1 Alle origini dell'arte La Preistoria - Didatticarte
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1 <strong>Alle</strong><br />
Bisonti e stambecco feriti,<br />
11000 a.C. circa.<br />
Grotta di Niaux,<br />
Ariège, Francia.<br />
© Istituto Italiano Edizione Atlas<br />
<strong>origini</strong> dell’arte<br />
<strong>La</strong> <strong>Preistoria</strong><br />
OBIETTIVI<br />
1. Saper riconoscere i legami tra nuove tecnologie, sistemi socio-economici ed espressioni<br />
culturali e artistiche.<br />
2. Conoscere le fasi dello scavo archeologico.<br />
3. Conoscere e comprendere le diverse conquiste, in campo culturale e artistico, del Paleolitico,<br />
del Neolitico, dell’Eneolitico (megalitismo).<br />
4. Comprendere i significati della comunicazione artistica dell’uomo preistorico come forma<br />
espressiva e come strumento magico e spirituale.<br />
5. Leggere un’opera d’arte nel complesso dei suoi significati tecnici, funzionali, estetici, simbolici.<br />
7
capitolo 1<br />
Il contesto storico-culturale<br />
L’arte della <strong>Preistoria</strong><br />
I primi uomini e i loro ‘segni’<br />
Il termine ‘preistoria’ (dal latino pre, prima, e història,<br />
storia) individua il periodo che va dalla prima fase di stanziamento<br />
di gruppi umani in un territorio fino alla comparsa<br />
di testimonianze scritte.<br />
Queste ultime possono essere approssimativamente collocate<br />
all’inizio del IV millennio a.C. per i territori compresi<br />
tra la Mesopotamia e la valle del Nilo (comunemente indicati<br />
come ‘Mezzaluna fertile’) e in fasi successive nel resto<br />
del Vicino Oriente e dell’Europa.<br />
In Europa, in particolare, la presenza di fonti documentarie<br />
scritte risale all’Età del ferro, iniziata mille anni prima<br />
di Cristo.<br />
<strong>La</strong> produzione scritta, riguardante per lo più leggi o testi<br />
religiosi e rituali, è sempre collegata a stanziamenti umani<br />
organizzati. Questi si caratterizzano per la presenza di edifici<br />
collettivi (il tempio, il palazzo di un governante, sale per<br />
lo stoccaggio di prodotti della terra) e di opere sul territorio<br />
utili alla sicurezza o alla produzione (mura urbane, canali di<br />
irrigazione). L’avvio della Storia, pertanto, corrisponde al<br />
raggiungimento di forme evolute di organizzazione sociale:<br />
da ciò deriverebbe l’esigenza di ‘fissare’ per iscritto le<br />
specifiche regole di convivenza.<br />
Poiché non è sempre possibile tracciare una classificazione<br />
omogenea degli stadi evolutivi delle prime civiltà, possiamo<br />
proporre una scansione cronologica di massima, il<br />
cui riferimento di base è l’abilità dimostrata dall’uomo nel<br />
servirsi della pietra o dei minerali.<br />
Le prime espressioni dell’uomo preistorico<br />
I primi materiali archeologici risalgono all’attività dell’Homo<br />
habilis, vissuto tra due e un milione di anni fa; sono<br />
manufatti rudimentali, soprattutto pietre scheggiate attraverso<br />
percussione (chopper).<br />
Nel periodo più antico, il Paleolitico inferiore e medio, sono<br />
collocate le fasi dell’Homo erectus (fino a 200 000 anni<br />
fa) e dell’Homo sapiens. Quest’ultimo, a partire da 35 000-<br />
30 000 anni fa, ha avviato in Europa la grande avventura<br />
dell’arte figurativa e dell’arte mobiliare, cioè quella che<br />
comprende oggetti ornamentali o d’uso.<br />
In Italia la presenza dell’uomo risalirebbe a un periodo<br />
compreso tra un milione e 800 000 anni fa, come in tutta<br />
l’Europa centro-mediterranea. In questa regione il popolamento<br />
all’inizio fu poco omogeneo, vista la scarsità di ritrovamenti;<br />
ben più importanti sono i siti che testimoniano gli<br />
insediamenti di 600-500 000 anni fa, in aree di popolamento<br />
con carattere di continuità.<br />
A partire dal Paleolitico superiore, cioè da circa 35 000<br />
anni fa, alla produzione di semplici manufatti utilitari si affiancano<br />
figure o segni intenzionalmente incisi o dipinti su<br />
armi, su utensili o sulla roccia. A questi si aggiungono una<br />
produzione scultorea di piccole dimensioni e l’organizzazione<br />
dei primi luoghi di culto.<br />
Solo dopo il 10 000 a.C., con il Mesolitico, l’uomo comincia<br />
ad addomesticare gli animali e a dedicarsi a forme<br />
iniziali di agricoltura; abbandonate le caverne, impara a<br />
costruirsi dei ripari artificiali.<br />
Questo processo evolverà nella successiva fase del Neolitico<br />
(dal 6000 a.C. al 4000 circa a.C.). Ormai organizzato<br />
in insediamenti stanziali, l’uomo impara a levigare la pietra<br />
e affina le proprie capacità nella gestione dell’allevamento,<br />
della pastorizia e dell’agricoltura. L’Età neolitica si conclude,<br />
nei territori dell’Egitto e della Mesopotamia, nel IV millennio<br />
a.C.<br />
A partire dalla fase finale del Neolitico, vengono erette in<br />
varie aree del continente euro-asiatico opere monumentali,<br />
le cosiddette architetture megalitiche (dal greco mégas,<br />
grande, e líthos, pietra). Sono opere generalmente legate al<br />
culto delle popolazioni stanziali: il bisogno di regolare le fasi<br />
della produzione agricola (le fasi lunari, il percorso del<br />
Sole e il ritmo delle stagioni), ha fatto sì che ai complessi<br />
megalitici sia stato attribuito il duplice ruolo di calendariosservatori<br />
astronomici e di luoghi di culto e sacrificali.<br />
Convenzionalmente, al Neolitico si fa seguire l’Età dei<br />
metalli: l’Età del rame, del bronzo, quindi del ferro.<br />
In Europa, l’Età del ferro si avvia stabilmente non prima<br />
della fine del II millennio a.C.<br />
<strong>La</strong> ‘funzione’ dell’arte<br />
L’arte preistorica non è motivata da esigenze strettamente<br />
pratiche o estetiche, ma svolge una funzione di tipo comunicativo,<br />
legata in molti casi a pratiche magico-rituali.<br />
Prendiamo, ad esempio, i cicli di pitture di Età paleolitica<br />
rinvenuti sulle pareti delle grotte. Possiamo immaginare<br />
che siano stati eseguiti alla luce malferma di torce.<br />
Essi rappresentano, in prevalenza, bisonti, tori, cavalli,<br />
renne, cervi, capre, segni astratti e più<br />
raramente la figura umana. Un così<br />
