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Tre ore per Louis Thorpe - Partecipiamo

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<strong>Tre</strong> <strong>ore</strong> <strong>per</strong> <strong>Louis</strong> <strong>Thorpe</strong><br />

La pioggia veniva giù fitta, enorme cascata d’argento partorita da una molle tavola di metallo, i<br />

lampi dei fulmini si ramificavano nel grigio del cielo e l’acqua prendeva col<strong>ore</strong> contro i fari delle<br />

auto, la luce dei negozi riflettendosi sulla lamina scintillante della strada si modificava in mille<br />

forme luccicanti. Dentro, nel braccio della morte, <strong>Louis</strong> <strong>Thorpe</strong> sedeva ansioso nella sua cella,<br />

volto rassegnato e a sprazzi maledettamente insensibile. Il liquido che gli sarebbe stato iniettato<br />

nelle vene avrebbe interrotto la funzione vitale di ogni suo singolo organo, <strong>per</strong> arrivare infine al<br />

cervello che sarebbe collassato in un miscuglio di chimica e confusione. Nel giro di tre <strong>ore</strong> o anche<br />

meno, tutto avrebbe avuto fine in quella prigione, <strong>per</strong> la legge un numero in più nelle statistiche<br />

della morte.<br />

<strong>Thorpe</strong> se ne stava lì, sguardo <strong>per</strong>so nel vuoto dei suoi pensieri, tranquillo come ad affrontare con<br />

ricercata dignità ciò che gli aspettava, quasi con disinteresse forzato, riponendo ogni suo pensiero<br />

nel fatto che la morte l’avrebbe alleviato da quella schifosa sofferenza dell’esistere umano. Fuori<br />

dal penitenziario la pioggia continuava a cadere fitta quasi come aghi appuntiti sul caos delle auto<br />

che si addensava sulla serpeggiante strada luccicante e le luci delle stanze dei grattacieli erano come<br />

tante lucciole bagnate e immobili. Si, le lucciole d’estate, ma di estivo c’era ben poco in quella<br />

cella, neanche la voglia di vivere che l’estate infonde, c’era solo una rispettosa ma sfiancante attesa.<br />

Ora egli se ne stava seduto sulla sua branda appoggiando la schiena al muro freddo e attendeva,<br />

avrebbe voluto affrontare quella situazione il prima possibile, senza attese, senza l’ansia, senza quel<br />

maledetto indugio che creava solo rimorsi nell’animo, solo tormenti, solo il pentirsi quando era già<br />

tutto troppo tardi <strong>per</strong> rimediare e <strong>per</strong> godersi quello scorcio di esistenza che rimaneva da vivere.<br />

Non voleva trovarsi in quella situazione, se doveva morire, beh, allora era meglio farlo subito, senza<br />

rimpianti, senza dover dar retta a quel greve senso di colpa, al rinnegare dei propri sbagli, prima che<br />

la fifa gli avesse fatto <strong>per</strong>dere la lucidità, avrebbe voluto soltanto pareggiare i conti nel bilancio<br />

della vita, voleva farla finita il prima possibile <strong>per</strong> trovare un pizzico di equilibrio in una morte che<br />

avrebbe cancellato tutto in lui, <strong>per</strong>sino i rimpianti e quella maledetta sera di sei mesi prima, ma<br />

abbandonare la vita è una prova ardua anche <strong>per</strong> il più coraggioso degli uomini. Sentì i passi delle<br />

guardie rimbombare nel silenzio alienante del corridoio, sentì uno dei grossi cancelli di ferro aprirsi<br />

e i passi avvicinarsi, il rum<strong>ore</strong> sincronizzato dei passi gli ronzava nelle <strong>ore</strong>cchie <strong>per</strong>ché scandito<br />

come limpido suono nel silenzio avvilente del corridoio. Il rum<strong>ore</strong> era cessato, guardò verso le<br />

sbarre della sua cella.<br />

- Tra poco è ora <strong>Louis</strong>! – esclamò Jim Gordon la guardia carceraria che aveva sempre provato<br />

stima <strong>per</strong> <strong>Thorpe</strong><br />

<strong>Louis</strong> <strong>Thorpe</strong> si limitò ad annuire semplicemente con uno sguardo carico di una recondita<br />

rassegnazione, era già troppo tardi? forse i rimorsi stavano formandosi in lui come una colonia di<br />

batteri, come un esercito di soldati scelti pronti a sabotare ogni suo minimo coraggio, ogni sua<br />

piccola tranquillità, addestrati ad attivare ogni infinitesimale cellula dis<strong>per</strong>ata del suo cervello.


Sarebbe stato davvero la peggi<strong>ore</strong> delle punizioni, aspettare di morire avendo il tempo di pensare…<br />

Vicini alla morte si pensa ad una miriade di cose, a tutto ciò che si sarebbe potuto fare al di fuori di<br />

quelle maledette mura fatte solo di ferro e cemento. Straziante sarebbe stata quell’agonia<br />

dell’animo. Come un fiume torbido in piena nella propria coscienza, i ricordi e le aspettative si<br />

sarebbero sovrapposti e l’avrebbero fatto sprofondare in un’inevitabile pazzia. Già, il tempo, i<br />

rimorsi, quanti discorsi si potevano analizzare se non ci fosse stato un tempo da dover rispettare.<br />

- Tra poco verrà il prete, desideri la visita di un consigliere spirituale? È un tuo diritto<br />

richiedere un ultimo desiderio! Quindi parla – proferì William Gate, una delle due guardie,<br />

limitando il formalismo di quella formula propinata a tutti i condannati a morte.<br />

- Un consigliere spirituale? ormai tanto….si, lasciate che venga pure – rispose <strong>Thorpe</strong><br />

accennando ad una lieve ironia.<br />

Le guardie sparirono dietro le grosse grate di ferro delle cancellate lasciando nel silenzio del<br />

corridoio il rum<strong>ore</strong> dei passi, quel tip tap di solitudine risuonò nella testa di <strong>Thorpe</strong> come<br />

un’amplificazione di suoni e si distingueva con nitidezza nel silenzio d’oltretomba, era <strong>per</strong> lui come<br />

un’ancora gettata nel mare della s<strong>per</strong>anza, l’unica cosa che gli facesse compagnia in quella cella<br />

vuota, ma come tutto anche l’eco di quei passi svanì nel silenzio.<br />

La città era bagnata e la pioggia continuava a tamburellare e pizzicare l’asfalto, il cielo era livido e<br />

gelatinoso. <strong>Thorpe</strong> ritornò <strong>per</strong> un po’ sul luogo del delitto, le lenzuola sgualcite dai due corpi<br />

ansimanti che si contorcevano in un infinito disgusto morale, il lampo del colpo della pistola<br />

squarciare il buio della stanza, le urla di dol<strong>ore</strong>, la coscienza che si era sgretolata<br />

contemporaneamente al dito che aveva premuto sul grilletto. Si chiese all’infinito cosa l’avesse<br />

spinto ad uccidere quell’uomo, l’am<strong>ore</strong> poteva far diventare pazzi a tal punto di uccidere? Al tal<br />

punto di sventrare dall’animo istinti tanto irrazionali e selvaggi? Si certo, era capitato proprio a lui.<br />

Cercò di discolparsi con se stesso ma la Corte Suprema della sua coscienza gli imputò pienamente<br />

quel terribile gesto, il senso di colpa lo corrodeva avidamente e sentiva che stava bruciando tutto nel<br />

suo organismo, ma cosa importava, tra poche <strong>ore</strong> sarebbe morto a cosa gli sarebbe servito un<br />

organismo sano? A niente, solo a vivere con il rimorso e con la coscienza più sporca di quelle<br />

sudice celle. Ormai il dado era tratto, il guaio era stato compiuto, niente e nessuno avrebbe espiato<br />

le sue colpe, chissà se la morte ci sarebbe riuscita, chissà se sarebbe riuscita ad estinguere quel<br />

debito di vita.<br />

- Ma aver ucciso quell’uomo <strong>per</strong> averlo colto in flagrante mentre si scopava mia moglie… –<br />

Aver ucciso <strong>per</strong> una giusta causa, lo allontanava dal mondo di quei killer psicopatici, si,<br />

naturalmente non era tanto giusta come causa, ma infondo la vittima era stata proprio lui, non aveva<br />

ucciso mica <strong>per</strong> divertimento o <strong>per</strong> arricchire il suo portafogli, era un giornalista cosa se ne sarebbe<br />

fatto di altri quattrini, aveva ucciso <strong>per</strong>ché la cosa più importante della sua vita l’aveva tradito e<br />

deluso, ecco cosa fa diventare pazzi a tal punto di uccidere, il riporre la fiducia in una <strong>per</strong>sona e<br />

ritrovarsi miseri e deboli, un giorno a scoprire che la propria donna ha la facoltà di darci la vita e<br />

allo stesso tempo e con la stessa semplicità di togliercela, <strong>per</strong>ché un tradimento a volte può essere<br />

più violento di una pallottola che schizza fuori da una canna di una pistola, quella sera, prima che<br />

spingesse il grilletto, <strong>Thorpe</strong> era già morto da un pezzo dentro. Sorrise, lo facevano sorridere i suoi<br />

pensieri così mescolati e confusi, lo faceva sorridere la stupidità con cui li portava avanti e


l’interesse con cui li accompagnava al termine, fissò il muro grigio e scrostato della cella, c’erano<br />

un mucchio di scritte e chiazze di sangue, probabilmente rincorse e colpi di cranio contro il muro, di<br />

quelli che tante volte avevano tentato di farla finita <strong>per</strong>ché altro non vedevano che la pace della<br />

morte come liberazione da quell’abisso insu<strong>per</strong>abile, o soltanto pugni di chi <strong>per</strong> il nervoso si era<br />

rotto una mano più di una volta. Come era strana la prigione, fredda, tetra, irritante, non avrebbe<br />

mai pensato di finirci dentro un giorno, come quei delinquenti folli, che strana la vita, gira e rigira ti<br />

fa provare tutto, come un menù di pietanze poco gradite e inaspettate. Quando arrivò il prete davanti<br />

alla cella <strong>Louis</strong> era in piedi, si era alzato <strong>per</strong> sgranchirsi un po’ le gambe, intorpidite ormai<br />

dall’essere stato troppo tempo seduto, si sentiva meglio alzato, sentiva il sangue fluire più veloce<br />

nelle cosce e un senso di strana comodità. In testa gli gravava quella pesante consapevolezza di<br />

morire, sentiva la gelida punta della morte ben affilata lambirlo spesse volte, ma ora non importava<br />

poteva godersi il fatto di sentirsi comodo a camminare e a sgranchirsi le gambe.<br />

