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Mario Poledrelli - Pico Cavalieri

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<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

biografia spirituale di un celebre sconosciuto<br />

Profilo biografico, diario di guerra<br />

e lettere dal fronte<br />

a cura di<br />

Donato Bragatto – Andrea Montesi<br />

Coordinamento editoriale<br />

Enrico Trevisani


PREFAZIONE<br />

La presente pubblicazione fa parte di un progetto storico-antropologico e documentario<br />

che l’Associazione di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong> di Ferrara<br />

sta attuando, a scadenza annuale, ormai da undici anni, nell’ambito delle molteplici<br />

attività da essa organizzate.<br />

Con questo lavoro si è voluto tornare sulla figura di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, analizzando<br />

i nuovi aspetti che sono emersi e che andranno a completare la precedente<br />

monografia, data alle stampe nel novembre del 2002, che, come riportato<br />

nella premessa, ha subito, a causa della notevole mole di materiale raccolto,<br />

“tagli dolorosi”. In questa “biografia spirituale” la figura di <strong>Poledrelli</strong> emerge<br />

così in tutta la sua interezza e complessità di protagonista, sia sul campo di<br />

battaglia che nella realtà interventista ferrarese. I nuovi frammenti della sua<br />

breve storia, confermano, come lui scrive nella lettera “Da aprirsi in caso di<br />

morte” datata 23.5.1915, la sua fede anarchica; conquistato da questo pensiero<br />

libertario <strong>Poledrelli</strong> intraprende il suo cammino con ferma convinzione.<br />

Profonde sono le lettere scritte alla sua amata, ma contesa, Angelica, come<br />

ricche di dettagli e sensazioni quelle scritte dalle zone di guerra, agli amici.<br />

Importante testimonianza della sua personalità e dei suoi ideali sono i diversi<br />

articoli scritti sul “Gazzettino Rosa”, “Il Popolo d’Italia” e “L’Internazionale”<br />

di Parma; eclettico e pieno di risorse, <strong>Poledrelli</strong> passa dalla povertà totale, che<br />

gli impedisce di impegnarsi negli studi, all’interesse per la politica, al sindacalismo,<br />

ed infine al giornalismo, in un lasso di tempo relativamente breve<br />

della sua vita; uomo forte nei suoi ideali e nelle sue convinzioni, ma compromesso<br />

fisicamente da conclamata malattia che lo accompagnerà sino alla morte,<br />

avvenuta, si presume per colpo d’arma da fuoco, sul campo di battaglia.<br />

L’analisi storico – bellica che si snoda attraverso alcuni capitoli della monografia,<br />

e dal suo breve ma intenso diario, permette di avere una visuale sintetica,<br />

ma esplicativa sia della situazione interventista ferrarese, sino al 1915, che<br />

dell’impegno bellico di un esercito gravato da mille problemi e da una guerra<br />

logorante e dolorosa, quanto assurda.<br />

Enrico Trevisani<br />

3


Cartolina Scuole <strong>Poledrelli</strong>. (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di<br />

Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

4


PREMESSA<br />

Il presente lavoro di ricerca scaturisce da un’impellenza culturale piuttosto<br />

specifica: definire chi fosse veramente <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, affiancando al suo<br />

nome – a tutti noto in ambito cittadino (via, scuola elementare…) – un volto,<br />

un carattere, una scelta di vita, delle azioni storicamente documentabili.<br />

L’acquisizione fortunosa del suo taccuino di guerra, oltre che d’altri documenti<br />

notevoli, ha avuto la funzione trainante di indirizzarci particolarmente<br />

sui giorni campali del personaggio, focalizzando in tale ambito la nostra attenzione.<br />

Tuttavia, man mano che andavamo accostandoci alla vicenda, essa tendeva ad<br />

allargarsi oltre ogni aspettativa: ecco che i giorni della campagna interventista<br />

ci mostravano un <strong>Poledrelli</strong> protagonista in un quadro cittadino ben sfaccettato<br />

ideologicamente; ma non soltanto cittadino, se poniamo mente ai suoi<br />

contatti, non facilmente quantificabili, con l’ambito milanese gravitante sulla<br />

figura di Benito Mussolini.<br />

E ancora: le giornate della Strafexpedition, descritte da <strong>Poledrelli</strong> in alcune<br />

pagine particolarmente vivaci ed espressive, ci delineavano de visu un momento<br />

storico – militare che ha riempito le pagine di decine di testi.<br />

Infine: la morte del protagonista ci ha portati ad un momento bellico assai<br />

interessante; è strano che i giorni del 1917 sul Monte San Marco abbiano meritato<br />

per ora poche analisi da parte degli studiosi 1 .<br />

Ovunque possibile, si è lasciato alla voce diretta del testimone la descrizione<br />

d’ambienti, situazioni e stati d’animo, per non correre il rischio di snaturare<br />

inavvertitamente il senso di questo testo: la vita di un cittadino ferrarese prima<br />

e durante il conflitto.<br />

1 Significativa eccezione il seguente interessante testo: PERSEGATI, Nicola,<br />

Battaglie senza monumenti Panowitz, San Marco e Vertojba, Udine, Guide Gaspari,<br />

2005.<br />

5


<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> (il 3° da destra) con un gruppo di compagni del Battaglione Volontari Ciclisti<br />

Automobilisti. Reparto di Ferrara (24°). Abbazia di Pomposa 6 ottobre 1915. (Fondo <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

6


CAPITOLO PRIMO<br />

FERRARA E L’INTERVENTO<br />

L’AMBITO SOCIO-ECONOMICO FERRARESE<br />

FINO AL 1915, SINTESI<br />

Prima del 1870 il territorio ferrarese ha ancora una struttura arretrata e semifeudale:<br />

grandi proprietà suddivise in fondi affidati alle cure di un bracciante<br />

salariato. Verso il XX secolo, con l’avvento dell’agricoltura meccanizzata,<br />

grandi imprese capitalistiche iniziano a comprare fondi, sbarazzandosi dei lavoratori<br />

dipendenti e assumendo operai giornalieri (licenziabili a lavoro compiuto)<br />

provenienti dalle province limitrofe, in particolare Rovigo. Se le grandi<br />

fattorie padronali sparse per la campagna continuano a rappresentare il centro<br />

del potere agrario, ad esse si sono aggiunte le fattorie delle aziende capitalistiche<br />

che sempre più si insediano nelle terre basse o di bonifica. Approdano<br />

nel ferrarese, per la lavorazione delle bietole, alcune società azionarie in cui il<br />

capitale agrario si sposa a quello industriale.<br />

L’immigrazione produce un forte incremento della popolazione della provincia<br />

e un conseguente aumento dei problemi sociali: lavoratori senza terra, concorrenza<br />

per il posto di lavoro, livelli salariali estremamente bassi, agglomerati<br />

di capanne malsane, diffusione della malaria e della pellagra.<br />

Così nel forense; frattanto Ferrara, intesa quanto centro urbano, vive questi<br />

anni turbolenti in una propria quieta routine, senza restarne coinvolta. La città<br />

resta poco popolosa (trentamila abitanti), centro amministrativo e commerciale<br />

di una provincia agricola, luogo di smercio, di artigiani e di piccola borghesia.<br />

Un equilibrio politico medio borghese domina il municipio. Il socialismo<br />

non attecchisce tra le mura cittadine, soprattutto perché manca il proletariato<br />

industriale: lo sviluppo è in genere limitato, perlopiù alimentato da capitali<br />

non ferraresi: bonifica, raffinerie e distillerie. Solo la creazione degli zuccherifici<br />

a Pontelagoscuro sta creando una sorta di proletariato stagionale.<br />

Tale dicotomia città-campagna si riproduce a livello politico.<br />

Dopo il 1891 iniziano nelle aree rurali le prime agitazioni sociali, sotto forma<br />

di spontanee ribellioni contro le condizioni di vita. Nel 1897 si ha lo sciopero<br />

dei braccianti di Argenta e Portomaggiore; per sedare i tumulti viene chiamato<br />

l’Esercito e circa trecento lavoratori subiscono l’arresto.<br />

Il socialismo nelle campagne ha una rapida fortuna. Quando i primi predicatori<br />

del pensiero socialista, dalle province di Mantova, Bologna e Rovigo, arrivano<br />

nel territorio ferrarese, trovano un ambiente favorevole alle nuove idee.<br />

Primavera 1901: nascono le prime Leghe Socialiste, la Federazione Provinciale<br />

delle Leghe di Miglioramento e la Camera del Lavoro che raccoglie la<br />

totalità delle adesioni dei lavoratori agricoli. In estate, da uno sciopero scatu-<br />

7


isce l’eccidio di Berra 1 .<br />

Il movimento socialista è però diviso in diverse correnti: in particolare fra<br />

un’anima “riformista” e una “rivoluzionaria”. Nel territorio ferrarese i sindacalisti<br />

rivoluzionari risultano molto forti, talora maggioritari all’interno della<br />

Camera del Lavoro. Alla loro guida troviamo un personaggio importante:<br />

Michele Bianchi 2 , un sindacalista rivoluzionario milanese, legato ideologicamente<br />

a Georges Sorel 3 e collegato a personaggi come Arturo Labriola 4 ,<br />

1 Circa cinquecento salariati del territorio si costituiscono in una lega di resistenza<br />

contro gli agrari e proclamano, il 20 giugno 1901, uno sciopero proprio nei giorni in<br />

cui avrebbe dovuto iniziare la mietitura del grano. Gli agrari reagiscono organizzando<br />

squadre di lavoratori provenienti dal Piemonte e chiedendo l’intervento dello stato<br />

per proteggere i propri interessi. La mattina del 27 giugno gli scioperanti in corteo<br />

si recano verso la tenuta Albersano, ma sul ponte si scontrano con i soldati. Due<br />

braccianti (Calisto Ercole Desuo e Cesira Nicchio) restano uccisi; altri venti sono<br />

feriti.<br />

2 Michele Bianchi (Belmonte Calabro, Cosenza 1883 - Roma 1930). Sindacalista<br />

rivoluzionario, ha una parte di rilievo nelle vicende che conducono alla scissione dal<br />

partito socialista. Si trasferisce a Ferrara nel 1907, per organizzare un vero e proprio<br />

Partito Sindacalista. Nel maggio del 1910 assume la carica di segretario della Camera<br />

del Lavoro e la direzione del periodico La Scintilla, che mantiene fino alla metà del<br />

1912. Convinto assertore dell’unità proletaria, egli si prodiga a rinsaldarla anche sul<br />

piano politico, riuscendo a ricostituire una lista unica tra sindacalisti e socialisti per<br />

le elezioni amministrative del 1910. Nel 1911 dirige le agitazioni nel Ferrarese per la<br />

costituzione degli uffici di collocamento e la revisione dei patti colonici, deferendo<br />

infine la composizione della vertenza ad un arbitrato prefettizio. Alla fine del 1911<br />

