Rassegna Storica Crevalcorese - Comune di Crevalcore
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<strong>Rassegna</strong> storica crevalcorese<br />
è stata realizzata<br />
con il contributo <strong>di</strong>:<br />
1
<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />
<strong>Rassegna</strong> storica<br />
crevalcorese<br />
5<br />
<strong>di</strong>cembre 2007<br />
<br />
Istituzione dei Servizi Culturali Paolo Borsellino<br />
3
4<br />
<strong>Rassegna</strong> storica crevalcorese<br />
Rivista dell’Istituzione dei Servizi Culturali Paolo Borsellino <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />
COMITATO DI REDAZIONE<br />
Magda Abbati, Massimo Balboni, Gabriele Boiani,<br />
Paolo Cassoli, Nicoletta Ferriani, Barbara Mattioli,<br />
Yuri Pozzetti, Carla Righi, Roberto Tommasini.<br />
Direttore resp.<br />
Paolo Cassoli<br />
Progetto Grafico<br />
Paolo Cassoli<br />
Informazioni e comunicazioni<br />
Istituzione dei Servizi Culturali Paolo Borsellino<br />
Via Persicetana 226 - 40014 <strong>Crevalcore</strong> (Bo);<br />
tel. 051.981594, fax 051.6803580<br />
e mail: istituzione@comune.crevalcore.bo.it<br />
Quinto numero, <strong>di</strong>stribuzione gratuita
SOMMARIO<br />
In questo numero (a cura della redazione) 6<br />
STUDI E RICERCHE<br />
Mauro Perani<br />
Nuovi dati sul manoscritto Mosca, Guenzburg 786,<br />
copiato da Osea Finzi a <strong>Crevalcore</strong> nel 1505 9<br />
Guido Antonioli<br />
La vipera che Melanesi accampa. L’avvento della signoria<br />
dei Visconti a <strong>Crevalcore</strong> (1350-51). 17<br />
NOVECENTO<br />
Gabriele Boiani<br />
Una donazione per l’archivio storico<br />
L’archivio del PCI <strong>di</strong> Caselle 37<br />
Roberto Tommasini<br />
I cinema <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> 51<br />
ESPERIENZE DIDATTICHE<br />
Carla Righi<br />
Un viaggio a Roma nel Seicento<br />
Laboratorio <strong>di</strong> storia delle classi terze della Scuola me<strong>di</strong>a<br />
“G. Mazzini” <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese 99<br />
5
6<br />
In questo numero<br />
Pubblicato, a causa dell’esiguità dei fon<strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibili, a un anno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dal<br />
quarto numero, che era de<strong>di</strong>cato, come si ricorderà, alle celebrazioni pertiane, questo<br />
quinto fascicolo della rivista reca contributi che cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> grande interesse<br />
per i citta<strong>di</strong>ni crevalcoresi.<br />
La sezione Stu<strong>di</strong> e ricerche contiene i saggi <strong>di</strong> Mauro Perani e Guido Antonioli.<br />
Mauro Perani con il suo contributo “Nuovi dati sul manoscritto Mosca, Guenzburg<br />
786, copiato da Osea Finzi a <strong>Crevalcore</strong> nel 1505”, completa ed integra il<br />
precedente articolo apparso nel terzo fascicolo <strong>di</strong> <strong>Rassegna</strong> storica crevalcorese con le<br />
riproduzioni fotografiche del manoscritto <strong>di</strong> Mosca <strong>di</strong> cui si trascrive integralmente<br />
il colophon sciogliendo definitivamente il dubbio relativo alla data.<br />
Guido Antonioli ci illustra le vicende che accompagnarono e seguirono, nel<br />
1350, la fine della signoria dei Pepoli e l’avvento <strong>di</strong> quella dei Visconti, esaminandone<br />
i risvolti a livello locale me<strong>di</strong>ante l’analisi dei registri del vicariato <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />
che ci restituiscono, ammantato del linguaggio burocratico tipico dei documenti<br />
amministrativi e giu<strong>di</strong>ziari, uno spaccato <strong>di</strong> vita sociale dell’epoca.<br />
Per la sezione Novecento, Gabriele Boiani tratta la cessione all’Istituzione Culturale<br />
Paolo Borsellino <strong>di</strong> una raccolta <strong>di</strong> materiale librario ed archivistico appartenuta alle<br />
sezioni del Partito comunista <strong>di</strong> Caselle e Bolognina. I documenti, che vanno dagli<br />
anni ’40 agli anni ’80, sono <strong>di</strong> notevole interesse sia per chi intenda occuparsi <strong>di</strong><br />
contratti agrari, salari degli operai agricoli, tipologie <strong>di</strong> coltivazioni, sia per chi voglia<br />
stu<strong>di</strong>are il clima <strong>di</strong> acceso scontro sociale del secondo dopoguerra.<br />
Roberto Tommasini ci presenta, in un lungo articolo riccamente illustrato, la<br />
storia dei cinema <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, dal primo esperimento <strong>di</strong> Kinematografo E<strong>di</strong>son,<br />
svoltosi nel Teatro Comunale nel lontano 1896, fino agli anni recenti. Ci mostra<br />
volti e ricostruisce atmosfere che non mancheranno <strong>di</strong> suscitare i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> tanti<br />
crevalcoresi non più giovanissimi.<br />
Infine, per la sezione Esperienze <strong>di</strong>dattiche, Carla Righi ci parla <strong>di</strong> un lavoro sviluppato<br />
dalle classi terze della scuola me<strong>di</strong>a G. Mazzini <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese<br />
su un manoscritto conservato presso l’archivio della Partecipanza: un quaderno<br />
contenente il <strong>di</strong>ario della missione a Roma effettuata nel 1675 da tre Santagatesi,<br />
incaricati dalla Comunità partecipante <strong>di</strong> sollecitare presso la curia romana la<br />
positiva conclusione della controversia che la opponeva ai conti Caprara.
7<br />
Stu<strong>di</strong> e Ricerche
8<br />
Fig. 1 – Il manoscritto <strong>di</strong> Mosca, copiato a <strong>Crevalcore</strong>: incipit decorato <strong>di</strong> Esodo.
MAURO PERANI*<br />
Nuovi dati sul manoscritto Mosca, Guenzburg 786,<br />
copiato da Osea Finzi a <strong>Crevalcore</strong> nel 1505<br />
Premessa<br />
In un mio recente stu<strong>di</strong>o 1 ho illustrato i tre manoscritti ebraici che, come<br />
si legge nei rispettivi colophon, furono copiati a Semàch Lev Boloniese, in ebraico<br />
letteralmente “Allegralcore” che in<strong>di</strong>ca la località <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> in provincia <strong>di</strong><br />
Bologna. In questa sede intendo approfon<strong>di</strong>re lo stu<strong>di</strong>o del secondo <strong>di</strong> questi tre<br />
manoscritti copiati, secondo il tenore letterale del colophon, ad Allegralcore bolognese.<br />
Per le attestazioni <strong>di</strong> questo nome, <strong>di</strong> cui ho trattato nel mio precedente stu<strong>di</strong>o in<br />
questa rivista, rimando al Tiraboschi 2 e a Manfré 3 . Evidentemente i due prestatori<br />
ebrei residenti a <strong>Crevalcore</strong>, dove copiarono per proprio uso tre manoscritti ebraici<br />
rispettivamente nel 1428 il primo, nel 1505 e nel 1508 il secondo, dovevano avere<br />
recepito questa tra<strong>di</strong>zione non lontana nel tempo, se tutti e due usano in ebraico<br />
la forma corrispondente ad Allegralcore.<br />
Il Ms. <strong>di</strong> Mosca copiato da Osea Finzi a <strong>Crevalcore</strong> nel 1505<br />
Veniamo ora al co<strong>di</strong>ce ebraico del quale, nel mio stu<strong>di</strong>o precedente, non mi<br />
era stato possibile interpretare tutti i dati per la scarsa qualità della riproduzione<br />
* Professore Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Ebraico, Università <strong>di</strong> Bologna, Dipartimento <strong>di</strong> Storie e Meto<strong>di</strong> per la<br />
Conservazione dei Beni Culturali, Direttore del “Progetto Ghenizà italiana”, Presidente della European<br />
Association for Jewish Stu<strong>di</strong>es (www.eurojewishstu<strong>di</strong>es.org), Segretario dell’Associazione Italiana<br />
per lo Stu<strong>di</strong>o del Giudaismo (www.aisg.it). Il presente articolo costituisce una versione ridotta del<br />
saggio pubblicato su “Materia giudaica” XII/1-2 (2007), pp. 251-256, <strong>di</strong>sponibile anche all’in<strong>di</strong>rizzo<br />
Internet www.humnet.unipi.it/me<strong>di</strong>evistica/aisg/AISG_05Materia/XI-1-2%20del%202006/XI1-<br />
2-201pp437.pdf<br />
1 M. PERANI, Tre manoscritti ebraici copiati a <strong>Crevalcore</strong> tra il XV e il XVI secolo, «<strong>Rassegna</strong> storica<br />
crevalcorese». Rivista dell’Istituzione dei Servizi culturali Paolo Borsellino <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, n. 3, giugno<br />
2006, pp. 8-29.<br />
2 G. TIRABOSCHI, Storia dell’Augusta Ba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> San Silvestro <strong>di</strong> Nonantola aggiuntovi il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong>plomatico<br />
della medesima illustrato con note. Opera del Cavaliere Ab. Girolamo Tiraboschi consigliere <strong>di</strong> S.A.S.<br />
presidente della Ducale Biblioteca e della Galleria delle Medaglie e Professore onorario dell’Università<br />
<strong>di</strong> Modena. In Modena, presso la Società Tipografica, 1784, vol. I, p. 251.<br />
3 G. MANFRÉ, Il toponimo “<strong>Crevalcore</strong>”. Storia e leggenda, «Strada maestra, Quaderni della Biblioteca<br />
comunale “G.C. Croce” <strong>di</strong> San Giovanni in Persiceto», n. 32, primo semestre 1992, pp. 58-67.<br />
9
10<br />
in microfilm <strong>di</strong> cui ero in possesso. Si tratta del manoscritto conservato a Mosca<br />
presso la Biblioteca Statale Russa, Collezione Guenzburg, n. 786. Il manoscritto è<br />
membranaceo, misura mm. 150 x 110 ed è composto da 35 fascicoli quinioni per<br />
complessivi 350 fogli e 700 pagine. Il campo scrittorio è <strong>di</strong> mm. 90-95 x 80-85,<br />
compreso il Targùm. Il manoscritto non presenta la masora parva e magna, e lascia<br />
da questo intendere la sua destinazione all’uso liturgico, come conferma anche<br />
l’in<strong>di</strong>cazione degli inizi delle Haftaròt – ossia dei brani profetici che nella liturgia<br />
ebraica del sabato seguono la lettura della sezione settimanale del Pentateuco<br />
– nei margini superiore e inferiore, vale a <strong>di</strong>re nel luogo solitamente destinato<br />
alla masora magna. Il co<strong>di</strong>ce si trova in cattivo stato <strong>di</strong> conservazione, con <strong>di</strong>versi<br />
fascicoli slegati per rottura delle cuciture; esso contiene il testo della Toràh, in<br />
grafia quadrata <strong>di</strong> tipo italiano con vocali e accenti, il testo del Targùm o versione<br />
aramaica del Pentateuco <strong>di</strong> Onqelos nei margini esterni <strong>di</strong> ogni pagina (a sinistra<br />
nel recto e a destra nel verso) in grafia semicorsiva italiana senza vocali; nei margini<br />
inferiore e superiore l’in<strong>di</strong>cazione dell’inizio delle Haftaròt relative al brano biblico<br />
della pagina; la Toràh si conclude al f. 327r dove il copista ha evidenziato con dei<br />
tratti <strong>di</strong> penna il suo nome עשוה (Hošea‘, in realtà il nome affine [Ye]hoshua, con<br />
obliterazione della yod iniziale tramite due punti soprascritti - Fig. 4). Al f. 327v<br />
compare il colophon, in un inchiostro sbia<strong>di</strong>to che ha assunto un colore marrone<br />
chiaro. Al f. 328r inizia il testo delle Haftaròt per le principali festività ebraiche. È<br />
presente una foliazione recente a matita da f. 1r al f. 342v. Gli incipit dei cinque libri<br />
del Pentateuco sono ornati da pregevoli fregi policromi a inchiostro azzurro, verde<br />
e ciclamino che li abbelliscono (si veda Esodo, Fig. 1; Levitico Fig. 2; Numeri Fig. 3),<br />
ma purtroppo quello del libro della Genesi, che si intravede essere stato il più bello<br />
e riccamente miniato, è stato completamente annerito dall’umi<strong>di</strong>tà, presentandosi<br />
scuro ed illeggibile. Nel testo ebraico della Toràh compaiono dei taghìn ossia le<br />
coroncine tipiche che ornano alcune lettere ebraiche come accade normalmente<br />
nel Sèfer Toràh, in particolare sulla lettera ebraica he, che ha sopra due o tre trattini,<br />
come ad esempio nella parte finale <strong>di</strong> Numeri (ve<strong>di</strong> Fig. 3).<br />
Le ultime righe del colophon, proprio quelle che contengono luogo e data in<br />
cui è stata completata la copia del manoscritto, non erano prima leggibili nelle<br />
riproduzioni fornitemi dallo Institute of Microfilmed Hebrew Manuscripts,<br />
annesso alla Jewish National and University Library <strong>di</strong> Gerusalemme; ci venivano<br />
tuttavia in aiuto le informazioni forniteci da Senior Sachs che compilò un sintetico<br />
catalogo dei co<strong>di</strong>ci della collezione Guenzburg, mentre questa si trovava ancora<br />
temporaneamente a Parigi 4 . Sachs non riporta il colophon per esteso, ma si limita<br />
a registrare che il nostro manoscritto era stato copiato: qui ad Allegralcore bolognese<br />
4 S. SACHS, Reshimat sefarim kitve-yad be-otzar ha-sefarim shel Guenzburg (Lista dei manoscritti della<br />
Biblioteca Guenzburg), manoscritta, [Parigi] 1882.
… nell’anno (5)265 equivalente all’anno cristiano 1504 o 1505 senza in<strong>di</strong>cazione<br />
del mese.<br />
Nel luglio del 2006, in occasione del Congresso quadriennale della European<br />
Association for Jewish Stu<strong>di</strong>es celebrato a Mosca, ho avuto la possibilità <strong>di</strong><br />
esaminare de visu il manoscritto presso la Biblioteca Statale Russa e ho potuto<br />
integrare completamente quanto non ero riuscito a leggere in precedenza nel<br />
colophon. Tra i dati che ho potuto rilevare, c’è il giorno e il mese in cui fu terminata<br />
la copia, ossia il 13 <strong>di</strong> Adar, sciogliendo così il dubbio sulla data che risulta essere<br />
il 17 febbraio 1505. Ecco il testo integrale del colophon nell’originale ebraico, in<br />
cui si riproduce la <strong>di</strong>sposizione reale, seguito da una trascrizione del medesimo,<br />
per evidenziare la sua struttura metrica in rime baciate, e quin<strong>di</strong> presentando una<br />
versione italiana:<br />
Traslitterazione<br />
1. Wà-tišlàm kol hà-melakàh Toràt Adonay baràh we-zakàh<br />
2. ‘ìm ha-Targùm ‘arukàh be-kòl ha-Haftaròt temukàh<br />
3. gàm niqqùd we-tà‘am le-chikàh ke-‘àl yedé ‘anàw semukàh<br />
4. èt ha-kòl ‘asù yadày le-hìtpa’èr èl Elohàh aëer panàw elày ha’èr<br />
5. wa-ašèr ‘ad kòh berekàni we-zikkàni le-hatchil u-lle-ašlim?chen chinnàni<br />
5 Nelle tre parole El (Dio), Elohah (Dio) ed elay (verso <strong>di</strong> me) è presente il nesso alef-lamed.<br />
6 Gios. 1,8. Il copista cambia il testo biblico dalla tua bocca con dalla mia bocca anche per esigenze<br />
<strong>di</strong> rima.<br />
7 Sal. 19,15; la waw iniziale non compare nel testo biblico.<br />
8 Abbreviazione <strong>di</strong> li-frat qatan ossia: secondo il computo abbreviato, senza in<strong>di</strong>care le migliaia.<br />
9 Gen. 49,18. Questa citazione biblica è decorata da un fregio al <strong>di</strong> sotto, terminante in basso<br />
con un giglio fiorentino.<br />
11
12<br />
Fig. 2 - Il manoscritto <strong>di</strong> Mosca, copiato a <strong>Crevalcore</strong>: incipit decorato <strong>di</strong> Levitico.
Fig. 3 - Il manoscritto <strong>di</strong> Mosca, copiato a <strong>Crevalcore</strong>: incipit decorato <strong>di</strong> Numeri.<br />
13
14<br />
6. kèn yechonnèni wè-yinnagèni ‘almùt u-le-Toratò ehgèh ‘ad mùt<br />
7. anì we-zar‘ì we-zèra‘ zar‘ì bè-chuqqotàw u-mišpatàw le-ro‘e‘ì<br />
8. u-ve-mitzwotàw we-‘edotàw li <strong>di</strong>bbèq ka-ašer yidbàq ha-ezòr le-hachavèq<br />
9. lo-yamùš sefer ha-Toràh ha-zèh mi-pi we-yihyù le-ratzòn imre-fì.<br />
10. Anokì hu tze‘ìr ha-mechoqeqìm Hošèa‘ Fìnzi, yišmerèhu Tzurò we-Go’alò, b.<br />
k. morènu Rabbì Dawìd,<br />
11. zikronò le-chayye ha-‘olàm ha-ba, ketavtìw li-šemì pòh Semach Lev Boloniese<br />
we-šillamtìhu<br />
12. be-šelošàh ‘asàr le-chòdeš Adàr šenàt reš-peh’’qof li-feràt qatàn,<br />
13. L-yšuatèka qiwwiti Adonay.<br />
Traduzione<br />
1. È terminata tutta l’opera della Toràh del Signore, pura e perfetta<br />
2. or<strong>di</strong>nata con il Targùm e arricchita con tutte le Haftaròt,<br />
3. ed anche con la puntazione vocalica e l’accentazione (sapore) 10 al suo palato, come per mezzo dell’Umile<br />
(Mosè) concessa.<br />
4. Tutto questo hanno fatto le mie mani per rendere gloria a Dio, che ha fatto risplendere il suo volto<br />
verso <strong>di</strong> me<br />
5. e che fino a questo punto mi ha benedetto e mi ha reso meritevole <strong>di</strong> iniziare (l’opera) e <strong>di</strong> portarla a<br />
compimento, ed a me ha fatto grazia,<br />
6. così abbia pietà <strong>di</strong> me e mi gui<strong>di</strong> nella giovinezza in modo che io possa me<strong>di</strong>tare nella sua Toràh fino<br />
alla morte,<br />
7. io e i miei <strong>di</strong>scendenti e i figli dei miei figli, per rendermi a Lui vicino con i suoi decreti e le sue leggi.<br />
8. Per mezzo dei suoi precetti e dei suoi statuti egli a me si unirà, per legarmi strettamente a lui come una<br />
cintura che aderisce stringendo;<br />
9. Non si allontani il libro <strong>di</strong> questa Toràh dalla mia bocca (Gios. 1,8), Ti siano gra<strong>di</strong>te le parole della mia bocca<br />
(Sal. 19,15),<br />
10. io il più giovane fra gli scribi Osea Finzi, figlio dell’onorato maestro il signor David,<br />
11. che il suo ricordo sia nella vita del mondo avvenire, l’ho scritto per me qui ad Allegralcore bolognese<br />
e l’ho completato<br />
12. il 13 del mese <strong>di</strong> Adar dell’anno 265 (=1505) secondo il computo abbreviato.<br />
13. Nella tua salvezza ho sperato (Gen. 19,18).<br />
Come si può vedere, le linee 2-9 hanno gli emistichi in rime baciate e seguono<br />
una scansione in metrica, anche se non regolare.<br />
Le ornamentazioni policrome che decorano gli incipit dei cinque libri della Toràh<br />
sono pregevoli e rispecchiano moduli stilistici tipici del tardo Quattrocento italiano,<br />
ma ancora documentati agli inizi del secolo successivo. Questi fregi, infatti, possono<br />
essere collocati tra Bologna e Ferrara verso la fine del XV secolo. Il repertorio e<br />
lo stile sembrano essere in linea con la decorazione libraria <strong>di</strong> origine ferrarese,<br />
che poi si <strong>di</strong>ffonde in tutta l’Emilia e dunque anche a Bologna e contado: forse<br />
10 Il copista gioca sul doppio senso <strong>di</strong> ta‘am che significa accento ma anche sapore.
Fig. 4 - Mosca, Biblioteca Statale Russa, Ms. Guenzburg 786: f. 327r, ultima pagina del Deuteronomio;<br />
particolare della prima riga del testo biblico, in alto a destra, dove è evidenziato il nome del copista<br />
Hošea‘ od Osea.<br />
rispecchiano la variante più felsinea. Cronologicamente, questi stilemi iniziano<br />
verso la fine degli anni Settanta-inizio degli Ottanta del Quattrocento, ma poi<br />
rimangono più o meno stabili fino a fine secolo; si trovano anche in seguito nel<br />
Cinquecento, ma <strong>di</strong>venendo più rari. Qualitativamente sembrano <strong>di</strong>gnitosi anche<br />
se non eccelsi: trattandosi <strong>di</strong> una Toràh scritta da un copista non professionale, è<br />
possibile che Osea Finzi, dopo averla copiata, se la sia fatta arricchire nei punti<br />
più rilevanti da un decoratore <strong>di</strong> livello me<strong>di</strong>o, forse attivo in zona, non troppo<br />
lontano da <strong>Crevalcore</strong> 11 .<br />
È <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>re se il nostro Osea Finzi che copia a <strong>Crevalcore</strong> due manoscritti,<br />
rispettivamente nel 1505 e nel 1508, appartenga alla stessa famiglia dei Finzi <strong>di</strong><br />
Bologna, poi passati a Mantova, a cui appartiene Consiglio/Yequtiel Finzi che,<br />
settantasette anni prima, nel 1428 aveva copiato, sempre a <strong>Crevalcore</strong>, il commento<br />
<strong>di</strong> Mosè Narboni al Moreh ha-Nevukim, la famosa Guida dei perplessi <strong>di</strong> Maimonide.<br />
Solo una accurata indagine storica potrà portare nuova luce su questo punto.<br />
In questa nota mi è bastato dare la lettura completa del Colophon e presentare le<br />
miniature del manoscritto, <strong>di</strong> cui ho ottenuto le riproduzioni <strong>di</strong>gitali dalla Biblioteca<br />
Statale Russa a caro prezzo e non senza fatica.<br />
11 Ringrazio l’amico Fabrizio Lollini, storico della miniatura, per i preziosi suggerimenti<br />
fornitimi.<br />
15
16<br />
Fig. 1– Archivio <strong>di</strong> Stato. Registro vicariati. MCCCLXXVIIII. Liber factorum oficii provi<strong>di</strong> viri<br />
Pini de Goça<strong>di</strong>nis vicarii castri Crevalcorii pro primis [...]
GUIDO ANTONIOLI<br />
La vipera che Melanesi accampa.<br />
L’avvento della signoria dei Visconti<br />
a <strong>Crevalcore</strong> (1350-51).<br />
Questo breve intervento è incentrato sui riflessi che la fine della signoria dei<br />
Pepoli e l’avvento della dominazione forestiera dei Visconti, alla metà del XIV<br />
secolo, hanno avuto sulla comunità <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>.<br />
Dal settembre 1347 Bologna era retta dalla signoria <strong>di</strong> Giacomo e Giovanni<br />
Pepoli, figli <strong>di</strong> Taddeo, che nel 1337 si era inse<strong>di</strong>ato al potere a spese delle fragili<br />
istituzioni comunali. I Pepoli dovevano la loro potenza principalmente all’enorme<br />
ricchezza accumulata dal padre <strong>di</strong> Taddeo, Romeo, tra la fine del XIII e l’inizio<br />
del XIV secolo, con una serie <strong>di</strong> spregiu<strong>di</strong>cate operazioni finanziarie. I mezzi<br />
accumulati dal creatore della grandezza della famiglia erano stati usati dai figli, e<br />
in particolare da Taddeo, per accentuare sempre <strong>di</strong> più l’influenza sul comune,<br />
che nel 1334 era rinato dopo gli anni travagliati della signoria ecclesiastica <strong>di</strong><br />
Bertrando del Poggetto (1327-1334). Sempre presente nei gangli vitali del potere,<br />
e in particolare nelle balìe che perio<strong>di</strong>camente il comune istituiva per ovviare alle<br />
<strong>di</strong>fficoltà finanziarie, Taddeo, con l’aiuto determinante del fratello Zerra, ottenne<br />
il controllo della città e la nomina a signore nell’estate del 1337 1 .<br />
Il decennio della signoria <strong>di</strong> Taddeo Pepoli fu caratterizzato per Bologna<br />
da un sostanziale ripiegamento su se stessa. Dopo che Bertrando del Poggetto<br />
aveva sfruttato le risorse della città per tentare <strong>di</strong> creare un grande stato guelfo<br />
nell’area padana, Taddeo rinunciò a qualsiasi <strong>di</strong>segno espansionistico, limitandosi<br />
ad un’oculata gestione dell’esistente. Il potere pepolesco era basato non su vincoli<br />
<strong>di</strong> carattere feudale, ai quali i campsores Pepoli si sentivano del tutto estranei, ma<br />
1 Sulla signoria <strong>di</strong> Taddeo Pepoli e su quella dei figli mi permetto <strong>di</strong> rinviare ai miei lavori: G.<br />
ANTONIOLI, Conservator pacis et iustitie. La signoria <strong>di</strong> Taddeo Pepoli a Bologna (1337-1347), Bologna 2004;<br />
ID., “Un epilogo: la signoria <strong>di</strong> Giacomo e Giovanni Pepoli a Bologna (1347-1350)”, I quaderni del<br />
M.AE.S., 10 (2007), pp. 57-90. Per la figura <strong>di</strong> Romeo Pepoli si veda M. GIANSANTE, Patrimonio<br />
familiare e potere nel periodo tardo-comunale. Il progetto signorile <strong>di</strong> Romeo Pepoli banchiere bolognese (1250 c.-<br />
1322), Bologna 1991; per la signoria ecclesiastica <strong>di</strong> Bertrando del Poggetto L. CIACCIO, Il car<strong>di</strong>nal<br />
legato Bertrando del Poggetto in Bologna (1327-1334), Bologna 1905.<br />
17
18<br />
sulla creazione <strong>di</strong> un compatto gruppo <strong>di</strong> potere, accomunato dal forte legame<br />
con la famiglia dominante, che ricompensava la fedeltà con la concessione <strong>di</strong> uffici<br />
pubblici e <strong>di</strong> incarichi politici. Inoltre Taddeo, che era doctor legum, aveva istituito lo<br />
strumento della supplica, attraverso cui qualsiasi citta<strong>di</strong>no poteva rivolgersi a lui per<br />
ottenere <strong>di</strong>rettamente giustizia o per mo<strong>di</strong>ficare una sentenza del giu<strong>di</strong>ce or<strong>di</strong>nario.<br />
L’istituto della supplica contribuì grandemente a rafforzare la popolarità <strong>di</strong> Taddeo,<br />
creando attorno al regime pepolesco un sentimento <strong>di</strong> concor<strong>di</strong>a ed equità.<br />
I figli <strong>di</strong> Taddeo, Giacomo e Giovanni, che <strong>di</strong>vennero signori alla morte del<br />
padre nel 1347, mostrarono presto <strong>di</strong> avere modeste qualità politiche. Le <strong>di</strong>fficoltà<br />
economiche <strong>di</strong> Bologna e del contado furono accentuate nel 1348 dalla comparsa<br />
della Peste Nera, che colpì duramente il tessuto produttivo, formato dalle società<br />
d’arti. Alcune categorie, come i notai, a causa del loro stretto contatto con i<br />
testatori, pagarono un tributo assai alto al morbo. Molti conduttori <strong>di</strong> dazi, che<br />
avevano visto i loro introiti fortemente <strong>di</strong>minuiti dalla peste, ottennero facilitazioni<br />
e sgravi da parte del comune. Anche i malpaghi delle collette furono esentati dal<br />
versare quanto dovuto, e questo in<strong>di</strong>ca certamente uno stato <strong>di</strong> grave sofferenza<br />
economica della città.<br />
Il contado fu duramente colpito, anche se la storiografia recente sulla Peste Nera<br />
tende a evitare un quadro troppo fosco della situazione. Alcune comunità minori<br />
chiesero e ottennero sgravi fiscali per fare fronte all’impoverimento <strong>di</strong>ffuso; poiché<br />
tale situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà appariva ormai endemica, nel gennaio 1347 Giacomo<br />
e Giovanni Pepoli emanarono un decreto con cui tali sgravi relativi al pagamento<br />
delle tassationes e all’acquisto del sale venivano estesi a tutte le comunità del contado,<br />
e non solo a quelle che ne avevano fatto richiesta tramite una supplica.<br />
Di fronte al calo e all’impoverimento della popolazione i signori scelsero nel<br />
1350 <strong>di</strong> rinfoltire il numero dei citta<strong>di</strong>ni. Tra il settembre e l’ottobre vennero<br />
emanati più <strong>di</strong> cento decreti attraverso cui si concedeva la citta<strong>di</strong>nanza a numerosi<br />
fumanti. Il provve<strong>di</strong>mento fu seguito imme<strong>di</strong>atamente da una revisione dell’estimo<br />
de<strong>di</strong>cata appositamente ai nuovi citta<strong>di</strong>ni, in modo da stabilirne con chiarezza<br />
l’imponibile. La documentazione permette <strong>di</strong> seguire agevolmente la procedura:<br />
il nuovo citta<strong>di</strong>no presentava una denuncia nella quale <strong>di</strong>chiarava, attraverso una<br />
formula convenzionale, <strong>di</strong> venire estimato per la prima volta. A ciò seguiva l’elenco<br />
dei beni e la <strong>di</strong>chiarazione della stima fatta. Nella parte inferiore della cedola uno dei<br />
notai della curia <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> aver esaminato la denuncia e fissava la cifra d’estimo,<br />
quasi sempre accrescendo la stima del contribuente 2 . I patrimoni che emergono<br />
da questi estimi sono relativamente modesti e formati quasi esclusivamente da<br />
terreni ubicati nel contado; anche nelle cifre imposte dal notaio raramente si<br />
2 ASBo, <strong>Comune</strong>, Estimi, serie II, b. 259. Vi è una busta <strong>di</strong> denunce per ciascun quartiere, dato<br />
che i nuovi citta<strong>di</strong>ni venivano ascritti d’autorità a un quartiere e a una cappella; in totale le denunce<br />
sono 144.
superano le 100 lire, e molti non <strong>di</strong>chiarano nulla. Complessivamente i nuovi<br />
citta<strong>di</strong>ni sembrano provenire da quel gruppo <strong>di</strong> fumanti che, nonostante la crisi del<br />
contado, era riuscito a salvaguardare un piccolo patrimonio fon<strong>di</strong>ario, garantendosi<br />
una situazione economica moderatamente agiata. L’azione dei signori procedeva<br />
dunque nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> rafforzare attorno a sé il consenso, assicurandosi la<br />
gratitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> chi veniva elevato da fumante a citta<strong>di</strong>no, con i conseguenti cospicui<br />
privilegi. La rapi<strong>di</strong>tà con cui alle concessioni <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza fecero seguito i nuovi<br />
estimi fa ipotizzare che vi fosse un interesse per la signoria nell’avere contribuenti<br />
citta<strong>di</strong>ni piuttosto che fumanti, e che i primi fossero maggiormente colpiti sul<br />
piano fiscale, ma ciò rimane dubbio e contrasterebbe con la tendenza del comune<br />
a gravare soprattutto sui contribuenti del contado 3 . Si può immaginare che, se non<br />
fosse intervenuta la repentina fine della signoria, questi provve<strong>di</strong>menti sarebbero<br />
stati seguiti da altri analoghi, in modo da rinfoltire ulteriormente i ranghi della<br />
citta<strong>di</strong>nanza, dopo i gravi vuoti aperti dalla pestilenza.<br />
La fine della signoria pepolesca maturò improvvisa nell’estate del 1350. Entrati<br />
in urto con il rettore pontificio Astorgio <strong>di</strong> Durfort, i fratelli Pepoli pagarono a<br />
caro prezzo il sostanziale isolamento in cui si trovava Bologna nei rapporti con le<br />
altre potenze italiane. Il rettore cercò <strong>di</strong> sconfiggere i rivali Pepoli con l’inganno e,<br />
convocato Giovanni Pepoli presso il proprio accampamento in Romagna per un<br />
incontro <strong>di</strong>plomatico, con l’inganno lo fece arrestare (luglio 1350). Il prigioniero,<br />
incarcerato a Castel S. Pietro, riuscì a farsi liberare in cambio <strong>di</strong> 20.000 fiorini, ai<br />
quali egli prometteva <strong>di</strong> aggiungerne altri 60.000, lasciando un figlio e un nipote<br />
a garanzia del pagamento. Giovanni Pepoli si era accordato con il capitano della<br />
rocca, che gli aveva promesso <strong>di</strong> far ribellare l’esercito pontificio e <strong>di</strong> consegnargli<br />
alcune personalità rilevanti, che sarebbero dovute servire da pe<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> scambio<br />
con il Pepoli. Scoperto il progetto e giustiziato il capitano, a Giovanni, benchè<br />
rientrato a Bologna, non restava che cercare una soluzione per pagare il riscatto<br />
rimanente. Si fece strada in tal modo il progetto <strong>di</strong> vendere la città ai Visconti con<br />
i quali i signori <strong>di</strong> Bologna avevano consolidato l’alleanza già stretta da Taddeo<br />
negli anni precedenti. Si palesava così tutta la pericolosità <strong>di</strong> questo legame, che<br />
da parte viscontea era nato con il segreto intento <strong>di</strong> conquistare la città. In ottobre<br />
venne conclusa la trattativa <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta e il 23 Galeazzo Visconti prendeva possesso<br />
<strong>di</strong> Bologna con un forte esercito 4 .<br />
Nell’ambito della cessione del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Bologna ai Visconti un <strong>di</strong>scorso<br />
a parte va fatto per <strong>Crevalcore</strong>, S. Giovanni in Persiceto e S. Agata. Questi tre<br />
3 Su questi temi cfr. F. BOCCHI, “Le imposte <strong>di</strong>rette a Bologna nei secoli XII e XIII”, Nuova<br />
rivista storica, 57 (1973), pp. 273-312.<br />
4 Per queste vicende si vedano i resoconti delle cronache bolognesi del citato Corpus chronicorum<br />
Bononiensium, nonché A. SORBELLI, La signoria <strong>di</strong> Giovanni Visconti a Bologna e le sue relazioni con la<br />
Toscana, Bologna 1902.<br />
19
20<br />
centri costituivano una roccaforte dei Pepoli dal punto <strong>di</strong> vista patrimoniale; fin<br />
dai tempi <strong>di</strong> Romeo la famiglia aveva accumulato qui un notevole patrimonio<br />
fon<strong>di</strong>ario. In occasione dell’emancipazione del figlio Giacomo nel 1338, Taddeo<br />
gli aveva donato numerosi beni posti nelle vicinanze <strong>di</strong> S. Giovanni 5 ; inoltre i due<br />
figli del signore, tra 1338 e 1346, acquistarono assieme oltre 2.000 tornature <strong>di</strong><br />
terreni, prevalentemente boschivi e vallivi, nei pressi <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> 6 . Tra <strong>di</strong> essi vi<br />
erano probabilmente quelli che nel 1342 vennero utilizzati da Taddeo per creare<br />
la nuova universitas <strong>di</strong> Valbona, una sorta <strong>di</strong> borgo franco destinato a colonizzare<br />
un territorio incolto, e dove si sperava <strong>di</strong> attirare manodopera attraverso una serie<br />
<strong>di</strong> forti agevolazioni fiscali 7 .<br />
Questi elementi aiutano a capire come mai, al momento della cessione della<br />
signoria ai Visconti, Giacomo e Giovanni in<strong>di</strong>cassero con chiarezza, in un decreto<br />
del 24 ottobre, che essi, pur riconoscendo in anticipo la vali<strong>di</strong>tà delle decisioni che<br />
il consiglio del popolo avrebbe preso – con ovvio riferimento all’acclamazione dei<br />
Visconti – riba<strong>di</strong>vano che in ogni caso mai il consiglio del popolo avrebbe potuto<br />
revocare la sovranità dei due fratelli Pepoli su <strong>Crevalcore</strong>, S. Giovanni, Nonantola<br />
e S. Agata; una posizione certamente “<strong>di</strong>fensiva”, che mirava a tutelare le ultime<br />
vestigia del potere pepolesco nel bolognese 8 .<br />
La signoria dell’arcivescovo <strong>di</strong> Milano Giovanni Visconti ebbe la legittimazione<br />
del consiglio del popolo, supremo organo citta<strong>di</strong>no, e si presentò con caratteri <strong>di</strong><br />
netto rinnovamento rispetto al passato. Questo cesura è ben visibile anche a livello<br />
archivistico, dove si nota la scomparsa dei decreti pepoleschi a favore della serie<br />
delle riformagioni e provvigioni cartacee viscontee, che iniziano dal 24 ottobre<br />
1350 9 .<br />
Nei patti <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta della città furono stabilite, per i fratelli Pepoli, con<strong>di</strong>zioni<br />
molto favorevoli, tra le quali spicca la sovranità, con mero e misto imperio, sui<br />
castelli <strong>di</strong> S. Giovanni, <strong>Crevalcore</strong>, Nonantola e S. Agata. Giacomo e Giovanni<br />
Pepoli sarebbero entrati a far parte dell’entourage visconteo, mantenendo un solido<br />
ra<strong>di</strong>camento nell’area sopra menzionata. Tuttavia i Visconti avevano stipulato<br />
questa clausola in malafede, attendendo soltanto l’occasione giusta per annettersi<br />
<strong>Crevalcore</strong> e le altre località pepolesche. E’ d’altra parte chiaro che i nuovi<br />
dominatori avrebbero mal tollerato la nascita <strong>di</strong> una enclave potenzialmente ostile<br />
all’interno dei loro territori. Nel giugno 1351 Giacomo Pepoli venne incarcerato<br />
5 ANTONIOLI, Conservator, cit., p. 67.<br />
6 Ibidem, p. 74.<br />
7 Ibidem, p. 152; cfr. la trascrizione del decreto signorile in appen<strong>di</strong>ce.<br />
8 Si veda in appen<strong>di</strong>ce il testo del decreto.<br />
9 Sugli inizi della signoria viscontea a Bologna il lavoro <strong>di</strong> riferimento è G. LORENZONI, Conquistare<br />
e governare la città. Forme <strong>di</strong> potere e istituzioni nel primo anno della signoria viscontea a Bologna (ottobre 1350novembre<br />
1351), tesi <strong>di</strong> dottorato in Storia Me<strong>di</strong>evale, Università <strong>di</strong> Bologna 2004.