- Salve padre – si avvicinò alle sbarre della cella<br />

- Figliolo! –<br />

Il prete era stato accompagnato da William Gate e da Jim Gordon che l’avevano informato del<br />

motivo <strong>per</strong> cui quell’uomo doveva essere giustiziato, ne comprese l’originale bontà d’animo quando<br />

lo guardò negli occhi <strong>per</strong> la prima volta. Il prete aveva la faccia da brava <strong>per</strong>sona e <strong>Thorpe</strong><br />

immaginò la sua trasformata, brutta e infame come quella degli assassini più spietati, allora sorrise<br />

cercando di manifestare un’espressione più rassicurante <strong>per</strong> quel prete con una voce tanto calorosa e<br />

saggia, come voler dimostrare di non essere quel mostro che i giudici avevano pensato. Lo guardò<br />

entrare nella sua cella, lo salutò e sapeva che l’avrebbe salutato di nuovo prima di morire. <strong>Thorpe</strong> si<br />

chiese quanto valesse la pena di credere in Dio e nel fatto di riporre nelle Sue mani la propria anima<br />

nel momento in cui uno sa di morire, o quanto valesse la pena morire invece con dignità profana e<br />

più mondana,<br />

- Cosa cambierà padre, <strong>per</strong> me, la sua presenza qui questa sera? Dio mi accoglierà nella sua<br />

aurea accecante e ripristinerà la mia anima distogliendola da ogni peccato commesso in<br />

terra? – Chiese <strong>Thorpe</strong>, sapeva che l’uomo era destinato a farsi milioni di domande<br />

insensate sull’esistenza e, che soltanto una volta abbandonata questa vita avrebbe ricevuto<br />

una sola risposta esaustiva ad un'unica domanda dovuta. Si augurò che almeno il prete<br />

avesse capito le sue reali intenzioni quella notte e se un Dio realmente esisteva doveva sa<strong>per</strong><br />

quale angoscia l’aveva fatto sparare, e quale angoscia lo stava consumando ora. Il prete gli<br />

chiese se voleva pregare,<br />

- Vuoi pregare un po’prima di andare? –<br />

- No padre, vorrei solo una sua benedizione – <strong>Thorpe</strong> non credeva, figuriamoci nelle<br />

benedizioni, ma una benedizione di un uomo in carne ed ossa dava più conforto di pregare<br />

un dio così trascendentale e indifferente e lontano. Il prete lo accontentò.<br />

Finito lo salutò, gli sorrise intuendo nella purezza appena accennata dei suoi occhi una primordiale<br />

innocenza, il suo essere un semplice brav’uomo tradito, <strong>Thorpe</strong> se ne accorse e gli sorrise a sua<br />

volta. Il prete si allontanò scortato dalle due guardie.<br />

- Se è venuto il prete allora il tempo è vicino! – esclamò tra sé <strong>Thorpe</strong>


La pioggia batteva inesorabile sulla città bagnata, come il pianto che accompagna l’uomo dalla<br />

nascita, e il cielo grigio e violaceo aveva l’aria di quell’oscurità del proprio animo dove è sempre<br />

facile precipitare, i colori più smaglianti della lunga fila di ombrelli che riempiva i marciapiedi<br />

risaltavano nel buio della sera e nel bianco fitto della pioggia, tutti erano indifferenti, presi dalla<br />

frenesia della vita quotidiana, nessuno sapeva che in una prigione un uomo stava <strong>per</strong> essere<br />

giustiziato.<br />

19:00 <strong>Louis</strong> <strong>Thorpe</strong> giace seduto sul suo letto, si distende, si alza, si gira si rigira, non trova pace,<br />

sa che è ora. Si alza e quindi cerca di nuovo quella comodità che aveva trovato stando alzato. Aveva<br />

il cu<strong>ore</strong> straziato ma si sforzava comunque di non cedere ancora ai suoi nervi, non voleva<br />

dimostrare di avere paura né alla morte, né alle guardie e né a se stesso, voleva semplicemente<br />

morire con dignità, sapendo di meritarsi tutto ciò che gli sarebbe successo. Le guardie scesero nella<br />

cella, il rum<strong>ore</strong> e lo sferraglio della chiave che girava nella serratura del cancello ed il rum<strong>ore</strong><br />

stridulo delle porte che si aprivano lo fecero sprofondare nelle sabbie mobili della rassegnazione più<br />

totale, provocando brividi come lame che gli penetravano nella carne.<br />

- <strong>Louis</strong> è ora andiamo… – disse Gordon ponendo una leggera pausa di dispiacere tra una parola e<br />

l’altra.<br />

<strong>Thorpe</strong> annuì e aspettò che gli avessero messo le manette, dopo che fu ammanettato inspirò a lungo,<br />

come a prepararsi ad affrontare quella siringa, quell’ago, quello stantuffo che avrebbe risucchiato su<br />

quel liquido trasparente e denso come vodka. <strong>Thorpe</strong> molto collaborativo si alzò e senza dare<br />

problemi si concesse alle guardie, ecco l’ora di dimostrare il proprio coraggio era arrivata.<br />

I due uomini lo presero <strong>per</strong> sotto le ascelle, ma ad un tratto Gordon bloccò il passo,<br />

- <strong>Louis</strong> ricorda che non ti sei meritato tutto questo, Cristo sei davvero una brava <strong>per</strong>sona – poi<br />

nascose gli occhi carichi di compassione sotto il pesante cappello d’ordinanza e ritornò a<br />

camminare come niente fosse successo. Quelle parole avevano acceso in <strong>Louis</strong> <strong>Thorpe</strong> tutti<br />

quei rimorsi e quel fiume torbido di rammarico aveva distrutto l’instabile diga del suo<br />

coraggio e le acque tormentate cominciarono a scorrere violente in lui, anche se quelle<br />

parole lo glorificavano al pari del suo tormento.<br />

- Se non avessi visto niente quella sera, ora starei imprecando contro il mio lavoro, starei<br />

guardando il mio telefilm preferito, a quest’ora starei facendo l’am<strong>ore</strong> con una puttana o con<br />

mia moglie, starei sorseggiando un whisky aspettando di essere brillo, starei discutendo con<br />

i miei pochi amici, starei dimostrando alla gente di essere un brav’uomo e non un mostro<br />

capace di uccidere – esclamò tra sé<br />

Le guardie lo tenevano sotto le braccia e avevano il passo lento, indugiando come a ritardare<br />

quell’esecuzione così ingiusta, avevano visto tanti altri detenuti, tanti altri killer meritare quella<br />

condanna, ma lui no, lui non la meritava, <strong>per</strong> niente, non aveva affatto né la faccia né il cu<strong>ore</strong> di un<br />

uomo spietato, aveva solo il volto di chi ha avuto la sfortuna di <strong>per</strong>dere i nervi vedendo sua moglie<br />

mentre era a letto con un altro, pover’uomo <strong>per</strong>ché la vita è così maledettamente paradossale?<br />

Perché una brava <strong>per</strong>sona può essere capace di uccidere e di morire <strong>per</strong> un torto che gli è stato<br />

fatto? Jim Gordon credeva che quel condannato a morte fosse una brava <strong>per</strong>sona e gli dispiaceva<br />

tanto, troppo <strong>per</strong> quell’uomo così riservato e a volte <strong>per</strong>fino timido.


19.14 Il passo lento e molle delle guardie, e quello deciso e duro di <strong>Louis</strong> <strong>Thorpe</strong> terminò alla<br />

porta della stanza dell’esecuzione. Quando la porta fu a<strong>per</strong>ta <strong>Thorpe</strong> ne studiò i minimi particolari,<br />

quasi ad abituarsi all’idea di finirne dentro. La stanza era piccola, soffocante, intorno al lettino che<br />

vi occupava quasi tutto lo spazio, c’era il prete e altri due con un camice bianco. Come si fa a<br />

guadagnare tempo in quest’occasione? Scappare? Piangere? No, solo affrontarla con dignità,<br />

affrontare la morte restando un uomo fino alla fine, questo realizzò <strong>Thorpe</strong> nei suoi pensieri, gli<br />

parve strano il fatto che quando era chiuso nella sua cella l’affrontava con animo duro, quasi<br />

im<strong>per</strong>turbabile, ma a pochi metri da quella stanza, la sentiva sfiorargli il viso, la sentiva reale e<br />

incombente e ciò lo terrificava, quando non la vedi hai sempre voglia di affrontarla, ma quando ci<br />

sei ad un paio di passi di distanza faresti di tutto <strong>per</strong> non trovarti così vicino a Lei. Le guardie<br />

avevano il viso cupo quasi grigio dalla ricercata durezza dell’espressione, ma quella durezza era<br />

scritta nel loro regolamento, non bisognava dimostrare al condannato le proprie emozioni, i propri<br />

stati d’animo. Ma in quel corridoio, subito dopo la cella di <strong>Thorpe</strong>, <strong>per</strong> una volta entrambi avevano<br />

trasgredito alle regole. Era tutto pronto, <strong>Thorpe</strong> poteva entrare, i due con il camice avevano l’aria<br />

pronta e quasi impaziente <strong>per</strong> guadagnare tempo e dedicarsi a qualche loro interesse, volti<br />

inespressivi, se non <strong>per</strong> la luce monocol<strong>ore</strong> che gli rifletteva contro, il prete aveva gli occhi<br />

dispiaciuti, che brutta parte avrebbe avuto quella sera, raccomandare a Dio l’animo di quel povero<br />

infelice.<br />

- Portatelo dentro – disse uno dei due con il camice, l’aria di chi è pronto si riversava<br />

sull’espressione soddisfatta del suo volto.<br />

Le guardie presero <strong>Thorpe</strong> e lo portarono al lettino, il prete lo guardò con malinconia negli occhi,<br />

aveva gli occhi vecchi e stanchi, ma quella sera dimostravano la loro senescenza in un piena<br />

compassione, <strong>Louis</strong> gli vide stringere il crocifisso che portava tra le mani e si fece forza, credeva<br />

più nei gesti degli uomini, capaci di infondere coraggio e forza che nelle preghiere, eccolo il<br />

