03.06.2013 Views

Commento al Vangelo del giorno - 11 Novembre 2012 - Padre Lino ...

Commento al Vangelo del giorno - 11 Novembre 2012 - Padre Lino ...

Commento al Vangelo del giorno - 11 Novembre 2012 - Padre Lino ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

«Dacci oggi il nostro pane quotidiano»<br />

Il <strong>Vangelo</strong> <strong>del</strong>la liturgia <strong>del</strong> <strong>giorno</strong><br />

commentato da p. <strong>Lino</strong> Pedron<br />

Commenti <strong>al</strong> <strong>Vangelo</strong> <strong>del</strong> <strong>giorno</strong> <strong>del</strong> mese di <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

(Le letture sono tratte d<strong>al</strong> Nuovo Lezionario - Testo CEI2008)<br />

Giovedì 1 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong> - TUTTI I SANTI<br />

Mt 5,1-12<br />

R<strong>al</strong>legratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.<br />

1 Vedendo le folle, Gesù s<strong>al</strong>ì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi<br />

discepoli. 2 Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:<br />

3<br />

«Beati i poveri in spirito,<br />

perché di essi è il regno dei cieli.<br />

4<br />

Beati quelli che sono nel pianto,<br />

perché saranno consolati.<br />

5<br />

Beati i miti,<br />

perché avranno in eredità la terra.<br />

6<br />

Beati quelli che hanno fame e sete <strong>del</strong>la giustizia,<br />

perché saranno saziati.<br />

7<br />

Beati i misericordiosi,<br />

perché troveranno misericordia.<br />

8<br />

Beati i puri di cuore,<br />

perché vedranno Dio.<br />

9<br />

Beati gli operatori di pace,<br />

perché saranno chiamati figli di Dio.<br />

10<br />

Beati i perseguitati per la giustizia,<br />

perché di essi è il regno dei cieli.<br />

<strong>11</strong><br />

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta<br />

di m<strong>al</strong>e contro di voi per causa mia. 12 R<strong>al</strong>legratevi ed esultate, perché grande è la vostra<br />

ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.<br />

In questo brano Matteo ha un’intenzione precisa: presentare Gesù come il nuovo Mosè, e il discorso di Gesù<br />

sulla montagna come il compimento <strong>del</strong>la legge <strong>del</strong> Sinai. Il suo messaggio si concentra sulla parola "beati". La<br />

beatitudine <strong>del</strong>l’uomo povero e sofferente ha il suo fondamento in Gesù: in lui Dio ci ha già dato tutto.<br />

Questo discorso traduce l’esperienza di Cristo, che può e deve diventare l’esperienza <strong>del</strong> cristiano. Non suggerisce<br />

le condizioni per essere frati o suore, ma semplicemente per essere cristiani.<br />

Gesù aveva detto <strong>al</strong> tentatore: "Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce d<strong>al</strong>la bocca<br />

di Dio" (Mt 4,4). Ora Gesù apre solennemente la bocca per dare la vita di Dio agli uomini per mezzo <strong>del</strong>la sua<br />

parola.<br />

"Beati i poveri in spirito". La povertà indica prima di tutto un atteggiamento spiritu<strong>al</strong>e nei confronti di Dio. I poveri<br />

in spirito attendono ogni aiuto da Dio. L’atteggiamento richiesto d<strong>al</strong>la prima beatitudine è come quello <strong>del</strong> bambino:<br />

"Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: ‘In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete<br />

come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino,<br />

sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie<br />

me’"(Mt 18,2-5). La beatitudine dei poveri in spirito afferma in modo inequivocabile il primato <strong>del</strong>la grazia, non quello<br />

<strong>del</strong>le opere.<br />

Il povero in spirito è distaccato non solo dai beni materi<strong>al</strong>i, che sono i meno importanti, ma anche e soprattutto<br />

dai beni superiori <strong>del</strong>l’intelligenza e <strong>del</strong>la volontà, d<strong>al</strong>le proprie idee, d<strong>al</strong> proprio modo di sentire. Libero da se stesso,<br />

d<strong>al</strong>le sue vedute e aspirazioni umane, egli è pronto ad accogliere i beni <strong>del</strong> regno dei cieli. Questa disposizione<br />

interiore è indispensabile per chiunque voglia mettersi <strong>al</strong> seguito di Gesù. La s<strong>al</strong>vezza è una re<strong>al</strong>tà troppo grande<br />

per essere compresa d<strong>al</strong>la sola intelligenza umana. Chi pretende di ragionare troppo, e quindi a sproposito, rimane<br />

fuori da essa. Per questo, chi non è povero non può entrare nel regno dei cieli. Questa beatitudine è la caratteristica<br />

<strong>del</strong>la persona di Gesù che noi dobbiamo imitare: "Imparate da me che sono povero e umile di cuore" (Mt <strong>11</strong>,29).<br />

Poveri in spirito non si nasce, ma si diventa, combattendo contro le istintive aspirazioni dei sensi, le pretese<br />

<strong>del</strong>l’intelligenza e le incomprensioni degli <strong>al</strong>tri. Il vero povero non è colui che Dio ha umiliato, ma colui che si è abbassato<br />

con l’amore di un figlio. La vita <strong>del</strong> povero è caratterizzata d<strong>al</strong>l’obbedienza, d<strong>al</strong>la sottomissione, d<strong>al</strong>la remissività,<br />

d<strong>al</strong>l’abbandono, d<strong>al</strong> silenzio. La povertà evangelica presenta l’ide<strong>al</strong>e religioso e spiritu<strong>al</strong>e nella sua dupli-<br />

1


ce relazione. Verso Dio si esprime come umile e fe<strong>del</strong>e sottomissione, verso il prossimo come pacifica e cordi<strong>al</strong>e<br />

accoglienza.<br />

"Beati gli afflitti". Gesù non è stato mandato solo per annunciare il vangelo ai poveri, ma anche a consolare gli<br />

afflitti (cfr Is 61,2). Essi non sono t<strong>al</strong>i semplicemente per le disgrazie umane e le tribolazioni che affliggono tutti, ma<br />

soprattutto a causa <strong>del</strong>le oppressioni e <strong>del</strong>le ingiustizie subite per l’attuazione <strong>del</strong> piano di Dio. Sono afflitti perché il<br />

bene è deriso, perché la comunità cristiana è perseguitata e oppressa, perché Dio non è conosciuto e amato.<br />

"Beati i miti". Nell’Antico Testamento Mosè "era molto più mite di ogni uomo che è sulla terra" (Nm 12,3) e nel<br />

Nuovo Testamento Gesù si presenta "mite e umile di cuore" (Mt <strong>11</strong>,29; cfr Mt 21,5). Il mite è colui che re<strong>al</strong>izza in sé<br />

l’esortazione <strong>del</strong> s<strong>al</strong>mo 37,7-<strong>11</strong>: "Sta’ in silenzio davanti <strong>al</strong> Signore e spera in lui; non irritarti per chi ha successo,<br />

per l’uomo che trama insidie. Desisti d<strong>al</strong>l’ira e deponi lo sdegno, non irritarti: faresti <strong>del</strong> m<strong>al</strong>e, poiché i m<strong>al</strong>vagi saranno<br />

sterminati, ma chi spera nel Signore possederà la terra. Ancora un poco e l’empio scompare, cerchi il suo<br />

posto e più non lo trovi. I miti invece possederanno la terra e godranno di una grande pace". Si tratta <strong>del</strong> possesso<br />

pieno e felice <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza promessa a quelli che seguono Gesù "mite e umile di cuore" (Mt <strong>11</strong>,29).<br />

"Beati quelli che hanno fame e sete <strong>del</strong>la giustizia". La giustizia è l’attuazione completa e generosa <strong>del</strong>la volontà<br />

di Dio rivelata nel vangelo di Gesù. La fame e la sete indicano il desiderio di cercare e di attuare in se stessi questo<br />

progetto di Dio attraverso l’esercizio <strong>del</strong>l’amore (cfr Mt 25,37). Gli affamati e gli assetati <strong>del</strong>la giustizia sono coloro<br />

che hanno fatto <strong>del</strong> compimento <strong>del</strong>la volontà di Dio la massima aspirazione <strong>del</strong>la propria vita, a t<strong>al</strong> punto che per<br />

loro la ricerca <strong>del</strong> piano di Dio diventa vit<strong>al</strong>e come il mangiare e il bere. La ricompensa per quelli che hanno desiderato<br />

intensamente la giustizia di Dio è la sazietà, che significa la comunione piena e definitiva con Dio e con i fratelli.<br />

"Beati i misericordiosi". La prima ed essenzi<strong>al</strong>e esigenza <strong>del</strong> regno di Dio è la misericordia attiva che ha la sua<br />

fonte e il suo mo<strong>del</strong>lo nell’agire di Dio: "Siate misericordiosi, come è misericordioso il <strong>Padre</strong> vostro" (Lc 6,36).<br />

L’amore misericordioso e benevolo di Dio si manifesta princip<strong>al</strong>mente in due modi: perdona i peccati e soccorre e<br />

protegge i bisognosi. Perciò il giusto davanti a Dio lo imita nel suo agire verso il prossimo perdonando i torti ricevuti<br />

e impegnandosi a soccorrere generosamente gli indigenti. Questa è la condizione per trovare misericordia presso<br />

Dio. Matteo presenta Gesù come l’incarnazione <strong>del</strong>la bontà compassionevole di Dio nel modo di agire e nelle scelte<br />

che ha compiuto a favore dei peccatori e dei bisognosi (cfr Mt 9,13; 12,7; 23,23; ecc.).<br />

"Beati i puri di cuore". Il cuore come simbolo di interiorità spiritu<strong>al</strong>e e mor<strong>al</strong>e designa la dimensione profonda e<br />

person<strong>al</strong>e <strong>del</strong>la relazione religiosa con Dio e con il prossimo in contrapposizione <strong>al</strong>la superfici<strong>al</strong>ità e <strong>al</strong>l’esteriorità<br />

<strong>del</strong>le forme. I puri di cuore sono coloro che sanno accettare l’insegnamento di Gesù, la persona stessa di Gesù.<br />

Questa beatitudine richiede la piena adesione <strong>al</strong> vangelo. La visione di Dio promessa ai puri di cuore è la s<strong>al</strong>vezza<br />

definitiva <strong>del</strong> paradiso dove vedranno Dio "a faccia a faccia" (1Cor 13,12).<br />

"Beati gli operatori di pace". Gli operatori di pace sono i continuatori <strong>del</strong>l’opera di Gesù, gli annunciatori <strong>del</strong><br />

messaggio <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza. La pace è assenza di ogni inimicizia, è presenza di grazia e di santità. Solo chi vive nella<br />

pace di Dio può diventare strumento di pace umana. Gli apportatori <strong>del</strong>la pace sono gli annunciatori <strong>del</strong> vangelo,<br />

tutti coloro che lavorano per la venuta <strong>del</strong> regno di Dio sulla terra. Essi meritano l’appellativo di figli di Dio perché<br />

sono animati dagli stessi desideri di s<strong>al</strong>vezza e impegnati nella sua stessa opera. Solo la concordia e la riconciliazione<br />

con i fratelli rendono il culto accetto a Dio ed efficace la preghiera <strong>del</strong>la comunità (cfr Mt 5,23-24; 18,19-20).<br />

L’impegno di fare opera di pace tra le persone è un modo concreto di attuare l’amore <strong>del</strong> prossimo. A questi operatori<br />

di pace è promessa la re<strong>al</strong>izzazione <strong>del</strong> rapporto di piena comunione con Dio: essere riconosciuti come suoi<br />

figli.<br />

"Beati i perseguitati". Il messaggio <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza è imperniato sulla croce: chi lo annuncia e chi lo riceve<br />

dev’essere disposto a lasciarsi oltraggiare, c<strong>al</strong>unniare, spogliare, crocifiggere. La sofferenza <strong>del</strong>l’innocente è un<br />

mistero di cui l’uomo <strong>del</strong>l’Antico Testamento non ha saputo intravedere la soluzione (cfr Sap 3,4). La beatificazione<br />

<strong>del</strong> dolore che il Nuovo Testamento ribadisce in numerose occasioni è un paradosso che non trova la sua giustificazione<br />

nella logica umana, ma solo nell’esempio e nell’insegnamento di Gesù. La persecuzione è l’eredità che<br />

Gesù lascia ai suoi discepoli, il segno che autentica la loro chiamata, ma anche la via per conseguire la felicità e la<br />

gloria. Il testo tocca il messaggio centr<strong>al</strong>e <strong>del</strong> cristianesimo: la passione, morte e risurrezione di Cristo. La beatitudine<br />

e il possesso <strong>del</strong> regno dei cieli è la Pasqua di risurrezione <strong>del</strong> cristiano, ma per potervi giungere egli deve<br />

prima, necessariamente, passare attraverso la sofferenza e la morte. L’origin<strong>al</strong>ità di questa beatitudine è costituita<br />

d<strong>al</strong>le motivazioni che devono qu<strong>al</strong>ificare lo stile <strong>del</strong>la perseveranza cristiana: l’assimilazione interiore <strong>al</strong> destino di<br />

Cristo rifiutato e perseguitato (cfr Mt 10,24-25) e l’adesione integra e pratica <strong>al</strong>la volontà di Dio, concretizzata nel<br />

progetto di vita cristiana. La persecuzione dovrebbe provocare l’amarezza e l’abbattimento, invece produce la gioia<br />

per aver sopportato le sofferenze richieste d<strong>al</strong>la propria fe<strong>del</strong>tà <strong>al</strong>la verità e a Cristo. I fe<strong>del</strong>i sono invitati a gioire in<br />

mezzo <strong>al</strong>le persecuzioni perché in essi si compie il mistero di morte e di risurrezione che Gesù ha re<strong>al</strong>izzato per<br />

primo nella sua vita. Essi sono proclamati beati, felici, fortunati già ora in vista <strong>del</strong>la piena e definitiva felicità che è<br />

loro promessa da Dio.<br />

2


Le beatitudini evangeliche hanno il loro mo<strong>del</strong>lo e la garanzia <strong>del</strong>la loro re<strong>al</strong>izzazione in Gesù, il "povero e umile<br />

di cuore", rifiutato e perseguitato dagli uomini, ma riabilitato e glorificato da Dio (cfr At 5,31; Fil 2,9-<strong>11</strong>; ecc.).<br />

Venerdì 2 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong> - COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI (Messa I)<br />

Gv 6,37-40<br />

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo <strong>giorno</strong>.<br />

37 Tutto ciò che il <strong>Padre</strong> mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori,<br />

38 perché sono disceso d<strong>al</strong> cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che<br />

mi ha mandato. 39 E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla<br />

di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo <strong>giorno</strong>. 40 Questa infatti è la volontà<br />

<strong>del</strong> <strong>Padre</strong> mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo<br />

risusciterò nell'ultimo <strong>giorno</strong>»<br />

Gesù è diventato uomo per fare la volontà <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>, per vivere in sintonia con il <strong>Padre</strong>. Il progetto di Dio è un<br />

progetto di s<strong>al</strong>vezza. Affidando <strong>al</strong> Figlio questo progetto, il <strong>Padre</strong> proclama che gli uomini sono s<strong>al</strong>vati da Gesù, e<br />

che nessuno deve andare perduto, perché Dio vuole che tutti siano s<strong>al</strong>vati. Il <strong>Padre</strong> vuole che Gesù risusciti<br />

nell’ultimo <strong>giorno</strong> tutti coloro che gli ha affidato.<br />

Dio vuole la s<strong>al</strong>vezza completa e perfetta di tutte le persone affidate a suo Figlio. Questa s<strong>al</strong>vezza ci è data attraverso<br />

la risurrezione fin<strong>al</strong>e. Le parole di Gesù: "E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non<br />

perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo <strong>giorno</strong>" (v. 39) ci fanno capire che Gesù s<strong>al</strong>va tutti<br />

donando la vita eterna, la vita stessa di Dio. E questo dono <strong>del</strong>la vita eterna è legato a una condizione: contemplare<br />

il Figlio di Dio e credere in lui. Si tratta <strong>del</strong>lo sguardo contemplativo di una fede profonda che orienta tutta<br />

l’esistenza verso la persona di Gesù.<br />

Gesù è Dio che re<strong>al</strong>izza il desiderio più profondo <strong>del</strong>l’uomo: vivere sempre. Egli appaga questo desiderio vit<strong>al</strong>e<br />

<strong>del</strong>l’uomo a condizione che egli creda, non solo a parole ma con la vita vissuta, che Gesù è il Figlio di Dio.<br />

L’espressione "nell’ultimo <strong>giorno</strong>" (vv. 39-40) ha un significato preciso: è il <strong>giorno</strong> in cui termina la creazione<br />

<strong>del</strong>l’uomo e si compie la morte di Gesù; il <strong>giorno</strong> in cui si celebrerà il trionfo fin<strong>al</strong>e <strong>del</strong> Figlio sulla morte e tutti potranno<br />

ricevere lo Spirito che verrà donato <strong>al</strong>l’umanità: il <strong>giorno</strong> <strong>del</strong>la Pasqua di risurrezione. Allora Gesù porterà a<br />

compimento la sua missione tramite la risurrezione e donerà la vita definitiva, che ha inizio già nella vita presente<br />

mediante la fede e il suo compimento nella risurrezione <strong>al</strong>la fine dei tempi.<br />

COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI (Messa II)<br />

Mt 25,31-46<br />

Venite benedetti <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> mio.<br />

31 Quando il Figlio <strong>del</strong>l'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul<br />

trono <strong>del</strong>la sua gloria. 32 Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni<br />

dagli <strong>al</strong>tri, come il pastore separa le pecore d<strong>al</strong>le capre, 33 e porrà le pecore <strong>al</strong>la sua destra<br />

e le capre <strong>al</strong>la sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che saranno <strong>al</strong>la sua destra: «Venite,<br />

benedetti <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin d<strong>al</strong>la creazione<br />

<strong>del</strong> mondo, 35 perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete<br />

dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36 nudo e mi avete vestito, m<strong>al</strong>ato e mi<br />

avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». 37 Allora i giusti gli risponderanno:<br />

«Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e<br />

ti abbiamo dato da bere? 38 Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o<br />

nudo e ti abbiamo vestito? 39 Quando mai ti abbiamo visto m<strong>al</strong>ato o in carcere e siamo<br />

venuti a visitarti?». 40 E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto<br />

a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». 41 Poi dirà anche a quelli<br />

che saranno <strong>al</strong>la sinistra: «Via, lontano da me, m<strong>al</strong>edetti, nel fuoco eterno, preparato per<br />

il diavolo e per i suoi angeli, 42 perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho<br />

avuto sete e non mi avete dato da bere, 43 ero straniero e non mi avete accolto, nudo e<br />

non mi avete vestito, m<strong>al</strong>ato e in carcere e non mi avete visitato». 44 Anch'essi <strong>al</strong>lora risponderanno:<br />

«Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo<br />

o m<strong>al</strong>ato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». 45 Allora egli risponderà loro: «In verità<br />

io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto<br />

a me». 46 E se ne andranno: questi <strong>al</strong> supplizio eterno, i giusti invece <strong>al</strong>la vita eterna».<br />

A proposito di questo brano si pongono numerosi problemi di interpretazione. Chi sono le genti adunate per essere<br />

collocate a destra e a sinistra? Sono tutti i popoli, senza distinzione, o solo i cristiani? Chi designa l'espressione<br />

"questi miei fratelli più piccoli": qu<strong>al</strong>siasi uomo bisognoso o solo i discepoli e speci<strong>al</strong>mente i predicatori itineranti<br />

<strong>del</strong> vangelo?<br />

Questa parabola riprende il tema <strong>del</strong>la venuta <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l'uomo. L'apparato glorioso <strong>del</strong> giudizio divino, che<br />

ricorda Zc 14,5 e il raduno di tutte le genti (cf. Mt 24,9.14; 28,19) davanti a Cristo, ci presenta un avvenimento im-<br />

3


portante: ogni uomo si trova <strong>al</strong>la presenza <strong>del</strong> re che dà il possesso <strong>del</strong>l'eredità <strong>del</strong> regno ai benedetti <strong>del</strong> <strong>Padre</strong><br />

suo.<br />

Il giudizio pronunciato su ciascuno sarà per tutti motivo di stupore: nessuno aveva coscienza di aver accolto o<br />

rifiutato il Signore stesso nei "piccoli". "Questi miei fratelli più piccoli" sono i discepoli di Gesù: chi accoglie loro, accoglie<br />

Cristo stesso (cf. Mt 10,40-42; 12,48-50; 18,6.10.14; 28,10).<br />

Il giudizio decisivo pare così basarsi sull'accoglienza degli inviati di Cristo e, attraverso di loro, sull'accoglienza<br />

<strong>del</strong>la sua stessa persona e <strong>del</strong> suo messaggio: nelle opere di misericordia e nella sollecitudine portata ai discepoli<br />

sofferenti si raggiunge Gesù stesso che si è fatto "piccolo", che è venuto per servire e per dare la vita in riscatto per<br />

tutti (cf. Mt 20,28). Egli si identifica tot<strong>al</strong>mente con il suo inviato sofferente e "perseguitato per la giustizia" (cf. Mt<br />

