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Commenti Rito Ambrosiano - 03 Marzo 2011.pdf - Padre Lino Pedron

Commenti Rito Ambrosiano - 03 Marzo 2011.pdf - Padre Lino Pedron

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LITURGIA AMBROSIANA - ANNO A - MARZO 2011<br />

Martedì, 1 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Sap 11,24-12,8a.9a.10-11a.19; Sal 61; Mc 10,46b-52<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro della Sapienza 11, 24 - 12, 8a. 9a. 10-11a. 19<br />

Tu ami tutte le cose che esistono / e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; / se avessi odiato qualcosa,<br />

non l’avresti neppure formata. / Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? / Potrebbe conservarsi ciò<br />

che da te non fu chiamato all’esistenza? / Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, / Signore, amante della vita.<br />

/ Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. / Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano / e li<br />

ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, / perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore. / Tu<br />

hai odiato gli antichi abitanti della tua terra santa, / perché compivano delitti ripugnanti, / pratiche di magia e riti<br />

sacrileghi. / Questi spietati uccisori dei loro figli, / divoratori di visceri in banchetti di carne umana e di sangue, / iniziati<br />

in orgiastici riti, / genitori che uccidevano vite indifese, / hai voluto distruggere per mezzo dei nostri padri, / perché la<br />

terra a te più cara di tutte / ricevesse una degna colonia di figli di Dio. / Ma hai avuto indulgenza anche di costoro, perché<br />

sono uomini. / Pur potendo in battaglia dare gli empi nelle mani dei giusti, / giudicando invece a poco a poco, lasciavi<br />

posto al pentimento, / sebbene tu non ignorassi che la loro razza era cattiva / e la loro malvagità innata, / e che la loro<br />

mentalità non sarebbe mai cambiata, / perché era una stirpe maledetta fin da principio. / Con tale modo di agire hai<br />

insegnato al tuo popolo / che il giusto deve amare gli uomini, / e hai dato ai tuoi figli la buona speranza / che, dopo i<br />

peccati, tu concedi il pentimento.<br />

SALMO<br />

Sal 61 (62)<br />

Rit.: Tua, Signore, è la grazia; tua la misericordia.<br />

Sì, sono un soffio i figli di Adamo,<br />

una menzogna tutti gli uomini:<br />

tutti insieme, posti sulla bilancia,<br />

sono più lievi di un soffio. ®<br />

Non confidate nella violenza,<br />

non illudetevi della rapina;<br />

alla ricchezza, anche se abbonda,<br />

non attaccate il cuore. ®<br />

Una parola ha detto Dio,<br />

due ne ho udite:<br />

la forza appartiene a Dio,<br />

tua è la fedeltà, Signore;<br />

secondo le sue opere<br />

tu ripaghi ogni uomo. ®<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 10, 46b-52<br />

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo,<br />

Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a<br />

dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più<br />

forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli:<br />

«Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse:<br />

«Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la<br />

tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Il lettore del vangelo sa ormai che le folle seguono Gesù, ma senza una fede profonda e con gli occhi chiusi<br />

nei confronti della sua missione. Il cieco Bartimeo, invece, crede in lui come figlio di Davide, con fede salda e


imperturbabile, anche se i numerosi presenti tentano sgarbatamente di farlo tacere. Egli crede nella bontà e<br />

nella potenza di Gesù nelle quali cerca il soccorso di Dio.<br />

Il cieco è un emarginato. La sua professione di mendicante dimostra chiaramente che non può far nulla da sé<br />

e deve attendere tutto dagli altri. La molta folla intorno a Gesù è l’immagine della comunità che spesso non<br />

accoglie gli emarginati, ma li sgrida, li zittisce e li colpevolizza, credendo oltretutto di far bene. Ma Gesù<br />

impartisce un ordine chiaro: «Chiamatelo!». Nella preghiera del cieco, Gesù riconosce la fede, condizione<br />

necessaria per essere aggregato alla comunità che sale a Gerusalemme e alla croce. Appena acquistò la<br />

vista, divenne discepolo. Per seguire Gesù bisogna vedere bene e vederci chiaro.<br />

La domanda di Gesù: «Che vuoi che io ti faccia?» è la stessa che egli aveva rivolto a Giacomo e Giovanni (cfr<br />

Mc 10,36). La loro richiesta di posti d’onore contrasta con l’umile richiesta di Bartimeo: essi chiedevano di<br />

progredire nella cecità della loro superbia, egli chiede di avere la luce della fede che scruta nel Cristo<br />

crocifisso l’umiltà e la profondità di Dio.<br />

A questo punto del vangelo, Gesù rivolge anche a noi la stessa domanda che ha fatto al cieco: «Che vuoi che<br />

io faccia per te ?». E noi dobbiamo fare nostra la sua risposta: «Maestro, che io riabbia la vista !». Fine di tutta<br />

la catechesi di Gesù è portarci qui, dove si compie l’ultimo miracolo, quello definitivo: la guarigione dalla cecità<br />

e la vista della fede.<br />

Gesù è la luce del mondo (cfr Gv 8,12), il figlio di Davide che esercita la sua regalità usando misericordia, il<br />

Signore che dà la vista ai ciechi (Sal 146,8). L’invocazione del suo nome è la nostra salvezza (cfr At 2,21).<br />

Gesù significa «Dio salva». Egli ci salva perché è tutto misericordia rivolta alla nostra miseria.<br />

«Figlio di Davide, abbi misericordia di me» (v. 48). Questa espressione contiene tutta la preghiera, perché<br />

contiene tutto Dio. La misericordia è l’essenza di Dio. Egli non è misericordioso: è misericordia. Egli non ama i<br />

suoi figli in proporzione dei loro meriti, ma della loro miseria. E li ama uno ad uno (cfr Gal 2,30; 1Tim 1,15). Io,<br />

in persona, sono amato totalmente dal <strong>Padre</strong> in Gesù. L’amore non si divide, si moltiplica. L’amore di un padre<br />

non si divide per il numero dei figli, ma è tutto intero per ciascuno.<br />

Gettando il mantello, che era tutto per lui, questo povero segue Gesù, a differenza del ricco che, attaccato ai<br />

suoi beni, si allontanò triste (cfr Mc 10,22).<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Venite, acclamiamo il Signore.<br />

Tu ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle tue creature. (Sap 11)<br />

Gesù dona la vista a un povero cieco mendicante. Ed è per la sua fede che ottiene il miracolo; quella fede che gli fa<br />

riconoscere Gesù come 'figlio di Davide', come l'erede della promessa fatta da sempre al popolo di un messia inviato da<br />

Dio per compiere la salvezza. I miracoli di Gesù servono a mostrare l'attenzione di Gesù verso ogni sofferenza umana, la<br />

sua volontà di portare bene e felicità a tutti; d'altra parte non sono semplici prodigi o guarigioni, perché il loro significato<br />

va ben oltre, richiede e incoraggia alla fede in Dio e nell'opera salvifica di Gesù. Il cieco guarito infatti si pone al seguito<br />

di Gesù: metafora di ogni essere umano che, portato a riconoscere e a comprendere chi è Gesù, lo segue. Una volta che si<br />

crede in Gesù non lo si lascia, pur sapendo che la sua strada non è piana, ma irta di ostacoli e anche di cadute.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Non confidate nella violenza,<br />

non illudetevi della rapina;<br />

alla ricchezza, anche se abbonda,<br />

non attaccate il cuore.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Sant’Albino, vescovo<br />

Oggi la Chiesa ricorda sant’Albino, vescovo di Vercelli, che nel catalogo episcopale figura come quinto successore del<br />

celebre sant’Eusebio, primo vescovo della Chiesa vercellese. Si sa che fu amico di sant’Ambrogio e fu consacrato<br />

vescovo verso il 452, mentre il generale Ezio sconfiggeva i Goti e gli Unni che, attraversando la città, l’avevano<br />

devastata. Albino restaurò la basilica teodosiana, edificata per iniziativa dell’imperatore Teodosio il Grande, dedicandola<br />

a sant’Eusebio, di cui ivi si veneravano le reliquie. Questa dedicazione fu celebrata con grandissima solennità, tanto da<br />

essere a lungo ricordata. Non si conoscono altre notizie sulla vita di sant’Albino, di cui s’ignora anche la data precisa<br />

della morte; si sa però che il suo culto è antichissimo.


Mercoledì, 2 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Sap 13,1-9; Sal 52; Mc 11,12-14.20-25<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro della Sapienza 13, 1-9<br />

Davvero vani per natura tutti gli uomini / che vivevano nell’ignoranza di Dio, / e dai beni visibili non furono capaci di<br />

riconoscere colui che è, / né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice. / Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce, / la<br />

volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo / essi considerarono come dèi, reggitori del mondo. / Se, affascinati<br />

dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, / pensino quanto è superiore il loro sovrano, / perché li ha creati colui che è<br />

principio e autore della bellezza. / Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, / pensino da ciò quanto è più<br />

potente colui che li ha formati. / Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature / per analogia si contempla il loro autore.<br />

/ Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, / perché essi facilmente s’ingannano / cercando Dio e volendolo trovare. /<br />

Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura / e si lasciano prendere dall’apparenza / perché le cose viste sono<br />

belle. / Neppure costoro però sono scusabili, / perché, se sono riusciti a conoscere tanto / da poter esplorare il mondo, /<br />

come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano?<br />

SALMO<br />

Sal 52 (53)<br />

Rit.: Saggio è l’uomo che cerca il Signore.<br />

Lo stolto pensa: «Dio non c’è».<br />

Sono corrotti, fanno cose abominevoli:<br />

non c’è chi agisca bene.<br />

Dio dal cielo si china sui figli dell’uomo<br />

per vedere se c’è un uomo saggio,<br />

uno che cerchi Dio. ®<br />

Sono tutti traviati, tutti corrotti;<br />

non c’è chi agisca bene, neppure uno.<br />

Non impareranno dunque tutti i malfattori<br />

che divorano il mio popolo<br />

come il pane e non invocano Dio? ®<br />

Sì, Dio ha disperso le ossa degli aggressori,<br />

sono confusi perché Dio li ha respinti.<br />

Chi manderà da Sion la salvezza d’Israele?<br />

Quando Dio ristabilirà la sorte del suo popolo,<br />

esulterà Giacobbe e gioirà Israele.®<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 11, 12-14. 20-25<br />

La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, il Signore Gesù ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi<br />

che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò<br />

altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi<br />

frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro<br />

si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede<br />

in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma<br />

credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate<br />

fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché<br />

anche il <strong>Padre</strong> vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

La maledizione del fico è un fatto parabolico: la parabola viene tradotta in un gesto esemplare che la rende<br />

viva e comprensibile non solo alle orecchie, ma anche agli occhi. E’ un fatto parabolico che esprime<br />

plasticamente il giudizio di Dio su Israele. L’informazione «non era quella la stagione dei fichi» (11,13) rende<br />

assurda la pretesa di Gesù.. Marco non cerca di nascondere la stranezza del gesto, anzi la sottolinea. E noi<br />

dobbiamo capire subito che, se Gesù si fosse limitato a maledire un fico che non poteva avere dei frutti perché


non era la stagione giusta, il suo gesto potrebbe sembrare non solo strano, ma demenziale. Non è dunque su<br />

questo piano che va cercato il senso. Nell’Antico Testamento, il fico e la vigna rappresentano il popolo<br />

d’Israele (Is 5,1–7; 28,4; Os 9,10 Ger 8,13). Vogliamo citare due versetti del profeta Michea che descrivono il<br />

senso preciso della fame di Gesù (Mc 11,12): «Ahimè! Sono diventato come uno spigolatore d’estate, come<br />

un racimolatore dopo la vendemmia! Non un grappolo da mangiare, non un fico per la mia voglia. L’uomo pio è<br />

scomparso dalla terra, non c’è più un giusto tra gli uomini» (Mi 7,1–2). Non è dunque la sterilità del fico che<br />

interessa, ma quella d’Israele.<br />

E Israele non ha scuse: è già stato più volte rimproverato e dovrebbe sapere quali sono i frutti che Dio vuol<br />

cogliere. Marco ce lo dice attraverso l’episodio del tempio e le parole sulla fede.<br />

Dunque il simbolismo di base parte dalla parola «frutto» (v. 13). Quell’albero che si rivela senza frutto è il<br />

simbolo del tempio, centro religioso del popolo d’Israele, in cui Gesù è venuto a cercare i frutti che non ha<br />

trovato. Poco più avanti, la parabola del figlio unico, inviato a raccogliere i frutti della vigna, confermerà il<br />

simbolismo (12,1–11). Ripetiamo dunque: non è la sterilità del fico che viene giudicata, ma la sterilità di<br />

Gerusalemme e del suo culto. Come i discepoli «videro il fico seccato dalle radici» (11,20), così vedranno il<br />

tempio distrutto fin dalle fondamenta: «Non rimarrà qui pietra su pietra che non sia distrutta» (13,2).<br />

«La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici. Pietro ricordatosi...». Nell’Antico<br />

Testamento, il ricordo è uno dei veicoli principali della rivelazione di Dio, e può essere considerato come un<br />

elemento essenziale dell’alleanza (Dt 4,9–15; Gs 24,1–13). Specialmente nel Deuteronomio, gli israeliti sono<br />

invitati a ricordare le passate azioni divine di misericordia come la base per la loro attuale fedeltà a Lui (Dt<br />

4,32–40; 5,15; 6,20–25; 7,6–11; 8,2–6; 9,1–7; 29,1–8; 32,7). In Mc 8,18 Gesù aveva chiesto con forza: «E non<br />

vi ricordate....?», come un invito a fare una riflessione sui due miracoli del pane, perché i discepoli potessero<br />

capire chi egli fosse. Qui qualcosa sta muovendosi. Pietro comincia a ricordare, a fare attenzione, a riflettere,<br />

a collegare le parole e gli avvenimenti. E proprio questo impegno e questa capacità di ricordare sarà l’inizio del<br />

suo ravvedimento dopo aver rinnegato tre volte il Maestro: «Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù<br />

gli aveva detto: «Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte». E scoppiò in pianto» (14,72).<br />

«Il fico che tu hai maledetto si è seccato». Gesù dopo aver seccato il fico secca e taglia di netto anche il<br />

discorso sull’argomento. Trascurando il fico, parla dell’importanza della preghiera fatta con fede. Il termine<br />

«preghiera» ci mette sulla buona strada perché rimanda alla scena della purificazione del tempio, destinato a<br />

diventare «casa di preghiera per tutte le genti» (11,17). il fico sterile è l’immagine della fede infeconda, della<br />

fedeltà puramente esteriore alla legge, della preghiera degli ipocriti (Mt 6,5).<br />

«Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato». Credere<br />

significa lasciarsi investire dalla potenza irresistibile di Gesù, che sconvolge il mondo, come aveva annunziato<br />

il profeta Zaccaria (4,7; 14,4). E’ in questo contesto che trova il suo vero significato la frase evangelica della<br />

fede che può tutto. Credere che ciò che si proclama sta avvenendo significa cogliere la presenza di Gesù, che<br />

sta operando attraverso la nostra azione: è questa la potenza della fede che diventa preghiera esaudita e<br />

fattiva.<br />

«Se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il <strong>Padre</strong> vostro che è nei cieli perdoni a voi i<br />

vostri peccati». E’ l’unica volta, nel vangelo di Marco, in cui Gesù dichiara ai discepoli che il <strong>Padre</strong> suo è anche<br />

il loro. Gesù è più che figlio di Davide (10,47–48; 11,10; 12,35–37): è il vero Figlio di Dio che comunica ai suoi<br />

la propria realtà filiale. Abbiamo qui l’equivalente della quinta domanda del <strong>Padre</strong> nostro secondo Matteo<br />

(6,12). Alcuni manoscritti, infatti, aggiungono a questo punto un versetto (il 26) che ricalca esattamente la<br />

spiegazione riferita da Mt 6,15: «Ma se voi non perdonate, neppure il <strong>Padre</strong> vostro che è nei cieli perdonerà le<br />

vostre colpe» (11,26). Ciò dimostra che la preghiera del «<strong>Padre</strong> nostro» era ben nota alla Chiesa di Marco<br />

benché egli non la citi nella sua interezza.<br />

Il fico è stato seccato per istruire i discepoli sulla fede; il tempio è stato purificato per diventare casa di<br />

preghiera. Alla sterilità del fico corrisponde il pullulare di affari nel tempio. Infecondità nel bene e fecondità nel<br />

male vanno di pari passo.<br />

In questo brano si parla della fede e della preghiera, radici da cui viene il frutto dello Spirito, che<br />

essenzialmente è amore e perdono. Credere non è solo sapere che c’è un Dio, essere supremo e buono,<br />

onnipotente e onnisciente, sovrano e giudice di tutti. E’ aderire a Gesù e alla sua Parola, perché lui è il<br />

Signore, l’interlocutore fondamentale della nostra vita.<br />

La fede si esprime come preghiera verso Dio e perdono verso i fratelli. Non ci può essere l’una senza l’altro.<br />

Il cristiano è colui che ha fede in Gesù, potenza e sapienza di Dio, proprio nella sua debolezza. Gesù non<br />

chiede la fede in qualche idea, ma nel Dio che si rivela in lui, povero e umile che finisce sulla croce.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Venite, acclamiamo il Signore.


Davvero vani per natura tutti gli uomini che hanno vissuto nell'ignoranza di Dio pur esaminandone le opere e<br />

conoscendone i beni visibili. (Sap 13)<br />

Continua il grande tema della fede sia nel testo di Sapienza che indica come vita inutile quella di coloro che pur avendo le<br />

possibilità di comprendere le leggi naturali, di conoscere le bellezze del creato, di vedere i valori dell'animo umano, poi<br />

non riconoscono chi ne è il grande Artefice. "Perché se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, non ne<br />

hanno trovato più facilmente il sovrano?". E l'evangelista Marco riporta un insegnamento di Gesù proprio a proposito di<br />

chi non porta frutto. Un bell'albero di fico, ricco di foglie ma senza frutti - e non era la stagione dei frutti - e Gesù lo<br />

maledice e lo fa seccare. La vigilanza è richiesta nella fede e nella sequela a Gesù; non conosciamo il tempo, può esserci<br />

la chiamata in un'ora da noi non prevista, e il tempo è in mano a Dio.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Saggio è l'uomo che cerca il Signore.<br />

Dio dal cielo si china sui figli dell'uomo<br />

per vedere se c'è un uomo saggio,<br />

uno che cerchi Dio.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Simplicio, papa<br />

Simplicio nacque a Tivoli e fu consacrato papa il 3 marzo 468. Resse la Chiesa in un periodo di grave crisi politica, che<br />

condusse alla deposizione, nel 476, dell’ultimo imperatore romano d’Occidente, Romolo Augustolo, e alla proclamazione<br />

a re d’Italia dell’erulo e ariano Odoacre. Mentre le vicende politiche di un trapasso epocale si ripercuotevano con<br />

conseguenze notevoli anche nella vita della Chiesa occidentale, la Chiesa d’Oriente era gravemente turbata dalla<br />

reviviscenza del monofisismo, l’eresia che sosteneva essere in Cristo unicamente la natura divina. Simplicio, lungo tutto il<br />

suo pontificato, si impegnò a difendere l’autentica dottrina cristiana e prese anche netta posizione contro l’imperatore che,<br />

anche dopo il concilio di Calcedonia, tentava, con questa eresia, un impossibile compromesso. Rispettoso amante<br />

dell’arte, salvò dalla distruzione i mosaici pagani della chiesa di S. Andrea e si dedicò ad un’importante opera di<br />

edificazione di nuovi luoghi di culto, come S. Stefano Rotondo e S. Bibiana. Stabilì anche una sorta di servizio<br />

parrocchiale per le tre grandi basiliche cimiteriali extraurbane di S. Pietro, S. Paolo e S. Lorenzo, affidandolo, a turno, al<br />

clero di un certo numero di parrocchie vicine. Morì il 10 marzo 483. Le sue reliquie si venerano a Tivoli.


Giovedì, 3 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Sap 14,12-27; Sal 15; Mc 11,15-19<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro della Sapienza 14, 12-27<br />

L’invenzione degli idoli fu l’inizio della fornicazione, / la loro scoperta portò alla corruzione della vita. / Essi non<br />

esistevano dall’inizio e non esisteranno in futuro. / Entrarono nel mondo, infatti, per la vana ambizione degli uomini, / per<br />

questo è stata decretata loro una brusca fine. / Un padre, consumato da un lutto prematuro, / avendo fatto un’immagine del<br />

figlio così presto rapito, / onorò come un dio un uomo appena morto / e ai suoi subalterni ordinò misteri e riti<br />

d’iniziazione; / col passare del tempo l’empia usanza si consolidò / e fu osservata come una legge. / Anche per ordine dei<br />

sovrani / le immagini scolpite venivano fatte oggetto di culto; / alcuni uomini, non potendo onorarli di persona perché<br />

distanti, / avendo riprodotto le sembianze lontane, / fecero un’immagine visibile del re venerato, / per adulare con zelo<br />

l’assente, come fosse presente. / A estendere il culto anche presso quanti non lo conoscevano, / spinse l’ambizione<br />

dell’artista. / Questi infatti, desideroso senz’altro di piacere al potente, / si sforzò con l’arte di renderne più bella<br />

l’immagine; / ma la folla, attratta dal fascino dell’opera, / considerò oggetto di adorazione / colui che poco prima onorava<br />

come uomo. / Divenne un’insidia alla vita il fatto che uomini, / resi schiavi della disgrazia e del potere, / abbiano<br />

attribuito a pietre o a legni il nome incomunicabile. / Inoltre non fu loro sufficiente errare nella conoscenza di Dio, / ma,<br />

vivendo nella grande guerra dell’ignoranza, / a mali tanto grandi danno il nome di pace. / Celebrando riti di iniziazione,<br />

infanticidi o misteri occulti / o banchetti orgiastici secondo strane usanze, / non conservano puri né la vita né il<br />

matrimonio, / ma uno uccide l’altro a tradimento o l’affligge con l’adulterio. / Tutto vi è mescolato: / sangue e omicidio,<br />

furto e inganno, / corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro, / sconcerto dei buoni, dimenticanza dei favori, / corruzione di<br />

anime, perversione sessuale, / disordini nei matrimoni, adulterio e impudicizia. / L’adorazione di idoli innominabili / è<br />

principio, causa e culmine di ogni male.<br />

SALMO<br />

Sal 15 (16)<br />

Rit.: Sei tu, Signore, l’unico mio bene.<br />

Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu,<br />

solo in te è il mio bene».<br />

Moltiplicano le loro pene<br />

quelli che corrono dietro a un dio straniero. ®<br />

Io non spanderò le loro libagioni di sangue,<br />

né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi.<br />

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:<br />

nelle tue mani è la mia vita. ®<br />

Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi:<br />

la mia eredità è stupenda.<br />

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;<br />

anche di notte il mio animo mi istruisce.<br />

Io pongo sempre davanti a me il Signore,<br />

sta alla mia destra, non potrò vacillare. ®<br />

Per questo gioisce il mio cuore<br />

ed esulta la mia anima;<br />

anche il mio corpo riposa al sicuro,<br />

perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,<br />

né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. ®<br />

Mi indicherai il sentiero della vita,<br />

gioia piena alla tua presenza,<br />

dolcezza senza fine alla tua destra. ®<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 11, 15-19<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù e i suoi discepoli giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, Gesù si mise a scacciare


quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di<br />

colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse<br />

scritto: / “La mia casa sarà chiamata / casa di preghiera per tutte le nazioni”? / Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».<br />

Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la<br />

folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città.<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

«Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano...». Gesù entra di nuovo a<br />

Gerusalemme e nel tempio, e ne prende possesso con un gesto profetico significativo della sua autorità<br />

messianica. Già i profeti erano insorti contro il culto ipocrita dei praticanti assidui nella frequenza del tempio,<br />

ma incuranti della religione autentica (Is 1,11–17; 29,13–14; Ger 7,1–11). Come aveva fatto Neemia in<br />

occasione del suo viaggio di ispezione a Gerusalemme (Ne 13,7–9), Gesù purifica la casa di Dio e ne scaccia<br />

i venditori che hanno trasformato l’atrio del tempio in luogo di commercio. Questo gesto è un insegnamento e<br />

un adempimento della Scrittura. Si pensi alle ultime parole del libro di Zaccaria che, ispirato alla visione finale<br />

del profeta Ezechiele (capitoli 40–48), annuncia la festa universale dei tabernacoli, celebrata nei tempi<br />

messianici in un tempio definitivamente purificato: «In quel giorno non vi sarà neppure un Cananeo (mercante)<br />

nella casa del Signore degli eserciti» (Zc 14,21).<br />

Questa purificazione esteriore suppone una purificazione nel servizio sacro e nel sacerdozio, come indica la<br />

profezia di Malachia: «Subito entrerà nel suo tempio il Signore ... Sederà per fondere e purificare; purificherà i<br />

figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’oblazione secondo giustizia»<br />

(MI 3,1–3). Queste reminiscenze dell’Antico Testamento indicano la portata messianica del racconto.<br />

«E non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio». E’ noto che non tutto il tempio era luogo di<br />

mercato, ma solo il grande cortile esterno chiamato «cortile dei gentili», cioè dei non ebrei. Israele l’aveva reso<br />

luogo di commercio e di traffico (si usava attraversarlo per passare da un quartiere all’altro della città; era la<br />

scorciatoia tra la città e il monte degli Ulivi: il disordine è facilmente immaginabile!) e in questo modo i gentili<br />

non avevano più un luogo di preghiera nel tempio del Signore. Questo atrio era separato dall’atrio riservato<br />

agli ebrei da un parapetto in pietra, con iscrizioni in greco e latino che interdicevano ai pagani l’accesso<br />

all’atrio interno: «Chiunque sarà preso dovrà attribuire a sé stesso la morte che subirà come punizione».. Una<br />

di queste pietre è stata portata al museo di Istambul nel 1871; una seconda, ritrovata nel 1935, si trova nel<br />

museo di Gerusalemme. La citazione di Isaia nel versetto seguente sottolinea, appunto, che il tempio è casa di<br />

preghiera per tutte le genti e quindi anche l’atrio riservato ai pagani è santo come quello riservato agli ebrei.<br />

«La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti». Marco ha scritto il suo vangelo per i pagani<br />

convertiti e, quindi, non ci deve meravigliare che citi l’intero versetto di Isaia 56,7, inclusa la frase «per tutte le<br />

genti», che Matteo e Luca tralasciano.<br />

«Una spelonca di ladri». Ai tempi di Gesù, i mercanti avevano la stessa fama che hanno oggi, e i cambiavalute<br />

non erano additati come una categoria di onesti. Ma non è questo il problema. L’espressione, di per sé, non<br />

accusa di essere ladri quelli che sono nel tempio, ma li paragona a dei ladri che cercano rifugio nel tempio,<br />

come in una spelonca, per sfuggire al castigo di Dio meritato con la loro condotta. Il significato viene chiarito<br />

molto bene se leggiamo per intero il testo di Geremia che rimprovera ogni sorta di infrazioni contro l’alleanza<br />

(cfr Ger 7,1–15). In definitiva, Gesù, citando Geremia, intende dire: «Il culto del tempio è menzognero se serve<br />

soltanto a dare un senso di sicurezza a gente che non si converte».<br />

«L’udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo per farlo morire». Ritroviamo qui la situazione già<br />

provocata da Gesù nel suo uditorio di Cafarnao, in occasione della sua manifestazione inaugurale: le folle<br />

stupite di fronte al suo insegnamento dato con autorità (1,22.27), e gli avversari che decidono di farlo morire<br />

(3,6).<br />

«Avevano paura di lui». E’ la paura di Adamo (Gen 3,10) e di Erode (Mt 2,3), la paura di chi non vuole Dio tra i<br />

piedi perché teme di perdere la supremazia: è la paura di riconoscere un Dio sopra la propria testa, la paura di<br />

perdere il posto di padroni degli altri e di Dio stesso, fatto a propria immagine e manovrato a proprio<br />

piacimento. E’ la paura di perdere l’eredità (12,7): da affittuari (12,1) volevano diventare usurpatori. E’ la<br />

tentazione gravissima, e sempre ricorrente, a cui sono esposti tutti i ministri della religione. Contro di essa ci<br />

mette in guardia l’apostolo Pietro: «Esorto gli anziani (= vescovi e preti) che sono tra voi ... : pascete il gregge<br />

di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza, ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di<br />

buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge» (1Pt 5,1–3).<br />

La mentalità di padroni della religione e di coloro che la praticano, manifestata dai sommi sacerdoti e dagli<br />

scribi, contro cui ha cozzato duramente Gesù, è tutt’altro che morta!<br />

«Quando venne la sera uscirono dalla città». Gesù prende le distanze dalla città che non lo riconosce per<br />

quello che egli è. Aveva fatto la stessa cosa nei confronti delle folle entusiaste nell’ascoltarlo, ma non disposte<br />

a comprenderlo (1,38; 3,9; 4,11.36; 6,45; 8,13).<br />

Il tempio era il centro del culto e del potere politico ed economico. La «purificazione» del tempio è figura della<br />

purificazione della nostra immagine di Dio, inquinata dai nostri deliri di potere, di ricchezza e di superbia. Oltre


al commercio materiale, nel tempio c’è anche il commercio spirituale. E’ quello che, con la moneta sonante<br />

delle prestazioni e delle osservanze, intende comperare la grazia di Dio. E’ un male gravissimo, figlio del<br />

grande peccato originale che, dipingendo un Dio cattivo, induce a placarlo e ottenere le grazie dietro<br />

pagamento, come fosse una prostituta. E’ il peccato del giusto, che va direttamente contro l’essenza di Dio<br />

che è amore gratuito. Dio perdona senza limiti il peccatore e non si fa suo giudice, ma neanche può farsi suo<br />

complice nel peccato. Dio non può avallare le nostre malefatte. Il tempio o è casa di preghiera o è spelonca di<br />

ladri. E siccome tutto ciò che è accaduto a Israele è come un esempio per noi, scritto a nostro<br />

ammaestramento (1Cor 10,11), la Chiesa deve vigilare per non cadere nella stessa infedeltà.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Venite, acclamiamo il Signore.<br />

L'invenzione degli idoli portò alla corruzione della vita. (Sap 14)<br />

L'insegnamento di oggi mette in luce la tendenza ad allontanarsi dalla vera fede e a sostituirla con idoli di facile consumo.<br />

Il libro della Sapienza ci dice che gli idoli entrarono nel mondo per la vana ambizione degli uomini; per il desiderio sia di<br />

consolidare il proprio potere che per darsi facile consolazione nei momenti di fallimento. Se ne diventa schiavi come se,<br />

facendo certi riti o attribuendo poteri magici ad oggetti di legno o di pietra, ci si potesse liberare da disgrazie e mali.<br />

L'adorazione di idoli è causa e culmine di ogni male.<br />

Per questo, Gesù, entrato nel tempio, scaccia i venditori di amuleti e di vari oggetti ritenuti portatori di buona sorte. La<br />

casa di Dio deve essere casa di preghiera. Dio non chiede altro, tanto meno strani riti di iniziazione o di devozione.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Ho detto al Signore: "Il mio Signore sei tu,<br />

solo in te è il mio bene".<br />

Moltiplicano le loro pene<br />

quelli che corrono dietro a un dio straniero.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Sant’Anselmo di Nonantola (VIII secolo)<br />

Anselmo, figlio del duca longobardo Wectari di Vicenza, nacque verso il 720 a Cividale o a Vicenza. È l’unico santo<br />

longobardo di cui ci siano pervenute notizie certe. Era fratello di Giseltrada, sposa di re Astolfo, e di Aidin, con il quale<br />

aveva in comune beni e terreni a Vicenza e a Verona. Fu per un certo tempo duca del Friuli. Nel 749, Anselmo decise di<br />

cambiare vita e, ricevuta in dono da re Astolfo la terra di Fanano, nella valle dell’alto Panaro, abbandonò tutte le attività e<br />

cariche politiche fondando un cenobio e un ospizio per l’assistenza dei pellegrini, allora molto numerosi nella valle.<br />

Qualche anno dopo, nel 751, ricevette ancora in dono un altro appezzamento di terreno, di nome “Nonantolae”, situato in<br />

una posizione strategica, dominante le strade che da Verona e Piacenza scendevano a Bologna. Qui Anselmo e i suoi<br />

monaci si impegnarono nella edificazione di una chiesa e costruirono un cenobio, in cui vissero sotto la regola di san<br />

Benedetto, dedicandosi alla bonifica di quelle terre abbandonate e incolte, con vantaggio economico e sociale per tutta la<br />

regione. Alle dipendenze dell’Abbazia di Nonantola, Anselmo fondò altri tre monasteri, con annessi ospizi, facendone<br />

importanti centri di ascesi, oltre che di cultura, di lavoro e di assistenza ospedaliera. Durante il regno di Desiderio (757-<br />

774), per motivi a noi ignoti, fu allontanato da Nonantola e fu mandato, quasi in esilio, a Montecassino, dove restò fino<br />

alla morte di Desiderio. In questo periodo Anselmo poté acquistare per la sua Abbazia, vari e preziosi codici, come risulta<br />

da un elenco dell’archivio di Nonantola compilato verso il 1000. Anselmo fu una delle figure più importanti del<br />

monachesimo dell’Alto Medio Evo. Negli anni difficili della guerra franco-longobarda fu anche un mediatore di pace; per<br />

questo il re franco, Carlo Magno, gli espresse la sua stima elargendo all’Abbazia benefici e privilegi. Morì il 3 marzo 8<strong>03</strong>,<br />

a 50 anni dalla fondazione del monastero e fu sepolto nella chiesa della sua Abbazia.


Venerdì, 4 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Sap 15,1-5;19,22; Sal 45; Mc 11,27-33<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro della Sapienza 15, 1-5; 19, 22<br />

Tu, nostro Dio, sei buono e veritiero, / sei paziente e tutto governi secondo misericordia. / Anche se pecchiamo, siamo<br />

tuoi, perché conosciamo la tua potenza; / ma non peccheremo più, perché sappiamo di appartenerti. / Conoscerti, infatti, è<br />

giustizia perfetta, / conoscere la tua potenza è radice d’immortalità. / Non ci indusse in errore né l’invenzione umana di<br />

un’arte perversa, / né il lavoro infruttuoso di coloro che disegnano ombre, / immagini imbrattate di vari colori, / la cui<br />

vista negli stolti provoca il desiderio, / l’anelito per una forma inanimata di un’immagine morta. / In tutti i modi, o<br />

Signore, hai reso grande e glorioso il tuo popolo / e non hai dimenticato di assisterlo in ogni momento e in ogni luogo.<br />

SALMO<br />

Sal 45 (46)<br />

Rit.: Nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.<br />

Dio è per noi rifugio e fortezza,<br />

aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.<br />

Perciò non temiamo se trema la terra,<br />

se vacillano i monti nel fondo del mare.<br />

Fremano, si gonfino le sue acque,<br />

si scuotano i monti per i suoi flutti. ®<br />

Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,<br />

la più santa delle dimore dell’Altissimo.<br />

Dio è in mezzo ad essa: non potrà vacillare.<br />

Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.<br />

Fremettero le genti, vacillarono i regni;<br />

egli tuonò: si sgretolò la terra. ®<br />

Il Signore degli eserciti è con noi,<br />

nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.<br />

Venite, vedete le opere del Signore,<br />

egli ha fatto cose tremende sulla terra. ®<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 11, 27-33<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre Gesù camminava nel<br />

tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi<br />

ti ha dato l’autorità di farle?». Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale<br />

autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». Essi discutevano fra loro<br />

dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli<br />

uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù<br />

dissero: «Non lo sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Nei primi 26 versetti di questo capitolo Gesù aveva espresso il suo giudizio su Gerusalemme, il tempio e la<br />

falsa religiosità, con dei gesti, dei fatti (entrata in Gerusalemme, fico seccato, purificazione del tempio). Da<br />

11,27 a 12,37 il suo giudizio viene espresso con le parole.<br />

L’agire di Gesù ha suscitato una reazione violenta da parte dei padroni della religione. Era entrato nel tempio<br />

senza chiedere permesso, come uno che entra in casa propria; aveva scacciato venditori e cambiavalute<br />

muniti di regolare permesso rilasciato dall’autorità; aveva messo sotto accusa il modo di far religione: il tempio<br />

non era più casa di preghiera, ma spelonca di ladri. Davanti a una simile accusa il potere costituito non poteva<br />

tacere. E non tacque.<br />

«Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità per farle?» Nel contesto, la domanda si riferisce<br />

all’ingresso di Gesù in Gerusalemme e all’espulsione dei mercati dal tempio. Ma in pratica viene coinvolta tutta


la sua attività. Perciò anche la domanda delle autorità giudaiche supera il quadro immediato nel quale è stata<br />

posta: il processo contro Gesù è già iniziato.<br />

«Vi farò anch’io una domanda». Il processo si capovolge e gli accusatori sono messi sotto accusa e invitati a<br />

rendere conto del loro comportamento. Gesù non pone una contro-domanda per sfuggire alle domande dei<br />

suoi avversari, ma per rendere possibile una risposta: non si capisce Gesù se prima non si è capito Giovanni il<br />

Battista. Se infatti Giovanni è venuto da Dio per preparare la strada al Messia, Gesù agisce con l’autorità che<br />

gli compete come Messia, ed è Dio che gli ha dato questa autorità. Ora essi non vogliono assolutamente<br />

ammettere questo: per loro Gesù non rivela il vero volto di Dio e perciò deve morire perché è un<br />

bestemmiatore. Su questa loro decisione essi non sono disposti a ritornare e rimangono ostili alla rivelazione<br />

di Gesù.<br />

Cosa farà Gesù? Li lascerà senza una risposta? Sembrerebbe di sì: «Gesù disse loro: ‘Neanch’io vi dico con<br />

quale autorità faccio queste cose’». In realtà Gesù risponde con la parabola dei vignaioli omicidi, che troviamo<br />

immediatamente dopo questo brano. E tutti e tre i sinottici dichiarano che i suoi interlocutori compresero che<br />

aveva detto quella parabola per loro (Mt 21,45; Mc 12,12; Lc 20,19).<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Venite, acclamiamo il Signore.<br />

Gesù si comporta con autorevolezza ma non svela l'origine della sua autorità. (Mc 11)<br />

Gesù è interpellato dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani, mentre camminava nel tempio, perchè vogliono<br />

metterlo in difficoltà. "Con quale autorità fai queste cose?". Domanda ambigua che anche noi ripetiamo, magari senza<br />

accorgercene, ogni volta che decidiamo di prendere le distanze dalla parola del Signore e seguire altro e altri che ci<br />

vorrebbero insegnare qualcosa di più rispondente ai nostri desideri. Gesù sceglie di non rivelare ai suoi interlocutori la sua<br />

vera identità, tanto loro non vogliono saperla e neppure intendono seguire il messia. Dio non impone la sua presenza nè il<br />

suo disegno di salvezza a chi ha il cuore chiuso e non vuole intendere. Però non è neppure il peccato a toglierci dalla<br />

presenza di Dio: anche se pecchiamo - ci dice la Sapienza - siamo e restiamo figli di Dio.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Il Signore degli eserciti è con noi,<br />

nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.<br />

Venite, vedete le opere del Signore,<br />

egli ha fatto cose tremende sulla terra.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Casimiro di Polonia<br />

Casimiro nacque il 3 ottobre 1458 nel castello reale di Cracovia, terzogenito di Casimiro IV, re di Polonia e granduca di<br />

Lituania e di Elisabetta d’Austria. Dalla giovinezza dimostrò di possedere una grande forza di volontà, un nobile carattere<br />

e un profondo spirito di pietà e di penitenza. Appena tredicenne fu designato al trono d’Ungheria, per rivendicazioni<br />

dinastiche da parte materna, ma dopo il fallimento della campagna militare del 1471 contro Mattia Corvino, da molti già<br />

riconosciuto re d’Ungheria, dovette ritirarsi. Ricco di rare doti di intelletto, studiò e imparò con grande facilità, e<br />

soprattutto ricevette una solida formazione religiosa per cui non dimenticò mai, anche in mezzo alle occupazioni<br />

pubbliche, i suoi impegni di cristiano. Dal diciassettesimo anno di età fu quasi continuamente al fianco del padre<br />

nell’attività pubblica, accompagnandolo nei viaggi in Lituania. Quando il padre, nel 1481, vi si trasferì per sfuggire al<br />

complotto dei principi russi che tramavano contro la famiglia reale, Casimiro seppe gestire gli affari dello stato a nome e<br />

per conto del padre con intelligenza e saggezza e, mostrando sicure capacità politiche, ristabilì l’ordine nel Regno. Nello<br />

stesso anno 1481, per ragioni politico-diplomatiche, si avviarono trattative per il matrimonio di Casimiro con la figlia<br />

dell’imperatore Federico III, ma il principe non ne volle sapere, perché aveva consacrato la sua vita a Dio. Trasferitosi a<br />

Vilna, in Lituania, seppe consolidarvi il cattolicesimo, introdotto nel granducato solo tardivamente, dando esempio di<br />

grandi virtù, praticando la carità operosa verso i poveri, l’amore profondo a Gesù nel sacramento dell’Eucaristia e alla<br />

Santissima Vergine Maria. Morì il 4 marzo 1484, nel castello di Gardinas (Grodno) in Lituania, a soli 25 anni, colpito da<br />

tubercolosi. Casimiro, in Polonia e Lituania, viene venerato come protettore della gioventù.


