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libretto Alcesti.pdf - “Decio Celeri” di Lovere

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Provincia <strong>di</strong> Bergamo<br />

Patrocinio Assessorato alla Cultura<br />

Patrocinio e sostegno economico Assessorato<br />

all’Istruzione<br />

Patrocinio del Comune <strong>di</strong> <strong>Lovere</strong><br />

Si ringraziano:<br />

Parrocchia <strong>di</strong> <strong>Lovere</strong> - Teatro Crystal<br />

Dall’Angelo Giuseppe S.n.c. – Casazza<br />

ESSENZA S.p.A. - Cerete<br />

GLOBAL S.a.s - Rogno<br />

SITIM S.a.s. - Costa Volpino<br />

MINERALS & METALS S.p.a. - <strong>Lovere</strong><br />

Stu<strong>di</strong>o Fotografico Tarzia – <strong>Lovere</strong><br />

Il Fiore - <strong>Lovere</strong><br />

STC – Stu<strong>di</strong>o tecnico Colosio - Chiuduno<br />

ΑΛΚΗΣΤΙΣ ΑΛΚΗΣΤΙΣ<br />

ΑΛΚΗΣΤΙΣ<br />

ALCESTI<br />

da Euripide<br />

Liceo Classico “D. <strong>Celeri”</strong> <strong>Lovere</strong><br />

Ass. “Il cerchio <strong>di</strong> gesso” Bg


Ramona Opran<strong>di</strong><br />

27


26<br />

Gianmarco Agliar<strong>di</strong><br />

Personaggi ed interpreti<br />

Classe II A Liceo Classico Celeri-<strong>Lovere</strong>(Bergamo)<br />

Apollo Matteo Romano<br />

Thanatos Paola Cadei<br />

<strong>Alcesti</strong> Lucrezia Zanzottera e Silvia Colosio<br />

Ancella Ylenia Sina<br />

Admeto Edoardo Valetti e Lino Botticchio<br />

Eracle Andrea Riboli<br />

Ferete Andrea Marcobelli<br />

Serva Elena Guizzetti<br />

Coro Valeria Faccanoni, Daniela Filisetti, Laura<br />

Bertagnoli, Silvia Berlai, Fabio Belafatti.<br />

Coro danzante Anna Pezzotti, Anna Saviori, Silvia<br />

Gualini,<br />

Canto e Musica dal vivo Monica Marsetti, Valentina<br />

Meni, Ambra Dall’Angelo<br />

Drammaturgia Regia Costumi Coreografie<br />

Na<strong>di</strong>a Savoldelli e Laila Figaroli (Associazione “Il Cerchio<br />

<strong>di</strong> gesso” <strong>di</strong> Bergamo)<br />

Operatori tecnici Alessandro Coppola, Marco Zanni<br />

Adattamento e riduzione del testo Onelia Bardelli,<br />

Elisa Guizzetti<br />

Musiche da Alceste <strong>di</strong> Chr. W. Gluck, English Sworddance<br />

suite <strong>di</strong> E. Huxs Jones, Sarabande <strong>di</strong> Hendel, Canto<br />

popolare ungherese, Musiche popolari greche.<br />

Coor<strong>di</strong>natrice e responsabile del progetto<br />

Onelia Bardelli 3


Perché <strong>Alcesti</strong>?<br />

L’idea <strong>di</strong> partenza è quella del viaggio nel tempo, verso quel mondo<br />

che i ragazzi <strong>di</strong> questa classe II liceo hanno voluto provare a vivere<br />

“da dentro”, non solo sui libri, attratti dalla voglia <strong>di</strong> fare e <strong>di</strong><br />

mettersi in gioco, perché affiorino emozioni e passioni riconosciute<br />

come universali. La scelta è caduta su <strong>Alcesti</strong> <strong>di</strong> Euripide perché è<br />

una “trage<strong>di</strong>a non tragica”, con un lieto fine e passaggi quasi comici,<br />

con personaggi controversi e suscettibili <strong>di</strong> interpretazione,<br />

tutt’altro che scontata.<br />

E’ stato un viaggio lungo, iniziato già l’anno scorso con letture,<br />

approfon<strong>di</strong>menti, confronti e con un laboratorio teatrale condotto da<br />

Na<strong>di</strong>a Savoldelli e da Laila Figaroli (associazione “Il cerchio <strong>di</strong><br />

Gesso”); loro è anche il lavoro drammaturgico e registico.<br />

E’ stato un viaggio emozionante e a tratti faticoso: non è stato facile<br />

conciliarlo con gli impegni scolastici e personali <strong>di</strong> ognuno.<br />

Affi<strong>di</strong>amo il risultato alla vostra attenzione … e benevolenza.<br />

Cratere a figure rosse (350 a C) paro<strong>di</strong>a <strong>di</strong> <strong>Alcesti</strong>.<br />

4 Milano Museo del teatro della Scala<br />

Raffaella Antoccia<br />

25


24<br />

Bozzetti elaborati dagli studenti della classe IV B<br />

del Liceo Artistico <strong>di</strong> <strong>Lovere</strong><br />

Lucy Gabbia<strong>di</strong>ni<br />

La storia<br />

<strong>Alcesti</strong> è una delle figlie <strong>di</strong> Pelia, il re <strong>di</strong> Iolco, e <strong>di</strong> Anassibia, sua moglie. E’ la<br />

più bella e la più pia <strong>di</strong> tutte, la sola che non partecipò all’uccisione <strong>di</strong> Pelia,<br />

allorché Medea, con i suoi inganni e i suoi sortilegi, fece in modo che questi<br />

fosse massacrato dalle proprie figlie.<br />

Quando Admeto, re <strong>di</strong> Fere, in Tessaglia, si presentò per chiedere la mano <strong>di</strong><br />

<strong>Alcesti</strong>, Pelia gli impose con<strong>di</strong>zioni che egli sod<strong>di</strong>sfò con l’aiuto <strong>di</strong> Apollo.<br />

Euripide ci <strong>di</strong>ce che la loro unione fu un modello <strong>di</strong> tenerezza coniugale, al<br />

punto che <strong>Alcesti</strong> accon<strong>di</strong>scese a morire al posto del marito. Ma, allorché era<br />

già morta, Eracle si precipitò agli Inferi, da dove la riportò più bella e più<br />

giovane che mai. Si raccontava inoltre che Persefone, commossa dalla<br />

devozione <strong>di</strong> <strong>Alcesti</strong>, l’avesse spontaneamente rimandata fra i viventi.<br />

Sarcofago (161 – 170 d.C.) raffigurante la morte <strong>di</strong> Al cesti. Roma, Musei<br />

<strong>Alcesti</strong> è la protagonista dell’omonima trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Euripide ma quest'opera ha<br />

ispirato numerosi autori successivi. William Morris ha scritto L'amore <strong>di</strong><br />

<strong>Alcesti</strong> nel 1868 e Robert Browning in Balaustion’s Adventure (1871) ha<br />

tradotto in inglese la trage<strong>di</strong>a greca. Nella tra<strong>di</strong>zione me<strong>di</strong>evale <strong>Alcesti</strong> era il<br />

modello della moglie fedele, come appare nella Leggenda delle donne virtuose<br />

<strong>di</strong> Chaucer. Essa ha il nome <strong>di</strong> Celia in Cocktail Party <strong>di</strong> T. S. Eliot. Milton cita<br />

