medica<br />

nella prevenzione della morte improvvisa è stato necessario identicare nuovi trattamenti<br />

terapeutici in grado di ridurre questo drammatico evento.<br />

Il primo impianto al mondo di debrillatore è stato eseguito nel 1980. L’esperienza del nostro<br />

centro nasce circa 1 anni dopo, nell’aprile 199 , quando presso la sala di cardiochirurgia<br />

del San Martino (<strong>HSM</strong>) è stato impiantato il primo cardio-debrillatore (ICD)<br />

monocamerale Guardian Telectronics in una paziente con una grave cardiomiopatia dilatativa<br />

post ischemica in prevenzione secondaria. Solo dal 2002 il numero di impianti ICD<br />

ha iniziato a crescere, anche a seguito della pubblicazione dei risultati dei trials randomizzati<br />

(MADIT II, COMPANION, SCD-HeFT); basti pensare che presso la Cardiologia Ospedale<br />

San Martino dal 199 al 2001 sono stati impiantati 8 (8, %) ICD mentre dal 2002<br />

ad oggi sono stati impiantati 1 (91, %) ICD dei 79 totali.<br />

Figura 1<br />

101


102<br />

Figura 2<br />

Tabella 1<br />

Tabella 2<br />

Dall’aprile 199 al settembre 2011 sono stati impiantati 79 pazienti e seguiti presso il nostro<br />

ambulatorio semestralmente pazienti con queste caratteristiche cliniche e tecniche.


Casistica <strong>HSM</strong>: analisi degli eventi<br />

1) Scarica appropriata (Intervento corretto sia nel riconoscimento sia nel trattamento<br />

dell’aritmia)<br />

2) Scarica inappropriata (Intervento scorretto o nel riconoscimento o nel trattamento<br />

dell’aritmia)<br />

) ATP efcace (Intervento corretto sia nel riconoscimento sia nel trattamento dell’aritmia)<br />

) ATP Inefcace (Intervento scorretto o nel riconoscimento o nel trattamento dell’aritmia)<br />

Analizzando i Pz abbiamo rilevato che i nostri ICD sono interventi su 1 9 dei pazienti,<br />

pari al 2%.<br />

(Tabella )<br />

Analizzando i devices, che in uno stesso Pz possono avere più e differenti interventi, abbiamo<br />

rilevato 70 interventi sui 1 9 pazienti.<br />

Abbiamo osservato pertanto che<br />

• 0 / pz (68 %) non hanno mai avuto interventi da parte del generatore<br />

• 62/ pz (1 %) hanno ricevuto shock appropriati<br />

• 9/ pz (11 %) hanno subito shock inappropriati<br />

• 72/ pz (16 %) hanno subito ATP efcaci<br />

• 20/ pz ( %) hanno subito ATP inefcaci<br />

Quanto alla analisi degli shock inappropriati 1/ 9 Pz, pari al 7% del totale pazienti, ha ricevuto<br />

solo shock inappropriati mentre nei restanti 18 Pz il devices aveva scaricato anche<br />

appropriatamente con un follow-up medio di mesi. (Tabella )<br />

Esaminando i Pz con ICD impiantati in Prevenzione Primaria 19/ (72 %) osserviamo<br />

che 90/ 19 (28 %) pz hanno avuto interventi del devices mentre 228/ 19 (72%) pz non<br />

hanno avuto interventi del devices.<br />

Esaminando i Pz con ICD impiantati in Prevenzione Secondaria 12 / (28%) osserviamo<br />

Tabella 3<br />

10


10<br />

Tabella 4<br />

Tabella 5<br />

che 6/12 ( 7,6%%) hanno avuto interventi del devices mentre 78/12 (62, %) non<br />

hanno avuto interventi del devices.<br />

Si evince pertanto che i Pz impiantati in Prevenzione Secondaria sono maggiormente esposti<br />

a interventi rispetto ai Pz impiantati in Prevenzione Primaria<br />

Un altro dato signicativo rilevato è l’elevata percentuale di efcacia degli interventi noshock<br />

ossia Anti Tachicardial Pacing (ATP); il 16,2 % dei nostri assistiti infatti ha ricevuto<br />

un ATP efficace e solo il 2,7% dei pazienti un ATP inefficace. Del numero totale di ATP<br />

(176 interventi) l’ 88,6 % è risultata efcace.


Casistica <strong>HSM</strong>: distribuzione impianti per fasce d’età e patologia<br />

E’ stato oggetto di analisi la fascia di età e la rispettiva patologia per cui è stato effettuato<br />

il primo impianto di ICD<br />

I pazienti impiantati sotto i 0 anni sono n = pari al 7,6% ed in n=2 pari al % sopra gli 80<br />

anni. In entrambe le fasce d’età l’indicazione all’impianto risulta equamente distribuita tra prevenzione<br />

primaria e secondaria; i pazienti delle tre decadi rimanenti ( 0-79 anni) hanno ricevuto<br />

impianto dell’87% dei device (6 % in prevenzione primaria,2 % in prevenzione secondaria).<br />

Casistica <strong>HSM</strong>: complicanze<br />

Le complicanze totali assommano al 18, %, pari a 81 pazienti, ma all’interno di tale dato<br />

vanno diversicati i tipi di evento avverso. Abbiamo scorporato tale dato in quattro sottogruppi<br />

all’interno dei quali i pazienti possono essere rappresentati in più di un sottogruppo:<br />

• A Complicanze cliniche 6,1% (infezioni, pneumotoraci, decubiti, perforazioni, PNX)<br />

• B Riposizionamenti ,8%<br />

• C Mancato inserimento dell’elettrocatetere in seno coronarico , %<br />

• D Alterazioni di elettrocateteri e generatori % (fratture, doppi conteggi, recall ecc.).<br />

Tabella 6<br />

Tabella 7<br />

10


106<br />

Tabella 8<br />

Tabella 9<br />

Le complicanze cliniche sono state così suddivise:<br />

• Ematomi 7 pz 1,6%<br />

• Affossamenti (ossia necessità di re-intervento sulla tasca) 6 pz 1, %<br />

• Estrazioni 6 pz 1, %<br />

• Infezioni 7 pz 1,6%<br />

• Pneumotoraci 2 pz 0, %<br />

• Perforazioni pz 0,7%<br />

• Ictus 2 pz 0, %<br />

• Cateteri epicardici 7 pz 1,6%.<br />

Abbiamo inoltre osservato che la probabilità di comparsa di complicanze non è legata<br />

alla complessità della procedura né all’età dei pazienti (età media dei pazienti complicati<br />

66 anni).


La percentuale di lesioni si è osservata su 22 pazienti attestandosi ad un % con un follow-up<br />

di oltre mesi (l’analisi riguarda cateteri posizionati dal 199 ad oggi).<br />

Casistica <strong>HSM</strong>: decessi<br />

In un periodo di osservazione di oltre 1 anni (follow-up medio di mesi) la mortalità<br />

totale è stata del 29,6%. (Tab 11 A,B,C) Nei primi quattro anni dalla data dell’impianto si<br />

osserva il decesso del 76% dei pazienti impiantati.<br />

Tabella 10<br />

Tabella 11 A<br />

107


108<br />

Tabella 11 B<br />

Tabella 11 C<br />

Nella maggior parte dei pazienti deceduti non si è vericato alcun intervento da parte del<br />

debrillatore. Nei Pz deceduti il numero e la percentuale di shock appropriati risulta signi-<br />

cativamente maggiore rispetto alla popolazione generale dello studio, mentre non vi sono<br />

differenze riguardo al numero ed alla percentuale degli shock inappropriati (Tabella 12)


Confrontando i nostri dati con le casistiche Madit II, SCD-HeFT e COMPANION e DEFINITE<br />

si riportano le seguenti impressioni<br />

Nella nostra casistica:<br />

• L’età media dei pazienti è tendenzialmente più elevata<br />

• Disponiamo di un follow up più lungo<br />

• Maggior numero di complicanze<br />

• Il numero dei pazienti senza interventi da parte dell’ICD è più basso<br />

• Il numero di shock inappropriati è più elevato<br />

• La percentuale di efcacia degli ATP è più alta<br />

• Bassa percentuale di interventi (shock, ATP) nei controlli di follow-up nei Pz deceduti<br />

Tabella 12<br />

109


110<br />

Monitoraggio in remoto<br />

dei pazienti portatori di ICD e CRT<br />

Daniele Molini<br />

S.C. Cardiologia, Ospedale Galliera, Genova<br />

Nel corso degli ultimi anni sono stati pubblicati i risultati di importanti studi sulla terapia<br />

dello scompenso cardiaco (Companion, Care-HF, SCDeHFT) che hanno dimostrato, in modo<br />

denitivo, l'efcacia dei debrillatori automatici, nel ritardare l'evento morte e della stimolazione<br />

biventricolare (CRT), nel migliorare la qualità di vita e ridurre la mortalità nei pazienti<br />

arruolati.<br />

Risultati così importanti hanno indotto le società scientiche ad aggiornare le proprie Linee<br />

Guida della terapia dello scompenso cardiaco, riportando in classe 1 l'indicazione a sottoporre<br />

i pazienti con scompenso cardiaco e con severa compromissione della funzione sistolica<br />

del ventricolo sinistro ad impianto di ICD e CRT.<br />

Ad un aumento del numero di impianti ha fatto seguito un ancora maggiore numero di controlli<br />

elettronici ambulatoriali. Infatti gli ICD ed i CRT richiedono una gestione molto più<br />

complessa rispetto ai pacemaker. L'aritmologo ora deve controllare dispositivi complessi<br />

e pazienti a loro volta delicati ed instabili.<br />

Gli ICD ed i CRT forniscono numerose informazioni utili ai ni clinici ma richiedono una<br />

programmazione personalizzata per garantire risultati efcaci nella terapia del paziente. E<br />

ancora gli ICD presentano malfunzionamenti, del dispositivo o degli elettrocateteri, con una<br />

incidenza rilevante rispetto ai pacemaker. Inoltre una programmazione non adeguata, non<br />

solo vanica la terapia, ma espone il paziente a rischi anche gravi (shock inappropriati).<br />

Quindi, se il monitoraggio remoto dei pacemaker offre indubbi vantaggi organizzativi e può<br />

migliorare la qualità di vita dei pazienti ed anche dei medici, nel caso dei pazienti portatori<br />

di ICD e CRT credo che il monitoraggio remoto sia necessario al ne di ottenere i migliori<br />

risultati di gestione clinica ed elettronica.<br />

Oggi in Italia sono ormai decine di migliaia i pazienti seguiti in remoto. Purtroppo questo<br />

avviene in modo non omogeno, cioè esistono alcuni Centri in cui il monitoraggio remoto è<br />

diffusamente utilizzato a fronte di altri centri dove questo non avviene. Gli ostacoli alla diffusione<br />

dell'HM sono rappresentati da problemi organizzativi, di responsabilità medico legale,<br />

di mancato riconoscimento delle prestazioni da parte del Servizio Sanitario Nazionale.<br />

L'esperienza dell'Ospedale Galliera è nata dalla necessità di aumentare la sicurezza dei pazienti<br />

portatori di ICD e CRT-D ai quali era stato impiantato un elettrocatetere che successivamente<br />

ha dimostrato performance inferiori rispetto agli standard, e per i quali l' azienda<br />

produttrice ha emesso un avviso di sicurezza.<br />

A tal ne HM si è dimostrato efcace e semplice da usare.


