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Rassegna Storica Crevalcorese - Comune di Crevalcore

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<strong>Rassegna</strong> storica crevalcorese<br />

è stata realizzata<br />

con il contributo <strong>di</strong>:<br />

1


<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />

<strong>Rassegna</strong> storica<br />

crevalcorese<br />

5<br />

<strong>di</strong>cembre 2007<br />

<br />

Istituzione dei Servizi Culturali Paolo Borsellino<br />

3


4<br />

<strong>Rassegna</strong> storica crevalcorese<br />

Rivista dell’Istituzione dei Servizi Culturali Paolo Borsellino <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />

COMITATO DI REDAZIONE<br />

Magda Abbati, Massimo Balboni, Gabriele Boiani,<br />

Paolo Cassoli, Nicoletta Ferriani, Barbara Mattioli,<br />

Yuri Pozzetti, Carla Righi, Roberto Tommasini.<br />

Direttore resp.<br />

Paolo Cassoli<br />

Progetto Grafico<br />

Paolo Cassoli<br />

Informazioni e comunicazioni<br />

Istituzione dei Servizi Culturali Paolo Borsellino<br />

Via Persicetana 226 - 40014 <strong>Crevalcore</strong> (Bo);<br />

tel. 051.981594, fax 051.6803580<br />

e mail: istituzione@comune.crevalcore.bo.it<br />

Quinto numero, <strong>di</strong>stribuzione gratuita


SOMMARIO<br />

In questo numero (a cura della redazione) 6<br />

STUDI E RICERCHE<br />

Mauro Perani<br />

Nuovi dati sul manoscritto Mosca, Guenzburg 786,<br />

copiato da Osea Finzi a <strong>Crevalcore</strong> nel 1505 9<br />

Guido Antonioli<br />

La vipera che Melanesi accampa. L’avvento della signoria<br />

dei Visconti a <strong>Crevalcore</strong> (1350-51). 17<br />

NOVECENTO<br />

Gabriele Boiani<br />

Una donazione per l’archivio storico<br />

L’archivio del PCI <strong>di</strong> Caselle 37<br />

Roberto Tommasini<br />

I cinema <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> 51<br />

ESPERIENZE DIDATTICHE<br />

Carla Righi<br />

Un viaggio a Roma nel Seicento<br />

Laboratorio <strong>di</strong> storia delle classi terze della Scuola me<strong>di</strong>a<br />

“G. Mazzini” <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese 99<br />

5


6<br />

In questo numero<br />

Pubblicato, a causa dell’esiguità dei fon<strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibili, a un anno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dal<br />

quarto numero, che era de<strong>di</strong>cato, come si ricorderà, alle celebrazioni pertiane, questo<br />

quinto fascicolo della rivista reca contributi che cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> grande interesse<br />

per i citta<strong>di</strong>ni crevalcoresi.<br />

La sezione Stu<strong>di</strong> e ricerche contiene i saggi <strong>di</strong> Mauro Perani e Guido Antonioli.<br />

Mauro Perani con il suo contributo “Nuovi dati sul manoscritto Mosca, Guenzburg<br />

786, copiato da Osea Finzi a <strong>Crevalcore</strong> nel 1505”, completa ed integra il<br />

precedente articolo apparso nel terzo fascicolo <strong>di</strong> <strong>Rassegna</strong> storica crevalcorese con le<br />

riproduzioni fotografiche del manoscritto <strong>di</strong> Mosca <strong>di</strong> cui si trascrive integralmente<br />

il colophon sciogliendo definitivamente il dubbio relativo alla data.<br />

Guido Antonioli ci illustra le vicende che accompagnarono e seguirono, nel<br />

1350, la fine della signoria dei Pepoli e l’avvento <strong>di</strong> quella dei Visconti, esaminandone<br />

i risvolti a livello locale me<strong>di</strong>ante l’analisi dei registri del vicariato <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />

che ci restituiscono, ammantato del linguaggio burocratico tipico dei documenti<br />

amministrativi e giu<strong>di</strong>ziari, uno spaccato <strong>di</strong> vita sociale dell’epoca.<br />

Per la sezione Novecento, Gabriele Boiani tratta la cessione all’Istituzione Culturale<br />

Paolo Borsellino <strong>di</strong> una raccolta <strong>di</strong> materiale librario ed archivistico appartenuta alle<br />

sezioni del Partito comunista <strong>di</strong> Caselle e Bolognina. I documenti, che vanno dagli<br />

anni ’40 agli anni ’80, sono <strong>di</strong> notevole interesse sia per chi intenda occuparsi <strong>di</strong><br />

contratti agrari, salari degli operai agricoli, tipologie <strong>di</strong> coltivazioni, sia per chi voglia<br />

stu<strong>di</strong>are il clima <strong>di</strong> acceso scontro sociale del secondo dopoguerra.<br />

Roberto Tommasini ci presenta, in un lungo articolo riccamente illustrato, la<br />

storia dei cinema <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, dal primo esperimento <strong>di</strong> Kinematografo E<strong>di</strong>son,<br />

svoltosi nel Teatro Comunale nel lontano 1896, fino agli anni recenti. Ci mostra<br />

volti e ricostruisce atmosfere che non mancheranno <strong>di</strong> suscitare i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> tanti<br />

crevalcoresi non più giovanissimi.<br />

Infine, per la sezione Esperienze <strong>di</strong>dattiche, Carla Righi ci parla <strong>di</strong> un lavoro sviluppato<br />

dalle classi terze della scuola me<strong>di</strong>a G. Mazzini <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese<br />

su un manoscritto conservato presso l’archivio della Partecipanza: un quaderno<br />

contenente il <strong>di</strong>ario della missione a Roma effettuata nel 1675 da tre Santagatesi,<br />

incaricati dalla Comunità partecipante <strong>di</strong> sollecitare presso la curia romana la<br />

positiva conclusione della controversia che la opponeva ai conti Caprara.


7<br />

Stu<strong>di</strong> e Ricerche


8<br />

Fig. 1 – Il manoscritto <strong>di</strong> Mosca, copiato a <strong>Crevalcore</strong>: incipit decorato <strong>di</strong> Esodo.


MAURO PERANI*<br />

Nuovi dati sul manoscritto Mosca, Guenzburg 786,<br />

copiato da Osea Finzi a <strong>Crevalcore</strong> nel 1505<br />

Premessa<br />

In un mio recente stu<strong>di</strong>o 1 ho illustrato i tre manoscritti ebraici che, come<br />

si legge nei rispettivi colophon, furono copiati a Semàch Lev Boloniese, in ebraico<br />

letteralmente “Allegralcore” che in<strong>di</strong>ca la località <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> in provincia <strong>di</strong><br />

Bologna. In questa sede intendo approfon<strong>di</strong>re lo stu<strong>di</strong>o del secondo <strong>di</strong> questi tre<br />

manoscritti copiati, secondo il tenore letterale del colophon, ad Allegralcore bolognese.<br />

Per le attestazioni <strong>di</strong> questo nome, <strong>di</strong> cui ho trattato nel mio precedente stu<strong>di</strong>o in<br />

questa rivista, rimando al Tiraboschi 2 e a Manfré 3 . Evidentemente i due prestatori<br />

ebrei residenti a <strong>Crevalcore</strong>, dove copiarono per proprio uso tre manoscritti ebraici<br />

rispettivamente nel 1428 il primo, nel 1505 e nel 1508 il secondo, dovevano avere<br />

recepito questa tra<strong>di</strong>zione non lontana nel tempo, se tutti e due usano in ebraico<br />

la forma corrispondente ad Allegralcore.<br />

Il Ms. <strong>di</strong> Mosca copiato da Osea Finzi a <strong>Crevalcore</strong> nel 1505<br />

Veniamo ora al co<strong>di</strong>ce ebraico del quale, nel mio stu<strong>di</strong>o precedente, non mi<br />

era stato possibile interpretare tutti i dati per la scarsa qualità della riproduzione<br />

* Professore Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Ebraico, Università <strong>di</strong> Bologna, Dipartimento <strong>di</strong> Storie e Meto<strong>di</strong> per la<br />

Conservazione dei Beni Culturali, Direttore del “Progetto Ghenizà italiana”, Presidente della European<br />

Association for Jewish Stu<strong>di</strong>es (www.eurojewishstu<strong>di</strong>es.org), Segretario dell’Associazione Italiana<br />

per lo Stu<strong>di</strong>o del Giudaismo (www.aisg.it). Il presente articolo costituisce una versione ridotta del<br />

saggio pubblicato su “Materia giudaica” XII/1-2 (2007), pp. 251-256, <strong>di</strong>sponibile anche all’in<strong>di</strong>rizzo<br />

Internet www.humnet.unipi.it/me<strong>di</strong>evistica/aisg/AISG_05Materia/XI-1-2%20del%202006/XI1-<br />

2-201pp437.pdf<br />

1 M. PERANI, Tre manoscritti ebraici copiati a <strong>Crevalcore</strong> tra il XV e il XVI secolo, «<strong>Rassegna</strong> storica<br />

crevalcorese». Rivista dell’Istituzione dei Servizi culturali Paolo Borsellino <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, n. 3, giugno<br />

2006, pp. 8-29.<br />

2 G. TIRABOSCHI, Storia dell’Augusta Ba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> San Silvestro <strong>di</strong> Nonantola aggiuntovi il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong>plomatico<br />

della medesima illustrato con note. Opera del Cavaliere Ab. Girolamo Tiraboschi consigliere <strong>di</strong> S.A.S.<br />

presidente della Ducale Biblioteca e della Galleria delle Medaglie e Professore onorario dell’Università<br />

<strong>di</strong> Modena. In Modena, presso la Società Tipografica, 1784, vol. I, p. 251.<br />

3 G. MANFRÉ, Il toponimo “<strong>Crevalcore</strong>”. Storia e leggenda, «Strada maestra, Quaderni della Biblioteca<br />

comunale “G.C. Croce” <strong>di</strong> San Giovanni in Persiceto», n. 32, primo semestre 1992, pp. 58-67.<br />

9


10<br />

in microfilm <strong>di</strong> cui ero in possesso. Si tratta del manoscritto conservato a Mosca<br />

presso la Biblioteca Statale Russa, Collezione Guenzburg, n. 786. Il manoscritto è<br />

membranaceo, misura mm. 150 x 110 ed è composto da 35 fascicoli quinioni per<br />

complessivi 350 fogli e 700 pagine. Il campo scrittorio è <strong>di</strong> mm. 90-95 x 80-85,<br />

compreso il Targùm. Il manoscritto non presenta la masora parva e magna, e lascia<br />

da questo intendere la sua destinazione all’uso liturgico, come conferma anche<br />

l’in<strong>di</strong>cazione degli inizi delle Haftaròt – ossia dei brani profetici che nella liturgia<br />

ebraica del sabato seguono la lettura della sezione settimanale del Pentateuco<br />

– nei margini superiore e inferiore, vale a <strong>di</strong>re nel luogo solitamente destinato<br />

alla masora magna. Il co<strong>di</strong>ce si trova in cattivo stato <strong>di</strong> conservazione, con <strong>di</strong>versi<br />

fascicoli slegati per rottura delle cuciture; esso contiene il testo della Toràh, in<br />

grafia quadrata <strong>di</strong> tipo italiano con vocali e accenti, il testo del Targùm o versione<br />

aramaica del Pentateuco <strong>di</strong> Onqelos nei margini esterni <strong>di</strong> ogni pagina (a sinistra<br />

nel recto e a destra nel verso) in grafia semicorsiva italiana senza vocali; nei margini<br />

inferiore e superiore l’in<strong>di</strong>cazione dell’inizio delle Haftaròt relative al brano biblico<br />

della pagina; la Toràh si conclude al f. 327r dove il copista ha evidenziato con dei<br />

tratti <strong>di</strong> penna il suo nome עשוה (Hošea‘, in realtà il nome affine [Ye]hoshua, con<br />

obliterazione della yod iniziale tramite due punti soprascritti - Fig. 4). Al f. 327v<br />

compare il colophon, in un inchiostro sbia<strong>di</strong>to che ha assunto un colore marrone<br />

chiaro. Al f. 328r inizia il testo delle Haftaròt per le principali festività ebraiche. È<br />

presente una foliazione recente a matita da f. 1r al f. 342v. Gli incipit dei cinque libri<br />

del Pentateuco sono ornati da pregevoli fregi policromi a inchiostro azzurro, verde<br />

e ciclamino che li abbelliscono (si veda Esodo, Fig. 1; Levitico Fig. 2; Numeri Fig. 3),<br />

ma purtroppo quello del libro della Genesi, che si intravede essere stato il più bello<br />

e riccamente miniato, è stato completamente annerito dall’umi<strong>di</strong>tà, presentandosi<br />

scuro ed illeggibile. Nel testo ebraico della Toràh compaiono dei taghìn ossia le<br />

coroncine tipiche che ornano alcune lettere ebraiche come accade normalmente<br />

nel Sèfer Toràh, in particolare sulla lettera ebraica he, che ha sopra due o tre trattini,<br />

come ad esempio nella parte finale <strong>di</strong> Numeri (ve<strong>di</strong> Fig. 3).<br />

Le ultime righe del colophon, proprio quelle che contengono luogo e data in<br />

cui è stata completata la copia del manoscritto, non erano prima leggibili nelle<br />

riproduzioni fornitemi dallo Institute of Microfilmed Hebrew Manuscripts,<br />

annesso alla Jewish National and University Library <strong>di</strong> Gerusalemme; ci venivano<br />

tuttavia in aiuto le informazioni forniteci da Senior Sachs che compilò un sintetico<br />

catalogo dei co<strong>di</strong>ci della collezione Guenzburg, mentre questa si trovava ancora<br />

temporaneamente a Parigi 4 . Sachs non riporta il colophon per esteso, ma si limita<br />

a registrare che il nostro manoscritto era stato copiato: qui ad Allegralcore bolognese<br />

4 S. SACHS, Reshimat sefarim kitve-yad be-otzar ha-sefarim shel Guenzburg (Lista dei manoscritti della<br />

Biblioteca Guenzburg), manoscritta, [Parigi] 1882.


… nell’anno (5)265 equivalente all’anno cristiano 1504 o 1505 senza in<strong>di</strong>cazione<br />

del mese.<br />

Nel luglio del 2006, in occasione del Congresso quadriennale della European<br />

Association for Jewish Stu<strong>di</strong>es celebrato a Mosca, ho avuto la possibilità <strong>di</strong><br />

esaminare de visu il manoscritto presso la Biblioteca Statale Russa e ho potuto<br />

integrare completamente quanto non ero riuscito a leggere in precedenza nel<br />

colophon. Tra i dati che ho potuto rilevare, c’è il giorno e il mese in cui fu terminata<br />

la copia, ossia il 13 <strong>di</strong> Adar, sciogliendo così il dubbio sulla data che risulta essere<br />

il 17 febbraio 1505. Ecco il testo integrale del colophon nell’originale ebraico, in<br />

cui si riproduce la <strong>di</strong>sposizione reale, seguito da una trascrizione del medesimo,<br />

per evidenziare la sua struttura metrica in rime baciate, e quin<strong>di</strong> presentando una<br />

versione italiana:<br />

Traslitterazione<br />

1. Wà-tišlàm kol hà-melakàh Toràt Adonay baràh we-zakàh<br />

2. ‘ìm ha-Targùm ‘arukàh be-kòl ha-Haftaròt temukàh<br />

3. gàm niqqùd we-tà‘am le-chikàh ke-‘àl yedé ‘anàw semukàh<br />

4. èt ha-kòl ‘asù yadày le-hìtpa’èr èl Elohàh aëer panàw elày ha’èr<br />

5. wa-ašèr ‘ad kòh berekàni we-zikkàni le-hatchil u-lle-ašlim?chen chinnàni<br />

5 Nelle tre parole El (Dio), Elohah (Dio) ed elay (verso <strong>di</strong> me) è presente il nesso alef-lamed.<br />

6 Gios. 1,8. Il copista cambia il testo biblico dalla tua bocca con dalla mia bocca anche per esigenze<br />

<strong>di</strong> rima.<br />

7 Sal. 19,15; la waw iniziale non compare nel testo biblico.<br />

8 Abbreviazione <strong>di</strong> li-frat qatan ossia: secondo il computo abbreviato, senza in<strong>di</strong>care le migliaia.<br />

9 Gen. 49,18. Questa citazione biblica è decorata da un fregio al <strong>di</strong> sotto, terminante in basso<br />

con un giglio fiorentino.<br />

11


12<br />

Fig. 2 - Il manoscritto <strong>di</strong> Mosca, copiato a <strong>Crevalcore</strong>: incipit decorato <strong>di</strong> Levitico.


Fig. 3 - Il manoscritto <strong>di</strong> Mosca, copiato a <strong>Crevalcore</strong>: incipit decorato <strong>di</strong> Numeri.<br />

13


14<br />

6. kèn yechonnèni wè-yinnagèni ‘almùt u-le-Toratò ehgèh ‘ad mùt<br />

7. anì we-zar‘ì we-zèra‘ zar‘ì bè-chuqqotàw u-mišpatàw le-ro‘e‘ì<br />

8. u-ve-mitzwotàw we-‘edotàw li <strong>di</strong>bbèq ka-ašer yidbàq ha-ezòr le-hachavèq<br />

9. lo-yamùš sefer ha-Toràh ha-zèh mi-pi we-yihyù le-ratzòn imre-fì.<br />

10. Anokì hu tze‘ìr ha-mechoqeqìm Hošèa‘ Fìnzi, yišmerèhu Tzurò we-Go’alò, b.<br />

k. morènu Rabbì Dawìd,<br />

11. zikronò le-chayye ha-‘olàm ha-ba, ketavtìw li-šemì pòh Semach Lev Boloniese<br />

we-šillamtìhu<br />

12. be-šelošàh ‘asàr le-chòdeš Adàr šenàt reš-peh’’qof li-feràt qatàn,<br />

13. L-yšuatèka qiwwiti Adonay.<br />

Traduzione<br />

1. È terminata tutta l’opera della Toràh del Signore, pura e perfetta<br />

2. or<strong>di</strong>nata con il Targùm e arricchita con tutte le Haftaròt,<br />

3. ed anche con la puntazione vocalica e l’accentazione (sapore) 10 al suo palato, come per mezzo dell’Umile<br />

(Mosè) concessa.<br />

4. Tutto questo hanno fatto le mie mani per rendere gloria a Dio, che ha fatto risplendere il suo volto<br />

verso <strong>di</strong> me<br />

5. e che fino a questo punto mi ha benedetto e mi ha reso meritevole <strong>di</strong> iniziare (l’opera) e <strong>di</strong> portarla a<br />

compimento, ed a me ha fatto grazia,<br />

6. così abbia pietà <strong>di</strong> me e mi gui<strong>di</strong> nella giovinezza in modo che io possa me<strong>di</strong>tare nella sua Toràh fino<br />

alla morte,<br />

7. io e i miei <strong>di</strong>scendenti e i figli dei miei figli, per rendermi a Lui vicino con i suoi decreti e le sue leggi.<br />

8. Per mezzo dei suoi precetti e dei suoi statuti egli a me si unirà, per legarmi strettamente a lui come una<br />

cintura che aderisce stringendo;<br />

9. Non si allontani il libro <strong>di</strong> questa Toràh dalla mia bocca (Gios. 1,8), Ti siano gra<strong>di</strong>te le parole della mia bocca<br />

(Sal. 19,15),<br />

10. io il più giovane fra gli scribi Osea Finzi, figlio dell’onorato maestro il signor David,<br />

11. che il suo ricordo sia nella vita del mondo avvenire, l’ho scritto per me qui ad Allegralcore bolognese<br />

e l’ho completato<br />

12. il 13 del mese <strong>di</strong> Adar dell’anno 265 (=1505) secondo il computo abbreviato.<br />

13. Nella tua salvezza ho sperato (Gen. 19,18).<br />

Come si può vedere, le linee 2-9 hanno gli emistichi in rime baciate e seguono<br />

una scansione in metrica, anche se non regolare.<br />

Le ornamentazioni policrome che decorano gli incipit dei cinque libri della Toràh<br />

sono pregevoli e rispecchiano moduli stilistici tipici del tardo Quattrocento italiano,<br />

ma ancora documentati agli inizi del secolo successivo. Questi fregi, infatti, possono<br />

essere collocati tra Bologna e Ferrara verso la fine del XV secolo. Il repertorio e<br />

lo stile sembrano essere in linea con la decorazione libraria <strong>di</strong> origine ferrarese,<br />

che poi si <strong>di</strong>ffonde in tutta l’Emilia e dunque anche a Bologna e contado: forse<br />

10 Il copista gioca sul doppio senso <strong>di</strong> ta‘am che significa accento ma anche sapore.


Fig. 4 - Mosca, Biblioteca Statale Russa, Ms. Guenzburg 786: f. 327r, ultima pagina del Deuteronomio;<br />

particolare della prima riga del testo biblico, in alto a destra, dove è evidenziato il nome del copista<br />

Hošea‘ od Osea.<br />

rispecchiano la variante più felsinea. Cronologicamente, questi stilemi iniziano<br />

verso la fine degli anni Settanta-inizio degli Ottanta del Quattrocento, ma poi<br />

rimangono più o meno stabili fino a fine secolo; si trovano anche in seguito nel<br />

Cinquecento, ma <strong>di</strong>venendo più rari. Qualitativamente sembrano <strong>di</strong>gnitosi anche<br />

se non eccelsi: trattandosi <strong>di</strong> una Toràh scritta da un copista non professionale, è<br />

possibile che Osea Finzi, dopo averla copiata, se la sia fatta arricchire nei punti<br />

più rilevanti da un decoratore <strong>di</strong> livello me<strong>di</strong>o, forse attivo in zona, non troppo<br />

lontano da <strong>Crevalcore</strong> 11 .<br />

È <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>re se il nostro Osea Finzi che copia a <strong>Crevalcore</strong> due manoscritti,<br />

rispettivamente nel 1505 e nel 1508, appartenga alla stessa famiglia dei Finzi <strong>di</strong><br />

Bologna, poi passati a Mantova, a cui appartiene Consiglio/Yequtiel Finzi che,<br />

settantasette anni prima, nel 1428 aveva copiato, sempre a <strong>Crevalcore</strong>, il commento<br />

<strong>di</strong> Mosè Narboni al Moreh ha-Nevukim, la famosa Guida dei perplessi <strong>di</strong> Maimonide.<br />

Solo una accurata indagine storica potrà portare nuova luce su questo punto.<br />

In questa nota mi è bastato dare la lettura completa del Colophon e presentare le<br />

miniature del manoscritto, <strong>di</strong> cui ho ottenuto le riproduzioni <strong>di</strong>gitali dalla Biblioteca<br />

Statale Russa a caro prezzo e non senza fatica.<br />

11 Ringrazio l’amico Fabrizio Lollini, storico della miniatura, per i preziosi suggerimenti<br />

fornitimi.<br />

15


16<br />

Fig. 1– Archivio <strong>di</strong> Stato. Registro vicariati. MCCCLXXVIIII. Liber factorum oficii provi<strong>di</strong> viri<br />

Pini de Goça<strong>di</strong>nis vicarii castri Crevalcorii pro primis [...]


GUIDO ANTONIOLI<br />

La vipera che Melanesi accampa.<br />

L’avvento della signoria dei Visconti<br />

a <strong>Crevalcore</strong> (1350-51).<br />

Questo breve intervento è incentrato sui riflessi che la fine della signoria dei<br />

Pepoli e l’avvento della dominazione forestiera dei Visconti, alla metà del XIV<br />

secolo, hanno avuto sulla comunità <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>.<br />

Dal settembre 1347 Bologna era retta dalla signoria <strong>di</strong> Giacomo e Giovanni<br />

Pepoli, figli <strong>di</strong> Taddeo, che nel 1337 si era inse<strong>di</strong>ato al potere a spese delle fragili<br />

istituzioni comunali. I Pepoli dovevano la loro potenza principalmente all’enorme<br />

ricchezza accumulata dal padre <strong>di</strong> Taddeo, Romeo, tra la fine del XIII e l’inizio<br />

del XIV secolo, con una serie <strong>di</strong> spregiu<strong>di</strong>cate operazioni finanziarie. I mezzi<br />

accumulati dal creatore della grandezza della famiglia erano stati usati dai figli, e<br />

in particolare da Taddeo, per accentuare sempre <strong>di</strong> più l’influenza sul comune,<br />

che nel 1334 era rinato dopo gli anni travagliati della signoria ecclesiastica <strong>di</strong><br />

Bertrando del Poggetto (1327-1334). Sempre presente nei gangli vitali del potere,<br />

e in particolare nelle balìe che perio<strong>di</strong>camente il comune istituiva per ovviare alle<br />

<strong>di</strong>fficoltà finanziarie, Taddeo, con l’aiuto determinante del fratello Zerra, ottenne<br />

il controllo della città e la nomina a signore nell’estate del 1337 1 .<br />

Il decennio della signoria <strong>di</strong> Taddeo Pepoli fu caratterizzato per Bologna<br />

da un sostanziale ripiegamento su se stessa. Dopo che Bertrando del Poggetto<br />

aveva sfruttato le risorse della città per tentare <strong>di</strong> creare un grande stato guelfo<br />

nell’area padana, Taddeo rinunciò a qualsiasi <strong>di</strong>segno espansionistico, limitandosi<br />

ad un’oculata gestione dell’esistente. Il potere pepolesco era basato non su vincoli<br />

<strong>di</strong> carattere feudale, ai quali i campsores Pepoli si sentivano del tutto estranei, ma<br />

1 Sulla signoria <strong>di</strong> Taddeo Pepoli e su quella dei figli mi permetto <strong>di</strong> rinviare ai miei lavori: G.<br />

ANTONIOLI, Conservator pacis et iustitie. La signoria <strong>di</strong> Taddeo Pepoli a Bologna (1337-1347), Bologna 2004;<br />

ID., “Un epilogo: la signoria <strong>di</strong> Giacomo e Giovanni Pepoli a Bologna (1347-1350)”, I quaderni del<br />

M.AE.S., 10 (2007), pp. 57-90. Per la figura <strong>di</strong> Romeo Pepoli si veda M. GIANSANTE, Patrimonio<br />

familiare e potere nel periodo tardo-comunale. Il progetto signorile <strong>di</strong> Romeo Pepoli banchiere bolognese (1250 c.-<br />

1322), Bologna 1991; per la signoria ecclesiastica <strong>di</strong> Bertrando del Poggetto L. CIACCIO, Il car<strong>di</strong>nal<br />

legato Bertrando del Poggetto in Bologna (1327-1334), Bologna 1905.<br />

17


18<br />

sulla creazione <strong>di</strong> un compatto gruppo <strong>di</strong> potere, accomunato dal forte legame<br />

con la famiglia dominante, che ricompensava la fedeltà con la concessione <strong>di</strong> uffici<br />

pubblici e <strong>di</strong> incarichi politici. Inoltre Taddeo, che era doctor legum, aveva istituito lo<br />

strumento della supplica, attraverso cui qualsiasi citta<strong>di</strong>no poteva rivolgersi a lui per<br />

ottenere <strong>di</strong>rettamente giustizia o per mo<strong>di</strong>ficare una sentenza del giu<strong>di</strong>ce or<strong>di</strong>nario.<br />

L’istituto della supplica contribuì grandemente a rafforzare la popolarità <strong>di</strong> Taddeo,<br />

creando attorno al regime pepolesco un sentimento <strong>di</strong> concor<strong>di</strong>a ed equità.<br />

I figli <strong>di</strong> Taddeo, Giacomo e Giovanni, che <strong>di</strong>vennero signori alla morte del<br />

padre nel 1347, mostrarono presto <strong>di</strong> avere modeste qualità politiche. Le <strong>di</strong>fficoltà<br />

economiche <strong>di</strong> Bologna e del contado furono accentuate nel 1348 dalla comparsa<br />

della Peste Nera, che colpì duramente il tessuto produttivo, formato dalle società<br />

d’arti. Alcune categorie, come i notai, a causa del loro stretto contatto con i<br />

testatori, pagarono un tributo assai alto al morbo. Molti conduttori <strong>di</strong> dazi, che<br />

avevano visto i loro introiti fortemente <strong>di</strong>minuiti dalla peste, ottennero facilitazioni<br />

e sgravi da parte del comune. Anche i malpaghi delle collette furono esentati dal<br />

versare quanto dovuto, e questo in<strong>di</strong>ca certamente uno stato <strong>di</strong> grave sofferenza<br />

economica della città.<br />

Il contado fu duramente colpito, anche se la storiografia recente sulla Peste Nera<br />

tende a evitare un quadro troppo fosco della situazione. Alcune comunità minori<br />

chiesero e ottennero sgravi fiscali per fare fronte all’impoverimento <strong>di</strong>ffuso; poiché<br />

tale situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà appariva ormai endemica, nel gennaio 1347 Giacomo<br />

e Giovanni Pepoli emanarono un decreto con cui tali sgravi relativi al pagamento<br />

delle tassationes e all’acquisto del sale venivano estesi a tutte le comunità del contado,<br />

e non solo a quelle che ne avevano fatto richiesta tramite una supplica.<br />

Di fronte al calo e all’impoverimento della popolazione i signori scelsero nel<br />

1350 <strong>di</strong> rinfoltire il numero dei citta<strong>di</strong>ni. Tra il settembre e l’ottobre vennero<br />

emanati più <strong>di</strong> cento decreti attraverso cui si concedeva la citta<strong>di</strong>nanza a numerosi<br />

fumanti. Il provve<strong>di</strong>mento fu seguito imme<strong>di</strong>atamente da una revisione dell’estimo<br />

de<strong>di</strong>cata appositamente ai nuovi citta<strong>di</strong>ni, in modo da stabilirne con chiarezza<br />

l’imponibile. La documentazione permette <strong>di</strong> seguire agevolmente la procedura:<br />

il nuovo citta<strong>di</strong>no presentava una denuncia nella quale <strong>di</strong>chiarava, attraverso una<br />

formula convenzionale, <strong>di</strong> venire estimato per la prima volta. A ciò seguiva l’elenco<br />

dei beni e la <strong>di</strong>chiarazione della stima fatta. Nella parte inferiore della cedola uno dei<br />

notai della curia <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> aver esaminato la denuncia e fissava la cifra d’estimo,<br />

quasi sempre accrescendo la stima del contribuente 2 . I patrimoni che emergono<br />

da questi estimi sono relativamente modesti e formati quasi esclusivamente da<br />

terreni ubicati nel contado; anche nelle cifre imposte dal notaio raramente si<br />

2 ASBo, <strong>Comune</strong>, Estimi, serie II, b. 259. Vi è una busta <strong>di</strong> denunce per ciascun quartiere, dato<br />

che i nuovi citta<strong>di</strong>ni venivano ascritti d’autorità a un quartiere e a una cappella; in totale le denunce<br />

sono 144.


superano le 100 lire, e molti non <strong>di</strong>chiarano nulla. Complessivamente i nuovi<br />

citta<strong>di</strong>ni sembrano provenire da quel gruppo <strong>di</strong> fumanti che, nonostante la crisi del<br />

contado, era riuscito a salvaguardare un piccolo patrimonio fon<strong>di</strong>ario, garantendosi<br />

una situazione economica moderatamente agiata. L’azione dei signori procedeva<br />

dunque nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> rafforzare attorno a sé il consenso, assicurandosi la<br />

gratitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> chi veniva elevato da fumante a citta<strong>di</strong>no, con i conseguenti cospicui<br />

privilegi. La rapi<strong>di</strong>tà con cui alle concessioni <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza fecero seguito i nuovi<br />

estimi fa ipotizzare che vi fosse un interesse per la signoria nell’avere contribuenti<br />

citta<strong>di</strong>ni piuttosto che fumanti, e che i primi fossero maggiormente colpiti sul<br />

piano fiscale, ma ciò rimane dubbio e contrasterebbe con la tendenza del comune<br />

a gravare soprattutto sui contribuenti del contado 3 . Si può immaginare che, se non<br />

fosse intervenuta la repentina fine della signoria, questi provve<strong>di</strong>menti sarebbero<br />

stati seguiti da altri analoghi, in modo da rinfoltire ulteriormente i ranghi della<br />

citta<strong>di</strong>nanza, dopo i gravi vuoti aperti dalla pestilenza.<br />

La fine della signoria pepolesca maturò improvvisa nell’estate del 1350. Entrati<br />

in urto con il rettore pontificio Astorgio <strong>di</strong> Durfort, i fratelli Pepoli pagarono a<br />

caro prezzo il sostanziale isolamento in cui si trovava Bologna nei rapporti con le<br />

altre potenze italiane. Il rettore cercò <strong>di</strong> sconfiggere i rivali Pepoli con l’inganno e,<br />

convocato Giovanni Pepoli presso il proprio accampamento in Romagna per un<br />

incontro <strong>di</strong>plomatico, con l’inganno lo fece arrestare (luglio 1350). Il prigioniero,<br />

incarcerato a Castel S. Pietro, riuscì a farsi liberare in cambio <strong>di</strong> 20.000 fiorini, ai<br />

quali egli prometteva <strong>di</strong> aggiungerne altri 60.000, lasciando un figlio e un nipote<br />

a garanzia del pagamento. Giovanni Pepoli si era accordato con il capitano della<br />

rocca, che gli aveva promesso <strong>di</strong> far ribellare l’esercito pontificio e <strong>di</strong> consegnargli<br />

alcune personalità rilevanti, che sarebbero dovute servire da pe<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> scambio<br />

con il Pepoli. Scoperto il progetto e giustiziato il capitano, a Giovanni, benchè<br />

rientrato a Bologna, non restava che cercare una soluzione per pagare il riscatto<br />

rimanente. Si fece strada in tal modo il progetto <strong>di</strong> vendere la città ai Visconti con<br />

i quali i signori <strong>di</strong> Bologna avevano consolidato l’alleanza già stretta da Taddeo<br />

negli anni precedenti. Si palesava così tutta la pericolosità <strong>di</strong> questo legame, che<br />

da parte viscontea era nato con il segreto intento <strong>di</strong> conquistare la città. In ottobre<br />

venne conclusa la trattativa <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta e il 23 Galeazzo Visconti prendeva possesso<br />

<strong>di</strong> Bologna con un forte esercito 4 .<br />

Nell’ambito della cessione del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Bologna ai Visconti un <strong>di</strong>scorso<br />

a parte va fatto per <strong>Crevalcore</strong>, S. Giovanni in Persiceto e S. Agata. Questi tre<br />

3 Su questi temi cfr. F. BOCCHI, “Le imposte <strong>di</strong>rette a Bologna nei secoli XII e XIII”, Nuova<br />

rivista storica, 57 (1973), pp. 273-312.<br />

4 Per queste vicende si vedano i resoconti delle cronache bolognesi del citato Corpus chronicorum<br />

Bononiensium, nonché A. SORBELLI, La signoria <strong>di</strong> Giovanni Visconti a Bologna e le sue relazioni con la<br />

Toscana, Bologna 1902.<br />

19


20<br />

centri costituivano una roccaforte dei Pepoli dal punto <strong>di</strong> vista patrimoniale; fin<br />

dai tempi <strong>di</strong> Romeo la famiglia aveva accumulato qui un notevole patrimonio<br />

fon<strong>di</strong>ario. In occasione dell’emancipazione del figlio Giacomo nel 1338, Taddeo<br />

gli aveva donato numerosi beni posti nelle vicinanze <strong>di</strong> S. Giovanni 5 ; inoltre i due<br />

figli del signore, tra 1338 e 1346, acquistarono assieme oltre 2.000 tornature <strong>di</strong><br />

terreni, prevalentemente boschivi e vallivi, nei pressi <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> 6 . Tra <strong>di</strong> essi vi<br />

erano probabilmente quelli che nel 1342 vennero utilizzati da Taddeo per creare<br />

la nuova universitas <strong>di</strong> Valbona, una sorta <strong>di</strong> borgo franco destinato a colonizzare<br />

un territorio incolto, e dove si sperava <strong>di</strong> attirare manodopera attraverso una serie<br />

<strong>di</strong> forti agevolazioni fiscali 7 .<br />

Questi elementi aiutano a capire come mai, al momento della cessione della<br />

signoria ai Visconti, Giacomo e Giovanni in<strong>di</strong>cassero con chiarezza, in un decreto<br />

del 24 ottobre, che essi, pur riconoscendo in anticipo la vali<strong>di</strong>tà delle decisioni che<br />

il consiglio del popolo avrebbe preso – con ovvio riferimento all’acclamazione dei<br />

Visconti – riba<strong>di</strong>vano che in ogni caso mai il consiglio del popolo avrebbe potuto<br />

revocare la sovranità dei due fratelli Pepoli su <strong>Crevalcore</strong>, S. Giovanni, Nonantola<br />

e S. Agata; una posizione certamente “<strong>di</strong>fensiva”, che mirava a tutelare le ultime<br />

vestigia del potere pepolesco nel bolognese 8 .<br />

La signoria dell’arcivescovo <strong>di</strong> Milano Giovanni Visconti ebbe la legittimazione<br />

del consiglio del popolo, supremo organo citta<strong>di</strong>no, e si presentò con caratteri <strong>di</strong><br />

netto rinnovamento rispetto al passato. Questo cesura è ben visibile anche a livello<br />

archivistico, dove si nota la scomparsa dei decreti pepoleschi a favore della serie<br />

delle riformagioni e provvigioni cartacee viscontee, che iniziano dal 24 ottobre<br />

1350 9 .<br />

Nei patti <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta della città furono stabilite, per i fratelli Pepoli, con<strong>di</strong>zioni<br />

molto favorevoli, tra le quali spicca la sovranità, con mero e misto imperio, sui<br />

castelli <strong>di</strong> S. Giovanni, <strong>Crevalcore</strong>, Nonantola e S. Agata. Giacomo e Giovanni<br />

Pepoli sarebbero entrati a far parte dell’entourage visconteo, mantenendo un solido<br />

ra<strong>di</strong>camento nell’area sopra menzionata. Tuttavia i Visconti avevano stipulato<br />

questa clausola in malafede, attendendo soltanto l’occasione giusta per annettersi<br />

<strong>Crevalcore</strong> e le altre località pepolesche. E’ d’altra parte chiaro che i nuovi<br />

dominatori avrebbero mal tollerato la nascita <strong>di</strong> una enclave potenzialmente ostile<br />

all’interno dei loro territori. Nel giugno 1351 Giacomo Pepoli venne incarcerato<br />

5 ANTONIOLI, Conservator, cit., p. 67.<br />

6 Ibidem, p. 74.<br />

7 Ibidem, p. 152; cfr. la trascrizione del decreto signorile in appen<strong>di</strong>ce.<br />

8 Si veda in appen<strong>di</strong>ce il testo del decreto.<br />

9 Sugli inizi della signoria viscontea a Bologna il lavoro <strong>di</strong> riferimento è G. LORENZONI, Conquistare<br />

e governare la città. Forme <strong>di</strong> potere e istituzioni nel primo anno della signoria viscontea a Bologna (ottobre 1350novembre<br />

1351), tesi <strong>di</strong> dottorato in Storia Me<strong>di</strong>evale, Università <strong>di</strong> Bologna 2004.