vasto repertorio di animali e segni<br />
induce a pensare che l’artefice<br />
non fosse spinto da una semplice<br />
volontà descrittiva, ma da<br />
un’esigenza rituale.<br />
In tal senso, l’attività figurativa<br />
manifesta fini magici, in quanto vuole<br />
propiziare il buon esito della caccia<br />
o la fertilità della terra. Questa<br />
connotazione può associarsi<br />
a specifici fini di culto,<br />
spesso rivolti a divinità naturali<br />
quali il Sole e gli astri.<br />
A partire dall’Età neolitica<br />
si afferma l’esigenza da parte<br />
dell’uomo di comunicare fatti<br />
o eventi attraverso la successione<br />
controllata di segni o di<br />
scene figurate.<br />
Fig. 1.1<br />
Venere Grimaldi, 20 000 a.C.<br />
Steatite, lungh. 4,7 cm.<br />
Saint-Germain-en-<strong>La</strong>ye,<br />
Musée des Antiquités Nationales.<br />
8 PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong><br />
© Istituto Italiano Edizione Atlas
Le tappe delle Età preistoriche<br />
ETÀ DELLA PIETRA<br />
• 650000-120000 a.C. PALEOLITICO INFERIORE<br />
Uso del fuoco in Europa.<br />
Primi oggetti in pietra, lavorata<br />
per percussione (chopper).<br />
• 120 000-35 000 a.C. PALEOLITICO MEDIO<br />
Comparsa dell’Homo sapiens.<br />
Pietra lavorata per scheggiatura.<br />
• 35 000-10 000 a.C. PALEOLITICO SUPERIORE<br />
(o Età della Pietra antica)<br />
Testimonianze in Europa (Area<br />
Mediterranea e Franco-Cantabrica),<br />
Nord Africa e Siberia.<br />
Pietra scheggiata in entrambe le<br />
facce (amìgdala).<br />
• 10 000-6000 a.C. MESOLITICO<br />
(o Età della Pietra media)<br />
Una mutazione climatica determina<br />
la riduzione di uomini e animali.<br />
Piccoli insediamenti stabili; l’uomo<br />
si dedica all’agricoltura e<br />
all’allevamento. Produzione di<br />
coltelli, punte di lance, asce.<br />
• 6000-4000 a.C. NEOLITICO<br />
(o Età della Pietra nuova)<br />
L’uomo diventa sedentario.<br />
Pietra lavorata e levigata.<br />
Primi vasi in ceramica.<br />
Nascita delle culture fluviali nelle<br />
valli della Mesopotamia, del Nilo,<br />
dell’Indo, dell’Hoang-ho.<br />
© Istituto Italiano Edizione Atlas<br />
ETÀ DEI METALLI<br />
• 4000-3000 a.C. ENEOLITICO (o Età del rame)<br />
Inizia la lavorazione del rame.<br />
Numerose testimonianze di cultura<br />
materiale (armi, utensili, ecc.).<br />
Si erigono grandi costruzioni in<br />
pietra (megalitiche).<br />
• 3000-1000 a.C. ETÀ DEL BRONZO<br />
Si sviluppa la lavorazione dei<br />
metalli. Civiltà in Egitto,<br />
Mesopotamia, Egeo.<br />
In Italia settentrionale sorgono le<br />
terramare.<br />
• 1100-V/IV sec. a.C. ETÀ DEL FERRO<br />
Con l’utilizzo di utensili in ferro,<br />
in molte regioni d’Europa si entra<br />
nel periodo storico.<br />
Le terre per colorare<br />
I primi uomini usavano colori derivati da sostanze naturali: l’ocra<br />
(gialla o rossa), l’ematite (rosso scuro), il manganese (grigio), il carbone<br />
(nero), il gesso (bianco). I minerali venivano usati in piccoli<br />
blocchi oppure macinati e mescolati a grasso animale e ad acqua.<br />
<strong>La</strong> stesura avveniva attraverso ciuffi di pelo usati come pennelli,<br />
tamponi naturali, ossa cave usate come cannucce, dita.<br />
PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong><br />
9
Le espressioni figurative<br />
Per comprendere l’evoluzione dell’arte parietale europea, possiamo seguire la schematizzazione<br />
proposta dall’archeologo André Leroi-Gourhan. Questi ha suddiviso le testimonianze di Età paleolitica<br />
in quattro stili o periodi.<br />
• 30000-23000 a.C. I stile (o Arcaico). Le figure, schematiche, sono individuate mediante contorni<br />
continui e hanno carattere simbolico. Gli animali, generalmente buoi, bisonti, stambecchi, cavalli,<br />
sono per lo più graffiti o dipinti sulle rocce. Importanti rilevamenti sono a <strong>La</strong> Ferrassie e a <strong>La</strong>ussel.<br />
• 23000-17000 a.C. II stile. Le figure, spesso in gruppi, creano veri e propri cicli parietali. Gli animali<br />
sono tracciati con segno nitido e flessuoso, anche se ridotto spesso al contorno, e mancano<br />
talvolta alcuni particolari come le zampe.<br />
• 17000-15000 a.C. III stile. Maggiore definizione del tratto e colore steso in macchie e in modo<br />
da far meglio risaltare la forma dell’animale e il suo movimento. I corpi massicci mettono tuttavia<br />
in evidenza zampe piccole e sproporzionate, che appaiono quasi incoerenti con parti dell’animale<br />
rese addirittura in scorcio, come le corna. Appartengono a questo stile le figure delle grotte di<br />
<strong>La</strong>scaux, di Pech-Merl, di Roc de Sers (Francia) e di El Castillo (Spagna).<br />
• 15000-8500 a.C. ca. IV stile. Matura la tendenza realistica delle pitture rupestri. Le gamme del bruno<br />
e dell’ocra sono accompagnate dai grigi di contorno, ottenuti con polvere di carbone. Le figure<br />
sono in scorcio, per rendere il senso del movimento o evidenziare la possanza dell’animale.<br />
10<br />
Fig. 1.2<br />
Figura di bisonte dalle<br />
Grotte di Altamira,<br />
in Spagna,<br />
12 000 a.C. ca.<br />
L’Età paleolitica<br />
L’evoluzione stilistica dell’arte parietale<br />
PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong><br />
L’Età paleolitica (dal greco palaiòs, antico, e líthos, pietra) si è sviluppata in un arco temporale<br />
lunghissimo, attraverso fasi di mutazioni climatiche e di profonde alterazioni dell’ambiente.<br />
Questi aspetti hanno influito in modo determinante sulle manifestazioni dell’uomo, favorendo<br />
o meno l’insediamento e lo sviluppo culturale in determinate aree del mondo.<br />
Le prime testimonianze sono le schegge di pietra realizzate mediante lo sfregamento o l’urto<br />
violento con altre pietre, i cosiddetti chopper, utilizzati come armi o strumenti per tagliare<br />
le pelli o la carne o per lavorare il legno. Seguivano le amìgdale (dal greco amygdàle, mandorla),<br />
pietre scheggiate su entrambe le facce e culminanti con una punta. Per ottenerle, venivano<br />
utilizzate pietre dure e facilmente lavorabili, come il basalto o la selce.<br />
Le prime testimonianze figurative manifestano una concezione magica dell’esistenza:<br />
