a cura di Fabrizio Bonera - CAI Manerbio
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CLUB ALPINO ITALIANO<br />
Sezione <strong>di</strong> Brescia<br />
Sottosezione <strong>di</strong> <strong>Manerbio</strong><br />
NOTIZIARIO DEL <strong>CAI</strong> DI<br />
MANERBIO<br />
Bollettino on line della sottosezione<br />
Mese <strong>di</strong> gennaio 2009<br />
1
In questo numero:<br />
LETTURA MAGISTRALE<br />
Il sentiero della bellezza: traccia per una pedagogia dell’alpinismo.<br />
(a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Fabrizio</strong> <strong>Bonera</strong>)<br />
FINALITA’ DEL C.A.I.<br />
Fare la <strong>di</strong>fferenza: dalla <strong>di</strong>mensione del recupero <strong>di</strong> un ruolo sociale agli<br />
aspetti comunicativi. La montagna come impegno e militanza.<br />
(a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Fabrizio</strong> <strong>Bonera</strong>)<br />
ATTIVITA’ SOCIALE<br />
Sguardo <strong>di</strong> insieme alle proposte escursionistiche 2009.<br />
(a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Fabrizio</strong> <strong>Bonera</strong>)<br />
ALPINISMO GIOVANILE<br />
La montagna proposta ai ragazzi: il coraggio <strong>di</strong> andare controcorrente..<br />
(a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Fabrizio</strong> <strong>Bonera</strong>)<br />
NATURA DI GENNAIO<br />
L’Elleboro (a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Fabrizio</strong> <strong>Bonera</strong>)<br />
DAL CONSIGLIO DEL C.A.I. DI MANERBIO<br />
Nuovo regolamento della palestra <strong>di</strong> arrampicata indoor<br />
(a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Fabrizio</strong> <strong>Bonera</strong>)<br />
SALVARE LE ALPI<br />
Il tema dell’acqua: acque e ghiacciai liberi<br />
(a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Fabrizio</strong> <strong>Bonera</strong>, Adriano Licini e Franco Martina)<br />
LE BUONE LETTURE<br />
Il monte Analogo<br />
(a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Fabrizio</strong> <strong>Bonera</strong>)<br />
In copertina: Volpe artica in abito primaverile, Lewis and Clark Trail,<br />
Wyoming (U.S.A.), 1982.<br />
2
LETTURA MAGISTRALE<br />
Il sentiero della bellezza:<br />
tracce per una pedagogia dell’alpinismo<br />
(a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Fabrizio</strong> <strong>Bonera</strong>)<br />
Nell’iniziare un nuovo anno sociale è opportuno porsi sempre una domanda <strong>di</strong><br />
senso, ovvero delineare una sorta <strong>di</strong> tema a cui attenersi e su cui conformare le<br />
attività sociali.<br />
Il Club Alpino Italiano si impone come Associazione depositaria <strong>di</strong> un grande<br />
patrimonio <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong> conoscenza. Qualsiasi opera pedagogica e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
educazione si costruisce solo ed esclusivamente sulla scorta delle conoscenze<br />
acquisite.<br />
Abbiamo iniziato a costruire questo in<strong>di</strong>rizzo educativo già negli anni scorsi,<br />
cercando <strong>di</strong> mettere in rilievo la necessaria ambivalenza della Montagna come<br />
terreno <strong>di</strong> cultura. Abbiamo sottolineato la necessità <strong>di</strong> coniugare la conoscenza<br />
oggettiva alla conoscenza <strong>di</strong> quella componente non razionale, imme<strong>di</strong>ata e<br />
intuitiva che per forza <strong>di</strong> cose deve caratterizzare il rapporto tra l’Uomo e la<br />
Natura ai fini del raggiungimento <strong>di</strong> una armonia che sia <strong>di</strong> reciproco<br />
giovamento.<br />
Abbiamo percorso sentieri con l’intento <strong>di</strong> ritrovare “il vissuto” della montagna<br />
per carpirne significati, con lo scopo <strong>di</strong> leggere nel paesaggio i segni <strong>di</strong> un<br />
antico rapporto fra Uomo e Montagna che forse è da riattualizzare; abbiamo<br />
salito cime non tanto per desiderio <strong>di</strong> conquista ma per raggiungere quello<br />
“sguardo d’altura” che oltre ad offrirci un panorama <strong>di</strong> paesaggio fosse in grado<br />
<strong>di</strong> conquistarci ad un panorama dell’essere che non solo è visione completa<br />
della vita ma anche presupposto per comprendere “la trama che unisce tutte le<br />
cose” che secondo Bateson costituisce la “vera bellezza”.<br />
I sentieri educativi sono molteplici e percorrerli con consapevolezza è<br />
presupposto in<strong>di</strong>spensabile non solo per noi, per un go<strong>di</strong>mento soggettivo e<br />
gratificante, ma anche e soprattutto per la Montagna, per uno scopo <strong>di</strong> tutela e<br />
conservazione.<br />
Il C.A.I. non può permettere che la montagna sia intesa – sic ed simpliciter –<br />
come terreno <strong>di</strong> gioco, ma deve operare affinché essa costituisca anche, e,<br />
soprattutto, una irripetibile occasione <strong>di</strong> educazione.<br />
I numerosi sentieri che tracciano i versanti delle nostre montagne vanno<br />
percorsi non solo in senso fisico ma anche metaforicamente come sentieri<br />
educativi. Tra <strong>di</strong> essi ho scelto il sentiero della bellezza e vorrei che le nostre<br />
escursioni venissero percorse, nella successione della singolarità dei luoghi,<br />
come momento <strong>di</strong> ricomposizione <strong>di</strong> frammenti per giungere al go<strong>di</strong>mento della<br />
bellezza. Dovrebbero costituire un sentiero estetizzante che accanto alla<br />
percezione delle forme e delle sensazioni ci conduca all’apprezzamento del<br />
bello naturale che, inteso come bene irrinunciabile e non come lusso, è<br />
componente inderogabile della vita e della educazione. La bellezza infatti educa<br />
sempre, sia essa intesa nel valore del bello e buono <strong>di</strong> Platone, sia come<br />
3
claritas tomistica o coincidenza <strong>di</strong> verità singolare che non rinuncia<br />
all’universale <strong>di</strong> kantiana memoria sia come coincidenza <strong>di</strong> visibile ed invisibile<br />
e <strong>di</strong> finito ed infinito.<br />
In questa prospettiva acquista anche senso la proposta <strong>di</strong> una conoscenza<br />
oggettiva scientifica (fiori, rocce, ecologia etc) che va correlata ai gran<strong>di</strong> temi<br />
che l’attuale orizzonte nichilista attualmente tras<strong>cura</strong> (il sacro, il <strong>di</strong>vino, il<br />
trascendente, la bellezza e la Natura). Bisogna assorbire la bellezza, infatti, per<br />
poterne capire le verità intrinseche: la conoscenza della natura non è nemica<br />
dell’incanto, ma presupposto essenziale per un comportamento <strong>di</strong> rispetto.<br />
Vorrei percorrere il sentiero <strong>di</strong> una bellezza intesa nel senso greco della misura<br />
e del limite, che sappia collocare armonicamente l’Uomo nella natura e che<br />
sappia ritrovare nella montagna la sua <strong>di</strong>mensione trascendente, il senso del<br />
limite e della finitezza che possano costituire guida alla legittimità delle nostre<br />
azioni e che, mettendosi al cospetto del naturale e del <strong>di</strong>vino, ci insegnino ad<br />
educare a questi stessi temi.<br />
Vorrei che le nostre escursioni siano una esperienza <strong>di</strong>retta della natura tale da<br />
rappresentare una insostituibile lezione <strong>di</strong> pedagogia a cui accostare i giovani<br />
così sofferenti, in questi tempi, non per loro <strong>di</strong>fetto, <strong>di</strong> un analfabetismo<br />
territoriale ed una territorializzazione che sono indotte da una incapacità <strong>di</strong><br />
leggere i segni del paesaggio, legata ad una impostazione che, tras<strong>cura</strong>ndo le<br />
<strong>di</strong>scontinuità spaziali, privilegia la meta al percorso.<br />