<strong>Alcesti</strong> nel suo Sonetto XXIII e Rilke scrisse <strong>Alcesti</strong>. L'opera musicale più<br />

famosa de<strong>di</strong>cata all'eroina è l'Alceste <strong>di</strong> Gluck (1767), basata sulla trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

Euripide. Una versione moderna è Alkestis <strong>di</strong> Rutland Boughton (1922), con la<br />

traduzione inglese del testo <strong>di</strong> Euripide <strong>di</strong> Gilbert Murray. Citiamo inoltre<br />

Alkestis <strong>di</strong> Egon Wellesz (1924), su <strong>libretto</strong> <strong>di</strong> Hugo von Hofmannsthal.<br />

[informazioni tratte da: Enciclope<strong>di</strong>a dei miti, Garzanti, 1990; Dizionario<br />

universale dei miti e delle leggende, Newton & Compton E<strong>di</strong>tori, 2001] 5


Angelica Kauffmann, Morte <strong>di</strong> <strong>Alcesti</strong> (1790)<br />

6 Pierre Peyron, Alceste morta<br />

vaso attico a figure nere con Hermes, Eracle e Al cesti.<br />

Parigi, Museo del Louvre<br />

23


PRIMO COREUTA -- Molte sono le forme del <strong>di</strong>vino, le risoluzioni inattese dei celesti.<br />

Quello che si credeva non si è compiuto, un <strong>di</strong>o trovò la strada per l’impossibile. E questa<br />

vicenda si è suggellata così.<br />

22<br />

12- RIPERCORRERE IL VIAGGIO PER TORNARE OGGI CAMBIATI<br />

Fine<br />

…una delle famosissime “figurine Liebig” !<br />

Un ringraziamento particolare alla Prof. Maria Pia Pattoni, docente dell’Università<br />

Cattolica <strong>di</strong> Brescia, che, oltre ad essere stata la prima a suggerirci la<br />

realizzazione <strong>di</strong> questo lavoro, ci ha gentilmente concesso <strong>di</strong> arricchire questa<br />

presentazione con un Suo recentissimo scritto de<strong>di</strong>cato a:<br />

Sacrifici al femminile:<br />

<strong>Alcesti</strong> in scena da Euripide a Raboni<br />

II mito <strong>di</strong> <strong>Alcesti</strong>, la donna che muore per amore del marito, affonda le sue<br />

ra<strong>di</strong>ci non in una saga religiosa panellenica o locale, bensì in un antichissimo<br />

motivo folklorico, che ritroviamo in civiltà e in epoche fra loro assai lontane: è<br />

il tema del sacrificio per amore, che si svolge secondo alcuni moduli fissi.<br />

Arriva la morte a reclamare la vita della propria vittima, ma quest'ultima, con<br />

uno scarto nel meraviglioso che è tipico dell'elemento fiabesco, ottiene <strong>di</strong><br />

poter continuare a vivere, a patto che qualcuno accetti <strong>di</strong> morire al posto suo.<br />

Inizia così una penosa ricerca, nel corso della quale le persone legate dai<br />

vincoli affettivi più intensi, come gli stessi genitori, oscillano senza esporsi al<br />

sacrificio, o ad<strong>di</strong>rittura rifiutano recisamente: alla fine, è la donna amata ad<br />

offrire se stessa al sacrificio, consegnandosi alla morte. In quasi tutte le<br />

versioni della fiaba, destinata a una vera apoteosi del motivo erotico, la<br />

vicenda ha tuttavia un lieto finale: gli dèi degli Inferi (o il Dio cristiano,<br />

giacché gran parte <strong>di</strong> queste leggende si collocano in ambiente cristiano) come<br />

premio per la virtù rifiutano il sacrificio e consentono alla donna <strong>di</strong> ritornare in<br />

vita. L'area <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questo motivo folklorico è assai vasta: le versioni a<br />

noi note, che sono state raccolte e indagate a partire da uno stu<strong>di</strong>o<br />

fondamentale <strong>di</strong> Albin Lesky del 1925, vanno da una leggenda westfalica a<br />

quella bizantina <strong>di</strong> Digenìs Akrìtas, al Mahabharata e ad un'articolata serie <strong>di</strong><br />

racconti greci e slavi: la <strong>di</strong>fferenza più significativa fra le versioni orientali e<br />

quelle occidentali germaniche è che in queste ultime, per evidente influsso<br />

della civiltà teutonica cavalleresca, è l'uomo a sacrificarsi per la donna, e non<br />

viceversa.<br />

Una volta accertata l'origine folklorica del mito, resta il problema <strong>di</strong> come<br />

questo motivo si sia innestato nella tra<strong>di</strong>zione greca antica: o, quel che qui più<br />

ci interessa, <strong>di</strong> come questo racconto sia stato recepito da Euripide, che nella<br />

sua piece <strong>Alcesti</strong>, rappresentata nel teatro <strong>di</strong> Dioniso ad Atene nel 438 a.C., ci<br />

ha consegnato la prima versione letteraria a noi nota. Il fatto che si tratti <strong>di</strong><br />

una versione teatrale (e non, ad esempio, epica o lirica) ha una significativa<br />

7


importanza per la ricezione successiva <strong>di</strong> questo mito. Con la nascita del<br />

teatro tra VI e V secolo a.C. in Occidente, l'approccio alle storie tra<strong>di</strong>zionali<br />

subisce infatti un'importante mo<strong>di</strong>ficazione: il passaggio da una forma<br />

essenzialmente narrativo-rievocativa del mito, nella quale l'attenzione si<br />

concentra prevalentemente sui fatti e sulla fabula, ad una sua vera e propria<br />

drammatizzazione ha incalcolabili implicazioni in <strong>di</strong>rezione dell'esplorazione<br />

delle motivazioni morali e psicologiche che muovono i personaggi della saga a<br />

compiere le loro azioni. Il materiale ideologico e concettuale tende ad<br />

organizzarsi per opposizioni, creando contrasti più o meno accentuati tra i<br />

personaggi che si fanno veicolo delle istanze contrapposte; e sono appunto<br />

questi contrasti che vanno a costruire la trama strutturale su cui si basa<br />

l'esperienza tragica del teatro occidentale. Il caso <strong>di</strong> <strong>Alcesti</strong> è un para<strong>di</strong>gma<br />

<strong>di</strong> questo processo. Una delle innovazioni introdotte da Euripide per rendere<br />

problematica e conflittuale la vicenda mitica consiste nel fatto che la <strong>di</strong>vinità,<br />

che nel nucleo favolistico originario era unica (<strong>di</strong>o della morte e della salvezza<br />

insieme), qui si sud<strong>di</strong>vide in tre personaggi, i quali compaiono sulla scena<br />

esponendo <strong>di</strong> volta in volta le proprie ragioni: uno totalmente negativo,<br />

Thanatos, il <strong>di</strong>o della morte, inflessibile ad ogni umana e <strong>di</strong>vina perorazione;<br />

uno interamente positivo, Eracle, l'eroe salvatore, che strappa <strong>Alcesti</strong> dalle<br />

mani <strong>di</strong> Thanatos ingaggiando con esso un vittorioso duello; uno ambiguo fra<br />

negatività e positività, Apollo, il <strong>di</strong>o dell'arte mantica, ma talmente<br />

sprovveduto nei confronti dei sentimenti dei mortali da ritenere che possa<br />

essere davvero un bene per il suo protetto Admeto il sopravvivere ad ogni<br />

costo, anche a prezzo della morte <strong>di</strong> una persona cara (l'ingenuità <strong>di</strong> questa<br />

convinzione sarà smascherata da Admeto stesso, quando al ritorno dalle<br />

esequie funebri, si arresterà angosciato sulla soglia della casa ormai vuota: La<br />

sorte <strong>di</strong> mia moglie è, credo; migliore / della mia, anche se non sembra:<br />