l’uomo non sa darsi una spiegazione dei fenomeni della natura e il lampo, il tuono, la pioggia,<br />
il buio della notte sono eventi spaventosi e inspiegabili. Egli scolpisce statuette, raffigura<br />
sulle pietre e sulle pareti delle grotte bisonti, renne, cavalli, cervi, mammut. Utilizza la tecnica<br />
della pittura e incide segni sulle rocce: i graffiti rupestri.<br />
Raffigurando l’animale, l’uomo del Paleolitico vuole assicurarsi la sua cattura; l’atto figurativo<br />
diviene, quindi, un momento propiziatorio, una sorta di rito in cui vengono anticipati<br />
eventi essenziali. Nella figura osserviamo un bisonte dipinto sulla roccia nelle grotte di Altamira<br />
(12 000 a.C. circa), in Spagna. L’animale è in movimento, in un momento di azione della<br />
caccia. Ogni linea dà il senso della sua velocità e allo stesso tempo della rapidità con cui il<br />
cacciatore dovrà colpirlo. Nell’azione non c’è<br />
tempo per definire i particolari, pochi cenni bastano<br />
a dare il senso della corsa: la groppa inarcata,<br />
il capo chino, la flessuosità delle zampe. Questo<br />
atto potenziale di ‘possesso’ dell’animale porta<br />
l’uomo ad esprimersi con immagini realistiche:<br />
spesso, addirittura, l’autore sfrutta la sporgenza<br />
delle rocce per rafforzarne il volume.<br />
Grande importanza assume in Europa l’arte parietale<br />
del Paleolitico superiore, che consiste in pitture<br />
e disegni graffiti sulle pareti rocciose. Le aree<br />
di massima concentrazione sono le regioni francesi<br />
del Périgord e dei Pirenei occidentali; la regione<br />
cantabrica in Spagna; la penisola italiana; la regione<br />
danubiano-renana; l’area russo-siberiana.<br />
In molti casi le figure sono organizzate in gruppi,<br />
componendo veri e propri cicli. Notevoli sono<br />
le Grotte di Chauvet (30 000 a.C.), di <strong>La</strong>scaux<br />
(15 000-14 500 a.C.) e di Niaux in Francia; le Grotte<br />
di Altamira in Spagna (13 000-11 000 a.C.).<br />
I Stile<br />
II Stile<br />
III Stile<br />
IV Stile<br />
© Istituto Italiano Edizione Atlas
Sotto: Fig. 1.3 Caccia al cinghiale,<br />
calco di Obermaier di un dettaglio delle pitture<br />
del Barranco de la Gasulla (Ares del Maestre,<br />
Castellón, Spagna). Gli esempi più<br />
antichi risalirebbero all’8500 a.C. o,<br />
forse, al 6000 a.C.<br />
Sotto: Fig. 1.4 Figure di persone con<br />
suonatore di arco musicale. V millennio a.C.<br />
Pittura rupestre. Tassili, Sahara, area algerina.<br />
© Istituto Italiano Edizione Atlas<br />
L’Età neolitica<br />
Il Neolitico corrisponde alla fase in cui la pietra levigata sostituisce o si affianca<br />
a quella scheggiata di derivazione paleolitica. Tale processo ebbe origine<br />
nella regione delle Ande e nel Medio Oriente (Turchia, Iran e Iraq). Da<br />
qui, a partire dal 9000 a.C., si diffuse fino ad interessare le coste del Mediterraneo<br />
e l’Europa orientale e settentrionale. In Italia l’inizio della fase neolitica<br />
è fatto risalire al 6000 a.C., a partire dalle regioni meridionali e orientali.<br />
I mutamenti principali dell’Età neolitica riguardano l’organizzazione sociale<br />
e produttiva. Da semplice consumatore del cibo cacciato, l’uomo diviene<br />
produttore mediante l’agricoltura e la pastorizia. A questo corrisponde<br />
un processo di sedentarizzazione: lo stanziamento in villaggi consente di<br />
stabilire relazioni sociali e di individuare una gerarchia all’interno dei gruppi.<br />
L’uomo acquisisce nuove abilità: dall’agricoltura impara a tessere le fibre<br />
vegetali; impara a riconoscere i diversi tipi di pietre e a commercializzarle<br />
in base a svariati usi. <strong>La</strong> rilevanza di questo processo fu tale da giustificare<br />
la definizione di ‘rivoluzione neolitica’ da parte degli archeologi.<br />
Diversamente che nel Paleolitico, nel Neolitico si assiste a una differenziazione<br />
della produzione figurativa per culture e per aree geografiche. L’ambito<br />
che meglio aiuta a definire le fasi e le aree di diffusione delle diverse culture<br />
è quello della ceramica, tecnica praticata in tutto il bacino del Mediterraneo<br />
alla fine del VII millennio a.C. In Europa ebbero una diffusione omogenea i<br />
vasi campaniformi, ovvero simili ad una campana rovesciata. Essi presentavano<br />
decorazioni con linee parallele o motivi ad intreccio, cerchi o spirali.<br />
Le prime espressioni artistiche neolitiche devono tuttavia essere ricondotte<br />
alla sfera religiosa, ad esempio nella produzione di statue-stele, di statuette<br />
fittili o di incisioni e di dipinti in piccoli santuari, recanti figure ricollegabili<br />
alla Dea-madre, generatrice della fertilità.<br />
<strong>La</strong> produzione figurativa mostra anche il processo attraverso il quale l’uomo<br />
del Neolitico ha acquisito una progressiva consapevolezza del proprio<br />
ambiente, come confermano alcune figure, con caratteri fedeli al vero, delle<br />
pitture rupestri del Tassili, produzione sahariana del V millennio a.C.<br />
Tuttavia, in genere l’arte figurativa del Neolitico tende a generare forme<br />
schematizzate. <strong>La</strong> figura è spesso riconoscibile attraverso pochi tratti: bastano<br />
le corna, le zampe e una linea per il corpo. Segni geometrici e quasi astratti<br />
evidenziano i caratteri che gli animali hanno in comune, quelli che distinguono<br />
un tipo o una specie. Lo stesso vale per la raffigurazione degli elementi naturali,<br />
ad esempio il Sole o l’uomo e gli oggetti come armi, aratri, ecc.<br />
Le immagini servono ora per documentare un avvenimento e per trasmettere<br />
informazioni. I disegni schematici, volendo comunicare un evento<br />
o un concetto, diventano parti di un codice espressivo e anticipano quasi<br />
la prima forma di scrittura.<br />
Esemplari sono, in Europa, le pitture della Spagna orientale, dette ‘levantine’,<br />
distribuite in oltre 133 siti. <strong>La</strong> presenza di numerose figure umane<br />
mette in evidenza una volontà quasi narrativa, nonostante lo schematismo<br />
dei corpi, caratterizzati da lunghe braccia e busto filiforme.<br />
L’incisione a graffito<br />
L’arte preistorica ci ha lasciato molti documenti incisi a graffito. Questa<br />
