chiave di lettura - Cosmoartistica.org
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“Invictus” <strong>di</strong> C. Eastwood<br />
Analisi a cura <strong>di</strong><br />
Anna De Conciliis, Laura Bregoli, Piero Carlucci e Simona Ventura<br />
Supervisione <strong>di</strong> Sabrina Isabella Gizzarelli e Angela Marchi<br />
“Dalla notte che mi avvolge,<br />
nera come la fossa dell’inferno,<br />
rendo grazie a qualunque <strong>di</strong>o ci sia<br />
per la mia anima invincibile.<br />
La morsa feroce degli eventi<br />
non mi ha tratto smorfia o grido.<br />
Sferzata a sangue dalla sorte<br />
non si è piegata la mia testa.<br />
Di là da questo luogo d’ira e <strong>di</strong> lacrime<br />
Si staglia solo l’orrore della fine,<br />
ma in faccia agli anni che minacciano,<br />
sono e sarò sempre imperturbato.<br />
Non importa quanto angusta sia la porta,<br />
quanto impietosa la sentenza,<br />
sono il padrone del mio destino,<br />
il capitano della mia anima.”<br />
“ Non c'è nessuna strada facile per la libertà” <strong>di</strong>ce Mandela.<br />
Fin da quando nasciamo ci sentiamo tutti imprigionati, poco liberi <strong>di</strong><br />
essere noi stessi e <strong>di</strong> seguire i nostri sogni, così siamo pronti a chiedere<br />
GIUSTIZIA, anche se molte volte è solo la VENDETTA ciò che ci interessa:<br />
vendetta per le ferite subite sin dall’infanzia, vendetta per tutte le ingiustizie<br />
delle quali ci sentiamo vittime ogni giorno: in famiglia, sul lavoro, nel rapporto<br />
1
con il partner. Usciamo dal ventre <strong>di</strong> nostra madre già armati <strong>di</strong> fucile (come<br />
viene detto nel film) e passiamo il resto della vita a corazzarci sempre più.<br />
Anche Nelson Mandela è venuto al mondo armato, pronto a farsi giustizia, a<br />
prendere con forza quello che gli è stato ingiustamente negato.<br />
Fin da giovane, Mandela è parte attiva nell’opposizione al regime<br />
sudafricano che nega alla maggioranza nera i <strong>di</strong>ritti politici, sociali e civili.<br />
Membro dell’ANC, appoggia la lotta armata dopo l’uccisione <strong>di</strong> manifestanti<br />
<strong>di</strong>sarmati anti-apartheid. Arrestato, viene segregato per ventisette anni in una<br />
cella <strong>di</strong> cinque metri quadrati. E’ proprio nell’isolamento della sua cella che<br />
Mandela scopre quanto è “profonda la notte che avvolge la sua esistenza e<br />
come duri sono i colpi d’ascia della sorte…”, è in quel luogo <strong>di</strong> rabbia e lacrime<br />
che l’uomo Mandela decide <strong>di</strong> non farsi annientare dal suo o<strong>di</strong>o ed impara ad<br />
ascoltare e ad accrescere la sua saggezza interna, e quando, nel 1990, esce<br />
dal carcere può realmente sentirsi un uomo libero: “il padrone del suo<br />
destino” e “il capitano della sua anima”.<br />
Nominato Presidente del Sud Africa, Nelson Mandela si trova a governare<br />
un paese <strong>di</strong>viso in due: da una parte la popolazione nera dominata dal<br />
desiderio <strong>di</strong> rivalsa per essere stata vittima per anni <strong>di</strong> soprusi e violenze,<br />
dall’altra parte i bianchi afrikaner, costretti ora a confrontarsi per la prima volta<br />
con un senso <strong>di</strong> impotenza e con sentimenti <strong>di</strong> rabbia e paura.<br />
La nazionale <strong>di</strong> rugby del Sud Africa, gli “Springbock”, è simbolo <strong>di</strong> questa<br />
<strong>di</strong>visione interna al paese: la squadra <strong>di</strong> rugby tanto è amata e motivo <strong>di</strong><br />
<strong>org</strong>oglio per i bianchi afrikaner, quanto è invece o<strong>di</strong>ata e <strong>di</strong>sprezzata dalla<br />
popolazione nera che vede negli Springbock il simbolo dell’apartheid.<br />
A partire dagli anni ’80 la nazionale <strong>di</strong> rugby è stata ban<strong>di</strong>ta dalle<br />
manifestazioni internazionali a causa delle leggi razziali in vigore nel paese, ed<br />
è proprio in seguito alla caduta del regime dell’ apartheid che gli Springbock<br />