/perché nessun dolore la toccherà più / e con la gloria ha posto fine a molte<br />

pene, / lo invece, che dovevo morire, per essere andato oltre il limite<br />

assegnatomi / vivrò una vita tormentata. Adesso comprendo, (vv. 935-940).<br />

Una seconda novità del trattamento euripideo della storia, che troverà<br />

tuttavia scarsi seguaci (uno dei rari casi è costituito dal dramma // mistero <strong>di</strong><br />

<strong>Alcesti</strong>, <strong>di</strong> Marguerite Yourcenar) è la <strong>di</strong>latazione temporale introdotta dal<br />

drammaturgo ateniese tra il momento della scelta del sacrificio, relegato tra<br />

gli antefatti, e il momento della morte, che avviene sulla scena: il giorno della<br />

8<br />

Lunghi dolori e tormenti patiti per i cari che scesero sotto terra! Perché mi hai impe<strong>di</strong>to<br />

<strong>di</strong> gettarmi nella fossa funebre e <strong>di</strong> giacere, morto, accanto a lei? L’Ade avrebbe avuto<br />

due vite insieme, le più fedeli, insieme avremmo varcato la palude degli inferi<br />

CORO: Eri felice, non toccato dal male; è sopraggiunto il dolore, ma hai salvato la vita e<br />

l’anima. E’ morta tua moglie, lasciando un vuoto d’amore.<br />

ADMETO: Amici, ritengo la sorte <strong>di</strong> mia moglie migliore della mia, anche se non sembra.<br />

Si è liberata <strong>di</strong> molti affanni in un alone <strong>di</strong> gloria. E io, che sono fuggito al mio fato, avrò<br />

una vita <strong>di</strong> pena. Mi sarà intollerabile entrare in questa reggia.<br />

QUARTO STASIMO (vv 962 – 1005)<br />

CORO -- Io, grazie alle Muse, mi sono levato alto nel cielo, io mi sono fatto padrone <strong>di</strong><br />

molte idee, ma nulla ho incontrato più forte della Necessità. Contro <strong>di</strong> lei non ho trovato<br />

rime<strong>di</strong>. Persino Zeus, qualunque cosa voglia, la realizza con il suo permesso. La dea ha<br />

preso anche te, Admeto, nei suoi lacci implacabili.<br />

11- LIETO FINE<br />

ESODO (vv 1006 – 1163)<br />

ERACLE -- Admeto, ti prego <strong>di</strong> prendere questa donna e <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>rmela finché non<br />

sarò <strong>di</strong> nuovo qui. Se mi succede quello che non vorrei, te ne faccio dono. Ne sono venuto<br />

in possesso con molta fatica.<br />

ADMETO -- Ti prego, se possibile, affida questa donna ad un altro. A vederla in casa<br />

non riuscirei a trattenere le lacrime. Chiunque tu sia, donna, hai la stessa statura <strong>di</strong><br />

<strong>Alcesti</strong> e le somigli. Portala via! Non colpire uno che è già segnato dal dolore.<br />

ERACLE -- Che cosa ci guadagni a voler sempre piangere? Il tempo lenirà la ferita<br />

ADMETO -- Il tempo? Sì, se il tempo significa morte…<br />

ERACLE -- Una donna e nuove nozze metteranno fine al tuo rimpianto.<br />

ADMETO -- Nessuna donna entrerà mai nel mio letto. Se accettassi il tuo dono<br />

l’angoscia mi <strong>di</strong>vorerebbe.<br />

ERACLE -- Verrà il momento in cui mi ringrazierai. Ora dammi retta<br />

ADMETO -- Mi costringi a fare cose che non voglio<br />

ERACLE -- Non aver paura, ten<strong>di</strong>le la mano! Guardala! La fortuna è dalla tua, smetti <strong>di</strong><br />

affliggerti.<br />

ADMETO -- E’ davvero mia moglie quella che vedo?<br />

ERACLE -- E’ tua. E che l’invi<strong>di</strong>a degli dei non cada su <strong>di</strong> voi!<br />

ADMETO -- Perché non parla?<br />

ERACLE -- Devono passare tre giorni, prima che sia sciolta dal vincolo che la consacra<br />

agli Inferi<br />

CORO (in greco) 21


privato del figlio: non mi vedrò costretto a consumare una penosa vecchiaia senza te. Col<br />

suo gesto coraggioso <strong>Alcesti</strong> ha reso onore al suo sesso. Sono questi i matrimoni utili ai<br />

mortali, altrimenti è meglio che uno non si sposi<br />

ADMETO -- Io non ti ho invitato e la tua presenza non mi è gra<strong>di</strong>ta. Al mio dolore<br />

dovevi partecipare quando ero in pericolo <strong>di</strong> vita. Invece hai lasciato che morisse un<br />

giovane al posto <strong>di</strong> te vecchio.<br />

E ora vieni a piangere su questo cadavere! No, tu non sei mio padre, quella che chiamano<br />

mia madre, non mi <strong>di</strong>ede alla luce. Sono sangue <strong>di</strong> schiavi e <strong>di</strong> nascosto mi hanno<br />

attaccato al seno <strong>di</strong> tua moglie.<br />

Questa donna straniera è l’unica che devo giustamente ritenere mia madre e mio padre.<br />

Ma ora sbrigati a fabbricare altri figli che ti assistano in vecchiaia e ti compongano nella<br />

bara, perché non sarò io a comporti nella bara...<br />

PRIMO CORIFEO -- Smettetela! Basta già la <strong>di</strong>sgrazia in corso. Figlio, non esasperare<br />

tuo padre!<br />

FERETE -- Ma chi cre<strong>di</strong> <strong>di</strong> insultare così malamente? Tu offen<strong>di</strong> troppo e non te la<br />

caverai a buon mercato! Io ti ho generato e allevato come signore della casa, ma non ho<br />

l’obbligo <strong>di</strong> morire al posto tuo. O prospera o infelice, la vita è tua. In che ti ho fatto<br />

torto? Di che ti privo? Ti piace vivere? E cre<strong>di</strong> che a tuo padre non piaccia? Della mia<br />

vita, certo, mi resta poco; ma è pur sempre piacevole. Hai lottato spudoratamente per<br />

evitare la morte e vivi oltre il termine uccidendo lei. E accusi me <strong>di</strong> viltà, tu confuso da<br />

una femmina che è morta per la tua bella faccia! Ingegnosa trovata, per evitare sempre<br />

la morte, se saprai convincere sempre ogni sposa a morire per te. Taci. Sappi che se la<br />

vita è cara a te, è cara a tutti. E se mi offen<strong>di</strong>, udrai altre offese.<br />

PRIMO CORIFEO -- Troppe le offese sue, troppe le tue. Taci, non oltraggiare tuo<br />

figlio, o vecchio.<br />

ADMETO -- E’ la stessa cosa se muore un giovane o un vecchio?<br />

FERETE -- Abbiamo avuto in sorte una sola vita, non due<br />

ADMETO -- Ti auguro <strong>di</strong> vivere più a lungo <strong>di</strong> Zeus…<br />