Sabato, 5 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Messa giorno: Es 29,38-46; Sal 95; Rm 12,1-2; Gv 4,23-26<br />

Messa vigiliare: Lc 24,13a.36-48; Os 1,9a;2,7a.b-10; Sal 102; Rm 8,1-4; Lc 15,11-32<br />

Messa del giorno:<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro dell’Esodo 29, 38-46<br />

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Ecco ciò che tu offrirai sull’altare: due agnelli di un anno ogni giorno, per<br />

sempre. Offrirai uno di questi agnelli al mattino, il secondo al tramonto. Con il primo agnello offrirai un decimo di efa di<br />

fior di farina, impastata con un quarto di hin di olio puro, e una libagione di un quarto di hin di vino. Offrirai il secondo<br />

agnello al tramonto con un’oblazione e una libagione come quelle del mattino: profumo gradito, offerta consumata dal<br />

fuoco in onore del Signore. Questo è l’olocausto perenne di generazione in generazione, all’ingresso della tenda del<br />

convegno, alla presenza del Signore, dove io vi darò convegno per parlarti. Darò convegno agli Israeliti in questo luogo,<br />

che sarà consacrato dalla mia gloria. Consacrerò la tenda del convegno e l’altare. Consacrerò anche Aronne e i suoi figli,<br />

perché esercitino il sacerdozio per me. Abiterò in mezzo agli Israeliti e sarò il loro Dio. Sapranno che io sono il Signore,<br />

loro Dio, che li ho fatti uscire dalla terra d’Egitto, per abitare in mezzo a loro, io il Signore, loro Dio».<br />

SALMO<br />

Sal 95 (96)<br />

Rit.: Cantate al Signore e annunciate la sua salvezza.<br />

Cantate al Signore un canto nuovo,<br />

cantate al Signore, uomini di tutta la terra.<br />

Cantate al Signore, benedite il suo nome,<br />

annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. ®<br />

In mezzo alle genti narrate la sua gloria,<br />

a tutti i popoli dite le sue meraviglie.<br />

Grande è il Signore e degno di ogni lode,<br />

terribile sopra tutti gli dèi. ®<br />

Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,<br />

il Signore invece ha fatto i cieli.<br />

Maestà e onore sono davanti a lui,<br />

forza e splendore nel suo santuario. ®<br />

EPISTOLA<br />

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 12, 1-2<br />

Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è<br />

questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo<br />

di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 4, 23-26<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù disse alla donna samaritana: «Viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno<br />

il <strong>Padre</strong> in spirito e verità: così infatti il <strong>Padre</strong> vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano<br />

devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli<br />

verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Gesù è informato che i farisei sono allarmati per il suo grande successo, superiore a quello di Giovanni. Il<br />

battesimo amministrato da Gesù e dai suoi discepoli in questo momento della storia della salvezza era un<br />

mezzo per aggregare dei seguaci al suo movimento religioso.<br />

Per questo viaggio dalla Giudea alla Galilea, Gesù doveva attraversare la Samaria. Questa necessità è più<br />

teologica che geografica. Il <strong>Padre</strong> vuole che Gesù evangelizzi i samaritani.


Questo sembra l’unico passo del Nuovo Testamento in cui si parla della stanchezza di Gesù. Gesù affaticato<br />

presso il pozzo di Giacobbe è l’esemplare dei missionari evangelici: evangelizza e salva anche mentre riposa.<br />

L’incontro con la donna samaritana è una scena tipicamente biblica. Nelle storie dei patriarchi più di una volta<br />

è narrato l’incontro con un uomo stanco, incaricato di una missione straordinaria, con una donna eletta, presso<br />

una fonte. Ricordiamo l’incontro tra Rebecca e il capo dei servi di Abramo (Gen 24,11ss); quello tra Giacobbe<br />

e Rachele (Gen 29,1ss); e quello tra Mosè e le figlie di Reuel, una delle quali diverrà sua moglie (Es 2,15ss).<br />

La scena di Gesù con la samaritana rievoca più da vicino quella di Es 2,15ss come ce la descrive Flavio<br />

Giuseppe: Mosè, fuggendo dall’Egitto, arriva affamato e stanco a un pozzo, situato a poca distanza da una<br />

città: Sfinito vi si riposa, sul mezzogiorno. Ed ecco venire al pozzo le figlie del sacerdote Reuel. La situazione<br />

è assai simile a quella descritta in questo brano del vangelo.<br />

La prima parte della risposta di Gesù alla donna è stata prevalentemente negativa. La seconda parte (vv. 23-<br />

24) è positiva e indica il luogo del culto definitivo: il tempio definitivo e universale è Gesù. Egli rivela alla<br />

samaritana che questo luogo sarà spirituale: sotto l’azione dello Spirito bisogna pregare il <strong>Padre</strong> "nella Verità"<br />

che è Gesù stesso. La vera preghiera è possibile solo nella comunione con il Cristo-Verità. Gesù è il nuovo<br />

tempio che sostituisce da questo momento il santuario del monte Garizim e quello di Gerusalemme.<br />

Gesù-Verità, il cui corpo è chiamato tempio (Gv 2,21), diverrà il luogo del culto cristiano quando sarà<br />

glorificato dallo Spirito di verità (Gv 16,14). Per san Giovanni la parola "verità" indica la rivelazione messianica<br />

che si identifica con il messaggio e la persona di Gesù (Gv 14,16). Sotto l’azione dello Spirito Santo, questa<br />

verità di Cristo è presente e attiva nel cuore del credente (2Gv 2): la Verità diventa così la sorgente segreta<br />

della vita cristiana. I veri adoratori del <strong>Padre</strong> sono nati dallo Spirito (Gv 3,3-8) e santificati per mezzo della<br />

parola della Verità, che è Cristo. Per adorare Dio in Spirito e Verità è necessario anzitutto che l’uomo sia<br />

colmato e compenetrato dallo Spirito di Cristo.<br />

La replica della donna e la proclamazione di Gesù di essere l’Inviato definitivo di Dio rappresentano il vertice di<br />

tutto il colloquio con la samaritana.<br />

Nel mondo semita la donna era considerata inferiore all’uomo e un maestro rispettabile non si sarebbe mai<br />

degnato di rivolgere la parola a una donna in pubblico. Rabbì Eleazaro diceva: "Sarebbe meglio che la Legge<br />

andasse in fiamme piuttosto che essere data in mano alle donne". Gesù al contrario parla dei misteri di Dio<br />

con una donna, e samaritana per giunta.<br />

L’interrogativo se Gesù sia il Cristo indica un passo avanti nell’apertura della samaritana alla fede.<br />

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MESSA VIGILIARE DELL'ULTIMA DOMENICA DOPO L'EPIFANIA -<br />

detta "del perdono"<br />

VANGELO DELLA RISURREZIONE<br />

Annuncio della Risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo secondo Luca 24, 13a.36-48<br />

In quello stesso giorno, mentre gli Undici e gli altri che erano con loro parlavano di queste cose, il Signore Gesù in<br />

persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli<br />

disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono<br />

proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro<br />

le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa<br />

da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono<br />

queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella<br />

legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta<br />

scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione<br />

e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».<br />

Cristo Signore è risorto!<br />

® Rendiamo grazie a Dio!<br />

Seguono le letture della messa nel giorno della Domenica:<br />

Os 1,9a;2,7a.b-10; Sal 102; Rm 8,1-4; Lc 15,11-32<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

In questo brano Luca collega direttamente il nostro conoscere il Risorto con l’esperienza di Simone e degli altri<br />

con lui. La differenza tra noi e loro sta nel fatto che essi contemplarono e toccarono la sua carne anche<br />

fisicamente; noi invece la contempliamo e la tocchiamo solo spiritualmente, attraverso la testimonianza della<br />

loro parola e la celebrazione dell’Eucaristia.


Luca insiste molto sulla corporeità del Signore risorto. E’ una necessità nei confronti dell’ambiente ellenistico,<br />

che credeva all’immortalità dell’anima, ma non alla risurrezione dei corpi (cfr At 17,18.32; 26,8.24). Con la<br />

risurrezione della carne sta o cade sia la promessa di Dio che la speranza stessa dell’uomo di superare<br />

l’ultimo nemico, la morte (cfr 1Cor 15,26).<br />

Chiave di lettura e sintesi delle Scritture è il Crocifisso, che offre la visione di un Dio che è amore e<br />

misericordia infinita. Ai piedi della croce cessa la nostra paura di Dio e la nostra fuga da lui, perché vediamo<br />

che egli è da sempre rivolto a noi e ci perdona. I discepoli saranno testimoni di questo (v. 48): faranno<br />

conoscere a tutti i fratelli il Signore Gesù come nuovo volto di Dio e salvezza dell’uomo.<br />

La forza di questa testimonianza è lo Spirito Santo, la potenza dall’alto (v. 49). Come scese su Maria,<br />

scenderà su di loro (cfr Lc 1,35; At 1,8; 2,1ss). L’incarnazione di Dio nella storia continua e giunge al suo<br />

compimento definitivo. Dio ha reso perfetta la sua solidarietà con l’uomo: al tempo degli antichi fu "davanti a<br />

noi" come legge per condurci alla terra promessa; al tempo di Gesù fu "con noi" per aprirci e insegnarci la<br />

strada verso il <strong>Padre</strong>; ora, nel tempo della Chiesa, è "in noi" come vita nuova.<br />

Gesù ha terminato la sua missione. Noi la continuiamo nello spazio e nel tempo. In lui e con lui, ci facciamo<br />

prossimi a tutti i fratelli, condividendo con loro la Parola e il Pane.<br />

Il mistero di Cristo si può presentare solamente attraverso le Scritture. Solo Dio conosce il suo Inviato, il<br />

cammino che deve percorrere e la meta che deve raggiungere. I segreti di Dio non si scoprono attraverso la<br />

riflessione e la sapienza umana, ma solo attraverso la sua libera comunicazione. Per questo il richiamo alle<br />

Scritture non è facoltativo, ma obbligatorio per capire il piano di Dio e il cammino del suo Cristo.<br />

La catechesi di Cristo si conclude con la missione degli Undici a tutte le nazioni perché siano i continuatori<br />

della sua opera e i testimoni della sua risurrezione. In essa sono racchiusi gli articoli del kerigma apostolico:<br />

l’annunzio della morte e risurrezione di Cristo (v. 46), la predicazione della conversione per la remissione dei<br />

peccati (v. 47) e la funzione della testimonianza (v. 48).<br />

L’annuncio evangelico era cominciato con la predicazione della penitenza e la remissione dei peccati e si<br />

chiude con lo stesso tema (v. 47). Gesù ha assolto la sua missione nel costante tentativo di distogliere gli<br />

uomini dal male; ora la sua opera deve continuare attraverso i suoi inviati. Annunciando agli uomini il lieto<br />

messaggio del perdono dei peccati e della pace piena e perfetta con Dio, essi non saranno dei conquistatori,<br />

ma dei benefattori dell’umanità.<br />

Ma prima di partire per la missione, la Chiesa dovrà ricevere il dono dello Spirito Santo. Se gli apostoli sono i<br />

continuatori e i testimoni di Gesù, devono ricevere la stessa investitura di Gesù. Egli si è mosso dopo aver<br />

ricevuto il battesimo nello Spirito (Lc 4,14); la stessa cosa deve compiersi per i suoi apostoli.<br />

Questi messaggeri di pace, che si dirameranno da Gerusalemme verso tutte le parti del mondo, saranno<br />

corroborati dalla forza dello Spirito. La loro potenza è la forza della fede.<br />

L’ascensione è narrata due volte da Luca, come conclusione del Vangelo e come inizio degli Atti. Il Signore<br />

non si allontana dai suoi. Sarà sempre in cammino con i pellegrini della storia, come i due discepoli di<br />

Emmaus.<br />

Ma la sua presenza non sarà fisica, limitata nello spazio e nel tempo. Sarà spirituale, illimitata, ovunque e<br />

sempre. Prima era vicino a noi col suo corpo, ora è in noi col suo Spirito. Prima era visibile con il volto di un<br />

altro, ora è invisibile e ha preso il nostro volto.<br />

Il suo distare non è un andare lontano, ma un elevarsi là dove può racchiudere in sé ogni orizzonte. Raggiunto<br />

il cuore del <strong>Padre</strong>, Gesù è vicino ad ogni fratello, perché ogni uomo è nel cuore di Dio.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Venite, acclamiamo il Signore.<br />

I veri adoratori adoreranno il <strong>Padre</strong> in Spirito e verità. (Gv 4)<br />

L'apostolo Paolo dice che tutta la vita del cristiano deve essere come un sacrificio a Dio, ben più prezioso di quelli<br />

consumati nei tempi passati con animali, ma deve essere una vita secondo lo Spirito. E ciò vuol essere invito a<br />

riconoscere Dio nella quotidiana storia della propria esistenza, e a lui rivolgere il proprio intendimento: vivere ed operare<br />

per il Signore, essere strumento della sua volontà per il bene di tutti. Questo è il sacrificio gradito a Dio. Anche a Mosè<br />

Dio impone un certo codice di comportamento e dà il vero significato del sacrificio: non sono cose che feriscono la<br />

persona, ma gesti che sono orientati ad onorare Dio che, da parte sua, promette di abitare in mezzo al suo popolo e di<br />

essere il suo Dio. Gesù completa poi la rivelazione di Dio stesso, che è <strong>Padre</strong> e vuole che lo si adori in spirito e verità,<br />

seguendo l'esempio che lui stesso ci offre: agire nella verità, onorare il <strong>Padre</strong>, amare il prossimo fino al sacrificio di sè.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Tutti gli dei dei popoli sono un nulla,<br />

il Signore invece ha fatto i cieli.


Maestà e onore sono davanti a lui,<br />

forza e splendore nel suo santuario.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Teofilo<br />

Della vita di Teofilo abbiamo scarne notizie. Eusebio di Cesarea lo ricorda come vescovo di Cesarea, nella sua Historia<br />

Ecclesiastica (V, XXII), nella cronologia dei principali capi delle chiese locali al tempo di papa Vittore I (189-200) e lo<br />

dice presente a un sinodo riunito in Palestina. Eusebio lo ritiene come uno dei principali avversari dei quattordecimani,<br />

una setta che voleva celebrare sempre la Pasqua il giorno 14 del mese di aprile, contro le chiese occidentali che<br />

privilegiavano la domenica, il giorno del Signore. San Girolamo dedica a lui il capitolo XLII del De viris illustribus. Il<br />

Baronio lo introdusse nel Martirologio Romano, al 5 di marzo, con un breve elogio per l’integrità della vita e per la sua<br />

saggezza.


Domenica, 6 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Os 1,9a;2,7a.b-10; Sal 102; Rm 8,1-4; Lc 15,11-32<br />

DOMENICA ULTIMA DOPO L'EPIFANIA - detta "del perdono"<br />

LETTURA<br />

Lettura del profeta Osea 1, 9a; 2, 7a.b-10. 16-18. 21-22<br />

Il Signore disse a Osea: «La loro madre ha detto: “Seguirò i miei amanti, / che mi danno il mio pane e la mia acqua, / la<br />

mia lana, il mio lino, / il mio olio e le mie bevande”. / Perciò ecco, ti chiuderò la strada con spine, / la sbarrerò con<br />

barriere / e non ritroverà i suoi sentieri. / Inseguirà i suoi amanti, / ma non li raggiungerà, / li cercherà senza trovarli. /<br />

Allora dirà: “<strong>Rito</strong>rnerò al mio marito di prima, / perché stavo meglio di adesso”. Non capì che io le davo / grano, vino<br />

nuovo e olio, / e la coprivo d’argento e d’oro, / che hanno usato per Baal. / Perciò, ecco, io la sedurrò, / la condurrò nel<br />

deserto / e parlerò al suo cuore. / Le renderò le sue vigne / e trasformerò la valle di Acor / in porta di speranza. / Là mi<br />

risponderà / come nei giorni della sua giovinezza, / come quando uscì dal paese d’Egitto. / E avverrà, in quel giorno / –<br />

oracolo del Signore – / mi chiamerai: “Marito mio”, / e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”. / Ti farò mia sposa<br />

per sempre, / ti farò mia sposa / nella giustizia e nel diritto, / nell’amore e nella benevolenza, / ti farò mia sposa nella<br />

fedeltà / e tu conoscerai il Signore».<br />

SALMO<br />

Sal 102 (1<strong>03</strong>)<br />

® Il Signore è buono e grande nell’amore.<br />

Benedici il Signore, anima mia,<br />

quanto è in me benedica il suo santo nome.<br />

Benedici il Signore, anima mia,<br />

non dimenticare tutti i suoi benefici. ®<br />

Egli perdona tutte le tue colpe,<br />

guarisce tutte le tue infermità,<br />

salva dalla fossa la tua vita,<br />

ti circonda di bontà e misericordia. ®<br />

Misericordioso e pietoso è il Signore,<br />

lento all’ira e grande nell’amore.<br />

Non ci tratta secondo i nostri peccati<br />

e non ci ripaga secondo le nostre colpe. ®<br />

EPISTOLA<br />

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 1-4<br />

Fratelli, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo<br />

Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa<br />

della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del<br />

peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo<br />

non secondo la carne ma secondo lo Spirito.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Luca 15, 11-32<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “<strong>Padre</strong>,<br />

dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più<br />

giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.<br />

Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora<br />

andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci.<br />

Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse:<br />

“Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:<br />

<strong>Padre</strong>, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei<br />

tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse<br />

incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “<strong>Padre</strong>, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più<br />

degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo


indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo<br />

festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.<br />

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi<br />

e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello<br />

grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma<br />

egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai<br />

dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze<br />

con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò<br />

che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto<br />

ed è stato ritrovato”».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

La parabola del <strong>Padre</strong> misericordioso e del figlio perduto e ritrovato rivela il centro del vangelo: Dio come<br />

<strong>Padre</strong> di tenerezza e di misericordia. Egli prova una gioia infinita quando vede tornare a casa il figlio da<br />

lontano, e invita tutti a gioire con lui.<br />

Gesù fin dall’inizio mangia con i peccatori (cfr Lc 5,27-32). Ora invita anche i giusti. Attaccato da essi con<br />

cattiveria, li contrattacca con la sua bontà, perché vuole convertirli. Ma la loro conversione è più difficile di<br />

quella dei peccatori. Non vogliono accettare il comportamento di Dio <strong>Padre</strong> che ama gratuitamente e<br />

necessariamente tutti i suoi figli: la sua misericordia non è proporzionata ai meriti, ma alla miseria. I peccatori<br />

a causa della loro miseria sentono la necessità della misericordia. I giusti, che credono di essere privi di<br />

miseria, non accolgono la misericordia.<br />

Questo brano è rivolto al giusto perché occupi il suo posto alla mensa del <strong>Padre</strong>: deve partecipare alla festa<br />

che egli fa per il proprio figlio perduto e ritrovato. Questa parabola non parla della conversione del peccatore<br />

alla giustizia, ma del giusto alla misericordia.<br />

La grazia che Dio ha usato verso di noi, suoi nemici, deve rispecchiarsi nel nostro atteggiamento verso i<br />

nemici (cfr Lc 6,27-36) e verso i fratelli peccatori (cfr Lc 6,36-38). Il <strong>Padre</strong> non esclude dal suo cuore nessun<br />

figlio. Si esclude da lui solo chi esclude il fratello. Ma Gesù si preoccupa di ricuperare anche colui che,<br />

escludendo il fratello, si esclude dal <strong>Padre</strong>.<br />

Nel mondo ci sono due categorie di persone: i peccatori e quelli che si credono giusti. I peccatori, ritenendosi<br />

senza diritti, hanno trovato il vero titolo per accostarsi a Dio. Egli infatti è pietà, tenerezza e grazia: per sua<br />

natura egli ama l’uomo non in proporzione dei suoi meriti, ma del suo bisogno.<br />

I destinatari della parabola sono gli scribi e i farisei, che si credono giusti. Gesù li invita a convertirsi dalla<br />

propria giustizia che condanna i peccatori, alla misericordia del <strong>Padre</strong> che li giustifica. Mentre il peccatore<br />

sente il bisogno della misericordia di Dio, il giusto non la vuole né per sé né per gli altri, anzi, come Giona<br />

(4,9), si irrita grandemente con Dio perché usa misericordia.<br />

La conversione è scoprire il volto di tenerezza del <strong>Padre</strong>, che Gesù ci rivela, volgersi dall’io a Dio, passare<br />

dalla delusione del proprio peccato, o dalla presunzione della propria giustizia, alla gioia di esser figli del<br />

<strong>Padre</strong>.<br />

Radice del peccato è la cattiva opinione sul <strong>Padre</strong>: e questa opinione è comune ai due figli. Il più giovane, per<br />

liberarsi del <strong>Padre</strong>, si allontana da lui con le degradazioni della ribellione, della dimenticanza, dell’alienazione<br />

atea e del nihilismo. L’altro, per imbonirselo, diventa servile.<br />

Ateismo e religione servile, dissolutezza e legalismo, nihilismo e vittimismo scaturiscono da un’unica fonte: la<br />

non conoscenza di Dio. Questi due figli, che rappresentano l’intera umanità, hanno un’idea sbagliata sul conto<br />

del <strong>Padre</strong>: lo ritengono un padre-padrone.<br />

Questa parabola ha come primo intento di portare il fratello maggiore ad accettare che Dio è misericordia.<br />

Questa scoperta è una gioia immensa per il peccatore e una sconfitta mortale per il giusto. E’ la conversione<br />

dalla propria giustizia alla misericordia di Dio. La conversione consiste nel rivolgersi al <strong>Padre</strong> che è tutto rivolto<br />

a noi e nel fare esperienza del suo amore per tutti i suoi figli. Per questo il giusto deve accettare un Dio che<br />

ama i peccatori. Per accettare il <strong>Padre</strong> bisogna convertirsi al fratello.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Pietà e misericordia è il Signore.<br />

Os 1,9a;2,7a.b-10; Sal 102; Rm 8,1-4; Lc 15,11-32<br />

L'attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. (Os 2)<br />

La vicenda del figliol prodigo, di cui ci parla la parabola del vangelo, illumina l'atteggiamento di Dio nei riguardi del<br />

peccatore e di quanti pensano di poter vivere a modo loro, lontano dalla casa del <strong>Padre</strong>: è l'attesa paziente e amorosa che


porta all'abbraccio accogliente e gioioso quando quel figlio decide di fare ritorno. Questo ritorno è suggerito al suo cuore<br />

dallo Spirito che, come ci dice il profeta Osea, attira nel deserto per parlargli e indicargli la giusta via.<br />

Un metodo di relazione quella di Dio che a noi sembra addirittura eccessivo: fare festa perché il figlio che tutto ha<br />

lapidato si è deciso a tornare a casa. In effetti, si è deciso a chiedere il perdono quando non aveva più risorse proprie, non<br />

aveva altre vie d'uscita. Questo inquieta anche il figlio maggiore che nel frattempo è rimasto fedele al padre e ha<br />

continuato a lavorare per lui; lui pensa di avere più diritti del fratello scapestrato che invece è nel cuore del padre che<br />

trepida per lui. Ma il dono della grazia divina supera ogni calcolo umano. Proprio questo dovrebbe farci rallegrare perché<br />

Dio scruta il cuore di ciascuno e sa cosa in lui c'è di buono e di ciascuno attende un ritorno.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Benedici il Signore, anima mia,<br />

quanto è in me benedica il suo santo nome.<br />

Benedici il Signore, anima mia,<br />

non dimenticare tutti i suoi benefici.<br />

Egli perdona tutte le tue colpe,<br />

guarisce tutte le tue infermità.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Santa Coletta di Corbie<br />

Coletta Boylet nacque a Corbie, il 13 gennaio 1381, da anziani genitori, convinti di averla ottenuta per l’intercessione di<br />

san Nicola di Bari: da qui il nome Nicoletta / Coletta. Suo padre, Roberto, lavorava come carpentiere presso l’Abbazia<br />

benedettina di Corbie ed era uomo molto religioso; Coletta crebbe dunque in un’atmosfera di grande pietà. A nove anni<br />

ebbe la prima rivelazione che la illuminò sul genuino spirito francescano e la necessità che l’Ordine fosse riformato.<br />

Nel 1399, rimasta orfana di entrambi i genitori, iniziò la sua travagliata ricerca di una forma di vita religiosa che<br />

rispondesse al suo desiderio più profondo; dopo varie esperienze, prima fra le beghine, poi presso le benedettine, vestì<br />

l’abito del Terz’Ordine francescano. Dal settembre 1402 al 1406, con il consenso dell’abate benedettino Raoul di Roye,<br />

cui era stata affidata, condusse vita da reclusa. Alcune apparizioni di san Francesco, che la invitava a riformare il suo<br />

Ordine, la condussero da Papa Benedetto XIII. Il papa accolse la sua proposta di riforma e la nominò badessa generale dei<br />

monasteri che avessero aderito alla riforma. Coletta cercò di riportare le clarisse alla primitiva osservanza, a una maggiore<br />

austerità personale, a una povertà vissuta anche a livello istituzionale e, stimolata dall’esperienza benedettina, diede molta<br />

importanza anche alla preghiera liturgica. Per le comunità riformate, che presero il nome di “clarisse colettine”, diffuse<br />

soprattutto nella Francia centro-orientale, nella Borgogna, nell’Artois e nella Savoia, Coletta redasse delle Costituzioni,<br />

che furono approvate da papa Pio II, nel 1458.<br />

La sua vita fu sempre favorita da interventi divini eccezionali: visioni, estasi, profezie, miracoli. Morì a Gand il 6 marzo<br />

1447.


Lunedì, 7 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Qo 1,1-14; Sal 144; Mc 12,13-17<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro del Qoèlet 1, 1-14<br />

Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re a Gerusalemme. / Vanità delle vanità, dice Qoèlet, / vanità delle vanità: tutto è<br />

vanità. / Quale guadagno viene all’uomo / per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole? / Una generazione se ne va e<br />

un’altra arriva, / ma la terra resta sempre la stessa. / Il sole sorge, il sole tramonta / e si affretta a tornare là dove rinasce. /<br />

Il vento va verso sud e piega verso nord. / Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento. / Tutti i fiumi scorrono verso il mare, /<br />

eppure il mare non è mai pieno: / al luogo dove i fiumi scorrono, / continuano a scorrere. / Tutte le parole si esauriscono /<br />

e nessuno è in grado di esprimersi a fondo. / Non si sazia l’occhio di guardare / né l’orecchio è mai sazio di udire. / Quel<br />

che è stato sarà / e quel che si è fatto si rifarà; / non c’è niente di nuovo sotto il sole. / C’è forse qualcosa di cui si possa<br />

dire: / «Ecco, questa è una novità»? / Proprio questa è già avvenuta / nei secoli che ci hanno preceduto. / Nessun ricordo<br />

resta degli antichi, / ma neppure di coloro che saranno / si conserverà memoria / presso quelli che verranno in seguito. /<br />

Io, Qoèlet, fui re d’Israele a Gerusalemme. Mi sono proposto di ricercare ed esplorare con saggezza tutto ciò che si fa<br />

sotto il cielo. Questa è un’occupazione gravosa che Dio ha dato agli uomini, perché vi si affatichino. Ho visto tutte le<br />

opere che si fanno sotto il sole, ed ecco: tutto è vanità e un correre dietro al vento.<br />

SALMO<br />

Sal 144 (145)<br />

Rit.: Santo è il Signore in tutte le sue opere.<br />

Grande è il Signore e degno di ogni lode;<br />

senza fine è la sua grandezza.<br />

Una generazione narra all’altra le tue opere,<br />

annuncia le tue imprese.<br />

Il glorioso splendore della tua maestà<br />

e le tue meraviglie voglio meditare. ®<br />

Buono è il Signore verso tutti,<br />

la sua tenerezza si espande su tutte le creature.<br />

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere<br />

e ti benedicano i tuoi fedeli.<br />

Dicano la gloria del tuo regno<br />

e parlino della tua potenza. ®<br />

Il tuo regno è un regno eterno,<br />

il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.<br />

Giusto è il Signore in tutte le sue vie<br />

e buono in tutte le sue opere. ®<br />

Canti la mia bocca la lode del Signore<br />

e benedica ogni vivente il suo santo nome,<br />

in eterno e per sempre. ®<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 12, 13-17<br />

In quel tempo. I capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani mandarono dal Signore Gesù alcuni farisei ed erodiani, per<br />

coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno,<br />

perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo<br />

dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi<br />

un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?».<br />

Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E<br />

rimasero ammirati di lui.<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

I farisei e gli erodiani cercano di cogliere in fallo Gesù ponendogli una domanda alla quale sembra impossibile<br />

rispondere senza incorrere in gravi conseguenze: «E’ lecito o no dare il tributo a Cesare?».


Rispondere di no sarebbe pericoloso perché trasformerebbe Gesù in un sobillatore politico; rispondere di sì<br />

sarebbe altrettanto pericoloso perché lo farebbe apparire come un collaborazionista, amico degli odiati<br />

occupanti romani.<br />

La risposta supera il livello al quale il problema era stato posto. Gesù non dà una ricetta per un<br />

comportamento civico; non raccomanda né la rassegnazione di fronte all’ordine costituito (punto di vista dei<br />

farisei) né il rifiuto (opinione degli zeloti) e neppure benedice lo stato imperiale (tendenza degli erodiani).<br />

La sua duplice dichiarazione constata, da una parte, l’esistenza di regole provvisorie sulla terra e, dall’altra,<br />

invita ad adottare nei confronti di esse un atteggiamento critico: distinguere tra l’accessorio e il principale, tra il<br />

relativo e l’assoluto, tra il transeunte e l’eterno, tra le realtà penultime e quelle ultime.<br />

La decisione apolitica di Gesù contiene un invito all’azione responsabile in favore della società umana, senza<br />

riduzioni o esaltazioni indebite, conformemente alla volontà di Dio.<br />

La risposta di Gesù non è una semplice astuzia per eludere il problema e non cadere nel tranello teso dai<br />

farisei e dagli erodiani. Non dice semplicemente: «Date a ciascuno ciò che gli spetta», senza determinare ciò<br />

che spetta a ciascuno.<br />

A quei tempi il dominio di un sovrano si estendeva ovunque la sua moneta aveva corso legale. Era ovvio che<br />

dove circolava la moneta di Cesare, si sottostava al dominio di Cesare e si rispettavano le regole del gioco, tra<br />

le quali quella di pagargli il tributo (cfr Rm 13,1–7; 1Pt 2,13ss).<br />

Per Gesù il problema è un altro: dare a Dio ciò che è di Dio. Come la moneta del tributo porta l’immagine di<br />

Cesare e appartiene a Cesare, così l’uomo è immagine di Dio e appartiene a Dio. Il tributo da pagargli è quello<br />

di darsi a lui, amando lui con tutto il cuore e il prossimo come se stessi (Mc 12,30–31).<br />

Circa l’autorità civile, è giusto distinguere il contenuto dal modo. Il suo contenuto è quello di servire al bene<br />

comune; in questo senso, anche se le sue forme sono storicamente più o meno imperfette, è legittimamente<br />

voluta da Dio (cfr. Rm 13,1–4).<br />

Normalmente, il modo nel quale è esercitata è quello dei capi delle nazioni (cfr. Mc 10,42), che bramano<br />

l’avere, il potere e l’apparire. Questo modo non è voluto da Dio. Esso schiavizza tutti, sia chi lo esercita sia chi<br />

lo subisce, togliendo a tutti, dominatori e dominati, la libertà, che è proprio ciò per cui siamo a immagine e<br />

somiglianza di Dio.<br />

Questo brano ci aiuta a capire il «potere» di Cristo che mette sempre in crisi quello dell’uomo. Esso infatti è<br />

amore, servizio e umiltà.<br />

Gesù ci dà un criterio in base al quale fare le nostre scelte: prima dare a Dio ciò che è di Dio. Solo così<br />

sapremo cosa dare al Cesare di turno.<br />

L’uso del denaro è l’accettazione implicita del potere di chi l’ha coniato. Gesù non ha con sé la moneta, a<br />

differenza dei farisei e degli erodiani. Le loro parole non presentano quindi un vero problema per loro, che<br />

possiedono molto volentieri le monete con l’iscrizione di Cesare. Le tasse fanno problema a quelli che hanno i<br />

soldi, non ai poveri. Inoltre l’iscrizione sulla moneta porta il nome e il ruolo divino dell’imperatore: Tiberio<br />

Cesare Imperatore, figlio del divino Augusto.<br />

Il titolo regale di Gesù non lo troveremo scritto su alcuna moneta, ma sulla croce (Mc 15,26). Chi ha orecchi<br />

per intendere, intenda!<br />

Ma il problema fondamentale è che l’uomo, immagine di Dio, è di Dio e deve ritornare a lui.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Pietà e misericordia è il Signore.<br />

Qo 1,1-14; Sal 144; Mc 12,13-17<br />

"Ho visto tutte le opere che si fanno sotto il sole, ed ecco: tutto è vanità e un correre dietro al vento". (Qo 1)<br />

Un'intima vuotezza, una radicale inconsistenza pervade tutte le cose: compresi l'affanno e il desiderio dell'uomo. Non è<br />

certo questa una visione completa della realtà e della vita, pero è la più salutare percezione della finitudine di tutte le<br />

creature che per esistere e per resistere hanno bisogno del sostegno di Dio e non possono mai bastare a se stesse. Per<br />

questo Gesù nel vangelo di Marco rifiuta di essere messo alla prova e rimanda l'intenzione dei farisei al riconoscimento<br />

dell'autorità umana distinta da quella divina. A Dio non si può attribuire la responsabilità che deve essere di chi ha il<br />

compito di esercitarla nella gestione delle cose umane<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Buono è il Signore verso tutti,<br />

la sua tenerezza si espande su tutte le creature.<br />

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere<br />

e ti benedicano i tuoi fedeli.


-- Il santo del giorno --<br />

San Paolo il Semplice<br />

[ E' il giorno dedicato, nel calendario della Chiesa universale, alla memoria delle sante Perpetua e Felicita, martiri, ma<br />

nel rito ambrosiano tale memoria è anticipata al 7 febbraio.]<br />

Eremita del secolo IV. Di lui ci narra Palladio nella sua Historia Lausiaca. Dopo una lunga vita trascorsa in semplicità<br />

coltivando la terra, Paolo a 60 anni abbandonò la famiglia e la sposa infedele e si ritirò nel deserto, deciso ad abbracciare<br />

la vita monastica. Bussò alla porta del grande Antonio, pregandolo di accoglierlo come discepolo. Antonio obiettò che ad<br />

una età così avanzata sarebbe stato impossibile l’adattamento alla dura ascesi della vita che voleva iniziare. Non<br />

riuscendo a scoraggiarlo, lo sottopose lungamente alla prova; ma nulla raffreddò lo zelo del neofita, né i lunghi digiuni, né<br />

i difficili lavori da fare, disfare e rifare, né le veglie prolungate a dismisura, nulla. Fu ammesso così alla vita monastica<br />

che condusse a imitazione del suo grande maestro. In una celletta distante quattro miglia da quella del santo Patriarca,<br />

Paolo passò il resto della sua vita, in umiltà e totale obbedienza al suo Signore dal quale ricevette doni straordinari da<br />

trasmettere ai fratelli che andavano a visitarlo: fu così medico per gli ammalati che partivano risanati, consolatore degli<br />

afflitti, liberatore degli ossessi. Accadeva persino che lo stesso sant’Antonio gli inviasse gli indemoniati che si sentiva<br />

incapace di liberare e Paolo vi riuscisse perfettamente. Era la sua umiltà, la sua semplicità a ottenere il prodigio, quella<br />

semplicità che gli valse, da parte di tutti i fratelli il titolo di “il Semplice”.


Martedì, 8 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Qo 3,1-8; Sal 144; Mc 12,18-27<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro del Qoèlet 3, 1-8<br />

Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. / C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, /<br />

un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato. / Un tempo per uccidere e un tempo per curare, / un<br />

tempo per demolire e un tempo per costruire. / Un tempo per piangere e un tempo per ridere, / un tempo per fare lutto e un<br />

tempo per danzare. / Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, / un tempo per abbracciare e un tempo per<br />

astenersi dagli abbracci. / Un tempo per cercare e un tempo per perdere, / un tempo per conservare e un tempo per buttar<br />

via. / Un tempo per strappare e un tempo per cucire, / un tempo per tacere e un tempo per parlare. / Un tempo per amare e<br />

un tempo per odiare, / un tempo per la guerra e un tempo per la pace.<br />

SALMO<br />

Sal 144 (145)<br />

Rit.: Pietà e misericordia è il Signore.<br />

O Dio, ti voglio benedire ogni giorno,<br />

lodare il tuo nome in eterno e per sempre.<br />

Una generazione narra all’altra le tue opere,<br />

annuncia le tue imprese. ®<br />

Misericordioso e pietoso è il Signore,<br />

lento all’ira e grande nell’amore.<br />

Buono è il Signore verso tutti,<br />

la sua tenerezza si espande su tutte le creature. ®<br />

Il Signore sostiene quelli che vacillano<br />

e rialza chiunque è caduto.<br />

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa<br />

e tu dai loro il cibo a tempo opportuno. ®<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 12, 18-27<br />

In quel tempo. Vennero dal Signore Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano<br />

dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo<br />

fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non<br />

lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo ugualmente, e nessuno dei sette<br />

lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà<br />

moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore,<br />

perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né<br />

moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di<br />

Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di<br />

Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Anche i sadducei contestano Gesù: essi non credono alla risurrezione dei morti. La risposta di Gesù considera<br />

due momenti. Anzitutto egli fonda la fede nella risurrezione sul rapporto che Dio ha stabilito con gli uomini: un<br />

rapporto di alleanza, di amicizia, di solidarietà, di vita. Dio non è impotente di fronte alla morte, «non è il Dio<br />

dei morti, ma dei viventi» (v. 27).<br />

Citando Esodo 3, che è un testo su Dio e non sulla risurrezione dei morti, Gesù riconduce il dibattito all’amore<br />

di Dio e alla sua fedeltà: se Dio ama l’uomo non può abbandonarlo in potere della morte.<br />

Gesù inoltre corregge l’altro errore dei sadducei che pensano alla risurrezione come a una semplice<br />

continuazione della vita attuale, con gli stessi tipi di rapporti. Pensando in questo modo, essi non tengono<br />

conto della «potenza di Dio» (v. 24).


La risurrezione non è una semplice continuazione della vita attuale, ma il passaggio a una vita nuova, creata<br />

dalla potenza di Dio. Non è la rianimazione di un cadavere: è una trasformazione qualitativa, è una nuova<br />

esistenza.<br />

La nostra risurrezione è il centro della vita cristiana. Senza di essa « è vana la nostra predicazione ed è vana<br />

anche la vostra fede» scrive Paolo ai Corinti (1Cor 15,14).<br />

I sadducei assomigliano a tanti credenti del nostro tempo. Credono in Dio, ma non nella risurrezione dei morti.<br />

Chiusi nel materialismo, non credono, né teoricamente né praticamente, al fine a cui Dio ci ha destinati: la vita<br />

eterna. E’ l’alienazione più tragica dell’uomo, che perde ciò per cui è fatto, l’orizzonte che dà senso alla vita.<br />

Tentare di superare la morte attraverso la generazione dei figli è un rimedio peggiore del male, una vittoria<br />

illusoria, perché non si fa che accrescere il numero dei destinati alla morte.<br />

La generazione dei figli ha senso solamente nella speranza che questi «destinati alla morte» incontrino Dio<br />

che dà loro la vita nella risurrezione.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Pietà e misericordia è il Signore.<br />

Qo 3,1-8; Sal 144; Mc 12,18-27<br />

Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. (Qo 3)<br />

Continua la lettura sapienziale del Qoelet che ci conduce ad una comprensione dei nostri giorni illuminata dal disegno di<br />

Dio, perché nulla è lasciato al caso, ma tutto ha il suo momento ed il tempo della vita è scandito per tappe ed esperienze<br />

distinte. Ci dà l'idea di un ordine, da riconoscere e da rispettare: tutto ha il suo momento, e il suo significato. Ma non si<br />

può pretendere di trasferire l'organizzazione di vita terrena anche nel tempo dopo la morte: Gesù rimprovera i sadducei<br />

che cercano di metterlo in difficoltà rimandandoli a una lettura più attenta della parola di Dio. Perché il Dio di Abramo, di<br />

Isacco, di Giacobbe, non è Dio dei morti ma dei viventi: la vita nei cieli eterni è nelle mani solo di Dio e non la si può<br />

misurare con le formule umane. Anche i legami parentali e familiari che hanno segnato la vita terrena non saranno ripetuti<br />

in egual misura nell'eternità dei cieli. Ma non sta a noi sapere come saranno.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

O Dio, ti voglio benedire ogni giorno,<br />

lodare il tuo nome in eterno e per sempre.<br />

Una generazione narra all'altra le tue opere,<br />

annuncia le tue imprese.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Giovanni di Dio<br />

Il discernimento della propria vocazione non sempre passa per vie piane e lineari. Lo testimonia Giovanni di Dio, di cui<br />

oggi ricorre la memoria secondo il Calendario romano. Nato nel 1495 a Montemoro-Novo, in Portogallo, Giovanni<br />

Ciudad subì un primo grosso trauma quando, non ancora decenne, fu sottratto misteriosamente e per sempre alla sua<br />

famiglia, e fu condotto a fare il pastore in Spagna. Arruolatosi in seguito nell'esercito spagnolo, egli percorse con scarsa<br />

fortuna e diverse disavventure la carriera militare, finché non decise di lasciare le armi per fare il venditore ambulante di<br />

libri a Granata. Secondo il suo biografo, qui avvenne l'incontro determinante con la predicazione di Giovanni di Avila: ne<br />

fu folgorato a tal punto che decise di diventare una sorta di folle per Cristo. Dopo un drammatico periodo trascorso in<br />

manicomio, egli ne uscì con una sola idea per la propria vita: assistere gli ammalati e i poveri abbandonati in ospedale,<br />

assistendoli con amore e rispettando rigorose norme igieniche e sicure nozioni sanitarie. Giovanni, che aggiunse a questo<br />

punto la qualifica 'di Dio' al proprio nome, divenne il riferimento fondamentale per gli emarginati della città, e a lui<br />

cominciarono a unirsi altri uomini desiderosi di servire Cristo nei poveri e negli infermi. Giovanni di Dio morì l'8 marzo<br />

del 1550, e dopo la sua morte, sebbene egli mai avesse cercato di fondare un ordine religioso, grazie al suo esempio<br />

nacquero i 'Fatebenefratelli', così chiamati dal saluto con cui Giovanni e i suoi discepoli erano soliti mendicare aiuto per<br />

i loro malati nelle vie di Granata.


