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Inedito approccio di Giuseppe Grangetto all'Infinito ... - Partecipiamo.it

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L’INFINITO<br />

Il tema dell’Infin<strong>it</strong>o richiama l’omonimo i<strong>di</strong>llio del Leopar<strong>di</strong> (il canto XII: “L’infin<strong>it</strong>o”).<br />

Sul famoso canto è già stato detto tutto il <strong>di</strong>cibile, ma non mi risulta sia stato detto quanto intendo proporre io. Su tale<br />

lirica ho tentato un ine<strong>di</strong>to <strong>approccio</strong>, ricavandone una versione latina, equivalente all’originale non semanticamente,<br />

ma alfabeticamente, vale a <strong>di</strong>re impiegando le stesse lettere, cioè anagrammando cumulativamente ogni singolo verso.<br />

La versione risultante non sembra avere coerenza logica con l’originale; tuttavia, sottoposta a nuova retroversione in<br />

<strong>it</strong>aliano (questa volta in coerenza semantica con il testo latino), si presta a precisi riferimenti con qualcuno dei vari canti<br />

della raccolta leopar<strong>di</strong>ana, che il poeta stesso, con il suo nome e cognome, è chiamato ad avallare, apponendo la sua<br />

firma in anagramma, opportunamente contestualizzato.<br />

Sperando che (“abs<strong>it</strong> iniuria verbis”) questo gioco letterario (MA GIOCO DI PAROLE!) risponda efficacemente allo<br />

scopo per cui è stato creato, ri-creativo e <strong>di</strong>dattico, apprestiamoci alla sua fruizione, assecondando il messaggio d’inv<strong>it</strong>o<br />

che la rilettura del nome <strong>di</strong> GIACOMO LEOPARDI con la caleidoscopica lente dell’anagramma ci rivolge:<br />

GODIAMOCI L’OPERA!<br />

A - TRASCRIZIONE DEL TESTO ORIGINALE (per facil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> raffronto e controllo)<br />

L’INFINITO<br />

SEMPRE CARO MI FU QUEST’ERMO COLLE,<br />

E QUESTA SIEPE, CHE DA TANTA PARTE<br />

DELL’ULTIMO ORIZZONTE IL GUARDO ESCLUDE.<br />

MA SEDENDO E MIRANDO, INTERMINATI<br />

SPAZI DI LÀ DA QUELLA, E SOVRUMANI<br />

SILENZI, E PROFONDISSIMA QUIETE<br />

IO NEL PENSIER MI FINGO; OVE PER POCO<br />

IL COR NON SI SPAURA. E COME IL VENTO<br />

ODO STORMIR TRA QUESTE PIANTE, IO QUELLO<br />

INFINITO SILENZIO A QUESTA VOCE<br />

VO COMPARANDO: E MI SOVVIEN L’ETERNO,<br />

E LE MORTE STAGIONI, E LA PRESENTE<br />

E VIVA, E IL SUON DI LEI. COSÌ TRA QUESTA<br />

IMMENSITÀ S’ANNEGA IL PENSIER MIO.<br />

E IL NAUFRAGAR M’È DOLCE IN QUESTO MARE<br />

B - VERSIONE LATINA DEL TESTO ORIGINALE TRAMITE ANAGRAMMA, (un<strong>it</strong>à <strong>di</strong> elaborazione: i<br />

singoli endecasillabi), mantenendo inalterato il patrimonio alfabetico, a prescindere dalla corrispondenza semantica con<br />

l’originale e dalla metrica.<br />

1 - MEMOR COLLEM QUEROR: EU, SPES FICTA!<br />

2 - HAEC AETAS RETENTA QUIPPE ADEST.<br />

3 - ZINZITA, TURDE: ERGO, DOLO ILLO, LUDES LUCEM.<br />

4 - DOMINA MATER NON DET NISI REMEDIA<br />

5 - DE IPSA LURIDA LANA QUAM VIS ZELO...<br />

6 - SERENTQUE FIDE ZONAS IMPII SOLI.<br />

7 - POSCO VIRGINEM INOPE FLORE PENEIO...<br />

8 - LACRIMANT POENI SINE VERO OSCULO,<br />

9 - PROLES QUIETA DORMITAT LOQUENS EO RITO.<br />

10 - INVENI TE... QUASI FICTIO... SANO ZELO.<br />

11 - NEMO VORAT PROLEM: VOCO NE INVIDEAS<br />

1


12 - MENSA REGAT, PETE, E STERILI OLENO<br />

13 - CONDOLUI QUAE ELISISTI E SERVA VITA.<br />

14 - SEMINA PANIS OMINE LEGE, MINISTRA,<br />

15 - MIRANS FLUMEN QUOD COLET REGIA AEREA.<br />

C - RETROVERSIONE DAL TESTO LATINO, con interpretazione libera ma non arb<strong>it</strong>raria, in versi endecasillabi<br />