FERETE -- E tu? non man<strong>di</strong> la tua sposa a morire per te?<br />

ADMETO -- Grazie alla tua viltà, miserabile.<br />

FERETE -- Dirai che è morta per salvare me? Sposane molte, tu, fanne andare molte<br />

all’altro mondo!<br />

ADMETO -- Morirai senza gloria, quando morirai. Vattene! lascia ch'io la seppellisca!<br />

FERETE -- Seppelliscila, dopo averla uccisa. Vado! Ma tu dovrai rendere ragione ai suoi<br />

congiunti.<br />

ADMETO -- Alla malora, tu e la donna che abita con te. Senza figli invecchierete, pur<br />

essendo vivo vostro figlio.<br />

CORO -- Oh generosa, oh nobile, salve! Benigno Ermète sotterraneo te accolga, e l'Ade<br />

10- PIANTO DI ADMETO<br />

ADMETO -- Qual male peggiore per l'uomo, che perdere la compagna devota? Magari<br />

non l’avessi mai sposata! Invi<strong>di</strong>o chi non ha sposa e non ha figli.<br />

20<br />

<strong>di</strong>partita era stato reso noto, ma è tanto <strong>di</strong>stante nel tempo che <strong>Alcesti</strong> può<br />

vivere per anni accanto allo sposo, dandogli anzi due figli, il più grande dei quali<br />

è grande abbastanza da avvertire la sofferenza della separazione. Se nelle<br />

versioni originarie della leggenda la protagonista femminile, in un momento <strong>di</strong><br />

suprema tensione dell'anima, offre se stessa in sacrificio e subito, con un<br />

eroico slancio che non lascia spazio ai ripensamenti, va incontro alla morte,<br />

l'<strong>Alcesti</strong> euripidea conosce ed apprezza tanto più la vita, dopo aver rinunciato<br />

ad essa. Ed Admeto stesso allude con intense parole all'angoscia logorante <strong>di</strong><br />

quell'attesa: Da tempo sapevo, e per questo mi tormentavo (v. 421). Si tratta<br />

evidentemente <strong>di</strong> uno spunto interessante <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento, da parte del<br />

drammaturgo, nella caratterizzazione del personaggio. Il dramma <strong>di</strong> Euripide,<br />

con la sua ricchezza <strong>di</strong> spunti e tematiche, con il suo groviglio <strong>di</strong> sottili<br />

ambiguità o accavallamenti <strong>di</strong> piani (gli estremi si toccano in continuazione: vita<br />

e morte, <strong>di</strong>vino e umano, sublimità e meschinità, tragico e antitragico,<br />

verosimiglianza e inverosimiglianza), è rimasto la pietra <strong>di</strong> paragone con cui si<br />

sono confrontati, con intenti critici, emulativi, paro<strong>di</strong>ci, poeti e scrittori, che<br />

hanno visto in esso il dramma de<strong>di</strong>cato per eccellenza all'amore coniugale.<br />

C'è stato chi ha seguito l'archetipo euripideo abbastanza da vicino, come Hugo<br />

von Hofmannsthal nel dramma Alkestis: Eìn Trauerspiel nach Euripides -<br />

scritto nel 1894 quando il drammaturgo austriaco aveva circa vent'anni, ma<br />

pubblicato nel 1911 - nel quale domina lo scavo psicologico: Admeto è riflessivo,<br />

intimamente provato dal dolore, e riscattato dal suo tratto magnanimo e<br />

regale; Eracle ha tratti <strong>di</strong> pensosità quasi 'filosofica'. Ci sono state,<br />

soprattutto nel Settecento, riscritture del dramma che hanno eliminato le<br />

parti più conturbanti e problematiche del modello, come in particolare il<br />

<strong>di</strong>alogo padre-figlio, in Euripide <strong>di</strong> una violenza ed aggressività impressionante,<br />

oppure - un altro punto che poteva mettere in crisi la forma tragica - la scena<br />

in cui Eracle inconsapevole si ubriaca mentre la casa <strong>di</strong> Admeto è in lutto:<br />

questo atteggiamento <strong>di</strong> rettifica a scopo nobilitante o agiografico è evidente<br />

ad esempio nel <strong>libretto</strong> che Ranieri Calzabigi scrisse per l'<strong>Alcesti</strong> <strong>di</strong> Christoph<br />

Willibald Gluck, oppure nel Singspiel <strong>Alcesti</strong> <strong>di</strong> Christoph Martin Wieland, o<br />

ancora nell'Alceste seconda <strong>di</strong> Vittorio Alfieri, che nel I atto rappresenta un<br />

nobile alterco fra <strong>Alcesti</strong> e il suocero Ferete (qui Fereo) che fanno a gara per<br />

offrire la propria morte per Admeto. E c'è stato infine chi, soprattutto nel<br />

Novecento, ha proceduto ad un rinnovamento sostanziale del dramma, ad una<br />

sua piena e totale attualizzazione, calandolo nella temperie storica<br />

contemporanea. E' il caso, in particolare, dell' <strong>Alcesti</strong> <strong>di</strong> Samuele <strong>di</strong> Alberto<br />

9


Savinio, una riscrittura del mito antico sullo sfondo delle persecuzioni razziali<br />

promosse dall'antisemitismo nazista: con un finale 'capovolto', autenticamente<br />

tragico, in cui si esprime il cupio <strong>di</strong>ssolvi <strong>di</strong> una società che ha ormai perso ogni<br />

desiderio <strong>di</strong> sopravvivenza, Teresa-<strong>Alcesti</strong>, rifiutando l'intervento del<br />

'Salvatore' (che qui è impersonato dal Presidente Roosevelt, emblema della<br />

positività e ottimismo del nuovo mondo americano), convince il marito a lasciare<br />

la vita per seguirla nel regno dei morti (Entreremo nella suprema felicità.<br />

Pensa! Non in<strong>di</strong>vidui più: scio/ti nel nulla - nel tutto... Nascere è un atto<br />

in<strong>di</strong>viduale: morire è un atto universale... Questo il grande segreto della morte.<br />

Questo il suo immenso bene... Vieni, Paul. Sposa tua e madre, apro a te<br />

l'universo). Una piena attualizzazione del mito, ambientato in un appartamento<br />

piccolo-borghese poco dopo la fine della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, è ancora nel<br />

dramma <strong>Alcesti</strong> <strong>di</strong> Corrado Alvaro: lasciato incompiuto dall'autore, è stato<br />

scoperto, fra le carte donate dalla vedova, nella Biblioteca Comunale <strong>di</strong> Reggio<br />

Calabria e recentemente pubblicato.<br />

Questo per quanto riguarda alcune delle più note versioni drammatizzate, che,<br />

analogamente all'originale euripideo, portano in scena contrasti e tensioni. Ma<br />

c'è stato anche chi ha optato per l'elaborazione lirico-narrativa della vicenda,<br />

come Rainer Maria Rilke, che nella sua poesia Alkestìs scritta a Capri nel 1907<br />

si avvicina al substrato favolistico della vicenda, ambientandola nel giorno delle<br />

nozze e riducendo al minimo i personaggi: Admeto, <strong>Alcesti</strong>, il nunzio <strong>di</strong> morte<br />

Hermes e, molto sullo sfondo, i vecchi genitori, mentre al Coro greco si<br />

sostituisce l'anonima folla degli invitati al banchetto nuziale. La morte <strong>di</strong><br />