possono partecipare al Campionato del mondo.<br />
Quando, finalmente libero, si ritrova davanti il suo paese spaccato in due,<br />
il Presidente Mandela trova col capitano della squadra, François Pienaar, una<br />
sana alleanza per realizzare la sua “ispirazione”: costruire insieme una nuova<br />
Nazione. Mandela usa il linguaggio universale dello sport, spronando la<br />
2
nazionale <strong>di</strong> rugby del Sud Africa a vincere il Campionato del Mondo del 1995,<br />
per costruire una coralità ed avviare il paese verso l’unificazione.<br />
Finita la visione <strong>di</strong> questo film, abbiamo sentito <strong>di</strong> avere assistito alla<br />
creazione <strong>di</strong> una gran<strong>di</strong>osa “opera d’arte” esistenziale… un’opera che con la sua<br />
energia e autenticità, dona ispirazione a chiunque sia <strong>di</strong>sposto a lasciarsi<br />
trasformare. Una profonda emozione ci ha invasi …dalla testa al cuore, alla<br />
pancia.<br />
Ma come è avvenuta la creazione <strong>di</strong> questa “OPERA D’ ARTE”?<br />
Mandela all’età <strong>di</strong> 22 anni si rifiuta <strong>di</strong> sposare una ragazza scelta per lui<br />
dal capo della tribù Thembu <strong>di</strong> cui fa parte. Sposarsi per imposizione significa<br />
andare contro un valore per lui fondamentale: la libertà. Sceglie allora la<br />
libertà personale e scappa verso la città <strong>di</strong> Johannesburg.<br />
Un’altra testimonianza <strong>di</strong> come il più alto valore per Mandela sia la libertà<br />
la si trova nel <strong>di</strong>scorso pronunciato davanti ai giu<strong>di</strong>ci del Tribunale, prima del<br />
verdetto: “Per gli uomini, la libertà nella propria terra è l’apice delle proprie<br />
aspirazioni. Niente può <strong>di</strong>stogliere loro da questa meta. Più potente della paura<br />
per l’inumana vita della prigione è la rabbia per le terribili con<strong>di</strong>zioni nelle quali<br />
il mio popolo è soggetto fuori dalle prigioni, in questo paese . . . non ho dubbi<br />
che i posteri si pronunceranno per la mia innocenza e che i criminali che<br />
dovrebbero essere portati <strong>di</strong> fronte a questa corte sono i membri del governo”.<br />
Nel 1964 è condannato all’ergastolo, per azione armata e cospirazione<br />
contro il governo.<br />
Nel Febbraio del 1985 l’allora Presidente Botha, cosciente del fatto che<br />
Mandela è <strong>di</strong>ventato un simbolo intoccabile della lotta all’apartheid, simbolo<br />
ormai riconosciuto in tutto il mondo, gli offre la libertà purché lui rinunci alla<br />
guerriglia. Mandela rifiuta e rimane in carcere fino al 1990 quando, in seguito<br />
alle pressioni internazionali e al venir meno dell’ appoggio degli Stati Uniti al<br />
regime segregazionista, viene liberato. Nel 1993 riceve il premio Nobel per la<br />
pace e nel 1994, durante le prime elezioni libere del suo Paese (le prime a cui<br />
partecipano anche i neri) viene eletto presidente del Sudafrica.<br />
3
Il film inizia con Mandela appena uscito dal carcere che in macchina<br />
attraversa la città. Da un lato della strada c’è una squadra <strong>di</strong> bianchi che<br />
continua ad allenarsi a rugby, dall’altro una nuvola <strong>di</strong> bambini neri che<br />
rincorrono un pallone e si interrompono felici per festeggiare, gridando,<br />
l’evento.<br />
Ma lui, Mandela ha lottato una vita perché i neri e i bianchi non fossero più<br />
gli uni contro gli altri.<br />
Ora come può fare?<br />
L’oppressione, la sopraffazione <strong>di</strong> un uomo su un altro, in qualsiasi<br />
situazione si verifichi, e’ sempre una cosa orribile, sia all’interno del<br />
microcosmo famiglia sia all’interno <strong>di</strong> un macrocosmo, come può essere la<br />
nazione in cui si e’ nati e si vive. E’ più facile togliere la libertà agli altri che<br />
riuscire a conquistarla per se stessi, perché la libertà può fare paura.<br />
La libertà è l’arte del coraggio <strong>di</strong> voler <strong>di</strong>ventare liberi.” 1<br />