tecnica consiste semplicemente nel ‘graffiare’ la roccia, anche ripetutamente,<br />
con una punta metallica o con una pietra dura e appuntita. Il segno<br />
poteva essere poi variamente colorato con le terre in varie sfumature.<br />
L’arte delle incisioni è spesso legata all’attività religiosa e forse si trasmetteva<br />
di sacerdote in sacerdote o da maestro ad allievo.<br />
Questa tecnica è adatta alle esigenze espressive dell’uomo del Neolitico,<br />
che anche quando raffigura soggetti naturalistici utilizza un segno geometrizzante<br />
e astratto, nettamente inciso.<br />
Lo schematismo delle incisioni a graffito ha forse origine nel versante iberico<br />
dei Pirenei, ma si è diffuso nel IV millennio a.C. in larga parte d’Europa.<br />
Ricordiamo i graffiti della Valle Camonica o Valcamonica, opera dei<br />
Camuni, le cui testimonianze si spingono dal Neolitico fino al Medioevo.<br />
A sinistra: Fig. 1.5 Graffiti della Grotta dell’Addàura sul Monte Pellegrino,<br />
presso Palermo. 18 000 a.C. ca.<br />
PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong><br />
11
Analisi<br />
e confronti<br />
12<br />
Le Veneri<br />
In alto: Fig. 1.6<br />
Venere di Lespugue, dalle Grottes des<br />
Rideaux (Francia), 25000-23000 a.C.<br />
Avorio, alt. 14,7 cm. Parigi, Musée de<br />
l’homme.<br />
Sopra: Fig. 1.7<br />
Venere di Willendorf, 23000-19000 a.C.<br />
Roccia calcarea, alt. 11 cm.<br />
Vienna, Museo di Storia Naturale.<br />
Nelle raffigurazioni dell’Età paleolitica la figura umana è poco frequente e comunque è resa in forme<br />
approssimative. Costituiscono un’eccezione le cosiddette Veneri, statuette a tuttotondo scolpite<br />
in pietra, in osso o in avorio e rappresentanti figure femminili.<br />
Sono state tutte rinvenute in Europa (sono circa 140), dalle coste dell’Atlantico alla Siberia, ed hanno<br />
in comune la piccola dimensione: sono alte dai due-tre centimetri ai 14,7 della Venere di Lespugue,<br />
ritrovata sul versante francese dei Pirenei.<br />
Spicca l’accentuazione dei caratteri femminili, come il seno, il ventre o i glutei; generalmente<br />
le mani e i piedi sono appena suggeriti o mancano del tutto, forse perché le statuette venivano<br />
conficcate tra le rocce della caverna o nei campi, secondo usanze rituali.<br />
Si pensi, peraltro, che già nel periodo aurignaciano, tra il 30 000 e il 25 000 a.C., erano state riprodotte<br />
figure di animali gravidi per esaltare la funzione riproduttiva, garanzia di continuità della specie.<br />
Forse, in qualche caso, le Veneri venivano poste all’interno di templi o di santuari, in relazione<br />
al culto della Dea-madre. Ciò sarebbe suggerito dal ritrovamento, in Dordogna (Francia), di più<br />
statuette femminili in un’unica stazione archeologica, al centro dell’abitato paleolitico. Celebre è, tra<br />
queste, il bassorilievo della Venere di <strong>La</strong>ussel, risalente al 23 000 a.C. circa.<br />
Non è da escludere, poi, che questi manufatti fossero collegati al culto degli antenati: la fecondità<br />
rappresenta la continuità della vita e rafforza la concezione sacrale della famiglia o della tribù.<br />
Questa relazione può essere confermata dal rinvenimento di alcune Veneri presso focolari o all’interno<br />
di capanne, come idoli posti a protezione dei luoghi domestici.<br />
L’evidenza degli attributi femminili porta, in qualche caso, a lasciare indeterminate le altre parti del<br />
corpo, come nella Venere Impudica, rinvenuta a <strong>La</strong>ugerie Basse in Dordogna, priva della testa e<br />
delle braccia.<br />
Esemplare è anche la Venere di Lespugue, in cui l’esecutore ha raggiunto una sintesi così elevata<br />
da inscrivere la forma umana in un volume romboidale.<br />
<strong>La</strong> Venere di Willendorf<br />
Le Veneri hanno volume nitido e marcata simmetria. Cogliamo questi aspetti nella Venere<br />
di Willendorf, risalente al Paleolitico superiore e considerata uno dei primi esempi di rappresentazione<br />
della figura femminile. Nonostante le piccole dimensioni (11 centimetri di<br />
altezza), i glutei, i seni, il ventre sono accentuati mediante interessanti accorgimenti: le<br />
braccia, ad esempio, soltanto accennate, sono poste sul seno, mentre la dettagliata acconciatura<br />
(o forse si tratta di un copricapo) annulla la presenza del viso. <strong>La</strong> statuetta è stata<br />
scolpita con rudimentali strumenti di pietra su roccia calcarea, successivamente colorata<br />
con ocra rossa. Il colore poteva rappresentare fertilità o avere un valore propiziatorio.<br />
Una figura dormiente da Malta<br />
Espressione della cultura preistorica maltese è la piccola figura dormiente ritrovata<br />
nell’ipogeo di Hal Saflieni a Malta. Il contesto funebre in cui era collocata fa pensare<br />
ad una rappresentazione del passaggio tra la veglia (la vita) ed il sonno (la<br />
morte), prefigurando un’esistenza ultraterrena e la dimensione profetica del sogno.<br />
Ma è comunque una figura di dea, il cui culto ha originato una vasta produzione<br />
di statuine dall’iconografia simile: coricata o accovacciata, con forme tondeggianti<br />
e attributi femminili accentuati.<br />
Fig. 1.8<br />
Figura dormiente,<br />
3300-3000 a.C.<br />
Pietra, alt. 12 cm.<br />
<strong>La</strong> Valletta (Malta),<br />
Museo Nazionale.<br />
PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong> © Istituto Italiano Edizione Atlas
Percorso<br />
nell’arte Le incisioni rupestri della Valle Camonica<br />
I Camuni e le loro tecniche di incisione<br />
I Camuni erano stanziati nella Valle Camonica, a nord di Brescia.<br />
Di essi ci sono rimaste molte incisioni sulle rocce, concentrate<br />
nella bassa valle presso Boario Terme e nella media<br />
valle presso Capodiponte: territori ricchi di rocce arenarie, ben<br />
levigate dai ghiacciai.<br />
Le incisioni venivano realizzate percuotendo la superficie con<br />
frammenti di quarzo appuntiti (tecnica detta, appunto, martellina).<br />
Una volta tracciato il contorno della figura con picchettature<br />
più profonde, questa veniva riempita con numerosi<br />
punti ravvicinati.<br />
Il graffito, invece, consiste nel graffiare la roccia con uno strumento<br />
appuntito (metallo o pietra). Ne derivano immagini filiformi,<br />