Fig. 2. Giovanni Visconti, incisione settecentesca. Nato verso il 1290 da Matteo Visconti, <strong>di</strong>venne<br />

arcivescovo <strong>di</strong> Milano nel 1342. Fu signore <strong>di</strong> Milano a partire dal 1339. Si inimicò il papa, ma<br />

grazie alla protezione del re <strong>di</strong> Francia iniziò una spregiu<strong>di</strong>cata politica espansionistica che portò il<br />

biscione visconteo nelle città <strong>di</strong> Genova e Bologna, fino a lambire il territorio <strong>di</strong> Firenze. Morì il 5<br />

ottobre 1354, all’età <strong>di</strong> 64 anni.<br />

con l’accusa <strong>di</strong> aver tentato <strong>di</strong> introdurre a Bologna delle truppe fiorentine, destinate<br />

a rovesciare il regime visconteo; i suoi beni vennero confiscati ed egli fu mandato<br />

prigioniero a Milano. E’ assai probabile che l’accusa fosse pretestuosa; certamente<br />

essa permise a Giovanni Visconti <strong>di</strong> impadronirsi rapidamente delle quattro località.<br />

In una lettera del 2 settembre 1351 l’arcivescovo or<strong>di</strong>nava ai suoi rappresentanti<br />

a Bologna che le terre <strong>di</strong> S. Giovanni, <strong>Crevalcore</strong>, S. Agata e Nonantola fossero<br />

considerate a tutti gli effetti <strong>di</strong> pertinenza del comune <strong>di</strong> Bologna 10 . Può darsi<br />

che <strong>Crevalcore</strong> fosse stata occupata assai rapidamente, forse persino prima della<br />

congiura <strong>di</strong> Giacomo Pepoli, perchè esistono dei mandati <strong>di</strong> pagamento a favore <strong>di</strong><br />

alcune persone che avevano custo<strong>di</strong>to il castello per conto del comune <strong>di</strong> Bologna<br />

fin dal maggio 1351 11 .<br />

10 SORBELLI, cit., p. 457. Giovanni Pepoli, a <strong>di</strong>fferenza del fratello, aveva invece accettato la tutela<br />

politica dei Visconti ed era <strong>di</strong>ventato collaboratore dell’arcivescovo.<br />

11 LORENZONI, cit., p. 83.<br />

21


22<br />

Nei registri del vicariato, che analizzeremo tra poco, vi sono tracce della<br />

<strong>di</strong>sgrazia <strong>di</strong> Giacomo Pepoli. In data 29 luglio 1351 il vicario visconteo Giovanni<br />

<strong>di</strong> Meletolo or<strong>di</strong>na al nunzio del comune <strong>di</strong> Bologna <strong>di</strong> recarsi presso il massaro<br />

<strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> per sequestrare i beni <strong>di</strong> Giacomo Pepoli fino alla somma <strong>di</strong> 600<br />

fiorini, e così pure quelli del suo sostenitore Rubeus de Liaçariis 12 .<br />

Il 6 <strong>di</strong>cembre 1351 il vicario <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, Giovanni Scaccabarozzi, proibisce<br />

a chiunque, sotto pena <strong>di</strong> 100 lire <strong>di</strong> bolognini, <strong>di</strong> compiere ruberie e furti nella<br />

<strong>di</strong>mora dell’arcivescovo a <strong>Crevalcore</strong>, che in precedenza era appartenuta a Giacomo<br />

Pepoli. Da questo breve decreto si può arguire che questo e<strong>di</strong>ficio, confiscato dai<br />

Visconti, fosse oggetto <strong>di</strong> saccheggi in quanto considerato ancora dalla popolazione<br />

<strong>di</strong> pertinenza pepolesca 13 .<br />

Il nuovo regime<br />

I Visconti governarono la città <strong>di</strong> Bologna attraverso tre ufficiali principali:<br />

il podestà, il capitano o luogotenente del signore e il vicario generale. Il primo<br />

corrispondeva alla tra<strong>di</strong>zionale magistratura, che era sempre stata eletta con<br />

continuità al vertice del comune. Il capitano svolgeva a tutti gli effetti le veci del<br />

signore, con un ampio spazio <strong>di</strong> libertà sul piano dell’azione politica. Non è casuale<br />

che per tale motivo la carica fosse sempre assegnata a esponenti della famiglia<br />

Visconti: prima Galeazzo, che la tenne fino al <strong>di</strong>cembre 1350, poi Bernabò, fino<br />

all’aprile del 1351, e infine Giovanni Visconti da Oleggio, che rimase nella carica<br />

<strong>di</strong> capitano fino al 1355, quando si insignorì personalmente della città.<br />

Il vicario del signore era una carica già esistente sotto la signoria pepolesca; <strong>di</strong><br />

fatto i Visconti non fecero altro che confermarla, pur affidandola a uomini <strong>di</strong> loro<br />

completa fiducia. A <strong>di</strong>fferenza del capitano, il vicario svolgeva compiti meramente<br />

amministrativi, come già era accaduto al tempo <strong>di</strong> Taddeo Pepoli.<br />

Molti degli ufficiali del comune sotto la signoria viscontea erano uomini <strong>di</strong><br />

fiducia dell’arcivescovo <strong>di</strong> Milano, spesso provenienti da altre città dello stato<br />

milanese; tuttavia alcune famiglie vicine ai Pepoli, come i Bianchi, i Bentivoglio e i<br />

Bonacatti, continuarono a collaborare con il nuovo regime, mentre un fedelissimo<br />

<strong>di</strong> Giacomo e Giovanni Pepoli, Masino <strong>di</strong> Egi<strong>di</strong>o Tebal<strong>di</strong>, nell’aprile 1351 si<br />

vide confermare nella carica <strong>di</strong> notaio all’ufficio dei Memoriali 14 ; analogamente<br />

Giacomino <strong>di</strong> Pietro Angelelli, già esponente della curia notarile pepolesca, fu<br />

12 ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 1, c. 4v.<br />

13 Ibidem, reg. 3, c. 6v.<br />

14 LORENZONI, cit., pp. 208-09 e 132-133.


convocato più volte tra i sapienti nominati dalla nuova signoria 15 . Tutto ciò sembra<br />

<strong>di</strong>mostrare che, pur nella <strong>di</strong>scontinuità tra i due regimi signorili, sia mancata la<br />

volontà, da parte dei Visconti, <strong>di</strong> procedere a una completa e totale rottura con il<br />

periodo precedente; inoltre i nuovi dominatori avevano interesse a sfruttare, per<br />

quanto possibile, la competenza <strong>di</strong> coloro che avevano già ricoperto uffici sotto<br />

il precedente regime.<br />

L’istituzione dei vicariati.<br />

Le <strong>di</strong>fficoltà economiche del contado bolognese e la necessità <strong>di</strong> alleggerire le<br />

spese a carico del comune spinsero la nuova signoria alla creazione <strong>di</strong> una nuova<br />

<strong>di</strong>strettuazione del contado, basata sui vicariati, che andavano a sostituire le vecchie<br />

podesterie <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>era, circoscrizioni territoriali formate da più comunità, che si<br />

erano delineate fin dalla seconda metà del XIII secolo. La riforma venne preparata<br />

da una commissione <strong>di</strong> nove citta<strong>di</strong>ni, le cui deliberazioni, approvate dalla signoria,<br />

confluirono poi negli statuti del 1352 16 .<br />

Il vicario era nominato dal signore e durava in carica sei mesi; la sua familia<br />

era costituita da un notaio e quattro famuli 17 . La sua giuris<strong>di</strong>zione si estendeva alle<br />

cause <strong>di</strong> valore inferiore alle 5 lire <strong>di</strong> bolognini (pari a 100 sol<strong>di</strong>). Ogni causa non<br />

15 Ibidem, p. 208. Ad esempio Brunino Bianchi è preposto all’ufficio delle biade, continuando<br />

quin<strong>di</strong> ad occuparsi <strong>di</strong> problemi annonari come al tempo dei Pepoli (LORENZONI, cit., p. 253). Anche<br />

altre figure vicine ai Pepoli collaborano con i Visconti: Bono Magnani, cognato <strong>di</strong> Riccardo Fantuzzi,<br />

è spesso tra nominato tra i sapienti e gli anziani (LORENZONI, cit., passim); Tettalasina Flamenghi<br />

è nominato sapiente circa la <strong>di</strong>stribuzione del sale (ibidem, p. 303); Tommaso e Michele Schiasse<br />

ricoprono la carica <strong>di</strong> anziano (ibidem, p. 288); Guido e Pietro Lambertini vengono più volte chiamati<br />

a incarichi <strong>di</strong> responsabilità (ibidem, pp. 404, 406, 415). Il dottore in <strong>di</strong>ritto canonico Giovanni <strong>di</strong> S.<br />

Giorgio viene impiegato come ambasciatore (ibidem, p. 294), mentre Giacomo Mezzovillani, che era<br />

stato molto vicino ai Pepoli, è nominato sapiente (ibidem, p. 301).<br />

16 Cfr. L. CASINI, Il contado bolognese durante il periodo comunale (secoli XII-XV), Bologna 1909, pp.<br />

277-79. Per questa redazione statutaria cfr. la seguente e<strong>di</strong>zione parziale: Gli statuti del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Bologna<br />

degli anni 1352, 1357; 1376, 1389 (Libri I-III), a cura <strong>di</strong> V. Brai<strong>di</strong>, 2 voll., Bologna 2002 (= Deputazione<br />

<strong>di</strong> Storia Patria per le Province <strong>di</strong> Romagna, Monumenti istorici. Serie Prima. Statuti) (d’ora in avanti:<br />

Statuti). Le norme relative all’istituzione dei vicariati si leggono nel vol. I, pp. 98-135.<br />

17 I nuovi vicari dovranno giurare sui Vangeli “quod ipsi sunt fideles et devoti reveren<strong>di</strong>ssimi<br />

in Christo patris et domini domini nostri domini Iohannis, Dei gratia sancte ecclesie Me<strong>di</strong>olanensis<br />

<strong>di</strong>gnissimi archiepiscopi, civitatum Me<strong>di</strong>olani, Bononie et cetera domini generalis” (Statuti, vol. I, p.<br />

98). E’ evidente dunque il rapporto <strong>di</strong> fedeltà molto stretto che lega il vicario al signore, senza più<br />

alcun riferimento alle istituzioni comunali; viceversa negli Statuti del 1376, dopo la restaurazione del<br />

comune, il medesimo giuramento riesumerà – quasi in una <strong>di</strong>mensione “archeologica” – il linguaggio<br />

politico comunale <strong>di</strong> inizio secolo, usato ancora negli anni 1334-1337, dopo la cacciata <strong>di</strong> Bertrando:<br />

i vicari dovranno infatti giurare “quod ipsi sunt veri amatores comunis et populi Bononie et presentis<br />

status libertatis” (Statuti, vol. II, p. 793).<br />

23


24<br />

poteva durare più <strong>di</strong> un mese, e le sentenze dovevano essere depositate entro 15<br />

giorni presso l’ufficio del <strong>di</strong>sco dell’Orso. Il vicario aveva competenza per quanto<br />

riguarda la tutela e l’amministrazione dei beni dei minorenni, per una somma non<br />

superiore alle 20 lire. Egli doveva inoltre perseguire e far catturare i ban<strong>di</strong>ti e i<br />

ribelli presenti nella sua giuris<strong>di</strong>zione. Il suo salario era <strong>di</strong> 180 lire <strong>di</strong> bolognini,<br />

e al termine del suo ufficio veniva sottoposto a sindacato, secondo la tra<strong>di</strong>zione<br />

delle magistrature comunali 18 . Compito del vicario era anche quello <strong>di</strong> tutelare gli<br />

abitanti posti sotto la sua giuris<strong>di</strong>zione da eventuali soprusi da parte <strong>di</strong> magnati<br />

o altri uomini potenti, e da indebite richieste, da parte <strong>di</strong> costoro, <strong>di</strong> prestazioni<br />

personali <strong>di</strong> carattere feudale 19 .<br />

La riforma portò una notevole semplificazione e razionalizzazione<br />

amministrativa, con il passaggio da quattor<strong>di</strong>ci podesterie <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>era a soli<br />

sette vicariati, aventi la residenza nei seguenti centri: Castelfranco, S. Giovanni<br />

in Persiceto, S. Pietro in Casale, Budrio, Castel S. Pietro, Monzuno, Savigno. Il<br />

comune <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> era compreso nel vicariato <strong>di</strong> S. Giovanni in Persiceto, che<br />

annoverava anche le comunità <strong>di</strong> Bagno, Padule Sala e S. Agata 20 .<br />

I registri del vicariato<br />

Come ha osservato Luigi Casini, i registri del vicariato <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />

costituiscono un perfetto esempio delle forme con cui si è verificato nel contado<br />

il trapasso dall’una all’altra signoria. Il primo registro, cartaceo come tutti gli altri<br />

e dotato <strong>di</strong> una sovracoperta pergamenacea, è <strong>di</strong> grande formato e riporta la<br />

seguente intestazione:<br />

Hec sunt acta agitata et facta coram provido et <strong>di</strong>screto viro domino Reon<strong>di</strong>no Vicecomite<br />

potestate terre Crevalcorii pro reveren<strong>di</strong>ssimo patre et domino d. Iohanne de Vicecomitibus,<br />

Dei et sancte Me<strong>di</strong>olanenssis ecclesie gratia <strong>di</strong>gnissimo archiepiscopo ac domino generali<br />

civitatis Me<strong>di</strong>olani, Bononie et castri Crevalcorii et cetera domino generali, et scripta per<br />

18 CASINI, cit., pp. 279-81.<br />

19 Statuti, vol. I, p. 110: “Teneantur etiam <strong>di</strong>cti vicarii toto posse prohybere ne aliqui habitantes in<br />

eorum castris, terris, locis et villis eorum vicariatibus sub<strong>di</strong>tis et curiis <strong>di</strong>ctarum terrarum opprimantur,<br />

molestentur vel agraventur de facto ab aliquibus nobilibus vel potentibus in comitatu habitantibus<br />

vel ab aliquibus aliis, tam civibus quam forensibus, habitantibus in <strong>di</strong>ctis terris, pro aliquibus angariis<br />

vel perangariis, carigiis, operibus personalibus vel cum animalibus. Ipsoque sub<strong>di</strong>tos totis viribus<br />

deffendere debeant ab omnibus violenciis et illicitis exactionibus et extorsionibus, et si pre<strong>di</strong>cta per<br />

se facere non possent propter potenciam extorquencium, notificare teneantur domino capitaneo,<br />

potestati et vicario Bononie sine mora, et eorum auxilium invocare.” La curatrice degli statuti trascrive<br />

– secondo me erroneamente – “perangariis” con “per angariis”, che non dà senso.<br />

20 Statuti, vol. I, p. 118.


me Lodoychum condam Francisci de Monterinçoli notarium et nunc notarium et officialem<br />

<strong>di</strong>cti domini Reon<strong>di</strong>ni potestatis, sub annis domini millesimo .iii. .Li. in<strong>di</strong>ctione .iiii., <strong>di</strong>ebus<br />

et mensibus infrascriptis 21 .<br />

Come si vede, non siamo ancora in presenza <strong>di</strong> un vicario, bensì <strong>di</strong> un<br />

podestà, che tuttavia non è un qualsiasi ufficiale del comune, bensì Reon<strong>di</strong>no<br />

Visconti, membro della potente famiglia milanese. Questa scelta denota il ruolo<br />

centrale <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> nei tempi imme<strong>di</strong>atamente successivi al trapasso dei poteri;<br />

considerando che la citta<strong>di</strong>na poteva ospitare ancora dei fautori dei Pepoli, si era<br />

ritenuto opportuno affidarla ad un parente del signore.<br />

Gli atti <strong>di</strong> questo primo registro partono dal 21 luglio 1351; il giorno seguente<br />

è registrata una lettera dell’arcivescovo Giovanni con la quale l’ufficio <strong>di</strong> podestà<br />

viene mutato in quello <strong>di</strong> vicario, a sancire in tal modo definitivamente il trapasso<br />

<strong>di</strong> regime 22 .<br />

Il secondo registro, <strong>di</strong> formato assai minore del primo e anch’esso cartaceo, è<br />

privo <strong>di</strong> sovraccoperta pergamenacea e presenta sulla carta iniziale alcuni <strong>di</strong>segni<br />

raffiguranti la vipera che <strong>di</strong>vora un saraceno, simbolo aral<strong>di</strong>co dei Visconti, accanto<br />

a varie probationes penne.<br />

Il registro, che inizia con atti del 17 settembre 1351, reca a c. 1r la seguente<br />

intestazione:<br />

Hec sunt acta agitata et facta coram provido et <strong>di</strong>screto viro domino Reon<strong>di</strong>no Vicecomite<br />

potestate terre Crevalcorii pro reveren<strong>di</strong>ssimo patre et domino d. Iohanne de Vicecomitibus<br />

Dei et sancte Me<strong>di</strong>olanenssis ecclesie gratia <strong>di</strong>gnissimo archiepiscopo ac domino generali<br />

civitatis Me<strong>di</strong>olani, Bononie et castri Crevalcorii et cetera domino generali et scripta per me<br />

Lodoychum condam Francisci de Monterinçoli notarium et nunc notarium et officialem<br />

<strong>di</strong>cti domini Reon<strong>di</strong>ni potestatis. Sub annis domini millesimo .iii. .Li. in<strong>di</strong>ctione .iiii., <strong>di</strong>ebus<br />

et mensibus infrascriptis 23 .<br />

Il terzo registro, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni identiche al precedente, è anch’esso cartaceo<br />

e privo <strong>di</strong> sovraccoperta. Gli atti in esso contenuti iniziano dal 3 <strong>di</strong>cembre 1351;<br />

l’intestazione è la seguente:<br />

In Christi nomine amen. Hec sunt quedam acta agitata et facta coram sapienti et <strong>di</strong>screto<br />

viro domino Iohanne de Schachabaroçiis de Me<strong>di</strong>ollano, honorabili vicario terre Crevalcorii<br />

et alliarum pertinenciarum ipsius pro reveren<strong>di</strong>ssimo in Christo patre et domino domino<br />

Iohanne Viçecomite, Dei et sancte Me<strong>di</strong>ollanenssis eccllesie <strong>di</strong>gnissimo archiepiscopo, ac<br />

civitatis Me<strong>di</strong>ollani, Bononie et Crevalcorii et alliarum domino generalli, et scripta per me<br />

Lodoycum condam Francisci de Monterinçoli notarium et nunc notarium et officiallem <strong>di</strong>cti<br />

21 ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, Reg. 1, c. 1r.<br />

22 Ibidem, reg. 1, c. 6r; per il testo <strong>di</strong> questa lettera cfr. l’appen<strong>di</strong>ce. E’ in errore CASINI, cit., p. 285,<br />

scrivendo che la lettera è datata 26 luglio.<br />

23 Ibidem, reg. 2, c. 1r.<br />

25


26<br />

domini Iohannis vicarii sub annis domini millesimo .iii. c quinquagesimo primo, in<strong>di</strong>ctione<br />

quarta, <strong>di</strong>ebus et mensibus infrascriptis 24 .<br />

Come si vede, nel <strong>di</strong>cembre 1351 Reon<strong>di</strong>no Visconti risultava sostituito, nella<br />

carica <strong>di</strong> vicario, da Iohannes de Schachabaroçiis <strong>di</strong> Milano; il passaggio del testimone<br />

può essere letto nell’ottica <strong>di</strong> una progressiva “normalizzazione” <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> e<br />

della sua situazione interna, una volta sopite le residue velleità pepolesche.<br />

L’attività del vicario si esplicava grazie al supporto <strong>di</strong> un nunzio, che svolgeva il<br />

compito fondamentale <strong>di</strong> notificare i provve<strong>di</strong>menti del vicario ai <strong>di</strong>retti interessati;<br />

in particolare tramite questa figura il convenuto veniva chiamato a giustificarsi<br />

degli addebiti presso il vicario. Nei registri troviamo formule del tipo “Rettulit<br />

Riçardus numptius se cytavisse et personaliter invenisse (aliquem)”. Altro compito<br />

caratteristico <strong>di</strong> questa sorta <strong>di</strong> “ufficiale giu<strong>di</strong>ziario” era quello <strong>di</strong> pignorare i beni<br />

<strong>di</strong> coloro che non avevano pagato la multa alla quale erano stati condannati.<br />

Al vicario potevano essere in<strong>di</strong>rizzate suppliche da parte dei citta<strong>di</strong>ni; questa<br />

usanza, <strong>di</strong>ffusa a Bologna prima sotto la signoria ecclesiastica <strong>di</strong> Bertrando del<br />

Poggetto e successivamente sotto quella <strong>di</strong> Taddeo Pepoli, era un prezioso<br />

strumento <strong>di</strong> governo, che permetteva al signore <strong>di</strong> concedere una deroga alla legge<br />

municipale o al <strong>di</strong>ritto comune, solitamente in materia <strong>di</strong> volontaria giuris<strong>di</strong>zione.<br />

Diffusissime nella Bologna pepolesca, le suppliche sono invece scarse nei registri<br />

del vicariato, probabilmente perché la sua giuris<strong>di</strong>zione non superava le cause <strong>di</strong><br />

100 sol<strong>di</strong>, come si è detto. Ad ogni buon conto il vicario Giovanni Scaccabarozzi<br />

si limita a definirsi “cognitor” <strong>di</strong> una supplica ricevuta, lasciando intendere che<br />

l’autorità <strong>di</strong> decidere in merito alla richiesta spettava esclusivamente al signore <strong>di</strong><br />

Milano 25 .<br />

Accanto al vicario e al nunzio agiva il notaio, che per tutti e tre i registri in<br />

questione è Lodoychus condam Francisci de Monterinçoli; egli, oltre ad essere ovviamente<br />

responsabile della tenuta dei registri, poteva affiancare il vicario in compiti <strong>di</strong><br />

maggior responsabilità, come l’escussione <strong>di</strong> testimoni. Questa attività era resa<br />

possibile dal fatto che il notaio, per la sua preparazione professionale, era un uomo<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>screta cultura, mentre d’altro canto la natura delle cause <strong>di</strong>scusse presso il<br />

vicario, come vedremo, era tale da non richiedere sempre elevate competenze<br />

giuri<strong>di</strong>che.<br />

Entrando nel merito del contenuto dei registri, va detto subito che sarebbe<br />

sbagliato attendersi dal resoconto delle cause uno spaccato vivo e palpitante <strong>di</strong><br />

storia della mentalità o della cultura materiale. Il linguaggio stereotipato della<br />

24 Ibidem, reg. 3, c. 1r.<br />

25 Ibidem, reg. 3, c. 19v: supplica presentata in data 14 <strong>di</strong>cembre 1351, nella quale lo Scaccabarozzi<br />

si definisce congiuntamente “vicarius et potestas terre Crevalcorii”.


Fig. 3– ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 2, c. 1r<br />

27


28<br />

giustizia tardo-me<strong>di</strong>evale e più ancora la forma mentis burocratico-amministrativa<br />

dei suoi operatori, a partire in questo caso dal vicario, rendono nel complesso<br />

piuttosto monotono il contenuto dei registri, come del resto accade a tutta<br />

l’analoga documentazione contemporanea. A ciò si aggiunga che <strong>Crevalcore</strong> era<br />

pur sempre un centro periferico, che non poteva competere con Bologna per<br />

vivacità culturale e sociale.<br />

Il contenuto delle inquisitiones del vicario mostra una realtà quasi esclusivamente<br />

rurale, in cui le liti tra gli abitanti erano motivate sopratutto da danni dati sulle<br />

proprietà altrui, da furti <strong>di</strong> bestiame o <strong>di</strong> attrezzi, oppure da debiti connessi alla<br />

compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> beni <strong>di</strong> prima necessità (cereali, vino, suppellettili ecc.).<br />

Per fare un esempio, si veda in data 4 <strong>di</strong>cembre 1351 (c. 2v) il caso <strong>di</strong> un certo<br />

Perondus Guillelmi de Nicholis, che accusa il beccaio Stephanus <strong>di</strong> avergli recato danno<br />

con un bue su un suo terreno posto in località “La Schina Rosa”, “scalpedando et<br />

corodendo <strong>di</strong>ctum bladum”, cioè danneggiando i cereali che erano stati seminati<br />

nel campo. Il danneggiato valuta il danno subito 20 sol<strong>di</strong>; il beccaio, citato dal<br />

nunzio, compare e chiede <strong>di</strong> nominare due uomini che valutino questo danno,<br />

<strong>di</strong>cendosi pronto eventualmente a risarcirlo. Poco dopo il vicario, intervenendo<br />

personalmente, respinge questa richiesta e impone a Stephanus <strong>di</strong> provare entro 10<br />

giorni la propria innocenza; in caso contrario si procederà contro <strong>di</strong> lui “secundum<br />

formam iuris”. E’ interessante notare che lo stesso beccaio, probabilmente per<br />

ritorsione, accusa Guillelmus, padre <strong>di</strong> Perondus <strong>di</strong> avergli sottratto un “falçone”,<br />

da identificare con uno strumento agricolo, probabilmente un tipo <strong>di</strong> falce o <strong>di</strong><br />

mannaia.<br />

Ma che questo Stephanus fosse poco rispettoso delle proprietà altrui parrebbe<br />

testimoniarlo un’altra accusa analoga, portata contro <strong>di</strong> lui da Gerar<strong>di</strong>nus Petri Petrioli,<br />

confinante <strong>di</strong> Perondus e anch’egli danneggiato da un bue del beccaio 26 . E’ facile<br />

vedere in queste liti l’esito <strong>di</strong> modesti rancori tra vicini, che non trovavano modo<br />

<strong>di</strong> comporsi per via amichevole.<br />

Un caso simile è quello <strong>di</strong> d.na Bona condam Guillelmi, la quale denuncia i danni<br />

subiti da un tale Brettorius Morus, che avrebbe invaso un suo terreno posto presso<br />

<strong>Crevalcore</strong> in località “Lo Pinzon”, e qui “schalvando” alcuni salici e devastando<br />

le viti che vi erano appoggiate avrebbe recato un danno stimato in 10 sol<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

bolognini 27 .<br />

Rimanda in<strong>di</strong>rettamente alla viticultura anche il furto <strong>di</strong> una botte, sottratta alla<br />

casa “illorum de Ambroxiis”, che viene confermato anche da alcuni testimoni 28 .<br />

26 Ibidem, reg. 3, c. 2v-3v.<br />

27 Ibidem, reg. 2, c. 6v<br />

28 Ibidem, reg. 2, c. 8r.


Fig. 4– ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 3 c. 1r<br />

29


30<br />

Fig. 5– ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 3 c. 1r: particolare dell’intestazione.<br />

Si veda anche la lite che spinge Laurentius mag. Chambii a denunciare un tale<br />

Bergonginus, i cui beni erano stati confiscati a seguito <strong>di</strong> un reato, con l’accusa <strong>di</strong><br />

detenenere illegalmente una sua capra “brinata çingiata de albo”; l’accusatore<br />

evidenzia che la controparte aveva l’animale in soccida, ma che la proprietà spettava<br />

a lui. Per appurare la verità, il notaio del vicario compie una serie <strong>di</strong> inquisitiones<br />

dalle quali risulta che i testimoni, appellandosi anche alla “publica vox et fama”,<br />

dànno ragione a Laurentius 29 .<br />

A volte i registri forniscono un piccolo campionario degli oggetti della vita<br />

quoti<strong>di</strong>ana, come nel caso dei pignoramenti compiuti dal nunzio Riçardus: tra i beni<br />

pignorati si annoverano ad esempio una zappa (“çapa”) e una lancia (“lancea”),<br />

sottratti a Petrus Ragacinus perché non aveva pagato due sol<strong>di</strong>; nella stessa carta si<br />

legge anche che il nunzio Dainexius aveva pignorato a Gerar<strong>di</strong>nus de Goso una “piola”<br />

(sorta <strong>di</strong> lancia corta), a Tomax Arçimanus una “toaglia” e a Iohaninus Balugola un<br />

“falcinelus”. Si noti la presenza <strong>di</strong> armi, la cui detenzione era molto <strong>di</strong>ffusa e <strong>di</strong><br />

fatto tollerata, nonostante le numerose <strong>di</strong>sposizioni statutarie in contrario 30 .<br />

Attraverso questi pochi esempi abbiamo dunque, sia pure in forma modesta<br />

e limitata, uno spaccato della vita quoti<strong>di</strong>ana del tempo, che in una località del<br />

contado come <strong>Crevalcore</strong> aveva prevalentemente caratteri rurali e fortemente<br />

conservativi. Fonti come questi registri, se indagate in modo sistematico, possono<br />

essere preziose per la storia locale; si pensi, ad esempio, alla possibilità <strong>di</strong> ricostruire<br />

la microtoponomastica del tempo, la storia <strong>di</strong> particolari e<strong>di</strong>fici oppure l’idrografia<br />

del territorio. Si tratta solo <strong>di</strong> alcune in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> massima, in <strong>di</strong>rezione delle quali<br />

potrebbe orientarsi in futuro l’analisi <strong>di</strong> queste fonti troppo spesso <strong>di</strong>menticate.<br />

29 Ibidem, reg. 2, c. 11r-v.<br />

30 Ibidem, reg. 3, c. 8r.


APPENDICE DI DOCUMENTI<br />

ASBo, <strong>Comune</strong>, Governo, Signoria Pepoli, Provvigioni cartacee, reg. 15<br />

cc. 12r-13r (1342 febbraio 23)<br />

Die .xxiii. februarii31 ./<br />

Item prefatus dominus <strong>di</strong>lletissimorum filiorum suorum Iacobi et Iohannis a se /<br />

emancipatorum iustis suplicationibus inclinatus, proponentium se po/sidere et ex veris ac<br />

iustis titulis et causis acquisivise quasi totum teritorium / seu terenum confinibus qui infra<br />

subiciuntur incluxum et terminatum, quod / <strong>di</strong>versis particolaribus nominibus <strong>di</strong>scripbitur,<br />

uno tamen generali nomine “Gralegum” / nuncupatum, positum et situatum in comitatu<br />

Bononie, inter seu intra / curias terrarum Sancti Iohannis in Persiceto, Crevalcorii et Sancte<br />

Agate / et in ipsarum terrarum curiis seu alterius earum, quasi totum teritorium et terenum<br />

/ incultum esse et totum inhabitabile et dexertum, et inde aut / in illo transseuntibus vel<br />

paschulantibus omni quasi tempore umbrosum et / periculoxum, desiderantium etiam<br />

illud totum ad terras cultas seu / pratora vel nemora reducere, et prout eis possibile 32 fuerit,<br />

et / comunis ac eorum utilitas suadebit, ibidemque he<strong>di</strong>ficia domorum / fieri facere, ut<br />

habitantes et cultores reperiantur in eisdem, et contracta / tota, et etiam terre pre<strong>di</strong>cte<br />

circumvicine in securiori statu maneant / et fructus, red<strong>di</strong>tus ex eis percipiantur tam eis<br />

quam popullo Bononie pro/futuri; <strong>di</strong>centium etiam pre<strong>di</strong>cta comode fieri non vallere, nixi<br />

<strong>di</strong>ctum terrenum ab aliis terris at ab aliis comunibus circumvicinis, et earum curiis et guar<strong>di</strong>is<br />

segregetur, et liberum efficiatur, et habitantes / qui pro tempore ibidem habitaverunt<br />

gaudeant congrua immunitate / et libertate, saltem pro tempore de quo magis videbitur<br />

convenire, ut habi/tatores habeantur, terra quam per se sit et perpetuo habeatur, et speciali<br />