momento era arrivato.<br />

- Sdraiati – disse uno dei due con il camice<br />

<strong>Thorpe</strong> si sdraiò e fissò la luce della stanza sopra il lettino, i due con il camice gli allacciarono i<br />

cinturini alle caviglie ai polsi e uno più grande intorno al busto, il cu<strong>ore</strong> di <strong>Thorpe</strong> dopo<br />

un’accelerazione quasi impazzita stabilizzò i propri battiti al minimo e pareva che si fosse fermato<br />

dalla paura.<br />

Era sera, in redazione era tutto finito, luci soffuse, i monitor dei computer spenti, poteva tornare a<br />

casa, respirare aria fresca lasciandosi alle spalle quella soffocante e pesante di fumo e il cal<strong>ore</strong><br />

della carta stampata e dei computer in funzione, la tranquillità di quella serata gli aveva dato la<br />

voglia di fare l’am<strong>ore</strong> con sua moglie, sempre troppo trascurata <strong>per</strong> via del suo lavoro, di quella<br />

sua passione sviscerata <strong>per</strong> lo scrivere, <strong>per</strong> via di quei dannati articoli, di quei maledetti colpi di<br />

genio. <strong>Thorpe</strong> era tormentato da un’infelicità recondita, di tanto in tanto beveva <strong>per</strong> allontanare<br />

chimicamente il suo cervello da essa, quindi prima di uscire si fece un paio di bicchierini di whisky<br />

dalla bottiglia che aveva nascosta nel suo ufficio in modo da non poter essere infastidito mentre era<br />

con sua moglie. Era tiepida la serata fuori. La sua Ford era posteggiata al suo solito posto, nel<br />

parcheggio della redazione del giornale. Accese il mot<strong>ore</strong>, i fari dell’auto in lunghe lame di luce


trafissero il buio della sera, la macchina partì lenta sulla strada inumidita dal freddo, si avviò<br />

verso casa. Quando giunse a casa le luci erano spente, e le tende tirate dietro le finestre<br />

- Strano – pensò<br />

Andò alla porta e decise di non bussare <strong>per</strong> non destare sua moglie nel caso avesse preso sonno,<br />

fece piano, la chiave girò nella serratura senza alcun rum<strong>ore</strong>, entrò lasciando chiudere la porta<br />

dietro di sé. Posò la borsa sul divano. Era troppo tranquilla la casa, Karen lasciava sempre<br />

qualche lampada accesa in sua attesa.<br />

- Si sarà scordata addormentandosi –<br />

Ma qualche gemito proveniva dalla stanza, non poteva essere il whisky, due bicchierini appena non<br />

ti fanno sentire gemiti, ti fanno solo girare un po’ la testa, e neanche se mescolati ad una giornata<br />

dura al giornale hanno questo effetto. Si avvicinò piano verso la stanza, i gemiti erano quasi<br />

sussurrati <strong>per</strong> non fare rum<strong>ore</strong>, soffocati dalla paura che egli sarebbe potuto tornare da un<br />

momento all’altro.<br />

Ecco il prete ora stava cominciando la sua funzione, <strong>Thorpe</strong> non prestava attenzione alle parole che<br />

diceva ma sentiva solo la voce calda e rincuorante di quel vecchio uomo, non serviva ascoltare,<br />

poteva apprezzare solo la musicalità di quella cantilena <strong>per</strong>ché sapeva che le parole sarebbero state<br />

tutte inutili, aveva sbagliato e forse l’unico rimedio era quell’iniezione letale. Guardava poche volte<br />

il prete mentre parlava e lo sguardo l’aveva <strong>per</strong> lo più sempre rivolto alla luce che gli cominciò a<br />

produrre immagini flu<strong>ore</strong>scenti negli occhi, non aveva voglia di vedere i suoi esecutori. Il prete<br />

aveva finito il suo rito.<br />

- Che Dio accolga la tua anima figliolo! – esclamò<br />

- Grazie padre – rispose semplicemente <strong>Louis</strong><br />

- In nome degli Stati Uniti d’America, <strong>Louis</strong> <strong>Thorpe</strong> oggi verrai giustiziato <strong>per</strong> il crimine che<br />

hai commesso, quello che ti verrà iniettato nelle vene è un acido che bloccherà tutte le<br />

funzioni vitali di ogni tuo organo, l’iniezione ti porterà alla morte nel giro di tre <strong>ore</strong>. In<br />

questo arco di tempo hai il diritto e la possibilità di fare telefonate e ricevere visite o restare<br />

fuori dalla tua cella nella cella di attesa! – la freddezza e la professionalità con cui uno dei<br />

due col camice bianco aveva proferito tali parole che costituivano l’inizio della gelida e<br />

spietata procedura rasentavano il cinismo più insensibile e la cosa sembrava del tutto<br />

normale nelle <strong>per</strong>sone presenti. L’altro col camice aveva tra le mani la siringa piena <strong>per</strong><br />

metà di quel liquido letale che non smetteva di gorgogliare.<br />

Il suo interesse <strong>per</strong> la letteratura e <strong>per</strong> la scienza, la sua genialità e la sua infelicità lo avevano<br />

reso il più famoso ed apprezzato giornalista scientifico della redazione e quei pochi amici che<br />

aveva gli volevano davvero bene, <strong>per</strong>ché tutti lo evitavano, sapevano che era come un orso<br />

rinchiuso nella sua tana, quella tana ovviamente, era la contemplazione della sua infelicità, il farsi<br />

tante domande senza ricevere risposta. La sua grande aspirazione era fare il medico <strong>per</strong>ché in<br />

gioventù era convinto di aiutare in parte il mondo a migliorare, ma poi il corso del fato lo portò a<br />

scegliere un’altra strada, gli anni di es<strong>per</strong>ienza e la sofferenza che vedeva nei malati gli avevano<br />

acceso solo la voglia di capire come funziona il mistero della vita, ecco la sua passione <strong>per</strong> la<br />

scienza. Questo era il segreto della sua genialità, lo starsene sempre solo in cerca di una risposta


corretta. Quella sera tutto questo svanì nel ronzio agghiacciante di quegli ansimi soffocati, sentì la<br />

terra cedere sotto i suoi piedi, il sangue salirgli fino alle tempie, un nodo soffocante alla gola e<br />

l’adrenalina far battere più veloce il suo cu<strong>ore</strong>, si sentiva sballottato qua e la anche se in realtà il<br />

suo corpo era fermo e trepidante, respirava a bocca a<strong>per</strong>ta cercando di inspirare più aria possibile<br />

<strong>per</strong> farlo restare lucido, ma quegli schifosi ansimi affannosi di piacere non cessavano.<br />

Ecco, ora era vicinissima, quasi la poteva sentire sopra di sè, guardò <strong>per</strong> un attimo quello con la<br />

siringa poi ritornò a quella luce che sapeva tanto di salvezza dell’anima, cand<strong>ore</strong> vivido sul corpo,<br />

sentì un laccio emostatico stringergli intorno al braccio e gonfiargli le vene.<br />

19.40 L’iniezione. Sentì l’ago freddo avvicinarsi alla pelle, aveva voluto guardare, spinto da quella<br />

curiosità discreta ma a volte sfrenata che la morte infonde, non riuscì a capire se vide o sentì prima<br />

l’ago penetrare al momento in cui affondò nella vena del suo braccio, di sicuro sapeva che aveva<br />

sentito un’ondata di freddo <strong>per</strong>vadere il suo corpo e una sostanza insensibile ed estranea scorrergli<br />

nelle vene. Scattò in lui un inequivocabile conto alla rovescia, il suo orologio biologico aveva<br />

posizionato le lancette della vita, ora il tempo anche se inesorabilmente proiettato in avanti, tornava<br />

indietro, e i giri che compievano le avrebbero portate a sovrapporsi e a far scattare una “sveglia”<br />

che avrebbe trillato nel giro di tre <strong>ore</strong>. Adesso la preziosità dei minuti era talmente pesante da essere<br />

considerata come la Terra che il titano Atlante fu costretto a sorreggere sulle sue spalle, ora la vita<br />

la si godeva al cento <strong>per</strong> cento, ora avrebbe apprezzato anche la puzza di quelle maledette celle, ora<br />

tutto era vita, anche lo schifo di tempo che infieriva sulla città, ora tutto finiva sul serio, ora non<br />

bisognava <strong>per</strong>der tempo, no, non si poteva, c’era il ticchettio di quelle luride lancette che<br />

risuonavano incessantemente nella testa. La scelta della priorità è un rompicapo molto complicato<br />

<strong>per</strong> chi sa di morire, bisognava scegliere e in fretta, un gioco a tempo senza premio, senza<br />

consolazione, solo con una lucida e vera consapevolezza, non c’era ordine di priorità in chi doveva<br />

morire c’era solo l’obbligo di sbrigarsi e mettere le cose a posto. <strong>Louis</strong> <strong>Thorpe</strong> fu rapito da una così<br />

travolgente ondata di pensieri che ebbe l’impressione che la testa gli stesse <strong>per</strong> esplodere, ma la<br />

morte gli aveva donato la lucidità di pensiero, la voglia di non <strong>per</strong>dere quel poco di esistenza gli<br />

aveva offerto tale dono.<br />

19.51 Dopo l’iniezione <strong>Thorpe</strong> restò <strong>per</strong> un tempo che non fu capace di stabilire sdraiato sul lettino<br />

sentendosi l’acido corrergli nelle vene, come un invas<strong>ore</strong> nel suo tranquillo organismo, quel liquido<br />

avrebbe portato solo morte e distruzione. Si alzò, si sentiva un po’ stordito e aveva ancora negli<br />

occhi le immagini flu<strong>ore</strong>scenti che la luce del soffitto gli aveva provocato, camminava e sentiva<br />

tutto girare intorno a sé, si appoggiò al lettino e chiuse gli occhi, gli sembrò di sprofondare nel<br />

vorticoso buio del proprio animo, della propria coscienza, precipitare in un burrone senza fine in un<br />

turbinare violento, spietato che gli fece mancare le forze. Le due guardie lo sorressero aiutandolo a<br />

stare in piedi.<br />

- Ragazzi devo uscire!- disse quasi dis<strong>per</strong>ato verso Gordon e Gate<br />

