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ARCHITETTURA<br />
ARCHITETTURA<br />
Quando la pietra si fa merletto:<br />
la facciata della Basilica San Sebastiano di Acireale<br />
di Il terremoto del 1693 segna<br />
Saro<br />
tradizionalmente la data di <strong>in</strong>izio di<br />
Bella qualsiasi descrizione della architettura<br />
La fastosa<br />
facciata della<br />
Basilica di San<br />
Sebastiano.<br />
barocca della nostra come delle altre città<br />
danneggiate o distrutte dal luttuoso evento.<br />
Tuttavia <strong>in</strong> Sicilia, anche prima del devastante<br />
terremoto, si era applicata la lezione architettonica<br />
che, dalla Controriforma e dal gusto Spagnolo,<br />
traeva i dettati basilari per comporre scenografie<br />
dest<strong>in</strong>ate a magnificare, a meravigliare, a stupire.<br />
Un’architettura che ad Acireale trovava<br />
compiute applicazioni negli <strong>in</strong>terni<br />
sostanzialmente diversi dagli attuali, di una<br />
Cattedrale nella quale gli altari dagli ornati<br />
baroccheggianti e spagnoleschi componevano una<br />
architettura fantastica colma di les<strong>in</strong>ati, di<br />
cartocciati, di festoni, di figure, di cartelle.<br />
Fuori, nella piazza anch’essa ancora poco<br />
def<strong>in</strong>ita nelle forme attuali, timidamente facevano<br />
capol<strong>in</strong>o qualche mascaroni, li quali buttano<br />
l’acqua dalli canali sopra la Cappella di Santa<br />
Venera, coi quali Filippo Flavetta com<strong>in</strong>ciava ad<br />
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AGORÀ AGORÀ n. n. 29-30/2007<br />
29-30/2007<br />
aff<strong>in</strong>are il lessico figurativo di un barocco<br />
autoctono fresco e spontaneo.<br />
Gli altri edifici -chiese e palazzi- non avevano<br />
ancora imparato compiutamente la lezione della<br />
fantastica architettura, più per mancanza di risorse<br />
che per mera disapprovazione.<br />
La chiesa di San Sebastiano, <strong>in</strong>dirizzata<br />
nell’attuale sito dalle ridotte dimensioni della<br />
precedente, al pari delle altre chiese era alle prese<br />
già dagli <strong>in</strong>izi del Seicento con una faticosa<br />
edificazione, che preferiva dirigere le limitate<br />
risorse più verso le spaziose dimensioni che verso<br />
scenografiche facciate.<br />
Un’Acireale, questa di f<strong>in</strong>e Seicento, che<br />
liberatasi con la divisione territoriale del 1640<br />
dalla necessità di ripartire equamente con gli altri<br />
nuclei abitati (Aci S. Filippo, Aci Catena, Aci<br />
Sant’Antonio, Bonaccorsi e Valverde) risorse per<br />
la formazione delle piazze urbane, si mostrava<br />
capace, per risorse e per cultura, di costruire una<br />
nuova e più ambiziosa identità cittad<strong>in</strong>a, anche<br />
attraverso il ridisegno urbanistico del suo abitato.<br />
Il dopo terremoto trovò qu<strong>in</strong>di Acireale<br />
pronta ad accettare, pur senza sostanziali<br />
modifiche all’assetto urbano preesistente,<br />
un’architettura funzionale a mostrare la<br />
conquistata opulenza.<br />
«l’unnici di <strong>in</strong>naru a v<strong>in</strong>t<strong>in</strong>’ura<br />
a Jaci senza sonu s’abballava<br />
cui sutta li petri e cui sutta li mura<br />
e cui misiricordia chiamava».<br />
L’orribilissimo terremoto spazzò la città<br />
come una gelida folata fracassandola tutta.<br />
Perirono <strong>in</strong> 739, mentre quasi tutti gli edifici<br />
pubblici e privati risultarono danneggiati. Le strade<br />
divennero un ammasso di macerie da dove<br />
s’udivano solo urli pianti voci e lamenti. Tra le<br />
altre, rov<strong>in</strong>ò la Chiesa di S. Sebastiano buttando<br />
al suolo il Coro ... con la sagrestia ed oratorio<br />
unito del Beato Gaetano.<br />
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Gli sforzi per ricostruire la chiesa nelle parti<br />
crollate <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciarono quasi subito. Infatti, due<br />
anni dopo, nel 1695, la città corrispose una prima<br />
sovvenzione per disterrare et annettare le fabriche<br />