Dopo oltre 000 trasmissioni possiamo confermare anche che HM permette di ottenere<br />

importanti vantaggi nella gestione dei pazienti con scompenso cardiaco portatori di ICD, quali:<br />

1) Identicazione precoce di problemi tecnici del dispositivo e degli elettrocateteri; valutazione<br />

continua dello stato della batteria, delle funzioni di sensing, della soglia di cattura<br />

e delle impedenze;<br />

2) Gestione tempestiva ed efcace di problemi tecnologici;<br />

) Identicazione precoce dei cambiamenti dello stato clinico del paziente:aritmie atriali e<br />

ventricolari, trend della frequenza cardiaca, progressione dello scompenso,attività sica;<br />

) Reazione tempestiva alle variazioni dello stato clinico e valutazione dei cambiamenti terapeutici<br />

introdotti;<br />

) Riduzione ed ottimizzazione del numero dei controlli in ambulatorio.<br />

111


112<br />

Percutaneous LAA Closure<br />

for Stroke Prevention in AF<br />

Matteo Montorfano<br />

Cardiologia Interventistica ed Emodinamica - Fondazione S. Raffaele, Milano<br />

Background<br />

Atrial Fibrillation (AF) is the most common arrhythmia seen in clinical practice.This condition<br />

has been recognized as one of the most serious current medical epidemics. The prevalence<br />

of AF increases with the patient's age: it is detected in 0.1% of adults younger than<br />

years but in more than 9% of those aged 80 years or older. It is important to recognize<br />

that prevalence data are reported only for clinically recognized, symptomatic AF. The actual<br />

occurrence of asymptomatic AF is probably considerably higher.1It is estimated that<br />

2. million adults in the United States have clinically recognized AF and have sought<br />

medical attention for this condition. This number is expected to increase to approximately<br />

6 million by 20 0. 1 This increasing number brings with it an increasing need for clinicians<br />

to counsel patients with AF by addressing several important issues, including a<br />

determination of the patient's risk of thromboembolic stroke.<br />

Patients with AF have a -fold higher risk of stroke: over 87% of strokes are thromboembolic<br />

and greater than 90% of thrombus accumulation originates in the Left Atrial Appendage.<br />

Preventing thromboembolic complications, especially stroke, is a primary goal of AF treatment. 2<br />

Stasis and a hypercoagulability state associated with AF can lead to atrial thrombus<br />

formation, particularly in the LAA. Left atrial thrombus can embolize to the brain, thereby<br />

resulting in an ischemic stroke. The presence of a thrombus in the LAA is associated with<br />

a -fold increase in the risk of stroke. The risk of stroke varies widely among patients with<br />

AF, depending on the presence or absence of several risk factors. -9<br />

Risk factors that put AF patients at high risk of future stroke include rheumatic mitral valve<br />

disease, the presence of a mechanical heart valve, and prior thromboembolism. 8<br />

Among patients with so-called nonvalvular AF (no rheumatic mitral valve disease and no<br />

mechanical heart valve), the risk factors for stroke can be conveniently remembered by<br />

using the mnemonic CHADS2, which stands for cardiac failure (recent congestive heart<br />

failure), history of hypertension, age 7 years or older, diabetes mellitus, and history of<br />

stroke or transient ischemic attack (TIA). 8<br />

The CHADS 2 score system provides an estimate of a patient's risk of stroke. The system<br />

assigns 1 point each for cardiac failure (recent congestive heart failure), history of<br />

hypertension, age 7 years or older, and diabetes and assigns 2 points for a history of<br />

stroke or TIA (thus the inclusion of the number 2 in the mnemonic). The sum of the points<br />

determines the CHADS 2 score. The adjusted annual stroke rate increases from 1.9% for<br />

patients with a CHADS 2 score of 0 to 18.2% for patients with a CHADS 2 score of 6.<br />

Device closure of the LAA (LAA) may provide an alternative to warfarin therapy as a stroke<br />

prevention strategy in patients with AF.


PROTECT AF Clinical Trial<br />

Holmes reported promising data from the PROTECT AF Trial. 10 This trial was a prospective,<br />

multicenter randomized trial of percutaneous LAA occlusion vs long-term Warfarin therapy<br />

in patients with non-valvular AF. 11 The WATCHMAN® LAA Closure device (Atritech,<br />

Plymouth, MN, Figure 1), was intended as an alternative to warfarin therapy for patients with<br />

non-valvular AF: the device is designed to prevent embolization of thrombi that may form<br />

in the LAA (Figure 1).<br />

To implant the WATCHMAN ® , the interventional cardiologist guides the device into the heart<br />

through a catheter inserted in a vein in the upper leg. The catheter is threaded rst into the<br />

right atrium, then into the left atrium through a puncture in the wall separating the two<br />

upper chambers of the heart. Once the catheter is positioned in the opening of LAA, the<br />

WATCHMAN is released and left permanently in place to block the formation and release<br />

of blood clots. Eight-hundreds patients were enrolled from Feb 200 to Jun 2008: 6<br />

patients in the device group vs. 2 patients in the control Group in 9 Enrolling Centers<br />

(U.S. & Europe) Follow-up requirements included TEE follow-up at days, 6 months and<br />

1 year; clinical follow-up biannually up to years. Regular INR monitoring while taking<br />

warfarin was mandatrory. 10<br />

Primary Efcacy Endpoint were:<br />

• All stroke: ischemic or hemorrhagic with deficit with symptoms persisting more than<br />

2 hours or symptoms less than 2 hours conrmed by CT or MRI;<br />

• Cardiovascular and unexplained death: sudden death, MI, CVA, cardiac arrhythmia and<br />

heart failure;<br />

• Systemic embolization.<br />

Figure 1<br />

11


11<br />

Primary Safety Endpoint included:<br />

• Device embolization requiring retrieval;<br />

• Pericardial effusion requiring intervention;<br />

• Cranial bleeds and gastrointestinal bleeds;<br />

• Any bleed that requires ≥ 2uPRBC;<br />

Eighty-seven percent of implanted subjects were able to cease warfarin at days and the<br />

rate further increased at later time points; reasons for remaining on warfarin therapy after<br />

-days were observation of ow in the LAA (n = 0), physician order (n = 1 ), other<br />

reasons (n = 9).<br />

As far as safety endpoints are concerned events in device group were classied as<br />

ischemic stroke: they were all periprocedural and extended hospitalization by 7 days; three<br />

events were related to air embolism; one hemorrhagic stroke in device group vs 6 in control<br />

group were adjudicated. By note, device events occurred 1 days post implant while patient<br />

was on warfarin and /6 stroke events in control group patients resulted in death.<br />

In conclusion, in AF patients who were candidates for warfarin therapy, device closure of<br />

the LAA using the Watchman device (Atritech, Plymouth, MN) was associated with a<br />

reduction in hemorrhagic stroke risk vs warfarin, and all-cause stroke and all-cause<br />

mortality outcomes were noninferior to warfarin. 10<br />

Safety events, particularly pericardial effusion, were more common in the device group, but<br />

these have decreased over time with procedural modications and enhanced training, the<br />

researchers noted.<br />

Indications<br />

Currently, when to close LAA?<br />

Patients with:<br />

• Permanent atrial brillation<br />

• High risk of stroke<br />

And with:<br />

• Contraindication to warfarin<br />

• High risk of bleeding with OAC<br />

• Difcult to maintain INR within the therapeutic range<br />

• Poor compliance<br />

• Difculty to manage the patient because of logistic problems<br />

AMPLATZER ® Cardiac Plug (AGA Medical Corporation)<br />

The AMPLATZER Cardiac Plug (ACP; Figure 2) is a transcatheter self-expanding device<br />

constructed from a nitinol mesh and polyester patch, ACP consists of a lobe and a disc<br />

connected by a central waist.<br />

The ACP is available in 8 sizes: 16, 18, 20, 22, 2 , 26, 28, and 0 mm.


References<br />

1. Go AS, Hylek EM, Phillips KA, Chang Y, Henault LE, Selby JV, Singer DE. Prevalence of diagnosed atrial brillation in adults:<br />

National implications for rhythm management and stroke prevention: The anticoagulation and risk factors in atrial brillation<br />

(atria) study. Jama. 2001;28 :2 70-2 7<br />

2. Echocardiographic predictors of stroke in patients with atrial brillation: A prospective study of 1066 patients from clinical<br />

trials. Archives of internal medicine. 1998;1 8:1 16-1 20<br />

. Transesophageal echocardiographic correlates of thromboembolism in high-risk patients with nonvalvular atrial brillation. The<br />

stroke prevention in atrial brillation investigators committee on echocardiography. Annals of internal medicine. 1998;128:6 9-6 7<br />

. Frost L, Engholm G, Johnsen S, Moller H, Husted S. Incident stroke after discharge from the hospital with a diagnosis of atrial<br />

brillation. The American journal of medicine. 2000;108: 6- 0<br />

. Risk factors for stroke and efcacy of antithrombotic therapy in atrial brillation. Analysis of pooled data from ve randomized<br />

controlled trials. Archives of internal medicine. 199 ;1 :1 9-1 7<br />

6. Adjusted-dose warfarin versus low-intensity, xed-dose warfarin plus aspirin for high-risk patients with atrial brillation:<br />

Stroke prevention in atrial brillation iii randomised clinical trial. Lancet. 1996; 8:6 -6 8<br />

7. Patients with nonvalvular atrial brillation at low risk of stroke during treatment with aspirin: Stroke prevention in atrial<br />

brillation iii study. The spaf iii writing committee for the stroke prevention in atrial brillation investigators. Jama.<br />

1998;279:127 -1277<br />

8. Gage BF, Waterman AD, Shannon W, Boechler M, Rich MW, Radford MJ. Validation of clinical classication schemes for predicting<br />

stroke: Results from the national registry of atrial brillation. Jama. 2001;28 :286 -2870<br />

9. Go AS, Hylek EM, Chang Y, Phillips KA, Henault LE, Capra AM, Jensvold NG, Selby JV, Singer DE.Anticoagulation therapy for stroke<br />

prevention in atrial brillation: How well do randomized trials translate into clinical practice? Jama. 200 ;290:268 -2692<br />

10.Holmes DR, Reddy VY, Turi ZG et al. Percutaneous closure of the left atrial appendage versus warfarin therapy for prevention<br />

of stroke in patients with atrial brillation: a randomised non-inferiority trial. Lancet 2009; 7 : – 2.<br />