sciolti.<br />

1 - CONSCIO DEPLORO IL COLLE: OH, QUANTO ILLUSO!<br />

2 - L’ETÀ SERBATA INVERO È QUI PRESENTE<br />

3 - LUCE PROMETTON FALSI LAI DI TORDO<br />

4 - MADRE NATURA OSTENTI SUOI RIMEDI<br />

5 - DA LANA GREZZA CHE GELOSO AGOGNI<br />

6 - ARINO PII LE ZOLLE D’AVAR SUOLO<br />

7 - VERGINE IMPLORO: DO UMIL FIOR PENEIO<br />

8 - PUNICI PIANGON SENZA UN CALDO BACIO<br />

9 - PARLAN NEL SONNO I PARGOLI IN QUEL MODO<br />

10 - T’INVENNI SIMULANDO GIUSTO ZELO<br />

11 - VERSO GL’INFANTI SIATE BEN DISPOSTI<br />

12 - MENSA LI SFAMI, PREGO, DALL’OLENO<br />

13 - RIMPIANSI I PERSI BEN DI SERVIL VITA<br />

14 - DEL PAN SEME AUGURAL SCEGLI, DISPENSA,<br />

15 - FIDANDO IN ONDA CHE DAL CIELO EMANA.<br />

E - RIFERIMENTO DI OGNI VERSO DELLA RETROVERSIONE AD UN DETERMINATO CANTO<br />

LEOPARDIANO, CON LA FIRMA DELL’AUTORE SOTTO ANAGRAMMA, tale che esprime un concetto in<br />

consonanza con il brano a cui è rifer<strong>it</strong>o, senza pretese esaustive o sistematiche.<br />

* * *<br />

1) CONSCIO DEPLORO IL COLLE (OH, QUANTO ILLUSO!)<br />

Il colle Tabor non è stato solo teatro dell’esperienza che ha dato v<strong>it</strong>a a “L’infin<strong>it</strong>o”. Altre volte funge da componente<br />

ambientale <strong>di</strong> canti, come nel caso <strong>di</strong> “Alla Luna”: “O graziosa luna, io mi rammento / Che...sovra questo colle / Io<br />

venia pien d’angoscia a rimirarti...”<br />

Ma la “travagliosa...v<strong>it</strong>a” <strong>di</strong> cui il poeta si lamentava piangendo continua ad essere tale...<br />

2) L’ETÀ SERBATA INVERO È QUI PRESENTE<br />

2<br />

O PIAGA DI ERMO COL !<br />

( Alla luna , 1-3 / 6-9)<br />

La felic<strong>it</strong>à, che l’uomo ha sempre cercato da quando l’ha persa nell’Eden biblico, ora è a portata <strong>di</strong> mano, “can<strong>di</strong>do<br />

Gino”, “dall’Eden odorato in cui soggiorna ... l’alta progenie”. Così è ... se riusciamo a rendere impermeabile,<br />

impenetrabile il velo intessuto <strong>di</strong> ironia-sarcasmo che investe l’intero canto, consentendo al poeta <strong>di</strong> affermare, in tale<br />

ottica: “Riconobbi e vi<strong>di</strong> / La pubblica letizia, e le dolcezze / Del destino mortal...”<br />

Così, sibillino, il poeta sembra <strong>di</strong>re al presunto amico Gino Capponi:<br />

3) LUCE PROMETTON FALSI LAI DI TORDO<br />

ODO ... MI PAR ... C’È L’AGIO<br />

(Palino<strong>di</strong>a al marchese Gino Capponi, 20-25...)<br />

Zirlar <strong>di</strong> tordo (per la circostanza scherzoso e ingannevole), canto del passero sol<strong>it</strong>ario (in <strong>di</strong>sparte da “gli altri augelli<br />

contenti”) ... o voce del “Musico augel che tra chiomato bosco / Or vieni il rinascente anno cantando...”, dell’usignolo,<br />

che i m<strong>it</strong>i antichi presumevano essere, insieme con la ron<strong>di</strong>ne, l’esempio vivente della punizione rispettivamente <strong>di</strong><br />

Procne e della sorella Filamela: altrettante voci <strong>di</strong> alati annuncianti il r<strong>it</strong>orno della luce.