5,10; 10,17-18).<br />

Ma la parabola va certamente oltre. Gesù stesso si è chinato sui poveri e i sofferenti perché vedeva in essi dei<br />

discepoli in speranza e dei piccoli in crescita. Così l'apparente indeterminazione <strong>del</strong>l'espressione "questi miei fratelli<br />

più piccoli" vuol certamente designare tutti i bisognosi di amore concreto e fattivo, ossia tutti.<br />

Il messaggio di questo brano può essere riassunto in due parole: Dio nel fratello. I "benedetti" ricevono il regno<br />

perché hanno praticato la misericordia. Le opere di misericordia sono la porta che introduce nell'eternità. Il vangelo<br />

annuncia che la misericordia è sempre praticata nei confronti di Cristo.<br />

Poiché la misericordia è il criterio <strong>del</strong> giudizio, il testo diventa un imperativo pressante rivolto a tutti perché pratichino<br />

la misericordia. Il brano vuole incitare <strong>al</strong>l'azione.<br />

Per i cristiani la misericordia praticata o rifiutata è la prova certa <strong>del</strong>la loro fede. A tutti Gesù ripete il detto di Os<br />

6,6: "Misericordia io voglio e non sacrificio" (cf. Mt 9,13; 12,7).<br />

La beatitudine dei misericordiosi che otterranno misericordia costituisce un commento <strong>al</strong>la prima parte di questo<br />

brano. La parabola <strong>del</strong> servo senza misericordia (cf. Mt 18,21ss) può illustrare la parte negativa di questo brano.<br />

Il giudizio di tutti avviene sulla base <strong>del</strong>le opere di misericordia. La fraternità è il senso per il qu<strong>al</strong>e è stato creato<br />

il mondo. Il mondo è s<strong>al</strong>vo quando cerca e vive la fraternità. Solo chi comprende le esigenze <strong>del</strong> prossimo, comprende<br />

le esigenze di Gesù.<br />

La comunione umana, in particolare la comunione con i più bisognosi, ha un senso divino che la rimanda <strong>al</strong> di là<br />

di se stessa. Gli uomini e le donne sono immagini viventi <strong>del</strong> Dio <strong>del</strong>la vita. San Clemente d'Alessandria ha scritto:<br />

"Quando vedi il tuo fratello, vedi il tuo Dio".<br />

È l'uomo che decide liberamente per la vita eterna o per il fuoco eterno. Questa decisione non è fatta a parole,<br />

ma con le opere di misericordia verso Cristo che si identifica con i bisognosi. E' nella vita presente che decidiamo<br />

per Cristo o contro Cristo. E questa scelta si manifesta nell'amore operoso per il prossimo o nel rifiuto <strong>del</strong>la nostra<br />

misericordia verso i miseri.<br />

C'è una sola via in cui tutti gli uomini si ritrovano ugu<strong>al</strong>i e discepoli di Cristo: quella <strong>del</strong>le buone opere.<br />

COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI (Messa III)<br />

Mt 5,1-12<br />

R<strong>al</strong>legratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.<br />

4<br />

1 Vedendo le folle, Gesù s<strong>al</strong>ì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi<br />

discepoli. 2 Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:<br />

3<br />

«Beati i poveri in spirito,<br />

perché di essi è il regno dei cieli.<br />

4<br />

Beati quelli che sono nel pianto,<br />

perché saranno consolati.<br />

5<br />

Beati i miti,<br />

perché avranno in eredità la terra.<br />

6<br />

Beati quelli che hanno fame e sete <strong>del</strong>la giustizia,<br />

perché saranno saziati.<br />

7<br />

Beati i misericordiosi,<br />

perché troveranno misericordia.<br />

8<br />

Beati i puri di cuore,<br />

perché vedranno Dio.<br />

9<br />

Beati gli operatori di pace,<br />

perché saranno chiamati figli di Dio.<br />

10<br />

Beati i perseguitati per la giustizia,<br />

perché di essi è il regno dei cieli.<br />

<strong>11</strong><br />

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta<br />

di m<strong>al</strong>e contro di voi per causa mia. 12 R<strong>al</strong>legratevi ed esultate, perché grande è la vostra<br />

ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.<br />

(vedi il commento <strong>al</strong>la Festa di Tutti i Santi - 1° <strong>Novembre</strong>)


Sabato 3 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 14,1.7-<strong>11</strong><br />

Chiunque si es<strong>al</strong>ta sarà umiliato, e chi si umilia sarà es<strong>al</strong>tato.<br />

1 Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a<br />

osservarlo.<br />

7 Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8 «Quando<br />

sei invitato a nozze da qu<strong>al</strong>cuno, non metterti <strong>al</strong> primo posto, perché non ci sia un <strong>al</strong>tro<br />

invitato più degno di te, 9 e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: «Cedigli il posto!».<br />

Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. 10 Invece, quando sei invitato, va' a<br />

metterti <strong>al</strong>l'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: «Amico, vieni<br />

più avanti!». Allora ne avrai onore davanti a tutti i commens<strong>al</strong>i. <strong>11</strong> Perché chiunque si es<strong>al</strong>ta<br />

sarà umiliato, e chi si umilia sarà es<strong>al</strong>tato».<br />

Gesù si reca nelle città e nei villaggi, nelle sinagoghe e nelle case private per annunciare il suo vangelo. Egli<br />

non rifiuta nemmeno l'invito dei suoi avversari, perché è venuto per offrire la s<strong>al</strong>vezza a tutti. I farisei misurano la<br />

volontà e la parola di Dio in base <strong>al</strong>la loro interpretazione <strong>del</strong>la legge e <strong>al</strong>la loro dottrina. Ritenevano la propria condotta,<br />

la propria interpretazione <strong>del</strong>la legge, la fe<strong>del</strong>tà <strong>al</strong>le tradizioni come l'unico modo di vivere voluto da Dio. Ne<br />

erano t<strong>al</strong>mente convinti che per principio non prendevano nemmeno in considerazione la possibilità che Dio potesse<br />

aprire nuove vie per la s<strong>al</strong>vezza <strong>del</strong> suo popolo. Per questo bloccano ogni intesa con Gesù che annuncia il nuovo<br />

ordine <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza che egli è venuto a portare.<br />

I farisei si preoccupano <strong>del</strong> loro onore, amano i primi posti nelle sinagoghe e vogliono essere complimentati nelle<br />

piazze. Esigono la precedenza davanti agli <strong>al</strong>tri e sono persuasi di avere diritto ai posti di onore. Ma lo spirito <strong>del</strong><br />

vangelo è l'umiltà, il contrario <strong>del</strong> protagonismo di quelli che scelgono i primi posti. E questa non è questione di intelligenza<br />

tattica o di g<strong>al</strong>ateo: è una scelta di Dio. Gesù si è messo <strong>al</strong>l'ultimo posto, si è fatto servo di tutti e si è umiliato.<br />

Per questo è stato inn<strong>al</strong>zato e glorificato.<br />

Se Gesù ha scelto l'ultimo posto, anche il cristiano deve scegliere l'ultimo posto e rimanervi costantemente e<br />

s<strong>al</strong>damente. Per fare questo deve guarire d<strong>al</strong> gonfiore <strong>del</strong>la sua superbia e dai suoi <strong>del</strong>iri di onnipotenza.<br />

L'umiltà è la verità <strong>del</strong>l'uomo, ma è anche la verità di Dio, perché Dio è amore. Il fine <strong>del</strong>la predicazione <strong>del</strong><br />

vangelo è portare gli uomini <strong>al</strong>l'umiltà per farli diventare come Dio che è umile.<br />

Il peccato di Adamo, il peccato di ogni uomo, è voler occupare il posto di Dio, credendo, erroneamente, che Dio<br />

sia <strong>al</strong> primo posto. Ma il vero Dio, quello che si è manifestato in Gesù di Nazaret, ha scelto l'ultimo posto. Il credente<br />

che lo ama e lo segue, lo cerca lì. Dobbiamo cercare l'ultimo posto, perché ciò che conta è la vicinanza a Dio. E<br />

questo non significa seppellire i t<strong>al</strong>enti, ma investirli nella direzione giusta. E' giusto voler essere come Dio, ma<br />

prima bisogna sapere com'è Dio. Egli è umile, povero e piccolo, perché è amore: questa è la sua grandezza, la sua<br />

gloria e il suo potere.<br />

Il Figlio di Dio si è umiliato fino <strong>al</strong>la morte di croce e per questo fu inn<strong>al</strong>zato d<strong>al</strong> <strong>Padre</strong> (cf. Fil 2,5-<strong>11</strong>). Il cristiano<br />

deve seguirlo nell'umiliazione e nella gloria.<br />

Il discorso precedente era rivolto agli invitati; d<strong>al</strong> v. 12 in avanti è rivolto <strong>al</strong>l'invitante. A quelli Gesù ha detto di<br />

scegliere l'ultimo posto, a questo dice di scegliere gli ultimi. Il motivo viene detto nel brano seguente (vv. 15-24):<br />

perché Dio fa così.<br />

Gesù rivolge un'esortazione inaspettata <strong>al</strong> capo di casa. La sua parola è fortemente provocatoria e urta non solo<br />

il comportamento farisaico e leg<strong>al</strong>istico, ma le comuni abitudini <strong>del</strong>la società civile. Essa si leva contro le caste<br />

privilegiate e i circoli chiusi che lasciano fuori la moltitudine degli indigenti, dei m<strong>al</strong>ati e dei bisognosi.<br />

Anche durante un pranzo solenne Gesù si prende cura degli infelici e degli affamati, perorando la loro causa in<br />

casa dei ricchi. E' una grande lezione di gratuità e di umanità.<br />

Il privilegio degli ultimi deve caratterizzare la vita cristiana. Paolo apostolo rimprovera i cristiani di Corinto, perché<br />

nella cena <strong>del</strong> Signore non aspettano i poveri che arrivano tardi a causa <strong>del</strong> lavoro o <strong>del</strong>la loro condizione di<br />

schiavi. Comportandosi così, disprezzano la Chiesa di Dio (cf. 1Cor <strong>11</strong>,12). E san Giacomo scrive: "Dio ha scelto i<br />

poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi <strong>del</strong> Regno" (Gc 2,5).<br />

Invitando a tavola i ricchi e i vicini, ordinariamente ci si attende un contraccambio. L'invito rientra così nelle speculazioni<br />

e negli interessi person<strong>al</strong>i ed egoistici. Ma Gesù ci ha insegnato: "Se amate quelli che vi amano, qu<strong>al</strong>e<br />

grazia ne avete? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate <strong>del</strong> bene a quelli che fanno <strong>del</strong> bene a voi,<br />

qu<strong>al</strong>e grazia ne avete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, qu<strong>al</strong>e grazia<br />

ne avete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne <strong>al</strong>trettanto. Amate invece i vostri nemici,<br />

fate <strong>del</strong> bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli <strong>del</strong>l'Altissimo,<br />

perché egli è benevolo verso gli ingrati e i m<strong>al</strong>vagi… Date e vi sarà dato (da Dio)" (Lc 6,35-36.38).<br />

L'amore dei cristiani non deve fondarsi sul desiderio di essere ricambiati, perché l'amore o è gratuito o non è<br />

amore.<br />

Si devono invitare i più poveri tra i poveri, perché da loro non c'è nulla da aspettarsi: non possono ricambiare<br />

l'invito, né procurarci onori e avanzamenti di grado.<br />

Umanamente parlando, non è neppure piacevole sedersi con loro a tavola, per ovvi motivi. Servire con amore<br />

disinteressato, dando tutto senza aspettarsi nulla: questa è l'essenza <strong>del</strong>la carità cristiana.<br />

5


"Sarai beato perché non hanno da ricambiarti" (v. 14). Beatitudine strana, ma vera. Ci identifica con Dio che è<br />

amore gratuito, grazia e misericordia (cfr Lc 6,36). L'amore gratuito che dà il primo posto <strong>al</strong> povero è essenzi<strong>al</strong>e <strong>al</strong><br />

cristianesimo, perché il <strong>Padre</strong> privilegia i figli più bisognosi, e perché Gesù si è fatto ultimo di tutti.<br />

La ricompensa promessa da Gesù non consiste nell'avere qu<strong>al</strong>cosa, ma è la comunione con Dio nel suo regno<br />

eterno.<br />

Domenica 4 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong> - XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)<br />

Mc 12,28-34<br />

Amerai il Signore tuo Dio. Amerai il prossimo tuo.<br />

6<br />

28 Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva<br />

ben risposto a loro, gli domandò: «Qu<strong>al</strong> è il primo di tutti i comandamenti?». 29 Gesù rispose:<br />

«Il primo è:Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; 30 amerai il Signore<br />

tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con<br />

tutta la tua forza. 31 Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c'è<br />

<strong>al</strong>tro comandamento più grande di questi». 32 Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro,<br />

e secondo verità, che Egli è unico e non vi è <strong>al</strong>tri <strong>al</strong>l'infuori di lui; 33 amarlo con tutto il<br />

cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso v<strong>al</strong>e<br />

più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34 Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù<br />

gli disse: «Non sei lontano d<strong>al</strong> regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.<br />

I vv. 22-30 richiamano la paternità di Dio come antidoto <strong>al</strong>l'angoscia: chi ci ha dato il più non lascerà mancare il<br />

meno (vv. 22-23). Se Dio provvede ai corvi e ai gigli, a maggior ragione provvede a noi, ai qu<strong>al</strong>i ha dato anche la<br />

capacità di seminare e di mietere, di prevedere e di provvedere, di lavorare e di tessere! Anche se siamo gente di<br />

poca fede, siamo sempre suoi figli: noi v<strong>al</strong>iamo molto per Dio.<br />

I vv. 31-34 dicono il rapporto che i figli hanno con i beni <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>: non li cercano come fine, ma li usano come<br />

mezzo. Il <strong>Padre</strong> li dà come omaggio a coloro che cercano il Regno. In questo Regno già dato come dono ai credenti<br />

(v. 32), si entra donando (v. 33). Il dare è l'unico mezzo per avere "un tesoro inesauribile nei cieli" (v. 33).<br />

Questo tesoro non è oggetto di affanno e di angoscia, perché nessuno lo può sottrarre o distruggere: è la nostra<br />

vita di figli <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>.<br />

Se tutto viene d<strong>al</strong>la paternità di Dio, il credente deve testimoniare la sua fili<strong>al</strong>ità con una vita libera d<strong>al</strong>l'angoscia.<br />

Chi non accetta Dio come suo principio e suo fine non può accettare il proprio limite assoluto se non come sua fine<br />

e distruzione. Il pensiero <strong>del</strong>la morte diventa un assillo costante. Si sente minacciato dentro da un vuoto incolmabile,<br />

e cerca di riempirlo affannosamente, accumulando ciò che non è in grado di saziarlo. Chi invece si riconosce<br />

creatura di Dio, accetta il proprio limite e la propria morte, perché sa che li raggiunge il proprio principio, il <strong>Padre</strong>.<br />

La fine cessa di essere t<strong>al</strong>e e diventa il fine di tutto il cammino <strong>del</strong>la vita presente. E' ritorno <strong>al</strong>la casa <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>,<br />

termine <strong>del</strong>la fatica e inizio <strong>del</strong> riposo.<br />

Cibo e vestito sono dei doni che servono per entrare in comunione con il Donatore. La vita di cui l'uomo ha fame,<br />

il suo unico riposo, la sua completa sazietà è questa comunione con Dio.<br />

Se Dio provvede ai corvi, trascurerà forse i suoi figli? Il discepolo che si affanna non è credente, non crede che<br />

Dio è il suo Papà. Ogni affanno abbrevia la vita: ottiene esattamente il contrario di ciò che cerca. Ricordiamo il detto<br />

popolare: "Se c'è rimedio, perché ti agiti? E se non c'è rimedio, perché ti agiti?". La paura di morire e il desiderio<br />

insensato di accumulare per vivere ottengono esattamente l'effetto contrario ai nostri desideri. Ogni ansietà è sottrazione<br />

di vita.<br />

Se Dio riveste di splendore ciò che è effimero, come un giglio, come l'erba che è destinata ad essere combustibile<br />

con cui l'uomo cuoce il pane, come non si prenderà maggiore cura <strong>del</strong>l'uomo <strong>al</strong> cui servizio ha messo tutte le<br />

cose e addirittura se stesso? Se Dio ci ha già dato il più (l'esistenza), non ci darà anche il meno (la sussistenza)?<br />

E' uomo di poca fede chi vuole prevedere tutto, ignorando che Dio provvede. C'è una previdenza che estromette<br />

Dio d<strong>al</strong>la vita e non lascia il minimo spazio <strong>al</strong>la sua provvidenza. Chi agisce così non riconosce la paternità di Dio<br />

nei suoi effetti concreti. E' consolante saper che Dio provvede a noi, anche se siamo uomini di poca fede. Anche se<br />

ci dimentichiamo di essere suoi figli, Dio non si dimentica di essere nostro <strong>Padre</strong>.<br />

I discepoli che sono in ansia per i bisogni primari sono assimilati ai pagani. E' da pagani non solo l'accumulo,<br />

ma anche le sue radici, cioè l'ansia, la preoccupazione e l'angoscia. Chi accumula fa suo dio ciò che ha; chi è angosciato<br />

fa suo dio ciò che non ha. Ambedue non sono ancora nel regno dei figli che gridano "Abbà". Ignorano che<br />

Dio è <strong>Padre</strong> e provvede ai suoi piccoli.<br />

Il regno di Dio si re<strong>al</strong>izza nel nostro rapporto fili<strong>al</strong>e con lui e nel rapporto fraterno con tutti gli uomini. Chi cerca in<br />

ogni cosa di vivere da figlio di Dio e da fratello degli uomini, avrà certamente anche tutto il resto. L'errore che facciamo<br />

è cercare "il resto" invece che Dio e i fratelli.<br />

I veri discepoli di Gesù saranno sempre un piccolo gregge e non avranno mai la pretesa di diventare grandi e<br />

forti secondo i criteri di questo mondo: tante pecore insieme non faranno mai un lupo! Ciò che risolve tutti i problemi<br />

dei cristiani è essere figli <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>: questo è il Regno che egli ci ha donato in Gesù.<br />

Il <strong>Vangelo</strong> tiene conto che i cristiani vivono in una storia concreta dove ci sono beni e denaro, ricchi e poveri. La<br />

soluzione proposta da Cristo non è rigettare i beni come se fossero cattivi, ma farne l'uso appropriato opposto a<br />

quello dettato d<strong>al</strong>la paura <strong>del</strong>la morte. In questo modo tornano ad essere come Dio li aveva pensati: da possesso


di una eredità che divide i fratelli (Lc 12,13) diventano dono che li unisce tra di loro e con il <strong>Padre</strong>. Solo così la creazione<br />

è molto buona come era <strong>al</strong> principio (Gen 1,31): tutti i beni tornano ad essere mezzi utili <strong>al</strong> fine loro assegnato<br />

da Dio.<br />

Il <strong>Vangelo</strong> propone ai cristiani l'elemosina come soluzione per vivere con giustizia in questo mondo ingiusto (Lc<br />

3,<strong>11</strong>; 5,<strong>11</strong>-28; 6,30; ecc.). L'elemosina può essere interpretata m<strong>al</strong>e da chi contrappone giustizia e carità e vede<br />

l'elemosina come l'av<strong>al</strong>lo <strong>del</strong>l'ingiustizia. Ma nella Bibbia l'elemosina (in ebraico sedaqàh) significa proprio giustizia.<br />

Per la Bibbia non è giusto che uno possieda e l'<strong>al</strong>tro sia nella penuria, perché siamo fratelli. La terra e quanto contiene<br />

è <strong>del</strong> Signore (S<strong>al</strong> 24,1). Se siamo fratelli e figli <strong>del</strong>lo stesso <strong>Padre</strong>, i diritti e i doveri non sono ugu<strong>al</strong>i: i diritti<br />

sono proporzion<strong>al</strong>i a quanto uno non ha, i doveri a quanto uno ha. Per questo uno dà secondo quanto ha e riceve<br />

secondo quanto gli occorre (At 4,34-35). Così si re<strong>al</strong>izza il sogno <strong>del</strong>la terra promessa, in cui nessuno è bisognoso<br />

