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lo sguardo di Eva - Cineforum del Circolo

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decennio più che mai connotato da esperienze <strong>di</strong>verse, apertosi con i <strong>di</strong>sastrosi fatti <strong>del</strong>l’11 settembre (<strong>di</strong><br />

cui quest’anno si celebra il decennale) che hanno lanciato un’ombra <strong>di</strong> terrore <strong>di</strong>venuta ormai sintomo<br />

strutturale <strong>di</strong> cui siamo tutti vittime, spesso inconsapevoli. Gli anni Zero hanno anche portato l’allargamento,<br />

in termini <strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> offerta e domanda, <strong>del</strong>la <strong>di</strong>mensione virtuale (i social network, la <strong>di</strong>gitalizzazione<br />

<strong>del</strong>la burocrazia nei suoi aspetti più quoti<strong>di</strong>ani, l’uso privato <strong>del</strong>le tecno<strong>lo</strong>gie tascabili, la sostituzione<br />

dei vecchi supporti come libri cartacei o schermi domestici). Le recenti forme <strong>di</strong> contatto in rete, frutto<br />

esse stesse <strong>del</strong>la paura <strong>di</strong> una relazione <strong>di</strong>retta e al contempo risorsa da sfruttare, si affiancano alla cancellazione<br />

dei ruoli tra<strong>di</strong>zionali, con aspetti interessanti che riguardano la libertà personale (la costituzione<br />

sempre più numerosa <strong>di</strong> nuove forme familiari, il <strong>di</strong>battito sull’eutanasia e sulle cure palliative, l’esistenza<br />

<strong>di</strong> quote rosa) ma che instradano anche derive perico<strong>lo</strong>se (la presenza invasiva <strong>del</strong> sistema televisivo<br />

nella vita <strong>del</strong>le persone, il ricatto <strong>di</strong> un ideale spesso irraggiungibile, la manipolazione ossessiva <strong>del</strong> corpo<br />

per farne veico<strong>lo</strong> non <strong>di</strong> espressione ma <strong>di</strong> consenso). In questa situazione multiforme, fatta <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> possibilità<br />

e straziata da sotterranee paure, spesso la donna si trova costretta ad (ac)cogliere e subire le trasformazioni<br />

<strong>di</strong> una società liquida che può essere percepita ma mai catturata <strong>del</strong> tutto.<br />

Ecco perché “<strong>lo</strong> <strong>sguardo</strong> <strong>di</strong> <strong>Eva</strong>”, come recita il tito<strong>lo</strong> che emblematicamente si è deciso <strong>di</strong> attribuire alla<br />

rassegna e che implica un doppio livel<strong>lo</strong> <strong>di</strong> significato: da un lato, il punto <strong>di</strong> vista sulla con<strong>di</strong>zione femminile<br />

e sulla sua estrema <strong>del</strong>icatezza rispetto a ciò che accade nel presente, dall’altro l’insieme <strong>di</strong> questi<br />

materiali filtrati attraverso gli occhi <strong>del</strong>le donne. Il cic<strong>lo</strong> offre così cinque ritratti, cinque film su storie <strong>di</strong><br />

vita che affrontano tali argomenti realizzati da registe <strong>di</strong> Paesi <strong>di</strong>fferenti. Non tanto per sod<strong>di</strong>sfare un desiderio<br />

<strong>di</strong> completezza, quanto per dare <strong>di</strong>gnità a racconti nati da prospettive <strong>di</strong>verse, in luoghi e ambiti<br />

sociali <strong>lo</strong>ntani, a volte opposti per ideali <strong>di</strong> riferimento e per le molteplici situazioni che ospitano. Tuttavia,<br />

abbiamo preferito fare un’eccezione, includendo due titoli italiani (Lo spazio bianco <strong>di</strong> Francesca<br />