Mercoledì, 9 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Qo 4,17-5,6; Sal 65; Mc 12,38-44<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro del Qoèlet 4, 17 - 5, 6<br />

Bada ai tuoi passi quando ti rechi alla casa di Dio. Avvicìnati per ascoltare piuttosto che offrire sacrifici, come fanno gli<br />

stolti, i quali non sanno di fare del male. Non essere precipitoso con la bocca e il tuo cuore non si affretti a proferire<br />

parole davanti a Dio, perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; perciò siano poche le tue parole. Infatti dalle molte<br />

preoccupazioni vengono i sogni, e dalle molte chiacchiere il discorso dello stolto. Quando hai fatto un voto a Dio, non<br />

tardare a soddisfarlo, perché a lui non piace il comportamento degli stolti: adempi quello che hai promesso. È meglio non<br />

fare voti che farli e poi non mantenerli. Non permettere alla tua bocca di renderti colpevole e davanti al suo messaggero<br />

non dire che è stata una inavvertenza, perché Dio non abbia ad adirarsi per le tue parole e distrugga l’opera delle tue mani.<br />

Poiché dai molti sogni provengono molte illusioni e tante parole. Tu, dunque, temi Dio!<br />

SALMO<br />

Sal 65(66)<br />

Rit.: Dio ha ascoltato la voce della mia preghiera.<br />

Entrerò nella tua casa con olocausti,<br />

a te scioglierò i miei voti, pronunciati dalle mie labbra,<br />

promessi dalla mia bocca nel momento dell’angoscia.<br />

Ti offrirò grassi animali in olocausto<br />

con il fumo odoroso di arieti,<br />

ti immolerò tori e capri. ®<br />

Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,<br />

e narrerò quanto per me ha fatto.<br />

A lui gridai con la mia bocca,<br />

lo esaltai con la mia lingua. ®<br />

Se nel mio cuore avessi cercato il male,<br />

il Signore non mi avrebbe ascoltato.<br />

Ma Dio ha ascoltato,<br />

si è fatto attento alla voce della mia preghiera.<br />

Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera,<br />

non mi ha negato la sua misericordia. ®<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 12, 38-44<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano<br />

passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.<br />

Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di<br />

fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova<br />

povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico:<br />

questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo.<br />

Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Gesù mette in guardia la folla perché sta per lasciarsi trascinare dai capi: bisogna che essa sappia chi sono in<br />

realtà i suoi capi. Con poche parole il Maestro fa il ritratto degli scribi: vanità, sfruttamento delle vedove,<br />

ostentazione nella preghiera. La loro logica è precisa: prima io, poi le donne, infine Dio. Forse ci aspettavamo<br />

un elogio degli scribi: sono gli studiosi della parola di Dio. Se è vero che la conoscenza è l’origine della virtù,<br />

essi dovrebbero essere molto virtuosi. Al contrario, non ci aspettavamo molto dalla vedova che Gesù, invece,<br />

ci propone come esempio: è limitata, è povera, è costretta ad occuparsi quotidianamente delle solite cose<br />

indispensabili per la sopravvivenza. Cosa può dare a Dio una persona insignificante come lei?<br />

Ma il giudizio di Dio capovolge le nostre valutazioni. Gli scribi usano la conoscenza delle Scritture per<br />

procurarsi onori umani, si servono della loro pietà religiosa per nascondere la cupidigia con cui si appropriano


dei beni degli altri, in particolare dei beni dei poveri e degli indifesi. La povera vedova invece, che può mettere<br />

nel tesoro del tempio solo due spiccioli, viene presentata ai discepoli come il vero esempio da imitare: «Tutti<br />

hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto ciò che aveva, tutto quanto<br />

aveva per vivere» (v. 44). Così, con semplicità, questa donna insignificante, a cui nessuno aveva prestato<br />

attenzione, ha amato Dio con tutto il cuore (cfr Mc 12, 30).<br />

Gesù sta per andarsene dalla scena di questo mondo e non ci lascia come maestri dei personaggi dalle<br />

lunghe maniche e dalle parole altisonanti, ma mette in cattedra una donnetta discreta, che continua in silenzio<br />

la sua lezione: la vedova che offre a Dio tutta la sua vita. Essa è sola e inosservata, povera e umile, «getta»<br />

tutta la propria vita: è come Gesù che si è fatto ultimo di tutti e ha dato la sua vita in riscatto per tutti (cfr Mc<br />

10,43–45).<br />

Il primo miracolo di Gesù fu la guarigione della suocera di Pietro, perché potesse servire (cfr Mc 1,29–31).<br />

L’ultimo suo insegnamento, prima del discorso escatologico, ci presenta questa vedova, che ama veramente<br />

Dio con tutta la sua vita. Sono loro le vere discepole di Gesù, e quindi le nostre maestre.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Pietà e misericordia è il Signore.<br />

Qo 4,17-5,6; Sal 65; Mc 12,38-44<br />

Il giudizio di Dio non è alterato dalle apparenze né disorientato dalla grandezza delle opere, lui conosce il segreto del<br />

cuore e misura ogni azione per il valore autentico che essa ha. (Mc 12)<br />

Quello che conta al giudizio di Dio non è la quantità di ciò che si offre, ma lo spirito con cui si fa l'offerta, la sincerità, il<br />

sacrificio reale che essa rappresenta e comporta. La povertà per Dio è ricchezza, e il poco che si dà può valere molto: tutto<br />

dipende dal cuore che si esprime in ogni gesto. La vedova che lascia in offerta la sua unica moneta, attua un gesto molto<br />

più significativo di chi ha lasciato una cospicua somma, avendo molte altre ricchezze. Il messaggio non è certo da<br />

considerare in termini puramente monetari, ma relativamente a tutte le risorse di cui una persona può disporre nella sua<br />

vita: ciò che la rende ricca e generosa è l'impegno che essa fa di tutte le sue capacità per costruire il bene. Ecco che ci<br />

incoraggia anche Qoelet che ci dice di andare nella casa di Dio per ascoltare piuttosto che per offrire sacrifici, perché non<br />

sono i nostri sacrifici che fanno la salvezza ma la parola e la misericordia di Dio nei nostri confronti.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Dio ha ascoltato la voce della mia preghiera.<br />

Se nel mio cuore avessi cercato il male,<br />

il Signore non mi avrebbe ascoltato.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Santa Francesca Romana<br />

Nata nel 1384, di nobile famiglia, Francesca è una delle sante che rappresentano la donna cristiana: di grande dedizione<br />

come fanciulla, come sposa, come madre e come vedova. Fondò anche una comunità religiosa, quella delle Oblate di<br />

Monteoliveto. Da giovane avrebbe voluto consacrarsi a Dio, ma per obbedienza accettò in sposo Lorenzo dei Ponziani,<br />

nobile anch’egli e ricchissimo. E con slancio accettò tutti i doveri dello stato matrimoniale. Ricca e nobile diede esempio<br />

di umiltà e carità, di modestia e devozione. Fu madre di tre bambini che educò con infinito amore, saggi e retti. Ne vide<br />

morire due, ancora fanciulli. La sua famiglia non era costituita solo dal marito e dai figli: la casa nobiliare dei Ponziani,<br />

nel quartiere di Trastevere, divenne un'officina di bene e presto se ne sparse la fama per tutta la città. In tempi di carestia<br />

furono sfamati gli affamati, in tempi di epidemia furono curati gli ammalati e in tempi di dolore furono consolati gli<br />

afflitti.<br />

Rimasta vedova entrò nel monastero delle sue Oblate, a Tor de' Specchi. Quando morì fu esposta per tre giorni nella<br />

chiesa di Santa Maria Nuova, che da allora prenderà il suo nome ed è prediletta per la celebrazione dei matrimoni, non<br />

solo per la bella posizione in cui si trova, ma anche come tacito augurio alle novelle spose.<br />

Oggi la Chiesa ricorda anche san Domenico Savio, ragazzo educato da san Giovanni Bosco, canonizzato da Pio XII nel<br />

1957 e dato come patrono agli studenti cristiani.


Giovedì, 10 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Qo 9,7-12; Sal 5; Mc 13,9b-13<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro del Qoèlet 9, 7-12<br />

Su, mangia con gioia il tuo pane / e bevi il tuo vino con cuore lieto, / perché Dio ha già gradito le tue opere. / In ogni<br />

tempo siano candide le tue vesti / e il profumo non manchi sul tuo capo. Godi la vita con la donna che ami per tutti i<br />

giorni della tua fugace esistenza che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua parte nella vita e nelle fatiche che<br />

sopporti sotto il sole. Tutto ciò che la tua mano è in grado di fare, fallo con tutta la tua forza, perché non ci sarà né attività<br />

né calcolo né scienza né sapienza nel regno dei morti, dove stai per andare. Tornai a considerare un’altra cosa sotto il<br />

sole: che non è degli agili la corsa né dei forti la guerra, e neppure dei sapienti il pane e degli accorti la ricchezza, e<br />

nemmeno degli intelligenti riscuotere stima, perché il tempo e il caso raggiungono tutti. Infatti l’uomo non conosce<br />

neppure la sua ora: simile ai pesci che sono presi dalla rete fatale e agli uccelli presi al laccio, l’uomo è sorpreso dalla<br />

sventura che improvvisa si abbatte su di lui.<br />

SALMO<br />

Sal 5(6)<br />

Rit.: Tu benedici il giusto, Signore.<br />

Al mattino ascolta la mia voce;<br />

al mattino ti espongo la mia richiesta e resto in attesa.<br />

Tu non sei un Dio che gode del male,<br />

non è tuo ospite il malvagio;<br />

gli stolti non resistono al tuo sguardo. ®<br />

Tu hai in odio tutti i malfattori,<br />

tu distruggi chi dice menzogne.<br />

Sanguinari e ingannatori, il Signore li detesta.<br />

Io, invece, per il tuo grande amore, entro nella tua casa;<br />

mi prostro verso il tuo tempio santo nel tuo timore. ®<br />

Gioiscano quanti in te si rifugiano, esultino senza fine.<br />

Proteggili, perché in te si allietino<br />

quanti amano il tuo nome,<br />

poiché tu benedici il giusto, Signore,<br />

come scudo lo circondi di benevolenza. ®<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 13, 9b-13<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e<br />

comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. Ma prima è necessario che il Vangelo<br />

sia proclamato a tutte le nazioni. E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che<br />

direte, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. Il fratello farà morire il<br />

fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio<br />

nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Vivere l’attesa! Nei periodi di grande tensione nella storia, diversi uomini si presentano con soluzioni di<br />

salvezza e per il cristiano è il momento della scelta: continuare a sperare in Gesù, il Messia, o aspettare e<br />

accogliere altri messia?<br />

Gli anni che precedettero la distruzione di Gerusalemme furono certamente anni di lotta ma, come insegnano<br />

gli storici, furono pure anni di grande speranza. C’erano molti ispirati, profeti e capipopolo. Molti li accolsero<br />

come veri messia, come liberatori dal dominio di Roma, ma furono ingannati. Non erano il Messia, e Dio per<br />

mezzo loro non ha salvato Israele.<br />

Gerusalemme ha rigettato Gesù il Salvatore ed è andata in rovina. Chi invece lo accetta non si lascia turbare<br />

dalle guerre, dalla fame e dalle carestie. Egli sa che tutto ciò non è la fine della storia, ma solo il necessario<br />

travaglio per la nascita di un mondo migliore.


Questa è la storia di tutti i tempi e anche la nostra storia personale. Il mondo ci propina ogni giorno messaggi<br />

di liberazione, ma il vangelo da duemila anni ci annunzia che il Salvatore è uno solo: Cristo. Finché il mondo<br />

non l’avrà accolto, non troverà la pace. Perché lui solo è la nostra pace (Ef 2,14).<br />

Quando Marco scriveva il suo Vangelo, a Roma, la Chiesa si trovava in piena persecuzione. Ed è proprio in<br />

questa situazione che il cristiano è chiamato a dare la sua testimonianza a Gesù.. In pochissimi decenni di<br />

cristianesimo, i discepoli erano già stati più volte «consegnati nei sinedri e percossi nelle sinagoghe ed erano<br />

comparsi davanti a governatori e re, a causa di Cristo, per rendere testimonianza davanti a loro» (v. 9). Molti<br />

avevano dato testimonianza a Cristo fino alla morte, ma altri no. Per salvare la vita in questo mondo alcuni<br />

fratelli di fede hanno consegnato alla morte altri fratelli. La divisione è penetrata anche nelle famiglie cristiane<br />

dove i padri hanno fatto morire i figli e viceversa. Chi voleva rimanere fedele a Cristo non si sentiva più sicuro<br />

e sentiva ovunque il tradimento e l’odio in agguato attorno a sé. A costoro Marco ripete: «Chi avrà perseverato<br />

sino alla fine (la morte) sarà salvato» (v. 13).<br />

La grande tribolazione di Gerusalemme viene annunciata con linguaggio apocalittico (1Mac 1,54; Dn 9,27;<br />

11,31; 12,1.11; Gen 19,26 ecc.). In particolare, ci riferiamo al libro di Daniele. In questo libro, le immagini<br />

indicano la persecuzione scatenata da Antioco Epifane, che culminò nell’anno 168 a.C. con l’instaurazione nel<br />

tempio del culto idolatrico. In Marco si parla, quasi certamente, delle aquile romane (idolo, abominazione) che<br />

entrarono nel tempio e commisero ogni sorta di profanazione e di sacrilegio.<br />

Ma la fine di Gerusalemme non è la fine dei cristiani, né la fine del mondo: la storia continua!<br />

Gesù esorta i suoi discepoli a sostituire l’allarmismo col discernimento. Invece di preoccuparsi del futuro,<br />

devono occuparsi del presente, in fedeltà operosa alla Parola di Dio.<br />

È inutile speculare: nessuna risposta teorica muta il dato di fatto sicuro. La finitezza di tutto l’universo si<br />

impone. Ma proprio questa può essere vissuta da noi o come angoscia mortale o come dipendenza filiale da<br />

Dio.<br />

Il cristiano sa che nella realtà del peccato è presente il suo Signore crocifisso. Unito a lui, partecipa e prolunga<br />

in sé la sua stessa vicenda di morte salvifica.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Pietà e misericordia è il Signore.<br />

Qo 9,7-12; Sal 5; Mc 13,9b-13<br />

Simile ai pesci che sono presi dalla rete fatale e agli uccelli presi al laccio, l'uomo è sorpreso dalla sventura che<br />

improvvisa si abbatte su di lui. (Qo 9)<br />

Le previsione non sono buone. Gesù anticipa ai suoi discepoli che avranno vita difficile; non saranno capiti né accolti dai<br />

sacerdoti, ma neppure dai loro fratelli: e tutto questo per causa del vangelo. Il desiderio, e missione, dei discepoli di<br />

annunziare il vangelo, di testimoniare quanto Gesù ha vissuto e insegnato, di operare secondo la legge dell'amore e della<br />

salvezza promessa da Dio non troverà accoglienza, ma saranno trattati come criminali.<br />

E' necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le nazioni, ci dice Gesù stesso, che ci assicura la vicinanza del <strong>Padre</strong> e<br />

dello Spirito che illuminerà il nostro parlare e il nostro agire, ma non impedirà che le sciagure ci colpiscano e che le<br />

cattiverie anche di chi ci è più vicino abbiano persino la meglio sulla verità. Come è successo a Gesù che fu crocifisso<br />

benché innocente. Ma la promessa di salvezza per chi persiste nella via difficile e ardua tracciata da Gesù sarà salvato.<br />

Certo non è una sorta di passaggio tragico obbligato, quanto la consapevolezza che anche nelle difficoltà non bisogna<br />

perdersi d'animo perché ciò che accade è sempre orientato ad un significato di bene.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Al mattino ascolta la mia voce;<br />

al mattino ti espongo la mia richiesta e resto in attesa.<br />

Tu non sei un Dio che gode del male,<br />

non è tuo ospite il malvagio;<br />

gli stolti non resistono al tuo sguardo.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

I 40 martiri di Sebaste<br />

Oggi in molte Chiese d'Oriente ricorre la memoria dei 40 martiri di Sebaste, che il Martirologio Romano ricorda il 10<br />

marzo e la chiesa armena il sabato dopo la metà della quaresima. La dodicesima legione dell'esercito romano era<br />

accampata agli inizi del IV secolo nella cittadina armena di Sebaste. Di fronte all'ordine dell'imperatore Licinio, il quale


aveva comandato a tutti i militi romani di offrire sacrifici agli dei, quaranta soldati opposero un fermo rifiuto, a motivo<br />

della loro fede cristiana. Immediatamente processati, essi furono condannati a morire di freddo, dopo essere stati lasciati<br />

completamente nudi su di un lago gelato al rigore dell'inverno.<br />

La vicenda dei 40 martiri di Sebaste fu presto narrata e proposta come esempio di testimonianza comunitaria resa a Cristo<br />

fino al dono della vita. Nell'iconografia tradizionale si sottolinea l'aiuto reciproco che i 40 martiri si prestarono gli uni agli<br />

altri di fronte alla morte ormai certa.<br />

Secondo la tradizione, fu Emmelia, madre di Basilio di Cesarea, a far costruire la prima chiesa dedicata alla loro memoria,<br />

che si estese rapidamente a tutte le chiese cristiane.<br />

Il 10 marzo si ricorda anche san Macario di Gerusalemme, vescovo. Il suo nome significa 'beato', 'felice'. Noi lo<br />

conosciamo solo come vescovo di Gerusalemme. Al suo tempo la città santa non c'era più, perché rasa al suolo; sulle sue<br />

rovine era sorta una colonia romana detta Ælia Capitolina, col suo Campidoglio, costruito sul luogo della sepoltura di<br />

Gesù. Macario vive come vescovo un momento storico molto importante: gli imperatori Costantino e Licinio danno ai<br />

cristiani la piena libertà di praticare la loro fede e di costruire i loro luoghi di culto. È la 'pace costantiniana', estesa a tutto<br />

l'Impero e, dunque, anche a Gerusalemme, dove Macario si mette al lavoro; ottiene dal sovrano il consenso per abbattere<br />

il Campidoglio e così fa tornare alla luce l'area del Calvario e del Sepolcro.<br />

Su di essa sorgerà più tardi la basilica della Risurrezione.<br />

Negli stessi anni c'è nel mondo cristiano un'aspra divisione, provocata dalla dottrina di Ario sulla natura di Gesù Cristo.<br />

Macario, da Gerusalemme, si oppone subito alla dottrina ariana e interviene poi nel maggio del 325 al Concilio di Nicèa,<br />

dove viene confermata la dottrina tradizionale. Si ritiene che il vescovo Macario sia stato uno degli autori del 'Simbolo<br />

niceno', ossia del Credo che ancor oggi proclamiamo durante l'Eucaristia, professando la fede 'in un solo Dio, <strong>Padre</strong><br />

onnipotente' e 'in un solo Signore Gesù Cristo, Dio vero da Dio vero'.


Venerdì, 11 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Qo 11,7-9; Sal 138; Mc 13,28-31<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro del Qoèlet 11, 7-9; 12, 13-14<br />

Dolce è la luce / e bello è per gli occhi vedere il sole. / Anche se l’uomo vive molti anni, / se li goda tutti, / e pensi ai<br />

giorni tenebrosi, che saranno molti: / tutto ciò che accade è vanità. / Godi, o giovane, nella tua giovinezza, / e si rallegri il<br />

tuo cuore nei giorni della tua gioventù. / Segui pure le vie del tuo cuore / e i desideri dei tuoi occhi. / Sappi però che su<br />

tutto questo / Dio ti convocherà in giudizio. / Conclusione del discorso, dopo aver ascoltato tutto: temi Dio e / osserva i<br />

suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo. / Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto,<br />

bene o male.<br />

SALMO<br />

Sal 138(139)<br />

Rit.: Guida i miei passi, Signore, sulla via della sapienza.<br />

Signore, tu mi scruti e mi conosci,<br />

tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,<br />

intendi da lontano i miei pensieri,<br />

osservi il mio cammino e il mio riposo,<br />

ti sono note tutte le mie vie. ®<br />

La mia parola non è ancora sulla lingua<br />

ed ecco, Signore, già la conosci tutta.<br />

Alle spalle e di fronte mi circondi<br />

e poni su di me la tua mano. ®<br />

Meravigliosa per me la tua conoscenza,<br />

troppo alta, per me inaccessibile.<br />

Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda;<br />

meravigliose sono le tue opere,<br />

le riconosce pienamente l’anima mia. ®<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 13, 28-31<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero<br />

e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il<br />

Figlio dell’uomo è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo<br />

avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».<br />

Commento (dal sito ocam.org)<br />

La parabola del fico sta a dire la certezza e la prossimità degli eventi annunciati, in modo particolare la venuta<br />

del Figlio dell’uomo, prefigurata nella vicina passione, morte e risurrezione. L’imperativo rivolto agli ascoltatori:<br />

Imparate! rivela il senso parentetico della similitudine: è un invito a penetrare a fondo il senso delle parole di<br />

Gesù per comprendere il progetto di Dio sul mondo. La pianta del fico che perde le foglie in autunno avanzato<br />

e le rimette tardi rispetto alle altre piante, a primavera inoltrata, annuncia l’arrivo dell’estate.<br />

L’uomo può conoscere il disegno di Dio, dagli eventi che accadono. Quali le cose che devono accadere?<br />

Marco aveva parlato al v. 14 dell’abominio della desolazione. Questo è il segno, il segno della fine, cioè della<br />

parusia, dell’apparizione del Figlio dell’uomo. Quelle cose che sono l’inizio delle doglie porteranno ad una<br />

nuova nascita, perché Egli è vicino, alle porte.<br />

Sono state fatte molte ipotesi sul significato di questa generazione. Più che un’affermazione cronologica si<br />

tratta di una espressione cristologica. La Chiesa primitiva ha sempre affermato, pur sperando in una venuta a<br />

breve termine del Signore, l’incertezza del momento preciso. Ogni credente che legge, in qualsiasi tempo, può<br />

pensarsi come facente parte di questa generazione.<br />

La certezza che le parole del Signore non passeranno mai infonde fiducia a chiunque riflette sulla caducità del<br />

mondo e delle cose del mondo. Costruirsi sulla Parola di Dio permetterà che non sussista l’abominio della


desolazione e che il sole, la luna e le stelle non perdano il loro splendore. L’oggi di Dio diventa per l’uomo<br />

l’unica via per accedere a sé stesso perché, se nelle sue parole l’oggi non sarà mai ieri né domani, non dovrà<br />

più temere la morte.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Pietà e misericordia è il Signore.<br />

Qo 11,7-9;12,13-14; Sal 138; Mc 13,28-31<br />

Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l'uomo. (Qo 11)<br />

La giovinezza è piacevole ma effimera: vi succedono i giorni tristi della vecchiaia, dove il gusto di vivere quasi scompare.<br />

E' anche questo un segno della vanità intima che affligge l'uomo e i suoi anni. E' il messaggio che dobbiamo raccogliere,<br />

insieme alla convinzione che sopra tutto sta Dio, non intaccato da questa vanità, e che chiamerà a giudizio secondo le<br />

scelte che si sono compiute.<br />

così insegna anche Gesù che invita i discepoli a riflettere sul passare del tempo per cogliere i segni della venuta del<br />

Signore, nella certezza che neppure una sillaba della sua parola andrà dispersa né tramonterà.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Il comando del Signore è puro, rimane per sempre;<br />

i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti,<br />

più preziosi dell'oro, di molto oro fino,<br />

più dolci del miele e di un favo stillante.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Sant’Eulogio, martire<br />

Durante il dominio arabo in Spagna dall’VIII al XIII secolo, dominio saggio e illuminato anche se duro, il paese godette<br />

di lunghi periodi di pace e di benessere che consentirono lo sviluppo di una civiltà evoluta, per quanto lontana da quella<br />

cristiana e diversa da quella romana. La religione di stato era quella islamica e il Cristianesimo era tollerato, purché<br />

restasse nell’ombra.<br />

In quest’epoca visse Eulogio. Nato a Cordova da una delle più nobili famiglie della città e ordinato sacerdote, fu chiamato<br />

a insegnare in una pubblica scuola di Cordova, che era allora la città più colta di Spagna. Il suo insegnamento era<br />

profondamente radicato nel momento storico del suo tempo, incentrato com’era sulla difesa della libertà cristiana;<br />

predicava anche nelle abbazie e nei conventi spagnoli che visitava e anche nei libri che scriveva confutava la dottrina di<br />

Maometto. Ma questo, insieme all’intransigenza dei cattolici spagnoli, provocò una persecuzione.<br />

A Cordova, con il Vescovo e tutto il clero, fu imprigionato anche Eulogio, il quale espresse l’appassionato desiderio di<br />

difendere la fede a prezzo della vita, con un’opera divenuta celebre: l’Esortazione al martirio. Liberato, nell’859 venne<br />

eletto vescovo di Cordova, e si preparava alla consacrazione quando venne ucciso.


Sabato, 12 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Messa giorno: Es 35,1-3; Sal 96; Eb 4,4-11; Mc 3,1-6<br />

Messa vigiliare: Mc 16,9-16; Is 58,4b-12b; Sal 102; 2Cor 5,18-6,2; Mt 4,1-11<br />

Messa nel giorno:<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro dell’Esodo 35, 1-3<br />

In quei giorni. Mosè radunò tutta la comunità degli Israeliti e disse loro: «Queste sono le cose che il Signore ha<br />

comandato di fare: Per sei giorni si lavorerà, ma il settimo sarà per voi un giorno santo, un giorno di riposo assoluto, sacro<br />

al Signore. Chiunque in quel giorno farà qualche lavoro sarà messo a morte. In giorno di sabato non accenderete il fuoco,<br />

in nessuna delle vostre dimore».<br />

SALMO<br />

Sal 96(97)<br />

Rit.: Il Signore regna: esulti la terra.<br />

Il Signore regna: esulti la terra,<br />

gioiscano le isole tutte.<br />

Nubi e tenebre lo avvolgono,<br />

giustizia e diritto sostengono il suo trono. ®<br />

Un fuoco cammina davanti a lui<br />

e brucia tutt’intorno i suoi nemici.<br />

Le sue folgori rischiarano il mondo:<br />

vede e trema la terra. ®<br />

I monti fondono come cera davanti al Signore,<br />

davanti al Signore di tutta la terra.<br />

Annunciano i cieli la sua giustizia,<br />

e tutti i popoli vedono la sua gloria. ®<br />

EPISTOLA<br />

Lettera agli Ebrei 4, 4-11<br />

Fratelli, si dice in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: «E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le<br />

sue opere». E ancora in questo passo: «Non entreranno nel mio riposo!». Poiché dunque risulta che alcuni entrano in quel<br />

riposo e quelli che per primi ricevettero il Vangelo non vi entrarono a causa della loro disobbedienza, Dio fissa di nuovo<br />

un giorno, oggi, dicendo mediante Davide, dopo tanto tempo: / «Oggi, se udite la sua voce, / non indurite i vostri cuori!».<br />

Se Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo, Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno. Dunque, per il<br />

popolo di Dio è riservato un riposo sabbatico. Chi infatti è entrato nel riposo di lui, riposa anch’egli dalle sue opere, come<br />

Dio dalle proprie. Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 3, 1-6<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a<br />

vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni<br />

qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o<br />

ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse<br />

all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero<br />

consiglio contro di lui per farlo morire.<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Un altro episodio ancora riguardo al sabato. Questa volta però non sono i discepoli di Gesù che<br />

trasgrediscono la legge, ma Gesù stesso. Il criterio di Gesù è questo: «Fare il bene, salvare una vita» (v. 4).<br />

Proprio a questo deve servire la legge del sabato: per la libertà e per il bene dell’uomo, per evitargli una vita<br />

da schiavo e da forzato.


«Rattristato per la durezza dei loro cuori» (v. 5). Gesù aveva cercato di evitare questa situazione; si era<br />

sforzato di rompere le barriere cercando il dialogo, perché fossero loro a dire ciò che si poteva fare in giorno di<br />

sabato, «ma essi tacevano» (v. 5). A questo punto Gesù fece la sua scelta: scelse l’uomo e lo guarì. Non<br />

lasciò passare quel giorno di festa senza che diventasse anche per quel malato un segno concreto di libertà.<br />

Gesù ha sempre amato la libertà per sé e per gli altri.<br />

«Tennero consiglio contro di lui per farlo morire» (v. 6). Perché Gesù deve morire se guarisce la gente e cerca<br />

il vero bene dell’uomo? Per gli scribi la vera immagine di Dio può essere soltanto quella del giudice che<br />

condanna il colpevole (e, in questo, ben volentieri, gli darebbero una mano. Cfr anche Gv 8,3–11).<br />

E’ abissale la differenza tra la loro concezione di Dio e il vero Dio, manifestato da Gesù: un Dio che sana,<br />

perdona, riconcilia, ama. Nel contrasto tra Gesù e coloro che detengono il potere, sono in gioco due diverse<br />

concezioni di Dio.<br />

Facciamo una breve digressione sulla logica dei farisei. Essi non hanno approvato la guarigione di un malato<br />

in giorno di sabato per timore di violare la legge, ma non hanno scrupolo, in giorno di sabato, di decidere la<br />

morte di una persona innocente, del Salvatore, di Dio stesso. Guarire e far vivere è un delitto che merita la<br />

morte, far morire è un’opera buona che rende gloria a Dio. Strana logica, strana morale: è la «morale»<br />

dell’odio che si oppone alla morale dell’amore. I farisei avevano fatto di Dio il nemico dell’uomo: il colmo<br />

dell’opera diabolica (cfr. Gen 3; Gv 8,44).<br />

In Gesù si rivela Dio-con-noi-e-per-noi: questa è la grande novità della rivelazione. Ma gli uomini spesso<br />

rifiutano un Dio amico che li ama e li libera, e gli preferiscono un falso dio che li spadroneggi. Di fronte alla<br />

durezza di cuore dei farisei, Gesù prova indignazione e tristezza. Il Cristo manifesta contemporaneamente la<br />

collera di Dio e la sua compassione che non viene mai meno di fronte alle sue creature incapaci di aprirsi alle<br />

sue sollecitazioni.<br />

Il miracolo della guarigione dell’uomo che aveva la mano secca costerà la vita a Gesù. La croce si profila<br />

ormai chiaramente. E’ il prezzo del dono che ci fa guarendo la nostra mano incapace di accogliere e di donare.<br />

Le sue mani inchiodate scioglieranno la nostra mano rigida.<br />

Si scorge all’orizzonte l’albero dal quale penderà Gesù, il frutto della vita, verso cui possiamo e dobbiamo<br />

tendere la mano per diventare come Dio (cfr. Gen 3).<br />

Questo racconto chiude una tappa del vangelo in cui Gesù ci ha rivelato chi è lui per noi in ciò che ha fatto per<br />

noi.<br />

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MESSA VIGILIARE DELLA PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA<br />

VANGELO DELLA RISURREZIONE<br />

Annuncio della Risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo secondo Marco 16, 9-18<br />

Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, il Signore Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva<br />

scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito<br />

che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre<br />

erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.<br />

Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore,<br />

perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il<br />

Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato».<br />

Cristo Signore è risorto!<br />

® Rendiamo grazie a Dio!<br />

Seguono le letture della Messa nel giorno della Domenica:<br />

Is 58,4b-12b; Sal 102; 2Cor 5,18-6,2; Mt 4,1-11<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

L’apparizione del Risorto a Maria di Magdala è un riassunto dei versetti 11–18 del capitolo 20 di Giovanni. Per<br />

caratterizzare la figura della Maddalena, l’autore ricorre al testo di Luca (8,2), dove è detto che Gesù scacciò<br />

da lei sette demoni. Da tale notizia non è lecito dedurre che Maria fosse una grande peccatrice, ma piuttosto<br />

che era affetta da grave malattia, dalla quale Gesù l’aveva guarita.<br />

Particolarmente stringato è il riassunto della storia dei due discepoli in cammino verso Emmaus, tratto dal<br />

capitolo 24 di Luca. All’evangelista interessa, anche questa volta, solo il fatto che i discepoli non credettero al<br />

racconto dei compagni.


Infine l’autore ricorda l’apparizione di Gesù agli Undici, riferendosi chiaramente al racconto di Luca (24,36–43).<br />

In questo brano viene denunciata pesantemente la mancanza di fede dei discepoli (vv. 11.13.14). Gli apostoli<br />

passano dal dubbio alla fede sotto l’urto delle manifestazioni di Gesù.<br />

La fede nella risurrezione non è una scoperta umana, ma il prodotto di un annuncio fatto a noi da Dio<br />

mediante angeli o inviati vestiti di bianco (colore delle vesti del paradiso), e attraverso l’incontro diretto, visibile<br />

e palpabile con il diretto interessato, il Cristo risorto.<br />

La risurrezione di Cristo (e la nostra futura risurrezione) è corporea, come lo fu anche la sua morte. La prova è<br />

il sepolcro vuoto, testimoniata da tutti e quattro i vangeli, ma soprattutto l’incontro con il Risorto, che non è un<br />

fantasma, ma ha carne e ossa, come hanno potuto constatare i discepoli, e che mangia davanti a loro una<br />

porzione di pesce arrostito (cfr. Lc 24).<br />

Gesù, il Nazareno crocifisso, è risorto. Questa è la parola fondamentale della fede cristiana.<br />

La finale del vangelo di Marco insiste sulla missione di portare il vangelo in tutto il mondo, unendo<br />

strettamente la testimonianza della parola a quella delle opere, dei segni.<br />

Con l’esortazione alla missione universale si congiunge l’affermazione che per la salvezza sono richiesti la<br />

fede e il battesimo. Inoltre agli annunciatori del vangelo viene promesso che la loro predicazione missionaria<br />

sarà sostenuta e confermata dai miracoli compiuti da Gesù risorto.<br />

La trasmissione delle parole di Gesù è al centro del testo e ha lo scopo di fare cristiani tutti i popoli. La<br />

missione, l’andare da tutti gli uomini, è un incarico che va capito bene.<br />

Se la missione è trasmettere agli uomini la parola di Gesù e le sue direttive per fare di loro, mediante il<br />

battesimo, dei discepoli, ciò esclude due malintesi.<br />

Il primo è il malinteso della rivendicazione del potere politico. Una concezione utopistica è quella di W.<br />

Soloviev che ritiene il regno di Dio come uno stato teocratico in questo mondo, e vede questa concezione<br />

radicata nella volontà di Gesù. Sulla terra vi sarebbe un unico potere, e questo non apparterebbe a Cesare,<br />

ma a Gesù Cristo.<br />

L’altro malinteso è la relativizzazione dell’incarico missionario, che arriva a sostenere che il compito<br />

dell’evangelizzazione consiste nell’aiutare i buddisti a diventare buddisti migliori, i musulmani a diventare più<br />

ferventi musulmani, e via dicendo.<br />

Il dialogo necessario con le religioni mondiali non elimina la necessità dell’annuncio e della testimonianza della<br />

fede cristiana e del battesimo. E’ il Cristo risorto al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra (cfr. Mt<br />

18,28), che manda i cristiani a predicare il vangelo ad ogni creatura.<br />

La missione è necessaria per volontà di Dio, che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Pietà e misericordia è il Signore.<br />

Es 35,1-3; Sal 96; Eb 4,4-11; Mc 3,1-6<br />

"E' lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?". (Mc 3)<br />

Domanda inquietante quella di Gesù ai farisei che desideravano prenderlo in errore per accusarlo. Infatti, la legge<br />

dell'Esodo dice che nulla va fatto di sabato e chi trasgredisce incorre nella condanna di morte. Ma Gesù guarisce un uomo<br />

che aveva la mano rattrappita e si indigna contro i suoi censori, costoro infatti non avevano capito il senso della legge e<br />

attribuivano a Dio una sorta di crudeltà. Il sabato da dedicare interamente a Dio è richiamo al distacco dai propri<br />

programmi e mete per riposarsi presso Dio, per ritrovare il proprio legame filiale con Dio, non certo per dimenticarsi del<br />

prossimo, né per infierire sul più debole, né per rendere opprimenti le prescrizioni e i precetti.<br />

Preghiamo col Salmo<br />

Il Signore regna: esulti la terra,<br />

gioiscano le isole tutte.<br />

Nubi e tenebre lo avvolgono,<br />

giustizia e diritto sostengono il suo trono.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Simeone il Nuovo Teologo, monaco<br />

Il 12 marzo del 1022, nel romitaggio di Santa Marina, sulla riva asiatica del Bosforo, conclude i suoi giorni terreni<br />

Simeone il Nuovo Teologo, monaco e spirituale tra i più amati nell’oriente cristiano. Solo l’evangelista Giovanni e<br />

Gregorio di Nazianzo sono stati soprannominati, prima di lui, “teologi”. Nella tradizione bizantina tale titolo è attribuito a


coloro che hanno ricevuto la conoscenza di Dio attraverso un’esperienza personale e che sono stati capaci di trasmetterla<br />

alla Chiesa.<br />

Simeone nacque attorno al 949 in Asia Minore, e fu inviato ancora giovane a Costantinopoli per perfezionare gli studi.<br />

Poco attratto dalla possibile carriera che gli si prospettava presso la corte bizantina, Simeone conobbe un tempo di dubbi e<br />

di ricerche. La sua vita cominciò ad assumere un certo ordine quando incontrò il monaco Simeone del celebre monastero<br />

costantinopolitano di Studio. Sotto la guida dell’anziano studita, Simeone imparò l’arte della preghiera senza distrazioni.<br />

Dalla sua intensa esperienza di preghiera, egli attinse la certezza che l’amore di Dio è effuso nel cuore dei credenti<br />

mediante il dono dello Spirito.<br />

Divenuto monaco e poi igumeno del monastero di San Mama, fu soprattutto un sapiente trasmettitore di questa semplice<br />

certezza che gli derivava dalla propria personalissima esperienza di incontro con Dio. Poco compreso negli ambienti della<br />

capitale, Simeone fu costretto all’esilio sulla riva asiatica del Bosforo. Qui egli raccolse vecchi e nuovi discepoli nel<br />

nuovo monastero di Santa Marina, e si dedicò fino alla morte alla loro guida, attraverso scritti spirituali e liturgici di<br />

grandissimo valore.<br />

Nel calendario romano è ricordato oggi san Luigi Orione (1872-1940), canonizzato il 16 maggio 2004. Il suo profilo è<br />

presentato il 26 ottobre, giorno della sua beatificazione, scelto dal rito ambrosiano per celebrarne la memoria.