(Dt 15,4; At 4,34).<br />

L'elemosina biblica è esigenza di una giustizia superiore, dettata d<strong>al</strong>la misericordia. Il <strong>Vangelo</strong> ha qu<strong>al</strong>cosa da<br />

dire oltre una pura an<strong>al</strong>isi socio-economica, e dà un orizzonte diverso da quello che riduce l'uomo ai bisogni che<br />

ha. Chiede una nuova mor<strong>al</strong>ità. E' la bella notizia che Dio ci è <strong>Padre</strong> in Gesù. La nostra azione, di conseguenza, ha<br />

un nuovo fondamento. La nostra vita cessa di essere un accumulo inutile per soddisfare il bisogno o un'insoddisfazione<br />

angosciante per il bisogno <strong>del</strong>l'accumulo.<br />

Gesù ha proibito ai discepoli di avere borse per mettervi le ricchezze di questo mondo (Lc 10,4; 22,35). Ora<br />

comanda di farsi <strong>del</strong>le borse per mettervi le ricchezze <strong>del</strong> regno di Dio. In esse si ripone solo ciò che si tira fuori, e<br />

si accumula solo ciò che si dona. Chi accumula doni per sé perde la vita e non arricchisce davanti a Dio <strong>del</strong>la ricchezza<br />

stessa di Dio che è ricco di misericordia (Ef 2,4). Il tesoro vero non è ciò che abbiamo, ma ciò che diamo:<br />

questo non viene meno neanche nella morte (v. 20). Perché chi dà <strong>al</strong> povero fa un prestito a Dio (Pr 19,17). Questo<br />

tesoro è la nostra somiglianza di figli con il <strong>Padre</strong> misericordioso (Lc 6,36).<br />

Tutte le parole di questo capitolo 12 v<strong>al</strong>gono per ogni uomo chiamato a convertirsi da <strong>al</strong>unno <strong>del</strong>la morte in discepolo<br />

<strong>del</strong>la Vita.<br />

Lunedì 5 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 14,12-14<br />

Non invitare i tuoi amici, ma poveri, storpi, zoppi e ciechi.<br />

12 Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare<br />

i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti<br />

invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. 13 Al contrario, quando offri un banchetto,<br />

invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14 e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai<br />

infatti la tua ricompensa <strong>al</strong>la risurrezione dei giusti».<br />

Anche durante un pranzo solenne Gesù si prende cura degli infelici e degli affamati, perorando la loro causa in<br />

casa dei ricchi. E' una grande lezione di gratuità e di umanità.<br />

Il privilegio degli ultimi deve caratterizzare la vita cristiana. Paolo apostolo rimprovera i cristiani di Corinto, perché<br />

nella cena <strong>del</strong> Signore non aspettano i poveri che arrivano tardi a causa <strong>del</strong> lavoro o <strong>del</strong>la loro condizione di<br />

schiavi. Comportandosi così, disprezzano la Chiesa di Dio (cf. 1Cor <strong>11</strong>,12). E san Giacomo scrive: "Dio ha scelto i<br />

poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi <strong>del</strong> Regno" (Gc 2,5).<br />

Invitando a tavola i ricchi e i vicini, ordinariamente ci si attende un contraccambio. L'invito rientra così nelle speculazioni<br />

e negli interessi person<strong>al</strong>i ed egoistici. Ma Gesù ci ha insegnato: "Se amate quelli che vi amano, qu<strong>al</strong>e<br />

grazia ne avete? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate <strong>del</strong> bene a quelli che fanno <strong>del</strong> bene a voi,<br />

qu<strong>al</strong>e grazia ne avete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, qu<strong>al</strong>e grazia<br />

ne avete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne <strong>al</strong>trettanto. Amate invece i vostri nemici,<br />

fate <strong>del</strong> bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli <strong>del</strong>l'Altissimo,<br />

perché egli è benevolo verso gli ingrati e i m<strong>al</strong>vagi… Date e vi sarà dato (da Dio)" (Lc 6,35-36.38).<br />

L'amore dei cristiani non deve fondarsi sul desiderio di essere ricambiati, perché l'amore o è gratuito o non è<br />

amore.<br />

Si devono invitare i più poveri tra i poveri, perché da loro non c'è nulla da aspettarsi: non possono ricambiare<br />

l'invito, né procurarci onori e avanzamenti di grado.<br />

Umanamente parlando, non è neppure piacevole sedersi con loro a tavola, per ovvi motivi. Servire con amore<br />

disinteressato, dando tutto senza aspettarsi nulla: questa è l'essenza <strong>del</strong>la carità cristiana.<br />

"Sarai beato perché non hanno da ricambiarti" (v. 14). Beatitudine strana, ma vera. Ci identifica con Dio che è<br />

amore gratuito, grazia e misericordia (cfr Lc 6,36). L'amore gratuito che dà il primo posto <strong>al</strong> povero è essenzi<strong>al</strong>e <strong>al</strong><br />

cristianesimo, perché il <strong>Padre</strong> privilegia i figli più bisognosi, e perché Gesù si è fatto ultimo di tutti.<br />

La ricompensa promessa da Gesù non consiste nell'avere qu<strong>al</strong>cosa, ma è la comunione con Dio nel suo regno<br />

eterno.<br />

7


Martedì 6 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 14,15-24<br />

Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.<br />

8<br />

15 Uno dei commens<strong>al</strong>i, avendo udito questo, gli disse: «Beato chi prenderà cibo nel<br />

regno di Dio!». 16 Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. 17 All'ora<br />

<strong>del</strong>la cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: «Venite, è pronto». 18 Ma tutti, uno dopo<br />

l'<strong>al</strong>tro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: «Ho comprato un campo e devo andare<br />

a vederlo; ti prego di scusarmi». 19 Un <strong>al</strong>tro disse: «Ho comprato cinque paia di buoi e vado<br />

a provarli; ti prego di scusarmi». 20 Un <strong>al</strong>tro disse: «Mi sono appena sposato e perciò<br />

non posso venire». 21 Al suo ritorno il servo riferì tutto questo <strong>al</strong> suo padrone. Allora il padrone<br />

di casa, adirato, disse <strong>al</strong> servo: «Esci subito per le piazze e per le vie <strong>del</strong>la città e<br />

conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi». 22 Il servo disse: «Signore, è stato fatto<br />

come hai ordinato, ma c'è ancora posto». 23 Il padrone <strong>al</strong>lora disse <strong>al</strong> servo: «Esci per le<br />

strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. 24 Perché io<br />

vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena»».<br />

Il discorso ritorna ancora una volta sulla "beatitudine", che è l’aspirazione fondament<strong>al</strong>e <strong>del</strong>l’uomo. Gesù ha dichiarato<br />

"beato" chi fa il bene senza ricompense terrene, perché avrà una ricompensa più grande nella vita futura.<br />

La beatitudine consiste nel prendere parte <strong>al</strong> regno di Dio, immaginato come un banchetto.<br />

La risposta di Gesù a uno dei commens<strong>al</strong>i viene espressa attraverso una parabola. Un uomo imbandisce una<br />

grande cena e chiama gli invitati attraverso "il suo servo". E cominciano subito le amare sorprese. Gli invitati non<br />

accolgono l’invito per motivi ban<strong>al</strong>i: l’acquisto di un campo, la compera di un paio di buoi, la moglie.<br />

In questo brano di vangelo si dice perché Dio sceglie gli ultimi: perché i primi rifiutano. Qui si espongono le cause<br />

<strong>del</strong> rifiuto: il possesso, il commercio e il piacere.<br />

Quest’uomo che fa la cena e chiama tutti a parteciparvi è il Signore che vuole che tutti gli uomini siano s<strong>al</strong>vati<br />

(1Tm 2,4). Nella Bibbia la cena è immagine ricorrente <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza che Dio offre a tutti i popoli (Is 25,6ss; Pr 9,1-<br />

6). Il servo, nominato cinque volte, è Gesù che si è fatto servo per amore <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> e dei fratelli. L’ora <strong>del</strong>la cena è<br />

la venuta di Gesù che coincide con il banchetto nuzi<strong>al</strong>e (cfr Lc 5,33-34) promesso d<strong>al</strong>l’Antico Testamento.<br />

Il rifiuto degli invitati è tot<strong>al</strong>e: "Ma tutti, <strong>al</strong>l’unanimità, cominciarono a scusarsi" (v. 18).<br />

Il primo motivo <strong>del</strong> rifiuto è il possesso, l’accumulo dei beni. Ognuno va verso l’oggetto <strong>del</strong> suo desiderio, ognuno<br />

è fat<strong>al</strong>mente attirato verso il suo tesoro. Gesù insegna: "Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore" (Lc<br />

12,34). E ancora: "Il seme caduto in mezzo <strong>al</strong>le spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano<br />

sopraffare d<strong>al</strong>le preoccupazioni, d<strong>al</strong>la ricchezza e dai piaceri <strong>del</strong>la vita e non giungono a maturazione" (Lc<br />

8,14). Il ricco è fat<strong>al</strong>mente <strong>al</strong>ienato nelle cose che ha.<br />

Il secondo motivo <strong>del</strong> rifiuto è il commercio. Il suo movente non è lo scambio dei beni necessari, ma quel di più,<br />

il plusv<strong>al</strong>ore, che costituisce il guadagno, anima <strong>del</strong> commercio. La cosa comprata o venduta non interessa in sé,<br />

ma solo in quanto occasione di guadagno. Si vendono anche le cose più inutili, più nocive, più disoneste; si vendono<br />

uomini, donne, bambini; si vende Cristo (cfr Lc 22,4-6) pur di guadagnare. Il commerciante di questa parabola<br />

sa v<strong>al</strong>utare i propri interessi materi<strong>al</strong>i, ma non i suoi interessi spiritu<strong>al</strong>i ed eterni: è un pessimo mercante.<br />

Il terzo motivo <strong>del</strong> rifiuto è la moglie. Nel versetto 26 di questo stesso capitolo leggiamo: "Se uno viene a me e<br />

non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo".<br />

Il coniuge non deve essere un impedimento nel rispondere <strong>al</strong>l’invito <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>. Quando il coniuge diventa<br />

un piacere <strong>del</strong>la vita, soffoca la parola di Dio nel cuore (cfr Lc 8,14). E mentre gli <strong>al</strong>tri, sopra nominati, si scusano<br />

declinando l’invito, quest’ultimo non ne sente affatto il bisogno: è tanto natur<strong>al</strong>e che la moglie sia una scusa più che<br />

sufficiente per rifiutare l’invito di Dio! Perché, in definitiva, il possesso, il commercio e la moglie sono più importanti<br />

di Dio.<br />

Due gruppi di persone sono condotte <strong>al</strong>la cena e prendono il posto di coloro che erano stati invitati per primi e<br />

hanno rifiutato. Si tratta proprio di coloro che la dottrina farisaica escludeva d<strong>al</strong> regno di Dio: i poveri (zoppi, storpi e<br />

ciechi) e i pagani. Del tutto diverso è il parere di Gesù. E’ precisamente ai poveri e ai pagani che egli sp<strong>al</strong>anca la<br />

via che conduce <strong>al</strong>la cena <strong>del</strong> regno di Dio. Gesù trova in essi le condizioni da lui proclamate come fondament<strong>al</strong>i<br />

per potervi essere ammessi.<br />

Gesù ci insegna che tutti quelli che credono di s<strong>al</strong>varsi con i loro mezzi e le loro osservanze, cioè tutti i farisei di<br />

tutti i tempi, resteranno fuori d<strong>al</strong>la s<strong>al</strong>a <strong>del</strong>la cena <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>, fino a quando non si metteranno tra gli ultimi e gli esclusi.<br />

Mercoledì 7 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 14,25-33<br />

Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.<br />

25 Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: 26 «Se uno viene a me e<br />

non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e<br />

perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Colui che non porta la propria<br />

croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.


28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a c<strong>al</strong>colare la spesa e a vedere<br />

se ha i mezzi per portarla a termine? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e<br />

non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30 dicendo:<br />

«Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro». 31 Oppure qu<strong>al</strong>e<br />

re, partendo in guerra contro un <strong>al</strong>tro re, non siede prima a esaminare se può affrontare<br />

con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l'<strong>al</strong>tro è ancora<br />

lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33 Così chiunque di voi non rinuncia<br />

a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.<br />

La parabola <strong>del</strong>la grande cena aveva dimostrato che un gran numero di invitati erano mancati <strong>al</strong>l’appuntamento<br />

per ragioni di interessi person<strong>al</strong>i: non avevano saputo sacrificare qu<strong>al</strong>cosa di proprio per fare spazio <strong>al</strong>l’invito ricevuto.<br />

Gesù vuole risparmiare <strong>al</strong>la gente il ripetersi di un simile errore e di un’<strong>al</strong>tra <strong>del</strong>usione. Egli è in cammino verso<br />

Gerus<strong>al</strong>emme dove l’attende la passione, la morte e la glorificazione. La molta gente che lo segue sa dove sta<br />

andando?, e conosce qu<strong>al</strong>i sono le condizioni per seguirlo? Chi segue Gesù deve mettere in second’ordine ogni<br />

<strong>al</strong>tra persona e cosa. La parola "odiare" va intesa nel senso di amare meno, posporre, mettere <strong>al</strong> secondo posto.<br />

Matteo presenta queste stesse parole di Gesù in una forma molto più comprensibile per noi: "Chi ama il padre e la<br />

madre più di me, non è degno di me" (Mt 10,37).<br />

Nessuno deve illudersi che la s<strong>al</strong>vezza sia a buon mercato. Come è stata cara per lui (1Cor 6,20; 7,23; 1Pt<br />

1,18-19), così lo sarà anche per chi lo segue. Per seguire Gesù occorre sacrificare qu<strong>al</strong>siasi legame, anche quello<br />

familiare, ed essere pronti anche a morire. Dopo l’esperienza di Gesù, la croce era diventata il simbolo <strong>del</strong>le sofferenze<br />

sopportate per il regno di Dio. Umanamente parlando, la croce non è un bene, non piace né a Dio né agli<br />

uomini, ma è un mezzo indispensabile per non dispiacere a Dio e per piacere agli uomini.<br />

Le due parabole <strong>del</strong>la costruzione di una torre e <strong>del</strong>la partenza di un re per la guerra sono la spiegazione di ciò<br />

che precede. Esse ci insegnano che prima di prendere <strong>del</strong>le decisioni bisogna riflettere, perché è meglio non intraprendere<br />

un’impresa, piuttosto che affrontarla con mezzi inadeguati e f<strong>al</strong>lire lo scopo. Farsi discepolo di Gesù è<br />

una scelta seria che coinvolge tutta la vita.<br />

Con questa presa di posizione Gesù voleva anche impedire che si unissero a lui degli es<strong>al</strong>tati, che di fronte a<br />

<strong>del</strong>le scelte di fede e di amore, subito si stancano e rimettono continuamente in discussione ciò che non è discutibile,<br />

come leggiamo nel vangelo di Giovanni: "Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: ‘Questo linguaggio<br />

è duro: chi può intenderlo?’. Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano,<br />

disse loro: ‘Questo vi scand<strong>al</strong>izza?… Gesù infatti sapeva fin d<strong>al</strong>l’inizio chi erano quelli che non credevano e chi<br />

era colui che l’avrebbe tradito’ … Da <strong>al</strong>lora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui"<br />

(Gv 6,60-66).<br />

Il discepolo di Gesù deve mettere in second’ordine le persone care, la propria vita, il proprio onore: a maggior<br />

ragione le cose che possiede! I beni terreni tiranneggiano l’uomo e assediano i suoi pensieri e la sua vita. Gesù ha<br />

detto: "Non potete servire Dio e mammona" (Lc 16,13). E’ la sintesi <strong>del</strong> discorso. L’unica ricchezza <strong>del</strong> discepolo è<br />

la sua povertà. L’unica sua forza è la sua debolezza (2Cor 12,10). La povertà è il volto concreto <strong>del</strong>l’amore: chi<br />

ama dà tutto se stesso.<br />

Giovedì 8 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 15,1-10<br />

Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte.<br />

1 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi<br />

mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3 Ed egli disse loro<br />

questa parabola:<br />

4 «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto<br />

e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5 Quando l'ha trovata, pieno di gioia<br />

se la carica sulle sp<strong>al</strong>le, 6 va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «R<strong>al</strong>legratevi<br />

con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». 7 Io vi dico: così vi<br />

sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti<br />

i qu<strong>al</strong>i non hanno bisogno di conversione.<br />

8 Oppure, qu<strong>al</strong>e donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e<br />

spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9 E dopo averla trovata, chiama<br />

le amiche e le vicine, e dice: «R<strong>al</strong>legratevi con me, perché ho trovato la moneta che<br />

avevo perduto». 10 Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore<br />

che si converte».<br />

I destinatari <strong>del</strong>l’insegnamento sono gli scribi e i farisei. La parabola è un invito ai giusti perché si convertano<br />

d<strong>al</strong>la propria giustizia che condanna i peccatori, <strong>al</strong>la giustizia <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> che li giustifica.<br />

Mentre il peccatore sente il bisogno <strong>del</strong>la misericordia di Dio, il giusto non la vuole né per sé né per gli <strong>al</strong>tri, anzi<br />

si irrita grandemente con Dio, come Giona (Gio 4,29). In questo modo rifiuta Dio, che è misericordia, in nome <strong>del</strong>la<br />

propria giustizia.<br />

La contrapposizione tra uno e tutti sottolinea la condizione di precedenza di chi è fuori strada, m<strong>al</strong>ato e infelice<br />

rispetto a chi è <strong>al</strong> sicuro, in s<strong>al</strong>ute e nella gioia.<br />

9


Nell’Antico Testamento il pastore è Dio (Ger 23,1-6; Ez 34,12-16; S<strong>al</strong> 23; ecc.), nel Nuovo è Gesù (Gv 10,<strong>11</strong>ss).<br />

Il cuore <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> si rivolge tutto verso l’unico figlio che manca. Non basta la presenza di tutti gli <strong>al</strong>tri per consolarlo.<br />

Egli ha un amore tot<strong>al</strong>e per ognuno. La sofferenza per la perdita di uno solo ci rivela quanto v<strong>al</strong>ore ha ognuno di<br />

noi ai suoi occhi di <strong>Padre</strong>.<br />

L’atteggiamento <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> si rivela nel comportamento di Gesù che cerca l’uomo perduto e invita gli amici e i vicini<br />

perché condividano la gioia <strong>del</strong> ritrovamento.<br />

L’iniziativa <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza è di Dio che non attende il ritorno <strong>del</strong> peccatore smarrito, ma gli va incontro e lo porta<br />

a casa sua. La gioia di Dio per il ritorno <strong>del</strong> peccatore sta nel vedere riconosciuta e accolta la sua misericordia.<br />

La gioia di Dio sarà piena quando tutti, anche i giusti, si convertiranno. Secondo Paolo il punto di arrivo <strong>del</strong>la<br />

storia è la conversione d’Israele (Rm <strong>11</strong>,25-36). La gioia di Dio per la s<strong>al</strong>vezza di uno solo lascia intravedere la sofferenza<br />

divina <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> fino a quando non vede tutti i suoi figli nella sua casa.<br />

In re<strong>al</strong>tà la pecora non si è convertita. Non siamo noi che ritorniamo a Dio, ma è lui che viene a cercarci. Convertirsi<br />

è volgere il nostro sguardo d<strong>al</strong> proprio io a Dio, d<strong>al</strong>la nostra nudità <strong>al</strong>l’occhio di colui che da sempre ci guarda<br />

con amore.<br />

Nella parabola <strong>del</strong>la pecora perduta il protagonista era un uomo, figura di Dio, pastore d’Israele. Nella parabola<br />

<strong>del</strong>la dracma perduta è una donna, figura <strong>del</strong>l’amore materno di Dio. Dio mi è più madre di mia madre: è lui infatti<br />

che mi ha tessuto nel seno di mia madre (S<strong>al</strong> 139,13). Egli ama ciascuno di amore pieno e tot<strong>al</strong>e. Se ne manca<br />

uno solo, la sua casa è vuota. Perché ama ogni figlio più di se stesso.<br />

Dio non ci ama in questo modo infinito perché siamo bravi, ma perché siamo suoi figli. E il fatto che siamo peccatori,<br />

pecore perdute e dracme smarrite, ci rende oggetto di un amore più grande (Lc 5,32; 19,10). Il v<strong>al</strong>ore di ogni<br />

cosa e di ogni persona si rivela nella sua perdita; il nostro v<strong>al</strong>ore si è rivelato nella morte stessa di Dio che si è perduto<br />

per ritrovarci. Il nostro v<strong>al</strong>ore è infinito, pari <strong>al</strong>l’amore di Dio che l’ha portato a dare la vita per noi. Il Signore<br />

dice ad ogni uomo: "Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stimai e ti amo" (Is 43,4).<br />

La dracma mantiene tutto il suo v<strong>al</strong>ore anche quando è perduta o ritrovata tra la spazzatura: l’uomo è il tesoro<br />

di Dio anche quando si perde e viene ritrovato nella spazzatura <strong>del</strong> peccato e <strong>del</strong>la degradazione.<br />

La parabola <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> misericordioso e <strong>del</strong> figlio perduto e ritrovato rivela il centro <strong>del</strong> vangelo: Dio come <strong>Padre</strong><br />

di tenerezza e di misericordia. Egli prova una gioia infinita quando vede tornare a casa il figlio da lontano, e invita<br />

tutti a gioire con lui.<br />

Venerdì 9 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong> - DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE<br />