4) MADRE NATURA OSTENTI SUOI RIMEDI<br />

3<br />

ALA ... COM’È PIO GRIDO !<br />

(Alla Primavera, 69-76)<br />

È ben noto il sarcastico culto del Leopar<strong>di</strong> per Madre Natura:<br />

“...colui che d’esaltar con lode / Il nostro stato ha in uso...vegga quanto / È il gener nostro in cura / All’amante natura.”<br />

(La ginestra, 38-41),<br />

ma non <strong>di</strong>sdegna <strong>di</strong> accusarla a chiare lettere, fuor dal velo del sarcasmo:<br />

“... l’uman seme, / Cui la dura nutrice, ov’ei men teme,/ Con lieve moto in un momento annulla” (La ginestra, 43-45)<br />

“... Madre è <strong>di</strong> parto e <strong>di</strong> voler matrigna” (La ginestra, 125)<br />

“...E quell’orror che primo / Contro l’empia natura / Strinse i mortali in social catena” (La ginestra, 147-149)<br />

... apostrofandola anche frontalmente e rinfacciandole la malafede:<br />

“O natura, o natura, / Perché non ren<strong>di</strong> poi / Quel che prometti allor? perché <strong>di</strong> tanto / Inganni i figli tuoi?” (A Silvia,<br />

35-39)<br />

“Madre temuta e pianta ... Natura ... Che per uccider partorisci e nutri...”<br />

5) DA LANA GREZZA CHE GELOSO AGOGNI<br />

MADRE, LÌ POCO AGIO !<br />

( Sopra un basso rilievo..., 44-47)<br />

Gli esseri umani invi<strong>di</strong>ano, sì, gli animali, ... in specie i portatori <strong>di</strong> lana grezza.<br />

Se i primi, infatti, sono preda dell’infelic<strong>it</strong>à, del dolore, della noia, non così è <strong>di</strong> questi ultimi:<br />

“O greggia mia che posi, oh te beata, / Che la miseria tua, credo, non sai! / Quanta invi<strong>di</strong>a ti porto! ... Ma più perché<br />

giammai te<strong>di</strong>o non provi.”<br />

6) ARINO PII LE ZOLLE D’AVAR SUOLO …<br />

“I’ DOLGO, PECORA MIA !”<br />

PECORA: “MAI I’ DOLGO...”<br />

( Canto notturno ... , 105-132)<br />

... Suolo che <strong>di</strong>venne avaro con la condanna per la colpa originale. Ne sa qualcosa “il villanello” de “La ginestra”,<br />

“... intento / Ai vigneti, che a stento in questi campi / Nutre la morta zolla e incener<strong>it</strong>a...” (240-243), che vede “... il<br />

picciol campo, / Che gli fu dalla fame unico schermo, / Preda al flutto rovente...” (264-266) della lava.<br />

Al triste erede <strong>di</strong> Caino<br />

“... furor novello incesta” “gli avari colti”<br />

7) VERGINE IMPLORO: DO UMIL FIOR PENEIO<br />

ELOGI ARIDO CAMPO ?<br />

(Inno ai patriarchi, 40-41 / 51-52)<br />

Lasciamo gli umili fiori <strong>di</strong> campo (anche se non hanno nulla a che fare con quelli della fronda peneia) alla donzelletta<br />

che “... vien dalla campagna”, per occuparci degli innumerevoli lamenti d’amore che ha levato il poeta ...<br />

Scontati quelli per Silvia, ormai vani:<br />

“All’apparir del vero / Tu, misera, cadesti...” (60-61)<br />

Lancinanti, ma con non verginale destinataria, quelli del ciclo <strong>di</strong> Aspasia.<br />

Accorati quelli rivolti alla Nerina de “Le ricordanze”, con re<strong>it</strong>erate invocazioni del nome della destinataria: è invocata<br />

per nome ben quattro volte (136 - 157 - 160 - 164) ed una volta il suo nome compare in forma narrativa:<br />

“... Nerina or più non gode; i campi, /L’aria non mira.”<br />

IMPLORO: ODA!...GIACE !