DOMENICA I DI QUARESIMA - 13 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Is 58, 4b-12b; Sal 102; 2Cor 5, 18-6,2; Mt 4, 1-11<br />

LETTURA<br />

Lettura del profeta Isaia 58, 4b-12b<br />

Così dice il Signore: / «Non digiunate più come fate oggi, / così da fare udire in alto il vostro chiasso. / È forse come<br />

questo il digiuno che bramo, / il giorno in cui l’uomo si mortifica? / Piegare come un giunco il proprio capo, / usare sacco<br />

e cenere per letto, / forse questo vorresti chiamare digiuno / e giorno gradito al Signore? / Non è piuttosto questo il<br />

digiuno che voglio: / sciogliere le catene inique, / togliere i legami del giogo, / rimandare liberi gli oppressi / e spezzare<br />

ogni giogo? / Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, / nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, / nel<br />

vestire uno che vedi nudo, / senza trascurare i tuoi parenti? / Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, / la tua ferita si<br />

rimarginerà presto. / Davanti a te camminerà la tua giustizia, / la gloria del Signore ti seguirà. / Allora invocherai e il<br />

Signore ti risponderà, / implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. / Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, / il puntare il<br />

dito e il parlare empio, / se aprirai il tuo cuore all’affamato, / se sazierai l’afflitto di cuore, / allora brillerà fra le tenebre la<br />

tua luce, / la tua tenebra sarà come il meriggio. / Ti guiderà sempre il Signore, / ti sazierà in terreni aridi, / rinvigorirà le<br />

tue ossa; / sarai come un giardino irrigato / e come una sorgente / le cui acque non inaridiscono. / La tua gente riedificherà<br />

le rovine antiche, / ricostruirai le fondamenta di trascorse generazioni».<br />

SALMO<br />

Sal 102 (1<strong>03</strong>)<br />

® Misericordioso e pietoso è il Signore.<br />

Misericordioso e pietoso è il Signore,<br />

lento all’ira e grande nell’amore.<br />

Non è in lite per sempre,<br />

non rimane adirato in eterno.<br />

Non ci tratta secondo i nostri peccati<br />

e non ci ripaga secondo le nostre colpe. ®<br />

Quanto il cielo è alto sulla terra,<br />

così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;<br />

quanto dista l’oriente dall’occidente,<br />

così egli allontana da noi le nostre colpe.<br />

Come è tenero un padre verso i figli,<br />

così il Signore è tenero verso quelli che lo temono. ®<br />

Egli sa bene di che siamo plasmati,<br />

ricorda che noi siamo polvere.<br />

Ma l’amore del Signore è da sempre,<br />

per sempre su quelli che lo temono,<br />

e la sua giustizia per i figli dei figli,<br />

per quelli che custodiscono la sua alleanza<br />

e ricordano i suoi precetti per osservarli. ®<br />

EPISTOLA<br />

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5, 18 - 6, 2<br />

Fratelli, tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della<br />

riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e<br />

affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio<br />

stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto<br />

peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi<br />

collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: / «Al momento favorevole ti ho<br />

esaudito / e nel giorno della salvezza ti ho soccorso». / Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 4, 1-11<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato


quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che<br />

queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: / “Non di solo pane vivrà l’uomo, / ma di ogni parola che esce<br />

dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei<br />

Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: / “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo / ed essi ti porteranno sulle loro<br />

mani / perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: / “Non metterai alla prova il<br />

Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro<br />

gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene,<br />

Satana! Sta scritto infatti: / “Il Signore, Dio tuo, adorerai: / a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco,<br />

degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Nelle tentazioni Gesù affronta un messianismo terrestre, nazionalista, come lo concepivano gli zeloti. Vi è un<br />

legame evidente tra il battesimo e le tentazioni: è lo Spirito, disceso nel battesimo, che conduce Gesù nel<br />

deserto per esservi tentato dal diavolo (4,1). Il messianismo di Gesù dev’essere sottoposto alla prova;<br />

“adempiere ogni giustizia” (3,15) è obbedire al <strong>Padre</strong>, la cui volontà è espressa nella Scrittura (cfr. cc.1-2). II<br />

regno dei cieli si avvicina nella non-violenza e nell’umiltà del Servo di Jahvé (cfr. Is 42 ss).<br />

La presentazione delle tentazioni è intessuta di citazioni della Scrittura. Poiché Gesù colma l’attesa del suo<br />

popolo, egli assume tutte le dimensioni della sua storia: soggiorno in Egitto (2,13-15), passaggio attraverso il<br />

Giordano (3,13-17), purificazione nel deserto (4,1-11). E poiché egli “adempie ogni giustizia” (3,15) facendo la<br />

volontà del <strong>Padre</strong>, egli trionfa sulle tentazioni alle quali invece il popolo ebreo aveva ceduto, e così si rivela<br />

come il popolo fedele, l’Israele autentico, il Figlio di Dio.<br />

Nel superamento della triplice tentazione, Gesù mette in pratica il primo e più grande comandamento: “Tu<br />

amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,5). Il giudaismo<br />

considera infatti questo triplice atteggiamento come le tre colonne su cui si fonda la realizzazione del mondo:<br />

la verità, la pace e la giustizia (cfr. Pirqé Aboth, I,18); così Gesù ha amato Dio “con tutto il cuore” preferendo la<br />

verità della Parola di Dio alle proprie esigenze; “con tutta l’anima” rifiutando il trionfo facile per portare agli<br />

uomini la pace; “con tutte le forze” optando per la giustizia che fa rendere ad ognuno ciò che gli è dovuto.<br />

L’introduzione del racconto (4,1; cfr. Lc 4,1) manifesta una notevole affinità di vocabolario con la versione<br />

greca di Dt 8, 2: “Ricordati di tutto il cammino per il quale il Signore tuo Dio ti ha condotto nel deserto, per<br />

metterti alla prova, per tentarti e per conoscere il fondo del tuo cuore”. ”Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di<br />

ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4; Dt 8,3). Solo Dio può saziare l’uomo, e la fame del suo<br />

stomaco non è che l’immagine di una fame più sostanziale.<br />

Cedere alla tentazione, sarebbe per Gesù afferrarsi all’immagine, mentre possiede la realtà: l’uomo è stato<br />

creato a immagine di Dio; Gesù rifiuta di dare di Dio l’immagine dell’uomo.<br />

“Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ...”. Il diavolo non ha<br />

alcuno scrupolo a utilizzare la parola di Dio, stravolgendola per i propri fini. Ma Gesù risponde: “Non tenterai il<br />

Signore tuo Dio” ( Mt 4,7; Dt 6,16). Gesù ha già la gloria di Figlio di Dio e non ha bisogno di cercarsi una gloria<br />

umana attraverso dei mezzucci. Non gioca a far il Figlio di Dio: lo è.<br />

La scena si allarga e prende le dimensioni del mondo. Rievocando la visione di Mosè, al quale Dio mostra la<br />

terra di Canaan dove Israele stava per entrare (cfr. Dt 34,1-4) il tentatore propone uno scambio: “Tutte queste<br />

cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai” (v. 9). Ma colui, nel quale il regno dei cieli si avvicina alla terra,<br />

riafferma il primo comandamento dell’alleanza: “Adora il Signore tuo Dio e a lui solo rendi culto” (Mt 4,10; Dt<br />

6,13). Gesù non abbandona il regno dei cieli per i regni della terra. Questa pagina evangelica ci fa capire il<br />

modo in cui Cristo ha inteso il suo ruolo di Figlio di Dio.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Parla Signore che il tuo servo ti ascolta.<br />

Is.58,4b-12b; Sal.102(1<strong>03</strong>); 2Cor.5,18-6,2; Mt.4,1-11.<br />

Così dice il Signore:”Non è piuttosto questo il digiuno che voglio. Non consiste forse nel dividere il pane con<br />

l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?<br />

(Is.58,6a.7).<br />

Con solenne autorità la prima lettura c’introduce nel cammino quaresimale. E’ Dio che ogni giorno ci rivolge una parola<br />

nuova; ascoltata, letta, meditata e pregata, illuminerà e guiderà i nostri passi. Con il profeta Isaia, Dio c’istruisce sul<br />

corretto digiuno, niente d’austero, gravoso o penoso. E’essere buoni, facendo digiunare il nostro egoismo, condividendo<br />

quanto abbiamo con chi è nel bisogno. Questa pagina letta lentamente, ci darà spunti pratici per vivere concretamente il


digiuno che piace a Dio. Gesù, ricordandoci che l’uomo non vive di solo pane, ma d’ogni parola che esce dalla bocca di<br />

Dio, ci stimola a nutrirci con abbondanza alla mensa della Parola. Troviamo tempo per accostarci con fede e attenzione e<br />

ascoltare con disponibilità.<br />

Preghiamo<br />

O Dio che hai dato a noi<br />

la grazia di camminare alla luce del Vangelo,<br />

aprici all’ascolto<br />

del tuo Figlio Gesù Cristo.<br />

(dalla Liturgia)<br />

Impegno settimanale<br />

Trovare del Tempo per leggere la Parola di Dio lasciandomi interpellare.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

S.ti Rodrigo e Salomone di Cordova, martiri (IX sec.)<br />

Rodrigo era un prete di Cordova, nell’Andalusia, regione della Spagna sotto il dominio arabo. Uno dei suoi fratelli era<br />

rimasto cristiano, l’altro, invece si era fatto musulmano. Tra loro ricorrenti e aspre erano le liti a causa della diversa fede e<br />

Rodrigo cercava di fare opera di pace, senza riuscirvi. Un giorno, intervenendo in una rissa, viene colpito e perde i sensi;<br />

il fratello musulmano lo porta via su un carretto e spiega, mentendo, alla gente che Rodrigo è gravemente malato e,<br />

sentendo vicina la morte, si è fatto musulmano. Ma Rodrigo guarisce e continua il suo ministero sacerdotale. Viene allora<br />

trascinato davanti al giudice dal fratello musulmano che lo accusa di tradimento. Il giudice cerca di salvarlo, proponendo<br />

un compromesso che Rodrigo non accetta: è cristiano e tale vuole rimanere. Viene, così, condannato a morte da un<br />

giudice riluttante, per l’insistenza del fratello. Rodrigo viene ucciso con un altro cristiano di nome Salomone. Per<br />

entrambi la santità è proclamata subito attraverso il culto popolare spontaneo. Rodrigo fu ritratto in un famoso quadro del<br />

Murillo con la palma del martirio, anche se si tratta più di fratricidio che di persecuzione.


Lunedì, 14 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 2,4b-17; Sal 1; Pr 1,1-9; Mt 5,1-12a<br />

GENESI<br />

Inizia la lettura del libro della Genesi 2, 4b-17<br />

Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre<br />

era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una<br />

polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e<br />

soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a<br />

oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla<br />

vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Un<br />

fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison:<br />

esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l’oro e l’oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina<br />

odorosa e la pietra d’ònice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d’Etiopia. Il terzo<br />

fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel<br />

giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai<br />

mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché,<br />

nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire».<br />

SALMO<br />

Sal 1 (2)<br />

® Chi segue il Signore avrà la luce della vita.<br />

Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,<br />

non resta nella via dei peccatori<br />

e non siede in compagnia degli arroganti,<br />

ma nella legge del Signore trova la sua gioia,<br />

la sua legge medita giorno e notte. ®<br />

È come albero piantato lungo corsi d’acqua,<br />

che dà frutto a suo tempo:<br />

le sue foglie non appassiscono<br />

e tutto quello che fa, riesce bene. ®<br />

Non così, non così i malvagi,<br />

ma come pula che il vento disperde;<br />

perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio<br />

né i peccatori nell’assemblea dei giusti,<br />

poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,<br />

mentre la via dei malvagi va in rovina. ®<br />

PROVERBI<br />

Inizia la lettura del libro dei Proverbi 1, 1-9<br />

Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d’Israele, / per conoscere la sapienza e l’istruzione, / per capire i detti<br />

intelligenti, / per acquistare una saggia educazione, / equità, giustizia e rettitudine, / per rendere accorti gli inesperti / e<br />

dare ai giovani conoscenza e riflessione. / Il saggio ascolti e accrescerà il sapere, / e chi è avveduto acquisterà destrezza, /<br />

per comprendere proverbi e allegorie, / le massime dei saggi e i loro enigmi. / Il timore del Signore è principio della<br />

scienza; / gli stolti disprezzano la sapienza e l’istruzione. / Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre / e non disprezzare<br />

l’insegnamento di tua madre, / perché saranno corona graziosa sul tuo capo / e monili per il tuo collo.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 5, 1-12a<br />

In quel tempo. Vedendo le folle, il Signore Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si<br />

mise a parlare e insegnava loro dicendo: / «Beati i poveri in spirito, / perché di essi è il regno dei cieli. / Beati quelli che<br />

sono nel pianto, / perché saranno consolati. / Beati i miti, / perché avranno in eredità la terra. / Beati quelli che hanno<br />

fame e sete della giustizia, / perché saranno saziati. / Beati i misericordiosi, / perché troveranno misericordia. / Beati i puri<br />

di cuore, / perché vedranno Dio. / Beati gli operatori di pace, / perché saranno chiamati figli di Dio. / Beati i perseguitati


per la giustizia, / perché di essi è il regno dei cieli. / Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo,<br />

diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei<br />

cieli».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

In questo brano Matteo ha un’intenzione precisa: presentare Gesù come il nuovo Mosè, e il discorso di Gesù<br />

sulla montagna come il compimento della legge del Sinai. Il suo messaggio si concentra sulla parola «beati».<br />

La beatitudine dell’uomo povero e sofferente ha il suo fondamento in Gesù: in lui Dio ci ha già dato tutto.<br />

Questo discorso traduce l’esperienza di Cristo, che può e deve diventare l’esperienza del cristiano. Non<br />

suggerisce le condizioni per essere frati o suore, ma semplicemente per essere cristiani.<br />

Gesù aveva detto al tentatore: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla<br />

bocca di Dio» (Mt 4,4). Ora Gesù apre solennemente la bocca per dare la vita di Dio agli uomini per mezzo<br />

della sua parola.<br />

«Beati i poveri in spirito». La povertà indica prima di tutto un atteggiamento spirituale nei confronti di Dio. I<br />

poveri in spirito attendono ogni aiuto da Dio. L’atteggiamento richiesto dalla prima beatitudine è come quello<br />

del bambino: «Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: ‘In verità vi dico: se non vi<br />

convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà<br />

piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi<br />

bambini in nome mio, accoglie me’»(Mt 18,2-5). La beatitudine dei poveri in spirito afferma in modo<br />

inequivocabile il primato della grazia, non quello delle opere.<br />

Il povero in spirito è distaccato non solo dai beni materiali, che sono i meno importanti, ma anche e soprattutto<br />

dai beni superiori dell’intelligenza e della volontà, dalle proprie idee, dal proprio modo di sentire. Libero da sé<br />

stesso, dalle sue vedute e aspirazioni umane, egli è pronto ad accogliere i beni del regno dei cieli. Questa<br />

disposizione interiore è indispensabile per chiunque voglia mettersi al seguito di Gesù. La salvezza è una<br />

realtà troppo grande per essere compresa dalla sola intelligenza umana. Chi pretende di ragionare troppo, e<br />

quindi a sproposito, rimane fuori da essa. Per questo, chi non è povero non può entrare nel regno dei cieli.<br />

Questa beatitudine è la caratteristica della persona di Gesù che noi dobbiamo imitare: «Imparate da me che<br />

sono povero e umile di cuore» (Mt 11,29).<br />

Poveri in spirito non si nasce, ma si diventa, combattendo contro le istintive aspirazioni dei sensi, le pretese<br />

dell’intelligenza e le incomprensioni degli altri. Il vero povero non è colui che Dio ha umiliato, ma colui che si è<br />

abbassato con l’amore di un figlio. La vita del povero è caratterizzata dall’obbedienza, dalla sottomissione,<br />

dalla remissività, dall’abbandono, dal silenzio. La povertà evangelica presenta l’ideale religioso e spirituale<br />

nella sua duplice relazione. Verso Dio si esprime come umile e fedele sottomissione, verso il prossimo come<br />

pacifica e cordiale accoglienza.<br />

«Beati gli afflitti». Gesù non è stato mandato solo per annunciare il vangelo ai poveri, ma anche a consolare gli<br />

afflitti (cfr Is 61,2). Essi non sono tali semplicemente per le disgrazie umane e le tribolazioni che affliggono<br />

tutti, ma soprattutto a causa delle oppressioni e delle ingiustizie subite per l’attuazione del piano di Dio. Sono<br />

afflitti perché il bene è deriso, perché la comunità cristiana è perseguitata e oppressa, perché Dio non è<br />

conosciuto e amato.<br />

«Beati i miti». Nell’Antico Testamento Mosè «era molto più mite di ogni uomo che è sulla terra» (Nm 12,3) e<br />

nel Nuovo Testamento Gesù si presenta «mite e umile di cuore» (Mt 11,29; cfr Mt 21,5). Il mite è colui che<br />

realizza in sé l’esortazione del salmo 37,7-11: «Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui; non irritarti per<br />

chi ha successo, per l’uomo che trama insidie. Desisti dall’ira e deponi lo sdegno, non irritarti: faresti del male,<br />

poiché i malvagi saranno sterminati, ma chi spera nel Signore possederà la terra. Ancora un poco e l’empio<br />

scompare, cerchi il suo posto e più non lo trovi. I miti invece possederanno la terra e godranno di una grande<br />

pace». Si tratta del possesso pieno e felice della salvezza promessa a quelli che seguono Gesù «mite e umile<br />

di cuore» (Mt 11,29).<br />

«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia». La giustizia è l’attuazione completa e generosa della<br />

volontà di Dio rivelata nel vangelo di Gesù. La fame e la sete indicano il desiderio di cercare e di attuare in se<br />

stessi questo progetto di Dio attraverso l’esercizio dell’amore (cfr Mt 25,37). Gli affamati e gli assetati della<br />

giustizia sono coloro che hanno fatto del compimento della volontà di Dio la massima aspirazione della propria<br />

vita, a tal punto che per loro la ricerca del piano di Dio diventa vitale come il mangiare e il bere. La ricompensa<br />

per quelli che hanno desiderato intensamente la giustizia di Dio è la sazietà, che significa la comunione piena<br />

e definitiva con Dio e con i fratelli.<br />

«Beati i misericordiosi». La prima ed essenziale esigenza del regno di Dio è la misericordia attiva che ha la<br />

sua fonte e il suo modello nell’agire di Dio: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il <strong>Padre</strong> vostro» (Lc<br />

6,36). L’amore misericordioso e benevolo di Dio si manifesta principalmente in due modi: perdona i peccati e<br />

soccorre e protegge i bisognosi. Perciò il giusto davanti a Dio lo imita nel suo agire verso il prossimo<br />

perdonando i torti ricevuti e impegnandosi a soccorrere generosamente gli indigenti. Questa è la condizione<br />

per trovare misericordia presso Dio. Matteo presenta Gesù come l’incarnazione della bontà compassionevole


di Dio nel modo di agire e nelle scelte che ha compiuto a favore dei peccatori e dei bisognosi (cfr Mt 9,13;<br />

12,7; 23,23; ecc.).<br />

«Beati i puri di cuore». Il cuore come simbolo di interiorità spirituale e morale designa la dimensione profonda<br />

e personale della relazione religiosa con Dio e con il prossimo in contrapposizione alla superficialità e<br />

all’esteriorità delle forme. I puri di cuore sono coloro che sanno accettare l’insegnamento di Gesù, la persona<br />

stessa di Gesù. Questa beatitudine richiede la piena adesione al vangelo. La visione di Dio promessa ai puri di<br />

cuore è la salvezza definitiva del paradiso dove vedranno Dio «a faccia a faccia» (1Cor 13,12).<br />

«Beati gli operatori di pace». Gli operatori di pace sono i continuatori dell’opera di Gesù, gli annunciatori del<br />

messaggio della salvezza. La pace è assenza di ogni inimicizia, è presenza di grazia e di santità. Solo chi vive<br />

nella pace di Dio può diventare strumento di pace umana. Gli apportatori della pace sono gli annunciatori del<br />

vangelo, tutti coloro che lavorano per la venuta del regno di Dio sulla terra. Essi meritano l’appellativo di figli di<br />

Dio perché sono animati dagli stessi desideri di salvezza e impegnati nella sua stessa opera. Solo la concordia<br />

e la riconciliazione con i fratelli rendono il culto accetto a Dio ed efficace la preghiera della comunità (cfr Mt<br />

5,23-24; 18,19-20). L’impegno di fare opera di pace tra le persone è un modo concreto di attuare l’amore del<br />

prossimo. A questi operatori di pace è promessa la realizzazione del rapporto di piena comunione con Dio:<br />

essere riconosciuti come suoi figli.<br />

«Beati i perseguitati». Il messaggio della salvezza è imperniato sulla croce: chi lo annuncia e chi lo riceve<br />

dev’essere disposto a lasciarsi oltraggiare, calunniare, spogliare, crocifiggere. La sofferenza dell’innocente è<br />

un mistero di cui l’uomo dell’Antico Testamento non ha saputo intravedere la soluzione (cfr Sap 3,4). La<br />

beatificazione del dolore che il Nuovo Testamento ribadisce in numerose occasioni è un paradosso che non<br />

trova la sua giustificazione nella logica umana, ma solo nell’esempio e nell’insegnamento di Gesù. La<br />

persecuzione è l’eredità che Gesù lascia ai suoi discepoli, il segno che autentica la loro chiamata, ma anche la<br />

via per conseguire la felicità e la gloria. Il testo tocca il messaggio centrale del cristianesimo: la passione,<br />

morte e risurrezione di Cristo. La beatitudine e il possesso del regno dei cieli è la Pasqua di risurrezione del<br />

cristiano, ma per potervi giungere egli deve prima, necessariamente, passare attraverso la sofferenza e la<br />

morte. L’originalità di questa beatitudine è costituita dalle motivazioni che devono qualificare lo stile della<br />

perseveranza cristiana: l’assimilazione interiore al destino di Cristo rifiutato e perseguitato (cfr Mt 10,24-25) e<br />

l’adesione integra e pratica alla volontà di Dio, concretizzata nel progetto di vita cristiana. La persecuzione<br />

dovrebbe provocare l’amarezza e l’abbattimento, invece produce la gioia per aver sopportato le sofferenze<br />

richieste dalla propria fedeltà alla verità e a Cristo. I fedeli sono invitati a gioire in mezzo alle persecuzioni<br />

perché in essi si compie il mistero di morte e di risurrezione che Gesù ha realizzato per primo nella sua vita.<br />

Essi sono proclamati beati, felici, fortunati già ora in vista della piena e definitiva felicità che è loro promessa<br />

da Dio.<br />

Le beatitudini evangeliche hanno il loro modello e la garanzia della loro realizzazione in Gesù, il «povero e<br />

umile di cuore», rifiutato e perseguitato dagli uomini, ma riabilitato e glorificato da Dio (cfr At 5,31; Fil 2,9-11;<br />

ecc.).<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Parla Signore che il tuo servo ti ascolta.<br />

Gen.2,4b-17;Sal.1;Pr.1,1-9;Mt.5,1-12a.<br />

Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d’Israele, per conoscere la sapienza e l’istruzione, per capire i detti<br />

intelligenti. Il saggio ascolti e accrescerà il sapere. Il timore del Signore è principio della scienza. (Pr.1,1-2.5a.7a)<br />

Salomone, il saggio re d’Israele, esorta ad ascoltare perché si accinge a mettere a disposizione il suo sapere. Ascoltare è<br />

già saggezza, ci avverte, ma è anche possibilità di arricchirsi in conoscenza e intelligenza. In questo breve brano ci dà un<br />

consiglio veramente importante. Il cammino per diventare saggi, deve iniziare col timore del Signore. Quel santo timore<br />

di Dio, dono dello Spirito Santo, che è amore a Dio. Amore che ci spinge ad ascoltare e a obbedire con gioia a quanto<br />

insegna Gesù nel Vangelo, che con le beatitudini ci traccia la via maestra per acquistare la sapienza dei santi. Così ha fatto<br />

anche San Carlo Borromeo che in quest’anno pastorale ci è proposto come modello, guida e intercessore.<br />

Preghiamo<br />

Il tuo aiuto, <strong>Padre</strong> misericordioso,<br />

ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,<br />

perché possiamo conoscere<br />

ciò che è conforme alla tua volontà<br />

e attuarlo nelle parole e nelle opere.<br />

(dalla Liturgia)


-- Il santo del giorno --<br />

Beato Giacomo Cusmano<br />

Nacque nel 1834 a Palermo da agiata famiglia borghese. Terzo di quattro figli, a tre anni restò orfano della madre, morta<br />

di colera. La sorella primogenita, Vincenzina, gli fece da mamma, accompagnandolo anche nel suo cammino spirituale.<br />

Frequentato il liceo presso il Collegio Massimo dei Gesuiti, proseguì negli studi conseguendo nel 1855 la laurea in<br />

chirurgia. Dopo aver esercitato per alcuni anni la professione, decise di farsi sacerdote, e fu ordinato nel dicembre 1860.<br />

Commosso dallo spettacolo di miseria diffusa che in quel tempo offriva la città di Palermo, si “convertì” alla missione di<br />

“apostolo della carità”.<br />

Durante una carestia, il Cusmano si fece promotore dell’ “Associazione del boccone del povero”, che invitava ogni<br />

famiglia a mettere da parte un boccone di ogni pietanza per destinarlo a un povero. Nel 1880 diede avvio alla comunità<br />

femminile delle Serve dei poveri, e nel 1884 a quella maschile, che nel 1887 vennero ufficialmente approvate. Cusmano è<br />

un eminente rappresentante, nella Sicilia del secondo Ottocento, di una spiritualità dell’azione, in cui veniva superata ogni<br />

dicotomia tra contemplazione e azione.<br />

Ciò che in lui unificava preghiera e slancio caritativo era la consapevole dipendenza dalla volontà di Dio: l’adesione alla<br />

volontà di Dio lo univa al <strong>Padre</strong> e il servizio ai poveri lo faceva imitatore di Cristo. Iniziato nel 1934 il processo canonico<br />

nella diocesi di Palermo, il 13 ottobre 1983 Cusmano è stato proclamato beato.


Martedì, 15 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 3,9-21; Sal 118; Pr 2,1-10; Mt 5,13-16<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 3, 9-21<br />

In quei giorni. Il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho<br />

avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato<br />

dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha<br />

dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi<br />

ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: / «Poiché hai fatto questo, / maledetto tu fra tutto<br />

il bestiame / e fra tutti gli animali selvatici! / Sul tuo ventre camminerai / e polvere mangerai / per tutti i giorni della tua<br />

vita. / Io porrò inimicizia fra te e la donna, / fra la tua stirpe e la sua stirpe: / questa ti schiaccerà la testa / e tu le insidierai<br />

il calcagno». / Alla donna disse: / «Moltiplicherò i tuoi dolori / e le tue gravidanze, / con dolore partorirai figli. / Verso<br />

tuo marito sarà il tuo istinto, / ed egli ti dominerà». / All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai<br />

mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne”, / maledetto il suolo per causa tua! / Con dolore ne<br />

trarrai il cibo / per tutti i giorni della tua vita. / Spine e cardi produrrà per te / e mangerai l’erba dei campi. / Con il sudore<br />

del tuo volto mangerai il pane, / finché non ritornerai alla terra, / perché da essa sei stato tratto: / polvere tu sei e in<br />

polvere ritornerai!». / L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi. / Il Signore Dio fece<br />

all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì.<br />

SALMO<br />

Sal 118(119), 1-8<br />

® Beato chi è fedele alla legge del Signore.<br />

Beato chi è integro nella sua via<br />

e cammina nella legge del Signore.<br />

Beato chi custodisce i suoi insegnamenti<br />

e lo cerca con tutto il cuore. ®<br />

Non commette certo ingiustizie<br />

e cammina nelle sue vie.<br />

Tu hai promulgato i tuoi precetti<br />

perché siano osservati interamente. ®<br />

Siano stabili le mie vie<br />

nel custodire i tuoi decreti.<br />

Non dovrò allora vergognarmi,<br />

se avrò considerato tutti i tuoi comandi. ®<br />

Ti loderò con cuore sincero,<br />

quando avrò appreso i tuoi giusti giudizi.<br />

Voglio osservare i tuoi decreti:<br />

non abbandonarmi mai. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 2, 1-10<br />

Figlio mio, / se tu accoglierai le mie parole / e custodirai in te i miei precetti, / tendendo il tuo orecchio alla sapienza, /<br />

inclinando il tuo cuore alla prudenza, / se appunto invocherai l’intelligenza / e rivolgerai la tua voce alla prudenza, / se la<br />

ricercherai come l’argento / e per averla scaverai come per i tesori, / allora comprenderai il timore del Signore / e troverai<br />

la conoscenza di Dio, / perché il Signore dà la sapienza, / dalla sua bocca escono scienza e prudenza. / Egli riserva ai<br />

giusti il successo, / è scudo a coloro che agiscono con rettitudine, / vegliando sui sentieri della giustizia / e proteggendo le<br />

vie dei suoi fedeli. / Allora comprenderai l’equità e la giustizia, / la rettitudine e tutte le vie del bene, / perché la sapienza<br />

entrerà nel tuo cuore / e la scienza delizierà il tuo animo.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 5, 13-16<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che


cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo;<br />

non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul<br />

candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché<br />

vedano le vostre opere buone e rendano gloria al <strong>Padre</strong> vostro che è nei cieli».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Gesù paragona i discepoli al sale della terra e alla luce del mondo. Essi portano al mondo la felicità,<br />

trasfigurano la vita e danno sapore ad ogni realtà umana; se vengono meno non possono essere sostituiti da<br />

nessuno. Essi devono essere testimoni trasparenti della luce di Cristo che hanno in sé, perché tutti, dentro e<br />

fuori della Chiesa, vedano le loro opere buone e glorifichino il <strong>Padre</strong> loro che è nei cieli.<br />

Il discorso in seconda persona (voi) collega il testo alla nona beatitudine (vv.11-12) ma anche a tutto il<br />

discorso successivo, che solo da 7,21ss ritorna allo stile impersonale e didattico. Con ciò in certo modo si dice<br />

che la comunità perseguitata e oltraggiata è particolarmente adatta ad essere il sale della terra e la luce del<br />

mondo. Il v.16 però riferisce il sale e la luce alle opere buone di ogni genere.<br />

Il potere del sale è molteplice. Esso condisce, depura, protegge dalla putrefazione. Nell’Antico Testamento lo<br />

si usava per il sacrificio. Secondo Lv 2,13 è prescritto che in ogni sacrificio di oblazione si offra il sale. Nel<br />

mondo greco il sale simboleggia l’ospitalità. Il significato dei discepoli per il mondo corrisponde a quello del<br />

sale per il cibo: sono insostituibili. Ma l’accento non è posto su questo punto, ma sulla possibilità di fallire. Il<br />

sale può diventare senza gusto, e allora non c’è più nulla con cui si possa salare.<br />

Se i discepoli falliscono, se mancano al proprio compito, non resta loro che attendere il giudizio che gli uomini<br />

pronunciano su di loro. Specialmente in Isaia il giudizio viene presentato come l’essere calpestati (Is 10,6). I<br />

cristiani sono il sale della terra se compiono le opere di misericordia sulle quali saranno giudicati (Mt 25,34ss).<br />

Ai discepoli inoltre viene assegnata, senza limiti, la funzione di luce del mondo e di città sul monte. La città<br />

sopra il monte simboleggia la forza di attrazione della comunità cristiana. Ai discepoli è affidata la luce perché<br />

la facciano risplendere. Occultando la luce, si rendono colpevoli come il servo infingardo che ha nascosto il<br />

talento sotto terra (Mt 25,18ss). Far risplendere la luce è la manifestazione della propria fede davanti agli<br />

uomini (Mt 10,32-33) e ciò richiede sacrificio. Le direttive del discorso della montagna mirano a far sì che il<br />

comportamento degli uomini sia conforme al comportamento di Dio (Mt 5,48).<br />

I cristiani sono sale della terra e luce del mondo quando realizzano una vita buona diversa, delle opere buone<br />

diverse da quelle del mondo, che mettano criticamente in questione la vita contraria a Dio nella società e nei<br />

singoli.<br />

- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Parla Signore che il tuo servo ti ascolta<br />

Gen 3,9-21; Sal 118(119),1-8; Pr 2,1-10; Mt 5,13-16<br />

Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole e custodirai in te i miei precetti, tendendo il tuo orecchio alla sapienza,<br />

allora comprenderai il timore del Signore e troverai la conoscenza di Dio, perché il Signore dà la sapienza. (Pr. 2,1-<br />

2a.5-6a)<br />

“Figlio mio”:questa è Parola di Dio. E’ Lui perciò che chiama ciascuno di noi con la tenerezza del <strong>Padre</strong> per il figlio e col<br />

Battesimo lo siamo diventati realmente. Custodiamo in cuore questa parola e capiremo il timore del Signore. Potremo<br />

arrivare, come auspicava S. Paolo, “a comprendere quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità e<br />

conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza”(Ef.3,18-19a), semplicemente perché allora sapremo che Dio è<br />

Amore e ama proprio me. E' con quest’amore di figli che potremo essere sale della terra e luce del mondo, come Gesù nel<br />

Vangelo invita ad essere i suoi discepoli. E’ solo la carità che illumina il cammino, lo insegnano i santi, e dà sapore alla<br />

mia vita e a quella degli altri.<br />

Preghiamo<br />

O <strong>Padre</strong>,<br />

che ci chiami ad ascoltare<br />

il tuo amato Figlio,<br />

nutri la nostra fede con la tua parola<br />

e purifica gli occhi del nostro spirito.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Clemente Maria Hofbauer


Appartenente a una numerosa famiglia, Clemente Maria nacque a Tasswitz, in Moravia, il 26 dicembre 1751. A causa<br />

della prematura morte del padre, a otto anni iniziò a lavorare come apprendista panettiere. Grazie all’aiuto di una ricca<br />

famiglia poté proseguire gli studi, e dal 1780 al 1784 frequentare a Vienna i corsi di filosofia e teologia.<br />

Mentre era ancora in vita Alfonso Maria de’ Liguori, conobbe a Roma i Redentoristi, e il 24 ottobre 1784 entrò nella loro<br />

Congregazione. Dal 1787 al 1808 visse a Varsavia. Fondò le prime case di Redentoristi in Polonia, nel nord della<br />

Germania, in Svizzera e Romania.<br />

Dopo la soppressione degli istituti religiosi, Clemente Maria si trasferì a Vienna dove, anche se sotto sorveglianza, riuscì<br />

a svolgere un’attività apostolica, grazie alla sua capacità di dialogare con il mondo culturale, politico e religioso, anche<br />

non cattolico. Nel 1813 fu nominato rettore della chiesa di S. Orsola, e fino alla morte si impegnò nell’opera di<br />

evangelizzazione della capitale dell’impero.<br />

Morì il 15 marzo 1820, a sessantotto anni. Leone XIII lo proclamò beato il 29 gennaio 1888, e Pio X santo il 20 maggio<br />

1909. È patrono secondario di Vienna, e, in ricordo della sua primitiva occupazione, protettore dei fornai.


Mercoledì, 16 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 3,22-4,2; Sal 118; Pr 3,11-18; Mt 5,17-19<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 3, 22 - 4, 2<br />

In quei giorni. Il Signore Dio disse: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del<br />

male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre!». Il Signore<br />

Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose a oriente del<br />

giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all’albero della vita. Adamo conobbe<br />

Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». Poi partorì ancora<br />

Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo.<br />

SALMO<br />

Sal 118 (119), 9-16<br />

® Donami, Signore, la sapienza del cuore.<br />

Come potrà un giovane tenere pura la sua via?<br />

Osservando la tua parola.<br />

Con tutto il mio cuore ti cerco:<br />

non lasciarmi deviare dai tuoi comandi. ®<br />

Ripongo nel cuore la tua promessa<br />

per non peccare contro di te.<br />

Benedetto sei tu, Signore:<br />

insegnami i tuoi decreti. ®<br />

Con le mie labbra ho raccontato<br />

tutti i giudizi della tua bocca.<br />

Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia,<br />

più che in tutte le ricchezze. ®<br />

Voglio meditare i tuoi precetti,<br />

considerare le tue vie.<br />

Nei tuoi decreti è la mia delizia,<br />

non dimenticherò la tua parola. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 3, 11-18<br />

Figlio mio, / non disprezzare l’istruzione del Signore / e non aver a noia la sua correzione, / perché il Signore corregge chi<br />

ama, / come un padre il figlio prediletto. / Beato l’uomo che ha trovato la sapienza, / l’uomo che ottiene il discernimento:<br />

/ è una rendita che vale più dell’argento / e un provento superiore a quello dell’oro. / La sapienza è più preziosa di ogni<br />

perla / e quanto puoi desiderare non l’eguaglia. / Lunghi giorni sono nella sua destra / e nella sua sinistra ricchezza e<br />

onore; / le sue vie sono vie deliziose / e tutti i suoi sentieri conducono al benessere. / È un albero di vita per chi l’afferra, /<br />

e chi ad essa si stringe è beato.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 5, 17-19<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti;<br />

non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra,<br />

non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di<br />

questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li<br />

osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».


Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Gesù adempie le Scritture realizzando nella sua persona ciò che esse dicevano di lui. L’adempimento della<br />

Legge da parte di Gesù non è di ordine puramente dottrinale: è l’impegno stesso della sua vita e della sua<br />

morte.<br />

Egli non è venuto per frustrare le attese dell’Antico Testamento, ma per realizzarle: non vuota la Legge del suo<br />

contenuto, ma la riempie fino all’ultimo livello, portandola fino alla sua più alta espressione.<br />

Gesù non è un avversario di Mosè, ma non è nemmeno un suo discepolo; è al contrario il vero legislatore che<br />

Dio ha inviato agli uomini di tutti i tempi, di cui Mosè era solo un precursore.<br />

Alla venuta del Messia, Mosè è invitato a scomparire (cfr Mt 17,8). La Legge era incompleta non perché non<br />

esprimesse la volontà di Dio, ma perché la esprimeva in un modo imperfetto e inadeguato. Anche i minimi<br />

dettagli della Legge conservano il loro eterno valore, soprattutto se la Legge è quella rinnovata da Cristo (v.<br />

18).<br />

Gesù compie la Legge, che manifesta la volontà del <strong>Padre</strong>, amando i fratelli. L’amore non trascura neanche<br />

un minimo dettaglio, anzi manifesta la propria grandezza nelle attenzioni minime.<br />

Le realtà più solide, il cielo e la terra, potranno cadere ma non cadrà un iota, cioè la particella più piccola della<br />

Legge, finché non sia attuata. Non si tratta di salvaguardare l’adempimento del codice fin nelle sue minime<br />

prescrizioni, ma di comprenderne il profondo contenuto che sopravvive nel Vangelo: l’amore. Con la<br />

proclamazione del Vangelo l’Antico Testamento non finisce, ma si attua nel Nuovo.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Parla Signore che il tuo servo ti ascolta<br />

Gen 3,22-4,2; Sal 118(119),9-16; Pr 3,11-18; Mt 5,17-19<br />

Figlio mio, non disprezzare l’istruzione del Signore e non aver a noia la sua correzione perché il Signore corregge chi<br />

ama, come un padre il figlio prediletto. Beato l’uomo che ha trovato la sapienza, l’uomo che ottiene il discernimento.<br />

(Pr 3,11-13)<br />

Dio è nostro <strong>Padre</strong>. Noi siamo figli di Dio. Come <strong>Padre</strong> si occupa e si preoccupa di noi, usando anche la correzione<br />

quando occorre. Certe esperienze dolorose, vissute forse come “castigo di Dio”, col trascorrere del tempo si sono rivelate<br />

invece momenti di grazia che ci hanno permesso di crescere in maturità. E’ proprio della sapienza saper scoprire e<br />

accettare tutto ciò. Sapiente è chi riconosce nella legge di Dio non un ostacolo alla propria libertà, ma un’indicazione<br />

sicura per raggiungere la vera e duratura felicità. E’ Gesù, sapienza del <strong>Padre</strong> che lo chiede oggi nel suo Vangelo,<br />

ricordandoci che non è venuto ad abolire la Legge e chi ne osserverà ogni minimo precetto sarà considerato grande nel<br />

regno dei cieli.<br />

Preghiamo<br />

Signore Dio nostro,<br />

fa’ che formati nell’impegno<br />

delle buone opere<br />

e nell’ascolto della tua Parola,<br />

ti serviamo con generosa dedizione,<br />

liberi da ogni egoismo.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Sant’Eriberto, vescovo<br />

Discendente da un ramo dei Corradini, Eriberto nacque attorno al 970. Nel 997 entrò nella scuola cattedrale di Worms, e<br />

da lì, dopo alcuni anni, passò nel monastero riformatore di Gorze. Cancelliere di Ottone III per l’Italia nel 994, e per la<br />

Germania nel 998, venne eletto arcivescovo di Colonia nel 999, mentre si trovava a Benevento a fianco dell’imperatore.<br />

Umile e affabile, il vescovo di Colonia guidò la diocesi con dolcezza e zelo, consolando e confortando i suoi fedeli in anni<br />

segnati da rivolgimenti e terrore. Egli, per penitenza, portava sempre il cilicio, ma non approvava che il terrore ispirasse<br />

nei suoi fedeli forme aspre di sacrificio e penitenza. Nonostante l’impegno di cancelliere presso Ottone III, Eriberto si<br />

sentiva profondamente pastore e padre, sempre proteso a soccorrere miserie morali e materiali. Mentre avrebbe potuto<br />

vivere tranquillo nella reggia imperiale, si fece obbligo di visitare la propria diocesi, portando serenità e ispirando<br />

generosità e spirito evangelico, e proprio durante una di queste visite pastorali morì, a Deutz, il 16 marzo 1021. Fu sepolto<br />

nel monastero di Gorze.


Giovedì, 17 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 5,1-4; Sal 118; Pr 3,27-32; Mt 5,20-26<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 5, 1-4<br />

Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e<br />

femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo aveva centotrenta anni<br />

quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set. Dopo aver generato Set, Adamo<br />

visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie.<br />

SALMO<br />

Sal 118 (119), 17-24<br />

® Mostrami, Signore, la via dei tuoi precetti.<br />

Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,<br />

osserverò la tua parola.<br />

Aprimi gli occhi perché io consideri<br />

le meraviglie della tua legge. ®<br />

Forestiero sono qui sulla terra:<br />

non nascondermi i tuoi comandi.<br />

Io mi consumo nel desiderio<br />

dei tuoi giudizi in ogni momento. ®<br />

Tu minacci gli orgogliosi, i maledetti,<br />

che devìano dai tuoi comandi.<br />

Allontana da me vergogna e disprezzo,<br />

perché ho custodito i tuoi insegnamenti. ®<br />

Anche se i potenti siedono e mi calunniano,<br />

il tuo servo medita i tuoi decreti.<br />

I tuoi insegnamenti sono la mia delizia:<br />

sono essi i miei consiglieri. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 3, 27-32<br />

Figlio mio, / non negare un bene a chi ne ha il diritto, / se hai la possibilità di farlo. / Non dire al tuo prossimo: / «Va’,<br />

ripassa, te lo darò domani», / se tu possiedi ciò che ti chiede. / Non tramare il male contro il tuo prossimo, / mentre egli<br />

dimora fiducioso presso di te. / Non litigare senza motivo con nessuno, / se non ti ha fatto nulla di male. / Non invidiare<br />

l’uomo violento / e non irritarti per tutti i suoi successi, / perché il Signore ha in orrore il perverso, / mentre la sua<br />

amicizia è per i giusti.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 5, 20-26<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e<br />

dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà<br />

essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.<br />

Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della<br />

Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il<br />

tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto<br />

d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice<br />

alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo<br />

spicciolo!».


Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

La concezione della giustizia secondo Matteo non può essere confusa con quella di Paolo. Per Paolo la<br />

giustizia è la giustificazione di Dio concessa per grazia all’uomo; per Matteo è il retto agire richiesto da Dio<br />

all’uomo.<br />

Gesù ha rimesso in vigore la Legge come legge di Dio e documento dell’alleanza, ripulita da tutte le storture e<br />

le aggiunte delle tradizioni umane e delle incrostazioni depositate dai secoli.<br />

La migliore giustizia, che deve superare quella degli scribi e dei farisei, richiesta da Cristo ai suoi discepoli sta<br />

anche nel fatto che Gesù ha ricondotto i singoli precetti a un principio dominante: l’esigenza dell’amore di Dio<br />

e del prossimo, da cui dipendono la Legge e i Profeti.<br />

Gesù non propone una legge diversa, come appare chiaro in Mt 5,17: «Non pensate che io sia venuto ad<br />

abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento».<br />

Gesù parla con autorità pari a quella di Dio che diede i Dieci Comandamenti. «Ma io vi dico» non contraddice<br />

quanto è stato detto, ma lo chiarisce, lo modifica in ciò che suona concessione, e passa dalle semplici azioni<br />

ai desideri del cuore, da cui tutto promana.<br />

«Ma io vi dico» non è un’antitesi, ma un completamento: l’uccisione fisica viene da un’uccisione interna<br />

dell’altro: dall’ira, dal disprezzo, dalla rottura della fraternità nei suoi confronti. L’ira è l’uccisione dell’altro nel<br />

proprio cuore. Il disprezzo è l’uccisione interiore che prepara e permette quella esteriore.<br />

Tutte le guerre sono precedute da una campagna denigratoria del nemico, considerato indegno di vivere e<br />

meritevole della morte: di conseguenza, ucciderlo è un dovere; anzi, è un’opera gradita a Dio, come ci ha<br />

detto Gesù: «Verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio» (Gv 16,2).<br />

Il comandamento dell’amore del prossimo è superiore anche a quello del culto. La pace con il fratello è<br />

condizione indispensabile per la pace e l’incontro con il <strong>Padre</strong>. Ciò che impedisce il contatto con i fratelli<br />

impedisce anche il contatto con Dio.<br />

Non solo chi ha offeso, ma anche chi è stato offeso, deve riconciliarsi col fratello prima di prendere parte a un<br />

atto di culto. Non è questione di ragione o di torto; quando c’è qualcosa che divide due membri della stessa<br />

comunità, tale ostacolo deve scomparire per poter comunicare con Dio.<br />

La vita è un cammino di riconciliazione con gli altri. Non importa se si ha torto o ragione: se non si va<br />

d’accordo con i fratelli, non si è figli di Dio. La realtà di figli di Dio si manifesta necessariamente nel vivere da<br />

fratelli in Cristo.<br />

Se non si passa dalla logica del debito a quella del dono e del perdono, si perde la vita di figli del <strong>Padre</strong> (cfr Mt<br />

18,21-35).<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Parla Signore che il tuo servo ti ascolta.<br />

Gen 5,1-4; Sal 118(119),17-24, Pr 3,27-32; Mt 5,20-26<br />

Figlio mio, non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non tramare il male contro il tuo<br />

prossimo mentre egli dimora fiducioso presso di te. Non litigare senza motivo con nessuno. (Pr 3,27.29-30a)<br />

Il <strong>Padre</strong> istruisce ed esorta alla benevolenza verso il prossimo. E’ <strong>Padre</strong>, perciò desidera che tutti i suoi figli vivano<br />

volendosi bene e in armonia. Forse se tutti e ovunque osservassero queste norme avremmo risolto il problema della pace<br />

nel mondo. Viviamole almeno noi per mantenere le famiglie e le comunità nella concordia. Gesù, sapienza incarnata ci<br />

dice però che si deve andare oltre. Il modello è proprio Lui che dall’alto della croce ha amato e perdonato i suoi<br />

crocifissori. Noi, suoi discepoli, siamo chiamati ad amare senza misura, nella fragilità della natura umana, che però,<br />

vivificata dalla forza dello Spirito, diventa capace di eroismi. I Santi, creature limitate come noi, sono lì a dimostrarcelo.<br />

Preghiamo<br />

Vieni in nostro aiuto,<br />

<strong>Padre</strong> misericordioso,<br />

perché possiamo vivere<br />

e agire sempre in quella carità<br />

che spinse il tuo Figlio<br />

a dare la vita per noi.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Patrizio


E' il giorno dedicato, nel calendario della Chiesa universale, alla memoria di san Patrizio, vescovo, ma nel <strong>Rito</strong><br />

ambrosiano tale memoria è anticipata al 18 febbraio. A tale data è stato dunque riportato il suo profilo.<br />

Si ricorda oggi anche santa Gertrude di Nivelles, abbadessa.<br />

Gertrude nacque verso il 626-627 a Landen (nell’attuale Limburgo belga), figlia cadetta di Pipino I il vecchio. Dopo la<br />

morte del padre, avvenuta nel 640, su consiglio della madre, Gertrude prese il velo delle vergini nel monastero di<br />

Nivelles, nel Brabante, fondato dalla madre. È questa la più antica fondazione monastica dei Paesi Bassi, che<br />

comprendevano anche l’attuale Belgio.<br />

Di questo monastero “familiare” Gertrude divenne abbadessa saggia, profondamente religiosa, dalla vita austera, piena<br />

d’amore verso i poveri e i pellegrini. Alla morte della madre nel 652, Gertrude, per potersi dedicare più assiduamente alla<br />

contemplazione e allo studio della sacre Scritture, affidò a dei monaci l’amministrazione degli affari esterni, chiedendo<br />

alle consorelle più capaci l’aiuto per le necessità interne. Nivelles divenne così un monastero doppio, di ispirazione<br />

irlandese, ma sotto la guida femminile, dell’abbadessa e delle sue monache.<br />

Gertrude morì il 17 marzo 659, a 33 anni. Il suo sepolcro è stato ritrovato sotto la chiesa a lei intitolata a Nivelles. Il suo<br />

culto si sviluppò subito dopo la sua morte, con miracoli avvenuti presso la sua tomba, e fu uno dei più diffusi del<br />

Medioevo nel Brabante, in Germania, ma anche nell’Europa dell’est, compresa la Polonia.


Venerdì 19 <strong>Marzo</strong> 2011 I Settimana di Quaresima<br />

Feria aliturgica<br />

Nel <strong>Rito</strong> <strong>Ambrosiano</strong> nei venerdì di Quaresima non si celebra la santa Messa.<br />

E' invece raccomandata la celebrazione solenne dei Vespri con il popolo.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Parla Signore che il tuo servo ti ascolta.<br />

Giorno aneucaristico<br />

“Nella notte in cui veniva tradito”. Gli empi stavano meditando la sua morte, preparavano supplizi, insulti, vituperi e la<br />

croce; Egli invece per loro appresta un dono grande ed eccellente. La sua anima era angustiata; era triste fino alla morte,<br />

sudava sangue; ma era più preoccupato della nostra salvezza che della sua passione. Vedete la grandezza di un amore che<br />

dimentica tutte le sofferenze, sprezza i pericoli, s’interessa solamente della salvezza degli uomini! Era vicino a morire, ma<br />

non pensava alla morte. Incombevano su di Lui mille pericoli che prevedeva con l’occhio di Dio, ma non cercava di<br />

evitarli. Stava per essere tradito dal discepolo e s’industriava di liberarci da noi stessi e dalle fauci del Nemico. Stavamo<br />

accumulando per Lui ogni tipo di male e la morte, ed Egli si donava in cibo a noi. Il Figlio di Dio voleva reintegrare<br />

l’uomo in una dignità pari alla precedente, anzi maggiore; perciò gli preparava un cibo celeste, sé stesso, il suo Corpo e il<br />

suo Sangue come nutrimento. (San Carlo Borromeo, Omelie)<br />

Preghiamo<br />

Dio onnipotente ed eterno,<br />

fa’ che abbiamo sempre presente<br />

il grande insegnamento della passione<br />

del Cristo tuo Figlio.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Cirillo, vescovo di Gerusalemme (secolo IV)<br />

Nacque intorno al 315 da genitori cristiani. Iniziato alla vita monastica e allo studio delle Scritture, fu ordinato presbitero<br />

dal vescovo Massimo, al quale nel 348 succedette nella cattedra di Gerusalemme. Tutta la sua vita fu coinvolta nel<br />

travaglio di un periodo tormentato e confuso, quando le controversie teologiche, connesse con le lotte delle fazioni<br />

politiche ed episcopali, furono piuttosto esasperate che conchiuse con la condanna di Ario.<br />

Tre volte, ingiustamente accusato di errori dottrinali e legami con correnti dell’arianesimo, fu condannato all’esilio,<br />

conquistando con la sua predicazione l’ammirazione e la stima del popolo presso il quale scontava la sua pena. Tornato<br />

definitivamente alla sua sede nel 378, vi prestò le sue cure di pastore interamente dedito all’edificazione del suo gregge<br />

fino alla morte, avvenuta nel 386. Ne testimonia Basilio, che elogiò più tardi la fiorente vita della comunità cristiana di<br />

Geruralemme.<br />

Sebbene Rufino denunci l’incostanza di Cirillo nella retta professione di fede, la sua vita si può considerare spesa, non<br />

senza personali sofferenze, al servizio dell’ortodossia. Pur non essendo un sottile ingegno speculativo, ma piuttosto un<br />

pastore che istruisce il suo gregge, egli dà prova di piena ortodossia nella dottrina sia trinitaria che cristologia.<br />

Partecipò nel 381 al Concilio di Costantinopoli (secondo concilio ecumenico) e a quello successivo del 382 e lasciò nelle<br />

sue 24 Catechesi un’opera che gli valse il titolo di Dottore della Chiesa. Vi sono compendiate le sue istruzioni ai candidati<br />

al battesimo e ai neobattezzati sul Simbolo, la Penitenza, il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia. Il pensiero cristiano,<br />

negli aspetti dogmatici, morali e sacramentali vi è presentato in un’esposizione trasparente, sicura ed efficace per<br />

l’adattamento psicologico dell’oratore alla mentalità dell’uditorio.<br />

Le fonti di Cirillo sono le Scritture e la tradizione apostolica. Cirillo fu venerato sia in Oriente che in Occidente fin<br />

dall’antichità.<br />

Il Martirologio Romano ne celebra la memoria il 18 marzo, data, secondo un calendario siriano, della sua morte.


Sabato, 19 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Messa nel giorno: Sir 44,23h-45,2a.3d-5d; Sal 15; Eb 11,1-2.7-9.13c.39-12,2b; Mt 2,19-23<br />

Messa vigiliare:Mc 9, 2b-10; Es 20,2-24; Sal 18; Ef 1,15-23; Gv 4,5-42<br />

San Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria - solennità<br />

Messa nel giorno:<br />

Lettura<br />

Lettura del libro del Siracide 44, 23h - 45, 2a. 3d-5d<br />

Il Signore Dio da Giacobbe fece sorgere un uomo mite, che incontrò favore agli occhi di tutti, amato da Dio e dagli<br />

uomini, il cui ricordo è in benedizione. Gli diede gloria pari a quella dei santi e gli mostrò parte della sua gloria. Lo<br />

santificò nella fedeltà e nella mitezza, lo scelse fra tutti gli uomini. Gli fece udire la sua voce, lo fece entrare nella nube<br />

oscura e gli diede faccia a faccia i comandamenti, legge di vita e d’intelligenza.<br />

Salmo<br />

Sal 15 (16)<br />

R.: Tu sei fedele, Signore, alle tue promesse.<br />

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:<br />

nelle tue mani è la mia vita.<br />

Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi:<br />

la mia eredità è stupenda. R<br />

Io pongo sempre davanti a me il Signore,<br />

sta alla mia destra, non potrò vacillare.<br />

Per questo gioisce il mio cuore<br />

ed esulta la mia anima. R<br />

Mi indicherai il sentiero della vita,<br />

gioia piena alla tua presenza,<br />

dolcezza senza fine alla tua destra. R<br />

Epistola<br />

Lettera agli Ebrei 11, 1-2. 7-9. 13c. 39 - 12, 2b<br />

Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati<br />

approvati da Dio. Per fede, Noè, avvertito di cose che ancora non si vedevano, preso da sacro timore, costruì un’arca per<br />

la salvezza della sua famiglia; e per questa fede condannò il mondo e ricevette in eredità la giustizia secondo la fede. Per<br />

fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove<br />

andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche<br />

Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni<br />

promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano. Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede,<br />

non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non<br />

ottenessero la perfezione senza di noi. Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto<br />

ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo<br />

sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento.<br />

Vangelo<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 2, 19-23<br />

In quel tempo. Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati,<br />

prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il<br />

bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella<br />

Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione<br />

della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei<br />

profeti: «Sarà chiamato Nazareno».


Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

L’occasione per il ritorno in patria è data dalla morte di Erode. L’ordine impartito dal Signore per mezzo<br />

dell’angelo sottolinea la guida di Dio. Il passaggio al plurale «sono morti» (v. 20) costituisce un’evidente<br />

imitazione della storia di Mosè (Es 4,19). La famiglia di Gesù non va più a Betlemme, in Giudea, ma a<br />

Nazaret, in Galilea. Il motivo è costituito dal nuovo assetto politico avvenuto dopo la morte di Erode. Il regno di<br />

Erode fu diviso tra tre dei suoi figli. Archelao ottenne la Giudea, la Samaria e l’Idumea; Erode Antipa la Galilea<br />

e la Perea; e Filippo i territori ad oriente e a settentrione del lago di Genesaret. Di tale cambiamento Giuseppe<br />

viene a conoscenza al suo arrivo in Israele. L’ordine che riceve in sogno gli comanda di recarsi in Galilea.<br />

L’ingresso di Gesù in terra d’Israele è travagliato. Fin d’ora si incomincia ad avvertire il rifiuto da parte della<br />

sua gente.<br />

Nazaret diventa la patria di Gesù. Di questa località non abbiamo nessuna notizia né nell’Antico Testamento<br />

né nel giudaismo contemporaneo, e questo è un indizio della sua irrilevanza (Gv 1,46). Evidentemente<br />

Nazaret, quale patria di Gesù, costituiva un elemento del conflitto che opponeva il cristianesimo al giudaismo.<br />

L’obiezione giudaica era questa: il Messia non poteva provenire da questo paesino (Gv 7,40-43). Infatti, come<br />

si poteva dimostrare che questa provenienza era conforme alla Scrittura, se Nazaret non ricorre affatto<br />

nell’Antico Testamento? La risposta sta nel v. 23.<br />

Il nome Nazoreo ricorre 13 volte nel Nuovo Testamento. Da questo si può dedurre che nel cristianesimo<br />

primitivo era stato una designazione frequente di Gesù. In un solo passo del Nuovo Testamento i discepoli di<br />

Gesù sono chiamati Nazorei (At 24,5). Luca usa indistintamente i termini Nazoreo e Nazareno (4,34; 24,19).<br />

Matteo, invece, evita sempre il termine Nazareno: per lui Nazoreo significa uomo di Nazaret. Il primo capitolo<br />

si era concluso con l’imposizione di un nome, Gesù, il secondo si conclude con l’imposizione di un altro nome,<br />

Nazoreo.<br />

Ci sono e vengono discusse altre due possibilità. Gesù sarebbe presentato da Matteo come nazir, nazireo,<br />

consacrato a Dio, santo di Dio (Nm 6,3ss). Ma l’immagine del nazireo si adattava meglio a Giovanni Battista<br />

che a Gesù, al quale si rimproverava di essere un mangione e un beone Mt 11,19). Più persuasiva è<br />

l’interpretazione messianica del nome Nazoreo. Essa si fonda sull’affinità fonetica di questo nome con nezer, il<br />

virgulto messianico atteso dal profeta: «Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse e un ‘virgulto’ darà frutto<br />

dalle sue radici» (Is 11,1).<br />

L’evangelista che ha incentrato l’annunzio della nascita sull’oracolo dell’Emmanuele attinto da Is 7,14, forse vi<br />

ritorna con questa citazione finale. «Sarà chiamato Nazoreo» (nezer: Is 11,1) potrebbe essere una citazione<br />

parallela a: «Sarà chiamato Emmanuele» (Is 7,14). L’appellativo «nazoreo» che, al momento in cui Matteo<br />

scriveva il suo vangelo, serviva a deridere il Messia e i suoi discepoli (cfr Gv1,46) e che apparirà sulla croce<br />

come motivo di condanna del Cristo (Gv 19,19) trova qui la sua piena giustificazione biblico-profetica. Gesù<br />

Nazoreo è il vero re dei giudei annunciato dalle Scritture e che i fatti della sua infanzia dimostrano come tale.<br />

Con quest’ultimo accenno l’autore finisce di tratteggiare la figura e di rievocare la missione di Gesù. In lui si<br />

riassume quanto di positivo si trova nella precedente storia biblica.<br />

Scrive E. Galbiati: «Mosè e l’Esodo, il periodo dei giudici e dei carismatici; gli splendori del regno e la sapienza<br />

di Salomone; l’esilio e la speranza della restaurazione: tutta questa storia è in funzione di Gesù. Appunto per<br />

questo Matteo ha voluto presentare l’infanzia di Gesù in funzione di questa idea».<br />

Attraverso i testi dell’Antico Testamento citati, evocati o semplicemente presentati in<br />

filigrana, in questo brano Gesù appare come il «nuovo Giacobbe/Israele» e il «nuovo<br />

Mosè». Tutto si svolge in un lungo esodo: da Betlemme a Nazaret, via Egitto.<br />

Il re Erode che ordina il massacro degli innocenti per ragioni di stato (v. 16), ricorda il<br />

faraone, re d’Egitto, che ordina la soppressione di tutti i bambini ebrei (Es 1,15-22).<br />

Come Mosè era riuscito a sfuggire misteriosamente alla morte (Es 2,1-10) e si era<br />

rifugiato all’estero per sfuggire al faraone (Es 2,11-15), prima di affrontarlo<br />

apertamente, per ordine di Dio, dopo aver ricevuto l’investitura profetica (Es 3,1-12),<br />

così Gesù scampa al massacro, fugge da Erode andando all’estero in Egitto (vv. 13-<br />

15) e si ritira quindi a Nazaret (v. 23), per ricomparire a predicare pubblicamente,<br />

dopo l’investitura messianica in occasione del battesimo (cap. 3 e 4).<br />

Matteo stesso ci dà la chiave di questo parallelo, riportando al v. 20 una frase di Es<br />

4,19: «perché sono morti coloro che cercavano di farti morire». I termini con cui Gesù<br />

e Mosè sono richiamati dall’esilio per liberare il popolo di Dio sono identici.<br />

Gesù viene anche paragonato a Giacobbe/Israele (cfr Gen 46,2-5). Come Giacobbe,<br />

dopo la discesa in Egitto, ritornò cresciuto nelle dimensioni di un popolo, così Gesù<br />

scompare in questa terra di schiavitù che è il mondo, per ricevere la chiamata di Dio<br />

attraverso le acque e il deserto (cfr. cap.4). Questa interpretazione è confermata dalla<br />

citazione di Osea 11,1: «Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio».<br />

Gesù viene identificato con tutto il popolo di Israele. La fuga di Cristo, nuovo


Giacobbe, in Egitto e il suo ritorno nella terra di Israele alla testa delle folle che lo<br />

seguono (cfr 4,25) prefigurano già ciò che il mistero pasquale realizzerà per tutta<br />

l’umanità.<br />

E infine la citazione dei «profeti» (v. 23), che non troviamo in nessuna parte della<br />

Scrittura, invita a pensare che ci scontriamo qui con un fatto inaspettato: la presenza<br />

di Gesù a Nazaret. Questo piccolo villaggio della Galilea non ha riscontro nell’Antico<br />

Testamento. È là, tuttavia, che Gesù, al ritorno dall’esilio, fa terminare il suo esodo.<br />

La Galilea è importante per Matteo; essa è chiamata «Galilea delle genti» (Is 8,23—<br />

9,1; Mt 4,15-16); per questo rappresenta la primizia del ritorno di tutti i popoli a Dio.<br />

L’infanzia di Gesù è la prima tappa del vangelo e lo contiene tutto intero. Questi due<br />

capitoli sono come una rilettura di tutto l’Antico Testamento attraverso la storia del<br />

bambino Gesù. Egli viene ad adempiere le promesse fatte ad Israele. Attraverso le<br />

cinque citazioni della Scrittura qui riportate, la Parola di Dio ci insegna che Gesù, già<br />

chiamato «mio figlio» (2,15) è realmente fin dall’origine il Cristo di Dio, come lo<br />

mostrerà la narrazione dei capitoli 3 e 4, centrata sulla venuta dello Spirito, e la voce<br />

che risuona dal cielo al battesimo di Gesù.<br />

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Messa vigiliare della Domenica della Samaritana - II di Quaresima<br />

LETTURA VIGILIARE<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 9, 2b-10<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro<br />

soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe<br />

renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù:<br />

«Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che<br />

cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il<br />

Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo,<br />

con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il<br />

Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai<br />

morti.<br />

Lode e onore a te, Cristo Signore, nei secoli dei secoli.<br />

®. Amen.<br />

Seguono le letture della Messa nel giorno della Domenica:<br />

Es 20,2-24; Sal 18; Ef 1,15-23; Gv 4,5-42<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Nella narrazione della trasfigurazione ritroviamo i tre testimoni della risurrezione della figlia di Giairo: Pietro,<br />

Giacomo e Giovanni. Li troveremo anche nel Getsemani. C’è uno stretto legame tra questi tre episodi.<br />

Il primo manifesta il potere di Gesù sulla morte. La trasfigurazione è un’anticipazione della gloria della<br />

risurrezione. L’agonia, che è il contrasto totale con i primi due episodi, mostra in qual modo Gesù cammina<br />

verso la gloria: accettando di entrare totalmente nelle vedute del <strong>Padre</strong> (cfr 14,36).<br />

Anche qui, come nel battesimo, si fa sentire la voce del <strong>Padre</strong> che parla dalla nube. Ma questa volta non si<br />

rivolge soltanto a Gesù (cfr 1,11), ma ai tre discepoli. Il titolo di «Figlio mio prediletto» che richiama allo stesso<br />

tempo la regalità del Messia (cfr Sal 2,7) e il destino del Servo di Dio (cfr Is 42,1), conferma la verità di ciò che<br />

Pietro non ha ancora accettato: che la glorificazione del Messia si realizza attraverso la sofferenza.<br />

In più, alla rivelazione fa seguito un comando: «Ascoltatelo!». La parola del <strong>Padre</strong> viene ad appoggiare<br />

l’insegnamento di Gesù sulla sua passione e risurrezione. In questa prospettiva, la trasfigurazione appare<br />

come l’anticipata manifestazione della gloria di Cristo. Dal racconto della trasfigurazione dobbiamo imparare<br />

che solo nella luce della risurrezione si comprende il mistero della croce.<br />

La trasfigurazione, e non la sfigurazione, è il punto di arrivo dell’uomo e dell’universo. Il nostro volto non è<br />

quello disfatto dallo sfacelo della morte, ma quello trasfigurato della risurrezione.<br />

La trasfigurazione corrisponde alla vita nuova che il battesimo ci conferisce attraverso la croce: un’esistenza<br />

pasquale, passata dall’egoismo all’amore, dalla tristezza alla gioia, dall’inquietudine alla pace. Sul nostro volto<br />

deve brillare il riflesso del volto del Risorto, che è il volto stesso del <strong>Padre</strong>.<br />

Rispondendo alla domanda sulla venuta di Elia (v. 11), Gesù riconduce i suoi discepoli alla prospettiva<br />

realistica della passione, che questa scena della trasfigurazione illumina, ma non attenua in nessun modo.


Chi vuole intendere la risurrezione di Gesù, deve entrare prima nel mistero della sua passione. La sofferenza<br />

del giusto sconfitto, che a noi fa problema, per Gesù è la soluzione del problema: il male lo vince chi non lo fa<br />

e porta su di sé il male degli altri.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Parla Signore che il tuo servo ti ascolta.<br />

San Giuseppe<br />

Sir.44,23h-45,2a.3d-5d;Sal.15;Eb.11,1-2.7-9.13c.39-12,2b;Mt.2,19-23 opp. Lc.2,41-49.<br />

Amato da Dio e dagli uomini:Mosè, il cui ricordo è in benedizione. Lo santificò nella fedeltà e nella mitezza. Gli fece<br />

udire la sua voce e gli diede faccia a faccia i comandamenti, legge di vita e d’intelligenza. (Sir.45,1.4a.5a.c-d)<br />

Breve, ma denso ritratto di Mosè che ben si adatta a san Giuseppe. Se il ricordo di Mosè è in benedizione perché ha<br />

consegnato i comandamenti al popolo d’Israele, a maggior ragione si può dire di S. Giuseppe che ha ricevuto il Figlio di<br />

Dio da custodire e far crescere, come vero uomo tra gli uomini. A lui sono stati affidati gli inizi della redenzione e se<br />

l’umanità può ora goderne il frutto maturo della risurrezione, lo dobbiamo anche a quest’umile falegname. Nel silenzio e<br />

nel nascondimento ha trascorso la sua esistenza, non grandi gesta, né imprese eroiche, ha solo fatto bene il proprio dovere<br />

di sposo e padre, come gli ha chiesto il Signore. Ha ascoltato e obbedito a Dio, senza esitazioni né ripensamenti, ecco la<br />

grandezza di san Giuseppe.<br />

Preghiamo<br />

O <strong>Padre</strong><br />

donaci la stessa fedeltà<br />

e purezza di cuore che<br />

animò san Giuseppe<br />

nel servire il tuo unico Figlio,<br />

nato dalla Vergine Maria.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Giuseppe, sposo della beata vergine Maria - solennità<br />

Discendente della stirpe di Davide attraverso Giacobbe (Mt 1,16) ed Eli (Lc 3,23), Giuseppe, il cui nome in ebraico<br />

significa “Jahvé accresca, o aggiunga”, visse a Nazareth, in Galilea svolgendo l’attività di falegname. Attraverso<br />

l’apparizione di un angelo, che in sogno gli rivela la divina maternità di Maria, sua sposa, riceve l’incarico di assumere la<br />

paternità del figlio generato per opera dello Spirito Santo. Sempre in sogno, dopo la nascita del figlio Gesù, un angelo lo<br />

esorta a fuggire in Egitto per salvare il Bambino dalla persecuzione di Erode, e solo alla morte di costui poté ritornare a<br />

Nazareth con Maria e il figlio Gesù. Giuseppe è presente ancora nel vangelo quando Gesù dodicenne si allontana dai<br />

genitori per discutere con i dottori nel tempio. È sempre presentato come “sposo di Maria” e “padre” di Gesù, considerato<br />

come suo figlio, sia dalla sposa (Lc 2,48) che dagli estranei (Lc 4,22) e gli è attribuita la qualifica di “giusto” (Mt 1,19). I<br />

vangeli non ci informano di più sulla<br />

sua vita, e nulla narrano della sua morte e sul luogo della sua sepoltura, mentre i vangeli apocrifi riportano tante leggende<br />

sul conto della santa famiglia. Dagli evangelisti Giuseppe è considerato parte integrante della storia della salvezza,<br />

intimamente legato al piano dell’incarnazione. Gesù è discendente di Davide “secondo la carne” (Rm 1,3), quindi Dio è<br />

stato fedele alle sue promesse proprio grazie alla presenza e alla fede di Giuseppe il quale, accogliendo come suo il “figlio<br />

di Maria”, sua legittima sposa, lo inserisce nella discendenza davidica, da cui doveva nascere il Messia. La devozione di<br />

san Giuseppe, accanto a quella della Vergine sua sposa, è sempre stata cara al popolo cristiano, che ne implora la<br />

intercessione nei tempi più difficili. Papa Giovanni XXIII, che nutriva un’affezione particolare per san Giuseppe, stabilì<br />

che nel Canone Romano della messa fosse inserito il suo nome accanto a quello della Vergine Maria, prima degli angeli,<br />

dei sommi pontefici e dei martiri. In Occidente il culto di san Giuseppe è relativamente tardo, mentre in Oriente risale al<br />

IV secolo. In Europa ne troviamo le prime testimonianze nei Martirologi del X secolo, alla data del 19 marzo, destinata a<br />

diventare festa universale nel 1621, quando Gregorio XV la estenderà a tutta la Chiesa.


DOMENICA DELLA SAMARITANA - II DI QUARESIMA - 20 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Es 20,2-24; Sal 18; Ef 1,15-23; Gv 4,5-42<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro dell’Esodo 20, 2-24<br />

In quei giorni. / Il Signore parlò a Mosè e disse: / «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto,<br />

dalla condizione servile: / Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel<br />

cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li<br />

servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla<br />

quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi<br />

amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non<br />

lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e<br />

farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo<br />

figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in<br />

sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il<br />

Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi<br />

giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. / Non ucciderai. / Non commetterai adulterio. / Non ruberai. / Non<br />

pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la<br />

moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga<br />

al tuo prossimo». Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu<br />

preso da tremore e si tenne lontano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio,<br />

altrimenti moriremo!». Mosè disse al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo<br />

timore sia sempre su di voi e non pecchiate». Il popolo si tenne dunque lontano, mentre Mosè avanzò verso la nube oscura<br />

dove era Dio. Il Signore disse a Mosè: «Così dirai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto che vi ho parlato dal cielo! Non<br />

farete dèi d’argento e dèi d’oro accanto a me: non ne farete per voi! Farai per me un altare di terra e sopra di esso offrirai i<br />

tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò far ricordare il mio<br />

nome, verrò a te e ti benedirò”».<br />

SALMO<br />

Sal 18 (19)<br />

® Signore, tu solo hai parole di vita eterna.<br />

La legge del Signore è perfetta,<br />

rinfranca l’anima;<br />

il comando del Signore è limpido,<br />

illumina gli occhi. ®<br />

Il timore del Signore è puro,<br />

rimane per sempre;<br />

i giudizi del Signore sono fedeli,<br />

sono tutti giusti. ®<br />

Ti siano gradite le parole della mia bocca;<br />

davanti a te i pensieri del mio cuore,<br />

Signore, mia roccia e mio redentore. ®<br />

EPISTOLA<br />

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 1, 15-23<br />

Fratelli, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente<br />

rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il <strong>Padre</strong> della gloria,<br />

vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per<br />

farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la<br />

straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.<br />

Egli la manifestò in Cristo, / quando lo risuscitò dai morti / e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, / al di sopra di ogni<br />

Principato e Potenza, / al di sopra di ogni Forza e Dominazione / e di ogni nome che viene nominato / non solo nel tempo<br />

presente ma anche in quello futuro. / Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi / e lo ha dato alla Chiesa come capo su<br />

tutte le cose: / essa è il corpo di lui, / la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.


VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 4, 5-42<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato<br />

a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era<br />

circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli<br />

erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da<br />

bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se<br />

tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato<br />

acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua<br />

viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo<br />

bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò,<br />

non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita<br />

eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad<br />

attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice<br />

Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo<br />

hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte;<br />

voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né<br />

su questo monte né a Gerusalemme adorerete il <strong>Padre</strong>. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che<br />

conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il <strong>Padre</strong><br />

in spirito e verità: così infatti il <strong>Padre</strong> vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono<br />

adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci<br />

annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si<br />

meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?».<br />

La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto<br />

quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano:<br />

«Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano<br />

l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi<br />

ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico:<br />

alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto<br />

per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno<br />

semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati<br />

nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha<br />

detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là<br />

due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo,<br />

ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Gesù è informato che i farisei sono allarmati per il suo grande successo, superiore a quello di Giovanni. Il<br />

battesimo amministrato da Gesù e dai suoi discepoli in questo momento della storia della salvezza era un<br />

mezzo per aggregare dei seguaci al suo movimento religioso.<br />

Per questo viaggio dalla Giudea alla Galilea, Gesù doveva attraversare la Samaria. Questa necessità è più<br />

teologica che geografica. Il <strong>Padre</strong> vuole che Gesù evangelizzi i samaritani.<br />

Questo sembra l’unico passo del Nuovo Testamento in cui si parla della stanchezza di Gesù. Gesù affaticato<br />

presso il pozzo di Giacobbe è l’esemplare dei missionari evangelici: evangelizza e salva anche mentre riposa.<br />

L’incontro con la donna samaritana è una scena tipicamente biblica. Nelle storie dei patriarchi più di una volta<br />

è narrato l’incontro con un uomo stanco, incaricato di una missione straordinaria, con una donna eletta, presso<br />

una fonte. Ricordiamo l’incontro tra Rebecca e il capo dei servi di Abramo (Gen 24,11ss); quello tra Giacobbe<br />

e Rachele (Gen 29,1ss); e quello tra Mosè e le figlie di Reuel, una delle quali diverrà sua moglie (Es 2,15ss).<br />

La scena di Gesù con la samaritana rievoca più da vicino quella di Es 2,15ss come ce la descrive Flavio<br />

Giuseppe: Mosè, fuggendo dall’Egitto, arriva affamato e stanco a un pozzo, situato a poca distanza da una<br />

città: Sfinito vi si riposa, sul mezzogiorno. Ed ecco venire al pozzo le figlie del sacerdote Reuel. La situazione<br />

è assai simile a quella descritta in questo brano del vangelo.<br />

La richiesta di Gesù: "Dammi da bere" è veramente insolita per gli usi di quel tempo. Un Maestro non poteva<br />

abbassarsi fino al punto di rivolgere la parola a una donna in pubblico. E siccome questa donna era<br />

samaritana, i giudei la disprezzavano doppiamente. Per questo è comprensibile la meraviglia della samaritana:<br />

"Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?".<br />

Con questo particolare si vuole mettere in luce, fin dall’inizio del racconto, che quell’uomo seduto a<br />

mezzogiorno presso il pozzo di Giacobbe è qualcuno diverso dai maestri d’Israele: egli è colui che non rispetta<br />

le barriere erette dagli uomini e consacrate dal costume e dagli usi, che creano differenze e aprono abissi


invalicabili, ma vede in tutti, uomini o donne che siano, creature di Dio, per le quali è venuto il Salvatore e a cui<br />

bisogna far udire la chiamata di Dio.<br />

Nella domanda di Gesù: "Dammi da bere" si rivela un tratto di umanità che caratterizza la realtà<br />

dell’incarnazione di Gesù: egli mendica un sorso d’acqua. E’ uno dei tratti di umanità che caratterizzano il<br />

vangelo secondo Giovanni, dove le più alte rivelazioni e i miracoli più importanti partono sempre dai più umili<br />

bisogni degli uomini.<br />

Un giudeo autentico non avrebbe mai toccato con le sue labbra l’orlo di un vaso dal quale avesse bevuto<br />

prima un samaritano. Con questa richiesta Gesù fa capire che, di fronte alle questioni nazionali e religiose, egli<br />

prende un atteggiamento diverso dai giudei. Per la sua missione e il suo messaggio non esistono barriere di<br />

nazionalità e di culti particolari.<br />

Dal v.10 in avanti Gesù sale a un livello insospettato per la donna. Egli pronuncia delle parole misteriose: sono<br />

parole di rivelazione che accennano al tema che svilupperà in seguito. Egli passa dalla situazione esterna<br />

all’incontro interiore della donna con il Rivelatore.<br />

Il dono di Dio è l’acqua viva data da Gesù: è la rivelazione del mistero di Gesù, l’incontro con Gesù, è scoprire<br />

chi è Gesù. L’acqua viva è la salvezza che Gesù comunica agli uomini nella sua parola e nella sua opera.<br />

Il pozzo di Giacobbe è profondo 32 metri. Con l’espressione "acqua viva", nel linguaggio biblico, si intende<br />

l’acqua corrente o sorgiva (cfr Gen 26,19; Lv 14,5).<br />

La domanda del v. 12 è incentrata sul mistero della persona di Gesù. E’ forse più grande del patriarca<br />

Giacobbe di cui i samaritani si ritenevano discendenti?<br />

Gesù contrappone la sua acqua che disseta per l’eternità, all’acqua del pozzo che disseta solo<br />

momentaneamente. L’acqua viva di cui parla Gesù è la fede, ossia l’assimilazione della parola e della persona<br />

di Gesù. Questa parola assimilata conduce alla vita eterna.<br />

La reazione della donna è piena di scetticismo e d’incredulità. La samaritana non è salita al livello di Gesù: Per<br />

acqua essa intende ancora una realtà materiale che le risparmierebbe la fatica di andare ogni giorno al pozzo.<br />

Gesù, constatando l’inutilità della sua precedente esposizione sull’acqua viva, passa ad un argomento che<br />

può far presa sulla sua interlocutrice, quello della sua vita privata.<br />

I cinque mariti avuti dalla donna indicherebbero le cinque divinità adorate dal popolo samaritano,<br />

rappresentato da questa donna. Questa spiegazione simbolica è fondata su 2Re 17-21ss, e su Flavio<br />

Giuseppe (Antichità giudaiche, 9,288). Ma più probabilmente, Gesù ricorda i cinque mariti per rivelarsi a lei<br />

come persona dotata di poteri soprannaturali. E difatti questa seconda parte del colloquio termina con la<br />

professione di fede della donna in Gesù, riconosciuto come profeta (v. 19).<br />

La samaritana, per allontanare il discorso dalla sua vita privata poco onorata, propone a Gesù il quesito sul<br />

luogo del culto. Per i giudei l’unico posto di culto era il tempio di Gerusalemme: I samaritani invece avevano<br />

costruito un tempio a Dio sul monte Garizim. Benché questo santuario fosse stato distrutto da Giovanni Ircano<br />

nel 128 a.C., i samaritani continuavano a rendere culto a Dio su questo monte. Lo scisma circa il vero luogo di<br />

culto aumentava l’ostilità tra samaritani e giudei.<br />

"Credimi, donna!" è un invito alla fede autentica in Gesù. Questa fede ha per oggetto la venuta dell’ora, cioè<br />

l’inaugurazione dell’era escatologica (dei tempi ultimi e definitivi), nella quale il definitivo luogo di culto non<br />

sarà più rappresentato da edifici di pietra, ma dallo Spirito e dalla Verità.<br />

I samaritani, a causa del loro sincretismo religioso, non hanno la retta conoscenza di Dio. Inoltre, il Salvatore è<br />

un discendente di Giuda e di Davide.<br />

La prima parte della risposta di Gesù alla donna è stata prevalentemente negativa. La seconda parte (vv. 23-<br />

24) è positiva e indica il luogo del culto definitivo: il tempio definitivo e universale è Gesù. Egli rivela alla<br />

samaritana che questo luogo sarà spirituale: sotto l’azione dello Spirito bisogna pregare il <strong>Padre</strong> "nella Verità"<br />

che è Gesù stesso. La vera preghiera è possibile solo nella comunione con il Cristo-Verità. Gesù è il nuovo<br />

tempio che sostituisce da questo momento il santuario del monte Garizim e quello di Gerusalemme.<br />

Gesù-Verità, il cui corpo è chiamato tempio (Gv 2,21), diverrà il luogo del culto cristiano quando sarà<br />

glorificato dallo Spirito di verità (Gv 16,14). Per san Giovanni la parola "verità" indica la rivelazione messianica<br />

che si identifica con il messaggio e la persona di Gesù (Gv 14,16). Sotto l’azione dello Spirito Santo, questa<br />

verità di Cristo è presente e attiva nel cuore del credente (2Gv 2): la Verità diventa così la sorgente segreta<br />

della vita cristiana. I veri adoratori del <strong>Padre</strong> sono nati dallo Spirito (Gv 3,3-8) e santificati per mezzo della<br />

parola della Verità, che è Cristo. Per adorare Dio in Spirito e Verità è necessario anzitutto che l’uomo sia<br />

colmato e compenetrato dallo Spirito di Cristo.<br />

La replica della donna e la proclamazione di Gesù di essere l’Inviato definitivo di Dio rappresentano il vertice di<br />

tutto il colloquio con la samaritana.<br />

Nel mondo semita la donna era considerata inferiore all’uomo e un maestro rispettabile non si sarebbe mai<br />

degnato di rivolgere la parola a una donna in pubblico. Rabbì Eleazaro diceva: "Sarebbe meglio che la Legge<br />

andasse in fiamme piuttosto che essere data in mano alle donne". Gesù al contrario parla dei misteri di Dio<br />

con una donna, e samaritana per giunta.<br />

L’interrogativo se Gesù sia il Cristo indica un passo avanti nell’apertura della samaritana alla fede. Anche<br />

l’andare dei samaritani verso Gesù indica un inizio di fede.


L’invito dei discepoli perché Gesù mangiasse offre al Maestro lo spunto per parlare del suo cibo misterioso.<br />

Spesso Gesù parla di realtà sublimi partendo da realtà terrene. Ricordiamo l’acqua chiesta alla samaritana (v.<br />

7ss) e la moltiplicazione dei pani (Gv 6,26ss).<br />

La risposta data da Gesù è fraintesa dai suoi discepoli. Con la replica Gesù chiarisce l’equivoco. La volontà<br />

del <strong>Padre</strong> è la realizzazione del progetto di salvezza non solo del popolo ebraico, ma di tutta l’umanità.<br />

L’opera del <strong>Padre</strong> esige che Gesù non si preoccupi di sfamare il corpo, ma di evangelizzare le popolazioni che<br />

stanno accorrendo a lui. Se alla mietitura del grano mancano ancora quattro mesi, la raccolta dei frutti<br />

dell’apostolato in Samaria è già pronta. Gesù invita i discepoli a sollevare gli occhi e a guardare il popolo<br />

samaritano che sta venendo verso di lui: questi samaritani sono le primizie della mietitura messianica.<br />

I vv. 39-42 descrivono la fede dei samaritani in Gesù, salvatore del mondo. Questo popolo scismatico ed<br />

eretico si è lasciato penetrare dalla rivelazione di Gesù, mentre i giudei sono stati impermeabili alla sua parola.<br />

E’ l’ascolto della parola di Gesù che suscita la fede in lui.<br />

Il riconoscimento di Gesù, salvatore del mondo, raggiunge il vertice della rivelazione del Cristo in questo<br />

capitolo quarto. Il crescendo degli attributi di Gesù, che si trovano in questo capitolo, qui giunge al massimo.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Conservo nel cuore le tue parole.<br />

Es 20,2-24; Sal 18(19); Ef 1,15-23; Gv 4,5-42<br />

“Io sono il Signore tuo Dio. Non avrai altri dei. Non pronuncerai invano il nome del Signore. Ricordati del giorno del<br />

sabato per santificarlo. Onora tuo padre e tua madre. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai.”<br />

(Es.20, 2a.3.7a.8.12a.13-15)<br />

I dieci comandamenti sono sempre validi, è Gesù stesso che lo dice nel Vangelo di pochi giorni fa. Valido pure il<br />

confrontarsi con essi per un serio esame di coscienza in vista della confessione. Basterebbe iniziare chiedendosi se il<br />

Signore è il “mio” Dio, o è un dio in mezzo a tanti altri dei e se lo conosco veramente. Nei Vangeli è Gesù che ne rivela il<br />

vero volto, io li leggo? In quello d’oggi vediamo un Dio che si avvicina alla creatura in situazione di peccato per portarla<br />

alla conversione. La Samaritana, andata ad attingere acqua al pozzo, vi ha potuto bere l’acqua della grazia che sgorga<br />

continuamente da Cristo, fontana che disseta, lava e purifica, e che attraverso i Sacramenti si riversa anche oggi su di noi<br />

per santificarci.<br />

Preghiamo<br />

<strong>Padre</strong> santo e misericordioso,<br />

infrangi la durezza<br />

della nostra mente e del cuore<br />

perché sappiamo accogliere i tuoi insegnamenti<br />

e portiamo frutti di vera e continua conversione.<br />

(dalla Liturgia)<br />

Impegno settimanale<br />

Vivere il sacramento della Riconciliazione preparandosi con un'approfondita riflessione.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Serapione di Thmuis, monaco e vescovo sec. IV<br />

Asceta del deserto egiziano e poi vescovo di Thmuis, Serapione occupò un posto di grande rilievo nella Chiesa copta del<br />

IV secolo. Ne è testimone Girolamo, che nel De viris illustribus gli dedica un capitolo, ricordandone l’amicizia con<br />

sant’Antonio. Anche Atanasio di Alessandria lo ricorda nella Vita Antonii, oltre a indirizzargli numerose epistole, come<br />

uno dei discepoli prediletti del santo anacoreta, confidente delle sue visioni (V.A., 82) ed erede di una delle sue tuniche di<br />

pelle di montone (V.A., 91). Sozomeno poi, nella Historia ecclesiastica lo annovera in una lista di personaggi famosi e ne<br />

esalta la santità e l’eloquenza. Fu infatti messo a capo di una delegazione di altri quattro vescovi inviati alla corte di<br />

Costanzo III per confutare le accuse che gli ariani avevano rivolto ad Atanasio. La finezza d’ingegno di Serapione gli fece<br />

meritare il titolo di “scolastico”. Scrisse il trattato Adversus Manichaeum, dove con un linguaggio molto semplice,<br />

rivelatore però di abilità retorica e di cultura filosofica, combatte i punti fondamentali del manicheismo, cioè il dualismo<br />

bene-male e le obiezioni contro l’AT; il De psalmorum titulis, andato perduto; diverse lettere, delle quali ne sono state<br />

ritrovate due: l’Epistula ad monachos, e quella indirizzata ai discepoli di Antonio, Isaac e Samatas.<br />

Non si conosce la data precisa della morte di Serapione, avvenuta però non prima del 362, alcuni anni dopo la sua<br />

cacciata in esilio, probabilmente a seguito del fallimento della delegazione presso Costanzo III.


