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Dodici mesi insieme nel mondo del sociale - Fenalc

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8<br />

LETTURE<br />

RASSEGNA STAMPA<br />

Se il concetto<br />

di Big Society,<br />

proposto come<br />

punto chiave <strong>del</strong>l’agenda <strong>del</strong><br />

premier inglese David Cameron<br />

(si veda Il Sole 24 Ore <strong>del</strong>l’8 ottobre),<br />

è solo riducibile alla revisione<br />

in senso liberale di un mo<strong>del</strong>lo<br />

economico o è anche una<br />

ridefinizione politico-filosofica<br />

dei rapporti tra individui, società<br />

e stato che implica una certa<br />

idea di uomo?<br />

Nel discorso programmatico <strong>del</strong><br />

19 luglio a Liverpool Cameron<br />

afferma: «Si tratta di un grande<br />

cambiamento culturale, in cui le<br />

persone, <strong>nel</strong>la vita di tutti i giorni,<br />

<strong>nel</strong>le loro case, nei quartieri,<br />

nei posti di lavoro, cessano di<br />

rivolgersi a funzionari, autorità<br />

locali o governi centrali per trovare<br />

le risposte ai problemi che<br />

incontrano, e sono invece abba-<br />

LA<br />

SESSUOLOGA<br />

RISPONDE<br />

a cura<br />

<strong>del</strong>la dott.ssa<br />

Nadia Loreti<br />

Cecilia, 37 anni, romana, insegnante<br />

di sostegno, dieci anni<br />

di fidanzamento, tredici di<br />

matrimonio, due bambini, scrive:<br />

quando ci si sposa, soprattutto in<br />

età giovane, si parte “innamorati”.<br />

Con il passare <strong>del</strong> tempo, alle prese<br />

continue con “conferme” e “disconferme”<br />

<strong>del</strong> legame di coppia,<br />

si arriva a definire il matrimonio:<br />

“la tomba <strong>del</strong>l’Amore”, quello con<br />

la A maiuscola. Tutti i momenti di<br />

unione, passione, condivisione, fra<br />

alti e bassi, vanno spesso a braccetto<br />

con quelli ben più terribili e<br />

insidiosi <strong>del</strong>la falsa comunicazione,<br />

di quel parlare che c’è, ma che comunica<br />

ben poco, forse nulla, che<br />

non scende più <strong>nel</strong> profondo <strong>del</strong><br />

cuore! Quando il senso <strong>del</strong> precario,<br />

<strong>del</strong>l’instabile, comincia a riempire<br />

l’anima dei componenti <strong>del</strong>la<br />

coppia (di uno o di entrambi) arriva,<br />

inesorabile, la CRISI. Solo colui<br />

che è emotivamente maturo e consapevole,<br />

sa che l’atteggiamento<br />

di base fondamentale in ogni tipo<br />

di rapporto significativo, sta <strong>nel</strong><br />

leggere la crisi come momento di<br />

crescita, di trasformazione, di cambio<br />

di prospettiva. Se questa abilità<br />

è insita <strong>nel</strong> marito e <strong>nel</strong>la moglie,<br />

seppur a livelli differenti, tutto si<br />

può appianare e ricostruire, ammesso<br />

però che, in primis, ci sia un<br />

atto di volontà e responsabilità. La<br />

cosa più sconcertante è vivere <strong>nel</strong>la<br />

sensazione, se non <strong>nel</strong>la certezza,<br />

che da tempo si è smesso di parlare<br />

un linguaggio comune significati-<br />

stanza forti e libere da aiutare<br />

loro stesse e le loro comunità».<br />

Big Society vuol dire «comunità<br />

capaci di costruire nuovi edifici<br />

scolastici, dire servizi capaci di<br />

formare al lavoro, fondazioni<br />

che aiutano a riabilitarsi». Al<br />

centro <strong>del</strong>la Big Society c’è quindi<br />

innanzitutto una certa idea<br />

di uomo e <strong>del</strong> valore <strong>del</strong>la sua<br />