<strong>Alcesti</strong>, secondo l'interpretazione ormai classica che a questa lirica è stata<br />

data da Ernst Zinn, il primo curatore delle opere complete <strong>di</strong> Rilke, è il<br />

tradursi in azione del significato profondo delle nozze: vissute da <strong>Alcesti</strong><br />

fanciulla come metamorfosi, come passaggio dalla verginità all'età matura. Il<br />

commiato da uno sta<strong>di</strong>o della vita <strong>di</strong>viene, simbolicamente, una forma <strong>di</strong> morte.<br />

Ecco l'ultima immagine che Admeto ha della sua sposa-bambina: Ma ancora una<br />

volta vide / in viso la fanciulla a lui rivolta / con un sorriso chiaro <strong>di</strong> speranza,<br />

/ che era quasi una promessa: / <strong>di</strong> ritornare adulta dalla morte profonda / a<br />

lui, vivente - / Ed egli a un tratto si coprì / il viso con le mani, inginocchiato, /<br />

per non vedere più nulla dopo quel sorriso (trad. <strong>di</strong> G. Cacciapaglia).<br />

Il dramma <strong>di</strong> Giovanni Raboni, uno dei nostri massimi poeti e scrittori<br />

contemporanei, è l'ultima importante rielaborazione <strong>di</strong> questo mito che la<br />

letteratura ci abbia consegnato. Benché destinata alla scena, l'opera presenta<br />

10<br />

SECONDO CORIFEO -- Antistrofe seconda Ed ora, ha spalancato la reggia, con gli<br />

occhi umi<strong>di</strong> <strong>di</strong> pianto; ha accolto l’ospite, piangendo la sposa or ora defunta. Chi é nobile<br />

sa ben comportarsi. Nel mio cuore regna la fiducia: è pio Admeto: sarà benedetto dagli<br />

dei.<br />

8- SERVO ED ERACLE<br />

SERVO -- Ne ho visti molti, <strong>di</strong> forestieri, e da ogni parte del mondo, giungere alla<br />

reggia <strong>di</strong> Admèto, e li ho serviti a tavola. Ma uno peggiore <strong>di</strong> questo, non ci ha messo mai<br />

piede. Prima, trova il mio padrone in lutto, ed entra, senza farsi scrupolo <strong>di</strong> varcare<br />

questa soglia. Poi, saputa tanta <strong>di</strong>sgrazia, non ha mica accolto con <strong>di</strong>screzione<br />

l'ospitalità! Ci scordavamo qualche cosa? E lui tempestava, per farsela portare. Agguanta<br />

con le mani una coppa d’edera, tracanna vino puro sin che il fuoco del vino gli si <strong>di</strong>ffonde<br />

nelle vene e lo accende. E poi si ficca in testa una corona <strong>di</strong> mirto e abbaia e abbaia.<br />

C'erano due musiche: quello berciava, senza darsi pensiero <strong>di</strong> Admèto e dei suoi guai: noi<br />

servi piangevamo la signora; ma nascondevamo le lagrime all'ospite come Admèto aveva<br />

or<strong>di</strong>nato. - E adesso, io devo servirlo a tavola, quest'ospite, questo birbone, questo ladro,<br />

questo brigante! E intanto, la mia padrona la portan via <strong>di</strong> casa, ed io non l'ho seguita,<br />

non ho potuto tenderle la mano, sfogarmi a singhiozzi, lei che per me, che per i servi<br />

tutti, era una madre, che ci risparmiava mille castighi, mitigando l'ira dello sposo. Ho<br />

ragione o no, se o<strong>di</strong>o lo straniero che piombò fra i nostri guai?<br />

ERACLE -- con una coppa in mano ed una corona in testa Perché stai lí con aria seria e<br />

preoccupata? Un servo non deve fare il muso lungo agli ospiti, ma accoglierli con garbo e<br />

grazia. Lo sai qual è la sorte dei mortali? Debbon morire tutti quanti gli uomini;né tra i<br />

mortali c’è qualcuno che sappia se domani vivrà. Perciò datti alla gioia, bevi, pensa che il<br />

giorno che tu vivi è tuo, il resto è della fortuna. E onora Cípride, la piú benigna per i<br />

mortali. Bevi insieme con me: il tintinnio del calice farà mutare subito <strong>di</strong> rotta all'umore<br />

nero. Per la gente ammusonita, sempre accigliata, cre<strong>di</strong> pure a me, la vita non è vita: è<br />

un'agonia.<br />

SERVO -- Tutto questo lo so; ma la situazione attuale non richiede né risa né bagor<strong>di</strong>.<br />

ERACLE -- E’ morta una straniera: non pigliartela<br />

SERVO -- Va' in pace: noi piangiamo i mali del re.<br />

ERACLE -- Non parli come d'un lutto estraneo! Il mio ospite mi ha tratto in inganno?<br />

SERVO -- E’ morta la moglie <strong>di</strong> Admeto!<br />

ERACLE -- Io devo salvare la donna or ora spenta e a questa casa ricondurla, e<br />

all'ospite ricambiare con un degno favore. Affronterò Thànatos dal negro peplo. Lo<br />

troverò vicino alla tomba, a succhiare il sangue delle vittime. Sono sicuro <strong>di</strong> ricondurre al<br />

mondo Alcèsti.<br />

QUARTO EPISODIO (vv 606 – 961)<br />

9- FERETE ED ADMETO<br />

FERETE -- Figlio, sono qui per partecipare al tuo dolore. Per la tua buona consorte<br />

gra<strong>di</strong>sci questi doni. Bisogna onorarne le spoglie perché si è immolata per te e non mi ha<br />

19


ADMETO -- Quest'oggi devo seppellire un defunto.<br />

ERACLE -- Che stia lontana la sventura dai tuoi figli<br />

ADMETO -- I miei figli sono vivi nella casa.<br />

ERACLE -- Tuo padre, comunque era anziano, se si tratta <strong>di</strong> lui<br />

ADMETO -- Anch'egli è vivo, e anche mia madre.<br />

ERACLE -- E’ forse successo qualcosa ad <strong>Alcesti</strong>?<br />

ADMETO -- Il <strong>di</strong>scorso su <strong>di</strong> lei è ambiguo.<br />

ERACLE -- Insomma! E’ viva o morta?<br />

ADMETO -- Vive e non vive: ed angoscia il mio cuore.<br />

ERACLE -- Non ne so piú <strong>di</strong> prima. Parli per enigmi.<br />

ADMETO -- Sai quale destino l’aspetta?<br />

ERACLE -- Sí. Che accettò <strong>di</strong> morire in vece tua.<br />

ADMETO -- E come puoi <strong>di</strong>rla viva, dopo una promessa simile?<br />