- <strong>Louis</strong> sei pazzo, sai che non è possibile!- rispose molto meravigliato Gordon convinto<br />

nell’effetto precoce della sostanza.<br />

- Oh ragazzi vi prego devo uscire - - Devo uscire di qua!-<br />

- <strong>Thorpe</strong> ti prego sii ragionevole, non puoi uscire, se vuoi hai a disposizione un numero di<br />

chiamate ed un paio di visite, hai la libertà in questa prigione ma non al di fuori di essa –<br />

rispose di nuovo Gordon stavolta indeciso


- Chiamare eh?, quello che si offre a chi sta <strong>per</strong> morire, delle fottute chiamate?- esclamò<br />

furente <strong>Thorpe</strong> – Ragazzi, dovrei chiamare mia moglie e dirle la fine che sto <strong>per</strong> fare –<br />

scosse il capo in una dis<strong>per</strong>azione che ne aveva modificato ogni singolo muscolo del viso.<br />

- <strong>Thorpe</strong> se vuoi ti accompagno al telefono – esclamò Gordon<br />

- No, grazie voglio andare nella mia cella – esclamò <strong>Thorpe</strong><br />

- <strong>Thorpe</strong> sai che non si può – - Sai….che non si può uscire dalla prigione senza un motivo<br />

valido -<br />

- Si lo so benissimo non c’è bisogno che me lo diciate di nuovo – si fece accompagnare nella<br />

cella e quando la sbarra fu chiusa si sedette sulla branda e poggiò le braccia sulle gambe e<br />

fece sprofondare la testa tra le mani, come in una morsa strangolatrice <strong>per</strong> i suoi pensieri di<br />

ovviare agli errori del passato.<br />

Si era fatto riportare nella cella <strong>per</strong> poter trovare in quella malinconica e gradevole solitudine un<br />

modo <strong>per</strong> allontanarsi dalla delusione che gli rodeva dentro, e meditare sulla morte, provare ad<br />

immaginare…come era lecito immaginarsela con quel liquido che ora fluiva in un miscuglio di<br />

chimica nelle sue vene, si guardò il punto in cui l’ago era penetrato una macchia rossa intorno ad un<br />

puntino di sangue. Fissava il muro, stava cominciando a sudare e sentiva caldo ovunque, forse il<br />

nervoso? l’ansia? probabilmente l’irrequietudine <strong>per</strong> l’attesa e la paura di non poter rimediare lo<br />

angosciavano maledettamente provocandogli la sudorazione, o era soltanto uno dei primi sintomi<br />

della morte? Un grosso cal<strong>ore</strong> dentro, scuro, torvo gli premeva nella testa in quella sezione di<br />

cervello, di cu<strong>ore</strong> e di anima che controllava la buona coscienza, l’anima macchiata non avrebbe<br />

mai avuto l’opportunità di pulirsi ma parlandole avrebbe potuto essergli meno pesante addosso. La<br />

pioggia filava giù obliqua e talvolta <strong>per</strong>fettamente <strong>per</strong>pendicolare sulle piattaforme dei grattacieli e<br />

sulla città che aspettava soltanto il finire di quell’acquazzone, anche in <strong>Thorpe</strong> la pioggia non era<br />

cessata…<br />

20.10 Se ne stava lì a sentire la pioggia tamburellare contro le mura della prigione angosciato e<br />

sentiva scalpitare nel petto uno spirito selvaggio e incontrollabile, si sforzò di essere il più razionale<br />

possibile, doveva pensare a come sfruttare al meglio i suoi diritti <strong>per</strong> mettere chiarezza in quella<br />

breve vita, aveva qualche difficoltà a respirare e si sentiva stanco e la testa pesante e compressa, la<br />

siringa stava cominciando ad avere un puntuale effetto nel suo organismo. Cosa serviva starsene lì a<br />

piangersi addosso? A cosa sarebbe servito pensare di pareggiare i conti solo m<strong>ore</strong>ndo? Doveva<br />

muoversi…il tempo stringeva inesorabile, i minuti gli erano indifferenti più di una <strong>per</strong>sona che ti<br />

punta una pistola contro. <strong>Thorpe</strong> si alzò ancora meditando sull’importanza e sulla crudeltà del<br />

tempo, progressi tecnologici e passi da gigante della scienza, e ancora non c’era un modo <strong>per</strong><br />

fermare il tempo! I fisici lo trovano affascinante quanto Dio, <strong>per</strong>ché da Dio nasce quell’eterno fluire<br />

che in milioni di anni non si è mai arrestato, non si è mai voltato indietro a ri<strong>per</strong>correre i suoi passi,<br />

no di certo, il tempo fila via con il suo giusto andamento insensibile a tutto e tutti.<br />

- Jim!! William!! – urlò <strong>Thorpe</strong>, la paura di morire e la voglia di vivere gli avevano cancellato<br />

ogni minimo ritegno. Ora al coraggio si sostituiva la realtà della vita, gli uomini, l’am<strong>ore</strong>, il<br />

bene e quant’altro ci fosse di mondano. Le urla risuonavano nel corridoio che portava alla<br />

cella di isolamento.<br />

- Ehi <strong>Louis</strong> cosa hai da gridare? – dissero preoccupati i due secondini correndo dalla loro<br />

postazione in fondo al corridoio.<br />

- Devo uscire da qui!!! – esclamò <strong>Thorpe</strong> con viso cupo quasi pronto a piangere


- <strong>Louis</strong> maledizione lo sai che… -<br />

- Si lo so, trovate un modo <strong>per</strong> farmi trovare fuori di qui, sbrigo una faccenda e dopo ce ne<br />

torniamo dentro, e morirò qui se è quello che vuole la legge –<br />

- La legge vuole che tu non esca di qui <strong>Thorpe</strong> –<br />

- Per fav<strong>ore</strong> aiutami Willy - disse <strong>Thorpe</strong> rivolgendosi a Gate che era quello che non aveva<br />

risposto ancora e che quindi non l’aveva ancora contraddetto.<br />

- Non si può fare niente <strong>Louis</strong> mi dispiace –<br />

<strong>Thorpe</strong> annuì quasi rassegnato, quasi <strong>per</strong>ché non aveva ancora <strong>per</strong>so la s<strong>per</strong>anza.<br />

20.21 Il suo cervello lavorava intensamente, s<strong>per</strong>ava che la necessità e la s<strong>per</strong>anza gli aguzzassero<br />

l’ingegno, elaborava mille pensieri al secondo e sentiva implosioni di emicranie nella testa che<br />

cominciavano a fargli male sul serio. Mille pensieri di evasione, mille piani che gli scorrevano<br />

davanti agli occhi come sequenze di un film,<br />

- Ah se fosse stato tutto un film, dove chi finge di morire dopo si rialza, dove chi sbaglia ha<br />

sempre l’opportunità e la capacità di mettere tutto a posto! Ma questo non è un film<br />

dannazione è la vita! –<br />

Nel devastante scorrere dei pensieri in <strong>Thorpe</strong> si formò anche la rabbia, violenta, incontrollata,<br />

selvaggia, di chi ha dentro tanta voglia di mettere le cose a posto ma si sente maledettamente<br />

incapace di porre rimedio a ciò, chiuso in trappola.<br />

Il sangue sulle pareti era asciugato e di un col<strong>ore</strong> rosso scolorito ma che una volta doveva essere<br />

scuro, fissò il muro, inspirò, cercò di essere calmo, e lucido ma era estremamente difficile tenere<br />

saldi i nervi, si alzò s<strong>per</strong>ando che il camminare avanti e indietro <strong>per</strong> il piccolo spazio della cella<br />

l’aiutasse ad ossigenare il cervello e a farlo calmare, camminò un po’, sentì come rilassarsi, ma poi<br />

una bestia oscura lo accecò, la voglia di uscire e dimostrare e l’impossibilità di farlo si erano<br />

tramutati nella collera più incontrollata, sentì un male nero scalpitargli dentro e fargli salire quella<br />

rabbia concreta fin sulla testa e allora ecco, in quel muro scagliare un pugno e sentire il cal<strong>ore</strong> in<br />

bocca, un brivido lungo tutto il braccio e vedere le nocche sanguinanti e scorticate e la rabbia<br />

aumentare e sentire la voglia di piangere e allora ecco un calcio dritto nella parete accompagnato da<br />

qualche imprecazione, qualche lamento sospirato e gli occhi rossi dal dol<strong>ore</strong>, poi strusciò<br />

lentamente verso il pavimento sporco lasciando lunghe strisce di sangue sul muro. La mano<br />

sanguinava abbondantemente e ne sentiva dentro un frenetico formicolio, ora la mano aveva<br />

cominciato a tremare, <strong>Thorpe</strong> la guardava e più la guardava e più gli saliva la rabbia fin sulla testa,<br />

aveva voglia di sfogarsi con altri pugni ma il gonfi<strong>ore</strong> violaceo sul dorso lo frenò evitandogli che se<br />

si fosse rotto la mano completamente.<br />

- Jim, Willy – disse urlando<br />

Dopo poco arrivarono le guardie incuriosite dall’urgenza di quella voce.<br />

- Oh Cristo <strong>Thorpe</strong> che diamine hai combinato! – esclamò Gordon<br />

- Devo andare fuori da qui – disse <strong>Thorpe</strong> calmandosi alla visione di un qualcuno con cui<br />

parlare<br />

- Vieni in infermeria –


- Devo andarmene da qui – disse intontito dal dol<strong>ore</strong>, ma accettò comunque di seguire le<br />

guardie.<br />

Nelle gabbie lungo il corridoio del braccio della morte, i detenuti erano come tanti zombie con le<br />

mani sporgenti dalle sbarre quasi pronti ad afferrarti e a strangolarti senza alcun motivo logico, solo<br />

<strong>per</strong>ché la loro rabbia repressa era amplificata ancora di più stando chiusi dietro un gabbia di ferro.<br />