Figure 2<br />

11


116<br />

Fibrillazione Atriale:<br />

nuovi scenari terapeutici<br />

e conseguenti<br />

implicazioni gestionali<br />

Giuseppe Di Pasquale, Letizia Riva, Gloria Coutsoumbas<br />

Unità Operativa di Cardiologia, Ospedale Maggiore, Azienda USL di Bologna, Bologna<br />

Indirizzo per corrispondenza:<br />

Dr. Giuseppe Di Pasquale<br />

Unità Operativa di Cardiologia - Ospedale Maggiore<br />

Largo Bartolo Nigrisoli, 2 - 40133 Bologna<br />

Tel. 051-6478202 - Fax 051-6478635 - e-mail: giuseppe.dipasquale@ausl.bo.it<br />

La terapia anticoagulante orale (TAO) con gli inibitori della vitamina K, ed in particolare il<br />

warfarin, da oltre 0 anni costituisce la terapia di provata efcacia per la prolassi cardioembolica<br />

nei pazienti affetti da brillazione atriale (FA), mediante l’inibizione di multipli fattori<br />

della coagulazione vitamina K dipendenti (II, VII, IX e X). A fronte di un’elevata efcacia<br />

il warfarin presenta tuttavia numerose limitazioni secondarie ai suoi non prevedibili effetti<br />

farmacocinetici e farmacodinamici. Ha un lento inizio di azione, richiedendo diversi giorni<br />

per raggiungere i livelli terapeutici e presenta una variabilità interindividuale nel metabolismo<br />

legata ai polimorsmi genetici del citocromo P 0 2C9 (CYP2C9). Inoltre esistono<br />

molteplici interazioni con la dieta e con altri farmaci, con la conseguente necessità di frequenti<br />

aggiustamenti della dose per mantenere i livelli terapeutici. La risposta non prevedibile,<br />

la necessità di un monitoraggio routinario dei fattori della coagulazione e la stretta<br />

nestra terapeutica rendono pertanto difcoltoso l’impiego del warfarin nella pratica clinica,<br />

con il risultato che molti pazienti affetti da brillazione atriale (FA) non sono anticoagulati<br />

ed in quelli trattati la qualità dell’anticoagulazione è spesso insoddisfacente.<br />

In considerazione degli importanti limiti della terapia anticoagulante orale con warfarin, la<br />

ricerca clinica degli ultimi 1 anni si è indirizzata a valutare l’efcacia e la sicurezza di<br />

nuove strategie antitrombotiche, in particolare degli inibitori diretti della trombina e degli<br />

inibitori diretti del fattore X attivato.<br />

I nuovi anticoagulanti orali sono stati dapprima testati nella prevenzione della trombosi venosa<br />

profonda e dell’ embolia polmonare in pazienti sottoposti a chirurgia elettiva dell’anca<br />

o del ginocchio. Tale approccio è particolarmente vantaggioso per lo sviluppo dei nuovi anticoagulanti<br />

dal momento che in questa popolazione di pazienti ortopedici l’incidenza di<br />

eventi trombotici è particolarmente elevata ed esiste la possibilità di monitorare gli eventi<br />

emorragici in ambiente di ricovero ospedaliero. Successivamente sono stati testati nei pazienti<br />

affetti da FA per la prevenzione dello stroke e delle embolie sistemiche (1) .


Inibitori diretti orali della trombina<br />

Gli inibitori diretti orali della trombina hanno effetti plurimi sulla coagulazione, inibendo la<br />

formazione di brina, l’attivazione trombina-mediata dei fattori V, VIII, XI e XIII e l’aggregazione<br />

piastrinica trombina-mediata. Inoltre riducono la generazione di trombina indotta dal<br />

tissue factor.<br />

Gli inibitori diretti della trombina sviluppati per uso orale, monovalenti, sono rappresentati<br />

dallo ximelagatran, dal dabigatran e dall’ AZD-08 7.<br />

Lo ximelagatran, inibitore diretto orale della trombina, confrontato con il warfarin in due<br />

ampi studi, SPORTIF III (2) condotto in aperto e SPORTIF V ( ) condotto in doppio cieco, ha dimostrato<br />

una non inferiorità rispetto al warfarin. Purtroppo i problemi di epatotossicità<br />

hanno portato all’interruzione dei programmi di sviluppo del farmaco.<br />

Il dabigatran è un inibitore diretto reversibile della trombina. Il suo profarmaco dabigatran<br />

etexilato, che è convertito dalle esterasi plasmatiche a dabigatran, ha una biodisponibilità<br />

del 6. %, un’emivita di 12-17 ore ed ha per l’80% un’eliminazione renale. Non richiede un<br />

monitoraggio della coagulazione, tuttavia il livello di anticoagulazione può essere valutato<br />

misurando il trombin clotting time o l’ecarin clotting time, determinazioni di possibile utilità<br />

in caso di emorragie. Analogamente l’aPTT può essere utile per identicare una eccessiva<br />

anticoagulazione in situazioni di emergenza. L’efcacia e la sicurezza del dabigatran<br />

nella prevenzione dello stroke nella FA non valvolare sono state testate nell’ampio studio<br />

di fase III RE-LY che ha incluso 18.11 pazienti con FA ( , ) . Nel RE-LY i pazienti sono stati<br />

randomizzati a ricevere in aperto warfarin oppure in doppia cecità due dosi sse di dabigatran<br />

110 mg bid oppure 1 0 mg bid. L’outcome primario di stroke ed embolia sistemica<br />

in un follow-up mediano di due anni ha avuto un’incidenza simile nei pazienti trattati con<br />

dabigatran 110 mg rispetto al warfarin (1. % vs 1.71%) ed un’incidenza minore del %,<br />

statisticamente signicativa (p


118<br />

Inibitori diretti del fattore X attivato<br />

Gli inibitori diretti del fattore Xa, attraverso l’inibizione del fattore X attivato riducono la formazione<br />

di trombina dalla protrombina. Inoltre inibiscono la generazione di trombina indotta<br />

dal tissue factor.<br />

Gli inibitori diretti del fattore X attivato sviluppati per uso orale sono il rivaroxaban, l’apixaban,<br />

l’edoxaban ed il betrixaban. L’idraparinux è un inibitore indiretto parenterale del fattore<br />

X attivato, analogo del fondaparinux, somministrabile grazie alla sua farmacocinetica<br />

per via sottocutanea una sola volta alla settimana, il cui programma di sviluppo è stato recentemente<br />

interrotto per un eccesso di rischio emorragico rispetto al warfarin (7) .<br />

Il rivaroxaban è un inibitore diretto orale del fattore X attivato che ha una biodisponibilità<br />

dell’80% ed un’ emivita plasmatica di 7-11 ore. E’ metabolizzato per 2/ nel fegato mentre<br />

per 1/ è eliminato immodicato per escrezione renale. L’efcacia del rivaroxaban nella<br />

FA è stata valutata nello studio di fase III ROCKET AF (8) nel quale 1 .171 pazienti con FA<br />

sono stati randomizzati a ricevere in doppia cecità rivaroxaban 20 mg/die, ridotto a 1 mg/die<br />

nei pazienti con insufcienza renale moderata (clearance creatinina 0- 9 ml/min), oppure<br />

warfarin (INR 2.0 – .0). I pazienti con FA inclusi nello studio ROCKET AF erano caratterizzati<br />

da un prolo di rischio tromboembolico maggiore rispetto a quelli dello studio<br />

RE-LY (CHADS 2 score ≥ nell’ 87% vs 2% nel RE-LY e pregresso stroke o TIA nel % vs 20%<br />

nel RE-LY). Nell’analisi intention to treat il rivaroxaban è risultato non inferiore rispetto al<br />

warfarin con un tasso annuale di stroke ed embolia sistemica dell’ 2.12 % vs il 2. 2 % riportato<br />

con il warfarin, mentre nell’analisi on treatment è emersa una superiorità (1.71% vs 2.16%).<br />

Analogamente al dabigatran il rivaroxaban è risultato associato ad una riduzione di emorragie<br />

cerebrali di circa il 0% rispetto al warfarin.<br />

L’apixaban è un inibitore diretto orale del fattore X attivato a rapido assorbimento, con<br />

un’emivita plasmatica di circa 12 ore, escreto per il 2 % per via renale. E’ stato dapprima<br />

confrontato con l’aspirina nello studio AVERROES in . 99 pazienti affetti da FA non eleggibili<br />

alla terapia anticoagulante orale con warfarin (9) . Lo studio è stato prematuramente<br />

interrotto per l’evidenza di superiorità dell’apixaban al dosaggio di mg bid nella riduzione<br />

degli eventi tromboembolici rispetto all’aspirina a vari dosaggi (81- 2 mg/die) (riduzione<br />

del rischio di stroke o embolia sistemica del %), con un tasso di emorragie maggiori ed<br />

in particolare intracraniche sovrapponibile nei due gruppi di pazienti (1. % vs 1.2% per<br />

anno). L’ARISTOTLE, studio di fase III, recentemente pubblicato ha dimostrato la superiorità<br />

dell’apixaban al dosaggio di mg bid nei confronti del warfarin (INR 2.0- .0) su 18.201<br />

pazienti affetti da FA e con un fattore di rischio per l’ictus ischemico (10) . L’incidenza annuale<br />

di stroke ed embolia sistemica è risultata pari all’ 1.27% nel gruppo di pazienti trattati con<br />

apixaban e all’ 1.6% nei pazienti trattati con warfarin (p


20. 00 pazienti affetti da FA ad elevato rischio tromboembolico (CHADS2 score ≥ 2), ed è<br />

previsto un follow-up di circa due anni (Figura 1).<br />

Il betrixaban è un nuovo anticoagulante orale reversibile inibitore del fattore X attivato,<br />

escreto quasi completamente per via biliare con una minima eliminazione renale (< %),<br />

caratteristica farmacocinetica che lo rende potenzialmente attraente per i pazienti con disfunzione<br />

renale. E’ in corso uno studio di fase II denominato EXPLORE-Xa di confronto<br />

con il warfarin.<br />

Implicazioni gestionali<br />

Al momento attuale soltanto il dabigatran ha ottenuto l’approvazione da parte delle autorità<br />

regolatorie FDA (novembre 2010) ed EMA (agosto 2011) ed è già disponibile per<br />

l’indicazione FA sul mercato nord-americano ed asiatico. Inoltre è in corso l’iter regolatorio<br />

per il rivaroxaban e per l’apixaban. Non è tuttavia noto quali saranno le modalità<br />

prescrittive stabilite dall’AIFA per la rimborsabilità dei nuovi farmaci anticoagulanti<br />

da parte del SSN (piano terapeutico, registro ?). E’ questo sicuramente un tema che<br />

susciterà ampio dibattito in considerazione del costo significativamente più elevato dei<br />

nuovi farmaci anticoagulanti orali in confronto al vecchio ed economico warfarin, soprattutto<br />

in un momento di congiuntura economica come quello attuale (12) . E’ vero che<br />

nei costi complessivi del trattamento devono essere considerati non solo il costo del farmaco<br />

ma anche quelli connessi al monitoraggio tradizionale della TAO e con il dabigatran<br />

sono già state prodotte analisi di costo-efficacia sicuramente favorevoli. Resta<br />

comunque il problema che nei capitoli della spesa sanitaria occupa un posto rilevante<br />

il budget della farmaceutica, il cui contenimento è tra gli obiettivi prioritari di bilancio<br />

per tutte le regioni e Aziende Sanitarie territoriali. Al di là del problema dei costi, per i<br />

pazienti con FA di nuovo riscontro ed indicazioni alla TAO (warfarin naïve) i nuovi anticoagulanti<br />

orali si collocano come l’anticoagulante di scelta. La possibilità di limitarne<br />

l’impiego ai pazienti con difficoltà logistiche per la gestione della TAO sarebbe difficilmente<br />

attuabile, anche per le aspettative da parte dei pazienti ormai fortemente sensibilizzati<br />

all’avvento dei nuovi anticoagulanti orali. Diverso è lo scenario dei pazienti con<br />