Vorrei che le montagne venissero salite come ricerca <strong>di</strong> una grande armonia in<br />
modo tale da poter – usando le parole <strong>di</strong> Carlo Forte –“elevarci e scendere in<br />
noi stessi, in cerca dei nostri sentieri, delle nostre valli, dei valichi e delle<br />
pietraie interiori, a causa della terribile nostalgia <strong>di</strong> una luce più nitida, <strong>di</strong> suoni<br />
più ricchi e <strong>di</strong> una mente più sgombra, per vivere il momento nel quale i sensi<br />
vengono invasi dalla assoluta potenza della vita”.<br />
4
FINALITA’ DEL CA.I.<br />
Fare la <strong>di</strong>fferenza: dalla <strong>di</strong>mensione del recupero <strong>di</strong> un<br />
ruolo sociale agli aspetti comunicativi. La montagna come<br />
impegno e militanza.<br />
L’esame delle relazioni prodotte in occasione del 98° Convegno Nazionale del<br />
<strong>CAI</strong> a Predazzo, offre lo spunto per interessanti considerazioni.<br />
A questo proposito è opportuno riportare le parole <strong>di</strong> esor<strong>di</strong>o del Presidente<br />
Generale prof. Annibale Salsa: “Forse possiamo <strong>di</strong>menticare il passato<br />
prossimo, ma non dobbiamo <strong>di</strong>menticare il passato remoto per costruire un<br />
avvenire… vorrei ricordare l’intervento che Amè Gorret fece nel lontano 1868 in<br />
occasione del congresso tenutosi a Varallo Sesia che in quell’occasione<br />
in<strong>di</strong>rizzò il sodalizio del C.A.I. verso una azione non solo lu<strong>di</strong>ca e ricreativa ma<br />
soprattutto solidaristica e culturale. Nacque allora l’impegno sociale ed<br />
ambientale del <strong>CAI</strong> per la <strong>di</strong>fesa del territorio montano e delle minoranze che vi<br />
abitano”.<br />
In fondo, le finalità del <strong>CAI</strong> sono contenute tutte in questo brevissimo e<br />
concentrato pensiero. Ma l’allusione a poter <strong>di</strong>menticare il passato prossimo<br />
significa abbandonare definitivamente una deriva che aveva ed ha<br />
caratterizzato negli ultimi trenta anni il sodalizio, almeno in una larga fascia dei<br />
suoi aderenti. Una deriva che ha riguardato sia la motivazione che i contenuti.<br />
Anche nella nostra sottosezione, sia pure su una ristretta popolazione <strong>di</strong><br />
quattrocento soci, si è potuto toccare con mano il venir meno del senso <strong>di</strong><br />
appartenenza, contrassegnato da un <strong>di</strong>sinteresse per le attività sociali, per le<br />
motivazioni finalistiche ed i fini statutari, da un modo <strong>di</strong> frequentazione della<br />
montagna del tutto soggettivo (e questo può anche essere un motivo ancora<br />
valido) ma che in molti casi trova la sua ragione in un esercizio narcisistico<br />
motivato dal falso mito <strong>di</strong> una fitness dettata dal consumismo.<br />
La cultura del consumismo, del “the faster the better”, si è insinuata anche nel<br />
modo <strong>di</strong> frequentare la montagna, colorandolo <strong>di</strong> una modalità più turistica,<br />
legata alla tecnologia, al legame con sicurezze basate sulla necessità della<br />
comunicazione veloce più che sul bagaglio <strong>di</strong> conoscenze, stimolata da<br />
messaggi me<strong>di</strong>atici dettati da valenze economiche.<br />
Il culto del sé, della corporeità, del benessere indotto dall’esercizio fisico che si<br />
traduce in una sorta <strong>di</strong> competitività nel percorrere i sentieri, hanno determinato<br />
una pratica sempre più in<strong>di</strong>vidualistica, chiusa nella sfera <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong><br />
autogratificazione che, avente come scopo principale il raggiungimento <strong>di</strong> un<br />
traguardo, ha determinato una prevalenza dell’aspetto corporeo a scapito <strong>di</strong><br />
quello mentale, della meta rispetto al tragitto. L’esito è un venir meno della<br />
frequentazione solidale della montagna e soprattutto un venir meno della<br />
attenzione al territorio che si traduce in quella forma <strong>di</strong> de-territorializzazione<br />
che colpisce sia gli adulti ma soprattutto la popolazione giovanile.<br />
5
Sulla spinta <strong>di</strong> questa tipologia <strong>di</strong> frequentazione della montagna sono nate un<br />
serie <strong>di</strong> organizzazioni e associazioni che promuovono “l’andare in montagna”<br />
non contrassegnato da fini particolari se non quelli <strong>di</strong> puro scopo lu<strong>di</strong>co,<br />
ricreativo e dopo-lavoristico.<br />
Le finalità del <strong>CAI</strong> sono completamente <strong>di</strong>verse. Non si tratta <strong>di</strong> inventarle.<br />
Semplicemente <strong>di</strong> farle riemergere e soprattutto <strong>di</strong> comunicarle in modo efficace<br />
a tutti gli associati. In fondo, la revisione delle modalità assi<strong>cura</strong>tive e <strong>di</strong> tutela<br />
legale dell’accompagnamento in montagna, ristrette solo ed esclusivamente alla<br />
attività sociale, giocano in nostro favore rilanciando il senso <strong>di</strong> appartenenza.<br />
Su queste finalità si fondano le <strong>di</strong>fferenze fra il <strong>CAI</strong> e le altre associazioni:<br />
l’alpinismo e le altre attività in montagna non sono fini a sè stesse, bensì mezzi<br />
per arrivare ad un fine che è la <strong>di</strong>fesa e la conoscenza della montagna e delle<br />
sue popolazioni(Gorret). Questo si può recuperare ridonando all’alpinismo<br />
quella <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> linguaggio interpretativo della montagna che ha<br />
progressivamente perduto, utile soprattutto in questi tempi in cui l’ambiente<br />
alpestre si è visto progressivamente svuotare della propria identità.<br />
A livello <strong>di</strong> sezioni e <strong>di</strong> sottosezioni, soprattutto a livello in<strong>di</strong>viduale, ciò<br />
comporta uno sforzo, <strong>di</strong> cui si devono far carico gli accompagnatori e tutti quanti<br />
credono e contribuiscono alle attività del <strong>CAI</strong>. Contribuire alla conoscenza e alla<br />
educazione della montagna comporta una offerta <strong>di</strong> formazione e<br />
accompagnamento non basata sul puro tecnicismo ma anche sul bisogno <strong>di</strong><br />
socializzazione e relazione. Non abbiamo più nulla da scoprire <strong>di</strong> nuovo, tutte le<br />
montagne sono state salite. Più che scoprire dobbiamo ri-scoprire, saper<br />
leggere un linguaggio che l’approccio lu<strong>di</strong>co e ricreativo non ci ha insegnato,<br />
saper vedere oltre la sfera della superficie per riconoscere nuove forme<br />
interpretative della natura e rileggere gli interventi dell’Uomo.<br />
Il <strong>CAI</strong> si offre come insostituibile mezzo – e qui sta la <strong>di</strong>fferenza – <strong>di</strong><br />
conoscenza della Montagna e dell’Uomo, capace <strong>di</strong> una funzione pedagogica<br />
sconosciuta alle altre Associazioni. In questa sfera e in questa funzione si<br />
innesta il ruolo del volontariato, sfumatura inesistente presso altre<br />
organizzazioni.<br />
Chiedo un nuovo impegno anche ai Soci, d’accordo con Eugenio Pesci<br />
secondo il quale per mantenere “l’autenticità e l’autonomia dell’alpinismo ci<br />
sono tre cose da salvare: la libera espressione creativa, il rapporto con la<br />
natura e con il cosmo e l’autonomia fondamentale dell’andare in montagna<br />
come esperienza” Al termine esperienza dobbiamo conferire il suo significato<br />
più profondo, perché “esperire” significa non solo conoscere sensibilmente ma<br />
anche imparare a interiorizzare la montagna (avere dentro la montagna o, per<br />
usare le parole <strong>di</strong> Julius Evola, “essere tra coloro che non scendono mai dalle<br />