Lunedì, 21 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 12,1-7; Sal 118; Pr 4,10-18; Mt 5,27-30<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 12, 1-7<br />

In quei giorni. / Il Signore disse ad Abram: / «Vattene dalla tua terra, / dalla tua parentela / e dalla casa di tuo padre, /<br />

verso la terra che io ti indicherò. / Farò di te una grande nazione / e ti benedirò, / renderò grande il tuo nome / e possa tu<br />

essere una benedizione. / Benedirò coloro che ti benediranno / e coloro che ti malediranno maledirò, / e in te si diranno<br />

benedette / tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot.<br />

Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i<br />

beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso la terra di<br />

Canaan. Arrivarono nella terra di Canaan e Abram la attraversò fino alla località di Sichem, presso la Quercia di Morè.<br />

Nella terra si trovavano allora i Cananei. Il Signore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò questa<br />

terra». Allora Abram costruì in quel luogo un altare al Signore che gli era apparso.<br />

SALMO<br />

Sal 118 (119), 25-32<br />

® Beato chi cammina nella legge del Signore.<br />

La mia vita è incollata alla polvere:<br />

fammi vivere secondo la tua parola.<br />

Ti ho manifestato le mie vie e tu mi hai risposto;<br />

insegnami i tuoi decreti. ®<br />

Fammi conoscere la via dei tuoi precetti<br />

e mediterò le tue meraviglie.<br />

Io piango lacrime di tristezza;<br />

fammi rialzare secondo la tua parola. ®<br />

Tieni lontana da me la via della menzogna,<br />

donami la grazia della tua legge.<br />

Ho scelto la via della fedeltà,<br />

mi sono proposto i tuoi giudizi. ®<br />

Ho aderito ai tuoi insegnamenti:<br />

Signore, che io non debba vergognarmi.<br />

Corro sulla via dei tuoi comandi,<br />

perché hai allargato il mio cuore. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 4, 10-18<br />

Ascolta, figlio mio, e accogli le mie parole / e si moltiplicheranno gli anni della tua vita. / Ti indico la via della sapienza, /<br />

ti guido per i sentieri della rettitudine. / Quando camminerai non saranno intralciati i tuoi passi, / e se correrai, non<br />

inciamperai. / Attieniti alla disciplina, non lasciarla, / custodiscila, perché essa è la tua vita. / Non entrare nella strada<br />

degli empi / e non procedere per la via dei malvagi. / Evita quella strada, non passarvi, / sta’ lontano e passa oltre. / Essi<br />

non dormono, se non fanno del male, / non si lasciano prendere dal sonno, / se non fanno cadere qualcuno; / mangiano il<br />

pane dell’empietà / e bevono il vino della violenza. / La strada dei giusti è come la luce dell’alba, / che aumenta lo<br />

splendore fino al meriggio.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 5, 27-30<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io<br />

vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio<br />

destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che<br />

tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti<br />

conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna».


Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Il brano di Matteo 5,21-48 è strutturato su sei antitesi: «fu detto/ io però vi dico». In realtà non sono antitesi.<br />

Gesù non propone una legge diversa, come appare chiaro dal v. 17: «Non sono venuto ad abolire, ma a<br />

compiere la legge e i profeti». La legge non è nuova, ma antica. Il compimento però è nuovo: nessuno l’ha mai<br />

proposta e osservata in questo modo, che è quello del Figlio di Dio.<br />

Gesù non contraddice quanto è stato detto, ma lo chiarisce e passa dalle semplici azioni ai desideri del cuore,<br />

da cui tutto promana. Ma ciò che dice non è un’imposizione legalistica, ancora più severa della precedente. E’<br />

invece la «buona notizia» di ciò che Dio opera in noi mediante queste stesse parole che hanno il potere di<br />

compiere ciò per cui sono state mandate. Vanno intese quindi non come un «codice» di leggi bellissime ma<br />

disumane, bensì come rivelazione e dono della vita stessa del <strong>Padre</strong> per noi.<br />

I vv. 27-32 di questo brano trattano il tema del rapporto tra uomo e donna nel matrimonio. Gesù insegna che<br />

non basta evitare ogni attentato esterno al matrimonio (l’adulterio consumato), ma che bisogna precludere la<br />

via agli appetiti sessuali evitando le occasioni che possono svegliarli (lo sguardo) e i contatti pericolosi (la<br />

mano).<br />

Il verbo desiderare (in ebraico hamad) esprime un reale compiacimento e una vera decisione peccaminosa e<br />

non un semplice sentimento o pensiero; vuol dire impadronirsi e prendere con prepotenza e quindi comporta<br />

atteggiamenti esterni. Ma Gesù va oltre. A Dio interessano i sentimenti, la purezza dei pensieri, la rettitudine<br />

della volontà. Perché può accadere che un contegno esteriore irreprensibile nasconda una profonda<br />

corruzione nel cuore. Esterno e interno devono corrispondersi, pena la doppiezza di vita e la falsità.<br />

L’adulterio non avviene per caso, ma viene preparato nel cuore. Un detto rabbinico dice: «L’occhio vede, il<br />

cuore desidera, il corpo commette il peccato». Rabbì Laqish asseriva: «Tu non devi dire che solo colui che<br />

viola il matrimonio con il corpo è adultero, lo è anche chi lo viola con gli occhi».<br />

Il comando di Gesù di cavarsi l’occhio destro (quello preferito) e di tagliarsi la mano destra (la migliore) vuol<br />

dire che può essere necessario sacrificare una parte preziosa di sé per evitare la perdita totale e definitiva di<br />

tutto sé stesso.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Conservo nel cuore le tue parole.<br />

Gen.12,1-7;Sal.118(119),25-32;Pr.4,10-18;Mt.5,27-30<br />

Attieniti alla disciplina, non lasciarla, custodiscila, perché essa è la tua vita. Non entrare nella strada degli empi e non<br />

procedere per la via dei malvagi. La strada dei giusti è come la luce dell’alba, che aumenta lo splendore fino al<br />

meriggio.(Pr.4,13-14.18)<br />

Ieri abbiamo meditato sul decalogo, oggi ci è detto di osservare questa legge perché essa è la nostra vita. Di quale vita si<br />

tratta? Senz’altro è la vita terrena perché la legge di Dio ci dà norme che regolano comportamenti e rapporti umani; se<br />

osservate ci aiutano a vivere bene con noi stessi e col nostro prossimo. Questa vita così ordinata però, non si esaurisce nel<br />

volgere di un’esistenza, ma si prolunga nella vita che non avrà mai fine, dove la luce dell’alba sfocerà nello splendore del<br />

meriggio e i giusti vivranno nel fulgore della gloria del volto di Dio. Viviamo oggi alla luce della sapienza divina per<br />

goderla in pienezza nel regno dei cieli. Anche Gesù nel Vangelo ci esorta ad obbedire con coraggio alla sua legge.<br />

Preghiamo<br />

<strong>Padre</strong> santo,<br />

infondi la tua grazia nei nostri cuori<br />

perché possiamo restare fedeli<br />

alla tua Parola di vita eterna.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Nicola da Flüe<br />

Nicola nasce nel 1417 nel Flüeli presso Sachseln in Svizzera. Benché si sentisse chiamato ancora giovanissimo alla vita<br />

eremitica, dovette accettare numerose cariche politiche: fu podestà di Sachseln, consigliere e giudice cantonale, e<br />

deputato del cantone di Obwalden alla dieta.<br />

Tra il 1433 e il 1460 prese parte a varie campagne militari, ma – come si legge nel sua biografia – si adoperò per “un<br />

trattamento umano del nemico vinto, oltre che per risparmiare chiese e conventi e proteggere donne e bambini”. Nel 1445


si sposò ed ebbe dieci figli, uno dei quali divenne parroco di Sachseln; un nipote, Corrado Scheuber, morì in concetto di<br />

santità. Ma la chiamata originaria a seguire una vita unicamente dedicata a Dio non si era spenta. Attraversò un periodo di<br />

dure lotte interiori e infine, dopo aver vinto le resistenze della moglie e avuto il suo consenso, nel 1467, a 50 anni di età,<br />

partì per l’Alsazia dove volle associarsi agli “Amici di Dio”.<br />

Una visione mistica e il parere del suo direttore spirituale lo spinsero a ritornare in patria, dove si ritirò dapprima in una<br />

località alpestre di sua proprietà, a Klisterli-Alp nel Melchtal, e poi nel Ranft, in un burrone solitario al di sotto del Flüeli.<br />

Qui i suoi compaesani gli costruirono nel 1468 una cella da eremita con cappella, dove Nicola visse in continua preghiera<br />

e rigoroso digiuno per 19 anni, uscendo dal suo romitaggio solo per salvare, con parole ardenti di carità, la pace della sua<br />

terra: nel 1473 di fronte alla minaccia austriaca e nel 1481 e 1482 per sanare le discordie interne che avevano scatenato la<br />

guerra civile. Questi interventi gli valsero il titolo di Pater Patriae.<br />

Per la sua severissima vita di anacoreta e lo spirito sempre aperto ai problemi della sua gente e della sua terra, fu<br />

considerato un santo vivente; al suo eremo si portavano eminenti uomini della Chiesa e dello Stato in cerca di consiglio, e<br />

accorreva il popolo che chiedeva aiuto e conforto spirituale.<br />

Quando morì, a 70 anni, nel 1487, sulla sua tomba fiorirono numerosi miracoli.<br />

Canonizzato nel 1947 da Pio XII e proclamato patrono della Svizzera, gode di grandissima popolarità nella sua terra, dove<br />

san Nicola da Flüe è meglio noto con il nome di Bruder Klaus (fratello Klaus).<br />

Con la riforma liturgica, che ha sottolineato l’importanza della celebrazione del tempo di quaresima rinviando ad altre<br />

date le memorie dei santi, la festa del beato transito di san Benedetto del 21 marzo è scomparsa dal calendario liturgico<br />

universale. A questo Santo è rimasta dedicata la solennità dell’11 luglio, quando lo si ricorda come patrono d’Europa. Ma<br />

nei monasteri benedettini si è conservata anche la festa del 21 marzo, in memoria dell’incontro a viso scoperto di san<br />

Benedetto con il suo Signore, che il santo attese nell’oratorio, le mani alzate in preghiera, in mezzo ai suoi discepoli.<br />

San Gregorio ci racconta così la morte di san Benedetto, per dire che egli, come visse, morì, cioè nella comunione che<br />

esprime e conduce all’incontro con Dio.


Martedì, 22 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 13,12-18; Sal 118; Pr 4,20-27; Mt 5,31-37<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 13, 12-18<br />

In quei giorni. Abram si stabilì nella terra di Canaan e Lot si stabilì nelle città della valle e piantò le tende vicino a<br />

Sòdoma. Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore. Allora il Signore disse ad Abram,<br />

dopo che Lot si era separato da lui: «Alza gli occhi e, dal luogo dove tu stai, spingi lo sguardo verso il settentrione e il<br />

mezzogiorno, verso l’oriente e l’occidente. Tutta la terra che tu vedi, io la darò a te e alla tua discendenza per sempre.<br />

Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i<br />

tuoi discendenti. Àlzati, percorri la terra in lungo e in largo, perché io la darò a te». Poi Abram si spostò con le sue tende e<br />

andò a stabilirsi alle Querce di Mamre, che sono ad Ebron, e vi costruì un altare al Signore.<br />

SALMO<br />

Sal 118 (119), 33-40<br />

® Guidami, Signore, sulla tua via.<br />

Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti<br />

e la custodirò sino alla fine.<br />

Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge<br />

e la osservi con tutto il cuore. ®<br />

Guidami sul sentiero dei tuoi comandi,<br />

perché in essi è la mia felicità.<br />

Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti<br />

e non verso il guadagno. ®<br />

Distogli i miei occhi dal guardare cose vane,<br />

fammi vivere nella tua via.<br />

Con il tuo servo mantieni la tua promessa,<br />

perché di te si abbia timore. ®<br />

Allontana l’insulto che mi sgomenta,<br />

poiché i tuoi giudizi sono buoni.<br />

Ecco, desidero i tuoi precetti:<br />

fammi vivere nella tua giustizia. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 4, 20-27<br />

Figlio mio, / fa’ attenzione alle mie parole, / porgi l’orecchio ai miei detti; / non perderli di vista, / custodiscili dentro il<br />

tuo cuore, / perché essi sono vita per chi li trova / e guarigione per tutto il suo corpo. / Più di ogni cosa degna di cura<br />

custodisci il tuo cuore, / perché da esso sgorga la vita. / Tieni lontano da te la bocca bugiarda / e allontana da te le labbra<br />

perverse. / I tuoi occhi guardino sempre in avanti / e le tue pupille mirino diritto davanti a te. / Bada alla strada dove metti<br />

il piede / e tutte le tue vie siano sicure. / Non deviare né a destra né a sinistra, / tieni lontano dal male il tuo piede.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 5, 31-37<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del<br />

ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e<br />

chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma<br />

adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né<br />

per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure<br />

per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”,<br />

“No, no”; il di più viene dal Maligno».


Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Il comando di rilasciare alla donna ripudiata un atto di ripudio è enunciato nel Libro del Deuteronomio 24,1-3.<br />

L’atto di ripudio doveva garantire alla donna la certezza giuridica e tutelarla dall’accusa di adulterio nel caso si<br />

fosse risposata. Il ripudio della moglie viene respinto da Gesù e condannato come adulterio, e la<br />

responsabilità ricade sul marito che ripudia la moglie e sull’uomo che sposa la donna ripudiata.<br />

L’espressione «eccetto il caso di concubinato» ha avuto numerose proposte di soluzione. Quella accolta dalla<br />

tradizione della Chiesa cattolica intende il termine greco porneía, qui tradotto con il termine concubinato, nel<br />

senso di matrimoni tra consanguinei.<br />

In concreto: nel caso risulti che la moglie è congiunta al marito con vincoli di parentela entro i gradi proibiti dal<br />

Libro del Levitico 18,6-18, il marito avrebbe non solo la possibilità, ma il dovere di ripudiarla. Anche nel decreto<br />

apostolico degli Atti 15,28-29, porneía sembra avere questo significato: matrimonio tra consanguinei.<br />

Il matrimonio tra consanguinei era abbastanza frequente presso i pagani. L’eccezione di Matteo forse riflette<br />

una situazione presente nella comunità cristiana primitiva dove si ricorreva con troppa disinvoltura al privilegio<br />

paolino (1Cor 7,12-16; cfr Lv 18,6-18) e quindi si abbandonava con facilità la moglie con cui si viveva prima<br />

della conversione al cristianesimo.<br />

Matteo ribadisce che un cristiano può e deve abbandonare la propria moglie solo nel caso in cui egli provenga<br />

da un matrimonio con una consanguinea o da uno stato di poligamia, che la legge cristiana riteneva illegittimo<br />

e illecito, e per questo da sciogliere.<br />

Gesù proibisce ogni tipo di giuramento. Il divieto dev’essere interpretato in senso totale. Le quattro formule di<br />

giuramento riportate dal testo e proibite da Gesù rappresentavano tutte le formule di giuramento allora in uso.<br />

Ogni asserzione che vada oltre il semplice sì e no ha la sua origine nel maligno il quale «quando dice il falso,<br />

parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44).<br />

Questo comandamento richiede la veridicità sia davanti a Dio che davanti agli uomini. Chi presta giuramento<br />

nel nome di Dio presenta una garanzia di cui assolutamente non dispone.<br />

I giudei giuravano «sulla vita della mia testa». Ma neppure la nostra testa è nostra, ma di Dio. Solo Dio, il<br />

creatore, può disporre dell’uomo.<br />

Noi oggi ci troviamo di fronte alla pratica del giuramento. Essa è contraria al comandamento di Gesù: «Non<br />

giurate affatto».<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Conservo nel cuore le tue parole.<br />

Gen 13,12-18; Sal 118 (119),33-40; Pr 4,20-27; Mt 5,31-17<br />

Figlio mio, fa attenzione alle mie parole, porgi l’orecchio ai miei detti; custodiscili dentro il tuo cuore. Più di ogni cosa<br />

degna di cura custodisci il tuo cuore, perché da esso sgorga la vita. Tieni lontano da te la bocca bugiarda e allontana<br />

da te le labbra perverse. (Pr 4,20.21b.23-24)<br />

La parola nuova di oggi è “cuore” che, nell’AT indica la sede da cui scaturiscono decisioni, scelte e sentimenti che<br />

caratterizzano un uomo. Il Signore ci chiede di custodire questo luogo così importante perché non deve essere inquinato<br />

né fuorviato da desideri e pensieri non buoni: se in noi lasciamo entrare il bene, faremo opere buone, se entra il male, ne<br />

faremo di cattive. E’ la nostra libera volontà che può formare un cuore retto non incline al male. Dobbiamo saper dire dei<br />

sì o dei no, anche a noi stessi. “Sì” a ciò che è buono, anche se va contro corrente, “no” a ciò che è male, anche se di<br />

moda ed allettante. In questo campo tentennamenti, compromessi, non sono consentiti, aprirebbero spiragli al maligno.<br />

Preghiamo<br />

Signore onnipotente,<br />

attira verso di te i nostri cuori,<br />

poiché senza di te<br />

non possiamo piacere a te,<br />

sommo bene.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Santa Lea (IV secolo)<br />

Le uniche notizie biografiche che abbiamo di Lea si trovano in un’epistola di san Girolamo a Marcella, la nobile matrona<br />

romana che animava nell’urbe, insieme a Paola e ad altre dame della nobiltà, il movimento monastico promosso dallo


stesso Girolamo.<br />

Lea era anch’essa una nobile romana che, rimasta vedova in giovane età, aveva rifiutato le seconde nozze con il console<br />

designato Vezzio Agorio Pretestato, per consacrarsi al Signore. Frequentando la casa di Marcella sull’Aventino, fu<br />

conquistata agli stessi ideali e, a somiglianza dell’amica, si ritirò con le ancelle e altre vergini in un suo possedimento nei<br />

pressi di Ostia, per condurvi una vita di penitenza alla maniera dei monaci. Girolamo ne fa un elogio altissimo,<br />

presentandola come “madre delle vergini che mutando le vesti delicate di un tempo nel ruvido sacco, passava intere notti<br />

in preghiera, essendo maestra alle altre più con l’esempio che con le parole. Fu di un’umiltà così profonda e sincera che,<br />

dopo essere stata una grande dama, con molta servitù ai suoi ordini, si considerò poi come una serva e mentre adempiva<br />

ad ogni dovere, rifuggiva dalla minima ostentazione delle opere buone per non riceverne la ricompensa in questa vita”.<br />

Santa Lea morì nel 384 e fu sepolta ad Ostia, rimanendo ignorata, come aveva voluto essere in vita, fino al XVI secolo,<br />

quando il suo nome entrò nel Martirologio Romano.


Mercoledì, 23 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 17,18-23.26-27; Sal 118; Pr 6,6-11; Mt 5,38-48<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 17, 18-23. 26-27<br />

In quei giorni. Abramo disse a Dio: «Se almeno Ismaele potesse vivere davanti a te!». E Dio disse: «No, Sara, tua moglie,<br />

ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne, per essere il Dio suo<br />

e della sua discendenza dopo di lui. Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco, io lo benedico e lo renderò fecondo<br />

e molto, molto numeroso: dodici prìncipi egli genererà e di lui farò una grande nazione. Ma stabilirò la mia alleanza con<br />

Isacco, che Sara ti partorirà a questa data l’anno venturo». Dio terminò così di parlare con lui e lasciò Abramo, levandosi<br />

in alto. Allora Abramo prese Ismaele, suo figlio, e tutti i nati nella sua casa e tutti quelli comprati con il suo denaro, tutti i<br />

maschi appartenenti al personale della casa di Abramo, e circoncise la carne del loro prepuzio in quello stesso giorno,<br />

come Dio gli aveva detto. In quello stesso giorno furono circoncisi Abramo e Ismaele, suo figlio. E tutti gli uomini della<br />

sua casa, quelli nati in casa e quelli comprati con denaro dagli stranieri, furono circoncisi con lui.<br />

SALMO<br />

Sal 118 (119), 41-48<br />

® Guidami, Signore, sulla via dei tuoi precetti.<br />

Venga a me, Signore, il tuo amore,<br />

la tua salvezza secondo la tua promessa.<br />

A chi mi insulta darò una risposta,<br />

perché ho fiducia nella tua parola. ®<br />

Non togliere dalla mia bocca la parola vera,<br />

perché spero nei tuoi giudizi.<br />

Osserverò continuamente la tua legge,<br />

in eterno, per sempre. ®<br />

Camminerò in un luogo spazioso,<br />

perché ho ricercato i tuoi precetti.<br />

Davanti ai re parlerò dei tuoi insegnamenti<br />

e non dovrò vergognarmi. ®<br />

La mia delizia sarà nei tuoi comandi,<br />

che io amo.<br />

Alzerò le mani verso i tuoi comandi che amo,<br />

mediterò i tuoi decreti. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 6, 6-11<br />

Va’ dalla formica, o pigro, / guarda le sue abitudini e diventa saggio. / Essa non ha né capo / né sorvegliante né padrone, /<br />

eppure d’estate si procura il vitto, / al tempo della mietitura accumula il cibo. / Fino a quando, pigro, te ne starai a<br />

dormire? / Quando ti scuoterai dal sonno? / Un po’ dormi, un po’ sonnecchi, / un po’ incroci le braccia per riposare, / e<br />

intanto arriva a te la povertà, come un vagabondo, / e l’indigenza, come se tu fossi un accattone.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 5, 38-48<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per<br />

dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche<br />

l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad<br />

accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le<br />

spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e<br />

pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del <strong>Padre</strong> vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui<br />

cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?<br />

Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno<br />

così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il <strong>Padre</strong> vostro celeste».


Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

La frase «occhio per occhio e dente per dente» riporta la legge del taglione (Es 19,15-51; 21,24; Lv 24,20). E’<br />

uno dei capisaldi delle legislazioni antiche (Codice di Hammurabi e Legge delle dodici tavole). Essa doveva<br />

sostituire la legge della vendetta di sangue (Gen 4, 23). Al tempo di Gesù la legge del taglione era ancora<br />

vigente, ma poteva essere sostituita con un risarcimento in denaro.<br />

La non-violenza richiesta da Gesù non è vile rassegnazione, ma forza e intraprendenza dell’amore. La<br />

potenza dell’impotenza ha la sua più alta manifestazione in Gesù che «fu crocifisso per la sua debolezza, ma<br />

vive per la potenza di Dio» (2Cor 13, 4) e poggia sulla fede che l’impotenza della croce vince il male.<br />

Con il principio della non-violenza Gesù contrappone alla mentalità giuridica dell’Antico Testamento il nuovo<br />

ideale dell’amore. Il male perde la sua forza d’urto solo quando non trova resistenza.<br />

La Chiesa perseguitata ha assunto questo atteggiamento comandato da Gesù: «Gli apostoli se ne andarono<br />

dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù» (At 5,41).<br />

I quattro esempi elencati da Matteo hanno lo scopo di illustrare il comandamento: «Ma io vi dico di non opporvi<br />

al malvagio».<br />

Lo schiaffo sulla guancia destra è particolarmente doloroso e oltraggioso perché è un manrovescio. Gesù<br />

flagellato e schiaffeggiato conferma con il suo esempio la validità del suo insegnamento (Mt 26,67; Is 50,6).<br />

La lite giudiziaria con chi pretende la tunica come caparra o come risarcimento danni non ha più senso per il<br />

discepolo di Gesù, anzi, egli non farà valere per sé neppure il comandamento che vietava il pignoramento del<br />

mantello del povero e il dovere di restituirglielo prima del tramonto del sole (Es 22,25; Dt 24,13): egli darà la<br />

tunica e il mantello senza opporre resistenza.<br />

Il terzo esempio che mette il discepolo a confronto con la violenza è quello della requisizione da parte di<br />

autorità militari o statali per costringerlo a prestazioni forzate. Ne abbiamo un esempio in Mt 27,32: «Mentre<br />

uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prendere su la croce di lui».<br />

Il miglio (1478,70 metri) era una misura romana e quindi richiama concretamente la dominazione dell’impero di<br />

Roma al tempo di Gesù e dell’evangelista. Quando gli saranno imposte queste prestazioni forzate, il discepolo<br />

di Gesù non deve ribellarsi o coltivare astio nel cuore, ma prestarsi liberamente e di buon animo a fare con<br />

gioia il doppio di quanto esige da lui la prepotenza del malvagio.<br />

Il quarto esempio ci presenta i poveri e i richiedenti. Essi non sono dei nemici o dei malvagi, ma possono<br />

suscitare una reazione violenta a causa delle cattive esperienze fatte in precedenza. Leggiamo nel Libro del<br />

Siracide 29,4-10: «Molti considerano il prestito come una cosa trovata e causano fastidi a coloro che li hanno<br />

aiutati. Prima di ricevere, ognuno bacia le mani del creditore, parla con tono umile per ottenere gli averi<br />

dell’amico; ma alla scadenza cerca di guadagnare tempo, restituisce piagnistei e incolpa le circostanze. Se<br />

riesce a pagare, il creditore riceverà appena la metà e dovrà considerarla come una cosa trovata. In caso<br />

contrario il creditore sarà frodato dei suoi averi e avrà senza motivo un nuovo nemico; maledizioni e ingiurie gli<br />

restituirà, renderà insulti invece dell’onore dovuto. Tuttavia sii longanime con il misero e non fargli attendere<br />

troppo l’elemosina. Per il comandamento soccorri il povero secondo la sua necessità, non rimandarlo a mani<br />

vuote. Perdi pure denaro per un fratello e amico, non si arrugginisca inutilmente sotto una pietra».<br />

La motivazione del comandamento: «Da’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le<br />

spalle» sarà evidenziata nel seguito del vangelo da Gesù stesso che ci comanda la conformità con il<br />

comportamento del <strong>Padre</strong>: «Il <strong>Padre</strong> vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano» (Mt<br />

7,11).<br />

Attraverso questi atteggiamenti i discepoli si dimostrano amici dei loro nemici e tentano di cooperare con Dio<br />

per il ravvedimento degli ingiusti e dei malvagi come ha fatto Gesù. San Paolo ha sintetizzato questo<br />

insegnamento in Rm 12,21: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male».<br />

Se questi princìpi e questi comportamenti entrassero nella società, essa non solo non ne avrebbe un danno,<br />

ma vedrebbe migliorare i rapporti umani più di quanto possono ottenere tutti gli apparati della giustizia, della<br />

prevenzione e della repressione.<br />

Il comandamento dell’amore, esteso indistintamente a tutti, è il supremo completamento della Legge (v. 17). A<br />

questa conclusione Gesù è arrivato lentamente dopo aver parlato dell’astensione dall’ira e dell’immediata<br />

riconciliazione (vv. 21-26), del rispetto verso la donna (vv. 27-30) e la propria moglie (vv. 31-32), della verità e<br />

sincerità nei rapporti interpersonali (vv. 33-37), fino alla rinuncia alla vendetta e alle rivendicazioni (vv. 38-42).<br />

Il principio dell’amore del prossimo è illustrato con due esemplificazioni pratiche: pregare per i nemici e<br />

salutare tutti senza discriminazione. La più grande sincerità di amore è chiedere a Dio benedizioni e grazie per<br />

il nemico. Questo vertice dell’ideale evangelico si può comprendere solo alla luce dell’esempio di Cristo (cfr Lc<br />

23,34) e dei suoi discepoli (cfr At 7,60). Colui che prega per il suo nemico viene a congiungersi con lui davanti<br />

a Dio. In senso cristiano la preghiera è la ricompensa che il nemico riceve in cambio del male che ha fatto.<br />

Il precetto della carità non tiene conto delle antipatie personali e dei comportamenti altrui. Il prossimo di<br />

qualsiasi colore, buono o cattivo, benevolo o ingrato dev’essere amato. Il nemico è colui che ha maggiormente<br />

bisogno di aiuto: per questo Gesù ci comanda di offrirgli il nostro soccorso.


Il comandamento dell’amore dei nemici rivoluziona i comportamenti tradizionali dell’uomo. La benevolenza<br />

cristiana non è filantropia, ma partecipazione all’amore di Dio. La sua universalità si giustifica solo in questa<br />

luce: «affinché siate figli del <strong>Padre</strong> vostro» (v. 45), e «siate perfetti come è perfetto il <strong>Padre</strong> vostro che è nei<br />

cieli» (v 48). Il cristiano esprime nel modo più sicuro e più vero la sua parentela con Dio amando<br />

indistintamente tutti.<br />

L’amore del nemico è l’essenza del cristianesimo. Sant’Agostino ci insegna che «la misura dell’amore è amare<br />

senza misura», ossia infinitamente, come ama Dio.<br />

In quanto figli di Dio i cristiani devono assomigliare al loro <strong>Padre</strong> nel modo di essere, di sentire e di agire.<br />

L’amore verso i nemici è la via per raggiungere la sua stessa perfezione.<br />

La perfezione di cui parla Matteo è l’imitazione dell’amore misericordioso di Dio verso tutti gli uomini, anche se<br />

ingiusti e malvagi. Il cristiano è una nuova creatura (cfr 2Cor 5,17) e non può più agire secondo i suoi istinti e<br />

capricci, ma conformemente alla vita nuova in cui è stato rigenerato.<br />

Gesù pone come termine della perfezione l’agire del <strong>Padre</strong>, che è un punto inarrivabile. L’imitazione del<br />

<strong>Padre</strong>, e conseguentemente di Gesù, è l’unica norma dell’agire cristiano, l’unica via per superare la morale<br />

farisaica. Essere perfetti come il <strong>Padre</strong> è in concreto imitare Cristo nella sua piena ed eroica sottomissione alla<br />

volontà del <strong>Padre</strong>, e nella sua dedizione ai fratelli. E’ perciò diventando perfetti imitatori di Cristo, che si<br />

diventa perfetti imitatori del <strong>Padre</strong>.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Conservo nel cuore le tue parole.<br />

Gen 17,18-23.26-27; Sal 118 (119),41-48; Pr 6,6-11; Mt 5,38-48<br />

«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se<br />

uno ti dà uno schiaffo tu porgigli l’altra guancia. Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano». (Mt<br />

5,38-39.44)<br />

La Parola di Dio oggi è veramente tagliente, ci scuote dalla pigrizia e dal torpore, dal quieto vivere in cui la nostra natura<br />

umana tende istintivamente a rimanere. Ci sprona a darci da fare, a non rimanere inoperosi, perché ciò porta non solo alla<br />

povertà materiale, ma anche a quella spirituale. Col rischio di ritrovarsi cristiani solo di nome, che si accontentano della<br />

messa domenicale e magari non sempre, e nella vita quotidiana avere comportamenti più paganeggianti che da credenti.<br />

Gesù nel Vangelo non indica mezze misure, ma propone traguardi grandi: se uno ti dà uno schiaffo su una guancia<br />

porgigli anche l’altra. Amate i vostri nemici. Se siamo già arrivati a ciò, bene; altrimenti scuotiamoci dal sonno.<br />

Preghiamo<br />

Ispiraci, o <strong>Padre</strong>,<br />

pensieri e propositi santi<br />

e donaci il coraggio di attuarli<br />

e fa’ che viviamo<br />

secondo la tua volontà.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Santa Pelagia, martire (IV secolo)<br />

Il nome di Pelagia compare accanto a quelli di Domezio, Aquila “eparca” e Teodosio martiri, nel calendario bizantino<br />

edito per ordine dell’imperatore Basilio II, da dove passa nel Martirologio Romano. La loro testimonianza avvenne<br />

all’epoca di Giuliano l’Apostata, l’imperatore che si adoperò in ogni modo per restaurare la morente religione pagana,<br />

pensando in questo modo di arrestare la decadenza dell’Impero romano. Pelagia e i suoi compagni, in una pubblica<br />

riunione in onore degli dei, a Cesarea, dichiararono pubblicamente la falsità del paganesimo che l’imperatore imponeva.<br />

Arrestati, furono torturati e uccisi per decapitazione. Ciò accadeva nell’anno 362, un anno prima della morte<br />

dell’imperatore apostata, che cadde in battaglia mentre combatteva contro i barbari.


Giovedì, 24 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 18,1-15; Sal 118; Pr 7,1-9.24-27; Mt 6,1-6<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 18, 1-15<br />

In quei giorni. Il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora<br />

più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro<br />

incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non<br />

passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto<br />

l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete<br />

passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e<br />

disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello<br />

tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva<br />

preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero:<br />

«Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara,<br />

tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, dietro di lui. Abramo e Sara erano<br />

vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse:<br />

«Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». Ma il Signore disse ad Abramo:<br />

«Perché Sara ha riso dicendo: “Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia”? C’è forse qualche cosa d’impossibile per il<br />

Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva<br />

paura; ma egli disse: «Sì, hai proprio riso».<br />

SALMO<br />

Sal 118 (119), 49-56<br />

® La tua parola, Signore, è verità e vita.<br />

Ricòrdati della parola detta al tuo servo,<br />

con la quale mi hai dato speranza.<br />

Questo mi consola nella mia miseria:<br />

la tua promessa mi fa vivere. ®<br />

Gli orgogliosi mi insultano aspramente,<br />

ma io non mi allontano dalla tua legge.<br />

Ricordo i tuoi eterni giudizi, o Signore,<br />

e ne sono consolato. ®<br />

Mi ha invaso il furore contro i malvagi<br />

che abbandonano la tua legge.<br />

I tuoi decreti sono il mio canto<br />

nella dimora del mio esilio. ®<br />

Nella notte ricordo il tuo nome, Signore,<br />

e osservo la tua legge.<br />

Tutto questo mi accade<br />

perché ho custodito i tuoi precetti. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 7, 1-9. 24-27<br />

Figlio mio, / custodisci le mie parole / e fa’ tesoro dei miei precetti. / Osserva i miei precetti e vivrai, / il mio<br />

insegnamento sia come la pupilla dei tuoi occhi. / Légali alle tue dita, / scrivili sulla tavola del tuo cuore. / Di’ alla<br />

sapienza: «Tu sei mia sorella», / e chiama amica l’intelligenza, / perché ti protegga dalla donna straniera, / dalla<br />

sconosciuta che ha parole seducenti. / Mentre dalla finestra della mia casa / stavo osservando dietro le inferriate, / ecco, io<br />

vidi dei giovani inesperti, / e tra loro scorsi un adolescente dissennato. / Passava per la piazza, rasente all’angolo, / e<br />

s’incamminava verso la casa di lei, / all’imbrunire, al declinare del giorno, / all’apparire della notte e del buio. / Ora, figli,<br />

ascoltatemi / e fate attenzione alle parole della mia bocca. / Il tuo cuore non si volga verso le sue vie, / non vagare per i<br />

suoi sentieri, / perché molti ne ha fatti cadere trafitti / ed erano vigorose tutte le sue vittime. / Strada del regno dei morti è<br />

la sua casa, / che scende nelle dimore della morte.


VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 6, 1-6<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli<br />

uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il <strong>Padre</strong> vostro che è nei cieli. Dunque,<br />

quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per<br />

essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non<br />

sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il <strong>Padre</strong> tuo, che vede nel segreto,<br />

ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano<br />

pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando<br />

tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il <strong>Padre</strong> tuo, che è nel segreto; e il <strong>Padre</strong> tuo, che vede nel<br />

segreto, ti ricompenserà».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Il discorso riprende l’enunciato di 5,20; «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non<br />

entrerete nel regno dei cieli». Il termine giustizia (sedaqah) è usato nella Bibbia per sintetizzare i rapporti<br />

dell’uomo con Dio, la pietà, la religiosità, la fede.<br />

I rapporti con Dio, nostro <strong>Padre</strong>, devono essere improntati alla fiducia, alla confidenza e soprattutto alla<br />

sincerità.<br />

L’autentica giustizia non ha come punto di riferimento gli uomini, ma va esercitata davanti al <strong>Padre</strong> che è nei<br />

cieli. Farsi notare dagli uomini è perdere ogni ricompensa presso il <strong>Padre</strong>.<br />

Matteo sottolinea la vanità di un gesto puramente umano: gli ipocriti, che cercano l’approvazione, hanno già<br />

ricevuto la loro ricompensa.<br />

L’ipocrisia consiste nel fatto che un’azione, che ha Dio come destinatario, viene deviata dal suo termine.<br />

L’elemosina, la preghiera e il digiuno devono essere fatti per il <strong>Padre</strong> che vede nel segreto.<br />

Queste azioni fatte «nel segreto» non significano necessariamente azioni segrete: indicano ogni azione, anche<br />

pubblica, fatta per il <strong>Padre</strong> e non per essere visti dagli uomini. E’ l’intenzione profonda che conta perché la<br />

ricompensa si situa a questo livello: la ricompensa è l’autenticità del rapporto con il <strong>Padre</strong>.<br />

Il cristiano deve fare l’elemosina in modo da salvaguardare la rettitudine dell’aiuto prestato al fratello per<br />

amore del <strong>Padre</strong>.<br />

La strumentalizzazione della preghiera è la deformazione più inspiegabile della pietà, perché mette a proprio<br />

servizio anche ciò che è essenzialmente di Dio.<br />

Gesù nel suo intervento non si propone di modificare il rituale della preghiera giudaica, solo suggerisce un<br />

modo più retto di compierla, evitando l’ostentazione, il formalismo, l’ipocrisia. Gli stessi rabbini insegnavano:<br />

«Colui che fa della preghiera un dovere, che ritorna a ora fissa, non prega con il cuore».<br />

Il richiamo di Gesù è sulla stessa linea della tradizione profetica e sapienziale e trova conferma nei suoi<br />

successivi insegnamenti e più ancora nella sua vita.<br />

Il digiuno è un’altra importante pratica della vecchia e della nuova «giustizia». Esso è un atto penitenziale che<br />

completa e aiuta la preghiera.<br />

Gesù, come i profeti, non condanna il digiuno ma il modo nel quale era fatto. Invece di esprimere la propria<br />

umiliazione, esso diventava una manifestazione di orgoglio.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Conservo nel cuore le tue parole.<br />

Gen 18,1-15; Sal 118 (119), 49-56; Pr 7,1-9.24-27; Mt 6,1-6<br />

Fa’ tesoro dei miei precetti. Osserva i miei precetti e vivrai, il mio insegnamento sia come la pupilla dei tuoi occhi.<br />

Legali alle tue dita, scrivili sulla tavola del tuo cuore. Dì alla sapienza: “Tu sei mia sorella”, e chiama amica<br />

l’intelligenza. (Pr 7,1b-4)<br />

La ricchezza della Parola è fonte inesauribile da cui attingere ciò che serve per il nostro cammino. Importante è non essere<br />

ascoltatori smemorati, ma conservare in cuore quella Parola che ci ha colpito e sentiamo rivolta proprio a noi,<br />

richiamandola alla memoria durante la giornata. E’ questo il prezioso consiglio che riceviamo oggi. La Parola conservata<br />

in cuore, a sua volta ci custodisce, ci aiuta a comprendere ciò che è gradito a Dio e compierlo. Senza ostentazioni, nel<br />

segreto del cuore, perché è nell’intimo che essa opera e ci trasforma. Questa è la ricompensa che riceviamo dalla<br />

frequentazione assidua e meditata della Parola di Dio. Continuiamo con fedeltà quest’impegno quaresimale.