con una sezione incisa a V (solco continuo). Le figure venivano<br />
forse dipinte con ocra rossa, in qualche caso rinvenuta<br />
presso le rocce.<br />
Le incisioni: i soggetti e gli stili<br />
Le 300000 figure identificate della Valle Camonica rappresentano<br />
il più grande complesso di arte rupestre in Europa.<br />
Sono state eseguite nell’arco di quasi ottomila anni, dal Mesolitico<br />
alla conquista romana.<br />
I soggetti sono molto vari: uomini, animali, case, simboli. Gli<br />
artefici erano spinti da motivazioni religiose, forse legate a cerimonie<br />
magiche e propiziatorie, o forse al racconto di miti.<br />
Non viene rispettata una scala di rappresentazione: infatti, figure<br />
di pochi centimetri possono affiancarsi ad altre che raggiungono<br />
gli 80-90 centimetri di altezza.<br />
Sono stati definiti da Emmanuel Anati quattro diversi stili:<br />
Gli stili I e II vengono datati al Neolitico (V-IV millennio a.C.). Le<br />
figurazioni più antiche rappresentano cervi e alci, resi con tratti<br />
essenziali. Abbondano figure umane in atteggiamento di preghiera,<br />
per lo più collegate a simboli come cerchi con un punto<br />
al centro, forse rappresentazioni del Sole. Dapprima le immagini<br />
sono semplicemente affiancate, poi le scene si fanno<br />
più complesse e nelle figure compaiono dettagli anatomici.<br />
Al periodo III sembrano riferirsi produzioni delle Età del rame e<br />
del bronzo (3400-1200 a.C.). Alcune incisioni si trovano in piccole<br />
rocce vagamente antropomorfe; per questo motivo, la<br />
prima fase di questa produzione è stata associata alle statuestele,<br />
che si diffondono, in quel periodo, in molte regioni europee.<br />
Si raffigurano armi (asce, alabarde, pugnali a lama triangolare),<br />
animali, motivi solari, carri ed aratri, simboli astratti.<br />
<strong>La</strong> figura umana ha un ruolo importante e viene collegata a simboli<br />
divini o di potere, come le corone raggiate. L’accresciuta<br />
presenza di armi nell’Età del bronzo potrebbe essere riferita allo<br />
sfruttamento delle risorse minerarie della valle, la cui ricchezza<br />
necessitava di protezione da parte di un gruppo armato.<br />
Il IV stile è riferito all’Età del ferro. Allo schematismo simbolico<br />
si sostituiscono la narrazione e la descrizione; forme stilizzate<br />
convivono con altre più naturalistiche e capaci di rappresentare<br />
il movimento.<br />
Sono frequenti le scene di caccia al cervo, lavori agricoli o artigianali,<br />
cerimonie religiose, scene con guerrieri in combattimento,<br />
in lotta rituale o in sfilata.<br />
Sopra: Fig. 1.9<br />
Repertorio delle figurazioni rupestri graffite della Valle Camonica.<br />
A lato: Fig. 1.10<br />
Scena di caccia al cervo e al camoscio e probabile scena di lotta<br />
rituale, Età Neolitica. Seradina, Valle Camonica, roccia n. 12.<br />
© Istituto Italiano Edizione Atlas<br />
PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong><br />
13
Le prime abitazioni<br />
Alcune tappe dell’abitazione in Italia<br />
Le prime forme di architettura<br />
I villaggi del Neolitico<br />
Le prime abitazioni dell’uomo furono le caverne, che, con il formarsi di comunità sedentarie<br />
e stanziate in villaggi, vennero progressivamente abbandonate a favore di dimore stabili.<br />
A partire dal Mesolitico sono frequenti gruppi di abitazioni dal pavimento elevato su una<br />
palificazione (palafitte), soluzione ampiamente diffusa nelle regioni alpine. Il ritrovamento<br />
nella metà dell’Ottocento di palificazioni nel lago di Zurigo aveva suggerito l’ipotesi che i villaggi<br />
palafitticoli si ergessero su piattaforme lignee sull’acqua. Oggi si pensa che le palafitte siano<br />
state erette in terraferma; il progressivo aumento del livello dei laghi e l’estensione delle<br />
zone paludose avrebbe determinato l’abbandono dei villaggi, poi gradualmente sommersi.<br />
• 1 000 000 a.C. Siti preappenninici<br />
Ca’ Belvedere di Monte Poggiolo presso Forlì; Ca’ Poggio<br />
(Bologna); Serra (Castelbolognese); Covignano (Rimini): in<br />
un’epoca in cui la pianura padana era occupata dal mare, i siti<br />
delle propaggini appenniniche furono frequentati da gruppi<br />
umani. I siti sono in genere ricchi di reperti in pietra e presentano<br />
una ricca stratigrafia (più livelli di terreno, in relazione<br />
a vari periodi insediativi).<br />
• Dal IX mill. a.C. Insediamenti rupestri a Matera<br />
Sono ottenuti scavando abitazioni nella pietra o tra gli anfratti<br />
del terreno. I cosiddetti Sassi sono composti da caverne scavate<br />
nel tufo, parzialmente sovrapposte e disposte lungo un<br />
ripido pendio: le parti scavate e quelle costruite si compenetrano,<br />
in modo che il tetto di un’abitazione diventi la strada<br />
di accesso a quella superiore.<br />
• 738 000 a.C. Accampamento umano a Isernia - <strong>La</strong> pineta<br />
• VI-V mill. a.C. Villaggi trincerati in Basilicata<br />
Sono racchiusi in trincee scavate nel terreno. Siti di Murgia Timone,<br />
Murgecchia, Serra d’Alto.<br />
• XX-XIII sec. a.C. Insediamenti con fossato, nel tavoliere foggiano.<br />
• XVI-XIII sec. a.C. Terramare<br />
<strong>La</strong> cultura terramaricola si è affermata nella media e recente Età<br />
del bronzo (1600-1200 a.C.), soprattutto in Emilia, dal Po fino<br />
alle prime aree collinari, come quella veronese, dove una forte<br />
espansione demografica ha determinato la fondazione di circa<br />
60 villaggi. Questo fenomeno corrispose ad un’affermazione<br />
culturale e produttiva nella regione padana centrale, in contrasto<br />
con la fase di stallo di molta parte dell’Europa occidentale.<br />
Il sistema terramaricolo è entrato in crisi attorno al secondo<br />
decennio del XII secolo a.C., forse per l’intensivo sfruttamento<br />
delle risorse naturali.<br />
Gli insediamenti avevano pianta quadrangolare ed erano cinti<br />
da fortificazioni, costituite per lo più da terrapieni sostenuti<br />
da palizzate lignee, affacciati su fossati con acqua.<br />
Le abitazioni consistevano in capanne, costruite su piattaforme<br />
lignee sostenute da pali. <strong>La</strong> ricostruzione delle capanne<br />
sullo stesso sito determinava l’accumulo, nello spazio sottostante,<br />