FA già in TAO (warfarin experienced). Se il controllo della TAO è affidabile e ben orga-<br />

Figura 1<br />

Studi clinici di fase III dei<br />

nuovi anticoagulanti orali<br />

119


Conclusioni<br />

Sulla base degli studi RE-LY, ROCKET AF ed ARISTOTLE i nuovi anticoagulanti orali dabigatran,<br />

rivaroxaban ed apixaban hanno dimostrato un’ efcacia sostanzialmente sovrapponibile<br />

a quella del warfarin nella prevenzione del rischio tromboembolico nei pazienti affetti<br />

da FA, associata ad un migliore prolo di sicurezza, soprattutto per quanto riguarda la signicativa<br />

riduzione delle emorragie intracraniche, che rappresentano la complicanza più<br />

temibile della TAO. Presentano inoltre il vantaggio della non necessità di un monitoraggio<br />

periodico dell’anticoagulazione e della scarsa interferenza con concomitanti terapie (1 ) .<br />

E’ auspicabile che dopo l’immissione in commercio dei nuovi anticoagulanti orali i risultati<br />

favorevoli dei trial vengano confermati anche nella pratica clinica quotidiana, eventualmente<br />

con una verica attraverso la realizzazione di registri prospettici osservazionali.<br />

Bibliograa<br />

1. Schirmer SH, Baumhäkel M, Neuberger HR et al. Novel Anticoagulants for Stroke Prevention in Atrial Fibrillation. Current clinical<br />

evidence and future developments. J Am Coll Cardiol 2010; 6:2067-76<br />

2. Olsson SB, for the Executive Steering Committee of the SPORTIF III Investigators. Stroke prevention with the oral direct thrombin<br />

inhibitor ximelagatran compared with warfarin in patients with non-valvular atrial brillation (SPORTIF III): randomised controlled<br />

trial. Lancet 200 ; 62:1691-98<br />

. Albers GW, Diener HC, Frison L, et al. for the SPORTIF V Investigators. Ximelagatran vs warfarin for stroke prevention in patients<br />

with nonvalvular atrial brillation: a randomized trial. JAMA 200 ;29 :690-98<br />

. Connolly SJ, Ezekowitz MD, Yusuf S et al. Dabigatran versus warfarin in patients with atrial brillation. N Engl J Med<br />

2009; 61(12):11 9- 1<br />

. Connolly SJ, Ezekowitz MD, Yusuf S et al.; Randomized Evaluation of Long-Term Anticoagulation Therapy Investigators. Newly<br />

identied events in the RE-LY trial. N Engl J Med 2010; 6 (19):187 -6 (Letter)<br />

6. Olsson SB, Rasmussen LH, Tveit A et al. Safety and tolerability of an immediate-release formulation of theoral direct thrombin<br />

inhibitor AZD08 7 in the prevention of stroke and systemic embolism in patients with atrial brillation. Thromb Haemost<br />

2010;10 ( ):60 -12<br />

7. Amadeus Investigators, Bousser MG, Bouthier J, Büller HR et al. Comparison of idraparinux with vitamin K antagonists for<br />

prevention of thromboembolism in patients with atrial brillation: a randomised, open-label, non-inferiority trial. Lancet<br />

2008; 71: 1 -21<br />

8. Patel MR, Mahaffey KW, Garg J, et al. for the ROCKET AF Investigators. Rivaroxaban versus Warfarin in Nonvalvular Atrial<br />

Fibrillation. N Engl J Med 2011; 6 : 88 -891<br />

9. Connolly SJ, Eikelboom J, Joyner C, et al for the AVERROES Steering Committee and Investigators. Apixaban in Patients with<br />

Atrial Fibrillation. N Engl J Med 2011; 6 :806-17<br />

10.Granger CB, Alexander JH, McMurray JJV, et al for the ARISTOTLE Committees and Investigators. Apixaban versus Warfarin in<br />

Patients with Atrial Fibrillation. N Engl J Med 2011; 68: 981-992<br />

11.Ruff CT, Giugliano RP, Antman EM et al. Evaluation of the novel factor Xa inhibitor edoxaban compared with warfarin in patients<br />

with atrial brillation: design and rationale for the Effective aNticoaGulation with factor xA next GEneration in Atrial Fibrillation-<br />

Thrombolysis In Myocardial Infarction study 8 (ENGAGE AF-TIMI 8). Am Heart J 2010;160( ):6 - 1<br />

12.Di Pasquale G, Riva L. Prolassi cardioembolica 2011: siamo vicini al tramonto del warfarin? G Ital Cardiol 2011;12(9): 6-6<br />

1 .Mega JL. A new era for anticoagulation in atrial brillation. N Engl J Med 2011; 6 :10 2- (Editorial).<br />

121


122<br />

TAVI oggi in Toscana<br />

Sergio Berti<br />

La stenosi aortica degenerativa è la valvulopatia più frequente nella popolazione occidentale<br />

(1) . Dal momento in cui diviene sintomatica o determina disfunzione ventricolare<br />

sinistra, la stenosi aortica è una malattia con prognosi non buona a breve termine. La sostituzione<br />

valvolare è la terapia di elezione poiché è l’unica in grado di modicare la prognosi<br />

e di migliorare signicativamente la qualità di vita del paziente. Tuttavia l’intervento<br />

chirurgico, considerato a basso rischio di mortalità nella popolazione generale, può rappresentare<br />

un'opzione terapeutica non percorribile per un sottogruppo di pazienti, nei<br />

quali il rischio operatorio è molto elevato o che sono giudicati inoperabili (Euro- SCORE<br />

>20). Pertanto la possibilità di impiantare una protesi aortica, per via percutanea o per via<br />

transapicale, rende disponibile un trattamento efcace per molti pazienti ad alto rischio<br />

o non operabili.<br />

Il primo impianto di protesi aortica per via percutanea, è stato eseguito nel 2002 da Alain<br />

Cribier (2) . Da allora, sono stati perfezionati ed introdotti in commercio, due tipi di dispositivi<br />

per il trattamento transcatetere della valvulopatia aortica: la CoreValve (Medtronic) e la<br />

Edwards SAPIEN transcatheter heart valve (Edwards).<br />

Queste due bioprotesi possiedono peculiarità morfologiche e tecniche di seguito accennate.<br />

Il “CoreValve” Revalving System (CoreValve Inc., Irvine, CA, USA), è una protesi costituita,<br />

nella sua prima versione commerciale, da lembi di pericardio bovino (poi sostituiti con<br />

quelli di provenienza suina), montati su uno stent di nitinolo autoespandibile. Essa è disponibile<br />

in due misure, 26 e 29 mm di inow, e viene introdotta per via transarteriosa (femorale<br />

o succlavia), mediante introduttore “18F” (protesi di terza generazione). La Edwards<br />

SAPIEN Valve (Edwards Lifesciences Inc., Irvine, CA, USA), presenta tre lembi di pericardio<br />

bovino (nella prima versione commerciale era pericardio equino), montati su uno stent di<br />

acciaio espandibile con palloncino. Essa è attualmente disponibile in due misure, 2 e 26<br />

mm, che necessitano rispettivamente di introduttori 22F e 2 F per l’approccio transfemorale<br />

retrogrado. Per l’approccio transapicale, veniva utilizzato l’introduttore F che ora è<br />

sostituito dal 26F. Le valvole disponibili arrivano no a 29 mm. Dal primo intervento di impianto<br />

per via percutanea di protesi aortica da parte di Alain Cribier nel 2002, più di 000<br />

pazienti anziani ad alto rischio chirurgico (Euro- SCORE >20) o giudicati inoperabili, sono<br />

stati sottoposti ad impianto transcatetere di valvola aortica ( , ) .<br />

La procedura viene eseguita da staff multidisciplinari, sia in fase preoperatoria che durante<br />

l'intervento (cardiochirurgo, cardiologo interventista, anestesista, infermiere di sala,<br />

ecograsta). Inoltre, ai ni di una maggiore sicurezza del paziente, l'intervento viene condotto<br />

in sala operatoria cardiochirurgica o ibrida ( ) .