iniziativa (fondamento <strong>del</strong> principio<br />

di sussidiarietà). Un uomo<br />

concepito non come individuo<br />

isolato, ma come essere strutturalmente<br />

relazionale (accento<br />

che troviamo forte <strong>nel</strong>l’enciclica<br />

Caritas in veritate di Benedetto<br />

XVI), e che realizza i suoi scopi<br />

mettendosi <strong>insieme</strong> ad altri uomini.<br />

Il concetto di “comunità”<br />

di Cameron è ciò che ha dato<br />

vita ai corpi intermedi, tipici<br />

<strong>del</strong>la tradizione secolare e attuale<br />

<strong>del</strong> “welfare sussidiario”.<br />

Fin dal Medioevo, scuole, ospe-<br />

dali, opere di assistenza, università<br />

ecc. sono nati dall’azione di<br />

comunità di uomini mossi da criteri<br />

ideali. Anche oggi, in tutto<br />

il <strong>mondo</strong>, realtà fondamentali<br />

per il nostro benessere - dalla<br />

Mayo Clinic di Rochester, alle<br />

grandi università americane,<br />

al Food Bank (o Banco alimentare<br />

di casa nostra) - nascono e<br />

crescono per l’azione di queste<br />

comunità di cittadini non assimilabili<br />

né al privato for profit<br />

né all’ente pubblico.<br />

Ne deriva un’idea innovativa<br />

(sicuramente per l’Italia) <strong>del</strong><br />

rapporto tra stato e opere nate<br />

dalle realtà di base. Dice ancora<br />

Cameron: «Perciò il governo<br />

non può restare neutrale: deve<br />

promuovere e sostenere una<br />

nuova cultura <strong>del</strong> volontarismo,<br />

<strong>del</strong>la filantropia, <strong>del</strong>l’azione<br />

<strong>sociale</strong>. Dobbiamo liberarci di<br />

TEMPO LIBERO<br />

una burocrazia centralizzata<br />

che spreca soldi e fiacca lo spirito<br />

pubblico. Al suo posto dobbiamo<br />

dare molta più libertà<br />

ai professionisti, aprire il servizio<br />

pubblico a nuovi operatori<br />

come fondazioni, imprese sociali,<br />

aziende private, e così offrire<br />

più innovazione, diversità e responsabilità<br />

nei confronti <strong>del</strong>le<br />

domande pubbliche». È ancora<br />

una volta la concezione di sussidiarietà<br />

antica e moderna che<br />

riconosce il valore di realtà che,<br />

pur non essendo di diritto pubblico,<br />

sono di pubblica utilità.<br />

Una concezione che suggerisce<br />

una teoria e una prassi ben lontana<br />

dalla neutralità (o, peggio,<br />

dall’ostilità) con cui l’ente pubblico,<br />

anche <strong>nel</strong> nostro paese,<br />

per lo più vede l’azione <strong>del</strong> privato<br />

<strong>sociale</strong>.<br />

Come disse don Giussani al convegno<br />

<strong>del</strong>la Dc lombarda <strong>nel</strong><br />

1987, «è <strong>nel</strong> primato <strong>del</strong>la società<br />

di fronte allo stato che si salva<br />

la cultura <strong>del</strong>la responsabilità.<br />

Primato <strong>del</strong>la società allora:<br />

come tessuto creato da rapporti<br />

dinamici tra movimenti, che<br />

creando opere e aggregazioni,<br />

costituiscono comunità intermedie<br />

e quindi esprimono la libertà<br />

<strong>del</strong>le persone potenziata<br />

dalla forma associativa». Una<br />

prospettiva nata dall’insistenza<br />

cattolica sul valore <strong>del</strong> singolo<br />

uomo e <strong>del</strong>la sua iniziativa (base<br />

<strong>del</strong>la sussidiarietà), ma che può<br />

essere ben compresa e realizzata<br />

da un liberale non liberista<br />

quale Cameron, è ciò che sembra<br />

proporsi all’inizio <strong>del</strong> suo<br />

