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F. SOGLIANI, La cultura materiale e S. Vincenzo al Volturno ... - BibAr

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no delle politiche patrimoni<strong>al</strong>i sia delle signorie fondiarie<br />

che degli enti monastici (FARINELLI-FRANCOVICH 1994). L’esito<br />

di questo processo sembra identificarsi in una maggiore<br />

definizione organizzativa del sistema produttivo che, ad<br />

esempio nella re<strong>al</strong>tà toscana, viene a coincidere con il definitivo<br />

sviluppo del fenomeno dell’incastellamento nelle aree<br />

minerarie, e più in gener<strong>al</strong>e conduce di pari passo ad una<br />

razion<strong>al</strong>izzazione delle attività siderurgiche e <strong>al</strong>lo sviluppo<br />

di nuove tecnologie, affermatesi soprattutto nel XIII-XIV<br />

secolo (FRANCOVICH-WICKHAM 1994).<br />

Tornando ora <strong>al</strong> prodotto fin<strong>al</strong>e, cioè <strong>al</strong>l’oggetto d’uso,<br />

l’incidenza dei reperti in met<strong>al</strong>lo, sia di ferro che di met<strong>al</strong>li<br />

più nobili come il rame e l’argento, <strong>al</strong>l’interno del <strong>materi<strong>al</strong>e</strong><br />

archeologico proveniente dagli scavi di S. <strong>Vincenzo</strong> <strong>al</strong><br />

<strong>Volturno</strong> ha suggerito di affrontarne lo studio in maniera<br />

sistematica e glob<strong>al</strong>e, <strong>al</strong> fine di produrre un repertorio di<br />

oggetti in met<strong>al</strong>lo basato su materi<strong>al</strong>i provenienti da contesto,<br />

nel qu<strong>al</strong>e debbano confluire inoltre le indagini sugli<br />

aspetti della produzione, dell’uso e della circolazione di t<strong>al</strong>i<br />

manufatti su sc<strong>al</strong>a diacronica e sincronica, nonché i dati<br />

scaturiti d<strong>al</strong>le an<strong>al</strong>isi archeometriche e dagli interventi di<br />

restauro in programma.<br />

Il presente contributo vuole servire sostanzi<strong>al</strong>mente da<br />

presentazione del programma di ricerca in atto, offrendo a<br />

t<strong>al</strong>e proposito <strong>al</strong>cuni dati preliminari, desunti da una prima<br />

schedatura di <strong>al</strong>cuni reperti, funzion<strong>al</strong>e a stabilire i criteri<br />

di metodo da impiegare nello studio di questa categoria di<br />

oggetti.<br />

Il sistema di classificazione che si è ritenuto più utile<br />

adottare consiste in una prima suddivisione degli oggetti<br />

sulla base della materia prima utilizzata; <strong>al</strong>l’interno di questi<br />

gruppi (oggetti in ferro; in bronzo; in argento) sono state<br />

identificate le diverse categorie funzion<strong>al</strong>i ulteriormente<br />

definite, ove il numero di oggetti lo ha consentito, da seriazioni<br />

tipologiche agganciate <strong>al</strong>la stratigrafia archeologica<br />

di provenienza. L’approccio logico utilizzato, che dovrà<br />

essere necessariamente corredato d<strong>al</strong>le an<strong>al</strong>isi quantitative<br />

da applicare ai diversi parametri relativi agli oggetti met<strong>al</strong>lici,<br />

è sembrato il più snello ed in particolare il più aperto<br />

<strong>al</strong>le successive e continue integrazioni di dati, ineludibili in<br />

un intervento di indagine archeologica in progress come<br />

quello attivo nel sito in questione. L’elaborazione di una<br />

suddivisione strettamente tipologica del <strong>materi<strong>al</strong>e</strong> si sarebbe<br />

rivelata troppo rigida, data l’assenza di <strong>al</strong>cune classi di<br />

oggetti o ancora la disparità numerica di gruppi di manufatti<br />

rispetto ad <strong>al</strong>tri, così come una ripartizione su base esclusivamente<br />

funzion<strong>al</strong>e avrebbe incontrato difficoltà di tipo<br />

esegetico, data “plurifunzion<strong>al</strong>ità” ricorrente per <strong>al</strong>cuni degli<br />