Negli anni, il numero degli interventi in Italia è aumentato signicativamente, passando da<br />

98 impianti effettuati nel 2007 a 0 nel 2008 ed a 11 2 impianti nel 2009 (www.il giornale.gise.it).<br />

Attualmente in Toscana quattro sono i Centri che propongono questo tipo di procedura:<br />

1. Dipartimento Cardiotoracico (Cisanello, Pisa);<br />

2. Fondazione Toscana Gabriele Monasterio (FTGM, Massa);<br />

. Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi (Firenze);<br />

. Azienda Ospedaliera Senese (Siena).<br />

Per quanto riguarda il nostro Centro (FTGM Massa), le procedure TAVI vengono effettuate<br />

da una équipe formata da cardiologo interventista, cardiochirurgo, cardiologo ecograsta<br />

e cardio-anestesista, in sala operatoria per le procedure transapicali ed in sala di emodinamica<br />

per le procedura transfemorali. Ruolo fondamentale è svolto da personale infermieristico<br />

altamente specializzato nel condurre sia la procedura che la preparazione della<br />

valvola. A partire dal 2008 no ad oggi, sono stati effettuati 70 impianti di protesi trans catetere<br />

di cui impianti con la tecnica “valve in valve’’, 6 per via trans apicale e 28 per via<br />

trans femorale.<br />

Ulteriori dettagli (anche per gli altri Centri toscani), sono riportati nelle seguenti Tabelle:<br />

Dispositivi<br />

Sapien Corevalve<br />

Centro TF TA TOT TF TA TOT<br />

FI 1 11 12 0 - 0<br />

MS 1 1 0 1 - 1<br />

PI - - - 6 1 1<br />

SI 6 1 7 11 2 1<br />

Totale 22 27 9 98 17 11<br />

Legenda: TF = transfemorale; TA = transapicale; TS = trans-succlavia.<br />

Tabella 1<br />

Volume Attività<br />

12


12<br />

Tabella 2<br />

Tipologia di Operatori<br />

coinvolti nella TAVI (TF).<br />

Tabella 3<br />

Tipologia di Operatori<br />

coinvolti nella TAVI (TA).<br />

Via di accesso<br />

TF<br />

Centro PRE INT<br />

FI EmoDin EmoDin<br />

CCh -<br />

CardioAn CardioAn<br />

EcoCardioGr EcoCardioGr<br />

CardiolClin -<br />

MS EmoDin EmoDin<br />

CCh CCh<br />

- CardioAn<br />

- EcoCardioGr<br />

- -<br />

PI EmoDin EmoDin<br />

CCh -<br />

- CardioAn<br />

- EcoCardioGr<br />

- -<br />

SI EmoDin EmoDin<br />

CCh -<br />

- CardioAn<br />

- EcoCardioGr<br />

- -<br />

Legenda: PRE = pre-intervento; INT = durante l'intervento; EmoDin = emodinamista; CCh = cardiochirurgo;<br />

CardioAn = cardioanestesista; EcoCardioGr = ecocardiograsta; CardiolClin = cardiologo clinico.<br />

Via di accesso<br />

TA<br />

Centro PRE INT<br />

FI EmoDin EmoDin<br />

CCh CCh<br />

CardioAn CardioAn<br />

- EcoCardioGr<br />

CardiolClin -<br />

MS EmoDin EmoDin<br />

CCh CCh<br />

CardioAn CardioAn<br />

- EcoCardioGr<br />

CardiolClin -<br />

PI - -<br />

- -<br />

- -<br />

- -<br />

- -<br />

SI EmoDin EmoDin<br />

CCh CCh<br />

CardioAn CardioAn<br />

- EcoCardioGr<br />

CardiolClin -<br />

Legenda: PRE = pre-intervento; INT = durante l'intervento; EmoDin = emodinamista; CCh = cardiochirurgo;<br />

CardioAn = cardioanestesista; EcoCardioGr = ecocardiograsta; CardiolClin = cardiologo clinico.


Via di accesso<br />

TS<br />

Centro PRE INT<br />

FI - -<br />

- -<br />

- -<br />

- -<br />

- -<br />

MS - -<br />

- -<br />

- -<br />

- -<br />

- -<br />

PI EmoDin EmoDin<br />

CCh CCh<br />

CardioAn CardioAn<br />

- EcoCardioGr<br />

CardiolClin -<br />

SI EmoDin EmoDin<br />

CCh CCh<br />

CardioAn CardioAn<br />

- EcoCardioGr<br />

CardiolClin -<br />

ChVasc ChVasc<br />

Legenda: PRE = pre-intervento; INT = durante l'intervento; EmoDin = emodinamista; CCh = cardiochirurgo;<br />

CardioAn = cardioanestesista; EcoCardioGr = ecocardiograsta; CardiolClin = cardiologo clinico; ChVasc = chirurgo vascolare.<br />

Bibliograa<br />

1. Vahanian A, Aleri O, Al-Attar N, et al. Transcatheter valve, implantation for patients with aortic stenosis: a position statement<br />

from the European Association of Cardio-Thoracic Surgery (EACTS) and the European Society of <strong>Cardiology</strong> (ESC), in<br />

collaboration with the European Association of Percutaneous Cardiovascular. Eur. J. Cardiothorac. Surg. 2008 Jul.; (1): 1-8.<br />

Epub. 2008 May 27.<br />

2. Cribier A, Eltchaninoff H, Bash A, et al. Percutaneous transcatheter implantation of an aortic valve prosthesis for calcic aortic<br />

stenosis: rst human case description. Circulation 2002; 106: 006-8.<br />

. Cribier A, Eltchaninoff H, Tron C, et al. Early experience with percutaneous transcatheter implantation of heart valve prosthesis<br />

for the treatment of end-stage inoperable patients with calcic aortic stenosis. J. Am. Coll. Cardiol. 200 ; : 698-70 .<br />

. Cribier A, Eltchaninoff H, Tron C, et al. Treatment of calcic aortic stenosis with the percutaneous heart valve: mid-term follow-up<br />

from the initial feasibility studies. The French experience. J. Am. Coll. Cardiol. 2006; 7: 121 -2 .<br />

. Vahanian A, Aleri O, Al-Attar N, Antunes M, Bax J, Cormier B, Cribier A, De Jaegere P, Fournial G, Kappetein AP, Kovac J,<br />

Ludgate S, Maisano F, Moat N, Mohr F, Nataf P, Pierard L, Pomar JL, Schofer J, Tornos P, Tuzcu M, van Hout B, Von Segesser<br />

LK, Walther T. Transcatheter valve implantation for patients with aortic stenosis: a position statement from the European<br />

association of cardio-thoracic surgery (EACTS) and the European Society of <strong>Cardiology</strong> (ESC), in collaboration with the European<br />

Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions (EAPCI). EuroIntervention. 2008 Aug; (2): 19 -9.<br />

Tabella 4<br />

Tipologia di Operatori<br />

coinvolti nella TAVI (TS).<br />

12


126<br />

Sostituzione transcatetere<br />

di valvola aortica (TAVI)<br />

L’esperienza della Regione Liguria<br />

M. Vischi, M. Balbi, A. Zingarelli, S. Pansini, F. Rapetto, T. Regesta, F. Scarano, F. Chiarella,<br />

GC. Passerone P., IRCCS AOU S. Martino IST<br />

C. Rapetto, M. Vercellino, Asl 1<br />

P. Bellone, S. Moshiri, Asl 2<br />

P. Rubartelli, S. Bellotti, Asl 3<br />

S. Robotti, Asl 4<br />

A. Al Jabri, R. Gistri, Asl 5<br />

Introduzione<br />

La stenosi valvolare aortica è la valvulopatia più frequente nella popolazione generale e colpisce<br />

soprattutto i soggetti anziani: la sua incidenza è circa il , % nei soggetti che hanno<br />

più di 7 anni e circa l’8% nei soggetti che hanno più di 8 anni. E’ una patologia a prognosi<br />

infausta, con una sopravvivenza media di - anni dall’insorgenza della sintomatologia<br />

e la terapia medica non è efcace nel migliorare tale prognosi. La sostituzione<br />

valvolare aortica chirurgica è la terapia di scelta della stenosi aortica, ma circa il 0% dei<br />

pazienti ultrasettantacinquenni non può essere sottoposto all’intervento cardiochirurgico per<br />

via dell’età avanzata e delle frequenti comorbidità presenti. Per questi pazienti, la TAVI<br />

(Transcatheter Aortic Valve Implantation) rappresenta un’opzione terapeutica valida.<br />

Da Novembre 2009 presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino abbiamo iniziato<br />

ad eseguire TAVI sui pazienti affetti da stenosi aortica severa non trattabili mediante sostituzione<br />

valvolare aortica.<br />

Metodi<br />

Nel nostro centro sono afferite le équipe interventistiche delle Cardiologie della Liguria dotate<br />

di Laboratorio di Emodinamica (Sanremo, Pietra Ligure, Savona, Sampierdarena, Galliera, Lavagna<br />

e La Spezia) permettendo di ottenere rapidamente una casistica numerosa con una<br />

media attuale di 2 procedure alla settimana. Per avere informazioni omogenee e complete sui<br />

candidati alla TAVI abbiamo condiviso un Form di Presentazione dei Pazienti [Allegato 1]<br />

Abbiamo costituito un Team multidisciplinare e multiprofessionale composto da Cardiochirurghi,<br />

Cardiologi, Cardioanestesisti, Perfusionisti, Tecnici di Radiologia, Infermieri di<br />

sala operatoria e di emodinamica. Tutti gli impianti vengono eseguiti presso il Laboratorio<br />

di Emodinamica della Cardiologia dell’Ospedale San Martino di Genova.<br />

Il Centro è dotato di Cardiochirurgia e di Rianimazione Cardiochirurgica; la sala è attrezzata<br />

per procedure interventistiche endovascolari sia coronariche che periferiche e per interventi<br />

di chirurgia cardiaca e vascolare con l’eventuale allestimento di bypass cardiopolmonare.<br />

Criteri di inclusione<br />

Da Novembre 2009 a Luglio 2011 abbiamo selezionato 88 pazienti da sottoporre a TA-AVI,


TF-AVI o TAVI in approccio transascellare (1 caso). Le caratteristiche preoperatorie dei pazienti<br />

sono illustrate in Tabella 1.<br />

Caratteristiche dei pazienti<br />

Totale Transfemorale Transapicale<br />

Numero pazienti 88 7 (8 ,2%) 12 (1 ,7%)<br />

Età (anni) 8 ± 8 ± 81 ± 6<br />

Sesso maschile 26 (29, %) 21 (28,0%) ( 1,7%)<br />

Diabete mellito 2 (27, %) 2 ( 0,7%) 1 (8, %)<br />

IRC (Creat > 2,2 mg/dl) 7 (7,9%) (6,7%) 2 (16,7%)<br />

BPCO 9 (10,2%) 8 (10,7%) 1 (8, %)<br />

Vasculopatia cerebrale 7 (7,9%) 6 (8%) 1 (8, %)<br />

Vasculopatia periferica 18 (20, %) 1 (20%) 2 (16,7%)<br />

FA permanente 2 (27, %) 21 (28%) (2 %)<br />

Pregresso IMA 1 (17,0%) 1 (17, %) 2 (16,7%)<br />

Pregressa PCI 26 (29, %) 2 ( 0,7%) (2 %)<br />

PCI < 90 gg 7 (7,9%) (6,7%) 2 (16,7%)<br />

Pregresso CABG 7 (7,9%) (6,7%) 2 (16,7%)<br />

STS score 1 ,1 ± 6,0 1 ,0 ± 6, 1 , ± ,6<br />

Gradiente medio (mmHg) 6,1 ± 16,7 6, ± 1 ,0 ,9 ± 9,<br />

FEVS , ± 1 , ,1 ± 11, 6,0 ± ,7<br />

Bassa FEVS (< 0%) 7 7 (9, %) 0<br />

Per ogni paziente l’indicazione alla TAVI è stata posta in seguito al confronto tra cardiochirurghi,<br />

cardiologi clinici, cardiologi interventisti e cardioanestesisti. Abbiamo incluso pazienti<br />

affetti da stenosi aortica sintomatica e severa (gradiente medio ≥ 0 mmHg,AVA ≤ 1 cm 2 ,<br />