/ imponendo nomine perpetuo nuncupetur. Advertens igitur pre<strong>di</strong>cta non solum / ad<br />

<strong>di</strong>ctorum filiorum suorum honorem et comodum, set etiam tocius rei publice / civitatis<br />

Bononie pertinere, et posse verisimiliter redundare, et ut omni / profectu, honore, statu<br />

et hominibus prefacta civitas eiusque <strong>di</strong>strictus / repleatur, omni auctoritate pre<strong>di</strong>cta qua<br />

fungitur, et omni via, iure et modo / quibus melius potest, provi<strong>di</strong>t, statuit et decrevit quod<br />

totum <strong>di</strong>ctum teri/torium et terenum per eosdem filios suos acquisitum et aquirendum in<br />

circum/stanciis pre<strong>di</strong>ctis terminatum et quatenus terminatur seu terminari / potest, super<br />

strata qua itur a terra Sancti Iohannis pre<strong>di</strong>cta ad terram Crevalcorii, / incipiendo ab ea<br />

parte que est versus <strong>di</strong>ctam terram Sancti Iohannis 33 / et eumdo <strong>di</strong>recto quatenus a <strong>di</strong>cto<br />

termino continuando versus Crevalcorium usque 34 [...] / eundo vero a <strong>di</strong>cta strata supra<br />

versus / <strong>di</strong>ctam terram Sancte Agate usque 35 [...] / eundo ad squadrum supra versus <strong>di</strong>ctum<br />

31 Decretum universitatis volencium venire ad habitandum super terreno Iacobi et Iohannis<br />

posito in curia Crevalcorii et Sancte Agate nel margine sinistro.<br />

32 possibile, ms. posibele.<br />

33 Segue spazio bianco e segno <strong>di</strong> comma.<br />

34 Segue spazio bianco e segno <strong>di</strong> comma<br />

35 Segue spazio bianco e segno <strong>di</strong> comma<br />

31


32<br />

locum quatenus sub <strong>di</strong>ctis / terminis <strong>di</strong>cte strate squadrando inclu<strong>di</strong>tur et conprehen<strong>di</strong>tur<br />

/ (c. 12v) a <strong>di</strong>cta vero strata infra usque ad valles et ultra, quantum proten<strong>di</strong>tur teritorium<br />

/ comunis Bononie ad squadrum pre<strong>di</strong>ctum. Et totum quidquid est inter seu infra <strong>di</strong>ctos /<br />

terminos et confinia, et etiam totum quidquid est vel esse reperiretur, eciam extra / <strong>di</strong>ctos<br />

terminos, quod in <strong>di</strong>ctis acquisitionibus per eos factis vel fien<strong>di</strong>s contineretur / quatenus<br />

contiguum esset cum <strong>di</strong>cto terreno posito infra <strong>di</strong>ctos 36 terminos, vel / aliqua eius parte,<br />

sit et esse intelligatur ipso iure et facto et efficaciter / liberum, exemptum et exclusum a<br />

<strong>di</strong>ctis terris supra nominatis, et aliis omnibus / a<strong>di</strong>acentibus in quarum vel alicuius earum<br />

curiis quoquo modo vel pro aliqua parte / positum esse <strong>di</strong>ceretur vel reperietur; et ab<br />

ipsarum omnium terrarum et aliarum / tam specificatarum quam non, curiis ac territoriis,<br />

officialibus, iuris<strong>di</strong>ctionibus / honeribus et gravaminibus realibus 37 , personalibus et mistis,<br />

or<strong>di</strong>nariis et extra/or<strong>di</strong>nariis et aliis quibuscumque et cuiuscumque generis, eciam si de<br />

potestatibus, / iu<strong>di</strong>cibus seu notariis de banderia vel de sacho aut eorum salario ageretur.<br />

/ Et sic eum liberavit, exemit et excluxit, ac liberat, eximit et / exclu<strong>di</strong>t, et territorium et<br />

terrenum per se liberum, et specialis terra / per se 38 perpetuo sit et esse 39 intelligatur, que<br />

Valbona debeat / nominari, et eius, in eius et de eius curia et guar<strong>di</strong>a sit et esse inteligatur<br />

/ perpetuo totum terenum et teritorium supra<strong>di</strong>ctum, quo ad omnia que de curiis / seu<br />

guar<strong>di</strong>a terrarum, comitatus aut <strong>di</strong>strictus Bononie <strong>di</strong>sposita reperientur; / et quod omnes<br />

et synguli, qui 40 non sunt vel erunt de iuris<strong>di</strong>ctione / aut subiectione comunis Bononie,<br />

tempore quo ad habitandum venerunt ut infra, / qui habitaverunt seu ad habitandum<br />

venerunt in ipsa terra aut super / ipso territorio vel tereno, vel aliqua eius parte, sint et<br />

esse inteligantur / pro toto tempore viginti annorum continuorum a <strong>di</strong>e qua habitare<br />

inceperunt / computando, liberi, immunes et exempti ab omnibus et singulis honeribus /<br />

et gravaminibus realibus ac personalibus et mistis, angarariis et perangarariis, / or<strong>di</strong>nariis<br />

et extraor<strong>di</strong>nariis, et ceteris aliis omnibus cuiuscumque qualitatis / et generis impositis<br />

seu iniunctis aut imponen<strong>di</strong>s seu iniungen<strong>di</strong>s / per comune Bononie aut eius vices et<br />

auctoritatem obtinentes in civitatem Bononie aut / eius comitatu, territorio vel <strong>di</strong>strictu<br />

aut suis sub<strong>di</strong>tis vel habitatoribus / eamdem, pro toto tempore supra<strong>di</strong>cto, pro eo silicet<br />

tamen tempore quo ibidem / habitarent infra <strong>di</strong>ctum terminum viginti annorum, nec ad<br />

aliqua talia / honera vel gravamina teneantur aut compelli posint vel debeant / quoquo<br />

modo, etiam pro hiis bonis que ipsi habitantes aquirerent in futurum, nixi quatenus de<br />

alterius non exempty honere vel gravamine trataretur, pro quo ipsa bona obligata <strong>di</strong>cerentur,<br />

et exeptis daciis et gabellis comunis Bononie presentibus 41 vel futuris / que etiam infra<br />

<strong>di</strong>ctum terminum viginti annorum solvere et subire / teneantur, sicut cives civitatis Bononie<br />

tenentur. Ita tamen / quod hac libertate vel immunitate reali vel personali non gaudeat /<br />

(c. 13r) aut ibidem habitare posit, aliquis qui sit, vel pro tempore fuerit, / bapnitus comunis<br />

36 <strong>di</strong>ctos, ms. <strong>di</strong>cto.<br />

37 Segue et depennato.<br />

38 Segue se ripetuto.<br />

39 esse, ms. esset, -t cancellata.<br />

40 Segue parola cancellata.<br />

41 presentibus, ms. presuntibus.


Bononie pro malleficio aut confinatus vel inter<strong>di</strong>ctus ab ipsa / civitate aut eius <strong>di</strong>strictus,<br />

vel rebellis aut inimicus <strong>di</strong>cti comunis / aut <strong>di</strong>ctorum, pro tempore quo sic bapnitus <br />

confinatus fuerit, aut rebellis vel inimicus ut supra; posint etiam habitatores pre<strong>di</strong>cti et<br />

/ eis liceat facere et habere comune et universitatem per se, et comune et / universitas<br />

censeatur <strong>di</strong>cte terre, et officiales sibi facere et elligere / posint, prout et sicut <strong>di</strong>cti eius<br />

filii, aut ipsorum successores dusserint / <strong>di</strong>sponendum vel comitendum. Ita tamen quod<br />

ipsa terra, universitas et / habitatores eiusdem perpetuo eciam infra <strong>di</strong>ctum terminum viginti<br />

/ annorum in quibuscumque iusticiam tangentibus, aut ad merum, / mistum imperium<br />

vel iuris<strong>di</strong>ctionem pertinentibus, subesse, parere et / respondere debeant eidem domino<br />

conservatori et comuni Bononie, et eius / officialibus et ipsius et ipsorum legibus et statutis<br />

ac decretis et preceptis / et in ceteris aliis occurentibus, exceptis honeribus et gravaminibus<br />

ante<strong>di</strong>ctis; et etiam in eis et de eis ellapso <strong>di</strong>cto termino viginti annorum / immunitatis eis<br />

concesse, sicut alii cives <strong>di</strong>cte civitatis, aut homines / eius comitatus, territorii vel <strong>di</strong>strictus,<br />

singula syngulis referendo, / prout eis posunt sine vicio adaptari, non obstante in premisis<br />

/ vel aliquo premisorum aliquo iure comuni vel municipali civitatis Bononie / aut ipsius<br />

domini conservatoris decreto in contrarium quomodolibet faciente, / generali vel speciali,<br />

derogatorio vel non, eciam 42 si de eo / oporteret fieri mentionem; quibus omnibus ante<br />

omnia derogavit et derogat, et pro specificatis haberi voluit et mandavit. //<br />

ASBo, <strong>Comune</strong>, Governo, Signoria Pepoli, Provvigioni cartacee, reg. 42, c. 316r<br />

(1350 ottobre 24).<br />

In Christi nomine amen. Eiusdem nativitatis anno millesimo trecentesimo quinquagesimo /<br />

in<strong>di</strong>ctione tercia, <strong>di</strong>e dominico vigesimoquarto octubris in nonis et hora none. / Magnifici<br />

domini domini Iacobus et Iohannes fratres de Pepollis , omni auctoritate / arbitrio,<br />

iuris<strong>di</strong>ctione et baylia quibus funguntur in civitate, comitatu et <strong>di</strong>strictu Bononie / et omni<br />

alio modo, forma et iure quibus melius potuerunt et possunt, providerunt / e<strong>di</strong>derunt,<br />

declaraverunt, statuerunt, decreverunt, voluerunt et mandaverunt quod / omnia statuta,<br />

consuetu<strong>di</strong>nes, provixiones, decreta et or<strong>di</strong>namenta comunis seu civitatis / Bononie, et<br />

alie quecumque leges quovis nomine nuncupentur, loquentes et loquentia / de aliqua<br />

forma vel solennitate servan<strong>di</strong>s in conscilliis seu reformationibus seu reformationibus<br />

conscilliorum / sint deceptero cassa et anullata et nullius vigoris et momenti, ac etiam /<br />

ipsa cassaverunt, iritaverunt et anullaverunt. Et insuper voluerunt, e<strong>di</strong>/derunt, statuerunt<br />

et mandaverunt quod deceptero cum vocabitur conscillium generale civitatis / Bononie<br />

per precones comunis Bononie, seu aliquos ex eis, et per sonum campane, quod si in<br />

aliquo / reperiantur esse trecenti cives Bononie, quod ipsi omnes qui reperirentur in ipso<br />

conscillio/ sint et esse intelligantur de conscillio, et ipsi soli tantummodo faciant conscillium.<br />

/ Et quod quicquid in ipso conscillio fuerit factum seu reformatum per existentes in eo<br />

conscilio / vel maiorem partem eorum perinde habeatur, valleat ac sorciatur effectum ac<br />

42 Segue sine depennato.<br />

33


34<br />

si / reformatum et factum foret per totum conscillium et per totum populum civitatis<br />

Bononie, et / ac si per ipsum populum factum foret, cum omnibus solepnitatibus que in<br />

ipso actu a quolibet / iure comuni vel municipali requirerentur, et ac si omnia statuta et<br />

or<strong>di</strong>namenta, tam / sacrata quam non sacrata et quecumque consuetu<strong>di</strong>nes et observantie<br />

comunis vel populi Bononie / et contenta in eis vel solita observari intervenissent et servata<br />

fuissent, et ex nunc / ex plenitu<strong>di</strong>ne sue potestatis, auctoritate et baylie approbaverunt<br />

quicquid in ipso conscillio / factum et reformatum fuerit, non obstantibus aliquibus<br />

statutis, reformationibus et or<strong>di</strong>namentis civitatis / Bononie, sacratis vel non sacratis,<br />

derogatoriis vel non derogatoriis, nec quovis alio iure comuni vel municipali quibus in<br />

quantum obviarent pre<strong>di</strong>ctis vel alicui pre<strong>di</strong>ctorum / voluerint esse derogatum, et si talia<br />

forent de quibus esset necessarium, mentionem facere / specialem et perinde habeatur<br />

ac si de eis et qualibet earum specialis mentio facta foret. / Salvo semper declarato et<br />

excepto quod per pre<strong>di</strong>cta vel alliqua pre<strong>di</strong>ctorum qut per aliquod / conscilium or<strong>di</strong>natum<br />

vel or<strong>di</strong>nandum prenominatis dominis Iacobo et Iohanni vel alteri / eorum non possint<br />

auferri dominium, potestas, iuris<strong>di</strong>ctio, auctoritas vel baylia terrarum / Sancti Iohannis in<br />

Persiceto, Crevalcorii, Nonantulle et Sancte Agathe, aut alicuius / earum vel pertinenciarum<br />

suarum seu exercitium ipsarum vel alicuius earum. Et quod ipse terre / et quelibet earum<br />

et ipsarum iuris<strong>di</strong>ctio, potestas, dominium, auctoritas et baylia ipsis dominis / integre et<br />

absolute remaneant, et in ipsorum dominio, potestate et exercitio sint, de quibus / nemini<br />

liceat se intromictere, et quod in aliquem alium transferri non possint modo / aliquo, iure<br />

vel causa ipse terre vel earum aud alicuius ipsorum dominium, iuris<strong>di</strong>ctio, / exercitium vel<br />

baylia, quas terras et quamlibet earum cum suis curiis et per/tinentiis et earum et cuiuslibet<br />

earum dominium iuris<strong>di</strong>ctionem, exercitium, potestatem / et bayliam ipsi domini sibi<br />

reservaverunt et reservatas et reservata esse voluerunt / et decreverunt //.<br />

ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 1, c. 6r (1351 luglio 22)<br />

Nos Iohannes Dei gratia sancte Me<strong>di</strong>olanensis ecclesie archiepiscopus ac civitatum<br />

Me<strong>di</strong>olani, Bononie et cetera dominus generalis. De circumspectione nobilis viri Reon<strong>di</strong>ni<br />

Vicecomitis conestabilis nostri equestris confisi, eundem ab ho<strong>di</strong>erna <strong>di</strong>e in antea usque<br />

ad nostre beneplacitum voluntatis in vicarium nostrum terre Crevalcorii, Bononiensis<br />

<strong>di</strong>strictus, et partium que ipsi terre Crevalcori subesse noscuntur, et in officialem nostrum<br />

ad presidendum cum baneria sua custo<strong>di</strong>e ipsi terre Crevalcori et partium pre<strong>di</strong>ctarum<br />

tenore presentium deputamus, facimus et creamus, mandantes universis et singulis <strong>di</strong>ctarum<br />

partium quatenus ipsi Reon<strong>di</strong>no circa huiusmo<strong>di</strong> suum officium in omnibus honori nostro<br />

spectantibus pareant et intendant efficaciter tanquam nobis. Datum Me<strong>di</strong>olani millesimo<br />

trecentessimo quinquagessimo primo, <strong>di</strong>e vigessimo secundo iulii, quarta in<strong>di</strong>ctione.


35<br />

Novecento


36<br />

Fig. 1– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Mon<strong>di</strong>ne nelle valli <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>


GABRIELE BOIANI<br />

Una donazione per l’archivio storico<br />

L’archivio del PCI <strong>di</strong> Caselle<br />

Nel 2004 le Unità <strong>di</strong> Base dei Democratici <strong>di</strong> Sinistra <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, Caselle e<br />

Bolognina donarono all’Istituzione Culturale Paolo Borsellino una raccolta <strong>di</strong> materiale<br />

librario ed archivistico appartenuta alle sezioni del Partito comunista italiano. Il<br />

materiale era pervenuto alle Unità <strong>di</strong> Base a seguito delle note trasformazioni<br />

intervenute nel Partito comunista italiano, <strong>di</strong>ventato PDS ed infine DS.<br />

Il materiale è stato prodotto negli anni che vanno dal 1946 fino alla fine degli<br />

anni ’80.<br />

Scopo della donazione è stato quello <strong>di</strong> evitare la <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> un patrimonio,<br />

costruito nei decenni, che può essere utile per stu<strong>di</strong>are le vicende della storia<br />

recente <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>. Un’idonea collocazione ed un adeguato rior<strong>di</strong>no del materiale<br />

possono favorire ricerche su perio<strong>di</strong> ed eventi che si stanno allontanando nel tempo<br />

e relativamente ai quali stanno scomparendo molti dei testimoni <strong>di</strong>retti.<br />

Il materiale proveniente dalla Unità <strong>di</strong> Base <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> è quasi esclusivamente<br />

composto da libri e riviste. Sono presenti i testi classici del marxismo che ogni<br />

sezione del Partito comunista doveva avere, in particolare le opere <strong>di</strong> Lenin, Marx,<br />

Gramsci nelle e<strong>di</strong>zioni degli E<strong>di</strong>tori Riuniti. Sono presenti altresì alcune raccolte<br />

<strong>di</strong> riviste vicine al P.C.I. specializzate nei vari campi come Stu<strong>di</strong> Storici, Democrazia<br />

e Diritto, Critica Marxista, Rinascita, Nuova Rivista Internazionale.<br />

Manca quasi completamente in questa raccolta la corrispondenza della Sezione,<br />

nonché il materiale da essa prodotto come manifesti, relazioni, atti <strong>di</strong> convegni e<br />

conferenze, rapporti con gli iscritti, ecc. L’assenza <strong>di</strong> questo materiale, sicuramente<br />

il più interessante per il ricercatore o il curioso <strong>di</strong> oggi, è in parte spiegabile con<br />

la mancanza <strong>di</strong> cure appropriate per il mantenimento <strong>di</strong> un archivio.<br />

La ragione principale è però un’altra. Nel 1964, nei mesi in cui furono denunciati<br />

dalla stampa (l’iniziativa fu del settimanale l’Espresso) i tentativi golpistici del<br />

generale De Lorenzo, il PCI temette che una svolta autoritaria nella politica italiana<br />

avrebbe, oltre che compromesso la propria operatività, messo a rischio la libertà e<br />

l’incolumità dei propri membri. In quell’anno compagni fidati furono incaricati <strong>di</strong><br />

occultare tutti i documenti conservati presso le sezioni al fine <strong>di</strong> proteggere, per<br />

quanto possibile, l’identità degli iscritti e <strong>di</strong> salvaguardare la struttura organizzativa.<br />

Questi materiali, per la sezione <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, non sono più stati recuperati; sembra,<br />

37


38<br />

Fig. 2– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Caselle negli anni Cinquanta<br />

dai ricor<strong>di</strong> dei testimoni, che in essi fossero contenuti i verbali delle <strong>di</strong>scussioni,<br />

le relazioni delle assemblee e dei congressi,i materiali <strong>di</strong> propaganda prodotti,<br />

nonché la corrispondenza.<br />

Il materiale proveniente dall’Unità <strong>di</strong> Base <strong>di</strong> Caselle è invece ricco <strong>di</strong> documenti.<br />

Vi è raccolta la corrispondenza della Sezione del Partito comunista italiano con<br />

la Federazione provinciale, con gli organismi comunali del medesimo partito, a<br />

volte con le Sezioni delle limitrofe località del Modenese. Non mancano manifesti<br />

e volantini relativi ad iniziative politiche organizzate localmente. La raccolta è<br />

interessante, in particolare per gli anni ’40 e ’50. Da quanto raccolto da questa<br />

periferica sezione <strong>di</strong> provincia è possibile osservare gli eventi della grande politica<br />

nazionale ed internazionale, ma anche uno sforzo quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> donne e uomini<br />

che cercano <strong>di</strong> organizzarsi per cambiare le dure con<strong>di</strong>zioni della loro esistenza.<br />

Da questi carteggi si può anche tentare <strong>di</strong> ricostruire il mondo e la mentalità<br />

nel quale operavano le organizzazioni del Partito comunista.<br />

Il contenuto delle lettere provenienti dalla Federazione provinciale è finalizzato<br />

soprattutto agli aspetti organizzativi del partito, ma a volte non mancano idee e<br />

progetti per innovazioni ra<strong>di</strong>cali.<br />

Mi sembra molto interessante a questo proposito una lettera della federazione<br />

provinciale del PCI del 1 <strong>di</strong>cembre 1949: in essa si invitano le sezioni e le<br />

organizzazioni politicamente affini ad organizzare nelle giornate <strong>di</strong> Natale,<br />

Capodanno ed Epifania delle feste e delle manifestazioni alternative a quelle tipiche<br />

della tra<strong>di</strong>zione cattolica.


“…Bisogna che ci mettiamo al lavoro, (le forze e le capacità non ci mancano) per permettere a<br />

tutti coloro, che per tra<strong>di</strong>zione escono <strong>di</strong> casa la notte <strong>di</strong> Natale, <strong>di</strong> avere una attrattiva che non sia<br />

quella della messa. E non solo, ma dobbiamo operare in maniera che si possa interessare altra gente,<br />

andare più lontano, giungere a persone che non hanno mai partecipato perché contrari alle forme<br />

rigide che la Chiesa impone, per trasformare la festa del Natale in una manifestazione popolare.<br />

[...] L’intenzione deve essere quella <strong>di</strong> celebrare queste festività fuori dagli schemi della Chiesa,<br />

nelle forme nuove e nostre, senza per questo voler entrare in concorrenza con la chiesa, su un campo<br />

che non vuole essere il nostro.<br />

Cosa fare?<br />

1°) Allestire un albero <strong>di</strong> Natale in una piazza (l’albero <strong>di</strong> Natale deve <strong>di</strong>ventare il simbolo<br />

tra<strong>di</strong>zionale) in una via del paese o del rione, il più grande possibile, adorno <strong>di</strong> luci e <strong>di</strong> festoni<br />

colorati e scintillanti.<br />

2°) L’albero <strong>di</strong> Natale così costruito, deve essere il simbolo attorno al quale andranno organizzate<br />

le più varie iniziative nella notte <strong>di</strong> Natale e seguenti. Ad esempio:<br />

-Balletti elementari <strong>di</strong> giovani e ragazze, con canti, fisarmoniche, ecc<br />

-Recite <strong>di</strong> poesie sul Natale fatte da bimbi (cercare <strong>di</strong> trovare delle poesiole che parlino dei<br />

bambini poveri, della pace, della fraternità, della lotta per il pane e il lavoro dei loro padri). Si possono<br />

premiare i più bravi.<br />

-Raccolta <strong>di</strong> doni sotto l’albero per i bimbi poveri e per i carcerati politici<br />

-Distribuzione <strong>di</strong> un ramoscello <strong>di</strong> abete, quale simbolo del nostro Natale”<br />

Il documento è ricco <strong>di</strong> suggerimenti organizzativi per realizzare questi<br />

programmi anche per le feste <strong>di</strong> Capodanno ed Epifania.<br />

Si trattava, nonostante le ripetute affermazioni <strong>di</strong> non volere entrare in<br />

concorrenza con la Chiesa e la tra<strong>di</strong>zione, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno ambizioso, volto al<br />

rinnovamento ra<strong>di</strong>cale dell’identità <strong>di</strong> una comunità. E’ comprensibile che un<br />

tale tentativo avvenga in un periodo, come l’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra, in cui c’è un<br />

grande desiderio <strong>di</strong> cambiamento e <strong>di</strong> messa in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> secolari rapporti<br />

sociali e delle tra<strong>di</strong>zioni tipiche <strong>di</strong> quel mondo.<br />

Risaltano in questa lettera, come in tante altre, gli inviti alle strutture del partito<br />

a rivolgersi in particolare alle donne ed ai giovani, affinché siano essi i principali<br />

protagonisti del rinnovamento della società.<br />

E’ interessante anche un’analisi del linguaggio della corrispondenza proveniente<br />

dalla federazione. Nei primi anni del dopoguerra, in queste missive, ci si rivolge alle<br />

strutture periferiche con <strong>di</strong>sposizioni perentorie, con <strong>di</strong>rettive che lasciano poco<br />

spazio alle repliche. Le frasi non <strong>di</strong> rado sono sgrammaticate. Negli anni successivi<br />

i contenuti sono più articolati e caratterizzati da maggiore problematicità, la forma<br />

è più improntata al <strong>di</strong>alogo, gli errori grammaticali scompaiono.<br />

La donazione proveniente da Caselle contiene però anche altro materiale assai<br />

interessante; quello relativo al Collettivo Braccianti <strong>di</strong> Caselle ed alla Lega Braccianti<br />

<strong>di</strong> Caselle, che si trova insieme al materiale del Partito comunista per la contiguità<br />

degli spazi a<strong>di</strong>biti alla conservazione della documentazione <strong>di</strong> queste forme<br />

associate e, soprattutto, perché spesso erano le medesime persone a produrle ed a<br />

conservarle.<br />

39


40<br />

Fig. 3: – <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1953: manifestazione nel Teatro comunale<br />

per la riforma agraria.<br />

Il materiale relativo al Collettivo Braccianti <strong>di</strong> Caselle ed alla Lega Braccianti <strong>di</strong> Caselle<br />

è sicuramente il più ricco <strong>di</strong> tutta la donazione, probabilmente il più interessante<br />

per la sua originalità.<br />

Ve<strong>di</strong>amo brevemente come si costituiscono queste forme associate a Caselle.<br />

Nella zona <strong>di</strong> Caselle (ma ciò valeva anche per buona parte del restante territorio<br />

crevalcorese, nonché degli altri comuni limitrofi) era molto <strong>di</strong>ffuso il contratto <strong>di</strong><br />

compartecipazione <strong>di</strong> terzeria. In conformità a questo contratto il compartecipante,<br />

che forniva il proprio lavoro per coltivare un terreno, riceveva dal proprietario un<br />

terzo del raccolto (che scendeva a circa il 29% al netto delle spese). Il bracciante<br />

terziario, in base al contratto agrario, non aveva l’alloggio fornito dal proprietario<br />

del terreno (come ad esempio nel contratto <strong>di</strong> mezzadria) e doveva quin<strong>di</strong> anche<br />

affrontare questo non piccolo problema. I terziari vivevano solitamente in<br />

modestissime case in affitto; rari erano i casi <strong>di</strong> coloro che possedevano la casa<br />

d’abitazione.<br />

Si tratta, com’è intuibile, della categoria più povera, meno protetta e più esposta<br />

alle variabili dei raccolti, fra quelle che lavoravano in agricoltura.<br />

Il contratto <strong>di</strong> compartecipazione in Emilia-Romagna era <strong>di</strong> origine antiche ed<br />

aveva avuto una <strong>di</strong>ffusione alla fine dell’Ottocento durante la crisi agraria. Negli<br />

anni 30 del Novecento, terminati i gran<strong>di</strong> lavori <strong>di</strong> bonifica, il fascismo estese la


Fig. 4– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1949: Lettera della Federazione comunista che sollecita la<br />

proiezione del documentario “Togliatti è tornato”.<br />

compartecipazione sotto forma <strong>di</strong> terzeria.<br />

Non è casuale il <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> questi contratti nei perio<strong>di</strong> citati. Infatti, il<br />

contratto <strong>di</strong> compartecipazione, prevedendo un pagamento in natura, in un<br />

periodo come quello della crisi agraria fine Ottocento, riduceva <strong>di</strong> fatto i salari<br />

bracciantili. Il fascismo favorì la terzeria, per tentare <strong>di</strong> trasformare il proletariato<br />

delle campagne in un mondo più legato alla terra e meno alle organizzazioni<br />

bracciantili. Ovviamente per motivi opposti, le organizzazioni sindacali erano<br />

sempre state avverse ai contratti <strong>di</strong> compartecipazione.<br />

Nella realtà <strong>di</strong> Caselle, nelle terre condotte a terzeria i proprietari preferivano<br />

le coltivazioni ad alto impiego <strong>di</strong> mano d’opera (fornita dal bracciante), come<br />

la canapa, perciò l’attività del terziario era particolarmente faticosa, oltre che<br />

scarsamente remunerata stante la ripartizione contrattuale del prodotto nella misura<br />

<strong>di</strong> 1/3 e 2/3 come si è detto.<br />

Nella maggior parte dei casi i proventi del contratto <strong>di</strong> terzeria non erano<br />

sufficienti per le necessità del bracciante e della sua famiglia, perciò questi lavoratori<br />

spesso cercavano <strong>di</strong> lavorare anche in altre aziende agricole (del luogo, ma anche<br />

lontane, come nel caso delle mon<strong>di</strong>ne), come salariati. Questa realtà era inserita,<br />

almeno fino agli anni ’50 del novecento, in un contesto <strong>di</strong> sovrabbondanza <strong>di</strong><br />

41


42<br />

Fig. 5– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Anni ’50: braccianti dopo la trebbiatura.<br />

mano d’opera e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> cronica sottoccupazione.<br />

Dopo la fine della guerra e la Liberazione, i tra<strong>di</strong>zionali rapporti fra proprietari<br />

e lavoratori agricoli sono messi in <strong>di</strong>scussione. Fra i braccianti, i terziari, ed anche<br />

fra i mezzadri vi sono molte attese <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> cambiamenti.<br />

A Caselle (come naturalmente anche a <strong>Crevalcore</strong>) c’è <strong>di</strong>soccupazione<br />

e sottoccupazione, dovuta alle <strong>di</strong>fficoltà generali della crisi economica del<br />

dopoguerra, fenomeni aggravati dai giovani che tornano dalla guerra. La situazione<br />

nelle campagne si fa rapidamente assai tesa. I rapporti sociali ed economici, che<br />

erano stati bloccati dal fascismo, si fanno esplosivi.<br />

I braccianti e i terziari, che vivono la situazione più <strong>di</strong>fficile, in con<strong>di</strong>zioni spesso<br />

<strong>di</strong> grande miseria, sono i più attivi a voler cambiare le regole che li costringevano<br />

al loro stato.<br />

Negli anni dell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra non si assiste a vere rivolte conta<strong>di</strong>ne,<br />

ma ad un tentativo, sostenuto dalla forza del numero, nonché dal mutato clima<br />

politico e sociale, <strong>di</strong> cambiare le clausole dei tra<strong>di</strong>zionali contratti agrari.<br />

Il 1° ottobre 1947 è costituito il Collettivo braccianti <strong>di</strong> Caselle avente lo scopo <strong>di</strong><br />

contrattare, con i proprietari delle terre, dei patti <strong>di</strong> compartecipazione collettiva,<br />

ove il compartecipante non è più il singolo terziario, ma il collettivo bracciantile.<br />

I nuovi contratti firmati sono più favorevoli ai braccianti, rispetto alla tra<strong>di</strong>zionale


Fig. 6– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Volantino anni ’50<br />

sud<strong>di</strong>visione dei proventi dell’attività agricola. Questi nuovi accor<strong>di</strong> prevedono,<br />

infatti, una ripartizione dei prodotti, al netto delle spese, <strong>di</strong>verse per i vari<br />

generi:<br />

40% per grano, orzo, avena, segala, mais, bietole, patate, fagioli secchi, zucche, erba<br />

me<strong>di</strong>ca; 43% per canapa, lino, piselli, cipolle invernali; 45% per girasole, ricino,<br />

uva; 46% per i pomodori; 50% per cipolle primaticce; 60 per gli asparagi.<br />

E’ evidente come la nuova <strong>di</strong>visione dei raccolti permette al bracciante un<br />

maggior guadagno <strong>di</strong> oltre il 10% rispetto alle regole previste prima del 1947.<br />

Inoltre ora il Collettivo riesce, a volte, a vendere <strong>di</strong>rettamente i prodotti <strong>di</strong> propria<br />

pertinenza e, ove ciò non è possibile, ad esercitare un controllo nella fase <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta<br />

delle derrate.<br />

Il Collettivo <strong>di</strong> Caselle ha un numero <strong>di</strong> soci iscritti, negli anni 1948 e 1949, <strong>di</strong><br />

circa 450 lavoratori, con una leggera prevalenza delle donne rispetto agli uomini.<br />

Esso ha dei contratti <strong>di</strong> compartecipazione con una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> proprietari ogni<br />

anno, lavorando una superficie agricola <strong>di</strong> circa 800/900 tornature bolognesi.<br />

Altri Collettivi simili si formano anche a <strong>Crevalcore</strong> ed in alcune frazioni. I<br />

proprietari, per la coltivazione dei loro terreni, non utilizzano solo questi tipi <strong>di</strong><br />

contratto, ma anche la mezzadria e la conduzione in economia tramite salariati.<br />

A Caselle i principali proprietari dei terreni con contratti <strong>di</strong> terzeria col Collettivo<br />

sono le aziende Melloni, Balboni, Cantarelli, Campagnoli, con appezzamenti<br />

interessati ai contratti <strong>di</strong> circa 80/100 tornature ciascuno.<br />

Questi proprietari non sono certamente entusiasti della situazione che si crea<br />

43


44<br />

Fig. 7– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Volantino per la celebrazione della festa della donna. 8 marzo<br />

1955<br />

con la costituzione del Collettivo e con i nuovi contratti <strong>di</strong> compartecipazione,<br />

ma devono prendere atto della nuova realtà ed adeguarsi.<br />

Dopo gli iniziali scontri, segue però un periodo <strong>di</strong> relativa pace sociale fino alla<br />

metà degli anni ’50. Da questa data in poi, con la <strong>di</strong>ffusione della meccanizzazione<br />

agricola, il Collettivo è visto sempre più dai proprietari come un impaccio, un<br />

vincolo alle trasformazioni delle lavorazioni agricole. I proprietari preferiscono<br />

sempre più la conduzione dei terreni tramite salariati, figure più confacenti alle<br />

lavorazioni meccanizzate ed alle nuove colture, come il frutteto. Il Collettivo vede<br />

ridursi quin<strong>di</strong> la propria attività e <strong>di</strong> conseguenza il numero degli iscritti, ed entra<br />

in crisi. L’abbandono da parte del Collettivo delle terre che coltiva non avviene<br />

in maniera tranquilla, ma dopo manifestazioni <strong>di</strong> protesta, scioperi, occupazioni<br />

simboliche, come nell’azienda Pascolone nel 1955.<br />

L’ultima attività del Collettivo <strong>di</strong> Caselle è nella tenuta Malvasia, dell’azienda Campagnoli,<br />

alla fine degli anni ’50.<br />

Il funzionamento del Collettivo braccianti ha prodotto una cospicua documentazione,<br />

presente nel materiale oggetto della donazione. Sono presenti soprattutto<br />

dei registri con in<strong>di</strong>cati i nomi dei soci con le ore che ciascuno ha lavorato; sono<br />

elencate le attività svolte in ogni azienda agricola, i prodotti ottenuti e i relativi


Fig. 8– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1952: elenco <strong>di</strong> lavoratori inviati dal collocamento a una<br />

azienda agricola per la raccolta e l’imballaggio della paglia<br />

riparti fra proprietario e collettivo.<br />

Il Collettivo non era l’unica forma associata dei braccianti <strong>di</strong> Caselle. I medesimi<br />

braccianti che abbiamo già visto nel Collettivo, lavoravano altresì per aziende, enti,<br />

coltivatori <strong>di</strong>retti, mezzadri della frazione.<br />

Nel materiale d’archivio si rileva a Caselle anche la presenza della Lega Braccianti,<br />

espressione, fino al 1948, del Sindacato Unitario e poi della CGIL. Essa aveva sede<br />

a Caselle presso la Casa del popolo.<br />

La presenza <strong>di</strong> un corposo materiale d’archivio della Lega Braccianti è dovuta<br />

principalmente all’attività <strong>di</strong> gestione del collocamento della mano d’opera<br />

effettuato da questa organizzazione.<br />

Come è noto le organizzazioni sindacali, imme<strong>di</strong>atamente dopo la Liberazione,<br />

riprendono l’attività <strong>di</strong> gestione del collocamento del lavoro nelle campagne, attività<br />

che avevano esercitato negli anni precedenti l’avvento del fascismo. Per la verità,<br />

l’esercizio del collocamento da parte del sindacato era <strong>di</strong>ffuso solo nel Nord Italia<br />

ed in particolare nella pianura padana, mentre era pressoché sconosciuto al Sud.<br />

L’attività <strong>di</strong> gestione del collocamento da parte del sindacato terminerà nella<br />

primavera del 1949, quando sarà sancito per legge il monopolio del collocamento<br />

statale istituito l’anno precedente.<br />

45


46<br />

Fig. 9– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Fine anni ’40: manifestazione contro gli agrari.<br />

A Caselle, negli anni 1945-1949 la Lega Braccianti gestisce il collocamento della<br />

mano d’opera, facendo funzionare un Ufficio <strong>di</strong> collocamento per l’avviamento<br />

al lavoro dei braccianti agricoli.<br />

La Lega gestisce l’occupazione dei salariati conformemente alle <strong>di</strong>fficili esigenze<br />

dell’epoca, in cui povertà e sottoccupazione sono le costanti nella maggior parte<br />

delle famiglie. L’avviamento al lavoro avviene quin<strong>di</strong> soprattutto secondo il criterio<br />

della sud<strong>di</strong>visione fra i molti lavoratori dello scarso lavoro <strong>di</strong>sponibile.<br />

Il lavoro è in gran parte nelle aziende agricole locali, ma in quegli anni del<br />

dopoguerra la Lega organizza anche il lavoro delle mon<strong>di</strong>ne in Piemonte e nella<br />

bassa pianura bolognese, nonché quella degli uomini nella raccolta del carbone<br />

fossile a Perugia.<br />

La documentazione prodotta dalla Lega Braccianti consta soprattutto degli<br />

elenchi dei braccianti e delle mon<strong>di</strong>ne, dei fogli d’avviamento al lavoro dei lavoratori<br />

da occupare nelle aziende. Non manca, naturalmente, la documentazione relativa<br />

all’attività sindacale vera e propria della Lega.<br />

Per terminare la rapida analisi della documentazione <strong>di</strong> Caselle, voglio citare<br />

ancora il materiale relativo alla gestione del Cral (relativamente ai primi anni<br />

’50) e dei suoi rapporti in particolare con l’ENAL (ente dal quale formalmente<br />

<strong>di</strong>pendeva). La corrispondenza relativa permette <strong>di</strong> vivere il periodo della<br />

trasformazione delle realtà del tempo libero, dall’ente pubblico centralizzato alla


Fig. 10– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1955: manifestino della Lega braccianti.<br />

rete dell’associazionismo democratico.<br />

Infine va segnalata la presenza <strong>di</strong> alcuni documenti relativi al funzionamento<br />

dello spaccio della Cooperativa <strong>di</strong> consumo <strong>di</strong> Caselle.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un materiale, come si è detto, interessante, meritevole <strong>di</strong> essere<br />

analizzato e stu<strong>di</strong>ato; sufficiente, se opportunamente integrato con testimonianze<br />

orali, per ricostruire un periodo del nostro passato che si sta rapidamente<br />

allontanando nel tempo. Uno dei motivi <strong>di</strong> maggior interesse credo sia quello <strong>di</strong><br />

poter stu<strong>di</strong>are una comunità particolarmente coesa e con una precisa identità,<br />

come quella <strong>di</strong> Caselle, in un momento cruciale della sua storia, momento in cui<br />

avviene il passaggio verso la modernizzazione.<br />

Organizzazioni come quelle dei braccianti <strong>di</strong> Caselle hanno avuto gran<strong>di</strong> meriti,<br />

sia per la ricostruzione economica e lo sviluppo del Paese, sia per avere dato, a<br />

donne e uomini semplici, degli obiettivi e degli strumenti <strong>di</strong> emancipazione. Queste<br />

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48<br />

Fig. 11– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1953: invito a un’assemblea sul frazionamento<br />

dell’azienda Barchessa<br />

organizzazioni hanno contribuito ad evitare pericolose forme <strong>di</strong> ribellismo senza<br />

sbocchi ed a costruire, dal basso, una convivenza appresa con le forme della<br />

solidarietà e della democrazia.<br />

Ciò che è avvenuto nel piccolo microcosmo <strong>di</strong> Caselle, negli anni del<br />

dopoguerra, è ben rappresentativo, mi pare, della strada percorsa dall’Italia verso<br />

la crescita civile e la democrazia.<br />

NOTA.<br />

Un ringraziamento al sig. Dino Vincenzi, custode del materiale proveniente da Caselle fino alla donazione.<br />

Dino è stato un protagonista dei tempi in cui sono stati prodotti i documenti e, per la sua memoria, la sua<br />

luci<strong>di</strong>tà, la sua passione, è un testimone prezioso per chiunque desideri approfon<strong>di</strong>re gli eventi.