Bianchi porta gli aderenti alla Camera del Lavoro di Ferrara dai l4.000 della fine<br />

del 1909 ai 34.000 del 1911. Incriminato per un articolo denigratorio sulla guerra<br />

libica, contro la quale organizza agitazioni, Bianchi nell’agosto 1912 ripara a Trieste,<br />

dove entra a far parte della redazione del Piccolo. Espulso dalla città alla fine dello<br />

stesso anno per propaganda filo-italiana, torna a Ferrara e si presenta candidato di<br />

un effimero Partito Sindacale, senza successo. Trasferitosi a Milano, diviene uno dei<br />

dirigenti della locale Unione Sindacale. Costituitosi il Partito Nazionale Fascista nel<br />

novembre 1921, Bianchi è eletto membro del comitato centrale, e quindi, come uomo<br />

di fiducia di Mussolini, Segretario Generale, membro della commissione incaricata di<br />

elaborare il programma-statuto del partito e membro del Gran Consiglio del Fascismo.<br />

Nel 1929 è elevato alla carica di Ministro dei Lavori Pubblici. Malato, muore a Roma<br />

il 3 Febbraio 1930.<br />

3 Georges Sorel (Cherbourg 1847 - Boulogne 1922), celebre ideologo socialista<br />

francese, ideatore della dottrina del sindacalismo rivoluzionario. In opposizione<br />

al pensiero marxiano ortodosso, Sorel afferma la necessità dell’azione spontanea,<br />

violenta e autogestita del proletariato, attraverso lo sciopero generale, per creare la<br />

trasformazione rivoluzionaria che abbatterà il capitalismo. Contrariamente ai suoi<br />

“seguaci”, Sorel assumerà nel 1914 posizioni antimilitaristiche e, nel 1917, appoggerà<br />

la rivoluzione bolscevica.<br />

4 Arturo Labriola (Napoli 1873 - ivi 1959), intellettuale repubblicano, iscritto poi<br />

al Partito Socialista. Costretto all’esilio in Svizzera e in Francia, subisce fortemente<br />

l’influenza di Sorel. Tornato in Italia, dal 1900 diventa un esponente di spicco dei<br />

8


Flippo Corridoni 5 , Alceste De Ambris 6 , Edmondo Rossoni 7 . Sergio Panunzio 8 ,<br />

insegnante di scuola secondaria superiore, si afferma come ideologo locale del<br />

sindacalisti rivoluzionari e direttore di Avanguardia Socialista. Uscito nel 1907 dal<br />

partito, nel 1911 si schiera a favore dell’impresa libica e nel 1913 è eletto deputato<br />

come socialista indipendente. Interventista nel 1915, cinque anni dopo diventa<br />

Ministro del Lavoro nell’ultimo gabinetto Giolitti. Espatriato nel 1926 in Francia e in<br />

Belgio, ritorna in Italia nel 1935. Dopo la guerra fa parte dell’Assemblea Costituente<br />

e viene nominato senatore di diritto.<br />

5 Filippo Corridoni (Pausala, Macerata 1888 – Trincea delle Frasche, Carso 1915).<br />

Politico e sindacalista rivoluzionario seguace delle idee di George Sorel, entra presto<br />

in contrasto coi dirigenti socialisti. Nel giugno 1914 partecipa alle agitazioni della<br />

“settimana rossa”. Fautore dell’interventismo rivoluzionario, si accosta a Mussolini.<br />

Volontario, muore sul Carso, all’assalto della Trincea delle Frasche (est di Castelnuovo,<br />

Sagrado). Là dove morì oggi si erge un gigantesco cippo in ricordo del personaggio.<br />

6 Alceste De Ambris (Licciana di Pontremoli 1874 – Brive, Francia 1934), dirigente<br />

sindacale e militante socialista fin dalla fondazione del Partito. Nel 1903 si afferma<br />

come attivo esponente del sindacalismo rivoluzionario. Direttore di Gioventù Socialista<br />

e de L’Internazionale, organizzatore di scioperi, tra il 1903 e il 1908 è segretario<br />

delle Camere del Lavoro di Savona e di Parma. Nel 1908, dopo uno sciopero nel<br />

Parmense, emigra in Sud America e quindi in Svizzera. Contrario alla guerra di Libia<br />

nel 1911, deputato nel 1913, l’anno successivo si dichiara a favore dell’intervento e si<br />

arruola volontario. Nel 1919 si avvicina ai Fasci di Combattimento; capo di gabinetto<br />

di D’Annunzio a Fiume, nel 1920 redige la Carta del Quarnaro. Dal 1920 si allontana<br />

da Mussolini, ed emigra in Francia.<br />

7 Edmondo Rossoni (Tresigallo 1884 – Roma 1965). Iscritto al Partito Socialista,<br />

partecipa agli scioperi agrari del 1903-1904. A Milano si avvicina al sindacalismo<br />

rivoluzionario e s’impegna in battaglie antimilitariste. Nel 1907 opera nelle<br />

organizzazioni della Camera del Lavoro. Nel 1908 viene condannato a quattro anni di<br />

reclusione: per sfuggire alla pena si trasferisce prima a Nizza e poi in Brasile. Tornato<br />

in Italia, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si schiera con l’ala interventista.<br />

Prende parte alla guerra e, nel 1918, è segretario della UIL e assume la direzione della<br />

Camera del Lavoro di Roma. Nel 1922 è segretario generale della Confederazione<br />

Nazionale delle Corporazioni Sindacali, i nuovi sindacati fascisti costituitisi con il<br />

convegno di Bologna nel gennaio precedente. Nel 1930 è nominato membro del Gran<br />

Consiglio del Fascismo. Dal 1935 al 1939 è Ministro dell’Agricoltura. Il 25 luglio<br />

del 1943 vota a favore dell’ordine del giorno Grandi, atto che gli costa la condanna a<br />

morte dal Tribunale di Verona. Rifugiatosi in Vaticano, dopo il maggio 1945 ripara in<br />

Canada. Amnistiato, fa ritorno in Italia per ritirarsi a vita privata.<br />

8 Sergio Panunzio (Molfetta 1886 – Roma 1944), socialista, sindacalista seguace di<br />

Sorel e redattore dell’Avanti! e dell’Azione. Laureato in giurisprudenza e filosofia,<br />

è favorevole alla guerra di Libia e poi interventista. Fonda con Italo Balbo il Fascio<br />

Nazionale Interventista; teorizzatore della guerra rivoluzionaria, collabora a Il<br />

Popolo d’Italia. Membro della direzione nazionale del Partito Fascista dal 1924,<br />

diviene segretario generale della Corporazione Nazionale della Scuola e membro del<br />

Consiglio Corporativo Nazionale. Libero docente tra il 1925 e il 1927 all’Università<br />

di Perugia, ne è rettore negli anni 1926-1927. Deputato dal 1924 al 1939, consigliere<br />

nazionale dal 1939 al 1943. Dopo il 25 luglio 1943 non aderisce alla RSI.<br />

9


10<br />

Italo Balbo, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e Ugo Gaini nel 1915. (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>,<br />

Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).


sindacalismo rivoluzionario: contro la tradizione liberale – democratica occorre<br />

invece conquistare violentemente un nuovo tipo di sovranità, la sovranità<br />

politica autonoma, di cui sarà rivestito ogni gruppo sindacale. 9<br />

Il sindacato, “organo psichico – politico – sociale”, deve far cadere sul proletariato<br />

la scintilla ideale della rivoluzione, della violenza, della guerra sociale.<br />

Fra il 1908 e il 1912 le Leghe Socialiste attuano una serie di scioperi, tra cui<br />

imponenti quelli di Copparo, di Argenta, di Massafiscaglia (agitazione durata<br />

dodici mesi): tutta la provincia è travolta anche da episodi di violenza. Lo<br />

sciopero si conclude con un Lodo del Prefetto che stabilisce gli uffici di collocamento<br />

obbligatori e l’imponibile della mano d’opera.<br />

Dopo il 1911 il socialismo inizia a diffondersi anche in città, conquistando<br />

simpatie nel ceto borghese.<br />

Durante il congresso del 1913 si verifica però una frattura nel movimento: il<br />

gruppo rivoluzionario di Michele Bianchi resta minoritario e all’opposizione;<br />

la maggioranza invece resta legata alla linea ufficiale, detta “riformista”. Alle<br />

elezioni politiche i socialisti ottengono buoni risultati nelle campagne, ma non<br />

riescono a modificare la situazione in città.<br />

Fra il 1913 e il 1914 prosegue lo scontro fra riformisti e rivoluzionari, concluso<br />

con la schiacciante vittoria dei primi. Sotto la dirigenza riformista di<br />

Gaetano Zirardini 10 , trasferito da Ravenna, il Partito Socialista vive un breve<br />

periodo di unità e di successi. Alle elezioni amministrative del 1914 cadono<br />

nelle sue mani il Consiglio Provinciale e quindici comuni della provincia.<br />

L’azione politica si muove nel senso di una forte pressione sociale contro il<br />

padronato: in tutta la provincia di Ferrara a Giugno viene proclamata la “Settimana<br />

Rossa”.<br />

In questo frangente, come un fulmine, giunge l’attentato di Sarajevo ad innescare<br />

la crisi mondiale.<br />

9 ROVERI, Alessandro, Dal sindacalismo rivoluzionario al fascismo, Firenze, La<br />

Nuova Italia, 1972, pag. 331.<br />

10 Gaetano Zirardini (Ravenna 1857-1931), dirigente socialista, inviato a Ferrara per<br />

riorganizzare il Partito e la Camera del Lavoro. Nel 1921 viene eletto deputato e si<br />

scontra con l’ascesa del Fascismo.<br />

11


L’INTERVENTISMO A FERRARA 11<br />

Allo scoppio della guerra i partiti politici ferraresi si dividono fra chi sceglie<br />

la linea neutralista, chi resta su posizione incerta e chi inizia la battaglia interventista<br />

antigermanica.<br />

1. I neutralisti<br />

I socialisti ufficiali e l’unione sindacale ferrarese, suffragati dal fatto che la<br />

grande maggioranza dei lavoratori delle campagne è contraria alla guerra, nel<br />

settembre 1914 organizzano un convegno dedicato alla questione; prevale un<br />

ordine del giorno favorevole alla neutralità italiana. Tale posizione viene sostenuta<br />

attraverso il giornale “Scintilla”, che diventa più tardi la “Bandiera<br />

Socialista”, diretto da Gaetano Zirardini.<br />

Anche i clericali, attraverso il proprio settimanale “La Domenica dell’Operaio”,<br />

assumono posizione rigidamente neutralista.<br />

2. Gli incerti<br />

I partiti politici costituzionali (liberale moderato e conservatore) tengono un<br />

atteggiamento di riserbo, sostenendo un neutralismo non fondato su ragioni<br />

di principio, bensì “condizionato” e opportunistico. Organo del gruppo è “La<br />