AVA indicizzata ≤ 0,6 cm 2 /m 2 , velocità di picco del jet sistolico aortico ≥ m/s) con Euroscore<br />

logistico ≥ 20 per i soggetti con età no a 8 anni, e ≥ 10 per i soggetti con età > 8 anni,<br />

oppure con STS score ≥ 10. Inoltre nei casi in cui gli score sono risultati inferiori a tali valori<br />

abbiamo considerato come elemento a favore di TAVI la presenza di alcune comorbidità<br />

e condizioni sfavorevoli alla sostituzione valvolare aortica che non sono contemplate<br />

nel calcolo degli stessi (fragilità, aorta a porcellana, bioprotesi disfunzionante, pregresso<br />

CABG con graft pervi, insufcienza respiratoria, cirrosi epatica, neoplasia maligna, pregressa<br />

radioterapia in sede mediastinica, malformazioni toraciche).<br />

Protesi Valvolare<br />

Presso il nostro Centro abbiamo impiantato bioprotesi Edwards SAPIEN (Edwards Lifesciences,<br />

Irvine, California) per via transfemorale e transapicale e bioprotesi Medtronic CoreValve<br />

(Medtronic, Minneapolis, Minnesota) per via transfemorale e transascellare.<br />

Selezione e gestione preoperatoria dei pazienti<br />

I pazienti vengono selezionati direttamente dai Cardiologi e Cardiochirurghi dell’Ospedale San<br />

Martino oppure vi afferiscono attraverso le altre strutture cardiologiche liguri. Ogni paziente,<br />

una volta posta l’indicazione alla TAVI, viene sottoposto alle seguenti indagini diagnostiche:<br />

• Radiograa del torace<br />

• Ecocardiogramma transtoracico<br />

• Ecocardiogramma transesofageo<br />

127<br />

Tabella 1<br />

Caratteristiche di base dei<br />

pazienti sottoposti a TAVI


128<br />

• Ecocolordoppler dei tronchi sovraortici<br />

• Angiograa coronarica. Se riscontrate stenosi coronariche critiche, queste vengono trattate<br />

mediante PCI.<br />

• Angio-TC dell’aorta toracica e addominale, dei vasi iliaci e dei vasi femorali<br />

I candidati alla TAVI vengono ricoverati presso il reparto di Cardiochirurgia dell’Ospedale<br />

San Martino 1 o 2 giorni prima della procedura. Tutti vengono premedicati con ASA e<br />

clopidogrel; qualora il soggetto non sia già in terapia di mantenimento con clopidogrel<br />

7 mg/die si effettua un carico di clopidogrel da 00 mg.<br />

Inoltre si provvede al posizionamento di un catetere venoso centrale il giorno prima<br />

della procedura.<br />

Gestione intraoperatoria dei pazienti (TAVI transfemorale)<br />

Le prime procedure si svolgono in presenza di un Proctor; ogni operatore può eseguire una<br />

procedura autonomamente dopo averne eseguite 10 sotto la supervisione del Proctor. Ogni<br />

impianto viene eseguito da parte del cardiologo interventista del Centro che ha inviato il paziente.<br />

Per quanto riguarda le TAVI in accesso transfemorale (TF-AVI) totalmente percutanee,<br />

il cardiologo interventista porta a termine la procedura senza l’ausilio del<br />

cardiochirurgo, che è comunque presente in sala di emodinamica per la gestione delle<br />

eventuali complicanze; qualora invece sia necessario l’isolamento chirurgico dell’accesso<br />

arterioso, questo viene effettuato dal cardiochirurgo. Le procedure si svolgono in presenza<br />

di un cardioanestesista, di norma a paziente sveglio e blandamente sedato con midazolam;<br />

la sala è comunque attrezzata per poter ottenere rapidamente una sedazione più profonda<br />

o effettuare una conversione in anestesia generale. Gli accessi vascolari che utilizziamo per<br />

eseguire la procedura sono i seguenti :<br />

• Catetere venoso centrale<br />

• Catetere venoso periferico<br />

• Arteria radiale per il monitoraggio invasivo della pressione arteriosa<br />

• Due accessi arteriosi femorali (uno per posizionare la protesi, l’altro per effettuare i controlli<br />

angiograci e per il passaggio dei devices emostatici)<br />

• Vena femorale per il posizionamento di un pace-maker temporaneo, necessario per eseguire<br />

il rapid pacing (qualora si impianti una protesi Edwards SAPIEN) e come copertura<br />

in caso di bradiaritmia intra- o post-procedurale<br />

Di norma non utilizziamo l’ecocardiograa transesofagea intraprocedurale, poiché è difcilmente<br />

compatibile con l’esecuzione della procedura a paziente sveglio; siamo comunque<br />

attrezzati per poter effettuare un ecocardiogramma transesofageo in breve tempo.<br />

Gestione intraoperatoria dei pazienti (TAVI transapicale)<br />

Per quanto riguarda le TAVI in accesso transapicale (TA-AVI) il primo operatore è sempre il<br />

cardiochirurgo, aiutato dal cardiologo interventista. L’impianto è effettuato in anestesia generale<br />

con intubazione orotracheale. Gli accessi vascolari necessari sono gli stessi descritti<br />

per le TF-AVI; è però sufciente un solo accesso arterioso femorale, dal momento che la<br />

protesi viene impiantata per via transapicale. Tutte le TA-AVI vengono effettuate con l’ausilio<br />

dell’ecocardiogramma transesofageo intraprocedurale. L’apice cardiaco viene aggredito<br />

mediante una mini-toracotomia al V-VI spazio intercostale sinistro.


Gestione postoperatoria dei pazienti<br />

Una volta conclusa la procedura, di norma il paziente viene trasferito presso la Rianimazione<br />

Cardiochirurgica almeno no al mattino della I giornata postoperatoria. Per tutta la<br />

durata della degenza in Rianimazione si effettua monitoraggio cruento e continuo della<br />

pressione arteriosa, oltre che della pressione venosa centrale e dell’elettrocardiogramma.<br />

Successivamente si trasferisce il paziente nella sezione di Terapia Subintensiva del reparto<br />

di Cardiochirurgia (con monitoraggio continuo non invasivo della pressione arteriosa e dell’elettrocardiogramma)<br />

e quindi presso la Degenza dello stesso reparto. Una volta terminato<br />

il ricovero presso il nostro Centro, il paziente viene inviato alla Cardiologia di<br />

provenienza o ad un Centro di Riabilitazione Cardiologica. Fin dall’immediato postoperatorio<br />

viene continuata la somministrazione di doppia terapia antiaggregante con ASA 100 mg/die<br />

(indenitamente) e clopidogrel 7 mg/die (per 1-2 mesi).<br />

Risultati<br />

Abbiamo eseguito una TAVI su 88 pazienti.<br />

La protesi è stata correttamente posizionata in 87 pazienti (98,9%). Due pz sono deceduti<br />

per complicanze intraprocedurali: un Pz per insufcienza aortica paraprotesica massiva e<br />

shock cardiogeno, il secondo Pz per occlusione irreversibile del tronco comune della coronaria<br />

sinistra (mortalità intraprocedurale del 2, %).<br />

Sono stati dimessi vivi n = 8 /88 Pz ( 9 %)<br />

Sopravvivenza a 0 gg n = 82/88 Pz ( 9 %) (Tabella 2).<br />

La curva di Kaplan-Meier dimostra a un anno una sopravvivenza dell’86% (Tabella ).<br />

Risultati a 30 giorni<br />

Totale Transfemorale Transapicale<br />

Pazienti 88 7 12<br />

Edwards Sapien XT 8 7 12<br />

Medtronic CoreValve 2 0<br />

Successo procedurale 87 (98,9%) 7 (98,7%) 12 (100%)<br />

Embolizzazione protesi 0 0 0<br />

Valve in valve 1 (1,2%) 1 (1, %) 0<br />

Decessi a 0 giorni 6 (6,8%) ( , %) 2 (16,7%)<br />

Decessi intraprocedurali 2 (2, %) 2 (2,7%) 0<br />

Conversione cardiochirurgica 0 0 0<br />

Tamponamento cardiaco 2 (2, %) 2 (2,7%) 0<br />

Complicanze vascolari maggiori 12 (1 ,6%) 11 (1 ,7%) 1 (8, %)<br />

Stroke 0 0 0<br />

IRA con emodialisi 0 0 0<br />

Impianto PM permanente 0 0 0<br />

Complicanze coronariche 2 (2, %) 1 (1, %) 1 (8, %)<br />

Il nostro follow-up medio è di 10 mesi (range 1-22). Al follow-up sono deceduti 10 pazienti.<br />

Il seguente graco (Tabella ) riporta la curva di sopravvivenza dei nostri pazienti<br />

usando il metodo. di Kaplan-Meier<br />

Tabella 2<br />

Risultati a 0 giorni.<br />

129


1 0<br />

Tabella 3<br />

Curva di sopravvivenza<br />

Complicanze<br />

• 1 paziente è stato necessario 1 impianto valve-in-valve per IAo paraprotesica importante.<br />

• 2 pazienti dovevano essere inizialmente sottoposti a TF-AVI, ma è stata eseguita solo la<br />

valvuloplastica per inadeguatezza dell’asse arterioso iliaco-femorale; uno di questi è<br />

stato poi sottoposto a TA-AVI, l’altro a TAVI transascellare.<br />

• 7 (8 ,2%) pazienti sono stati sottoposti a TF-AVI, 12 (1 ,7%) a TA-AVI e 1 (1,2%) a<br />

TAVI transascellare.<br />

• 6 (6,9%) pazienti sono deceduti a 0 giorni, di cui ( , %) erano stati sottoposti a<br />

TF-AVI e 2 (16,7%) a TA-AVI.<br />

• I 2 pazienti deceduti durante la procedura erano stati sottoposti a TF-AVI. Occorre precisare<br />

che il dato di mortalità dei pazienti sottoposti a TA-AVI è inuenzato dal fatto che il<br />

numero di pazienti è minore e dal fatto che uno dei pazienti deceduti aveva comorbidità<br />

respiratoria e renale ed era stato precedentemente sottoposto a bypass aortocoronarico.<br />

Per quanto riguarda le TF-AVI abbiamo avuto 1 complicanze totali a 0 giorni, pari al 20%<br />

dei pazienti, distribuite nel seguente modo:<br />

• 11 (1 ,7%) complicanze vascolari maggiori, tutte localizzate in sede iliaco-femorale e<br />

tutte trattate con successo. In casi è stata necessaria una revisione chirurgica dell’arteria<br />

femorale e in 7 casi è stato posizionato un device endovascolare (endoprotesi o<br />

stent). Non si è vericato nessun ematoma retroperitoneale<br />

• 2 (2,7%) emopericardi con tamponamento cardiaco in seguito a perforazione del ventricolo<br />

destro da parte di un catetere stimolatore temporaneo. Entrambi questi pazienti<br />

sono stati trattati mediante pericardiocentesi e posizionamento di drenaggio pericardico<br />

in giornata operatoria. Entrambi sono stati dimessi dall’ospedale senza ulteriori complicanze<br />

ed erano vivi a 0 giorni<br />

• 1 (1, %) occlusione acuta del tronco comune della coronaria sinistra, vericatasi immediatamente<br />

dopo l’espansione della protesi. L’occlusione è stata determinata dal ribaltamento<br />

della cuspide coronarica sinistra della valvola nativa sull’ostio coronarico.<br />