vette in pianura” perché la montagna l’hanno dentro <strong>di</strong> sé).<br />
“Ciascuno <strong>di</strong> noi deve socraticamente <strong>di</strong>ffondere questo valore, perché anche<br />
se la cultura montana è perdente e minoritaria, la montagna è una esperienza<br />
forte e incomparabile. Bisogna creare un clima perché questa esperienza sia<br />
fruibile ai più, non importa se alpinisti o escursionisti, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni tecnicismo”.<br />
6
ATTIVITA’ SOCIALE 2009<br />
Sguardo <strong>di</strong> insieme alle escursioni del 2009<br />
L’escursionismo moderno viene considerato come filiazione <strong>di</strong>retta<br />
dell’alpinismo con il quale con<strong>di</strong>vide il senso dell’avventura che si esprime nella<br />
esplorazione della natura e delle culture e della montagna in tutte le sue<br />
espressioni. L’escursionismo proposto, pertanto, trova un elemento unificante<br />
nella promozione <strong>di</strong> una consapevole frequentazione della montagna, proposta<br />
come appassionata esperienza <strong>di</strong> conoscenza, ricercando una filosofia del<br />
camminare che non sia una performance ma una ricerca <strong>di</strong> cultura.<br />
La maggior parte delle escursioni proposte vanno quin<strong>di</strong> intese non come un<br />
terreno <strong>di</strong> gioco ma in funzione delle loro valenze intrinseche in cui il<br />
raggiungimento della meta o il compimento del percorso sono subor<strong>di</strong>nati non<br />
solo al tema della stessa, ma anche alla conoscenza <strong>di</strong> quella specifica<br />
porzione <strong>di</strong> territorio che l’escursione copre in tutti i suoi aspetti.<br />
Ogni escursione si avvale della conoscenza degli aspetti geografici, fisici ed<br />
antropici, storici, botanici ed estetici.<br />
All’interno del programma è poi possibile evidenziare nuclei precipui la cui<br />
valenza intrinseca ne costituisce un elemento conduttore unificante.<br />
Abbiamo così escursioni finalizzate a<br />
1. illustrare il tema del cammino;<br />
2. illustrare aspetti locali della prima guerra mon<strong>di</strong>ale;<br />
3. illustrare il tema della wilderness;<br />
4. illustrare l’aspetto devozionale;<br />
5. approfon<strong>di</strong>re il tema estetico e trascendente;<br />
6. approfon<strong>di</strong>re la conoscenza dell’ambiente <strong>di</strong> pianura;<br />
7. rappresentare una esperienza puramente <strong>di</strong>dattica;<br />
8. costituire momenti <strong>di</strong> aggregazione e solidarietà.<br />
Diamo <strong>di</strong> seguito l’elenco schematico delle attività <strong>di</strong> escursionismo proposte,<br />
rimandando al libretto 2009 per quanto concerne gli approfon<strong>di</strong>menti tematici e i<br />
dettagli organizzativi.<br />
TEMA DEL CAMMINO:<br />
28.03.2009 – Camminare come viaggiare: dove si raccontano i propri cammini (*) (T/F)<br />
05.04.2009 – Il Camminare Me<strong>di</strong>terraneo (Camogli Portofino) (E)<br />
09.05.2009 – Camminare in evoluzione: dove si racconta il cammino delle donne (*) (T/F)<br />
19.09.2009 – Il Cammino Poetico: dove si racconta come il cammino <strong>di</strong>viene poesia.(*)<br />
(T/F)<br />
09.10.2009 – Il Cammino Religioso: dove si racconta <strong>di</strong> come il viandante <strong>di</strong>viene<br />
pellegrino.(*) (T/F)<br />
(*) gli itinerari si svolgono nella Bassa Bresciana.<br />
7
ASPETTI LOCALI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE<br />
14.06.2009 – Dosso dei Morti (E)<br />
21.06.2009 – Passo <strong>di</strong> Rondon (EE)<br />
19.07.2009 – Bocchetta <strong>di</strong> Val Massa (E)<br />
28/29/30.08.2009 – Val <strong>di</strong> Lares (EE/A)<br />
INTERESSE WILDERNESS.<br />
08.03.2009 – Il lago rosso della Valvestino. (E)<br />
15.03.2009 – Molino del Cao (Lessinia) (EE)<br />
22.03.2009 – Le solitu<strong>di</strong>ni del Droanello. (E)<br />
07.06.2009 – Passo della Falculotta (EE/E/T-F)<br />
21.06.2009 – Passo Rondon (EE)<br />
26.07.2009 – Circo glaciale del Gabbiolo/Presanella (EE)<br />
28/29/30.08.2009 – Valli Seniciaga e Lares (EE/A)<br />
13.09.2009 – Bus del Balì (E)<br />
20.09.2009 – Giro della Costa (E)<br />
ASPETTI DEVOZIONALI<br />
01.03.2009 – Vajo dell’Orsa (Monte Baldo) (E/EE)<br />
10.05.2009 – Eremo dei Santi Benigno e Caro/Monte Baldo (E)<br />
09.10.2009 – Il Cammino religioso: dove il viandante <strong>di</strong>viene pellegrino (Bassa Bresciana)<br />
29.11.2009 – Eremo <strong>di</strong> San Martino/Val <strong>di</strong> Genova (E)<br />
ESTETICA DELL’ALPINISMO.<br />
07.06.2009 – Passo della Falculotta (opzione EE).<br />
21.06.2009 – Passo Rondon (EE).<br />
4/5.07.2009 – Cima Rovaia (in notturna) (E)<br />
11/12.07.2009 – Cima d’Asta (EE)<br />
26.07.2008 – Circo Glaciale del Gabbiolo/Presanella (EE)<br />
28/29/30.08.2009 _ Valli Seniciaga e Lares (EE/A)<br />
ASPETTI STORICI, ANTROPOLOGICI E ARCHEOLOGICI<br />
08.02.2009 – La Via Visentina (con racchette da neve) (E)<br />
22.02.2009 – Antiche contrade <strong>di</strong> Torri del Benaco (T/F)<br />
29.03.2009 – Cima del Castello della Regina (Prealpi Orobie) (E)<br />
19.04.2009 – Acquadolce (Bassa Bresciana) (T/F) (in coll. con Gruppo Archeologico)<br />
17.05.2009 – La via dell’Oglio (Bassa Bresciana) (T/F) (in coll. con Gruppo Archeologico)<br />
07.06.2009 – Panoramaweg e Sinter dei Siori (E)<br />
4/5.07.2009 – Cima Rovaia (in notturna) (E)<br />
18.10.2009 – Salita alla vetta del Pizzo Baciamorti (Alpi Orobie) (E)<br />
8
VALORIZZARE LA BASSA BRESCIANA<br />
28.03.2009 – Camminare come viaggiare. (T/F)<br />
19.04.2009 – Acquadolce. (in collaborazione con Gruppo Archeologico) (T/F)<br />
09.05.2009 – Camminare in evoluzione (T/F).<br />
17.05.2009 – La Via dell’Oglio (in collaborazione con Gruppo Archeologico) (T/F)<br />
19.09.2009 - Il Cammino Poetico (T/F)<br />
09.10.2009 – Il Cammino religioso (T/F).<br />
ESCURSIONI DIDATTICHE<br />
25.07.2009 – Val <strong>di</strong> Genova: primo tratto (T/F)<br />
02.08.2009 – Amolacqua/Val Nambrone (T/F)<br />
ESCURSIONISMO CLASSICO.<br />
25.01.2009 – Valle dei Mocheni (Scialpinismo e racchette da neve)<br />
14/15.02.2009 - Parco Naturale <strong>di</strong> Paneveggio (Scialpinismo e racchette da neve)<br />
23/24.05.2009 – Anello della Scagina (E/EE)<br />
5/6.09.2009 - Cima Fradusta (EE/EEA)<br />
27.09.2009 – Cima Sera (E).<br />
04.10.2009 – Scala Santa del No<strong>di</strong>ce (EE)<br />
15.11.2009 – Baite del Mella (E)<br />
ESCURSIONISMO DI AGGREGAZIONE.<br />
05.07.2009 – Case <strong>di</strong> Bles (festa della sottosezione).<br />
25.10.2009 – Denti della Sega (Lessinia)<br />
08.11.2009 – Novembrata Sociale.<br />
9
ALPINISMO GIOVANILE<br />
La montagna proposta ai ragazzi.<br />
Il coraggio <strong>di</strong> andare controcorrente<br />
Da qualche tempo il Club Alpino Italiano, attraverso i propri mezzi <strong>di</strong><br />
informazione, ma anche con proposte concrete, insiste sulla promozione del<br />
cosiddetto “alpinismo giovanile”, ovvero sulla <strong>di</strong>ffusione e sulla promozione<br />
della frequentazione della montagna presso le fasce più giovani della<br />
popolazione.<br />
L’argomento è stato e viene affrontato con serietà anche a mezzo <strong>di</strong> convegni e<br />
seminari organizzati in proposito.<br />
Questa insistenza nasce soprattutto da una serie <strong>di</strong> preoccupazioni che il C.A.I.<br />
ha fatto proprie ma che, ad uno sguardo attento e in una ottica<br />
sociologicamente allargata, assume proporzioni generalizzate riguardanti anche<br />
altre associazioni e altre <strong>di</strong>scipline associative. In particolare viene segnalata la<br />
costante e progressiva <strong>di</strong>sassuefazione alla frequentazione “consapevole”<br />