Gv 2, 13-22<br />

Parlava <strong>del</strong> tempio <strong>del</strong> suo corpo.<br />

10<br />

13 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù s<strong>al</strong>ì a Gerus<strong>al</strong>emme. 14 Trovò nel<br />

tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15 Allora<br />

fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori d<strong>al</strong> tempio, con le pecore e i buoi; gettò a<br />

terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse:<br />

«Portate via di qui queste cose e non fate <strong>del</strong>la casa <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> mio un mercato!». 17 I suoi<br />

discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.<br />

18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Qu<strong>al</strong>e segno ci mostri per fare queste<br />

cose?». 19 Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».<br />

20 Gli dissero <strong>al</strong>lora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in<br />

tre giorni lo farai risorgere?». 21 Ma egli parlava <strong>del</strong> tempio <strong>del</strong> suo corpo. 22 Quando poi fu<br />

risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero<br />

<strong>al</strong>la Scrittura e <strong>al</strong>la parola detta da Gesù.<br />

Nel tempio di Gerus<strong>al</strong>emme, Gesù si imbatte con mercanti di bestiame e cambiamonete che pensano ai propri<br />

interessi, seduti ai loro tavoli. Cambiano ai pellegrini il denaro impuro con l’effigie <strong>del</strong>l’imperatore con monete riconosciute<br />

pure per pagare la tassa annu<strong>al</strong>e <strong>del</strong> tempio. Questo commercio permesso d<strong>al</strong>le autorità religiose e d<strong>al</strong><br />

sommo sacerdote Caifa, per fare concorrenza <strong>al</strong> mercato gestito d<strong>al</strong> Sinedrio nei pressi <strong>del</strong> Cedron, scatena la dura<br />

reazione di Gesù, che constata amaramente il carattere profano assunto d<strong>al</strong>la festa <strong>del</strong>la "Pasqua dei giudei" (v.<br />

13).<br />

L’evangelista ci presenta Gesù come il fustigatore dei vizi e <strong>del</strong>le azioni m<strong>al</strong>vagie. Il gesto di Gesù va letto <strong>al</strong>la<br />

luce dei testi profetici: "Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e presto entrerà nel<br />

suo tempio il Signore che voi cercate" (Ml 3,1), "In quel <strong>giorno</strong> non vi sarà più nessun mercante nel tempio <strong>del</strong> Signore<br />

degli eserciti" (Zc 14,21). Esso richiama anche i testi profetici nei qu<strong>al</strong>i Dio dice di non gradire un culto esteriore<br />

fatto di sacrifici di anim<strong>al</strong>i e basato sull’interesse person<strong>al</strong>e (Am 5,21-24; Is <strong>11</strong>,<strong>11</strong>-17; Ger 7,21-26). Gesù, con<br />

la sua azione seguita d<strong>al</strong> rimprovero: "Portate via queste cose e non fate <strong>del</strong>la casa <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> mio un luogo di<br />

mercato" (v. 16), si colloca in questa tradizione profetica.<br />

Gesù, per la prima volta chiama Dio "il <strong>Padre</strong> mio" e parla <strong>del</strong> tempio come <strong>del</strong>la casa <strong>del</strong> <strong>Padre</strong> suo. Egli, come<br />

Figlio, purifica d<strong>al</strong>la profanazione <strong>del</strong> commercio la casa di suo <strong>Padre</strong> prima di prenderne possesso. Se Dio è <strong>Padre</strong>,<br />

non basta onorarlo con offerte di bestiame e di denaro. Il <strong>Padre</strong> vuole un culto spiritu<strong>al</strong>e e interiore da vivere<br />

nell’amore, vuole essere adorato "in spirito e verità" (Gv 4,23).<br />

Alla richiesta di un segno, Gesù risponde promettendo il più grande dei segni, la sua risurrezione: "Distruggete<br />

questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (v. 19). E l’evangelista precisa: "Ma egli parlava <strong>del</strong> tempio <strong>del</strong> suo


corpo" (v. 21). Cristo risorto è il nuovo Tempio, il solo luogo <strong>del</strong>la presenza di Dio tra gli uomini, il Tempio d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e<br />

sarebbe scaturita una sorgente di acqua viva (Gv 7,37-39; 19,34).<br />

I discepoli non compresero il significato profondo di questo episodio. Ma dopo la risurrezione di Gesù furono illuminati<br />

d<strong>al</strong>lo Spirito su tutto quello che Gesù aveva detto loro "e credettero <strong>al</strong>la Scrittura e <strong>al</strong>la parola detta da Gesù"<br />

(v. 22).<br />

Giovanni non ci abbandona presso le rovine <strong>del</strong> vecchio tempio, ma ci indica il nuovo santuario di Dio. Il Tempio<br />

sempre attu<strong>al</strong>e e duraturo è il corpo di Cristo risorto dai morti. Dio appare in un corpo re<strong>al</strong>e, umano, carico di gloria<br />

divina. Il Dio-con-noi è per sempre Gesù risorto.<br />

Sabato 10 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 16,9-15<br />

Se non siete stati fe<strong>del</strong>i nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?<br />

9 Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa<br />

verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.<br />

10 Chi è fe<strong>del</strong>e in cose di poco conto, è fe<strong>del</strong>e anche in cose importanti; e chi è disonesto<br />

in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. <strong>11</strong> Se dunque non siete<br />

stati fe<strong>del</strong>i nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fe<strong>del</strong>i<br />

nella ricchezza <strong>al</strong>trui, chi vi darà la vostra?<br />

13 Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'<strong>al</strong>tro, oppure<br />

si affezionerà <strong>al</strong>l'uno e disprezzerà l'<strong>al</strong>tro. Non potete servire Dio e la ricchezza».<br />

14 I farisei, che erano attaccati <strong>al</strong> denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano<br />

beffe di lui. 15 Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini,<br />

ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene es<strong>al</strong>tato, davanti a Dio è cosa<br />

abominevole.<br />

Il brano precedente ha parlato <strong>del</strong>l’amministrazione dei beni materi<strong>al</strong>i. Ma non ci sono solo i beni materi<strong>al</strong>i; ci<br />

sono <strong>al</strong>tre ricchezze, <strong>al</strong>tri beni, quelli <strong>del</strong>lo spirito, che richiedono maggiore diligenza, coerenza e le<strong>al</strong>tà. Le ricchezze<br />

terrene non sono il dono supremo che Dio ci affida. Anzi, sono il "più piccolo" (v. 10). Il dono "più grande" sono<br />

le re<strong>al</strong>tà future, la partecipazione <strong>al</strong> regno di Dio, la vita eterna. Dio dona i futuri beni celesti soltanto a colui che sa<br />

amministrare fe<strong>del</strong>mente, secondo la volontà <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>, i beni terreni. L’infe<strong>del</strong>tà nell’amministrazione o nell’uso<br />

dei beni materi<strong>al</strong>i porta ad essere infe<strong>del</strong>i anche nell’amministrare i beni <strong>del</strong>lo spirito, i beni <strong>del</strong>la propria s<strong>al</strong>vezza.<br />

Sembra che i ricchi con i loro averi e i loro denari siano liberi; in re<strong>al</strong>tà sono sottoposti ad un tiranno esoso e<br />

spietato, mammona, che significa "ciò che si possiede". La loro condizione è quella degli schiavi. Chi cade sotto il<br />

dominio di mammona, perde l’amicizia con Dio. L’opposizione tra Dio e mammona è irriducibile. Il nemico più grande<br />

<strong>del</strong> "capit<strong>al</strong>e", quando va a profitto solo di <strong>al</strong>cuni e lascia gli <strong>al</strong>tri nella miseria, è Dio stesso. Egli vuole una comunità<br />

di uomini ugu<strong>al</strong>i, amici, fratelli.<br />

Dio esige di essere amato con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza e con tutta la mente (cfr Lc<br />

10,27). Ma, come l’esperienza insegna, anche mammona, che è la sete sfrenata <strong>del</strong> possesso, s’impadronisce<br />

completamente <strong>del</strong>l’uomo e diventa il suo dio.<br />

Le parole di Gesù fanno riflettere, destano una sana inquietudine interiore e ci tolgono ogni possibilità di accettare<br />

la beatitudine fatua <strong>del</strong>le ricchezze. Nel desiderio <strong>del</strong>le ricchezze si nasconde il pericolo che esse tolgano <strong>al</strong>l'uomo<br />

la libertà di seguire la voce di Dio che lo chiama: "I semi caduti in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver<br />

ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri <strong>del</strong>la vita e non giungono a<br />

maturazione" (Lc 8,14).<br />

Ciò che Gesù insegna in questo brano di vangelo trova eco nella prima lettera a Timoteo: "Quelli che vogliono<br />

arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini<br />

nella rovina e nella perdizione. L’avidità <strong>del</strong> denaro infatti è la radice di tutti i m<strong>al</strong>i; presi da questo desiderio, <strong>al</strong>cuni<br />

hanno deviato d<strong>al</strong>la fede e si sono procurati molti tormenti… A quelli che sono ricchi in questo mondo ordina di non<br />

essere orgogliosi, di non porre la speranza nell’instabilità <strong>del</strong>le ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza,<br />

perché possiamo goderne. Facciano <strong>del</strong> bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere:<br />

così si metteranno da parte un buon capit<strong>al</strong>e per il futuro, per acquistarsi la vita vera" (1Tm 6,9-10.17-18).<br />

I farisei di tutti i tempi, che sono attaccati <strong>al</strong> denaro, ascoltando queste cose, deridono Gesù. Le sue parole sono<br />

stolte e pazze, parole di uno che è fuori d<strong>al</strong> mondo. A questo riso beffardo di autosufficienza risponde Gesù con<br />

il suo lamento: "Ahimè per voi, che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete (Lc 6,25). E gli fanno eco le parole<br />

di san Giacomo: "E ora a voi ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano! Le vostre ricchezze sono<br />

imputridite" (Gc 5,1-2).<br />

Ciò che conta per gli uomini, e per i farisei in particolare, è l’avere, il potere e l’apparire sempre di più. Questo è<br />

l’idolo che occupa il posto di Dio. Questa è l’ipocrisia. E sembra che l’ipocrisia sia in proporzione diretta con la posizione<br />

di prestigio che uno riesce ad acquistarsi "davanti agli uomini" (v. 15). Più l’uomo si sente in <strong>al</strong>to e più accumula<br />

beni e più ricorre <strong>al</strong>la menzogna. Questo è un principio gener<strong>al</strong>e che ha le sue lodevoli eccezioni! Non c’è<br />

in tutto il vangelo una v<strong>al</strong>utazione più pessimistica nei confronti <strong>del</strong>le gerarchie religiose e politiche, nei confronti di<br />

ciò che è es<strong>al</strong>tato fra gli uomini, perché "ciò che è es<strong>al</strong>tato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio" (v. 15).<br />

L’essere posti in <strong>al</strong>to può diventare un idolo, un tentativo di sovrapporsi o di sostituirsi a Dio. Ogni autoes<strong>al</strong>tazione<br />

<strong>11</strong>


indebita è un tentativo idolatrico di mettersi <strong>al</strong> posto di Dio. L’orgoglio e l’idolatria sono praticamente la stessa cosa.<br />

E come Dio condanna gli idolatri, con la stessa forza respinge gli orgogliosi.<br />

Domenica <strong>11</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong> - XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)<br />

Mc 12,38-44<br />

Questa vedova, nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva.<br />

12<br />

38 Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare<br />

in lunghe vesti, ricevere s<strong>al</strong>uti nelle piazze, 39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi<br />

posti nei banchetti. 40 Divorano le case <strong>del</strong>le vedove e pregano a lungo per farsi vedere.<br />

Essi riceveranno una condanna più severa».<br />

41 Seduto di fronte <strong>al</strong> tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne<br />

gettavano molte. 42 Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un<br />

soldo. 43 Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova,<br />

così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli <strong>al</strong>tri. 44 Tutti infatti hanno gettato parte<br />

<strong>del</strong> loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto<br />

quanto aveva per vivere».<br />

Gesù mette in guardia la folla perché sta per lasciarsi trascinare dai capi: bisogna che essa sappia chi sono in<br />

re<strong>al</strong>tà i suoi capi. Con poche parole il Maestro fa il ritratto degli scribi: vanità, sfruttamento <strong>del</strong>le vedove, ostentazione<br />

nella preghiera. La loro logica è precisa: prima io, poi le donne, infine Dio. Forse ci aspettavamo un elogio<br />

degli scribi: sono gli studiosi <strong>del</strong>la parola di Dio. Se è vero che la conoscenza è l’origine <strong>del</strong>la virtù, essi dovrebbero<br />

essere molto virtuosi. Al contrario, non ci aspettavamo molto d<strong>al</strong>la vedova che Gesù, invece, ci propone come esempio:<br />

è limitata, è povera, è costretta ad occuparsi quotidianamente <strong>del</strong>le solite cose indispensabili per la sopravvivenza.<br />

Cosa può dare a Dio una persona insignificante come lei?<br />

Ma il giudizio di Dio capovolge le nostre v<strong>al</strong>utazioni. Gli scribi usano la conoscenza <strong>del</strong>le Scritture per procurarsi<br />

onori umani, si servono <strong>del</strong>la loro pietà religiosa per nascondere la cupidigia con cui si appropriano dei beni degli<br />

<strong>al</strong>tri, in particolare dei beni dei poveri e degli indifesi. La povera vedova invece, che può mettere nel tesoro <strong>del</strong><br />

tempio solo due spiccioli, viene presentata ai discepoli come il vero esempio da imitare: "Tutti hanno dato <strong>del</strong> loro<br />

superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto ciò che aveva, tutto quanto aveva per vivere" (v. 44).<br />

Così, con semplicità, questa donna insignificante, a cui nessuno aveva prestato attenzione, ha amato Dio con tutto<br />

il cuore (cfr Mc 12,30).<br />

Gesù sta per andarsene d<strong>al</strong>la scena di questo mondo e non ci lascia come maestri dei personaggi d<strong>al</strong>le lunghe<br />

maniche e d<strong>al</strong>le parole <strong>al</strong>tisonanti, ma mette in cattedra una donnetta discreta, che continua in silenzio la sua lezione:<br />

la vedova che offre a Dio tutta la sua vita. Essa è sola e inosservata, povera e umile, "getta" tutta la propria<br />

vita: è come Gesù che si è fatto ultimo di tutti e ha dato la sua vita in riscatto per tutti (cfr Mc 10,13-45).<br />

Il primo miracolo di Gesù fu la guarigione <strong>del</strong>la suocera di Pietro, perché potesse servire (cfr Mc 1,29-31).<br />

L’ultimo suo insegnamento, prima <strong>del</strong> discorso escatologico, ci presenta questa vedova, che ama veramente Dio<br />

con tutta la sua vita. Sono loro le vere discepole di Gesù, e quindi le nostre maestre.<br />

Lunedì 12 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 17,1-6<br />

Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.<br />

1 Disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scand<strong>al</strong>i, ma guai a colui a causa<br />

<strong>del</strong> qu<strong>al</strong>e vengono. 2 È meglio per lui che gli venga messa <strong>al</strong> collo una macina da mulino e<br />

sia gettato nel mare, piuttosto che scand<strong>al</strong>izzare uno di questi piccoli. 3 State attenti a voi<br />

stessi!<br />

Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimprover<strong>al</strong>o; ma se si pentirà, perdonagli. 4 E<br />

se commetterà una colpa sette volte <strong>al</strong> <strong>giorno</strong> contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo:<br />

«Sono pentito», tu gli perdonerai».<br />

5 Gli apostoli dissero <strong>al</strong> Signore: 6 «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste<br />

fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: «Sràdicati e vai a<br />

piantarti nel mare», ed esso vi obbedirebbe.<br />

La misericordia è l'anima <strong>del</strong>la comunità cristiana nei suoi rapporti interni ed esterni. Essa non è composta da<br />

impeccabili, e quindi tutti possono essere motivo di scand<strong>al</strong>o verso tutti. Il cristiano deve stare attento a non dare<br />

scand<strong>al</strong>o a nessuno. La dura condanna di Gesù verso coloro che danno scand<strong>al</strong>o ci fa pensare che gli scand<strong>al</strong>i<br />

possono essere frequenti e anche gravi sia <strong>al</strong>l'interno che <strong>al</strong>l'esterno <strong>del</strong>la comunità cristiana. L'invito a scomparire<br />

nel profondo <strong>del</strong> mare manifesta con forza l'amarezza e l'indignazione con cui Gesù si scaglia contro coloro che<br />

scand<strong>al</strong>izzano i piccoli. Lo scand<strong>al</strong>o travolge sempre una determinata categoria di persone: i piccoli, cioè i deboli,<br />

coloro che non hanno una sufficiente maturità spiritu<strong>al</strong>e. E gli scand<strong>al</strong>i sono più <strong>del</strong>eteri quando provengono da<br />

persone più influenti e <strong>al</strong>tolocate.


Per eliminare gli scand<strong>al</strong>i Dio dovrebbe togliere la libertà agli uomini. L'inevitabilità <strong>del</strong>lo scand<strong>al</strong>o corrisponde<br />

<strong>al</strong>la necessità <strong>del</strong>la croce, con cui chi ama porta su di sé il m<strong>al</strong>e <strong>del</strong>l'amato. Il cristiano non è un perfetto e la s<strong>al</strong>vezza<br />

è un esercizio costante di misericordia. La comunità cristiana non è un luogo dove non si pecca, ma dove si<br />

perdona.<br />

Quando un fratello smarrisce la retta via non lo si può abbandonare a se stesso: ognuno deve sentirsi in dovere<br />

di intervenire e di soccorrerlo. Il peccatore è un amm<strong>al</strong>ato spiritu<strong>al</strong>e che ha bisogno di cure urgenti e tutti gliele devono<br />

somministrare. Non si può rimanere indifferenti verso il fratello che pecca, perché si tratta <strong>del</strong>la sua s<strong>al</strong>vezza.<br />

La prima cosa che bisogna fare è questa: "Rimprover<strong>al</strong>o" (v. 3). Chi lo lascia fare e non si cura <strong>del</strong> suo peccato, si<br />

rende colpevole: "Rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per causa sua" (Lv<br />

19,17). Il rimprovero non è disapprovazione <strong>del</strong> fratello (cf. Lc 6,37-38), ma <strong>del</strong> m<strong>al</strong>e che è in lui. Esso suppone<br />

l'accettazione incondizionata di chi pecca (cf. Lc 15). Prima di sp<strong>al</strong>ancare la bocca per sgridare, bisogna aprire il<br />

cuore per accogliere e perdonare. La correzione fraterna è il più <strong>al</strong>to grado di misericordia, non lo sfogo peggiore<br />

<strong>del</strong>la nostra cattiveria e <strong>del</strong> nostro rancore.<br />

La correzione fraterna è un gesto scomodo da cui ognuno vorrebbe essere dispensato, ma il vero bene <strong>del</strong> fratello<br />

deve far passare in second'ordine il proprio disagio per liberare chi è in pericolo.<br />

La comunità dei discepoli sarà veramente cristiana se un fratello perdona <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro, se perdona sempre, nonostante<br />

le ricadute. Se il cristiano perdona <strong>al</strong> fratello, il <strong>Padre</strong> perdona a lui i suoi peccati (cf. Lc <strong>11</strong>,4). Il popolo di<br />

Dio diventa santo con la sollecitudine di tutti per la s<strong>al</strong>vezza di ciascuno e col perdono di ogni offesa person<strong>al</strong>e e di<br />

ogni dispiacere ricevuto.<br />

Il perdono dev'essere radic<strong>al</strong>e, tot<strong>al</strong>e, senza riserve e senza limiti. Bisogna sempre venire incontro a chi cerca<br />

comprensione e aiuto. Il perdono deve accordare nuovamente <strong>al</strong> fratello la nostra fiducia, la simpatia e l'amicizia.<br />

Perdonare significa lasciar cadere ogni risentimento, m<strong>al</strong>animo, rivendicazione, diritto. Bisogna condonare, non<br />

addebitare, non esigere nulla. Spesso siamo magnanimi nel perdonare il m<strong>al</strong>e fatto agli <strong>al</strong>tri, quasi mai nel perdonare<br />

quello fatto a noi.<br />

Il perdono è reso possibile d<strong>al</strong>la forza <strong>del</strong>la fede: per mezzo di essa possiamo superare anche le più grandi difficoltà.<br />

Un minimo di fede in Dio è sufficiente per operare i più grandi prodigi, perché la fede, anche quando è poca,<br />

è sempre una comunione con Dio, quindi una partecipazione <strong>al</strong>la sua onnipotenza. Con la fede si ottiene tutto (cf.<br />

Mc <strong>11</strong>,23-24). Tutto è possibile a chi crede (cf. Mc 9,23). Nulla è impossibile a Dio (cf. Lc 1,37; 18,37). Credere è<br />

smettere di confidare in se stessi e lasciare che Dio agisca in noi.<br />

Martedì 13 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 17,7-10<br />

Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.<br />

7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra d<strong>al</strong><br />

campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? 8 Non gli dirà piuttosto: «Prepara da mangiare,<br />

strìngiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e<br />

berrai tu»? 9 Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?<br />

10 Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo<br />

servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»».<br />

La gratuità <strong>del</strong> ministero apostolico, tema di questo brano, prolunga nel tempo ed estende nello spazio il mistero<br />

<strong>del</strong>la misericordia di Dio. La gratuità è il segno essenzi<strong>al</strong>e <strong>del</strong>l’amore e il sigillo di appartenenza <strong>al</strong> Signore. Essa ci<br />

fa come lui, schiavi per amore. E’ la massima libertà che ci rende simili a Dio. La missione dei cristiani nel mondo<br />