Gazzetta Ferrarese” diretta da Eugenio Righini.<br />

3. Gli interventisti<br />

Si dividono in un’ala destra (nazionalisti) e un’ala sinistra (radicali, repubblicani<br />

mazziniani, sindacalisti rivoluzionari, socialisti dissidenti e alcuni anarchici),<br />

che finiranno in ultimo per cooperare fra loro.<br />

Il primo nucleo nazionalista nasce nel marzo 1914. Inizialmente addirittura<br />

propenso a una linea filo-tedesca, muta repentinamente posizione con l’evolversi<br />

del conflitto. Il 21 gennaio 1915 nasce l’Associazione Nazionalista ad<br />

opera di Alberto Verdi 12 e Giulio Righini.<br />

11 Scopo di questa ricerca è l’analisi specifica del contesto ferrarese, in cui si cala<br />

la vicenda del protagonista, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>. Ne consegue una considerazione<br />

indispensabile: il dibattito ideologico nazionale che si consuma fra l’inverno del 1914<br />

e il maggio 1915 non può qui essere analizzato in tutta la sua complessità. Fungerà<br />

bensì da sfondo, quale fattore che interagisce con le peculiarità locali, sovente<br />

pungolandole.<br />

12 Alberto Verdi (Cento 1888-1962), nazionalista, avvocato, fascista, eletto in<br />

Parlamento nel 1924. Podestà di Ferrara fino alla caduta di Mussolini nel 1943;<br />

riassume la carica all’affermarsi della RSI.<br />

13


Il partito radicale ferrarese, anticlericale e filo-francese, è guidato dal Marchese<br />

Ercole Trotti Mosti, segretario nazionale del partito. A diffondere le idee radicali<br />

è il giornale “La Provincia di Ferrara”, diretto da Paride Forniti e scritto<br />

da giornalisti come Alighiero Castelli, Ezio Maria Gray e Olao Gaggioli.<br />

Maggior attenzione dobbiamo dedicare alla drammatica lacerazione che<br />

sconvolge nel 1914 il movimento socialista e sindacale. Negli ultimi mesi<br />

di quell’anno diversi uomini politici, già in precedente contrasto con la linea<br />

ufficiale del movimento, consumano la propria scissione: Michele Bianchi<br />

13 , Romualdo Rossi, Luigi Ciardi, Tito Aguiari, Carlo Cavallini (Presidente<br />

dell’Amministrazione Provinciale), Raffaele Mazzanti (Presidente del Consorzio<br />

delle Cooperative), Arrigo Minerbi (consigliere comunale), Alfredo<br />

Pondrelli (dirigente della federazione ferrarese), <strong>Mario</strong> Cavallari (deputato di<br />

Portomaggiore), i maestri Alessandro Costa e Edmo Biolcati e altri.<br />

Tale situazione locale riproduce quanto sta verificandosi sul piano nazionale:<br />

molti intellettuali di sinistra, guidati inizialmente da Alceste De Ambris 14 e<br />

Filippo Corridoni (in seguito, come è noto, giungerà Benito Mussolini), affermano<br />

la tesi della guerra come fattore propedeutico alla rivoluzione. In sintesi,<br />

il conflitto è necessario per impedire all’imperialismo tedesco di bloccare<br />

gli sviluppi rivoluzionari della crisi sociale europea; una volta concluso, esso<br />

spianerà la via alla rivoluzione sociale.<br />

A imporsi quale ideologo riconosciuto dell’interventismo di sinistra è nuovamente<br />

Sergio Panunzio. Nell’autunno del 1914 egli sceglie l’interventismo,<br />

ed elabora il concetto di guerra “preludio di rivoluzione” 15 . Il capitalismo,<br />

già reso forte dalla lunga pace, s’indebolirà nello scontro titanico, mentre le<br />

masse proletarie potranno grazie ad esso pervenire alla presa di coscienza<br />

morale 16 . La necessaria sconfitta dell’imperialismo tedesco toglierà forze alle<br />

oligarchie, privandole del sostegno militare. Per Panunzio, quindi, la guerra<br />

è “l’unica soluzione catastrofico-rivoluzionaria della società capitalistica” 17 ,<br />

13 Che a Ottobre ritorna a Milano e viene nominato da Mussolini redattore capo del<br />

Popolo d’Italia.<br />

14 Il 18 agosto 1914 De Ambris, Segretario della Camera del Lavoro di Parma e<br />

direttore della rivista L’Internazionale, intervenendo ad una conferenza presso la sede<br />

milanese del sindacato, sostiene la tesi della guerra rivoluzionaria. Sta parallelamente<br />

maturando la svolta interventista di Benito Mussolini.<br />

15 Gazzettino Rosa, 27 novembre 1914, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara;<br />

anche ROVERI, cit., pag. 336.<br />

16 Notare i non irrisori punti di contatto fra Panunzio e la coeva ideologia leninista<br />

espressa in “Stato e rivoluzione”. Il concetto di violenza sovvertitrice è chiaramente<br />

ricalcato dal pensiero di Georges Sorel.<br />

17 ROVERI, cit., pag. 335.<br />

14


capace di distruggere il passato, educare alla violenza sovvertitrice e instaurare<br />

il socialismo.<br />

Stampa interventista<br />

Al movimento aderiscono alcuni organi di stampa. Ricordiamo i principali:<br />

“L’Avanguardia”, settimanale nazionalista capeggiato da Alberto Verdi, Giulio<br />

Righini, Gustavo Navarra, <strong>Mario</strong> Dotti, Alessandro Bargellesi;<br />

“La Rivista”, settimanale liberale conservatore diretto da Luigi Fabbri;<br />

“La Provincia di Ferrara”, quotidiano massone diretto da Paride Forniti e di<br />

proprietà di Giuseppe Longhi;<br />

il “Gazzettino Rosa”, periodico interventista finanziato da “La Provincia di<br />

Ferrara”. Questo foglio, organo del Fascio Studentesco Anticlericale, nasce<br />

il 20 settembre 1914 ad opera di Giuseppe Longhi e Germano Manini; da<br />

novembre diviene l’organo della propaganda bellicista e degli attacchi contro<br />

i neutralisti socialisti. Ha come motto “Altra Italia sognavo nella mia vita” di<br />

Giuseppe Garibaldi, scritto a Caprera nell’ottobre 1880. Redazione e direzione<br />

sono situati a casa di Giuseppe Longhi (via Picca, 16). Il suo più importante<br />

redattore è Sergio Panunzio;<br />

la “Diana”, giornale fondato dal deambrisiano Romualdo Rossi assieme a Italo<br />

Balbo 18 e all’ex socialista Renato Castelfranchi;<br />

“La Raffica”, periodico sindacalista, guidato da Michele Bianchi e Italo Balbo.<br />

18 Italo Balbo (Quartesana, Ferrara 1896 - Tobruk 1940). Repubblicano e massone,<br />

dopo studi irregolari, si dedica all’attività giornalistica. Dopo aver partecipato alla<br />

battaglia interventista si arruola volontario nel maggio 1915, ma inizialmente,<br />

come avviene a <strong>Poledrelli</strong>, è destinato alle retrovie. Dall’autunno 1916 all’ottobre<br />

1918 partecipa a molte fasi di battaglia, segnalandosi sul Monte Grappa e ricevendo<br />

numerose decorazioni. Nel 1920 si laurea in scienze politiche a Firenze. Capo delle<br />

squadre d’azione di Ferrara (1920-1921), guida ripetuti raid in Emilia. Quadrunviro<br />

della “marcia su Roma”, tra il 1922 e il 1924 ha la carica di comandante generale della<br />

Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Ministro dell’Aeronautica dal 1929 al<br />

1933, si occupa di riorganizzare e di sviluppare l’aviazione italiana, incentivandone<br />

il progresso tecnico-sportivo e lo sfruttamento propagandistico. Promuove crociere<br />

di idrovolanti nel Mediterraneo e nell’Atlantico. Nel 1934 diviene governatore<br />

della Libia. Nell’imminenza dell’intervento italiano nella Seconda Guerra Mondiale<br />

organizza l’offensiva aerea in Libia; il 28 giugno 1940 l’aereo da lui pilotato viene<br />

abbattuto a Tobruk dalla contraerea italiana.<br />

15


Graduale diffusione del movimento interventista da Novembre 1914<br />

a Maggio 1915<br />

La propaganda interventista trova già alla fine del 1914 i propri alfieri, che,<br />

sulla scia di quanto sta accadendo nelle grandi città, iniziano a darsi un’organizzazione<br />

e una prassi operativa. I primi agitatori provengono dall’ambito<br />

universitario, attento a quanto stava maturando in tutto il paese.<br />

L’azione di propaganda attira gradualmente, ma inesorabilmente, l’interesse<br />

condiviso della cittadinanza ferrarese, soprattutto nei settori della borghesia<br />

intellettuale. Permane la storica dicotomia città-campagna: al di fuori delle<br />

mura persiste un atteggiamento di indifferenza e ostilità nei confronti della<br />

guerra in corso.<br />

I diversi gruppi interventisti hanno il proprio punto di ritrovo al “Caffé<br />

Milano” 19 , dove trascorrono ore in discussioni animate.<br />

Già dal 1912 opera nell’ateneo estense un Fascio Studentesco Anticlericale,<br />

controllato dai radicali. I capi di questo gruppo sono Giuseppe Longhi,<br />

Germano Manini (socialisti) e Barbato Gattelli. Da questo gruppo germina,<br />

nel novembre del 1914, l’idea di un Fascio Interventista. Quale strumento di<br />

propaganda, inizia l’organizzazione di comizi.<br />

27 novembre 1914 – Al Teatro Verdi parlano alla cittadinanza il deputato belga<br />

Giorgio Lorand e Cesare Battisti. Il “Gazzettino Rosa” scrive:<br />

Salutiamo in Cesare Battisti il palpitante Trentino che vive le ultime ansie in<br />

questi momenti di attesa penosa. 20<br />

13 dicembre 1914 – Viene fondato il Fascio di Azione Rivoluzionaria 21 . I<br />

membri sono venticinque, anticlericali, repubblicani (fra cui lo studente Italo<br />

Balbo), anarchici dissidenti (<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> 22 ) e sindacalisti di “accentuati<br />

principi rivoluzionari”. Il presidente, Egidio Liverani, è un repubblicano. Il<br />

gruppo è appoggiato anche dai Docenti Universitari Gaetano Boschi e Leopoldo<br />

Tumiati.<br />

29 dicembre 1914 – Espulsione di Germano Manini, Renato Castelfranchi e<br />

19 Locale situato sotto il loggiato del Palazzo della Regione, verso la parte di Porta<br />

Reno.<br />

20 Gazzettino Rosa, 27 novembre 1914, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

21 Su diretto influsso di quanto accade a Milano: là, dal Fascio Rivoluzionario<br />

d’Azione Internazionalista, stanno sorgendo in quegli stessi giorni i primi Fasci<br />

d’Azione Rivoluzionaria. Tengono il loro primo congresso il 24 e 25 gennaio 1915,<br />

con l’intervento, fra gli altri, di Mussolini. Prima della fine di febbraio i fasci aderenti<br />

sono 105, sparsi in tutte le regioni e con circa novemila iscritti.<br />

22 Da poco tornato a Ferrara dopo un soggiorno a Milano. Il personaggio costituisce<br />

il cardine della presente ricerca e i prossimi capitoli tenteranno di ricostruirne le<br />

vicissitudini.<br />

16


Giuseppe Longhi dal Partito Socialista, a causa della loro partecipazione a un<br />

comizio in onore di Oberdan.<br />

3 gennaio 1915 – Alla notizia della morte di Bruno e Costante Garibaldi, alcuni<br />

studenti svolgono un’azione di protesta presso il consiglio comunale.<br />

7 gennaio 1915 – Arrigo Minerbi si dimette da consigliere, ed esce dal Partito<br />