Fig. 2. Giovanni Visconti, incisione settecentesca. Nato verso il 1290 da Matteo Visconti, <strong>di</strong>venne<br />
arcivescovo <strong>di</strong> Milano nel 1342. Fu signore <strong>di</strong> Milano a partire dal 1339. Si inimicò il papa, ma<br />
grazie alla protezione del re <strong>di</strong> Francia iniziò una spregiu<strong>di</strong>cata politica espansionistica che portò il<br />
biscione visconteo nelle città <strong>di</strong> Genova e Bologna, fino a lambire il territorio <strong>di</strong> Firenze. Morì il 5<br />
ottobre 1354, all’età <strong>di</strong> 64 anni.<br />
con l’accusa <strong>di</strong> aver tentato <strong>di</strong> introdurre a Bologna delle truppe fiorentine, destinate<br />
a rovesciare il regime visconteo; i suoi beni vennero confiscati ed egli fu mandato<br />
prigioniero a Milano. E’ assai probabile che l’accusa fosse pretestuosa; certamente<br />
essa permise a Giovanni Visconti <strong>di</strong> impadronirsi rapidamente delle quattro località.<br />
In una lettera del 2 settembre 1351 l’arcivescovo or<strong>di</strong>nava ai suoi rappresentanti<br />
a Bologna che le terre <strong>di</strong> S. Giovanni, <strong>Crevalcore</strong>, S. Agata e Nonantola fossero<br />
considerate a tutti gli effetti <strong>di</strong> pertinenza del comune <strong>di</strong> Bologna 10 . Può darsi<br />
che <strong>Crevalcore</strong> fosse stata occupata assai rapidamente, forse persino prima della<br />
congiura <strong>di</strong> Giacomo Pepoli, perchè esistono dei mandati <strong>di</strong> pagamento a favore <strong>di</strong><br />
alcune persone che avevano custo<strong>di</strong>to il castello per conto del comune <strong>di</strong> Bologna<br />
fin dal maggio 1351 11 .<br />
10 SORBELLI, cit., p. 457. Giovanni Pepoli, a <strong>di</strong>fferenza del fratello, aveva invece accettato la tutela<br />
politica dei Visconti ed era <strong>di</strong>ventato collaboratore dell’arcivescovo.<br />
11 LORENZONI, cit., p. 83.<br />
21
22<br />
Nei registri del vicariato, che analizzeremo tra poco, vi sono tracce della<br />
<strong>di</strong>sgrazia <strong>di</strong> Giacomo Pepoli. In data 29 luglio 1351 il vicario visconteo Giovanni<br />
<strong>di</strong> Meletolo or<strong>di</strong>na al nunzio del comune <strong>di</strong> Bologna <strong>di</strong> recarsi presso il massaro<br />
<strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> per sequestrare i beni <strong>di</strong> Giacomo Pepoli fino alla somma <strong>di</strong> 600<br />
fiorini, e così pure quelli del suo sostenitore Rubeus de Liaçariis 12 .<br />
Il 6 <strong>di</strong>cembre 1351 il vicario <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, Giovanni Scaccabarozzi, proibisce<br />
a chiunque, sotto pena <strong>di</strong> 100 lire <strong>di</strong> bolognini, <strong>di</strong> compiere ruberie e furti nella<br />
<strong>di</strong>mora dell’arcivescovo a <strong>Crevalcore</strong>, che in precedenza era appartenuta a Giacomo<br />
Pepoli. Da questo breve decreto si può arguire che questo e<strong>di</strong>ficio, confiscato dai<br />
Visconti, fosse oggetto <strong>di</strong> saccheggi in quanto considerato ancora dalla popolazione<br />
<strong>di</strong> pertinenza pepolesca 13 .<br />
Il nuovo regime<br />
I Visconti governarono la città <strong>di</strong> Bologna attraverso tre ufficiali principali:<br />
il podestà, il capitano o luogotenente del signore e il vicario generale. Il primo<br />
corrispondeva alla tra<strong>di</strong>zionale magistratura, che era sempre stata eletta con<br />
continuità al vertice del comune. Il capitano svolgeva a tutti gli effetti le veci del<br />
signore, con un ampio spazio <strong>di</strong> libertà sul piano dell’azione politica. Non è casuale<br />
che per tale motivo la carica fosse sempre assegnata a esponenti della famiglia<br />
Visconti: prima Galeazzo, che la tenne fino al <strong>di</strong>cembre 1350, poi Bernabò, fino<br />
all’aprile del 1351, e infine Giovanni Visconti da Oleggio, che rimase nella carica<br />
<strong>di</strong> capitano fino al 1355, quando si insignorì personalmente della città.<br />
Il vicario del signore era una carica già esistente sotto la signoria pepolesca; <strong>di</strong><br />
fatto i Visconti non fecero altro che confermarla, pur affidandola a uomini <strong>di</strong> loro<br />
completa fiducia. A <strong>di</strong>fferenza del capitano, il vicario svolgeva compiti meramente<br />
amministrativi, come già era accaduto al tempo <strong>di</strong> Taddeo Pepoli.<br />
Molti degli ufficiali del comune sotto la signoria viscontea erano uomini <strong>di</strong><br />
fiducia dell’arcivescovo <strong>di</strong> Milano, spesso provenienti da altre città dello stato<br />
milanese; tuttavia alcune famiglie vicine ai Pepoli, come i Bianchi, i Bentivoglio e i<br />
Bonacatti, continuarono a collaborare con il nuovo regime, mentre un fedelissimo<br />
<strong>di</strong> Giacomo e Giovanni Pepoli, Masino <strong>di</strong> Egi<strong>di</strong>o Tebal<strong>di</strong>, nell’aprile 1351 si<br />
vide confermare nella carica <strong>di</strong> notaio all’ufficio dei Memoriali 14 ; analogamente<br />
Giacomino <strong>di</strong> Pietro Angelelli, già esponente della curia notarile pepolesca, fu<br />
12 ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 1, c. 4v.<br />
13 Ibidem, reg. 3, c. 6v.<br />
14 LORENZONI, cit., pp. 208-09 e 132-133.
convocato più volte tra i sapienti nominati dalla nuova signoria 15 . Tutto ciò sembra<br />
<strong>di</strong>mostrare che, pur nella <strong>di</strong>scontinuità tra i due regimi signorili, sia mancata la<br />
volontà, da parte dei Visconti, <strong>di</strong> procedere a una completa e totale rottura con il<br />
periodo precedente; inoltre i nuovi dominatori avevano interesse a sfruttare, per<br />
quanto possibile, la competenza <strong>di</strong> coloro che avevano già ricoperto uffici sotto<br />
il precedente regime.<br />
L’istituzione dei vicariati.<br />
Le <strong>di</strong>fficoltà economiche del contado bolognese e la necessità <strong>di</strong> alleggerire le<br />
spese a carico del comune spinsero la nuova signoria alla creazione <strong>di</strong> una nuova<br />
<strong>di</strong>strettuazione del contado, basata sui vicariati, che andavano a sostituire le vecchie<br />
podesterie <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>era, circoscrizioni territoriali formate da più comunità, che si<br />
erano delineate fin dalla seconda metà del XIII secolo. La riforma venne preparata<br />
da una commissione <strong>di</strong> nove citta<strong>di</strong>ni, le cui deliberazioni, approvate dalla signoria,<br />
confluirono poi negli statuti del 1352 16 .<br />
Il vicario era nominato dal signore e durava in carica sei mesi; la sua familia<br />
era costituita da un notaio e quattro famuli 17 . La sua giuris<strong>di</strong>zione si estendeva alle<br />
cause <strong>di</strong> valore inferiore alle 5 lire <strong>di</strong> bolognini (pari a 100 sol<strong>di</strong>). Ogni causa non<br />
15 Ibidem, p. 208. Ad esempio Brunino Bianchi è preposto all’ufficio delle biade, continuando<br />
quin<strong>di</strong> ad occuparsi <strong>di</strong> problemi annonari come al tempo dei Pepoli (LORENZONI, cit., p. 253). Anche<br />
altre figure vicine ai Pepoli collaborano con i Visconti: Bono Magnani, cognato <strong>di</strong> Riccardo Fantuzzi,<br />
è spesso tra nominato tra i sapienti e gli anziani (LORENZONI, cit., passim); Tettalasina Flamenghi<br />
è nominato sapiente circa la <strong>di</strong>stribuzione del sale (ibidem, p. 303); Tommaso e Michele Schiasse<br />
ricoprono la carica <strong>di</strong> anziano (ibidem, p. 288); Guido e Pietro Lambertini vengono più volte chiamati<br />
a incarichi <strong>di</strong> responsabilità (ibidem, pp. 404, 406, 415). Il dottore in <strong>di</strong>ritto canonico Giovanni <strong>di</strong> S.<br />
Giorgio viene impiegato come ambasciatore (ibidem, p. 294), mentre Giacomo Mezzovillani, che era<br />
stato molto vicino ai Pepoli, è nominato sapiente (ibidem, p. 301).<br />
16 Cfr. L. CASINI, Il contado bolognese durante il periodo comunale (secoli XII-XV), Bologna 1909, pp.<br />
277-79. Per questa redazione statutaria cfr. la seguente e<strong>di</strong>zione parziale: Gli statuti del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Bologna<br />
degli anni 1352, 1357; 1376, 1389 (Libri I-III), a cura <strong>di</strong> V. Brai<strong>di</strong>, 2 voll., Bologna 2002 (= Deputazione<br />
<strong>di</strong> Storia Patria per le Province <strong>di</strong> Romagna, Monumenti istorici. Serie Prima. Statuti) (d’ora in avanti:<br />
Statuti). Le norme relative all’istituzione dei vicariati si leggono nel vol. I, pp. 98-135.<br />
17 I nuovi vicari dovranno giurare sui Vangeli “quod ipsi sunt fideles et devoti reveren<strong>di</strong>ssimi<br />
in Christo patris et domini domini nostri domini Iohannis, Dei gratia sancte ecclesie Me<strong>di</strong>olanensis<br />
<strong>di</strong>gnissimi archiepiscopi, civitatum Me<strong>di</strong>olani, Bononie et cetera domini generalis” (Statuti, vol. I, p.<br />
98). E’ evidente dunque il rapporto <strong>di</strong> fedeltà molto stretto che lega il vicario al signore, senza più<br />
alcun riferimento alle istituzioni comunali; viceversa negli Statuti del 1376, dopo la restaurazione del<br />
comune, il medesimo giuramento riesumerà – quasi in una <strong>di</strong>mensione “archeologica” – il linguaggio<br />
politico comunale <strong>di</strong> inizio secolo, usato ancora negli anni 1334-1337, dopo la cacciata <strong>di</strong> Bertrando:<br />
i vicari dovranno infatti giurare “quod ipsi sunt veri amatores comunis et populi Bononie et presentis<br />
status libertatis” (Statuti, vol. II, p. 793).<br />
23
24<br />
poteva durare più <strong>di</strong> un mese, e le sentenze dovevano essere depositate entro 15<br />
giorni presso l’ufficio del <strong>di</strong>sco dell’Orso. Il vicario aveva competenza per quanto<br />
riguarda la tutela e l’amministrazione dei beni dei minorenni, per una somma non<br />
superiore alle 20 lire. Egli doveva inoltre perseguire e far catturare i ban<strong>di</strong>ti e i<br />
ribelli presenti nella sua giuris<strong>di</strong>zione. Il suo salario era <strong>di</strong> 180 lire <strong>di</strong> bolognini,<br />
e al termine del suo ufficio veniva sottoposto a sindacato, secondo la tra<strong>di</strong>zione<br />
delle magistrature comunali 18 . Compito del vicario era anche quello <strong>di</strong> tutelare gli<br />
abitanti posti sotto la sua giuris<strong>di</strong>zione da eventuali soprusi da parte <strong>di</strong> magnati<br />
o altri uomini potenti, e da indebite richieste, da parte <strong>di</strong> costoro, <strong>di</strong> prestazioni<br />
personali <strong>di</strong> carattere feudale 19 .<br />
La riforma portò una notevole semplificazione e razionalizzazione<br />
amministrativa, con il passaggio da quattor<strong>di</strong>ci podesterie <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>era a soli<br />
sette vicariati, aventi la residenza nei seguenti centri: Castelfranco, S. Giovanni<br />
in Persiceto, S. Pietro in Casale, Budrio, Castel S. Pietro, Monzuno, Savigno. Il<br />
comune <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> era compreso nel vicariato <strong>di</strong> S. Giovanni in Persiceto, che<br />
annoverava anche le comunità <strong>di</strong> Bagno, Padule Sala e S. Agata 20 .<br />
I registri del vicariato<br />
Come ha osservato Luigi Casini, i registri del vicariato <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />
costituiscono un perfetto esempio delle forme con cui si è verificato nel contado<br />
il trapasso dall’una all’altra signoria. Il primo registro, cartaceo come tutti gli altri<br />
e dotato <strong>di</strong> una sovracoperta pergamenacea, è <strong>di</strong> grande formato e riporta la<br />
seguente intestazione:<br />
Hec sunt acta agitata et facta coram provido et <strong>di</strong>screto viro domino Reon<strong>di</strong>no Vicecomite<br />
potestate terre Crevalcorii pro reveren<strong>di</strong>ssimo patre et domino d. Iohanne de Vicecomitibus,<br />
Dei et sancte Me<strong>di</strong>olanenssis ecclesie gratia <strong>di</strong>gnissimo archiepiscopo ac domino generali<br />
civitatis Me<strong>di</strong>olani, Bononie et castri Crevalcorii et cetera domino generali, et scripta per<br />
18 CASINI, cit., pp. 279-81.<br />
19 Statuti, vol. I, p. 110: “Teneantur etiam <strong>di</strong>cti vicarii toto posse prohybere ne aliqui habitantes in<br />
eorum castris, terris, locis et villis eorum vicariatibus sub<strong>di</strong>tis et curiis <strong>di</strong>ctarum terrarum opprimantur,<br />
molestentur vel agraventur de facto ab aliquibus nobilibus vel potentibus in comitatu habitantibus<br />
vel ab aliquibus aliis, tam civibus quam forensibus, habitantibus in <strong>di</strong>ctis terris, pro aliquibus angariis<br />
vel perangariis, carigiis, operibus personalibus vel cum animalibus. Ipsoque sub<strong>di</strong>tos totis viribus<br />
deffendere debeant ab omnibus violenciis et illicitis exactionibus et extorsionibus, et si pre<strong>di</strong>cta per<br />
se facere non possent propter potenciam extorquencium, notificare teneantur domino capitaneo,<br />
potestati et vicario Bononie sine mora, et eorum auxilium invocare.” La curatrice degli statuti trascrive<br />
– secondo me erroneamente – “perangariis” con “per angariis”, che non dà senso.<br />
20 Statuti, vol. I, p. 118.
me Lodoychum condam Francisci de Monterinçoli notarium et nunc notarium et officialem<br />
<strong>di</strong>cti domini Reon<strong>di</strong>ni potestatis, sub annis domini millesimo .iii. .Li. in<strong>di</strong>ctione .iiii., <strong>di</strong>ebus<br />
et mensibus infrascriptis 21 .<br />
Come si vede, non siamo ancora in presenza <strong>di</strong> un vicario, bensì <strong>di</strong> un<br />
podestà, che tuttavia non è un qualsiasi ufficiale del comune, bensì Reon<strong>di</strong>no<br />
Visconti, membro della potente famiglia milanese. Questa scelta denota il ruolo<br />
centrale <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> nei tempi imme<strong>di</strong>atamente successivi al trapasso dei poteri;<br />
considerando che la citta<strong>di</strong>na poteva ospitare ancora dei fautori dei Pepoli, si era<br />
ritenuto opportuno affidarla ad un parente del signore.<br />
Gli atti <strong>di</strong> questo primo registro partono dal 21 luglio 1351; il giorno seguente<br />
è registrata una lettera dell’arcivescovo Giovanni con la quale l’ufficio <strong>di</strong> podestà<br />
viene mutato in quello <strong>di</strong> vicario, a sancire in tal modo definitivamente il trapasso<br />
<strong>di</strong> regime 22 .<br />
Il secondo registro, <strong>di</strong> formato assai minore del primo e anch’esso cartaceo, è<br />
privo <strong>di</strong> sovraccoperta pergamenacea e presenta sulla carta iniziale alcuni <strong>di</strong>segni<br />
raffiguranti la vipera che <strong>di</strong>vora un saraceno, simbolo aral<strong>di</strong>co dei Visconti, accanto<br />
a varie probationes penne.<br />
Il registro, che inizia con atti del 17 settembre 1351, reca a c. 1r la seguente<br />
intestazione:<br />
Hec sunt acta agitata et facta coram provido et <strong>di</strong>screto viro domino Reon<strong>di</strong>no Vicecomite<br />
potestate terre Crevalcorii pro reveren<strong>di</strong>ssimo patre et domino d. Iohanne de Vicecomitibus<br />
Dei et sancte Me<strong>di</strong>olanenssis ecclesie gratia <strong>di</strong>gnissimo archiepiscopo ac domino generali<br />
civitatis Me<strong>di</strong>olani, Bononie et castri Crevalcorii et cetera domino generali et scripta per me<br />
Lodoychum condam Francisci de Monterinçoli notarium et nunc notarium et officialem<br />
<strong>di</strong>cti domini Reon<strong>di</strong>ni potestatis. Sub annis domini millesimo .iii. .Li. in<strong>di</strong>ctione .iiii., <strong>di</strong>ebus<br />
et mensibus infrascriptis 23 .<br />
Il terzo registro, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni identiche al precedente, è anch’esso cartaceo<br />
e privo <strong>di</strong> sovraccoperta. Gli atti in esso contenuti iniziano dal 3 <strong>di</strong>cembre 1351;<br />
l’intestazione è la seguente:<br />
In Christi nomine amen. Hec sunt quedam acta agitata et facta coram sapienti et <strong>di</strong>screto<br />
viro domino Iohanne de Schachabaroçiis de Me<strong>di</strong>ollano, honorabili vicario terre Crevalcorii<br />
et alliarum pertinenciarum ipsius pro reveren<strong>di</strong>ssimo in Christo patre et domino domino<br />
Iohanne Viçecomite, Dei et sancte Me<strong>di</strong>ollanenssis eccllesie <strong>di</strong>gnissimo archiepiscopo, ac<br />
civitatis Me<strong>di</strong>ollani, Bononie et Crevalcorii et alliarum domino generalli, et scripta per me<br />
Lodoycum condam Francisci de Monterinçoli notarium et nunc notarium et officiallem <strong>di</strong>cti<br />
21 ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, Reg. 1, c. 1r.<br />
22 Ibidem, reg. 1, c. 6r; per il testo <strong>di</strong> questa lettera cfr. l’appen<strong>di</strong>ce. E’ in errore CASINI, cit., p. 285,<br />
scrivendo che la lettera è datata 26 luglio.<br />
23 Ibidem, reg. 2, c. 1r.<br />
25
26<br />
domini Iohannis vicarii sub annis domini millesimo .iii. c quinquagesimo primo, in<strong>di</strong>ctione<br />
quarta, <strong>di</strong>ebus et mensibus infrascriptis 24 .<br />
Come si vede, nel <strong>di</strong>cembre 1351 Reon<strong>di</strong>no Visconti risultava sostituito, nella<br />
carica <strong>di</strong> vicario, da Iohannes de Schachabaroçiis <strong>di</strong> Milano; il passaggio del testimone<br />
può essere letto nell’ottica <strong>di</strong> una progressiva “normalizzazione” <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> e<br />
della sua situazione interna, una volta sopite le residue velleità pepolesche.<br />
L’attività del vicario si esplicava grazie al supporto <strong>di</strong> un nunzio, che svolgeva il<br />
compito fondamentale <strong>di</strong> notificare i provve<strong>di</strong>menti del vicario ai <strong>di</strong>retti interessati;<br />
in particolare tramite questa figura il convenuto veniva chiamato a giustificarsi<br />
degli addebiti presso il vicario. Nei registri troviamo formule del tipo “Rettulit<br />
Riçardus numptius se cytavisse et personaliter invenisse (aliquem)”. Altro compito<br />
caratteristico <strong>di</strong> questa sorta <strong>di</strong> “ufficiale giu<strong>di</strong>ziario” era quello <strong>di</strong> pignorare i beni<br />
<strong>di</strong> coloro che non avevano pagato la multa alla quale erano stati condannati.<br />
Al vicario potevano essere in<strong>di</strong>rizzate suppliche da parte dei citta<strong>di</strong>ni; questa<br />
usanza, <strong>di</strong>ffusa a Bologna prima sotto la signoria ecclesiastica <strong>di</strong> Bertrando del<br />
Poggetto e successivamente sotto quella <strong>di</strong> Taddeo Pepoli, era un prezioso<br />
strumento <strong>di</strong> governo, che permetteva al signore <strong>di</strong> concedere una deroga alla legge<br />
municipale o al <strong>di</strong>ritto comune, solitamente in materia <strong>di</strong> volontaria giuris<strong>di</strong>zione.<br />
Diffusissime nella Bologna pepolesca, le suppliche sono invece scarse nei registri<br />
del vicariato, probabilmente perché la sua giuris<strong>di</strong>zione non superava le cause <strong>di</strong><br />
100 sol<strong>di</strong>, come si è detto. Ad ogni buon conto il vicario Giovanni Scaccabarozzi<br />
si limita a definirsi “cognitor” <strong>di</strong> una supplica ricevuta, lasciando intendere che<br />
l’autorità <strong>di</strong> decidere in merito alla richiesta spettava esclusivamente al signore <strong>di</strong><br />
Milano 25 .<br />
Accanto al vicario e al nunzio agiva il notaio, che per tutti e tre i registri in<br />
questione è Lodoychus condam Francisci de Monterinçoli; egli, oltre ad essere ovviamente<br />
responsabile della tenuta dei registri, poteva affiancare il vicario in compiti <strong>di</strong><br />
maggior responsabilità, come l’escussione <strong>di</strong> testimoni. Questa attività era resa<br />
possibile dal fatto che il notaio, per la sua preparazione professionale, era un uomo<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>screta cultura, mentre d’altro canto la natura delle cause <strong>di</strong>scusse presso il<br />
vicario, come vedremo, era tale da non richiedere sempre elevate competenze<br />
giuri<strong>di</strong>che.<br />
Entrando nel merito del contenuto dei registri, va detto subito che sarebbe<br />
sbagliato attendersi dal resoconto delle cause uno spaccato vivo e palpitante <strong>di</strong><br />
storia della mentalità o della cultura materiale. Il linguaggio stereotipato della<br />
24 Ibidem, reg. 3, c. 1r.<br />
25 Ibidem, reg. 3, c. 19v: supplica presentata in data 14 <strong>di</strong>cembre 1351, nella quale lo Scaccabarozzi<br />
si definisce congiuntamente “vicarius et potestas terre Crevalcorii”.
Fig. 3– ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 2, c. 1r<br />
27
28<br />
giustizia tardo-me<strong>di</strong>evale e più ancora la forma mentis burocratico-amministrativa<br />
dei suoi operatori, a partire in questo caso dal vicario, rendono nel complesso<br />
piuttosto monotono il contenuto dei registri, come del resto accade a tutta<br />
l’analoga documentazione contemporanea. A ciò si aggiunga che <strong>Crevalcore</strong> era<br />
pur sempre un centro periferico, che non poteva competere con Bologna per<br />
vivacità culturale e sociale.<br />
Il contenuto delle inquisitiones del vicario mostra una realtà quasi esclusivamente<br />
rurale, in cui le liti tra gli abitanti erano motivate sopratutto da danni dati sulle<br />
proprietà altrui, da furti <strong>di</strong> bestiame o <strong>di</strong> attrezzi, oppure da debiti connessi alla<br />
compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> beni <strong>di</strong> prima necessità (cereali, vino, suppellettili ecc.).<br />
Per fare un esempio, si veda in data 4 <strong>di</strong>cembre 1351 (c. 2v) il caso <strong>di</strong> un certo<br />
Perondus Guillelmi de Nicholis, che accusa il beccaio Stephanus <strong>di</strong> avergli recato danno<br />
con un bue su un suo terreno posto in località “La Schina Rosa”, “scalpedando et<br />
corodendo <strong>di</strong>ctum bladum”, cioè danneggiando i cereali che erano stati seminati<br />
nel campo. Il danneggiato valuta il danno subito 20 sol<strong>di</strong>; il beccaio, citato dal<br />
nunzio, compare e chiede <strong>di</strong> nominare due uomini che valutino questo danno,<br />
<strong>di</strong>cendosi pronto eventualmente a risarcirlo. Poco dopo il vicario, intervenendo<br />
personalmente, respinge questa richiesta e impone a Stephanus <strong>di</strong> provare entro 10<br />
giorni la propria innocenza; in caso contrario si procederà contro <strong>di</strong> lui “secundum<br />
formam iuris”. E’ interessante notare che lo stesso beccaio, probabilmente per<br />
ritorsione, accusa Guillelmus, padre <strong>di</strong> Perondus <strong>di</strong> avergli sottratto un “falçone”,<br />
da identificare con uno strumento agricolo, probabilmente un tipo <strong>di</strong> falce o <strong>di</strong><br />
mannaia.<br />
Ma che questo Stephanus fosse poco rispettoso delle proprietà altrui parrebbe<br />
testimoniarlo un’altra accusa analoga, portata contro <strong>di</strong> lui da Gerar<strong>di</strong>nus Petri Petrioli,<br />
confinante <strong>di</strong> Perondus e anch’egli danneggiato da un bue del beccaio 26 . E’ facile<br />
vedere in queste liti l’esito <strong>di</strong> modesti rancori tra vicini, che non trovavano modo<br />
<strong>di</strong> comporsi per via amichevole.<br />
Un caso simile è quello <strong>di</strong> d.na Bona condam Guillelmi, la quale denuncia i danni<br />
subiti da un tale Brettorius Morus, che avrebbe invaso un suo terreno posto presso<br />
<strong>Crevalcore</strong> in località “Lo Pinzon”, e qui “schalvando” alcuni salici e devastando<br />
le viti che vi erano appoggiate avrebbe recato un danno stimato in 10 sol<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
bolognini 27 .<br />
Rimanda in<strong>di</strong>rettamente alla viticultura anche il furto <strong>di</strong> una botte, sottratta alla<br />
casa “illorum de Ambroxiis”, che viene confermato anche da alcuni testimoni 28 .<br />
26 Ibidem, reg. 3, c. 2v-3v.<br />
27 Ibidem, reg. 2, c. 6v<br />
28 Ibidem, reg. 2, c. 8r.
Fig. 4– ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 3 c. 1r<br />
29
30<br />
Fig. 5– ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 3 c. 1r: particolare dell’intestazione.<br />
Si veda anche la lite che spinge Laurentius mag. Chambii a denunciare un tale<br />
Bergonginus, i cui beni erano stati confiscati a seguito <strong>di</strong> un reato, con l’accusa <strong>di</strong><br />
detenenere illegalmente una sua capra “brinata çingiata de albo”; l’accusatore<br />
evidenzia che la controparte aveva l’animale in soccida, ma che la proprietà spettava<br />
a lui. Per appurare la verità, il notaio del vicario compie una serie <strong>di</strong> inquisitiones<br />
dalle quali risulta che i testimoni, appellandosi anche alla “publica vox et fama”,<br />
dànno ragione a Laurentius 29 .<br />
A volte i registri forniscono un piccolo campionario degli oggetti della vita<br />
quoti<strong>di</strong>ana, come nel caso dei pignoramenti compiuti dal nunzio Riçardus: tra i beni<br />
pignorati si annoverano ad esempio una zappa (“çapa”) e una lancia (“lancea”),<br />
sottratti a Petrus Ragacinus perché non aveva pagato due sol<strong>di</strong>; nella stessa carta si<br />
legge anche che il nunzio Dainexius aveva pignorato a Gerar<strong>di</strong>nus de Goso una “piola”<br />
(sorta <strong>di</strong> lancia corta), a Tomax Arçimanus una “toaglia” e a Iohaninus Balugola un<br />
“falcinelus”. Si noti la presenza <strong>di</strong> armi, la cui detenzione era molto <strong>di</strong>ffusa e <strong>di</strong><br />
fatto tollerata, nonostante le numerose <strong>di</strong>sposizioni statutarie in contrario 30 .<br />
Attraverso questi pochi esempi abbiamo dunque, sia pure in forma modesta<br />
e limitata, uno spaccato della vita quoti<strong>di</strong>ana del tempo, che in una località del<br />
contado come <strong>Crevalcore</strong> aveva prevalentemente caratteri rurali e fortemente<br />
conservativi. Fonti come questi registri, se indagate in modo sistematico, possono<br />
essere preziose per la storia locale; si pensi, ad esempio, alla possibilità <strong>di</strong> ricostruire<br />
la microtoponomastica del tempo, la storia <strong>di</strong> particolari e<strong>di</strong>fici oppure l’idrografia<br />
del territorio. Si tratta solo <strong>di</strong> alcune in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> massima, in <strong>di</strong>rezione delle quali<br />
potrebbe orientarsi in futuro l’analisi <strong>di</strong> queste fonti troppo spesso <strong>di</strong>menticate.<br />