Gli anni che Mandela trascorre in prigione sono anni <strong>di</strong> duro lavoro dentro<br />
e fuori <strong>di</strong> sè, chiuso nello spazio limitato della sua angusta cella fa un lungo<br />
percorso interiore.<br />
L’o<strong>di</strong>o nasce, secondo Antonio Mercurio, da una ferita antica ricevuta sin<br />
dalla vita intrauterina, a cui il nostro Io fetale, per proteggersi dal dolore e<br />
dalla morte, risponde mettendo in atto delle <strong>di</strong>fese.<br />
A lungo andare queste <strong>di</strong>fese possono strutturarsi in un vero e proprio<br />
“progetto <strong>di</strong> vendetta” da portare avanti, inconsapevolmente, come progetto <strong>di</strong><br />
vita, alimentando o<strong>di</strong>o e risentimento verso noi stessi, verso gli altri e verso la<br />
Vita.<br />
Afferma Vito Chialastri nel suo libro “Dai veleni esistenziali . . . alla<br />
bellezza esistenziale” 2 :<br />
1 A.Mercurio, Regola IV per la navigazione notturna degli Ulissi<strong>di</strong> – Teoremi e Assiomi della Cosmo-<br />
Art, pag.100<br />
4
“ Noi <strong>di</strong> fronte a questo sentire, con gli attuali strumenti culturali e morali<br />
in tema <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o, non possiamo far altro che <strong>di</strong>fenderci da esso con la rimozione<br />
o la negazione, oppure auto condannandoci per questo sentirci nell’o<strong>di</strong>o per poi<br />
magari espiare.<br />
Oppure possiamo pensare a ven<strong>di</strong>carci, condannando qualcun altro e<br />
facendolo pagare a qualcun altro che ci capita a tiro […]<br />
Gli stati mentali a nostra <strong>di</strong>sposizione, soprattutto quelli ere<strong>di</strong>tati dalla<br />
cultura e dalla morale religiosa sembrano non consentirci altro”.<br />
L’Antropologia <strong>Cosmoartistica</strong> Esistenziale, suggerisce la creazione <strong>di</strong> un<br />
nuovo stato mentale anche rispetto all’o<strong>di</strong>o. Si può o<strong>di</strong>are senza essere solo e<br />
automaticamente <strong>di</strong>struttivi, non c’è nessun motivo per condannarsi o<br />
biasimarsi, “sentirci nell’o<strong>di</strong>o” può essere una buona occasione per contattare il<br />
dolore e tutta la forza che in esso è contenuta.<br />
Ci vuole tanto Amore per affrontare il proprio o<strong>di</strong>o.<br />
Occorre fare appello a tutto l’Amore che abbiamo verso noi stessi e verso<br />
il nostro progetto per fondere queste nostre forze (amore e o<strong>di</strong>o) e creare<br />
“forza amorosa” così come ci hanno insegnato Gandhi e poi Mandela. Solo<br />
grazie a questa speciale energia possiamo essere “efficaci” […]<br />
Fin dalla nascita portiamo dentro l’imprinting <strong>di</strong> “essere un peso”. Per<br />
compiere il passaggio necessario ad affermare il nostro valore <strong>di</strong> persone, c’e’<br />
un dolore da attraversare e un pianto da sciogliere. E’ bene imparare a non<br />
farsi fagocitare dal dolore, entrarvi, attraversarlo e e usarne l’energia perché il<br />
dolore può essere “un motore” che ci spinge ad evolvere e crescere. Possiamo<br />
trasformare l’energia del dolore in energia “creativa”, realizzare il possibile<br />
dall’impossibile e dar vita a delle vere e proprie opere d’arte con tutto il<br />
materiale, dal più nobile al più povero, della nostra vita.<br />
2 V. Chialastri, Dai veleni esistenziali . . . alla bellezza esistenziale, da pag. 165 a pag. 173<br />
5
Nelson Mandela porta nel cuore una grande ferita per l’ingiustizia subita, e<br />
insieme porta anche la ferita <strong>di</strong> tutto il suo popolo.<br />
Negli anni <strong>di</strong> isolamento impara a conoscere la sua ferita ma ha anche<br />
impara che per poter cambiare la sua vita non può lasciare che sia la ferita a<br />
dominare le sue scelte e il suo agire. “Se io non so cambiare quando le<br />
circostanze lo impongono, come posso chiedere agli altri <strong>di</strong> cambiare!”<br />
Impara che non solo la libertà e la giustizia sono dei valori per cui è<br />
importante darsi da fare, ma anche l’amore, la bellezza, l’unificazione.<br />