oggetti in met<strong>al</strong>lo.<br />

<strong>La</strong> maggior parte degli oggetti è in ferro e presenta delle<br />

caratteristiche tipologiche che ne sottolineano la funzion<strong>al</strong>ità<br />

d’uso piuttosto che un’attenzione specifica verso<br />

aspetti di tipo ornament<strong>al</strong>e, se si escludono gli eccezion<strong>al</strong>i<br />

elementi appartenenti ad una cintura per spada e a finimenti<br />

equini lavorati in agemina d’argento, databili ad età carolingia<br />

e con confronti in area germanica e ad oggetti simili,<br />

probabilmente imitanti i precedenti, rinvenuti nell’area artigian<strong>al</strong>e<br />

del monastero (room B), relativi a contesti di IX<br />

secolo (MITCHELL 1994).<br />

Le categorie funzion<strong>al</strong>i che è stato possibile <strong>al</strong> momento<br />

individuare sono piuttosto numerose e quantitativamente<br />

ben testimoniate: 1) chiodi; 2) <strong>materi<strong>al</strong>e</strong> da carpenteria; 3)<br />

<strong>materi<strong>al</strong>e</strong> per l’arredamento interno degli ambienti; 4) utensili<br />

domestici; 5) utensili artigian<strong>al</strong>i e attrezzi agricoli; 6)<br />

equipaggiamento e ornamenti person<strong>al</strong>i; 6) armi; 7) ferri da<br />

cav<strong>al</strong>lo e chiodi da ferratura; 8) varia.<br />

In linea gener<strong>al</strong>e, una percentu<strong>al</strong>e inferiore di manufatti<br />

proviene dai livelli delle fasi 1 e 2, relative ad età tardoantica<br />

e comunque <strong>al</strong> periodo precedente la costruzione del<br />

primo monastero, databile agli inizi dell’VIII secolo; mentre<br />

la maggior parte degli oggetti proviene dai depositi mediev<strong>al</strong>i<br />

(fasi 3-7: sec. VIII-XI). In particolare <strong>al</strong>cuni conte-<br />

sti relativi <strong>al</strong>le fasi 5c (livelli di distruzione connessi <strong>al</strong> sacco<br />

arabo del 10 ottobre 881), 6 (metà X- metà XI sec.) e 6b<br />

(demolizioni e rifacimenti nell’area di S. <strong>Vincenzo</strong> Maggiore;<br />

attività collegate <strong>al</strong>le ricostruzioni dell’abate Giovanni<br />

V: metà XI secolo) si sono rivelati soprattutto significativi<br />

per quanto riguarda gli aspetti quantitativi e qu<strong>al</strong>itativi degli<br />

oggetti in met<strong>al</strong>lo.<br />

Un numero considerevole di chiodi proviene princip<strong>al</strong>mente<br />

da contesti della fase 6, databile tra la metà del X e la<br />

metà dell’XI secolo. Le caratteristiche form<strong>al</strong>i e dimension<strong>al</strong>i<br />

sono state <strong>al</strong>la base di un tentativo di distinzione funzion<strong>al</strong>e<br />

di questi oggetti in chiodi da mobilio, chiodi da carpenteria<br />

e chiodi da muratura. È stata più volte sottolineata<br />

la difficoltà di indagini an<strong>al</strong>itiche su questo tipo di manufatti,<br />

spesso semplicemente solo elencati nei repertori di<br />

oggetti met<strong>al</strong>lici, difficoltà determinata da caratteristiche<br />

form<strong>al</strong>i e funzion<strong>al</strong>i sostanzi<strong>al</strong>mente omogenee per periodi<br />

cronologici anche molto estesi (si può ricordare l’an<strong>al</strong>isi<br />

dettagliata condotta sui materi<strong>al</strong>i provenienti d<strong>al</strong>la villa di<br />

Settefinestre che, grazie anche <strong>al</strong>le conoscenze approfondite<br />

sulle tecniche edilizie romane ha consentito l’individuazione<br />

di tipi morfologici di chiodi, legati a funzion<strong>al</strong>ità specifiche:<br />