mandato.<br />

Giorgio Vittadini è presidente<br />

<strong>del</strong>la Fondazione per la sussussidarietà<br />

Quando, invece <strong>del</strong>l’amore, si fa guerriglia<br />

vo. Talvolta le diversità, considerate<br />

generalmente come valore, vengono<br />

percepite dall’altro come destabilizzanti<br />

e se a questo si aggiunge<br />

una certa dose di immaturità, il cerchio<br />

si chiude. E allora, nonostante<br />

tutto, se si vuole ancora credere e<br />

lottare per il proprio matrimonio,<br />

come riportare i linguaggi di entrambi<br />

all’interno di un codice ”<br />

ancora condiviso?”<br />

Una bella considerazione, non c’è<br />

che dire, anche se avrei preferito<br />

sentire Cecilia parlare di quello<br />

che le manca all’interno <strong>del</strong> matrimonio,<br />

di quello che rimpiange,<br />

di quello che vorrebbe, lasciando<br />

questi tecnicismi alla terapia individuale<br />

o di coppia. Un rapporto<br />

non si può gravare di un’analisi<br />

continua, un partner non può essere<br />

esaminato e passato al microscopio<br />

in continuazione. Personalmente<br />

ritengo che un compagno<br />

vada accettato così com‘è, con i<br />

suoi limiti e le sue risorse, perché si<br />

dovrebbero amare prima i difetti e<br />

poi i pregi, altrimenti è tutto troppo<br />

facile. Le conferme e le disconferme<br />

fanno parte <strong>del</strong> viaggio, <strong>del</strong><br />

percorso e non sono loro a definire<br />

il matrimonio la tomba <strong>del</strong>l’amore:<br />

è un luogo comune, un modo di<br />

dire se mi consenti un po’ abusato,<br />

perché tutto dipende dal punto di<br />

vista da cui si guarda la questione.<br />

Siamo abituati a pensare che<br />

il matrimonio sia l’obiettivo a cui<br />

si deve puntare, ma il matrimonio<br />

non è un obiettivo, il punto di arrivo,<br />

per cui ci si lascia andare, tanto<br />

il più è fatto. È semmai un punto<br />

di partenza, è l’inizio di un percorso<br />

<strong>insieme</strong>. Un percorso <strong>insieme</strong><br />

che vede perseguire l’obiettivo di<br />

formare una coppia “sana”, in cui<br />

convivono unità e diversità, in cui<br />

ognuno ha aspetti in comune con<br />

l’altro e ciascuno è diverso dall’altro.<br />

La diversità deriva dall’unicità<br />

umana, va accolta come un dono e<br />

non come motivo di guerra o come<br />

una ferita. Il partner è un individuo<br />

e non la nostra proiezione. Finché<br />

l’altro dovrà rispondere ai nostri bisogni<br />

emotivi e psicologici, finché si<br />

ripeterà lo schema <strong>del</strong>la relazione<br />

genitore-bambino, ci sarà disarmonia.<br />

Bisogna imparare ad avere a<br />

che fare con la persona e non con<br />

l’idea che si ha di quella persona.<br />

La sanità <strong>del</strong>la coppia corrisponde<br />

alla possibilità di trattare con la<br />

persona reale.<br />

DA IL SOLE 24 ORE DEL 10 OTTOBRE<br />

La sussidiarietà ora parla inglese<br />

Sembra strano, ma quando scegliamo<br />

qualcuno lo facciamo proprio<br />

per le diversità. L’innamoramento<br />

ci permette di accogliere l’altro,<br />

perché <strong>nel</strong>l’altro amiamo ciò che<br />

non riusciamo ad amare in noi stessi.<br />

L’innamoramento, si sa, ci fa perdere<br />

la testa, ci acceca, ci fa volare,<br />

ci fa vedere in noi stessi e <strong>nel</strong>l’altro<br />

solo gli aspetti più belli. Poi arriva<br />

il cambiamento, arriva la quiete e<br />

con la routine il funzionamento<br />

psicologico abituale riemerge e si<br />