Fig. 12– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1948: quaderno <strong>di</strong> conti con i proprietari.<br />

Fig. 13– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Anni ’50: tavolata <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni.<br />

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50<br />

Fig. 1. Pubblicità del Kinematografo E<strong>di</strong>son al teatro <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> (1896).


ROBERTO TOMMASINI<br />

I cinema <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />

Sul finire del 1896 l’impresario Italo Pacchioni chiedeva ed otteneva dal<br />

Sindaco <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> il permesso <strong>di</strong> proiettare per due serate “uniche straor<strong>di</strong>narie<br />

rappresentazioni <strong>di</strong> proiezioni animate col vero e americano kinematografo<br />

E<strong>di</strong>son”. Una novità assoluta, un successo immenso, almeno secondo il manifesto<br />

che pubblicizzava l’evento, annunciato per la sera <strong>di</strong> Sabato 14 Novembre 1896<br />

alle ore 20 e per la Domenica seguente dalle 16 alle 20.<br />

Il permesso era concesso per il meraviglioso teatro comunale decorato da Gaetano<br />

Lo<strong>di</strong> che entrava così nella storia come primo cinema <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>.<br />

Dell’immenso successo e delle sensazioni suscitate da quella novità assoluta, i<br />

nostri concitta<strong>di</strong>ni non ci hanno tramandato memorie, e <strong>di</strong> cinema a <strong>Crevalcore</strong> se<br />

ne riparlava al termine del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, epoca in cui la nuova forma<br />

<strong>di</strong> spettacolo si affermava al punto da rendere necessaria la pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong><br />

due sale <strong>di</strong> proiezione.<br />

La prima sala aveva trovato spazio in una “succursale” della Casa del Popolo.<br />

Nel 1908, attraverso una sottoscrizione popolare, le leghe dei lavoratori avevano<br />

acquistato un e<strong>di</strong>ficio sulla strada maestra del paese (attuale caserma dei carabinieri)<br />

per a<strong>di</strong>birlo a propria sede. Di quell’acquisizione faceva già probabilmente parte<br />

una costruzione accessibile da Via Mattioli, il cui piano terra era stato nel tempo<br />

adattato per attività ricreative; fra queste il cinema aveva assunto una parte rilevante,<br />

tanto che il locale era stato dotato <strong>di</strong> un proiettore cinematografico, acquistato,<br />

pare, al termine del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale.<br />

La seconda sala <strong>di</strong> proiezione era stata ricavata all’interno del Margherita, un<br />

teatro costruito nel 1920 all’angolo fra Via San Martino e l’ultimo tratto <strong>di</strong> Via<br />

Sbaraglia; nell’e<strong>di</strong>ficio era inglobata una casetta che dava sui viali alberati che già<br />

circondavano il paese. A volere e a gestire il teatro fu un gruppo <strong>di</strong> soci <strong>di</strong> cui<br />

fecero parte Tonini Silvio, Guerzoni Pietro e Roveri Aldo. Incerta l’origine del<br />

nome, forse da cercare in legami con la “Margherita”, una società carnevalesca<br />

locale, organizzatrice <strong>di</strong> feste e veglioni danzanti.<br />

51<br />

Brillino le immagini sul tuo muro bianco! E quando pure ciò non fosse<br />

che un illusione passeggera, tuttavia fa la nostra felicità, quando, come<br />

piccoli bambinelli ingenui, restiamo lì davanti rapiti.<br />

Johann Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther


52<br />

Fig. 2 Pagina della Galaverna<br />

La Casa del Popolo e l’annessa sala <strong>di</strong> proiezione avevano però vita breve: già dal<br />

1921 iniziavano attacchi e devastazioni da parte degli squadristi fascisti. In uno <strong>di</strong><br />

questi assalti, mobili e documenti venivano gettati in piazza e dati alle fiamme. Fra<br />

le poche cose scampate alla <strong>di</strong>struzione c’era il proiettore, sottratto al vandalismo<br />

squadrista da Alberto Vincenzi che lo nascondeva nella propria abitazione.<br />

Vincenzi, poi, poco incline ad accettare il nuovo regime e per questo<br />

perseguitato, era costretto ad emigrare in Francia, mentre il proiettore prelevato<br />

da altri oppositori del regime abbandonava per sempre il territorio crevalcorese.<br />

Il 6 Gennaio 1922 la “Galaverna”, organo d’informazione dell’Accademia degli<br />

Scalcinati, un gruppo <strong>di</strong> giovanotti della <strong>Crevalcore</strong>-bene e simpatizzanti fascisti,<br />

riportava il seguente articolo:<br />

“Al Comunale<br />

– Un’ operetta graziosa ed un bene intenso spettacolo <strong>di</strong> beneficenza hanno rotto<br />

la monotonia dei veglioni i quali più che una iniziativa, rappresentano un mezzuccio<br />

troppo comune specie per fare della beneficenza.<br />

Ci permettiamo questo giu<strong>di</strong>zio perché siamo convinti che da noi vi è modo <strong>di</strong> formare<br />

una compagnia filodrammatica la quale ridarebbe al nostro paese un po’ delle antiche<br />

e simpatiche occasioni <strong>di</strong> svago, certamente preferibili a tutti i veglioni e a tutti i<br />

cinematografi.


Tanto più che ci pare evidente come ballare si possa benissimo fuori dal nostro gioiello<br />

teatrale, degno <strong>di</strong> migliore impiego.<br />

Al Margherita<br />

– Il magnifico nome <strong>di</strong> Filadoro ci ha adescati nella platea del Margherita. In verità<br />

ci pare il caso <strong>di</strong> non far motto <strong>di</strong> quest’artista perché in tal modo confermiamo<br />

l’impressione <strong>di</strong> quanti hanno saputo sopportarlo.<br />

Quando un paese è, come il nostro, dotato <strong>di</strong> due simpatici ritrovi, è dovere <strong>di</strong> chi ha le<br />

mani in pasta, <strong>di</strong> fornire alla citta<strong>di</strong>nanza rappresentazioni degne delle nostre tra<strong>di</strong>zioni<br />

teatrali. Altrimenti resteremo il popolino che va in brodo <strong>di</strong> svariate giuggiole per i<br />

burattini o per il cinematografo.”<br />

L’articolo che citava il “gioiello teatrale” del Lo<strong>di</strong>, il Margherita e la sua platea,<br />

come i luoghi a<strong>di</strong>biti allora al <strong>di</strong>vertimento <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong>, rivela lo scarso interesse<br />

che il cinema, ancora muto, suscitava fra le classi benestanti, evidenziando come<br />

ad apprezzare la nuova arte fossero in prevalenza le classi popolari.<br />

Ad occuparsi delle proiezioni al Margherita era Adolfo Ansaloni, <strong>di</strong> professione<br />

orologiaio, che, per il tempo necessario a consumare il pasto, affidava la manovella<br />

del proiettore al giovane figlio Marcello.<br />

Quella dell’operatore non era l’unica attività nata con il cinema; spazi si erano<br />

creati anche per i professionisti degli effetti sonori che, con attrezzi vari o strumenti<br />

musicali, accompagnavano, quasi sempre in perfetta sincronia, le immagini mute<br />

proiettate sul grande schermo.<br />

Fra gli specialisti del sonoro si ricordano ancora Augusto Roveri “Zucaréna”<br />

e Amedeo Preti, violinisti, e i signori Romeo Roveri e Giuseppe Petazzoni detto<br />

“Pizzoli”, rumoristi e musicisti, tutti impegnati nel cinema Margherita.<br />

Nel 1922 gli squadristi si erano <strong>di</strong> fatto impossessati della Casa del Popolo che<br />

era stata trasformata nella sede del Partito Fascista locale.<br />

Anche la sala attrezzata a cinema dalle leghe dei lavoratori era <strong>di</strong>ventata del<br />

Partito Fascista che, fatti riparare i danni e acquistato un nuovo proiettore, l’aveva<br />

risistemata battezzandola “Cinema Italia”.<br />

Le prime notizie sulla ripresa dell’attività del cinema, affidato in gestione al<br />

sig. Bellinelli Pietro, appaiono su due locan<strong>di</strong>ne che annunciavano le proiezioni<br />

da Dicembre del 1925 a Gennaio del 1926:<br />

“I quattro Cavalieri dell’apocalisse”con Rodolfo Valentino;<br />

“La passione del Deserto”con Elena Kurti;<br />

“Il prigioniero <strong>di</strong> Zenda”.<br />

In crescendo <strong>di</strong> popolarità il cinema era <strong>di</strong>ventato un irresistibile richiamo <strong>di</strong><br />

folla, tanto che anche il parroco, Don Bisteghi, decideva <strong>di</strong> sfruttarlo. Il Bollettino<br />

Parrocchiale della fine del 1929 a proposito della “Conferenza Missionaria” che<br />

si era tenuta in paese, riportava la seguente notizia: “ Doveva essere una conferenza,<br />

fu solamente una cinematografia, per la malattia improvvisa del Missionario padre Frassinetti.<br />

Riuscì ciò non ostante abbastanza bene, e con stragrande concorso. Un grazie <strong>di</strong> cuore a coloro<br />

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54<br />

Fig.3-4 Locan<strong>di</strong>ne del 1925 del Cinema Italia<br />

che misero gentilmente a <strong>di</strong>sposizione nostra la sala del Cinema Italia”.<br />

A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quasi un anno, nell’Ottobre del 1930, un altro Bollettino<br />

Parrocchiale annunciava:<br />

“DOPOLAVORO. I Sig.ri Avv. Montani, Dr. Sergio Nannini, Comm. Murè e Rag.<br />

Giorgi vennero in principio <strong>di</strong> Settembre ad inaugurare il Cinema Italia che fa parte<br />

<strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> sistemazioni della casa del Fascio, per renderla degna sede del Partito<br />

e del Dopolavoro.<br />

La sala del Cinema era gremita <strong>di</strong> tutti i principali citta<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> una vera folla <strong>di</strong><br />

invitati. Parlò per primo il Comm. Murè che spiegò le <strong>di</strong>rettive del Duce in merito al<br />

Dopolavoro;…”.<br />

La Casa del Fascio e il cinema erano ancora legalmente <strong>di</strong> proprietà della<br />

società anonima che li aveva acquistati per conto delle leghe dei lavoratori, ma la<br />

cosa non turbava più <strong>di</strong> tanto i responsabili del Partito Fascista locale. La sala <strong>di</strong><br />

proiezione era <strong>di</strong>ventata un luogo ideale per le iniziative del dopolavoro: in essa<br />

era possibile assistere ai progressi e ai successi dell’Italia fascista, raccontata dai<br />

cinegiornali dell’Istituto Luce.<br />

Il cinema Italia, inizialmente costituito dalla sola platea, veniva allungato e<br />

ampliato con una galleria, ricavata inglobando nella struttura l’appartamento<br />

situato al piano superiore, dal quale, grazie a provvidenziali pertugi, i giovani figli<br />

e nipoti del signor Armando Milzani si erano fino ad allora goduti gratuitamente


gli spettacoli.<br />

L’inaugurazione <strong>di</strong> cui si racconta nel Bollettino Parrocchiale del 1930 si riferisce<br />

con molta probabilità a quest’ampliamento perché, come già sappiamo, il cinema<br />

Italia aveva ripreso a funzionare almeno dal 1925. Sono scarse le informazioni<br />

relative all’inizio delle proiezioni all’aperto che qualcuno ricorda già a partire dagli<br />

anni ’30 .<br />

Anche l’altro cinema crevalcorese non sfuggiva all’utilizzo a scopo religioso<br />

e benefico. Un Bollettino Parrocchiale del Dicembre 1930 riportava la seguente<br />

notizia con il titolo <strong>di</strong> “Serate al Cinema Margherita”:<br />

“Nelle due sere del 10 ed 11 corr. -…la Direzione del Cinema Margherita à voluto<br />

proiettare la film <strong>di</strong> S. Teresa del Bambino Gesù dandone il ricavato al pane dei poveri<br />

<strong>di</strong> S. Antonio.<br />

Siamo lieti ora <strong>di</strong> dare il resoconto completo.<br />

Ricavato lordo delle due sere l. 508. Spese nel noleggio della film l. 198. Avanzo netto<br />

già passato a Mons. Arciprete la sera stessa, della proiezione l. 310. Da notarsi che tanto<br />

l’orchestra che il personale del teatro (operatore ed inservienti) si sono prestati gratis;<br />

come pure la Direzione del Cinema rinunziava al noleggio del teatro ed al rimborso<br />

delle spese per la luce. Il Comitato parroc. <strong>di</strong> Beneficenza ai poveri pubblicamente e<br />

sentitamente ringrazia tutti <strong>di</strong> tanta squisita generosità.”<br />

Nel Luglio del 1931 l’esproprio della Casa del Popolo si avviava alla conclusione:<br />

la società anonima che si era costituita nel 1903 per acquistarla era posta in<br />

liquidazione dal Prefetto <strong>di</strong> Bologna che decideva <strong>di</strong> devolvere al Fascio <strong>di</strong><br />

<strong>Crevalcore</strong> tutte le proprietà della suddetta società.<br />

Nell’Ottobre dello stesso anno i <strong>Crevalcore</strong>si partecipavano in massa all’avvento<br />

del cinema sonoro. Tracce <strong>di</strong> quell’avvenimento sono conservate nel Bollettino<br />

Parrocchiale:<br />

“Abbiamo avuto al Cinema Margherita il film sonoro che ha attratto alle serate tutto<br />

<strong>Crevalcore</strong>, si <strong>di</strong>ce che visto il gran successo ottenuto si stia trattando per far vedere ed u<strong>di</strong>re<br />

ai <strong>Crevalcore</strong>si un altro film sonoro spettacoloso a soggetto religioso. Fosse vero!”.<br />

Spinto dalla concorrenza, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> pochi mesi il Cinema Italia si dotava <strong>di</strong><br />

un impianto sonoro. Il Bollettino Parrocchiale dava la notizia aggiungendo: “Ci sarà<br />

dato così <strong>di</strong> assistere a ottimi spettacoli sonori e parlati fatti da Case italiane le quali sod<strong>di</strong>sfano<br />

completamente il gusto del nostro pubblico stanco ormai della frivola produzione straniera”.<br />

Il dopolavoro si occupava anche <strong>di</strong> sport e gli spazi del Cinema Italia erano<br />

concessi alle <strong>di</strong>verse associazioni sportive locali. Nel 1932 venivano ospitate<br />

l’assemblea generale della sezione Combattenti Sport e l’assemblea generale dei<br />

soci della Sezione Sportiva <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong>.<br />

Nel 1933 la prima volta <strong>di</strong> un <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong> sul grande schermo; enorme la<br />

partecipazione <strong>di</strong> pubblico alla proiezione del film “Camicia Nera” così raccontata<br />

dal Bollettino Parrocchiale <strong>di</strong> Giugno-Luglio:<br />

“La magnifica film del Decennale della rivoluzione fascista è stata data a <strong>Crevalcore</strong><br />

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Fig 6 Guido Preti nel film Camicia Nera<br />

per varie sere consecutive e davanti ad un pubblico sempre “affollatissimo “. Questa<br />

visione del nostro paese prima, durante e dopo la guerra e dalla vittoria dei Fasci al<br />

presente è <strong>di</strong> una espressività veramente magica e superiore. Abbiamo visti molti occhi<br />

inumi<strong>di</strong>rsi <strong>di</strong> pianto alla successione realistica delle tragiche vicende <strong>di</strong> questi ultimi anni.<br />

I crevalcoresi poi andavano al cinema con un malcelato orgoglio citta<strong>di</strong>no; il bruno e<br />

nerboruto prete delle campagne romane è invece un crevalcorese: Guido Preti”.<br />

La partecipazione del nostro concitta<strong>di</strong>no era stata occasionale. Infatti, Preti era<br />

l’autista del regista del film, Giovacchino Forzano, che lo aveva ritenuto adatto per<br />

il ruolo del prete; una attrazione fatale per un’amica del regista costringeva poi Preti<br />

ad interrompere bruscamente sia la carriera <strong>di</strong> autista sia quella cinematografica.<br />

Nel Dicembre del 1933 al Cinema Italia la prima proiezione per le scolaresche.<br />

Circa 800 alunni delle scuole Elementari e <strong>di</strong> Avviamento si godevano un film<br />

muto su Antonio da Padova, <strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re l’iniziativa a tal punto che<br />

il Segretario Politico Cav. Gino Crespi dava <strong>di</strong>sposizioni perché si ripetesse<br />

l’esperienza con maggior frequenza.<br />

Sempre in questo mese (ed era ancora una prima volta) il cinema era offerto<br />

come dono natalizio. Così racconta il Bollettino del Gennaio 1934:<br />

“Nel giorno in cui veniva inaugurato il Presepio in ossequio al desiderio del Duce, venne<br />

celebrata con cerimonia religiosa e civile la giornata della Madre e del Fanciullo. Alla<br />

Messa parrocchiale l’Arciprete intratteneva il popolo, ma specialmente le madri, sull’alto,<br />

cristiano e patriottico concetto <strong>di</strong> questa giornata voluta dal nostro Duce, che ha intuite


Fig.7 Mauro Ferriani in una foto degli anni 50<br />

le mirabili relazioni che vi sono fra il Presepio <strong>di</strong> Betlemme e le famiglie cattoliche dalle<br />

quali debbono venire i nuovi citta<strong>di</strong>ni, i nuovi italiani sani e forti <strong>di</strong> mente e <strong>di</strong> corpo<br />

per sapere combattere e vincere le più belle battaglie della vita in<strong>di</strong>viduale e nazionale.<br />

Nello stesso giorno il Fascio <strong>di</strong> Combattimento <strong>di</strong>stribuiva alle famiglie più bisognose<br />

360 sporte piene <strong>di</strong> ogni ben <strong>di</strong> Dio: Farina bianca Kg. 2, farina gialla, Kg. 2 -Fagioli<br />

Kg. 1, Carne da brodo Kg. 1 -Riso Kg. 1 Pane Kg. 1;. Lardo 0,500. Si facevano inoltre<br />

assistere le madri ed i fanciulli alle proiezioni <strong>di</strong> un film, adatto alla circostanza.”<br />

Lo “stato” dell’arte cinematografica locale era sintetizzata il 23 Novembre<br />

del 1934 da un documento dell’agenzia <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> della Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong><br />

Bologna, che riportava: “In riferimento a Prag.ma del 17 Novembre corr. n°63 ci pregiamo<br />

notificare che qui, in paese, esistono due sale a<strong>di</strong>bite a cinematografo e precisamente:<br />

Cinema Italia gestito dal sig. Bellinelli Sebastiano e Cinema Margherita gestito dal sig.<br />

Ferriani Mauro. Entrambi sono forniti <strong>di</strong> apparecchi moderni <strong>di</strong> proiezione a sonori ed in locali<br />

<strong>di</strong>scretamente spaziosi.”<br />

Il Cinema Margherita era passato <strong>di</strong> mano l’anno prima. La società che lo<br />

gestiva, sull’orlo del fallimento, lo aveva venduto al sig. Mauro Ferriani, detto<br />

“Mavren” che, dopo una vita trascorsa a far “iftide”, aveva ceduta la propria<br />

salumeria situata sotto il portico del comune per intraprendere l’attività <strong>di</strong> gestore<br />

<strong>di</strong> sala cinematografica. Partecipava all’impresa la figlia Maria, dai <strong>Crevalcore</strong>si<br />

soprannominata “Mavréna”.<br />

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Fig.8 locan<strong>di</strong>na del film: Tutta la città ne parla, timbrata dal cinema Margherita<br />

La nuova gestione inaugurava le proprie attività nel 1934. Un giovanotto con<br />

funzioni <strong>di</strong> maschera era stato assunto per l’occasione: indossava una <strong>di</strong>visa e un<br />

berrettino su cui campeggiava la scritta “Cinema Margherita”, appositamente<br />

ricamata dalla signorina Ferriani.<br />

Non sempre i comportamenti umani rappresentati sullo schermo<br />

cinematografico erano esempio <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> virtù, almeno secondo Don Bisteghi<br />

il quale, per proteggere i propri parrocchiani dalle influenze nocive della nuova<br />

arte, sul suo Bollettino dava spazio soltanto alle notizie cinematografiche che<br />

trattavano <strong>di</strong> soggetti a carattere religioso. Per il 1936 troviamo così citato il Cinema<br />

Margherita per il film “La miracolosa trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Lourdes” e per la premiazione <strong>di</strong><br />

oltre un centinaio <strong>di</strong> famiglie nell’ambito della Festa della nuzialità e natalità; mentre<br />

il Cinema Italia era citato per aver ospitato, nell’ambito della conferenza <strong>di</strong> San<br />

Vincenzo, un <strong>di</strong>battito sulla Sacra Sindone.<br />

Certamente la programmazione nei nostri cinema era più varia e costante ed<br />

appassionava ed attraeva a tal punto, che una giovane crevalcorese, Giulia Cadore,<br />

si trasferiva a Roma per tentare la carriera cinematografica.


Fig.9. Giulia Cadore<br />

Breve biografia <strong>di</strong> Giulia Cadore tracciata dalla figlia Paola.<br />

Mia madre nacque a Revere il 18/12/1916 da Desiderio Cadore e Luigia Bottura. Da piccola si<br />

trasferisce con la famiglia a <strong>Crevalcore</strong>, in Via Albertini per motivi <strong>di</strong> lavoro del padre. Lì frequentò<br />

la scuola fino alle superiori. Tra le sue attività preferite vi era il ballo e la recitazione, infatti partecipò,<br />

presso il teatro comunale, ad alcune rappresentazioni dove eseguì alcuni balletti <strong>di</strong> danza classica. Era,<br />

inoltre, molto brava a <strong>di</strong>segnare; in particolare, realizzava ritratti delle <strong>di</strong>ve del cinema. La famiglia<br />

conserva ancora un tenero ritratto a matita del marito. La sua personalità impulsiva ed in<strong>di</strong>pendente<br />

si manifestò sin da ragazzina. In paese gli amici ricordano il suo anticonformismo: mentre, all’epoca,<br />

tutti la Domenica usavano indossare il vestito “buono della festa”, lei invece lo indossava il Mercoledì<br />

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o il Giovedì ma giammai la Domenica, oppure, quando, <strong>di</strong> notte, durante una scorribanda notturna<br />

<strong>di</strong> giovinastri sotto le finestre <strong>di</strong> casa sua, dove c’era suo padre che ammalato riposava, si affacciò<br />

alla finestra chiedendo <strong>di</strong> smettere lo schiamazzo, alla risposta “nu a sem comunest e fem quel<br />

che c’as pèr” lei non esitò a prendere un catino pieno d’acqua e a buttarglielo addosso <strong>di</strong>cendo<br />

“anca mi a fag quel che m’per”. Nonostante la sua avvenenza e femminilità, in alcune occasioni<br />

si comportava come un vero maschiaccio: <strong>di</strong> nascosto dal fratello prendeva la motocicletta per<br />

guidarla. A tal proposito, si deve ricordare che fu una delle prime donne a conseguire la patente <strong>di</strong><br />

guida per veicoli ed ad<strong>di</strong>rittura quella <strong>di</strong> categoria D per camion. Crescendo continuava a <strong>di</strong>mostrare<br />

interesse per il cinema e la recitazione, interesse che sua madre cercava <strong>di</strong> ostacolare. Un giorno,<br />

quando riferì a casa che si sarebbe presentato il suo fidanzato per chiederla in sposa, la mamma,<br />

che non era convinta <strong>di</strong> questo fidanzamento, le <strong>di</strong>ede finalmente il permesso <strong>di</strong> andare a Roma a<br />

stu<strong>di</strong>are come attrice e, detto-fatto, in due giorni partì, <strong>di</strong>menticando fidanzato e matrimonio. A<br />

Roma si iscrisse al Centro Sperimentale <strong>di</strong> Cinecittà, dove stu<strong>di</strong>ò recitazione, <strong>di</strong>zione, portamento,<br />

danza ecc., avendo come colleghi Alida Valli, Elena Lazzareschi, Arnoldo Foà, Amedeo Nazzari,<br />

Gino Cervi ecc. Dopo un anno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, venne scritturata, con il nome d’arte Ilde Giulia Cadore<br />

tra gli attori non protagonisti, insieme a Gino Cervi, dal regista Camillo Mastrocinque per il film<br />

“Voglio vivere con Letizia” con la famosa Assia Noris, girato a Cinecittà nel 1937. Dopo pochi mesi<br />

girò, negli Caesar Stu<strong>di</strong>os <strong>di</strong> Roma, con Vincenzo Sorelli, il film “Crispino e la comare” (1938) in<br />

veste <strong>di</strong> prima attrice non protagonista, insieme ad Arnoldo Foà. Di lì a pochi mesi, nel Gennaio del<br />

1939, uscì il suo primo film da protagonista “Tre fratelli in gamba”, girato presso i Titanus Stu<strong>di</strong>os<br />

<strong>di</strong> Roma dal regista Alberto Salvi. La critica si espresse molto favorevolmente, in<strong>di</strong>candola come<br />

“la promessa del cinema italiano: la nuova Garbo!”, ma nella realtà <strong>di</strong> tutti i giorni, pur essendo<br />

consapevole della sua bellezza, non amava esibirla con ostentazione e si comportava con estrema<br />

semplicità e spontaneità. Nel corso <strong>di</strong> quei due anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> intenso lavoro, che videro la sua<br />

veloce scalata al successo, durante la sua permanenza a Roma, frequentava insieme alle sue colleghe<br />

un ristorante, meta ambita dai giovani piloti dell’aviazione militare italiana, i quali facevano a gara<br />

per cercare <strong>di</strong> agganciare le belle ragazze presenti. Si era sparsa la voce che tra queste ve ne era una,<br />

bella, bionda ma inavvicinabile: un giovane pilota, anche lui ventenne, <strong>di</strong> Casteldario (Mantova), già<br />

medaglia d’argento al valor militare nella guerra <strong>di</strong> Spagna, raccolse la sfida e scommise con i suoi<br />

compagni che in tre giorni l’avvenente Giulia sarebbe caduta “giù come pel de fic” (giù come buccia<br />

<strong>di</strong> un fico). Il giovane pilota vinse la scommessa ma perse il cuore o, come amava raccontare, “ho<br />

vinto la scommessa ma ho perso la libertà!”. Per seguire il suo cuore e l’intrepido pilota, sposato<br />

dopo circa un anno <strong>di</strong> fidanzamento, il quale per lavoro dovette trasferirsi a Napoli, rinunciò alla<br />

carriera brillante che le si prospettava per intraprendere quella <strong>di</strong> moglie e <strong>di</strong> madre. A Napoli visse<br />

<strong>di</strong>eci anni molto intensi <strong>di</strong> vita matrimoniale e <strong>di</strong> grande amore per i due figli, anni brillanti <strong>di</strong> vita<br />

sociale, suonatrice <strong>di</strong> fisarmonica e campionessa <strong>di</strong> bridge presso il migliore circolo della Napoli<br />

bene, vacanze sulla neve da provetta sciatrice, allieva pilota <strong>di</strong> bimotori del marito, ottima cuoca<br />

per la sua famiglia (tirava la sfoglia da brava emiliana d’adozione facendo conoscere ad assaggiare<br />

agli amici partenopei i famosi turtlein). Quando usciva per la città con la sua vespa e per <strong>di</strong> più<br />

in pantaloni, oppure con la sua macchina decappottabile (la famosa Lancia Ardea fuoriserie, 10<br />

esemplari in tutta Italia) creava scompiglio e meraviglia per le strade. Sempre in auto, prima con il<br />

marito e poi da sola con i figli, risaliva ogni anno tutta l’Italia per riabbracciare la mamma, i fratelli,<br />

i parenti e gli amici nella sua <strong>Crevalcore</strong>. Rimasta prematuramente, e tragicamente, vedova a soli 33<br />

anni, pur potendo rientrare nel mondo del cinema (perché era ancora fresca la bellezza), avendo<br />

ancora amici e contatti, non ebbe più lo spirito per calcare le scene né per sposarsi nuovamente, e<br />

non manifestò mai alcun rimpianto <strong>di</strong> aver lasciato il cinema per seguire il marito. Morì a Napoli il<br />

9/06/1984. Paola Ligabò


Nel 1937 arrivano al Cinema Italia anche i primi “filmini” delle vacanze.<br />

Il facoltoso concitta<strong>di</strong>no Abele Chiericati, <strong>di</strong> ritorno dall’Africa Orientale, per<br />

illustrare ai <strong>Crevalcore</strong>si gli aspetti più interessanti del suo viaggio, organizzava<br />

una conferenza con tanto <strong>di</strong> proiezione, evento degno <strong>di</strong> risonanza che risaltava<br />

sull’unico notiziario locale dell’epoca, il Bollettino Parrocchiale:<br />

“Al cinema Italia il 2 corr. alle ore 20,30 à tenuto una conferenza con proiezioni l’egregio<br />

amico nostro Sig. Abele Chiericati che è reduce dall’A.O .<br />

Il Chiericati è troppo noto ai <strong>Crevalcore</strong>si perché abbia bisogno <strong>di</strong> una nostra<br />

presentazione. Egli ed i suoi fratelli hanno dato e danno una meravigliosa attività per<br />

la bonifica dei nostri terreni, hanno profuso tesori non solo <strong>di</strong> energie ma <strong>di</strong> denaro<br />

per rendere fiorentissime zone vaste del nostro territorio una volta coperto dalle<br />

acque stagnanti. Nella conferenza, che fu ascoltata da un pubblico stragrande rimasto<br />

attentissimo per due ore e che applaudì con calore e con convinzione, descrisse una<br />

sua escursione automobilistica Asmara-Cheren -Agordat -Barantin -Setit - Omagen.<br />

La sua parola fu efficacissima nella descrizione degli ambienti attraversati e lasciò in<br />

tutti la chiara visione dei luoghi tante volte sognati nella nostra infanzia e giovinezza.<br />

Ebbe poi spunti felicissimi nell’accennare al Re Imperatore, al Duce ed ai nostri gran<strong>di</strong><br />

Condottieri. In ultimo si ebbe una vera ovazione”.<br />

In quell’anno, un imprecisato evento (probabilmente il fallimento della gestione<br />

Bellinelli) determinava la chiusura del Cinema Italia e induceva i responsabili del<br />

Fascio locale a pensare una <strong>di</strong>versa destinazione d’uso per quegli spazi. A Luglio il<br />

Bollettino Parrocchiale riportava la seguente notizia: “Per i motivi che ormai i citta<strong>di</strong>ni<br />

conoscono si è chiuso il Cinema Italia e cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> sapere che si pensa <strong>di</strong> farvi una bella salaritrovo<br />

per i dopolavoristi <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, ed, in attesa, nel cortile del Fascio si sono approntati<br />

un campo <strong>di</strong> tennis e due splen<strong>di</strong><strong>di</strong> giochi da boccie” .<br />

La passione per il cinema vinse sulle altre e la sala <strong>di</strong> proiezione riprese a<br />

funzionare, gestita da tre signore già proprietarie <strong>di</strong> una osteria, nota in paese<br />

come quella delle “tre pippe” .<br />

Il proiettore del Cinema Italia non era però rimasto inoperoso durante la chiusura:<br />

una sola sala <strong>di</strong> proiezione si era <strong>di</strong>mostrata insufficiente per i <strong>Crevalcore</strong>si. Il cinema<br />

<strong>di</strong> Via Mattioli era stato utilizzato come succursale del Margherita e la stessa pellicola<br />

veniva proiettata a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un’ora in entrambe le sale. In seguito i proprietari<br />

del Margherita acquisivano la gestione del cinema <strong>di</strong> Ravarino, tentando anche in<br />

questo caso <strong>di</strong> sfruttare, quando possibile, la stessa pellicola in entrambe le sale.<br />

Le proiezioni erano sfalsate <strong>di</strong> un’ora e dello scambio delle pellicole si occupava<br />

Marino Ferriani cugino della Mavrena, che con la bicicletta faceva la spola fra i due<br />

cinema o si incontrava a metà strada con un’altra staffetta. Inevitabili i ritar<strong>di</strong> nella<br />

“seconda” proiezione, immancabilmente accompagnati da fischi e sbeffeggi del<br />

pubblico spazientito.<br />

Ai convegni religiosi, politici o sportivi si alternavano gli spettacoli dei burattini e,<br />

nella sala del Cinema Italia, avevano luogo due spettacoli alla settimana nel 1938.<br />

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Figg. 10-11 calendarietto per il 1941 con i <strong>di</strong>vi cinematografici dell’epoca, omaggio dei barbieri<br />

fratelli Bignar<strong>di</strong>.