29 Ibidem, reg. 2, c. 11r-v.<br />
30 Ibidem, reg. 3, c. 8r.
APPENDICE DI DOCUMENTI<br />
ASBo, <strong>Comune</strong>, Governo, Signoria Pepoli, Provvigioni cartacee, reg. 15<br />
cc. 12r-13r (1342 febbraio 23)<br />
Die .xxiii. februarii31 ./<br />
Item prefatus dominus <strong>di</strong>lletissimorum filiorum suorum Iacobi et Iohannis a se /<br />
emancipatorum iustis suplicationibus inclinatus, proponentium se po/sidere et ex veris ac<br />
iustis titulis et causis acquisivise quasi totum teritorium / seu terenum confinibus qui infra<br />
subiciuntur incluxum et terminatum, quod / <strong>di</strong>versis particolaribus nominibus <strong>di</strong>scripbitur,<br />
uno tamen generali nomine “Gralegum” / nuncupatum, positum et situatum in comitatu<br />
Bononie, inter seu intra / curias terrarum Sancti Iohannis in Persiceto, Crevalcorii et Sancte<br />
Agate / et in ipsarum terrarum curiis seu alterius earum, quasi totum teritorium et terenum<br />
/ incultum esse et totum inhabitabile et dexertum, et inde aut / in illo transseuntibus vel<br />
paschulantibus omni quasi tempore umbrosum et / periculoxum, desiderantium etiam<br />
illud totum ad terras cultas seu / pratora vel nemora reducere, et prout eis possibile 32 fuerit,<br />
et / comunis ac eorum utilitas suadebit, ibidemque he<strong>di</strong>ficia domorum / fieri facere, ut<br />
habitantes et cultores reperiantur in eisdem, et contracta / tota, et etiam terre pre<strong>di</strong>cte<br />
circumvicine in securiori statu maneant / et fructus, red<strong>di</strong>tus ex eis percipiantur tam eis<br />
quam popullo Bononie pro/futuri; <strong>di</strong>centium etiam pre<strong>di</strong>cta comode fieri non vallere, nixi<br />
<strong>di</strong>ctum terrenum ab aliis terris at ab aliis comunibus circumvicinis, et earum curiis et guar<strong>di</strong>is<br />
segregetur, et liberum efficiatur, et habitantes / qui pro tempore ibidem habitaverunt<br />
gaudeant congrua immunitate / et libertate, saltem pro tempore de quo magis videbitur<br />
convenire, ut habi/tatores habeantur, terra quam per se sit et perpetuo habeatur, et speciali<br />
/ imponendo nomine perpetuo nuncupetur. Advertens igitur pre<strong>di</strong>cta non solum / ad<br />
<strong>di</strong>ctorum filiorum suorum honorem et comodum, set etiam tocius rei publice / civitatis<br />
Bononie pertinere, et posse verisimiliter redundare, et ut omni / profectu, honore, statu<br />
et hominibus prefacta civitas eiusque <strong>di</strong>strictus / repleatur, omni auctoritate pre<strong>di</strong>cta qua<br />
fungitur, et omni via, iure et modo / quibus melius potest, provi<strong>di</strong>t, statuit et decrevit quod<br />
totum <strong>di</strong>ctum teri/torium et terenum per eosdem filios suos acquisitum et aquirendum in<br />
circum/stanciis pre<strong>di</strong>ctis terminatum et quatenus terminatur seu terminari / potest, super<br />
strata qua itur a terra Sancti Iohannis pre<strong>di</strong>cta ad terram Crevalcorii, / incipiendo ab ea<br />
parte que est versus <strong>di</strong>ctam terram Sancti Iohannis 33 / et eumdo <strong>di</strong>recto quatenus a <strong>di</strong>cto<br />
termino continuando versus Crevalcorium usque 34 [...] / eundo vero a <strong>di</strong>cta strata supra<br />
versus / <strong>di</strong>ctam terram Sancte Agate usque 35 [...] / eundo ad squadrum supra versus <strong>di</strong>ctum<br />
31 Decretum universitatis volencium venire ad habitandum super terreno Iacobi et Iohannis<br />
posito in curia Crevalcorii et Sancte Agate nel margine sinistro.<br />
32 possibile, ms. posibele.<br />
33 Segue spazio bianco e segno <strong>di</strong> comma.<br />
34 Segue spazio bianco e segno <strong>di</strong> comma<br />
35 Segue spazio bianco e segno <strong>di</strong> comma<br />
31
32<br />
locum quatenus sub <strong>di</strong>ctis / terminis <strong>di</strong>cte strate squadrando inclu<strong>di</strong>tur et conprehen<strong>di</strong>tur<br />
/ (c. 12v) a <strong>di</strong>cta vero strata infra usque ad valles et ultra, quantum proten<strong>di</strong>tur teritorium<br />
/ comunis Bononie ad squadrum pre<strong>di</strong>ctum. Et totum quidquid est inter seu infra <strong>di</strong>ctos /<br />
terminos et confinia, et etiam totum quidquid est vel esse reperiretur, eciam extra / <strong>di</strong>ctos<br />
terminos, quod in <strong>di</strong>ctis acquisitionibus per eos factis vel fien<strong>di</strong>s contineretur / quatenus<br />
contiguum esset cum <strong>di</strong>cto terreno posito infra <strong>di</strong>ctos 36 terminos, vel / aliqua eius parte,<br />
sit et esse intelligatur ipso iure et facto et efficaciter / liberum, exemptum et exclusum a<br />
<strong>di</strong>ctis terris supra nominatis, et aliis omnibus / a<strong>di</strong>acentibus in quarum vel alicuius earum<br />
curiis quoquo modo vel pro aliqua parte / positum esse <strong>di</strong>ceretur vel reperietur; et ab<br />
ipsarum omnium terrarum et aliarum / tam specificatarum quam non, curiis ac territoriis,<br />
officialibus, iuris<strong>di</strong>ctionibus / honeribus et gravaminibus realibus 37 , personalibus et mistis,<br />
or<strong>di</strong>nariis et extra/or<strong>di</strong>nariis et aliis quibuscumque et cuiuscumque generis, eciam si de<br />
potestatibus, / iu<strong>di</strong>cibus seu notariis de banderia vel de sacho aut eorum salario ageretur.<br />
/ Et sic eum liberavit, exemit et excluxit, ac liberat, eximit et / exclu<strong>di</strong>t, et territorium et<br />
terrenum per se liberum, et specialis terra / per se 38 perpetuo sit et esse 39 intelligatur, que<br />
Valbona debeat / nominari, et eius, in eius et de eius curia et guar<strong>di</strong>a sit et esse inteligatur<br />
/ perpetuo totum terenum et teritorium supra<strong>di</strong>ctum, quo ad omnia que de curiis / seu<br />
guar<strong>di</strong>a terrarum, comitatus aut <strong>di</strong>strictus Bononie <strong>di</strong>sposita reperientur; / et quod omnes<br />
et synguli, qui 40 non sunt vel erunt de iuris<strong>di</strong>ctione / aut subiectione comunis Bononie,<br />
tempore quo ad habitandum venerunt ut infra, / qui habitaverunt seu ad habitandum<br />
venerunt in ipsa terra aut super / ipso territorio vel tereno, vel aliqua eius parte, sint et<br />
esse inteligantur / pro toto tempore viginti annorum continuorum a <strong>di</strong>e qua habitare<br />
inceperunt / computando, liberi, immunes et exempti ab omnibus et singulis honeribus /<br />
et gravaminibus realibus ac personalibus et mistis, angarariis et perangarariis, / or<strong>di</strong>nariis<br />
et extraor<strong>di</strong>nariis, et ceteris aliis omnibus cuiuscumque qualitatis / et generis impositis<br />
seu iniunctis aut imponen<strong>di</strong>s seu iniungen<strong>di</strong>s / per comune Bononie aut eius vices et<br />
auctoritatem obtinentes in civitatem Bononie aut / eius comitatu, territorio vel <strong>di</strong>strictu<br />
aut suis sub<strong>di</strong>tis vel habitatoribus / eamdem, pro toto tempore supra<strong>di</strong>cto, pro eo silicet<br />
tamen tempore quo ibidem / habitarent infra <strong>di</strong>ctum terminum viginti annorum, nec ad<br />
aliqua talia / honera vel gravamina teneantur aut compelli posint vel debeant / quoquo<br />
modo, etiam pro hiis bonis que ipsi habitantes aquirerent in futurum, nixi quatenus de<br />
alterius non exempty honere vel gravamine trataretur, pro quo ipsa bona obligata <strong>di</strong>cerentur,<br />
et exeptis daciis et gabellis comunis Bononie presentibus 41 vel futuris / que etiam infra<br />
<strong>di</strong>ctum terminum viginti annorum solvere et subire / teneantur, sicut cives civitatis Bononie<br />
tenentur. Ita tamen / quod hac libertate vel immunitate reali vel personali non gaudeat /<br />
(c. 13r) aut ibidem habitare posit, aliquis qui sit, vel pro tempore fuerit, / bapnitus comunis<br />
36 <strong>di</strong>ctos, ms. <strong>di</strong>cto.<br />
37 Segue et depennato.<br />
38 Segue se ripetuto.<br />
39 esse, ms. esset, -t cancellata.<br />
40 Segue parola cancellata.<br />
41 presentibus, ms. presuntibus.
Bononie pro malleficio aut confinatus vel inter<strong>di</strong>ctus ab ipsa / civitate aut eius <strong>di</strong>strictus,<br />
vel rebellis aut inimicus <strong>di</strong>cti comunis / aut <strong>di</strong>ctorum, pro tempore quo sic bapnitus <br />
confinatus fuerit, aut rebellis vel inimicus ut supra; posint etiam habitatores pre<strong>di</strong>cti et<br />
/ eis liceat facere et habere comune et universitatem per se, et comune et / universitas<br />
censeatur <strong>di</strong>cte terre, et officiales sibi facere et elligere / posint, prout et sicut <strong>di</strong>cti eius<br />
filii, aut ipsorum successores dusserint / <strong>di</strong>sponendum vel comitendum. Ita tamen quod<br />
ipsa terra, universitas et / habitatores eiusdem perpetuo eciam infra <strong>di</strong>ctum terminum viginti<br />
/ annorum in quibuscumque iusticiam tangentibus, aut ad merum, / mistum imperium<br />
vel iuris<strong>di</strong>ctionem pertinentibus, subesse, parere et / respondere debeant eidem domino<br />
conservatori et comuni Bononie, et eius / officialibus et ipsius et ipsorum legibus et statutis<br />
ac decretis et preceptis / et in ceteris aliis occurentibus, exceptis honeribus et gravaminibus<br />
ante<strong>di</strong>ctis; et etiam in eis et de eis ellapso <strong>di</strong>cto termino viginti annorum / immunitatis eis<br />
concesse, sicut alii cives <strong>di</strong>cte civitatis, aut homines / eius comitatus, territorii vel <strong>di</strong>strictus,<br />
singula syngulis referendo, / prout eis posunt sine vicio adaptari, non obstante in premisis<br />
/ vel aliquo premisorum aliquo iure comuni vel municipali civitatis Bononie / aut ipsius<br />
domini conservatoris decreto in contrarium quomodolibet faciente, / generali vel speciali,<br />
derogatorio vel non, eciam 42 si de eo / oporteret fieri mentionem; quibus omnibus ante<br />
omnia derogavit et derogat, et pro specificatis haberi voluit et mandavit. //<br />
ASBo, <strong>Comune</strong>, Governo, Signoria Pepoli, Provvigioni cartacee, reg. 42, c. 316r<br />
(1350 ottobre 24).<br />
In Christi nomine amen. Eiusdem nativitatis anno millesimo trecentesimo quinquagesimo /<br />
in<strong>di</strong>ctione tercia, <strong>di</strong>e dominico vigesimoquarto octubris in nonis et hora none. / Magnifici<br />
domini domini Iacobus et Iohannes fratres de Pepollis , omni auctoritate / arbitrio,<br />
iuris<strong>di</strong>ctione et baylia quibus funguntur in civitate, comitatu et <strong>di</strong>strictu Bononie / et omni<br />
alio modo, forma et iure quibus melius potuerunt et possunt, providerunt / e<strong>di</strong>derunt,<br />
declaraverunt, statuerunt, decreverunt, voluerunt et mandaverunt quod / omnia statuta,<br />
consuetu<strong>di</strong>nes, provixiones, decreta et or<strong>di</strong>namenta comunis seu civitatis / Bononie, et<br />
alie quecumque leges quovis nomine nuncupentur, loquentes et loquentia / de aliqua<br />
forma vel solennitate servan<strong>di</strong>s in conscilliis seu reformationibus seu reformationibus<br />
conscilliorum / sint deceptero cassa et anullata et nullius vigoris et momenti, ac etiam /<br />
ipsa cassaverunt, iritaverunt et anullaverunt. Et insuper voluerunt, e<strong>di</strong>/derunt, statuerunt<br />
et mandaverunt quod deceptero cum vocabitur conscillium generale civitatis / Bononie<br />
per precones comunis Bononie, seu aliquos ex eis, et per sonum campane, quod si in<br />
aliquo / reperiantur esse trecenti cives Bononie, quod ipsi omnes qui reperirentur in ipso<br />
conscillio/ sint et esse intelligantur de conscillio, et ipsi soli tantummodo faciant conscillium.<br />
/ Et quod quicquid in ipso conscillio fuerit factum seu reformatum per existentes in eo<br />
conscilio / vel maiorem partem eorum perinde habeatur, valleat ac sorciatur effectum ac<br />
42 Segue sine depennato.<br />
33
34<br />
si / reformatum et factum foret per totum conscillium et per totum populum civitatis<br />
Bononie, et / ac si per ipsum populum factum foret, cum omnibus solepnitatibus que in<br />
ipso actu a quolibet / iure comuni vel municipali requirerentur, et ac si omnia statuta et<br />
or<strong>di</strong>namenta, tam / sacrata quam non sacrata et quecumque consuetu<strong>di</strong>nes et observantie<br />
comunis vel populi Bononie / et contenta in eis vel solita observari intervenissent et servata<br />
fuissent, et ex nunc / ex plenitu<strong>di</strong>ne sue potestatis, auctoritate et baylie approbaverunt<br />
quicquid in ipso conscillio / factum et reformatum fuerit, non obstantibus aliquibus<br />
statutis, reformationibus et or<strong>di</strong>namentis civitatis / Bononie, sacratis vel non sacratis,<br />
derogatoriis vel non derogatoriis, nec quovis alio iure comuni vel municipali quibus in<br />
quantum obviarent pre<strong>di</strong>ctis vel alicui pre<strong>di</strong>ctorum / voluerint esse derogatum, et si talia<br />
forent de quibus esset necessarium, mentionem facere / specialem et perinde habeatur<br />
ac si de eis et qualibet earum specialis mentio facta foret. / Salvo semper declarato et<br />
excepto quod per pre<strong>di</strong>cta vel alliqua pre<strong>di</strong>ctorum qut per aliquod / conscilium or<strong>di</strong>natum<br />
vel or<strong>di</strong>nandum prenominatis dominis Iacobo et Iohanni vel alteri / eorum non possint<br />
auferri dominium, potestas, iuris<strong>di</strong>ctio, auctoritas vel baylia terrarum / Sancti Iohannis in<br />
Persiceto, Crevalcorii, Nonantulle et Sancte Agathe, aut alicuius / earum vel pertinenciarum<br />
suarum seu exercitium ipsarum vel alicuius earum. Et quod ipse terre / et quelibet earum<br />
et ipsarum iuris<strong>di</strong>ctio, potestas, dominium, auctoritas et baylia ipsis dominis / integre et<br />
absolute remaneant, et in ipsorum dominio, potestate et exercitio sint, de quibus / nemini<br />
liceat se intromictere, et quod in aliquem alium transferri non possint modo / aliquo, iure<br />
vel causa ipse terre vel earum aud alicuius ipsorum dominium, iuris<strong>di</strong>ctio, / exercitium vel<br />
baylia, quas terras et quamlibet earum cum suis curiis et per/tinentiis et earum et cuiuslibet<br />
earum dominium iuris<strong>di</strong>ctionem, exercitium, potestatem / et bayliam ipsi domini sibi<br />
reservaverunt et reservatas et reservata esse voluerunt / et decreverunt //.<br />
ASBo, Vicariati, <strong>Crevalcore</strong>, mazzo 1, reg. 1, c. 6r (1351 luglio 22)<br />
Nos Iohannes Dei gratia sancte Me<strong>di</strong>olanensis ecclesie archiepiscopus ac civitatum<br />
Me<strong>di</strong>olani, Bononie et cetera dominus generalis. De circumspectione nobilis viri Reon<strong>di</strong>ni<br />
Vicecomitis conestabilis nostri equestris confisi, eundem ab ho<strong>di</strong>erna <strong>di</strong>e in antea usque<br />
ad nostre beneplacitum voluntatis in vicarium nostrum terre Crevalcorii, Bononiensis<br />
<strong>di</strong>strictus, et partium que ipsi terre Crevalcori subesse noscuntur, et in officialem nostrum<br />
ad presidendum cum baneria sua custo<strong>di</strong>e ipsi terre Crevalcori et partium pre<strong>di</strong>ctarum<br />
tenore presentium deputamus, facimus et creamus, mandantes universis et singulis <strong>di</strong>ctarum<br />
partium quatenus ipsi Reon<strong>di</strong>no circa huiusmo<strong>di</strong> suum officium in omnibus honori nostro<br />
spectantibus pareant et intendant efficaciter tanquam nobis. Datum Me<strong>di</strong>olani millesimo<br />
trecentessimo quinquagessimo primo, <strong>di</strong>e vigessimo secundo iulii, quarta in<strong>di</strong>ctione.
35<br />
Novecento
36<br />
Fig. 1– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Mon<strong>di</strong>ne nelle valli <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>
GABRIELE BOIANI<br />
Una donazione per l’archivio storico<br />
L’archivio del PCI <strong>di</strong> Caselle<br />
Nel 2004 le Unità <strong>di</strong> Base dei Democratici <strong>di</strong> Sinistra <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, Caselle e<br />
Bolognina donarono all’Istituzione Culturale Paolo Borsellino una raccolta <strong>di</strong> materiale<br />
librario ed archivistico appartenuta alle sezioni del Partito comunista italiano. Il<br />
materiale era pervenuto alle Unità <strong>di</strong> Base a seguito delle note trasformazioni<br />
intervenute nel Partito comunista italiano, <strong>di</strong>ventato PDS ed infine DS.<br />
Il materiale è stato prodotto negli anni che vanno dal 1946 fino alla fine degli<br />
anni ’80.<br />
Scopo della donazione è stato quello <strong>di</strong> evitare la <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> un patrimonio,<br />
costruito nei decenni, che può essere utile per stu<strong>di</strong>are le vicende della storia<br />
recente <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>. Un’idonea collocazione ed un adeguato rior<strong>di</strong>no del materiale<br />
possono favorire ricerche su perio<strong>di</strong> ed eventi che si stanno allontanando nel tempo<br />
e relativamente ai quali stanno scomparendo molti dei testimoni <strong>di</strong>retti.<br />
Il materiale proveniente dalla Unità <strong>di</strong> Base <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> è quasi esclusivamente<br />
composto da libri e riviste. Sono presenti i testi classici del marxismo che ogni<br />
sezione del Partito comunista doveva avere, in particolare le opere <strong>di</strong> Lenin, Marx,<br />
Gramsci nelle e<strong>di</strong>zioni degli E<strong>di</strong>tori Riuniti. Sono presenti altresì alcune raccolte<br />
<strong>di</strong> riviste vicine al P.C.I. specializzate nei vari campi come Stu<strong>di</strong> Storici, Democrazia<br />
e Diritto, Critica Marxista, Rinascita, Nuova Rivista Internazionale.<br />
Manca quasi completamente in questa raccolta la corrispondenza della Sezione,<br />
nonché il materiale da essa prodotto come manifesti, relazioni, atti <strong>di</strong> convegni e<br />
conferenze, rapporti con gli iscritti, ecc. L’assenza <strong>di</strong> questo materiale, sicuramente<br />
il più interessante per il ricercatore o il curioso <strong>di</strong> oggi, è in parte spiegabile con<br />
la mancanza <strong>di</strong> cure appropriate per il mantenimento <strong>di</strong> un archivio.<br />
La ragione principale è però un’altra. Nel 1964, nei mesi in cui furono denunciati<br />
dalla stampa (l’iniziativa fu del settimanale l’Espresso) i tentativi golpistici del<br />
generale De Lorenzo, il PCI temette che una svolta autoritaria nella politica italiana<br />
avrebbe, oltre che compromesso la propria operatività, messo a rischio la libertà e<br />
l’incolumità dei propri membri. In quell’anno compagni fidati furono incaricati <strong>di</strong><br />
occultare tutti i documenti conservati presso le sezioni al fine <strong>di</strong> proteggere, per<br />
quanto possibile, l’identità degli iscritti e <strong>di</strong> salvaguardare la struttura organizzativa.<br />
Questi materiali, per la sezione <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, non sono più stati recuperati; sembra,<br />
37
38<br />
Fig. 2– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Caselle negli anni Cinquanta<br />
dai ricor<strong>di</strong> dei testimoni, che in essi fossero contenuti i verbali delle <strong>di</strong>scussioni,<br />
le relazioni delle assemblee e dei congressi,i materiali <strong>di</strong> propaganda prodotti,<br />
nonché la corrispondenza.<br />
Il materiale proveniente dall’Unità <strong>di</strong> Base <strong>di</strong> Caselle è invece ricco <strong>di</strong> documenti.<br />
Vi è raccolta la corrispondenza della Sezione del Partito comunista italiano con<br />
la Federazione provinciale, con gli organismi comunali del medesimo partito, a<br />
volte con le Sezioni delle limitrofe località del Modenese. Non mancano manifesti<br />
e volantini relativi ad iniziative politiche organizzate localmente. La raccolta è<br />
interessante, in particolare per gli anni ’40 e ’50. Da quanto raccolto da questa<br />
periferica sezione <strong>di</strong> provincia è possibile osservare gli eventi della grande politica<br />
nazionale ed internazionale, ma anche uno sforzo quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> donne e uomini<br />
che cercano <strong>di</strong> organizzarsi per cambiare le dure con<strong>di</strong>zioni della loro esistenza.<br />
Da questi carteggi si può anche tentare <strong>di</strong> ricostruire il mondo e la mentalità<br />
nel quale operavano le organizzazioni del Partito comunista.<br />
Il contenuto delle lettere provenienti dalla Federazione provinciale è finalizzato<br />
soprattutto agli aspetti organizzativi del partito, ma a volte non mancano idee e<br />
progetti per innovazioni ra<strong>di</strong>cali.<br />
Mi sembra molto interessante a questo proposito una lettera della federazione<br />
provinciale del PCI del 1 <strong>di</strong>cembre 1949: in essa si invitano le sezioni e le<br />
organizzazioni politicamente affini ad organizzare nelle giornate <strong>di</strong> Natale,<br />
Capodanno ed Epifania delle feste e delle manifestazioni alternative a quelle tipiche<br />
della tra<strong>di</strong>zione cattolica.
“…Bisogna che ci mettiamo al lavoro, (le forze e le capacità non ci mancano) per permettere a<br />
tutti coloro, che per tra<strong>di</strong>zione escono <strong>di</strong> casa la notte <strong>di</strong> Natale, <strong>di</strong> avere una attrattiva che non sia<br />
quella della messa. E non solo, ma dobbiamo operare in maniera che si possa interessare altra gente,<br />
andare più lontano, giungere a persone che non hanno mai partecipato perché contrari alle forme<br />
rigide che la Chiesa impone, per trasformare la festa del Natale in una manifestazione popolare.<br />
[...] L’intenzione deve essere quella <strong>di</strong> celebrare queste festività fuori dagli schemi della Chiesa,<br />
nelle forme nuove e nostre, senza per questo voler entrare in concorrenza con la chiesa, su un campo<br />
che non vuole essere il nostro.<br />
Cosa fare?<br />
1°) Allestire un albero <strong>di</strong> Natale in una piazza (l’albero <strong>di</strong> Natale deve <strong>di</strong>ventare il simbolo<br />
tra<strong>di</strong>zionale) in una via del paese o del rione, il più grande possibile, adorno <strong>di</strong> luci e <strong>di</strong> festoni<br />
colorati e scintillanti.<br />
2°) L’albero <strong>di</strong> Natale così costruito, deve essere il simbolo attorno al quale andranno organizzate<br />
le più varie iniziative nella notte <strong>di</strong> Natale e seguenti. Ad esempio:<br />
-Balletti elementari <strong>di</strong> giovani e ragazze, con canti, fisarmoniche, ecc<br />
-Recite <strong>di</strong> poesie sul Natale fatte da bimbi (cercare <strong>di</strong> trovare delle poesiole che parlino dei<br />
bambini poveri, della pace, della fraternità, della lotta per il pane e il lavoro dei loro padri). Si possono<br />
premiare i più bravi.<br />
-Raccolta <strong>di</strong> doni sotto l’albero per i bimbi poveri e per i carcerati politici<br />
-Distribuzione <strong>di</strong> un ramoscello <strong>di</strong> abete, quale simbolo del nostro Natale”<br />
Il documento è ricco <strong>di</strong> suggerimenti organizzativi per realizzare questi<br />
programmi anche per le feste <strong>di</strong> Capodanno ed Epifania.<br />
Si trattava, nonostante le ripetute affermazioni <strong>di</strong> non volere entrare in<br />
concorrenza con la Chiesa e la tra<strong>di</strong>zione, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno ambizioso, volto al<br />
rinnovamento ra<strong>di</strong>cale dell’identità <strong>di</strong> una comunità. E’ comprensibile che un<br />
tale tentativo avvenga in un periodo, come l’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra, in cui c’è un<br />
grande desiderio <strong>di</strong> cambiamento e <strong>di</strong> messa in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> secolari rapporti<br />
sociali e delle tra<strong>di</strong>zioni tipiche <strong>di</strong> quel mondo.<br />
Risaltano in questa lettera, come in tante altre, gli inviti alle strutture del partito<br />
a rivolgersi in particolare alle donne ed ai giovani, affinché siano essi i principali<br />
protagonisti del rinnovamento della società.<br />
E’ interessante anche un’analisi del linguaggio della corrispondenza proveniente<br />
dalla federazione. Nei primi anni del dopoguerra, in queste missive, ci si rivolge alle<br />
strutture periferiche con <strong>di</strong>sposizioni perentorie, con <strong>di</strong>rettive che lasciano poco<br />
spazio alle repliche. Le frasi non <strong>di</strong> rado sono sgrammaticate. Negli anni successivi<br />
i contenuti sono più articolati e caratterizzati da maggiore problematicità, la forma<br />
è più improntata al <strong>di</strong>alogo, gli errori grammaticali scompaiono.<br />
La donazione proveniente da Caselle contiene però anche altro materiale assai<br />
interessante; quello relativo al Collettivo Braccianti <strong>di</strong> Caselle ed alla Lega Braccianti<br />
<strong>di</strong> Caselle, che si trova insieme al materiale del Partito comunista per la contiguità<br />
degli spazi a<strong>di</strong>biti alla conservazione della documentazione <strong>di</strong> queste forme<br />
associate e, soprattutto, perché spesso erano le medesime persone a produrle ed a<br />
conservarle.<br />
39
40<br />
Fig. 3: – <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1953: manifestazione nel Teatro comunale<br />
per la riforma agraria.<br />
Il materiale relativo al Collettivo Braccianti <strong>di</strong> Caselle ed alla Lega Braccianti <strong>di</strong> Caselle<br />
è sicuramente il più ricco <strong>di</strong> tutta la donazione, probabilmente il più interessante<br />
per la sua originalità.<br />
Ve<strong>di</strong>amo brevemente come si costituiscono queste forme associate a Caselle.<br />
Nella zona <strong>di</strong> Caselle (ma ciò valeva anche per buona parte del restante territorio<br />
crevalcorese, nonché degli altri comuni limitrofi) era molto <strong>di</strong>ffuso il contratto <strong>di</strong><br />
compartecipazione <strong>di</strong> terzeria. In conformità a questo contratto il compartecipante,<br />
che forniva il proprio lavoro per coltivare un terreno, riceveva dal proprietario un<br />
terzo del raccolto (che scendeva a circa il 29% al netto delle spese). Il bracciante<br />
terziario, in base al contratto agrario, non aveva l’alloggio fornito dal proprietario<br />
del terreno (come ad esempio nel contratto <strong>di</strong> mezzadria) e doveva quin<strong>di</strong> anche<br />
affrontare questo non piccolo problema. I terziari vivevano solitamente in<br />
modestissime case in affitto; rari erano i casi <strong>di</strong> coloro che possedevano la casa<br />
d’abitazione.<br />
Si tratta, com’è intuibile, della categoria più povera, meno protetta e più esposta<br />
alle variabili dei raccolti, fra quelle che lavoravano in agricoltura.<br />
Il contratto <strong>di</strong> compartecipazione in Emilia-Romagna era <strong>di</strong> origine antiche ed<br />
aveva avuto una <strong>di</strong>ffusione alla fine dell’Ottocento durante la crisi agraria. Negli<br />
anni 30 del Novecento, terminati i gran<strong>di</strong> lavori <strong>di</strong> bonifica, il fascismo estese la
Fig. 4– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1949: Lettera della Federazione comunista che sollecita la<br />
proiezione del documentario “Togliatti è tornato”.<br />
compartecipazione sotto forma <strong>di</strong> terzeria.<br />
Non è casuale il <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> questi contratti nei perio<strong>di</strong> citati. Infatti, il<br />
contratto <strong>di</strong> compartecipazione, prevedendo un pagamento in natura, in un<br />
periodo come quello della crisi agraria fine Ottocento, riduceva <strong>di</strong> fatto i salari<br />
bracciantili. Il fascismo favorì la terzeria, per tentare <strong>di</strong> trasformare il proletariato<br />
delle campagne in un mondo più legato alla terra e meno alle organizzazioni<br />
bracciantili. Ovviamente per motivi opposti, le organizzazioni sindacali erano<br />
sempre state avverse ai contratti <strong>di</strong> compartecipazione.<br />
Nella realtà <strong>di</strong> Caselle, nelle terre condotte a terzeria i proprietari preferivano<br />
le coltivazioni ad alto impiego <strong>di</strong> mano d’opera (fornita dal bracciante), come<br />
la canapa, perciò l’attività del terziario era particolarmente faticosa, oltre che<br />
scarsamente remunerata stante la ripartizione contrattuale del prodotto nella misura<br />
<strong>di</strong> 1/3 e 2/3 come si è detto.<br />
Nella maggior parte dei casi i proventi del contratto <strong>di</strong> terzeria non erano<br />
sufficienti per le necessità del bracciante e della sua famiglia, perciò questi lavoratori<br />
spesso cercavano <strong>di</strong> lavorare anche in altre aziende agricole (del luogo, ma anche<br />
lontane, come nel caso delle mon<strong>di</strong>ne), come salariati. Questa realtà era inserita,<br />
almeno fino agli anni ’50 del novecento, in un contesto <strong>di</strong> sovrabbondanza <strong>di</strong><br />
41
42<br />
Fig. 5– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Anni ’50: braccianti dopo la trebbiatura.<br />
mano d’opera e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> cronica sottoccupazione.<br />
Dopo la fine della guerra e la Liberazione, i tra<strong>di</strong>zionali rapporti fra proprietari<br />
e lavoratori agricoli sono messi in <strong>di</strong>scussione. Fra i braccianti, i terziari, ed anche<br />
fra i mezzadri vi sono molte attese <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> cambiamenti.<br />
A Caselle (come naturalmente anche a <strong>Crevalcore</strong>) c’è <strong>di</strong>soccupazione<br />
e sottoccupazione, dovuta alle <strong>di</strong>fficoltà generali della crisi economica del<br />
dopoguerra, fenomeni aggravati dai giovani che tornano dalla guerra. La situazione<br />
nelle campagne si fa rapidamente assai tesa. I rapporti sociali ed economici, che<br />
erano stati bloccati dal fascismo, si fanno esplosivi.<br />
I braccianti e i terziari, che vivono la situazione più <strong>di</strong>fficile, in con<strong>di</strong>zioni spesso<br />
<strong>di</strong> grande miseria, sono i più attivi a voler cambiare le regole che li costringevano<br />
al loro stato.<br />
Negli anni dell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra non si assiste a vere rivolte conta<strong>di</strong>ne,<br />
ma ad un tentativo, sostenuto dalla forza del numero, nonché dal mutato clima<br />
politico e sociale, <strong>di</strong> cambiare le clausole dei tra<strong>di</strong>zionali contratti agrari.<br />
Il 1° ottobre 1947 è costituito il Collettivo braccianti <strong>di</strong> Caselle avente lo scopo <strong>di</strong><br />
contrattare, con i proprietari delle terre, dei patti <strong>di</strong> compartecipazione collettiva,<br />
ove il compartecipante non è più il singolo terziario, ma il collettivo bracciantile.<br />
I nuovi contratti firmati sono più favorevoli ai braccianti, rispetto alla tra<strong>di</strong>zionale
Fig. 6– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Volantino anni ’50<br />
sud<strong>di</strong>visione dei proventi dell’attività agricola. Questi nuovi accor<strong>di</strong> prevedono,<br />
infatti, una ripartizione dei prodotti, al netto delle spese, <strong>di</strong>verse per i vari<br />
generi:<br />
40% per grano, orzo, avena, segala, mais, bietole, patate, fagioli secchi, zucche, erba<br />
me<strong>di</strong>ca; 43% per canapa, lino, piselli, cipolle invernali; 45% per girasole, ricino,<br />
uva; 46% per i pomodori; 50% per cipolle primaticce; 60 per gli asparagi.<br />
E’ evidente come la nuova <strong>di</strong>visione dei raccolti permette al bracciante un<br />
maggior guadagno <strong>di</strong> oltre il 10% rispetto alle regole previste prima del 1947.<br />
Inoltre ora il Collettivo riesce, a volte, a vendere <strong>di</strong>rettamente i prodotti <strong>di</strong> propria<br />
pertinenza e, ove ciò non è possibile, ad esercitare un controllo nella fase <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta<br />
delle derrate.<br />
Il Collettivo <strong>di</strong> Caselle ha un numero <strong>di</strong> soci iscritti, negli anni 1948 e 1949, <strong>di</strong><br />
circa 450 lavoratori, con una leggera prevalenza delle donne rispetto agli uomini.<br />
Esso ha dei contratti <strong>di</strong> compartecipazione con una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> proprietari ogni<br />
anno, lavorando una superficie agricola <strong>di</strong> circa 800/900 tornature bolognesi.<br />
Altri Collettivi simili si formano anche a <strong>Crevalcore</strong> ed in alcune frazioni. I<br />
proprietari, per la coltivazione dei loro terreni, non utilizzano solo questi tipi <strong>di</strong><br />
contratto, ma anche la mezzadria e la conduzione in economia tramite salariati.<br />
A Caselle i principali proprietari dei terreni con contratti <strong>di</strong> terzeria col Collettivo<br />
sono le aziende Melloni, Balboni, Cantarelli, Campagnoli, con appezzamenti<br />
interessati ai contratti <strong>di</strong> circa 80/100 tornature ciascuno.<br />
Questi proprietari non sono certamente entusiasti della situazione che si crea<br />
43
44<br />
Fig. 7– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Volantino per la celebrazione della festa della donna. 8 marzo<br />
1955<br />
con la costituzione del Collettivo e con i nuovi contratti <strong>di</strong> compartecipazione,<br />
ma devono prendere atto della nuova realtà ed adeguarsi.<br />
Dopo gli iniziali scontri, segue però un periodo <strong>di</strong> relativa pace sociale fino alla<br />
metà degli anni ’50. Da questa data in poi, con la <strong>di</strong>ffusione della meccanizzazione<br />
agricola, il Collettivo è visto sempre più dai proprietari come un impaccio, un<br />
vincolo alle trasformazioni delle lavorazioni agricole. I proprietari preferiscono<br />
sempre più la conduzione dei terreni tramite salariati, figure più confacenti alle<br />
lavorazioni meccanizzate ed alle nuove colture, come il frutteto. Il Collettivo vede<br />
ridursi quin<strong>di</strong> la propria attività e <strong>di</strong> conseguenza il numero degli iscritti, ed entra<br />
in crisi. L’abbandono da parte del Collettivo delle terre che coltiva non avviene<br />
in maniera tranquilla, ma dopo manifestazioni <strong>di</strong> protesta, scioperi, occupazioni<br />
simboliche, come nell’azienda Pascolone nel 1955.<br />
L’ultima attività del Collettivo <strong>di</strong> Caselle è nella tenuta Malvasia, dell’azienda Campagnoli,<br />
alla fine degli anni ’50.<br />
Il funzionamento del Collettivo braccianti ha prodotto una cospicua documentazione,<br />
presente nel materiale oggetto della donazione. Sono presenti soprattutto<br />
dei registri con in<strong>di</strong>cati i nomi dei soci con le ore che ciascuno ha lavorato; sono<br />
elencate le attività svolte in ogni azienda agricola, i prodotti ottenuti e i relativi
Fig. 8– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1952: elenco <strong>di</strong> lavoratori inviati dal collocamento a una<br />
azienda agricola per la raccolta e l’imballaggio della paglia<br />
riparti fra proprietario e collettivo.<br />
Il Collettivo non era l’unica forma associata dei braccianti <strong>di</strong> Caselle. I medesimi<br />
braccianti che abbiamo già visto nel Collettivo, lavoravano altresì per aziende, enti,<br />
coltivatori <strong>di</strong>retti, mezzadri della frazione.<br />
Nel materiale d’archivio si rileva a Caselle anche la presenza della Lega Braccianti,<br />
espressione, fino al 1948, del Sindacato Unitario e poi della CGIL. Essa aveva sede<br />
a Caselle presso la Casa del popolo.<br />
La presenza <strong>di</strong> un corposo materiale d’archivio della Lega Braccianti è dovuta<br />
principalmente all’attività <strong>di</strong> gestione del collocamento della mano d’opera<br />
effettuato da questa organizzazione.<br />
Come è noto le organizzazioni sindacali, imme<strong>di</strong>atamente dopo la Liberazione,<br />
riprendono l’attività <strong>di</strong> gestione del collocamento del lavoro nelle campagne, attività<br />
che avevano esercitato negli anni precedenti l’avvento del fascismo. Per la verità,<br />
l’esercizio del collocamento da parte del sindacato era <strong>di</strong>ffuso solo nel Nord Italia<br />
ed in particolare nella pianura padana, mentre era pressoché sconosciuto al Sud.<br />
L’attività <strong>di</strong> gestione del collocamento da parte del sindacato terminerà nella<br />
primavera del 1949, quando sarà sancito per legge il monopolio del collocamento<br />
statale istituito l’anno precedente.<br />
45
46<br />
Fig. 9– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Fine anni ’40: manifestazione contro gli agrari.<br />
A Caselle, negli anni 1945-1949 la Lega Braccianti gestisce il collocamento della<br />
mano d’opera, facendo funzionare un Ufficio <strong>di</strong> collocamento per l’avviamento<br />
al lavoro dei braccianti agricoli.<br />
La Lega gestisce l’occupazione dei salariati conformemente alle <strong>di</strong>fficili esigenze<br />
dell’epoca, in cui povertà e sottoccupazione sono le costanti nella maggior parte<br />
delle famiglie. L’avviamento al lavoro avviene quin<strong>di</strong> soprattutto secondo il criterio<br />
della sud<strong>di</strong>visione fra i molti lavoratori dello scarso lavoro <strong>di</strong>sponibile.<br />
Il lavoro è in gran parte nelle aziende agricole locali, ma in quegli anni del<br />
dopoguerra la Lega organizza anche il lavoro delle mon<strong>di</strong>ne in Piemonte e nella<br />
bassa pianura bolognese, nonché quella degli uomini nella raccolta del carbone<br />
fossile a Perugia.<br />
La documentazione prodotta dalla Lega Braccianti consta soprattutto degli<br />
elenchi dei braccianti e delle mon<strong>di</strong>ne, dei fogli d’avviamento al lavoro dei lavoratori<br />
da occupare nelle aziende. Non manca, naturalmente, la documentazione relativa<br />
all’attività sindacale vera e propria della Lega.<br />
Per terminare la rapida analisi della documentazione <strong>di</strong> Caselle, voglio citare<br />
ancora il materiale relativo alla gestione del Cral (relativamente ai primi anni<br />
’50) e dei suoi rapporti in particolare con l’ENAL (ente dal quale formalmente<br />
<strong>di</strong>pendeva). La corrispondenza relativa permette <strong>di</strong> vivere il periodo della<br />
trasformazione delle realtà del tempo libero, dall’ente pubblico centralizzato alla
Fig. 10– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1955: manifestino della Lega braccianti.<br />
rete dell’associazionismo democratico.<br />
Infine va segnalata la presenza <strong>di</strong> alcuni documenti relativi al funzionamento<br />
dello spaccio della Cooperativa <strong>di</strong> consumo <strong>di</strong> Caselle.<br />
Si tratta <strong>di</strong> un materiale, come si è detto, interessante, meritevole <strong>di</strong> essere<br />
analizzato e stu<strong>di</strong>ato; sufficiente, se opportunamente integrato con testimonianze<br />
orali, per ricostruire un periodo del nostro passato che si sta rapidamente<br />
allontanando nel tempo. Uno dei motivi <strong>di</strong> maggior interesse credo sia quello <strong>di</strong><br />
poter stu<strong>di</strong>are una comunità particolarmente coesa e con una precisa identità,<br />
come quella <strong>di</strong> Caselle, in un momento cruciale della sua storia, momento in cui<br />
avviene il passaggio verso la modernizzazione.<br />
Organizzazioni come quelle dei braccianti <strong>di</strong> Caselle hanno avuto gran<strong>di</strong> meriti,<br />
sia per la ricostruzione economica e lo sviluppo del Paese, sia per avere dato, a<br />
donne e uomini semplici, degli obiettivi e degli strumenti <strong>di</strong> emancipazione. Queste<br />
47
48<br />
Fig. 11– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1953: invito a un’assemblea sul frazionamento<br />
dell’azienda Barchessa<br />
organizzazioni hanno contribuito ad evitare pericolose forme <strong>di</strong> ribellismo senza<br />
sbocchi ed a costruire, dal basso, una convivenza appresa con le forme della<br />
solidarietà e della democrazia.<br />
Ciò che è avvenuto nel piccolo microcosmo <strong>di</strong> Caselle, negli anni del<br />
dopoguerra, è ben rappresentativo, mi pare, della strada percorsa dall’Italia verso<br />
la crescita civile e la democrazia.<br />
NOTA.<br />
Un ringraziamento al sig. Dino Vincenzi, custode del materiale proveniente da Caselle fino alla donazione.<br />
Dino è stato un protagonista dei tempi in cui sono stati prodotti i documenti e, per la sua memoria, la sua<br />
luci<strong>di</strong>tà, la sua passione, è un testimone prezioso per chiunque desideri approfon<strong>di</strong>re gli eventi.