scontra proprio con quegli aspetti<br />

che prima ci avevano attratto. È il<br />

momento <strong>del</strong>l’amore, quando il<br />

cuore resta aperto, nonostante la<br />

testa funzioni. Il passaggio dall’innamoramento<br />

all’amore è costellato<br />

da fasi drammatiche riassumibili<br />

con una sola parola: crisi. Crisi vuol<br />

dire scelta- separazione, vuol dire<br />

sceglier di separarsi da qualcosa di<br />

noi a cui siamo attaccati inesorabilmente,<br />

e significa scegliere quella<br />

separazione, che significa unione<br />

ad un altro livello. Ma se la relazione<br />

vacilla e sentiamo di non farcela<br />

non pensiamo più alle occasioni di<br />

crescita sperimentate con il partner<br />

e ricordiamo solo che l’altro non<br />

ci ha amati abbastanza, negando<br />

il legame piuttosto che accettarne<br />

i cambiamenti. Allora l’altro, che<br />

prima incarnava tutte le risposte,<br />

adesso si è trasformato in un tiranno<br />

dispotico e sadico, in una parola:<br />

il Nemico. I membri <strong>del</strong>la coppia<br />

diventano così due guerriglieri che<br />

si sono trasformati in persecutori<br />

l’uno <strong>del</strong>l’altro. Ci si sveglia la mattina<br />

con la missione di fare pagare<br />

all’altro un elenco di mancanze<br />

,rendendolo responsabile <strong>del</strong>le<br />

proprie scelte, in un crescendo di<br />

distruttività che si spera resti solo<br />

verbale. Ma guerrieri lo si diventa<br />

perché la guerra è già dentro di<br />

noi, altrimenti non riusciremmo a<br />

portarla fuori. Crescere vuol dire<br />

rinunciare all’attaccamento totalizzante<br />

ad una persona che non<br />

potrà mai rappresentarci per intero,<br />

e questo sarà possibile solo con<br />

l’aiuto <strong>del</strong>l’altro. Non è “l’altro –<br />

dispotico - che ci siamo scelti” a ferirci,<br />

ma il nostro personale senso<br />

di fallimento, che proviene dall’imprevisto<br />

crollo di un illusorio senso<br />

di Sé. Allora, che fare? Tornare ad<br />

affrontare il nostro tiranno con una<br />

maggiore neutralità di osservazione<br />

e coerenza nei comportamenti.<br />

Imparare a trasformare la propria<br />

di Giorgio Vittadini<br />

energia, trasformando di riflesso<br />

quella <strong>del</strong>l’altro, ricordandosi che<br />

oltre a noi stessi esistono anche<br />

altri esseri umani. Dobbiamo quindi<br />

utilizzare ciò che succede <strong>nel</strong>la<br />

coppia, invece di combatterlo in<br />

virtù di un ideale di normalità poco<br />

aderente alla realtà. Certo c’è un<br />

rischio: approfittare di una situazione<br />

anziché criticarla e subirla dà<br />

la scossa e costringe ad iniziare a<br />

gestire la propria vita. Da soli. Che<br />

vuol dire anche saper chiedere aiuto<br />

all’altro. Imparare a guardare<br />

l’altro <strong>nel</strong>la coppia significa imparare<br />

a vedere se stessi. Con grande<br />

malessere e sofferenza, ma da qui<br />

inizia la strada verso la conoscenza,<br />

dove l’uno che guarda l’altro<br />

diventa soggetto e oggetto, senza<br />

dover subire niente, con la serenità<br />

di vivere in coppia.<br />

Ora, matrimoni coinvolti continuamente<br />

<strong>nel</strong>la risoluzione dei conflitti<br />

non prosperano. Non si può<br />

lavorare sempre sul rapporto: ci<br />

devono anche essere scambi positivi<br />

su eventi e compiti condivisi<br />

<strong>del</strong>la vita familiare quotidiana e<br />

sul condividere le cose <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>.<br />