diroccate, pezzi di legni, pietre, canali et altri<br />
dentro la Chiesa del Glorioso Martire S.<br />
Sebastiano di questa Città per potersi dar pr<strong>in</strong>cipio<br />
alla fabrica di detta Chiesa.<br />
Ma furono i proventi del coppo cioè della<br />
questua effettuata dalle confraternite della chiesa<br />
<strong>in</strong> tutta la Sicilia, spesso anche <strong>in</strong> Calabria, cui<br />
progressivamente si aggiunsero i pii lasciti e le<br />
donazioni dei privati, a sostenere una ricostruzione<br />
tanto celermente compiuta che nel 1699 i confrati<br />
poterono apporre l’iscrizione che ancora oggi fa<br />
bella mostra racchiusa <strong>in</strong> un elegante cartiglio<br />
posto sul lato destro del prospetto.<br />
Sul f<strong>in</strong>ire del 1705 <strong>in</strong>iziarono i lavori per<br />
dotare la chiesa di San Sebastiano di una facciata<br />
<strong>in</strong>dispensabile a darle un aspetto altrettanto<br />
monumentale dei templi più <strong>in</strong>signi che nel<br />
frattempo si ricostruivano <strong>in</strong> tutta la Sicilia Orientale.<br />
Ad occuparsene furono chiamate maestranze<br />
locali. Le stesse maestranze che, formatesi alla<br />
dura scuola dei mastri fabbricatori e degli antichi<br />
scalpell<strong>in</strong>i, componevano allora un nutrito gruppo<br />
di magistri fabrorum murariorum (mastri di<br />
fabbrica) e di lapidum <strong>in</strong>cisores (mastri<br />
<strong>in</strong>tagliatori) contesi e largamente utilizzati non<br />
solo nella costruzione della nostra città ma anche<br />
tra i pr<strong>in</strong>cipali artefici della r<strong>in</strong>ascita di Catania<br />
prima della normalizzazione Vaccar<strong>in</strong>iana.<br />
Sono gli Amico, i Flavetta i Larcidiacono, i<br />
Bellofiore, i Palazzolo e i tanti altri che con questi<br />
si erano già cimentati nella edificazione della<br />
loggia Giuratoria di Acireale (l’attuale municipio)<br />
- dove avevano creato con estro, fantasia e tanta<br />
abilità una architettura orig<strong>in</strong>ale e spontanea che<br />
fa ancora ricca la nostra città - a condurre l’impresa<br />
di costruire una facciata dest<strong>in</strong>ata a meravigliare.<br />
Dai loro merletti di pietra nasceva un <strong>in</strong>no<br />
alla vita, una voglia di esorcizzare con il bizzarro,<br />
talvolta con l’esagerato, il terremoto e le sue<br />
luttuose conseguenze. E il brutto, a volte l’orrido<br />
dei mascheroni, delle cariatidi e di tutto quel<br />
grottesco bestiario di cui sono adorni mensole e<br />
balconate, stupiva e meravigliava manifestando<br />
nel contempo paradossalmente, la voglia e la gioia<br />
di vivere. Una gioia straripante che, nel<br />
sommergere anche i propositi Controriformisti<br />
di ord<strong>in</strong>e e discipl<strong>in</strong>amento, mostrava la<br />
spontanea e comprensibile reazione di un popolo<br />
felice di essere scampato al disastro.<br />
Per il progetto della facciata, i governatori<br />
della chiesa di San Sebastiano, riconoscendo<br />
l’abilità di mastro fabbricatore e di disegnatore<br />
di Angelo Bellofiore, affidarono a questo già noto<br />
mastro acese l’<strong>in</strong>carico di redigere il disegno del<br />
prospetto e l’esecuzione dei primi lavori della<br />
facciata pagandogli, nel gennaio del 1708, il<br />
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ARCHITETTURA<br />
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ARCHITETTURA<br />
compenso per haver fatto e moderato il disegno<br />
dell’affacciata, et assistito <strong>in</strong> regulari li Maestri.<br />
I lavori diretti dal Bellofiore, procedettero<br />
celermente. I lapidum <strong>in</strong>cisores Diego e Giovanni<br />
Flavetta lavoravano con maestria le opere di<br />
<strong>in</strong>taglio delle colonne, frontespizi, e cornicione<br />
di pietra bianca dell’affacciata, mentre mastro<br />
Anton<strong>in</strong>o Amico, fabbricatore, assettava e<br />
fabricava la maggior parte del cornicione<br />
maggiore e riponeva sopra li piedistalli li due terzi<br />
delle colonne per la affacciata.<br />