di materiali quali paglia, legno e terra, fino al formarsi<br />
di piccole colline. Questo materiale venne utilizzato nel<br />
XIX secolo come concime, da cui il termine, dato a queste cave,<br />
di ‘terre mare’ o ‘marne’.<br />
Dall’alto: 1.11 Siti neolitici a Matera, dal IX millennio a.C.<br />
I Sassi furono realizzati nel versante opposto e costituiscono oggi<br />
il centro storico di Matera.<br />
1.12 Particolare del villaggio neolitico di Passo di Corvo (Foggia),<br />
risalente al V e IV millennio a.C.<br />
1.13 Disegno ricostruttivo di un villaggio terramaricolo.<br />
14 PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong> © Istituto Italiano Edizione Atlas
Sopra: Fig. 1.14<br />
Dolmen di Sa Coveccada, I metà del IV millennio<br />
a.C. 5x2,50 m, alt. 2,70 m. Mores, Sassari.<br />
<strong>La</strong> camera interna misura 4,18x1,14 m; il dolmen è<br />
chiuso da una lastra frontale con portello d’ingresso<br />
(50x50 cm). Lo precede un menhir.<br />
Sotto: Fig. 1.15<br />
Dolmen di Bisceglie (Bari), 3000 a.C. ca.<br />
<strong>La</strong> lastra orizzontale misura 385x240 cm.<br />
Sopra: Fig. 1.16<br />
Schema del sistema trilitico.<br />
Il peso del muro posto sopra<br />
l’architrave viene equamente<br />
distribuito lungo i piedritti.<br />
A destra e sotto: Figg. 1.17, 1.18<br />
Le zone archeologiche di Carnac,<br />
Bretagna. Planimetria e veduta.<br />
1. Allineamento di Le Ménec.<br />
1050 pietre sono allineate per una<br />
lunghezza di 950 metri (sotto).<br />
2. Toul-Chignan. Allineamento che si<br />
conclude con un cerchio di pietre.<br />
3. Allineamenti di Kermario.<br />
Si distinguono per la dimensione<br />
monumentale dei monoliti.<br />
4. Tumulo di Saint-Michel.<br />
5. Cairn di Kercado.<br />
6. Allineamenti di Kerlescan.<br />
7. Allineamenti di Le Manio.<br />
8. Dolmen (sepolcro collettivo).<br />
9. Gigante di Le Manio<br />
(monolite alto sei metri).<br />
© Istituto Italiano Edizione Atlas<br />
architrave<br />
piedritto<br />
1<br />
Le costruzioni megalitiche<br />
All’ultima fase del Neolitico e alla successiva fase Eneolitica (o Età del<br />
rame) risalgono le grandi costruzioni megalitiche (dal greco mégas,<br />
grande, e lìthos, pietra). Sono destinate in gran parte al culto.<br />
Tra i megaliti più diffusi ricordiamo il menhir (dal bretone men, pietra,<br />
e hir, lunga): è un’alta pietra conficcata nel terreno, posta probabilmente<br />
ad indicare un luogo di sepoltura, come dimostra il fatto che talvolta porta<br />
inciso un volto umano. Le pietre sono alte mediamente da 2-3 metri a<br />
6 metri; possono tuttavia raggiungere altezze molto elevate, come il<br />
menhir bretone di Kerloas (9,5 metri, ma un tempo ancor più alto) e quello<br />
di Locmariaquer (oggi caduto, ma in origine alto poco più di 20 metri).<br />
I menhir possono essere isolati o disposti in allineamenti rettilinei o circolari,<br />
come in Bretagna o in Gran Bretagna. Molti di essi rispettano precise<br />
direzioni astronomiche, riferite in particolare al Sole e alla Luna. A<br />
Carnac, in Bretagna, circa 3000 monoliti sono allineati, per una lunghezza<br />
di oltre un chilometro, su più file parallele, orientate verso occidente.<br />
Numerosi sono i casi di allineamenti anche in Italia; tra questi il dolmen<br />
di Bisceglie, introdotto da un percorso d’ingresso orientato.<br />
Il dolmen (dal bretone doul o tol, tavola, e men, pietra) è costituito da<br />
due o più blocchi lapidei infissi nel terreno, cui è sovrapposta una lastra<br />
orizzontale. Diffuso prevalentemente nelle regioni vicine al mare, fu utilizzato<br />
dal III al I millennio a.C. nell’Europa atlantica (dalla Scandinavia<br />
al Portogallo) e mediterranea. Il dolmen ha carattere sepolcrale: può essere<br />
una tomba individuale o collettiva. In quest’ultimo caso è formato<br />
da più blocchi portanti e talvolta presenta un corridoio di accesso.<br />
Questo sistema costruttivo è il primo utilizzato dall’uomo e prende il<br />
nome di trilitico, perché composto da tre pietre: due verticali, i piedritti,<br />
che sostengono una terza orizzontale, l’architrave. I dolmen erano in<br />
origine ricoperti da un tumulo di pietrame o di terra (cairn). In Italia, i più<br />
antichi dolmen sono quelli rinvenuti in Sardegna, nelle Puglie e, per<br />
l’Età del rame, nella regione alpina.<br />
Applicazione monumentale del sistema trilitico sono i cromlech (dal<br />
bretone crom, rotondo, e lech, pietra), serie di dolmen disposti in modo<br />
da formare figure circolari concentriche.<br />
Se i più imponenti esempi di architettura megalitica sono stati eretti<br />
nell’Europa centro-settentrionale, ritrovamenti nell’intera area mediterranea<br />
ne attestano l’ampia diffusione.<br />
2<br />
4<br />
N<br />
8<br />
200 m<br />
3<br />
7<br />
5<br />
PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong><br />
9<br />
6<br />
15
I templi di Malta<br />
Dall’inizio del IV alla metà del III millennio a.C., l’arcipelago<br />
maltese fu interessato da un’intensa attività costruttiva,<br />
sebbene la popolazione vivesse per lo più in villaggi.<br />
Le testimonianze più importanti sono i santuari, luoghi sacri<br />
composti da più parti. Al loro interno, si trovano i grandi<br />
templi (ne sono stati individuati circa trenta nell’arcipelago),<br />
che derivano probabilmente dalle sepolture collettive ipogee,<br />
documentate a partire dalla fine del V millennio a.C.<br />
<strong>La</strong> tipologia architettonica dei santuari maltesi non trova<br />
riscontri in altre aree del Mediterraneo. <strong>La</strong> prima fase di<br />
questo fenomeno, tra il 3600 e il 3000 a.C., prende il nome<br />
dal sito di Ggantija (‘torre dei giganti’), nell’isola di Gozo.<br />
L’architettura templare ha pianta a lobi: un corridoio<br />
centrale distribuisce simmetricamente locali delimitati da<br />
muri curvilinei, generalmente tre. Questa distribuzione è divenuta<br />
più articolata nella seconda metà del IV millennio,<br />
come mostra il sito di Ggantija. Questo consiste in un complesso<br />
di due templi, racchiusi da un’unico muro e probabilmente<br />
in origine coperti. Le facciate si ergevano su ampi<br />