è, prima di tutto, testimonianza <strong>del</strong>l’amore gratuito di Dio. Nel suo addio agli anziani <strong>del</strong>la Chiesa di Efeso, Paolo<br />

dice: "Non ritengo la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato<br />

d<strong>al</strong> Signore Gesù di rendere testimonianza <strong>al</strong> messaggio <strong>del</strong>la grazia di Dio" (At 20,24).<br />

Il cristiano è chiamato servo, schiavo di Gesù Cristo perché appartiene tot<strong>al</strong>mente a lui. Questa schiavitù è la<br />

più <strong>al</strong>ta re<strong>al</strong>izzazione <strong>del</strong>la libertà di amare perché rende il cristiano simile <strong>al</strong> suo Signore Gesù che è tutto <strong>del</strong> <strong>Padre</strong><br />

e dei fratelli. Il lavoro <strong>del</strong>lo schiavo è insieme dovuto e gratuito perché, sia lui che il suo lavoro, appartengono <strong>al</strong><br />

Signore. La traduzione: "Siamo servi inutili"(v. 10) non è esatta perché lo schiavo che compie il suo lavoro non è<br />

inutile e perché Dio non ha creato nulla di inutile. Il termine greco "achreioi" significa inutili o senza utile, cioè senza<br />

guadagno. Ciò significa che i cristiani non fanno il loro lavoro apostolico per guadagno, per un utile person<strong>al</strong>e, ma<br />

per dovere e gratuitamente: non per vergognoso interesse (cfr 1Pt 5,2), ma spinti d<strong>al</strong>l’amore di Cristo Signore che<br />

è morto per tutti (cfr 2Cor 5,14). L’apostolato è di sua natura gratuito e rivela la sorgente da cui scaturisce, l’amore<br />

gratuito di Dio: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8). Per l’apostolo Paolo la ricompensa più<br />

<strong>al</strong>ta è predicare gratuitamente il vangelo: "Qu<strong>al</strong>e è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il<br />

vangelo" (1Cor 9,18). L’amore vero rende il discepolo completamente libero da <strong>al</strong>tri interessi e lo fa diventare<br />

gioiosamente servo come il suo Signore <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e appartiene tot<strong>al</strong>mente.<br />

Ciò che Dio dà <strong>al</strong>l’uomo non gli è dovuto in termini contrattu<strong>al</strong>i, ma è grazia. Per quanto l’uomo possa impegnarsi<br />

o fare, tutto quello che riceve non è in proporzione con quello che egli ha compiuto: è sempre un’elargizione<br />

<strong>del</strong>la bontà e misericordia di Dio. Occorre avvicinarsi sempre più a Dio e non preoccuparsi <strong>del</strong> trattamento che egli<br />

usa nei confronti dei suoi servi fe<strong>del</strong>i. Sarà sempre conforme <strong>al</strong>la sua bontà infinita, non <strong>al</strong>le umili prestazioni<br />

<strong>del</strong>l’uomo.<br />

13


Mercoledì 14 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 17,<strong>11</strong>-19<br />

Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, <strong>al</strong>l’infuori di questo straniero.<br />

14<br />

<strong>11</strong> Lungo il cammino verso Gerus<strong>al</strong>emme, Gesù attraversava la Samaria e la G<strong>al</strong>ilea.<br />

12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza<br />

13 e dissero ad <strong>al</strong>ta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14 Appena li vide, Gesù disse<br />

loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.<br />

15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16 e si prostrò davanti<br />

a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17 Ma Gesù osservò: «Non<br />

ne sono stati purificati dieci? E gli <strong>al</strong>tri nove dove sono? 18 Non si è trovato nessuno che<br />

tornasse indietro a rendere gloria a Dio, <strong>al</strong>l'infuori di questo straniero?». 19 E gli disse:<br />

«Àlzati e va'; la tua fede ti ha s<strong>al</strong>vato!».<br />

Questo brano è il racconto di un miracolo; ma più che sul fatto in sé l’attenzione viene richiamata sul diverso<br />

comportamento dei miracolati: sulla loro cieca fiducia in Gesù e sulla poca gratitudine che gli dimostrano dopo la<br />

guarigione.<br />

L’ingratitudine è ciò che più ferisce e amareggia l’uomo e quindi è l’atteggiamento che più addolora Gesù. Il Cristo<br />

non rimane indifferente davanti ai comportamenti degli uomini nei suoi riguardi. Egli è sensibile <strong>al</strong>l’amicizia,<br />

<strong>al</strong>l’affetto, <strong>al</strong>l’amore <strong>del</strong>le persone così come è dispiaciuto <strong>del</strong>la dimenticanza, <strong>del</strong>l’ingratitudine, <strong>del</strong>le offese e ancor<br />

più <strong>del</strong>l’odio.<br />

Un samaritano aveva dato una lezione di carità a due uffici<strong>al</strong>i <strong>del</strong> tempio (Lc 10,25-37), un <strong>al</strong>tro samaritano impartisce<br />

una lezione di riconoscenza ai suoi compagni di sventura e di guarigione, i lebbrosi ebrei. Nel samaritano<br />

"straniero" (v. 18) si trovano le disposizioni che aprono l’anima <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vezza: la riconoscenza, la lode, la coscienza<br />

<strong>del</strong>la propria miseria, l’umiltà.<br />

Il miracolo nella Bibbia è un’attestazione <strong>del</strong>la presenza di Dio nella storia. Ogni tanto egli fa sentire <strong>al</strong>l’uomo la<br />

sua presenza per ricordargli che non è solo. Ma anche senza miracoli t<strong>al</strong>e certezza non deve venir meno.<br />

La riconoscenza è la risposta <strong>del</strong>l’uomo che ha ricevuto il dono di Dio. Il vangelo, la fede, la s<strong>al</strong>vezza sono doni<br />

da accogliere con gioiosa gratitudine.<br />

La strada <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza è aperta a tutti. Ciò che s<strong>al</strong>va è la fede che ci rende disponibili <strong>al</strong>l’azione s<strong>al</strong>vifica di Dio<br />

che si compie per mezzo di Gesù Cristo.<br />

All’unico credente Gesù chiede conto anche degli <strong>al</strong>tri nove. D<strong>al</strong>la fede nasce la missione. Il credente è responsabile<br />

davanti a Dio di tutti i suoi fratelli e si mette necessariamente <strong>al</strong>la ricerca degli assenti.<br />

Giovedì 15 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 17,20-25<br />

Il regno di Dio è in mezzo a voi.<br />

20 I farisei gli domandarono: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno<br />

di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, 21 e nessuno dirà: «Eccolo qui», oppure:<br />

«Eccolo là». Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».<br />

22 Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo<br />

dei giorni <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l'uomo, ma non lo vedrete. 23 Vi diranno: «Eccolo là», oppure: «Eccolo<br />

qui»; non andateci, non seguiteli. 24 Perché come la folgore, guizzando, brilla da un<br />

capo <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro <strong>del</strong> cielo, così sarà il Figlio <strong>del</strong>l'uomo nel suo <strong>giorno</strong>. 25 Ma prima è necessario<br />

che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione.<br />

Questo brano ci dà i criteri per leggere la storia presente con gli occhi <strong>del</strong>la fede. Gesù ci dice dove va a finire<br />

tutta la vicenda <strong>del</strong>l’uomo e <strong>del</strong>l’universo e ci rivela il senso <strong>del</strong> presente partendo d<strong>al</strong> suo punto di arrivo. Il fine di<br />

tutto non è la morte, ma la vita: è il regno di Dio. Esso è già presente in mezzo a noi sotto il segno <strong>del</strong>la croce. Per<br />

questo sembra che vinca il m<strong>al</strong>e, ma in re<strong>al</strong>tà è il bene che vince perdendo. Tutto sarà chiaro nel <strong>giorno</strong> <strong>del</strong> "Figlio<br />

<strong>del</strong>l’uomo": il <strong>giorno</strong> <strong>del</strong> Cristo glorioso, il compimento luminoso <strong>del</strong>la storia, l’oggi eterno di Dio.<br />

I farisei pensano il regno di Dio in termini di potere e di gloria. Ma Gesù compie la s<strong>al</strong>vezza, eludendo e <strong>del</strong>udendo<br />

tutte le aspettative umane, nel mistero <strong>del</strong>la sua Pasqua di umiliazione ed es<strong>al</strong>tazione. Il regno di Dio è presente<br />

nel mondo, ma per ora è nascosto. E’ come un seme: la sua re<strong>al</strong>tà si svelerà solo in futuro, nella pianta.<br />

Il testo mette a confronto due strategie: quella che scaturisce d<strong>al</strong>la ment<strong>al</strong>ità <strong>del</strong>l’uomo e <strong>del</strong> diavolo (cfr Lc 4,5-<br />

12) e quella che viene da Dio. La prima nasce d<strong>al</strong>l’attesa di un messianismo trionf<strong>al</strong>istico, reg<strong>al</strong>e; la seconda da un<br />

messianismo umile, umiliato e povero. Gesù sceglie la seconda, che è quella assegnatagli d<strong>al</strong> <strong>Padre</strong> (cfr Lc 3,22).<br />

Se sceglie un cammino nascosto, non appariscente, anche la venuta <strong>del</strong> regno non può venire in forma diversa.<br />

Essa non sarà accompagnata da fenomeni grandiosi in cielo e in terra, da segn<strong>al</strong>azioni spettacolari (miracoli nel<br />

sole e nelle stelle) t<strong>al</strong>i da far convergere subito l’attenzione <strong>del</strong>le moltitudini verso una direzione o l’<strong>al</strong>tra ("Eccolo là,<br />

o: eccolo qua").<br />

Il regno di Dio è già <strong>al</strong>l’opera con la venuta di Gesù, con la sua predicazione, con le sue scelte. Egli scaccia i<br />

demoni (cfr Lc <strong>11</strong>,20). Satana è spodestato (cfr Lc 10,18) perché il dominio di Dio è già iniziato. Gesù compie le<br />

speranze degli uomini, che attendono il regno di Dio nel mondo, ma non secondo le loro attese, ma secondo il pro-


getto <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>. La presenza <strong>del</strong> regno di Dio è un mistero che può essere compreso solo mediante la fede nella<br />

parola di Gesù (cfr Lc 8,10). Ma nell’atteggiamento critico dei farisei c’è il rifiuto <strong>del</strong> giudaismo nei confronti di Cristo,<br />

<strong>del</strong>la sua scelta di raccogliere i poveri, gli an<strong>al</strong>fabeti, i peccatori. Secondo loro, questo non poteva coincidere<br />

con il regno di Dio. I giudei cercano miracoli strepitosi che comprovino la venuta <strong>del</strong> regno (cfr 1Cor 1,22). I f<strong>al</strong>si<br />

profeti annunciano che il Messia potrebbe apparire da qu<strong>al</strong>siasi parte (v. 23) per prendere le difese dei suoi. Ma<br />

Gesù avverte che si tratta di affermazioni gratuite. Il trionfo <strong>del</strong> bene non viene con la rapidità che noi desidereremmo.<br />

Dire il contrario significa illudere la gente, ingannare.<br />

Visto secondo l’ottica umana, Gesù va incontro a una conclusione ingloriosa <strong>del</strong>la sua missione. Le sofferenze<br />

che lo attendono sono molte. Sarà rifiutato d<strong>al</strong> suo popolo e morirà umiliato sulla croce. Ma Gesù sconfitto e morto<br />

in croce riapparirà sulla scena <strong>del</strong>la storia. La sua venuta è paragonata <strong>al</strong> lampo o <strong>al</strong>la folgore per la sua repentinità.<br />

Lui che ha detto la prima parola, dirà anche l’ultima. "Il <strong>giorno</strong> <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l’uomo" (v. 24) è quello <strong>del</strong>la sua risurrezione<br />

e <strong>del</strong> trionfo fin<strong>al</strong>e <strong>del</strong>la sua venuta.<br />

Venerdì 16 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 17,26-37<br />

Così accadrà nel <strong>giorno</strong> in cui il Figlio <strong>del</strong>l’uomo si manifesterà.<br />

26 Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l'uomo:<br />

27 mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino <strong>al</strong> <strong>giorno</strong> in cui<br />

Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. 28 Come avvenne anche nei<br />

giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano;<br />

29 ma, nel <strong>giorno</strong> in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo d<strong>al</strong> cielo e li fece morire<br />

tutti. 30 Così accadrà nel <strong>giorno</strong> in cui il Figlio <strong>del</strong>l'uomo si manifesterà. 31 In quel <strong>giorno</strong>, chi<br />

si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così,<br />

chi si troverà nel campo, non torni indietro. 32 Ricordatevi <strong>del</strong>la moglie di Lot. 33 Chi cercherà<br />

di s<strong>al</strong>vare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. 34 Io vi dico: in<br />

quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l'uno verrà portato via e l'<strong>al</strong>tro lasciato;<br />

35 due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà portata via e l'<strong>al</strong>tra lasciata».<br />

[ 36 ] 37 Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere,<br />

lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».<br />

Il <strong>giorno</strong> <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l’uomo, presentato come una folgore nel brano precedente, ora è<br />

paragonato <strong>al</strong> diluvio (vv. 26 - 27 ). L’indifferenza e la corruzione nelle qu<strong>al</strong>i furono sorpresi e<br />

colpiti i contemporanei di Noè servono a far comprendere la disattenzione con cui gli uomini<br />

pensano e attendono la s<strong>al</strong>vezza. Le ragioni per cui l’uomo non si accorge<br />

<strong>del</strong>l’avvicinarsi <strong>del</strong>la giustizia di Dio, sono sempre le stesse: gli affari, gli interessi e i piaceri<br />

<strong>del</strong>la vita. Tutte cose che sostituiscono qu<strong>al</strong>unque <strong>al</strong>tra occupazione, anche quella<br />

<strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza eterna.<br />

La Bibbia offre un <strong>al</strong>tro esempio di disattenzione ai segni di Dio distribuiti nel corso <strong>del</strong>la storia. Anche la vita dei<br />

Sodomiti trascorreva nei bagordi e nei vizi e non pensavano affatto di poter incorrere in qu<strong>al</strong>che castigo (vv. 28-29).<br />

E così il castigo arrivò senza che <strong>al</strong>cuno potesse scamparne. La cosa non era impossibile: bisognava essere attenti<br />

e giusti come Lot.<br />

I tempi di Noè, di Lot, di Sodoma sono come tutti i giorni <strong>del</strong>la storia umana. La s<strong>al</strong>vezza o la perdizione non<br />

stanno in qu<strong>al</strong>cosa di straordinario, ma nella quotidianità <strong>del</strong>la vita. L’uomo si perde se è mosso d<strong>al</strong>l’egoismo, si<br />

s<strong>al</strong>va se è mosso d<strong>al</strong>l’amore. Due persone che fanno la stessa azione hanno una sorte diversa. Questo indica che<br />

la s<strong>al</strong>vezza non dipende da cosa si fa, ma da come la si fa, e soprattutto per chi la si fa.<br />

I cadaveri attirano gli uccelli di rapina (cfr Ap 19,17). Come gli uccelli di rapina sono attirati dai cadaveri, così sarà<br />

attirato sul mondo il giudizio di condanna dagli uomini che giacciono nella morte <strong>del</strong> peccato. Non è la domanda<br />

circa il luogo <strong>del</strong> giudizio che conta, ma la libertà d<strong>al</strong> peccato, il presentarsi davanti <strong>al</strong> Signore pentiti e convertiti.<br />

Quando Gesù annuncia la fine dei tempi, ammonisce a far penitenza. Egli proclama il regno divino <strong>del</strong>la misericordia,<br />

affinché la venuta <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l’uomo non deva portare a nessuno la condanna.<br />

Sabato 17 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 18,1-8<br />

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.<br />

1 Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:<br />

2 «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per <strong>al</strong>cuno. 3 In<br />

quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: «Fammi giustizia contro<br />

il mio avversario». 4 Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: «Anche se<br />

non temo Dio e non ho riguardo per <strong>al</strong>cuno, 5 dato che questa vedova mi dà tanto fastidio,<br />

le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi»». 6 E il Signore soggiunse:<br />

«Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7 E Dio non farà forse giustizia ai suoi<br />

eletti, che gridano <strong>giorno</strong> e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8 Io vi dico<br />

15


16<br />

che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio <strong>del</strong>l'uomo, quando verrà, troverà la fede<br />

sulla terra?».<br />

Pregare non è facoltativo, ma obbligatorio: è necessario pregare sempre, senza stancarsi (v. 1). Il pericolo di<br />

perdersi d’animo è quasi inevitabile nella preghiera, perché l’interlocutore è invisibile e incontrollabile e non si può<br />

mai essere sicuri <strong>del</strong> suo ascolto e <strong>del</strong>la sua risposta. A meno che non si creda fermamente che Dio ci ama, nel<br />

qu<strong>al</strong> caso tutti i dubbi e i problemi scompaiono.<br />

Si può pregare sempre perché la preghiera non si sovrappone <strong>al</strong>le nostre azioni, ma le illumina e le indirizza <strong>al</strong><br />

loro fine. Il cuore può e deve essere sempre intento in Dio, perché è fatto per lui e perché lo esige il più grande dei<br />

comandamenti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con<br />

tutta la tua mente» (Lc 10,27). La preghiera è importante perché è desiderio di Dio. E Dio-Amore non desidera <strong>al</strong>tro<br />

che di essere desiderato e amato.<br />

Il nostro peccato, che è lontananza da Dio, si evidenzia soprattutto nella preghiera. La preghiera può essere il<br />

momento <strong>del</strong>la noia o <strong>del</strong>la gioia, <strong>del</strong> disgusto o <strong>del</strong>l’appagamento <strong>del</strong>la nostra fame e sete di Dio. Tutto dipende<br />

d<strong>al</strong> fatto se amiamo o non amiamo Dio. Per pregare è soprattutto necessario essere umili e sentirsi poveri e bisognosi:<br />

«Dio ascolta proprio la preghiera <strong>del</strong>l’oppresso. Non trascura la supplica <strong>del</strong>l’orfano né la vedova, quando si<br />

sfoga nel lamento. Le lacrime <strong>del</strong>la vedova non scendono forse sulle sue guance e il suo grido non si <strong>al</strong>za contro<br />

chi gliele fa versare? Chi venera Dio sarà accolto con benevolenza, la sua preghiera giungerà fino <strong>al</strong>le nubi. La<br />

preghiera <strong>del</strong>l’umile penetra le nubi, finché non sia arrivata, non si contenta; non desiste finché l’Altissimo non sia<br />

intervenuto, rendendo soddisfazione ai giusti e ristabilendo l’equità» (Sir 35,13-18).<br />

Se un uomo così perverso, come il giudice <strong>del</strong>la parabola, è capace di esaudire le richieste insistenti <strong>del</strong>la vedova,<br />

Dio, che è giusto e misericordioso, non esaudirà prontamente le preghiere dei suoi eletti che gridano a lui<br />

<strong>giorno</strong> e notte, ossia «sempre, senza stancarsi» (v. 1)? Certamente! Anzi, l’intervento di Dio, a differenza di quello<br />

<strong>del</strong> giudice, è repentino ed efficace.<br />

Questo brano <strong>del</strong> vangelo è un invito <strong>al</strong>la fiducia, <strong>al</strong>l’ottimismo. Dio non ci esaudisce per togliersi dai piedi degli<br />

scocciatori, ma perché ci ama.<br />

L’interrogativo con cui si chiude il vangelo di oggi ci chiede una sempre rinnovata presa di posizione nei confronti<br />

di Dio. L’apostolo Paolo attendeva con fiducia la morte e il giudizio, perché aveva conservato la fede (cf. 2Tim<br />

4,7). Questo è anche l’augurio che facciamo a noi e a tutti.<br />

Domenica 18 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong> - XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)<br />

Mc 13,24-32<br />

Il Figlio <strong>del</strong>l’uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti.<br />

24<br />

In quei giorni, dopo quella tribolazione,<br />

il sole si oscurerà,<br />

la luna non darà più la sua luce,<br />

25<br />

le stelle cadranno d<strong>al</strong> cielo<br />

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.<br />

26<br />

Allora vedranno il Figlio <strong>del</strong>l'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.<br />

27<br />

Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, d<strong>al</strong>l'estremità <strong>del</strong>la terra<br />

fino <strong>al</strong>l'estremità <strong>del</strong> cielo.<br />

28<br />

D<strong>al</strong>la pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e<br />

spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. 29 Così anche voi: quando vedrete accadere<br />

queste cose, sappiate che egli è vicino, è <strong>al</strong>le porte.<br />

30<br />

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.<br />

31<br />

Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.<br />

32<br />

Quanto però a quel <strong>giorno</strong> o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il<br />

Figlio, eccetto il <strong>Padre</strong>.<br />

Questo brano potrebbe essere intitolato "un canto di speranza". La persecuzione verso i discepoli e la rovina di<br />

Gerus<strong>al</strong>emme hanno disperso i cristiani, ma la venuta <strong>del</strong> Signore li riunirà, non per il giudizio, ma per l’incontro definitivo<br />

nella gioia <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza. La dispersione ha reso possibile la testimonianza e l’annuncio <strong>del</strong> vangelo a tutte<br />

le nazioni (Mc 13,10); il raduno "d<strong>al</strong>l’estremità <strong>del</strong>la terra fino <strong>al</strong>l’estremità <strong>del</strong> cielo" (v. 27) segnerà la piena re<strong>al</strong>izzazione<br />

<strong>del</strong> regno di Dio.<br />

La descrizione <strong>del</strong>l’avvenimento è grandiosa. Il suo scopo è di dare, attraverso <strong>al</strong>cune immagini impressionanti<br />

tolte d<strong>al</strong>l’Antico Testamento, l’idea <strong>del</strong> trionfo tot<strong>al</strong>e e definitivo. Come <strong>al</strong>l’uscita di Israele d<strong>al</strong>l’Egitto, il mare vide e<br />

fuggì e le montagne s<strong>al</strong>tellarono come arieti davanti <strong>al</strong> Dio di Giacobbe (S<strong>al</strong> <strong>11</strong>4), così avverrà <strong>al</strong> definitivo ritorno<br />

<strong>del</strong> Signore: sarà un avvenimento che scuoterà l’universo intero. Il sole, la luna, le stelle e tutte le forze <strong>del</strong> cielo<br />

saranno sconvolte, perché sulle nubi <strong>del</strong> cielo apparirà, pieno di potenza e gloria, il Figlio <strong>del</strong>l’uomo.<br />

A questo incontro con lui tutta la storia è condotta d<strong>al</strong>la mano sapiente e paziente di Dio. La creazione è in<br />

cammino verso la rivelazione <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l’uomo, nel qu<strong>al</strong>e ogni uomo è figlio in comunione con il <strong>Padre</strong>. La fine<br />

<strong>del</strong> mondo non è il cadere di tutto nel nulla, ma il compiersi di ogni speranza, <strong>al</strong> di là e <strong>al</strong> di sopra di ogni attesa, in<br />

una pienezza che non riusciamo a immaginare.


