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Don Giovanni - Teatro La Fenice

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DON GIOVANNI, DRAMMA GIOCOSO, OPERA BUFFA, DRAMMA SEMISERIO?<br />

Tacito a me s’appressa<br />

e mi vuole abbracciar; sciogliermi cerco,<br />

ei più mi stringe; grido;<br />

non viene alcun; con una mano cerca<br />

d’impedire la voce<br />

e coll’altra m’afferra<br />

stretta così, che già mi credo vinta.<br />

E ancora <strong>Don</strong> Ottavio: «Perfido! e alfin?». <strong>Don</strong>na Anna prosegue, tornando al passato<br />

remoto per descrivere il momento in cui si districa dal pericolo (in questo recitativo,<br />

il sistema verbale opera indipendentemente da quello musicale – la musica non rileva<br />

gli slittamenti del tempo grammaticale):<br />

Perfido! e alfin? Al fine il duol, l’orrore<br />

dell’infame attentato<br />

accrebbe sì la lena mia, che a forza<br />

di svincolarmi, torcermi, e piegarmi<br />

da lui mi sciolsi.<br />

<strong>La</strong> replica di <strong>Don</strong> Ottavio – «ohimè, respiro!» – ha attirato l’attenzione di molti<br />

commentatori. Alfred Einstein, con un’incredibile pretesa di conoscere il pensiero degli<br />

spettatori settecenteschi, scrive:<br />

<strong>Don</strong> <strong>Giovanni</strong>, nell’oscurità della notte e travestito da <strong>Don</strong> Ottavio, ha potuto appagare il suo<br />

desiderio, e […] il sipario si alza all’istante in cui <strong>Don</strong>na Anna si rende conto dell’orrendo inganno.<br />

Nel secolo diciottesimo nessuno interpretò erroneamente la situazione. […] Essa non<br />

può confessare a <strong>Don</strong> Ottavio tutta la verità, e nel «respiro!» di questi, ogni ascoltatore intelligente<br />

ha sempre sentito un che di tragicomico. 50<br />

<strong>Don</strong>na Anna continua ancora, tornando al presente storico per concludere il recitativo:<br />

da lui mi sciolsi. Ohimè respiro. Allora<br />

rinforzo i stridi miei, chiamo soccorso,<br />

fugge il fellon, arditamente il seguo<br />

fin nella strada per fermarlo, e sono<br />

assalitrice d’assalita; il padre<br />

v’accorre, vuol conoscerlo, e l’iniquo<br />

che del povero vecchio era più forte<br />

compie il misfatto suo col dargli morte.<br />

Segue la sua aria aria «Or sai chi l’onore», dopo la quale esce.<br />

Il paragone fra questo racconto e quello che leggiamo nel libretto di Bertati, che si<br />

svolge poco dopo la morte del Commendatore (scena 3), è interessante (si noti lo scivolamento<br />

al presente storico, mantenuto fino al distico finale che evoca la tragica fine<br />

del padre):<br />

50 EINSTEIN, Mozart cit., p. 442.<br />

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