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cesca, una passione contagiosa - Alp Cub

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66<br />

sul taglio delle rose o la coltivazione<br />

delle piante aromatiche<br />

dell’amato giardino di casa sua<br />

a Torre Pellice.<br />

Però come non ricordare la<br />

Fran<strong>cesca</strong> dei facili e spontanei<br />

entusiasmi: un invito al pasto<br />

serale non si concludeva mai<br />

senza un “ma che cena sontuosa!”<br />

anche se a malappena avevi<br />

messo assieme delle improbabili<br />

pietanze.<br />

E che dire delle incredibili ed esilaranti<br />

storielle che raccontava?<br />

C’è qualcuno che non ricordi il<br />

“se pò fà … se pò fà … se pò ricostruì”<br />

a proposito di <strong>una</strong> prova<br />

in cui gli esaminandi (lei ed un<br />

suo amico) erano all’oscuro del<br />

fatto storico su cui avrebbero<br />

dovuto scrivere? E la descrizione<br />

in dialetto piemontese delle<br />

sgridate di Vincenzo?<br />

Quante volte ho sentito poi<br />

uscire dalla bocca di Fran<strong>cesca</strong><br />

le parole “che catastrofe”:<br />

“Beppe ho perso le chiavi della<br />

macchina … che catastrofe” (naturalmente<br />

puntualmente erano<br />

al fondo della borsa), o al telefono<br />

“sono Cesca … Beppe <strong>una</strong><br />

catastrofe … ho cancellato tutto<br />

dal computer” (sembrerà difficile<br />

crederlo ma non c’è mai riuscita),<br />

“Beppe questa scissione<br />

del partito è un’altra catastrofe”<br />

e via di seguito di catastrofe in<br />

catastrofe. Ognuno di noi più<br />

tardi ed amaramente avrebbe<br />

toccato con mano quale sarebbe<br />

stata la vera catastrofe.<br />

Gli ultimi anni del mio lavoro<br />

al Buniva coincisero con <strong>una</strong><br />

convivenza tra il mio ufficio ed<br />

i miei compiti con <strong>una</strong> parte di<br />

quelli di Fran<strong>cesca</strong>: ero infatti<br />

ospitato in un angolo del dipartimento<br />

di lettere. Lo spazio che<br />

occupavo era davvero piccolo<br />

e molte volte avrei voluto che<br />

lo fosse ancor di più per non<br />

disturbare le attività che nella<br />

stanza si svolgevano (in fin dei<br />

conti l’ospite ero io).<br />

Fran<strong>cesca</strong> però si comportava,<br />

volendo per altro convincere di<br />

questo anche gli altri insegnanti,<br />

come se quello fosse il mio<br />

ufficio e che fossero loro ad invadere<br />

i miei spazi.<br />

Con Fran<strong>cesca</strong> i riti sono sempre<br />

stati importanti (come faccio a<br />

dimenticare quello del kyr nelle<br />

vacanze francesi in cui quel po’<br />

di alcol dell’aperitivo la metteva<br />

subito di buon umore?) e grazie<br />

a questa coabitazione forzata<br />

ho avuto modo di apprezzarne<br />

e di condividerne molti altri.<br />

La sigaretta con Goffredo fumata<br />

nel freddo pianerottolo<br />

dell’uscita di sicurezza o quelle<br />

fumate velocemente aprendo<br />

la finestra del dipartimento.<br />

Le bruschette di Beccaria per<br />

spezzare fame e tensioni accumulate<br />

nella mattinata (quanto<br />

imbarazzo a volte tra gli insegnanti<br />

più formali frequentanti<br />

la nostra stanza) o il pranzo col<br />

kebab nella versione piccante, a<br />

cui non rinunciava mai, o nella

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