della montagna da parte della popolazione la cui fascia <strong>di</strong> età è compresa fra i<br />
18 e i 30 anni. Ho usato il termine “consapevole” compreso fra virgolette perché<br />
intendo una frequentazione che non abbia una esclusiva connotazione lu<strong>di</strong>ca<br />
(la pratica dello sci da <strong>di</strong>scesa, per esempio, coinvolge numerosissimi giovani<br />
ma in essa la montagna, intesa come ambiente, ha ruolo puramente marginale<br />
se non nullo.<br />
Per effetto delle considerazioni esposte il termine alpinismo giovanile va rivisto<br />
nel suo significato.<br />
Esso non si riferisce più alla generica categoria dei giovani ma contiene in sé il<br />
concetto <strong>di</strong> una stratificazione delle età con caratteristiche <strong>di</strong>verse e sulle quali<br />
bisogna agire con obiettivi specifici.<br />
La fascia <strong>di</strong> età più a rischio sembra quella compresa fra i 14 e i 25 anni, età in<br />
cui si riscontra il più alto tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sassuefazione nei confronti della montagna.<br />
Certamente questo è vero anche nella realtà della nostra sottosezione. Tuttavia<br />
ritengo che sia in<strong>di</strong>spensabile, prima <strong>di</strong> affrontare le strategie <strong>di</strong> coinvolgimento,<br />
valutare quale sia il background sociologico ma anche culturale che sta alla<br />
base <strong>di</strong> questi comportamenti. Senza dubbio è opportuna una analisi della<br />
società in cui i giovani si trovano a vivere.<br />
La montagna è sempre stata prospettata come para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> sacrificio, valori,<br />
tenacia, fatica, come traguardo che bisogna conquistare e come emblema della<br />
stabilità. Attributi tuttora vali<strong>di</strong> e che devono essere riproposti.<br />
L’epoca post-moderna, nella quale viviamo, consegnataci dalla modernità,<br />
appare invece contrassegnata da stigmate opposte.<br />
La nostra epoca è dominata dall’economia, non più intesa come arte del<br />
governo della casa, ma come logica <strong>di</strong> mercato contrassegnata dal para<strong>di</strong>gma<br />
del consumo. L’economia così intesa è emblema del transeunte, <strong>di</strong> ciò che<br />
deve essere consumato, quin<strong>di</strong> il contrario della stabilità. Ne derivano aspetti<br />
valoriali completamente <strong>di</strong>versi: il valore dell’effimero, dell’apparenza, <strong>di</strong> un<br />
benessere che trova tanto più consenso quanto più è legato a ciò che si<br />
10
consuma. Ne deriva una società mobile, che alcuni sociologi definiscono<br />
“liquida”, appunto perché legata a valori fluttuanti. E’ intuitivo che più che <strong>di</strong><br />
“valori” si tratta in questo caso <strong>di</strong> “non valori”. L’assenza <strong>di</strong> valori, intesi nel<br />
senso classico del termine, contrassegna l’epoca del nichilismo.<br />
A scuola <strong>di</strong> arrampicata nelle settimane <strong>di</strong> introduzione alla montagna alle Case <strong>di</strong> Bles<br />
(1996)<br />
Siamo quin<strong>di</strong> in una epoca <strong>di</strong> relativismo valoriale, lontana dai principi fermi e<br />
dagli ideali che avevano contrassegnato gli anni passati.<br />
L’introduzione <strong>di</strong> principi economici permea anche il comportamento<br />
dell’in<strong>di</strong>viduo, teso al conseguimento del piacere e del benessere nel minor<br />
tempo possibile e con il minor sforzo.<br />
Acquistano così maggior significato il para<strong>di</strong>gma della velocità da opporre alla<br />
lentezza, con ripercussioni sul concetto <strong>di</strong> tempo che <strong>di</strong>viene sempre un tempo<br />
progettuale subor<strong>di</strong>nato ad un fine. Nel caso specifico della montagna ciò<br />
significa velocizzare i percorsi in subor<strong>di</strong>ne al raggiungimento della meta senza<br />
prestare attenzione all’itinerario, contribuendo in tal modo a quella sorta <strong>di</strong><br />
analfabetismo territoriale che contrassegna i giovani <strong>di</strong> oggi.<br />
Questo aspetto è assai importante perché ad esso è legata la per<strong>di</strong>ta del<br />
concetto <strong>di</strong> “luogo” a vantaggio dei “non luoghi”, secondo la definizione <strong>di</strong> Augè;<br />
che sono gli attuali punti <strong>di</strong> ritrovo e <strong>di</strong> aggregazione.<br />
Velocità e raggiungimento dell’obiettivo sono facilitati dall’apporto della<br />
tecnologia. Soprattutto la tecnologia della comunicazione non solo velocizza le<br />
11
elazioni ma le rende anche più superficiali e soprattutto, annullando la<br />
<strong>di</strong>stanza, contribuisce ad una sorta <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualismo che fa perdere <strong>di</strong> mira il<br />
concetto <strong>di</strong> gruppo e quin<strong>di</strong> il senso <strong>di</strong> appartenenza e la solidarietà. La<br />
tecnologia è comoda e produce como<strong>di</strong>tà alle quali risulta <strong>di</strong>fficile rinunciare.<br />
Bisogna poi sottolineare anche il ruolo antitetico giocato dai valori proposti dalle<br />
istituzioni scolastiche e quelli promossi dai mezzi <strong>di</strong> informazione, con larga<br />
prevalenza <strong>di</strong> questi ultimi.<br />
I giovani <strong>di</strong> oggi vivono quin<strong>di</strong> in un mondo in cui la per<strong>di</strong>ta dei valori, ovvero il<br />
nichilismo, determina una sorta <strong>di</strong> relativismo. A ciò contribuisce il “<strong>di</strong>venire”<br />
dettato dall’economia che lungi dall’esaltare la stabilità – ovvero il sacro e la<br />
tra<strong>di</strong>zione – promuove la cultura del consumo, della como<strong>di</strong>tà e della fretta,<br />
nonché la volontà <strong>di</strong> ottenere tutto e al minor costo possibile.<br />
Contro questo mondo il messaggio della montagna è certamente controcorrente<br />
e, a breve termine, perdente. L’impegno del C.A.I. è lodevole sotto tutti i punti <strong>di</strong><br />
vista ma non può prescindere dalla presa d’atto <strong>di</strong> queste considerazioni.<br />
E’ assolutamente importante cercare collaborazione con il mondo della scuola,<br />
non tanto per accompagnare le scolaresche, quanto per far leva sulla classe<br />
degli insegnanti, gli unici che hanno la priorità della comunicazione con gli<br />
allievi, per sensibilizzarli al recupero delle tematiche riguardanti la conoscenza<br />
dell’ambiente e della montagna (sottolineo, a questo proposito, che la<br />
geografia, come materia, è praticamente scomparsa dai programmi delle scuole<br />
superiori ed occupa un ruolo tras<strong>cura</strong>bile nelle altre scuole).<br />
Se il lavoro può presentarsi facile con i ragazzi della scuola primaria, è<br />
altrettanto vero che la <strong>di</strong>fficoltà si presenta alla me<strong>di</strong>a inferiore e alle superiori<br />
dove l’età sembra essere più vulnerabile ai messaggi imposti dalla postmodernità.<br />
Bisogna saper trasmettere un concetto della montagna che non sia solo legato<br />
agli aspetti naturalistici che comunichi emozioni, sentimenti, calore <strong>di</strong> persone<br />
ed educazione estetica. In fondo la conoscenza della montagna è soprattutto<br />
questo.<br />
12
NATURA DI GENNAIO<br />
Elleboro<br />
Fam.: Ranuncolaceae – Gen.: Helleborus<br />
Scient.: Helleborus Niger<br />
It.: Elleboro bianco, Rosa <strong>di</strong> Natale.<br />
Engl.: Christmas Rose<br />
Deut.: Gewohnliche Christrose, Schwarze Nieswurz.<br />
Fr.: Ellebore noir, Rose de Noel<br />
Vern. Bresciano: Campuren<br />
Gli Ellebori sono frequenti e fioriscono numerosi, anche se isolati, nei boschi<br />