cortili, mentre i blocchi di pietre erano disposti ordinatamente<br />
su filari orizzontali in alto e verticali in basso. L’ingresso<br />
è, di norma, inquadrato da tre grandi monoliti.<br />
Interessante è anche l’Ipogeo di Hal Saflieni, struttura<br />
sotterranea scavata intorno al 2500 a.C. Potrebbe essere stato<br />
un caso eccezionale di tempio preistorico sotterraneo.<br />
Gli interni erano spesso intonacati e dipinti, talvolta arricchiti<br />
da rilievi a motivi geometrici e figure animali che componevano<br />
un ricco apparato iconografico. Sono state rinvenute<br />
anche statue e figure votive di varia dimensione, come le<br />
figurine della dea obesa dormiente (vedi pag. 12)<br />
A destra: Fig. 1.19<br />
Complesso di Ggantija<br />
a Gozo (Malta),<br />
3600-3000 a.C.<br />
Pianta.<br />
Sotto: Fig. 1.20<br />
Ambiente<br />
principale<br />
dell’Ipogeo di<br />
Hal Saflieni<br />
a Paola (Malta),<br />
2500 a.C. ca.<br />
Analisi<br />
dell’opera<br />
I circoli megalitici<br />
Nell’Europa neolitica ed eneolitica sono stati eretti numerosi<br />
complessi megalitici in allineamenti circolari.<br />
In origine avevano probabilmente la funzione di definire il ciclo<br />
lunare (il periodo tra due lune nuove), successivamente<br />
il moto del Sole e lo svolgimento delle stagioni, da cui dipendevano<br />
le attività agricole e pastorali e, quindi, l’organizzazione<br />
sociale. I siti, però, più che strumenti per misurare<br />
il tempo, erano luoghi in cui si svolgevano cerimonie collettive,<br />
come riti funerari, agrari, di fertilità.<br />
Le isole britanniche hanno conservato tracce di sistemi di<br />
megaliti ad anello, come nei siti di Avebury e di Stonehenge<br />
nello Wiltshire e di Brogar in Scozia; in Sardegna spicca<br />
il circolo Is Cirquittus presso <strong>La</strong>coni (2500 a.C. circa).<br />
A pagina seguente, sopra: Fig. 1.23<br />
Il Circolo di Avebury, Wiltshire (Inghilterra). 2500-2000 a.C.<br />
Diametro del fossato: 472 metri.<br />
In questa pagina, sotto: Figg. 1.21, 1.22<br />
Due vedute del Cromlech di Stonehenge, 3100-1500 a.C.<br />
Stonehenge, Wiltshire (Inghilterra).<br />
16 PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong> © Istituto Italiano Edizione Atlas
I circoli megalitici e il Cromlech di Stonehenge<br />
Il Cromlech di Stonehenge<br />
Il Cromlech di Stonehenge venne realizzato in tre fasi tra il<br />
3100 a.C. e il 1500 a.C. Presentava una struttura circolare<br />
esterna formata da 30 monoliti allineati (ne rimangono 16) e<br />
sormontati da architravi, in modo da costituire una sequenza<br />
continua di triliti. Tali monoliti sono alti quattro metri e delimitano<br />
una circonferenza del diametro di circa 30 metri.<br />
Il cromlech è circondato da un fossato di circa 98 metri di diametro<br />
e 6 di larghezza; all’interno, un’ulteriore struttura a forma<br />
di ferro di cavallo corrisponde forse ad un cerchio non completato.<br />
In alcune pietre sono rimaste tracce di figure incise.<br />
Sorprende la complessità delle tecniche di edificazione e<br />
l’imponenza dei mezzi utilizzati, in un periodo in cui in Gran<br />
Bretagna il trasporto su ruote era ancora sconosciuto. Basta<br />
pensare che alcuni monoliti, in pietra azzurra di dolerite screziata,<br />
provenivano da cave gallesi distanti 230 km.<br />
Ad una prima fase, intorno al 3100 a.C., risalirebbero lo scavo<br />
del fossato esterno, un cerchio più piccolo contenente 56<br />
buche e la posa di due pietre d’ingresso sul lato nord-orientale<br />
(oggi ne è rimasta solo una).<br />
Attorno al 2100 a.C. furono portate in sito e collocate le circa<br />
80 ‘pietre azzurre’ formanti il cromlech e, a partire dal<br />
2000 a.C., le pietre interne. Di queste, solo 7 sono oggi in sito.<br />
Infine, sono state poste le circa 20 ‘pietre azzurre’ disposte<br />
a ferro di cavallo e, intorno al 1500, sono stati scavati altri<br />
2 cerchi concentrici e disposti ulteriori monoliti.<br />
Una discussa interpretazione<br />
Secondo un’ipotesi comunemente accreditata, avanzata da Alexander Thom alla metà del Novecento, il<br />
complesso sarebbe stato utilizzato per due millenni come osservatorio astronomico, inserito comunque entro<br />
un’area sacra e rituale. Gli allineamenti dei monoliti, disposti in doppio colonnato, corrisponderebbero<br />
alle posizioni del Sole nei solstizi d’estate e d’inverno, mentre le 56 buche poste nell’anello esterno sarebbero<br />
servite a contare gli anni (appunto 56) che separano, ciclicamente, un’eclissi solare dalla successiva.<br />
Sull’interpretazione del complesso pesa, però, il dubbio dei numerosi interventi di restauro avviati dal<br />
1901 e poi ripresi nel 1919 e negli anni ’50 e ’60; testimonianze fotografiche e documentarie mostrerebbero,<br />
infatti, la differente collocazione iniziale di alcuni monoliti.<br />
Solstizio d’estate<br />
(21 giugno):<br />
all’alba il Sole<br />
attraversava<br />
i triliti allineati,<br />
colpendo la<br />
Heel Stone.<br />
L’area sacra era<br />
delimitata da un<br />
argine e da un<br />
fossato.<br />
Per mezzo di un segnale (una<br />
pietra), inserito nelle buche e<br />
spostato ogni anno, era possibile<br />
prevedere quanti anni mancassero<br />
all’eclissi.<br />
© Istituto Italiano Edizione Atlas<br />
Fig. 1.24<br />
Ricostruzione<br />
grafica del<br />
Cromlech di<br />
Stonehenge e il<br />
suo utilizzo<br />
secondo<br />
Alexander<br />
Thom.<br />
Solstizio d’inverno (21 dicembre):<br />
all’alba il Sole attraversava<br />
i due triliti agli estremi del<br />
semicerchio interno.<br />
Heel Stone (Pietra del<br />
Calcagno) è il menhir<br />
posto all’inizio<br />
del corridoio<br />
d’accesso.<br />
PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong> 17
Focus: Le discipline dell’arte<br />
Lo scavo archeologico<br />
L’archeologo e lo scavatore<br />
L’archeologo è, allo stesso tempo, uno storico e un investigatore;<br />
egli cerca di ricostruire le azioni umane, raccogliendone<br />
sia le tracce macroscopiche sia quelle microscopiche, per<br />
collocarle in una ordinata sequenza cronologica.<br />
Il risultato di queste indagini si appoggia su documenti certi:<br />
le fonti scritte e i dati di scavo, i quali, in quanto unica fonte<br />