Preghiamo<br />

O <strong>Padre</strong> formaci<br />

alla scuola della tua sapienza<br />

perché l’impegno quaresimale<br />

lasci una traccia profonda<br />

nella nostra vita.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Santa Caterina di Svezia (sec. XIV)<br />

Caterina, secondogenita degli otto figli di santa Brigida, nacque nel 1331. Si sposò in giovanissima età, con un nobile di<br />

casato e di sentimenti, che acconsentì al desiderio di lei di osservare il voto di castità e si legò anche lui allo stesso voto.<br />

All’età di 19 anni, in occasione della celebrazione dell’anno santo, venne a Roma presso la madre, e qui la raggiunse la<br />

notizia della morte del marito. Da questo momento Caterina partecipò con totale dedizione all’intensa attività religiosa di<br />

santa Brigida, rimanendo costantemente accanto alla madre nei lunghi pellegrinaggi intrapresi, in mezzo a traversie e<br />

pericoli, dai quali non sarebbero uscite indenni senza un intervento soprannaturale.<br />

Alla morte della madre, Caterina ritornò in Svezia, entrando nel monastero di Valdstena, che santa Brigida aveva fondato,<br />

ponendolo sotto una regola di vita ispirata al modello di san Bernardo di Chiaravalle. Di questo monastero nel 1380<br />

divenne abbadessa. A Roma aveva fatto un altro lungo soggiorno, per seguire il processo di beatificazione della madre,<br />

che si concluderà positivamente nel 1391.<br />

Una tradizione leggendaria narra che Caterina avrebbe salvato la città dall’inondazione del Tevere che aveva già rotto gli<br />

argini. Alla sua morte, avvenuta il 24 marzo 1381, sarà l’unanime e universale devozione popolare a venerarla come<br />

santa.<br />

Il 24 marzo si ricorda la morte di Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di El Salvador, ucciso mentre stava celebrando<br />

l’eucaristia, per le sue coraggiose denunce, fatte in nome dell’Evangelo, delle ingiustizie e delle violenze subite dai<br />

contadini e dai poveri del Salvador. Con lui la Chiesa invita a ricordare con una giornata di preghiera e digiuno tutti i<br />

missionari martiri, testimoni dell’Evangelo di Gesù fino al segno ultimo del sangue, immagini luminose del loro Maestro,<br />

che ha dato la vita per la salvezza di tutti gli uomini.


Venerdì, 25 <strong>Marzo</strong> 2011 - Annunciazione del Signore<br />

Is 7,10-14; Sal 39; Eb 10,4-10; Lc 1,26-38<br />

LETTURA<br />

Is 7,10-14<br />

In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli ìnferi oppure lassù in<br />

alto». Ma Acaz rispose:«Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide!<br />

Non vi basta stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore<br />

stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, cioè Dio-con-noi».<br />

SALMO<br />

Sal 39(40)<br />

Rit.: Eccomi, Signore: si compia in me la tua parola.<br />

Sacrificio e offerta non gradisci,<br />

gli orecchi mi hai aperto.<br />

Non hai chiesto olocausto<br />

e vittima per la colpa.<br />

Allora ho detto: «Ecco, io vengo.<br />

Sul rotolo del libro, di me è scritto<br />

di compiere il tuo volere.<br />

Mio Dio, questo io desidero,<br />

la tua legge è nel profondo del mio cuore ».<br />

Ho annunziato la tua giustizia<br />

nella grande assemblea;<br />

vedi, non tengo chiuse le labbra,<br />

Signore, tu lo sai.<br />

Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore,<br />

la tua fedeltà e la tua salvezza<br />

ho proclamato.<br />

Non ho nascosto la tua grazia e la tua fedeltà<br />

alla grande assemblea.<br />

EPISTOLA<br />

Eb 10,4-10<br />

Fratelli, è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: "Tu<br />

non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocàusti né sacrifici per il<br />

peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per compiere, o Dio, la tua<br />

volontà". Dopo aver detto: " Non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocàusti né sacrifici per il<br />

peccato", cose tutte che vengono offerte secondo la legge, soggiunge: "Ecco, io vengo a fare la tua volontà" Con ciò<br />

stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo. Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati<br />

santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.<br />

VANGELO<br />

Lc 1,26-38<br />

In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, sposa di un<br />

uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena<br />

di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.<br />

L'angelo le disse: « Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e<br />

lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e<br />

regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: « Come è<br />

possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la<br />

potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente,<br />

nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a<br />

Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.


Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Nell’annunciazione di Giovanni Battista l’angelo Gabriele va al tempio di Gerusalemme. Nell’annunciazione di<br />

Gesù l’angelo va a Nazaret, territorio che era ritenuto pagano e trascurato da Dio, quella Galilea dalla quale<br />

"non era sorto alcun profeta" (Gv 7,52). Natanaele si chiede: "Può venire qualcosa di buono da Nazaret?" (Gv<br />

1,46). Dio sceglie ciò che non ha appariscenza, ciò che è umile e disprezzato dagli uomini. La legge<br />

dell’incarnazione è questa: "Gesù annientò sé stesso…umiliò sé stesso" (Fil 2,7-8).<br />

Ma a Gerusalemme, nel tempio, nel culto solenne, nel sacerdote che presiede la celebrazione Dio non trova la<br />

fede, cioè non trova amore, ubbidienza e accoglienza. A Nazaret invece, nella Galilea dei pagani, lontana dal<br />

tempio e dal culto, trova una fanciulla sconosciuta, la Maria, piena di grazia, di fede e di disponibilità.<br />

Nell’Antico Testamento Dio abita nel tempio, nel Nuovo elegge la sua dimora tra gli uomini (Gv 1,14). Maria è<br />

il nuovo tempio, la nuova città santa, il popolo nuovo in mezzo al quale prende dimora Dio. Il nome di Gesù<br />

significa: Dio salva. "Jahvé, il tuo Dio, è dentro di te, potente salvatore" (Sof 3,17).<br />

Il nome nuovo che Maria riceve: "Piena-di-grazia" è l’investitura per una particolare missione nel piano di Dio,<br />

destinata a modificare la sua vita e il corso intero della storia. L’espressione "il Signore è con te" indica la<br />

protezione e l’assistenza che Dio le accorda in vista del compito che è destinata ad assolvere.<br />

Il turbamento di cui parla il vangelo (v. 29) indica la presenza di Dio e sottolinea l’origine divina della<br />

comunicazione che Maria riceve, ed è segno che le parole dell’angelo sono piene di mistero.<br />

Maria cerca di capirne il significato ponendosi delle domande, ma inutilmente. Alla fine deve chiederne la<br />

spiegazione all’angelo. L’angelo dà la spiegazione di ciò che ha affermato nel saluto iniziale. La grazia<br />

accordata a Maria è la nascita miracolosa di un figlio. Dio attuerà il suo disegno intervenendo con la potenza<br />

del suo Spirito.<br />

Le perplessità di Maria alle parole dell’angelo riecheggiano quelle di Abramo all’annuncio della nascita di suo<br />

figlio (Gen 18,14). La fede in Dio che può operare meraviglie e cose impossibili all’uomo, ha salvato<br />

dall’incredulità Abramo; la stessa fede salva Maria (v. 37).<br />

"Servi di Dio" sono coloro che hanno ricevuto una missione particolarmente importante e<br />

contemporaneamente danno prova di disponibilità, di remissività e di fede. Sulla bocca di Maria l’espressione<br />

"serva del Signore" riassume la sua missione e il coraggio con cui ha accettato l’invito divino che dà un<br />

significato nuovo e inatteso alla sua vita.<br />

"Serva del Signore" è il nome che ella stessa si attribuisce dopo quello datole dai genitori: Maria, e quello<br />

annunciatole dall’angelo: Piena-di-grazia. Maria è la serva del Signore perché accetta umilmente il disegno di<br />

Dio, anche se non riesce a comprenderne tutta la portata e tutte le conseguenze.<br />

L’espressione "avvenga a me", nel testo originale greco, è una forma verbale chiamata ottativo e contiene in<br />

sé un desiderio ardente e un entusiasmo vivo di vedere attuato quanto le è stato proposto. Maria ci insegna<br />

che la volontà di Dio va accolta con fede ed eseguita con gioia.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Conservo nel cuore le tue parole.<br />

Is.7,10-14; Sal.39; Eb.10,4-10; Lc.1,26b-38<br />

Entrando nel mondo, Cristo dice:Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Ecco, io<br />

vengo per fare, o Dio, la tua volontà. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di<br />

Cristo, una volta per sempre. (Eb.10,5.9a.10)<br />

La disobbedienza di Adamo e di Eva ha introdotto nel mondo il peccato e con esso la morte. Per annullarne gli effetti<br />

occorreva un atto d’obbedienza, ma non di un uomo, ci voleva un Dio che obbedisse a Dio. Impossibile per una creatura!<br />

Il Figlio unigenito di Dio, assumendo la natura umana, lo ha reso possibile. La nostra mente non comprende, ma la fede ci<br />

aiuta ad accettare quanto ci supera e ci fa intuire l’infinito amore di Dio per noi. L’Onnipotente si abbassa a chiedere la<br />

collaborazione di una donna, per entrare nel mondo e la Vergine Maria offre lo spazio più grande che una creatura può<br />

dare: quello creato dall’umiltà che mette da parte l’io lasciando tutto il posto a Dio. Obbedienza ed umiltà, ecco i due<br />

grandi insegnamenti d’oggi.<br />

Preghiamo<br />

O <strong>Padre</strong><br />

che hai rivelato il tuo amore<br />

scegliendo il grembo della Vergine Maria<br />

per rivestire di carne mortale il tuo Verbo,<br />

concedici di accoglierlo


e generarlo nello spirito<br />

con l’ascolto della tua parola<br />

e nell’obbedienza della fede.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Solennità dell’Annunciazione del Signore<br />

E' una solennità che, prima della riforma liturgica, aveva un carattere squisitamente mariano come diceva il titolo stesso<br />

della festa: “ Annunciazione di Maria”. Il titolo odierno sposta l’accento sul Signore: “Annunciazione del Signore” si dice,<br />

ad indicare l’evento che si celebra, dal quale inizia un tempo nuovo sulla terra, l’incarnazione di Dio. Questo era già<br />

sottolineato del resto dalla data stessa, il 25 marzo, legata alla fissazione del Natale al 25 dicembre: nove mesi prima della<br />

nascita di Gesù, con l’annuncio dell’Angelo a Maria e il Fiat di lei, la Parola prende carne d’uomo nel seno di una donna<br />

che ha creduto a Dio e inizia il suo pellegrinaggio sulla terra.<br />

Nell’episodio biblico dell’annuncio, l’evangelista Luca presenta Maria come la personificazione del piccolo resto, povero<br />

e umiliato di Israele, di coloro che incarnano nella loro vita l’attesa di un salvatore, e offrono alla venuta del Messia il<br />

grembo in cui prendere forma d’uomo. È festa del Signore, questa, perché Dio trova accoglienza sulla terra e per la sua<br />

venuta la terra diventa feconda di vita; per questo è festa anche di Maria, la terra che lo accoglie, ed è festa di tutti perché<br />

nella sua povertà ormai la terra di tutti è abitata da Dio.


Sabato, 26 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Messa nel giorno: Is 31,9b-32,8; Sal 25; Ef 5,1-9; Mc 6,1b-5<br />

Messa vigiliare: Lc 9,28b-36; Es 34,1-10; Sal 105; Gal 3,6-14; Gv 8,31-59<br />

Messa del giorno<br />

LETTURA<br />

Lettura del profeta Isaia 31, 9b - 32, 8<br />

Oracolo del Signore che ha un fuoco a Sion / e una fornace a Gerusalemme. / Ecco, un re regnerà secondo giustizia / e i<br />

prìncipi governeranno secondo il diritto. / Ognuno sarà come un riparo contro il vento / e un rifugio contro l’acquazzone, /<br />

come canali d’acqua in una steppa, / come l’ombra di una grande roccia su arida terra. / Non saranno più accecati gli<br />

occhi di chi vede / e gli orecchi di chi sente staranno attenti. / Gli animi volubili si applicheranno a comprendere / e la<br />

lingua dei balbuzienti parlerà / spedita e con chiarezza. / L’abietto non sarà più chiamato nobile / né l’imbroglione sarà<br />

detto gentiluomo, / poiché l’abietto fa discorsi abietti / e il suo cuore trama iniquità, / per commettere empietà / e proferire<br />

errori intorno al Signore, / per lasciare vuoto lo stomaco dell’affamato / e far mancare la bevanda all’assetato. /<br />

L’imbroglione – iniqui sono i suoi imbrogli – / macchina scelleratezze / per rovinare gli oppressi con parole menzognere,<br />

/ anche quando il povero può provare il suo diritto. / Il nobile invece si propone nobili disegni / e s’impegna a compiere<br />

nobili cose.<br />

SALMO<br />

Sal 25(26)<br />

® Signore, amo la casa dove tu dimori.<br />

Scrutami, Signore, e mettimi alla prova,<br />

raffinami al fuoco il cuore e la mente.<br />

La tua bontà è davanti ai miei occhi,<br />

nella tua verità ho camminato. ®<br />

Non siedo con gli uomini falsi<br />

e non vado con gli ipocriti;<br />

odio la banda dei malfattori<br />

e non siedo con i malvagi. ®<br />

Giro attorno al tuo altare, o Signore,<br />

per far risuonare voci di lode<br />

e narrare tutte le tue meraviglie.<br />

Signore, amo la casa dove tu dimori<br />

e il luogo dove abita la tua gloria. ®<br />

EPISTOLA<br />

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 5, 1-9<br />

Fratelli, fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e<br />

ha dato sé stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di<br />

cupidigia neppure si parli fra voi – come deve essere tra santi – né di volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose<br />

sconvenienti. Piuttosto rendete grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – cioè nessun<br />

idolatra – ha in eredità il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio<br />

viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Un tempo infatti eravate<br />

tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni<br />

bontà, giustizia e verità.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Marco 6, 1b-5<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare<br />

nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è<br />

quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria,<br />

il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di


scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì<br />

non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì.<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

La visita di Gesù nella sua patria è un avvenimento penoso che riprende il tema della mancanza di fede del<br />

popolo ebraico già sottolineata nell’insegnamento delle parabole e nella discussione su Beelzebùl.<br />

I parenti di Gesù prima (cfr Mc 3,21.31–32), e la gente di Nazaret poi, tentano di impadronirsi di lui per<br />

impedirgli di illudersi e di nuocere agli altri, ma egli non accetta di lasciarsi circoscrivere entro i legami naturali.<br />

Ormai i legami umani si definiscono in rapporto a lui e non viceversa: i «suoi» sono coloro che vivono con lui,<br />

ascoltano la sua voce e fanno la volontà del <strong>Padre</strong>.<br />

Gli abitanti del suo paese credono di conoscere Gesù meglio di chiunque altro. L’hanno visto crescere ed<br />

esercitare il suo mestiere. Incontrano ogni giorno sua madre e i membri della sua famiglia di cui conoscono<br />

nomi, vita e miracoli. Di fronte a lui si sentono turbati, imbarazzati, irritati. Rifiutano di lasciar mettere in<br />

discussione il loro piccolo mondo e la valutazione che si erano fatta sulla sua persona. Si fa fatica a cambiare<br />

parere e a ricredersi: è più facile e sbrigativo cancellare una persona dalla nostra vita che l’immagine o il<br />

giudizio che ci siamo fatto di lei. Gli abitanti di Nazaret non sanno aprirsi al Gesù reale, perché restano<br />

caparbiamente attaccati al ritratto che si erano fatto di lui.<br />

L’episodio va al di là del rifiuto di un piccolo paese della Galilea: prefigura il rifiuto dell’intero Israele (cfr Gv<br />

1,11). Che un profeta sia rifiutato dal suo popolo non è una novità: c’è perfino un proverbio che lo dice. E’ un<br />

proverbio nato da una lunga esperienza che ha accompagnato tutta la storia d’Israele, che trova la sua più<br />

clamorosa dimostrazione nella storia del Figlio di Dio e che continuerà a ripetersi puntualmente nella storia<br />

successiva.<br />

Dio è dalla parte dei profeti, eppure i profeti sono sempre rifiutati; gli uomini di Dio, i giusti, sono<br />

sistematicamente tolti di mezzo, salvo poi costruire loro sepolcri e monumenti tardivi (cfr Lc 11,47–48).<br />

«E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì» (v. 5). I miracoli<br />

di Gesù sono una risposta alla sincerità dell’uomo che cerca la verità; non sono il tentativo di forzare, in ogni<br />

modo, il cuore dell’uomo. Diversamente dagli uomini, Dio non usa la violenza per imporre i propri diritti. E<br />

neppure fa miracoli per permettere agli uomini di esimersi dal rischio e dalla fatica del credere.<br />

Anche a Nazaret Gesù ha cercato i malati e i poveri; essi sono il buon terreno arato dalla sofferenza e irrigato<br />

dalle lacrime: il seme della Parola viene accolto da loro e produce frutto. Nella sua città purtroppo il bilancio è<br />

deludente, ma non fallimentare.<br />

A Nazaret tutti si sono scandalizzati di Gesù. Tutti gli uomini inciampano e cadono davanti alla grandezza<br />

dell’amore di un Dio che si fa piccolo e insignificante. Tutti rifiutano un Dio la cui sapienza è la follia e<br />

l’impotenza dell’amore. Noi lo pensiamo e lo vogliamo diverso. La nostra mancanza di fede è così incredibile<br />

che il Signore stesso se ne meraviglia.<br />

In Gesù ci troviamo davanti allo scandalo di un Dio fatto carne, che sottostà alla legge della fatica umana e del<br />

bisogno, del lavoro e del cibo, della veglia e del sonno, della vita e della morte. Lo vorremmo diverso. Ci<br />

piacerebbe condividere le sue caratteristiche divine, ma non ci piace che egli condivida le nostre prerogative<br />

umane, delle quali volentieri faremmo a meno.<br />

Il cristiano e la Chiesa devono sempre misurarsi sulla carne di Gesù, venduta per trenta sicli, il prezzo di un<br />

asino o di uno schiavo.<br />

La prima eresia – è e sarà sempre la prima! – non consistette nel negare la divinità di Cristo, ma nel<br />

minimizzare e trascurare l’umanità di Gesù che nella sua debolezza e stoltezza crocifissa è la salvezza per<br />

tutti. Il cardine della salvezza è la carne crocifissa e risorta di Cristo.<br />

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Messa vigiliare della Domenica III di Quaresima "di Abramo"<br />

LETTURA VIGILIARE<br />

Lettura del Vangelo secondo Luca 9,28b-36<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo<br />

volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano<br />

Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi<br />

compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.<br />

Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una<br />

per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì<br />

con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio,


l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò<br />

che avevano visto.<br />

Lode e onore a te, Cristo Signore, nei secoli dei secoli.<br />

®. Amen.<br />

Seguono le letture della Messa nel giorno della Domenica:<br />

Es 34,1-10; Sal 105; Gal 3,6-14; Gv 8,31-59<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

La trasfigurazione svela il mistero di Gesù. Egli è il Figlio del <strong>Padre</strong>, l’eletto. Il <strong>Padre</strong> ordina a tutti:<br />

"Ascoltatelo!". L’obbedienza a "Gesù solo" (v. 36) è il culmine del racconto. Ora sappiamo chi è Gesù e perché<br />

lo dobbiamo ascoltare.<br />

L’ordine di ascoltarlo riguarda particolarmente quanto Gesù ha detto nel brano precedente, dove rivela la<br />

necessità della croce per lui e per noi.<br />

I tre discepoli hanno una visione anticipata della gloria per affrontare il passaggio obbligato della croce appena<br />

annunciata da Gesù (v. 22). Pietro, Giovanni e Giacomo sono gli stessi testimoni della risurrezione della figlia<br />

di Giairo. Per Matteo e Marco sono anche i testimoni dell’agonia di Gesù nel Getsemani.<br />

La definitività e l’importanza di questa rivelazione è richiamata dalla Seconda Lettera di Pietro: "Non per<br />

essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del<br />

Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli ricevette infatti<br />

onore e gloria da Dio <strong>Padre</strong> quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: ‘Questi è il Figlio mio<br />

prediletto, nel quale mi sono compiaciuto’. Questa voce noi l’abbiamo udita scendere dal cielo mentre<br />

eravamo con lui sul santo monte. E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti…" (1,16-19).<br />

Il monte nella tradizione biblica è il luogo privilegiato dell’incontro dell’uomo con Dio. Luca precisa che Gesù<br />

salì sul monte a pregare. La trasfigurazione di Gesù è comprovata dall’apparizione dei due personaggi più noti<br />

della storia biblica, Mosè ed Elia. La presenza dei due esponenti dell’Antico Testamento non è fortuita. Essi<br />

sono venuti per rendere testimonianza a Cristo. Egli è la conclusione e il punto di arrivo della Legge e dei<br />

Profeti.<br />

Mosè ed Elia parlavano con Gesù del suo prossimo esodo che doveva compiersi in Gerusalemme. La morte di<br />

Gesù non è la fine, ma l’esodo verso la gloria. La passione e morte è un episodio, la gloria della risurrezione<br />

sarà lo stato reale e definitivo di Cristo.<br />

La proposta di Pietro (v. 33) parte da una interpretazione superficiale dell’avvenimento. Ha visto il fascino di un<br />

mondo raggiunto senza troppa fatica e vorrebbe entrarvi a farne parte subito e, ciò che è peggio, vorrebbe<br />

circoscriverlo a una cerchia limitata di persone. Egli vorrebbe conseguire la salvezza senza la morte di croce.<br />

La visione non finisce con la scomparsa di Mosè e di Elia, ma entra in una seconda fase. L’interrogativo "chi è<br />

Gesù?" trova risposta da Dio stesso: "Questi è il Figlio mio, l’eletto" (v. 35).<br />

Alla fine sulla scena rimane solo Gesù davanti ai discepoli. La sottolineatura "Gesù solo" è intenzionale. Non<br />

c’è nessun altro maestro o profeta all’infuori di lui: egli è assoluto e unico.<br />

La trasfigurazione è un’anticipazione e un’esplicazione dell’annuncio della risurrezione di cui l’evangelista<br />

aveva parlato al termine della profezia della passione (v. 22).<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Conservo nel cuore le tue parole.<br />

Is 31,9b-32,8; Sal 25(26); Ef 5,1-9; Mc 6,1b-5<br />

Ecco, un re regnerà secondo giustizia e i principi governeranno secondo il diritto. Gli animi volubili si applicheranno<br />

a comprendere e la lingua dei balbuzienti parlerà spedita e con chiarezza. Nè l’imbroglione sarà detto gentiluomo. (Is<br />

32,1.4.5b)<br />

Dio promette un re che porterà giustizia e inaugurerà il regno della pace. Nella storia ci sono stati re simili in Israele e<br />

anche re e governanti che la Chiesa ha dichiarato santi. La promessa tuttavia si è realizzata in pienezza con l’avvento di<br />

Cristo, Re dei re. È un Re difficile da riconoscere, che regna da una croce, e c’è il pericolo di rifiutarlo come, nel<br />

Vangelo, hanno fatto i suoi concittadini. Gesù ha mandato i discepoli a diffondere il suo regno di giustizia e di pace sino<br />

ai confini del mondo, con la forza disarmante dell’amore. Il Regno germoglia e fruttifica nei nostri cuori, resi capaci<br />

d’amare anche sino all’eroismo e di spargere piccoli semi di bontà, gratitudine e pazienza.<br />

Preghiamo<br />

O <strong>Padre</strong>,


fa’ che camminiamo<br />

sulle orme del tuo Figlio<br />

e come lui doniamo la nostra vita<br />

per amore dei fratelli.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

Santa Lucia Filippini<br />

Nacque a Tarquinia nel 1672. Orfana ancora fanciulla di entrambi i genitori, seguendo il consiglio del cardinale Barbarigo<br />

entrò a 16 anni nel convento delle clarisse di Montefiascone, dove completò la sua formazione religiosa e si delineò<br />

chiaramente la sua vocazione di educatrice. Svolse dapprima all’interno del chiostro un ruolo di sensibilissima e<br />

apprezzata formatrice, poi il vescovo le affidò le opere scolastiche diocesane. Infine, con la sua maturata esperienza,<br />

realizzò il suo piano apostolico dando origine al ministero educativo delle suore, che da lei presero il nome di “Maestre<br />

Pie Filippine”.<br />

Aprì numerose scuole a Montefiascone, poi a Roma e in altri centri d’Italia, e ne costituì parecchie anche all’estero,<br />

particolarmente nell’America del Nord. Logorata dalle fatiche e da una dura malattia, morì nel 1732. Pio XI nel 1930 la<br />

dichiarò santa.<br />

Il 26 marzo si celebra anche la memoria di sant’Emanuele martire , presumibilmente del III secolo, ricordato insieme a<br />

Quadrato e Teodosio. Originari dell’Oriente, spinti dall’esempio e dal coraggio dei cristiani, al cui martirio avevano<br />

dovuto assistere, si presentarono spontaneamente al governatore della loro provincia, dichiarandosi cristiani. Imprigionati,<br />

subirono anch’essi il martirio.


DOMENICA DI ABRAMO - III DI QUARESIMA - 27 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Es 34,1-10; Sal 105; Gal 3,6-14; Gv 8,31-59<br />

Messa nel giorno<br />

LETTURA<br />

Lettura del libro dell’Esodo 34, 1-10<br />

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole<br />

che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte<br />

Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure<br />

greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di<br />

buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il<br />

Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui,<br />

proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva<br />

il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che<br />

castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino<br />

a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un<br />

popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità». Il Signore disse: «Ecco,<br />

io stabilisco un’alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna<br />

terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore, perché terribile è quanto io<br />

sto per fare con te».<br />

SALMO<br />

Sal 105 (106)<br />

® Salvaci, Signore, nostro Dio.<br />

Abbiamo peccato con i nostri padri,<br />

delitti e malvagità abbiamo commesso.<br />

I nostri padri, in Egitto,<br />

non compresero le tue meraviglie,<br />

non si ricordarono della grandezza del tuo amore. ®<br />

Molte volte li aveva liberati,<br />

eppure si ostinarono nei loro progetti.<br />

Ma egli vide la loro angustia,<br />

quando udì il loro grido. ®<br />

Si ricordò della sua alleanza con loro<br />

e si mosse a compassione, per il suo grande amore.<br />

Li affidò alla misericordia<br />

di quelli che li avevano deportati. ®<br />

EPISTOLA<br />

Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati 3, 6-14<br />

Fratelli, come Abramo «ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia», riconoscete dunque che figli di Abramo<br />

sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede,<br />

preannunciò ad Abramo: «In te saranno benedette tutte le nazioni». Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono<br />

benedetti insieme ad Abramo, che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la<br />

maledizione, poiché sta scritto: «Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per<br />

metterle in pratica». E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che «il giusto per fede<br />

vivrà». Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: «Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse».<br />

Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto:<br />

«Maledetto chi è appeso al legno», perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la<br />

fede, ricevessimo la promessa dello Spirito.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 8, 31-59<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero


miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non<br />

siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi<br />

dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta<br />

per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto<br />

cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il <strong>Padre</strong>; anche<br />

voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù:<br />

«Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la<br />

verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non<br />

siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste,<br />

perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non<br />

comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete<br />

compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è<br />

verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non<br />

credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è<br />

da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non<br />

abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io<br />

onoro il <strong>Padre</strong> mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi<br />

dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei<br />

indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in<br />

eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?».<br />

Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il <strong>Padre</strong> mio, del quale voi dite:<br />

“È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore.<br />

Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu<br />

pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In<br />

verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma<br />

Gesù si nascose e uscì dal tempio.<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

La fede autentica non si riduce a un’adesione momentanea al Cristo, ma esige perseveranza e fedeltà con<br />

Gesù, Parola vivente del <strong>Padre</strong>. Il vero discepolo di Cristo si riconosce da questa permanenza continua e<br />

intima in Gesù. Solo allora si conosce la verità che libera da ogni schiavitù.<br />

Si tratta di una conoscenza esistenziale e vitale, di una comunione intima con il Figlio di Dio. La conoscenza<br />

della verità non è dunque qualcosa di speculativo. La verità è Gesù in persona (cfr Gv 14,6). La verità, ossia<br />

Cristo stesso, in quanto manifestazione della vita divina, opererà la liberazione dell’uomo, come è chiarito in<br />

8,36. Quindi la libertà piena si vive nella fede, credendo esistenzialmente in Gesù.<br />

Le parole di Gesù provocano la reazione dei suoi interlocutori, offesi per le affermazioni sulla liberazione<br />

operata dalla verità. I giudei si proclamano persone libere e figli di Abramo. Essi protestano di non essere mai<br />

stati schiavi di nessuno. Per Gesù la libertà e la schiavitù sono di ordine morale, mentre i suoi interlocutori<br />

intendono questi termini in chiave politica.<br />

Gesù parla della schiavitù e della libertà morale in relazione al peccato. Egli insegna che la vera schiavitù è<br />

quella di ordine religioso: è schiavo chi fa il peccato. In questi testi di Giovanni il peccato indica l’opzione<br />

fondamentale contro la luce, ossia l’incredulità. La frase "lo schiavo non rimane nella casa per sempre"<br />

contiene una velata minaccia di espulsione dei giudei dalla casa di Dio, dal regno e dall’amicizia con il <strong>Padre</strong>.<br />

Nel v. 35 il termine "figlio" è preso in senso generico, per essere applicato a tutti gli uomini; esso però è aperto<br />

al significato specifico divino, per indicare il Figlio unigenito del <strong>Padre</strong>. In realtà nel v. 36 abbiamo questo<br />

passaggio. Qui si parla del Figlio liberatore. Gesù è il Logos incarnato, la verità personificata, che sola può<br />

liberare l’uomo dalla schiavitù del peccato. Egli è il Figlio di Dio che rimane per sempre nella casa del <strong>Padre</strong>.<br />

Dopo aver sviluppato la tematica della vera schiavitù e della vera libertà, Gesù contesta l’affermazione dei<br />

giudei di essere discendenza di Abramo e dimostra loro che sono figli di un altro padre.<br />

E’ un linguaggio misterioso che sarà chiarito nella scena successiva (v. 44). Per discendenza naturale gli ebrei<br />

sono figli di Abramo, ma per l’animo e i comportamenti sono figli del diavolo. Tentando di uccidere Gesù fanno<br />

un’opera diabolica perché il diavolo è omicida fin dal principio.<br />

I giudei, con la loro incredulità, rinnegano la loro origine da Abramo, uomo di grande fede. Il loro intento<br />

omicida si spiega con il rifiuto della rivelazione divina del Cristo: "La mia parola non penetra in voi".<br />

L’opposizione tra Gesù e i giudei sta nell’influsso dei rispettivi padri. Il Logos incarnato rivela ciò che ha visto e<br />

continua a vedere nel <strong>Padre</strong>. I giudei rivelano ciò che ispira loro il demonio.<br />

I giudei, con gli atteggiamenti pratici, rinnegano la loro discendenza da Abramo. Essi non solo non compiono<br />

le opere del patriarca, caratterizzate da una fede profonda in Dio e dall’adesione incondizionata alla sua parola<br />

(cfr Gen 12,1ss; 15,1-7), ma addirittura si oppongono all’inviato del <strong>Padre</strong> e cercano di ucciderlo. L’allusione<br />

finale di Gesù sulla vera paternità dei giudei suscita la loro protesta.


La fornicazione indica l’infedeltà idolatrica. I giudei quindi protestano la loro fedeltà all’alleanza mosaica e<br />

proclamano di non aver tradito il patto con Dio adorando altre divinità: "Abbiamo un solo padre, Dio". Questa<br />

espressione richiama l’inizio dello shemà: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo" (Dt<br />

6,4). Nell’Antico Testamento Jahvé è presentato spesso come padre d’Israele.<br />

Se i giudei avessero un solo padre, Dio, essi dovrebbero amare Gesù perché è stato mandato dal <strong>Padre</strong>.<br />

Gesù vuole dimostrare che i giudei non sono figli di Dio, perché non amano l’inviato di Dio che è uscito dal<br />

<strong>Padre</strong>.<br />

I giudei non amano Dio (5,42), ma il mondo (1Gv 2,15), ossia amano le tenebre (3,19) e la gloria degli uomini<br />

(12,43). I giudei non possono ascoltare la parola di Gesù e restano nell’incredulità perché non si lasciano<br />

attirare dal <strong>Padre</strong>. L’uomo, abbandonato alle sue forze, è incapace di fare il salto della fede che supera le sue<br />

possibilità. L’incredulità volontaria, cieca e ostinata dei nemici di Gesù, che li spinge a propositi omicidi,<br />

manifesta la loro discendenza dal diavolo, il nemico della verità, il padre della menzogna. L’accusa lanciata da<br />

Gesù contro i suoi avversari è la più grave. Nel seguito del discorso i giudei ritorceranno questa accusa contro<br />

Gesù, insultandolo come un indemoniato (vv. 48.52). Questa filiazione diabolica dev’essere intesa come un<br />

influsso malefico con il quale satana si impossessa degli uomini, ispirando loro odio e incredulità. Solo i<br />

discepoli del Cristo non sono sotto l’influsso del maligno, anzi lo hanno vinto (1Gv 2,13–14). La preghiera<br />

insistente di Gesù al <strong>Padre</strong> perché preservi i suoi amici dal diavolo (17,15) ha portato il suo frutto nella Chiesa,<br />

per cui il maligno non può nuocere al cristiano: "Sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca: chi è nato<br />

da Dio preserva sé stesso e il maligno non lo tocca. Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo<br />

giace sotto il potere del maligno" (1Gv 5,18–19). Gesù è la verità personificata (14,6), il diavolo è la menzogna<br />

personificata. La verità è la rivelazione di Dio, è la luce del Cristo; il suo contrario è la menzogna che significa<br />

inganno, tenebra, odio (1Gv 2,4; 4,20). Gesù comunica la parola di Dio (8,40), il diavolo manifesta la<br />

menzogna (8,44). La menzogna è l’opposto di Cristo che è la verità, quindi non va presa in senso etico, ma<br />

indica l’atteggiamento satanico contro Dio e contro suo Figlio e si identifica con il mondo tenebroso<br />

caratterizzato dall’odio e dall’incredulità. Il diavolo è menzognero e padre della menzogna (v. 44), è il male,<br />

l’incredulità, le tenebre, l’odio fatto persona. I giudei sono figli di tale padre e non figli di Dio che è luce, amore<br />

e vita.<br />

I giudei non credono a Gesù, rivelatore perfetto di Dio e uomo senza peccato, perché sono nati dal diavolo.<br />

Gesù si presenta come l’unica persona che dice la verità, ossia manifesta la vita di Dio; quindi si pone in<br />

antitesi con il diavolo, il menzognero e padre della menzogna. Gesù è il rivelatore definitivo che comunica la<br />

salvezza liberando dal peccato con la verità (8,32ss), purificando i suoi discepoli dall’ingiustizia con la sua<br />

parola (15,3) e con il suo sangue (1Gv 1.7.9), togliendo il peccato del mondo (1,29). Egli è fedele alla sua<br />

missione perché "dice la verità" ossia merita la massima fiducia come rivelatore definitivo di Dio. Egli è senza<br />

peccato e per questo può distruggere l’iniquità e l’ingiustizia. L’attività di Gesù appare in radicale opposizione<br />

con quella del diavolo: Gesù dice la verità, il diavolo dice la menzogna.<br />

Con l’espressione "essere da Dio" si esprime l’origine divina di una persona o di una dottrina (7,17). I figli di<br />

Dio ascoltano le sue parole (v. 47), accolgono la sua rivelazione e credono nel suo inviato. I giudei, rifiutando<br />

di ascoltare la parola di Dio e di credere nell’inviato di Dio, dimostrano la loro origine satanica; hanno per<br />

padre il diavolo, perché ascoltano la sua voce e seguono le sue suggestioni omicide (8,44).<br />

Le pesanti accuse di Gesù sull’origine satanica dei suoi avversari suscitano la reazione dei giudei, i quali<br />

insultano Gesù chiamandolo samaritano e indemoniato. Gesù non cerca la sua gloria come fanno i suoi<br />

avversari (5,44), ma cerca l’onore del <strong>Padre</strong> che l’ha mandato (7,18). Gesù ricorda ai giudei che saranno<br />

giudicati proprio da quel Dio che essi erroneamente considerano il loro <strong>Padre</strong>. Si tratta di un giudizio di<br />

condanna per l’ostinazione nell’incredulità e per gli oltraggi blasfemi lanciati contro Gesù.<br />

Gesù riprende la tematica dell’immortalità derivante dall’osservanza della sua parola. In 5, 24 aveva assicurato<br />

il passaggio dalla morte alla vita per chi ascolta la sua parola, cioè crede nella sua rivelazione e vive secondo<br />

essa. Cristo è la risurrezione e la vita, perciò chi crede in lui, anche se sperimenterà la morte temporale,<br />

eviterà la morte eterna, cioè l’inferno (cfr Gv 11,25-26).<br />

Gesù fa dipendere la vita eterna e l’immortalità dall’ascolto della sua parola, dall’adesione esistenziale e<br />

pratica al suo messaggio. In antitesi con il diavolo menzognero che ingannò i nostri progenitori con la sua<br />

parola falsa (cfr Gen 2,17; 3,2ss) e portò nel mondo la morte (cfr Sap 2,24), Gesù, con la sua parola divina, è<br />

fonte di vita e di immortalità.<br />

La reazione dei giudei è scomposta e oltraggiosa. L’affermazione di Gesù è veramente inaudita per un<br />

semplice uomo, perché anche i personaggi più grandi della storia della salvezza sono morti. Se Gesù non<br />

fosse il Figlio di Dio, la sua pretesa di donare l’immortalità sarebbe assurda.<br />

La risposta pacata di Gesù fa vedere la sua grandezza eccezionale. Nella frase finale di questo dialogo<br />

drammatico (v. 58), Gesù proclama esplicitamente la sua divinità e quindi anche la sua superiorità anche di<br />

fronte al più grande patriarca del popolo ebraico, Abramo.


L’affermazione dei giudei che ritengono Dio loro padre è falsa. Essi ignorano del tutto Dio perché non<br />

osservano la sua parola. La conoscenza di Dio infatti non si riduce alla sfera speculativa, ma si acquista e si<br />

dimostra osservando i suoi comandamenti. La conoscenza vera di Dio e del suo Figlio si riduce all’amore<br />

concreto e operativo.<br />

Alla domanda dei giudei: "Sei tu forse più grande del nostro padre Abramo?", Gesù risponde che il padre del<br />

popolo ebraico era completamente orientato verso il tempo del Messia e visse in funzione di lui. La nascita dl<br />

suo figlio Isacco fu motivo di gioia (cfr Gen 18,1-15; 21,1-7) perché in lui si realizzavano le promesse<br />

messianiche. All’annuncio di questo lieto evento il patriarca rise (cfr Gen 17,17), ossia si rallegrò e gioì, perché<br />

nella nascita di suo figlio previde la discendenza dalla quale sarebbe nato il Cristo. Abramo vide il giorno di<br />

Gesù, come Isaia vide la sua gloria (cfr Gv 12,41) e Mosè scrisse di lui (cfr Gv 5,46): tutto l’Antico Testamento<br />

è in funzione di Gesù.<br />

"Gli dissero allora i giudei: ‘Non hai ancora quarant’anni e hai visto Abramo?’". Questo intervento finale dei<br />

giudei prepara la solenne proclamazione della divinità di Gesù. Notiamo che essi deformano e capovolgono<br />

l’affermazione di Gesù. Egli ha detto che Abramo vide il suo giorno. Essi rovesciano il soggetto e l’oggetto e<br />

fanno dire a Gesù di aver visto Abramo. Per gli increduli giudei è inconcepibile che Gesù sia oggetto della<br />

contemplazione di Abramo, tanto sono lontani dal comprendere la vera identità del Figlio di Dio.<br />

"In verità in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono". La risposta di Gesù è il vertice di tutto il dialogo<br />

drammatico del capitolo 8. Essa contiene la proclamazione esplicita della divinità di Gesù. Contrapponendosi<br />

al più grande patriarca dell’Antico Testamento, del quale la Scrittura descrive la vita e la morte, Gesù si<br />

presenta come l’"Io sono", il Vivente, il vero Dio, Jahvé in persona.<br />

La reazione dei giudei conferma il significato divino dell’espressione usata da Gesù. Per loro è un<br />

bestemmiatore, perché si è proclamato Dio e quindi merita la lapidazione come prescrive la legge di Mosè (cfr<br />

Lv 24,16).<br />

Questo nascondersi di Gesù ha un profondo significato teologico: è l’eclissi del Sole, che è il Logos incarnato,<br />

dinanzi all’incredulità dei suoi interlocutori.<br />

Il capitolo 9 continuerà questo tema della luce di Cristo nell’episodio della guarigione del cieco.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Io ti prego, ascoltami Signore.<br />

Es 34,1-10; Sal 105(106); Gal 3,6-14: Gv 8,31-59<br />

“Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì. È un popolo di dura cervice,<br />

ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato. Il Signore disse: “ Ecco io stabilisco un’alleanza: in presenza di<br />

tutto il tuo popolo io farò meraviglie". (Es 34,9-10b)<br />

Nel corso dei secoli Israele mancò diverse volte all’alleanza che Dio aveva stabilito con Abramo. Nella traversata del<br />

deserto, dopo l’uscita dall’Egitto, è Mosè che ricuce l’infedeltà del popolo chiedendo a Dio il perdono, accordato con il<br />

rinnovo dell’alleanza. Per questo patto, gli Israeliti contemporanei di Gesù, si sentivano giustificati nei loro<br />

comportamenti. Gesù invece smaschera la loro ipocrisia: si appellavano all’alleanza, ma non la vivevano come invece<br />

aveva fatto Abramo, amico di Dio. Noi col battesimo abbiamo ricevuto il sigillo della nuova alleanza siglata col sangue di<br />

Cristo e apparteniamo a Dio, siamo i suoi figli. Testimoniamo questa verità e realtà con una vita coerente.<br />

Preghiamo<br />

O Dio, nostro <strong>Padre</strong>,<br />

unica fonte di ogni dono perfetto,<br />

suscita in noi l’amore per te<br />

e ravviva la nostra fede.<br />

(dalla Liturgia)<br />

Impegno settimanale<br />

Ricordare nella preghiera una situazione di reale difficoltà che si è incontrata.<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Ruperto, primo vescovo di Salisburgo (VIII secolo)<br />

Apparteneva alla famiglia dei conti Robertini o Rupertini, un’importante famiglia che dominava nella regione del medio e


alto Reno, ed era imparentata con i Carolingi, ma per l’educazione e la formazione si può considerare un tipico<br />

rappresentante dei monaci irlandesi itineranti.<br />

Verso il 700, in seguito al consolidamento dei Franchi e allo sviluppo del lavoro missionario, si recò in Baviera dove la<br />

popolazione, pur avendo già abbracciato il cristianesimo, aveva ancora bisogno di approfondire la fede e la vita cristiana.<br />

Con l’appoggio del conte Theodo di Baviera, fondò, presso le sponde del Wallersee la prima sede episcopale,<br />

edificandovi una chiesa dedicata a S. Pietro. Ma poi, rivelandosi il luogo poco adatto alla fondazione di un monastero<br />

episcopale, passò a Salzach (Salisburgo) e qui, sul luogo dell’antica città romana di Juvavum, fondò il monastero di S.<br />

Pietro, il più antico di tutta l’Austria e insieme il nucleo della nuova Salisburgo.<br />

Insieme ai suoi compagni, venuti dalla sua terra d’origine, Ruperto consacrò tutte le sue energie all’evangelizzazione e<br />

alla civilizzazione dell’ampio territorio che si stende dai Tauri fino all’Enns. Non lontano dal monastero di S. Pietro sorse<br />

il monastero femminile di Nonnberg, che fu affidato alla guida dell’abbadessa Erentrude, nipote di Ruperto. Le due<br />

abbazie divennero focolai e centri di irradiazione di vita cristiana. Ruperto morì il giorno di Pasqua, il 27 marzo del 718.<br />

A giusto titolo Salisburgo lo riconosce come suo ri-fondatore e lo onora come patrono principale.