ERACLE -- Non piangere prima del tempo! Atten<strong>di</strong> l'ora.<br />

ADMETO -- Morto è chi deve morire. Chi è morto non è più.<br />

ERACLE -- Essere e non essere, sono due cose <strong>di</strong>verse.<br />

ADMETO -- Tu pensi cosí; ed io penso altrimenti.<br />

ERACLE -- Chi piangi, dunque? Quale dei tuoi cari è morto?<br />

ADMETO -- Una donna: parlavamo <strong>di</strong> una donna, poco fa<br />

ERACLE -- Straniera, o del tuo sangue?<br />

ADMETO -- Straniera: eppure legata al mio tetto.<br />

ERACLE -- E come mai è morta in casa tua?<br />

ADMETO -- Orfana del padre, fu cresciuta qui.<br />

ERACLE -- Mi spiace! Non avrei voluto trovarmi qui mentre sei in lutto!<br />

ADMETO -- Perché <strong>di</strong>ci cosí? Che pensi?<br />

ERACLE -- Penso <strong>di</strong> cercare ospitalità altrove.<br />

ADMETO -- Non può essere! Dio non voglia!!<br />

ERACLE -- Un ospite dà fasti<strong>di</strong>o quando si è in lutto.<br />

ADMETO -- I morti sono morti. Entra!<br />

ERACLE -- Non sta bene che un ospite mangi accanto a gente che piange.<br />

ADMETO -- Ti condurrò in stanze appartate.<br />

ERACLE -- Lasciami andare; ti sarò comunque grato.<br />

ADMETO -- Non puoi andare al focolare <strong>di</strong> un altro. Vieni. Sian chiuse le porte. Non<br />

bisogna rattristare gli ospiti.<br />

PRIMO CORIFEO -- E perché mai celasti la tua sorte all'uomo che, come <strong>di</strong>ci, ti è<br />

amico?<br />

ADMETO: Il tetto mio non sa che cosa sia respingere o far torto ad un ospite…<br />

7-L’OSPITALITÀ<br />

TERZO STASIMO (vv 568 – 605)<br />

PRIMO CORIFEO -- Strofe prima O casa d'un uomo generoso, sempre generosa e<br />

ospitale, Apòllo pizio, signor della cetra, si degnò <strong>di</strong> abitarti e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare pastore<br />

18<br />

alcuni elementi in comune con le versioni liriche del mito, in particolare con<br />

Rilke. L'azione drammatica è semplice e lineare, e i personaggi, che non si<br />

chiamano mai l'un l'altro per nome, sono ridotti a quattro: il padre, il marito, la<br />

moglie e infine il Custode ("traghettatore" o "spe<strong>di</strong>zioniere"), ambiguo, come<br />

nelle versioni più antiche (o come anche in Rilke), fra il ruolo <strong>di</strong> salvatore e<br />

quello <strong>di</strong> angelo della morte (...quel tipo indecifrabile / che compare e<br />

scompare / come un orologio a cucù / o come la figura della morte / in certi<br />

campani/i gotici... <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> lui il padre). L'ambientazione è nel presente: un'età<br />

contemporanea che sta cadendo a pezzi, contrassegnata dalla persecuzione<br />

politica e dall'intolleranza (il pensiero corre a Savinio, anche se il contesto<br />

storico non è qui precisato). Il terzetto - padre, figlio e moglie del figlio - si<br />

rifugia in un vecchio teatro, in attesa <strong>di</strong> poter essere imbarcato e fuggire, ma<br />

si apprende che, contrariamente a quanto era stato pattuito, solo due persone<br />

potranno partire, e dunque salvarsi. Poiché i due uomini non accettano l'idea<br />

che a restare possa essere la donna, ha inizio un conflitto drammatico fra il<br />

padre e il figlio, mentre la moglie tenta inutilmente <strong>di</strong> proporre una soluzione<br />

alternativa: restare a vivere insieme, nascondendosi nel teatro, in attesa che<br />

cessi la persecuzione. Dello scontro verbale fra l'Admeto euripideo e il padre<br />

rimane una reminiscenza nelle parole con cui il vecchio nel dramma <strong>di</strong> Raboni<br />

<strong>di</strong>fende il suo <strong>di</strong>ritto a vivere: lo ci tengo / ancora, ci tengo forse <strong>di</strong> più, / ci<br />

tengo forsennatamente / a quel po' d'albe e dì tramonti / che, chissà, potrei<br />

ancora vedere... (in modo analogo il Ferete euripideo esprimeva il suo<br />

attaccamento alla dolce luce del sole). L'archetipo euripideo è del resto citato,<br />

con raffinata operazione metateatrale, all'interno del dramma: la donna<br />

ricorda <strong>di</strong> aver debuttato proprio in quel teatro nel ruolo dell'ancella <strong>di</strong><br />

<strong>Alcesti</strong>, e della sua regina ella aveva appreso a memoria la parte. E nel ruolo <strong>di</strong><br />

<strong>Alcesti</strong> ella ora cala se stessa: allontanandosi in silenzio (vengono in mente<br />

certe nobili e solitàrie eroine sofoclee, come Deianira, o Euri<strong>di</strong>ce, o Giocasta,<br />

che escono <strong>di</strong> scena senza proferire parola, per darsi la morte), mette i due<br />

uomini <strong>di</strong> fronte al fatto compiuto della sua scelta, costringendoli con il suo<br />

sacrificio a continuare a vivere nel ricordo della loro meschina grettezza.<br />

L'ombra <strong>di</strong> Euripide riaffiora ancora nell'ambiguo finale: la novella <strong>Alcesti</strong><br />

ricompare in scena velata e muta, per partire insieme ai due uomini. Ma la<br />

conclusione è assai più amara: la scena <strong>di</strong> riconoscimento, che nel modello greco<br />

aveva luogo nell'esodo e che non poco contribuiva alla lieta katastrophé, qui è<br />

rimandata al <strong>di</strong> fuori del dramma: i due uomini si avviano a prendere posto sul<br />

11


camion che li porterà alla salvezza senza conoscere l'identità della misteriosa<br />

passeggera, avvolta nel suo velo come crisalide in attesa <strong>di</strong> metamorfosi (sul<br />

fondo della scena compare Sara, riconoscibile ma misteriosamente mutata e<br />

con il volto nascosto da un velo, recita la <strong>di</strong>dascalia scenica). Tra i vari elementi<br />

<strong>di</strong> originalità che lo spettatore attento e sensibile al dato letterario non<br />

mancherà - con un certo compiacimento - <strong>di</strong> cogliere nel tessuto <strong>di</strong> questo<br />

testo, ce n'è uno in particolare che attira l'attenzione, ed è l'atipico rapporto<br />

intercorrente fra la donna e i due uomini. L'eroina <strong>di</strong> questo dramma, infatti,<br />

<strong>di</strong>vide il suo amore fra il marito, pragmatico uomo d'azione che le dà sicurezza<br />

e agio, e il padre, figura d'intellettuale con il quale ella con<strong>di</strong>vide l'amore per il<br />

teatro e la letteratura (io vi amo uno nell'altro, / uno a causa dell'altro,<br />

qualche volta / uno per rimpianto dell'altro, / in<strong>di</strong>ssolubilmente, /<br />

inestricabilmente...}. Ne nasce una peculiare triangolazione, che Raboni sfrutta<br />

abilmente anche allo scopo <strong>di</strong> delineare, in modo nuovo e attento al dato<br />

psicologico, l'opposizione fra padre e figlio, quasi geloso, quest'ultimo, della<br />

complicità che esste fra gli altri due. Un'invenzione interessante, che accresce<br />

il fascino <strong>di</strong> questo dramma: ultima creazione letteraria nella lunga storia <strong>di</strong><br />