La creazione tende con tutte le sue energie verso di lui, nel qu<strong>al</strong>e, per mezzo <strong>del</strong> qu<strong>al</strong>e, e in vista <strong>del</strong> qu<strong>al</strong>e tutto<br />

è stato fatto (Col 1,15-16). Egli infatti è la vita di tutto ciò che esiste. La fine <strong>del</strong> mondo non è qu<strong>al</strong>cosa di tremendo.<br />

E’ l’incontro <strong>del</strong>la sposa, la comunità dei s<strong>al</strong>vati, che nello Spirito grida: "Vieni!", e lo Sposo che risponde: "Sì, verrò<br />

presto!" (cfr Ap 22,17-20).Le parole di Gesù, che leggiamo nel vangelo di oggi, presentano il quadro fin<strong>al</strong>e <strong>del</strong>la vicenda<br />

cosmica. Al centro sta la venuta <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l’uomo (v. 26), che segna la fine <strong>del</strong> mondo vecchio con il suo<br />

m<strong>al</strong>e (vv. 24-25) e l’inizio <strong>del</strong> mondo nuovo in comunione con lui (v. 27).<br />

La venuta gloriosa <strong>del</strong> Signore e il suo giudizio hanno un passato, quello <strong>del</strong>la croce, dove tutto è compiuto (cfr<br />

Gv 19,30); un presente, nel qu<strong>al</strong>e viviamo la nostra imitazione di Cristo; e un futuro, quando sarà compiuto tutto ciò<br />

che è già avvenuto in Gesù e sta avvenendo in noi.<br />

La storia è sotto il segno <strong>del</strong>la croce, gloria di Dio che si manifesta in pienezza. Il braccio potente, con cui Dio<br />

ha vinto il m<strong>al</strong>e, sono le braccia misericordiose <strong>del</strong> Figlio inchiodate <strong>al</strong>la croce e <strong>al</strong>largate a tutti gli uomini.<br />

Il giudice <strong>del</strong> mondo è colui che muore in croce per noi peccatori. Quindi il suo giudizio è questo: lui, che è giusto,<br />

porta su di sé il nostro peccato e giustifica tutti gli ingiusti che si riconoscono t<strong>al</strong>i e accettano la sua grazia. Il<br />

giudizio di Dio è il suo amore che s<strong>al</strong>va. Egli ci giudica solo dopo aver perdonato tutti i nostri peccati.<br />

Il tragico presente non è quindi senza speranza. Esso è quel necessario travaglio da cui deve nascere il mondo<br />

nuovo e definitivo. Per il cristiano non c'è spazio per il pessimismo: sa che può sperare e che la sua speranza non<br />

andrà <strong>del</strong>usa.<br />

Ma quando verrà il Signore più precisamente? Lo sa solo il <strong>Padre</strong>. Gesù non l’ha rivelato a nessuno, perché il<br />

<strong>Padre</strong> non gli ha dato questo incarico. Il <strong>giorno</strong> e l’ora <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong>la nostra vita e <strong>del</strong> mondo sono certi e determinati<br />

per Dio e sconosciuti per noi. Così Dio ha stabilito saggiamente per il nostro bene. Infatti, se sapessimo il <strong>giorno</strong><br />

e l’ora di questi avvenimenti, cadremmo in un terrore par<strong>al</strong>izzante e in un’attesa <strong>al</strong>ienante. Se Gesù non ci ha<br />

rivelato la fine <strong>del</strong>la nostra vita è perché non ci serviva e ci avrebbe guastato tot<strong>al</strong>mente l’esistenza.<br />

Tutta la storia ormai non è <strong>al</strong>tro che il tempo <strong>del</strong>la pazienza di Dio. "Davanti <strong>al</strong> Signore un <strong>giorno</strong> è come mille<br />

anni, e mille anni come un <strong>giorno</strong> solo. Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono.<br />

Ma usa pazienza verso di voi, non volendo che <strong>al</strong>cuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2Pt 3,8-<br />

9). Infatti Dio, nostro s<strong>al</strong>vatore, vuole che tutti gli uomini siano s<strong>al</strong>vati (cfr 1Tm 2,4) e che la sua casa sia piena (Lc<br />

14,23).<br />

Lunedì 19 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 18,35-43<br />

Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!<br />

35 Mentre si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare.<br />

36 Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. 37 Gli annunciarono: «Passa<br />

Gesù, il Nazareno!». 38 Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!».<br />

39 Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora<br />

più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 40 Gesù <strong>al</strong>lora si fermò e ordinò che lo<br />

conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: 41 «Che cosa vuoi che io faccia per<br />

te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». 42 E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la<br />

vista! La tua fede ti ha s<strong>al</strong>vato». 43 Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando<br />

Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.<br />

Anche questo episodio <strong>del</strong> vangelo ci riguarda person<strong>al</strong>mente. In questo cieco viene rappresentata tutta<br />

l’umanità. La nostra cecità è la non conoscenza di Dio congiunta con la presunzione di vederci (cfr Gv 9,41; Ap<br />

3,17). Il Messia è stato annunciato dai profeti come colui che ridà la vista ai ciechi ( Is 35,5-6) e porta ai poveri la<br />

lieta notizia (Lc 4,18).<br />

La folla che è attorno a Gesù è di impedimento <strong>al</strong> cieco (v. 39) come sarà di impedimento a Zaccheo (Lc 19,3).<br />

Il comportamento <strong>del</strong>la folla è molto significativo. Invece di commiserare il m<strong>al</strong>ato e aiutarlo, è infastidita d<strong>al</strong>le sue<br />

grida. Il dolore e la disperazione <strong>del</strong> cieco è meno importante <strong>del</strong>la loro quiete o <strong>del</strong> loro pellegrinaggio a Gerus<strong>al</strong>emme.<br />

Il problema <strong>del</strong>la tranquillità person<strong>al</strong>e può far dimenticare, e perfino ostacolare, le migliori iniziative di bene.<br />

Gli amici e i discepoli di Gesù, che avrebbero dovuto aiutare e incoraggiare il cieco, sono proprio quelli che vorrebbero<br />

farlo tacere e impedirgli di pregare il S<strong>al</strong>vatore. Non solo, ma lo rimproverano anche! Gesù, però, non invita<br />

l’uomo a tacere, ma a venire a lui. La sensibilità e la libertà di Gesù ris<strong>al</strong>tano in ogni pagina <strong>del</strong> vangelo, soprattutto<br />

quando sono accostate <strong>al</strong>l’indifferenza e <strong>al</strong>l’egoismo <strong>del</strong>le persone che lo circondano.<br />

Il cieco prega Gesù chiamandolo per nome. Gesù significa: Dio s<strong>al</strong>va. Negli Atti degli apostoli leggiamo:<br />

"Chiunque invocherà il nome <strong>del</strong> Signore sarà s<strong>al</strong>vato (2,21); "In nessun <strong>al</strong>tro c’è s<strong>al</strong>vezza: non vi è infatti <strong>al</strong>tro nome<br />

dato agli uomini sotto il cielo nel qu<strong>al</strong>e è stabilito che possiamo essere s<strong>al</strong>vati" (4,12). La s<strong>al</strong>vezza è fare esperienza<br />

in prima persona <strong>del</strong>l’amore gratuito di Dio che dona e perdona. Gesù è la rivelazione di questo amore <strong>del</strong><br />

<strong>Padre</strong>.<br />

L’atteggiamento <strong>del</strong> cieco è in contrapposizione con l’ottusità dei giudei e degli stessi cristiani. Gesù si lamenta<br />

con la gente <strong>del</strong> suo tempo perché non crede se prima non ha veduto e toccato. Il cieco non ha bisogno di questo.<br />

L’apostolo Tommaso crede solo dopo aver veduto e toccato. Ma Gesù gli dice: "Perché mi hai veduto, hai creduto:<br />

beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" (Gv 20,29). Questa beatitudine sembra coniata appositamente<br />

per il cieco di Gerico: un cieco che vede più acutamente dei vedenti. Per questa fede Gesù lo guarisce <strong>al</strong>l’istante e<br />

lo s<strong>al</strong>va.<br />

17


Ottenere la vista <strong>del</strong>la fede ci permette di seguire Gesù che ha detto: "Chi segue me non cammina nelle tenebre,<br />

ma avrà la luce <strong>del</strong>la vita" (Gv 8,12).<br />

Alla fine <strong>del</strong> racconto tutti i presenti hanno un comportamento concorde e cor<strong>al</strong>e con il cieco guarito: lodano Dio<br />

con lui. La lode, che ci fa partecipi <strong>del</strong> bene <strong>al</strong>trui, è l’espressione più <strong>al</strong>ta <strong>del</strong>l’amore.<br />

Martedì 20 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 19,1-10<br />

Il Figlio <strong>del</strong>l’uomo era venuto a cercare e a s<strong>al</strong>vare ciò che era perduto.<br />

18<br />

1 Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2 quand'ecco un uomo, di nome<br />

Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva<br />

a causa <strong>del</strong>la folla, perché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per riuscire a<br />

vederlo, s<strong>al</strong>ì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5 Quando giunse sul luogo,<br />

Gesù <strong>al</strong>zò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a<br />

casa tua». 6 Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti mormoravano:<br />

«È entrato in casa di un peccatore!». 8 Ma Zaccheo, <strong>al</strong>zatosi, disse <strong>al</strong> Signore: «Ecco, Signore,<br />

io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qu<strong>al</strong>cuno, restituisco<br />

quattro volte tanto». 9 Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la s<strong>al</strong>vezza, perché<br />

anch'egli è figlio di Abramo. 10 Il Figlio <strong>del</strong>l'uomo infatti è venuto a cercare e a s<strong>al</strong>vare<br />

ciò che era perduto».<br />

L’incontro di Gesù con Zaccheo ripropone uno dei temi fondament<strong>al</strong>i <strong>del</strong> vangelo: la preferenza di Dio per i peccatori.<br />

Quest’uomo <strong>al</strong>tolocato e benestante è insoddisfatto di sé. In apparenza ha tutto, in re<strong>al</strong>tà gli manca tutto. In<br />

quanto pubblicano è escluso d<strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vezza secondo la legge, in quanto ricco è escluso d<strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vezza secondo il<br />

vangelo (cfr Lc 18,24ss). E’ un peccatore <strong>del</strong>la peggior specie, è un caso impossibile.<br />

Anche in questo caso, come nel brano precedente, la moltitudine dei discepoli nasconde agli occhi di Zaccheo il<br />

Gesù che cercava di vedere. La comunità è il luogo <strong>del</strong>l’incontro con Dio, ma qu<strong>al</strong>che volta impedisce di vederlo.<br />

La folla non aiuta Zaccheo a trovare Gesù e criticherà Gesù quando deciderà di andare nella sua casa.<br />

Il pubblicano viene chiamato per nome: "Zaccheo". Questo nome significa "Dio ricorda". Dio si ricorda di lui e gli<br />

usa misericordia, come aveva cantato il suo omonimo, Zaccaria: "Ha soccorso il suo servo, ricordandosi <strong>del</strong>la sua<br />

misericordia"(cfr Lc 1,54). In Zaccheo si compie la volontà di s<strong>al</strong>vezza <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>, che Gesù ha la missione di attuare<br />

in questo mondo. E tutto deve avvenire "subito" e "in fretta" (vv. 5-6). E’ l’urgenza <strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza. Ci ricorda Maria<br />

che corre a portare il S<strong>al</strong>vatore a chi l’attende (cfr Lc 1,39). Ma questa volontà di Dio che desidera s<strong>al</strong>vare tutti e<br />

subito suscita incomprensione e mormorazione nei benpensanti di <strong>al</strong>lora come in quelli di tutti i tempi.<br />

L’ansia e la tensione di Zaccheo si trasformano in esultanza, che è la partecipazione <strong>al</strong>la felicità di Dio. L'angelo<br />

Gabriele ha invitato Maria a r<strong>al</strong>legrarsi, ora t<strong>al</strong>e <strong>al</strong>legrezza passa a un peccatore convertito. L’incontro con Gesù<br />

libera l’uomo d<strong>al</strong>le sue colpe, d<strong>al</strong>le sue perplessità e angosce e lo riempie di pace e di gioia.<br />

La folla critica il comportamento di Gesù perché non lo capisce. Egli è venuto a portare agli uomini il perdono di<br />

Dio, e non deve fare meraviglia che lo conceda a coloro che ne hanno più bisogno. Dio non è come l’hanno presentato<br />

gli scribi e i farisei di tutti i tempi. E’ diverso. Non ha nemici, non è contro nessuno, non fa distinzioni tra<br />

giudei e pagani, tra giusti e peccatori. Tutti sono ugu<strong>al</strong>i davanti a lui, tutti bisognosi di grazia, di perdono e di aiuto.<br />

Luca si compiace di presentare Gesù che si trova a suo agio in casa di un peccatore. La s<strong>al</strong>vezza è per tutti, e<br />

prima di tutto per i peccatori che si pentono. E il pentimento si manifesta nel riordinare la propria condotta, riparando<br />

i torti commessi. E poiché le ingiustizie soci<strong>al</strong>i pesano in definitiva sempre sui poveri, Zaccheo darà loro la metà<br />

dei suoi beni. E nei casi specifici di truffa, restituirà secondo la legge: quattro volte tanto (cfr Es 21,37; 2Sam 12,6).<br />

La giustizia soci<strong>al</strong>e è il primo frutto <strong>del</strong>la conversione.<br />

Gesù non è venuto per condannare, ma per s<strong>al</strong>vare. La sua missione si compie dando accoglienza ai peccatori.<br />

San Paolo ha scritto: "Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo<br />

per s<strong>al</strong>vare i peccatori e di questi il primo sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù<br />

Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui<br />

per avere la vita eterna" (1Tm 1,15-16).<br />

Zaccheo cercava Gesù, ma <strong>al</strong>la fine di questo episodio evangelico scopriamo che, ancor più e ancor prima, era<br />

Gesù che cercava Zaccheo che si era perduto (v. 10). La lezione di questo brano di vangelo ha bisogno di essere<br />

sempre ricordata nella Chiesa. C’è sempre qu<strong>al</strong>cuno nella comunità cristiana che ha paura di avvicinare i peccatori,<br />

gli scomunicati e i nemici <strong>del</strong>la religione e <strong>del</strong>la fede. Il vangelo ci spinge ad essere vicini a tutti, a stabilire buoni<br />

rapporti con tutti, perché tutti hanno bisogno di s<strong>al</strong>vezza, e tocca proprio a noi portarla a loro.<br />

"Il Figlio <strong>del</strong>l’uomo è venuto per cercare e s<strong>al</strong>vare ciò che era perduto" (v. 10). E’ la chiave di lettura di tutta la<br />

storia di Gesù.


Mercoledì 21 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 19,<strong>11</strong>-28<br />

Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?<br />

<strong>11</strong> Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché<br />

era vicino a Gerus<strong>al</strong>emme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da<br />

un momento <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro. 12 Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano,<br />

per ricevere il titolo di re e poi ritornare. 13 Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro<br />

dieci monete d'oro, dicendo: «Fatele fruttare fino <strong>al</strong> mio ritorno». 14 Ma i suoi cittadini lo<br />

odiavano e mandarono dietro di lui una <strong>del</strong>egazione a dire: «Non vogliamo che costui<br />

venga a regnare su di noi». 15 Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare<br />

quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.<br />

16 Si presentò il primo e disse: «Signore, la tua moneta d'oro ne ha fruttate dieci».<br />

17 Gli disse: «Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fe<strong>del</strong>e nel poco, ricevi il potere<br />

sopra dieci città». 18 Poi si presentò il secondo e disse: «Signore, la tua moneta d'oro ne<br />

ha fruttate cinque». 19 Anche a questo disse: «Tu pure sarai a capo di cinque città».<br />

20 Venne poi anche un <strong>al</strong>tro e disse: «Signore, ecco la tua moneta d'oro, che ho tenuto<br />

nascosta in un fazzoletto; 21 avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che<br />

non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato». 22 Gli rispose: «D<strong>al</strong>le tue<br />

stesse parole ti giudico, servo m<strong>al</strong>vagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo<br />

quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: 23 perché <strong>al</strong>lora<br />

non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi».<br />

24 Disse poi ai presenti: «Toglietegli la moneta d'oro e datela a colui che ne ha dieci».<br />

25 Gli risposero: «Signore, ne ha già dieci!». 26 «Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a<br />

chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. 27 E quei miei nemici, che non volevano che io<br />

diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me»».<br />

28 Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti s<strong>al</strong>endo verso Gerus<strong>al</strong>emme.<br />

Il regno di Dio è concepito come un mondo superiore che fa irruzione in quello <strong>del</strong>l’uomo sconvolgendolo e rinnovandolo.<br />

Alcuni ritenevano che t<strong>al</strong>e manifestazione incombesse da un momento <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro, addirittura in concomitanza<br />

con l’arrivo di Gesù a Gerus<strong>al</strong>emme: in quello stesso istante. Per togliere una t<strong>al</strong>e tensione nei suoi discepoli<br />

Gesù racconta questa parabola.<br />

Il nobile personaggio <strong>del</strong>la parabola indica Gesù che sta per recarsi in un paese lontano, ossia in cielo. Di là egli<br />

ritornerà con potenza e onore di re. Per il tempo <strong>del</strong>la sua assenza egli affida i suoi beni ai suoi servi affinché li facciano<br />

fruttare. Il tempo che intercorre tra l’ascensione di Gesù <strong>al</strong> cielo e il suo ritorno nella gloria, è tempo di lavoro<br />

e di imprese missionarie.<br />

Durante la sua assenza i suoi nemici non si danno pace. Essi fanno di tutto perché non venga il suo regno (cfr<br />

Lc <strong>11</strong>,2). Ma Gesù verrà nello splendore <strong>del</strong>la sua dignità reg<strong>al</strong>e; tuttavia questo non succederà "da un momento<br />

<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro" (v. <strong>11</strong>).<br />

Al suo ritorno Gesù domanderà conto <strong>del</strong>l’amministrazione affidata ai suoi servi. Come ricompensa <strong>del</strong> loro fe<strong>del</strong>e<br />

servizio, anche i discepoli parteciperanno <strong>al</strong>la sovranità di Cristo (Lc 12,43; 22,30).<br />

Le amare osservazioni che il servo m<strong>al</strong>vagio e fannullone fa contro il suo padrone sono la manifestazione <strong>del</strong>la<br />

sua cattiva coscienza. Il Signore viene accusato di essere un padrone cru<strong>del</strong>e, un trafficante ingordo, un egoista<br />

senza riguardo per nessuno. Secondo queste parole sarebbe stato proprio il Signore a togliere ogni coraggio e a<br />

mettere addosso <strong>al</strong> suo servo un t<strong>al</strong>e terrore par<strong>al</strong>izzante.<br />

Quello che il Signore domanda è fe<strong>del</strong>tà nell’amministrazione, attività coraggiosa, lavoro oculato. Per questo<br />

non è concepibile un’attesa inoperosa e piena di paura. Il capit<strong>al</strong>e che ci ha dato non serve per arricchire davanti<br />

agli uomini, ma davanti a Dio; farlo fruttare non significa accumulare con avidità, ma dare con generosità (cfr Lc<br />