Fig. 12– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. 1948: quaderno <strong>di</strong> conti con i proprietari.<br />
Fig. 13– <strong>Crevalcore</strong>, Archivio storico. Anni ’50: tavolata <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni.<br />
49
50<br />
Fig. 1. Pubblicità del Kinematografo E<strong>di</strong>son al teatro <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> (1896).
ROBERTO TOMMASINI<br />
I cinema <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong><br />
Sul finire del 1896 l’impresario Italo Pacchioni chiedeva ed otteneva dal<br />
Sindaco <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> il permesso <strong>di</strong> proiettare per due serate “uniche straor<strong>di</strong>narie<br />
rappresentazioni <strong>di</strong> proiezioni animate col vero e americano kinematografo<br />
E<strong>di</strong>son”. Una novità assoluta, un successo immenso, almeno secondo il manifesto<br />
che pubblicizzava l’evento, annunciato per la sera <strong>di</strong> Sabato 14 Novembre 1896<br />
alle ore 20 e per la Domenica seguente dalle 16 alle 20.<br />
Il permesso era concesso per il meraviglioso teatro comunale decorato da Gaetano<br />
Lo<strong>di</strong> che entrava così nella storia come primo cinema <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>.<br />
Dell’immenso successo e delle sensazioni suscitate da quella novità assoluta, i<br />
nostri concitta<strong>di</strong>ni non ci hanno tramandato memorie, e <strong>di</strong> cinema a <strong>Crevalcore</strong> se<br />
ne riparlava al termine del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, epoca in cui la nuova forma<br />
<strong>di</strong> spettacolo si affermava al punto da rendere necessaria la pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong><br />
due sale <strong>di</strong> proiezione.<br />
La prima sala aveva trovato spazio in una “succursale” della Casa del Popolo.<br />
Nel 1908, attraverso una sottoscrizione popolare, le leghe dei lavoratori avevano<br />
acquistato un e<strong>di</strong>ficio sulla strada maestra del paese (attuale caserma dei carabinieri)<br />
per a<strong>di</strong>birlo a propria sede. Di quell’acquisizione faceva già probabilmente parte<br />
una costruzione accessibile da Via Mattioli, il cui piano terra era stato nel tempo<br />
adattato per attività ricreative; fra queste il cinema aveva assunto una parte rilevante,<br />
tanto che il locale era stato dotato <strong>di</strong> un proiettore cinematografico, acquistato,<br />
pare, al termine del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale.<br />
La seconda sala <strong>di</strong> proiezione era stata ricavata all’interno del Margherita, un<br />
teatro costruito nel 1920 all’angolo fra Via San Martino e l’ultimo tratto <strong>di</strong> Via<br />
Sbaraglia; nell’e<strong>di</strong>ficio era inglobata una casetta che dava sui viali alberati che già<br />
circondavano il paese. A volere e a gestire il teatro fu un gruppo <strong>di</strong> soci <strong>di</strong> cui<br />
fecero parte Tonini Silvio, Guerzoni Pietro e Roveri Aldo. Incerta l’origine del<br />
nome, forse da cercare in legami con la “Margherita”, una società carnevalesca<br />
locale, organizzatrice <strong>di</strong> feste e veglioni danzanti.<br />
51<br />
Brillino le immagini sul tuo muro bianco! E quando pure ciò non fosse<br />
che un illusione passeggera, tuttavia fa la nostra felicità, quando, come<br />
piccoli bambinelli ingenui, restiamo lì davanti rapiti.<br />
Johann Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther
52<br />
Fig. 2 Pagina della Galaverna<br />
La Casa del Popolo e l’annessa sala <strong>di</strong> proiezione avevano però vita breve: già dal<br />
1921 iniziavano attacchi e devastazioni da parte degli squadristi fascisti. In uno <strong>di</strong><br />
questi assalti, mobili e documenti venivano gettati in piazza e dati alle fiamme. Fra<br />
le poche cose scampate alla <strong>di</strong>struzione c’era il proiettore, sottratto al vandalismo<br />
squadrista da Alberto Vincenzi che lo nascondeva nella propria abitazione.<br />
Vincenzi, poi, poco incline ad accettare il nuovo regime e per questo<br />
perseguitato, era costretto ad emigrare in Francia, mentre il proiettore prelevato<br />
da altri oppositori del regime abbandonava per sempre il territorio crevalcorese.<br />
Il 6 Gennaio 1922 la “Galaverna”, organo d’informazione dell’Accademia degli<br />
Scalcinati, un gruppo <strong>di</strong> giovanotti della <strong>Crevalcore</strong>-bene e simpatizzanti fascisti,<br />
riportava il seguente articolo:<br />
“Al Comunale<br />
– Un’ operetta graziosa ed un bene intenso spettacolo <strong>di</strong> beneficenza hanno rotto<br />
la monotonia dei veglioni i quali più che una iniziativa, rappresentano un mezzuccio<br />
troppo comune specie per fare della beneficenza.<br />
Ci permettiamo questo giu<strong>di</strong>zio perché siamo convinti che da noi vi è modo <strong>di</strong> formare<br />
una compagnia filodrammatica la quale ridarebbe al nostro paese un po’ delle antiche<br />
e simpatiche occasioni <strong>di</strong> svago, certamente preferibili a tutti i veglioni e a tutti i<br />
cinematografi.
Tanto più che ci pare evidente come ballare si possa benissimo fuori dal nostro gioiello<br />
teatrale, degno <strong>di</strong> migliore impiego.<br />
Al Margherita<br />
– Il magnifico nome <strong>di</strong> Filadoro ci ha adescati nella platea del Margherita. In verità<br />
ci pare il caso <strong>di</strong> non far motto <strong>di</strong> quest’artista perché in tal modo confermiamo<br />
l’impressione <strong>di</strong> quanti hanno saputo sopportarlo.<br />
Quando un paese è, come il nostro, dotato <strong>di</strong> due simpatici ritrovi, è dovere <strong>di</strong> chi ha le<br />
mani in pasta, <strong>di</strong> fornire alla citta<strong>di</strong>nanza rappresentazioni degne delle nostre tra<strong>di</strong>zioni<br />
teatrali. Altrimenti resteremo il popolino che va in brodo <strong>di</strong> svariate giuggiole per i<br />
burattini o per il cinematografo.”<br />
L’articolo che citava il “gioiello teatrale” del Lo<strong>di</strong>, il Margherita e la sua platea,<br />
come i luoghi a<strong>di</strong>biti allora al <strong>di</strong>vertimento <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong>, rivela lo scarso interesse<br />
che il cinema, ancora muto, suscitava fra le classi benestanti, evidenziando come<br />
ad apprezzare la nuova arte fossero in prevalenza le classi popolari.<br />
Ad occuparsi delle proiezioni al Margherita era Adolfo Ansaloni, <strong>di</strong> professione<br />
orologiaio, che, per il tempo necessario a consumare il pasto, affidava la manovella<br />
del proiettore al giovane figlio Marcello.<br />
Quella dell’operatore non era l’unica attività nata con il cinema; spazi si erano<br />
creati anche per i professionisti degli effetti sonori che, con attrezzi vari o strumenti<br />
musicali, accompagnavano, quasi sempre in perfetta sincronia, le immagini mute<br />
proiettate sul grande schermo.<br />
Fra gli specialisti del sonoro si ricordano ancora Augusto Roveri “Zucaréna”<br />
e Amedeo Preti, violinisti, e i signori Romeo Roveri e Giuseppe Petazzoni detto<br />
“Pizzoli”, rumoristi e musicisti, tutti impegnati nel cinema Margherita.<br />
Nel 1922 gli squadristi si erano <strong>di</strong> fatto impossessati della Casa del Popolo che<br />
era stata trasformata nella sede del Partito Fascista locale.<br />
Anche la sala attrezzata a cinema dalle leghe dei lavoratori era <strong>di</strong>ventata del<br />
Partito Fascista che, fatti riparare i danni e acquistato un nuovo proiettore, l’aveva<br />
risistemata battezzandola “Cinema Italia”.<br />
Le prime notizie sulla ripresa dell’attività del cinema, affidato in gestione al<br />
sig. Bellinelli Pietro, appaiono su due locan<strong>di</strong>ne che annunciavano le proiezioni<br />
da Dicembre del 1925 a Gennaio del 1926:<br />
“I quattro Cavalieri dell’apocalisse”con Rodolfo Valentino;<br />
“La passione del Deserto”con Elena Kurti;<br />
“Il prigioniero <strong>di</strong> Zenda”.<br />
In crescendo <strong>di</strong> popolarità il cinema era <strong>di</strong>ventato un irresistibile richiamo <strong>di</strong><br />
folla, tanto che anche il parroco, Don Bisteghi, decideva <strong>di</strong> sfruttarlo. Il Bollettino<br />
Parrocchiale della fine del 1929 a proposito della “Conferenza Missionaria” che<br />
si era tenuta in paese, riportava la seguente notizia: “ Doveva essere una conferenza,<br />
fu solamente una cinematografia, per la malattia improvvisa del Missionario padre Frassinetti.<br />
Riuscì ciò non ostante abbastanza bene, e con stragrande concorso. Un grazie <strong>di</strong> cuore a coloro<br />
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54<br />
Fig.3-4 Locan<strong>di</strong>ne del 1925 del Cinema Italia<br />
che misero gentilmente a <strong>di</strong>sposizione nostra la sala del Cinema Italia”.<br />
A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quasi un anno, nell’Ottobre del 1930, un altro Bollettino<br />
Parrocchiale annunciava:<br />
“DOPOLAVORO. I Sig.ri Avv. Montani, Dr. Sergio Nannini, Comm. Murè e Rag.<br />
Giorgi vennero in principio <strong>di</strong> Settembre ad inaugurare il Cinema Italia che fa parte<br />
<strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> sistemazioni della casa del Fascio, per renderla degna sede del Partito<br />
e del Dopolavoro.<br />
La sala del Cinema era gremita <strong>di</strong> tutti i principali citta<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> una vera folla <strong>di</strong><br />
invitati. Parlò per primo il Comm. Murè che spiegò le <strong>di</strong>rettive del Duce in merito al<br />
Dopolavoro;…”.<br />
La Casa del Fascio e il cinema erano ancora legalmente <strong>di</strong> proprietà della<br />
società anonima che li aveva acquistati per conto delle leghe dei lavoratori, ma la<br />
cosa non turbava più <strong>di</strong> tanto i responsabili del Partito Fascista locale. La sala <strong>di</strong><br />
proiezione era <strong>di</strong>ventata un luogo ideale per le iniziative del dopolavoro: in essa<br />
era possibile assistere ai progressi e ai successi dell’Italia fascista, raccontata dai<br />
cinegiornali dell’Istituto Luce.<br />
Il cinema Italia, inizialmente costituito dalla sola platea, veniva allungato e<br />
ampliato con una galleria, ricavata inglobando nella struttura l’appartamento<br />
situato al piano superiore, dal quale, grazie a provvidenziali pertugi, i giovani figli<br />
e nipoti del signor Armando Milzani si erano fino ad allora goduti gratuitamente
gli spettacoli.<br />
L’inaugurazione <strong>di</strong> cui si racconta nel Bollettino Parrocchiale del 1930 si riferisce<br />
con molta probabilità a quest’ampliamento perché, come già sappiamo, il cinema<br />
Italia aveva ripreso a funzionare almeno dal 1925. Sono scarse le informazioni<br />
relative all’inizio delle proiezioni all’aperto che qualcuno ricorda già a partire dagli<br />
anni ’30 .<br />
Anche l’altro cinema crevalcorese non sfuggiva all’utilizzo a scopo religioso<br />
e benefico. Un Bollettino Parrocchiale del Dicembre 1930 riportava la seguente<br />
notizia con il titolo <strong>di</strong> “Serate al Cinema Margherita”:<br />
“Nelle due sere del 10 ed 11 corr. -…la Direzione del Cinema Margherita à voluto<br />
proiettare la film <strong>di</strong> S. Teresa del Bambino Gesù dandone il ricavato al pane dei poveri<br />
<strong>di</strong> S. Antonio.<br />
Siamo lieti ora <strong>di</strong> dare il resoconto completo.<br />
Ricavato lordo delle due sere l. 508. Spese nel noleggio della film l. 198. Avanzo netto<br />
già passato a Mons. Arciprete la sera stessa, della proiezione l. 310. Da notarsi che tanto<br />
l’orchestra che il personale del teatro (operatore ed inservienti) si sono prestati gratis;<br />
come pure la Direzione del Cinema rinunziava al noleggio del teatro ed al rimborso<br />
delle spese per la luce. Il Comitato parroc. <strong>di</strong> Beneficenza ai poveri pubblicamente e<br />
sentitamente ringrazia tutti <strong>di</strong> tanta squisita generosità.”<br />
Nel Luglio del 1931 l’esproprio della Casa del Popolo si avviava alla conclusione:<br />
la società anonima che si era costituita nel 1903 per acquistarla era posta in<br />
liquidazione dal Prefetto <strong>di</strong> Bologna che decideva <strong>di</strong> devolvere al Fascio <strong>di</strong><br />
<strong>Crevalcore</strong> tutte le proprietà della suddetta società.<br />
Nell’Ottobre dello stesso anno i <strong>Crevalcore</strong>si partecipavano in massa all’avvento<br />
del cinema sonoro. Tracce <strong>di</strong> quell’avvenimento sono conservate nel Bollettino<br />
Parrocchiale:<br />
“Abbiamo avuto al Cinema Margherita il film sonoro che ha attratto alle serate tutto<br />
<strong>Crevalcore</strong>, si <strong>di</strong>ce che visto il gran successo ottenuto si stia trattando per far vedere ed u<strong>di</strong>re<br />
ai <strong>Crevalcore</strong>si un altro film sonoro spettacoloso a soggetto religioso. Fosse vero!”.<br />
Spinto dalla concorrenza, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> pochi mesi il Cinema Italia si dotava <strong>di</strong><br />
un impianto sonoro. Il Bollettino Parrocchiale dava la notizia aggiungendo: “Ci sarà<br />
dato così <strong>di</strong> assistere a ottimi spettacoli sonori e parlati fatti da Case italiane le quali sod<strong>di</strong>sfano<br />
completamente il gusto del nostro pubblico stanco ormai della frivola produzione straniera”.<br />
Il dopolavoro si occupava anche <strong>di</strong> sport e gli spazi del Cinema Italia erano<br />
concessi alle <strong>di</strong>verse associazioni sportive locali. Nel 1932 venivano ospitate<br />
l’assemblea generale della sezione Combattenti Sport e l’assemblea generale dei<br />
soci della Sezione Sportiva <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong>.<br />
Nel 1933 la prima volta <strong>di</strong> un <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong> sul grande schermo; enorme la<br />
partecipazione <strong>di</strong> pubblico alla proiezione del film “Camicia Nera” così raccontata<br />
dal Bollettino Parrocchiale <strong>di</strong> Giugno-Luglio:<br />
“La magnifica film del Decennale della rivoluzione fascista è stata data a <strong>Crevalcore</strong><br />
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Fig 6 Guido Preti nel film Camicia Nera<br />
per varie sere consecutive e davanti ad un pubblico sempre “affollatissimo “. Questa<br />
visione del nostro paese prima, durante e dopo la guerra e dalla vittoria dei Fasci al<br />
presente è <strong>di</strong> una espressività veramente magica e superiore. Abbiamo visti molti occhi<br />
inumi<strong>di</strong>rsi <strong>di</strong> pianto alla successione realistica delle tragiche vicende <strong>di</strong> questi ultimi anni.<br />
I crevalcoresi poi andavano al cinema con un malcelato orgoglio citta<strong>di</strong>no; il bruno e<br />
nerboruto prete delle campagne romane è invece un crevalcorese: Guido Preti”.<br />
La partecipazione del nostro concitta<strong>di</strong>no era stata occasionale. Infatti, Preti era<br />
l’autista del regista del film, Giovacchino Forzano, che lo aveva ritenuto adatto per<br />
il ruolo del prete; una attrazione fatale per un’amica del regista costringeva poi Preti<br />
ad interrompere bruscamente sia la carriera <strong>di</strong> autista sia quella cinematografica.<br />
Nel Dicembre del 1933 al Cinema Italia la prima proiezione per le scolaresche.<br />
Circa 800 alunni delle scuole Elementari e <strong>di</strong> Avviamento si godevano un film<br />
muto su Antonio da Padova, <strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re l’iniziativa a tal punto che<br />
il Segretario Politico Cav. Gino Crespi dava <strong>di</strong>sposizioni perché si ripetesse<br />
l’esperienza con maggior frequenza.<br />
Sempre in questo mese (ed era ancora una prima volta) il cinema era offerto<br />
come dono natalizio. Così racconta il Bollettino del Gennaio 1934:<br />
“Nel giorno in cui veniva inaugurato il Presepio in ossequio al desiderio del Duce, venne<br />
celebrata con cerimonia religiosa e civile la giornata della Madre e del Fanciullo. Alla<br />
Messa parrocchiale l’Arciprete intratteneva il popolo, ma specialmente le madri, sull’alto,<br />
cristiano e patriottico concetto <strong>di</strong> questa giornata voluta dal nostro Duce, che ha intuite
Fig.7 Mauro Ferriani in una foto degli anni 50<br />
le mirabili relazioni che vi sono fra il Presepio <strong>di</strong> Betlemme e le famiglie cattoliche dalle<br />
quali debbono venire i nuovi citta<strong>di</strong>ni, i nuovi italiani sani e forti <strong>di</strong> mente e <strong>di</strong> corpo<br />
per sapere combattere e vincere le più belle battaglie della vita in<strong>di</strong>viduale e nazionale.<br />
Nello stesso giorno il Fascio <strong>di</strong> Combattimento <strong>di</strong>stribuiva alle famiglie più bisognose<br />
360 sporte piene <strong>di</strong> ogni ben <strong>di</strong> Dio: Farina bianca Kg. 2, farina gialla, Kg. 2 -Fagioli<br />
Kg. 1, Carne da brodo Kg. 1 -Riso Kg. 1 Pane Kg. 1;. Lardo 0,500. Si facevano inoltre<br />
assistere le madri ed i fanciulli alle proiezioni <strong>di</strong> un film, adatto alla circostanza.”<br />
Lo “stato” dell’arte cinematografica locale era sintetizzata il 23 Novembre<br />
del 1934 da un documento dell’agenzia <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> della Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong><br />
Bologna, che riportava: “In riferimento a Prag.ma del 17 Novembre corr. n°63 ci pregiamo<br />
notificare che qui, in paese, esistono due sale a<strong>di</strong>bite a cinematografo e precisamente:<br />
Cinema Italia gestito dal sig. Bellinelli Sebastiano e Cinema Margherita gestito dal sig.<br />
Ferriani Mauro. Entrambi sono forniti <strong>di</strong> apparecchi moderni <strong>di</strong> proiezione a sonori ed in locali<br />
<strong>di</strong>scretamente spaziosi.”<br />
Il Cinema Margherita era passato <strong>di</strong> mano l’anno prima. La società che lo<br />
gestiva, sull’orlo del fallimento, lo aveva venduto al sig. Mauro Ferriani, detto<br />
“Mavren” che, dopo una vita trascorsa a far “iftide”, aveva ceduta la propria<br />
salumeria situata sotto il portico del comune per intraprendere l’attività <strong>di</strong> gestore<br />
<strong>di</strong> sala cinematografica. Partecipava all’impresa la figlia Maria, dai <strong>Crevalcore</strong>si<br />
soprannominata “Mavréna”.<br />
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Fig.8 locan<strong>di</strong>na del film: Tutta la città ne parla, timbrata dal cinema Margherita<br />
La nuova gestione inaugurava le proprie attività nel 1934. Un giovanotto con<br />
funzioni <strong>di</strong> maschera era stato assunto per l’occasione: indossava una <strong>di</strong>visa e un<br />
berrettino su cui campeggiava la scritta “Cinema Margherita”, appositamente<br />
ricamata dalla signorina Ferriani.<br />
Non sempre i comportamenti umani rappresentati sullo schermo<br />
cinematografico erano esempio <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> virtù, almeno secondo Don Bisteghi<br />
il quale, per proteggere i propri parrocchiani dalle influenze nocive della nuova<br />
arte, sul suo Bollettino dava spazio soltanto alle notizie cinematografiche che<br />
trattavano <strong>di</strong> soggetti a carattere religioso. Per il 1936 troviamo così citato il Cinema<br />
Margherita per il film “La miracolosa trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Lourdes” e per la premiazione <strong>di</strong><br />
oltre un centinaio <strong>di</strong> famiglie nell’ambito della Festa della nuzialità e natalità; mentre<br />
il Cinema Italia era citato per aver ospitato, nell’ambito della conferenza <strong>di</strong> San<br />
Vincenzo, un <strong>di</strong>battito sulla Sacra Sindone.<br />
Certamente la programmazione nei nostri cinema era più varia e costante ed<br />
appassionava ed attraeva a tal punto, che una giovane crevalcorese, Giulia Cadore,<br />
si trasferiva a Roma per tentare la carriera cinematografica.
Fig.9. Giulia Cadore<br />
Breve biografia <strong>di</strong> Giulia Cadore tracciata dalla figlia Paola.<br />
Mia madre nacque a Revere il 18/12/1916 da Desiderio Cadore e Luigia Bottura. Da piccola si<br />
trasferisce con la famiglia a <strong>Crevalcore</strong>, in Via Albertini per motivi <strong>di</strong> lavoro del padre. Lì frequentò<br />
la scuola fino alle superiori. Tra le sue attività preferite vi era il ballo e la recitazione, infatti partecipò,<br />
presso il teatro comunale, ad alcune rappresentazioni dove eseguì alcuni balletti <strong>di</strong> danza classica. Era,<br />
inoltre, molto brava a <strong>di</strong>segnare; in particolare, realizzava ritratti delle <strong>di</strong>ve del cinema. La famiglia<br />
conserva ancora un tenero ritratto a matita del marito. La sua personalità impulsiva ed in<strong>di</strong>pendente<br />
si manifestò sin da ragazzina. In paese gli amici ricordano il suo anticonformismo: mentre, all’epoca,<br />
tutti la Domenica usavano indossare il vestito “buono della festa”, lei invece lo indossava il Mercoledì<br />
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o il Giovedì ma giammai la Domenica, oppure, quando, <strong>di</strong> notte, durante una scorribanda notturna<br />
<strong>di</strong> giovinastri sotto le finestre <strong>di</strong> casa sua, dove c’era suo padre che ammalato riposava, si affacciò<br />
alla finestra chiedendo <strong>di</strong> smettere lo schiamazzo, alla risposta “nu a sem comunest e fem quel<br />
che c’as pèr” lei non esitò a prendere un catino pieno d’acqua e a buttarglielo addosso <strong>di</strong>cendo<br />
“anca mi a fag quel che m’per”. Nonostante la sua avvenenza e femminilità, in alcune occasioni<br />
si comportava come un vero maschiaccio: <strong>di</strong> nascosto dal fratello prendeva la motocicletta per<br />
guidarla. A tal proposito, si deve ricordare che fu una delle prime donne a conseguire la patente <strong>di</strong><br />
guida per veicoli ed ad<strong>di</strong>rittura quella <strong>di</strong> categoria D per camion. Crescendo continuava a <strong>di</strong>mostrare<br />
interesse per il cinema e la recitazione, interesse che sua madre cercava <strong>di</strong> ostacolare. Un giorno,<br />
quando riferì a casa che si sarebbe presentato il suo fidanzato per chiederla in sposa, la mamma,<br />
che non era convinta <strong>di</strong> questo fidanzamento, le <strong>di</strong>ede finalmente il permesso <strong>di</strong> andare a Roma a<br />
stu<strong>di</strong>are come attrice e, detto-fatto, in due giorni partì, <strong>di</strong>menticando fidanzato e matrimonio. A<br />
Roma si iscrisse al Centro Sperimentale <strong>di</strong> Cinecittà, dove stu<strong>di</strong>ò recitazione, <strong>di</strong>zione, portamento,<br />
danza ecc., avendo come colleghi Alida Valli, Elena Lazzareschi, Arnoldo Foà, Amedeo Nazzari,<br />
Gino Cervi ecc. Dopo un anno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, venne scritturata, con il nome d’arte Ilde Giulia Cadore<br />
tra gli attori non protagonisti, insieme a Gino Cervi, dal regista Camillo Mastrocinque per il film<br />
“Voglio vivere con Letizia” con la famosa Assia Noris, girato a Cinecittà nel 1937. Dopo pochi mesi<br />
girò, negli Caesar Stu<strong>di</strong>os <strong>di</strong> Roma, con Vincenzo Sorelli, il film “Crispino e la comare” (1938) in<br />
veste <strong>di</strong> prima attrice non protagonista, insieme ad Arnoldo Foà. Di lì a pochi mesi, nel Gennaio del<br />
1939, uscì il suo primo film da protagonista “Tre fratelli in gamba”, girato presso i Titanus Stu<strong>di</strong>os<br />
<strong>di</strong> Roma dal regista Alberto Salvi. La critica si espresse molto favorevolmente, in<strong>di</strong>candola come<br />
“la promessa del cinema italiano: la nuova Garbo!”, ma nella realtà <strong>di</strong> tutti i giorni, pur essendo<br />
consapevole della sua bellezza, non amava esibirla con ostentazione e si comportava con estrema<br />
semplicità e spontaneità. Nel corso <strong>di</strong> quei due anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> intenso lavoro, che videro la sua<br />
veloce scalata al successo, durante la sua permanenza a Roma, frequentava insieme alle sue colleghe<br />
un ristorante, meta ambita dai giovani piloti dell’aviazione militare italiana, i quali facevano a gara<br />
per cercare <strong>di</strong> agganciare le belle ragazze presenti. Si era sparsa la voce che tra queste ve ne era una,<br />
bella, bionda ma inavvicinabile: un giovane pilota, anche lui ventenne, <strong>di</strong> Casteldario (Mantova), già<br />
medaglia d’argento al valor militare nella guerra <strong>di</strong> Spagna, raccolse la sfida e scommise con i suoi<br />
compagni che in tre giorni l’avvenente Giulia sarebbe caduta “giù come pel de fic” (giù come buccia<br />
<strong>di</strong> un fico). Il giovane pilota vinse la scommessa ma perse il cuore o, come amava raccontare, “ho<br />
vinto la scommessa ma ho perso la libertà!”. Per seguire il suo cuore e l’intrepido pilota, sposato<br />
dopo circa un anno <strong>di</strong> fidanzamento, il quale per lavoro dovette trasferirsi a Napoli, rinunciò alla<br />
carriera brillante che le si prospettava per intraprendere quella <strong>di</strong> moglie e <strong>di</strong> madre. A Napoli visse<br />
<strong>di</strong>eci anni molto intensi <strong>di</strong> vita matrimoniale e <strong>di</strong> grande amore per i due figli, anni brillanti <strong>di</strong> vita<br />
sociale, suonatrice <strong>di</strong> fisarmonica e campionessa <strong>di</strong> bridge presso il migliore circolo della Napoli<br />
bene, vacanze sulla neve da provetta sciatrice, allieva pilota <strong>di</strong> bimotori del marito, ottima cuoca<br />
per la sua famiglia (tirava la sfoglia da brava emiliana d’adozione facendo conoscere ad assaggiare<br />
agli amici partenopei i famosi turtlein). Quando usciva per la città con la sua vespa e per <strong>di</strong> più<br />
in pantaloni, oppure con la sua macchina decappottabile (la famosa Lancia Ardea fuoriserie, 10<br />
esemplari in tutta Italia) creava scompiglio e meraviglia per le strade. Sempre in auto, prima con il<br />
marito e poi da sola con i figli, risaliva ogni anno tutta l’Italia per riabbracciare la mamma, i fratelli,<br />
i parenti e gli amici nella sua <strong>Crevalcore</strong>. Rimasta prematuramente, e tragicamente, vedova a soli 33<br />
anni, pur potendo rientrare nel mondo del cinema (perché era ancora fresca la bellezza), avendo<br />
ancora amici e contatti, non ebbe più lo spirito per calcare le scene né per sposarsi nuovamente, e<br />
non manifestò mai alcun rimpianto <strong>di</strong> aver lasciato il cinema per seguire il marito. Morì a Napoli il<br />
9/06/1984. Paola Ligabò
Nel 1937 arrivano al Cinema Italia anche i primi “filmini” delle vacanze.<br />
Il facoltoso concitta<strong>di</strong>no Abele Chiericati, <strong>di</strong> ritorno dall’Africa Orientale, per<br />
illustrare ai <strong>Crevalcore</strong>si gli aspetti più interessanti del suo viaggio, organizzava<br />
una conferenza con tanto <strong>di</strong> proiezione, evento degno <strong>di</strong> risonanza che risaltava<br />
sull’unico notiziario locale dell’epoca, il Bollettino Parrocchiale:<br />
“Al cinema Italia il 2 corr. alle ore 20,30 à tenuto una conferenza con proiezioni l’egregio<br />
amico nostro Sig. Abele Chiericati che è reduce dall’A.O .<br />
Il Chiericati è troppo noto ai <strong>Crevalcore</strong>si perché abbia bisogno <strong>di</strong> una nostra<br />
presentazione. Egli ed i suoi fratelli hanno dato e danno una meravigliosa attività per<br />
la bonifica dei nostri terreni, hanno profuso tesori non solo <strong>di</strong> energie ma <strong>di</strong> denaro<br />
per rendere fiorentissime zone vaste del nostro territorio una volta coperto dalle<br />
acque stagnanti. Nella conferenza, che fu ascoltata da un pubblico stragrande rimasto<br />
attentissimo per due ore e che applaudì con calore e con convinzione, descrisse una<br />
sua escursione automobilistica Asmara-Cheren -Agordat -Barantin -Setit - Omagen.<br />
La sua parola fu efficacissima nella descrizione degli ambienti attraversati e lasciò in<br />
tutti la chiara visione dei luoghi tante volte sognati nella nostra infanzia e giovinezza.<br />
Ebbe poi spunti felicissimi nell’accennare al Re Imperatore, al Duce ed ai nostri gran<strong>di</strong><br />
Condottieri. In ultimo si ebbe una vera ovazione”.<br />
In quell’anno, un imprecisato evento (probabilmente il fallimento della gestione<br />
Bellinelli) determinava la chiusura del Cinema Italia e induceva i responsabili del<br />
Fascio locale a pensare una <strong>di</strong>versa destinazione d’uso per quegli spazi. A Luglio il<br />
Bollettino Parrocchiale riportava la seguente notizia: “Per i motivi che ormai i citta<strong>di</strong>ni<br />
conoscono si è chiuso il Cinema Italia e cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> sapere che si pensa <strong>di</strong> farvi una bella salaritrovo<br />
per i dopolavoristi <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, ed, in attesa, nel cortile del Fascio si sono approntati<br />
un campo <strong>di</strong> tennis e due splen<strong>di</strong><strong>di</strong> giochi da boccie” .<br />
La passione per il cinema vinse sulle altre e la sala <strong>di</strong> proiezione riprese a<br />
funzionare, gestita da tre signore già proprietarie <strong>di</strong> una osteria, nota in paese<br />
come quella delle “tre pippe” .<br />
Il proiettore del Cinema Italia non era però rimasto inoperoso durante la chiusura:<br />
una sola sala <strong>di</strong> proiezione si era <strong>di</strong>mostrata insufficiente per i <strong>Crevalcore</strong>si. Il cinema<br />
<strong>di</strong> Via Mattioli era stato utilizzato come succursale del Margherita e la stessa pellicola<br />
veniva proiettata a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un’ora in entrambe le sale. In seguito i proprietari<br />
del Margherita acquisivano la gestione del cinema <strong>di</strong> Ravarino, tentando anche in<br />
questo caso <strong>di</strong> sfruttare, quando possibile, la stessa pellicola in entrambe le sale.<br />
Le proiezioni erano sfalsate <strong>di</strong> un’ora e dello scambio delle pellicole si occupava<br />
Marino Ferriani cugino della Mavrena, che con la bicicletta faceva la spola fra i due<br />
cinema o si incontrava a metà strada con un’altra staffetta. Inevitabili i ritar<strong>di</strong> nella<br />
“seconda” proiezione, immancabilmente accompagnati da fischi e sbeffeggi del<br />
pubblico spazientito.<br />
Ai convegni religiosi, politici o sportivi si alternavano gli spettacoli dei burattini e,<br />
nella sala del Cinema Italia, avevano luogo due spettacoli alla settimana nel 1938.<br />
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Figg. 10-11 calendarietto per il 1941 con i <strong>di</strong>vi cinematografici dell’epoca, omaggio dei barbieri<br />
fratelli Bignar<strong>di</strong>.