<strong>Alcesti</strong>.<br />

Maria Pia Pattoni<br />

12<br />

Eracle che lotta contro la morte <strong>di</strong> Alceste (Leighton)<br />

ADMETO -- Guardali ancora, guardali ancora!<br />

ALCESTI -- Muoio! Ad<strong>di</strong>o!<br />

ADMETO -- Io sono morto!<br />

CORO -- Non è più la moglie <strong>di</strong> Admeto.<br />

5- PIANTO DEL CORO SECONDO STASIMO (vv 435 – 476)<br />

(PEANA FUNEBRE)<br />

CORO in greco<br />

PRIMO CORIFEO -- Strofe- O figlia <strong>di</strong> Pèlio, sii felice laggiù, nelle oscure case<br />

dell’Ade. E sappia Ade, il <strong>di</strong>o dai neri capelli e il vecchio che i morti conduce, stando al<br />

remo e al timone, che mai sopra la nera palude d'Acherónte, mai donna piú degna ha<br />

portato sulla sua barca.<br />

CORO in greco<br />

SECONDO CORIFEO -- Antistrofe- Spesso ti celebreranno i poeti con inni<br />

accompagnati dalla cetra silvestre, a sette corde o con semplici cori a Sparta, quando<br />

ricorre il ciclo delle feste Carnee, in autunno, e la luna si leva alta nel cielo, a Atene,<br />

splen<strong>di</strong>da e opulenta città. Morendo hai offerto argomento <strong>di</strong> canto agli ae<strong>di</strong>.<br />

PRIMO CORIFEO -- Se <strong>di</strong>pendesse da me, se ne fossi capace, ti riporterei alla luce<br />

dalle case dell’Ade, dalle correnti del Cocito, trovando remi adatti ai fiumi d’oltretomba.<br />

Perché tu sola, pre<strong>di</strong>letta tra le donne, tu hai liberato il tuo sposo dalla morte<br />

sacrificando la vita. Che la terra ti sia leggera. E se tuo marito accogliesse una nuova<br />

moglie nel suo letto, grande sarebbe l’o<strong>di</strong>o nostro e dei figli.<br />

SECONDO CORIFEO -- La madre si è rifiutata <strong>di</strong> scendere nella tomba al posto del<br />

figlio, e anche suo padre, un vecchio. Sì, lo hanno messo al mondo, ma non hanno voluto<br />

salvarlo, e pensare che hanno i capelli bianchi. Ma tu, fiorente <strong>di</strong> gioventù, te ne vai,<br />

prece<strong>di</strong> il tuo uomo nell’Ade. Vorrei una compagna come lei _ ma è un destino che capita<br />

<strong>di</strong> rado ai viventi, starebbe al mio fianco fino alla fine, con armonia.<br />

6- ARRIVO DI ERACLE, DIALOGO CON ADMETO<br />

TERZO EPISODIO (vv 477 – 567)<br />

ERACLE -- Ospiti, gente <strong>di</strong> Fère! trovo in casa Admèto?<br />

PRIMO CORIFEO -- Sì Eracle! Il figlio <strong>di</strong> Ferete è in casa.<br />

Ma, <strong>di</strong>': qual motivo ti ha indotto a spingerti in Tessaglia, alla città <strong>di</strong> Fère?<br />

ERACLE: Devo compiere una fatica per Euristèo, cerco il cocchio <strong>di</strong> Diomede, in Tracia.<br />

ADMETO -- Stirpe <strong>di</strong> Giove e <strong>di</strong> Persèo, salute!<br />

ERACLE -- E a te salute, o Admèto, re dei Tèssali!<br />

ADMETO -- Magari! So che è l’augurio <strong>di</strong> un amico sincero!<br />

ERACLE -- Come mai quei capelli rasati a lutto?<br />

17


ANCELLA -- Tiene fra le braccia la sposa <strong>di</strong>letta e piange, e prega perché non lo lasci.<br />

Cerca l'impossibile! Ella si strugge nel suo male, si <strong>di</strong>sfa, s'abbandona al suo braccio,<br />

triste peso,. Respira ancora debolmente, ma vuole guardare la luce del sole. Ora vado a<br />

riferire che siete qui: non tutti amano tanto i loro signori, da star loro vicini nelle<br />

sciagure; tu sei vecchio amico dei padroni.<br />

4- VISIONE DI ALCESTI, COLLOQUIO CON ADMETO E MORTE<br />

PRIMO STASIMO (vv 213 – 243) e SECONDO EPISODIO (vv 244 – 434)<br />

CORO -- Devo recidere i miei capelli? Indossare le vesti nere del lutto? Non <strong>di</strong>rò più<br />

che le nozze recano più gioia che dolore. Me lo provano gli eventi del passato e vedo la<br />

sorte che tocca al mio re. Ha perduto una sposa esemplare: avrà in futuro una vita che<br />

non è più vita.<br />

ALCESTI -- Vedo, vedo nella palude la barca e il traghettatore dei morti, Caronte:<br />

impugna una lunga pertica, mi chiama: “Perché indugi? Sbrigati, tu mi sottrai tempo”. Mi<br />

fa fretta, con rabbia.<br />

Mi trascina qualcuno, mi trascina verso il regno delle ombre! Ha le ali… nei suoi occhi<br />

cupi, semichiusi, splende la morte. - Lasciami. Che fai? Mi inoltro <strong>di</strong>sperata per<br />

un’orribile strada!<br />

Figli, figli, la madre vostra non vive piú. Ad<strong>di</strong>o, figli, godete questa luce del giorno.<br />

ADMETO -- Non partire, ti prego.<br />

Se muori, io morrò. Tu sola puoi darmi la vita o la morte.<br />

ALCESTI -- Admèto, prima <strong>di</strong> morire, a te <strong>di</strong>rò quello che desidero. Potevo non morire<br />

per te, ma priva <strong>di</strong> te non volli vivere coi figli derelitti; e abbandonai i doni della<br />

giovinezza. L'uomo che ti ha generato, la donna che ti ha partorito, ti hanno tra<strong>di</strong>to<br />

entrambi. Ed erano pur giunti agli anni in cui è giusto lasciar la vita; e avevano te solo.<br />

Ma un Dio volle che cosí fosse tutto questo. E sia. Ma tu, ren<strong>di</strong>mi una grazia. Tu da buon<br />

padre ami i tuoi figli, come li amo io. Lasciali padroni della casa, ai figli miei non dare una<br />

matrigna. Non farlo, no, ti prego! Io devo morire, e non domani, e non il terzo giorno del<br />

mese; fra poco non potrete chiamare me viva. Ad<strong>di</strong>o, siate felici. Potete vantarvi, tu,<br />

marito, per la moglie e voi, bambini, per la madre.<br />

ADMETO -- Sarà, tutto sarà. Non temere. Io ti ebbi sposa da viva; e morta, ancora,<br />

sarai detta mia unica sposa. E non un solo anno il lutto tuo porterò; ma sin ch'io resti in<br />

vita, e aborrirò la madre e il padre. M'erano amici, non a fatti, a parole. Mi farò scolpire<br />

da un bravo artista una statua che ti raffiguri, la collocherò nel nostro letto, la cingerò<br />

con queste braccia. Ora atten<strong>di</strong>mi là, quando io sia morto, e prepara la casa dove<br />

abiteremo insieme!<br />

ALCESTI -- La tenebra già mi scende sugli occhi.<br />

ADMETO -- Ma io sono perduto se tu mi vieni a mancare!<br />

ALCESTI -- Io non sono piú nulla.<br />

ADMETO -- Alza il tuo volto... non lasciare i figli!<br />

ALCESTI -- Non io voglio lasciarli... Oh figli... Ad<strong>di</strong>o!<br />

16<br />

Porcellana <strong>di</strong> F. C. Linck (1730 – 1793)<br />

13


ALCESTI da Euripide<br />

(Riduzione ed adattamento <strong>di</strong> O. Bardelli)<br />

1- INGRESSO<br />

IL VIAGGIO NEL TEMPO<br />

2- APOLLO-THANATOS<br />

(PROLOGO 1 – 76)<br />

APOLLO Ad<strong>di</strong>o casa <strong>di</strong> Admeto, dove ho accettato, pur essendo un <strong>di</strong>o, una<br />

con<strong>di</strong>zione servile; Giove ne fu causa; la folgore vibrata in petto al mio figliuolo<br />