12,13ss; 16,1ss). Questa parabola illustra la scelta giusta operata da Zaccheo: ha fatto fruttare i suoi averi dandoli<br />

ai poveri. Il vero guadagno che ci arricchisce davanti a Dio (cfr Lc 12,21) consiste nel donare. E’ l’unico modo di<br />

investire; ci dà il nostro vero tesoro (cfr Lc 12,33) e ci procura amici che ci accolgano nelle dimore eterne (cfr Lc<br />

16,9). La s<strong>al</strong>vezza è un premio e come t<strong>al</strong>e è insieme dono e conquista, incontro tra la benevolenza di Dio e la libertà<br />

<strong>del</strong>l’uomo. Il premio è sproporzionato <strong>al</strong> merito, come una città rispetto a una "mina". Una "mina" greca<br />

d’argento corrispondeva <strong>al</strong>lo stipendio di trecento giornate lavorative.<br />

Fuori parabola, Dio ci dona "molto più di quanto possiamo domandare o sperare" (Ef 3,20): ci dona se stesso.<br />

Tutto è dono suo, noi stessi e le nostre azioni.<br />

La paura di Dio è tipica di Adamo (Gen 3,10) e dei suoi discendenti. Essa deriva d<strong>al</strong>l’immagine di un Dio cattivo,<br />

che non ci ama. Questa paura blocca l’azione <strong>del</strong>l’uomo. L’uomo "religioso" considera Dio severo e intransigente. Il<br />

suo comportamento da uomo "giusto" è mosso da un’estrema difesa da Dio, nella ricerca parossistica di chiudere il<br />

conto in parità. Ma ciò non è possibile. L'unica via d'uscita è la gratitudine per la gratuità <strong>del</strong> dono.<br />

Il v. 27 è un’immagine truculenta per presentare la dannazione eterna. È la sorte di chi rifiuta la vita di Dio.<br />

19


Giovedì 22 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 19,41-44<br />

Se avessi compreso quello che porta <strong>al</strong>la pace!<br />

20<br />

41 Quando fu vicino, <strong>al</strong>la vista <strong>del</strong>la città pianse su di essa 42 dicendo: «Se avessi compreso<br />

anche tu, in questo <strong>giorno</strong>, quello che porta <strong>al</strong>la pace! Ma ora è stato nascosto ai<br />

tuoi occhi. 43 Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno<br />

e ti stringeranno da ogni parte; 44 distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non<br />

lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».<br />

In questo brano Luca dà l’ultimo tocco <strong>al</strong> ritratto di Gesù, immagine perfetta <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>. Il pianto di Gesù rivela il<br />

mistero più grande di Dio : la sua passione per noi. Ciò che Dio aveva detto a Geremia, si avvera ora in Gesù: "Tu<br />

riferirai questa parola: ‘I miei occhi grondano lacrime notte e <strong>giorno</strong>, senza cessare, perché da grande c<strong>al</strong>amità è<br />

stata colpita la figlia <strong>del</strong> mio popolo, da una ferita mort<strong>al</strong>e’" (Ger 14,17). Gesù piange su Gerus<strong>al</strong>emme. La condanna<br />

cadrà su di lei. Gesù non può impedirla. Le lacrime manifestano la sua impotenza. Il suo pianto impotente<br />

nasconde un profondo mistero. Dio nasconde la sua potenza nell’amore di Gesù che s<strong>al</strong>va e nella sua debolezza.<br />

Egli prende con tanta serietà la libertà <strong>del</strong>l’uomo, che preferisce piangere impotente in Gesù, piuttosto che togliere<br />

<strong>al</strong>la creatura umana la sua libertà. Il pianto di Gesù è l’ultimo invito <strong>al</strong>la penitenza per la città ostinata nel suo rifiuto<br />

e nel suo m<strong>al</strong>e.<br />

Le parole che Gesù rivolge a Gerus<strong>al</strong>emme non sono minacce, né la sua distruzione sarà castigo di Dio. Dio è<br />

misericordioso e perdona (cfr Es 34,6-7; S<strong>al</strong> 86,15; 103,8; Gio 4,2; ecc.). Le parole di Gesù sono una constatazione<br />

sofferta <strong>del</strong> m<strong>al</strong>e che il popolo fa a se stesso. Il m<strong>al</strong>e, d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e mette inutilmente in guardia Gerus<strong>al</strong>emme, ricadrà<br />

infatti su di lui. In croce, sarà assediato, angustiato e distrutto da tutta la cattiveria <strong>del</strong> mondo e<br />

d<strong>al</strong>l’abbandono di tutti. Il pianto di Gesù esprime la sua debolezza estrema, che è la forza <strong>del</strong>l’amore, che portò lui<br />

<strong>al</strong>la croce (cfr 2Cor 13,4) e noi <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vezza.<br />

Gesù aveva detto: "Beati voi che ora piangete" (Lc 6,21). Ora è lui stesso che piange. Egli re<strong>al</strong>izza in sé il mistero<br />

<strong>del</strong> regno di Dio su questa terra: un seme gettato nel pianto. Ma chi semina nel pianto mieterà con giubilo<br />

(S<strong>al</strong> 126,5-6).<br />

Il motivo <strong>del</strong> lamento sta nel fatto che nel <strong>giorno</strong> <strong>del</strong>la sua entrata in Gerus<strong>al</strong>emme, essa non ha compreso "la<br />

via <strong>del</strong>la pace". Di conseguenza, avendo rifiutato il Cristo che è la nostra pace (Cfr Ef 2,14), iniziano per lei i giorni<br />

di guerra, che continueranno fino <strong>al</strong>la sua distruzione.<br />

Questo <strong>giorno</strong> <strong>del</strong>l’ingresso di Gesù in Gerus<strong>al</strong>emme porta a compimento la lunga storia di offerte di s<strong>al</strong>vezza<br />

da parte di Dio <strong>al</strong>la città santa. Questo è il momento in cui dovrebbe esserle donata la pace, la s<strong>al</strong>vezza. Gerus<strong>al</strong>emme<br />

dovrebbe solamente riconoscere che Gesù è il principe <strong>del</strong>la pace, inviato da Dio. Ma essa, che ha ucciso i<br />

profeti e lapidato coloro che Dio le aveva mandato per s<strong>al</strong>varla, rifiuta questo riconoscimento. Ricordiamo un lamento<br />

precedente di Gesù su Gerus<strong>al</strong>emme: "Gerus<strong>al</strong>emme, Gerus<strong>al</strong>emme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che<br />

sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una g<strong>al</strong>lina la sua covata sotto le <strong>al</strong>i e voi non<br />

avete voluto! Ecco, la vostra casa viene lasciata deserta" (Lc 13,34-35). Il popolo di Gerus<strong>al</strong>emme si chiude <strong>al</strong>la<br />

parola di Dio: "Sono un popolo insensato e in essi non c’è intelligenza: se fossero saggi, capirebbero, rifletterebbero<br />

sulla loro fine" (Dt 32,28-29). In questo momento si adempie ancora ciò che Dio aveva detto <strong>al</strong> profeta Geremia<br />

riguardo a Gerus<strong>al</strong>emme: "Tu mi hai respinto, dice il Signore, mi hai voltato le sp<strong>al</strong>le e io ho steso la mano su di te<br />

per annientarti; sono stanco di avere pietà" (Ger 15,6).<br />

Gesù annuncia il verdetto di Dio sulla sua nazione, ma lo fa a m<strong>al</strong>incuore, con dolore, piangendo, non esultando<br />

di gioia per la vendetta di Dio che si abbatte sui peccatori. Gesù non è venuto per punire, ma per s<strong>al</strong>vare; per recare<br />

la pace, non la guerra. Israele si era <strong>al</strong>lontanato da Dio, l’aveva dimenticato e offeso; Gesù viene a ristabilire i<br />

buoni rapporti tra di loro. Il suo stesso modo di presentarsi, semplice, umile rivelava lo scopo pacifico <strong>del</strong>la sua venuta.<br />

Un messia di questo genere non poteva non suscitare fiducia. Gerus<strong>al</strong>emme non ha riconosciuto il <strong>giorno</strong> <strong>del</strong><br />

perdono e <strong>del</strong>la grazia, e <strong>al</strong>lora dovrà fare la conoscenza col <strong>giorno</strong> <strong>del</strong>l’ira e <strong>del</strong>lo sterminio dei suoi abitanti. La<br />

distruzione di Gerus<strong>al</strong>emme è vista come un castigo divino in risposta <strong>al</strong> rifiuto <strong>del</strong> Messia. La grazia, la bontà di<br />

Dio, quando è rifiutata, diventa ira, vendetta, castigo.<br />

Ma, a questo punto, ci domandiamo come possiamo mettere d’accordo le pagine <strong>del</strong> vangelo che ci presentano<br />

Dio come amore e misericordia con questa pagina in cui sembra che il volto <strong>del</strong> Dio-Amore sia tot<strong>al</strong>mente stravolto<br />

e negato.<br />

Il vangelo di Giovanni ci aiuta a capire meglio il motivo <strong>del</strong>la distruzione di Gerus<strong>al</strong>emme: "Pilato disse ai giudei:<br />

‘Ecco il vostro re!’. Ma quelli gridarono: ‘Via, via, crocifiggilo!’. Disse loro Pilato: ‘Metterò in croce il vostro re?’. Risposero<br />

i sommi sacerdoti: ‘Non abbiamo <strong>al</strong>tro re <strong>al</strong>l’infuori di Cesare’. Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso"<br />

(Gv 19,14-16). La dichiarazione pubblica e solenne dei sommi sacerdoti manifesta senza equivoci il rifiuto di<br />

Dio e <strong>del</strong> suo Cristo come re e s<strong>al</strong>vatore d’Israele, e la scelta di Cesare come loro re e s<strong>al</strong>vatore. E il nuovo signore<br />

di Israele, l’imperatore di Roma, ha agito secondo la logica di tutti i potenti di questo mondo, distruggendo e massacrando<br />

il popolo ribelle. Sono gli eserciti <strong>del</strong>l’impero romano che hanno distrutto Gerus<strong>al</strong>emme, non Dio.<br />

Le potenze <strong>del</strong> m<strong>al</strong>e sono tenute lontane d<strong>al</strong>la protezione di Dio. Il <strong>giorno</strong> in cui <strong>al</strong>lontaniamo Dio d<strong>al</strong>la nostra vita,<br />

esse si comportano come le belve quando cacciamo via il domatore che le teneva debitamente a bada: ci sbranano.<br />

E non perché sono state aizzate contro di noi d<strong>al</strong> domatore indispettito e vendicativo, ma perché questa è la


loro condotta natur<strong>al</strong>e di belve. Quando rifiutiamo il regno di Dio, cadiamo immediatamente sotto il potere <strong>del</strong> demonio,<br />

che "è stato omicida fin da principio" (Gv 8,44).<br />

Venerdì 23 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 19,45-48<br />

Avete fatto <strong>del</strong>la casa di Dio un covo di ladri.<br />

45 Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, 46 dicendo loro: «Sta<br />

scritto:<br />

La mia casa sarà casa di preghiera.<br />

Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».<br />

47 Ogni <strong>giorno</strong> insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo<br />

morire e così anche i capi <strong>del</strong> popolo; 48 ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il<br />

popolo pendeva d<strong>al</strong>le sue labbra nell'ascoltarlo.<br />

Il viaggio di Gesù a Gerus<strong>al</strong>emme si conclude nel tempio. Egli entra nei cortili <strong>del</strong> tempio non tanto per pregare,<br />

quanto per compiere un rito di purificazione <strong>del</strong>la casa <strong>del</strong> <strong>Padre</strong>. Scaccia tutti i commercianti e pronuncia contro di<br />

loro severe parole di biasimo e di condanna. La casa di Dio non deve essere adibita a luogo di mercato e la religione<br />

non può essere pretesto e paravento di operazioni commerci<strong>al</strong>i.<br />

A differenza dei suoi sacerdoti, Dio non vende i suoi favori a chi cerca di conquistarselo con prestazioni religiose<br />

o addirittura con il denaro. Il peccato più grave contro di lui è quello di voler comperare il suo amore: è come<br />

trattarlo da prostituta. Egli è il <strong>Padre</strong> pieno di grazia e di misericordia. La s<strong>al</strong>vezza è suo dono gratuito <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e rispondiamo<br />

con un amore fili<strong>al</strong>e gratuito. Questo è il vero culto spiritu<strong>al</strong>e, gradito a Dio (cfr Rm 12,1). La cattiva immagine<br />

di Dio è l’origine di tutti i m<strong>al</strong>i <strong>del</strong>l’uomo.<br />

Il culto di mammona cerca sempre di sostituirsi a quello <strong>del</strong> vero Dio. Ma Gesù ci ha detto senza mezzi termini<br />

che non possiamo servire a due signori (cfr Lc 16,13). Infatti Dio e mammona sono inconciliabili tra loro, come il<br />

dono e il possesso, la vita e la morte, l’amore e l’egoismo.<br />

Il profeta Zaccaria aveva preannunciato la venuta <strong>del</strong> Messia con queste parole: "In quel <strong>giorno</strong> non vi sarà<br />

neppure un mercante nella casa di Dio" (14,21). Permane sempre anche per la Chiesa il pericolo di diventare una<br />

spelonca di ladri <strong>al</strong>la ricerca <strong>del</strong> turpe guadagno (1Pt 5,2). La povertà e la gratuità sono le due condizioni indispensabili<br />

che Gesù ha posto per l’annuncio <strong>del</strong> vangelo (cfr Lc 9,1ss; 10,1ss). Esse manifestano l’essenza di Dio che è<br />

amore. E l’amore dà gratuitamente tutto ciò che è e ha.<br />

Con la predicazione nel tempio Gesù si inimica i capi <strong>del</strong> giudaismo, i qu<strong>al</strong>i decidono subito di farlo morire. Ma il<br />

popolo si schiera d<strong>al</strong>la sua parte e ascolta le sue parole. Da queste persone usciranno i primi elementi per edificare<br />

il nuovo popolo di Dio che è la Chiesa.<br />

Sabato 24 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 20,27-40<br />

Dio non è dei morti, ma dei viventi.<br />

27 Gli si avvicinarono <strong>al</strong>cuni sadducei - i qu<strong>al</strong>i dicono che non c'è risurrezione - e gli posero<br />

questa domanda: 28 «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qu<strong>al</strong>cuno<br />

che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza <strong>al</strong><br />

proprio fratello. 29 C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì<br />

senza figli. 30 Allora la prese il secondo 31 e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza<br />

lasciare figli. 32 Da ultimo morì anche la donna. 33 La donna dunque, <strong>al</strong>la risurrezione, di<br />

chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie». 34 Gesù rispose loro: «I figli<br />

di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35 ma quelli che sono giudicati degni<br />

<strong>del</strong>la vita futura e <strong>del</strong>la risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito:<br />

36 infatti non possono più morire, perché sono ugu<strong>al</strong>i agli angeli e, poiché sono figli <strong>del</strong>la<br />

risurrezione, sono figli di Dio. 37 Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a<br />

proposito <strong>del</strong> roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di<br />

Giacobbe. 38 Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».<br />

39 Dissero <strong>al</strong>lora <strong>al</strong>cuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». 40 E non osavano più rivol-<br />

gergli <strong>al</strong>cuna domanda.<br />

La risurrezione non è soltanto un insegnamento di Gesù, è anche un annuncio <strong>del</strong>la Scrittura (v. 37).<br />

L’affermazione: "Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe" lascia intendere che il mondo dei defunti è un<br />

mondo di persone viventi. Il problema <strong>del</strong>la continuità <strong>del</strong>l’esistenza si è affacciato già nelle ultime pagine<br />

<strong>del</strong>l’Antico Testamento, ma è diventato il messaggio centr<strong>al</strong>e <strong>del</strong>la predicazione cristiana.<br />

21


In Ezechiele 37,13-14 la risurrezione è vista come quell’azione che ci fa riconoscere Dio: "Riconoscerete che io<br />

sono il Signore quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il<br />

mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò".<br />

La fede nella risurrezione portava i giudei a pensare che i morti continuassero nella nuova vita le abitudini <strong>del</strong>la<br />

vita terrena. Una t<strong>al</strong>e fede viene colpita e giustamente ridicolizzata dai sadducei. Gesù non condivide il modo di<br />

pensare la risurrezione che avevano i giudei. Chi risorge dopo la morte non si sposa e non viene sposato. La vita<br />

dei risorti non è la continuazione <strong>del</strong>le forme <strong>del</strong>le vita terrena. I risorti non appartengono più a questo mondo terrestre,<br />

ma a quello futuro e nuovo. I figli di questo mondo sono soggetti <strong>al</strong> peccato e <strong>al</strong>la corruzione, i figli <strong>del</strong> mondo<br />

futuro ricevono la vita nuova e senza fine.<br />

Il matrimonio è stabilito per il mondo presente e finisce con il mondo presente. Gli uomini <strong>del</strong> mondo futuro sono<br />

immort<strong>al</strong>i, perché sono ugu<strong>al</strong>i agli angeli. Gli angeli nella Scrittura sono chiamati figli di Dio (cfr Gb 1,6; 2,1). I risorti<br />

ricevono la filiazione divina (1Gv 3,2; Rm 8,21), la gloria (Rm 8,21) e un corpo "spiritu<strong>al</strong>e" ( 1Cor 15,44).<br />

La risurrezione è la nostra nascita piena <strong>al</strong>la condizione di figli di Dio. Gesù infatti, figlio di Davide secondo la<br />

carne, è costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione, mediante la risurrezione dai morti<br />

(Rm 1,3-4). Egli è il primo fra molti fratelli, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti (Rm 8,29; Col 1,18).<br />

Dio è il Dio dei viventi, perché tutti vivono per lui. Il Dio dei viventi non si circonda di morti: "Dio non ha creato la<br />

morte e non gode per la rovina dei viventi" perché è il "Signore, amante <strong>del</strong>la vita" (Sap 1,3; <strong>11</strong>,26).<br />

Domenica 25 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong> - XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)<br />

Nostro Signore Gesù Cristo Re <strong>del</strong>l'Universo<br />

Gv 18,33-37<br />

Tu lo dici: io sono re.<br />

22<br />

33 Pilato <strong>al</strong>lora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?».<br />

34 Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure <strong>al</strong>tri ti hanno parlato di me?». 35 Pilato<br />

disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a<br />

me. Che cosa hai fatto?». 36 Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio<br />

regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato<br />

ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37 Allora Pilato gli disse: «Dunque tu<br />

sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono<br />

venuto nel mondo: per dare testimonianza <strong>al</strong>la verità. Chiunque è d<strong>al</strong>la verità, ascolta<br />

la mia voce».<br />

Gesù usa tre volte l’espressione "il mio regno" nel v. 36 per farci comprendere la natura <strong>del</strong> suo regno: esso<br />

non ha origine da questo mondo, ma da Dio. La sua reg<strong>al</strong>ità non ha nulla da condividere con quella <strong>del</strong> mondo,<br />

anche se si estende ad esso. Non è politica perché egli non si serve <strong>del</strong>la potenza e non fa uso <strong>del</strong>la forza di un<br />

esercito per difenderla. Non è di origine terrena perché egli non è di questo mondo, ma è venuto in esso per s<strong>al</strong>varlo<br />

e riportarlo <strong>al</strong> <strong>Padre</strong>. La sua reg<strong>al</strong>ità ha la sua origine d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to, è divina e univers<strong>al</strong>e. Non è opera umana ma è<br />

dono di Dio che si manifesta nell’amore fatto servizio <strong>al</strong>la verità e <strong>al</strong>la vita.<br />

Sì, Gesù è re, ma egli presenta la sua reg<strong>al</strong>ità collegata <strong>al</strong>la verità. Egli è il testimone di un Dio-Amore; il rivelatore<br />

<strong>del</strong>la verità che conduce <strong>al</strong> <strong>Padre</strong>; la manifestazione <strong>del</strong>la presenza di Dio che s<strong>al</strong>va attraverso la sua parola e<br />

la sua opera. La verità di cui parla è la manifestazione di se stesso agli uomini e la s<strong>al</strong>vezza che dona a loro per<br />

mezzo <strong>del</strong>la conoscenza che essi hanno di lui. Egli è re di "chiunque è d<strong>al</strong>la verità", ossia di ogni uomo che ascolta<br />

la sua parola, la interiorizza e la vive.<br />

Pilato non ha compreso nulla né <strong>del</strong>la reg<strong>al</strong>ità, né <strong>del</strong>la verità, né tantomeno di avere davanti a sé colui che è la<br />

Verità.<br />

La reg<strong>al</strong>ità di Gesù, così fortemente legata <strong>al</strong>la croce, è esattamente il contrario <strong>del</strong> trionf<strong>al</strong>ismo e<br />

<strong>del</strong>l’oppressione dei re di questo mondo. Il Cristo regna d<strong>al</strong>la croce morendo per s<strong>al</strong>vare l’umanità. La sua reg<strong>al</strong>ità<br />