Lo scoppio della guerra non intaccava il potere <strong>di</strong> attrazione del cinema e ai<br />
film si aggiungeva l’informazione dei cinegiornali, resi obbligatori in tutte le sale<br />
dell’Impero.<br />
Nel Giugno del 1943, mentre per l’esercito italiano la guerra cominciava a<br />
prendere una brutta piega, con un appello sul Bollettino Parrocchiale, Don Bisteghi<br />
lanciava un allarme sui contenuti dell’arte cinematografica: “ MAMME!, Prima <strong>di</strong><br />
mandare al Cinema i vostri figliuoli pensateci ! I film immorali rovinano i vostri figliuoli.”<br />
Più che gli appelli del parroco a rendere <strong>di</strong>fficile l’accesso al cinema erano le<br />
restrizioni imposte dal Comando Militare Germanico che dal Settembre dello stesso<br />
anno imponeva il coprifuoco. Con l’avvicinarsi del fronte e l’inizio delle incursioni<br />
aeree le proiezioni cominciarono a <strong>di</strong>radarsi, fino a cessare completamente sulla<br />
fine del 1944. Durante l’occupazione tedesca il Cinema Margherita venne requisito<br />
dal Comando Militare Germanico che lo destinava all’intrattenimento delle truppe<br />
<strong>di</strong> stanza nella zona: nella sala erano proiettati film ed organizzati spettacoli in<br />
lingua tedesca.<br />
Con la liberazione i cinema riaprivano le porte, inizialmente per ospitare<br />
comizi e assemblee delle nuove formazioni politiche, propagatrici <strong>di</strong> nuovi<br />
ideali e stili <strong>di</strong> vita. E nuovi ideali e stili <strong>di</strong> vita continuarono ad essere proposti<br />
dal cinema alla ripresa delle proiezioni, che <strong>di</strong> nuovo potevano contare sui film<br />
<strong>di</strong> produzione straniera, soprattutto americana, che cominciavano una lunga e<br />
duratura invasione.<br />
Il Cinema Italia riprendeva le proprie attività con la proiezione del film “La<br />
Fanciulla delle Follie”.<br />
Terminato il conflitto, i beni del Partito Fascista erano <strong>di</strong>ventati proprietà<br />
del Demanio Pubblico: cosi pure la Casa del Fascio e il Cinema Italia. Il cambio<br />
<strong>di</strong> proprietà non mo<strong>di</strong>ficava la conduzione del cinema che continuava ad essere<br />
gestito da Lo<strong>di</strong> Carolina, assistita dalla nipote Laura, ma soprattutto da Agostino<br />
Pizzirani, detto “Gustén” un uomo <strong>di</strong> enorme corporatura che dava l’impressione<br />
<strong>di</strong> essere incastrato nella piccola biglietteria, nella quale stava seduto sempre col<br />
cappello in testa.<br />
Fra i suoi compiti c’era anche quello <strong>di</strong> mantenere l’or<strong>di</strong>ne e il silenzio in sala,<br />
attività svolta con l’aiuto <strong>di</strong> una lunga bacchetta, con la quale al buio e all’improvviso<br />
riusciva a colpire i <strong>di</strong>sturbatori fin nel mezzo della platea.<br />
Il “bacchettatore” era comunque ben voluto da gran parte degli spettatori per<br />
la sua <strong>di</strong>sponibilità a concedere l’ingresso anche a chi non poteva permettersi<br />
l’intero biglietto. Affetto,conserva ancora per il Pizzarirani, la socia <strong>di</strong> un tempo:<br />
Laura Lo<strong>di</strong>, che baciando la sua foto ricorda, quando già anziano, avvolto nel<br />
suo tabarro, “co un con d’gnoc sott a na lasena”, prendeva la corriera per recarsi a<br />
Bologna, presso le case <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, per definire la programmazione del cinema.<br />
Impren<strong>di</strong>toria cinematografica <strong>di</strong> altri tempi. Cinema e ballo erano fra le gran<strong>di</strong><br />
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Fig.12 Agostino Pizzirani<br />
Fig.13 Laura Lo<strong>di</strong><br />
passioni del secondo dopoguerra e non potevano non tenerne conto i soci della<br />
Cooperativa “Combattenti e Reduci” <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, quando iniziarono a progettare<br />
uno spazio in cui organizzare le proprie attività ricreative .<br />
Principali promotori dell’iniziativa erano i due fratelli Luciano e Mario Poppi,<br />
detti “Fifini”, ex prigionieri <strong>di</strong> guerra e appassionati <strong>di</strong> cinema che, dall’iniziale<br />
idea <strong>di</strong> costruire un circolo per reduci ed ex combattenti, si erano spinti fino<br />
all’ambizioso progetto <strong>di</strong> creare un e<strong>di</strong>ficio fra i più gran<strong>di</strong> del paese da a<strong>di</strong>bire a<br />
cinema, teatro e a sala da ballo.<br />
Per la costruzione era stata in<strong>di</strong>viduata un’area <strong>di</strong> proprietà comunale, situata<br />
fuori Porta Bologna, fra via della Rocca e la circonvallazione .<br />
Oltre che sui fon<strong>di</strong> della Cooperativa, i promotori contavano sul forte<br />
contributo della manodopera volontaria <strong>di</strong> soci e simpatizzanti.<br />
Erano dell’autunno del 1948 i primi contatti con l’Amministrazione Comunale<br />
che dava parere favorevole per incrementare sia le occasioni <strong>di</strong> svago sia quelle <strong>di</strong><br />
occupazione. Nel Novembre dello stesso anno venivano presentati in <strong>Comune</strong> la<br />
domanda <strong>di</strong> cessione dell’area e il progetto del fabbricato.<br />
La Giunta Municipale, ritenendo l’iniziativa meritevole <strong>di</strong> incoraggiamento,<br />
con voto unanime dava parere favorevole e i soci della Cooperativa presieduta da<br />
Luciano Poppi iniziavano a scavare le fondamenta con vanghe e ba<strong>di</strong>li, proseguivano<br />
innalzando il muro perimetrale che si arrestava però all’altezza <strong>di</strong> un metro.
Fig.14. Luciano Poppi<br />
Il notevole impegno <strong>di</strong> risorse da destinare all’opera aveva fatto nascere<br />
all’interno della Cooperativa timori e contrasti che si risolvevano solo con l’arrivo <strong>di</strong><br />
nuovi soci: Setti Guido, Calzolari Tonino, Botti Maria, Molinari Areodante. Così il<br />
19 Aprile del 1949 la Cooperativa rinunciava alla concessione dell’area fabbricabile,<br />
ma la chiedeva il giorno seguente a proprio nome e a quello dei nuovi soci .<br />
La Giunta rinnovava il parere favorevole ribadendo incoraggiamento e appoggi.<br />
Nel Giugno del 1949 approvava in via <strong>di</strong> massima il progetto, concedendo<br />
ufficialmente l’area fabbricabile; si trattava <strong>di</strong> una superficie <strong>di</strong> circa 1650 metri<br />
quadrati, il costo era stato fissato in 366.500 lire, calcolate valutando lire 100 al<br />
metro quadro i 641 metri delle ex fosse e 300 lire il metro quadro la superficie<br />
rimanente. La progettazione dell’e<strong>di</strong>ficio era stata affidata al crevalcorese Giuseppe<br />
Malaguti, noto anche come “l’architetto <strong>di</strong> Asmara”, città dell’ex colonia africana<br />
in cui egli aveva trascorso un lungo periodo della propria attività lavorativa e<br />
dove aveva anche collaborato alla progettazione <strong>di</strong> un grande cinema. Evidenti<br />
le influenze dello stile coloniale nel progetto, tanto che i <strong>Crevalcore</strong>si avevano<br />
scherzosamente battezzato la nascente struttura “il Fortino <strong>di</strong> Makkalè” .<br />
Ricomposti gli aspetti societari, i lavori riprendevano sotto la <strong>di</strong>rezione dello<br />
stesso Malaguti, ma si arrestavano <strong>di</strong> nuovo con i muri che arrivavano ai tre<br />
metri d’altezza. A bloccare le attività erano questa volta le osservazioni della<br />
Giunta Provinciale che, ritenendo il prezzo del terreno notevolmente inferiore a<br />
65
66<br />
Fig.15. Il Cinema Teatro Ver<strong>di</strong> (cartolina degli anni ‘50)<br />
quello corrente, ne richiedeva l’aumento a 420 lire il metro quadro. Un aumento<br />
consistente <strong>di</strong> fronte al quale nell’Ottobre del 1949 la società rinunciava nuovamente<br />
alle concessioni comunali e si scioglieva.<br />
Per il cinema le speranze non erano finite. Una nuova società denominata<br />
“Firmamento” si costituiva per far proseguire i lavori. I temerari, tutti crevalcoresi<br />
(Botti Maria, Lugli Giuseppina, Malagoli Fernando, Sighinolfi Cesira, Trenti Umberto,<br />
Zagnoli Alma), accettavano l’aumento <strong>di</strong> prezzo e richiedevano all’Amministrazione<br />
Comunale, ottenendola, la concessione dell’area fabbricabile.<br />
Il proseguimento dei lavori veniva appaltato ad un’impresa <strong>di</strong> costruzioni<br />
<strong>di</strong> Nonantola con la quale la nuova società sottoscriveva nel Maggio del 1950<br />
un contratto che prevedeva la consegna dello stabile in cinque mesi al costo <strong>di</strong><br />
42.000.000: nei documenti la struttura da completare era identificata dai nomi<br />
“Cinema Firmamento “ e “Cinema Firmamento Sport”.<br />
Alla fine del Gennaio 1951 i lavori erano terminati. Opere non preventivate<br />
avevano fatto salire a 50.000.000 il costo dell’e<strong>di</strong>ficio. Nel Settembre del 1951<br />
veniva effettuata la visita <strong>di</strong> collaudo che rendeva agibile la struttura, identificata<br />
col nome <strong>di</strong> “Cinema Teatro Ver<strong>di</strong>”.<br />
Le caratteristiche architettoniche dell’e<strong>di</strong>ficio contrastavano nel modo più assoluto<br />
con le costruzioni già esistenti in zona, ossia l’Ospedale Barberini e Porta Bologna,<br />
alla quale era legato da alcune colonne a base quadrata. Il contrasto era ulteriormente<br />
accentuato dal colore bianco con cui il cinema era stato <strong>di</strong>pinto.<br />
Ampi spazi caratterizzavano l’interno della struttura a partire dalla sala d’attesa<br />
al cui centro era collocata la biglietteria. Ai lati <strong>di</strong> quella c’erano due scalinate<br />
simmetriche che consentivano l’accesso alla galleria. Sempre dalla biglietteria a pian<br />
terreno si sviluppavano due corridoi simmetrici che, correndo sotto la galleria,<br />
immettevano nella vasta platea. Complessivamente il cinema poteva ospitare 1280
spettatori seduti, 850 in platea e 430 in galleria.<br />
Nella parete opposta all’ingresso era stato costruito il palco, adatto ad ospitare<br />
riviste, spettacoli, concerti e sul quale aveva trovato posto un enorme schermo per<br />
le proiezioni cinematografiche. Nella struttura erano stati ricavati, oltre ai camerini<br />
per gli attori, anche l’appartamento per un custode, un ufficio e un piccolo bar.<br />
Le evoluzioni societarie e i problemi legati alla costruzione avevano fatto<br />
trascurare gli aspetti organizzativi e i soci si trovarono, ad e<strong>di</strong>ficio ultimato, senza<br />
le necessarie licenze per a<strong>di</strong>bire la sala agli spettacoli cinematografici. Il numero<br />
<strong>di</strong> cinema esistenti sul territorio impe<strong>di</strong>va la concessione <strong>di</strong> nuove licenze e a nulla<br />
valsero le richieste dei soci. Pare inoltre che il buon “Gusten” del cinema Italia,<br />
grazie a conoscenze altolocate, contribuisse ad ostacolare ulteriormente i temuti<br />
concorrenti.<br />
I due piccoli cinema crevalcoresi si spartivano così tutti gli spettatori, molti<br />
dei quali, pur sod<strong>di</strong>sfare la passione per il cinema, non esitavano ad assistere in<br />
pie<strong>di</strong> ad un’intera proiezione. In effetti erano poche le alternative allo spettacolo<br />
cinematografico e non era sempre facile godersi comodamente una proiezione:<br />
l’esigua capienza delle sale costringeva gli spettatori a lunghe file in qualsiasi<br />
con<strong>di</strong>zione climatica. Dalle code sofferenti partivano esortazioni per accelerare<br />
l’emissione dei biglietti o per anticipare l’apertura. In qualche occasione le lamentele<br />
peggioravano la situazione: una volta la signora Mavréna, irritata dai commenti<br />
della fila, trovava il modo <strong>di</strong> tranquillizzarla innaffiandola con un’abbondante<br />
secchiata d’acqua.<br />
Dall’appartamento dei Ferriani, situato a fianco del cinema, non piovevano<br />
solo secchiate d’acqua. I bambini respinti dalla bigliettaia perché non riuscivano<br />
a pagare l’intero biglietto, trovavano spesso soccorso nella signora Rondelli<br />
Elvira, seconda moglie <strong>di</strong> Mauro Ferriani e grande appassionata <strong>di</strong> cinema, che<br />
la domenica pomeriggio gettava ai piccoli mancati spettatori “cartoccini” con le<br />
monete necessarie a pagare l’ingresso.<br />
Generalmente le proiezioni si effettuavano tre sere la settimana più il Sabato<br />
e la Domenica pomeriggio e sera. Per i film <strong>di</strong> grande successo come “La stirpe<br />
del drago” o “Il delfino verde”, i cinema aprivano anche la Domenica mattina e<br />
la sala si riempiva.<br />
Il Ver<strong>di</strong> lavorava con l’unica attività consentita, il ballo. Una festa danzante<br />
fu il primo intrattenimento pubblico <strong>di</strong> una certa rilevanza che si svolse al suo<br />
interno. La festa, allietata dalla Ra<strong>di</strong>o Orchestra Zeme e dal buffet del bar Zanarini<br />
<strong>di</strong> Bologna, si tenne il 19 Febbraio del 1952.<br />
Sul biglietto d’invito il Ver<strong>di</strong> era in<strong>di</strong>cato solo come teatro. La serata era<br />
stata intitolata “Festa ONU”, sigla del motto latino Nobis Omnia Urgent che era<br />
nell’emblema della società organizzatrice, composta in gran parte da accaniti<br />
giocatori <strong>di</strong> carte che avevano come ritrovo il Bar della Stazione.<br />
67
68<br />
Fig.16 La Signora Maria Ferriani - La Mavréna- alla biglietteria del Margherita<br />
Grande fu la partecipazione alla festa, in cui la “meglio <strong>Crevalcore</strong>” si trovò<br />
ad intrecciare danze e brin<strong>di</strong>si insieme a facoltosi citta<strong>di</strong>ni, per lo più Bolognesi,<br />
che cosa insolita per quei tempi, riempirono <strong>di</strong> automobili il piazzale del cinema e<br />
i viali della stazione. Le danze rimasero per circa un paio d’anni l’attività principale<br />
del Ver<strong>di</strong>. La sottoscrizione <strong>di</strong> un abbonamento consentiva <strong>di</strong> ottenere la riduzione<br />
sul costo del biglietto, ma il ballo da solo non bastava e i proprietari cominciarono<br />
a cercare nuovi soci.<br />
Il soccorso venne dalla parrocchia, la cui partecipazione alla società poteva<br />
favorire l’inserimento del Ver<strong>di</strong> nel circuito dei cinema parrocchiali. Era allora<br />
parroco Don Enelio Franzoni.<br />
Nelle frazioni <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> esisteva un’unica sala a Palata: si trattava del Cinema<br />
Arena. Per gli altri piccoli centri del territorio le uniche occasioni <strong>di</strong> proiezione<br />
erano costituite dall’arrivo dei cinematografi ambulanti che, soprattutto nel periodo<br />
estivo, vagavano fra i piccoli paesi della zona.<br />
Probabilmente <strong>di</strong> registi ed operatori ambulanti era il film proiettato nell’inverno<br />
del 1953 al Cinema Italia. Principali attrazioni della pellicola erano <strong>Crevalcore</strong> con<br />
le sue porte, i suoi portici e i <strong>Crevalcore</strong>si, intervistati o ripresi nelle loro attività<br />
quoti<strong>di</strong>ane. L’iniziativa, che contava <strong>di</strong> far presa sulla curiosità dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vedersi<br />
e nel vedere il proprio mondo proiettato sul grande schermo, fu un successo e in<br />
molti corsero ad assistere alle proiezioni <strong>di</strong> quello che era il primo film sul nostro<br />
paese, (sarebbe veramente interessante poterlo recuperare).
Ma a destare grande scalpore fu l’arrivo a Bologna del colossal “Via col Vento”.<br />
Ricorda Gianfranco Kelly:<br />
Quando nel 1949, cioè <strong>di</strong>eci anni dopo la sua nascita, “Via col vento” arrivò in Italia,<br />
fu proiettato in lingua originale, con sottotitoli, in soli due cinema: al Mignon <strong>di</strong> Milano<br />
e al Rivoli <strong>di</strong> Roma. Ci vollero altri tre anni perché il film, doppiato in italiano, fosse<br />
<strong>di</strong>stribuito nelle sale <strong>di</strong> prima visione. Bisogna ricordare che la fama del film, dovuta a<br />
una grande operazione commerciale orchestrata dal produttore David O’Selznick, aveva<br />
raggiunto livelli mon<strong>di</strong>ali.Sui giornali si parlava del colore, della musica e delle gran<strong>di</strong><br />
interpretazioni <strong>di</strong> Vivien Leigh, Clark Gable, Leslie Howard e Olivia de Havilland. Da<br />
anni se ne annunciava l’arrivo in Italia. Finalmente fra il ‘52 e il ‘53 fu proiettato nelle<br />
città capozona e a Bologna se lo accaparrò il Cinema Imperiale in Via In<strong>di</strong>pendenza.<br />
Il signor Cesare Poppi era un impiegato comunale all’ufficio anagrafe del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><br />
<strong>Crevalcore</strong>, una persona raffinata, <strong>di</strong>stinta e amante della cultura: lui “Via col vento”<br />
lo aspettava da sempre. Organizzò un pullman per andarlo a vedere a Bologna e i<br />
<strong>Crevalcore</strong>si risposero alla sua chiamata: 30 persone partirono per la proiezione serale.<br />
Il giorno dopo in paese non si parlava d’altro, era l’avvenimento del giorno. In quegli<br />
anni non c’era ancora la tv e al bar quelli che lo avevano visto raccontavano <strong>di</strong> Rossella<br />
O’Hara che mangiava le ra<strong>di</strong>ci per sopravvivere, del mascalzone Clark Gable, della<br />
dolce Melania e <strong>di</strong> Ashley, quell’attore inglese “slavato” che era già morto durante la<br />
guerra e che le donne trovavano molto fine.Si citava la frase finale del film: “ Dopotutto<br />
domani è un altro giorno” sul cui significato non erano tutti d’accordo. La febbre<br />
<strong>di</strong> assistere al “più grande film <strong>di</strong> tutti i tempi” prese un po’ tutti, per cui il pullman<br />
cominciò a partire ogni sera sempre accompagnato, anzi <strong>di</strong>retto, dal signor Cesare<br />
Poppi. Durante il viaggio <strong>di</strong> andata il signor Poppi spiegava i momenti sui quali ci si<br />
sarebbe dovuti concentrare maggiormente e soprattutto non doveva “volare una mosca”<br />
nella scena in cui Rossella mangiava le ra<strong>di</strong>ci. Arrivati al Cinema Imperiale venivano<br />
date le ultime <strong>di</strong>sposizioni: non alzarsi per andare alla toilette se non nell’intervallo. Il<br />
film durava quasi quattro ore. Qualche <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong> lo andò a vedere due volte, ma il<br />
signor Cesare Poppi non mancò a nessuna delle proiezioni: il suo piacere consisteva<br />
nel vedere gli altri che vedevano la sua scoperta. Erano belli anche i viaggi <strong>di</strong> ritorno<br />
durante i quali si commentava il film: una specie <strong>di</strong> cineforum ante litteram, <strong>di</strong>retto,<br />
al microfono del pullman, dal signor Poppi. Ovviamente nessuno si è mai azzardato<br />
a <strong>di</strong>re che non gli era piaciuto, nessuno <strong>di</strong> noi fece come Fantozzi con la Corazzata<br />
Potemkin. Non so che influenza possa aver avuto” Via col vento” sui <strong>Crevalcore</strong>si che<br />
lo videro allora. Il baricentro politico non si spostò a destra anche se il film parteggiava<br />
per il sud. Ma sui nomi qualche influenza l’ha avuta. Un nostro caro amico, Franco<br />
Morselli, grande estimatore del film, anni dopo mise nome a una figlia “Melania”, in<br />
omaggio al personaggio interpretato da Olivia de Havilland. E sai quante Rossella ci<br />
sono in giro… soppiantate purtroppo oggi dalle “Sue Ellen” nate dopo il successo <strong>di</strong><br />
“Dallas”. La tv ha rovinato anche la musica <strong>di</strong> “ Via col vento”: invece <strong>di</strong> Clark Gable<br />
arriva Bruno Vespa…Comunque è anche grazie alla tv se ogni tanto possiamo rivedere<br />
la dolce Melania, lo slavato Ashley, il duro Clark e …Rossella che, commuovendoci<br />
ogni volta, continua a mangiare le ra<strong>di</strong>ci…<br />
69
70<br />
“Via col vento” arrivò anche a <strong>Crevalcore</strong> ed ebbe un grande successo <strong>di</strong><br />
pubblico. Il film venne proiettato al Margherita; gli spettatori erano corsi numerosi<br />
e con gran anticipo per assicurarsi il posto a sedere o anche in pie<strong>di</strong>, creando una<br />
fila che toccava Via Matteotti. Il film era stato <strong>di</strong>viso in due parti; la seconda fu<br />
proiettata a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> una settimana dalla prima. Era operatore al Margherita il Sig.<br />
Ernesto Ferriani detto “Ferrianen”. In quell’epoca si trasferivano dal Margherita<br />
al Ver<strong>di</strong> le proiezioni per le scolaresche.<br />
Se l’ingresso della parrocchia era stato determinante per il Cinema Ver<strong>di</strong>,<br />
rilevante era il contributo che il cinema riusciva a fornirle.<br />
Il cinema era la ricompensa per i giovani chierichetti, per i più bravi al<br />
catechismo, per i coristi e si era trasformato in un luogo <strong>di</strong> conferenze e <strong>di</strong>battiti<br />
su temi religiosi e sociali, spesso introdotti da cicli <strong>di</strong> “cineforum” o da spettacoli<br />
teatrali.<br />
Ancora i Bollettini Parrocchiali forniscono informazioni su alcune delle attività<br />
promosse nel 1954:<br />
- “ Al Cinema Ver<strong>di</strong>, il 10 gennaio, abbiamo assistito ad un grazioso trattenimento<br />
offerto dai bambini dell’Asilo e delle Scuole. Molta buona volontà e applausi. Sempre<br />
cari e bravi i bambini!”<br />
- “Ricorrenza cinquantenaria - Conferenze- Grande Concerto al “Ver<strong>di</strong>”<br />
La sera <strong>di</strong> domenica 3 ottobre avrà luogo in <strong>Crevalcore</strong> un avvenimento veramente<br />
eccezionale: l’Immagine della Madonna venerata nella Chiesa della Concezione verrà<br />
portata processionalmente nella Chiesa parrocchiale dove resterà esposta durante<br />
tutto il mese d’ottobre alla venerazione dei fedeli. Rispettiamo con questo la tra<strong>di</strong>zione<br />
secondo la quale ogni 50 anni detta Immagine viene rimossa dal Suo Altare.<br />
Ancora: nei giorni 6 e 7 ottobre, alle ore 20, nel Teatro Ver<strong>di</strong>, il Rev.mo Mons Salvatore<br />
Baldasarri, Insegnante <strong>di</strong> Storia Ecclesiastica al Seminario Regionale <strong>di</strong> Bologna,<br />
intratterrà il pubblico su argomenti mariani con quell’arte e profon<strong>di</strong>tà che l’hanno<br />
reso meritatamente celebre in tante città d’Italia.<br />
La sera dell’8 ottobre, alle ore 20, sempre al Teatro Ver<strong>di</strong>, Grande Concerto Sinfonico<br />
Corale in onore della B. V. Immacolata, con la partecipazione nella celebre Cappella<br />
Musicale dei Servi <strong>di</strong> Maria, <strong>di</strong>retta dal M.o P. Pellegrino Santucci. Verranno eseguite<br />
musiche <strong>di</strong> Rossini, Ver<strong>di</strong>, P. Martini, Handel”.<br />
Il Ver<strong>di</strong> era il luogo ideale per ospitare conferenze, durante le quali il proiettore<br />
raramente restava inoperoso e un film gratuito era quasi sempre offerto come<br />
premio alla buona volontà dei partecipanti. Ecco come nel Bollettino del Marzo<br />
1955 veniva proposto un ciclo <strong>di</strong> conferenze:<br />
“Nelle sere 28, 29 e 30 marzo alle ore 20 il prof. D. Angelo Carboni terrà tre conferenze<br />
sulla Famiglia.<br />
Verranno trattati alcuni dei principali aspetti <strong>di</strong> questo importantissimo argomento. Una<br />
serata verrà de<strong>di</strong>cata al tema del <strong>di</strong>vorzio, ritornato <strong>di</strong> piena attualità in questi ultimi<br />
mesi, dopo le <strong>di</strong>scussioni al Parlamento sul così detto “Piccolo Divorzio”.<br />
L’interesse dell’argomento e la valentia <strong>di</strong> chi abbiamo chiamato per svolgerli, mi<br />
fanno pensare che interverrete in gran<strong>di</strong>ssimo numero, così da riempire il “Ver<strong>di</strong>”
Fig.17. Interno del Cinema Teatro Ver<strong>di</strong> gremito <strong>di</strong> spettatori.<br />
come nelle sere dell’ottobre mariano. Così come in ottobre, anche questa volta alle<br />
conferenze seguirà la proiezione <strong>di</strong> bellissimi films. Resta inteso che l’ingresso è<br />
gratuito per tutti.<br />
Nell’occasione, all’ingresso del Teatro verrà allestita, una Mostra del Libro, con<br />
possibilità per tutti <strong>di</strong> acquistare con sconto, qualche buon libro <strong>di</strong> sana ed utile<br />
lettura!”<br />
Da notare come i bollettini comincino a parlare <strong>di</strong> proiezioni a partire dall’Ottobre<br />
del 1954: risaliva infatti a qualche mese prima l’inserimento del Ver<strong>di</strong> nel circuito<br />
cinematografico parrocchiale e, finalmente, poteva fregiarsi del titolo <strong>di</strong> cinema.<br />
La prima proiezione sembra risalire all’Agosto del 1954 e aveva per soggetto<br />
le avventure <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> conquistadores. Si trattava <strong>di</strong> un film <strong>di</strong> “serie b” che<br />
lasciò delusi molti spettatori .<br />
Ben presto però la Fox, l’Universale e la Paramount iniziarono a proporre, con<br />
qualche mese <strong>di</strong> ritardo dalle prime visioni citta<strong>di</strong>ne, i principali film del momento<br />
a <strong>di</strong>sposizione del circuito parrocchiale, che ovviamente garantiva sulla moralità<br />
delle pellicole proposte. Sulla moralità degli spettacoli presentati garantiva invece il<br />
parroco del paese . Nel ‘56 si esibiva sul palco del Ver<strong>di</strong> Rino Salviati, chitarrista e<br />
cantante; fra le attrazioni dello spettacolo c’era un gruppo <strong>di</strong> avvenenti ballerine.<br />
I giovani <strong>Crevalcore</strong>si, accorsi numerosi, attirati sia dall’abilità del chitarrista sia<br />
dalle gambe delle danzatrici, si dovettero accontentare. Don Enelio, giu<strong>di</strong>cando<br />
troppo osè le gambe scoperte, le aveva fatte rivestire da pu<strong>di</strong>chi pantaloni.<br />
71
72<br />
I soci proprietari del Ver<strong>di</strong>, approfittando del momento favorevole, decidevano<br />
<strong>di</strong> vendere il cinema e fra gli interessati all’acquisto, oltre alla parrocchia, spuntava<br />
anche il partito politico <strong>di</strong> maggioranza del paese.<br />
La parrocchia si <strong>di</strong>mostrava più determinata. Ottenuta l’autorizzazione dalle<br />
autorità superiori, grazie alla ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un fondo che le era stato donato, riusciva<br />
a racimolare la cifra necessaria per acquistare il cinema.<br />
Il clima politico dell’epoca influì sulla decisione dell’acquisto: con il cinema e la<br />
nuova Casa dei Giovani la parrocchia manteneva il contatto con la popolazione, in<br />
particolare quella giovanile, ed eliminava la possibilità che il moderno ritrovo finisse<br />
nell’orbita delle organizzazioni politiche della Sinistra .<br />
Al fondo venduto, detto del “Macero Lungo” (lascito della famiglia Tomeazzi),<br />
era legato un vitalizio <strong>di</strong> 700.000 lire annue a favore <strong>di</strong> una collaboratrice dei<br />
donatori. Per effettuare la ven<strong>di</strong>ta fu necessaria l’autorizzazione della Prefettura,<br />
che trasferiva il vitalizio sulle ren<strong>di</strong>te derivanti dall’attività cinematografica .<br />
Naturalmente la parrocchia cercò <strong>di</strong> valorizzare il proprio investimento,<br />
riprovando ad ottenere quella licenza industriale che poteva fra l’altro permetterle<br />
una più ampia gamma <strong>di</strong> spettacoli. Incautamente alle rinnovate domande furono<br />
allegate le foto che mostravano il cinema in tutto il suo splendore: le <strong>di</strong>mensioni,<br />
i posti a sedere… Questi ultimi però erano quasi il doppio <strong>di</strong> quelli autorizzati ad<br />
un cinema parrocchiale. Successe un pandemonio e per continuare l’attività Don<br />
Enelio fu costretto ad eliminare un buon numero <strong>di</strong> posti a sedere, e da allora,<br />
il cinema fu sottoposto alle visite <strong>di</strong> controllo del Maresciallo che ogni Lunedì<br />
mattina verificava il numero legale delle poltroncine.<br />
A far furore in quegli anni era il film “Senza tregua il rock and roll “ <strong>di</strong>retto da<br />
Fred F. Sears. Bill Haley scatenava l’entusiasmo dei giovani con il suo “One two three<br />
o’clock, four o’clock rock “. In molte sale cinematografiche le se<strong>di</strong>e erano <strong>di</strong>velte per<br />
dar spazio alla voglia <strong>di</strong> ballare degli spettatori. Si ebbero problemi anche al Cinema<br />
Italia, quando il film venne proiettato. Una delle prime file <strong>di</strong> poltroncine risentiva<br />
sensibilmente dell’entusiasmo dei giovani spettatori, ma il Signor Pizzirani con un<br />
meno coinvolgente suon <strong>di</strong> “scupazon” ripristinava l’or<strong>di</strong>ne e la calma.<br />
Verso la metà degli anni ‘50 in fondo a Via Cairoli spuntava un nuovo cinema<br />
all’aperto; si trattava dell’Arena Malpighi, subito ribattezzata dai <strong>Crevalcore</strong>si col<br />
meno pomposo nome <strong>di</strong> “Carbone”, derivante dall’attività <strong>di</strong> carbonaio del gestore,<br />
Sig. Pecorari.<br />
L’attività cinematografica era in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tempo l’ultima iniziativa della famiglia<br />
Pecorari che, nel luogo dove fino a qualche anno prima sorgeva la Casa dei Giovani,<br />
aveva già organizzato un ritrovo danzante, trasformato poi in un circolo ricreativo<br />
in cui spiccavano le attività <strong>di</strong> osteria e <strong>di</strong> gioco del biliardo. Gli spazi <strong>di</strong>sponibili<br />
erano stati rapidamente adattati alla nuova funzione. La camera <strong>di</strong> proiezione era<br />
stata ricavata nell’e<strong>di</strong>ficio più basso situato lungo Via della Rocchetta, panche e se<strong>di</strong>e
Fig.19 Lo schermo del Cinema Carbone<br />
avevano trasformato il cortile in platea, mentre la parete della casa che fronteggiava<br />
il cortile, <strong>di</strong>pinta <strong>di</strong> bianco, si era trasformata in un grande schermo. Il primo<br />
operatore fu Ottorino Pecorari. Il reperimento delle pellicole era uno dei problemi<br />
rilevanti della gestione, in quanto le più importanti case <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione erano<br />
già impegnate da contratti con gli altri cinematografi locali: l’Italia con la Warner<br />
Bross, il Margherita con la Metro Goldwin Mayer e la Paramount. Al cinema <strong>di</strong> Via<br />
Cairoli restavano i film datati, <strong>di</strong> serie b o dai contenuti innovativi e sperimentali,<br />
una situazione all’apparenza sfavorevole che trasformava però il Carbone in una<br />
sorta <strong>di</strong> cinema d’essai, nel quale fra un film <strong>di</strong> vampiri e un “caplon” si poteva<br />
trovare un film premiato a Venezia o proveniente da oltre cortina: “La corazzata<br />
Potemkim”, film muto del 1925, fu una delle prime audaci proposte.<br />
Per superare la concorrenza degli altri cinema, erano poi commissionati al<br />
pittore Giuseppe Can<strong>di</strong>ni enormi cartelloni pubblicitari dei film presentati. Le<br />
gigantesche locan<strong>di</strong>ne erano collocate in piazza all’imbocco <strong>di</strong> Via Cairoli: il primo<br />
film rappresentato dal Can<strong>di</strong>ni fu il film francese Manon.<br />
Fin dagli inizi il Cinema Ver<strong>di</strong> si era dotato <strong>di</strong> un buon impianto sonoro e<br />
della possibilità <strong>di</strong> proiettare in cinemascope. Il primo film proiettato con questo<br />
sistema fu la “Tunica” nel 1956. Era operatore a quei tempi il già citato pittore<br />
Giuseppe Can<strong>di</strong>ni che in qualche occasione contribuiva a pubblicizzare i film in<br />
programmazione, realizzando enormi cartelloni pubblicitari che venivano appesi<br />
73
74<br />
Fig.20. Entrata del Cinema Carbone in via Cairoli.<br />
alla facciata del cinema. Agli effetti stereo del cinema contribuiva l’operatore che<br />