Asclepio, l'uccise. Allora io sterminai per vendetta i Ciclopi, del <strong>di</strong>vin fuoco i<br />

fabbri; e, per punirmi, mi costrinse il padre a servire un mortale. Sono <strong>di</strong>sceso in<br />

quest’angolo <strong>di</strong> terra a pascolare le mandrie del mio ospite custodendo anche la sua<br />

casa. Mi sono imbattuto in un uomo pio, nel figliolo <strong>di</strong> Ferete.<br />

Ora io, deludendo le Parche, l’ho salvato dalla morte.<br />

Mi concessero che Admeto potesse schivare l’Averno, se al suo posto avesse offerto un<br />

altro alle potenze dell’Oltretomba. Provò tutti gli amici, a tutti fece ricorso, anche al<br />

padre e alla vecchia madre che l’aveva partorito, ma non trovò chi volesse morire per lui<br />

e abbandonare la luce – tranne la sposa. Proprio oggi deve rendere l’anima e abbandonare<br />

la vita. Ora devo lasciare la casa <strong>di</strong>letta perché non mi contamini il contagio della morte.<br />

Ecco, Thanatos: spiava il giorno in cui ella doveva morire ed è giunto in punto.<br />

THANATOS -- Che fai qui attorno? Stai provando a calpestare i <strong>di</strong>ritti degli Inferi?<br />

Non ti è bastato strappare Admeto al suo destino, ingannando le Moire con arti subdole;<br />

<strong>di</strong> nuovo monti la guar<strong>di</strong>a alla figlia <strong>di</strong> Pelio, che s’è offerta alla morte salvando il marito<br />

APOLLO: -- Al cuor m'è grave il male d'un amico.<br />

THANATOS: -- Vuoi togliermi anche questo secondo corpo?<br />

APOLLO: -- Non è possibile che <strong>Alcesti</strong> arrivi alla vecchiaia?<br />

THANATOS: -- Dalla morte dei giovani ricevo un onore più grande<br />

APOLLO: -- Se morrà vecchia avrà esequie ricchissime.<br />

Anche tu, con tutta la tua durezza dovrai cedere. Alla reggia <strong>di</strong> Ferete sta per arrivare<br />

un grande eroe, Eracle. Il re Euristeo lo ha mandato a impadronirsi <strong>di</strong> certe cavalle nelle<br />

selvagge regioni della Tracia. Verrà ospitato nella casa <strong>di</strong> Admeto e ti strapperà dalle<br />

mani questa donna. Così non avrai da me nessun grazie, e farai lo stesso quello che voglio;<br />

e l'o<strong>di</strong>o mio guadagnerai per giunta.<br />

THANATOS: -- Nulla otterrai, per quanto a lungo parli: giú nell'Averno scenderà la<br />

donna. Ora muovo su lei: con la mia spada, la tocco; e quanti il crine hanno sfiorato da<br />

questo ferro, sono sacri agl'Inferi.<br />

3- RACCONTO DELLA SERVA AL CORO<br />

(PARODO vv 77 – 135 e PRIMO EPISODIO vv 136 – 212)<br />

CORO -- Perché questa pace <strong>di</strong>nanzi alla reggia? è muta la casa d'Admèto. Perché?<br />

CORIFEO A -- Vicino a me non c’è nessuno degli amici per <strong>di</strong>rmi se devo piangere la<br />

regina morta o se ancor vede luce la figlia <strong>di</strong> Pelio, Alcèsti.<br />

14<br />

CORIFEO B -- Per me e per tutti si è <strong>di</strong>mostrata la migliore delle donne: mai sulla<br />

terra simile non visse.<br />

CORIFEO C -- Ella è già spenta!<br />

CORIFEO A -- No, non uscita è ancor dalla <strong>di</strong>mora.<br />

CORIFEO B -- Eppure, il giorno fatale è questo!<br />

CORIFEO C -- Quando sui buoni piomba la sciagura, chi buono è per natura deve avere<br />

compassione.<br />

CORIFEO A -- Su lei pesa ineluttabile il Fato. Non esiste sacerdote o altare cui<br />

rivolgermi. Al male non v'è me<strong>di</strong>cina.<br />

CORIFEO B -- Che notizie ci porta l’ancella? Il pianto si spiega se sta capitando<br />

qualcosa <strong>di</strong> grave ai padroni. Ora tu <strong>di</strong>cci se viva ancora o spenta è la regina.<br />

ANCELLA -- Puoi <strong>di</strong>rla viva e morta nello stesso tempo, puoi già morta <strong>di</strong>rla.<br />

CORIFEO A -- Come può uno essere morto e vivo?<br />

ANCELLA -- Già vicina è a morte, già lo spirito esala.<br />

CORIFEO A -- Sappi, Alcèsti, che muore con te la donna migliore fra quante vivono<br />

sotto il sole.<br />

ANCELLA -- Come no? La migliore. Che cosa si dovrebbe fare per superarla?<br />

<strong>Alcesti</strong> ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> onorare il marito nel modo più grande, accettando <strong>di</strong> morire per<br />

lui. Ma questo a tutti i citta<strong>di</strong>ni è noto. Senti ora, e te ne stupirai, come si è comportata<br />

dentro alla reggia.<br />

Quando vide giungere il giorno estremo, lavò nella corrente d’acqua il proprio corpo<br />

can<strong>di</strong>do; e dalle arche <strong>di</strong> cedro, tolse vesti ed ornamenti e s'abbigliò. E stando presso<br />

l'ara <strong>di</strong> Vesta, la pregò:<br />

«Ora che scendo ai regni sotterranei, quest'ultima preghiera, o Dea, ti rivolgo. Proteggi i<br />

miei figli.<br />

Conce<strong>di</strong>gli una sposa che lo ami e fa’ che non muoia prima del tempo, come è toccato a<br />

me, ma che nella patria viva felice».<br />

Si accostò a tutti gli altari del palazzo, depose corone <strong>di</strong> fiori e pregava con gli occhi<br />

asciutti e senza un gemito. La morte imminente non segnava il pallore del suo bel volto.<br />

Entrò quin<strong>di</strong> nel talamo, sul letto nuziale; e qui pianse e <strong>di</strong>sse «Letto che avesti il fior<br />

della mia vita, ad<strong>di</strong>o: non ti o<strong>di</strong>o io, no, sebbene muoia solo per te: per non tra<strong>di</strong>re lo<br />

sposo e te, muoio. Sarai <strong>di</strong> un'altra donna, non piú fedele <strong>di</strong> me, ma piú fortunata».<br />

Cadde in ginocchio e lo baciava, inondando le coltri con un fiume <strong>di</strong> lacrime.<br />

Tutti i servi piangevano nella <strong>di</strong>mora, per pietà della regina. Ed essa tese a tutti la<br />

destra.<br />

Ecco che avviene nella casa d'Admèto. Se egli fosse morto, per lui sarebbe finita. Ma,<br />

scampando si è procurato un dolore <strong>di</strong> cui non si scorderà mai.<br />

CORIFEO A -- Certo, per questo male Admèto piange.<br />

15

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