Mentre camminavano <strong>Thorpe</strong> ignorò gli insulti che gli venivano lanciati contro come proiettili ben<br />

piazzati con quel disprezzo represso e provò disgusto di tutta quella storia, sia ben chiaro, credeva<br />

di meritare tutto ciò ma odiava quel destino tanto infame che l’avrebbe portato fino alla morte. Nei<br />

corridoi c’era od<strong>ore</strong> di detersivi e disinfettanti, l’illuminazione vi produceva qualche ombra, ma<br />

nelle celle c’era puzza di stagnato, di vendetta sedimentata, od<strong>ore</strong> acre di redenzione, oramai troppo<br />

tardi <strong>per</strong> s<strong>per</strong>are di uscire e troppo presto <strong>per</strong> non cimentarsi in una biografia della propria esistenza<br />

o nello studio del diritto penale.<br />

- Ehi dolcezza vieni <strong>per</strong> sbottonarmi i pantaloni? Dai che trovi una bella sorpresa! – urlò un<br />

detenuto passandosi la lingua sulle labbra sottili e nascoste dalla barba, terminando la frase<br />

con un malizioso gesto ripugnante.<br />

Ma <strong>Thorpe</strong> se ne stava chiuso nella sua mente a riflettere su come trovare un modo <strong>per</strong> farsi<br />

cacciare fuori da li.<br />

- Rom<strong>per</strong>mi la testa? Devo farmi cacciare fuori di qui assolutamente, devo rom<strong>per</strong>mi qualcosa<br />

così saranno costretti a portarmi all’ospedale –<br />

- Ma no non ne uscirei più vivo da lì - pensò al conto alla rovescia di quella chimica violenta<br />

che scorreva veloce nelle sue vene.<br />

L’infermeria era in fondo al corridoio dopo l’ultimo cancello, la porta era chiusa, Gordon vi bussò<br />

contro con urgenza, William Gate era taciturno e ritto vicino a <strong>Thorpe</strong>, la fretta di Gordon parve a<br />

<strong>Thorpe</strong> molto strana, la faccia di qualcuno si materializzò nella debole luce che usciva dalla stanza.<br />

Un uomo con il camice arrotondato all’addome aprì la porta, era un uomo corpulento, capelli e baffi<br />

incanutiti dall’età, occhi severi sotto la montatura elegante degli occhiali da vista. La freschezza<br />

della pelle del viso e l’autorità tipica di un dott<strong>ore</strong>…<br />

20.45 La mano fu fasciata e una dose controllata di morfina gli alleviò il dol<strong>ore</strong>.<br />

- Una gran botta, ma nulla di rotto – la diagnosi del medico lo colpì <strong>per</strong>ché la mano gli<br />

procurava un dol<strong>ore</strong> cane.<br />

- Cosa fare? Mollarne un altro con la stessa mano e rom<strong>per</strong>sela <strong>per</strong> farsi trasportare d’urgenza<br />

all’ospedale e poi tentare una fuga folle? Mi verrà qualcosa in mente – pensò tra sé <strong>Thorpe</strong><br />

Dal lungo corridoio buio e freddo si poteva scorgere nelle celle degli altri detenuti, qualcuno era<br />

chinato con una parte della testa illuminata da una lampada mentre probabilmente scriveva, qualcun<br />

altro dormiva facilitando lo scorrere del tempo in quello schifo mentre altri, sdraiati sul lettino<br />

fissando con gli occhi spalancati il soffitto nero, probabilmente meditavano su come uccidere<br />

membri di una banda avversaria.


Oltrepassato il cancello <strong>Thorpe</strong> si stupì che Gordon avesse svoltato in un altro corridoio invitandolo<br />

a seguirlo,<br />

- E ora che succede, cosa vorrà mai fare? – si chiese con stup<strong>ore</strong><br />

Il rum<strong>ore</strong> dei passi risuonava tra le pareti del corridoio che stavano <strong>per</strong>correndo, a <strong>Thorpe</strong> sembrò<br />

che i suoi piedi non facessero poi così tanto rum<strong>ore</strong>, il rum<strong>ore</strong> rimbalzava su i muri e lo investivano,<br />

eccoli arrivati, aveva tutta l’aria di uno spogliatoio, Gordon infilò la chiave, voltando la testa qua e<br />

là <strong>per</strong> assicurarsi di non essere visto, con l’aria di chi sta commettendo un’effrazione.<br />

- Vieni entra! –<br />

- Cosa? – si chiese <strong>Thorpe</strong><br />

- Dai muoviti non farti vedere – <strong>Thorpe</strong> entrò anticipando Gate.<br />

<strong>Thorpe</strong> capì che doveva lasciarsi trasportare dagli eventi, da ciò che gli stava capitando. I secondini<br />

lo fecero entrare nello spogliatoio, c’era puzza di detersivi e cloro, gli armadietti erano chiusi e<br />

sistemati uno accanto all’altro. Gordon ne aprì uno, vi sfilò una stampella con una divisa appesa e<br />

successivamente prese il cappello e le scarpe, le porse all’incredulo <strong>Thorpe</strong>,<br />

- Metti questi, fa presto <strong>per</strong>ò – disse Gordon preoccupandosi dopo di staccare la targhetta con<br />

il suo nome.<br />

<strong>Thorpe</strong> cominciò a vestirsi con la frenesia di chi ha ricevuto la notizia di aver vinto alla lotteria.<br />

- Sono pronto – esclamò nella fretta dei suoi movimenti<br />

- Non scordare il cappello –<br />

- Si certo –<br />

- Usciremo prima io e te, Willy uscirà dopo di noi, cammina accanto a me e tieni la testa<br />

bassa, ci penso io a farti uscire di qua –<br />

- Ma Brown? – chiese <strong>Thorpe</strong> facendo riferimento al dirett<strong>ore</strong> del penitenziario<br />

- È fuori <strong>per</strong> alcune faccende sue, approfittiamone ora, non preoccuparti in questi casi ne fa le<br />

veci quel coglione di Jones, fidati andrà tutto liscio –<br />

La forza della dis<strong>per</strong>azione fece ammutolire <strong>Thorpe</strong> ormai convinto, quindi annuì accennando ad un<br />

sorriso triste, si sentiva come un bambino al quale è stato fatto un regalo tanto atteso. Gordon e<br />

<strong>Thorpe</strong> uscirono <strong>per</strong> primi, come stabilito, <strong>Thorpe</strong> si limitò a camminare con sincronia di passo<br />

accanto a Gordon, che aveva il viso teso, <strong>Louis</strong> tenne la testa bassa guardandosi le scarpe un po’<br />

strette, volle essere disciplinato <strong>per</strong> ringraziare il gesto amichevole di Gordon che ora stava<br />

indirizzandosi verso una porta, che pareva dare all’esterno. <strong>Thorpe</strong> fu assalito da paure e dubbi, ma<br />

non aveva ormai più niente da <strong>per</strong>dere, l’importante era provarci. Quando furono oltre la porta,<br />

c’era od<strong>ore</strong> di aria fresca e di pioggia sull’asfalto, la porta dava ad uno spiazzo ampio,<br />

probabilmente adibito al carico e allo scarico della biancheria o del cibo che veniva servito alla<br />

mensa, <strong>Thorpe</strong> si guardò intorno, era strana la libertà, del tutto strana, sapeva che se la sarebbe<br />

goduta poco e uscire fuori dalla prigione gli diede una stranissima impressione, come aria fresca nei<br />

polmoni. Nel suo corpo il veleno che gli scorreva nel sangue stava cominciando ad avere effetto sul<br />

suo compromesso organismo, qualche giramento di testa e qualche fitta spasmodica al basso ventre<br />

gli preannunciavano la riuscita dell’esecuzione, ma doveva continuare, ciò non doveva distoglierlo<br />

dal suo obiettivo, ciò non doveva fargli <strong>per</strong>dere la lucidità.


<strong>Thorpe</strong> si avvicinò alla soglia della porta, le due sagome nere nel buio della camera erano<br />

sovrapposte, lei ansimava e lui le stava sopra con virilità, allora qualcosa di selvaggio si<br />

materializzò in <strong>Thorpe</strong> come un male oscuro sviscerato dai profondi meandri dell’animo. Era<br />

voglia di uccidere quel cane che si stava scopando sua moglie.<br />

21.00 Aveva smesso di piovere, c’era solo fresco e umido sulla strada, Gordon camminava con<br />

discrezione e compostezza nascondendo la paura nell’espressione dura dei suoi occhi, <strong>Thorpe</strong> lo<br />

seguiva guardandosi intorno con la coda degli occhi, taciturno aspettando che gli eventi si fossero<br />

concretizzati, sviluppati nella sua idea. Gate preferì non accompagnarli, entrò motivato nel<br />

difendere lo stipendio non molto alto di quel posto di lavoro. <strong>Thorpe</strong> le doveva parlare<br />

assolutamente, naturalmente prima che fosse stato troppo tardi, sentiva nel corpo il fluire frenetico<br />

di quell’acido che lo rendeva ogni minuto sempre più debole, doveva parlarle, doveva morire senza<br />

rimpianti altrimenti loro stessi l’avrebbero mandato dritto dritto all’inferno. C’era un’auto<br />

d’ordinanza nella leggera nebbia prodotta dalla pioggia, era luccicante di bagnato sotto i lampioni,<br />

c’era aria leggera e fresca, ogni tanto i fari di sorveglianza allungavano grossi fasci di luce in tutto il<br />

<strong>per</strong>imetro della zona, dalle torrette blindate, le guardie controllavano attenti ogni movimento,<br />

ispezionando con diligenza anche il più piccolo ed im<strong>per</strong>cettibile movimento, alcuni con i mitra e<br />

altri con i fucili di precisione, <strong>Thorpe</strong> li guardò appena tenendo la testa bassa con la paura di essere<br />

sco<strong>per</strong>to da quegli sguardi lontani così attenti e penetranti, Gordon infilò la chiave nello sportello, i<br />

due entrarono, la guardia mise in moto, lasciò riscaldare <strong>per</strong> qualche secondo il mot<strong>ore</strong> e fece<br />

manovra nello spiazzo luccicante dirigendosi al grosso cancello principale. C’erano due sentinelle<br />

in una guardiola che controllavano le entrate e le uscite sui monitor delle telecamere, Gordon<br />

proseguì e attese che una delle due guardie si fosse avvicinata <strong>per</strong> il riconoscimento, ecco stava<br />

arrivando, <strong>Thorpe</strong> sentiva la preoccupazione fremergli nello stomaco.<br />

La guardia intimò di fermarsi, Gordon abbassò il finestrino,<br />

La guardia riconobbe Gordon e fissò <strong>Thorpe</strong> seduto con il viso basso sotto il cappello di ordinanza,<br />

l’agente lo scrutava con insolente accuratezza, cercando di capire quello strano comportamento.<br />