È importante la gioia comune<br />

di risolvere situazioni difficili, sono<br />

importanti l’intimità e l’erotismo,<br />

ma si ha bisogno anche di una consuetudine<br />

familiare. È importante<br />

tranquillizzarsi e tranquillizzare<br />

l’altro. Questa tranquillizzazione<br />

smussa gli spigoli dei momenti difficili<br />

quando la coppia si trova ad<br />

affrontarli. È più facile che i coniugi<br />

divorzino quando si criticano a<br />

vicenda continuamente. Le coppie<br />

felici, anche a lungo termine, sono<br />

quelle che fanno più asserzioni positive<br />

che negative l’uno sull’altro.<br />

Certo i complimenti non sono la<br />

chiave <strong>del</strong>la risoluzione dei conflitti<br />

di coppia, ma aumentano il livello<br />

di benevolenza. Spesso dopo un<br />

momento iniziale in cui ci si scambiano<br />

complimenti e positività, si<br />

smette di farlo se non si è ricambiati.<br />

Le coppie hanno bisogno di esperienze<br />

condivise significative che<br />

forniscano motivazioni e sostanza<br />

alle affermazioni positive, aiutano<br />

a crescere, rendendole più capaci,<br />

anche quando uno dei partner non<br />

ricambia. Il ciclo di crescita è fondamentale<br />

perché più si è differenziati,<br />

più è probabile che il matrimonio<br />

possa sopravvivere a crisi coniugali<br />

sfortunate o agli eventi drammatici<br />

e luttuosi. Non bisogna evitare il<br />

conflitto, intendiamoci, ma portare<br />

avanti il proprio punto di vista<br />

senza scontrarsi o demolire l’altro,<br />

magari utilizzando l’umorismo e i<br />

sentimenti positivi per diluire l’antagonismo<br />

e ridurre le probabilità<br />

di stimolare reazioni difensive. Ridere<br />

anche nei momenti di tensione,<br />

anche quando l’umorismo non<br />

sembra appropriato, sdrammatizzando<br />

una situazione per evitare<br />

l’escalation. Questo è facile per le<br />

coppie differenziate, lo è meno se<br />

c’è fusione, se la crescita di uno è<br />

vissuta negativamente dall’altro.<br />

Quando i partner diventano più<br />

capaci di auto confrontarsi e autotranquilizzarsi,<br />

hanno meno bisogno<br />

di controllarsi a vicenda. Riescono<br />

a mantenere la loro stabilità<br />

emotiva e si preoccupano di meno<br />

di quello che fa il partner. Smettono<br />

di aspettarsi che il partner li<br />

capisca e si concentrano di più sulla<br />

comprensione di se stessi, riducendo<br />

così la difensività e la combattività.<br />

Non ci si deve aspettare<br />

che il partner sia lì per noi stessi:il<br />

matrimonio felice e stabile non è<br />

basato su uno scambio di vantaggi.<br />

Siamo noi che dobbiamo prenderci<br />

cura di noi stessi. Prendersi cura<br />

di noi stessi è importante per noi<br />

ma è anche un aiuto per il partner.<br />

La strada per la differenziazione è<br />

costellata di errori e rimpianti, le<br />

nostre scelte comportano sempre<br />

dei rischi e <strong>del</strong>le responsabilità,<br />

può essere faticosa, ma è unica per<br />

ognuno di noi ed è mo<strong>del</strong>lata sulle<br />

scelte fatte secondo le opportunità<br />

e gli eventi più o meno sfortunati.<br />

La differenziazione è la capacità<br />

di valutare l’impatto che le nostre<br />

azioni, e le mancate azioni, hanno<br />

sugli altri, quindi sul partner. Autovalutazione,<br />

auto convalida, maggior<br />

controllo di sé, permettono<br />

di riconoscere che si sta trattando<br />

con un altro essere umano, limitato<br />

sbagliato anaffettivo sfuggente e<br />

persino immaturo, ma pur sempre<br />

un essere umano. E allora migliora<br />

tutto, anche la comunicazione e la<br />

scelta dei codici.<br />

Per le vostre domande<br />

scrivete a:<br />

nloreti@alice.it

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