Il percorso <strong>di</strong> crescita e trasformazione passa anche attraverso il perdono:<br />
per rinunciare alla vendetta e all’o<strong>di</strong>o è necessario perdonarsi e perdonare,<br />
una decisione profonda <strong>di</strong> lasciar andare il passato, perdonando sé per l’o<strong>di</strong>o<br />
agito e perdonando l’altro per il male ricevuto.<br />
E Mandela afferma significativamente: “il perdono libera l’anima e cancella<br />
la paura”.<br />
Nel primo <strong>di</strong>scorso ai membri dell’ANC incita la folla che lo acclama a<br />
rinunciare al desiderio <strong>di</strong> vendetta:“Prendete i vostri coltelli, le vostre pistole e<br />
i vostri fucili e gettateli nell’oceano!” Mette in campo tutto il suo amore e la sua<br />
comprensione davanti alla <strong>di</strong>ffidenza e al pregiu<strong>di</strong>zio degli impiegati bianchi,<br />
pronti a lasciare il palazzo presidenziale dopo l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> un Presidente<br />
nero: “Il passato è passato. Noi guar<strong>di</strong>amo al futuro adesso, ci serve il vostro<br />
aiuto, vogliamo il vostro aiuto.”<br />
E ora possiamo chiederci:<br />
“Cosa possiamo creare <strong>di</strong> bello nelle nostre vite se deci<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> lasciare<br />
andare il rancore per i torti subiti?”<br />
Se deci<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> rimanere attaccati al passato, rinunciamo al nostro<br />
potere presente <strong>di</strong> creare qualcosa <strong>di</strong> nuovo e restiamo vittime impotenti delle<br />
situazioni, in trappola, senza via <strong>di</strong> uscita in una <strong>di</strong>mensione senza tempo.<br />
Se rinunciamo a voler perseguire a tutti i costi la giustizia e il piacere<br />
della vendetta e deci<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> aprirci al perdono, lì troviamo la parte più<br />
autentica e vitale <strong>di</strong> noi: la nostra creatività tutta da esplorare e sprigionare.<br />
6
“Il perdono” prima per se stessi e poi per gli altri, e’ un percorso, che non<br />
e’ possibile fare tutto in una sola volta, lo si fa a tappe, imparando a perdonare<br />
“sempre un po’ <strong>di</strong> più”. Non può essere un dovere morale o un’imposizione<br />
religiosa, è frutto <strong>di</strong> una libera scelta, è frutto della decisione libera <strong>di</strong> aderire<br />
alla nostra saggezza interiore e <strong>di</strong> uscire dalla reattività.<br />
Di fronte all’aggressione o al torto subito, spesso ci viene spontaneo<br />
reagire con un’ altra aggressione ancora maggiore (perché rafforzata dal<br />
nostro <strong>org</strong>oglio ferito). Ma questa non è l’unica possibilità. Se deci<strong>di</strong>amo <strong>di</strong><br />
mettere da parte l’<strong>org</strong>oglio e <strong>di</strong> vedere l’altro come una parte <strong>di</strong> noi, possiamo<br />
sentire quanto la rabbia dell’altro è anche la nostra, quanto la sua fragilità è<br />
anche la nostra fragilità, quanto siamo noi stessi i primi complici del nostro<br />
carnefice.<br />
[…]Solo un uomo che ha imparato la <strong>di</strong>fficile arte dell’amore e del perdono<br />
può decidere <strong>di</strong> non utilizzare il suo potere per ven<strong>di</strong>carsi <strong>di</strong> chi avverte come<br />
suo nemico e così porre fine al circolo vizioso della vendetta che porta<br />
inevitabilmente alla <strong>di</strong>struzione.<br />
Il nuovo Presidente del Sudafrica riesce a compiere il <strong>di</strong>fficile passaggio<br />
“dall’impotenza alla potenza”. Attraverso la consapevolezza e l’accettazione<br />
profonda della propria impotenza può accedere alla propria potenza, alla forza,<br />
alla determinazione e alla creatività.<br />
Mercurio afferma: “Riconosci ed accogli la tua impotenza e vedrai che<br />
nascerà la tua vera ed autentica forza. Tutte le volte che noi accettiamo<br />
profondamente la nostra impotenza noi conquistiamo la nostra potenza”.<br />
Mandela è riuscito nella <strong>di</strong>fficile opera <strong>di</strong> donarsi un’anima immortale,<br />