Lo scoppio della guerra non intaccava il potere <strong>di</strong> attrazione del cinema e ai<br />

film si aggiungeva l’informazione dei cinegiornali, resi obbligatori in tutte le sale<br />

dell’Impero.<br />

Nel Giugno del 1943, mentre per l’esercito italiano la guerra cominciava a<br />

prendere una brutta piega, con un appello sul Bollettino Parrocchiale, Don Bisteghi<br />

lanciava un allarme sui contenuti dell’arte cinematografica: “ MAMME!, Prima <strong>di</strong><br />

mandare al Cinema i vostri figliuoli pensateci ! I film immorali rovinano i vostri figliuoli.”<br />

Più che gli appelli del parroco a rendere <strong>di</strong>fficile l’accesso al cinema erano le<br />

restrizioni imposte dal Comando Militare Germanico che dal Settembre dello stesso<br />

anno imponeva il coprifuoco. Con l’avvicinarsi del fronte e l’inizio delle incursioni<br />

aeree le proiezioni cominciarono a <strong>di</strong>radarsi, fino a cessare completamente sulla<br />

fine del 1944. Durante l’occupazione tedesca il Cinema Margherita venne requisito<br />

dal Comando Militare Germanico che lo destinava all’intrattenimento delle truppe<br />

<strong>di</strong> stanza nella zona: nella sala erano proiettati film ed organizzati spettacoli in<br />

lingua tedesca.<br />

Con la liberazione i cinema riaprivano le porte, inizialmente per ospitare<br />

comizi e assemblee delle nuove formazioni politiche, propagatrici <strong>di</strong> nuovi<br />

ideali e stili <strong>di</strong> vita. E nuovi ideali e stili <strong>di</strong> vita continuarono ad essere proposti<br />

dal cinema alla ripresa delle proiezioni, che <strong>di</strong> nuovo potevano contare sui film<br />

<strong>di</strong> produzione straniera, soprattutto americana, che cominciavano una lunga e<br />

duratura invasione.<br />

Il Cinema Italia riprendeva le proprie attività con la proiezione del film “La<br />

Fanciulla delle Follie”.<br />

Terminato il conflitto, i beni del Partito Fascista erano <strong>di</strong>ventati proprietà<br />

del Demanio Pubblico: cosi pure la Casa del Fascio e il Cinema Italia. Il cambio<br />

<strong>di</strong> proprietà non mo<strong>di</strong>ficava la conduzione del cinema che continuava ad essere<br />

gestito da Lo<strong>di</strong> Carolina, assistita dalla nipote Laura, ma soprattutto da Agostino<br />

Pizzirani, detto “Gustén” un uomo <strong>di</strong> enorme corporatura che dava l’impressione<br />

<strong>di</strong> essere incastrato nella piccola biglietteria, nella quale stava seduto sempre col<br />

cappello in testa.<br />

Fra i suoi compiti c’era anche quello <strong>di</strong> mantenere l’or<strong>di</strong>ne e il silenzio in sala,<br />

attività svolta con l’aiuto <strong>di</strong> una lunga bacchetta, con la quale al buio e all’improvviso<br />

riusciva a colpire i <strong>di</strong>sturbatori fin nel mezzo della platea.<br />

Il “bacchettatore” era comunque ben voluto da gran parte degli spettatori per<br />

la sua <strong>di</strong>sponibilità a concedere l’ingresso anche a chi non poteva permettersi<br />

l’intero biglietto. Affetto,conserva ancora per il Pizzarirani, la socia <strong>di</strong> un tempo:<br />

Laura Lo<strong>di</strong>, che baciando la sua foto ricorda, quando già anziano, avvolto nel<br />

suo tabarro, “co un con d’gnoc sott a na lasena”, prendeva la corriera per recarsi a<br />

Bologna, presso le case <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, per definire la programmazione del cinema.<br />

Impren<strong>di</strong>toria cinematografica <strong>di</strong> altri tempi. Cinema e ballo erano fra le gran<strong>di</strong><br />

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Fig.12 Agostino Pizzirani<br />

Fig.13 Laura Lo<strong>di</strong><br />

passioni del secondo dopoguerra e non potevano non tenerne conto i soci della<br />

Cooperativa “Combattenti e Reduci” <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, quando iniziarono a progettare<br />

uno spazio in cui organizzare le proprie attività ricreative .<br />

Principali promotori dell’iniziativa erano i due fratelli Luciano e Mario Poppi,<br />

detti “Fifini”, ex prigionieri <strong>di</strong> guerra e appassionati <strong>di</strong> cinema che, dall’iniziale<br />

idea <strong>di</strong> costruire un circolo per reduci ed ex combattenti, si erano spinti fino<br />

all’ambizioso progetto <strong>di</strong> creare un e<strong>di</strong>ficio fra i più gran<strong>di</strong> del paese da a<strong>di</strong>bire a<br />

cinema, teatro e a sala da ballo.<br />

Per la costruzione era stata in<strong>di</strong>viduata un’area <strong>di</strong> proprietà comunale, situata<br />

fuori Porta Bologna, fra via della Rocca e la circonvallazione .<br />

Oltre che sui fon<strong>di</strong> della Cooperativa, i promotori contavano sul forte<br />

contributo della manodopera volontaria <strong>di</strong> soci e simpatizzanti.<br />

Erano dell’autunno del 1948 i primi contatti con l’Amministrazione Comunale<br />

che dava parere favorevole per incrementare sia le occasioni <strong>di</strong> svago sia quelle <strong>di</strong><br />

occupazione. Nel Novembre dello stesso anno venivano presentati in <strong>Comune</strong> la<br />

domanda <strong>di</strong> cessione dell’area e il progetto del fabbricato.<br />

La Giunta Municipale, ritenendo l’iniziativa meritevole <strong>di</strong> incoraggiamento,<br />

con voto unanime dava parere favorevole e i soci della Cooperativa presieduta da<br />

Luciano Poppi iniziavano a scavare le fondamenta con vanghe e ba<strong>di</strong>li, proseguivano<br />

innalzando il muro perimetrale che si arrestava però all’altezza <strong>di</strong> un metro.


Fig.14. Luciano Poppi<br />

Il notevole impegno <strong>di</strong> risorse da destinare all’opera aveva fatto nascere<br />

all’interno della Cooperativa timori e contrasti che si risolvevano solo con l’arrivo <strong>di</strong><br />

nuovi soci: Setti Guido, Calzolari Tonino, Botti Maria, Molinari Areodante. Così il<br />

19 Aprile del 1949 la Cooperativa rinunciava alla concessione dell’area fabbricabile,<br />

ma la chiedeva il giorno seguente a proprio nome e a quello dei nuovi soci .<br />

La Giunta rinnovava il parere favorevole ribadendo incoraggiamento e appoggi.<br />

Nel Giugno del 1949 approvava in via <strong>di</strong> massima il progetto, concedendo<br />

ufficialmente l’area fabbricabile; si trattava <strong>di</strong> una superficie <strong>di</strong> circa 1650 metri<br />

quadrati, il costo era stato fissato in 366.500 lire, calcolate valutando lire 100 al<br />

metro quadro i 641 metri delle ex fosse e 300 lire il metro quadro la superficie<br />

rimanente. La progettazione dell’e<strong>di</strong>ficio era stata affidata al crevalcorese Giuseppe<br />

Malaguti, noto anche come “l’architetto <strong>di</strong> Asmara”, città dell’ex colonia africana<br />

in cui egli aveva trascorso un lungo periodo della propria attività lavorativa e<br />

dove aveva anche collaborato alla progettazione <strong>di</strong> un grande cinema. Evidenti<br />

le influenze dello stile coloniale nel progetto, tanto che i <strong>Crevalcore</strong>si avevano<br />

scherzosamente battezzato la nascente struttura “il Fortino <strong>di</strong> Makkalè” .<br />

Ricomposti gli aspetti societari, i lavori riprendevano sotto la <strong>di</strong>rezione dello<br />

stesso Malaguti, ma si arrestavano <strong>di</strong> nuovo con i muri che arrivavano ai tre<br />

metri d’altezza. A bloccare le attività erano questa volta le osservazioni della<br />

Giunta Provinciale che, ritenendo il prezzo del terreno notevolmente inferiore a<br />

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66<br />

Fig.15. Il Cinema Teatro Ver<strong>di</strong> (cartolina degli anni ‘50)<br />

quello corrente, ne richiedeva l’aumento a 420 lire il metro quadro. Un aumento<br />

consistente <strong>di</strong> fronte al quale nell’Ottobre del 1949 la società rinunciava nuovamente<br />

alle concessioni comunali e si scioglieva.<br />

Per il cinema le speranze non erano finite. Una nuova società denominata<br />

“Firmamento” si costituiva per far proseguire i lavori. I temerari, tutti crevalcoresi<br />

(Botti Maria, Lugli Giuseppina, Malagoli Fernando, Sighinolfi Cesira, Trenti Umberto,<br />

Zagnoli Alma), accettavano l’aumento <strong>di</strong> prezzo e richiedevano all’Amministrazione<br />

Comunale, ottenendola, la concessione dell’area fabbricabile.<br />

Il proseguimento dei lavori veniva appaltato ad un’impresa <strong>di</strong> costruzioni<br />

<strong>di</strong> Nonantola con la quale la nuova società sottoscriveva nel Maggio del 1950<br />

un contratto che prevedeva la consegna dello stabile in cinque mesi al costo <strong>di</strong><br />

42.000.000: nei documenti la struttura da completare era identificata dai nomi<br />

“Cinema Firmamento “ e “Cinema Firmamento Sport”.<br />

Alla fine del Gennaio 1951 i lavori erano terminati. Opere non preventivate<br />

avevano fatto salire a 50.000.000 il costo dell’e<strong>di</strong>ficio. Nel Settembre del 1951<br />

veniva effettuata la visita <strong>di</strong> collaudo che rendeva agibile la struttura, identificata<br />

col nome <strong>di</strong> “Cinema Teatro Ver<strong>di</strong>”.<br />

Le caratteristiche architettoniche dell’e<strong>di</strong>ficio contrastavano nel modo più assoluto<br />

con le costruzioni già esistenti in zona, ossia l’Ospedale Barberini e Porta Bologna,<br />

alla quale era legato da alcune colonne a base quadrata. Il contrasto era ulteriormente<br />

accentuato dal colore bianco con cui il cinema era stato <strong>di</strong>pinto.<br />

Ampi spazi caratterizzavano l’interno della struttura a partire dalla sala d’attesa<br />

al cui centro era collocata la biglietteria. Ai lati <strong>di</strong> quella c’erano due scalinate<br />

simmetriche che consentivano l’accesso alla galleria. Sempre dalla biglietteria a pian<br />

terreno si sviluppavano due corridoi simmetrici che, correndo sotto la galleria,<br />

immettevano nella vasta platea. Complessivamente il cinema poteva ospitare 1280


spettatori seduti, 850 in platea e 430 in galleria.<br />

Nella parete opposta all’ingresso era stato costruito il palco, adatto ad ospitare<br />

riviste, spettacoli, concerti e sul quale aveva trovato posto un enorme schermo per<br />

le proiezioni cinematografiche. Nella struttura erano stati ricavati, oltre ai camerini<br />

per gli attori, anche l’appartamento per un custode, un ufficio e un piccolo bar.<br />

Le evoluzioni societarie e i problemi legati alla costruzione avevano fatto<br />

trascurare gli aspetti organizzativi e i soci si trovarono, ad e<strong>di</strong>ficio ultimato, senza<br />

le necessarie licenze per a<strong>di</strong>bire la sala agli spettacoli cinematografici. Il numero<br />

<strong>di</strong> cinema esistenti sul territorio impe<strong>di</strong>va la concessione <strong>di</strong> nuove licenze e a nulla<br />

valsero le richieste dei soci. Pare inoltre che il buon “Gusten” del cinema Italia,<br />

grazie a conoscenze altolocate, contribuisse ad ostacolare ulteriormente i temuti<br />

concorrenti.<br />

I due piccoli cinema crevalcoresi si spartivano così tutti gli spettatori, molti<br />

dei quali, pur sod<strong>di</strong>sfare la passione per il cinema, non esitavano ad assistere in<br />

pie<strong>di</strong> ad un’intera proiezione. In effetti erano poche le alternative allo spettacolo<br />

cinematografico e non era sempre facile godersi comodamente una proiezione:<br />

l’esigua capienza delle sale costringeva gli spettatori a lunghe file in qualsiasi<br />

con<strong>di</strong>zione climatica. Dalle code sofferenti partivano esortazioni per accelerare<br />

l’emissione dei biglietti o per anticipare l’apertura. In qualche occasione le lamentele<br />

peggioravano la situazione: una volta la signora Mavréna, irritata dai commenti<br />

della fila, trovava il modo <strong>di</strong> tranquillizzarla innaffiandola con un’abbondante<br />

secchiata d’acqua.<br />

Dall’appartamento dei Ferriani, situato a fianco del cinema, non piovevano<br />

solo secchiate d’acqua. I bambini respinti dalla bigliettaia perché non riuscivano<br />

a pagare l’intero biglietto, trovavano spesso soccorso nella signora Rondelli<br />

Elvira, seconda moglie <strong>di</strong> Mauro Ferriani e grande appassionata <strong>di</strong> cinema, che<br />

la domenica pomeriggio gettava ai piccoli mancati spettatori “cartoccini” con le<br />

monete necessarie a pagare l’ingresso.<br />

Generalmente le proiezioni si effettuavano tre sere la settimana più il Sabato<br />

e la Domenica pomeriggio e sera. Per i film <strong>di</strong> grande successo come “La stirpe<br />

del drago” o “Il delfino verde”, i cinema aprivano anche la Domenica mattina e<br />

la sala si riempiva.<br />

Il Ver<strong>di</strong> lavorava con l’unica attività consentita, il ballo. Una festa danzante<br />

fu il primo intrattenimento pubblico <strong>di</strong> una certa rilevanza che si svolse al suo<br />

interno. La festa, allietata dalla Ra<strong>di</strong>o Orchestra Zeme e dal buffet del bar Zanarini<br />

<strong>di</strong> Bologna, si tenne il 19 Febbraio del 1952.<br />

Sul biglietto d’invito il Ver<strong>di</strong> era in<strong>di</strong>cato solo come teatro. La serata era<br />

stata intitolata “Festa ONU”, sigla del motto latino Nobis Omnia Urgent che era<br />

nell’emblema della società organizzatrice, composta in gran parte da accaniti<br />

giocatori <strong>di</strong> carte che avevano come ritrovo il Bar della Stazione.<br />

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68<br />

Fig.16 La Signora Maria Ferriani - La Mavréna- alla biglietteria del Margherita<br />

Grande fu la partecipazione alla festa, in cui la “meglio <strong>Crevalcore</strong>” si trovò<br />

ad intrecciare danze e brin<strong>di</strong>si insieme a facoltosi citta<strong>di</strong>ni, per lo più Bolognesi,<br />

che cosa insolita per quei tempi, riempirono <strong>di</strong> automobili il piazzale del cinema e<br />

i viali della stazione. Le danze rimasero per circa un paio d’anni l’attività principale<br />

del Ver<strong>di</strong>. La sottoscrizione <strong>di</strong> un abbonamento consentiva <strong>di</strong> ottenere la riduzione<br />

sul costo del biglietto, ma il ballo da solo non bastava e i proprietari cominciarono<br />

a cercare nuovi soci.<br />

Il soccorso venne dalla parrocchia, la cui partecipazione alla società poteva<br />

favorire l’inserimento del Ver<strong>di</strong> nel circuito dei cinema parrocchiali. Era allora<br />

parroco Don Enelio Franzoni.<br />

Nelle frazioni <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> esisteva un’unica sala a Palata: si trattava del Cinema<br />

Arena. Per gli altri piccoli centri del territorio le uniche occasioni <strong>di</strong> proiezione<br />

erano costituite dall’arrivo dei cinematografi ambulanti che, soprattutto nel periodo<br />

estivo, vagavano fra i piccoli paesi della zona.<br />

Probabilmente <strong>di</strong> registi ed operatori ambulanti era il film proiettato nell’inverno<br />

del 1953 al Cinema Italia. Principali attrazioni della pellicola erano <strong>Crevalcore</strong> con<br />

le sue porte, i suoi portici e i <strong>Crevalcore</strong>si, intervistati o ripresi nelle loro attività<br />

quoti<strong>di</strong>ane. L’iniziativa, che contava <strong>di</strong> far presa sulla curiosità dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vedersi<br />

e nel vedere il proprio mondo proiettato sul grande schermo, fu un successo e in<br />

molti corsero ad assistere alle proiezioni <strong>di</strong> quello che era il primo film sul nostro<br />

paese, (sarebbe veramente interessante poterlo recuperare).


Ma a destare grande scalpore fu l’arrivo a Bologna del colossal “Via col Vento”.<br />

Ricorda Gianfranco Kelly:<br />

Quando nel 1949, cioè <strong>di</strong>eci anni dopo la sua nascita, “Via col vento” arrivò in Italia,<br />

fu proiettato in lingua originale, con sottotitoli, in soli due cinema: al Mignon <strong>di</strong> Milano<br />

e al Rivoli <strong>di</strong> Roma. Ci vollero altri tre anni perché il film, doppiato in italiano, fosse<br />

<strong>di</strong>stribuito nelle sale <strong>di</strong> prima visione. Bisogna ricordare che la fama del film, dovuta a<br />

una grande operazione commerciale orchestrata dal produttore David O’Selznick, aveva<br />

raggiunto livelli mon<strong>di</strong>ali.Sui giornali si parlava del colore, della musica e delle gran<strong>di</strong><br />

interpretazioni <strong>di</strong> Vivien Leigh, Clark Gable, Leslie Howard e Olivia de Havilland. Da<br />

anni se ne annunciava l’arrivo in Italia. Finalmente fra il ‘52 e il ‘53 fu proiettato nelle<br />

città capozona e a Bologna se lo accaparrò il Cinema Imperiale in Via In<strong>di</strong>pendenza.<br />

Il signor Cesare Poppi era un impiegato comunale all’ufficio anagrafe del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Crevalcore</strong>, una persona raffinata, <strong>di</strong>stinta e amante della cultura: lui “Via col vento”<br />

lo aspettava da sempre. Organizzò un pullman per andarlo a vedere a Bologna e i<br />

<strong>Crevalcore</strong>si risposero alla sua chiamata: 30 persone partirono per la proiezione serale.<br />

Il giorno dopo in paese non si parlava d’altro, era l’avvenimento del giorno. In quegli<br />

anni non c’era ancora la tv e al bar quelli che lo avevano visto raccontavano <strong>di</strong> Rossella<br />

O’Hara che mangiava le ra<strong>di</strong>ci per sopravvivere, del mascalzone Clark Gable, della<br />

dolce Melania e <strong>di</strong> Ashley, quell’attore inglese “slavato” che era già morto durante la<br />

guerra e che le donne trovavano molto fine.Si citava la frase finale del film: “ Dopotutto<br />

domani è un altro giorno” sul cui significato non erano tutti d’accordo. La febbre<br />

<strong>di</strong> assistere al “più grande film <strong>di</strong> tutti i tempi” prese un po’ tutti, per cui il pullman<br />

cominciò a partire ogni sera sempre accompagnato, anzi <strong>di</strong>retto, dal signor Cesare<br />

Poppi. Durante il viaggio <strong>di</strong> andata il signor Poppi spiegava i momenti sui quali ci si<br />

sarebbe dovuti concentrare maggiormente e soprattutto non doveva “volare una mosca”<br />

nella scena in cui Rossella mangiava le ra<strong>di</strong>ci. Arrivati al Cinema Imperiale venivano<br />

date le ultime <strong>di</strong>sposizioni: non alzarsi per andare alla toilette se non nell’intervallo. Il<br />

film durava quasi quattro ore. Qualche <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong> lo andò a vedere due volte, ma il<br />

signor Cesare Poppi non mancò a nessuna delle proiezioni: il suo piacere consisteva<br />

nel vedere gli altri che vedevano la sua scoperta. Erano belli anche i viaggi <strong>di</strong> ritorno<br />

durante i quali si commentava il film: una specie <strong>di</strong> cineforum ante litteram, <strong>di</strong>retto,<br />

al microfono del pullman, dal signor Poppi. Ovviamente nessuno si è mai azzardato<br />

a <strong>di</strong>re che non gli era piaciuto, nessuno <strong>di</strong> noi fece come Fantozzi con la Corazzata<br />

Potemkin. Non so che influenza possa aver avuto” Via col vento” sui <strong>Crevalcore</strong>si che<br />

lo videro allora. Il baricentro politico non si spostò a destra anche se il film parteggiava<br />

per il sud. Ma sui nomi qualche influenza l’ha avuta. Un nostro caro amico, Franco<br />

Morselli, grande estimatore del film, anni dopo mise nome a una figlia “Melania”, in<br />

omaggio al personaggio interpretato da Olivia de Havilland. E sai quante Rossella ci<br />

sono in giro… soppiantate purtroppo oggi dalle “Sue Ellen” nate dopo il successo <strong>di</strong><br />

“Dallas”. La tv ha rovinato anche la musica <strong>di</strong> “ Via col vento”: invece <strong>di</strong> Clark Gable<br />

arriva Bruno Vespa…Comunque è anche grazie alla tv se ogni tanto possiamo rivedere<br />

la dolce Melania, lo slavato Ashley, il duro Clark e …Rossella che, commuovendoci<br />

ogni volta, continua a mangiare le ra<strong>di</strong>ci…<br />

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70<br />

“Via col vento” arrivò anche a <strong>Crevalcore</strong> ed ebbe un grande successo <strong>di</strong><br />

pubblico. Il film venne proiettato al Margherita; gli spettatori erano corsi numerosi<br />

e con gran anticipo per assicurarsi il posto a sedere o anche in pie<strong>di</strong>, creando una<br />

fila che toccava Via Matteotti. Il film era stato <strong>di</strong>viso in due parti; la seconda fu<br />

proiettata a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> una settimana dalla prima. Era operatore al Margherita il Sig.<br />

Ernesto Ferriani detto “Ferrianen”. In quell’epoca si trasferivano dal Margherita<br />

al Ver<strong>di</strong> le proiezioni per le scolaresche.<br />

Se l’ingresso della parrocchia era stato determinante per il Cinema Ver<strong>di</strong>,<br />

rilevante era il contributo che il cinema riusciva a fornirle.<br />

Il cinema era la ricompensa per i giovani chierichetti, per i più bravi al<br />

catechismo, per i coristi e si era trasformato in un luogo <strong>di</strong> conferenze e <strong>di</strong>battiti<br />

su temi religiosi e sociali, spesso introdotti da cicli <strong>di</strong> “cineforum” o da spettacoli<br />

teatrali.<br />

Ancora i Bollettini Parrocchiali forniscono informazioni su alcune delle attività<br />

promosse nel 1954:<br />

- “ Al Cinema Ver<strong>di</strong>, il 10 gennaio, abbiamo assistito ad un grazioso trattenimento<br />

offerto dai bambini dell’Asilo e delle Scuole. Molta buona volontà e applausi. Sempre<br />

cari e bravi i bambini!”<br />

- “Ricorrenza cinquantenaria - Conferenze- Grande Concerto al “Ver<strong>di</strong>”<br />

La sera <strong>di</strong> domenica 3 ottobre avrà luogo in <strong>Crevalcore</strong> un avvenimento veramente<br />

eccezionale: l’Immagine della Madonna venerata nella Chiesa della Concezione verrà<br />

portata processionalmente nella Chiesa parrocchiale dove resterà esposta durante<br />

tutto il mese d’ottobre alla venerazione dei fedeli. Rispettiamo con questo la tra<strong>di</strong>zione<br />

secondo la quale ogni 50 anni detta Immagine viene rimossa dal Suo Altare.<br />

Ancora: nei giorni 6 e 7 ottobre, alle ore 20, nel Teatro Ver<strong>di</strong>, il Rev.mo Mons Salvatore<br />

Baldasarri, Insegnante <strong>di</strong> Storia Ecclesiastica al Seminario Regionale <strong>di</strong> Bologna,<br />

intratterrà il pubblico su argomenti mariani con quell’arte e profon<strong>di</strong>tà che l’hanno<br />

reso meritatamente celebre in tante città d’Italia.<br />

La sera dell’8 ottobre, alle ore 20, sempre al Teatro Ver<strong>di</strong>, Grande Concerto Sinfonico<br />

Corale in onore della B. V. Immacolata, con la partecipazione nella celebre Cappella<br />

Musicale dei Servi <strong>di</strong> Maria, <strong>di</strong>retta dal M.o P. Pellegrino Santucci. Verranno eseguite<br />

musiche <strong>di</strong> Rossini, Ver<strong>di</strong>, P. Martini, Handel”.<br />

Il Ver<strong>di</strong> era il luogo ideale per ospitare conferenze, durante le quali il proiettore<br />

raramente restava inoperoso e un film gratuito era quasi sempre offerto come<br />

premio alla buona volontà dei partecipanti. Ecco come nel Bollettino del Marzo<br />

1955 veniva proposto un ciclo <strong>di</strong> conferenze:<br />

“Nelle sere 28, 29 e 30 marzo alle ore 20 il prof. D. Angelo Carboni terrà tre conferenze<br />

sulla Famiglia.<br />

Verranno trattati alcuni dei principali aspetti <strong>di</strong> questo importantissimo argomento. Una<br />

serata verrà de<strong>di</strong>cata al tema del <strong>di</strong>vorzio, ritornato <strong>di</strong> piena attualità in questi ultimi<br />

mesi, dopo le <strong>di</strong>scussioni al Parlamento sul così detto “Piccolo Divorzio”.<br />

L’interesse dell’argomento e la valentia <strong>di</strong> chi abbiamo chiamato per svolgerli, mi<br />

fanno pensare che interverrete in gran<strong>di</strong>ssimo numero, così da riempire il “Ver<strong>di</strong>”


Fig.17. Interno del Cinema Teatro Ver<strong>di</strong> gremito <strong>di</strong> spettatori.<br />

come nelle sere dell’ottobre mariano. Così come in ottobre, anche questa volta alle<br />

conferenze seguirà la proiezione <strong>di</strong> bellissimi films. Resta inteso che l’ingresso è<br />

gratuito per tutti.<br />

Nell’occasione, all’ingresso del Teatro verrà allestita, una Mostra del Libro, con<br />

possibilità per tutti <strong>di</strong> acquistare con sconto, qualche buon libro <strong>di</strong> sana ed utile<br />

lettura!”<br />

Da notare come i bollettini comincino a parlare <strong>di</strong> proiezioni a partire dall’Ottobre<br />

del 1954: risaliva infatti a qualche mese prima l’inserimento del Ver<strong>di</strong> nel circuito<br />

cinematografico parrocchiale e, finalmente, poteva fregiarsi del titolo <strong>di</strong> cinema.<br />

La prima proiezione sembra risalire all’Agosto del 1954 e aveva per soggetto<br />

le avventure <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> conquistadores. Si trattava <strong>di</strong> un film <strong>di</strong> “serie b” che<br />

lasciò delusi molti spettatori .<br />

Ben presto però la Fox, l’Universale e la Paramount iniziarono a proporre, con<br />

qualche mese <strong>di</strong> ritardo dalle prime visioni citta<strong>di</strong>ne, i principali film del momento<br />

a <strong>di</strong>sposizione del circuito parrocchiale, che ovviamente garantiva sulla moralità<br />

delle pellicole proposte. Sulla moralità degli spettacoli presentati garantiva invece il<br />

parroco del paese . Nel ‘56 si esibiva sul palco del Ver<strong>di</strong> Rino Salviati, chitarrista e<br />

cantante; fra le attrazioni dello spettacolo c’era un gruppo <strong>di</strong> avvenenti ballerine.<br />

I giovani <strong>Crevalcore</strong>si, accorsi numerosi, attirati sia dall’abilità del chitarrista sia<br />

dalle gambe delle danzatrici, si dovettero accontentare. Don Enelio, giu<strong>di</strong>cando<br />

troppo osè le gambe scoperte, le aveva fatte rivestire da pu<strong>di</strong>chi pantaloni.<br />

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72<br />

I soci proprietari del Ver<strong>di</strong>, approfittando del momento favorevole, decidevano<br />

<strong>di</strong> vendere il cinema e fra gli interessati all’acquisto, oltre alla parrocchia, spuntava<br />

anche il partito politico <strong>di</strong> maggioranza del paese.<br />

La parrocchia si <strong>di</strong>mostrava più determinata. Ottenuta l’autorizzazione dalle<br />

autorità superiori, grazie alla ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un fondo che le era stato donato, riusciva<br />

a racimolare la cifra necessaria per acquistare il cinema.<br />

Il clima politico dell’epoca influì sulla decisione dell’acquisto: con il cinema e la<br />

nuova Casa dei Giovani la parrocchia manteneva il contatto con la popolazione, in<br />

particolare quella giovanile, ed eliminava la possibilità che il moderno ritrovo finisse<br />

nell’orbita delle organizzazioni politiche della Sinistra .<br />

Al fondo venduto, detto del “Macero Lungo” (lascito della famiglia Tomeazzi),<br />

era legato un vitalizio <strong>di</strong> 700.000 lire annue a favore <strong>di</strong> una collaboratrice dei<br />

donatori. Per effettuare la ven<strong>di</strong>ta fu necessaria l’autorizzazione della Prefettura,<br />

che trasferiva il vitalizio sulle ren<strong>di</strong>te derivanti dall’attività cinematografica .<br />

Naturalmente la parrocchia cercò <strong>di</strong> valorizzare il proprio investimento,<br />

riprovando ad ottenere quella licenza industriale che poteva fra l’altro permetterle<br />

una più ampia gamma <strong>di</strong> spettacoli. Incautamente alle rinnovate domande furono<br />

allegate le foto che mostravano il cinema in tutto il suo splendore: le <strong>di</strong>mensioni,<br />

i posti a sedere… Questi ultimi però erano quasi il doppio <strong>di</strong> quelli autorizzati ad<br />

un cinema parrocchiale. Successe un pandemonio e per continuare l’attività Don<br />

Enelio fu costretto ad eliminare un buon numero <strong>di</strong> posti a sedere, e da allora,<br />

il cinema fu sottoposto alle visite <strong>di</strong> controllo del Maresciallo che ogni Lunedì<br />

mattina verificava il numero legale delle poltroncine.<br />

A far furore in quegli anni era il film “Senza tregua il rock and roll “ <strong>di</strong>retto da<br />

Fred F. Sears. Bill Haley scatenava l’entusiasmo dei giovani con il suo “One two three<br />

o’clock, four o’clock rock “. In molte sale cinematografiche le se<strong>di</strong>e erano <strong>di</strong>velte per<br />

dar spazio alla voglia <strong>di</strong> ballare degli spettatori. Si ebbero problemi anche al Cinema<br />

Italia, quando il film venne proiettato. Una delle prime file <strong>di</strong> poltroncine risentiva<br />

sensibilmente dell’entusiasmo dei giovani spettatori, ma il Signor Pizzirani con un<br />

meno coinvolgente suon <strong>di</strong> “scupazon” ripristinava l’or<strong>di</strong>ne e la calma.<br />

Verso la metà degli anni ‘50 in fondo a Via Cairoli spuntava un nuovo cinema<br />

all’aperto; si trattava dell’Arena Malpighi, subito ribattezzata dai <strong>Crevalcore</strong>si col<br />

meno pomposo nome <strong>di</strong> “Carbone”, derivante dall’attività <strong>di</strong> carbonaio del gestore,<br />

Sig. Pecorari.<br />

L’attività cinematografica era in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tempo l’ultima iniziativa della famiglia<br />

Pecorari che, nel luogo dove fino a qualche anno prima sorgeva la Casa dei Giovani,<br />

aveva già organizzato un ritrovo danzante, trasformato poi in un circolo ricreativo<br />

in cui spiccavano le attività <strong>di</strong> osteria e <strong>di</strong> gioco del biliardo. Gli spazi <strong>di</strong>sponibili<br />

erano stati rapidamente adattati alla nuova funzione. La camera <strong>di</strong> proiezione era<br />

stata ricavata nell’e<strong>di</strong>ficio più basso situato lungo Via della Rocchetta, panche e se<strong>di</strong>e


Fig.19 Lo schermo del Cinema Carbone<br />

avevano trasformato il cortile in platea, mentre la parete della casa che fronteggiava<br />

il cortile, <strong>di</strong>pinta <strong>di</strong> bianco, si era trasformata in un grande schermo. Il primo<br />

operatore fu Ottorino Pecorari. Il reperimento delle pellicole era uno dei problemi<br />

rilevanti della gestione, in quanto le più importanti case <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione erano<br />

già impegnate da contratti con gli altri cinematografi locali: l’Italia con la Warner<br />

Bross, il Margherita con la Metro Goldwin Mayer e la Paramount. Al cinema <strong>di</strong> Via<br />

Cairoli restavano i film datati, <strong>di</strong> serie b o dai contenuti innovativi e sperimentali,<br />

una situazione all’apparenza sfavorevole che trasformava però il Carbone in una<br />

sorta <strong>di</strong> cinema d’essai, nel quale fra un film <strong>di</strong> vampiri e un “caplon” si poteva<br />

trovare un film premiato a Venezia o proveniente da oltre cortina: “La corazzata<br />