- Non lo riconosci? È Gate, non ha una gran cera di certo stasera, shhh…ehi vieni ti dico una<br />

cosa – disse Gordon alla guardia oramai molto incuriosita<br />

- Lo vedi? È ubriaco fino alla punta dei capelli, questo è uno schifo di mestiere se ogni tanto<br />

non ti fai un goccetto rischi di impazzire –<br />

- A chi lo dici a me che passo tutto il giorno in quella scatoletta con gli occhi incollati su uno<br />

schermo! – Gordon l’assecondò con uno sguardo scherzoso.<br />

- Va bene potete andare - disse la guardia concedendo respiro a <strong>Thorpe</strong>, la confidenza di<br />

Gordon aveva funzionato.<br />

- Pensavo che solo nei film fosse così semplice – esclamò tra sé <strong>Thorpe</strong>. Gordon si limitò a<br />

sorridere.<br />

La guardia sorrise annuendo, era sospettoso ma preferì lasciar <strong>per</strong>dere tutto dando ragione al suo<br />

collega.<br />

21.10 Il grosso cancello oscillò un po’ quando si smosse facendo rum<strong>ore</strong> nel silenzio della sera, ci<br />

mise un niente e poi fu del tutto a<strong>per</strong>to, la macchina cominciò a camminare piano, <strong>per</strong> non dare<br />

nell’occhio e Gordon salutò i due un po’ sonnolenti che stavano nella guardiola. Erano fuori


finalmente, <strong>Thorpe</strong> ebbe come un senso di inquietante libertà mista ad una sconosciuta ma vecchia<br />

allegria.<br />

- Grazie Jim! – disse <strong>Thorpe</strong> commosso dall’emozione del tutto nuova di quella stranissima<br />

felicità.<br />

- Stà attento <strong>Louis</strong> – rispose Gordon sollevato.<br />

L’erosione dell’acido nel suo organismo lanciava spesso segnali sinistri, un’onda violenta che porta<br />

solo distruzione e morte, una miscela di chimica e redenzione cominciava a fargli venire le<br />

vertigini, ma non c’era più niente che separava <strong>Thorpe</strong> da Karen, c’era solo la strada umida da<br />

<strong>per</strong>correre. Quella sera non c’era tanta confusione, e l’aria fresca era gradevole e dava lontanamente<br />

una sensazione di dolciastro, di oscuro destino di chi non sa cosa accadrà tra cinque minuti.<br />

Karen Murphy stava lavando i piatti, aveva il vuoto negli occhi, il fulg<strong>ore</strong> degli spari nel buio della<br />

camera, gli occhi impauriti, la depressione da stress le aveva fatto prendere il vizio di bere qualcosa<br />

prima di andare a dormire, dopo l’incidente aveva continui flashback di quegli istanti, uno shock<br />

interminabile che non smetteva di ossessionarla, sul braccio aveva una cicatrice tondeggiante che le<br />

spiccava sulla pelle chiara, scrigno maledetto di angosciosi ricordi, come un’indesiderata<br />

<strong>per</strong>manenza di un orr<strong>ore</strong> costante. Negli occhi aleggiava ancora quella paura, quel terr<strong>ore</strong> così<br />

prepotente ed imponente che la notte le riempiva il cervello di incubi, di spari, di proiettili, di<br />

orr<strong>ore</strong>, di morte. Ma quell’uomo che aveva tanto amato le mancava, come ninfa vitale, ne sentiva<br />

una mancanza arida, soffocante, senza di lui quel nuovo mondo era solo un incubo, era solo terr<strong>ore</strong>,<br />

e il dubbio di <strong>per</strong>donarlo o meno <strong>per</strong> quello che aveva commesso si addizionava alle sue angosce,<br />

ma l’uomo, <strong>Louis</strong> <strong>Thorpe</strong> era sempre stato un brav’uomo, un marito comprensivo, dolce affidabile ,<br />

un amante passionale che sapeva cedere più di quanto riceveva, Karen si sentiva una maledetta<br />

sgualdrina che aveva mandato a morire in galera l’uomo che <strong>per</strong> quasi dieci anni le era stato<br />

accanto, si, con qualche priorità <strong>per</strong> il suo lavoro, ma concepì che <strong>per</strong> fare il giornalista ci vuole una<br />

vocazione profonda, ci vuole il sacrificio di trascurare <strong>per</strong> un po’ la famiglia <strong>per</strong> dedicare la propria<br />

sensibilità e la propria scienza al servizio dell’ottima informazione. Karen lo sapeva, fare<br />

l’infermiera le rubava gran parte del suo tempo, allora <strong>per</strong>ché averlo tradito? Si chiese mentre ora<br />

era sdraiata sul divano con accanto il suo bicchierino di quella chimica alcolica bruna e ad un libro<br />

a<strong>per</strong>to e appoggiato il contrario <strong>per</strong> non <strong>per</strong>derne il segno della pagina.<br />

21.23 I fari della macchina squarciavano il blu scuro della notte, l’aria si era fatta più fredda e<br />

qualche folata di vento caldo soffiava leggero, tipica aria che precede un temporale, ma manteneva<br />

svegli, rinfrescava la mente e <strong>Thorpe</strong> non fece altro che pensare a cosa dirle, formulava frasi <strong>per</strong> poi<br />

subito bocciarle e ado<strong>per</strong>arne delle nuove in modo tale da esprimere tutti i suoi sentimenti, quelli<br />

veri, reali. La macchina proseguì diritto, svoltò qualche via laterale e imboccò la strada che portava<br />

alla sua abitazione.<br />

I mostruosi tormenti, l’ansia e la paura che le strangolavano il collo avevano convinto Karen a<br />

vendere quella maledetta casa, si era decisa a venderla e a comprarne una più modesta in <strong>per</strong>iferia,<br />

<strong>per</strong>ché davvero non ne poteva più di un’aria così torva e pesante, avrebbe lasciato anche i ricordi<br />

dolci e piacevoli di quell’uomo tanto affascinante, tanto premuroso ma gli orrori recenti avevano<br />

tagliato la fotografia del loro passato, avevano avuto la meglio. Karen dormiva, quelle poche notti<br />

che non era di turno, sul divano, nella stanza ci metteva piede poche volte, ogni volta era sempre un


lama che le trafiggeva l’intestino <strong>per</strong> arrivare fino al cervello, producendo un ampio squarcio di<br />

orrori, molte volte preferiva dormire in ospedale, <strong>per</strong>ché nella sua confusione si sentiva protetta, al<br />

riparo sotto quella campana di vocii e rumori di passi che erano così di compagnia, al riparo dalle<br />

tenebre di una casa che ormai vedeva sempre più come nemica della propria tranquillità. <strong>Thorpe</strong><br />

sentì sobbalzi di emozione ed ansia nel cu<strong>ore</strong>, come un primo appuntamento con la propria amata,<br />

un fremito che sembrava precipitargli nello stomaco, stava cominciando a sudare, la fronte<br />

im<strong>per</strong>lata in contrasto con il freddo dell’esterno che accarezzava la strada.<br />

Ecco la luce del soggiorno era accesa, come avrebbe voluto trovarla lui sei mesi prima, ora sentiva<br />

scalpitare nella testa un uragano di pensieri, vorticoso turbinio di ricordi, di tempo incapace di<br />

indietreggiare, comunque l’emozione o l’ormai annunciata presa del veleno gli avevano procurato<br />

giramenti di testa tali da sembrare prevenire uno svenimento. Nella casa ormai invasa di scatoloni<br />

<strong>per</strong> il trasloco, quella donna giaceva supina sul divano comodo che tante volte aveva ospitato tutti e<br />

due, che tante volte li aveva visti fare l’am<strong>ore</strong> con una passione quasi violenta, con desiderio, ora<br />

invece era spettrale, se ne avvertiva la mancanza accennata e sottointesa.<br />

Quando si ha la morte in corpo, si ha la tendenza e la forza di <strong>per</strong>donare anche un tradimento, un<br />

adulterio così sfacciato e <strong>per</strong>verso, il quale se vissuto in piena salute e senza consapevolezza di<br />

<strong>per</strong>ire da un momento all’altro non sarebbe mai stato <strong>per</strong>donato. Questo realizzò <strong>Thorpe</strong> mentre<br />

guardava la strada scintillante di pioggia scorrere lentamente davanti ai suoi occhi, come tramite tra<br />

lui e quella donna che in fondo, pur avendo sbagliato, non meritava affatto quella orrenda<br />

es<strong>per</strong>ienza, era vero la morte faceva dimenticare torti subiti lasciando spazio alla comprensione e<br />

alla ragionevolezza, forse <strong>per</strong> un’inclinazione naturale di ognuno di noi, di lasciare un ricordo<br />

buono e positivo in chi abbiamo fatto soffrire o meno, forse semplice redenzione tutta terrena della<br />

nostra coscienza, inconscio im<strong>per</strong>scrutabile, voglia di lasciare un’immagine dignitosa della nostra<br />

<strong>per</strong>sona o semplice e ignorante credenza di salvarsi dalle fiamme dell’inferno. Il senno di poi, con la<br />

morte che corre sulla pelle è sempre orientato al <strong>per</strong>dono e al rimorso questo ormai era chiaro <strong>per</strong><br />

<strong>Thorpe</strong>, che della morte ne aveva fatto quasi un’abitudine. Gordon guidava, aveva ancora un po’ di<br />

preoccupazione che ne induriva lo sguardo e i muscoli del viso, ma si notava che lo faceva con<br />

piacere <strong>per</strong> quell’uomo investito da un’ondata interminabile di pensieri con lo sguardo ora<br />

abbassato ora rivolto sulla strada, come impazienza di giungere verso un meta tanto desiderata, lo<br />

sguardo <strong>per</strong>so nella profondità di quelle riflessioni tutte sue e di chi sa che è ora di morire e quindi<br />

cercare di mettere a posto almeno una parte dei suoi torti. Ciò che turbava profondamente <strong>Thorpe</strong><br />

era il pensiero che Karen non gli avesse concesso di parlarle, che non gli avesse <strong>per</strong>messo di<br />

discolparsi da quel grave senso di colpa che gli agitava l’animo già frantumato dal dispiacere, la<br />

preoccupazione che egli non sarebbe stato capace ad esprimersi in maniera adeguata tanto da farle<br />

capire i suoi veri sentimenti, la sua verità, insomma <strong>Thorpe</strong> temeva un’imprevista, <strong>per</strong> via della sua<br />

visita, incomprensione, terr<strong>ore</strong> di non riuscire ad arrivare al cu<strong>ore</strong> di sua moglie. Concepì mentre la<br />

macchina procedeva adagio sulla strada, che la naturalezza dei sentimenti, come un’incantevole<br />

mistero divino riesce sempre a far uscire la verità da ogni uomo, a mettere a posto situazioni che<br />

altrimenti sembravano invalicabili con una potenza tutta naturale. Dove volevano andare a parare i<br />

suoi pensieri <strong>Thorpe</strong> ne ebbe una vaga idea, avvertiva quella paura di sprecare una chance molto<br />

importante, quasi come un’ascesa nella volta celeste divina. La sua vecchia casa era proprio di<br />

fronte, sentì impallidire il viso e fremiti in tutto il corpo e poi il sangue salirgli alle tempie e ronzii<br />

nelle <strong>ore</strong>cchie, aveva il cu<strong>ore</strong> che palpitava furioso nel petto ansimante sotto la divisa, fu assalito da


icordi e pensieri così violenti che dovette chiudere <strong>per</strong> un istante gli occhi, sentiva fremere dentro<br />

di sé quella terribile paura, ecco…il momento tanto atteso era arrivato, l’occasione non andava<br />

buttata via,<br />

- <strong>Louis</strong> fà quello che senti, dì quello che senti veramente, vedrai che ti capirà – continuava a<br />

ripetersi.<br />

Gordon chiese se la casa fosse quella, <strong>Thorpe</strong> annuì, allora la macchina rallentò fino a fermarsi<br />

dolcemente.<br />

- Và questa è la tua occasione! – disse Gordon facendogli un sorriso sincero<br />