guidata dalla propria ispirazione e dalla determinazione in<strong>di</strong>spensabile per<br />
spostare sempre un po’più avanti quello che un attimo prima poteva sembrare<br />
un limite invalicabile.<br />
La sua ispirazione, ovvero il progetto che lo anima, è quello <strong>di</strong> creare una<br />
nazione che sia un unico <strong>org</strong>anismo vivente dove bianchi e neri vivono insieme<br />
e in armonia.<br />
Per fare questo ha bisogno degli altri.<br />
7
[…] La meta è <strong>di</strong> creare coralità e unione <strong>di</strong> intenti, <strong>di</strong> ispirare un progetto<br />
comune che, attraverso il senso <strong>di</strong> appartenenza ad una nazione, unisca il<br />
cuore <strong>di</strong> chi si sente contro l’altro.<br />
Il potere per Mandela è solo un mezzo che decide <strong>di</strong> usare per l’incontro e<br />
non come potere sull’altro.<br />
Si sente vicino ai suoi collaboratori, si sente uno <strong>di</strong> loro, si interessa alla<br />
loro vita, arriva persino ad imparare a memoria i nomi <strong>di</strong> tutti i giocatori della<br />
squadra <strong>di</strong> rugby affinché possano sentire quanto il suo cuore è con loro.<br />
Mandela ha scelto la BELLEZZA e non la GIUSTIZIA, ha scelto <strong>di</strong> creare e<br />
unificare e non <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere e separare ed è ben consapevole che la<br />
BELLEZZA non si crea da soli, si crea insieme, si crea “facendo squadra”.<br />
L’ispirazione è come l’ago della bussola che può girare impazzito fino a<br />
quando fissa la meta e si ferma. […]<br />
Mandela chiede a Francois in che modo “ispira” i suoi compagni <strong>di</strong> squadra<br />
per incitarli a dare il meglio <strong>di</strong> loro, e, raccontando <strong>di</strong> sé, <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> essersi<br />
aggrappato spesso, nei momenti bui del carcere, ad una poesia che lo faceva<br />
desistere dal lasciarsi andare... che gli ha permesso <strong>di</strong> restare in contatto con<br />
la sua parte vitale, con la sua ”ispirazione”; alla fine del loro incontro gli farà<br />
dono <strong>di</strong> questa poesia.<br />
Anche chiuso dentro un’angusta cella, Mandela, non perde il contatto con<br />
la sua saggezza più profonda, decide <strong>di</strong> “ amarsi” <strong>di</strong> “amare la vita”; ecco<br />
perché quando esce dal carcere egli ama tutto il bello della vita, le donne, il<br />
vino, le persone e può decidere <strong>di</strong> rinunciare ad un terzo del suo stipen<strong>di</strong>o per<br />
darlo in beneficenza; vive “la vita come un dono” e si sente un dono per la<br />
vita, sa essere gentile ed entrare nell’umiltà’.<br />
Mandela dà un valore a Francois e gli dona la sua forza, il suo coraggio (la<br />
sua poesia) e lo sprona a trovare la sua ispirazione, “Abbiamo bisogno <strong>di</strong><br />
ispirazione, perché per costruire la nostra nazione dobbiamo tutti cercare <strong>di</strong><br />
superare le nostre aspettative.”<br />
Questo film ci insegna che possiamo decidere <strong>di</strong> impegnarci a riconoscere<br />
il nostro valore e quello dell’altro, la nostra originalità e quella dell’altro, la<br />
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nostra bellezza e quella dell’altro anche se siamo profondamente <strong>di</strong>versi; a<br />
vivere rapporti <strong>di</strong> rispetto e <strong>di</strong> amore.<br />
Francois decide <strong>di</strong> affidarsi a Mandela come se fosse la sua parte saggia,<br />
ne incarna le parole e il messaggio profondo, poi con energia trasmette<br />
l’ispirazione ai suoi compagni che arrivano alla vittoria. Una vittoria che non è<br />
solo sportiva, ma anche e soprattutto l’inizio <strong>di</strong> un grande processo <strong>di</strong><br />
unificazione, una prima sintesi armoniosa <strong>di</strong> opposti, l’inizio <strong>di</strong> una storia nuova<br />
per il Sudafrica. […]<br />
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