Socialista.<br />

8 gennaio 1915 – <strong>Poledrelli</strong> organizza un incontro segreto, al “Caffè Estense”,<br />

fra militanti cittadini e Alceste De Ambris, appena giunto da Milano. De Ambris<br />

propone la parola d’ordine di Mussolini: “guerra o rivoluzione”; getta un<br />

pugnale sul tavolo e spinge gli astanti a giurare fedeltà alla causa.<br />

9 gennaio 1915 – <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> scrive su “L’Internazionale” 23 di Parma un<br />

articolo dal titolo “Le idee anarchiche e la guerra”. Molti giornali anarchici<br />

nazionali accusano l’autore di tradimento.<br />

20 gennaio 1915 – Giuseppe Longhi 24 e Germano Manini 25 fondano il Circolo<br />

Socialista Autonomo, che diviene, sul terreno politico militante, lo strumento<br />

operativo degli interventisti. Vi aderiscono anche Gaggioli, Castelfranchi, il<br />

maestro Costa, Balbo e <strong>Poledrelli</strong>.<br />

24 gennaio 1915 – Comizio interventista al teatro Bonacossi (poi Ristori).<br />

Tensioni coi neutralisti.<br />

29 gennaio 1915 - Nuovo comizio interventista e tensioni coi Socialisti.<br />

30 gennaio 1915 – Il Fascio di Azione Rivoluzionaria si riunisce alla vecchia<br />

“Virginia” 26 , presieduto da Sergio Panunzio (la segreteria è affidata a <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong>), per darsi un’organizzazione definitiva. Il comitato esecutivo formato<br />

da Giuseppe Longhi e <strong>Mario</strong> Busatti. Le prime tessere portano i nomi di<br />

Italo Balbo, Ugo Gaini, Germano Manini, Renato Castelfranchi, Edmo Biolcati,<br />

Arrigo Minerbi, Olao Gaggioli, Giuseppe Longhi. Motto del Fascio è:<br />

“O la guerra o la repubblica”. Dalla “Virginia” il gruppo, guidato da <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong>, si reca al Palazzo Contrari, in una sala offerta dal gruppo radicale,<br />

per svolgere una manifestazione interventista.<br />

23 L’Internazionale, fondato nel 1907, organo della Camera del Lavoro di Parma e<br />

provincia, diretto da Alceste De Ambris. Oltre all’edizione parmense aveva quelle per<br />

Bologna, Milano e Modena.<br />

24 A lui è attribuibile il ruolo di coordinatore fra questi gruppi; ha contatti con la<br />

massoneria ferrarese e con Il Popolo d’Italia di Mussolini.<br />

25 Germano Manini, nato a Consandolo il 2 novembre 1893, di famiglia benestante,<br />

frequenta il liceo classico e l’università, militando nelle file di estrema sinistra del<br />

Partito Socialista. Espulso dal partito per la scelta interventista, fonda il Circolo<br />

Socialista Autonomo e fa parte del comitato esecutivo del Fascio di Azione<br />

Rivoluzionaria. Muore in guerra.<br />

26 La Trattoria Virginia, in Piazza Castello, all’angolo di via della Luna.<br />

17


21 febbraio 1915 – I socialisti ferraresi rispondono con un’imponente manifestazione<br />

contro l’entrata in guerra.<br />

25 febbraio 1915 – Muore a Milano l’onorevole radicale Ercole Trotti Mosti.<br />

Si indicono nuove elezioni per l’11 aprile. I socialisti ufficiali candidano Carlo<br />

Zanzi, il partito liberale Pietro Sitta, i radicali Guido Podrecca che raccoglie<br />

tutti gli elementi interventisti, fra cui Italo Balbo, Renzo Ravenna, Guido Bergamo,<br />

Giovanni Fabbrini.<br />

14 marzo 1915 – Inizia la campagna elettorale, incentrata sullo scontro fra<br />

interventisti e neutralisti. Nelle piazze cresce la tensione, determinando problemi<br />

all’ordine pubblico.<br />

15 marzo 1915 – Il Prefetto proibisce la tradizionale commemorazione dei<br />

martiri del risorgimento ferrarese, Succi, Malaguti e Parmeggiani, per evitare<br />

il pericolo di scontri fra le due fazioni.<br />

18 marzo 1915 – In piazza Cattedrale compaiono i primi reparti armati interventisti.<br />

21 marzo 1915 – Alcuni studenti, nel cortile dell’università, lanciano slogan<br />

contro la monarchia e contro il Vaticano.<br />

26 marzo 1915 – Commemorazione dei martiri del Risorgimento e comizio di<br />

Podrecca, a cui segue una dimostrazione contro gli Imperi Centrali.<br />

Inizio Aprile 1915 – Il Prefetto De Pieri redige un rapporto sulla situazione<br />

della provincia, e sulla questione della adesione alla guerra:<br />

…le masse rurali sono … in generale avverse, e questa avversione… è dovuta<br />

alla parola d’ordine ed alla attiva propaganda dei socialisti ufficiali…<br />

Diverso è il sentimento nelle altre classi e nel capoluogo, dove è ancora vivo<br />

e odiato il ricordo della dominazione austriaca… La gioventù studiosa e dei<br />

professionisti è impaziente, come altrove, e favorevoli ad un pronto intervento<br />

sono i radicali, i riformisti, e parte dei sindacalisti…. 27<br />

Il Fascio di Azione Rivoluzionaria inizia gradualmente a smorzare i toni rivoluzionari<br />

ed anticlericali della sua propaganda, accentuando invece quelli<br />

nazionalistici e creando un’alleanza trasversale antigiolittiana e antisocialista.<br />

La situazione, nazionale e locale, volge ormai a favore degli interventisti; forze<br />

politiche e dirigenti amministrativi, in sempre maggior numero, si adeguano<br />

alla situazione.<br />

10 aprile 1915 - Compare una “Dichiarazione” del gruppo dirigente dei fasci,<br />

che s’impegna ad una tregua sociale se la monarchia dichiarerà la guerra 28 .<br />

Il Procuratore di Parma incrimina tutti i firmatari per rispondere del reato di<br />

offese alla dinastia.<br />

27 ROVERI, cit., pag. 315 – 316.<br />

28 L’Internazionale, 10 aprile 1915. Vedasi in appendice testo completo.<br />

18


11 aprile 1915 – Alle elezioni suppletive prevale il liberale Pietro Sitta.<br />

15 aprile 1915 - Presso l’Ospedale S. Anna iniziano i corsi teorici e pratici di<br />

medicina e chirurgia di guerra, con lezioni dei professori Boschi, Gavazzanti,<br />

Micheli, Padovani, Tiberti, Luzzato, Burci.<br />

19 aprile 1915 – Nella casa della marchesa Maria Bagno hanno luogo riunioni<br />

per la “preparazione femminile alla guerra”.<br />

26 aprile 1915 – Imponente agitazione studentesca per le vie cittadine. Nel<br />

pomeriggio comizio nel cortile dell’università. Parlano lo studente di giurisprudenza<br />

Dino Grandi, l’onorevole Buzzoni e Panunzio. Scontri violenti con<br />

la polizia e i socialisti. Il segretario della Camera del Lavoro Provinciale Gaetano<br />

Zirardini, in un opuscolo, stampato a sue spese a Copparo, porta avanti<br />

le ragioni dei neutralisti ferraresi.<br />

29 aprile 1915 - Dopo un comizio interventista si forma un corteo inneggiante<br />

alla guerra. Per rendere ancora più imponente la manifestazione, gli interventisti<br />

impongono violentemente la chiusura dei negozi cittadini in segno di<br />

protesta contro il governo.<br />

13 maggio 1915 - La polizia vieta un comizio interventista; i manifestanti<br />

attaccano i poliziotti.<br />

15 maggio 1915 - Corteo studentesco contro i neutralisti.<br />

18 Maggio 1915 – Viene diffuso e pubblicato un manifesto interventista sui<br />

giornali “La Provincia di Ferrara” e “La Gazzetta Ferrarese” 29 :<br />

Cittadini,<br />

La giustizia, la moralità, il sacro intangibile diritto della Patria hanno trionfato.<br />

L’ora solenne, decisiva per i fati del Paese si approssima. La Nazione ha<br />

bisogno della volontà concorde, ferrea di tutti i suoi figli riuniti dal supremo<br />

ideale, dalla suprema speranza. Il grido di dolore che altri italiani in una<br />

angoscia estrema ci lanciano attraverso il mare di Venezia echeggia nelle<br />

nostre anime e sta per essere raccolto e già le spalle brunite della terza Roma<br />

si alzano nel cielo puro della Patria, innanzi alle vette nevose delle Alpi. In<br />

questo momento, disprezzando le folli e criminose provocazioni, dobbiamo<br />

tutti raccoglierci in una silenziosa preparazione delle anime simbolo della<br />

volontà infrangibile d’Italia. Ai soldati che vegliano in armi sui confini della<br />

Patria, ai marinai che sulle navi grigie attendono il segnale, vada il saluto<br />

dell’amore, della fede e della vittoria. Per i nostri fratelli, per il diritto delle<br />

genti, avanti Italia, avanti!<br />

29 La Provincia di Ferrara e La Gazzetta Ferrarese, 18 maggio 1915, Biblioteca<br />

Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

19


Ferrara 17 maggio 1915<br />

Avv. Augusto Bellini, Italo Balbo, Dott. Arturo Cavicchioli, Dott. Renato Castelfranchi,<br />

Avv. Vasco Carli, Avv. <strong>Mario</strong> Dotti, Dott. Costantino Pappacosta,<br />

Ing. Enrico Prampolini, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Romualdo Rossi, Dott. Arrigo Sani,<br />

Prof. Leopoldo Tumiati, Avv. Alberto Verdi.<br />

Il Prefetto ordinerà il sequestro del manifesto 30 .<br />

18 maggio 1915 – Manifestazione neutralista, scontri fra le due fazioni e intervento<br />

dei carabinieri. Molti studenti universitari inviano al Ministero della<br />

Guerra la richiesta di arruolamento volontario.<br />

19 maggio 1915 - Sulla “Gazzetta Ferrarese” compare l’elenco di trentotto<br />

studenti universitari arruolatisi volontari, fra i quali Giuseppe Longhi, Germano<br />