Potemkim”, film muto del 1925, fu una delle prime audaci proposte.<br />

Per superare la concorrenza degli altri cinema, erano poi commissionati al<br />

pittore Giuseppe Can<strong>di</strong>ni enormi cartelloni pubblicitari dei film presentati. Le<br />

gigantesche locan<strong>di</strong>ne erano collocate in piazza all’imbocco <strong>di</strong> Via Cairoli: il primo<br />

film rappresentato dal Can<strong>di</strong>ni fu il film francese Manon.<br />

Fin dagli inizi il Cinema Ver<strong>di</strong> si era dotato <strong>di</strong> un buon impianto sonoro e<br />

della possibilità <strong>di</strong> proiettare in cinemascope. Il primo film proiettato con questo<br />

sistema fu la “Tunica” nel 1956. Era operatore a quei tempi il già citato pittore<br />

Giuseppe Can<strong>di</strong>ni che in qualche occasione contribuiva a pubblicizzare i film in<br />

programmazione, realizzando enormi cartelloni pubblicitari che venivano appesi<br />

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Fig.20. Entrata del Cinema Carbone in via Cairoli.<br />

alla facciata del cinema. Agli effetti stereo del cinema contribuiva l’operatore che<br />

alzava o abbassava manualmente il volume delle casse, a seconda della <strong>di</strong>rezione<br />

da cui il suono proveniva. Una caldaia da locomotiva, funzionante a carbone,<br />

garantiva un clima accettabile nei mesi invernali.<br />

Una piccola como<strong>di</strong>tà per gli spettatori era il deposito <strong>di</strong> biciclette del sig.<br />

Giovanni Breveglieri detto “Garibal<strong>di</strong>”, a quell’epoca sempre pieno. I depositi <strong>di</strong><br />

biciclette nei pressi dei cinema non erano gli unici a trarre vantaggi dall’attività<br />

cinematografica. All’imbocco dei vicoli che portavano ai cinema sostavano sempre<br />

pazienti i ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> “brustolini”: la Dealbora, il sig. Poppi, la Signora Maria .<br />

Assunto il ruolo <strong>di</strong> cinema, il Ver<strong>di</strong> non rinnegava quello <strong>di</strong> teatro, ospitando<br />

in quegli anni <strong>di</strong>versi spettacoli musicali e sul suo palco, oltre al già citato Salviati,<br />

si esibirono cantanti <strong>di</strong> fama come Consolini, Luciano Taioli e Nilla Pizzi. Non<br />

mancavano mai gli spettacoli <strong>di</strong> burattini <strong>di</strong> Leo Preti. Con l’acquisizione del<br />

cinema da parte della parrocchia erano invece cessate le attività danzanti, ormai<br />

ristrette ai veglioni <strong>di</strong> carnevale.<br />

Intorno al ‘54 spuntava sul negozio <strong>di</strong> elettrodomestici del sig. Ferriani la prima<br />

antenna televisiva. La concorrenza del nuovo elettrodomestico era stata agli inizi<br />

irrilevante, ma poi dal piccolo schermo erano iniziate le trasmissioni <strong>di</strong> “Lascia o<br />

raddoppia”, il primo quiz televisivo…<br />

Una sconvolgente passione travolgeva gli italiani che, rapiti dal nuovo genere<br />

<strong>di</strong> spettacolo, restavano inchiodati ai tavolini dei bar o riempivano le case <strong>di</strong> amici


Fig. 21. Giuseppe Can<strong>di</strong>ni.<br />

e conoscenti, possessori degli ancora rari televisori, lasciando al cinema i posti<br />

vuoti.<br />

Per risolvere la crisi <strong>di</strong> spettatori al Ver<strong>di</strong> adeguarono la programmazione<br />

alla trasmissione televisiva : l’ora <strong>di</strong> inizio delle proiezioni era calcolata in modo<br />

che il primo tempo terminasse in coincidenza dell’inizio del quiz. A quel punto<br />

era introdotto nella sala un alto trespolo con le ruote, sulla cui cima si trovava<br />

collocato “una maestà” <strong>di</strong> televisore, ovviamente sintonizzato sull’appassionante<br />

quiz. Terminato lo spettacolo televisivo ripartiva il secondo tempo del film.<br />

Il sistema fu adottato anche dal Cinema Italia, mentre la Signora Maria Ferriani<br />

del Margherita che da subito aveva considerato il televisore come un temibile<br />

concorrente al punto da non volerlo installare nella propria abitazione, restava<br />

fedele alla proiezione classica.<br />

Il cinema aveva assunto all’interno della famiglia Ferriani un aspetto importante<br />

ed era <strong>di</strong>feso con determinazione dalle insi<strong>di</strong>e della concorrenza. Verso la metà<br />

degli anni ’50, in risposta all’apertura del Carbone, era allestito un nuovo cinema<br />

all’aperto, il terzo del paese, che trovava spazio nel cortile situato a fianco del<br />

Margherita.<br />

La “Mavréna” poi, mal tollerava le “birichinate” ai danni della sua sala e non<br />

potendo, da gentile signora, menar le mani come “Gustén”, puniva le scorrettezze<br />

come meglio poteva, arrivando a proibire l’entrata al cinema per un anno allo<br />

spettatore che aveva sorpreso ad asportare la locan<strong>di</strong>na <strong>di</strong> un film.<br />

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76<br />

Fig. 22. La prima antenna televisiva<br />

sui tetti <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>.<br />

Fig. 23. Il Cinema Margherita all’aperto.<br />

Al Ver<strong>di</strong> non potevano mancare le pellicole a carattere religioso e sullo schermo<br />

erano proiettati i gran<strong>di</strong> successi del momento: I <strong>di</strong>eci Comandamenti, Ben Hur,<br />

Marcellino pane vino, Nostra Signora <strong>di</strong> Fatima, Il Car<strong>di</strong>nale Lambertini: per i <strong>Crevalcore</strong>si<br />

il Ver<strong>di</strong> era <strong>di</strong>ventato “al cinema dal Prìt” e la parrocchia non perdeva occasione<br />

per affermarlo.<br />

Una consuetu<strong>di</strong>ne erano <strong>di</strong>ventati i cineforum; i <strong>di</strong>battiti si svolgevano al termine<br />

del film animati da un oratore.<br />

Di alcune <strong>di</strong> quelle iniziative restano tracce nei Bollettini Parrocchiali dell’epoca<br />

che così le raccontano :<br />

- Febbraio 1957, al Teatro Ver<strong>di</strong><br />

Abbiamo avuto a due riprese, in settembre e in novembre la proiezione gratuita <strong>di</strong><br />

films con <strong>di</strong>scussione e commento, fatto dai MM.RR. Can.co Prof. Giuliano Camerini<br />

e Alfonso Sonetti.<br />

- Luglio 1957 Teatro Ver<strong>di</strong><br />

Anche nella scorsa primavera abbiamo tenuto le Tre Sere al Teatro Ver<strong>di</strong>, con conferenze<br />

del sempre brillante e bravo Don Luigi Martelli, che ha trattato dell’argomento, <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o in programma per l’Azione Cattolica in questo 1957: la Chiesa.<br />

-Luglio 1958 Cineforum<br />

“Il nostro Dott. Giuseppe Serra ci <strong>di</strong>ce una sua impressione sul “Cineforum”<br />

esperimentato a <strong>Crevalcore</strong>.<br />

“Un applauso al Dott. Carlo Rimon<strong>di</strong> ed a Carlo Zucchini che hanno rispettivamente<br />

promosso e <strong>di</strong>retto un cineforum a <strong>Crevalcore</strong> [...]. Difatti tre pellicole <strong>di</strong> egregia fattura<br />

“Giustizia è fatta”, “Siamo tutti assassini”, “Luci della città” in visione al Ver<strong>di</strong> nella<br />

scorsa primavera, sono state viste, u<strong>di</strong>te e vivacemente ed intelligentemente <strong>di</strong>scusse<br />

sia sul piano estetico che su quello morale-


Fig. 24 Tessera per Cineforum organizzati al<br />

Cinema Ver<strong>di</strong>.<br />

Fig 25. Bigliettaie del Cinema Ver<strong>di</strong><br />

-Dicembre 1958, le tre sere al Ver<strong>di</strong><br />

Le “ Tre Sere” con P. Toschi, il Dott. Toffoletto e il Dott. Morchiani.Ben riuscite:<br />

affollato il Teatro Ver<strong>di</strong>, specie nella sera del 28 ottobre de<strong>di</strong>cata al nostro Malpighi.<br />

Molta <strong>di</strong>sciplina fra gli u<strong>di</strong>tori come ebbi a rilevare al termine dell’ultima conferenza.<br />

Nonostante il dottor Marchiani abbia trattato argomento <strong>di</strong>verso da quello proposto,<br />

il pubblico ha seguito con notevolissimo interesse, toccato dalla foga dalla sincerità,<br />

dalla forza <strong>di</strong> convinzione, del giovane oratore. Come sarebbe opportuno ricordare<br />

sempre l’inciso con cui il dotto Marchiani giustificò il suo <strong>di</strong>re: che cioè, quando carri<br />

armati schiacciano operai che invocano <strong>di</strong> essere liberi in casa loro non si fa un’azione<br />

politica, ma una autentica barbarie, e parlarne <strong>di</strong>venta un dovere, com’è dovere <strong>di</strong> ogni<br />

uomo libero reclamare il rispetto dei <strong>di</strong>ritto dell’uomo.<br />

-Dicembre 1959 Unione Donne<br />

Il convegno delle donne <strong>di</strong> A.C. della zona <strong>di</strong> S. Giovanni in Persiceto si è tenuta<br />

quest’anno a <strong>Crevalcore</strong> il 10 novembre 1959 al Teatro Ver<strong>di</strong>, che era gremitissimo<br />

(presenti 600) non ostante l’inclemenza del tempo e l’orario inadatto per delle donne<br />

(ore 14).<br />

Cicli <strong>di</strong> cineforum furono anche proposti (1956 – 1960) dai giovani della<br />

parrocchia, ai quali Don Enelio concedeva gratuitamente la sala. Il giorno de<strong>di</strong>cato<br />

alle proiezioni era il Mercoledì, un giorno <strong>di</strong> riposo per il Ver<strong>di</strong> che, a <strong>di</strong>fferenza<br />

degli altri cinema che proiettavano tutte le sere, apriva al pubblico il Giovedì, il<br />

Sabato e la Domenica. Al ciclo <strong>di</strong> conferenze parteciparono fra gli altri il Direttore<br />

dell’Osservatore Romano e lo scrittore Pietro Bargellini.<br />

Si era tenuto nell’autunno del 1958 “Il microfono d’oro”, un concorso organizzato<br />

da Destino Festa che, oltre a <strong>di</strong>vertire ed intrattenere il pubblico, cercava <strong>di</strong><br />

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78<br />

in<strong>di</strong>viduare e far emergere i giovani talenti locali. I cantanti erano per l’occasione<br />

accompagnati dal gruppo musicale “Cunetta e i suoi Boys”.<br />

Il concorso metteva in risalto le qualità canore della crevalcorese Mirna Chelli e<br />

decretò vincitrice Carmen Villani che sarà famosa a livello nazionale come cantante, così<br />

come Gianfranco Chelli come conduttore <strong>di</strong> spettacoli televisivi e opinionista tv.<br />

Altra scoperta <strong>di</strong> quella manifestazione era stata il cinema Teatro Ver<strong>di</strong>, una<br />

struttura moderna, spaziosa che, spuntata quasi per miracolo sul suolo <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong>,<br />

si <strong>di</strong>mostrava estremamente <strong>di</strong>sponibile alle iniziative della gioventù locale.<br />

La situazione era colta al volo da Gianfranco Chelli che, trasformatosi in<br />

impresario teatrale, iniziava la produzione <strong>di</strong> spettacoli che avrebbero finito col<br />

coinvolgere tutto il paese, in parte sul palco come attori o collaboratori, in parte<br />

in platea come spettatori. Tutto quanto faceva spettacolo, musica, canzoni, balli,<br />

recitazioni <strong>di</strong> brani teatrali e poesie; il varietà <strong>di</strong> Chelli si adattava alle doti degli<br />

artisti <strong>di</strong>lettanti. Collaboravano cucendo trame, sceneggiature ed effetti speciali<br />

Carlo Zucchini, Silvano Albertini e Gigi Suffriti, mentre l’autore delle scenografie<br />

era il pittore Giuseppe Can<strong>di</strong>ni. Attorno al Ver<strong>di</strong> si formava un gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>lettanti<br />

che sulle locan<strong>di</strong>ne si definiva “Compagnia Instabile del teatro <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>”. Le<br />

prove si svolgevano <strong>di</strong> notte all’interno della biblioteca, che allora si trovava in<br />

Via Roma nel palazzo comunale e dove stranamente esisteva una macchina da<br />

cucire, con la quale gli attori, aiutati dal bibliotecario particolarmente creativo,<br />

confezionavano con stracci e cartoni abiti <strong>di</strong> scena all’apparenza perfetti.<br />

Sul palco del Cinema Teatro Ver<strong>di</strong> erano così rappresentati “Vento d’Estate” nel<br />

1959, “Missile d’argento” e “Autunno d’amore” nel 1960, “Crevalcorissimo” nel<br />

1961, spettacolo che prendeva spunti dalle vicende storiche del nostro paese.<br />

Fra il 1959 e il 1960, la scena dell’informazione <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong> era ravvivata dalla<br />

comparsa <strong>di</strong> due nuovi giornali: Il Castello, mensile della Democrazia Cristiana, e Il<br />

Ranocchio, perio<strong>di</strong>co locale in<strong>di</strong>pendente sostenuto dai partiti <strong>di</strong> sinistra.<br />

Si fossero chiamati Don Camillo e Peppone avrebbero imme<strong>di</strong>atamente<br />

reso finalità e modalità dell’informazione che intendevano fornire, il principale<br />

argomento trattato dai due perio<strong>di</strong>ci era, infatti, la politica; non mancavano<br />

comunque notizie <strong>di</strong> cronaca, costume, sport e spettacolo.<br />

A testimonianza del <strong>di</strong>ffuso interesse per il cinema, trovava spazio, in entrambi<br />

i giornali, una rubrica <strong>di</strong> critica cinematografica.<br />

Lo pseudonimo “Cineasta” celava l’identità dell’autore della “Cronaca del<br />

cinema” che appariva sul Castello. “Cineforum” era invece il titolo della rubrica<br />

tenuta sulle pagine del Ranocchio dal poliedrico Gianfranco Chelli.<br />

Un articolo del Ranocchio dell’aprile 1960, ci riporta all’atmosfera dell’epoca,<br />

raccontando <strong>di</strong> uno spettacolo musicale che aveva avuto luogo al Cinema Ver<strong>di</strong>:<br />

Serata della canzone al “Ver<strong>di</strong>”<br />

Sull’Italia <strong>di</strong> Riva, <strong>di</strong> Tortora e <strong>di</strong> Bongiorno, sull’Italia del «Musichiere» e <strong>di</strong> «Campanile


Fig.26 Mirna Chelli in abito <strong>di</strong> scena.<br />

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Fig.27. foto dello spettacolo Il Microfono d’oro, (1958). Sul palco, da sinistra: Carmen Villani,<br />

Gianfranco Chelli, Tino Festa , Mirna Chelli<br />

sera», <strong>di</strong> Fellini e <strong>di</strong> Tambroni, della «Dolce vita» e del campionato <strong>di</strong> calcio, sull’Italia<br />

della crisi ministeriale e del nuovo Governo, degli scandali e dei teddy-boys, <strong>di</strong> Modugno<br />

e <strong>di</strong> Rascel, sull’Italia «Romantica» e «Libera» delle terzine e dei juke-box, è scesa<br />

finalmente la primavera.<br />

Tra poco cominceranno le «smanie per la villeggiatura», la penisola sarà invasa dallo<br />

straniero, e bion<strong>di</strong>ssime fraulein verranno da noi in cerca d’amore. Ci passeranno<br />

vicine, in una corsa veloce verso il Sud e noi non ci accorgeremo <strong>di</strong> nulla. La nostra<br />

vita in provincia continuerà fra la casa e il lavoro, il cinema e l’apparecchio televisivo.<br />

La sera i vicoli si animeranno, la piazza brulicherà <strong>di</strong> giovani, e il viale della stazione<br />

sarà sempre la meta preferita dagli innamorati. I <strong>di</strong>scorsi nei caffè saranno sempre gli<br />

stessi: si parlerà <strong>di</strong> nulla. Qualcuno si augurerà che cada il campanile per avere una<br />

giornata <strong>di</strong>versa dal solito. La settimana poi si concluderà con il grande passeggio<br />

domenicale, vera e propria sfilata <strong>di</strong> moda e <strong>di</strong> bellezza cui tutti partecipiamo, spinti<br />

quasi da un’atavica tra<strong>di</strong>zione o da un impegno morale.<br />

Sono cosi rari dunque gli avvenimenti e le manifestazioni, e così limitati i <strong>di</strong>vertimenti che<br />

per una volta ci occuperemo <strong>di</strong> uno spettacolo musicale che si presentava assai interessante<br />

soprattutto per la quantità e qualità degli interpreti. Quattro cantanti della ra<strong>di</strong>o e della<br />

televisione erano, infatti, riuniti in un music-hall presentato la sera del 30 marzo al Teatro<br />

Ver<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>: Corrado Lojacono Stella Dizzy, Vera Nepy e Franco Franchi.


A queste vedette facevano poi da cornice altri cantanti e due orchestre. Diremo subito<br />

che lo spettacolo non è stato niente <strong>di</strong> eccezionale: una passerella <strong>di</strong> soli cantanti non<br />

poteva non stancare, come è accaduto infatti nel primo tempo riservato ai cantanti<br />

<strong>di</strong> contorno. Buono invece il secondo tempo. E’ iniziato con la piacevole esibizione<br />

del complesso degli Erranti che ha suscitato entusiasmo ed ha raccolto il favore del<br />

pubblico. Applausi a scena aperta hanno sottolineato i contorcimenti e le strozzature<br />

vocali <strong>di</strong> Silvi che indubbiamente possiede uno «stile» che va via via raffinandosi.<br />

Segnaliamo in particolare il chitarrista <strong>di</strong> questo complesso: il concitta<strong>di</strong>no Mario<br />

Vignoli che oltre a possedere una perfetta tecnica strumentale è anche autore <strong>di</strong> belle<br />

composizioni. La miglior cantante della serata ci è comunque sembrata Stella Dizzy. La<br />

giovane e sofisticata cantante milanese ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> possedere eccezionali qualità<br />

vocali interpretando meravigliosamente «My funny Valentine» in una elaborazione<br />

molto suggestiva.<br />

Bravi Lojacono, la Nepy, Franchi e la giovane cantante del complesso Pelizza: Wally<br />

Gatti. Cor<strong>di</strong>ale successo. C. G.”<br />

L’estate del 1960 non portava solo le “smanie per la villeggiatura” una nuova<br />

produzione <strong>di</strong> Gianfranco Chelli veniva a ravvivare la quiete paesana. Si trattava<br />

del già citato “Missile d’Argento”, che ripeteva il successo degli spettacoli<br />

precedenti.<br />

Da un articolo de “Il Castello” che sottolineava anche gli aspetti a suo giu<strong>di</strong>zio<br />

migliorabili, il racconto <strong>di</strong> alcuni momenti e interpreti dello spettacolo:<br />

…Dopo Sanremo, Velletri e Castrocaro, anche <strong>Crevalcore</strong> ha il suo festival; venuto<br />

alla luce silenziosamente lo scorso anno, portato dal «Vento d’Estate», ha rinnovato la<br />

sua veste assumendo un carattere regionale. Il concorso, a suo tempo ban<strong>di</strong>to, non ha<br />

purtroppo portato alla ribalta nuovi talenti, se si escludono i già noti elementi locali.<br />

…Lo spettacolo ha tenuto a battesimo «la Compagnia del Teatro Sperimentale <strong>di</strong><br />

<strong>Crevalcore</strong>» che ha presentato quattro brevi atti <strong>di</strong> prosa, poesia, rivista e comme<strong>di</strong>a<br />

musicale, rendendo così meno monotone le esibizioni canore dei concorrenti. Il<br />

festival si è articolato in due serate; i <strong>di</strong>lettanti, portati al microfono con signorilità<br />

e <strong>di</strong>stinzione dal presentatore Gianfranco Chelli, nella serata <strong>di</strong> apertura sono stati<br />

scelti da una giuria <strong>di</strong> concitta<strong>di</strong>ni che ha in<strong>di</strong>cato gli otto partecipanti alla finale. Il 1°<br />

premio è stato giustamente assegnato alla Sig.na Mirna Chelli che, ancora una volta, si<br />

è fatta ammirare per la sua bella voce presentando, con grazia e misura, alcune canzoni<br />

molto apprezzate dal pubblico; un secondo premio è stato attribuito ad una precoce<br />

urlatrice, la Sig.na Marisa Allegretti. Da segnalare la giovanissima Magda Balboni <strong>di</strong><br />

Cento, ed il giovane ravarinese imitatore del compianto Fred Buscaglione; una citazione<br />

particolare per il complesso «Tre vampiri», che ha avuto nel fisarmonicista Fosco un<br />

ottimo esecutore <strong>di</strong> un applau<strong>di</strong>to brano <strong>di</strong> musica jazz.<br />

Specialmente nella prima serata non sono mancate le classiche «stecche»,<br />

giustificabili, forse, per l’emozione del primo debutto.<br />

A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> alcuni mesi il palco del Ver<strong>di</strong> ospitava un nuovo spettacolo <strong>di</strong><br />

Chelli: “Autunno d’Amore”, a cui seguiva l’anno seguente “Crevalcorissimo”.<br />

Al Ver<strong>di</strong> si tenevano poi altri spettacoli che proponevano artisti locali già<br />

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affermati, come l’orchestra “Teddy Rock” <strong>di</strong>retta da Erio Vaccari, o che davano<br />

spazio alle nuove “proposte”, come il ciclo delle “Serate del <strong>di</strong>lettante” nelle quali<br />

Licinio Corsini compiva i primi passi <strong>di</strong> una carriera <strong>di</strong> musicista che l’avrebbe<br />

portato a suonare nell’orchestra <strong>di</strong> Henghel Gual<strong>di</strong>.<br />

Alcune <strong>di</strong> queste serate erano organizzate da Ernesto Boiani, altro crevalcorese<br />

che, seguendo le orme <strong>di</strong> Chelli, si era improvvisato impresario teatrale.<br />

Il Ver<strong>di</strong> era un punto <strong>di</strong> riferimento per i giovani e a trarne vantaggio era anche<br />

il bar del Cinema allora gestito da Dante Molinari, detto “bafi ad ghisa” che, dopo<br />

un avvio stentato, <strong>di</strong>ventava luogo <strong>di</strong> ritrovo <strong>di</strong> quella generazione.<br />

Nel 1961 il cortile in cui aveva trovato spazio il Cinema Margherita era messo<br />

in ven<strong>di</strong>ta e la “sala” all’aperto dovette essere smantellata. Nello stesso anno,<br />

quasi a consolazione <strong>di</strong> quella per<strong>di</strong>ta, la gestione Ferriani era premiata con una<br />

medaglia d’argento dall’AGIS, Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, con<br />

la seguente motivazione: “Per avere svolto attività cinematografica dal 1934 contribuendo per<br />

oltre un venticinquennio con appassionata e benemerita opera allo sviluppo e all’affermazione del<br />

cinema in Italia.” . Agli spettacoli <strong>di</strong> varietà e alle proiezioni del Ver<strong>di</strong> continuavano<br />

ad alternarsi le iniziative della parrocchia, così descritte e annunciate dai Bollettini<br />

Parrocchiali :<br />

Befana 1961 “Anche quest’anno, puntuale come sempre, è giunta la Befana per<br />

i nostri bimbi da Roma, e più precisamente dalla casa del Comm. Primo Parrini.<br />

Quest’anno non si è fatto il pranzo, ma si è pensato ad un dono a tutti i bimbi.<br />

Difatti, nel pomeriggio del 6 gennaio, dopo uno spettacolo gratuito <strong>di</strong> burattini al Ver<strong>di</strong>,<br />

ai bimbi intervenuti è stato <strong>di</strong>stribuito un bel sacchetto <strong>di</strong> roba buona.<br />

Al benefattore dei nostri bimbi, il grazie più cor<strong>di</strong>ale ed il saluto più affettuoso!”<br />

Marzo 1962 “Ben riuscite le tre sere per i giovani e le ragazze, nel gennaio scorso, che<br />

hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re moltissimo l’esposizione, ora profonda, ora brillante,<br />

sempre interessante del Dott. Don Novello Pederzini, un esperto dei problemi giovanili<br />

e Giu<strong>di</strong>ce presso il Tribunale Ecclesiastico per le cause matrimoniali.<br />

I cento fra giovani e ragazze hanno concluso i loro incontri al “ Ver<strong>di</strong>” con la visione<br />

<strong>di</strong> un nitido, vali<strong>di</strong>ssimo film: “I <strong>di</strong>aloghi delle Carmelitane”.<br />

All’inizio degli anni ‘60 si trovarono a godere <strong>di</strong> una limitata fama cinematografica<br />

alcuni crevalcoresi: Emilio Malaguti, in arte Emil Crysler, già della Compagnia del<br />

teatro <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> che, partito alla volta <strong>di</strong> Cinecittà, riusciva ad avere ruoli <strong>di</strong><br />

comparsa nei film “Francesco d’Assisi” e “Il ladro <strong>di</strong> Bagdad”; Licigno Corsini,<br />

casualmente “inserito” in un film poliziesco mentre suonava in un locale Bolognese,<br />

finiva pure immortalato nella locan<strong>di</strong>na del film.<br />

Numerosi crevalcoresi, apparivano invece come intervistati in un filmdocumentario<br />

americano che raccontava <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> come del paese più<br />

comunista d’Italia.<br />

Al Carbone l’attività si era intanto estesa agli spettacoli teatrali; il palco era stato<br />

ricavato a lato della platea che, grazie ad alcuni teloni, era protetta dalle eventuali


Fig. 28. Gianfranco Chelli e Carmen Villani, prove per lo spettacolo Crevalcorissimo del 1961<br />

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Fig. 29. Enea Albertini e Mirna Chelli, in un momento <strong>di</strong> Crevalcorissimo<br />

intemperie. Fra gli spettacoli presentati: “La piccola Vedetta Lombarda” e “Il<br />

Fornaretto <strong>di</strong> Venezia”.<br />

Agli inizi degli anni ‘60 il Cinema Italia era passato alla gestione <strong>di</strong> Laura Lo<strong>di</strong>,<br />

che si avvaleva della collaborazione del sig. Martelli, già proprietario <strong>di</strong> cinema nel<br />

bolognese. Era l’epoca dei primi Western all’italiana che attiravano folle <strong>di</strong> spettatori.<br />

Per controllare la ressa davanti al cinema dove si proiettava il film Per un pugno <strong>di</strong><br />

dollari si rendeva ad<strong>di</strong>rittura necessario l’intervento dei Carabinieri.<br />

A metà degli anni 60 il Cinema Italia lanciava un’iniziativa pubblicizzata<br />

con lo slogan “due film per 50 lire”. L’operazione ebbe un <strong>di</strong>screto successo; i<br />

<strong>Crevalcore</strong>si subivano ancora una forte attrazione per il cinema. Una passione<br />

che li faceva restare dalle otto a mezzanotte seduti su scomode se<strong>di</strong>e <strong>di</strong> legno,<br />

in un ambiente umido, saturo <strong>di</strong> fumo <strong>di</strong> sigarette, che affaticava i polmoni e la<br />

vista, ad emozionarsi davanti a vecchie pellicole rigate e consumate che spesso si<br />

spezzavano interrompendo atmosfera e proiezione.<br />

I <strong>Crevalcore</strong>si ricordano il Cinema Italia con affetto, ma anche come la più<br />

scalcinata delle tre sale <strong>di</strong> proiezioni. Era più curata la gestione del Margherita, ma<br />

il servizio e i comfort migliori erano quelli offerti dal Cinema Ver<strong>di</strong>, gestito alla<br />

maniera delle gran<strong>di</strong> sale citta<strong>di</strong>ne. Oltre alla bigliettaia, si alternavano nell’attività


Fig.30. Erio Vaccari e la sua orchestra in uno spettacolo al Cinema teatro Ver<strong>di</strong><br />

Gianna Bastia e Romana Azzolini. C’erano, con tanto <strong>di</strong> <strong>di</strong>visa, le maschere<br />

che accompagnavano gli spettatori con la torcia, ruolo ricoperto nel tempo dai<br />

signori Ivo Albertini, Convertino Ar<strong>di</strong>zzoni, Gaetano Serrazanetti. C’era Fabio<br />

Ghelfi, ragazzo, in papillon e giacca bianca, che girava fra il pubblico per vendere<br />

caramelle, affiancato nei mesi estivi per qualche stagione dal ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> gelati e<br />

bibite ghiacciate Carlo Arduini.<br />

Nel 1964 il cineforum organizzato al Ver<strong>di</strong> dalla parrocchia, manifestazione nota<br />

col nome delle “Tre sere”, compiva 10 anni e mentre “La fontana della Vergine”<br />

<strong>di</strong> Ingmar Bergman apriva il ciclo <strong>di</strong> proiezioni <strong>di</strong> quell’anno, si iniziava a pensare<br />

ad una e<strong>di</strong>zione speciale per festeggiare il traguardo raggiunto.<br />

Nel Maggio del 1965 si tenne con gran successo il Festival Nazionale <strong>di</strong><br />

<strong>Crevalcore</strong>, una sorta <strong>di</strong> Sanremo locale, organizzato e presentato da Gianfranco<br />

Chelli (nel frattempo <strong>di</strong>ventato commentatore per la Rai) che riusciva ad ottenere<br />

per la mo<strong>di</strong>ca cifra <strong>di</strong> lire 350.000 la partecipazione allo spettacolo <strong>di</strong> Mike<br />

Buongiorno. Il festival, vinto da Paola Musiani, seguita da Paolo Mengoli, si<br />

chiudeva con un quiz, condotto in sala dal già mitico “Mike”. Grande successo ed<br />

entusiasmo nei circa 1600 spettatori, fra i quali spiccava Don Enelio che alla fine<br />

abbracciava, felice <strong>di</strong> gioia, il giovane produttore dello spettacolo.<br />

Sempre nello stesso anno Gianfranco Chelli organizzava, ispirandosi allo<br />

Zecchino d’oro, la prima e<strong>di</strong>zione del “Ranocchio d’oro” per il quale otteneva la<br />

partecipazione <strong>di</strong> un altro mito televisivo dell’epoca, il grande imitatore Alighiero<br />

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Fig.31. locan<strong>di</strong>ne del cinema Margherita sotto i portici<br />

Noschese che, pur febbricitante, contribuiva al successo dello spettacolo. Fra<br />

i giovanissimi partecipanti crevalcoresi c’erano Edy Bratti e i gemelli Onelio e<br />

Massimo Zabbini che arrivarono secon<strong>di</strong> cantando un brano delle celebri gemelle<br />

tedesche: “La notte è piccola per noi”. Vinse il concorso un coro <strong>di</strong> un paese vicino<br />

con la canzone “John Brown” .<br />

Nel 1966 Gianfranco Chelli proponeva al Ver<strong>di</strong> uno spettacolo musicale<br />

con Giorgio Gaber. Non si ripeteva il successo degli spettacoli precedenti e agli<br />

organizzatori restarono l’amaro in bocca e i conti in rosso.<br />

Nasceva nel 1968 il Carnevale dei Bambini, una manifestazione curata dalla<br />

Società Tarnein che aveva fra i promotori principali Don Ivo Manzoni, il parrocco<br />

nel frattempo subentrato a Don Enelio Franzoni.<br />

Le prime e<strong>di</strong>zioni del carnevale, caratterizzate da sfilate e premiazioni <strong>di</strong><br />

mascherine, avevano trovato nel palco del Cinema Ver<strong>di</strong> il luogo ideale per il loro<br />

svolgimento. Per il carnevale il Cinema continuò a rappresentare un importante<br />

punto <strong>di</strong> riferimento anche dopo il 1971, anno in cui la manifestazione si arricchiva<br />

delle sfilate dei carri allegorici. Dal Bollettino Parrocchiale dell’epoca il resoconto<br />

dell’evento:<br />

“Carnevale dei bimbi - Più sfavillante che mai, la terza e<strong>di</strong>zione del Carnevale dei<br />

bimbi crevalcoresi. Il Teatro “Ver<strong>di</strong>”, gremito <strong>di</strong> bimbi il giovedì grasso, con centinaia<br />

<strong>di</strong> mascherine in concorso, offriva uno spettacolo unico.<br />

Le bellissime giornate <strong>di</strong> sole hanno premiato i bimbi, gli organizzatori ed i costruttori<br />

<strong>di</strong> sette carri allegorici che, affollati <strong>di</strong> bimbi, hanno girato le vie del paese seguendo le


Fig.32. locan<strong>di</strong>ne pubblicitare del cinema Italia<br />

orme del maestoso “Re Tarnein” e della sempre più bella .. “Marmizlèra”.<br />

Bordate <strong>di</strong> coriandoli e caramelle hanno accolto, in piazza, le innumerevoli mascherine<br />

che componevano il corso mascherato.<br />

Veramente gustose le “zirudelle” pronunciate all’arrivo <strong>di</strong> ogni carro dopo che Re<br />

Tamei, dal balcone del Palazzo Comunale, aveva aperto il corso con la sua “arringa”<br />

in <strong>di</strong>aletto crevalcorese”.<br />

La presenza della parrocchia fra i promotori del Carnevale faceva riaprire<br />

il Ver<strong>di</strong> alle danze. Veniva nuovamente concesso alle società carnevalesche <strong>di</strong><br />

organizzare i tra<strong>di</strong>zionali veglioni danzanti all’interno del Cinema che, per quelle<br />

occasioni, assumeva ogni volta sembianze <strong>di</strong>verse. Allestimenti spettacolari<br />

duravano, come nelle fiabe, la magia <strong>di</strong> una notte. Memorabile, nel Carnevale del<br />

1972, l’allestimento effettuato dalla società “Carezza Notturna” che utilizzò 16<br />

chilometri <strong>di</strong> tessuto per trasformare la sala. Negli anni ‘70, al Ver<strong>di</strong> iniziava il ciclo<br />

degli spettacoli organizzati e recitati dai ragazzi della Casa dei Giovani, promossi e<br />

coor<strong>di</strong>nati dal giovane cappellano Don Giuseppe. A dare il via a quegli spettacoli<br />

fu, nel Dicembre del 1973, “Musical”, un concerto in cui, a fianco dell’attrazione<br />

principale rappresentata dal complesso dei Noma<strong>di</strong>, si esibirono i principali gruppi<br />

musicali locali: “Angelico Lombrico”, “Demon’s Wizard”, “Farmacia <strong>di</strong> Turno” e<br />

“Evasione verso l’infinito”.<br />

Seguirono poi, dal Marzo del 1974, una serie <strong>di</strong> spettacoli che Don Giuseppe<br />

sintetizzava così sulle pagine del Bollettino Parrocchiale:<br />

“QUESTO UOMO NOI LO CONOSCIAMO “Il suo significato: ha tenuto uniti<br />

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Fig.33. Biglietteria del Cinema Ver<strong>di</strong>.<br />

una trentina <strong>di</strong> giovani in un lavoro <strong>di</strong> ricerca sugli aspetti più trascurati e meno<br />

conosciuti del nostro paese, li ha fatti pensare col lavoro e con le prove, ha riunito<br />

circa seicento persone con le quali si è <strong>di</strong>alogato.. la sera stessa dello spettacolo”;<br />