di informazione sicura, devono essere acquisiti mediante<br />
un metodo rigoroso. Chi scava è ben consapevole che sottraendo<br />
al terreno indizi e prove, distrugge per sempre i contesti<br />
che rimuove.<br />
Le fasi dello scavo archeologico<br />
Fasi non distruttive<br />
Scelta del sito<br />
Ricognizioni – Prospezioni.<br />
Raccolta fonti scritte e orali.<br />
Cartografia – Foto aeree.<br />
Preparazione dello scavo<br />
Rilievo topografico generale.<br />
Divisione dell’area in quadranti<br />
(20x20 m o 5x5 m).<br />
Organizzazione del cantiere<br />
Acquisizione delle autorizzazioni.<br />
Scelta del periodo di scavo.<br />
Reperimento delle attrezzature.<br />
Formazione del gruppo di lavoro.<br />
Definizione della forma e dello scavo.<br />
Fase distruttiva<br />
Esecuzione e documentazione<br />
Redazione del giornale di scavo.<br />
Rimozione dello strato vegetale<br />
superficiale (humus).<br />
Asportazione degli strati.<br />
Registrazione delle unità<br />
stratigrafiche e dei reperti.<br />
Rilievi grafici e fotografici.<br />
Fasi ricostruttive<br />
Ricostruzione<br />
Ricomposizione delle unità<br />
stratigrafiche.<br />
Classificazione e studio dei reperti.<br />
Datazione.<br />
Elaborazione dei dati e loro<br />
interpretazione.<br />
Ipotesi di microstoria.<br />
Restauro dei reperti<br />
Schedatura e restauro dei materiali<br />
mobili.<br />
Restauro conservativo e protezione<br />
delle strutture.<br />
Edizione<br />
Pubblicazione delle fasi dello scavo<br />
e dei risultati.<br />
Aspetti teorici dello scavo archeologico<br />
Compito di chi scava è individuare e distinguere le tracce delle<br />
azioni umane attraverso il metodo stratigrafico. Esso si<br />
basa sul principio per cui le formazioni di terreno più recenti,<br />
naturali o antropiche, si sovrappongono a quelle più antiche.<br />
Mentre in passato si scavava per trincee o saggi di ampiezza<br />
limitata, oggi lo scavo segue ogni strato in senso orizzontale,<br />
per tutta la sua estensione: si tende a scavare di meno,<br />
ma completamente e seguendo un procedimento che coinvolge<br />
esperti in varie discipline (geologi, zoologi, botanici, paleontologi,<br />
disegnatori, fotografi, restauratori).<br />
Lo scavo è preceduto da una fase ricognitiva chiamata archeologia di superficie, volta<br />
a individuare il sito da scavare mediante la raccolta dei dati bibliografici e d’archivio,<br />
l’acquisizione di cartografia storica e attuale, sopralluoghi, riprese fotografiche aeree,<br />
prospezioni geofisiche ed elettromagnetiche, sondaggi stratigrafici (carotaggi).<br />
Si predispone un rilievo topografico generale dell’area, con curve di livello e punti<br />
di riferimento (caposaldi). A questo si aggancia una rete con picchetti, formata da<br />
quadrati, funzionale alle successive operazioni. Si organizza, quindi, il cantiere di<br />
scavo. Il gruppo di lavoro è composto (al minimo) dal direttore dello scavo, da archeologi<br />
responsabili dei settori o dei saggi, da un responsabile della gestione logistica<br />
e amministrativa, da un topografo, da disegnatori, da fotografi e da manodopera<br />
comune o qualificata.<br />
Si inizia rimuovendo lo strato superficiale (humus), generalmente poco significativo<br />
dal punto di vista stratigrafico. Si è, quindi, in grado di stabilire la forma dello scavo,<br />
che prosegue con il riconoscimento e l’asportazione della porzione di terreno più recente<br />
(unità stratigrafica), ‘distruggendo’ gli strati nell’ordine inverso in cui si sono<br />
depositati. Ogni strato presenta una superficie detta interfaccia, una sorta di pellicola<br />
che marca il confine con gli strati contigui. Sia i volumi sia le superfici sono considerati<br />
unità stratigrafiche (US) e vengono numerati. L’archeologo deve saper riconoscere<br />
la discontinuità tra uno strato e l’altro e registrarla in apposite schede. <strong>La</strong> documentazione<br />
è parte integrante dello scavo-distruzione in quanto unica testimonianza<br />
delle operazioni che hanno modificato irreversibilmente il terreno.<br />
Gli elementi della documentazione-ricostruzione sono: a. il giornale di scavo; b. le<br />
schede di unità stratigrafica, il posizionamento tridimensionale e la descrizione dei reperti<br />
in essa contenuti; c. il rilievo grafico (piante, sezioni, prospetti, assonometrie); d.<br />
il rilievo fotografico.<br />
<strong>La</strong> fase ricostruttiva comporta l’elaborazione della documentazione raccolta attraverso<br />
la ricomposizione delle unità stratigrafiche e la loro datazione. È questo il momento<br />
in cui l’archeologo-scavatore dà prova del rigore metodologico seguito.<br />
Per una corretta interpretazione dei dati è necessario un lavoro di analisi dei materiali<br />
recuperati e delle strutture riportate alla luce mediante la classificazione, lo studio tipologico,<br />
l’esame comparativo e l’eventuale riproduzione dei manufatti o ricostruzione<br />
delle strutture, applicando le tecnologie del mondo antico (archeologia sperimentale).<br />
Considerato che tutto quello che è rimasto per secoli nel sottosuolo, appena riportato<br />
alla luce, subisce un processo di deterioramento accelerato e talvolta immediato,<br />
chi scava deve essere pronto a intervenire, anche in corso d’opera, con operazioni di<br />
‘pronto soccorso’, quali il consolidamento, la protezione, l’estrazione dei reperti con<br />
tecniche di restauro e la conservazione degli stessi in ambiente controllato. Un altro<br />
aspetto del problema è la sistemazione definitiva del sito, ovvero la sua ‘musealizzazione’,<br />
all’aperto o meno.<br />
Anche la pubblicazione integrale dello scavo deve essere programmata prima e si articola<br />
in due fasi: i rapporti preliminari (ad uso della comunità scientifica) e la stampa<br />
definitiva. In tale pubblicazione è molto utile ricostruire graficamente le forme incomplete,<br />
siano esse di oggetti o di strutture (sezioni, prospetti e assonometrie). In<br />
questo modo, la microstoria estratta dal sottosuolo entra a far parte della grande storia<br />
dell’umanità.<br />
18 PARTE 1 CAP. 1 - L’arte della <strong>Preistoria</strong> © Istituto Italiano Edizione Atlas