Manini, Dino Grandi, Olao Gaggioli, Italo Balbo.<br />

20 – 24 maggio 1915 – Partono i richiamati. Tutti i volontari della città sono<br />

aggregati al 27° Reggimento di Fanteria, Brigata Pavia. All’entusiasmo della<br />

popolazione cittadina si contrappone in modo stridente l’opposizione neutralista<br />

del territorio provinciale: alla stazione di Migliarino duecento persone, in<br />

maggioranza donne, tentano di impedire la partenza di una tradotta di coscritti.<br />

24 maggio 1915 – Alla proclamazione dell’intervento alcuni dirigenti socialisti<br />

(Carlo Cavallini, Enrico Ortolani, Raffaele Marranti, Giuseppe Zanoni e<br />

Gastone Finotti), si distaccano dalla linea ufficiale del partito e manifestano la<br />

propria adesione alla guerra contro l’Austria-Ungheria.<br />

30 A dimostrazione del clima politico ormai mutato, il Prefetto verrà redarguito dal<br />

governo per tale iniziativa; da allora proibirà ogni manifestazione socialista, tollerando<br />

invece i comizi e cortei interventisti.<br />

20


L’INTERVENTISMO ANARCHICO<br />

Fino al 1914 il movimento anarchico, in tutta Europa, è assai frammentato,<br />

con molti punti di contatto ideologico e altrettante divaricazioni con i repubblicani<br />

e i socialisti rivoluzionari. A polarizzare l’attenzione è il problema<br />

della prassi rivoluzionaria con cui gettare le basi di un nuovo contesto sociale<br />

di giustizia.<br />

Già nel 1912 l’anarchico <strong>Mario</strong> Gioda sostiene la necessità di un “blocco rosso”,<br />

di una “repubblica sociale”, quale fase di transizione verso la rivoluzione.<br />

Tali idee inizialmente incontrano l’ostilità generale. 31<br />

A mutare il contesto giunge la guerra. Molti leader anarchici e rivoluzionari<br />

(Piotr Kropotkin 32 , Jean Grave, James Guillaume, Amilcare Cipriani, Gustave<br />

Hervé 33 ) prendono posizione contro la Germania e l’invasione del Belgio,<br />

rivelando una innata simpatia verso la Francia, patria della rivoluzione. Inizia<br />

a diffondersi un anarchismo interventista, secondo cui la rivoluzione sarà possibile<br />

soltanto il giorno in cui saranno conseguite universalmente la libertà e<br />

l’indipendenza nazionale. In sintesi, l’argomento dominante è il seguente: una<br />

vittoria austro-tedesca lascerà irrisolte le questioni nazionali, determinando<br />

l’avvento di un sistema “feudale e militaristico”.<br />

Occorre perciò impedire tutto ciò, a ogni costo, per salvare la causa anarchica.<br />

Noi riteniamo che l’internazionalismo sarà possibile solo quando le nazioni<br />

31 <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, giudica “tisico e spurio” il pensiero di Gioda, una “balordaggine<br />

politica”. “In ritardo? Anarchici e repubblicani” in L’Agitatore, 18 febbraio 1912.<br />

LUPARINI, Alessandro, Anarchici di Mussolini, Montespertoli, M.I.R., 2001, pag. 12.<br />

32 Piotr Kropotkin (Mosca 1842 – Dmitrov 1921). A vent’anni si reca a svolgere<br />

ricerche geografiche in Siberia. Assume atteggiamenti critici verso la società zarista<br />

e, nel 1872, fugge in Svizzera dove abbraccia gli ideali di fratellanza socialisti<br />

e anarchici. Tornato in Russia, viene arrestato e incarcerato. Nel 1876 fugge e si<br />

rifugia in Inghilterra, poi in Svizzera e in Francia, dove viene condannato per attività<br />

sovversiva. Nel 1886 si trasferisce a Londra dove rimane fino al 1917. Allo scoppio<br />

della Prima Guerra Mondiale prende posizione a favore della guerra contro gli Imperi<br />

Centrali. Questa posizione trova la sua espressione nel “manifesto dei quindici”,<br />

ma riceve forti critiche all’interno del movimento anarchico. Allo scoppio della<br />

rivoluzione russa Kropotkin torna nel suo paese, ma la presa del potere da parte dei<br />

bolscevichi lo lascia isolato ed emarginato. <strong>Poledrelli</strong>, secondo l’uso d’epoca, ne<br />

italianizza il nome.<br />

33 Gustave Hervé (Brest 1871- Parigi 1944). Politico francese inizialmente su posizioni<br />

antimilitariste e antiborghesi, nel 1905 entrò a nel Partito socialista unificato (SFIO)<br />

schierandosi con l’estrema sinistra. Vicino a Sorel e ai sindacalisti rivoluzionari,<br />

è tra i fondatori del periodico La guerre sociale che dirige fino alla prima guerra<br />

mondiale quando si converte al socialpatriottismo, fonda il giornale La Victoire e si fa<br />

sostenitore della guerra a oltranza.<br />

21


saranno libere, poiché la dove l’odio divide l’irredento dall’oppressore, ogni<br />

altro problema economico e politico non può trovare soluzione...<br />

La neutralità oggi, è per tutti solamente un abbietto egoismo nazionale; essa<br />

è la precisa negazione dello internazionalismo. 34<br />

Ciò comporta inevitabili lacerazioni con l’anarchismo ufficiale, contrario a<br />

ogni idea di stato e conflitto istituzionale. Mentre Enrico Malatesta ed Armando<br />

Borghi ostentano apertamente le proprie idee neutraliste, moltissimi anarchici,<br />

come Edoardo Malusardi 35 , seguono le teorie di Kropotkin, si schierano<br />

a favore dell’intervento e iniziano a sostenere i propri argomenti, sempre più<br />

prossimi a quelli dei socialisti rivoluzionari, contro i neutralisti.<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>. (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di Ricerche<br />

Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

34 LUPARINI, Alessandro, Anarchici di Mussolini, Montespertoli, M.I.R., 2001,<br />

pag. 20.<br />

35 Direttore del giornale anarchico milanese La Guerra Sociale, fondato il 20<br />

Febbraio 1915. Sulla sua linea la rivista bolognese Guerra di Classe.<br />

22


CAPITOLO SECONDO<br />

VITA DI MARIO POLEDRELLI FINO AL CONFLITTO<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> nasce a San Nicolò di Argenta (FE) il 17 Luglio 1893, da<br />

Giovanna Silvia <strong>Poledrelli</strong> e padre ignoto. 1 Poco si conosce dei suoi anni adolescenziali,<br />

che ne segnano a tutto campo la formazione; dagli scritti posteriori<br />

ricaviamo comunque l’immagine di stenti e sofferenze. Qualche aiuto probabilmente<br />

gli viene da suo cugino, il Prof. Ugo <strong>Poledrelli</strong>, che era stato, nel<br />

1901-03, il primo Sindaco socialista di Portomaggiore. 2<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> cresce nella miseria, col solo conforto della dolcezza materna<br />

e della vita libera e sana dei campi. È un solitario, meditativo; piuttosto piccolo<br />

di statura, gracile e timido, biondo, due occhi limpidi e chiari. Il disagio<br />

economico della madre non gli consente lo svolgimento di studi regolari al di<br />

là delle elementari: ancora giovanissimo, è costretto a trovarsi un lavoro manuale<br />

per aiutare la madre. Seppure gracile e malaticcio, al termine del lavoro<br />

si dedica alla lettura: libri, giornali, e quanto altro gli capiti a portata di mano.<br />

Quasi autodidatta, si forma una cultura rudimentale di base, in cui spicca il<br />

particolare talento per la scrittura creativa.<br />

<strong>Poledrelli</strong> vive una maturazione precoce, tale da indurlo a pressanti ragionamenti<br />

sulle ingiustizie sociali che lui e altri dovevano continuamente subire.<br />

Lo commuove la sorte degli umili che soffrivano come lui, senza colpa. Abbraccia<br />

la causa dei diseredati.<br />

Nel 1905 giunge una parziale svolta ai tormenti di <strong>Mario</strong>: un operaio di Argenta<br />

sposa Silvia, garantendole una vita più stabile. La famiglia si trasferisce<br />

a Ferrara. <strong>Mario</strong>, a 12 anni, pur non trascurando il lavoro, può dedicarsi con<br />

maggiore agio ai suoi libri: non romanzi, ma testi di politica e di questioni<br />

sociali, di autori come Marx, Bakunin, Mazzini.<br />

In quell’epoca 3 il socialismo sta conquistando le campagne ferraresi in cerca<br />

di riscatto. Anche <strong>Poledrelli</strong> nutre le sue prime simpatie politiche per le teorie,<br />

ed i programmi socialisti: collettivismo, soppressione della proprietà privata,<br />

solidarietà lo affascinano. Tali tensioni interiori lo spingono a diventare un sin-<br />

1 Un certo E. S. argentano; non volle mai riconoscere <strong>Mario</strong> legalmente come figlio<br />

e abbandonò il paese. <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> non volle mai sentirne parlare e lo considerò<br />

sempre con profondo disprezzo. Per gran parte delle notizie biografiche qui riportate<br />

vedasi: QUILICI, Nello, L’interventismo ferrarese, Ferrara, Rivista di Ferrara, 1935.<br />

2 Testimonianza dello stesso <strong>Poledrelli</strong>, in La Rivista, 5 Luglio 1917, lettera spedita<br />

agli amici ferraresi da Como, fra Settembre e Ottobre 1916, Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>,<br />

Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara.<br />

3 Vedasi Capitolo 1.<br />

23


dacalista rivoluzionario (con simpatia evidente per il movimento anarchico). 4<br />

<strong>Poledrelli</strong> persegue una lotta sociale non imperniata su mere rivendicazioni<br />

materiali, ma anche incentrata sulle esigenze spirituali dei popoli. Ha una visione<br />

del mondo di stampo romantico: un socialismo connotato da componenti<br />

cristiane e umanitaristiche, in nome di un mondo ideale in cui i diseredati<br />

troveranno riscatto, pace e amore.<br />

Ricorda Aliprando Giovannetti:<br />

Egli amava spaziare nei campi oscuri, eterei dell’utopia, del sogno che doveva<br />

un dì prossimo o lontano divenire la sospirata realtà dei sofferenti nel<br />

corpo e nello spirito … quelle sue affermazioni ideali ondeggiavano tra l’individualismo<br />

ed il comunismo libertario, e gli sembrava che il sindacalismo<br />

rivoluzionario fosse troppo economico e contingentista … 5<br />

Ad influenzare largamente la weltanschauung poledrelliana è altresì un inquietante<br />

retroscena sentimentale che costituisce il denominatore di tutta la<br />

sua vicenda umana fino alla morte: l’infelice amore per una donna di nome<br />

Angelica, coniugata con un altro uomo.<br />

Semplice operaio in cerca di lavoro, di pace e di contatti politici in grado di<br />

comprendere i suoi pensieri, emigra il 30 Aprile 1913 a Milano e vi permane<br />

per circa un anno. Cerca un lavoro, ma la sua salute, minata da un sordo male<br />