Il terzo ord<strong>in</strong>e del prospetto venne<br />
commissionato l’anno successivo a Giovanni e<br />
Francesco Palazzolo che si impegnarono alla<br />
maestria dello staglio di tutta l’affacciata residua.<br />
Al completamento del prospetto mancavano<br />
ancora le statue, gli elementi decorativi, la loggia<br />
campanaria e la galleria, come veniva allora<br />
chiamato il sagrato.<br />
Per la fattura delle statue e degli elementi<br />
decorativi, la scelta dei governatori della chiesa<br />
si orientò, più per necessità data la mancanza di<br />
validi scultori a tutto tondo locali, sul mess<strong>in</strong>ese<br />
Antonio Amato che si era dist<strong>in</strong>to a Catania come<br />
architetto e scultore nell’edificazione del<br />
monumentale monastero dei Benedett<strong>in</strong>i e del<br />
Palazzo Biscari, mentre per due delle otto statue<br />
sì ci servì del trapanese Domenico Orlando.<br />
Ed è l’Amato che nel 1715 completava le<br />
due statue di pietra bianca di S. Cosmo e Damiano<br />
portate e consegnate secondo l’accordo fatto per<br />
ricevere poco dopo il pagamento per haver espedito<br />
la facciata di detta chiesa di pietra bianca, tanto<br />
per sua maestria, fattura di putt<strong>in</strong>i, prezzo di pietra<br />
e resto di statue; mentre successivamente<br />
consegnava, a completamento della commessa, la<br />
statua di pietra bianca di S. Cristofalo. In tal modo,<br />
a f<strong>in</strong>e del 1715, la facciata si poteva dire ultimata<br />
anche se mancava ancora il sagrato e si doveva<br />
completare il campanile.<br />
Il 20 gennaio dell’anno successivo confrati e<br />
fedeli, <strong>in</strong>sieme con un popolo <strong>in</strong> tripudio,<br />
festeggiarono il loro amatissimo Santo <strong>in</strong> una<br />
straord<strong>in</strong>aria cornice di merletti di pietra e, tutti<br />
fieri di quanto si era realizzato, volgevano <strong>in</strong> alto<br />
lo sguardo, per ammirare con stupore e meraviglia<br />
il magnifico prospetto con le otto statue di Santi,<br />
le dieci test<strong>in</strong>e di angioli, i trenta mascheroni<br />
apotropaici e gli <strong>in</strong>numerevoli fregi e motivi<br />
floreali che <strong>in</strong>tarsiavano le superfici della facciata<br />
e gli stipiti delle porte, mentre un coro sereno e<br />
gioioso di quattordici eleganti putt<strong>in</strong>i, schierato sul<br />
frontone che separa il primo ord<strong>in</strong>e architettonico<br />
dal secondo, reggendo ghirlande di frutta e di fiori<br />
<strong>in</strong>gentiliva e dava grazia all’<strong>in</strong>sieme.<br />
Le risorse economiche della chiesa, messe a<br />
dura prova dal serrato <strong>in</strong>cedere dei lavori,<br />
imposero una pausa. Successivamente, verso il<br />
1730, furono gli <strong>in</strong>terni a reclamare attenzione e<br />
risorse.<br />
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Durante i<br />
festeggiamenti di<br />
San Sebastiano i<br />
devoti danno vita<br />
a s<strong>in</strong>golari<br />
manifestazioni di<br />
fede.<br />
ARCHITETTURA<br />
ARCHITETTURA<br />
È il tempo di Pietro Paolo Vasta e degli altri<br />
architetti e pittori che, aff<strong>in</strong>ati geometrie e<br />
pennelli alla corte papale romana, proponevano<br />
un barocco stilisticamente più ord<strong>in</strong>ato, più<br />
geometrico, più discipl<strong>in</strong>ato. La libertà,<br />
l’esuberanza, la stravagante euforia dei primi<br />
artefici della ricostruzione, lasciavano il posto ad<br />
un’architettura più armoniosa che tuttavia non<br />
riusciva a nascondere l’ansia di soluzioni sempre<br />
nuove, emblematica di una società che aveva nel<br />
frattempo perduto molte delle sue certezze.<br />
Gli <strong>in</strong>terni della nostra chiesa vengono<br />
arricchiti dal sapiente pennello del Vasta con il<br />
ciclo pittorico della vita del Santo. Concepito<br />
orig<strong>in</strong>ariamente anche per far conoscere con<br />
l’immediatezza della raffigurazione - al fedele<br />
spesso <strong>in</strong>capace di leggere - la vita, i miracoli, le<br />