alzava o abbassava manualmente il volume delle casse, a seconda della <strong>di</strong>rezione<br />
da cui il suono proveniva. Una caldaia da locomotiva, funzionante a carbone,<br />
garantiva un clima accettabile nei mesi invernali.<br />
Una piccola como<strong>di</strong>tà per gli spettatori era il deposito <strong>di</strong> biciclette del sig.<br />
Giovanni Breveglieri detto “Garibal<strong>di</strong>”, a quell’epoca sempre pieno. I depositi <strong>di</strong><br />
biciclette nei pressi dei cinema non erano gli unici a trarre vantaggi dall’attività<br />
cinematografica. All’imbocco dei vicoli che portavano ai cinema sostavano sempre<br />
pazienti i ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> “brustolini”: la Dealbora, il sig. Poppi, la Signora Maria .<br />
Assunto il ruolo <strong>di</strong> cinema, il Ver<strong>di</strong> non rinnegava quello <strong>di</strong> teatro, ospitando<br />
in quegli anni <strong>di</strong>versi spettacoli musicali e sul suo palco, oltre al già citato Salviati,<br />
si esibirono cantanti <strong>di</strong> fama come Consolini, Luciano Taioli e Nilla Pizzi. Non<br />
mancavano mai gli spettacoli <strong>di</strong> burattini <strong>di</strong> Leo Preti. Con l’acquisizione del<br />
cinema da parte della parrocchia erano invece cessate le attività danzanti, ormai<br />
ristrette ai veglioni <strong>di</strong> carnevale.<br />
Intorno al ‘54 spuntava sul negozio <strong>di</strong> elettrodomestici del sig. Ferriani la prima<br />
antenna televisiva. La concorrenza del nuovo elettrodomestico era stata agli inizi<br />
irrilevante, ma poi dal piccolo schermo erano iniziate le trasmissioni <strong>di</strong> “Lascia o<br />
raddoppia”, il primo quiz televisivo…<br />
Una sconvolgente passione travolgeva gli italiani che, rapiti dal nuovo genere<br />
<strong>di</strong> spettacolo, restavano inchiodati ai tavolini dei bar o riempivano le case <strong>di</strong> amici
Fig. 21. Giuseppe Can<strong>di</strong>ni.<br />
e conoscenti, possessori degli ancora rari televisori, lasciando al cinema i posti<br />
vuoti.<br />
Per risolvere la crisi <strong>di</strong> spettatori al Ver<strong>di</strong> adeguarono la programmazione<br />
alla trasmissione televisiva : l’ora <strong>di</strong> inizio delle proiezioni era calcolata in modo<br />
che il primo tempo terminasse in coincidenza dell’inizio del quiz. A quel punto<br />
era introdotto nella sala un alto trespolo con le ruote, sulla cui cima si trovava<br />
collocato “una maestà” <strong>di</strong> televisore, ovviamente sintonizzato sull’appassionante<br />
quiz. Terminato lo spettacolo televisivo ripartiva il secondo tempo del film.<br />
Il sistema fu adottato anche dal Cinema Italia, mentre la Signora Maria Ferriani<br />
del Margherita che da subito aveva considerato il televisore come un temibile<br />
concorrente al punto da non volerlo installare nella propria abitazione, restava<br />
fedele alla proiezione classica.<br />
Il cinema aveva assunto all’interno della famiglia Ferriani un aspetto importante<br />
ed era <strong>di</strong>feso con determinazione dalle insi<strong>di</strong>e della concorrenza. Verso la metà<br />
degli anni ’50, in risposta all’apertura del Carbone, era allestito un nuovo cinema<br />
all’aperto, il terzo del paese, che trovava spazio nel cortile situato a fianco del<br />
Margherita.<br />
La “Mavréna” poi, mal tollerava le “birichinate” ai danni della sua sala e non<br />
potendo, da gentile signora, menar le mani come “Gustén”, puniva le scorrettezze<br />
come meglio poteva, arrivando a proibire l’entrata al cinema per un anno allo<br />
spettatore che aveva sorpreso ad asportare la locan<strong>di</strong>na <strong>di</strong> un film.<br />
75
76<br />
Fig. 22. La prima antenna televisiva<br />
sui tetti <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>.<br />
Fig. 23. Il Cinema Margherita all’aperto.<br />
Al Ver<strong>di</strong> non potevano mancare le pellicole a carattere religioso e sullo schermo<br />
erano proiettati i gran<strong>di</strong> successi del momento: I <strong>di</strong>eci Comandamenti, Ben Hur,<br />
Marcellino pane vino, Nostra Signora <strong>di</strong> Fatima, Il Car<strong>di</strong>nale Lambertini: per i <strong>Crevalcore</strong>si<br />
il Ver<strong>di</strong> era <strong>di</strong>ventato “al cinema dal Prìt” e la parrocchia non perdeva occasione<br />
per affermarlo.<br />
Una consuetu<strong>di</strong>ne erano <strong>di</strong>ventati i cineforum; i <strong>di</strong>battiti si svolgevano al termine<br />
del film animati da un oratore.<br />
Di alcune <strong>di</strong> quelle iniziative restano tracce nei Bollettini Parrocchiali dell’epoca<br />
che così le raccontano :<br />
- Febbraio 1957, al Teatro Ver<strong>di</strong><br />
Abbiamo avuto a due riprese, in settembre e in novembre la proiezione gratuita <strong>di</strong><br />
films con <strong>di</strong>scussione e commento, fatto dai MM.RR. Can.co Prof. Giuliano Camerini<br />
e Alfonso Sonetti.<br />
- Luglio 1957 Teatro Ver<strong>di</strong><br />
Anche nella scorsa primavera abbiamo tenuto le Tre Sere al Teatro Ver<strong>di</strong>, con conferenze<br />
del sempre brillante e bravo Don Luigi Martelli, che ha trattato dell’argomento, <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>o in programma per l’Azione Cattolica in questo 1957: la Chiesa.<br />
-Luglio 1958 Cineforum<br />
“Il nostro Dott. Giuseppe Serra ci <strong>di</strong>ce una sua impressione sul “Cineforum”<br />
esperimentato a <strong>Crevalcore</strong>.<br />
“Un applauso al Dott. Carlo Rimon<strong>di</strong> ed a Carlo Zucchini che hanno rispettivamente<br />
promosso e <strong>di</strong>retto un cineforum a <strong>Crevalcore</strong> [...]. Difatti tre pellicole <strong>di</strong> egregia fattura<br />
“Giustizia è fatta”, “Siamo tutti assassini”, “Luci della città” in visione al Ver<strong>di</strong> nella<br />
scorsa primavera, sono state viste, u<strong>di</strong>te e vivacemente ed intelligentemente <strong>di</strong>scusse<br />
sia sul piano estetico che su quello morale-
Fig. 24 Tessera per Cineforum organizzati al<br />
Cinema Ver<strong>di</strong>.<br />
Fig 25. Bigliettaie del Cinema Ver<strong>di</strong><br />
-Dicembre 1958, le tre sere al Ver<strong>di</strong><br />
Le “ Tre Sere” con P. Toschi, il Dott. Toffoletto e il Dott. Morchiani.Ben riuscite:<br />
affollato il Teatro Ver<strong>di</strong>, specie nella sera del 28 ottobre de<strong>di</strong>cata al nostro Malpighi.<br />
Molta <strong>di</strong>sciplina fra gli u<strong>di</strong>tori come ebbi a rilevare al termine dell’ultima conferenza.<br />
Nonostante il dottor Marchiani abbia trattato argomento <strong>di</strong>verso da quello proposto,<br />
il pubblico ha seguito con notevolissimo interesse, toccato dalla foga dalla sincerità,<br />
dalla forza <strong>di</strong> convinzione, del giovane oratore. Come sarebbe opportuno ricordare<br />
sempre l’inciso con cui il dotto Marchiani giustificò il suo <strong>di</strong>re: che cioè, quando carri<br />
armati schiacciano operai che invocano <strong>di</strong> essere liberi in casa loro non si fa un’azione<br />
politica, ma una autentica barbarie, e parlarne <strong>di</strong>venta un dovere, com’è dovere <strong>di</strong> ogni<br />
uomo libero reclamare il rispetto dei <strong>di</strong>ritto dell’uomo.<br />
-Dicembre 1959 Unione Donne<br />
Il convegno delle donne <strong>di</strong> A.C. della zona <strong>di</strong> S. Giovanni in Persiceto si è tenuta<br />
quest’anno a <strong>Crevalcore</strong> il 10 novembre 1959 al Teatro Ver<strong>di</strong>, che era gremitissimo<br />
(presenti 600) non ostante l’inclemenza del tempo e l’orario inadatto per delle donne<br />
(ore 14).<br />
Cicli <strong>di</strong> cineforum furono anche proposti (1956 – 1960) dai giovani della<br />
parrocchia, ai quali Don Enelio concedeva gratuitamente la sala. Il giorno de<strong>di</strong>cato<br />
alle proiezioni era il Mercoledì, un giorno <strong>di</strong> riposo per il Ver<strong>di</strong> che, a <strong>di</strong>fferenza<br />
degli altri cinema che proiettavano tutte le sere, apriva al pubblico il Giovedì, il<br />
Sabato e la Domenica. Al ciclo <strong>di</strong> conferenze parteciparono fra gli altri il Direttore<br />
dell’Osservatore Romano e lo scrittore Pietro Bargellini.<br />
Si era tenuto nell’autunno del 1958 “Il microfono d’oro”, un concorso organizzato<br />
da Destino Festa che, oltre a <strong>di</strong>vertire ed intrattenere il pubblico, cercava <strong>di</strong><br />
77
78<br />
in<strong>di</strong>viduare e far emergere i giovani talenti locali. I cantanti erano per l’occasione<br />
accompagnati dal gruppo musicale “Cunetta e i suoi Boys”.<br />
Il concorso metteva in risalto le qualità canore della crevalcorese Mirna Chelli e<br />
decretò vincitrice Carmen Villani che sarà famosa a livello nazionale come cantante, così<br />
come Gianfranco Chelli come conduttore <strong>di</strong> spettacoli televisivi e opinionista tv.<br />
Altra scoperta <strong>di</strong> quella manifestazione era stata il cinema Teatro Ver<strong>di</strong>, una<br />
struttura moderna, spaziosa che, spuntata quasi per miracolo sul suolo <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong>,<br />
si <strong>di</strong>mostrava estremamente <strong>di</strong>sponibile alle iniziative della gioventù locale.<br />
La situazione era colta al volo da Gianfranco Chelli che, trasformatosi in<br />
impresario teatrale, iniziava la produzione <strong>di</strong> spettacoli che avrebbero finito col<br />
coinvolgere tutto il paese, in parte sul palco come attori o collaboratori, in parte<br />
in platea come spettatori. Tutto quanto faceva spettacolo, musica, canzoni, balli,<br />
recitazioni <strong>di</strong> brani teatrali e poesie; il varietà <strong>di</strong> Chelli si adattava alle doti degli<br />
artisti <strong>di</strong>lettanti. Collaboravano cucendo trame, sceneggiature ed effetti speciali<br />
Carlo Zucchini, Silvano Albertini e Gigi Suffriti, mentre l’autore delle scenografie<br />
era il pittore Giuseppe Can<strong>di</strong>ni. Attorno al Ver<strong>di</strong> si formava un gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>lettanti<br />
che sulle locan<strong>di</strong>ne si definiva “Compagnia Instabile del teatro <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>”. Le<br />
prove si svolgevano <strong>di</strong> notte all’interno della biblioteca, che allora si trovava in<br />
Via Roma nel palazzo comunale e dove stranamente esisteva una macchina da<br />
cucire, con la quale gli attori, aiutati dal bibliotecario particolarmente creativo,<br />
confezionavano con stracci e cartoni abiti <strong>di</strong> scena all’apparenza perfetti.<br />
Sul palco del Cinema Teatro Ver<strong>di</strong> erano così rappresentati “Vento d’Estate” nel<br />
1959, “Missile d’argento” e “Autunno d’amore” nel 1960, “Crevalcorissimo” nel<br />
1961, spettacolo che prendeva spunti dalle vicende storiche del nostro paese.<br />
Fra il 1959 e il 1960, la scena dell’informazione <strong><strong>Crevalcore</strong>se</strong> era ravvivata dalla<br />
comparsa <strong>di</strong> due nuovi giornali: Il Castello, mensile della Democrazia Cristiana, e Il<br />
Ranocchio, perio<strong>di</strong>co locale in<strong>di</strong>pendente sostenuto dai partiti <strong>di</strong> sinistra.<br />
Si fossero chiamati Don Camillo e Peppone avrebbero imme<strong>di</strong>atamente<br />
reso finalità e modalità dell’informazione che intendevano fornire, il principale<br />
argomento trattato dai due perio<strong>di</strong>ci era, infatti, la politica; non mancavano<br />
comunque notizie <strong>di</strong> cronaca, costume, sport e spettacolo.<br />
A testimonianza del <strong>di</strong>ffuso interesse per il cinema, trovava spazio, in entrambi<br />
i giornali, una rubrica <strong>di</strong> critica cinematografica.<br />
Lo pseudonimo “Cineasta” celava l’identità dell’autore della “Cronaca del<br />
cinema” che appariva sul Castello. “Cineforum” era invece il titolo della rubrica<br />
tenuta sulle pagine del Ranocchio dal poliedrico Gianfranco Chelli.<br />
Un articolo del Ranocchio dell’aprile 1960, ci riporta all’atmosfera dell’epoca,<br />
raccontando <strong>di</strong> uno spettacolo musicale che aveva avuto luogo al Cinema Ver<strong>di</strong>:<br />
Serata della canzone al “Ver<strong>di</strong>”<br />
Sull’Italia <strong>di</strong> Riva, <strong>di</strong> Tortora e <strong>di</strong> Bongiorno, sull’Italia del «Musichiere» e <strong>di</strong> «Campanile
Fig.26 Mirna Chelli in abito <strong>di</strong> scena.<br />
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80<br />
Fig.27. foto dello spettacolo Il Microfono d’oro, (1958). Sul palco, da sinistra: Carmen Villani,<br />
Gianfranco Chelli, Tino Festa , Mirna Chelli<br />
sera», <strong>di</strong> Fellini e <strong>di</strong> Tambroni, della «Dolce vita» e del campionato <strong>di</strong> calcio, sull’Italia<br />
della crisi ministeriale e del nuovo Governo, degli scandali e dei teddy-boys, <strong>di</strong> Modugno<br />
e <strong>di</strong> Rascel, sull’Italia «Romantica» e «Libera» delle terzine e dei juke-box, è scesa<br />
finalmente la primavera.<br />
Tra poco cominceranno le «smanie per la villeggiatura», la penisola sarà invasa dallo<br />
straniero, e bion<strong>di</strong>ssime fraulein verranno da noi in cerca d’amore. Ci passeranno<br />
vicine, in una corsa veloce verso il Sud e noi non ci accorgeremo <strong>di</strong> nulla. La nostra<br />
vita in provincia continuerà fra la casa e il lavoro, il cinema e l’apparecchio televisivo.<br />
La sera i vicoli si animeranno, la piazza brulicherà <strong>di</strong> giovani, e il viale della stazione<br />
sarà sempre la meta preferita dagli innamorati. I <strong>di</strong>scorsi nei caffè saranno sempre gli<br />
stessi: si parlerà <strong>di</strong> nulla. Qualcuno si augurerà che cada il campanile per avere una<br />
giornata <strong>di</strong>versa dal solito. La settimana poi si concluderà con il grande passeggio<br />
domenicale, vera e propria sfilata <strong>di</strong> moda e <strong>di</strong> bellezza cui tutti partecipiamo, spinti<br />
quasi da un’atavica tra<strong>di</strong>zione o da un impegno morale.<br />
Sono cosi rari dunque gli avvenimenti e le manifestazioni, e così limitati i <strong>di</strong>vertimenti che<br />
per una volta ci occuperemo <strong>di</strong> uno spettacolo musicale che si presentava assai interessante<br />
soprattutto per la quantità e qualità degli interpreti. Quattro cantanti della ra<strong>di</strong>o e della<br />
televisione erano, infatti, riuniti in un music-hall presentato la sera del 30 marzo al Teatro<br />
Ver<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>: Corrado Lojacono Stella Dizzy, Vera Nepy e Franco Franchi.
A queste vedette facevano poi da cornice altri cantanti e due orchestre. Diremo subito<br />
che lo spettacolo non è stato niente <strong>di</strong> eccezionale: una passerella <strong>di</strong> soli cantanti non<br />
poteva non stancare, come è accaduto infatti nel primo tempo riservato ai cantanti<br />
<strong>di</strong> contorno. Buono invece il secondo tempo. E’ iniziato con la piacevole esibizione<br />
del complesso degli Erranti che ha suscitato entusiasmo ed ha raccolto il favore del<br />
pubblico. Applausi a scena aperta hanno sottolineato i contorcimenti e le strozzature<br />
vocali <strong>di</strong> Silvi che indubbiamente possiede uno «stile» che va via via raffinandosi.<br />
Segnaliamo in particolare il chitarrista <strong>di</strong> questo complesso: il concitta<strong>di</strong>no Mario<br />
Vignoli che oltre a possedere una perfetta tecnica strumentale è anche autore <strong>di</strong> belle<br />
composizioni. La miglior cantante della serata ci è comunque sembrata Stella Dizzy. La<br />
giovane e sofisticata cantante milanese ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> possedere eccezionali qualità<br />
vocali interpretando meravigliosamente «My funny Valentine» in una elaborazione<br />
molto suggestiva.<br />
Bravi Lojacono, la Nepy, Franchi e la giovane cantante del complesso Pelizza: Wally<br />
Gatti. Cor<strong>di</strong>ale successo. C. G.”<br />
L’estate del 1960 non portava solo le “smanie per la villeggiatura” una nuova<br />
produzione <strong>di</strong> Gianfranco Chelli veniva a ravvivare la quiete paesana. Si trattava<br />
del già citato “Missile d’Argento”, che ripeteva il successo degli spettacoli<br />
precedenti.<br />
Da un articolo de “Il Castello” che sottolineava anche gli aspetti a suo giu<strong>di</strong>zio<br />
migliorabili, il racconto <strong>di</strong> alcuni momenti e interpreti dello spettacolo:<br />
…Dopo Sanremo, Velletri e Castrocaro, anche <strong>Crevalcore</strong> ha il suo festival; venuto<br />
alla luce silenziosamente lo scorso anno, portato dal «Vento d’Estate», ha rinnovato la<br />
sua veste assumendo un carattere regionale. Il concorso, a suo tempo ban<strong>di</strong>to, non ha<br />
purtroppo portato alla ribalta nuovi talenti, se si escludono i già noti elementi locali.<br />
…Lo spettacolo ha tenuto a battesimo «la Compagnia del Teatro Sperimentale <strong>di</strong><br />
<strong>Crevalcore</strong>» che ha presentato quattro brevi atti <strong>di</strong> prosa, poesia, rivista e comme<strong>di</strong>a<br />
musicale, rendendo così meno monotone le esibizioni canore dei concorrenti. Il<br />
festival si è articolato in due serate; i <strong>di</strong>lettanti, portati al microfono con signorilità<br />
e <strong>di</strong>stinzione dal presentatore Gianfranco Chelli, nella serata <strong>di</strong> apertura sono stati<br />
scelti da una giuria <strong>di</strong> concitta<strong>di</strong>ni che ha in<strong>di</strong>cato gli otto partecipanti alla finale. Il 1°<br />
premio è stato giustamente assegnato alla Sig.na Mirna Chelli che, ancora una volta, si<br />
è fatta ammirare per la sua bella voce presentando, con grazia e misura, alcune canzoni<br />
molto apprezzate dal pubblico; un secondo premio è stato attribuito ad una precoce<br />
urlatrice, la Sig.na Marisa Allegretti. Da segnalare la giovanissima Magda Balboni <strong>di</strong><br />
Cento, ed il giovane ravarinese imitatore del compianto Fred Buscaglione; una citazione<br />
particolare per il complesso «Tre vampiri», che ha avuto nel fisarmonicista Fosco un<br />
ottimo esecutore <strong>di</strong> un applau<strong>di</strong>to brano <strong>di</strong> musica jazz.<br />
Specialmente nella prima serata non sono mancate le classiche «stecche»,<br />
giustificabili, forse, per l’emozione del primo debutto.<br />
A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> alcuni mesi il palco del Ver<strong>di</strong> ospitava un nuovo spettacolo <strong>di</strong><br />
Chelli: “Autunno d’Amore”, a cui seguiva l’anno seguente “Crevalcorissimo”.<br />
Al Ver<strong>di</strong> si tenevano poi altri spettacoli che proponevano artisti locali già<br />
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82<br />
affermati, come l’orchestra “Teddy Rock” <strong>di</strong>retta da Erio Vaccari, o che davano<br />
spazio alle nuove “proposte”, come il ciclo delle “Serate del <strong>di</strong>lettante” nelle quali<br />
Licinio Corsini compiva i primi passi <strong>di</strong> una carriera <strong>di</strong> musicista che l’avrebbe<br />
portato a suonare nell’orchestra <strong>di</strong> Henghel Gual<strong>di</strong>.<br />
Alcune <strong>di</strong> queste serate erano organizzate da Ernesto Boiani, altro crevalcorese<br />
che, seguendo le orme <strong>di</strong> Chelli, si era improvvisato impresario teatrale.<br />
Il Ver<strong>di</strong> era un punto <strong>di</strong> riferimento per i giovani e a trarne vantaggio era anche<br />
il bar del Cinema allora gestito da Dante Molinari, detto “bafi ad ghisa” che, dopo<br />
un avvio stentato, <strong>di</strong>ventava luogo <strong>di</strong> ritrovo <strong>di</strong> quella generazione.<br />
Nel 1961 il cortile in cui aveva trovato spazio il Cinema Margherita era messo<br />
in ven<strong>di</strong>ta e la “sala” all’aperto dovette essere smantellata. Nello stesso anno,<br />
quasi a consolazione <strong>di</strong> quella per<strong>di</strong>ta, la gestione Ferriani era premiata con una<br />
medaglia d’argento dall’AGIS, Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, con<br />
la seguente motivazione: “Per avere svolto attività cinematografica dal 1934 contribuendo per<br />
oltre un venticinquennio con appassionata e benemerita opera allo sviluppo e all’affermazione del<br />
cinema in Italia.” . Agli spettacoli <strong>di</strong> varietà e alle proiezioni del Ver<strong>di</strong> continuavano<br />
ad alternarsi le iniziative della parrocchia, così descritte e annunciate dai Bollettini<br />
Parrocchiali :<br />
Befana 1961 “Anche quest’anno, puntuale come sempre, è giunta la Befana per<br />
i nostri bimbi da Roma, e più precisamente dalla casa del Comm. Primo Parrini.<br />
Quest’anno non si è fatto il pranzo, ma si è pensato ad un dono a tutti i bimbi.<br />
Difatti, nel pomeriggio del 6 gennaio, dopo uno spettacolo gratuito <strong>di</strong> burattini al Ver<strong>di</strong>,<br />
ai bimbi intervenuti è stato <strong>di</strong>stribuito un bel sacchetto <strong>di</strong> roba buona.<br />
Al benefattore dei nostri bimbi, il grazie più cor<strong>di</strong>ale ed il saluto più affettuoso!”<br />
Marzo 1962 “Ben riuscite le tre sere per i giovani e le ragazze, nel gennaio scorso, che<br />
hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re moltissimo l’esposizione, ora profonda, ora brillante,<br />
sempre interessante del Dott. Don Novello Pederzini, un esperto dei problemi giovanili<br />
e Giu<strong>di</strong>ce presso il Tribunale Ecclesiastico per le cause matrimoniali.<br />
I cento fra giovani e ragazze hanno concluso i loro incontri al “ Ver<strong>di</strong>” con la visione<br />
<strong>di</strong> un nitido, vali<strong>di</strong>ssimo film: “I <strong>di</strong>aloghi delle Carmelitane”.<br />
All’inizio degli anni ‘60 si trovarono a godere <strong>di</strong> una limitata fama cinematografica<br />
alcuni crevalcoresi: Emilio Malaguti, in arte Emil Crysler, già della Compagnia del<br />
teatro <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> che, partito alla volta <strong>di</strong> Cinecittà, riusciva ad avere ruoli <strong>di</strong><br />
comparsa nei film “Francesco d’Assisi” e “Il ladro <strong>di</strong> Bagdad”; Licigno Corsini,<br />
casualmente “inserito” in un film poliziesco mentre suonava in un locale Bolognese,<br />
finiva pure immortalato nella locan<strong>di</strong>na del film.<br />
Numerosi crevalcoresi, apparivano invece come intervistati in un filmdocumentario<br />
americano che raccontava <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> come del paese più<br />
comunista d’Italia.<br />
Al Carbone l’attività si era intanto estesa agli spettacoli teatrali; il palco era stato<br />
ricavato a lato della platea che, grazie ad alcuni teloni, era protetta dalle eventuali
Fig. 28. Gianfranco Chelli e Carmen Villani, prove per lo spettacolo Crevalcorissimo del 1961<br />
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Fig. 29. Enea Albertini e Mirna Chelli, in un momento <strong>di</strong> Crevalcorissimo<br />
intemperie. Fra gli spettacoli presentati: “La piccola Vedetta Lombarda” e “Il<br />
Fornaretto <strong>di</strong> Venezia”.<br />
Agli inizi degli anni ‘60 il Cinema Italia era passato alla gestione <strong>di</strong> Laura Lo<strong>di</strong>,<br />
che si avvaleva della collaborazione del sig. Martelli, già proprietario <strong>di</strong> cinema nel<br />
bolognese. Era l’epoca dei primi Western all’italiana che attiravano folle <strong>di</strong> spettatori.<br />
Per controllare la ressa davanti al cinema dove si proiettava il film Per un pugno <strong>di</strong><br />
dollari si rendeva ad<strong>di</strong>rittura necessario l’intervento dei Carabinieri.<br />
A metà degli anni 60 il Cinema Italia lanciava un’iniziativa pubblicizzata<br />
con lo slogan “due film per 50 lire”. L’operazione ebbe un <strong>di</strong>screto successo; i<br />
<strong>Crevalcore</strong>si subivano ancora una forte attrazione per il cinema. Una passione<br />
che li faceva restare dalle otto a mezzanotte seduti su scomode se<strong>di</strong>e <strong>di</strong> legno,<br />
in un ambiente umido, saturo <strong>di</strong> fumo <strong>di</strong> sigarette, che affaticava i polmoni e la<br />
vista, ad emozionarsi davanti a vecchie pellicole rigate e consumate che spesso si<br />
spezzavano interrompendo atmosfera e proiezione.<br />
I <strong>Crevalcore</strong>si ricordano il Cinema Italia con affetto, ma anche come la più<br />
scalcinata delle tre sale <strong>di</strong> proiezioni. Era più curata la gestione del Margherita, ma<br />
il servizio e i comfort migliori erano quelli offerti dal Cinema Ver<strong>di</strong>, gestito alla<br />
maniera delle gran<strong>di</strong> sale citta<strong>di</strong>ne. Oltre alla bigliettaia, si alternavano nell’attività
Fig.30. Erio Vaccari e la sua orchestra in uno spettacolo al Cinema teatro Ver<strong>di</strong><br />
Gianna Bastia e Romana Azzolini. C’erano, con tanto <strong>di</strong> <strong>di</strong>visa, le maschere<br />
che accompagnavano gli spettatori con la torcia, ruolo ricoperto nel tempo dai<br />
signori Ivo Albertini, Convertino Ar<strong>di</strong>zzoni, Gaetano Serrazanetti. C’era Fabio<br />
Ghelfi, ragazzo, in papillon e giacca bianca, che girava fra il pubblico per vendere<br />
caramelle, affiancato nei mesi estivi per qualche stagione dal ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> gelati e<br />
bibite ghiacciate Carlo Arduini.<br />
Nel 1964 il cineforum organizzato al Ver<strong>di</strong> dalla parrocchia, manifestazione nota<br />
col nome delle “Tre sere”, compiva 10 anni e mentre “La fontana della Vergine”<br />
<strong>di</strong> Ingmar Bergman apriva il ciclo <strong>di</strong> proiezioni <strong>di</strong> quell’anno, si iniziava a pensare<br />
ad una e<strong>di</strong>zione speciale per festeggiare il traguardo raggiunto.<br />
Nel Maggio del 1965 si tenne con gran successo il Festival Nazionale <strong>di</strong><br />
<strong>Crevalcore</strong>, una sorta <strong>di</strong> Sanremo locale, organizzato e presentato da Gianfranco<br />
Chelli (nel frattempo <strong>di</strong>ventato commentatore per la Rai) che riusciva ad ottenere<br />
per la mo<strong>di</strong>ca cifra <strong>di</strong> lire 350.000 la partecipazione allo spettacolo <strong>di</strong> Mike<br />
Buongiorno. Il festival, vinto da Paola Musiani, seguita da Paolo Mengoli, si<br />
chiudeva con un quiz, condotto in sala dal già mitico “Mike”. Grande successo ed<br />
entusiasmo nei circa 1600 spettatori, fra i quali spiccava Don Enelio che alla fine<br />
abbracciava, felice <strong>di</strong> gioia, il giovane produttore dello spettacolo.<br />
Sempre nello stesso anno Gianfranco Chelli organizzava, ispirandosi allo<br />
Zecchino d’oro, la prima e<strong>di</strong>zione del “Ranocchio d’oro” per il quale otteneva la<br />
partecipazione <strong>di</strong> un altro mito televisivo dell’epoca, il grande imitatore Alighiero<br />
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Fig.31. locan<strong>di</strong>ne del cinema Margherita sotto i portici<br />
Noschese che, pur febbricitante, contribuiva al successo dello spettacolo. Fra<br />
i giovanissimi partecipanti crevalcoresi c’erano Edy Bratti e i gemelli Onelio e<br />
Massimo Zabbini che arrivarono secon<strong>di</strong> cantando un brano delle celebri gemelle<br />
tedesche: “La notte è piccola per noi”. Vinse il concorso un coro <strong>di</strong> un paese vicino<br />
con la canzone “John Brown” .<br />
Nel 1966 Gianfranco Chelli proponeva al Ver<strong>di</strong> uno spettacolo musicale<br />
con Giorgio Gaber. Non si ripeteva il successo degli spettacoli precedenti e agli<br />
organizzatori restarono l’amaro in bocca e i conti in rosso.<br />
Nasceva nel 1968 il Carnevale dei Bambini, una manifestazione curata dalla<br />
Società Tarnein che aveva fra i promotori principali Don Ivo Manzoni, il parrocco<br />
nel frattempo subentrato a Don Enelio Franzoni.<br />
Le prime e<strong>di</strong>zioni del carnevale, caratterizzate da sfilate e premiazioni <strong>di</strong><br />
mascherine, avevano trovato nel palco del Cinema Ver<strong>di</strong> il luogo ideale per il loro<br />
svolgimento. Per il carnevale il Cinema continuò a rappresentare un importante<br />
punto <strong>di</strong> riferimento anche dopo il 1971, anno in cui la manifestazione si arricchiva<br />
delle sfilate dei carri allegorici. Dal Bollettino Parrocchiale dell’epoca il resoconto<br />
dell’evento:<br />
“Carnevale dei bimbi - Più sfavillante che mai, la terza e<strong>di</strong>zione del Carnevale dei<br />
bimbi crevalcoresi. Il Teatro “Ver<strong>di</strong>”, gremito <strong>di</strong> bimbi il giovedì grasso, con centinaia<br />
<strong>di</strong> mascherine in concorso, offriva uno spettacolo unico.<br />
Le bellissime giornate <strong>di</strong> sole hanno premiato i bimbi, gli organizzatori ed i costruttori<br />
<strong>di</strong> sette carri allegorici che, affollati <strong>di</strong> bimbi, hanno girato le vie del paese seguendo le
Fig.32. locan<strong>di</strong>ne pubblicitare del cinema Italia<br />
orme del maestoso “Re Tarnein” e della sempre più bella .. “Marmizlèra”.<br />
Bordate <strong>di</strong> coriandoli e caramelle hanno accolto, in piazza, le innumerevoli mascherine<br />
che componevano il corso mascherato.<br />
Veramente gustose le “zirudelle” pronunciate all’arrivo <strong>di</strong> ogni carro dopo che Re<br />
Tamei, dal balcone del Palazzo Comunale, aveva aperto il corso con la sua “arringa”<br />
in <strong>di</strong>aletto crevalcorese”.<br />
La presenza della parrocchia fra i promotori del Carnevale faceva riaprire<br />
il Ver<strong>di</strong> alle danze. Veniva nuovamente concesso alle società carnevalesche <strong>di</strong><br />
organizzare i tra<strong>di</strong>zionali veglioni danzanti all’interno del Cinema che, per quelle<br />
occasioni, assumeva ogni volta sembianze <strong>di</strong>verse. Allestimenti spettacolari<br />
duravano, come nelle fiabe, la magia <strong>di</strong> una notte. Memorabile, nel Carnevale del<br />
1972, l’allestimento effettuato dalla società “Carezza Notturna” che utilizzò 16<br />
chilometri <strong>di</strong> tessuto per trasformare la sala. Negli anni ‘70, al Ver<strong>di</strong> iniziava il ciclo<br />
degli spettacoli organizzati e recitati dai ragazzi della Casa dei Giovani, promossi e<br />
coor<strong>di</strong>nati dal giovane cappellano Don Giuseppe. A dare il via a quegli spettacoli<br />
fu, nel Dicembre del 1973, “Musical”, un concerto in cui, a fianco dell’attrazione<br />
principale rappresentata dal complesso dei Noma<strong>di</strong>, si esibirono i principali gruppi<br />
musicali locali: “Angelico Lombrico”, “Demon’s Wizard”, “Farmacia <strong>di</strong> Turno” e<br />
“Evasione verso l’infinito”.<br />
Seguirono poi, dal Marzo del 1974, una serie <strong>di</strong> spettacoli che Don Giuseppe<br />
sintetizzava così sulle pagine del Bollettino Parrocchiale:<br />
“QUESTO UOMO NOI LO CONOSCIAMO “Il suo significato: ha tenuto uniti<br />
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Fig.33. Biglietteria del Cinema Ver<strong>di</strong>.<br />
una trentina <strong>di</strong> giovani in un lavoro <strong>di</strong> ricerca sugli aspetti più trascurati e meno<br />
conosciuti del nostro paese, li ha fatti pensare col lavoro e con le prove, ha riunito<br />
circa seicento persone con le quali si è <strong>di</strong>alogato.. la sera stessa dello spettacolo”;<br />
“UNA VITA QUALUNQUE”: spettacolo che ha visto ragazzi e ragazze <strong>di</strong> terza<br />
me<strong>di</strong>a interrogarsi su alcuni valori della vita. Come per lo spettacolo precedente tutto<br />
è stato realizzato da loro ed è stato presentato a circa seicento persone la sera del 15<br />