(probabilmente una forma di tubercolosi che lo porta a contrarre frequentemente<br />

stati febbrili) non gli consente di conseguire un’occupazione stabile. Il<br />

suo soggiorno a Milano è quello di un randagio.<br />

Alterna il mestiere del tipografo con quello di verniciatore di imposte. Incontra<br />

Enrico Malatesta, guida del movimento anarchico italiano.<br />

A questo momento risale l’iniziazione anarchica di <strong>Poledrelli</strong>. Il pensiero<br />

4 Inizia ad essere controllato dalla Prefettura di Ferrara per attività sovversiva. Al 16<br />

marzo 1910 risale un rapporto riservato che recita: “Nell’opinione pubblica riscuote<br />

buona fama. E’ di carattere calmo, ma privo di educazione. Ha frequentato l’intero<br />

corso elementare, è di svegliata intelligenza, avendo sempre curato di tener dietro<br />

alle questioni sociali che appaiono sui periodici dei partiti avanzati… Non consta che<br />

sia in corrispondenza epistolare con sovversivi residenti all’estero: è però in continuo<br />

carteggio con i suoi compagni che dimorano a Milano e provincia, dai quali a sua<br />

richiesta, è messo al corrente del movimento anarchico lombardo”. Scheda <strong>Poledrelli</strong><br />

<strong>Mario</strong>, Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Fondo Direzione<br />

Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario Politico Centrale, (in seguito ACS, CPC),<br />

Busta 186.<br />

5 Da un articolo inedito di A. Giovennetti scritto a Berlino in occasione del congresso<br />

internazionale sindacalista del gennaio 1923, Luigi Greci, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong> e l’Interventismo Ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di<br />

Ferrara.<br />

24


libertario lo affascina, particolarmente<br />

per le sue componenti<br />

umanitarie e non strettamente<br />

materialistiche come quelle<br />

marxiane. <strong>Poledrelli</strong> studia<br />

anche il pensiero di un altro<br />

russo, Piotr Kropotkin, votato<br />

a rinnovare la società. “La<br />

conquista del pane”, “Mutuo<br />

aiuto”, “La grande rivoluzione”<br />

e “La morale anarchica”<br />

diventano i suoi libri preferiti,<br />

fondati sul principio dell’integrazione<br />

fra lavoro e produzione<br />

sociale: tutti gli uomini<br />

debbono lavorare, ma anche<br />

pensare; non si possono distinguere<br />

i bisogni economici<br />

dalle necessità spirituali, che<br />

sono, in modo indissolubile,<br />

associate ai primi e si completano<br />

vicendevolmente. Da<br />

questo momento <strong>Poledrelli</strong><br />

Lettera ad Angelica di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> del 12 giugno 1914 Greco Milanese. (Fondo <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

non conosce più esitazioni di sorta: rimarrà sempre fedele, come attestano i<br />

suoi scritti, a queste convinzioni 6 .<br />

A Milano, dove risiede fino al 1914, ha anche modo di conoscere Benito Mussolini<br />

7 , allora direttore dell’“Avanti”! e si trova in consonanza ideologica con<br />

6 Da un rapporto di Pubblica Sicurezza risulta che: “E’ stato testé chiamato a far parte<br />

di un sedicente comitato nazionale qui sorto ad iniziativa delle locali organizzazioni<br />

sovversive allo intento di far risorgere una agitazione contro la compagnia di<br />

disciplina e per la liberazione del soldato Moroni, assegnato da tempo alla compagnia<br />

di disciplina di S. Leo a causa della ostentata sua azione settaria e sobillatrice. Il<br />

presente cenno viene dalla locale Questura comunicata alla Prefettura di Ferrara”.<br />

Prefettura di Milano 30 marzo 1914. Scheda <strong>Poledrelli</strong> <strong>Mario</strong>, in ACS, CPC, Busta 186.<br />

7 A testimonianza di questi rapporti intercorsi tra Mussolini e <strong>Poledrelli</strong> restano tre<br />

25


lui nella condanna dell’avventura libica; nell’estate di quell’anno, all’inizio<br />

del conflitto mondiale e del dibattito sulla guerra, decide di rientrare a Ferrara<br />

per compiere là la propria missione politica già propensa all’interventismo. 8<br />

In una città vertiginosa come Milano egli non avrebbe potuto fare altro che seguire<br />

la corrente; invece a Ferrara avrebbe potuto offrire un proprio personale<br />

contributo alla causa comune.<br />

Il 29 agosto del 1914 <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> torna dunque a Ferrara. Il suo arrivo<br />

coincide con una fase di crisi del movimento sindacale e riformista, sempre<br />

più slegato al proprio interno per via dell’incombente querelle interventistica:<br />

studenti, intellettuali, riformisti, già legati al movimento operaio, se ne<br />

distaccano per legarsi a radicali, clericali moderati e nazionalisti nella nuova<br />

crociata antigermanica. Molti dirigenti sindacali designano la nuova guerra<br />

dell’epiteto di “rivoluzionaria”; si staccano vieppiù dalla linea ufficiale del<br />

partito e dalle opinioni proletarie contadine prevalenti, imboccando una strada<br />

politica del tutto originale 9 .<br />

Anche a Ferrara, in piccole dimensioni, sta manifestandosi il grande travaglio<br />

che va toccando tutto il paese.<br />

cartoline autografe, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e l’Interventismo<br />

Ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

Il Popolo d’Italia Milano, 25/11/1914<br />

Sig. <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> Ferrara<br />

Favorite pazientare: le tessere non sono ancora pronte. Quando lo saranno vi<br />

spediremo la vostra. Spero di potervela, quindi, inviare presto e ringraziandovi vi<br />

saluto. Mussolini<br />

Il Popolo d’Italia Milano, 27/1/1915<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Via Mazzini 71 Ferrara<br />

Caro <strong>Poledrelli</strong>, vi facciamo spedire le cartoline fuori sacco. Quando alle spese,<br />

poiché esse peserebbero sul vostro modesto bilancio, mandate mensilmente la vostra<br />

noticina alla nostra amministrazione e sarete rimborsato. Vi preghiamo di svolgere<br />

il vostro lavoro anche nel senso di procurare degli abbonati al giornale. Vi saluto<br />

cordialmente e vi auguro che presto siate occupato e credetemi l’obbligatissimo<br />

vostro. Mussolini<br />

Il Popolo d’Italia Milano, 7 febbraio 1915 Quotidiano Socialista<br />

Egregio <strong>Poledrelli</strong>,<br />

vi manderemo a giorni il saldo spese, ma non ho ricevuto le notizie su “Pagnacca” n. 8.<br />

Se sono interessanti rimandatele. Cordiali saluti. Mussolini<br />

8 Da un rapporto di Pubblica Sicurezza risulta che:“Essendo privo di mezzi e nella<br />

impossibilità di trovare lavoro, venne a sua domanda rimpatriato per misure P.S. e se<br />

ne è informata dalla locale questura la Prefettura di Ferrara. Ulteriormente al marzo<br />

scorso si è sempre addimostrato fervente propagandista delle sue idee settarie e svolse<br />

anche attiva opera nella agitazione contro le compagnie di disciplina”. Prefettura di<br />

Milano 25 agosto 1914. Scheda <strong>Poledrelli</strong> <strong>Mario</strong>, in ACS, CPC, Busta 186.<br />

9 Vedasi Capitolo 1.<br />

26


<strong>Poledrelli</strong> trova impiego come sindacalista nella commissione di controllo<br />

della Camera del Lavoro di Ferrara (allora guidata da Gaetano Zirardini) 10 e<br />

ritrova gli amici di un tempo in quel Caffè Milano 11 che rappresenta il centro<br />

della vita politica cittadina.<br />

È tra i primi a proclamare, con tutta la sua forza, la necessità di dichiarare la<br />

guerra all’Austria e trova subito sia consensi sia accuse (di voltafaccia, da<br />

parte dei socialisti).<br />

Partecipa inoltre alla fondazione del giornale interventista massonico e anticlericale<br />

“Gazzettino Rosa”, alle stampe dal 20 Settembre 1914 12 .<br />

Il 3 Novembre pubblica un corposo articolo in cui riprende il pensiero di Kropotkin<br />

e ne esalta le scelte politiche e morali 13 .<br />

La svolta interventista di Mussolini va maturando proprio in quei giorni: il 20<br />

Ottobre si dimette dalla direzione dall’ “Avanti”! e si stacca dalla linea ufficiale<br />

neutralista del Partito Socialista.<br />

<strong>Poledrelli</strong> immediatamente ne calca le orme, intravede (come tanti in quei<br />

giorni) nella guerra una nuova crociata anarchica, premessa indispensabile<br />

ad una rivoluzione sociale europea e nazionale: sconfiggendo il militarismo<br />

germanico si sarebbe eliminata la guerra, riscattato il sangue innocente del<br />

Belgio, edificata una nuova Europa fondata sui valori di giustizia, uguaglianza<br />

e fraternità. Scrive a Mussolini:<br />

Vi siete ribellato ai gretti di cuore ed ai pigri di cervello che non comprendono<br />

la bellezza ideale di una guerra contro l’Austria. Gradite, o Mussolini, un<br />

bravo commosso. 14<br />

Il 15 Novembre Mussolini a Milano fonda “Il Popolo d’Italia”, organo del<br />

nuovo socialismo interventista; il 18 Novembre a Ferrara <strong>Poledrelli</strong>, dalle righe<br />

del “Gazzettino Rosa”, plaude all’evento:<br />

Noi studenti ferraresi accoglieremo il grido che irrompe dal petto di Benito<br />

Mussolini. Essere degli assenti in questo momento di trepidazione e di angosce<br />

val quanto non avere cuore od essere senza cervello 15<br />

10 CORNER, Paul, Il Fascismo a Ferrara 1915-1925, Bari, Laterza, 1974, pag. 14; cfr.<br />

anche ROVERI, cit., pag. 310.<br />

11 QUILICI, cit., pag. 11. Inoltre vedasi Capitolo 1.<br />

12 Vedasi capitolo 1.<br />

13 Gazzettino Rosa, 3 novembre 1914, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

Vedasi in appendice il testo.<br />

14 Su Il Popolo d’Italia, Anno I, n. 5, 1 novembre 1914, Rubrica per l’Intervento,<br />

Adesioni e solidarietà, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e l’Interventismo<br />

Ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

15 Gazzettino Rosa, 18 novembre 1914, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara; cfr.<br />

anche QUILICI, cit., pag. 10.<br />

27


<strong>Poledrelli</strong> appaga il suo sogno di divenire giornalista, corrispondente da Ferrara<br />

per “Il Popolo d’Italia”. Ciò gli consente di ottenere collaborazione con<br />

altri giornali e, cosa più importante, di avere una tribuna in cui sostenere il<br />

proprio pensiero contro i neutralisti (fra i quali è venuto a collocarsi il suo<br />