“UNA VITA QUALUNQUE”: spettacolo che ha visto ragazzi e ragazze <strong>di</strong> terza<br />

me<strong>di</strong>a interrogarsi su alcuni valori della vita. Come per lo spettacolo precedente tutto<br />

è stato realizzato da loro ed è stato presentato a circa seicento persone la sera del 15<br />

Maggio. La gioia <strong>di</strong> questi ragazzi che erano al loro primo lavoro del genere è il più<br />

bel commento a ciò che hanno fatto.<br />

“GIOVANNA D’ARCO”: è un’opera <strong>di</strong> Paul Claudel che un gruppo <strong>di</strong> ragazzi sui<br />

15-16 anni ha tradotto dal francese e rielaborata. Verrà presentato al pubblico la sera<br />

<strong>di</strong> Vener<strong>di</strong> 7 Giugno, alle ore 21, presso il Cinema-Teatro Ver<strong>di</strong>. Ai ragazzi ha detto<br />

molto: ci auguriamo possa creare interesse anche in coloro che parteciperanno.<br />

Un commento al tutto: si tratta <strong>di</strong> lavori in cui i giovani hanno tentato <strong>di</strong> interrogarsi<br />

e coi quali hanno creato... un ponte <strong>di</strong> comprensione... con l’ambiente più adulto che<br />

li circonda.<br />

Quello che ora <strong>di</strong>co vuole essere senza asprezza: è auspicabile che le persone <strong>di</strong><br />

<strong>Crevalcore</strong> si rendano conto e sappiano apprezzare ciò che <strong>di</strong> genuino nasce fra <strong>di</strong> loro.<br />

Credo che se c’è qualcuno che va capito e sostenuto sia proprio il ragazzo soprattutto<br />

perché è ancora capace <strong>di</strong> compiere il miracolo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso... non settario... pur<br />

<strong>di</strong>cendo con chiarezza quello che pensa.<br />

L’incasso netto realizzato verrà al più presto affisso alla porta della Chiesa e pubblicato


nel prossimo Bollettino: il tutto è stato usato per le spese della Casa dei Giovani”.<br />

Continuavano il ciclo il recital “...E l’uomo fu”, spettacolo allestito nell’ambito del<br />

Congresso Eucaristico <strong>di</strong> zona che in quel periodo si teneva a <strong>Crevalcore</strong>, e lo spettacolo<br />

“Alfa-Omega morire per vivere”, caratterizzato dalle musiche del complesso “Angelico<br />

Lombrico”. Grande successo <strong>di</strong> pubblico ebbe lo spettacolo presentato al Ver<strong>di</strong> in<br />

quegli anni dal gruppo internazionale <strong>di</strong> “Viva la Gente”.<br />

Nei primi anni ‘70 il Cinema Italia cambiava nuovamente gestione; a rilevare la<br />

licenza industriale dalla signora Lo<strong>di</strong> era il Centro Utenti Cinema Emilia Romagna<br />

che continuava l’attività <strong>di</strong> proiezioni per un paio <strong>di</strong> anni. In quel periodo i gestori<br />

del Cinema Ver<strong>di</strong> tentavano <strong>di</strong> ottenere sia la licenza industriale del Cinema Italia<br />

sia la gestione del cinema Carbone. Nessuno dei progetti <strong>di</strong> espansione arrivava<br />

in porto: a farli naufragare erano la parificazione delle norme che regolavano le<br />

<strong>di</strong>verse licenze cinematografiche, la situazione finanziaria del cinema all’aperto e<br />

la crisi <strong>di</strong> pubblico che cominciava a intravedersi.<br />

Nel 1975 il Margherita, rimasto “orfano” della sua proprietaria, era affittato<br />

ad un ravarinese, già gestore <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse sale cinematografiche nel modenese, il<br />

quale rinnovava il cinema nell’aspetto e nella programmazione. La ristrutturazione<br />

non risparmiava l’antico nome e l’insegna al neon a forma <strong>di</strong> margherita che dalla<br />

fine degli anni ‘50 stava appesa a Porta Modena. Forte <strong>di</strong> un nuovo ingresso,<br />

dell’interno rivestito <strong>di</strong> moquette, <strong>di</strong> più comode poltroncine e <strong>di</strong> un nuovo<br />

impianto <strong>di</strong> riscaldamento, il cinema, ribattezzato Maxim’s, affidava il proprio<br />

rilancio alle pellicole osè.<br />

Nel 1978 il Cinema Ver<strong>di</strong> era coinvolto in una contestazione contro la guerra<br />

in Vietnam. A scatenare le proteste dei pacifisti era il film “Berretti Ver<strong>di</strong>” <strong>di</strong> John<br />

Wayne, che sosteneva l’intervento americano in Vietnam. La pellicola aveva già<br />

scatenato proteste e manifestazioni in mezzo mondo. Nella notte precedente alla<br />

proiezione un giovane pacifista, <strong>di</strong>pendente delle poste, con pennello e vernice era<br />

riuscito ad imbrattare le locan<strong>di</strong>ne del film, ad attaccare manifesti <strong>di</strong> protesta sulla<br />

facciata del cinema e a scrivere sull’asfalto del piazzale antistante frasi <strong>di</strong> condanna<br />

della guerra in Indocina.<br />

Televisione, nuove mode e nuovi stili <strong>di</strong> vita determinarono sul finire degli<br />

anni ‘70 una crisi generale dello spettacolo cinematografico dalla quale neanche i<br />

cinema crevalcoresi uscirono indenni.<br />

Si spegneva lentamente il Cinema Carbone che, senza dare troppo nell’occhio,<br />

non riapriva più le porte all’arrivo dell’estate. Chiudeva definitivamente il Cinema<br />

Italia: le previsioni degli incassi rendevano improponibile la ristrutturazione<br />

dell’umido e cadente e<strong>di</strong>ficio; resisteva a fatica il Maxim’s, dopo la ristrutturazione<br />

a base <strong>di</strong> moquette e <strong>di</strong> pellicole osè, mentre il Cinema Ver<strong>di</strong>, per sopravvivere,<br />

giocava la carta del ri<strong>di</strong>mensionamento. L’idea era partita da Viterbo Garuti, quasi<br />

un ‘fratello’ del cinema. Era, infatti, cresciuto fra le mura del Ver<strong>di</strong> nell’appartamento<br />

del custode e da sempre e volontariamente aveva collaborato alla gestione. Il<br />

89


90<br />

Fig. 34. Volantino pubblicitario dello spettacolo<br />

Il Ranocchio d’oro<br />

Fig. 37. Un momento dello spettacolo Alfa-Omega morire per vivere.<br />

Fig. 35. Manifesto dello spettacolo “Questo<br />

uomo noi lo conosciamo”<br />

Fig. 36. biglietto per lo<br />

spettacolo Musical , autografato<br />

da Augusto Daolio, cantante dei<br />

Noma<strong>di</strong>


Fig. 38. Il Cinema Ver<strong>di</strong>, allestito per il veglione organizzato dalla Società Carezza Notturna.<br />

ri<strong>di</strong>mensionamento che prevedeva il sacrificio dell’ampio ingresso e della galleria<br />

a favore <strong>di</strong> una palazzina, trovava interessati sia il presidente dell’E<strong>di</strong>lcoop, sig.<br />

Giuseppe Malaguti, sia i proprietari del Cinema. In una fredda mattina <strong>di</strong> Dicembre<br />

del 1981, dopo una trentina d’anni <strong>di</strong> onorata carriera, il Ver<strong>di</strong> offriva ai numerosi<br />

passanti e curiosi lo spettacolo della propria parziale demolizione. Una ruspa<br />

spazzava via facciata, ingresso, sala d’aspetto, galleria e un mare <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>; al loro<br />

posto sorgeva un palazzo, più intonato almeno con gli e<strong>di</strong>fici circostanti.<br />

In attesa della ristrutturazione e per ravvivare la vita culturale del paese alcuni<br />

politici locali, rilevando l’ìnsufficenza <strong>di</strong> una sola sala cinematografica, proponevano<br />

per il periodo estivo l’organizzazione <strong>di</strong> Cineforum. L’idea trovava spazio anche<br />

sul Notiziario <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> del Dicembre 1982 che sotto il titolo “<strong>Crevalcore</strong>:<br />

povertà <strong>di</strong> idee culturali, cosa propon-gono i socialisti “ riportava:<br />

“Cinema. Una sala cinematografica è insufficiente. Ma in questo caso l’Amministrazione<br />

Comunale non può fare nulla.<br />

Però potrebbe contribuire in collaborazione con altri enti citta<strong>di</strong>ni a dare il via a<br />

proiezioni <strong>di</strong> cineforum estivi, evitando una programmazione eccessivamente impegnata<br />

con films <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile lettura, ma con films <strong>di</strong> qualità, per evitare ancora una volta che<br />

i cineforum siano praticati dalla solita “cerchia” cacciando nel riflusso il resto dei<br />

citta<strong>di</strong>ni (che sono la maggioranza)...È un paese dove non esistono strutture sociali né<br />

culturali, né tanto meno <strong>di</strong> incontro, se si toglie la Biblioteca. Portare i giovani fuori da<br />

certi locali pubblici per avvicinarli a un mondo più a loro consono come può essere<br />

trovarsi insieme ed assistere a spettacoli <strong>di</strong> qualità è senz’altro un investimento sugli<br />

uomini. Cosa c’è d’altro <strong>di</strong> culturale a <strong>Crevalcore</strong>?”<br />

L’idea <strong>di</strong> un cinema estivo trovava <strong>di</strong>versi estimatori tanto che nel 1984 i gruppi<br />

PCI e Sinistra In<strong>di</strong>pendente al governo del <strong>Comune</strong> destinavano 95.000.000 <strong>di</strong><br />

91


92<br />

Fig.39. Insegna del Cinema<br />

Margherita<br />

Fig.40. Esterno del Cinema Maxim’s.<br />

lire per l’acquisto del fabbricato ex-Cinema Italia.<br />

Nel 1987, dopo la potente “cura <strong>di</strong>magrante” che aveva però lasciati intatti<br />

platea e palco, il Ver<strong>di</strong> riprendeva le proprie attività <strong>di</strong> cinema, <strong>di</strong> teatro e <strong>di</strong> luogo <strong>di</strong><br />

incontro della comunità cattolica del paese con la tra<strong>di</strong>zionale Festa della Famiglia,<br />

con gli spettacoli organizzati dall’Asilo Stagni o dai ragazzi della Casa dei Giovani.<br />

A firmare il rogito della ristrutturata proprietà era il nuovo parroco Don Ivano<br />

che ne <strong>di</strong>ventava responsabile per conto della parrocchia..<br />

Circa in quel periodo chiudeva, e per sempre, l’ex Margherita. Anche nel suo<br />

caso il calo <strong>di</strong> spettatori aveva decretato l’inutilità delle ristrutturazioni. Al suo<br />

posto, un paio <strong>di</strong> anni più tar<strong>di</strong>, sarebbe sorto il bar “Arcobaleno”.<br />

Gran<strong>di</strong> progetti continuavano invece a ruotare attorno all’area dell’ex Cinema<br />

Italia, in<strong>di</strong>viduata dall’Amministrazione Comunale come luogo ideale per la nuova<br />

biblioteca. Nel 1990 il Consiglio Comunale acquistava per 253.000.000 <strong>di</strong> lire<br />

l’immobile e relativo giar<strong>di</strong>no posti fra Via Trombelli e Via Mattioli. Nell’immobile<br />

ristrutturato avrebbe dovuto trovar spazio la biblioteca, mentre il giar<strong>di</strong>no, unito agli<br />

a<strong>di</strong>acenti spazi ver<strong>di</strong> dell’ex Cinema Italia e dell’ex proprietà Cavallini ne avrebbe<br />

costituito il parco. Il progetto però non aveva seguito. Mentre la nuova biblioteca<br />

trovava una <strong>di</strong>versa collocazione, l’area dell’ex Cinema Italia si trasformava in un<br />

groviglio <strong>di</strong> vegetazione spontanea e in un ricovero per gatti randagi.<br />

Nel 2002 all’interno dell’Amministrazione Comunale si ri<strong>di</strong>scuteva <strong>di</strong> come<br />

utilizzare gli spazi ver<strong>di</strong> dell’ex Cre<strong>di</strong>to Romagnolo e dell’ex Cinema Italia fra Via<br />

Trombelli e Via Mattioli. Tra le proposte tornava a far capolino l’idea <strong>di</strong> riattivare<br />

il cinema all’aperto. Nel Maggio dello stesso anno un articolo sul quoti<strong>di</strong>ano il<br />

Domani riportava: “Nell’area dell’ex cinema Italia, se vi sarà un interessamento da parte


Fig.41. Il cinema Ver<strong>di</strong> dopo la manifestazione <strong>di</strong> protesta contro il film Berretti Ver<strong>di</strong> .<br />

Fig.42. Demolizione del Cinema Ver<strong>di</strong>.<br />

93


94<br />

Fig.43. Locan<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Sogni Proibiti, lungometraggio con i gemelli Bencivenni.


.Fig. 44. Cinema Italia abbandonato.<br />

Fig.45. Vignetta dell’Eco della Palude n.33.<br />

<strong>di</strong> privati, è prevista la possibilità <strong>di</strong> aprire un cinema all’aperto e una baracchina per gelati.”<br />

Con un intervento <strong>di</strong> circa 100.000 euro l’Amministrazione Comunale riusciva<br />

l’anno successivo a <strong>di</strong>sboscare il cortile dell’ex cinema e ad adattarlo alle proiezioni<br />

cinematografiche; accor<strong>di</strong> con sponsor, gestori <strong>di</strong> bar e addetti alla proiezione<br />

completavano l’intervento.<br />

Il Cinema ribattezzato “Nuovo Cinema Italia” era inaugurato nel Giugno del<br />

2003: grande la partecipazioni dei <strong>Crevalcore</strong>si all’evento, presentato e animato<br />

da Gianfranco Chelli.<br />

Così la notizia del Resto del Carlino del 28/06/2003:<br />

“Riapre il Nuovo Cinema Italia …. Un avvenimento molto atteso, ma soprattutto<br />

sentito da migliaia <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni.<br />

Il rinato cinematografo sorge infatti nel cuore del centro storico e riporta alla memoria<br />

gli anni sessanta quando il cinema Italia era una delle più amate e frequentate sale<br />

cinematografiche della pianura bolognese”.<br />

Ed ecco ciò che scriveva il n.33 dell’Eco della Palude (piccolo, polemico<br />

notiziario locale):<br />

“Nuovo Cinema Italia. Carica <strong>di</strong> nostalgia la serata <strong>di</strong> inaugurazione del nuovo Cinema<br />

Italia: e non poteva essere altrimenti per un tipo <strong>di</strong> spettacolo, il cinema all’aperto, in<br />

auge una quarantina <strong>di</strong> anni fa. La serata, condotta da Gianfranco Kelly, si è rivelata<br />

piacevole. Sul palco c’erano esperti <strong>di</strong> cinema internazionali: Cesare Bastelli, aiuto<br />

regista, Gino Pellegrini, scenografo, ed i gemelli Bencivenni, esperti locali, che erano<br />

sia sul palco che sullo schermo.<br />

Già è iniziata una programmazione che vedrà proiettati fino a Settembre una trentina<br />

<strong>di</strong> films. Buona l’iniziativa e tanto <strong>di</strong> cappello all’Amministrazione Comunale che è<br />

riuscita a realizzare il cinema (acquisto dell’area, del proiettore, dello schermo, delle<br />

95


96<br />

seggiole ) con circa metà della cifra spesa per il parco della biblioteca”.<br />

La serata inaugurale della stagione estiva <strong>di</strong>ventava una delle attrazioni per<br />

i <strong>Crevalcore</strong>si, arricchendosi ogni volta della collaborazioni <strong>di</strong> tanti citta<strong>di</strong>ni, in<br />

particolare dei gemelli Bencivenni che, coinvolti dall’abilità <strong>di</strong> Gianfranco Chelli,<br />

davano vita sul palco e sullo schermo a <strong>di</strong>vertenti intrattenimenti e lungometraggi. Si<br />

ripeteva il pro<strong>di</strong>gio già accaduto al Ver<strong>di</strong> sulla fine degli anni ’50. Carrozzai, avvocati,<br />

studenti e falegnami si trasformavano in provetti attori, abili tecnici e capaci registi<br />

che aprivano la strada a quel mondo <strong>di</strong> fantasia, sogni, emozioni ed arte chiamato<br />

cinema che sempre dovrebbe aver un posto in ogni paese.<br />

La presente ricerca storica si basa prevalentemente sulle testimonianze e la collaborazioni <strong>di</strong><br />

tanti <strong>Crevalcore</strong>si, che ringrazio, in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> apparizione.<br />

Mario Garolini……… Bambino che sbirciava nel cinema Italia<br />

Marcello Ansaloni…… Piccolo operatore al Cinema Margherita<br />

Oliviero Mengoli …… Ballerino con abbonamento al Teatro Ver<strong>di</strong><br />

Fabio Ghelfi ………… Ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> caramelle al Ver<strong>di</strong><br />

Angelo Zabbini …… Spettatore al concerto <strong>di</strong> Rino Salviati.<br />

Martino Pecorari …… Operatore al Carbone<br />

Laura Lo<strong>di</strong> ………… L’attraente bigliettaia del cinema Italia<br />

Gianfranco Chelli…… Il giovane show man<br />

Mirna Chelli ………… Cantante vincitrice del concorso Missile d’argento<br />

Loris Stancari………… Organizzatore <strong>di</strong> cineforum al Cinema Ver<strong>di</strong><br />

Laura Lo<strong>di</strong>…………… L’attraente bigliettaia del cinema Italia<br />

Ovilio Scandellari…… Presidente della Società “Carezza Notturna”<br />

Licinio Corsini……… Concorrente alle serate del <strong>di</strong>lettante<br />

Clau<strong>di</strong>o Arduini ……… Jack con Gim e John, boys <strong>di</strong> Carmen Villani in Crevalcorissimo<br />

Viterbo Garuti………… Inquilino del cinema Ver<strong>di</strong><br />

Angelo Nadalini ……… Corista della parrocchiale <strong>di</strong> San Silvestro<br />

Giacomo Zambelli…… Un Angelico Lombrico<br />

Luciano Zaccaria …… L’uomo che trasformò il Margherita in Arcobaleno<br />

Si ringraziano inoltre, per le informazioni e le fotografie:<br />

Franca Bergami, Magda Abbati, Luigi Donini e i gestori del Cinema Ver<strong>di</strong>, Iride Cugola,<br />

Stefano Pala<strong>di</strong>ni, Paola Poppi, Gaetano Preti, Gabriele Gallerani, Daniele Parenti, Daniele<br />

Pizzirani, Paola Ligabò, Paolo Cadore, Maria Grazia Guerzoni.<br />

Un sentito ringraziamento va inoltre alla memoria <strong>di</strong> Gigi Sitta.


97<br />

Esperienze <strong>di</strong>dattiche


98<br />

Fig. 1. Quaderno <strong>di</strong> viaggio <strong>di</strong> Don Gioseffo Maria Felicani. Il titolo completo recita: “Viaggio <strong>di</strong><br />

Romma dell’Anno Santo 1675 fatto da me infrascripto D. Gioseffo Maria Felicani in compagnia <strong>di</strong> m. Domenico<br />

Riva e Gio. Battista Bonfioli alias Saibano dove si vede la spesa fatta tanto ad andarvi quanto à ritornare a casa e<br />

tutto l’operato in Roma nel spatio <strong>di</strong> misi n° sei e giorni 7 e quello s’è speso in detto tempo stato in Roma.”


CARLA RIGHI<br />

Un viaggio a Roma nel Seicento<br />

Laboratorio <strong>di</strong> storia delle classi terze della Scuola me<strong>di</strong>a “G. Mazzini”<br />

<strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese<br />

Questo breve contributo si articola in due parti: la prima riguarda il progetto<br />

“Viaggi a Roma: anno 1675, anno 2007”, realizzato dalle classi terze della scuola<br />

G. Mazzini <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese nello scorso anno scolastico, la seconda<br />

presenta uno stu<strong>di</strong>o nato sulla scia <strong>di</strong> quell’esperienza. L’oggetto <strong>di</strong> entrambe<br />

è un manoscritto conservato presso l’archivio della Partecipanza <strong>di</strong> Sant’Agata<br />

Bolognese 1 , <strong>di</strong> cui il presidente dell’ente, Rodolfo Zambelli, e la <strong>di</strong>rigente dell’I.C.<br />

locale, Angela Pessina, avevano da tempo colto le potenzialità, come fonte per gli<br />

stu<strong>di</strong>osi e come strumento <strong>di</strong> educazione storica e civica per gli studenti.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un quaderno <strong>di</strong> quaranta carte che contiene il <strong>di</strong>ario della missione<br />

effettuata nel 1675 da tre Santagatesi, incaricati dalla Comunità e dalla Università<br />

partecipante <strong>di</strong> sollecitare presso la curia romana la conclusione della controversia<br />

che le opponeva ai conti Caprara; l’estensore e capo della delegazione è il prete<br />

Giuseppe Maria Felicani. Nel <strong>di</strong>ario si trovano i resoconti minuziosi dell’andata,<br />

della permanenza a Roma e del ritorno: luoghi, tempi, persone frequentate e<br />

incontrate, iter della causa, modalità <strong>di</strong> sopravvivenza nella grande città e rapporti<br />

epistolari con Sant’Agata, e inoltre una dettagliata documentazione delle pratiche<br />

devozionali e dei festeggiamenti collegati al giubileo 2 ; particolarmente accurata è<br />

la registrazione delle spese, esempio ammirevole <strong>di</strong> responsabilità pubblica. Una<br />

testimonianza multiforme dunque, capace <strong>di</strong> suscitare curiosità e interrogativi in<br />

chiunque la avvicini, che esige tuttavia un paziente lavoro <strong>di</strong> ricerca per comunicare<br />

i suoi significati attraverso una barriera <strong>di</strong> secoli.<br />

1 Per la storia della Partecipanza agraria <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese ve<strong>di</strong> R.Zambelli, Storia della<br />

Partecipanza agraria <strong>di</strong> Sant’Agata e A. Barbieri, L’antichissima terra <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese, e<strong>di</strong>zione a<br />

cura del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese,2002.<br />

2 Nel 1675 il papa regnante era Clemente X. La cadenza dei giubilei era stata stabilita a 25<br />

anni da Paolo III, nel 1470, ve<strong>di</strong> R. Fisichella, Gli anni santi attraverso le bolle (in traduzione italiana),<br />

Casale Monferrato,1999. Per un affascinante viaggio ideale con i pellegrini dei giubilei ve<strong>di</strong> l’ampio<br />

e documentatissimo saggio <strong>di</strong> G. Palumbo, Giubileo Giubilei. Pellegrini e pellegrine, riti, santi, immagini per<br />

una storia dei santi itinerari, RAI-ERI, 1999.<br />

99


100<br />

Il progetto<br />

“Viaggi a Roma: anno 1675, anno 2007”<br />

Obiettivi: 1. Sviluppare il senso <strong>di</strong> appartenenza ad una comunità sociale e<br />

politica; 2. Comprendere che la storia è il risultato <strong>di</strong> una ricostruzione del passato<br />

che si basa sulla capacità <strong>di</strong> interrogare e <strong>di</strong> interpretare le fonti.<br />

Classi e insegnanti coinvolti: le classi terze della nostra scuola, composte da 48<br />

alunni. Le insegnanti <strong>di</strong> lettere, l’insegnante <strong>di</strong> religione, gli insegnanti <strong>di</strong> tecnica, le<br />

insegnanti <strong>di</strong> arte. Gli insegnanti che hanno dato la <strong>di</strong>sponibilità ad accompagnare<br />

le classi nel viaggio a Roma.<br />

Contenuti: stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una relazione <strong>di</strong> viaggio manoscritta, del 1675, conservata<br />

presso l’Archivio della Partecipanza <strong>di</strong> Sant’Agata; la città <strong>di</strong> Roma, oggi e nel<br />

passato; lo Stato italiano: confronto fra Statuto Albertino, Legislazione fascista e<br />

Costituzione della Repubblica; viaggio d’istruzione a Roma <strong>di</strong> due giorni; visita<br />

al Quirinale.<br />

Collaborazioni: la dottoressa Beatrice Borghi, collaboratrice del professor<br />

Dondarini, dell’Università <strong>di</strong> Bologna, referente del Progetto de “Le ra<strong>di</strong>ci per<br />

volare” e della “Festa della storia”, si è resa <strong>di</strong>sponibile a svolgere una lezione<br />

introduttiva, a partecipare al lavoro <strong>di</strong> programmazione e <strong>di</strong> verifica. Il signor<br />

Rodolfo Zambelli, Presidente della Partecipanza agraria <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese<br />

ha messo a <strong>di</strong>sposizione della scuola il documento; contribuirà finanziariamente<br />

alla realizzazione del viaggio a Roma; il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese produrrà<br />

le fotocopie della trascrizione del manoscritto su cui lavoreranno gli studenti e<br />

contribuirà finanziariamente alla realizzazione del viaggio a Roma.<br />

Tempi e organizzazione delle attività: Ottobre – Gennaio: trascrizione del<br />

manoscritto ad opera delle insegnanti <strong>di</strong> lettere; Febbraio – Marzo: programmazione,<br />

lezione introduttiva sul viaggio e sul pellegrinaggio in età moderna; Aprile: viaggio<br />

d’istruzione a Roma; 2 Aprile – 9 Giugno: svolgimento dei laboratori pomeri<strong>di</strong>ani<br />

nelle classi terze, in cui verranno analizzati alcuni aspetti del contenuto del documento;<br />

ricerca iconografica <strong>di</strong> fonti visive coeve; confezione <strong>di</strong> un prodotto multime<strong>di</strong>ale<br />

<strong>di</strong> documentazione dell’attività; partecipazione alla giornata organizzata a Bologna<br />

per la presentazione dei lavori delle scuole; verifica finale.<br />

Questo progetto è stato realizzato dalle classi 3A, 3B, 3C nel secondo<br />

quadrimestre dell’anno scolastico 2006-2007 3 . Le insegnanti <strong>di</strong> lettere, Letizia<br />

Biccari, Adriana Carli, Carla Righi hanno trascritto il documento e pre<strong>di</strong>sposto le<br />

3 Per ragioni <strong>di</strong> spazio si elencano per ogni classe solo gli alunni che hanno partecipato ai laboratori<br />

pomeri<strong>di</strong>ani; 3A: T. Abatiello, M. Astolfi, M. Cosenza, M. Esposito, M. Gherar<strong>di</strong>, C. Giametta, B.<br />

Gray, D. Lo Galbo, G. Mercadante, M. Olmi, L. Piazza, C. Pizzi, M. Salerno, A. Santagiuliana, O.<br />

Taleb, A. Zambelli. 3B: B. Ballotta, H. El Lussi, F. Laganà, P. Laiso, A. Molli, A. Abdoulaye, V. Piccolo,<br />

A. Romagnoli, V. Speranza, L. Stanzani, F. Vecchi, M. Verde, A. Zecchi. 3C: L. Bongiovanni, C.<br />

Citak, A. D’Urso, M. Fiorini, G. Galiera, M.Govoni, L. Lugli, E. Nonato, D. Raimondo, A. Scorza,<br />

E. Serra, J. Tayaa, N. Veronesi.


101<br />

attività <strong>di</strong> laboratorio, organizzato le uscite <strong>di</strong>dattiche e il viaggio a Roma, curato<br />

la presentazione dell’esperienza in varie se<strong>di</strong>.<br />

Le tre classi hanno operato su parti <strong>di</strong>verse del manoscritto, utilizzando <strong>di</strong><br />

volta in volta le copie dell’originale o la trascrizione, affrontando rispettivamente<br />

l’analisi delle carte de<strong>di</strong>cate all’andata, alla permanenza a Roma e al ritorno, con<br />

particolare attenzione ai percorsi e ai luoghi, all’abbigliamento, all’alimentazione,<br />

ai rapporti epistolari della delegazione con Sant’Agata, alle monete.<br />

In occasione della partecipazione ai Parlamenti degli studenti, uno dei momenti<br />

de<strong>di</strong>cati alle scuole nel più ampio progetto della Festa della storia 4 , indetti il 17<br />

maggio a palazzo D’Accursio, sei ragazzi, in rappresentanza dei compagni, hanno<br />

esposto le sintesi seguenti.<br />

Il manoscritto<br />

Nel grande quadro storico del Seicento si inserisce la vicenda <strong>di</strong> una piccola<br />

comunità, quella <strong>di</strong> Sant’Agata, e <strong>di</strong> una istituzione, la Partecipanza Agraria, che<br />

affrontano in una decennale controversia la nobile famiglia dei conti Caprara.<br />

Tali illustri e nobili conti, che vantavano parenti ed appoggi politici non solo<br />

a Bologna ma anche nel Granducato <strong>di</strong> Toscana e nella stessa Roma, avevano<br />

nel territorio santagatese molte terre e, in virtù <strong>di</strong> tali posse<strong>di</strong>menti, intesero<br />

appropriarsi pure dei “beni comunali” della Partecipanza, sollevando in tal modo<br />

la reazione della comunità del piccolo paese.<br />

Ha così inizio la cosiddetta “magna lite”, ossia la <strong>di</strong>sputa che, con alterne vicende,<br />

vide contrapporsi i nobili conti da una parte e i santagatesi dall’altra, dal 1636 al<br />

1679, anno in cui venne finalmente riconosciuto il pieno <strong>di</strong>ritto dei Partecipanti<br />

alle loro terre. Negli ultimi anni della controversia, e precisamente nell’Anno<br />

Santo 1675, una commissione <strong>di</strong> Partecipanti, guidata dal sacerdote don Gioseffo<br />

Maria Felicani insieme con Domenico Riva e Giovan Battista Bonfiglioli, si reca a<br />

pie<strong>di</strong> a Roma per sostenere e sollecitare risposte sulla vertenza e su altre questioni<br />

riguardanti la piccola comunità. Tale viaggio è minuziosamente documentato<br />

in tutti i suoi momenti (andata, permanenza a Roma e ritorno) da un <strong>di</strong>ario<br />

scritto con bella grafia dal sacerdote che è a capo della missione.<br />

Il lavoro delle classi terze della scuola Secondaria <strong>di</strong> Primo Grado <strong>di</strong> Sant’Agata<br />

prevede quin<strong>di</strong> proprio la lettura <strong>di</strong> tale manoscritto ed una analisi dello stesso<br />

attraverso la <strong>di</strong>visione dei compiti, nello specifico una classe si occupa del viaggio<br />

<strong>di</strong> andata, una della permanenza a Roma, l’ultima del viaggio <strong>di</strong> ritorno. Il viaggio<br />

4 La Festa della storia è stata ideata da Rolando Dondarini, docente <strong>di</strong> Storia Me<strong>di</strong>evale e <strong>di</strong><br />

Didattica della storia dell’Università <strong>di</strong> Bologna “come occasione <strong>di</strong> confronto e <strong>di</strong> proposta sulle<br />

molteplici forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione della storia svolte in Italia e in Europa”, R. Dondarini, Sulle tracce della<br />

nostra storia, in Un passamano per san Luca. Pellegrinaggi protetti. Solidarietà civiche e realizzazioni architettoniche<br />

sulle vie della fede, a cura <strong>di</strong> B. Borghi, Bologna, 2004.


102<br />

<strong>di</strong> andata si svolge dal 13 al 26 marzo del 1675, via Firenze (in 14 giorni i nostri<br />

“pellegrini” percorrono 220 miglia, come è scritto); la permanenza a Roma dura<br />

oltre sei mesi, cioè fino al 30 settembre, giorno nel quale il nostro bravo e simpatico<br />

sacerdote prende e da solo la via del ritorno, questa volta attraverso la strada <strong>di</strong><br />

Loreto, ritorno che avverrà 1’11 ottobre dello stesso anno, dopo aver percorso<br />

289 miglia, come è scritto.<br />

Il quadernetto racconta <strong>di</strong> tantissime cose: luoghi, persone, usi, avvenimenti<br />

che si svolgono nella preziosa cornice della Roma dell’Anno Santo, assieme a<br />

considerazioni personali ed incarichi quoti<strong>di</strong>ani dell’autore del manoscritto: le sue<br />

“visite”, le sue Messe, per vivi e per defunti, le sue comunicazioni attraverso<br />

la scrittura <strong>di</strong> numerosissime lettere, la Scala Santa fatta per se stesso e per altri<br />

membri della Comunità che egli così onestamente rappresenta...<br />

Il manoscritto è inoltre un documento ricco <strong>di</strong> informazioni sui vari tipi<br />

<strong>di</strong> monetazione esistente: sol<strong>di</strong>, testoni, giulii, baiocchi ricorrono spesso nella<br />

quoti<strong>di</strong>anità <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> eroi nostri conterranei che non doveva <strong>di</strong>sporre<br />

certamente <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> capitali, tanto da dover accettare ad<strong>di</strong>rittura un generoso<br />

prestito da parte degli stessi avversari. E tante altre informazioni si hanno su<br />

vestiario, alimentazione, cura del corpo... Barilli <strong>di</strong> vino allungati con l’acqua<br />

per fare economia, fichi e melloni quale omaggio ai potenti per ingraziarseli,<br />

scofoni, candelle <strong>di</strong> sevo, quinterni <strong>di</strong> carta: non si tratta del semplice racconto <strong>di</strong><br />

un viaggio, bensì del racconto delle <strong>di</strong>fficoltà che all’epoca si incontravano e <strong>di</strong><br />

come tali <strong>di</strong>fficoltà venivano affrontate con caparbietà e con tenacia. Attraverso<br />

la lettura del quaderno abbiamo potuto vedere e capire cosa voglia <strong>di</strong>re ricevere<br />

informazioni storiche da una fonte: il racconto del passato <strong>di</strong>rettamente da chi<br />

quel passato lo ha vissuto.<br />

Don Gioseffo Maria Felicani prende quin<strong>di</strong> la strada del ritorno da solo ed<br />

è forse questo il momento del racconto più ricco <strong>di</strong> umanità: gli imprevisti, la<br />

solitu<strong>di</strong>ne e gli incontri non sempre felici gli fanno spesso provare sentimenti <strong>di</strong><br />

autentico sconforto che fanno sì che egli si lasci andare al pianto.<br />

Dopo la visita alla Santa Casa <strong>di</strong> Loreto e in seguito ad altre tappe che possano<br />

alleviare la fatica del viaggio, il nostro “eroe” giunge finalmente nella sua e nella<br />

nostra Sant’Agata “a hore 23” ed annota tra le ultime parole che il suo quaderno<br />

racconta “tutto il viaggio <strong>di</strong> Roma tanto nell’andare e tanto nel ritornare e la sua<br />

spesa, dove chi leggerà vedrà il tutto”. Forse con quel “chi leggerà” non intendeva<br />

arrivare così lontano nel tempo...<br />

Sant’Agata e la Partecipanza agraria<br />

Il manoscritto su cui abbiamo lavorato è un <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> viaggio. L’autore è un<br />

Santagatese, vissuto nel Seicento, che si recò a Roma per rappresentare “il popolo<br />

partecipante” nella lite che lo opponeva ai conti Caprara.