8) PUNICI PIANGON SENZA UN CALDO BACIO<br />

4<br />

(Le ricordanze, 136-173)<br />

Anche gli uomini rotti alle arti marziali hanno un cuore; tutti ... anche il poeta, che si mostrò così bisognoso <strong>di</strong> amore,<br />

<strong>di</strong> cui fu suo malgrado v<strong>it</strong>tima ... amatore non corrisposto.<br />

Se in “Aspasia”, ormai maturo ed esperto, usando il pretesto consolatorio della volpe esopiana “Nondum matura est”<br />

(ogni riferimento alla donna è puramente casuale!) riuscì a mascherare il <strong>di</strong>singanno cambiando le carte in tavola (70-<br />

88), ne “Il primo amore” mostra in tutta la sua virulenza il mal d’amore <strong>di</strong> un “... garzon <strong>di</strong> nove /E nove Soli, in questo<br />

a pianger nato...” (67-68)<br />

9) PARLAN NEL SONNO I PARGOLI IN QUEL MODO<br />

CIELO PIAGÒ D’AMOR<br />

(55-64 / 82-84 / 100-103)<br />

Che cosa fanno quei “Fortunati ... che mentre io scrivo / Miagolanti in su le braccia accoglie / La levatrice” ?<br />

Dormono ? Cantilenano ?<br />

- Anche se piagnucolano - <strong>di</strong>ce il poeta - sono fortunati perché (l’ironia nei confronti degli innocenti è crudele)<br />

potranno godere dei vantaggi che gli stu<strong>di</strong> delle scienze statistiche e sociali del nuovo secolo preparano alle giovani<br />

generazioni.<br />

Buttata la maschera della feroce ironia ...<br />

10) T’INVENNI SIMULANDO GIUSTO ZELO<br />

MIAO COPRE DOGLIA<br />

(Palino<strong>di</strong>a al marchese Gino Capponi, 137 sgg.)<br />

“T’invenni!” avrà esclamato Angelo Mai, stringendo esultante tra le mani il palinsesto del “De republica” <strong>di</strong> Cicerone.<br />

La simulazione del “giusto zelo”, imputabile alla “fictio”, è attenuata dal “quasi” ... Del resto, chi metterà in dubbio<br />

l’impegno e la buona fede del dotto paleografo, prefetto della Biblioteca Vaticana, instancabile scopr<strong>it</strong>ore delle opere<br />

degli antichi scr<strong>it</strong>tori, <strong>di</strong> cui curò la pubblicazione?<br />

“...In un balen feconde /Venner le carte; alla stagion presente / I polverosi chiostri / Serbaro occulti i generosi e santi /<br />

Detti degli avi”<br />

Continui, il famoso scopr<strong>it</strong>ore dei preziosi scr<strong>it</strong>ti antichi, a risvegliare i morti “poi che dormono i vivi”, ad armare “le<br />

spente / Lingue de’ prischi eroi”<br />

11) VERSO GL’INFANTI SIATE BEN DISPOSTI<br />

O PREGIO DI CALAMO !<br />

(Ad Angelo Mai..., 1-20 / 175-178)<br />

Non c’è bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssuadere gli uomini (Nemo vorat prolem!) dall’im<strong>it</strong>are il capostip<strong>it</strong>e degli dei, Saturno, nel<br />

cannibalesco pasto incestuoso (anche se la colpa non è <strong>di</strong> lussuria ma <strong>di</strong> ‘gola’ ... lo stesso Leopar<strong>di</strong> avalla l’uso <strong>di</strong> tale<br />

aggettivo con il corrispondente verbo in senso traslato in “Inno ai patriarchi”, 41) per prevenire i danni del futuro<br />

detronizzatore figlio Giove ...<br />

Tuttavia una raccomandazione agli adulti affinché abbiano a cuore le sorti dei minori non guasta mai:<br />

sia che intervengano per metterli in guar<strong>di</strong>a contro i mali ins<strong>it</strong>i nel <strong>di</strong>ventare uomini:<br />

“Garzoncello scherzoso ... Altro <strong>di</strong>rti non vo’; ma la tua festa / Ch’anco tar<strong>di</strong> a venir non ti sia grave.” (Il Sabato del<br />

villaggio, 43 / 50-51),<br />

sia che si tratti <strong>di</strong> istintivo, viscerale amore materno ... alternato (o coesistente) con meno innocenti espressioni d’amore.<br />

DICO: GIÀ AMÒ PROLE


12) MENSA LI SFAMI, PREGO, DALL’OLENO<br />

5<br />

(Aspasia, 20-26)<br />

... Giove, dunque, fu sottratto alle ... incestuose mire golose del padre per le solerti cure materne <strong>di</strong> Rea, che lo nascose<br />

sul monte Ida, appunto in local<strong>it</strong>à Oleno, dove il futuro regg<strong>it</strong>or del mondo fu nutr<strong>it</strong>o dalla capra Amaltea (o, secondo<br />

altra versione, per le cure della ninfa Amaltea).<br />

Per i mortali, la cura della prole va ben oltre la somministrazione <strong>di</strong> cibo: dalla nasc<strong>it</strong>a in poi...<br />