è tutta misericordia, solidarietà con i peccatori e perdono.<br />

Lunedì 26 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 21,1-4<br />

Vide una vedova povera, che gettava due monetine.<br />

1 Alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro <strong>del</strong> tempio. 2 Vide<br />

anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, 3 e disse: «In verità vi dico: questa<br />

vedova, così povera, ha gettato più di tutti. 4 Tutti costoro, infatti, hanno gettato come<br />

offerta parte <strong>del</strong> loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che<br />

aveva per vivere».<br />

Questa povera vedova ci dà la lezione fondament<strong>al</strong>e <strong>del</strong> vangelo: nelle due monete che getta nel tesoro <strong>del</strong><br />

tempio rende a Dio ciò che è di Dio, cioè tutta la sua vita.<br />

Nel giudizio di Gesù la povera vedova ha dato più dei ricchi, perché ha dato tutto ciò che possedeva. Ella affida<br />

a Dio la propria vita senza angustiarsi e preoccuparsi. Mette in pratica <strong>al</strong>la lettera l’insegnamento di Gesù: "Non da-


tevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete… Non cercate ciò<br />

che mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente <strong>del</strong> mondo;<br />

ma il <strong>Padre</strong> vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta"<br />

(Lc 12,22-31).<br />

A Dio non si deve dare né tanto né poco né nulla, ma tutto ciò che siamo e abbiamo, perché "noi siamo suoi"<br />

(S<strong>al</strong> 100,3). L’unica cosa da fare è corrispondere liberamente <strong>al</strong> suo amore tot<strong>al</strong>e (cfr Lc 10,27).<br />

Questa donna è immagine <strong>del</strong>la Chiesa. La Chiesa è la comunità dei piccoli, dei poveri e dei disprezzati, i qu<strong>al</strong>i<br />

però sono grandi davanti a Dio perché donano tutto ciò che hanno con umiltà e semplicità e pongono la loro fiducia<br />

in lui. Nella Chiesa non contano i potenti e i sapienti: la vera storia è fatta dagli umili che, come questa vedova, vivono<br />

l’amore concreto nello Spirito <strong>del</strong> Signore. Gesù prima di morire ce li addita come maestri.<br />

Martedì 27 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 21,5-<strong>11</strong><br />

Non sarà lasciata pietra su pietra.<br />

5 Mentre <strong>al</strong>cuni parlavano <strong>del</strong> tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse:<br />

6 «Verranno giorni nei qu<strong>al</strong>i, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra<br />

che non sarà distrutta».<br />

7 Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e qu<strong>al</strong>e sarà il<br />

segno, quando esse staranno per accadere?». 8 Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare.<br />

Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: «Sono io», e: «Il tempo è vicino». Non<br />

andate dietro a loro! 9 Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché<br />

prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».<br />

10 Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, <strong>11</strong> e vi saranno<br />

in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e<br />

segni grandiosi d<strong>al</strong> cielo.<br />

Il tempio di Gerus<strong>al</strong>emme era considerato una <strong>del</strong>le sette meraviglie <strong>del</strong> mondo. Ed ecco che ad <strong>al</strong>cuni che<br />

ammirano e magnificano il tempio, Gesù dà una predizione di sventura: il tempio sarà distrutto. Dio non bada <strong>al</strong>la<br />

bellezza dei marmi e <strong>al</strong>la preziosità dei doni, ma vuole un popolo d<strong>al</strong>la cui vita traspaia che Dio abita in mezzo ad<br />

esso. Il profeta Michéa aveva predetto: "Udite dunque, o principi <strong>del</strong>la casa di Giacobbe, o giudici <strong>del</strong>la casa<br />

d’Israele, che avete in orrore la giustizia e pervertite ogni diritto, che edificate Sion con il sangue e Gerus<strong>al</strong>emme<br />

con l’iniquità!… Per colpa vostra, Sion sarà arata come un campo, Gerus<strong>al</strong>emme diventerà un cumulo di rovine e il<br />

monte <strong>del</strong> tempio un’<strong>al</strong>tura boscosa" (3,9-12).<br />

Gesù viene interrogato qui unicamente circa la fine <strong>del</strong> tempio. La distruzione di Gerus<strong>al</strong>emme non fa parte degli<br />

avvenimenti <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> mondo. Essa è già avvenuta quando Luca scrive il suo vangelo.<br />

L’intento primo <strong>del</strong>l’evangelista è mostrare che non stiamo andando verso "la fine", ma verso "il fine". Il dissolversi<br />

<strong>del</strong> mondo vecchio è contemporaneamente la nascita <strong>del</strong> mondo nuovo. Gesù non risponde <strong>al</strong>la nostra curiosità<br />

circa il futuro, ma vuole toglierci le ansie e gli <strong>al</strong>larmismi sulla fine <strong>del</strong> mondo, che non servono a nulla e producono<br />

unicamente <strong>del</strong> danno. Alla paura <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> mondo e <strong>del</strong>la morte Gesù offre l’<strong>al</strong>ternativa di una vita che si<br />

lascia guidare d<strong>al</strong>la fiducia nel <strong>Padre</strong>, in un atteggiamento d’amore che ha già vinto la morte. Il Figlio di Dio diventato<br />

uomo ci ha già rivelato il destino <strong>del</strong>l’uomo e <strong>del</strong> mondo: il suo mistero di morte e risurrezione è la verità <strong>del</strong><br />

presente e <strong>del</strong> futuro.<br />

Per gli ascoltatori di Gesù la distruzione <strong>del</strong> tempio significava la fine <strong>del</strong> mondo e il ritorno <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l’uomo<br />

(cfr Mt 24,3). In re<strong>al</strong>tà significa la fine di un mondo vecchio e l’inizio di un mondo nuovo.<br />

Il credente in Cristo non deve dare ascolto a voci f<strong>al</strong>se e fuorvianti. Anche san Paolo ha dovuto avvertire i cristiani<br />

di Tess<strong>al</strong>onica, scrivendo loro: "Vi preghiamo, fratelli, riguardo <strong>al</strong>la venuta <strong>del</strong> Signore nostro Gesù Cristo e <strong>al</strong><br />

nostro ricongiungimento con lui, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare né da pretese ispirazioni né<br />

da parole né da qu<strong>al</strong>che lettera fatta passare per nostra, quasi che il <strong>giorno</strong> <strong>del</strong> Signore sia imminente. Nessuno vi<br />

inganni in <strong>al</strong>cun modo!" (2Ts 2,1-3).<br />

Verranno molti e usurperanno il nome stesso di Cristo e la predizione <strong>del</strong>la sua manifestazione <strong>al</strong> mondo, dicendo:<br />

"Io sono". Con queste parole, che sono la traduzione <strong>del</strong> nome di Dio, ognuno di essi si presenterà come il<br />

s<strong>al</strong>vatore mandato definitivamente da Dio per portare a compimento la storia <strong>del</strong> mondo. Gesù smaschera questi<br />

"s<strong>al</strong>vatori" chiamandoli seduttori. San Paolo presenta così il seduttore: "Verrà l’apostasia e si rivelerà l’uomo<br />

<strong>del</strong>l’iniquità, l’avversario, colui che si inn<strong>al</strong>za sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel<br />

tempio di Dio, pretendendo di essere Dio" (2Ts 2,3-4).<br />

La mancanza di umiltà è il primo segno <strong>del</strong>la menzogna. Uno solo è il S<strong>al</strong>vatore e il Signore: colui che si è fatto<br />

ultimo di tutti e servo di tutti. Tutti i seduttori sono mossi d<strong>al</strong>l’orgoglio, d<strong>al</strong>l’interesse, d<strong>al</strong>l’invidia, d<strong>al</strong>la cupidigia. Usano<br />

Dio, la sua parola e i suoi doni per affermare il proprio io. Nei confronti di questi figuri Gesù ci dà un avvertimento<br />

grave: "Non lasciatevi ingannare!… Non seguiteli!"(v. 8).<br />

23


Mercoledì 28 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 21,12-19<br />

Sarete odiati da tutti a causa <strong>del</strong> mio nome. Ma nemmeno un capello <strong>del</strong> vostro capo andrà perduto.<br />

24<br />

12 Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi<br />

<strong>al</strong>le sinagoghe e <strong>al</strong>le prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa<br />

<strong>del</strong> mio nome. 13 Avrete <strong>al</strong>lora occasione di dare testimonianza. 14 Mettetevi dunque in<br />

mente di non preparare prima la vostra difesa; 15 io vi darò parola e sapienza, cosicché<br />

tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16 Sarete traditi perfino dai<br />

genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno <strong>al</strong>cuni di voi; 17 sarete odiati da<br />

tutti a causa <strong>del</strong> mio nome. 18 Ma nemmeno un capello <strong>del</strong> vostro capo andrà perduto.<br />

19 Con la vostra perseveranza s<strong>al</strong>verete la vostra vita.<br />

Prima <strong>del</strong>la distruzione di Gerus<strong>al</strong>emme, i cristiani sono stati perseguitati dai giudei e d<strong>al</strong>l’impero romano, come<br />

ci descrive Luca negli Atti degli apostoli. Essi sono colpiti per la loro fede in Gesù: "A causa <strong>del</strong> mio nome" (v. 12).<br />

Essere cristiani è un reato. Aderendo a Gesù si rischia di passare nel numero dei m<strong>al</strong>fattori.<br />

Ma l’evangelista invita a tener presenti anche i risvolti positivi <strong>del</strong>le persecuzioni. Esse offrono occasioni di testimoniare<br />

il Signore con la vita e le parole. L’azione giudiziaria serve <strong>al</strong>la predicazione, il carcere, <strong>al</strong>l’attività missionaria.<br />

Il vangelo di Gesù è annunziato attraverso le sofferenze dei martiri: il loro esempio è più eloquente<br />

<strong>del</strong>l’annuncio dei predicatori.<br />

I cristiani di Gerus<strong>al</strong>emme, costretti a fuggire d<strong>al</strong>la città, portano il vangelo nelle campagne <strong>del</strong>la Giudea e <strong>del</strong>la<br />

Samaria (cfr At 8,1-4) e giungono fino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia (cfr At <strong>11</strong>,19; 15,3). Pietro, Giovanni, Stefano<br />

sono condotti davanti <strong>al</strong> sinedrio, Paolo davanti ai governatori romani, e tutti recano il messaggio di Cristo là<br />

dove <strong>al</strong>trimenti non sarebbe mai arrivato.<br />

Paolo scrive ai Filippesi che la sua carcerazione è occasione per annunciare il vangelo: "Desidero che sappiate,<br />

fratelli, che le mie vicende si sono volte piuttosto a vantaggio <strong>del</strong> vangelo, <strong>al</strong> punto che in tutto il pretorio e ovunque<br />

si sa che sono in catene per Cristo; in t<strong>al</strong> modo la maggior parte dei fratelli, incoraggiati nel Signore d<strong>al</strong>le mie catene,<br />

ardiscono annunziare la parola di Dio con maggior zelo e senza timore <strong>al</strong>cuno" (Fil 1,12-14).<br />

La fe<strong>del</strong>tà a Cristo mette i discepoli in contrasto con tutti coloro che non accolgono la fede cristiana. Se Gesù e<br />

la sua parola sono rifiutati, anche i cristiani saranno rifiutati. Gesù ha detto: "Se il mondo vi odia, sappiate che prima<br />

di voi ha odiato me" (Gv 15,18). Lo storico romano Tacito riassume così il suo giudizio sui cristiani: "Odiosi<br />

<strong>al</strong>l’intero genere umano".<br />

Il cristiano è colui che per vocazione deve resistere fino <strong>al</strong>la fine con la pazienza, che non è rassegnazione, ma<br />

resistenza costante e inflessibile. Nel libro <strong>del</strong>l’Apoc<strong>al</strong>isse leggiamo: "Colui che deve andare in prigionia, andrà in<br />

prigionia; colui che deve essere ucciso di spada, di spada sia ucciso. In questo sta la perseveranza e la fede dei<br />

santi" (13,10). Per questa via il fe<strong>del</strong>e giungerà <strong>al</strong>la vita eterna.<br />

La pazienza è la caratteristica di Gesù che si fa carico <strong>del</strong> m<strong>al</strong>e. Anche il discepolo viene associato <strong>al</strong> suo mistero<br />

di morte e risurrezione: perdendo la vita, la s<strong>al</strong>va (cfr Lc 9,24). Nel martirio il cristiano acquista la propria identità<br />

con Gesù, il Figlio morto e risorto.<br />

Giovedì 29 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Lc 21,20-28<br />

Gerus<strong>al</strong>emme sarà c<strong>al</strong>pestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.<br />

20 Quando vedrete Gerus<strong>al</strong>emme circondata da eserciti, <strong>al</strong>lora sappiate che la sua devastazione<br />

è vicina. 21 Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro<br />

che sono dentro la città se ne <strong>al</strong>lontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino<br />

in città; 22 quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto<br />

si compia. 23 In quei giorni guai <strong>al</strong>le donne che sono incinte e a quelle che <strong>al</strong>lattano, perché<br />

vi sarà grande c<strong>al</strong>amità nel paese e ira contro questo popolo. 24 Cadranno a fil di<br />

spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerus<strong>al</strong>emme sarà c<strong>al</strong>pestata dai<br />

pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.<br />

25 Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in<br />

ansia per il fragore <strong>del</strong> mare e dei flutti, 26 mentre gli uomini moriranno per la paura e per<br />

l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.<br />

27 Allora vedranno il Figlio <strong>del</strong>l'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.<br />

28 Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e <strong>al</strong>zate il capo, perché<br />

la vostra liberazione è vicina».<br />

In casi di assedio, la città era il luogo di difesa più sicuro. Ora no, perché Gerus<strong>al</strong>emme sarà distrutta. In quei<br />

giorni si verifica la distruzione predetta dai profeti (1Re 9,6ss; Mi 3,12; Dn 9,36). La distruzione di Gerus<strong>al</strong>emme è<br />

una vendetta dei romani, non di Dio; ma insieme rivela anche la tragica re<strong>al</strong>tà di chi rifiuta la sua visita.<br />

Gesù ha compassione e piange non per sé, ma per la città che uccidendo lui fa <strong>del</strong> m<strong>al</strong>e a se stessa (cfr Lc<br />

13,34; 19,42; 23,28). Questo "ahimè" di Gesù è il grido supremo <strong>del</strong>la sua misericordia.


Nella guerra <strong>del</strong> 66-70 d.C., secondo un c<strong>al</strong>colo un po’ gonfiato di Giuseppe Flavio, furono uccisi 1.100.000 giudei<br />

e furono fatti schiavi 97.000 sopravvissuti.<br />

La fine di Gerus<strong>al</strong>emme è l’inizio <strong>del</strong> tempo dei pagani. L’invito <strong>al</strong> Regno, rifiutato dagli ebrei, passa ora a tutti i<br />

popoli <strong>del</strong> mondo. Il rifiuto dei giudei, invece di bloccare la s<strong>al</strong>vezza, la <strong>al</strong>larga ai pagani (At 13,46). Quando essa<br />

sarà giunta a tutti i popoli <strong>del</strong>la terra, anche Gerus<strong>al</strong>emme riconoscerà il suo Signore (Rm <strong>11</strong>,25-26).<br />

I versetti 25-28 di questo brano non sono descrizioni di cataclismi cosmici, ma modi di dire immaginosi, iperbolici,<br />

irre<strong>al</strong>i a cui gli autori <strong>del</strong>la Bibbia hanno fatto ricorso per annunciare le grandi novità di s<strong>al</strong>vezza e di liberazione<br />

portate d<strong>al</strong> Messia. La Bibbia abbonda di t<strong>al</strong>i descrizioni per presentare avvenimenti storici come la caduta di un re,<br />

una sconfitta militare o un qu<strong>al</strong>siasi rivolgimento nazion<strong>al</strong>e (cfr Es 19,18-19; Is 14,12; Ger 4,23-28; Gl 3,1-5; ecc.).<br />

Prendere <strong>al</strong>la lettera questi annunci non significa solo fraintendere, ma addirittura stravolgere il loro significato.<br />

Per es. san Pietro presenta la Pentecoste come <strong>giorno</strong> in cui si avverano queste parole <strong>del</strong> profeta Gioele: "Farò<br />

prodigi in <strong>al</strong>to nel cielo e segni in basso sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo. Il sole si muterà in tenebra e la<br />

luna in sangue, prima che venga il <strong>giorno</strong> <strong>del</strong> Signore, <strong>giorno</strong> grande e splendido. Allora chiunque invocherà il nome<br />

<strong>del</strong> Signore sarà s<strong>al</strong>vato" (At 2,19-21). Ma non si vide nulla di simile in quel <strong>giorno</strong>. Ci furono grandi avvenimenti,<br />

conversioni e rivolgimenti nelle menti e nelle coscienze: questo sì. Il <strong>giorno</strong> di Pentecoste si concluse così: "Allora<br />

coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel <strong>giorno</strong> si unirono a loro circa tremila persone" (At<br />

2,41).<br />

Questi modi di dire, dunque, non annunciano un rivoluzione nel mondo fisico, ma un grande evento nella storia<br />

<strong>del</strong>la s<strong>al</strong>vezza. Anche nel nostro linguaggio, quando succede qu<strong>al</strong>cosa di imprevisto o di grave, si dice: "Mi sono<br />

sentito cadere il mondo addosso!". Ma, per fortuna il mondo non è ancora caduto addosso a nessuno:<br />

l’espressione vuol dire <strong>al</strong>tro.<br />

Le potenze dei cieli che saranno sconvolte sono le potenze <strong>del</strong> nemico, che Gesù vide cadere d<strong>al</strong> cielo come<br />

folgore durante la predicazione dei discepoli (Lc 10,18-19). Se l’uomo ha investito tutto nel mondo presente vede<br />

con terrore il crollo di tutti i suoi beni e di tutte le sue attese. Se ha investito tutto nei beni <strong>del</strong> cielo vede giungere la<br />

sua felicità eterna.<br />

Il Figlio <strong>del</strong>l’uomo che viene è il Signore che mi ha amato e ha dato se stesso per me (cfr G<strong>al</strong> 2,20) e che mi ha<br />

amato quando ancora ero peccatore (cfr Rm 5,6 ss). Il suo giudizio sarà il perdono ai crocifissori (cfr Lc 23,34) e<br />

l’offerta <strong>del</strong> paradiso <strong>al</strong> m<strong>al</strong>fattore (cfr Lc 23,43). Il nostro giudice infatti è colui che ha detto di amare i nemici, di<br />

non giudicare, di non condannare, di perdonare sempre. E’ misericordioso come il <strong>Padre</strong> suo (cfr Lc 6,27-38). La<br />

venuta di Cristo si identifica con la nostra liberazione e la nostra s<strong>al</strong>vezza.<br />

Venerdì 30 <strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

Mt 4,18-22<br />

Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.<br />

18 Mentre camminava lungo il mare di G<strong>al</strong>ilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro,<br />

e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19 E disse<br />

loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20 Ed essi subito lasciarono le reti e<br />

lo seguirono. 21 Andando oltre, vide <strong>al</strong>tri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni<br />

suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti,<br />

e li chiamò. 22 Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.<br />

Nella prima tappa <strong>del</strong> suo ministero, Gesù non compie un miracolo, né fa un discorso, ma chiama quattro pescatori.<br />

I discepoli hanno un’importanza così fondament<strong>al</strong>e per la missione di Gesù che egli non la inizia senza<br />

prima averli chiamati.<br />

La chiamata-risposta dei quattro pescatori è un mo<strong>del</strong>lo di conversione, un’adesione concreta e immediata<br />

<strong>al</strong>l’annuncio di Gesù: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino"(v. 17). La storia <strong>del</strong>la loro chiamata è esemplare<br />

per tutti i futuri discepoli: i cristiani sono dei "chiamati" (Rm 8,30; 9,24; 1Cor 1,9; 7,15; ecc.).<br />

A questi primi quattro discepoli Gesù comanda solo di seguirlo, come aveva fatto Elia con Eliseo (cfr 1Re 19,20-<br />

21). Aggiungendo però che ne farà dei "pescatori di uomini", Gesù li associa subito <strong>al</strong>la sua missione.<br />

La chiamata di Gesù non è frutto di sforzi umani o di meriti particolari, ma si rivela tot<strong>al</strong>mente gratuita e inaspettata.<br />

In tutto questo brano viene sottolineata l’azione di Gesù: è lui che cammina, vede, parla, chiama. Questi discepoli<br />

sono chiamati a condividere il destino di Gesù, a seguirlo non solo fisicamente, ma soprattutto spiritu<strong>al</strong>mente.<br />

Il distacco di Giacomo e Giovanni d<strong>al</strong> loro padre Zebedèo anticipa e spiega la richiesta che Gesù farà a tutti i<br />

chiamati: "Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me" (Mt 10,37) e il suo sublime insegnamento:<br />

"Non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il <strong>Padre</strong> vostro, quello <strong>del</strong> cielo" (Mt 23,9).<br />

Commenti <strong>al</strong> <strong>Vangelo</strong> tratti da: http://www.padrelinopedron.it<br />

http://proposta.dehoniani.it/bio/pedron.html<br />

25

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!