<strong>Thorpe</strong> inspirò, trasse ancora un altro respiro, cercò di calmarsi e di riordinare la mente così<br />

travagliata dai pensieri, sentì i soliti dolori dovuti all’iniezione consumarsi in lui ma questo non lo<br />

impressionò, gli mise solo la fretta, allora ecco che scese dalla macchina, un momento di esitazione<br />

appoggiandosi allo sportello a<strong>per</strong>to, guardò Gordon che lo stava guardando a sua volta, poi con una<br />

purezza che apparve quasi illuminata gli lanciò un’ultima occhiata fraterna, pura e malinconica.<br />

<strong>Thorpe</strong> si incamminò barcollando come un ubriaco sulla strada bagnata e profumata di fresco,<br />

guardava la luce fievole del soggiorno, nella sua testa, come un reatt<strong>ore</strong> nucleare, milioni di pensieri<br />

si scontravano tra loro generandone a loro volta altri ancora, gli sfuggivano davanti agli occhi e il<br />

cal<strong>ore</strong> di quei pensieri si riversava nel mal di testa straziante, ma a pochi passi dalla porta <strong>Thorpe</strong> si<br />

sentì miracolosamente svuotato da ogni pensiero, da ogni turbamento, da ogni assillo, sentiva solo<br />

la tenue, or solo, sensazione di dis<strong>per</strong>azione e morte che aleggiavano in lui. La porta era a pochi<br />

metri, stranamente non gli venne in mente nessun ricordo del passato, aveva nella mente uno spazio<br />

infinito a<strong>per</strong>to, solo voglia di provare i suoi sentimenti, ecco tutto, legittima voglia di discolparsi<br />

verso sua moglie, infondo l’unica donna che aveva sempre amato. In questo caso avvicinarsi ad una<br />

porta e premere il bottone del campanello sembrava un’impresa ardua, <strong>per</strong> chiunque sarebbe stato<br />

un banale gesto quotidiano, fatto quasi meccanicamente nella vita di tutti i giorni, invece <strong>per</strong> <strong>Louis</strong><br />

<strong>Thorpe</strong> sembrò come varcare la porta del Paradiso, con quello straziante senso di disorientamento e<br />

angoscia. Restò qualche minuto ritto davanti alla porta immaginando la moglie cosa stesse facendo<br />

all’interno di quella casa, il coraggio di bussare lo prese quasi da un impulso improvviso dettato<br />

dall’istinto…<br />

“Tlin tlon” il suono riecheggiò <strong>per</strong> un po’ anche nella sua testa ormai libera e vuota e allora ecco<br />

salirgli dallo stomaco gettate di adrenalina e fremiti irrequieti <strong>per</strong>vaderlo fino a fargli aumentare i<br />

battiti del cu<strong>ore</strong>, sentì un ribollire nelle tempie, i polmoni gonfiarsi a dismisura quasi con<br />

involontaria voglia, aveva l’impressione che le gambe lo avrebbero abbandonato da un momento<br />

all’altro, uno strano formicolio nelle mani ed un senso come se i muscoli si stessero rilasciando, ma<br />

ecco che la porta si aprì delicatamente ed uno spiraglio di luce illuminò il tratto buio sul quale stava<br />

aspettando. Quando fu del tutto a<strong>per</strong>ta, <strong>Thorpe</strong> fu assalito da una confusione interi<strong>ore</strong> indescrivibile,<br />

da incertezza, paura. S<strong>per</strong>ava che ben presto quei fremiti di insicurezza si fossero trasformati in<br />

passione. La donna aprì la porta con semplicità quasi meccanica, ma vedendo <strong>Thorpe</strong> trasalì<br />

bruscamente, incredula spalancò gli occhi dalla sorpresa e sbigottita lo fissò <strong>per</strong> un istante, si<br />

<strong>per</strong>sero entrambi in un infinito interno, Karen riordinò l’espressione meravigliata riversata sul suo<br />

viso cercando di destarsi dallo stup<strong>ore</strong> intenso.


- Ma… - la donna non riuscì a formulare nessun pensiero, non aveva la forza di parlare,<br />

bloccata da una tensione emotiva anestetizzante<br />

- <strong>Louis</strong>…. – continuò cercando di finire la frase ma la commozione le bloccò le parole in<br />

bocca<br />

- Ma io ti…..ti credevo… cos’è questa?- chiese guardando la divisa che indossava l’uomo, poi<br />

dovette fermarsi e inspirare <strong>per</strong> continuare il discorso, ora gli occhi le si erano gonfiati di<br />

lacrime e quando parlava si sentiva la voce soffocata di un pianto che si sarebbe formato<br />

presto sul suo volto – <strong>Thorpe</strong> era restato <strong>per</strong> tutto il tempo a guardarla senza parlare, come a<br />

contemplarla, con occhi dis<strong>per</strong>si sul suo corpo, nel suo cu<strong>ore</strong>, nei suoi occhi pieni di<br />

stup<strong>ore</strong>…<br />

- Dai entra… - disse poi la donna dolcemente, come ricordandosi le buone maniere che <strong>per</strong><br />

qualche minuto le erano passate completamente <strong>per</strong> la testa. <strong>Thorpe</strong> sentì una stranezza<br />

materializzarsi al suo interno, una malinconia acuta più forte del normale, un sentimento<br />

fortissimo, bollente, che gli modificò il viso in un’espressione di tristezza e dis<strong>per</strong>azione.<br />

Aveva sempre pensato che era meglio morire subito, senza rimpianti prima che ogni rimorso<br />

l’avesse fatto impazzire, ma quando la morte dentro di lui aveva cominciato il conto alla<br />

rovescia aveva sentito un’esigenza quasi smisurata, selvaggia, di rivedere quella donna e<br />

discolparsi in parte dei suoi peccati, anche se quel discorso di venia sarebbe stato tanto<br />

vacuo quanto inutile, gli orrori del nostro passato, quelli più forti non si dimenticano, anzi si<br />

addensano alla nostra anima <strong>per</strong> non abbandonarci mai più, ma egli s<strong>per</strong>ò nella potenza<br />

dell’onestà e della sincerità dei suoi sentimenti, s<strong>per</strong>ando che la loro purezza fosse riuscita<br />

nell’intento. Ora nel porto del suo animo attraccò la nave dei rimorsi dei ricordi e delle<br />

s<strong>per</strong>anze, violente come un tornado impazzito che porta solo distruzione e morte. Non si<br />

chiese allora <strong>per</strong>ché era arrivato a fare questo, probabilmente il suo subconscio o soltanto<br />

quell’istinto che in tutti gli esseri umani è sempre un ottimo rilevat<strong>ore</strong> di situazioni e<br />

sensazioni.<br />

<strong>Thorpe</strong> era alla porta, dovette abituare prima gli occhi nel buio della stanza, vi irruppe con una<br />

violenza dis<strong>per</strong>ata e selvaggia che lo <strong>per</strong>vase impedendogli ogni attività razionale, afferrò l’uomo<br />

nudo e lo tirò giù dal letto scaraventandolo contro un qualcosa di duro, lo intuì dal rum<strong>ore</strong> sordo<br />

che il corpo liberò al contatto con l’oggetto, lo prese <strong>per</strong> la gola, gli assestò qualche pugno nei<br />

fianchi, Karen Murphy, impaurita cominciò ad urlare qualcosa che le diede l’impressione di un<br />

accento isterico, a dimenarsi <strong>per</strong> impedire che <strong>Thorpe</strong> fosse andato oltre, ma ormai era tardi, già<br />

era accecato dalla rabbia, e come una specie di esaltazione inspiegabile continuò ad aggredirlo<br />

con violenza, gli teneva le mani strette alla gola, come una morsa che pian piano l’avrebbe<br />

stritolato, stringendo più forte che poteva, sentiva il suo collo irrigidirsi e le vene in rilievo<br />

gonfiarsi, gli assestò qualche altro pugno allo stomaco e sul naso, aveva la pistola dietro nei<br />

pantaloni, la sentiva pesante, fredda come il destino di ghiaccio pronto a sgretolarsi in pochi<br />

centesimi di secondi, allora ecco che gli pressò il cranio contro il muro pieno di penombra,<br />

spingendo e spingendo e sbattendo quella testa estranea con la voglia di fargli schizzare fuori il<br />

cervello, continuava a picchiare con furia ceca, l’uomo ormai pronto <strong>per</strong> svenire stava<br />

cominciando a <strong>per</strong>dere sangue dal naso e dalla bocca, mentre <strong>Louis</strong> si accingeva a colpirlo Karen<br />

afferrò il telefono, ma <strong>Thorpe</strong> con un guizzo e ormai prigioniero di un’irrazionalità animalesca le<br />

tirò uno schiaffo in pieno volto, la donna si accasciò sul letto sgualcito, con il naso sanguinante,<br />

piangeva <strong>per</strong>ché sapeva di aver <strong>per</strong>so quel caro uomo tradito, <strong>Thorpe</strong> si sorprese di aver fatto una


cosa simile, non era mai capitato con una donna, allora niente aveva più freni, niente poteva<br />

mettere divieti, si poteva andare oltre, si aveva lo squallido <strong>per</strong>messo di poter ammazzare quel<br />

bastardo, ma Karen barcollante gli si tuffò addosso, lo allontanò dall’uomo tramortito che<br />

schizzava fiotti di sangue dal viso, <strong>Louis</strong> senza ormai più senno, senza più una minima cognizione<br />

colpì di nuovo la donna al volto, la prese e la spinse con violenza sul letto, la donna piangeva, era<br />

terrorizzata, aveva paura, gli schiaffi le avevano riempito gli occhi di lampi luminosi e ora <strong>per</strong>deva<br />

sangue dal naso, <strong>Thorpe</strong>, semplice brav’uomo si era trasformato in un diavolo, tutto istinto e niente<br />

ragione come era abituato a fare, e mentre teneva contro il muro l’uomo afferrandolo <strong>per</strong> la gola,<br />