ancora spogli. Quando lo incontro nelle selve durante la stagione non ancora<br />
propizia lo avverto come una presenza rassi<strong>cura</strong>nte e come una compagnia. In<br />
questi momenti la sensazione della solitu<strong>di</strong>ne può vincerne il desiderio e<br />
sopraggiunge un vago senso <strong>di</strong> smarrimento. Ecco allora che la presenza <strong>di</strong><br />
questo fiore, così appariscente, reca una nota <strong>di</strong> vita e mi ricorda che il bosco<br />
spoglio non è l’immagine della morte invernale, ma che la vita continua. In<br />
genera queste considerazioni mi rinfrancano e continuo nel mio girovagare.<br />
Quando l’uomo è solo nella natura deve fare i conti con il proprio sentirsi piccolo<br />
e con la propria transitorietà: il senso della per<strong>di</strong>ta e della morte è sempre<br />
presente più o meno consciamente ed è la forza del pensiero che lo stimola e<br />
gli fa superare lo sconforto.<br />
L’elleboro, immagine <strong>di</strong> vita, ha comunque un legame con la morte.<br />
Qualcuno afferma che il suo nome significhi “cibo mortale”; altri sostiene che il<br />
nome derivi dall’odore sgradevole che esso emana. Certo è che non è<br />
profumato: ma attrae insetti impollinatori grazie alla sua virtù maleodorante e le<br />
sue foglie schiacciate emanano un fetore intenso. E’ una pianta velenosa ed i<br />
principi farmacologici in essa contenuti possono riuscire mortali. Già Ippocrate<br />
aveva in<strong>di</strong>viduato nell’elleboro una pianta con proprietà me<strong>di</strong>camentose e la<br />
proponeva per la <strong>cura</strong> della pazzia. Forse per noi l’elleboro è più noto per la<br />
infiammazione delle mucose prodotta dalla polvere derivata dal rizoma<br />
essiccato. Tutti i bambini conoscono durante il Carnevale la polvere che fa<br />
starnutire: pochi sanno che deriva dalla ra<strong>di</strong>ce dell’elleboro.<br />
Ho incontrato ellebori a non finire nei boschi alle pen<strong>di</strong>ci del monte Guglielmo,<br />
soprattutto nella zona compresa fra il Passo del Livi<strong>di</strong>no e il Passo del<br />
Sabbione; lungo le Scale dell’Ario; lungo il Sentiero dei Ladroni tra il Passo<br />
della Fobbiola e il Rifugio Pirlo allo Spino; nelle rade faggete miste alle pen<strong>di</strong>ci<br />
del Tombea. Tutte le nostre Prealpi ne sono ricche: cresce bene nei boschi<br />
collinari e montani, su terreno calcareo e ricco <strong>di</strong> humus.<br />
Il fatto <strong>di</strong> appartenere alla famiglia delle Ranuncolacee ne spiega il contenuto in<br />
sostanze velenose. Le foglie basali sono sempre ver<strong>di</strong>, oblunghe cuneate e<br />
seghettate verso l’apice. Splen<strong>di</strong>do il fiore dell’Elleboro Nero che gli ha meritato<br />
l’appellativo <strong>di</strong> Rosa <strong>di</strong> Natale. Quest’ultimo è una emicriptofita perenne, ovvero<br />
13
una pianta le cui gemme persistono in inverno al suolo, protette dal terriccio,<br />
detriti, foglie morte o anche dalle foglie ver<strong>di</strong> basali sopravviventi. Ha una<br />
statura <strong>di</strong> 20-40 cm e quando il fiore sfiorisce i petali tendono ad assumere una<br />
sfumatura bruno verdastra. Le sue ra<strong>di</strong>ci hanno un colore nero e ne hanno<br />
valso l’appellativo.<br />
L’Elleboro fetido in vece è una camefita ovvero un piccolo arbusto con gemme<br />
poste sopra al suolo. I suoi fiori sono penduli, campanulati, quasi racchiusi, e la<br />
loro osservazione permette sempre <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere una delicata linea rossastra<br />
che contorna il margine dei sepali. Il fiore infatti è formato dai sepali mentre i<br />
petali sono trasformati in foglie nettarifere. Una denominazione inusitata per<br />
l’Elleboro Fetido è “cavolo <strong>di</strong> lupo”.<br />
I semi degli ellebori vengono propagati dalle lumache. Essi infatti presentano<br />
lateralmente una cresta bianca da cui stilla una sostanza oleosa che attira le<br />
lumache. Queste si nutrono della sostanza oleosa ma non del seme che,<br />
attaccato al muco del corpo, viene trasportato al suolo.<br />
Nel linguaggio poetico dei fiori l’Elleboro simboleggiava la calunnia ma,<br />
sinceramente, non mi sento <strong>di</strong> conferire a questo fiore solo una connotazione<br />
negativa.<br />
E’ oggetto <strong>di</strong> numerose leggende, quasi tutte dell’Europa Settentrionale.<br />
NOTE E CURIOSITA’<br />
Molte notizie sull’elleboro si trovano nella Historia Naturalis <strong>di</strong> Plinio il Vecchio. Qui la pianta<br />
viene anche denominata con il termine <strong>di</strong> “melampo<strong>di</strong>o”, dal nome del pastore Melampo che<br />
offrì il latte alle Preti<strong>di</strong> risanandole dalla pazzia.<br />
Plinio cita l’esistenza della variante bianca e della nera affermando che gli animali si cibano <strong>di</strong><br />
quella bianca ed evitano la specie nera perché velenosa. Solamente quello nero è detto<br />
“melampo<strong>di</strong>o” <strong>di</strong> cui ne viene suggerito l’uso per farne suffumigi allo scopo <strong>di</strong> purificare gli<br />
interni delle case. Recitando particolari e solenni preghiere il naturalista latino ne sottolinea<br />
l’uso che se ne faceva per cospargere a scopo purificatorio il bestiame.<br />
La raccolta dell’elleboro doveva avvenire secondo un rituale ben preciso: dapprima infatti<br />
bisognava tracciare con la spada un solco attorno alla pianta; l’incaricato della raccolta doveva<br />
volgere lo sguardo verso oriente, invocare il favore degli dei ed osservare eventualmente il volo<br />
<strong>di</strong> un aquila: quasi sempre infatti un’aquila si trova nei paraggi e se vola vicino è segno che<br />
colui che raccoglie l’elleboro morirà entro un anno. L’elleboro bianco, prima <strong>di</strong> essere raccolto,<br />
necessita che si mangi dell’aglio, si beva del vino subito dopo e lo si <strong>di</strong>ssotterri rapidamente,<br />
pena un forte appesantimento <strong>di</strong> testa. Secondo Plinio l’elleboro nero viene anche detto<br />
“encimo” o “polirrizo”: l’autore ne descrive una azione purgativa mentre assegna alla variante<br />
bianca l’azione emetica e quin<strong>di</strong> liberatoria dalle malattie. A detta <strong>di</strong> Carneade, citato da Plinio,<br />
qualcuno lo userebbe per concentrarsi meglio.<br />
Da queste poche note emerge la nozione che già gli antichi avevano delle proprietà<br />
dell’elleboro. La pianta era in grado <strong>di</strong> pro<strong>cura</strong>re la morte e si poneva in <strong>di</strong>retta comunicazione<br />
con il mondo degli inferi: la sua raccolta doveva avvenire con un rituale magico <strong>di</strong>retto ad<br />
ingraziarsi il favore degli dei. Il tutto veniva vissuto come un furto alla Madre Terra donde la<br />
necessità <strong>di</strong> agire rapidamente.<br />
Il mito delle Preti<strong>di</strong> guarite dal latte delle capre che avevano brucato l’elleboro trova conferma<br />
nell’uso terapeutico proposto da Ippocrate.<br />
Ancora nel me<strong>di</strong>oevo l’elleboro veniva usato per preparare infusi per purgare i bambini e<br />
spesso si avevano problemi che potevano anche culminare con la morte del soggetto se la<br />
dose somministrata era eccessiva.<br />
L’elleboro viene anche citatola Catone il Censore nel suo trattato “De agricoltura” e Virgilio, in<br />
georgiche III, 440-451, lo cita tra i rime<strong>di</strong> della scabbia delle pecore unitamente alla scilla:<br />
“idaque pices et pingui unguine ceras<br />
Scillamque helleborusque gravis nigrum bitumen”.<br />
14
Helleborus niger (scale dell’Ario febbraio 1994)<br />
23 gennaio 2009<br />
Ore 20.45<br />
PRESENTAZIONE ATTIVITA’ 2009<br />
Presso Aula Magna Scuola Elementare<br />