“La madre e il gen<strong>it</strong>ore / Il prende a consolar dell’esser nato … Stu<strong>di</strong>asi fargli core / E consolarlo dell’umano stato.”<br />

Un dolce inganno, un nascondere la ver<strong>it</strong>à a fin <strong>di</strong> bene ... un benevolo prendersi gioco degli innocenti ...<br />

13) RIMPIANSI I PERSI BEN DI SERVIL VITA<br />

DIAM GIOCO A PROLE<br />

(Canto notturno..., 39-54)<br />

Agli agi della v<strong>it</strong>a presente gravata dalla noia sono preferibili le semplici occupazioni <strong>di</strong> un’umile con<strong>di</strong>zione, sia pur<br />

quella servile, <strong>di</strong> cui traspare la seren<strong>it</strong>à <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a nel seguente passo:<br />

“... sotto al patrio tetto / Sonavan voci alterne, e le tranquille / Opre de’ servi.” (Le ricordanze, 17-19) ...<br />

... o quella <strong>di</strong> coloro alla cui<br />

“... mano / Provveder commettiamo” “il viver nostro”, riducendoci alla<br />

“... necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> consumar la v<strong>it</strong>a” in preda a “te<strong>di</strong>o e pena” (Al conte Carlo Pepoli, 44-59) ...<br />

... o, infine, la con<strong>di</strong>zione sottesa nella sarcastica esaltazione del progresso nella “Palino<strong>di</strong>a al marchese Gino Capponi”:<br />

“Così vedendo / E me<strong>di</strong>tando sovra i larghi fogli / Profondamente, del mio grave, antico / Errore, e <strong>di</strong> me stesso / Ebbi<br />

vergogna.” (34-37)<br />

Togliendo il velo del sarcasmo (e quin<strong>di</strong> convertendo l’apparente lode in animosa condanna), il senso <strong>di</strong> tutta la<br />

Palino<strong>di</strong>a al “can<strong>di</strong>do Gino” si può ridurre a ...<br />

14) DEL PAN SEME AUGURAL SCEGLI, DISPENSA<br />

... CI DARÀ EMPIO LOGO<br />

È necessario che il seme muoia, per germogliare ...<br />

Così, “Van per il campo i vali<strong>di</strong> garzoni ... poi ... spargon li adulti la semenza ...”. I seminatori, così spi...r<strong>it</strong>ualmente<br />

cantati dal D’Annunzio, sono tra coloro alla cui mano “... il viver nostro ... provveder commettiamo”.<br />

È vero che “la schiera industre” che frange “glebe” o cura “piante e greggi ... se oziosa <strong>di</strong>rai ... dr<strong>it</strong>to e vero <strong>di</strong>rai”; così<br />

com’è oziosa la classe dei marinai, degli operai, dei guerrieri, dei mercanti, perché la loro attiv<strong>it</strong>à è impotente a<br />

procurare la felic<strong>it</strong>à ... comunque il pane della loro e nostra mensa è frutto del lavoro dei conta<strong>di</strong>ni ...<br />

15) FIDANDO IN ONDA CHE DAL CIELO EMANA<br />

AGIO DE’ LORO CAMPI<br />

(Al conte Carlo Pepoli, 12-18 / 44-53)<br />

La “onda che dal cielo emana” può cadere leggera, benefica, come quella cantata ne “Il primo amore”:<br />

“A <strong>di</strong>stesa Olimpo piove / Malinconicamente e i campi lava” (65-66) ...<br />

... o quella che <strong>di</strong> primo mattino risveglia il poeta ne “La v<strong>it</strong>a sol<strong>it</strong>aria”:<br />

“La mattutina pioggia ... Alla capanna mia / Dolcemente picchiando, mi risveglia” (1-7) ...<br />

... o violenta, <strong>di</strong>struttrice, come ne “L’appressamento della morte”:<br />

“S’incominciava u<strong>di</strong>r fremer la pioggia / E il suon cresceva all’appressar del nembo ...” (47-48).<br />

Fatti salvi eventuali danni causati dalla furia degli elementi, l’umana famiglia accoglie con prof<strong>it</strong>to il beneficio della<br />

pioggia, che fornisce un elemento essenziale per la v<strong>it</strong>a della vegetazione e per le varie necess<strong>it</strong>à umane, prime fra tutte<br />

quelle domestiche:


“Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua / Della novella piova”.<br />

Madre Natura, nelle vesti della m<strong>it</strong>ica Gea, talvolta è pro<strong>di</strong>ga<br />

6<br />

GEA DÀ OPIMO LICOR.<br />

(La quiete dopo la tempesta, 14-15)

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