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VITA SOCIALE eDIRITTO IL «CODICE DI HAMMURABI - Didatticarte

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<strong>VITA</strong><br />

<strong>SOCIALE</strong><br />

<strong>e<strong>DI</strong>RITTO</strong><br />

<strong>IL</strong> <strong>«CO<strong>DI</strong>CE</strong><br />

<strong>DI</strong> <strong>HAMMURABI</strong>»<br />

π La stele del «Codice di Hammurabi», 1760 a.C. ca.<br />

[Museo del Louvre, Parigi]<br />

Il Codice di Hammurabi di Babilonia è un’alta stele con iscrizioni<br />

cuneiformi, su entrambi i lati, suddivise in cinquantuno colonne: più<br />

che di un codice vero e proprio si tratta di decisioni prese dal<br />

sovrano per risolvere questioni riguardanti l’amministrazione dello<br />

Stato e della giustizia. Nella parte superiore del Codice è raffigurato<br />

lo stesso Hammurabi, in piedi al cospetto del dio Marduk, il sovrano<br />

celeste di Babilonia, che gli porge il cerchio e il bastone, simboli<br />

tradizionali del potere regale.<br />

Nel 1902 a Susa, nell’Iran sud-occidentale, fu rinvenuta un’alta stele di pietra scura,<br />

che oggi costituisce uno dei gioielli della collezione di Antichità orientali del Museo<br />

del Louvre, a Parigi. Alla sommità della pietra è raffigurato il re Hammurabi di Babilonia<br />

(1792-1750 circa) nell’atto di ricevere le insegne del potere dal dio Marduk. Al di sotto sono<br />

incise 23 colonne di scrittura, cui se ne aggiungono 28 sul retro della stele, per un totale<br />

di oltre 3500 righe. Un testo unico nel suo genere, di eccezionale importanza storica.<br />

Nel prologo, Hammurabi proclama di essere stato destinato dagli dèi alla gloria nelle<br />

imprese belliche come in quelle civili. Egli ricorda quindi sia i successi militari sia le pene<br />

stabilite per diffondere l’ordine e la giustizia tra i sudditi.<br />

Le clausole sono numerose (per l’esattezza 282) e comprendono una casistica piuttosto<br />

ampia, che riguarda la proprietà, la famiglia, la successione, le offese fisiche, gli affitti, i salari,<br />

gli schiavi, gli animali. Ogni clausola è introdotta da una frase al condizionale, seguita<br />

dall’indicazione della pena («Se un uomo ha accusato un altro uomo di omicidio senza fornire<br />

le prove, l’accusatore sarà messo a morte»). Frequente è la pena capitale, e non meno<br />

frequenti le pene corporali, dalla bastonatura alle mutilazioni più orribili, che sembrano<br />

non risparmiare nessuno («Se un bambino ha colpito suo padre, gli si taglierà la mano»).<br />

Nulla di nuovo, tuttavia, in queste usanze, che costituivano un tratto comune alle società<br />

del Vicino Oriente. La novità del Codice di Hammurabi sta piuttosto nel fatto che esso prevede<br />

la cosiddetta legge del taglione («occhio per occhio, dente per dente...») per reati che<br />

in precedenza erano puniti con semplici risarcimenti in denaro. Questo è un aspetto su cui<br />

occorre riflettere. Probabilmente la legge del taglione rispondeva all’esigenza di introdurre<br />

un elemento di moderazione in una società in cui i danni e i torti personali venivano solitamente<br />

puniti tramite la vendetta privata. Hammurabi dovette constatare che le ammende<br />

non appagavano i danneggiati, e che le vendette personali erano sempre all’ordine<br />

del giorno. La legge del taglione fissava quindi, a suo modo, un principio di equità: la<br />

pena doveva corrispondere esattamente all’offesa subita, e non superarla.<br />

® «Adorante<br />

di Larsa», 1750 a.C. ca.<br />

[Museo del Louvre,<br />

Parigi]<br />

Questo ex-voto in bronzo<br />

e oro è dedicato al dio<br />

Amurru, in onore della<br />

vita del saggio sovrano<br />

Hammurabi.<br />

GIAR<strong>DI</strong>NA-DE CORRA<strong>DI</strong>-GREGORI • © 2011, GIUS. LATERZA & FIGLI, ROMA-BARI