Via Galliano 10<br />
<strong>Manerbio</strong><br />
15
DAL CONSIGLIO DEL C.A.I. DI MANERBIO<br />
Nuovo regolamento della palestra <strong>di</strong> arrampicata indoor<br />
1. L’utilizzo della palestra <strong>di</strong> arrampicata è consentito solo ai soci <strong>CAI</strong><br />
regolarmente iscritti.<br />
2. L’accesso alla palestra <strong>di</strong> arrampicata sarà consentito solo dopo la<br />
avvenuta iscrizione, il versamento della quota <strong>di</strong> partecipazione e dopo<br />
aver firmato il registro delle presenze giornaliere con firma chiara e<br />
leggibile.<br />
3. Ogni utente è consapevole che l’arrampicata può comportare rischi <strong>di</strong><br />
infortunio perciò deve assumersi ogni responsabilità e la consapevolezza<br />
<strong>di</strong> eventuali incidenti a suo carico che questa attività può causare.<br />
4. I minorenni possono arrampicare e assi<strong>cura</strong>re il compagno solo se<br />
accompagnati e assistiti dai genitori o dal personale addetto alla<br />
palestra.<br />
5. E’ obbligatorio l’utilizzo <strong>di</strong> attrezzature conformi alle norme CE e<br />
sottoposte a verifica da parte del proprietario.<br />
6. L’accesso alla palestra è consentito solo negli orari prestabiliti, con la<br />
presenza degli addetti <strong>CAI</strong>; gli stessi hanno la facoltà <strong>di</strong> allontanare gli<br />
utenti che non osservano il regolamento.<br />
7. La si<strong>cura</strong> del compagno deve essere obbligatoriamente effettuata<br />
rimanendo il più possibile vicino alla parete <strong>di</strong> arrampicata.<br />
8. Appoggi, appigli e moschettoni non possono essere cambiati, mo<strong>di</strong>ficati<br />
o asportati se non da parte degli addetti alla palestra. Anomalie o<br />
allentamenti degli appigli e appoggi devono essere comunicati agli<br />
addetti presenti in palestra.<br />
9. Nella salita con la corda dal basso (ve<strong>di</strong> lo strapiombo) è obbligatorio che<br />
la corda passi attraverso tutte le protezioni e gli ancoraggi posti in parete.<br />
10. E’ obbligatorio che la corda durante l’arrampicata passi all’interno <strong>di</strong><br />
almeno due moschettoni in catena.<br />
11. E’ vietato arrampicare senza corda con i la propria firma la presa visione<br />
del presente regolamento. Superando pie<strong>di</strong> superando l’altezza <strong>di</strong> metri<br />
uno da terra.<br />
12. E’ obbligatorio che l’utente sottoscriva con la propria firma la presa<br />
visione del presente regolamento.<br />
13. Per quanto concerne l’accesso dei minori, è obbligatorio che il genitore o<br />
il tutore o comunque chiunque eserciti la patria potestà acconsenta con<br />
la propria firma su apposito modulo l’accesso del minore.<br />
16
SALVARE LE ALPI<br />
Il tema dell’acqua: acque e ghiacciai liberi<br />
Questa stagione , così ricca <strong>di</strong> precipitazioni nevose, sembra aver regalato un<br />
anno <strong>di</strong> sollievo non solo alle riserve idriche delle nostre montagne ma anche<br />
alle società <strong>di</strong> gestione degli impianti sciistici e all’industria della neve che non<br />
registravano doni così copiosi da almeno trent’anni. Tuttavia un anno <strong>di</strong><br />
abbondanti precipitazioni non risolvono il problema.<br />
Come è noto il tutto deve essere visto in prospettiva e soprattutto in una<br />
prospettiva <strong>di</strong> lungo termine. E poi ciò che conta è sempre il valore della me<strong>di</strong>a.<br />
Queste abbondanti nevicate non aiuteranno molto i nostri ghiacciai se la me<strong>di</strong>a<br />
delle temperature si mantiene sempre al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> quella che consente <strong>di</strong><br />
equilibrare accumulo e per<strong>di</strong>ta. L’acqua è un bene irrinunciabile e dobbiamo<br />
fare in modo <strong>di</strong> salvaguardare quegli autentici forzieri <strong>di</strong> acqua che sono le<br />
nostre montagne.<br />
La <strong>di</strong>vinazione e la magia sono appartenute a tutte le civiltà, da quella egizia a<br />
quella babilonese.<br />
Il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Hammurabi (VII secolo del secondo millennio avanti Cristo) statuiva<br />
provve<strong>di</strong>menti contro le pratiche degli stregoni. I Romani nella legge delle XII<br />
tavole (V secolo a.C.) comminavano la pena capitale ai maghi che con formule<br />
o altro nocevano o recavano danno ad altri in specie per coloro che con sortilegi<br />
vari deviavano i torrenti atti ad irrigare i campi agricoli.<br />
L’acqua è sempre stata una tentazione per le forze del male. La sua mancanza<br />
metteva seriamente a rischio la sopravvivenza <strong>di</strong> un popolo e nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
grande siccità a fronte <strong>di</strong> questo castigo si facevano sacrifici <strong>di</strong> ogni genere<br />
affinché le forze del bene prendessero il sopravvento sui malefici <strong>di</strong>abolici.<br />
Di acqua sotto i ponti ne è passata (oggi purtroppo sempre meno) nel corso dei<br />
millenni, ma gli stregoni del male resistono bene e continuano a nuocere.<br />
Questo fenomeno definibile <strong>di</strong> “stregoneria economica” si va <strong>di</strong>ffondendo<br />
ampiamente ed è incentivato da leggi economiche fatte ad hoc che<br />
massimizzano i profitti e consolidano la cosiddetta new economy che sta<br />
creando instabilità, precarietà e tensioni a livello planetario. Negli ultimi decenni,<br />
gli investimenti speculativi sono in<strong>di</strong>rizzati su una risorsa unica e irripetibile:<br />
l’ambiente. In questo contesto le Gran<strong>di</strong> Corporazioni puntano con grande<br />
determinazione ad accaparrarsi l’oro bianco: l’acqua.<br />
Queste società si muovono in<strong>di</strong>stintamente da nord a sud del pianeta<br />
servendosi <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>ari, investono a breve-me<strong>di</strong>o termine grosse somme <strong>di</strong><br />
denaro sulla risorsa acqua, stabilendo e monopolizzando i prezzi dell’acqua<br />
stessa.<br />
La questione non è irrilevante in quanto le acque sono necessarie per la<br />
sopravvivenza dell’umanità.<br />
17
Più <strong>di</strong> un miliardo <strong>di</strong> persone oggi sul pianeta soffre la sete e accede con<br />
notevole <strong>di</strong>fficoltà alle fonti <strong>di</strong> approvvigionamento idrico.<br />
Inoltre i cambiamenti climatici ormai così accentuati (ve<strong>di</strong> protocollo <strong>di</strong> Kyoto)<br />
ed il persistente ritiro dei ghiacciai alpini ed extraalpini evidenziano in maniera<br />
allarmante la progressiva riduzione delle riserve idriche.<br />
I dati riportati dalle stazioni pluviometriche e nivometeorologiche alpine negli<br />
ultimi quattro anni evidenziano una inversione <strong>di</strong> tendenza delle precipitazioni<br />
nevose rispetto agli anni precedenti.<br />
Il valore delle precipitazioni complessivamente è <strong>di</strong>minuito <strong>di</strong> oltre i 50% nel<br />
periodo invernale da <strong>di</strong>cembre a marzo e per quanto riguarda le precipitazioni<br />
nevose, è stato appurato che si stanno progressivamente alzando a quote<br />
sempre più elevate. Conseguenze? Nelle stazioni sciistiche alpine si va<br />
<strong>di</strong>ffondendo ulteriormente l’uso degli impianti <strong>di</strong> innevamento artificiale.<br />
Uno scenario sconfortante questo se si pensa all’uso improprio, allo<br />
sfruttamento e allo sperpero che si continua a fare dell’acqua.<br />
Non è più derogabile la questione e la gestione delle acque alpine e i messaggi<br />
chiari e forti che la montagna invia continuamente devono essere letti e<br />