L’occlusione ha causato immediato arresto cardiocircolatorio irreversibile; è stato tentata<br />

una PCI in emergenza senza risultato e il paziente è deceduto in sala di emodinamica


• 1 insufcienza aortica paraprotesica importante con conseguente ipotensione acuta. Il<br />

paziente è stato sottoposto a una procedura di impianto valve-in-valve ed è stata inoltre<br />

allestita una circolazione extracorporea femoro-femorale in emergenza. Il paziente è<br />

deceduto in sala di emodinamica<br />

Per quanto riguarda le TA-AVI abbiamo avuto le seguenti (2 %) complicanze a 0 giorni:<br />

• 1 insufcienza ventricolare sinistra acuta che ha richiesto rianimazione cardiopolmonare<br />

prolungata in sala di emodinamica precedentemente all’impianto della protesi. Abbiamo<br />

proceduto immediatamente ad allestimento di una circolazione extracorporea<br />

femoro-femorale, la protesi è stata correttamente impiantata nel contesto della stessa<br />

seduta ed il paziente è stato svezzato dalla CEC. Il paziente è deceduto in X giornata in<br />

seguito a sindrome da bassa portata irreversibile<br />

• 1 occlusione acuta del tronco comune della coronaria sinistra, immediatamente successiva<br />

all’impianto. La lesione è stata trattata con successo mediante PTCA + stenting<br />

del TC, il paziente è stato dimesso dall’ospedale ed era vivo a 0 giorni<br />

• 1 (2 %) complicanza emorragica. Il paziente è deceduto in III giornata postoperatoria in<br />

seguito ad anemizzazione acuta; non era presente sangue in cavo pericardico e non è<br />

stato possibile identicare la sede di origine dell’anemia.<br />

Nessun paziente tra quelli sottoposti a TA-AVI o TF-AVI ha necessitato dell’impianto di un<br />

pace-maker permanente. In nessun caso è insorta una insufcienza renale acuta tale da<br />

richiedere terapia emodialitica. Inne, non si sono vericati stroke a 0 giorni. I risultati a<br />

0 giorni sono riassunti in Tabella 2.<br />

Discussione<br />

La stenosi valvolare aortica severa sintomatica è una patologia frequente nella popolazione<br />

generale e ha una prognosi infausta se non trattata. La terapia medica da sola non<br />

è efcace nel migliorare la sopravvivenza dei pazienti affetti da tale patologia e la sostituzione<br />

valvolare aortica è un’opzione terapeutica valida e sicura per la maggior parte dei soggetti.<br />

Tuttavia, esiste un sottogruppo di pazienti di entità non trascurabile (circa il 0% dei<br />

pazienti con età > 7 anni) per i quali la chirurgia è controindicata o comunque considerata<br />

a rischio troppo alto. Alcuni di questi, qualora soddisno requisiti clinici e anatomici che<br />

sono stati deniti dalla comunità scientica, possono essere trattati mediante TAVI.<br />

Dal 2002 ad oggi sono stati intrapresi numerosi studi con l’obiettivo di dimostrare la reale<br />

efcacia della TAVI, che si sta affermando come superiore alla terapia medica per questi<br />

pazienti. Il PARTNER trial, il primo trial randomizzato multicentrico designato per confrontare<br />

la TAVI con la terapia medica, conferma questa tesi.<br />

Presso l’Ospedale San Martino di Genova abbiamo impiantato no ad oggi 88 bioprotesi in<br />

sede aortica per via transfemorale, transapicale o transascellare. Nella nostra esperienza<br />

la TAVI è un’opzione terapeutica valida per i pazienti anziani affetti da stenosi valvolare<br />

aortica severa sintomatica per i quali non sia indicata la terapia chirurgica. La mortalità e<br />

l’incidenza di complicanze a cui sono andati incontro i nostri pazienti sono in linea con<br />

quelle riportate in letteratura. Le principali casistiche disponibili riportano una mortalità intraprocedurale<br />

tra il e il 10% ed una mortalità a 1 mese tra il 10 e il 1 %. Nella nostra<br />

1 1


1 2<br />

Fig 1<br />

Suddivisione dei pazienti<br />

in base al Centro inviante<br />

esperienza abbiamo avuto una mortalità intraprocedurale del 2, % e intraospedaliera del<br />

6,8% ; pertanto i risultati nora conseguiti presso l’Ospedale San Martino sono allineati con<br />

i migliori tra quelli nora presentati.<br />

È necessario ricordare alcuni concetti. La TAVI è una procedura che viene effettuata su pazienti<br />

ad alto rischio per età e comorbidità; di conseguenza il vericarsi di una complicanza<br />

grave durante o dopo la procedura rappresenta sempre un problema di difcile soluzione,<br />

soprattutto se si rende necessario eseguire una sternotomia o allestire una CEC in emergenza,<br />

dal momento che esse erano state controindicate in precedenza. Inoltre eseguire<br />

una TAVI e gestirne le possibili complicanze presuppone la stretta collaborazione tra diversi<br />

specialisti, che devono prendere parte ad ogni decisione clinica riguardante il paziente lavorando<br />

come un team. Inne, non si dispone ancora di dati sul follow-up a lungo termine<br />

dei pazienti sottoposti a TAVI, né sulla performance a lungo termine delle bioprotesi impiantate<br />

con tale tecnica.<br />

Il nostro gruppo si trova ad operare in Liguria, la regione italiana con l’età media più elevata<br />

e quindi ad alta prevalenza di pazienti affetti da stenosi aortica e potenzialmente trattabili<br />

con TAVI. D’altra parte la TAVI è una procedura che si può effettuare solo in Centri<br />

altamente specializzati e che dispongano di cardiochirurgia, emodinamica, rianimazione<br />

con esperienza cardiochirurgica; in Liguria l’Ospedale San Martino è l’unico che soddis<br />

questi requisiti. Il presupposto per una corretta gestione dei pazienti è un modello organizzativo<br />

che preveda la creazione di un Heart Team composto anche dai Cardiologi degli<br />

altri Ospedali Liguri. Nella Figura 1 viene illustrata la distribuzione dei pazienti in base al<br />

Centro inviante.<br />

In conclusione, attualmente i pazienti da trattare mediante TAVI rimangono quelli per i quali<br />

esista una controindicazione alla sostituzione valvolare aortica, o per i quali tale intervento<br />

viene considerato eccessivamente rischioso. Queste valutazioni devono essere effettuate<br />

collegialmente da un gruppo di diversi specialisti. Ulteriori studi sono indispensabili per<br />

approfondire le nostre conoscenze sull’andamento clinico dei pazienti e per denire eventuali<br />

ampliamenti delle indicazioni alla TAVI.


Allegato 1<br />

Modulo di presentazione per TAVI<br />

(Pz non ammessi all’intervento dal cardiochirurgo)<br />

Reparto che invia la richiesta ................................. data di invio della richiesta ...................................<br />

Cardiologo Referente ....................................... tel ................................ cellulare ................................<br />

Nome e Cognome ......................................................................... data nascita ...................................<br />

Indirizzo ........................................................... tel ................................ cellulare ................................<br />

Sesso ...... Peso ..... Altezza .......... Euroscore log ............................... Score STS ..............................<br />

Storia clinica Classe NYHA: .................................................................................................................<br />

..............................................................................................................................................................<br />

Comorbilità - renali (VFG.…)<br />

- Polmonari (BPCO, FEV1….)<br />

- neurologiche<br />

- altre (neoplasie…)<br />

- indice di fragilità*<br />

Elettrocardiogramma<br />

Ecocardiograa<br />

Transtoracica Misura anulus ..... Dimensioni bulbo al seno Valsalva ..... Giunzione sinotubulare .....<br />

Gradiente massimo: ..... mm Hg Gradiente medio: ..... mm Hg Velocità di picco: ..... Area Valvolare: .....<br />

Grado insuff mitralica: DTD: DTS: FE .....% n° cuspidi aortiche<br />

Ipertroa settale: ..... mm grado di calcicazione (1/2/ / )** PAPs ..... Grado insuff aortica .....<br />

Transesofagea (seTTE incompleto) Misura anulus ..... Bulbo al senoValsalva ..... Giunzione sinotubulare .....<br />

Coronarograa<br />

Coronaropatia critica rami principali trattata ............. non trattabile .............<br />

Distanza anulus/coronaria<br />

Aorta a porcellana Miglior proiezione per il piano valvolare:<br />

Angio TAC<br />

Arco aortico: calcicazione nessuna lieve moderata severa<br />

Diametro succlavia:<br />

Asse iliaco-femorale:<br />

Grado calcicazione a destra: nessuna lieve moderata severa<br />

Tortuosità a destra: nessuna lieve moderata severa<br />

Grado calcicazione sinistra: nessuna lieve moderata severa<br />

Tortuosità a sinistra: nessuna lieve moderata severa<br />

Diametro minimo asse iliaco destro della femorale comune della iliaca<br />

Diametro minimo asse iliaco sinistro della femorale comune della iliaca<br />

Doppler TSA : .......................................................................................................................................<br />

Via di impianto e lato proposto ...........................................................................................................<br />

Protesi proposta ( Tipo e taglia) ........................................................................................................<br />

Firma del Medico proponente<br />

1


1<br />

Bibliograa<br />

Webb JG, Chandavimol M, Thompson CR, et al. Percutaneous aortic valve implantation retrograde from the femoral artery.<br />

Circulation. 2006 Feb 14;113(6):842-50.<br />

Ye J, Cheung A, Lichtenstein SV, Carere RG, et al. Transapical aortic valve implantation in humans. J Thorac Cardiovasc Surg.<br />

2006 May;131(5):1194-6.<br />

Grube E, Buellesfeld L, Mueller R, et al. Prog¬ress and current status of percutaneous aortic valve replace¬ment: results of three<br />

device generations of the CoreValve Revalving system. Circulation Cardiovasc Interv 2008 Dec;1(3):167-175.<br />

Holmes DR and Mack MJ Transcatheter Valve Therapy: A Professional Society Overview from the American College of <strong>Cardiology</strong><br />

Foundation and The Society of Thoracic Surgeons Ann Thorac Surg 2011 Jul;92:380-389<br />

Jagroop Basraon, DO, Yellapragada S. Chandrashekhar, MD, et al. Comparison of risk scores to estimate perioperative mortality<br />

in aortic valve replacement surgery. Ann Thorac Surg 2011 Aug;92(2):535-540.<br />

Tamburino C, Capodanno D, Ramondo A, et al. Incidence and predictors of early and late mortality after transcatheter aortic valve<br />

implantation in 66 patients with severe aortic stenosis. Circulation 2011 Jan;123(3):299-308.<br />

Rodés-Cabau J, Webb JG, Cheung A, Ye J, et al. Transcatheter aortic valve implantation for the treatment of severe symptomatic<br />

aortic stenosis in patients at very high or prohibitive surgical risk: acute and late outcomes of the multicenter Canadian experience.<br />

J Am Coll Cardiol 2010 Mar;55(11):1080-1090.<br />

Webb JG, Altwegg L, Boone RH, Cheung A, Ye J, Lichtenstein S, et al. Transcatheter aortic valve implantation: impact on clinical<br />

and valve related outcomes. Circulation 2009 Jun;119(23):3009–16.<br />

Godino C, Maisano F, Montorfano M, et al. Outcomes after transcatheter aortic valve implantation with both Edwards-SAPIEN and<br />

CoreValve devices in a single center: the Milan experience. J Am Coll Cardiol Cardiovasc Interv 2010 Nov;3(11):1110-21.<br />

Leon MB, Smith CR,Mack M, et al for the PARTNER Trial Investigators. Transcatheter aortic-valve implantation for aortic stenosis<br />

in patients who cannot undergo surgery. N Engl J Med. 2010 Oct;363(17):1597-607.