Maggio. La gioia <strong>di</strong> questi ragazzi che erano al loro primo lavoro del genere è il più<br />
bel commento a ciò che hanno fatto.<br />
“GIOVANNA D’ARCO”: è un’opera <strong>di</strong> Paul Claudel che un gruppo <strong>di</strong> ragazzi sui<br />
15-16 anni ha tradotto dal francese e rielaborata. Verrà presentato al pubblico la sera<br />
<strong>di</strong> Vener<strong>di</strong> 7 Giugno, alle ore 21, presso il Cinema-Teatro Ver<strong>di</strong>. Ai ragazzi ha detto<br />
molto: ci auguriamo possa creare interesse anche in coloro che parteciperanno.<br />
Un commento al tutto: si tratta <strong>di</strong> lavori in cui i giovani hanno tentato <strong>di</strong> interrogarsi<br />
e coi quali hanno creato... un ponte <strong>di</strong> comprensione... con l’ambiente più adulto che<br />
li circonda.<br />
Quello che ora <strong>di</strong>co vuole essere senza asprezza: è auspicabile che le persone <strong>di</strong><br />
<strong>Crevalcore</strong> si rendano conto e sappiano apprezzare ciò che <strong>di</strong> genuino nasce fra <strong>di</strong> loro.<br />
Credo che se c’è qualcuno che va capito e sostenuto sia proprio il ragazzo soprattutto<br />
perché è ancora capace <strong>di</strong> compiere il miracolo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso... non settario... pur<br />
<strong>di</strong>cendo con chiarezza quello che pensa.<br />
L’incasso netto realizzato verrà al più presto affisso alla porta della Chiesa e pubblicato
nel prossimo Bollettino: il tutto è stato usato per le spese della Casa dei Giovani”.<br />
Continuavano il ciclo il recital “...E l’uomo fu”, spettacolo allestito nell’ambito del<br />
Congresso Eucaristico <strong>di</strong> zona che in quel periodo si teneva a <strong>Crevalcore</strong>, e lo spettacolo<br />
“Alfa-Omega morire per vivere”, caratterizzato dalle musiche del complesso “Angelico<br />
Lombrico”. Grande successo <strong>di</strong> pubblico ebbe lo spettacolo presentato al Ver<strong>di</strong> in<br />
quegli anni dal gruppo internazionale <strong>di</strong> “Viva la Gente”.<br />
Nei primi anni ‘70 il Cinema Italia cambiava nuovamente gestione; a rilevare la<br />
licenza industriale dalla signora Lo<strong>di</strong> era il Centro Utenti Cinema Emilia Romagna<br />
che continuava l’attività <strong>di</strong> proiezioni per un paio <strong>di</strong> anni. In quel periodo i gestori<br />
del Cinema Ver<strong>di</strong> tentavano <strong>di</strong> ottenere sia la licenza industriale del Cinema Italia<br />
sia la gestione del cinema Carbone. Nessuno dei progetti <strong>di</strong> espansione arrivava<br />
in porto: a farli naufragare erano la parificazione delle norme che regolavano le<br />
<strong>di</strong>verse licenze cinematografiche, la situazione finanziaria del cinema all’aperto e<br />
la crisi <strong>di</strong> pubblico che cominciava a intravedersi.<br />
Nel 1975 il Margherita, rimasto “orfano” della sua proprietaria, era affittato<br />
ad un ravarinese, già gestore <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse sale cinematografiche nel modenese, il<br />
quale rinnovava il cinema nell’aspetto e nella programmazione. La ristrutturazione<br />
non risparmiava l’antico nome e l’insegna al neon a forma <strong>di</strong> margherita che dalla<br />
fine degli anni ‘50 stava appesa a Porta Modena. Forte <strong>di</strong> un nuovo ingresso,<br />
dell’interno rivestito <strong>di</strong> moquette, <strong>di</strong> più comode poltroncine e <strong>di</strong> un nuovo<br />
impianto <strong>di</strong> riscaldamento, il cinema, ribattezzato Maxim’s, affidava il proprio<br />
rilancio alle pellicole osè.<br />
Nel 1978 il Cinema Ver<strong>di</strong> era coinvolto in una contestazione contro la guerra<br />
in Vietnam. A scatenare le proteste dei pacifisti era il film “Berretti Ver<strong>di</strong>” <strong>di</strong> John<br />
Wayne, che sosteneva l’intervento americano in Vietnam. La pellicola aveva già<br />
scatenato proteste e manifestazioni in mezzo mondo. Nella notte precedente alla<br />
proiezione un giovane pacifista, <strong>di</strong>pendente delle poste, con pennello e vernice era<br />
riuscito ad imbrattare le locan<strong>di</strong>ne del film, ad attaccare manifesti <strong>di</strong> protesta sulla<br />
facciata del cinema e a scrivere sull’asfalto del piazzale antistante frasi <strong>di</strong> condanna<br />
della guerra in Indocina.<br />
Televisione, nuove mode e nuovi stili <strong>di</strong> vita determinarono sul finire degli<br />
anni ‘70 una crisi generale dello spettacolo cinematografico dalla quale neanche i<br />
cinema crevalcoresi uscirono indenni.<br />
Si spegneva lentamente il Cinema Carbone che, senza dare troppo nell’occhio,<br />
non riapriva più le porte all’arrivo dell’estate. Chiudeva definitivamente il Cinema<br />
Italia: le previsioni degli incassi rendevano improponibile la ristrutturazione<br />
dell’umido e cadente e<strong>di</strong>ficio; resisteva a fatica il Maxim’s, dopo la ristrutturazione<br />
a base <strong>di</strong> moquette e <strong>di</strong> pellicole osè, mentre il Cinema Ver<strong>di</strong>, per sopravvivere,<br />
giocava la carta del ri<strong>di</strong>mensionamento. L’idea era partita da Viterbo Garuti, quasi<br />
un ‘fratello’ del cinema. Era, infatti, cresciuto fra le mura del Ver<strong>di</strong> nell’appartamento<br />
del custode e da sempre e volontariamente aveva collaborato alla gestione. Il<br />
89
90<br />
Fig. 34. Volantino pubblicitario dello spettacolo<br />
Il Ranocchio d’oro<br />
Fig. 37. Un momento dello spettacolo Alfa-Omega morire per vivere.<br />
Fig. 35. Manifesto dello spettacolo “Questo<br />
uomo noi lo conosciamo”<br />
Fig. 36. biglietto per lo<br />
spettacolo Musical , autografato<br />
da Augusto Daolio, cantante dei<br />
Noma<strong>di</strong>
Fig. 38. Il Cinema Ver<strong>di</strong>, allestito per il veglione organizzato dalla Società Carezza Notturna.<br />
ri<strong>di</strong>mensionamento che prevedeva il sacrificio dell’ampio ingresso e della galleria<br />
a favore <strong>di</strong> una palazzina, trovava interessati sia il presidente dell’E<strong>di</strong>lcoop, sig.<br />
Giuseppe Malaguti, sia i proprietari del Cinema. In una fredda mattina <strong>di</strong> Dicembre<br />
del 1981, dopo una trentina d’anni <strong>di</strong> onorata carriera, il Ver<strong>di</strong> offriva ai numerosi<br />
passanti e curiosi lo spettacolo della propria parziale demolizione. Una ruspa<br />
spazzava via facciata, ingresso, sala d’aspetto, galleria e un mare <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>; al loro<br />
posto sorgeva un palazzo, più intonato almeno con gli e<strong>di</strong>fici circostanti.<br />
In attesa della ristrutturazione e per ravvivare la vita culturale del paese alcuni<br />
politici locali, rilevando l’ìnsufficenza <strong>di</strong> una sola sala cinematografica, proponevano<br />
per il periodo estivo l’organizzazione <strong>di</strong> Cineforum. L’idea trovava spazio anche<br />
sul Notiziario <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong> del Dicembre 1982 che sotto il titolo “<strong>Crevalcore</strong>:<br />
povertà <strong>di</strong> idee culturali, cosa propon-gono i socialisti “ riportava:<br />
“Cinema. Una sala cinematografica è insufficiente. Ma in questo caso l’Amministrazione<br />
Comunale non può fare nulla.<br />
Però potrebbe contribuire in collaborazione con altri enti citta<strong>di</strong>ni a dare il via a<br />
proiezioni <strong>di</strong> cineforum estivi, evitando una programmazione eccessivamente impegnata<br />
con films <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile lettura, ma con films <strong>di</strong> qualità, per evitare ancora una volta che<br />
i cineforum siano praticati dalla solita “cerchia” cacciando nel riflusso il resto dei<br />
citta<strong>di</strong>ni (che sono la maggioranza)...È un paese dove non esistono strutture sociali né<br />
culturali, né tanto meno <strong>di</strong> incontro, se si toglie la Biblioteca. Portare i giovani fuori da<br />
certi locali pubblici per avvicinarli a un mondo più a loro consono come può essere<br />
trovarsi insieme ed assistere a spettacoli <strong>di</strong> qualità è senz’altro un investimento sugli<br />
uomini. Cosa c’è d’altro <strong>di</strong> culturale a <strong>Crevalcore</strong>?”<br />
L’idea <strong>di</strong> un cinema estivo trovava <strong>di</strong>versi estimatori tanto che nel 1984 i gruppi<br />
PCI e Sinistra In<strong>di</strong>pendente al governo del <strong>Comune</strong> destinavano 95.000.000 <strong>di</strong><br />
91
92<br />
Fig.39. Insegna del Cinema<br />
Margherita<br />
Fig.40. Esterno del Cinema Maxim’s.<br />
lire per l’acquisto del fabbricato ex-Cinema Italia.<br />
Nel 1987, dopo la potente “cura <strong>di</strong>magrante” che aveva però lasciati intatti<br />
platea e palco, il Ver<strong>di</strong> riprendeva le proprie attività <strong>di</strong> cinema, <strong>di</strong> teatro e <strong>di</strong> luogo <strong>di</strong><br />
incontro della comunità cattolica del paese con la tra<strong>di</strong>zionale Festa della Famiglia,<br />
con gli spettacoli organizzati dall’Asilo Stagni o dai ragazzi della Casa dei Giovani.<br />
A firmare il rogito della ristrutturata proprietà era il nuovo parroco Don Ivano<br />
che ne <strong>di</strong>ventava responsabile per conto della parrocchia..<br />
Circa in quel periodo chiudeva, e per sempre, l’ex Margherita. Anche nel suo<br />
caso il calo <strong>di</strong> spettatori aveva decretato l’inutilità delle ristrutturazioni. Al suo<br />
posto, un paio <strong>di</strong> anni più tar<strong>di</strong>, sarebbe sorto il bar “Arcobaleno”.<br />
Gran<strong>di</strong> progetti continuavano invece a ruotare attorno all’area dell’ex Cinema<br />
Italia, in<strong>di</strong>viduata dall’Amministrazione Comunale come luogo ideale per la nuova<br />
biblioteca. Nel 1990 il Consiglio Comunale acquistava per 253.000.000 <strong>di</strong> lire<br />
l’immobile e relativo giar<strong>di</strong>no posti fra Via Trombelli e Via Mattioli. Nell’immobile<br />
ristrutturato avrebbe dovuto trovar spazio la biblioteca, mentre il giar<strong>di</strong>no, unito agli<br />
a<strong>di</strong>acenti spazi ver<strong>di</strong> dell’ex Cinema Italia e dell’ex proprietà Cavallini ne avrebbe<br />
costituito il parco. Il progetto però non aveva seguito. Mentre la nuova biblioteca<br />
trovava una <strong>di</strong>versa collocazione, l’area dell’ex Cinema Italia si trasformava in un<br />
groviglio <strong>di</strong> vegetazione spontanea e in un ricovero per gatti randagi.<br />
Nel 2002 all’interno dell’Amministrazione Comunale si ri<strong>di</strong>scuteva <strong>di</strong> come<br />
utilizzare gli spazi ver<strong>di</strong> dell’ex Cre<strong>di</strong>to Romagnolo e dell’ex Cinema Italia fra Via<br />
Trombelli e Via Mattioli. Tra le proposte tornava a far capolino l’idea <strong>di</strong> riattivare<br />
il cinema all’aperto. Nel Maggio dello stesso anno un articolo sul quoti<strong>di</strong>ano il<br />
Domani riportava: “Nell’area dell’ex cinema Italia, se vi sarà un interessamento da parte
Fig.41. Il cinema Ver<strong>di</strong> dopo la manifestazione <strong>di</strong> protesta contro il film Berretti Ver<strong>di</strong> .<br />
Fig.42. Demolizione del Cinema Ver<strong>di</strong>.<br />
93
94<br />
Fig.43. Locan<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Sogni Proibiti, lungometraggio con i gemelli Bencivenni.
.Fig. 44. Cinema Italia abbandonato.<br />
Fig.45. Vignetta dell’Eco della Palude n.33.<br />
<strong>di</strong> privati, è prevista la possibilità <strong>di</strong> aprire un cinema all’aperto e una baracchina per gelati.”<br />
Con un intervento <strong>di</strong> circa 100.000 euro l’Amministrazione Comunale riusciva<br />
l’anno successivo a <strong>di</strong>sboscare il cortile dell’ex cinema e ad adattarlo alle proiezioni<br />
cinematografiche; accor<strong>di</strong> con sponsor, gestori <strong>di</strong> bar e addetti alla proiezione<br />
completavano l’intervento.<br />
Il Cinema ribattezzato “Nuovo Cinema Italia” era inaugurato nel Giugno del<br />
2003: grande la partecipazioni dei <strong>Crevalcore</strong>si all’evento, presentato e animato<br />
da Gianfranco Chelli.<br />
Così la notizia del Resto del Carlino del 28/06/2003:<br />
“Riapre il Nuovo Cinema Italia …. Un avvenimento molto atteso, ma soprattutto<br />
sentito da migliaia <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni.<br />
Il rinato cinematografo sorge infatti nel cuore del centro storico e riporta alla memoria<br />
gli anni sessanta quando il cinema Italia era una delle più amate e frequentate sale<br />
cinematografiche della pianura bolognese”.<br />
Ed ecco ciò che scriveva il n.33 dell’Eco della Palude (piccolo, polemico<br />
notiziario locale):<br />
“Nuovo Cinema Italia. Carica <strong>di</strong> nostalgia la serata <strong>di</strong> inaugurazione del nuovo Cinema<br />
Italia: e non poteva essere altrimenti per un tipo <strong>di</strong> spettacolo, il cinema all’aperto, in<br />
auge una quarantina <strong>di</strong> anni fa. La serata, condotta da Gianfranco Kelly, si è rivelata<br />
piacevole. Sul palco c’erano esperti <strong>di</strong> cinema internazionali: Cesare Bastelli, aiuto<br />
regista, Gino Pellegrini, scenografo, ed i gemelli Bencivenni, esperti locali, che erano<br />
sia sul palco che sullo schermo.<br />
Già è iniziata una programmazione che vedrà proiettati fino a Settembre una trentina<br />
<strong>di</strong> films. Buona l’iniziativa e tanto <strong>di</strong> cappello all’Amministrazione Comunale che è<br />
riuscita a realizzare il cinema (acquisto dell’area, del proiettore, dello schermo, delle<br />
95
96<br />
seggiole ) con circa metà della cifra spesa per il parco della biblioteca”.<br />
La serata inaugurale della stagione estiva <strong>di</strong>ventava una delle attrazioni per<br />
i <strong>Crevalcore</strong>si, arricchendosi ogni volta della collaborazioni <strong>di</strong> tanti citta<strong>di</strong>ni, in<br />
particolare dei gemelli Bencivenni che, coinvolti dall’abilità <strong>di</strong> Gianfranco Chelli,<br />
davano vita sul palco e sullo schermo a <strong>di</strong>vertenti intrattenimenti e lungometraggi. Si<br />
ripeteva il pro<strong>di</strong>gio già accaduto al Ver<strong>di</strong> sulla fine degli anni ’50. Carrozzai, avvocati,<br />
studenti e falegnami si trasformavano in provetti attori, abili tecnici e capaci registi<br />
che aprivano la strada a quel mondo <strong>di</strong> fantasia, sogni, emozioni ed arte chiamato<br />
cinema che sempre dovrebbe aver un posto in ogni paese.<br />
La presente ricerca storica si basa prevalentemente sulle testimonianze e la collaborazioni <strong>di</strong><br />
tanti <strong>Crevalcore</strong>si, che ringrazio, in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> apparizione.<br />
Mario Garolini……… Bambino che sbirciava nel cinema Italia<br />
Marcello Ansaloni…… Piccolo operatore al Cinema Margherita<br />
Oliviero Mengoli …… Ballerino con abbonamento al Teatro Ver<strong>di</strong><br />
Fabio Ghelfi ………… Ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> caramelle al Ver<strong>di</strong><br />
Angelo Zabbini …… Spettatore al concerto <strong>di</strong> Rino Salviati.<br />
Martino Pecorari …… Operatore al Carbone<br />
Laura Lo<strong>di</strong> ………… L’attraente bigliettaia del cinema Italia<br />
Gianfranco Chelli…… Il giovane show man<br />
Mirna Chelli ………… Cantante vincitrice del concorso Missile d’argento<br />
Loris Stancari………… Organizzatore <strong>di</strong> cineforum al Cinema Ver<strong>di</strong><br />
Laura Lo<strong>di</strong>…………… L’attraente bigliettaia del cinema Italia<br />
Ovilio Scandellari…… Presidente della Società “Carezza Notturna”<br />
Licinio Corsini……… Concorrente alle serate del <strong>di</strong>lettante<br />
Clau<strong>di</strong>o Arduini ……… Jack con Gim e John, boys <strong>di</strong> Carmen Villani in Crevalcorissimo<br />
Viterbo Garuti………… Inquilino del cinema Ver<strong>di</strong><br />
Angelo Nadalini ……… Corista della parrocchiale <strong>di</strong> San Silvestro<br />
Giacomo Zambelli…… Un Angelico Lombrico<br />
Luciano Zaccaria …… L’uomo che trasformò il Margherita in Arcobaleno<br />
Si ringraziano inoltre, per le informazioni e le fotografie:<br />
Franca Bergami, Magda Abbati, Luigi Donini e i gestori del Cinema Ver<strong>di</strong>, Iride Cugola,<br />
Stefano Pala<strong>di</strong>ni, Paola Poppi, Gaetano Preti, Gabriele Gallerani, Daniele Parenti, Daniele<br />
Pizzirani, Paola Ligabò, Paolo Cadore, Maria Grazia Guerzoni.<br />
Un sentito ringraziamento va inoltre alla memoria <strong>di</strong> Gigi Sitta.
97<br />
Esperienze <strong>di</strong>dattiche
98<br />
Fig. 1. Quaderno <strong>di</strong> viaggio <strong>di</strong> Don Gioseffo Maria Felicani. Il titolo completo recita: “Viaggio <strong>di</strong><br />
Romma dell’Anno Santo 1675 fatto da me infrascripto D. Gioseffo Maria Felicani in compagnia <strong>di</strong> m. Domenico<br />
Riva e Gio. Battista Bonfioli alias Saibano dove si vede la spesa fatta tanto ad andarvi quanto à ritornare a casa e<br />
tutto l’operato in Roma nel spatio <strong>di</strong> misi n° sei e giorni 7 e quello s’è speso in detto tempo stato in Roma.”
CARLA RIGHI<br />
Un viaggio a Roma nel Seicento<br />
Laboratorio <strong>di</strong> storia delle classi terze della Scuola me<strong>di</strong>a “G. Mazzini”<br />
<strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese<br />
Questo breve contributo si articola in due parti: la prima riguarda il progetto<br />
“Viaggi a Roma: anno 1675, anno 2007”, realizzato dalle classi terze della scuola<br />
G. Mazzini <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese nello scorso anno scolastico, la seconda<br />
presenta uno stu<strong>di</strong>o nato sulla scia <strong>di</strong> quell’esperienza. L’oggetto <strong>di</strong> entrambe<br />
è un manoscritto conservato presso l’archivio della Partecipanza <strong>di</strong> Sant’Agata<br />
Bolognese 1 , <strong>di</strong> cui il presidente dell’ente, Rodolfo Zambelli, e la <strong>di</strong>rigente dell’I.C.<br />
locale, Angela Pessina, avevano da tempo colto le potenzialità, come fonte per gli<br />
stu<strong>di</strong>osi e come strumento <strong>di</strong> educazione storica e civica per gli studenti.<br />
Si tratta <strong>di</strong> un quaderno <strong>di</strong> quaranta carte che contiene il <strong>di</strong>ario della missione<br />
effettuata nel 1675 da tre Santagatesi, incaricati dalla Comunità e dalla Università<br />
partecipante <strong>di</strong> sollecitare presso la curia romana la conclusione della controversia<br />
che le opponeva ai conti Caprara; l’estensore e capo della delegazione è il prete<br />
Giuseppe Maria Felicani. Nel <strong>di</strong>ario si trovano i resoconti minuziosi dell’andata,<br />
della permanenza a Roma e del ritorno: luoghi, tempi, persone frequentate e<br />
incontrate, iter della causa, modalità <strong>di</strong> sopravvivenza nella grande città e rapporti<br />
epistolari con Sant’Agata, e inoltre una dettagliata documentazione delle pratiche<br />
devozionali e dei festeggiamenti collegati al giubileo 2 ; particolarmente accurata è<br />
la registrazione delle spese, esempio ammirevole <strong>di</strong> responsabilità pubblica. Una<br />
testimonianza multiforme dunque, capace <strong>di</strong> suscitare curiosità e interrogativi in<br />
chiunque la avvicini, che esige tuttavia un paziente lavoro <strong>di</strong> ricerca per comunicare<br />
i suoi significati attraverso una barriera <strong>di</strong> secoli.<br />
1 Per la storia della Partecipanza agraria <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese ve<strong>di</strong> R.Zambelli, Storia della<br />
Partecipanza agraria <strong>di</strong> Sant’Agata e A. Barbieri, L’antichissima terra <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese, e<strong>di</strong>zione a<br />
cura del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese,2002.<br />
2 Nel 1675 il papa regnante era Clemente X. La cadenza dei giubilei era stata stabilita a 25<br />
anni da Paolo III, nel 1470, ve<strong>di</strong> R. Fisichella, Gli anni santi attraverso le bolle (in traduzione italiana),<br />
Casale Monferrato,1999. Per un affascinante viaggio ideale con i pellegrini dei giubilei ve<strong>di</strong> l’ampio<br />
e documentatissimo saggio <strong>di</strong> G. Palumbo, Giubileo Giubilei. Pellegrini e pellegrine, riti, santi, immagini per<br />
una storia dei santi itinerari, RAI-ERI, 1999.<br />
99
100<br />
Il progetto<br />
“Viaggi a Roma: anno 1675, anno 2007”<br />
Obiettivi: 1. Sviluppare il senso <strong>di</strong> appartenenza ad una comunità sociale e<br />
politica; 2. Comprendere che la storia è il risultato <strong>di</strong> una ricostruzione del passato<br />
che si basa sulla capacità <strong>di</strong> interrogare e <strong>di</strong> interpretare le fonti.<br />
Classi e insegnanti coinvolti: le classi terze della nostra scuola, composte da 48<br />
alunni. Le insegnanti <strong>di</strong> lettere, l’insegnante <strong>di</strong> religione, gli insegnanti <strong>di</strong> tecnica, le<br />
insegnanti <strong>di</strong> arte. Gli insegnanti che hanno dato la <strong>di</strong>sponibilità ad accompagnare<br />
le classi nel viaggio a Roma.<br />
Contenuti: stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una relazione <strong>di</strong> viaggio manoscritta, del 1675, conservata<br />
presso l’Archivio della Partecipanza <strong>di</strong> Sant’Agata; la città <strong>di</strong> Roma, oggi e nel<br />
passato; lo Stato italiano: confronto fra Statuto Albertino, Legislazione fascista e<br />
Costituzione della Repubblica; viaggio d’istruzione a Roma <strong>di</strong> due giorni; visita<br />
al Quirinale.<br />
Collaborazioni: la dottoressa Beatrice Borghi, collaboratrice del professor<br />
Dondarini, dell’Università <strong>di</strong> Bologna, referente del Progetto de “Le ra<strong>di</strong>ci per<br />
volare” e della “Festa della storia”, si è resa <strong>di</strong>sponibile a svolgere una lezione<br />
introduttiva, a partecipare al lavoro <strong>di</strong> programmazione e <strong>di</strong> verifica. Il signor<br />
Rodolfo Zambelli, Presidente della Partecipanza agraria <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese<br />
ha messo a <strong>di</strong>sposizione della scuola il documento; contribuirà finanziariamente<br />
alla realizzazione del viaggio a Roma; il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Sant’Agata Bolognese produrrà<br />
le fotocopie della trascrizione del manoscritto su cui lavoreranno gli studenti e<br />
contribuirà finanziariamente alla realizzazione del viaggio a Roma.<br />
Tempi e organizzazione delle attività: Ottobre – Gennaio: trascrizione del<br />
manoscritto ad opera delle insegnanti <strong>di</strong> lettere; Febbraio – Marzo: programmazione,<br />
lezione introduttiva sul viaggio e sul pellegrinaggio in età moderna; Aprile: viaggio<br />
d’istruzione a Roma; 2 Aprile – 9 Giugno: svolgimento dei laboratori pomeri<strong>di</strong>ani<br />
nelle classi terze, in cui verranno analizzati alcuni aspetti del contenuto del documento;<br />
ricerca iconografica <strong>di</strong> fonti visive coeve; confezione <strong>di</strong> un prodotto multime<strong>di</strong>ale<br />
<strong>di</strong> documentazione dell’attività; partecipazione alla giornata organizzata a Bologna<br />
per la presentazione dei lavori delle scuole; verifica finale.<br />
Questo progetto è stato realizzato dalle classi 3A, 3B, 3C nel secondo<br />
quadrimestre dell’anno scolastico 2006-2007 3 . Le insegnanti <strong>di</strong> lettere, Letizia<br />
Biccari, Adriana Carli, Carla Righi hanno trascritto il documento e pre<strong>di</strong>sposto le<br />
3 Per ragioni <strong>di</strong> spazio si elencano per ogni classe solo gli alunni che hanno partecipato ai laboratori<br />
pomeri<strong>di</strong>ani; 3A: T. Abatiello, M. Astolfi, M. Cosenza, M. Esposito, M. Gherar<strong>di</strong>, C. Giametta, B.<br />
Gray, D. Lo Galbo, G. Mercadante, M. Olmi, L. Piazza, C. Pizzi, M. Salerno, A. Santagiuliana, O.<br />
Taleb, A. Zambelli. 3B: B. Ballotta, H. El Lussi, F. Laganà, P. Laiso, A. Molli, A. Abdoulaye, V. Piccolo,<br />
A. Romagnoli, V. Speranza, L. Stanzani, F. Vecchi, M. Verde, A. Zecchi. 3C: L. Bongiovanni, C.<br />
Citak, A. D’Urso, M. Fiorini, G. Galiera, M.Govoni, L. Lugli, E. Nonato, D. Raimondo, A. Scorza,<br />
E. Serra, J. Tayaa, N. Veronesi.
101<br />
attività <strong>di</strong> laboratorio, organizzato le uscite <strong>di</strong>dattiche e il viaggio a Roma, curato<br />
la presentazione dell’esperienza in varie se<strong>di</strong>.<br />
Le tre classi hanno operato su parti <strong>di</strong>verse del manoscritto, utilizzando <strong>di</strong><br />
volta in volta le copie dell’originale o la trascrizione, affrontando rispettivamente<br />
l’analisi delle carte de<strong>di</strong>cate all’andata, alla permanenza a Roma e al ritorno, con<br />
particolare attenzione ai percorsi e ai luoghi, all’abbigliamento, all’alimentazione,<br />
ai rapporti epistolari della delegazione con Sant’Agata, alle monete.<br />
In occasione della partecipazione ai Parlamenti degli studenti, uno dei momenti<br />
de<strong>di</strong>cati alle scuole nel più ampio progetto della Festa della storia 4 , indetti il 17<br />
maggio a palazzo D’Accursio, sei ragazzi, in rappresentanza dei compagni, hanno<br />
esposto le sintesi seguenti.<br />
Il manoscritto<br />
Nel grande quadro storico del Seicento si inserisce la vicenda <strong>di</strong> una piccola<br />
comunità, quella <strong>di</strong> Sant’Agata, e <strong>di</strong> una istituzione, la Partecipanza Agraria, che<br />
affrontano in una decennale controversia la nobile famiglia dei conti Caprara.<br />
Tali illustri e nobili conti, che vantavano parenti ed appoggi politici non solo<br />
a Bologna ma anche nel Granducato <strong>di</strong> Toscana e nella stessa Roma, avevano<br />
nel territorio santagatese molte terre e, in virtù <strong>di</strong> tali posse<strong>di</strong>menti, intesero<br />
appropriarsi pure dei “beni comunali” della Partecipanza, sollevando in tal modo<br />
la reazione della comunità del piccolo paese.<br />
Ha così inizio la cosiddetta “magna lite”, ossia la <strong>di</strong>sputa che, con alterne vicende,<br />
vide contrapporsi i nobili conti da una parte e i santagatesi dall’altra, dal 1636 al<br />
1679, anno in cui venne finalmente riconosciuto il pieno <strong>di</strong>ritto dei Partecipanti<br />
alle loro terre. Negli ultimi anni della controversia, e precisamente nell’Anno<br />
Santo 1675, una commissione <strong>di</strong> Partecipanti, guidata dal sacerdote don Gioseffo<br />
Maria Felicani insieme con Domenico Riva e Giovan Battista Bonfiglioli, si reca a<br />
pie<strong>di</strong> a Roma per sostenere e sollecitare risposte sulla vertenza e su altre questioni<br />
riguardanti la piccola comunità. Tale viaggio è minuziosamente documentato<br />
in tutti i suoi momenti (andata, permanenza a Roma e ritorno) da un <strong>di</strong>ario<br />
scritto con bella grafia dal sacerdote che è a capo della missione.<br />
Il lavoro delle classi terze della scuola Secondaria <strong>di</strong> Primo Grado <strong>di</strong> Sant’Agata<br />
prevede quin<strong>di</strong> proprio la lettura <strong>di</strong> tale manoscritto ed una analisi dello stesso<br />
attraverso la <strong>di</strong>visione dei compiti, nello specifico una classe si occupa del viaggio<br />
<strong>di</strong> andata, una della permanenza a Roma, l’ultima del viaggio <strong>di</strong> ritorno. Il viaggio<br />
4 La Festa della storia è stata ideata da Rolando Dondarini, docente <strong>di</strong> Storia Me<strong>di</strong>evale e <strong>di</strong><br />
Didattica della storia dell’Università <strong>di</strong> Bologna “come occasione <strong>di</strong> confronto e <strong>di</strong> proposta sulle<br />
molteplici forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione della storia svolte in Italia e in Europa”, R. Dondarini, Sulle tracce della<br />
nostra storia, in Un passamano per san Luca. Pellegrinaggi protetti. Solidarietà civiche e realizzazioni architettoniche<br />
sulle vie della fede, a cura <strong>di</strong> B. Borghi, Bologna, 2004.
102<br />
<strong>di</strong> andata si svolge dal 13 al 26 marzo del 1675, via Firenze (in 14 giorni i nostri<br />
“pellegrini” percorrono 220 miglia, come è scritto); la permanenza a Roma dura<br />
oltre sei mesi, cioè fino al 30 settembre, giorno nel quale il nostro bravo e simpatico<br />
sacerdote prende e da solo la via del ritorno, questa volta attraverso la strada <strong>di</strong><br />
Loreto, ritorno che avverrà 1’11 ottobre dello stesso anno, dopo aver percorso<br />
289 miglia, come è scritto.<br />
Il quadernetto racconta <strong>di</strong> tantissime cose: luoghi, persone, usi, avvenimenti<br />
che si svolgono nella preziosa cornice della Roma dell’Anno Santo, assieme a<br />
considerazioni personali ed incarichi quoti<strong>di</strong>ani dell’autore del manoscritto: le sue<br />
“visite”, le sue Messe, per vivi e per defunti, le sue comunicazioni attraverso<br />
la scrittura <strong>di</strong> numerosissime lettere, la Scala Santa fatta per se stesso e per altri<br />
membri della Comunità che egli così onestamente rappresenta...<br />
Il manoscritto è inoltre un documento ricco <strong>di</strong> informazioni sui vari tipi<br />
<strong>di</strong> monetazione esistente: sol<strong>di</strong>, testoni, giulii, baiocchi ricorrono spesso nella<br />
quoti<strong>di</strong>anità <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> eroi nostri conterranei che non doveva <strong>di</strong>sporre<br />
certamente <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> capitali, tanto da dover accettare ad<strong>di</strong>rittura un generoso<br />
prestito da parte degli stessi avversari. E tante altre informazioni si hanno su<br />
vestiario, alimentazione, cura del corpo... Barilli <strong>di</strong> vino allungati con l’acqua<br />
per fare economia, fichi e melloni quale omaggio ai potenti per ingraziarseli,<br />
scofoni, candelle <strong>di</strong> sevo, quinterni <strong>di</strong> carta: non si tratta del semplice racconto <strong>di</strong><br />
un viaggio, bensì del racconto delle <strong>di</strong>fficoltà che all’epoca si incontravano e <strong>di</strong><br />
come tali <strong>di</strong>fficoltà venivano affrontate con caparbietà e con tenacia. Attraverso<br />
la lettura del quaderno abbiamo potuto vedere e capire cosa voglia <strong>di</strong>re ricevere<br />
informazioni storiche da una fonte: il racconto del passato <strong>di</strong>rettamente da chi<br />
quel passato lo ha vissuto.<br />
Don Gioseffo Maria Felicani prende quin<strong>di</strong> la strada del ritorno da solo ed<br />
è forse questo il momento del racconto più ricco <strong>di</strong> umanità: gli imprevisti, la<br />
solitu<strong>di</strong>ne e gli incontri non sempre felici gli fanno spesso provare sentimenti <strong>di</strong><br />
autentico sconforto che fanno sì che egli si lasci andare al pianto.<br />
Dopo la visita alla Santa Casa <strong>di</strong> Loreto e in seguito ad altre tappe che possano<br />
alleviare la fatica del viaggio, il nostro “eroe” giunge finalmente nella sua e nella<br />
nostra Sant’Agata “a hore 23” ed annota tra le ultime parole che il suo quaderno<br />
racconta “tutto il viaggio <strong>di</strong> Roma tanto nell’andare e tanto nel ritornare e la sua<br />
spesa, dove chi leggerà vedrà il tutto”. Forse con quel “chi leggerà” non intendeva<br />
arrivare così lontano nel tempo...<br />
Sant’Agata e la Partecipanza agraria<br />
Il manoscritto su cui abbiamo lavorato è un <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> viaggio. L’autore è un<br />
Santagatese, vissuto nel Seicento, che si recò a Roma per rappresentare “il popolo<br />
partecipante” nella lite che lo opponeva ai conti Caprara.