103<br />

Abbiamo cercato <strong>di</strong> rispondere a due domande:<br />

-cosa si intendeva con l’espressione Sant’Agata, nel Seicento?<br />

-che cos’era il popolo partecipante?<br />

Nel Seicento non esisteva il <strong>Comune</strong> come lo inten<strong>di</strong>amo oggi, cioè<br />

un’istituzione <strong>di</strong> governo locale che esercita la sua autorità su tutti i citta<strong>di</strong>ni<br />

residenti in un territorio ben definito. Sant’Agata era una Comunità del Contado<br />

<strong>di</strong> Bologna, a sua volta sottomessa all’autorità del Papa.<br />

La Comunità aveva avuto origine nell’Alto Me<strong>di</strong>oevo, ma nel tempo questa<br />

parola aveva rappresentato realtà <strong>di</strong>verse.<br />

Nell’Alto Me<strong>di</strong>oevo la comunità era una realtà <strong>di</strong> fatto, cioè un insieme <strong>di</strong><br />

famiglie che si autogovernavano. Queste famiglie erano de<strong>di</strong>te all’agricoltura. La<br />

terra era proprietà della potente Abbazia <strong>di</strong> Nonantola e, poiché era in gran parte<br />

incolta, coperta <strong>di</strong> boschi e palu<strong>di</strong>, gli abati avevano concesso alle famiglie vaste<br />

aree, con l’obbligo <strong>di</strong> bonificarle e <strong>di</strong>ssodarle, in cambio <strong>di</strong> un modesto canone.<br />

La terra era stata assegnata alle famiglie in modo collettivo, perché non era allora<br />

pensabile affrontare opere tanto gravose in pochi. Queste terre, gestite in modo<br />

comunitario, sono il nocciolo dell’attuale <strong>Comune</strong> e una parte <strong>di</strong> esse continua ad<br />

essere gestita in modo collettivo dagli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> quelle famiglie, attraverso l’istituto<br />

della Partecipanza.<br />

Per comprendere la nascita della Partecipanza bisogna proseguire con la nostra<br />

storia. Nel XII secolo, cioè nel Basso Me<strong>di</strong>o Evo, del nostro territorio si impadronì<br />

il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Bologna che provvide a fortificare l’inse<strong>di</strong>amento principale: il castello<br />

<strong>di</strong> Sant’Agata. La Comunità cominciò a coincidere con un territorio e ad essere<br />

una realtà amministrativa, <strong>di</strong>pendente da Bologna.<br />

Alla fine del Me<strong>di</strong>o Evo il tessuto economico si <strong>di</strong>fferenziò: agli agricoltori<br />

si aggiunse un certo numero <strong>di</strong> artigiani e <strong>di</strong> piccoli mercanti. Anche il potere<br />

non venne più esercitato in modo egualitario dai capi famiglia; si <strong>di</strong>fferenziarono<br />

i ruoli e i compiti: un gruppo <strong>di</strong> persone a rotazione, a capo delle quali stava il<br />

Massaro, eletto ogni sei mesi, si occupava dell’amministrazione, assumendone la<br />

responsabilità nei confronti del governo bolognese.<br />

Nello stesso periodo, e più ancora nel corso del Cinquecento, si ebbe un<br />

processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione nella proprietà della terra: tra le famiglie originarie,<br />

quelle che gestivano i beni comuni, ce ne furono alcune che acquisirono proprietà<br />

private, arricchendosi; inoltre, iniziò la penetrazione dei nobili e dei ricchi borghesi<br />

bolognesi: Caprara, Pepoli, Albergati, sono solo alcuni esempi <strong>di</strong> famiglie bolognesi<br />

che avevano delle “possessioni”, cioè possedevano della terra, nel territorio<br />

dell’attuale comune. Citta<strong>di</strong>ni bolognesi, nobile e anche il clero, allora molto<br />

numeroso e potente, erano privilegiati, non pagavano le tasse; su <strong>di</strong> essi il governo<br />

della Comunità non aveva praticamente nessun potere.<br />

Nel 1508 il governo della Comunità, per volere <strong>di</strong> Bologna che intanto era


104<br />

passata sotto il dominio del Papa, si trasformò in una oligarchia. La trasformazione<br />

fu regolata da appositi Capitoli, in base ai quali fu istituito un Consiglio <strong>di</strong> 24<br />

membri, del quale fecero parte le famiglie originarie più ricche. La carica <strong>di</strong><br />

Consigliere <strong>di</strong>venne ere<strong>di</strong>taria.<br />

Si creò così una spaccatura tra le famiglie originarie rappresentate in Consiglio<br />

e quelle escluse e nacque un conflitto. Il Consiglio si arrogava il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> decidere<br />

sulle terre comuni, ma le famiglie povere si costituirono in Università partecipante<br />

e riuscirono a imporre una gestione comune.<br />

L’Università partecipante o Partecipanza riuscì a <strong>di</strong>fendere le terre comuni anche<br />

contro l’Abbazia <strong>di</strong> Nonantola che riven<strong>di</strong>cava i suoi antichi <strong>di</strong>ritti e, nel Seicento,<br />

contro i Caprara, nella famosa controversia che passò alla storia santagatese come<br />

“magna lite”. La “magna lite” è appunto la causa del viaggio a Roma raccontato<br />

nel manoscritto <strong>di</strong> cui ci siamo occupati.<br />

Il <strong>di</strong>ritto della Partecipanza a gestire le terre comuni fu sancito nel 1712.<br />

Nel 1797 fu inse<strong>di</strong>ata a Sant’Agata la prima Municipalità, cioè un governo<br />

locale <strong>di</strong> tutti i citta<strong>di</strong>ni, secondo le idee della Rivoluzione francese portate in<br />

Italia da Napoleone.<br />

Attualmente le Partecipanze emiliane sono sei: Sant’Agata Bolognese, San<br />

Giovanni in Persiceto, Nonantola, Cento, Pieve <strong>di</strong> Cento, Villa Fontana. Non<br />

esistono più le Partecipanze <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, Budrio e Me<strong>di</strong>cina.<br />

A Sant’Agata, le famiglie originarie che si <strong>di</strong>vidono i beni comuni sono 18. La<br />

ripartizione dei terreni si fa ogni 18 anni. A capo della Partecipanza vi sono un<br />

Consiglio e una Giunta. La Partecipanza è un ente autonomo, ma i partecipanti sono<br />

citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Sant’Agata, come tutte le altre persone che lì hanno la residenza.<br />

Sant’Agata nel Seicento<br />

II Cinquecento si chiude con un periodo <strong>di</strong> carestia e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà per la zona<br />

del persicetano e <strong>di</strong> Sant’Agata in particolare, terra <strong>di</strong> confine tra le ambizioni <strong>di</strong><br />

Modena e Bologna. In particolare, una testimonianza del 1601 afferma che la Casa<br />

del <strong>Comune</strong> era stata occupata per circa quattro anni dai soldati dell’esercito del<br />

Papa, arrivati per opporsi ai modenesi; tutti, comunque, patiscono la fame anche<br />

perché la Muzza (attuale Muzzonchio) non ha un percorso stabile e spesso le sue<br />

acque straripano e allagano i terreni del <strong>Comune</strong> e della Partecipanza, rovinando<br />

i raccolti. In questo periodo la Comunità e l’Università Partecipante sono ancora<br />

unite e si provvede perio<strong>di</strong>camente alla nomina <strong>di</strong> un Massaro.<br />

Nel 1607 inizia la presenza dei frati agostiniani a Sant’Agata e da loro prende<br />

il nome uno dei luoghi “car<strong>di</strong>ne” della topografia del paese: l’antica chiesa <strong>di</strong><br />

Santa Maria in Strada <strong>di</strong>venta per tutti la “chiesa dei frati”, che esiste ancora oggi,<br />

mentre i frati non ci sono più da tempo. Nel territorio del <strong>Comune</strong> aumentano<br />

gli inse<strong>di</strong>amenti e permane la necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere i confini, infatti si ritiene


Fig. 2. Uno dei cartelloni realizzati dalle classi che hanno partecipato al progetto.<br />

105<br />

opportuno costruire una strada che colleghi il centro abitato a Crocetta e consenta<br />

gli spostamenti dei soldati <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a lungo la Zena e la Muzza. Continue sono<br />

le contese con i Comuni vicini, soprattutto per l’utilizzo delle acque dei <strong>di</strong>versi<br />

canali per l’agricoltura o per il funzionamento dei numerosi mulini esistenti. Si sa<br />

che <strong>di</strong>versi gruppi <strong>di</strong> soldati hanno soggiornato per perio<strong>di</strong> più o meno lunghi nel<br />

territorio del <strong>Comune</strong>, gravando sulla Comunità e facendo razzia <strong>di</strong> oggetti vari alla<br />

loro partenza. I terragli vengono perio<strong>di</strong>camente rinforzati, la porte ristrutturate:<br />

ciò in<strong>di</strong>ca una continua necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere in modo adeguato almeno il Castello,<br />

il centro urbano.<br />

In questi stessi anni viene costruito l’e<strong>di</strong>ficio dell’oratorio della Madonna <strong>di</strong><br />

San Luca e si inizia a pensare ad una nuova costruzione per la chiesa parrocchiale,<br />

che viene completata nel 1629.<br />

La peste che devasta a più riprese l’Europa del Seicento tocca anche Sant’Agata:<br />

nel 1630 si hanno notizie <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi casi <strong>di</strong> malattia, mentre la carestia <strong>di</strong>laga. Si<br />

parla <strong>di</strong> 18.000 vittime nel contado <strong>di</strong> Bologna. Negli anni successivi, il nostro<br />

territorio vede scontri continui tra eserciti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi signori locali, che appartengono<br />

ai <strong>di</strong>versi schieramenti in campo in Europa per la guerra dei Trent’anni (1618<br />

- 1648). Capitani <strong>di</strong> ventura ed eserciti mercenari percorrono la nostra pianura e<br />

provocano continue devastazioni, razzie e saccheggi che sfiancano la popolazione.<br />

Per avere qualche entrata supplementare la Comunità concedeva lo sfruttamento


106<br />

a pagamento della pesca nel canale che circondava il castello, dei gelsi per nutrire i<br />

bachi da seta, <strong>di</strong> alcuni locali interni alla porta <strong>di</strong> sopra; la sud<strong>di</strong>visione delle “Parti”<br />

era senza dubbio l’entrata principale.<br />

Una grossa lite (la Magna Lite) interessò a lungo la Comunità e l’Università<br />

Partecipante contro la nobile famiglia dei Caprara, in merito ad un fondo<br />

particolarmente importante. Si concluse nel 1679, anche grazie al <strong>di</strong>retto<br />

interessamento del Papa, dopo vicende complesse e lungaggini che possono solo<br />

essere intuite dal manoscritto <strong>di</strong> cui ci occupiamo. Proprio nel 1679 è nuovamente<br />

possibile riprendere il normale ciclo dell’assegnazione delle <strong>di</strong>visioni novennali<br />

dei “beni comunali”.<br />

A chiusura del secolo, proprio per sottolineare come la grande Storia entri a<br />

sconvolgere la vita quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> un paese agricolo che chiedeva solo <strong>di</strong> essere<br />

<strong>di</strong>menticato dai potenti per vivere un po’ in pace, si ha notizia <strong>di</strong> santagatesi<br />

arruolati per far parte dell’esercito che <strong>di</strong>fende la cristianità (Vienna è asse<strong>di</strong>ata)<br />

dai Turchi.<br />

Il 30 maggio, presso il teatro F. Bibiena, l’esperienza è stata presentata alle<br />

famiglie e ai citta<strong>di</strong>ni. Hanno partecipato Rolando Dondarini e Beatrice Borghi<br />

dell’Università <strong>di</strong> Bologna, il presidente della Partecipanza agraria, Rodolfo<br />

Zambelli, il sindaco Daniela Occhiali e la <strong>di</strong>rigente dell’istituto comprensivo<br />

Angela Pessina.<br />

Alla volta <strong>di</strong> Roma<br />

Giuseppe Maria Felicani rimase assente da Sant’Agata per 213 giorni; partì il 13<br />

marzo 1675 assieme ai compaesani Domenico Riva e Giovanni Battista Bonfiglioli<br />

e, per la via <strong>di</strong> Toscana, raggiunse Roma il 26 marzo; lasciò la città il 30 settembre,<br />

da solo, e fece ritorno, per la via <strong>di</strong> Loreto, l’11 ottobre. Percorse 220 miglia<br />

all’andata e 289 miglia al ritorno. La prima domanda che ci si pone, leggendo la<br />

relazione, riguarda la scelta <strong>di</strong> una via <strong>di</strong>versa e più lunga per il ritorno. Accanto alle<br />

motivazioni religiose, il 1675 era un anno santo e Loreto era una meta importante<br />

nel circuito delle reliquie, pesarono senz’altro ragioni pratiche: il secondo itinerario<br />

era interno allo Stato della chiesa, le strade erano più comode. Nel 1739 Charles<br />

De Brosses, autore del celebre Viaggio in Italia, percorse la stessa strada da Bologna<br />

a Roma 5 ; facendo seguito a svariate lamentele per i <strong>di</strong>sagi subiti, giunto quasi alla<br />

fine del percorso, racconta come non avesse mai trovato “niente <strong>di</strong> più orribile,<br />

niente <strong>di</strong> più faticoso della strada da Siena al lago <strong>di</strong> Bolsena” e pertanto avesse<br />

maturato il proposito <strong>di</strong> passare al ritorno per la Marca <strong>di</strong> Ancona, nonostante ciò<br />

5 Ch. De Brosses, Viaggio in Italia. Lettere familiari, Bari, 1973. Il viaggio fu compiuto nel 1739,<br />

il testo fu pubblicato nel 1799. Il percorso da Bologna a Roma viene documentato nelle lettere<br />

XXIII e XXVIII.


107<br />

comportasse un allungamento del cammino. Lo stesso autore inoltre, descrivendo<br />

la giornata <strong>di</strong> posta fra Bologna e Firenze, segnala la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> alcuni tratti<br />

dell’Appennino Toscano, ad esempio la <strong>di</strong>scesa da monte Giogo, che ovviamente<br />

sarebbero risultati maggiormente ardui al ritorno 6 . La scelta <strong>di</strong> una via più comoda<br />

si impose forse in considerazione del fatto che il prete avrebbe dovuto affrontare<br />

il viaggio <strong>di</strong> ritorno da solo. Le due modalità <strong>di</strong> viaggio, andata con amici fidati,<br />

ritorno con compagni occasionali e solo in alcune tappe, si riflettono nella qualità<br />

della scrittura, preciso ma essenziale il primo resoconto, espressivo e partecipato il<br />

secondo 7 . Un confronto tra i due richiederebbe ben altro spazio; qui si analizzano<br />

alcuni aspetti del viaggio da Sant’Agata a Roma.<br />

Non fu un pellegrinaggio. Coi pellegrini i tre viandanti ebbero in comune il<br />

fatto <strong>di</strong> camminare dall’alba al tramonto, quasi sempre a pie<strong>di</strong>, ma l’abbigliamento<br />

che comprendeva accanto al tra<strong>di</strong>zionale bordone anche un fucile, l’itinerario<br />

percorso e soprattutto i tempi, ci fanno comprendere come essi viaggiassero<br />

spinti dall’urgenza del loro compito e dalla preoccupazione <strong>di</strong> non gravare sulla<br />

Comunità con spese inutili. La relazione, organizzata per giornate, è molto precisa:<br />

fornisce informazioni sulle miglia percorse, sulle località attraversate, sulle soste<br />

nelle osterie e sulle spese relative, sulle chiese dove il prete celebrò le messe <strong>di</strong><br />

un lascito testamentario, sulle con<strong>di</strong>zioni meteorologiche. Il viaggio si svolse in<br />

quattor<strong>di</strong>ci giorni, ma poiché i tre Santagatesi portatisi a Bologna il giorno 13 marzo<br />

vi rimasero per due giorni, possiamo ridurre a do<strong>di</strong>ci giorni la sua durata, un<strong>di</strong>ci dei<br />

quali da Bologna a Roma. Come si è detto, nel manoscritto è in<strong>di</strong>cata chiaramente<br />

la <strong>di</strong>stanza percorsa: 220 miglia, <strong>di</strong> cui 207 da Bologna a Roma, ma non si precisa<br />

a quale miglio si faccia riferimento; ipotizzando che si tratti del miglio bolognese,<br />

pari a 1900 metri 8 , si avrebbe una lunghezza <strong>di</strong> 418 Km, 393 da Bologna a Roma;<br />

tenendo conto che il percorso più breve in<strong>di</strong>cato dalla carta stradale da Bologna<br />

a Roma è attualmente <strong>di</strong> circa 380 Km i conti tornano; ma ciò non è sufficiente<br />

per rappresentarsi il viaggio nel suo sviluppo, per l’ovvia considerazione che la<br />

rete stradale si è ampliata e mo<strong>di</strong>ficata dal ‘600 ad oggi. Seguendo le scrupolose<br />

in<strong>di</strong>cazioni fornite dal Giuseppe Maria Felicani sulle località raggiunte via via, si<br />

arriva a una lunghezza <strong>di</strong> 435 Km circa, 405 da Bologna a Roma. Si tratta <strong>di</strong> dati<br />

tutto sommato compatibili. Il patrimonio <strong>di</strong> conoscenze e <strong>di</strong> esperienze costruito<br />

nei secoli da mercanti, corrieri, pellegrini, pemise ai tre Santagatesi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare<br />

la via più breve per raggiungere Roma. Le loro qualità personali li sorressero<br />

6 L’attuale statale 65, della Futa, fu aperta sul versante toscano negli anni 1749-53, Guida d’Italia<br />

del T.C.I., Toscana, 1974, p. 325.<br />

7 Il <strong>di</strong>ario del viaggio <strong>di</strong> andata richiede tre carte, cinque carte più una facciata sono necessarie<br />

per il racconto del viaggio <strong>di</strong> ritorno.<br />

8 Trattato elementare d’aritmetica, a cura <strong>di</strong> A.C., Torino, Paravia, 1880.


108<br />

nel compimento <strong>di</strong> una vera e propria impresa 9 . Ad eccezione della <strong>di</strong>stanza da<br />

Sant’Agata a Bologna, percorsa con due cavalli, e del tratto Monterosi - La Storta,<br />

percorso in <strong>di</strong>ligenza, marciarono a pie<strong>di</strong>, a una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quasi 39 Km al giorno,<br />

in una stagione poco favorevole, a volte sotto la pioggia e la neve. Seguendo<br />

le in<strong>di</strong>cazioni della relazione si può in<strong>di</strong>viduare sulla carta attuale l’itinerario<br />

del viaggio 10 . Esso si articola lungo strade che mantengono ancora una grande<br />

importanza, come la Via Cassia, e altre strade, <strong>di</strong>ventate col tempo secondarie;<br />

il tracciato <strong>di</strong> alcune vie, e <strong>di</strong> nuovo si potrebbe portare la Cassia come esempio,<br />

è stato mo<strong>di</strong>ficato successivamente. La quasi totalità dei centri abitati è ancora<br />

esistente 11 , così come le chiese citate. Le osterie dove la delegazione alloggiò o si<br />

fermò per pranzare hanno a volte nomi suggestivi, il Pavone, il Giglio... spesso<br />

il loro nome coincide con quello <strong>di</strong> una località attualmente segnalata dalla carta<br />

stradale, Pietramala osteria, Giogo osteria, Bargino osteria; del servizio da esse<br />

fornito si dà spesso una efficace valutazione 12 ; quando la località raggiunta è un<br />

castello, molte volte viene preferita un’osteria fuori mura, probabilmente per non<br />

essere vincolati agli orari <strong>di</strong> apertura delle porte.<br />

Un’ ultima considerazione a proposito della misura del tempo. Spesso si trovano<br />

annotazioni sulle ore, ad esempio l’ora <strong>di</strong> arrivo in una località : “…giungessimo<br />

a Viterbo Città a hore 23”; essendo che il calcolo delle ore, in Italia, fino all’Età<br />

napoleonica, era effettuato a partire dal calar del sole 13 , si può presumere che l’arrivo<br />

in città fosse avvenuto verso le 18, così come intorno alle 9 è da collocare l’arrivo<br />

a Roma: “Adì 26 detto giorno <strong>di</strong> martedì entrassimo in Roma a Dio piacendo la<br />

mattina a hore 15”.<br />

9 Un esempio simile è quello citato da G. Cherubini, Pellegrini, pellegrinaggi, giubileo nel Me<strong>di</strong>oevo,<br />

Napoli, 2005, pp. 55,56: due religiosi, nel 1504, da Bologna raggiunsero Roma per presentare<br />

una supplica al papa; impiegarono do<strong>di</strong>ci giorni; le località citate fanno pensare a un’identità <strong>di</strong><br />

percorso.<br />

10 Nel 1675 l’itinerario comportava l’attraversamento del Granducato <strong>di</strong> Toscana. Il primo confine<br />

si trovava in località Le Filigare ove si trova ancora il fabbricato della dogana pontificia; si rientrava<br />

nello Stato della chiesa a Ra<strong>di</strong>cofani.<br />

11 San Lorenzo vecchio o san Lorenzo Castello come viene denominato nella relazione fu<br />

abbandonato successivamente per malaria; San Lorenzo nuovo fu costruito per volontà <strong>di</strong> Pio VI<br />

negli anni 1775-79. Guida d’Italia del T.C.I., Lazio, 2005.<br />

12 Mi hanno incuriosito le annotazioni sull’osteria della Posta, a Ra<strong>di</strong>cofani, perché <strong>di</strong>vergono da<br />

quelle solite; ecco cosa risulta nella Guida d’Italia del T.C.I., Toscana, 1974, p. 611: “Presso l’abitato, lungo<br />

la vecchia Cassia che lo aggira a O e a S, <strong>di</strong> fronte a una fontana tardo-rinascimentale con stemma<br />

me<strong>di</strong>ceo, sorge il cosiddetto Palazzo la Posta, villa me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> gusto manieristico con prospetto<br />

a doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> logge. Sorta come casa <strong>di</strong> caccia <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando I, fu poi da lui trasformata in<br />

albergo-dogana tra il Granducato e lo Stato pontificio. Vi sostarono, tra altri personaggi, Montaigne,<br />

Chateaubriand, Pio VI, Pio VII, e Dickens.”<br />

13 Per la misura del tempo è interessante perché riferito al nostro territorio il saggio intitolato<br />

“Amarsi al tempo che si sgarbiva la fava. Le opere e i giorni in campagna e in città”, in O. Piccoli,<br />

Storie <strong>di</strong> ogni giorno in una città del Seicento, Bari, 2000.


Viaggio <strong>di</strong> Romma dell’Anno Santo 1675<br />

109<br />

da Sant’Agata a Roma<br />

1r.<br />

A<strong>di</strong> 13 marzo 1675<br />

A laude e gloria <strong>di</strong> S.D. M. e della Beata sempre Vergine Maria e <strong>di</strong> tutti i santi gloriosi<br />

della corte celestiale si partissimo il detto giorno che era mercordì da casa doppo havere<br />

prima celebrato la S. Messa e si fermassimo in S. Giovanni un poco, per andare a Roma<br />

per la nostra lite de Beni Communali con li SS.ri Conti Caprara, quali eravamo in tre, cioè<br />

messer Domenico Riva, Giovanni Battista Bonfiolo e io infrascritto D. Gioseffo Maria<br />

Fellicani e eravamo a cavallo in duoi imprestatoci da nostri Amici e andassimo a Bologna,<br />

dove fossimo necessitati trattenersi 3 giorni per causa del cattivo tempo, e spendessimo<br />

la sera per i duoi stalatici lire una e sol<strong>di</strong> sei £ 1.6<br />

Adì 14 detto si spese per corame per fare acconciare le scarpe a messer Domenico Riva<br />

sol<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci £ .10<br />

e più si spese per una valisa comprata a uso per servirsene nel viaggio per le nostre robbe<br />

e arnesi lire una e sol<strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>co £ 1.15<br />

e più si spese per la mia <strong>di</strong>missoria sol<strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci £ .12<br />

e più si spese per un calamaro, zucchetto, focile e altre cose sol<strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>co £ .16<br />

e più si spese per tre Bordoni sol<strong>di</strong> tre<strong>di</strong>ci £ .13<br />

e più si spese sol<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci per l’or<strong>di</strong>ne havuto dal Signore Car<strong>di</strong>nale che non fosse molestato<br />

messer Giovanni Matteo Ottani per l’aquarella fattali d’havere comperato il formento delli<br />

beni Communi <strong>di</strong>co £ .10<br />

e più si spese sol<strong>di</strong> otto per duoi bolli <strong>di</strong> legalità fatti mettere a due scritture per portarle<br />

a roma <strong>di</strong>co £ .8<br />

e più £ 6.10<br />

1 v.<br />

più per havere speso in vitto delli 13 14 e 15 detto fra tutti tre all’hosteria <strong>di</strong> Carlo Rossi, per non<br />

aversi potuto partire a causa del tempo cattivo lire quattro e sol<strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>co £ 4.16<br />

Miglia 13<br />

Adì 16 detto giorno <strong>di</strong> sabbato andai a celebrare la S. messa con li sudetti miei Compagni<br />

per Cattarina Riari alla Madonna della vita e all’hore 11 uscissimo tutti tre <strong>di</strong> Bologna<br />

per Stra Stefano e s’inviassimo verso Pianoro tutti 3 a pie<strong>di</strong>, quale passato facessimo<br />

collazione all’hosteria nova posta tra Pianoro e Loiano Borghi e spendessimo in tutti tre<br />

sol<strong>di</strong> vintiduoi <strong>di</strong>co £ 1.2<br />

d’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro viaggio e la sera giungessimo a Pietramala hosteria dove<br />

alloggiassimo e spendessimo fra tutti tre sol<strong>di</strong> trenta £ 1.10<br />

Notasi che da Pianoro a Loiano si trova una fontana che getta aqua Limpida per una botte<br />

<strong>di</strong> Marmo Miglia 25<br />

Adì 17 detto giorno <strong>di</strong> Domenica si partissimo la mattina assai per tempo et arrivassimo<br />

ad una Chiesa posta a Collina detta <strong>di</strong> Rifreddo Borgo dove celebrai la S. Messa per<br />

Cattarina Riari et arrivassimo a Fiorenzola dove incominciò a nevicare gagliardamente,<br />

e gionti a Giogo hosteria ivi facessimo collatione dove spendessimo tutti tre sol<strong>di</strong> trenta<br />

cinque <strong>di</strong>co £ 1.15<br />

D’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro viaggio e gionti a Scarperia Castello incominciò a piovere<br />

assai forte in modo tale che fossimo sforzati alloggiare la sera a Ponte hosteria dove<br />

spendessimo £ 1.18<br />

£ 11.1<br />

Miglia 20


110<br />

2r.<br />

Adì 18 detto giorno <strong>di</strong> Lunedì la mattina si partissimo dalla detta hosteria, et arrivassimo a<br />

Fiorenza a hore 16 sonate, dove celebrai la S. Messa per Cattarina Riari nella Chiesa della<br />

Santissima Annonciata all’Altare del Soccorso e poi usciti dalla Città longi un miglio e<br />

mezzo in circa desinassimo all’hosteria del Galluzzi, e spendessimo baiocchi n.° 25 <strong>di</strong>co<br />

£ 1.5<br />

d’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro viaggio, e la sera alloggiassimo passato S. Cassiano Castello<br />

all’hosteria <strong>di</strong> Bargini, e spendessimo fra fichi e puomi comprati nel viaggio con la cena<br />

in tutto £ 2<br />

Miglia 24<br />

Adì 19 detto giorno <strong>di</strong> Martedì e festa del glorioso S. Gioseffo mio Avocato la mattina se<br />

partissimo dalla detta hosteria <strong>di</strong> Bargini et arrivassimo a Castel S. Donato de Poggi dove<br />

celebrai la S. Messa per me nella Chiesa della B. Vergine della neve e desinassimo fuori del<br />

sudetto Castello all’hosteria della Castellara de Chianti e spendessimo 3 Giuli <strong>di</strong>co £1.10<br />

D’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro viaggio e giungessimo la sera a Siena Città, dove<br />

alloggiassimo fuor <strong>di</strong> Città alla prima hosteria detta il Pavone, e spendessimo 32 baiocchi,<br />

e duoi in bevere per viaggio, che fanno 34 <strong>di</strong>co £ 1.14<br />

Miglia 22<br />

Adì 20 detto giorno <strong>di</strong> Mercordì in Siena qui fossimo sforzati a trattenersi sino doppo<br />

mezzogiorno, per essere piovuto tutta la notte a Cielo aperto e sino al detto mezzogiorno e con<br />

tale occasione hebbi como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> fare conciare le mie scarpe che spesi baiocchi un<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>co £<br />

.11 Et in detta mattina celebrai la S: Messa nella Chiesa <strong>di</strong> S. Giorgio all’Altare <strong>di</strong> S. Carlo<br />

per la Cattarina Riari £ 7.<br />

2v.<br />

Doppo pranzato proseguissimo il nostro Viaggio con tutta celerità per una spierà <strong>di</strong> sole<br />

comparsa e passassimo Buonconvento, dove alloggiassimo alla prima hosteria, che non<br />

trovassimo se non <strong>di</strong> notte e spendessimo baiocchi n.° 30 <strong>di</strong>co £ 1.10<br />

Miglia 15<br />

Adì 21 detto giorno <strong>di</strong> Giovedì si partissimo dall’hosteria passato buon Convento et<br />

arrivassimo a S Quirico Castello, dove celebrai la S. Messa nel Duomo all’Altare <strong>di</strong> S. Andrea<br />

de Padoa per una persona devota che mi <strong>di</strong>ede (se non fallo) 5 o 6 crazie? per elemosina, e<br />

poi desinassimo all’hosteria della Campana incontro il Duomo, e spendessimo baiocchi 24<br />

tanto stassimo bene in 3 £ 1.4<br />

D’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro Viaggio et giungessimo la sera lontani al Re <strong>di</strong> Cofano un miglio,<br />

dove albergassimo all’hosteria detta della macina longa la più <strong>di</strong>sgradata che habbiamo ancor<br />

trovata e spendessimo in tutto baiocchi 24 <strong>di</strong>co £ 1.4<br />

Miglia 18<br />

Adì 22 detto giorno <strong>di</strong> Venerdì si partissimo dalla detta hosteria et giungessimo al Ré <strong>di</strong><br />

Cofano accompagnati da una neve spaventosa mischiata con vento impetuosissimo a segno<br />

tale che non si vedevamo l’un l’altro, e si fermassimo all’hosteria della Posta, dove celebrai<br />

la S. Messa per la Cattarina Riari in detta hosteria <strong>di</strong> sopra in capo ad una gran sala, dove<br />

era una Capelina fornita con tutti li suoi paramenti e questa per como<strong>di</strong>tà de forestieri ,<br />

d’in<strong>di</strong> partiti arrivassimo ad un’altra hosteria detta l’hosteria novella, dove desinassimo, e<br />

spendessimo baiocchi 33 <strong>di</strong>co £ 1.13<br />

£ 5.11<br />

3r.<br />

Pransati si partissimo , et arrivassimo ad Aqua pendente a hore 22 in circa dove<br />

passavamo per mezzo, e si fermassimo a bevere et andassimo sino a S. Lorenzo Castello,


111<br />

dove arrivassimo ad hore 2 <strong>di</strong> notte, et alloggiassimo all’hosteria delli tre Leoncini dove<br />

spendessimo in cena et havere bevua in Aqua pendente in tutto baiocchi £ 1.12<br />

Miglia 22<br />

Adì 23 detto giorno <strong>di</strong> sabbato arrivassimo a Bolsena Città, e celebrai la S. Messa nel Duomo,<br />

chiamato S. Cattarina Christina per la Cattarina Riari e facessimo un poco <strong>di</strong> collatione<br />

all’hosteria del Giglio, e spendessimo solamente baiocchi £ .14<br />

D’in<strong>di</strong> partissimo et arrivassimo a Monte Fiascone Città due hore doppo mezzogiorno et<br />

andassimo ad una bettola tutti stanchi per reficiarsi un poco e spendessimo in bevere e magnare<br />

baiocchi n.° 15 <strong>di</strong>co £ . 15<br />

d’in<strong>di</strong> partiti giungessimo a Viterbo Città a hore 23 et alloggiassimo all’hosteria della<br />

Corona, e spendessimo in cenare e dormire baiocchi n° 24 <strong>di</strong>co £ 1.4<br />

Miglia 20<br />

Adì 24 detto giorno <strong>di</strong> Domenica per essere piovuto tutta la notte e per piovere anco la<br />

mattina con vento impetuosissimo si fermassimo in Viterbo dove <strong>di</strong>ssi la S. Messa nel<br />

Duomo chiamato S.Lorenzo per la Cattarina Riari e poi andassimo a magnare un poco<br />

che non si fece un prò al mondo per causa <strong>di</strong> detto cattivo tempo e spendessimo baiocchi<br />

22 <strong>di</strong>co £ 1.2<br />

Di poi partissimo da Viterbo et giongessimo a Ronciglione Castello la sera accompagnati<br />

£ 5.7<br />

3v.<br />

sempre da pioggia e vento, et alloggiassimo all’hosteria dell’orto, dove spendessimo per<br />

asciugarsi e cenare in tutto baiocchi n.° 40 <strong>di</strong>co £ 2.<br />

Miglia 10<br />

Adì 25 detto giorno <strong>di</strong> Lunedì et festa della Santissima Annonciata si partissimo da<br />

Ronciglione et arrivassimo a Monte rosi Borgo dove celebrai la S. Messa per l’anime del<br />

purgatorio nella Chiesa della Madonna e poi andassimo a desinare all’hosteria dalle 3 rose,<br />

e spendessimo baiocchi £1.5 Subito partissimo in <strong>di</strong>ligenza, et proseguissimo il nostro<br />

viaggio con ogni sollecitu<strong>di</strong>ne, et arrivassimo alla storta hosteria lungi da Roma miglia 9<br />

dove alloggiassimo et nella cena, et dormire spendessimo baiocchi n.° 37 <strong>di</strong>co<br />

£ 1.17<br />

Miglia 22<br />

Adì 26 detto giorno <strong>di</strong> martedì entrassimo in Roma a Dio piacendo la mattina a hore 15<br />

et doppo visitato S. Pietro et altre Chiese andai per afre segnare la Dimissoria e per esser<br />

troppo tar<strong>di</strong> non potei e bisognò aspettare alla sera et in detto giorno non celebrai messa<br />

per detta causa £ 5.2<br />

Miglia 9<br />

Si che a partirsi da S. Agata et arrivare a roma per la detta strada <strong>di</strong> Toscana facessimo<br />

come si vede a giornata per giornata in tutto miglia n.° 220 a pie<strong>di</strong> <strong>di</strong>co miglia 220 e più<br />

come si vede in spesa <strong>di</strong> vitto fra tutti e tre a giornata per giornata a partirsi da Bologna<br />

et arrivare in Roma spendessimo in tutto lire vinti nove e sol<strong>di</strong> cinque, <strong>di</strong>co £ 29.5


112


2<br />

<strong>Rassegna</strong> storica crevalcorese N. 5 <strong>di</strong>cembre 2007

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