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Illustrazioni di Giuseppe Giusti - Proverbi Italiani - Crusca

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coll’altro, siamo sempre noi che si recita. Quando nel Machiavelli e nel Guicciar<strong>di</strong>ni<br />

si trova tutto attribuito al tornaconto, nulla alla virtù, se ne tira la conseguenza che<br />

essi pure, figli dei tempi loro, non conoscessero altra norma che quella dell’utile. Del<br />

Guicciar<strong>di</strong>ni ognuno sa <strong>di</strong> che panni vestisse e come rimase col corto da piede,<br />

beffato da un fanciullo: riguardo al Machiavello pende la bilancia del dubbio, ma vi<br />

sono delle lettere che lo danno a conoscere per un furbo <strong>di</strong> tre cotte, e i furbi non<br />

sono tutti oro 8. Con tutto questo è una solenne arroganza voler giu<strong>di</strong>care <strong>di</strong> questa<br />

razza d’uomini con un cuoriciattolo avvezzo a palpitare sotto un panciotto <strong>di</strong> seta.<br />

Chi <strong>di</strong>spera 9 dell’uomo, è segno che non sente <strong>di</strong> poter fidare in sè; ed è grande<br />

in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> bontà, creder buoni gli altri. Per questo i migliori vanno per lo più a capo<br />

rotto, perchè non conoscendo le vie coperte e tortuose del furbo e del briccone, non<br />

sospettano che vi sia altra strada fuori della maestra. Si batta questa via, ma si<br />

conoscano le scorciatoie.<br />

Quanti filosofi per aver voluto insegnare a camminare al mondo si sono scoperti<br />

zoppi! Quanti giornalisti censurando a traverso, pubblicano la propria imbecillità! Ma<br />

ognuno crede largo il cerchio dell’idee quanto glielo <strong>di</strong>segnano le seste <strong>di</strong> casa, e<br />

vorrebbe le teste degli uomini accomodate al giro del suo cappello.<br />

VIII.<br />

Chi va piano, va sano.<br />

Tarde sed tute, <strong>di</strong>cevano i Latini. Questa sentenza è simboleggiata in una Tartaruga,<br />

come fra gli altri luoghi si può vedere nelle porte del Duomo <strong>di</strong> Pisa. L’animale, per<br />

<strong>di</strong>re il vero, è un po’ troppo flemmatico, e c’è da addormentarcisi su: la sua è, andare<br />

d’un passo naturale, senza scalmanarsi, ma che ci si veda uno che ha voglia d’arrivare.<br />

Andatelo a <strong>di</strong>re a certi tali! Vi spiattellano una Storia Universale, come il cieco le sue.<br />

Purchè s’afferrino le cose del momento, al poi ci pensi chi vuole: ecco l’origine <strong>di</strong><br />

tanti naufragi e politici e letterari. Presto e male, è l’epigrafe del tempo.<br />

IX.<br />

Dal detto al fatto c’è un gran tratto 10.<br />

Altro è <strong>di</strong>re, altro è fare.<br />

Il <strong>di</strong>re è una cosa, il fare è un’altra.<br />

Sono in uso tutti e tre a un modo, ma il vero è il primo 11.<br />

Un tal meccanico d’Atene chiamato a <strong>di</strong>re come si sarebbe potuto muovere una<br />

certa colonna, fece un <strong>di</strong>scorso lungo, eterno, per <strong>di</strong>mostrare come andava fatto<br />

secondo tutte le regole: quand’ebbe finito, s’alzò un altro, e <strong>di</strong>sse secco secco: —<br />

quello che ha detto costui, io lo farò! 12<br />

8 C: tutt’oro.<br />

9 C: Pure, chi <strong>di</strong>spera.<br />

10 C: Altro è <strong>di</strong>re, altro è fare.<br />

Dal detto al fatto, c’è un gran tratto.<br />

Il <strong>di</strong>re è una cosa, il fare è un’altra.<br />

11 C: è il secondo (cfr. la nota precedente).<br />

12 C: costui io lo farò: — l’opera gli fu allogata.

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