opere del Santo. In tal modo, gli <strong>in</strong>terni diventano<br />
didascalici, quasi teatrali riuscendo nel contempo<br />
ad affasc<strong>in</strong>are e co<strong>in</strong>volgere fedeli ben disposti a<br />
farsi trasc<strong>in</strong>are nella dimensione di un<br />
immag<strong>in</strong>ario che si fa realtà.<br />
I lavori di completamento della facciata della<br />
chiesa dopo la lunga stasi, ripresero nel 1742 con<br />
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AGORÀ AGORÀ n. n. 29-30/2007<br />
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la costruzione dell’atrio e la rif<strong>in</strong>itura <strong>in</strong> pietra<br />
bianca della loggetta del campanile. I lavori<br />
vennero eseguiti da mastro Alfio Samperi e<br />
mastro Francesco Flavetta che ricevette il<br />
compenso per haver fatto la medietà dell’Atrio di<br />
pietra bianca ed il balcone del Campanile, per gli<br />
scal<strong>in</strong>i dell’Atrio e sedili di tornitura di balaustri<br />
tanto per l’Atrio quanto per il Campanile.<br />
E così <strong>in</strong> alto, a coronamento della<br />
costruzione, poteva <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e svettare la bellissima<br />
trifora della loggia campanaria, mentre <strong>in</strong> basso,<br />
l’armonioso disegno del sagrato raccordava<br />
elegantemente il complesso architettonico<br />
all’antistante piazza.<br />
Nel 1754 si completò del tutto l’esterno della<br />
chiesa commissionando ad un famoso scultore e<br />
marmoraro Giovan Battista Mar<strong>in</strong>i di Palermo<br />
da anni residente a Catania, l’<strong>in</strong>carico di scolpire,<br />
pare su disegno di Paolo Vasta, dieci statue. Nel<br />
novembre del 1756 lo scultore consegnò <strong>in</strong> Aci<br />
le statue curandone la posa. Con la loro<br />
collocazione, la fabbrica della facciata del tempio<br />
raggiunse l’assetto architettonico attuale.<br />
Successivamente furono i terremoti del 20 e<br />
28 febbraio del 1818 a danneggiare la Basilica,<br />
causando estese fenditure alla volta della navata<br />
centrale e nei grandi archi che sostengono la<br />
cupola. Si spezzarono alcuni tratti di balaustre<br />
del sagrato, si ruppe il braccio destro alla statua<br />
del David, si frantumò lo scudo vic<strong>in</strong>o, si<br />
danneggiarono quattro putt<strong>in</strong>i del frontone,<br />
mentre crollarono c<strong>in</strong>que dei festoni che questi<br />
reggevano. Peggiore sorte trovò la statua di S.<br />
Cosimo, precipitata dal cornicione per sfracellarsi<br />
al suolo <strong>in</strong> mille pezzi.<br />
I danni alle volte e alla muratura della chiesa<br />
furono riparati nel 1821. La facciata dovette<br />
aspettare, giacché i lavori per il suo restauro<br />
furono eseguiti solo nel 1847. Per la statua di S.<br />
Cosimo non ci fu niente da fare: venne rifatta ex<br />
novo da Michele Lanza da Aci Platani.<br />
I restauri del prospetto resistettero per quasi<br />
cento c<strong>in</strong>quanta anni. Nel 1969 piombarono sul<br />
sagrato alcuni pezzi delle decorazioni <strong>in</strong> calcare<br />
che ornavano la facciata. Furono necessari tre<br />
f<strong>in</strong>anziamenti, dieci anni di lungagg<strong>in</strong>i e le<br />
<strong>in</strong>sistenti pressioni della città per esaurire i lavori<br />
e riconsegnare alla città una chiesa restaurata.<br />
Possiamo qu<strong>in</strong>di reputarci fortunati se per<br />
l’ultimo recente restauro dello scorso anno sono<br />
stati sufficienti solo pochi mesi. Gli <strong>in</strong>tensi lavori<br />
hanno permesso di riconsegnare alla città ed ai<br />
fedeli una facciata tersa e risplendente,<br />
pienamente recuperata alle primitive coloriture.<br />
Un evento importante che riguarda un<br />
monumento considerato tra i più significativi e<br />
rappresentativi della città, splendido testimone non<br />
solo di una fede e di un culto ancora vivo e vitale<br />
ma anche magnifico esempio delle capacità dei<br />
nostri avi.<br />
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