Difetto del setto interventricolare:<br />

caso clinico<br />

Giacomo Terzi<br />

Cardiologia ISCCR AOU S. Martino - IST<br />

L’incidenza di cardiopatie congenite negli adulti secondo la seconda conferenza di Bethesda<br />

del 2000 è di circa 2800 casi per milione con difetti moderati severi.Tali patologie sono<br />

difcilmente quanticabili dato spesso l’asintomaticità delle stesse. Il difetto del setto interventricolare<br />

è la più frequente malformazione congenita alla nascita e si presenta in<br />

- , per 1000 nati vivi . Difetti interventricolari lievi spesso col tempo si autorisolvono. Vi<br />

sono quattro tipi anatomici: perimembranosi (80%), muscolari (circa 1 %), sopracristali nel<br />

tratto di efusso (circa %), del canale AV, quest’ultimo specie nella s. di Down (2) . Il difetto<br />

perimembranoso può essere adiacente alla cuspide settale della tricuspide o alle cuspidi aortiche<br />

talora condizionando un’insufcienza .Il difetto si denisce ampio quando il suo diametro<br />

è pari o superiore al 7 % del diametro dell’aorta con importante shunt destro sinistro,<br />

e successiva dilatazione del ventricolo destro ed incremento delle pressioni polmonari. Il<br />

presentarsi dei sintomi è legato all’entità del difetto ed alle possibili complicanze come endocardite,<br />

prolasso di una cuspide aortica, cianosi e facile stancabilità secondarie allo sviluppo<br />

d’ipertensione polmonare. La diagnosi si basa sull’esecuzione di vari accertamenti<br />

che partono oltre che dall’esame clinico per la presenza di un sofo olosistolico al °- ° spazio<br />

intercostale anche all’esecuzione dell’ecg per la ricerca di ipertroa ventricolare destra<br />

o biventricolare, all’rx torace per la valutazione di eventuale accentuazione del secondo<br />

arco di sinistra o di ingrandimento dell’atrio o del ventricolo sinistro. L’ecocardiogramma<br />

transtoracico permette di porre la diagnosi, in alternativa anche la risonanza magnetica o la<br />

TC. A completamento diagnostico sull’esatta localizzazione in fase preoperatoria può essere<br />

utile l’esecuzione di un ecocardiogramma transesofageo ed il cateterismo cardiaco<br />

anche per la valutazioni delle pressioni e delle resistenze (rapporto Qp QS).<br />

Devono essere sottoposti a chiusura del DIV<br />

• i pazienti sintomatici che non presentano malattia vascolare polmonare grave (evidenza 1C)<br />

• i pazienti asintomatici con evidenza di sovraccarico di volume con rapporto Qp/Qs > 2 (1 B)<br />

• i pazienti con storia di endocardite infettiva (2a C)<br />

• i pazienti con prolasso della cuspide aortica con insufcienza associata (2 a C)<br />

• i pazienti con shunt e Qp/Qs > 1, (2a C)<br />

La chiusura chirurgica è il trattamento di scelta, la chiusura per via percutanea rimane riservata<br />

ai difetti muscolari e fattibile nei perimembranosi o in particolari condizioni anatomiche (1) .<br />

Presentiamo il caso di una donna di anni di origini sud americane, in anamnesi due parti<br />

cesarei, afferita per dispnea ed astenia. Nel 2002 era stata posta diagnosi di DIV, solo recentemente<br />

si era vericato un progressivo peggioramento della dispnea con presentazione<br />

anche a riposo. All’ecocardiogramma si evidenziava il difetto settale parte membranosa con<br />

1


Commento : abbiamo presentato questo caso come emblematico della superiorità diagnostica<br />

dell’eco transesofageo che ha consentito al cardiochirurgo di avere una precisa<br />

localizzazione del difetto e che ne ha permesso un’ottimale approccio nell’intervento cosa<br />

che era risultata fuorviante con l’esame emodinamico.<br />

Bibliograa:<br />

1 Linee guida per il trattamento delle cardiopatie congenite dell’ adulto G Ital Cardiol 2011;12 (7-8): 0 - 0.<br />

2 ACC/AHA 2008 Guidelines for the Management of Adults With Congenital Heart Disease: Executive Summary Circulation. 2008;<br />

118: 2 9 -2 1,<br />

Fig 2 A<br />

cateterismo<br />

cardiaco destro<br />

Fig 2 B<br />

ventricolograa<br />

1 7


1 8<br />

Indice pag.<br />

Infarto Miocardico Acuto Esteso: c’è bisogno di nuove terapie? ............................ 5<br />

Stefano De Servi<br />

La siopatologia cellulare dell’infarto miocardico acuto: ruolo delle citochine ..... 7<br />

G. Pompilio, B. Bassetti, E. Gambini, M.C. Capogrossi<br />

Citochine nell’infarto miocardico acuto: dati clinici e sperimentali ..................... 11<br />

Cristina Malafronte<br />

L’ecocontrastograa nello studio di vitalità e perfusione:<br />

applicabilità in studi con terapia cellulare ............................................................. 15<br />

Francesco Gentile<br />

Trial Clinici sulla Terapia Cellulare: End Point Strumentali o Clinici? .................... 21<br />

Filippo Crea<br />

STEM AMI OUTCOME: razionale e protocollo. ........................................................ 22<br />

Felice Achilli<br />

“Apical Ballooning Syndrome”:<br />

casistica della Cardiologia San Martino di Genova. ............................................... 25<br />

Alberto Valbusa<br />

Lesioni Coronariche critiche in sindromi Tako-Tsubo-like .................................... 29<br />

Infarto Miocardico Acuto:<br />

nuovi orizzonti nella terapia con farmaci anticoagulanti ....................................... 31<br />

Giuseppe Musumeci<br />

Cardiopatia Ischemica: nuovi orizzonti nella terapia con antiaggreganti orali ..... 37<br />

Giancarlo Casolo<br />

La rete per lo STEMI in Lombardia, l’Archivio Regionale STEMI<br />

e il Progetto Strategico “Sindrome coronarica acuta” ........................................... 42<br />

Maurizio Marzegalli<br />

STEMI oggi in Emilia Romagna ................................................................................ 46<br />

Pier Camillo Pavesi<br />

STEMI oggi in Piemonte ........................................................................................... 50<br />

Maria Rosa Conte<br />

Infarto miocardico acuto con ST sopralivellato (STEMI)<br />

STEMI in Liguria - Esperienza Ospedale San Martino ............................................ 54<br />

Francesco Abbadessa, C. Giachero, M. Vischi, A. Zingarelli, M. Balbi,<br />

A. Valbusa, R. Delno, P. Moscatelli, L. Borgo, F. Bermano, M. Comaschi,<br />

P. Rubartelli, S. Chierchia, L. Oltrona Visconti, F. Copello, F. Chiarella


Infarto miocardico acuto con ST sopralivellato: esperienza ASL3 Genovese ....... 66<br />

Paolo Rubartelli, Davide Bartolini, Sandro Bellotti, Gabriele Crimi, Alessandro Iannone<br />

STEMI oggi in Liguria Esperienza Ospedale Galliera .............................................. 71<br />

Andrea Rolandi<br />

STEMI. L’esperienza della Spezia nel 2010. ............................................................ 75<br />

Gianfranco Mazzotta<br />

Protocollo di Gestione dell'Infarto Miocardico Acuto<br />

a ST sopraslivellato (STEMI) nell’ambito della Regione Liguria ............................ 77<br />

F. Abbadessa, F. Arcidiacono, P. Ballarino, D. Bartolini, P. Bellotti, L. Beringheli,<br />

F. Bermano, L. Borgo, M. Brignole, F. Chiarella, M. Comaschi, P. Cremonesi,<br />

R. Delno, F. Della Rovere, C. Del Prato, S. Domenicucci, S. Esposito, S. Ferlito,<br />

R. Griffo, P. Iannoni, G. Lerza, G. Mazzotta, F. Miccoli, P. Moscatelli, G. Orengo,<br />

E. Puggioni, G. Regolini, P. Rubartelli, P. Spirito, F. Torracca, M. Zanna<br />

Real World Pace Maker ............................................................................................ 95<br />

Paolo Rossi<br />

Real World ICD e CRT-D: esperienze e prospettive ............................................... 101<br />

Paolo Sartori<br />

Monitoraggio in remoto dei pazienti portatori di ICD e CRT ................................. 110<br />

Daniele Molini<br />

Percutaneous LAA Closure for Stroke Prevention in AF ....................................... 112<br />

Matteo Montorfano<br />

Fibrillazione Atriale: nuovi scenari terapeutici<br />

e conseguenti implicazioni gestionali ................................................................... 116<br />

Giuseppe Di Pasquale, Letizia Riva, Gloria Coutsoumbas<br />

TAVI oggi in Toscana .............................................................................................. 122<br />

Sergio Berti<br />

Sostituzione transcatetere di valvola aortica (TAVI)<br />

L’esperienza della Regione Liguria ....................................................................... 126<br />

M. Vischi, M. Balbi, A. Zingarelli, S. Pansini, F. Rapetto, T. Regesta, F. Scarano,<br />

F. Chiarella, GC. Passerone P., C. Rapetto, M. Vercellino, P. Bellone, S. Moshiri,<br />

P. Rubartelli, S. Bellotti, S. Robotti, A. Al Jabri, R. Gistri<br />

Difetto del setto interventricolare: caso clinico .................................................... 135<br />

Giacomo Terzi<br />

pag.<br />

1 9

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