Karen, dis<strong>per</strong>ata e indolenzita, malgrado l’adrenalina le spruzzasse gettate interminabili nel<br />

sangue nascondendo il dol<strong>ore</strong>, gli si gettò di nuovo contro <strong>per</strong> impedire che un suo gesto gli avesse<br />

segnato la vita, stavolta la donna impresse più forza nella spinta e costrinse <strong>Louis</strong> a lasciare il<br />

collo dell’uomo e ad indietreggiare qualche passo facendogli <strong>per</strong>dere l’equilibrio, lo cinse <strong>per</strong> la<br />

vita, <strong>Louis</strong> non la colpì più, ne aveva già abbastanza di coscienza devastata, la donna lo allontanò,<br />

cercando di dirgli qualcosa, e allora quando sentì che l’uomo seduto a terra con la schiena contro<br />

il muro, pieno di sangue sul volto si alzò e fece <strong>per</strong> avvicinarsi, con una spinta allontanò Karen e<br />

con un movimento rapido e sicuro estrasse la pistola dai pantaloni e la puntò contro l’uomo che si<br />

immobilizzò alla vista dell’arma, Karen gli cercò di allontanare l’uomo dalla visuale di tiro ma il<br />

lampo che irruppe nella camera semibuia fu rapidissimo, si sentì lo scoppio, od<strong>ore</strong> di polvere da<br />

sparo, la coscienza morta ed un terribile senso angosciante e corrosivo di miseria, il proiettile<br />

aveva colpito la donna al braccio, ora si lamentava, contenuta in un lamento ed un pianto soffice e<br />

tenero, l’uomo cercò di avventarsi su <strong>Thorpe</strong> ma con una lucidità quasi estrema <strong>Thorpe</strong> puntò<br />

l’arma e fece fuoco scaricando la colpa all’uomo attraverso il proiettile che gli trafisse il collo, il<br />

rum<strong>ore</strong> produsse l’eco gelato che risuonò qualche secondo tra le pareti della stanza, di nuovo lo<br />

stesso lampo, lo stesso od<strong>ore</strong> acre, stavolta l’uomo si accasciò sul pavimento, era nudo ed intorno<br />

alla sagoma scura del suo corpo stava cominciando a formarsi una chiazza di sangue più scuro nel<br />

buio della stanza, aveva un od<strong>ore</strong> acre, pungente, quasi dolciastro, da far vomitare…quello era<br />

l’od<strong>ore</strong> di chi ha commesso un omicidio. Dopo lo sparo, <strong>Louis</strong> sembrò morto, paralizzato nel suo<br />

corpo, vuoto, misero individuo, devastato dall’angoscia più macabra, era shoccato, come immerso<br />

in un’altra dimensione parallela, il lamento un po’ più fragoroso della donna distesa accanto al<br />

letto irruppe nella sua misera coscienza, nella sua miseria, la guardò e meccanicamente, <strong>per</strong> istinto<br />

vi si avvicinò<br />

- Stà tranquilla ora chiamo l’ambulanza, andrà bene – cercò ora di infonderle tranquillità e<br />

s<strong>per</strong>anza, andò di là a prendere il suo telefono cellulare…<br />

Dopo aver terminato la chiamata, non riuscì a trattenere un pianto carico di miseria e<br />

dis<strong>per</strong>azione, piangeva come un bambino singhiozzando e trattenendo i gemiti <strong>per</strong> nasconderli alla<br />

moglie, si appoggiò ad un mobiletto nel soggiorno, era corroso da un male che era sicuro non<br />

l’avrebbe più lasciato…corse da Karen cercando di mascherare quella misera dis<strong>per</strong>azione<br />

riversata sulla sua faccia, quel pentimento così clamoroso che subentra subito dopo aver commesso<br />

un qualcosa di estremo, subito dopo aver riacquisito il senno, subito dopo aver realizzato gli effetti<br />

collaterali del proprio animo indomabile.<br />

- Ma tu non dovevi essere…. - chiese lei stupita ma non ebbe la forza di continuare<br />

- Si, l’hanno già fatto - disse lui rompendo il silenzio della sua bocca


Lei dopo un po’ di esitazione dovuta ad una miscela di stup<strong>ore</strong> e incredulità scoppiò a piangere, un<br />

pianto violento, irascibile. I due rimasero <strong>per</strong> qualche minuto sull’orlo della porta, quasi ad<br />

ascoltare il rum<strong>ore</strong> del vento freddo sulla strada e tra gli alberi, non tenendo conto dell’invito ad<br />

entrare di Karen, sorpresi da un’angosciosa passione, voglia di stringersi…<br />

L’ambulanza aveva inchiodato frettolosamente, la sirena spiegata si era spenta di colpo mentre le<br />

luci lampeggianti continuavano a volteggiare nel buio della sera, fu <strong>per</strong> <strong>Thorpe</strong> come il<br />

materializzarsi di una s<strong>per</strong>anza tanto attesa, Karen era a terra, le aveva strinto forte intorno al<br />

braccio un pezzo di lenzuolo in modo da fermare la fuoriuscita di sangue, le era seduto accanto e la<br />

fissava, la donna era sudata e intorno a lei il suo sangue aveva colorato in una piccola chiazza il<br />

pavimento, <strong>Thorpe</strong> sentì ora una strana sensazione, si sentiva un buon marito ad aver chiamato<br />

l’ambulanza, si sentiva di aver fatto la cosa giusta, ma quando si girò <strong>per</strong> guardare il cadavere<br />

disordinato e con un’espressione dis<strong>per</strong>ata ormai pallido dell’uomo, si sentì come risucchiato in un<br />

vortice, dove il tempo si era arrestato, dove il rimorso e la pazzia erano l’unico movente. Le<br />

accarezzò i capelli, come gesto meccanico, istintivo, ma poi smise <strong>per</strong>ché ritenne che quel gesto<br />

ipocrita non gli sarebbe servito a niente e che quella momentanea ed erronea salvezza del suo<br />

animo erano dovuto solo al forte shock che aveva subito, ma gli dispiaceva <strong>per</strong> lei, e quando lei era<br />

giù gemente di dol<strong>ore</strong>, <strong>Thorpe</strong> non fece altro che piangere, versare lacrime <strong>per</strong> quella donna,<br />

quando le sirene irrup<strong>per</strong>o nel quartiere, <strong>Thorpe</strong> sapeva che non l’avrebbe più rivista, sapeva che<br />

quel grande am<strong>ore</strong> che gli alleviava un po’ le giornate, quel grande am<strong>ore</strong> che gli dava un po’ di<br />

allegria si sarebbe spento, allora pregò a quell’essere tanto indescrivibile e trascendentale che lei<br />

si fosse salvata, sapeva che sarebbe finito in prigione con accuse pesanti, allora pregò che lei fosse<br />

rimasta viva, in una pazzia completa s<strong>per</strong>ò di ritrovarla dopo la morte, in una immensa distesa di<br />

colline verdeggianti, con un senso di armonia e pace trascendentali, e potersi scusare di tutto,<br />

ricevere il suo <strong>per</strong>dono, ma nell’altro mondo tutto ciò non esisteva, il male si mescolava al mistero<br />

della vita e quindi tutti dopo la morte avrebbero saputo cosa era la vita, il <strong>per</strong>ché delle sue ragioni,<br />

il <strong>per</strong>ché di tanta sofferenza, miseria, dis<strong>per</strong>azione, di follia, e quindi si sarebbe limitato solo a<br />

godersi l’aldilà con il suo unico vero grande am<strong>ore</strong>.<br />

22.15 <strong>Thorpe</strong> pensò tra sé di essere stato più testardo del destino, di aver cambiato il corso delle<br />

cose, di aver forzato una via prestabilita, di non essere stato vittima della sua stessa vita, e Karen<br />

così dolce, con la faccia modificata da un dispiacere primitivo gli sembrava la figura più dolce che<br />

avesse mai vista, redenta da quel peccato che ora lo faceva trovare li in terra pieno di dolori come<br />

esplosioni devastanti, fu felice che fosse stata l’ultima figura graziosa che avesse visto prima di<br />

morire e così fu….<br />

- <strong>Louis</strong> no…. – singhiozzò la donna, sapeva che l’aveva <strong>per</strong>so <strong>per</strong> sempre, lo teneva tra le<br />

braccia, il corpo pesante, floscio e dondolante, e il suo viso pieno di lacrime appoggiato su<br />

quella divisa che non gli apparteneva, Karen capì che <strong>Louis</strong> aveva voluto dare un significato<br />

a questa vita, capì che non si sarebbe mai potuta dividere da quell’uomo. Restò piangendo<br />

sul corpo senza vita dell’uomo, morta dentro, svuotata con violenza dall’impossibilità di<br />

potersi far <strong>per</strong>donare….


Gordon guardava il povero <strong>Thorpe</strong> esanime, pensava ora a come riportarlo nella cella e far credere<br />

che la morte fosse avvenuta in carcere come normale corso delle cose, aveva paura di essere<br />

sco<strong>per</strong>to, di <strong>per</strong>dere quel posto che gli <strong>per</strong>metteva di mantenere una vita dignitosa alla sua famiglia,<br />

guardando <strong>Thorpe</strong> gli scappò da piangere, non ebbe neanche il tempo di riflettere che era da tanto<br />

tempo che non succedeva.<br />

Liberato da ogni rimorso <strong>Thorpe</strong> esalò, col viso soddisfatto, l’ultimo respiro

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