103<br />
Abbiamo cercato <strong>di</strong> rispondere a due domande:<br />
-cosa si intendeva con l’espressione Sant’Agata, nel Seicento?<br />
-che cos’era il popolo partecipante?<br />
Nel Seicento non esisteva il <strong>Comune</strong> come lo inten<strong>di</strong>amo oggi, cioè<br />
un’istituzione <strong>di</strong> governo locale che esercita la sua autorità su tutti i citta<strong>di</strong>ni<br />
residenti in un territorio ben definito. Sant’Agata era una Comunità del Contado<br />
<strong>di</strong> Bologna, a sua volta sottomessa all’autorità del Papa.<br />
La Comunità aveva avuto origine nell’Alto Me<strong>di</strong>oevo, ma nel tempo questa<br />
parola aveva rappresentato realtà <strong>di</strong>verse.<br />
Nell’Alto Me<strong>di</strong>oevo la comunità era una realtà <strong>di</strong> fatto, cioè un insieme <strong>di</strong><br />
famiglie che si autogovernavano. Queste famiglie erano de<strong>di</strong>te all’agricoltura. La<br />
terra era proprietà della potente Abbazia <strong>di</strong> Nonantola e, poiché era in gran parte<br />
incolta, coperta <strong>di</strong> boschi e palu<strong>di</strong>, gli abati avevano concesso alle famiglie vaste<br />
aree, con l’obbligo <strong>di</strong> bonificarle e <strong>di</strong>ssodarle, in cambio <strong>di</strong> un modesto canone.<br />
La terra era stata assegnata alle famiglie in modo collettivo, perché non era allora<br />
pensabile affrontare opere tanto gravose in pochi. Queste terre, gestite in modo<br />
comunitario, sono il nocciolo dell’attuale <strong>Comune</strong> e una parte <strong>di</strong> esse continua ad<br />
essere gestita in modo collettivo dagli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> quelle famiglie, attraverso l’istituto<br />
della Partecipanza.<br />
Per comprendere la nascita della Partecipanza bisogna proseguire con la nostra<br />
storia. Nel XII secolo, cioè nel Basso Me<strong>di</strong>o Evo, del nostro territorio si impadronì<br />
il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Bologna che provvide a fortificare l’inse<strong>di</strong>amento principale: il castello<br />
<strong>di</strong> Sant’Agata. La Comunità cominciò a coincidere con un territorio e ad essere<br />
una realtà amministrativa, <strong>di</strong>pendente da Bologna.<br />
Alla fine del Me<strong>di</strong>o Evo il tessuto economico si <strong>di</strong>fferenziò: agli agricoltori<br />
si aggiunse un certo numero <strong>di</strong> artigiani e <strong>di</strong> piccoli mercanti. Anche il potere<br />
non venne più esercitato in modo egualitario dai capi famiglia; si <strong>di</strong>fferenziarono<br />
i ruoli e i compiti: un gruppo <strong>di</strong> persone a rotazione, a capo delle quali stava il<br />
Massaro, eletto ogni sei mesi, si occupava dell’amministrazione, assumendone la<br />
responsabilità nei confronti del governo bolognese.<br />
Nello stesso periodo, e più ancora nel corso del Cinquecento, si ebbe un<br />
processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione nella proprietà della terra: tra le famiglie originarie,<br />
quelle che gestivano i beni comuni, ce ne furono alcune che acquisirono proprietà<br />
private, arricchendosi; inoltre, iniziò la penetrazione dei nobili e dei ricchi borghesi<br />
bolognesi: Caprara, Pepoli, Albergati, sono solo alcuni esempi <strong>di</strong> famiglie bolognesi<br />
che avevano delle “possessioni”, cioè possedevano della terra, nel territorio<br />
dell’attuale comune. Citta<strong>di</strong>ni bolognesi, nobile e anche il clero, allora molto<br />
numeroso e potente, erano privilegiati, non pagavano le tasse; su <strong>di</strong> essi il governo<br />
della Comunità non aveva praticamente nessun potere.<br />
Nel 1508 il governo della Comunità, per volere <strong>di</strong> Bologna che intanto era
104<br />
passata sotto il dominio del Papa, si trasformò in una oligarchia. La trasformazione<br />
fu regolata da appositi Capitoli, in base ai quali fu istituito un Consiglio <strong>di</strong> 24<br />
membri, del quale fecero parte le famiglie originarie più ricche. La carica <strong>di</strong><br />
Consigliere <strong>di</strong>venne ere<strong>di</strong>taria.<br />
Si creò così una spaccatura tra le famiglie originarie rappresentate in Consiglio<br />
e quelle escluse e nacque un conflitto. Il Consiglio si arrogava il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> decidere<br />
sulle terre comuni, ma le famiglie povere si costituirono in Università partecipante<br />
e riuscirono a imporre una gestione comune.<br />
L’Università partecipante o Partecipanza riuscì a <strong>di</strong>fendere le terre comuni anche<br />
contro l’Abbazia <strong>di</strong> Nonantola che riven<strong>di</strong>cava i suoi antichi <strong>di</strong>ritti e, nel Seicento,<br />
contro i Caprara, nella famosa controversia che passò alla storia santagatese come<br />
“magna lite”. La “magna lite” è appunto la causa del viaggio a Roma raccontato<br />
nel manoscritto <strong>di</strong> cui ci siamo occupati.<br />
Il <strong>di</strong>ritto della Partecipanza a gestire le terre comuni fu sancito nel 1712.<br />
Nel 1797 fu inse<strong>di</strong>ata a Sant’Agata la prima Municipalità, cioè un governo<br />
locale <strong>di</strong> tutti i citta<strong>di</strong>ni, secondo le idee della Rivoluzione francese portate in<br />
Italia da Napoleone.<br />
Attualmente le Partecipanze emiliane sono sei: Sant’Agata Bolognese, San<br />
Giovanni in Persiceto, Nonantola, Cento, Pieve <strong>di</strong> Cento, Villa Fontana. Non<br />
esistono più le Partecipanze <strong>di</strong> <strong>Crevalcore</strong>, Budrio e Me<strong>di</strong>cina.<br />
A Sant’Agata, le famiglie originarie che si <strong>di</strong>vidono i beni comuni sono 18. La<br />
ripartizione dei terreni si fa ogni 18 anni. A capo della Partecipanza vi sono un<br />
Consiglio e una Giunta. La Partecipanza è un ente autonomo, ma i partecipanti sono<br />
citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Sant’Agata, come tutte le altre persone che lì hanno la residenza.<br />
Sant’Agata nel Seicento<br />
II Cinquecento si chiude con un periodo <strong>di</strong> carestia e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà per la zona<br />
del persicetano e <strong>di</strong> Sant’Agata in particolare, terra <strong>di</strong> confine tra le ambizioni <strong>di</strong><br />
Modena e Bologna. In particolare, una testimonianza del 1601 afferma che la Casa<br />
del <strong>Comune</strong> era stata occupata per circa quattro anni dai soldati dell’esercito del<br />
Papa, arrivati per opporsi ai modenesi; tutti, comunque, patiscono la fame anche<br />
perché la Muzza (attuale Muzzonchio) non ha un percorso stabile e spesso le sue<br />
acque straripano e allagano i terreni del <strong>Comune</strong> e della Partecipanza, rovinando<br />
i raccolti. In questo periodo la Comunità e l’Università Partecipante sono ancora<br />
unite e si provvede perio<strong>di</strong>camente alla nomina <strong>di</strong> un Massaro.<br />
Nel 1607 inizia la presenza dei frati agostiniani a Sant’Agata e da loro prende<br />
il nome uno dei luoghi “car<strong>di</strong>ne” della topografia del paese: l’antica chiesa <strong>di</strong><br />
Santa Maria in Strada <strong>di</strong>venta per tutti la “chiesa dei frati”, che esiste ancora oggi,<br />
mentre i frati non ci sono più da tempo. Nel territorio del <strong>Comune</strong> aumentano<br />
gli inse<strong>di</strong>amenti e permane la necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere i confini, infatti si ritiene
Fig. 2. Uno dei cartelloni realizzati dalle classi che hanno partecipato al progetto.<br />
105<br />
opportuno costruire una strada che colleghi il centro abitato a Crocetta e consenta<br />
gli spostamenti dei soldati <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a lungo la Zena e la Muzza. Continue sono<br />
le contese con i Comuni vicini, soprattutto per l’utilizzo delle acque dei <strong>di</strong>versi<br />
canali per l’agricoltura o per il funzionamento dei numerosi mulini esistenti. Si sa<br />
che <strong>di</strong>versi gruppi <strong>di</strong> soldati hanno soggiornato per perio<strong>di</strong> più o meno lunghi nel<br />
territorio del <strong>Comune</strong>, gravando sulla Comunità e facendo razzia <strong>di</strong> oggetti vari alla<br />
loro partenza. I terragli vengono perio<strong>di</strong>camente rinforzati, la porte ristrutturate:<br />
ciò in<strong>di</strong>ca una continua necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere in modo adeguato almeno il Castello,<br />
il centro urbano.<br />
In questi stessi anni viene costruito l’e<strong>di</strong>ficio dell’oratorio della Madonna <strong>di</strong><br />
San Luca e si inizia a pensare ad una nuova costruzione per la chiesa parrocchiale,<br />
che viene completata nel 1629.<br />
La peste che devasta a più riprese l’Europa del Seicento tocca anche Sant’Agata:<br />
nel 1630 si hanno notizie <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi casi <strong>di</strong> malattia, mentre la carestia <strong>di</strong>laga. Si<br />
parla <strong>di</strong> 18.000 vittime nel contado <strong>di</strong> Bologna. Negli anni successivi, il nostro<br />
territorio vede scontri continui tra eserciti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi signori locali, che appartengono<br />
ai <strong>di</strong>versi schieramenti in campo in Europa per la guerra dei Trent’anni (1618<br />
- 1648). Capitani <strong>di</strong> ventura ed eserciti mercenari percorrono la nostra pianura e<br />
provocano continue devastazioni, razzie e saccheggi che sfiancano la popolazione.<br />
Per avere qualche entrata supplementare la Comunità concedeva lo sfruttamento
106<br />
a pagamento della pesca nel canale che circondava il castello, dei gelsi per nutrire i<br />
bachi da seta, <strong>di</strong> alcuni locali interni alla porta <strong>di</strong> sopra; la sud<strong>di</strong>visione delle “Parti”<br />
era senza dubbio l’entrata principale.<br />
Una grossa lite (la Magna Lite) interessò a lungo la Comunità e l’Università<br />
Partecipante contro la nobile famiglia dei Caprara, in merito ad un fondo<br />
particolarmente importante. Si concluse nel 1679, anche grazie al <strong>di</strong>retto<br />
interessamento del Papa, dopo vicende complesse e lungaggini che possono solo<br />
essere intuite dal manoscritto <strong>di</strong> cui ci occupiamo. Proprio nel 1679 è nuovamente<br />
possibile riprendere il normale ciclo dell’assegnazione delle <strong>di</strong>visioni novennali<br />
dei “beni comunali”.<br />
A chiusura del secolo, proprio per sottolineare come la grande Storia entri a<br />
sconvolgere la vita quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> un paese agricolo che chiedeva solo <strong>di</strong> essere<br />
<strong>di</strong>menticato dai potenti per vivere un po’ in pace, si ha notizia <strong>di</strong> santagatesi<br />
arruolati per far parte dell’esercito che <strong>di</strong>fende la cristianità (Vienna è asse<strong>di</strong>ata)<br />
dai Turchi.<br />
Il 30 maggio, presso il teatro F. Bibiena, l’esperienza è stata presentata alle<br />
famiglie e ai citta<strong>di</strong>ni. Hanno partecipato Rolando Dondarini e Beatrice Borghi<br />
dell’Università <strong>di</strong> Bologna, il presidente della Partecipanza agraria, Rodolfo<br />
Zambelli, il sindaco Daniela Occhiali e la <strong>di</strong>rigente dell’istituto comprensivo<br />
Angela Pessina.<br />
Alla volta <strong>di</strong> Roma<br />
Giuseppe Maria Felicani rimase assente da Sant’Agata per 213 giorni; partì il 13<br />
marzo 1675 assieme ai compaesani Domenico Riva e Giovanni Battista Bonfiglioli<br />
e, per la via <strong>di</strong> Toscana, raggiunse Roma il 26 marzo; lasciò la città il 30 settembre,<br />
da solo, e fece ritorno, per la via <strong>di</strong> Loreto, l’11 ottobre. Percorse 220 miglia<br />
all’andata e 289 miglia al ritorno. La prima domanda che ci si pone, leggendo la<br />
relazione, riguarda la scelta <strong>di</strong> una via <strong>di</strong>versa e più lunga per il ritorno. Accanto alle<br />
motivazioni religiose, il 1675 era un anno santo e Loreto era una meta importante<br />
nel circuito delle reliquie, pesarono senz’altro ragioni pratiche: il secondo itinerario<br />
era interno allo Stato della chiesa, le strade erano più comode. Nel 1739 Charles<br />
De Brosses, autore del celebre Viaggio in Italia, percorse la stessa strada da Bologna<br />
a Roma 5 ; facendo seguito a svariate lamentele per i <strong>di</strong>sagi subiti, giunto quasi alla<br />
fine del percorso, racconta come non avesse mai trovato “niente <strong>di</strong> più orribile,<br />
niente <strong>di</strong> più faticoso della strada da Siena al lago <strong>di</strong> Bolsena” e pertanto avesse<br />
maturato il proposito <strong>di</strong> passare al ritorno per la Marca <strong>di</strong> Ancona, nonostante ciò<br />
5 Ch. De Brosses, Viaggio in Italia. Lettere familiari, Bari, 1973. Il viaggio fu compiuto nel 1739,<br />
il testo fu pubblicato nel 1799. Il percorso da Bologna a Roma viene documentato nelle lettere<br />
XXIII e XXVIII.
107<br />
comportasse un allungamento del cammino. Lo stesso autore inoltre, descrivendo<br />
la giornata <strong>di</strong> posta fra Bologna e Firenze, segnala la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> alcuni tratti<br />
dell’Appennino Toscano, ad esempio la <strong>di</strong>scesa da monte Giogo, che ovviamente<br />
sarebbero risultati maggiormente ardui al ritorno 6 . La scelta <strong>di</strong> una via più comoda<br />
si impose forse in considerazione del fatto che il prete avrebbe dovuto affrontare<br />
il viaggio <strong>di</strong> ritorno da solo. Le due modalità <strong>di</strong> viaggio, andata con amici fidati,<br />
ritorno con compagni occasionali e solo in alcune tappe, si riflettono nella qualità<br />
della scrittura, preciso ma essenziale il primo resoconto, espressivo e partecipato il<br />
secondo 7 . Un confronto tra i due richiederebbe ben altro spazio; qui si analizzano<br />
alcuni aspetti del viaggio da Sant’Agata a Roma.<br />
Non fu un pellegrinaggio. Coi pellegrini i tre viandanti ebbero in comune il<br />
fatto <strong>di</strong> camminare dall’alba al tramonto, quasi sempre a pie<strong>di</strong>, ma l’abbigliamento<br />
che comprendeva accanto al tra<strong>di</strong>zionale bordone anche un fucile, l’itinerario<br />
percorso e soprattutto i tempi, ci fanno comprendere come essi viaggiassero<br />
spinti dall’urgenza del loro compito e dalla preoccupazione <strong>di</strong> non gravare sulla<br />
Comunità con spese inutili. La relazione, organizzata per giornate, è molto precisa:<br />
fornisce informazioni sulle miglia percorse, sulle località attraversate, sulle soste<br />
nelle osterie e sulle spese relative, sulle chiese dove il prete celebrò le messe <strong>di</strong><br />
un lascito testamentario, sulle con<strong>di</strong>zioni meteorologiche. Il viaggio si svolse in<br />
quattor<strong>di</strong>ci giorni, ma poiché i tre Santagatesi portatisi a Bologna il giorno 13 marzo<br />
vi rimasero per due giorni, possiamo ridurre a do<strong>di</strong>ci giorni la sua durata, un<strong>di</strong>ci dei<br />
quali da Bologna a Roma. Come si è detto, nel manoscritto è in<strong>di</strong>cata chiaramente<br />
la <strong>di</strong>stanza percorsa: 220 miglia, <strong>di</strong> cui 207 da Bologna a Roma, ma non si precisa<br />
a quale miglio si faccia riferimento; ipotizzando che si tratti del miglio bolognese,<br />
pari a 1900 metri 8 , si avrebbe una lunghezza <strong>di</strong> 418 Km, 393 da Bologna a Roma;<br />
tenendo conto che il percorso più breve in<strong>di</strong>cato dalla carta stradale da Bologna<br />
a Roma è attualmente <strong>di</strong> circa 380 Km i conti tornano; ma ciò non è sufficiente<br />
per rappresentarsi il viaggio nel suo sviluppo, per l’ovvia considerazione che la<br />
rete stradale si è ampliata e mo<strong>di</strong>ficata dal ‘600 ad oggi. Seguendo le scrupolose<br />
in<strong>di</strong>cazioni fornite dal Giuseppe Maria Felicani sulle località raggiunte via via, si<br />
arriva a una lunghezza <strong>di</strong> 435 Km circa, 405 da Bologna a Roma. Si tratta <strong>di</strong> dati<br />
tutto sommato compatibili. Il patrimonio <strong>di</strong> conoscenze e <strong>di</strong> esperienze costruito<br />
nei secoli da mercanti, corrieri, pellegrini, pemise ai tre Santagatesi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare<br />
la via più breve per raggiungere Roma. Le loro qualità personali li sorressero<br />
6 L’attuale statale 65, della Futa, fu aperta sul versante toscano negli anni 1749-53, Guida d’Italia<br />
del T.C.I., Toscana, 1974, p. 325.<br />
7 Il <strong>di</strong>ario del viaggio <strong>di</strong> andata richiede tre carte, cinque carte più una facciata sono necessarie<br />
per il racconto del viaggio <strong>di</strong> ritorno.<br />
8 Trattato elementare d’aritmetica, a cura <strong>di</strong> A.C., Torino, Paravia, 1880.
108<br />
nel compimento <strong>di</strong> una vera e propria impresa 9 . Ad eccezione della <strong>di</strong>stanza da<br />
Sant’Agata a Bologna, percorsa con due cavalli, e del tratto Monterosi - La Storta,<br />
percorso in <strong>di</strong>ligenza, marciarono a pie<strong>di</strong>, a una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quasi 39 Km al giorno,<br />
in una stagione poco favorevole, a volte sotto la pioggia e la neve. Seguendo<br />
le in<strong>di</strong>cazioni della relazione si può in<strong>di</strong>viduare sulla carta attuale l’itinerario<br />
del viaggio 10 . Esso si articola lungo strade che mantengono ancora una grande<br />
importanza, come la Via Cassia, e altre strade, <strong>di</strong>ventate col tempo secondarie;<br />
il tracciato <strong>di</strong> alcune vie, e <strong>di</strong> nuovo si potrebbe portare la Cassia come esempio,<br />
è stato mo<strong>di</strong>ficato successivamente. La quasi totalità dei centri abitati è ancora<br />
esistente 11 , così come le chiese citate. Le osterie dove la delegazione alloggiò o si<br />
fermò per pranzare hanno a volte nomi suggestivi, il Pavone, il Giglio... spesso<br />
il loro nome coincide con quello <strong>di</strong> una località attualmente segnalata dalla carta<br />
stradale, Pietramala osteria, Giogo osteria, Bargino osteria; del servizio da esse<br />
fornito si dà spesso una efficace valutazione 12 ; quando la località raggiunta è un<br />
castello, molte volte viene preferita un’osteria fuori mura, probabilmente per non<br />
essere vincolati agli orari <strong>di</strong> apertura delle porte.<br />
Un’ ultima considerazione a proposito della misura del tempo. Spesso si trovano<br />
annotazioni sulle ore, ad esempio l’ora <strong>di</strong> arrivo in una località : “…giungessimo<br />
a Viterbo Città a hore 23”; essendo che il calcolo delle ore, in Italia, fino all’Età<br />
napoleonica, era effettuato a partire dal calar del sole 13 , si può presumere che l’arrivo<br />
in città fosse avvenuto verso le 18, così come intorno alle 9 è da collocare l’arrivo<br />
a Roma: “Adì 26 detto giorno <strong>di</strong> martedì entrassimo in Roma a Dio piacendo la<br />
mattina a hore 15”.<br />
9 Un esempio simile è quello citato da G. Cherubini, Pellegrini, pellegrinaggi, giubileo nel Me<strong>di</strong>oevo,<br />
Napoli, 2005, pp. 55,56: due religiosi, nel 1504, da Bologna raggiunsero Roma per presentare<br />
una supplica al papa; impiegarono do<strong>di</strong>ci giorni; le località citate fanno pensare a un’identità <strong>di</strong><br />
percorso.<br />
10 Nel 1675 l’itinerario comportava l’attraversamento del Granducato <strong>di</strong> Toscana. Il primo confine<br />
si trovava in località Le Filigare ove si trova ancora il fabbricato della dogana pontificia; si rientrava<br />
nello Stato della chiesa a Ra<strong>di</strong>cofani.<br />
11 San Lorenzo vecchio o san Lorenzo Castello come viene denominato nella relazione fu<br />
abbandonato successivamente per malaria; San Lorenzo nuovo fu costruito per volontà <strong>di</strong> Pio VI<br />
negli anni 1775-79. Guida d’Italia del T.C.I., Lazio, 2005.<br />
12 Mi hanno incuriosito le annotazioni sull’osteria della Posta, a Ra<strong>di</strong>cofani, perché <strong>di</strong>vergono da<br />
quelle solite; ecco cosa risulta nella Guida d’Italia del T.C.I., Toscana, 1974, p. 611: “Presso l’abitato, lungo<br />
la vecchia Cassia che lo aggira a O e a S, <strong>di</strong> fronte a una fontana tardo-rinascimentale con stemma<br />
me<strong>di</strong>ceo, sorge il cosiddetto Palazzo la Posta, villa me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> gusto manieristico con prospetto<br />
a doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> logge. Sorta come casa <strong>di</strong> caccia <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando I, fu poi da lui trasformata in<br />
albergo-dogana tra il Granducato e lo Stato pontificio. Vi sostarono, tra altri personaggi, Montaigne,<br />
Chateaubriand, Pio VI, Pio VII, e Dickens.”<br />
13 Per la misura del tempo è interessante perché riferito al nostro territorio il saggio intitolato<br />
“Amarsi al tempo che si sgarbiva la fava. Le opere e i giorni in campagna e in città”, in O. Piccoli,<br />
Storie <strong>di</strong> ogni giorno in una città del Seicento, Bari, 2000.
Viaggio <strong>di</strong> Romma dell’Anno Santo 1675<br />
109<br />
da Sant’Agata a Roma<br />
1r.<br />
A<strong>di</strong> 13 marzo 1675<br />
A laude e gloria <strong>di</strong> S.D. M. e della Beata sempre Vergine Maria e <strong>di</strong> tutti i santi gloriosi<br />
della corte celestiale si partissimo il detto giorno che era mercordì da casa doppo havere<br />
prima celebrato la S. Messa e si fermassimo in S. Giovanni un poco, per andare a Roma<br />
per la nostra lite de Beni Communali con li SS.ri Conti Caprara, quali eravamo in tre, cioè<br />
messer Domenico Riva, Giovanni Battista Bonfiolo e io infrascritto D. Gioseffo Maria<br />
Fellicani e eravamo a cavallo in duoi imprestatoci da nostri Amici e andassimo a Bologna,<br />
dove fossimo necessitati trattenersi 3 giorni per causa del cattivo tempo, e spendessimo<br />
la sera per i duoi stalatici lire una e sol<strong>di</strong> sei £ 1.6<br />
Adì 14 detto si spese per corame per fare acconciare le scarpe a messer Domenico Riva<br />
sol<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci £ .10<br />
e più si spese per una valisa comprata a uso per servirsene nel viaggio per le nostre robbe<br />
e arnesi lire una e sol<strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>co £ 1.15<br />
e più si spese per la mia <strong>di</strong>missoria sol<strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci £ .12<br />
e più si spese per un calamaro, zucchetto, focile e altre cose sol<strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>co £ .16<br />
e più si spese per tre Bordoni sol<strong>di</strong> tre<strong>di</strong>ci £ .13<br />
e più si spese sol<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci per l’or<strong>di</strong>ne havuto dal Signore Car<strong>di</strong>nale che non fosse molestato<br />
messer Giovanni Matteo Ottani per l’aquarella fattali d’havere comperato il formento delli<br />
beni Communi <strong>di</strong>co £ .10<br />
e più si spese sol<strong>di</strong> otto per duoi bolli <strong>di</strong> legalità fatti mettere a due scritture per portarle<br />
a roma <strong>di</strong>co £ .8<br />
e più £ 6.10<br />
1 v.<br />
più per havere speso in vitto delli 13 14 e 15 detto fra tutti tre all’hosteria <strong>di</strong> Carlo Rossi, per non<br />
aversi potuto partire a causa del tempo cattivo lire quattro e sol<strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>co £ 4.16<br />
Miglia 13<br />
Adì 16 detto giorno <strong>di</strong> sabbato andai a celebrare la S. messa con li sudetti miei Compagni<br />
per Cattarina Riari alla Madonna della vita e all’hore 11 uscissimo tutti tre <strong>di</strong> Bologna<br />
per Stra Stefano e s’inviassimo verso Pianoro tutti 3 a pie<strong>di</strong>, quale passato facessimo<br />
collazione all’hosteria nova posta tra Pianoro e Loiano Borghi e spendessimo in tutti tre<br />
sol<strong>di</strong> vintiduoi <strong>di</strong>co £ 1.2<br />
d’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro viaggio e la sera giungessimo a Pietramala hosteria dove<br />
alloggiassimo e spendessimo fra tutti tre sol<strong>di</strong> trenta £ 1.10<br />
Notasi che da Pianoro a Loiano si trova una fontana che getta aqua Limpida per una botte<br />
<strong>di</strong> Marmo Miglia 25<br />
Adì 17 detto giorno <strong>di</strong> Domenica si partissimo la mattina assai per tempo et arrivassimo<br />
ad una Chiesa posta a Collina detta <strong>di</strong> Rifreddo Borgo dove celebrai la S. Messa per<br />
Cattarina Riari et arrivassimo a Fiorenzola dove incominciò a nevicare gagliardamente,<br />
e gionti a Giogo hosteria ivi facessimo collatione dove spendessimo tutti tre sol<strong>di</strong> trenta<br />
cinque <strong>di</strong>co £ 1.15<br />
D’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro viaggio e gionti a Scarperia Castello incominciò a piovere<br />
assai forte in modo tale che fossimo sforzati alloggiare la sera a Ponte hosteria dove<br />
spendessimo £ 1.18<br />
£ 11.1<br />
Miglia 20
110<br />
2r.<br />
Adì 18 detto giorno <strong>di</strong> Lunedì la mattina si partissimo dalla detta hosteria, et arrivassimo a<br />
Fiorenza a hore 16 sonate, dove celebrai la S. Messa per Cattarina Riari nella Chiesa della<br />
Santissima Annonciata all’Altare del Soccorso e poi usciti dalla Città longi un miglio e<br />
mezzo in circa desinassimo all’hosteria del Galluzzi, e spendessimo baiocchi n.° 25 <strong>di</strong>co<br />
£ 1.5<br />
d’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro viaggio, e la sera alloggiassimo passato S. Cassiano Castello<br />
all’hosteria <strong>di</strong> Bargini, e spendessimo fra fichi e puomi comprati nel viaggio con la cena<br />
in tutto £ 2<br />
Miglia 24<br />
Adì 19 detto giorno <strong>di</strong> Martedì e festa del glorioso S. Gioseffo mio Avocato la mattina se<br />
partissimo dalla detta hosteria <strong>di</strong> Bargini et arrivassimo a Castel S. Donato de Poggi dove<br />
celebrai la S. Messa per me nella Chiesa della B. Vergine della neve e desinassimo fuori del<br />
sudetto Castello all’hosteria della Castellara de Chianti e spendessimo 3 Giuli <strong>di</strong>co £1.10<br />
D’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro viaggio e giungessimo la sera a Siena Città, dove<br />
alloggiassimo fuor <strong>di</strong> Città alla prima hosteria detta il Pavone, e spendessimo 32 baiocchi,<br />
e duoi in bevere per viaggio, che fanno 34 <strong>di</strong>co £ 1.14<br />
Miglia 22<br />
Adì 20 detto giorno <strong>di</strong> Mercordì in Siena qui fossimo sforzati a trattenersi sino doppo<br />
mezzogiorno, per essere piovuto tutta la notte a Cielo aperto e sino al detto mezzogiorno e con<br />
tale occasione hebbi como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> fare conciare le mie scarpe che spesi baiocchi un<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>co £<br />
.11 Et in detta mattina celebrai la S: Messa nella Chiesa <strong>di</strong> S. Giorgio all’Altare <strong>di</strong> S. Carlo<br />
per la Cattarina Riari £ 7.<br />
2v.<br />
Doppo pranzato proseguissimo il nostro Viaggio con tutta celerità per una spierà <strong>di</strong> sole<br />
comparsa e passassimo Buonconvento, dove alloggiassimo alla prima hosteria, che non<br />
trovassimo se non <strong>di</strong> notte e spendessimo baiocchi n.° 30 <strong>di</strong>co £ 1.10<br />
Miglia 15<br />
Adì 21 detto giorno <strong>di</strong> Giovedì si partissimo dall’hosteria passato buon Convento et<br />
arrivassimo a S Quirico Castello, dove celebrai la S. Messa nel Duomo all’Altare <strong>di</strong> S. Andrea<br />
de Padoa per una persona devota che mi <strong>di</strong>ede (se non fallo) 5 o 6 crazie? per elemosina, e<br />
poi desinassimo all’hosteria della Campana incontro il Duomo, e spendessimo baiocchi 24<br />
tanto stassimo bene in 3 £ 1.4<br />
D’in<strong>di</strong> proseguissimo il nostro Viaggio et giungessimo la sera lontani al Re <strong>di</strong> Cofano un miglio,<br />
dove albergassimo all’hosteria detta della macina longa la più <strong>di</strong>sgradata che habbiamo ancor<br />
trovata e spendessimo in tutto baiocchi 24 <strong>di</strong>co £ 1.4<br />
Miglia 18<br />
Adì 22 detto giorno <strong>di</strong> Venerdì si partissimo dalla detta hosteria et giungessimo al Ré <strong>di</strong><br />
Cofano accompagnati da una neve spaventosa mischiata con vento impetuosissimo a segno<br />
tale che non si vedevamo l’un l’altro, e si fermassimo all’hosteria della Posta, dove celebrai<br />
la S. Messa per la Cattarina Riari in detta hosteria <strong>di</strong> sopra in capo ad una gran sala, dove<br />
era una Capelina fornita con tutti li suoi paramenti e questa per como<strong>di</strong>tà de forestieri ,<br />
d’in<strong>di</strong> partiti arrivassimo ad un’altra hosteria detta l’hosteria novella, dove desinassimo, e<br />
spendessimo baiocchi 33 <strong>di</strong>co £ 1.13<br />
£ 5.11<br />
3r.<br />
Pransati si partissimo , et arrivassimo ad Aqua pendente a hore 22 in circa dove<br />
passavamo per mezzo, e si fermassimo a bevere et andassimo sino a S. Lorenzo Castello,
111<br />
dove arrivassimo ad hore 2 <strong>di</strong> notte, et alloggiassimo all’hosteria delli tre Leoncini dove<br />
spendessimo in cena et havere bevua in Aqua pendente in tutto baiocchi £ 1.12<br />
Miglia 22<br />
Adì 23 detto giorno <strong>di</strong> sabbato arrivassimo a Bolsena Città, e celebrai la S. Messa nel Duomo,<br />
chiamato S. Cattarina Christina per la Cattarina Riari e facessimo un poco <strong>di</strong> collatione<br />
all’hosteria del Giglio, e spendessimo solamente baiocchi £ .14<br />
D’in<strong>di</strong> partissimo et arrivassimo a Monte Fiascone Città due hore doppo mezzogiorno et<br />
andassimo ad una bettola tutti stanchi per reficiarsi un poco e spendessimo in bevere e magnare<br />
baiocchi n.° 15 <strong>di</strong>co £ . 15<br />
d’in<strong>di</strong> partiti giungessimo a Viterbo Città a hore 23 et alloggiassimo all’hosteria della<br />
Corona, e spendessimo in cenare e dormire baiocchi n° 24 <strong>di</strong>co £ 1.4<br />
Miglia 20<br />
Adì 24 detto giorno <strong>di</strong> Domenica per essere piovuto tutta la notte e per piovere anco la<br />
mattina con vento impetuosissimo si fermassimo in Viterbo dove <strong>di</strong>ssi la S. Messa nel<br />
Duomo chiamato S.Lorenzo per la Cattarina Riari e poi andassimo a magnare un poco<br />
che non si fece un prò al mondo per causa <strong>di</strong> detto cattivo tempo e spendessimo baiocchi<br />
22 <strong>di</strong>co £ 1.2<br />
Di poi partissimo da Viterbo et giongessimo a Ronciglione Castello la sera accompagnati<br />
£ 5.7<br />
3v.<br />
sempre da pioggia e vento, et alloggiassimo all’hosteria dell’orto, dove spendessimo per<br />
asciugarsi e cenare in tutto baiocchi n.° 40 <strong>di</strong>co £ 2.<br />
Miglia 10<br />
Adì 25 detto giorno <strong>di</strong> Lunedì et festa della Santissima Annonciata si partissimo da<br />
Ronciglione et arrivassimo a Monte rosi Borgo dove celebrai la S. Messa per l’anime del<br />
purgatorio nella Chiesa della Madonna e poi andassimo a desinare all’hosteria dalle 3 rose,<br />
e spendessimo baiocchi £1.5 Subito partissimo in <strong>di</strong>ligenza, et proseguissimo il nostro<br />
viaggio con ogni sollecitu<strong>di</strong>ne, et arrivassimo alla storta hosteria lungi da Roma miglia 9<br />
dove alloggiassimo et nella cena, et dormire spendessimo baiocchi n.° 37 <strong>di</strong>co<br />
£ 1.17<br />
Miglia 22<br />
Adì 26 detto giorno <strong>di</strong> martedì entrassimo in Roma a Dio piacendo la mattina a hore 15<br />
et doppo visitato S. Pietro et altre Chiese andai per afre segnare la Dimissoria e per esser<br />
troppo tar<strong>di</strong> non potei e bisognò aspettare alla sera et in detto giorno non celebrai messa<br />
per detta causa £ 5.2<br />
Miglia 9<br />
Si che a partirsi da S. Agata et arrivare a roma per la detta strada <strong>di</strong> Toscana facessimo<br />
come si vede a giornata per giornata in tutto miglia n.° 220 a pie<strong>di</strong> <strong>di</strong>co miglia 220 e più<br />
come si vede in spesa <strong>di</strong> vitto fra tutti e tre a giornata per giornata a partirsi da Bologna<br />
et arrivare in Roma spendessimo in tutto lire vinti nove e sol<strong>di</strong> cinque, <strong>di</strong>co £ 29.5
112
2<br />
<strong>Rassegna</strong> storica crevalcorese N. 5 <strong>di</strong>cembre 2007