Comencini e Un’ora sola ti vorrei <strong>di</strong> Alina Marazzi), convinti <strong>del</strong>l’esistenza <strong>di</strong> una profonda particolarità<br />

in entrambe le opere, che però è facilmente traducibile su un piano più generale fino ad assumere caratteristiche<br />

universali (il rapporto travagliato, sofferto e in alcuni momenti indescrivibile con la maternità<br />

osservato dai due estremi <strong>del</strong>la relazione). Oltre ai timori, alle <strong>di</strong>fficoltà <strong>del</strong> legame madre-figlia e al do<strong>lo</strong>re<br />

rimasto sospeso in una memoria offuscata dal passaggio <strong>del</strong> tempo, le altre questioni trattate conducono<br />

a un’unica conclusione, piacevole o scomoda ma comunque da accogliere come <strong>di</strong>battito aperto: non<br />

esiste un’immagine compiuta, circoscritta e stabile <strong>del</strong> “femminile”, come <strong>di</strong>mostra la vastità <strong>di</strong> film girati<br />

da autrici <strong>di</strong> innegabile spessore che non era possibile inserire nel<strong>lo</strong> stesso cic<strong>lo</strong> per ovvie ragioni <strong>di</strong> spazio<br />

e <strong>di</strong> tempo. Non esiste la donna assimilabile a uno stereotipo, facile da portare sul<strong>lo</strong> schermo, riproducibile<br />

ed esportabile in altri contesti. Questo mo<strong>del</strong><strong>lo</strong> <strong>di</strong> omogeneizzazione che viene quoti<strong>di</strong>anamente alimentato<br />

dalla proposta (quasi) mono<strong>di</strong>rezionale <strong>del</strong> prototipo televisivo è stato fortunatamente scalfita nell’ambito<br />

<strong>del</strong> linguaggio cinematografico che ha saputo leggere e captare la natura multiforme <strong>del</strong> “femminile”<br />

in senso generale, <strong>lo</strong>ntano dalle facili etichette, colmo <strong>di</strong> sfumature, dettagli.<br />

Alle sfumature e ai dettagli è de<strong>di</strong>cato Lo <strong>sguardo</strong> <strong>di</strong> <strong>Eva</strong>. Alle numerose declinazioni <strong>di</strong> opposte sensibilità<br />

e <strong>del</strong> rapporto fra i sessi nel lungo processo <strong>di</strong> integrazione <strong>del</strong>la modernità nella tra<strong>di</strong>zione in Libano<br />

(Caramel <strong>di</strong> Na<strong>di</strong>ne Labaki). Al percorso <strong>del</strong>la malattia, in bilico tra speranza e <strong>di</strong>sillusione, religiosità e<br />

scetticismo, apparenza e vissuto interiore tormentato (Lourdes <strong>di</strong> Jessica Hausner). Alla solitu<strong>di</strong>ne e alla<br />

debolezza <strong>del</strong>la provincia americana, dove le nuove generazioni incontrano un mondo privo <strong>di</strong> riferimenti<br />

stabili (Me and You and Everyone We Know <strong>di</strong> Miranda July). Alla varietà <strong>del</strong>le tematiche possibili, ciascuna<br />

con il proprio ambito <strong>di</strong> riferimento, tutte animate dalla necessità <strong>di</strong> un’analisi che produca significati,<br />

apra <strong>del</strong>le prospettive, e provi ad attirare l’attenzione sul grado <strong>di</strong> consapevolezza richiesto, sul bisogno<br />

<strong>di</strong> non ignorare ciò che è parte <strong>del</strong> nostro reale, pubblico e privato.<br />

Del resto, come anticipato, molte sono le registe de<strong>di</strong>te a un mestiere che, ancora pochi decenni fa, era frequentato<br />

prevalentemente da occhi maschili, a <strong>di</strong>mostrazione non tanto <strong>di</strong> una <strong>di</strong>ffusione <strong>del</strong>la padronanza<br />

<strong>del</strong> mezzo cinematografico, quanto <strong>del</strong>la vo<strong>lo</strong>ntà <strong>di</strong> impossessarsi <strong>di</strong> una voce che rispecchi la propria personale<br />

visione <strong>del</strong>le cose grazie a un’immedesimazione totale con l’oggetto e i soggetti rappresentati.<br />

Un’arte che vuole essere attiva, a volte militante, contraria ad accettare l’imposizione passiva e pronta a<br />

parlare ovunque <strong>di</strong> sé. L’elenco dei nomi si aggiorna con una frequenza continua, associando alle autrici<br />

<strong>di</strong> maggior esperienza attive già nel periodo precedente a quel<strong>lo</strong> trattato a molte esor<strong>di</strong>enti: Cristina<br />

Comencini (Va’ dove ti porta il cuore, Il più bel giorno <strong>del</strong>la mia vita, La bestia nel cuore), Francesca<br />

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