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Rocche e castelli - Emilia Romagna Turismo

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In alto, cassa malatestiana<br />

(c. 1450) proveniente da<br />

Montegridolfo, conservata a<br />

Rimini nel Museo della Città.<br />

In basso, Rimini, l’interno di<br />

Castel Sismondo durante una<br />

esposizione malatestiana.<br />

15<br />

e sostenere vicendevolmente; una necessità particolarmente sentita<br />

da quando era entrata in uso l’artiglieria.<br />

Un inventario redatto subito dopo la morte di Sigismondo ci<br />

dà una qualche idea dell’arredo della parte residenziale del grande<br />

edificio: tavoli, panche e cofani, letti e armadi, arazzi e drappi<br />

furono annotati ed enumerati dal notaio che il 13 ottobre 1468<br />

attraversò ed inventariò diligentemente piccoli e grandi ambienti,<br />

dai nomi pittoreschi in parte derivati da caratteristiche decorazioni<br />

murali (camera delle grillande, del geneviere, della morte, del<br />

crocifisso). Nelle casse e negli armadi erano conservati libri e<br />

scritture, gioielli e indumenti di strane fogge e a volte di tessuti<br />

preziosi, coperte e biancheria. Nei magazzini erano conservate<br />

armi, bandiere, tende da campo e stendardi, finimenti per cavalli<br />

e collari per cani, strumenti per la caccia tradizionale (archi e frecce)<br />

e per la guerra moderna (spingarde e bombarde).<br />

Tutto è andato perduto. L’unico autentico mobile malatestiano<br />

superstite è una piccola cassa in legno di cipresso databile<br />

intorno alla metà del secolo, riccamente intagliata con lo stemma<br />

di Sigismondo fra motivi decorativi; è conservata nel Museo della<br />

Città, e proviene dal castello di Montegridolfo.<br />

Con la caduta dei Malatesti, alla fine del Quattrocento, Castel<br />

Sismondo perse il suo carattere di residenza principesca e fu adibito<br />

unicamente a scopi militari; con il tempo naturalmente le sue<br />

strutture dovettero essere adeguate alle necessità di difesa<br />

soprattutto dalle armi da fuoco, che nel giro di pochi decenni avevano<br />

fatto enormi progressi. Nel Seicento, dopo un radicale<br />

restauro e l’aggiunta di altre cannoniere, assunse in onore del<br />

papa regnante (Urbano VIII) il nome di Castel Urbano. Fu in seguito<br />

adibito a caserma e a magazzino, e infine a prigione.<br />

È destinato a centro culturale, e da anni vi opera un cantiere<br />

di restauro che ha permesso di individuare varie preesistenze;<br />

particolarmente rilevante è il ritrovamento di resti delle mura<br />

urbiche romane con una porta, inglobata proprio nelle fondazioni<br />

del Castello: si tratta probabilmente di una porta “montanara”<br />

tardoromana che in epoca medievale fu sostituita nello stesso<br />

punto, ma ad un livello più alto, dalla porta detta “del gattolo”,<br />

appartenuta al Vescovado fino a tutto il Duecento, cioè fino a<br />

quando cadde in mano ai Malatesti, che lì vicino avevano le loro<br />

case.

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