Settefinestre, 1985, III, pp. 39-49). Tuttavia la notevole<br />

quantità di chiodi rinvenuti in <strong>al</strong>cuni scavi – e l’esempio<br />

di S. <strong>Vincenzo</strong> può essere emblematico a questo proposito<br />

– ha permesso di proporre considerazioni di qu<strong>al</strong>che<br />

rilievo. Si vuole ricordare qui il rinvenimento di un consistente<br />

numero di chiodi nelle stratigrafie mediev<strong>al</strong>i del castello<br />

di Mont<strong>al</strong>do di Mondovì (TO); si tratta di ben 801<br />

chiodi, di cui 328 integri e 473 frammentari, per i qu<strong>al</strong>i è<br />

stata operata una suddivisione per fasi cronologiche, che ha<br />

consentito di notare un incremento del numero tot<strong>al</strong>e di<br />

oggetti nelle ultime fasi di occupazione del castello (XVI<br />

secolo), tanto da far pensare ad una precisa evoluzione delle<br />

tecniche costruttive, tra XIII e XVI secolo, nel senso della<br />

affermazione delle tecniche dell’inchiodatura a discapito<br />

di quelle ad incastro, attestate precedentemente (CHAPELOT-<br />

FOSSIER 1980, pp. 267-280, 292-313). Inoltre, le osservazioni<br />

sui parametri dimension<strong>al</strong>i dei chiodi hanno fatto ipotizzare<br />

specificità di utilizzo diversificate; in particolare, i<br />

chiodi caratterizzati da una lunghezza tra i 6,5 e i 7,5 cm., i<br />

più numerosi, sono stati messi in relazione con il fissaggio<br />

delle travature lignee di solai e pavimenti (CORTELAZZO-<br />

LEBOLE DI GANGI 1991, pp. 217-219). Altri rinvenimenti<br />

abbastanza consistenti di chiodi in scavi mediev<strong>al</strong>i it<strong>al</strong>iani,<br />

utili per istituire dei confronti, sono S. S<strong>al</strong>vatore a Vaiano<br />

(FI) (FRANCOVICH-VANNINI 1976), Roma, Crypta B<strong>al</strong>bi<br />

(D’ERCOLE 1985; SFLIGIOTTI 1990), Brucato (PIPONNIER 1984),<br />

Otranto (HIKS-HIKS 1992), mentre un caso francese sicuramente<br />

da menzionare è lo scavo di Rougiers, in cui i chiodi<br />

provenienti dai contesti di XIII-XIV secolo sono stati suddivisi<br />

in quattro gruppi e precisamente: 1) chiodi da ferratura;<br />

2) chiodi a testa piatta e sottile, con gambo quadrato,<br />

lungo e sottile, molto numerosi e di piccole dimensioni; 3)<br />

chiodi da carpenteria, di notevoli dimensioni, a testa piramid<strong>al</strong>e<br />

o piatta, ritrovati in grande quantità negli <strong>al</strong>loggi<br />

signorili; 4) chiodi di forma inusu<strong>al</strong>e, a testa piatta o bombata,<br />

approssimativamente circolare (DEMIANS D’ARCHIMBAUD 1980,<br />

pp. 480-481).<br />

Ad attività connesse <strong>al</strong>la carpenteria e <strong>al</strong>le costruzioni<br />

in muratura sono da riferire una serie di oggetti rinvenuti<br />

prev<strong>al</strong>entemente nei livelli della fase 5c e soprattutto 6; si<br />

tratta di ganci, cardini, cerniere anelli e coppiglie che venivano<br />

utilizzati in massima parte per essere conficcati nel<br />

legno o negli elementi di murature o per fungere da collegamento<br />

tra diversi elementi. Anche per questi oggetti, forse<br />

ancor più che per i chiodi, precise distinzioni cronologiche<br />

ancorché funzion<strong>al</strong>i sono molto difficili, nonostante la<br />

frequenza di attestazioni nei contesti di scavo di età mediev<strong>al</strong>e.<br />

Ai manufatti met<strong>al</strong>lici utilizzati nell’arredamento interno<br />

degli ambienti sono da porre in relazione anche gli elemen-<br />

©2001 Edizioni <strong>al</strong>l’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qu<strong>al</strong>siasi utilizzo a scopo commerci<strong>al</strong>e – 2

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