VITA SOCIALE eDIRITTO IL «CODICE DI HAMMURABI - Didatticarte
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Il «Codice di Hammurabi»<br />
Il Codice di Hammurabi fornisce indicazioni preziose anche sui rapporti sociali. La società<br />
babilonese appare divisa in tre categorie: gli awilu (letteralmente, «uomini civilizzati»)<br />
erano le persone di rango elevato; i mushkenu («coloro che si sottomettono») erano<br />
individui di condizione libera ma di ceto sociale inferiore; i wardu erano gli schiavi, i servitori.<br />
A ciascuna delle tre categorie corrisponde, nel Codice, un trattamento diverso. Le<br />
pene, infatti, non sono uguali per tutti:<br />
Se un uomo libero ha fatto perdere un occhio a un uomo libero, gli si farà perdere un occhio.<br />
Se ha fatto perdere un occhio a un mushkenu, pagherà una mina di argento.<br />
Se ha fatto perdere un occhio allo schiavo di un altro uomo o gli ha spezzato un osso, pagherà<br />
metà del suo prezzo.<br />
Fin dalla sua scoperta, gli studiosi hanno definito questo documento come un «codice».<br />
Ma il termine è improprio e non ci fa comprendere la sua vera natura. Il codice di un<br />
paese (per esempio il Codice civile e il Codice penale della Repubblica italiana) contiene<br />
tutte le leggi che lo governano. Il Codice di Hammurabi, invece, presenta incoerenze e lacune<br />
davvero sorprendenti su casi giudiziari che sono ricordati molto spesso nei documenti<br />
scritti: si prospetta per esempio il caso del padre che bastona un figlio, ma non si<br />
dice nulla del figlio che uccide il padre.<br />
La conclusione possibile è una sola: il Codice di Hammurabi non era un vero e proprio<br />
codice, ma una raccolta di sentenze che il re aveva pronunciato nel suo lungo regno. E<br />
quelle che a noi appaiono come incoerenze erano semplicemente i modi in cui il re aveva<br />
applicato la sua giustizia in casi specifici, tenendo conto di circostanze particolari che<br />
noi ignoriamo ma che egli ritenne valide.<br />
Nel Vicino Oriente la giustizia non si configurava, come ci aspetteremmo oggi, come<br />
l’applicazione di una «legge» prefissata, ma come l’applicazione concreta della virtù del<br />
sovrano, che agisce, ispirato da dio, in modo sempre equanime. Gli antichi abitanti della<br />
Mesopotamia non avevano nemmeno, nella loro lingua, la parola «legge».<br />
GIAR<strong>DI</strong>NA-DE CORRA<strong>DI</strong>-GREGORI • © 2011, GIUS. LATERZA & FIGLI, ROMA-BARI<br />
<strong>VITA</strong> <strong>SOCIALE</strong><br />
E<strong>DI</strong>RITTO<br />
mina<br />
Antica misura di peso, pari<br />
a circa 0,5 kg.<br />
† Ricostruzione della città<br />
di Babilonia<br />
[disegno di I. Lapper]<br />
Il lungo regno di Hammurabi segnò<br />
la fioritura di Babilonia: la città<br />
dominava un impero che si<br />
estendeva a nord, fin quasi alle<br />
sorgenti dell’Eufrate, e a sud, fin<br />
quasi al Golfo Persico. All’interno<br />
delle sue mura si trovavano case,<br />
palazzi e giardini, ma soprattutto la<br />
città ospitava il più grande<br />
santuario della Mesopotamia, il<br />
tempio Esagila (la torre al centro<br />
dell’immagine) dedicato al dio<br />
Marduk e meta di continui<br />
pellegrinaggi. La potenza e<br />
l’indipendenza della «Porta di Dio»<br />
(è questo il significato del nome<br />
Babilonia) durarono per circa<br />
quattro secoli oltre la morte del<br />
potente sovrano.