“maestro”, Malatesta). Non era infatti, caratterialmente, un oratore: preferiva<br />

operare nell’ombra, attraverso il testo scritto.<br />

La campagna è ormai pienamente lanciata: il 27 Novembre il Teatro Verdi<br />

diviene sede di comizi (il deputato belga Georges Lorand, Cesare Battisti 16 ). Il<br />

13 Dicembre sorge anche a Ferrara il Fascio d’Azione Rivoluzionaria 17 .<br />

Seguirà poi la fondazione di un nuovo Circolo Socialista Autonomo, operante<br />

in simbiosi col Fascio d’Azione Rivoluzionaria. Attraverso le pagine del<br />

“Gazzettino Rosa” ed operando un’intensa azione di proselitismo nell’ambito<br />

cittadino, questo gruppo diventa l’anima vulcanica del Fascio e dell’azione<br />

interventista. 18<br />

<strong>Poledrelli</strong> scrive alcuni articoli su “L’Internazionale” di Parma, in una speciale<br />

rubrica intitolata “Note ferraresi”.<br />

Qui egli esprime compiutamente il suo pensiero sulla società, la guerra e l’anarchia.<br />

Il 9 Gennaio 1915 dà alle stampe un pezzo dal titolo “Le idee anarchiche e la<br />

guerra” 19 :<br />

Io comprendo l’anarchismo come la più alta, la più disinteressata, la più sublime<br />

espressione della solidarietà umana: l’anarchismo che, per me, non è<br />

un partito come il socialista che non vede e non conosce altri interessi, altra<br />

realtà che non sia la classe o un partito, come il nazionalista che non vede,<br />

che non conosce altri interessi che non siano quelli ristretti nei limitati confini<br />

di una nazione; ma, senza negare l’una e l’altra, va oltre di esse per arrivare<br />

alla meta dell’umanità libera e redenta<br />

La forza della nuova idea spinge <strong>Poledrelli</strong> ad un tacito compromesso con la<br />

nazione e con la monarchia:<br />

Né si può negare la realtà della nazione. L’herveismo della prima manera è<br />

fallito. La guerra attuale si è incaricata di fargli un funerale. È un funerale<br />

di terza classe. La nazione diventa tanto più sacra quanto più è minacciata…<br />

16 QUILICI, cit., pag. 10; cfr. anche CORNER, cit., pag. 25.<br />

17 ACS, AGR, Busta 2, Fasc. “Ferrara, i dispacci del Prefetto De Pieri”, in ROVERI,<br />

cit., pag. 319; per la storia del Fascio Studentesco Anticlericale e del Gazzettino Rosa<br />

vedasi anche CORNER, cit., pag. 23-24. Inoltre vedasi capitolo 1.<br />

18 ROVERI, cit., pag. 319; CORNER, cit., pag. 23-24-25.<br />

19 L’Internazionale, 9 gennaio 1915, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

e l’interventismo Ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

28


Tradita l’Internazionale dall’imperialismo ipocrita dei socialisti tedeschi,<br />

ogni partito, ogni individuo dei singoli paesi è tornato alle nazioni. Io non<br />

posso negare di essere nato in Italia e quindi rinnegare il genio di questa terra…<br />

È per questo che io mi sento di difendere l’Italia anche – e diciamola, la<br />

verità – sotto le insegne del signor Vittorio Emanuele 20<br />

La stessa “riconciliazione” avviene nei riguardi della “nemica borghesia”:<br />

Questa guerra la consideriamo se non una guerra dell’avvenire, certamente<br />

del presente contro il passato che vuol risuscitare o dominare per mezzo e con<br />

la forza delle armi teutoniche. Può darsi – e non lo è, perché la borghesia non<br />

vuole la guerra – che questa guerra sia considerata dalla borghesia come<br />

una guerra di difesa dei suoi interessi… Mentre i popoli della Triplice Intesa<br />

versano il sangue in difesa di interessi capitalistici, lo versano anche in difesa<br />

del movimento rivoluzionario minacciato dalla Germania conservatrice 21<br />

Il 16 Gennaio scrive un articolo in cui, nello spirito del sindacalismo rivoluzionario,<br />

appoggia i lavoratori copparesi in sciopero e critica l’operato dei<br />

dirigenti socialisti 22<br />

Il 30 Gennaio replica alle critiche degli anarchici neutralisti:<br />

Siamo stati contro, abbiamo combattuto e con lo scherno e con la ragione lo<br />

spirito imperialista del nazionalismo nostrano, perché dovremmo sopportare<br />

l’egemonia del mondo di quello tedesco? Mistero della santissima neutralità.<br />

Anarchici, non si diserta impunemente la storia. 23<br />

In un altro articolo, del 20 Febbraio 1915, scagiona se stesso dalle accuse<br />

d’incoerenza ideologica:<br />

Il mio atteggiamento interventista di oggi è la logica ineluttabile dei miei<br />

atteggiamenti di ieri. Ieri fui contro la guerra libica, ieri guardavo con simpatia<br />

la guerra liberatrice che i popoli balcanici combattevano contro la Turchia,<br />

per la medesima precisa ragione che oggi sono favorevole all’intervento<br />

dell’Italia nel conflitto europeo… Il trionfo delle nazionalità è la condizione<br />

necessaria per il trionfo dell’Internazionale. 24<br />

Violenta è invece, evidentemente, la polemica con il socialismo ufficiale:<br />

Ridiamo un po’. Naturalmente parliamo del socialneutralismo ferrarese…<br />

Martedì della settimana scorsa la locale succursale della santa inquisizione<br />

20 L’Internazionale, 9 gennaio 1915, QUILICI, cit., pag. 13.<br />

21 L’Internazionale, 9 gennaio 1915, QUILICI, cit., pag. 13.<br />

22 L’Internazionale, 16 gennaio 1915, GRECI, Luigi , Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

e l’Interventismo Ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

23 L’Internazionale, 30 Gennaio 1915, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

e l’Interventismo Ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

24 La Guerra Sociale, 20 febbraio 1915, QUILICI, cit., pag. 13.<br />

29


ossa d’Italia condannava all’espulsione i soci Dott. Renato Castelfranchi,<br />

gli studenti Giuseppe Longhi e Germano Manini… I socialisti sono pronti,<br />

dopo la commedia sulle piazze, a godersi in pace il vantaggino della posizione<br />

gerarchica raggiunta nel partito… Muoiano tedeschi, francesi, belgi,<br />

inglesi, russi: ma l’Italia continui a vivacchiare nella sua dolce mediocrità. 25<br />

I militanti socialisti sono, volta a volta, etichettati con appellativi ingiuriosi,<br />

quali: rivoluzionari di cartapesta… piccoli gnomi… sovversivi da bordello. 26<br />

Il 10 Aprile anche <strong>Poledrelli</strong> firma la “Dichiarazione” in cui molti esponenti<br />

interventisti pongono l’ultimatum al re, affinché scelga fra guerra e rivoluzione.<br />

Si trova incriminato per attività sovversiva 27 ; una nuova accusa lo colpisce<br />

il 29 aprile, quando, durante un corteo, i manifestanti impongono violentemente<br />

la chiusura dei negozi cittadini in segno di protesta. <strong>Poledrelli</strong> viene<br />

accusato di istigazione, processato e infine assolto per non avere commesso<br />

il fatto 28 .<br />

Il 22 Maggio, dalle colonne de “L’Internazionale”, <strong>Poledrelli</strong> risponde al manifesto<br />

neutralista di Zirardini, che sta circolando per la città:<br />

È inoltre da incoscienti creare nel paese uno stato d’animo acceso contro la<br />

guerra, quando prevalentemente si sa già che è impossibile impedirla, non<br />

solo, ma che non lo si vuole impedirla. Perché, o lavoratori, noi vedremo<br />

certamente domani, allo scoppiare delle ostilità, se vi sarà qualche rivolta,<br />

questi rivoluzionari da pagliaio… si affretteranno a scindere le loro responsabilità<br />

per paura della galera. E mentre gli ingenui operai che hanno creduto<br />

alle loro stupide fanfaronate saranno fucilati, essi si nasconderanno… E sono<br />

questi ignobili borghesi che vogliono dare lezioni di coraggio e di sacrificio…<br />

Ci vedremo al momento opportuno. Vedremo se voi arrischierete la vostra<br />

pelle lurida sulle barricate mentre i nostri le arrischieranno alle trincee. E il<br />

proletariato giudicherà da che parte sono i vigliacchi. 29<br />

Come tanti altri, anch’egli ha appena fatto richiesta d’arruolamento volontario<br />

e s’accinge ad iniziare la propria stagione guerriera; lascia anche il proprio<br />

testamento:<br />

25 L’Internazionale, 16 gennaio 1915, QUILICI, cit., pag. 15 – 16.<br />

26 ROVERI, cit., pag. 310<br />

27 La Provincia di Ferrara, 27 aprile 1915, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

28 La Rivista, 23 maggio 1915, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara. Processo<br />

istruito fra l’11 e il 18 Maggio; <strong>Poledrelli</strong> viene difeso dall’avv. Pierluigi Casati,<br />

anch’egli interventista e autore di un interessante diario di guerra nei giorni di<br />

Caporetto (Pierluigi Casati, Studio su Caporetto, a cura di Bragatto-Montesi,<br />

Ferrara, 2009).<br />

29 L’Internazionale, 22 Maggio 1915, QUILICI, cit., pag. 22-23<br />

30


Da aprirsi in caso di morte<br />

in caso che dovessi lasciare la vita sui campi di battaglia, queste sono le ultime<br />

mie volontà che prego i rimasti di eseguire:<br />

I – Lascio tutti i miei libri, opuscoli, giornali al mio amico Gaini Ugo eccetto<br />

quelle pubblicazioni che parlano di me e che vi sono miei scritti, anche con gli<br />

pseudonimi (Kean, Manogina, S. Leone) che restano proprietà della famiglia<br />

e che prego di conservare sempre.<br />

II – Le carte, le lettere, i documenti restano di proprietà della famiglia.<br />

III – Riaffermo ancora la mia fede anarchica. Le ragioni del mio atteggiamento<br />

sono spiegate in articoli su “L’Internazionale” e “Guerra di Classe”.<br />

In fede<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

23/5/1915<br />

NB. Fare sapere se è possibile, ad Angelica che il solo, l’unico amore fu per<br />

Lei, come per Lei, insieme ai più cari, sarà l’ultimo pensiero. 30<br />

30 Lettera autografa, Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di<br />

Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara.<br />

31


Lettera testamento di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> del 23 maggio 1915. (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>,<br />

Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

32


CAPITOLO TERZO<br />

1915 – 1916: DA FERRARA ALL’ALTIPIANO DI VEZZENA<br />

Il 24 maggio la guerra è dichiarata. <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, veste la divisa del volontario,<br />

seppur assegnato a un reparto non combattente, quello dei Volontari<br />

Ciclisti e Automobilisti (V.C.A.) di Ferrara, composto da persone fisicamente<br />

inadatte o troppo anziane per le fatiche militari. Di stanza all’abbazia di Pomposa,<br />

alla mobilitazione il reparto è destinato alla difesa costiera dalle foci del<br />