interpretati con la massima serietà da parte <strong>di</strong> tutti.<br />
Problematiche significative sulle Alpi riguardano appunto le concessioni per lo<br />
sfruttamento delle acque e gli impianti <strong>di</strong> innevamento artificiale che funzionano<br />
assorbendo gran<strong>di</strong> quantitativi <strong>di</strong> acqua.<br />
C’è un boom <strong>di</strong> richieste <strong>di</strong> nuove concessioni per prelievi <strong>di</strong> acqua da qualsiasi<br />
torrente e rigagnolo alpino. Dovrebbero essere invece rinegoziate tutte le<br />
concessioni esistenti e avviate delle moratorie per le concessioni in fieri. Appare<br />
in ogni caso insensato il concederne delle nuove anche alla luce del vistoso<br />
cambiamento climatico globale.<br />
Risulta anche risibile anche la definizione <strong>di</strong> “minimo deflusso vitale” adottata<br />
dai gestori delle acque che, con formula matematica certa, calcolano tale<br />
deflusso.<br />
Bisogna contestare a questi impren<strong>di</strong>tori le certezze con le quali si arrogano il<br />
<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sottrarre l’acqua alle popolazioni e al contesto naturale. L’esito <strong>di</strong><br />
queste certezze l’abbiamo potuto toccare con mano durante l’estate del 2003 a<br />
proposito dei rilasci a beneficio della salute pubblica e dei canali per irrigare la<br />
campagna.<br />
Eppure le Autorità <strong>di</strong> Bacino istituite con la legge 183 del 1989 prevedono “una<br />
razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con un<br />
efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica per garantire comunque che l’insieme<br />
delle derivazioni non pregiu<strong>di</strong>chi il minimo deflusso costante vitale negli alvei<br />
sottesi, nonché la polizia delle acque”.<br />
Anche la legge 36 del 1994 (legge Galli) stabilisce che “nei bacini idrografici<br />
caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti sia a valle che oltre la<br />
linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>spluvio, le derivazioni vengano regolate in modo da garantire il livello<br />
<strong>di</strong> deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tali da non danneggiare gli<br />
equilibri degli ecosistemi interessati.<br />
E’ superfluo affermare che la normativa vigente a tutela delle acque per quanto<br />
riguarda il nostro paese sia colpevolmente <strong>di</strong>sattesa e tra le varie conseguenze<br />
negative, possiamo vedere nel periodo invernale un maggior utilizzo degli<br />
impianti <strong>di</strong> innevamento artificiale nelle località sciistiche.<br />
Per innevare le piste <strong>di</strong> sci tutti noi siamo chiamati a pagare un prezzo: lasciare<br />
che un bene così in<strong>di</strong>spensabile come l’acqua venga sciupato in maniera<br />
sconsiderata dai gestori degli impianti <strong>di</strong> risalita.<br />
18
Il consumo <strong>di</strong> acqua dolce per fare la neve tecnica varia dai 200 ai 500 litri al<br />
minuto (a due a otto litri al secondo); 18.000 litri in un ora in un periodo in cui le<br />
temperature sono più basse. Di fatto un cannone spara neve funziona<br />
me<strong>di</strong>amente 10 ore nell’arco <strong>di</strong> una giornata (<strong>di</strong> prevalenza nelle ore notturne<br />
quando la temperatura è più bassa); ne consegue un consumo <strong>di</strong> 180.000 litri <strong>di</strong><br />
acqua dolce che equivale al consumo idrico <strong>di</strong> circa 900 persone se ci riferiamo<br />
ad un consumo pro capite <strong>di</strong> circa 200 litri <strong>di</strong> acqua al giorno (me<strong>di</strong>a europea).<br />
Ulteriore dato da non sottovalutare è il consumo energetico per ogni ettaro <strong>di</strong><br />
superficie innevata che varia tra i 2000 e i 7000 Kw/h. Per dare un’idea delle<br />
grandezze in campo, ciò è riferibile all’utilizzo annuo <strong>di</strong> energia elettrica <strong>di</strong> 8<br />
famiglie.<br />
Il processo <strong>di</strong> privatizzazione dei servizi idrici che si intende portare avanti è<br />
finalizzato a produrre profitti a <strong>di</strong>scarico del consumatore-utente che deve<br />
pagare bollette sempre più onerose a fronte <strong>di</strong> un accesso all’acqua sempre più<br />
compresso.<br />
E’ stato importante il riconoscimento adottato dall’Organizzazione delle Nazioni<br />
Unite nella “Dichiarazione <strong>di</strong> Roma” del 10 <strong>di</strong>cembre 2003 che riconosce<br />
l’umanità come soggetto giuri<strong>di</strong>co e politico titolare <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti e <strong>di</strong> doveri in nome<br />
<strong>di</strong> tutti gli esseri umani.<br />
Cre<strong>di</strong>amo che ciò possa rappresentare un primo passo <strong>di</strong> un percorso orientato<br />
anche allo sviluppo ed il consolidamento <strong>di</strong> un governo pubblico mon<strong>di</strong>ale<br />
dell’acqua.<br />
Intanto dati aggiornati confermano un aumento della temperatura me<strong>di</strong>a<br />
terrestre <strong>di</strong> 1 °C con conseguente scioglimento dei ghiacciai e una <strong>di</strong>ffusa<br />
desertificazione <strong>di</strong> ampie fasce territoriali.<br />
Quale sarà il futuro delle risorse idriche del pianeta? Che ne sarà dell’umanità?<br />
19
Il Monte Analogo<br />
Rene Daumal<br />
Adelphi, Milano 1968 (rist. 1993)<br />
LE BUONE LETTURE<br />
L’impressionante lentezza con cui Renee Daumal stese il Monte Analogo,<br />
rimasto per altro incompiuto, è proporzionale al nitore e all’esattezza raggiunti<br />
nell’esprimere l’essenziale. Né l’incompiutezza dell’opera reca in sé,<br />
paradossalmente, il rammarico dell’imperfezione, in quanto , “per una<br />
straor<strong>di</strong>naria capacità del suo autore, si ha sempre ad ogni passo, la<br />
percezione del tutto, dunque anche della meta finale”. 1<br />
Il Monte Analogo è la proiezione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scesa interiore i cui estremi – base <strong>di</strong><br />
partenza e vetta – corrispondono alla Terra e al Cielo. E’ l’asse lungo il quale,<br />
con indefinite gradazioni, si trapassa dal livello vegetativo, concavo, alla<br />
<strong>di</strong>mensione in cui si realizzano stati <strong>di</strong> convessità. Ma l’ottica del romanzo non<br />
si esaurisce nell’accezione simbolica:<br />
“Sto scrivendo un racconto piuttosto lungo nel quale si vedrà un gruppo <strong>di</strong> esseri<br />
umani che hanno capito <strong>di</strong> essere in prigione, che hanno capito <strong>di</strong> dovere, prima <strong>di</strong> tutto,<br />
rinunciare a questa prigione (perché il dramma è l’attaccarvisi), e che partono in cerca <strong>di</strong> una<br />
umanità superiore, libera dalla prigione, presso la quale essi potranno trovare l’aiuto<br />
necessario. E lo trovano, perché alcuni compagni e io abbiamo realmente trovato la porta. Solo<br />
a partire da questa porta comincia u7na vita reale. Questo racconto avrà la forma <strong>di</strong> un<br />
romanzo <strong>di</strong> avventura intitolato Il Monte Analogo: è la montagna simbolica che unisce il Cielo<br />
alla Terra; via che deve materialmente, umanamente esistere, perché se no, la nostra<br />
situazione sarebbe senza speranza…”. 2<br />
Daumal immagina che un gruppo <strong>di</strong> persone, naturaliter attratte da cime<br />
impervie e altresì decise a eccedere i limiti dell’al-<strong>di</strong>-qua, nel rifiuto della<br />
“quoti<strong>di</strong>anità stagnante”, si riunisca, quasi fortuitamente, al fine <strong>di</strong> scoprire un<br />
monte inaccessibile all’umanità or<strong>di</strong>naria. Uno dei protagonisti è certo che in<br />
qualche punto del pianeta, in mezzo al mare, debba esistere un’isola che si<br />