Il «Codice di Hammurabi»<br />

Il Codice di Hammurabi fornisce indicazioni preziose anche sui rapporti sociali. La società<br />

babilonese appare divisa in tre categorie: gli awilu (letteralmente, «uomini civilizzati»)<br />

erano le persone di rango elevato; i mushkenu («coloro che si sottomettono») erano<br />

individui di condizione libera ma di ceto sociale inferiore; i wardu erano gli schiavi, i servitori.<br />

A ciascuna delle tre categorie corrisponde, nel Codice, un trattamento diverso. Le<br />

pene, infatti, non sono uguali per tutti:<br />

Se un uomo libero ha fatto perdere un occhio a un uomo libero, gli si farà perdere un occhio.<br />

Se ha fatto perdere un occhio a un mushkenu, pagherà una mina di argento.<br />

Se ha fatto perdere un occhio allo schiavo di un altro uomo o gli ha spezzato un osso, pagherà<br />

metà del suo prezzo.<br />

Fin dalla sua scoperta, gli studiosi hanno definito questo documento come un «codice».<br />

Ma il termine è improprio e non ci fa comprendere la sua vera natura. Il codice di un<br />

paese (per esempio il Codice civile e il Codice penale della Repubblica italiana) contiene<br />

tutte le leggi che lo governano. Il Codice di Hammurabi, invece, presenta incoerenze e lacune<br />

davvero sorprendenti su casi giudiziari che sono ricordati molto spesso nei documenti<br />

scritti: si prospetta per esempio il caso del padre che bastona un figlio, ma non si<br />

dice nulla del figlio che uccide il padre.<br />

La conclusione possibile è una sola: il Codice di Hammurabi non era un vero e proprio<br />

codice, ma una raccolta di sentenze che il re aveva pronunciato nel suo lungo regno. E<br />

quelle che a noi appaiono come incoerenze erano semplicemente i modi in cui il re aveva<br />

applicato la sua giustizia in casi specifici, tenendo conto di circostanze particolari che<br />

noi ignoriamo ma che egli ritenne valide.<br />

Nel Vicino Oriente la giustizia non si configurava, come ci aspetteremmo oggi, come<br />

l’applicazione di una «legge» prefissata, ma come l’applicazione concreta della virtù del<br />

sovrano, che agisce, ispirato da dio, in modo sempre equanime. Gli antichi abitanti della<br />

Mesopotamia non avevano nemmeno, nella loro lingua, la parola «legge».<br />

GIAR<strong>DI</strong>NA-DE CORRA<strong>DI</strong>-GREGORI • © 2011, GIUS. LATERZA & FIGLI, ROMA-BARI<br />

<strong>VITA</strong> <strong>SOCIALE</strong><br />

E<strong>DI</strong>RITTO<br />

mina<br />

Antica misura di peso, pari<br />

a circa 0,5 kg.<br />

† Ricostruzione della città<br />

di Babilonia<br />

[disegno di I. Lapper]<br />

Il lungo regno di Hammurabi segnò<br />

la fioritura di Babilonia: la città<br />

dominava un impero che si<br />

estendeva a nord, fin quasi alle<br />

sorgenti dell’Eufrate, e a sud, fin<br />

quasi al Golfo Persico. All’interno<br />

delle sue mura si trovavano case,<br />

palazzi e giardini, ma soprattutto la<br />

città ospitava il più grande<br />

santuario della Mesopotamia, il<br />

tempio Esagila (la torre al centro<br />

dell’immagine) dedicato al dio<br />

Marduk e meta di continui<br />

pellegrinaggi. La potenza e<br />

l’indipendenza della «Porta di Dio»<br />

(è questo il significato del nome<br />

Babilonia) durarono per circa<br />

quattro secoli oltre la morte del<br />

potente sovrano.

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