Lunedì, 28 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 18,20-33; Sal 118; Pr 8,1-11; Mt 6,7-15<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 18, 20-33<br />

In quei giorni. Disse il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio<br />

scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». Quegli uomini<br />

partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e<br />

gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi<br />

sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire<br />

il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non<br />

praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a<br />

loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono<br />

polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose:<br />

«Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne<br />

troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se<br />

parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come<br />

ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti».<br />

Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la<br />

distruggerò per riguardo a quei dieci». Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò e Abramo ritornò<br />

alla sua abitazione.<br />

SALMO<br />

Sal 118(119), 57-64<br />

® Chi teme il Signore, custodisce le sue parole.<br />

La mia parte è il Signore:<br />

ho deciso di osservare le tue parole.<br />

Con tutto il cuore ho placato il tuo volto:<br />

abbi pietà di me secondo la tua promessa. ®<br />

Ho esaminato le mie vie,<br />

ho rivolto i miei piedi verso i tuoi insegnamenti.<br />

Mi affretto e non voglio tardare<br />

a osservare i tuoi comandi. ®<br />

I lacci dei malvagi mi hanno avvolto:<br />

non ho dimenticato la tua legge.<br />

Nel cuore della notte mi alzo a renderti grazie<br />

per i tuoi giusti giudizi. ®<br />

Sono amico di coloro che ti temono<br />

e osservano i tuoi precetti.<br />

Del tuo amore, Signore, è piena la terra;<br />

insegnami i tuoi decreti. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 8, 1-11<br />

La sapienza forse non chiama / e l’intelligenza non fa udire la sua voce? / In cima alle alture, lungo la via, / nei crocicchi<br />

delle strade si apposta, / presso le porte, all’ingresso della città, / sulle soglie degli usci essa grida: / «A voi, uomini, io mi<br />

rivolgo, / ai figli dell’uomo è diretta la mia voce. / Imparate, inesperti, la prudenza / e voi, stolti, fatevi assennati. /<br />

Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, / dalle mie labbra usciranno sentenze giuste, / perché la mia bocca proclama la verità<br />

/ e l’empietà è orrore per le mie labbra. / Tutte le parole della mia bocca sono giuste, / niente in esse è tortuoso o perverso;<br />

/ sono tutte chiare per chi le comprende / e rette per chi possiede la scienza. / Accettate la mia istruzione e non l’argento, /<br />

la scienza anziché l’oro fino, / perché la sapienza vale più delle perle / e quanto si può desiderare non l’eguaglia».


VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 6, 7-15<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di<br />

venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il <strong>Padre</strong> vostro sa di quali cose avete bisogno prima<br />

ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: / <strong>Padre</strong> nostro che sei nei cieli, / sia santificato il tuo nome, / venga<br />

il tuo regno, / sia fatta la tua volontà, / come in cielo così in terra. / Dacci oggi il nostro pane quotidiano, / e rimetti a noi i<br />

nostri debiti / come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, / e non abbandonarci alla tentazione, / ma liberaci dal male.<br />

/ Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il <strong>Padre</strong> vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non<br />

perdonerete agli altri, neppure il <strong>Padre</strong> vostro perdonerà le vostre colpe».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Gesù ci insegna la preghiera cristiana, che si contrappone alla preghiera dei farisei e dei pagani: il <strong>Padre</strong><br />

nostro.<br />

E’ un testo di grande importanza che ci aiuta a comprendere chi è il cristiano. Il <strong>Padre</strong> nostro è una parola di<br />

Dio rivolta a noi, più che una nostra preghiera rivolta a lui. E’ il riassunto di tutto il vangelo. Non è Dio che deve<br />

convertirsi, sollecitato dalle nostre preghiere: siamo noi che dobbiamo convertirci a lui.<br />

Il contenuto di questa preghiera è unico: il regno di Dio. Ciò è in perfetta consonanza con l’insegnamento di<br />

Gesù: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt<br />

6,33).<br />

<strong>Padre</strong> nostro. Il discepolo ha diritto di pregare come figlio. E sta in questo nuovo rapporto l’originalità cristiana<br />

(cfr Gal 4,6; Rm 8,15). La familiarità nel rapporto con Dio, che nasce dalla consapevolezza di essere figli amati<br />

dal <strong>Padre</strong>, è espressa nel Nuovo Testamento con il termine parresía che può essere tradotto familiarità<br />

disinvolta e confidente (cfr Ef 3,11-12). L’aggettivo nostro esprime l’aspetto comunitario della preghiera.<br />

Quando uno prega il <strong>Padre</strong>, tutti pregano in lui e con lui.<br />

L’espressione che sei nei cieli richiama la trascendenza e la signoria di Dio: egli è vicino e lontano, come noi e<br />

diverso da noi, <strong>Padre</strong> e Signore. Il sapere che Dio è <strong>Padre</strong> porta alla fiducia, all’ottimismo, al senso della<br />

provvidenza (cfr Mt 6,26-33).<br />

Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà. Il verbo della prima invocazione è al<br />

passivo: ciò significa che il protagonista è Dio, non l’uomo. La santificazione del nome è opera di Dio. La<br />

preghiera è semplicemente un atteggiamento che fa spazio all’azione di Dio, una disponibilità. L’espressione<br />

santificare il nome dev’essere intesa alla luce dell’Antico Testamento, in particolare di Ez 36,22-29. Essa<br />

indica un permettere a Dio di svelare il suo volto nella storia della salvezza e nella comunità credente. Il<br />

discepolo prega perché la comunità diventi un involucro trasparente che lasci intravedere la presenza del<br />

<strong>Padre</strong>.<br />

La venuta del Regno comprende la vittoria definitiva sul male, sulla divisione, sul disordine e sulla morte. Il<br />

discepolo chiede e attende tutto questo. Ma la sua preghiera implica contemporaneamente un’assunzione di<br />

responsabilità: egli attende il Regno come un dono e insieme chiede il coraggio per costruirlo. La volontà di<br />

Dio è il disegno di salvezza che deve realizzarsi nella storia.<br />

Come in cielo, così in terra. Bisogna anticipare qui in terra la vita del mondo che verrà. La città terrestre deve<br />

costruirsi a imitazione della città di Dio.<br />

Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Il nostro pane è frutto della terra e del lavoro dell’uomo, ma è anche, e<br />

soprattutto, dono del <strong>Padre</strong>. Nell’espressione c’è il senso della comunitarietà (il nostro pane) e un senso di<br />

sobrietà (il pane per oggi). Il Regno è al primo posto: il resto in funzione del Regno.<br />

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci<br />

dal male. Anche queste tre ultime domande riguardano il regno di Dio, ma dentro di noi. Il Regno è innanzitutto<br />

l’avvento della misericordia.<br />

Questa preghiera si apre con il <strong>Padre</strong> e termina con il maligno. L’uomo è nel mezzo, conteso e sollecitato da<br />

entrambi. Nessun pessimismo, però. Il discepolo sa che niente e nessuno lo può separare dall’amore di Dio e<br />

strappare dalle mani del <strong>Padre</strong>.<br />

Matteo commenta il <strong>Padre</strong> nostro su un solo punto, rimetti a noi i nostri debiti…. Ecco il commento: «Se voi,<br />

infatti, perdonerete agli uomini le loro colpe, il <strong>Padre</strong> vostro celeste perdonerà anche a voi...».<br />

Nel capitolo precedente Matteo aveva messo in luce l’amore per tutti. Ora mette in luce la sua concreta<br />

manifestazione: il perdono.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Io ti prego, ascoltami Signore


Gn 18,20-33; Sal 118(119),57-64; Pr 8,1-11; Mt 6,7-15<br />

«Ascoltate, perché la mia bocca proclama la verità e l’empietà è orrore per le mie labbra. Tutte le parole della mia<br />

bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso. Sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede<br />

la scienza». (Pr 8,7-9)<br />

E' la Sapienza stessa che prende la parola per affermare che dalla sua bocca esce solo la verità, nessuna malvagità, ma<br />

solo parole giuste, rette e chiare. Essere istruiti da lei è meglio che guadagnare denaro, essa vale più delle perle. Nel<br />

Vangelo è Gesù stesso, Sapienza eterna, a istruirci. Se Gesù, che è verità, ci insegna a chiamare Dio col nome di padre,<br />

ciò significa che Dio è veramente nostro padre. Quante volte abbiamo recitato il <strong>Padre</strong> nostro, magari meccanicamente:<br />

soffermiamoci a riflettere su ogni frase, gustiamone la brevità, ma anche la densità, lasciamoci interpellare dalle sue<br />

esigenze, custodiamolo nel cuore e cresciamo alla sua scuola: impareremo a pregare e a vivere come vuole il Signore.<br />

Preghiamo<br />

O Dio<br />

che ci dai il privilegio di chiamarti <strong>Padre</strong>,<br />

fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi,<br />

perché possiamo entrare<br />

nell’eredità che ci hai promesso.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Gontrano (VI secolo)<br />

Gontrano nacque in Francia nel 525. Suo padre Clotario I, figlio del Re Clodoveo e di santa Clotilde, divise il regno, fino<br />

a quel momento unito, fra i suoi quattro figli. A Gontrano toccò la Borgogna e l’Orléans, il Berris e una parte della<br />

Provenza; verso il 567-70 egli scelse come capitale del suo regno Chalon, sul fiume Saône. In gioventù la vita di<br />

Gontrano non fu esemplare, ma la sua fede era solida e la grazia poté operare in lui una sincera conversione. Si preoccupò<br />

di favorire l’evangelizzazione dei suoi territori e in particolare le montagne del Giura. Fondò numerosi monasteri e<br />

abbazie, e sostenne con i suoi beni quelli che già esistevano. Fu molto rispettoso dell’autorità e libertà dei vescovi.<br />

Convocò sei concili nelle principali città del suo stato e ai concili dei vescovi sottopose le situazioni più difficili e i<br />

problemi più delicati del suo regno. Ebbe sempre cura del suo popolo, favorendone l’educazione e beneficandolo quando<br />

flagelli naturali lo colpivano.<br />

Le cronache riferiscono che per i suoi sudditi offriva a Dio anche le sue penitenze e i suoi digiuni. Nella sua vita privata<br />

fu colpito da molte sventure: vide morire la moglie, i figli e anche i fratelli. Con un nipote, che adottò come figlio, riuscì a<br />

riunire ancora i quattro regni di Francia, che sotto la sua guida illuminata vissero un periodo di prosperità e di benessere.<br />

Morì il 28 marzo 593 e fu sepolto nel monastero di Chalon.


Martedì, 29 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 21,1-4.6-7; Sal 118; Pr 9,1-6.10; Mt 6,16-18<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 21, 1-4. 6-7<br />

In quei giorni. Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad<br />

Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che<br />

Sara gli aveva partorito. Abramo circoncise suo figlio Isacco quando questi ebbe otto giorni, come Dio gli aveva<br />

comandato. Allora Sara disse: «Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà riderà lietamente di me!». Poi<br />

disse: «Chi avrebbe mai detto ad Abramo che Sara avrebbe allattato figli? Eppure gli ho partorito un figlio nella sua<br />

vecchiaia!».<br />

SALMO<br />

Sal 118(119), 65-72<br />

® Donaci, Signore, l’umiltà del cuore.<br />

Hai fatto del bene al tuo servo,<br />

secondo la tua parola, Signore.<br />

Insegnami il gusto del bene e la conoscenza,<br />

perché ho fiducia nei tuoi comandi. ®<br />

Prima di essere umiliato andavo errando,<br />

ma ora osservo la tua promessa.<br />

Tu sei buono e fai il bene:<br />

insegnami i tuoi decreti. ®<br />

Gli orgogliosi mi hanno coperto di menzogne,<br />

ma io con tutto il cuore custodisco i tuoi precetti.<br />

Insensibile come il grasso è il loro cuore:<br />

nella tua legge io trovo la mia delizia. ®<br />

Bene per me se sono stato umiliato,<br />

perché impari i tuoi decreti.<br />

Bene per me è la legge della tua bocca,<br />

più di mille pezzi d’oro e d’argento. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 9, 1-6. 10<br />

La sapienza si è costruita la sua casa, / ha intagliato le sue sette colonne. / Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo<br />

vino / e ha imbandito la sua tavola. / Ha mandato le sue ancelle a proclamare / sui punti più alti della città: / «Chi è<br />

inesperto venga qui!». / A chi è privo di senno ella dice: / «Venite, mangiate il mio pane, / bevete il vino che io ho<br />

preparato. / Abbandonate l’inesperienza e vivrete, / andate diritti per la via dell’intelligenza». / Principio della sapienza è<br />

il timore del Signore, / e conoscere il Santo è intelligenza.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 6, 16-18<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti,<br />

che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro<br />

ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo<br />

il <strong>Padre</strong> tuo, che è nel segreto; e il <strong>Padre</strong> tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Il digiuno cristiano, come l’elemosina e la preghiera, deve essere compiuto di nascosto. Il cristiano non deve<br />

fare ostentazione della sua penitenza; deve anzi nasconderla con un atteggiamento gioioso.


Il digiuno, come ogni altra sofferenza, è una fonte di gioia perché ottiene un maggior avvicinamento a Dio.<br />

L’invito di Gesù ad assumere un atteggiamento giulivo invece che tetro, sottolinea il significato definitivo della<br />

penitenza cristiana: poter soffrire è una grazia (cfr 1Pt 2,19).<br />

Anche qui, come nei casi precedenti, viene messo in confronto l’esempio cattivo con quello buono. Anche in<br />

questo caso l’esempio negativo è formulato in termini esagerati, in forma di caricatura. In greco c’è un gioco di<br />

parole tra afanízousin e fanosin: essi sfigurano (afanízousin) il loro volto e figurano (fanosin) davanti agli<br />

uomini come persone che digiunano. Come l’annunciare l’elemosina per strada e il pregare agli angoli delle<br />

piazze, si tratta di una messa in scena davanti alla gente. Poiché il loro agire non riguarda Dio, sono degli<br />

ipocriti: empi e commedianti.<br />

Anche l’Antico Testamento ha espresso delle critiche al digiuno esclusivamente esteriore (Is 58,6ss; Sir<br />

34,31).<br />

Colui che digiuna per amore di Dio deve comportarsi come nel tempo della gioia; deve avere il volto luminoso<br />

(Dn 1,15). Il rapporto intimo tra Dio e l’uomo non tollera alcuna occhiata di traverso rivolta agli uomini.<br />

Il brano non vieta il digiuno, ma il mostrare agli uomini che si digiuna. Tutte le pratiche della religione cristiana<br />

devono essere fatte per Dio e non per un tornaconto personale.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Io ti prego, ascoltami Signore.<br />

Gn 21,1-4.6-7; Sal 118(119),65-72; Pr 9,1-6.10; Mt 6,16-18<br />

«La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne, ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo<br />

vino e ha imbandito la sua tavola. “Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato”. Conoscere il<br />

Santo è intelligenza». (Pr 9,1-2.5.10b)<br />

La sapienza ha preparato un banchetto e c’invita a mangiare il suo pane e vino. Dietro il simbolismo del cibo c’è l’invito a<br />

nutrirsi della sapienza stessa, ne trarremo giovamento come il corpo ne trae dal buon cibo. Sia il nostro cibo spirituale<br />

ricco di Parola di Dio, di sane letture, di meditazione, di preghiera e allora cresceremo in sapienza e grazia, nella<br />

conoscenza di Dio e dei suoi misteri. Pane e vino richiamano subito il cibo eucaristico che la sapienza del <strong>Padre</strong> ha offerto<br />

nell’ultima cena e che si perpetua nella Santa Messa. Gesù ci nutre di sé stesso e ci comunica la sua vita divina, ci dà il<br />

pegno della vita eterna. Saziamoci di questo gran dono, gustiamolo in un silenzio adorante, amiamolo e facciamolo<br />

conoscere e amare.<br />

Preghiamo<br />

Dio fedele,<br />

che nutri il tuo popolo con amore di <strong>Padre</strong>,<br />

ravviva in noi il desiderio di te,<br />

fonte inesauribile di ogni bene.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Secondo d’Asti, martire<br />

Secondo era un giovane pagano della città di Asti. Sensibile alla nuova religione cristiana, che si diffondeva sempre più<br />

malgrado le repressioni, visitava in carcere i cristiani condannati. Qui incontrò san Calogero di Brescia che, illustrandogli<br />

il messaggio e la dottrina del Vangelo di Gesù, preparò la sua conversione. Con l’amico prefetto romano della città,<br />

Saprizio, una volta si recarono insieme a Tortona dove san Marciano attendeva il giudizio. L’incontro, per Secondo, con<br />

questo cristiano fu ricco di insegnamenti e di chiari avvertimenti; ma fu a Milano che Secondo giunse alla fede<br />

incontrando i due santi fratelli Faustino e Giovita e fu proprio Faustino a somministrargli il battesimo con l’acqua che<br />

piovve da una nuvola (così dice la leggenda). Secondo, tornato a Tortona per seppellire il corpo di Marciano, fu scoperto<br />

dall’amico prefetto Saprizio, che dopo averlo sottoposto ad un interrogatorio, dove Secondo confessò la sua fede di<br />

cristiano, lo fece arrestare e lo condannò alla decapitazione, che fu eseguita il 30 marzo 119.<br />

Nel Martirologio romano san Secondo è ricordato però il giorno precedente.<br />

La città di Asti lo venera come suo patrono e a lui ha dedicato la bella cattedrale.


Mercoledì, 30 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 21,22-33; Sal 118; Pr 10,18-21; Mt 6,19-24<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 21, 22-34<br />

In quel tempo. Abimèlec con Picol, capo del suo esercito, disse ad Abramo: «Dio è con te in quello che fai. Ebbene,<br />

giurami qui per Dio che tu non ingannerai né me né la mia prole né i miei discendenti: come io ho agito lealmente con te,<br />

così tu agirai con me e con la terra nella quale sei ospitato». Rispose Abramo: «Io lo giuro». Ma Abramo rimproverò<br />

Abimèlec a causa di un pozzo d’acqua, che i servi di Abimèlec avevano usurpato. Abimèlec disse: «Io non so chi abbia<br />

fatto questa cosa: né tu me ne hai informato né io ne ho sentito parlare prima d’oggi». Allora Abramo prese alcuni capi<br />

del gregge e dell’armento e li diede ad Abimèlec: tra loro due conclusero un’alleanza. Poi Abramo mise in disparte sette<br />

agnelle del gregge. Abimèlec disse ad Abramo: «Che significano quelle sette agnelle che hai messo in disparte?».<br />

Rispose: «Tu accetterai queste sette agnelle dalla mia mano, perché ciò mi valga di testimonianza che ho scavato io<br />

questo pozzo». Per questo quel luogo si chiamò Bersabea, perché là fecero giuramento tutti e due. E dopo che ebbero<br />

concluso l’alleanza a Bersabea, Abimèlec si alzò con Picol, capo del suo esercito, e ritornarono nel territorio dei Filistei.<br />

Abramo piantò un tamerisco a Bersabea, e lì invocò il nome del Signore, Dio dell’eternità. E visse come forestiero nel<br />

territorio dei Filistei per molto tempo.<br />

SALMO<br />

Sal 118(119), 73-80<br />

® Il tuo amore, Signore, è la mia consolazione.<br />

Le tue mani mi hanno fatto e plasmato:<br />

fammi capire e imparerò i tuoi comandi.<br />

Quelli che ti temono al vedermi avranno gioia,<br />

perché spero nella tua parola. ®<br />

Signore, io so che i tuoi giudizi sono giusti<br />

e con ragione mi hai umiliato.<br />

Il tuo amore sia la mia consolazione,<br />

secondo la promessa fatta al tuo servo. ®<br />

Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,<br />

perché la tua legge è la mia delizia.<br />

Si vergognino gli orgogliosi che mi opprimono con menzogne:<br />

io mediterò i tuoi precetti. ®<br />

Si volgano a me quelli che ti temono<br />

e che conoscono i tuoi insegnamenti.<br />

Sia integro il mio cuore nei tuoi decreti,<br />

perché non debba vergognarmi. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 10, 18-21<br />

Figlio mio, / dissimulano l’odio le labbra bugiarde, / chi diffonde calunnie è uno stolto. / Nel molto parlare non manca la<br />

colpa, / chi frena le labbra è saggio. / Argento pregiato è la lingua del giusto, / il cuore degli empi vale ben poco. / Le<br />

labbra del giusto nutrono molti, / gli stolti invece muoiono per la loro stoltezza.<br />

VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 6, 19-24<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine<br />

consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine<br />

consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada<br />

del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo,<br />

tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra! Nessuno può<br />

servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete<br />

servire Dio e la ricchezza».


Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

In questo brano Gesù ci dà due comandamenti: «Non accumulatevi tesori sulla terra... Accumulatevi invece<br />

tesori nel cielo». L’accumulare tesori, il diventare ricco è l’aspirazione di ogni uomo. Nella ricchezza egli cerca<br />

di manifestare la sua potenza, la sua superiorità, la sua vanagloria, la sua superbia, ma soprattutto in essa<br />

cerca la sicurezza contro tutti i pericoli, compresa la morte, e la possibilità di avere tutte le soddisfazioni che il<br />

benessere economico può dare. La ricerca egoistica dei beni materiali sottrae tempo ed energie<br />

all’acquisizione dei beni del cielo e rende l’uomo schiavo delle cose che possiede e desidera. Inoltre, tignola,<br />

tarli e ladri minacciano in ogni momento la proprietà terrena.<br />

Ognuno deve avere qualcosa o qualcuno a cui dedicare le sue attenzioni e le sue forze. Il problema è la scelta<br />

di questo tesoro a cui attaccare il cuore. L’uomo diventa ciò che ama. Se ama le cose diventa come le cose,<br />

se ama Dio diventa come Dio.<br />

L’uso delle cose è buono fino a quando non diventa ostacolo per seguire Cristo e amare i fratelli. Il cristiano<br />

non può essere schiavo di nulla e di nessuno perché «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi» (Gal 5,1).<br />

Praticare la misericordia è un tema dominante del Vangelo secondo Matteo: «Vendi quello che possiedi e<br />

dallo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli» (19,21). Il cristiano dona l’avere per ottenere l’essere: essere come il<br />

<strong>Padre</strong>.<br />

Il detto evangelico della lucerna del corpo ci presenta la necessità della chiarezza nell’orientamento della vita.<br />

La vera luce è Gesù (Mt 4,16; Gv 1,9; 8,12; ecc.). L’occhio buono è quello che accoglie la luce della<br />

rivelazione di Gesù; l’occhio cattivo, quello che la rifiuta. L’occhio che lascia entrare questa luce immerge tutta<br />

la persona nella luce, l’occhio che non lascia entrare questa luce immerge tutta la persona nelle tenebre.<br />

L’occhio viene presentato come il simbolo del cuore, della mente. Il cuore dell’uomo dev’essere orientato a Dio<br />

e vivere nella ricerca dei tesori del cielo, allora tutto l’uomo è nella luce. Se invece si perde nella ricerca dei<br />

beni materiali diventa cieco e tutta la sua persona è immersa nelle tenebre.<br />

Nella Bibbia l’occhio esprime l’orientamento spirituale della persona. L’occhio buono esprime la giusta<br />

relazione con Dio, dal quale l’uomo viene totalmente illuminato (Sal 4,7; 36,10). L’occhio cattivo esprime<br />

l’opposizione dello spirito dell’uomo nei confronti di Dio.<br />

Nel vangelo di Matteo l’occhio cattivo è simbolo dell’invidia, dell’avarizia, dell’egoismo (20,15). L’occhio che<br />

non accoglie la luce della rivelazione di Gesù diventa ottenebrato. La tenebra totale e definitiva è la perdizione<br />

eterna.<br />

Dio vuole per sé tutto l’uomo e non tollera compromessi: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con<br />

tutta la tua anima e con tutta la tua mente» (Mt 22,37). Dietro tutte le forme di idolatria si nasconde il maligno.<br />

Egli si nasconde dietro il mammona, che è l’insieme delle cose che possediamo. Chi adora il mammona,<br />

adora satana. Il detto intende provocare nell’ascoltatore una decisione chiara: o Dio o il possesso. Quando si<br />

cerca di accumulare ricchezza, questa diventa un idolo e Dio viene dimenticato.<br />

Questo detto trova una clamorosa dimostrazione nel racconto di Mt 19,16-30. Il ricco che non accoglie la<br />

chiamata di Gesù indica l’impossibilità di vivere secondo il vangelo e di restare contemporaneamente attaccati<br />

alle proprie ricchezze. La conquista del mondo è il comando dato da Dio agli uomini (Gen 1,28). L’uso delle<br />

cose è legittimo, ma esse devono restare al nostro servizio e non noi al loro. Quando il possesso delle cose<br />

impedisce o ritarda il cammino verso Dio e il prossimo, allora abbiamo la riprova che il mammona è più<br />

importante di Dio e dei fratelli. Il peccato è amare le creature al posto del Creatore. Tutto deve essere<br />

sacrificato per il raggiungimento del fine ultimo che è Dio (Mt 5,29-30).<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Io ti prego, ascoltami Signore.<br />

Gen 21,22-34; Sal 118(119),73-80; Pr 10,18-21; Mt 6,19-24<br />

«Chi diffonde calunnie è uno stolto. Nel molto parlare non manca la colpa, chi frena le labbra è saggio. Argento<br />

pregiato è la lingua del giusto, il cuore degli empi vale ben poco. Le labbra del giusto nutrono molti, gli stolti invece<br />

muoiono per la loro stoltezza». (Pr 10,18b-21)<br />

Un piccolo brano, ma un gran consiglio: fate attenzione alle vostre parole. La lingua può essere usata per il bene, ma<br />

anche per il male. Può lodare e benedire Dio e calunniare e maledire il fratello. Può esortare a comportamenti buoni o<br />

spingere a scelte cattive. Può portare pace e serenità o diffondere discordie e malumori. Sta a noi guidarla. Una regola<br />

tuttavia è sempre valida: parlare poco, solo quando è necessario e sempre al sevizio della carità e della saggezza. Con la<br />

lingua possiamo accumulare tesori per il cielo come c’invita a fare Gesù nel Vangelo: questo è alla portata di tutti. In una<br />

giornata quante occasioni abbiamo per parlare bene degli altri e di tutto... e se proprio non si può fare, allora stiamo in<br />

silenzio.


Preghiamo<br />

O <strong>Padre</strong><br />

fa’ che nell’armonia interiore creata dallo Spirito,<br />

diventiamo operatori di pace<br />

e testimoni del tuo amore.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Giovanni Climaco<br />

Poco si conosce della sua vita: pare sia vissuto tra il VI e il VII secolo. Il suo biografo Daniele racconta che a sedici anni<br />

entrò nel monastero di Raithu, a sud-ovest del Sinai, il monte della rivelazione di Dio a Mosè, e qui rimase per diciannove<br />

anni. Poi visse in solitudine fino a quando, all’età di sessant’anni, venne eletto abate del monastero del Monte Sinai. Per i<br />

suoi discepoli e soprattutto per soddisfare la richiesta pressante dell’amico Giovanni, superiore del monastero di Raithu,<br />

compose una delle più celebri opere di spiritualità cristiana: La scala del paradiso (per questo sarà soprannominato<br />

Giovanni Climaco, cioè della scala, dal greco “climax”). In questa opera, paragonata da lui stesso alla scala di Giacobbe, i<br />

gradini da salire conducono il monaco alla porta del cielo e lo introducono “giorno dopo giorno” all’incontro con Dio.<br />

Come complemento alla Scala il Climaco scrisse anche il Liber ad Pastorem, dove vengono esposti i doveri del superiore<br />

del monastero. Per questo grande maestro sinaita, il monaco è l’uomo che tende alla tranquillità interna ed esterna,<br />

all’hesychia, mediante la lotta contro i vizi e le passioni del cuore, e la pratica delle virtù.<br />

Giovanni Climaco morì verso il 649; la sua festa liturgica, sia in Oriente che in Occidente, è celebrata il 30 marzo.<br />

Lo stesso giorno si ricorda anche san Leonardo Murialdo.<br />

Leonardo nacque a Torino il 26 ottobre 1828 da una famiglia discendente dai marchesi di Ceva. Dopo gli studi<br />

universitari, nel 1851 fu ordinato sacerdote e dedicò i primi quattordici anni del suo ministero alla gioventù della sua città<br />

natale. Poi la sua attenzione si concentrò sul mondo operaio, al quale dedicò tutte le sue energie. Come rettore del collegio<br />

Artigianelli di Torino si adoperò perché i giovani potessero abbinare al lavoro anche lo studio. Per realizzare il suo<br />

carisma apostolico d’educatore e formatore fondò, nel 1873, la Congregazione di San Giuseppe, e poi per sostenere i<br />

giovani nella fase dell’impatto col mondo del lavoro istituì la Casa-famiglia. Nel 1871 diede vita all’Unione degli operai<br />

cattolici e si fece promotore presso il Governo italiano della tutela del lavoro minorile. Per tener desta l’attenzione sulla<br />

questione operaia, s’impegnò per la diffusione della stampa cattolica.<br />

Leonardo Murialdo morì a Torino il 30 marzo 1900 e fu canonizzato da papa Paolo VI nel 1970.


Giovedì, 31 <strong>Marzo</strong> 2011<br />

Gen 23,2-20; Sal 118; Mt 6,25-34<br />

GENESI<br />

Lettura del libro della Genesi 23, 2-20<br />

In quei giorni. Sara morì a Kiriat-Arbà, cioè Ebron, nella terra di Canaan, e Abramo venne a fare il lamento per Sara e a<br />

piangerla. Poi Abramo si staccò dalla salma e parlò agli Ittiti: «Io sono forestiero e di passaggio in mezzo a voi. Datemi la<br />

proprietà di un sepolcro in mezzo a voi, perché io possa portar via il morto e seppellirlo». Allora gli Ittiti risposero ad<br />

Abramo dicendogli: «Ascolta noi, piuttosto, signore. Tu sei un principe di Dio in mezzo a noi: seppellisci il tuo morto nel<br />

migliore dei nostri sepolcri. Nessuno di noi ti proibirà di seppellire il tuo morto nel suo sepolcro». Abramo si alzò, si<br />

prostrò davanti al popolo della regione, davanti agli Ittiti, e parlò loro: «Se è secondo il vostro desiderio che io porti via il<br />

mio morto e lo seppellisca, ascoltatemi e insistete per me presso Efron, figlio di Socar, perché mi dia la sua caverna di<br />

Macpela, che è all’estremità del suo campo. Me la ceda per il suo prezzo intero come proprietà sepolcrale in mezzo a<br />

voi». Ora Efron stava seduto in mezzo agli Ittiti. Efron l’Ittita rispose ad Abramo, mentre lo ascoltavano gli Ittiti, quanti<br />

erano convenuti alla porta della sua città, e disse: «Ascolta me, piuttosto, mio signore: ti cedo il campo con la caverna che<br />

vi si trova, in presenza dei figli del mio popolo te la cedo: seppellisci il tuo morto». Allora Abramo si prostrò a lui alla<br />

presenza del popolo della regione. Parlò a Efron, mentre lo ascoltava il popolo della regione, e disse: «Se solo mi volessi<br />

ascoltare: io ti do il prezzo del campo. Accettalo da me, così là seppellirò il mio morto». Efron rispose ad Abramo:<br />

«Ascolta me piuttosto, mio signore: un terreno del valore di quattrocento sicli d’argento che cosa è mai tra me e te?<br />

Seppellisci dunque il tuo morto». Abramo accettò le richieste di Efron e Abramo pesò a Efron il prezzo che questi aveva<br />

detto, mentre lo ascoltavano gli Ittiti, cioè quattrocento sicli d’argento, secondo la misura in corso sul mercato. Così il<br />

campo di Efron, che era a Macpela, di fronte a Mamre, il campo e la caverna che vi si trovava e tutti gli alberi che erano<br />

dentro il campo e intorno al suo limite passarono in proprietà ad Abramo, alla presenza degli Ittiti, di quanti erano<br />

convenuti alla porta della città. Poi Abramo seppellì Sara, sua moglie, nella caverna del campo di Macpela di fronte a<br />

Mamre, cioè Ebron, nella terra di Canaan. Il campo e la caverna che vi si trovava passarono dagli Ittiti ad Abramo in<br />

proprietà sepolcrale.<br />

SALMO<br />

Sal 118 (119), 81-88<br />

® Mostrami, Signore, la luce del tuo volto.<br />

Mi consumo nell’attesa della tua salvezza,<br />

spero nella tua parola.<br />

Si consumano i miei occhi per la tua promessa,<br />

dicendo: «Quando mi darai conforto?». ®<br />

Io sono come un otre esposto al fumo,<br />

non dimentico i tuoi decreti.<br />

Quanti saranno i giorni del tuo servo?<br />

Quando terrai il giudizio contro i miei persecutori? ®<br />

Mi hanno scavato fosse gli orgogliosi,<br />

che non seguono la tua legge.<br />

Fedeli sono tutti i tuoi comandi.<br />

A torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto! ®<br />

Per poco non mi hanno fatto sparire dalla terra,<br />

ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.<br />

Secondo il tuo amore fammi vivere<br />

e osserverò l’insegnamento della tua bocca. ®<br />

PROVERBI<br />

Lettura del libro dei Proverbi 11, 23-28<br />

Figlio mio, / la brama dei giusti è solo il bene, / la speranza degli empi è la collera. / C’è chi largheggia e la sua ricchezza<br />

aumenta, / c’è chi risparmia oltre misura e finisce nella miseria. / La persona benefica prospererà / e chi disseta sarà<br />

dissetato. / Chi accaparra il grano è maledetto dal popolo, / la benedizione sta sul capo di chi lo vende. / Chi è sollecito del<br />

bene incontra favore / e chi cerca il male, male gli accadrà. / Chi confida nella propria ricchezza cadrà, / i giusti invece<br />

rinverdiranno come foglie.


VANGELO<br />

Lettura del Vangelo secondo Matteo 6, 25-34<br />

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che<br />

mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del<br />

vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il <strong>Padre</strong> vostro<br />

celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria<br />

vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano.<br />

Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba<br />

del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi<br />

dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca<br />

i pagani. Il <strong>Padre</strong> vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua<br />

giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si<br />

preoccuperà di sé stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».<br />

Commento di p. <strong>Lino</strong> <strong>Pedron</strong><br />

Chi vive totalmente orientato a Dio, come ci ha insegnato il vangelo fino a questo punto, deve evitare l’affanno<br />

per le necessità materiali. Dio che ci ha già dato il più (la vita) ci darà anche il meno (il cibo e il vestito).<br />

Affannarsi è mancanza di fede nell’amore infinito e provvidente del <strong>Padre</strong>. In queste preoccupazioni inutili<br />

possono cadere ugualmente, anche se per motivi opposti, il povero e il ricco.<br />

Il senso della vita non può ridursi alla sola ricerca dei beni materiali e all’appagamento dei bisogni fisici. Gesù<br />

ci ha già insegnato in Mt 4,4: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».<br />

I motivi per cui dobbiamo liberarci dai desideri di possedere e dalle preoccupazioni materiali sono due: la<br />

conoscenza del vero Dio, nostro <strong>Padre</strong>, provvidente e buono, e il compito prioritario che Dio ci ha affidato di<br />

cercare il suo regno e la sua giustizia.<br />

I pagani sono tutti coloro che non conoscono Dio come loro <strong>Padre</strong> provvidente e salvatore e di conseguenza si<br />

agitano come se fossero degli orfani che devono confidare esclusivamente nelle proprie forze.<br />

Gesù non vuole assolutamente distogliere l’uomo dal lavoro. Sta scritto infatti: «Il Signore Dio prese l’uomo e<br />

lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen 2,15). Egli vuole insegnarci a vivere<br />

bene, come persone intelligenti e illuminate dalla fede.<br />

Infatti affannarsi è inutile e dannoso. L’affanno guasta l’uomo e gli accorcia la vita: «Quale profitto c’è per<br />

l’uomo in tutta la sua fatica e in tutto l’affanno del suo cuore in cui si affatica sotto il sole? Tutti i suoi giorni non<br />

sono che dolori e preoccupazioni penose; il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questa è vanità»<br />

(Qo 2,22-23).<br />

Dopo averci ripetutamente comandato di non affannarci per l’oggi, Gesù ci comanda di non affannarci neppure<br />

per il domani perché è un atteggiamento sciocco: «E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere<br />

un’ora sola alla sua vita?» (Mt 6,27).<br />

Il <strong>Padre</strong> nostro celeste, che ha cura del nostro presente, avrà cura anche del nostro domani.<br />

-- La preghiera e il pensiero del giorno --<br />

Io ti prego, ascoltami Signore.<br />

Gen 23,2-20; Sal 118(119),81-88; Pr 11,23-28 ; Mt 6,25-34.<br />

La brama dei giusti è solo il bene, la speranza degli empi è la collera. La persona benefica prospererà e chi disseta<br />

sarà dissetato. Chi è sollecito del bene incontra favore e chi cerca il male, male gli accadrà. I giusti invece<br />

rinverdiranno come foglie».(Pr 11,23.25.27.28b)<br />

Il bene e il male si fronteggiano. A confronto sono messi gli atteggiamenti di un uomo buono e di uno malvagio. Il buono<br />

è mosso dal desiderio del bene, dà con larghezza, è benevolo verso gli altri. Il malvagio accumula per sé, è collerico e<br />

cerca il male. Diverso è il loro destino. Il buono prospererà, sarà benedetto e a sua volta riceverà del bene; il malvagio<br />

invece finirà in miseria, sarà maledetto e gli accadrà del male. Mantenersi nella via dei buoni però, è proprio di chi cerca<br />

prima di tutto il regno di Dio. Solo se si mette al primo posto Dio e la sua volontà, abbandonandosi fiduciosi nelle sue<br />

mani, senza preoccuparsi dei propri interessi, si potrà perseverare e progredire verso la santità.<br />

Preghiamo<br />

Signore Dio,<br />

guidaci, santificaci e custodiscici<br />

nell’amore della tua legge,


a servizio della tua volontà<br />

per progredire sicuri<br />

nella via della salvezza.<br />

(dalla Liturgia)<br />

-- Il santo del giorno --<br />

San Guido di Pomposa, abate<br />

Guido degli Strambiati nacque nella seconda metà del X secolo a Casamari, nel ravennate. Giovane studioso, ma anche<br />

mondano, fu toccato dalla grazia del Signore nella festa di sant’Apollinare. Decise perciò di cambiare vita e intraprese un<br />

viaggio a Roma da dove, dopo la tonsura, andò pellegrino in Terra Santa. Di ritorno a Ravenna, sotto la guida dell’eremita<br />

Martino, che aveva abbandonato l’abbaziato del cenobio di Pomposa, condusse vita eremitica. Il nuovo abate del<br />

monastero, Guglielmo, vedendo i rapidi progressi di Guido nell’esercizio delle virtù monastiche, prima di lasciare a sua<br />

volta Pomposa per l’eremo, lo nominò priore di S. Severo in Ravenna. Nel 998 poi fu eletto abate di Pomposa.<br />

Uomo saggio, santo e di forte personalità, governò il monastero per circa trentotto anni, e lo portò ad un alto livello di vita<br />

spirituale, di cultura e di benessere materiale, conquistando la stima e l’ammirazione dei sovrani del suo tempo e dei<br />

vescovi locali. Collaborò con l’arcivescovo Gebeardo e con san Pier Damiani alla riforma ecclesiastica. Anche nel campo<br />

musicale liturgico fece opera di rinnovamento sostenendo il monaco Guido d’Arezzo nella sua nuova teoria della scala<br />

musicale di sette note, pur non potendo impedire, per amor di pace, che fosse allontanato da Pomposa. Si lasciò ispirare<br />

dall’ideale monastico di san Romualdo, operante in Ravenna in quegli anni, ma dette alla comunità una sua propria<br />

disciplina monastica, definita Ordo Pomposianus, alternando in modo equilibrato il cenobitismo e l’eremitismo.<br />

L’imperatore Enrico III, cui era giunta la fama della sua sapienza, lo invitò a Piacenza per incontrarlo, ma Guido dovette<br />

fermarsi a Borgo san Donnino per una sopraggiunta infermità. Qui morì il 31 marzo 1046. Il suo corpo, per volere di<br />

Enrico III, fu traslato a Spira in Germania. Solo nel 1755 i monaci pomposiani di san Benedetto di Ferrara ottennero<br />

alcune reliquie del santo.<br />

Liturgia tratta da:<br />

http://www.chiesadimilano.it/Almanacco/84540.html

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