innalzi fino al cielo, visibile solo a chi sappia penetrare oltre l’impercettibile<br />
guscio che la occulta. Ora, questo involucro deve essere composto da sostanze<br />
capaci <strong>di</strong> curvare lo spazio, si da illudere chi passi rasente al guscio <strong>di</strong> compiere<br />
un percorso rettilineo. Non<strong>di</strong>meno, molto in alto, il guscio sarà aperto alle<br />
ra<strong>di</strong>azioni degli astri, e d’altra parte il sole, per inviare la sua luce all’isola, dovrà<br />
decurvare lo spazio che la circonda forando il guscio, per qualche minuto, al<br />
suo sorgere e al tramonto. E’ in uno <strong>di</strong> questi momenti che la nave dei<br />
“cercatori” potrà insinuarsi e approdare ai li<strong>di</strong> del Monte.<br />
Comincia così l’avventura iniziatica <strong>di</strong> uno strano equipaggio che, in base alle<br />
accennate intuizioni, giunge alle pen<strong>di</strong>ci del Monte Analogo.<br />
Il racconto <strong>di</strong> Daumal, da questo punto in poi, intreccia surrealmente<br />
<strong>di</strong>mensione letterale e <strong>di</strong>mensione simbolica, fino a sovrapporre i due piani;<br />
anzi, <strong>di</strong> fatto non si dà alcuna percepibile <strong>di</strong>stinzione fra i livelli <strong>di</strong> lettura,<br />
1 Carlo Rugafiori – Di Una Certezza.<br />
2 Così Daumal in una lettera del 24 febbraio 1940.<br />
20
potendosi interpretare solo iniziaticamente ciò che avviene nell’isola e le leggi<br />
che vi imperano. Tutto, in quel microcosmo, è or<strong>di</strong>nato in senso anagogico – nel<br />
senso <strong>di</strong> elevazione – e dunque calibrato sul Reale; tutto risponde a gerarchia<br />
qualitativa; tutto ruota inflessibilmente intorno all’Axis Mun<strong>di</strong>.<br />
“Ci interrogò [scil. Colui che per primo accolse i nuovi venuti] uno dopo l’altro. Ogni<br />
sua domanda – del resto molto semplice: chi eravamo? Perchè venivamo? – ci prendeva alla<br />
sprovvista, ci perforava fino alle viscere. Chi è lei? Chi sono io? Non potevamo rispondergli<br />
come a un agente consolare o a un impiegato delle dogane. Dire il proprio nome, la propria<br />
professione? – che cosa significa? Ma chi sei? E che cosa sei? Le parole che pronunciavamo –<br />
non ne avevamo altre – erano senza vita, ripugnanti e ri<strong>di</strong>cole come dei cadaveri. Sapevamo<br />
che d’ora innanzi, <strong>di</strong> fronte alle guide del Monte Analogo, non avremmo più potuto accontentarci<br />
<strong>di</strong> parole “ (pag. 91).<br />
Le navi che giungono all’isola misteriosa attraccano al Porto delle Scimmie,<br />
nome che svela icasticamente lo stato <strong>di</strong> quanti ristagnano al punto <strong>di</strong> partenza.<br />
Scimmia è colui che vive in maniera meccanica, imitando i gesti altrui, non<br />
<strong>cura</strong>ndosi <strong>di</strong> rispondere agli unici veri interrogativi. Tuttavia, la <strong>di</strong>fferenza tra<br />
mondo or<strong>di</strong>nario ed umanità del Monte Analogo è che in quest’ultimo non è<br />
possibile fingere: né facendosi valere per quello che non si è, né – e qui è il<br />
punto nodale – facendo valere come “fondanti” criteri <strong>di</strong> nessun conto. Chi non<br />
ha rior<strong>di</strong>nato il proprio essere secondo la Qualità 3 , aprendosi alle irra<strong>di</strong>azioni<br />
dall’alto, permane al livello più insignificante della gerarchia, ma con una<br />
<strong>di</strong>fferenza, fondamentale, rispetto al mondo costruito sulle finzioni: chi, nel<br />
Monte Analogo, è in basso e non riesce ad elevarsi, sa <strong>di</strong> essere in basso e sa<br />
<strong>di</strong> non poter fingere <strong>di</strong>nanzi a nessuno. Di qui la in <strong>di</strong>stinzione fra sacro e<br />
profano: se nel mondo or<strong>di</strong>nario il sacro è relegato alla sfera privata, vigendo<br />
una incompatibilità irriducibile tra aspirazioni/esigenze profane – le uniche<br />
ritenute legittime e <strong>di</strong> cui sia consentito parlare – e culto del sacro, gli abitanti<br />
dell’isola daumaliana sono invece invasi dal sacro, né più conoscono l’illusione<br />
<strong>di</strong> spazi profani. Anche chi è rimasto al livello del Porto, proprio in quanto<br />
consapevole del proprio stato e, comunque sia, in veste <strong>di</strong> abitante dell’isola<br />
occulta, è sottratto ipso facto all’ottica profana:<br />
“… non <strong>di</strong>ciamo male <strong>di</strong> questa gente che, scoraggiata dalle <strong>di</strong>fficoltà<br />
dell’ascensione, si è stabilita sulla costa e sulla bassa montagna, e si è fatta la sua piccola vita;<br />
i figli, almeno, grazie a loro, grazie al primo sforzo che essi hanno compiuto per venire fin qui,<br />
non devono fare questo viaggio. Nascono sulle rive stesse del Monte Analogo, meno soggetti<br />
alle influenze nefaste <strong>di</strong> culture degenerate che fioriscono sui nostri continenti, in contatto con<br />
gli uomini della montagna e pronti, se sorge in loro il desiderio e si risveglia l’intelligenza, a<br />
intraprendere il grande viaggio partendo dal luogo in cui i genitori l’hanno abbandonato” (pp 98-<br />
99).<br />
Ma se la gente del litorale, per gli scambi <strong>di</strong> necessità primaria, possiede<br />
solamente dei gettoni, che non conferiscono autorità, chi invece ha conseguito<br />
risultati nell’ascensione si <strong>di</strong>stingue per il possesso dei peradam. Il peradam è<br />
un cristallo sferico <strong>di</strong> stupefacente durezza, <strong>di</strong> cui il <strong>di</strong>amante è una<br />
degenerazione “per una sorta <strong>di</strong> quadratura del cerchio, o più esattamente <strong>di</strong><br />
cubatura della sfera”. Lo si trova solo a prezzo <strong>di</strong> sforzi e rischi immani nel<br />
cammino verso la vetta; tuttavia, se si traligna può essere perso. Il nostro<br />
equipaggio, quando si avvia alla conquista del Monte Analogo, rinviene il primo<br />
minuscolo peradam non appena decide l’abbandono dei “vecchi personaggi”,<br />
3<br />
Echeggiamo un termine chiave del capolavoro <strong>di</strong> R.M Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della<br />
motocicletta, Adelphi, Milano, 1981.<br />
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travestimenti inutili, se non <strong>di</strong> ostacolo, ai fini dello scavo interiore. Ogni<br />
catabasi in se stessi è infatti elevazione verso la cima.<br />
Il peradam è la cosiddetta perla nascosta, unico elemento che <strong>di</strong>a autorità a chi<br />
lo possiede e lo renda, proporzionalmente, capace <strong>di</strong> guidare coloro che lottano<br />
e arrancano a livelli inferiori. Il peradam è il metro della gerarchia, poichè solo<br />
chi ha saputo “incar<strong>di</strong>narsi” nella posizione assiale ed esporsi così ai coelestia<br />
ha <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere maestro al prossimo. Anzi, ne ha il dovere: non si dà salita,<br />
nel Monte Analogo, senza corrispondente <strong>di</strong>scesa per ammonire ed aiutare i<br />
pellegrini che marciano a livelli meno eterei. “E solo dopo averli preparati, si può<br />
salire più in alto”. Non si può infatti scoprire da soli, contando sulle proprie<br />
forze, la Traccia che porti al varco: Chi confida in se stesso, tronfio <strong>di</strong> titoli<br />
risibili, soltanto si illude <strong>di</strong> procedere via recta alla pienezza dell’io. Ignorando<br />
che solo con il sacrificio volontario dell’io è possibile scorgere la vetta.<br />
“E voi che cosa cercate?” 4<br />
4<br />
Così avrebbe dovuto intitolarsi l’ultimo capitolo, a quanto svelò lo stesso Daumal poco prima della sua<br />
morte.<br />
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