Po alla Salina di Comacchio, assieme a una compagnia della Milizia Territoriale<br />

e ad alcune Guardie di Finanza.<br />

La vita di Pomposa è un vero tormento per lui. Costretto ad una vita che di<br />

militare non ha altro che le apparenze, esposto ai dileggi della popolazione che<br />

vede in loro solamente i soldati della “terribile”, <strong>Poledrelli</strong> trascorre lunghi<br />

mesi di noia e inquietudine. Appartiene alla schiera degli imboscati per forza<br />

e ne è umiliato 1 . Nonostante la salute cagionevole, mal sopporta la routine<br />

dell’attività di presidio: giunge ad inviare via telegramma una protesta formale<br />

al Ministero della Guerra e chiede d’essere inviato al fronte.<br />

Da Pomposa scrive all’amico e maestro Edmo Biolcati:<br />

Io desidero di andare al fronte come i primi giorni della mobilitazione. Anzi<br />

ora lo desidero più ardentemente perché ogni giorno che passa più sento di<br />

infangarmi nel fango dell’umiliazione. Vorrei poter dimostrare a coloro, che,<br />

forse non a torto ci disprezzavano, che non siamo dei vili, ma che nostro dovere<br />

lo sappiamo compiere. Pazienza. Verrà il giorno, il bello e desiderato<br />

giorno anche per noi. 2<br />

Giunge la notizia della morte di Germano Manini; in suo ricordo <strong>Poledrelli</strong><br />

scrive:<br />

Ricordo il povero amico nostro, nella grande vigilia, nelle riunioni del Fascio<br />

Interventista; lo ricordo con quel suo bel sorriso buono ed ingenuo dare, colla<br />

timidezza di una fanciulla e il senno di un uomo maturo dei consigli per lo<br />

svolgersi felice della buona battaglia. Filippo Corridoni, Ubaldo Corridoni,<br />

Giulio Barni, Nino Rabolini, Ruggero Fauro, Germano Manini … Quante<br />

giovinezze sacrificate su l’altare dell’Italia rinnovata… Non piangiamo. Essi<br />

non hanno bisogno delle nostre lacrime. Un solo dovere ci resta: vendicarli!<br />

E li vendicheremo. Nelle trincee: contro i nemici di fuori, sulle piazze: contro<br />

1 Il battaglione V.C.A. era chiamato, per irrisione, “Oh, Dio mama”.<br />

2 Lettera del 27 ottobre 1915, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e<br />

l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

33


Gruppo di militari del Battaglione Volontari Ciclisti Automobilisti. Reparto di Ferrara<br />

(24°). Abbazia di Pomposa 23 giugno 1915. Partendo dal basso nella seconda fila, il quarto<br />

da destra è <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>. (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di<br />

Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

34


i traditori di dentro. 3<br />

Finalmente, il 7 Novembre, il Reparto viene disciolto (probabilmente perché<br />

gli alti comandi, vedendo con scarsa simpatia i corpi volontari, tendono gradualmente<br />

a eliminare ogni anomalia organizzativa). <strong>Poledrelli</strong> ritorna a Ferrara,<br />

ed il 23 novembre può essere arruolato regolarmente. Il 10 dicembre viene<br />

incorporato nel 73° Reggimento di Fanteria, Brigata Lombardia, ed il 1 gennaio<br />

del 1916 è assegnato al 206° Reggimento di Fanteria, Brigata Lambro 4 .<br />

Al momento di partire per Lecco, centro di raduno del Reggimento, scrive<br />

agli amici:<br />

Se avvenga che io paghi con la vita l’ardente mio amore alla patria, guardatevi<br />

bene dal compiangermi. Rechereste ingiuria alla mia memoria 5<br />

Da Lecco, il 10 dicembre, scrive poi un interessante articolo dal titolo “Verso<br />

la caserma con i coscritti di Ferrara” 6 :<br />

Non fu felice il viaggio nel senso, dirò così, materiale della parola, ma moralmente<br />

parlando fu un’altra cosa. L’allegria, il buon umore non fecero difetto.<br />

Tutti i canti più popolari e più appassionati della patria e dell’amore sgorgavano<br />

dal cuore e dalle labbra di noi tutti. Ma la canzonetta che dominava<br />

nel tumulto dei canti, la regina dei cori, fu come sempre: “E se non partissi<br />

anch’io sarebbe una viltà”. Quelle canzonette non erano, in fondo, che il<br />

frutto della ribellione contro un nodo che ci serrava, ostinatamente, la gola.<br />

Perché si ha un bel essere scettici, indifferenti, ma quando si sente il rumore<br />

della locomotiva, che, inesorabilmente ci porta lontano dagli affetti dei<br />

parenti, delle fanciulle, degli amici e lontani dalla nostra vecchia Ferrara<br />

esuberante ed affascinante di grandi ricordi antichi e di piccoli pettegolezzi<br />

moderni, si sente in modo tirannico l’attaccamento a queste cose. Ma ognuno<br />

di noi cantava, cantava disperatamente, per nascondere, a vicenda, i segni<br />

evidenti della nostra commozione. Cantavano anche coloro che, in altri momenti,<br />

avrebbero straziato i timpani agli ascoltatori. Ero in uno scompartimento<br />

completamente occupato da buoni villici. Essi erano timidi…<br />

Finalmente potemmo scorgere, fra la nebbia e l’oscuro i piccoli paesetti lom-<br />

3 Gazzettino Rosa, numero speciale, novembre 1915, Biblioteca Comunale Ariostea<br />

di Ferrara.<br />

4 Foglio Matricolare di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Ruoli Matricolari, anno 1893, Archivio di<br />

Stato di Bologna. Vedasi in appendice<br />

5 La Rivista, 5 luglio 1917; ed in GRECI, Luigi, “Memorie eroiche. <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>,<br />

l’operaio volontario di guerra. Lettere e diario alla vigilia della morte sul campo”, in<br />

Corriere Padano, s. d. (anni trenta). Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione<br />

Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara.<br />

6 La Rivista, 16 dicembre 1915, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

35


ardi che ci preavvisavano il luogo di destinazione. Sentinelle avanzate: i<br />

monti. Allo spettacolo dei quali un urlo di ammirazione uscì spontaneo dai<br />

nostri petti. Ed una voce stentorea e potente soprattutto, di tutti, interpretando<br />

il pensiero gridò: “E noi dobbiamo vincerli e conquistarli?!” In quella voce<br />

c’era tutto il nostro orgoglio… Finalmente, sul fare della notte (Altro che notte!<br />

…) entrammo, intontiti dal lungo viaggio, accolti dalla fanfara del nostro<br />

reggimento in Lecco. Bastò la musica perché ogni stanchezza in noi sparisse<br />

ed a prova di ciò intonammo: “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta”. Mentre si<br />

passava in una via, una finestra si schiuse e dalla persiana scorsi un viso di<br />

fanciulla che ci regalava un divino sorriso. Chiamai: Lucia! Ma io non sono<br />

Renzo Tramaglino…<br />

Pochi giorni dopo scrive un altro articolo dal titolo “Natale in caserma”, dove<br />

traspare tutta la nostalgia per la famiglia lontana 7 :<br />

Ieri, vigilia di Natale, la caserma presentava un insolito aspetto. Un via vai di<br />

furieri e di cucinieri. Ogni soldato aspetta il pacco, il vaglia, la lettera consolanti;<br />

grandi preparativi per il rancio speciale … Quanta allegria in tutti. …<br />

Invece oggi abbiamo perduto quell’allegria di ieri. C’è in tutti una melanconica<br />

e brontolona mestizia… questa festa di Natale ha un fascino speciale su<br />

di noi. Si ha un bell’essere miscredente ma oggi si desidera, più che in altra<br />

solennità, la casa propria, sotto lo sguardo affettuoso e buono della famiglia.<br />

Si pensa ai cari lontani con nostalgia infinita ed accorata. Ma ecco, suona la<br />

libera uscita. …Si gironzola un po’ per le vie semi-deserte della città. Quei pochi<br />

borghesi che incontriamo ci guardano con lo sguardo della compassione.<br />

Forse anche loro hanno qualche parente in qualche caserma lontana e forse<br />

al fronte. Egoista! Ed io ho pensato solo a me, solo al mio dolore di umile<br />

coscritto. E non ho pensato prima a quelli che oggi al fronte sono soli con la<br />

morte al fianco, che anche oggi combattono, che anche oggi cadono feriti e<br />

morti per la patria …. Ed anche essi hanno la mamma, la famiglia, gli amori.<br />

Fortunati, oggi, siamo noi, che se non possiamo passare il Natale accanto<br />

ai nostri, pure, colla penna, possiamo sfogare la piena del cuore. Mentre ad<br />

essi, poveri fratelli nostri, è tolta questa pur piccola soddisfazione. E forse<br />

non si lamentano, non si lagnano. Forse essi vedono il Natale come un sogno.<br />

“Pace agli uomini di buona volontà” disse il Redentore della leggenda, ma<br />

essi hanno di fronte, insidiosi, gli uomini che hanno voluto la guerra per un<br />

vasto e stolto sogno di egemonia e di oppressione internazionale. … io penso,<br />

essi passano un Natale migliore, nel senso più umano della parola, del nostro<br />

7 La Rivista, 27 dicembre 1915, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

36


Gruppo di ufficiali del Battaglione Volontari Ciclisti Automobilisti. Reparto di Ferrara<br />

(24°). Stazione ferroviaria, probabilmente di Ferrara. (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio<br />

Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

e di quello delle loro famiglie. Questo deve essere stato anche il ragionamento<br />

dei miei commilitoni perché quando sono entrato in caserma, prima, molto<br />

prima della ritirata, li troverai riuniti in cortile, che nel nostro dialetto ferrarese<br />

mandavano le più fiorite ingiurie a Francesco Giuseppe ed a Guglielmo<br />

II. Così senza ulteriori novità si è passato il giorno di Natale.<br />

Il periodo d’addestramento risulta piuttosto lungo e faticoso: il suo fisico è<br />

inadatto alle esercitazioni, ed alle marce. Ben presto si ammala e viene condotto<br />

al Deposito Militare Convalescenze di Celana, in provincia di Bergamo.<br />

Non sarà il primo ricovero: vari altri si susseguiranno.<br />

Il 19 Febbraio scrive al maestro Biolcati:<br />

Carissimo Maestro, ringrazio il mio antico commilitone di non dimenticarmi.<br />

Ciò mi procura una intima e sentita gioia. Ringrazio pure il resto degli amici<br />

per i loro auguri che mi giungono oltremodo graditi. Il Caffé Milano non dimentica<br />

i suoi frequentatori. Se sapessi come nelle ore di malinconia penso a<br />

quel fumoso locale ove ci si avvelena seriamente, ed alle volte, allegramente,<br />

dicendo male del prossimo e malignando magnamente sugli amici assenti.<br />

Ma spero che compiuto il mio dovere, se sarò risparmiato, di ritornarvi e di<br />

37


passare altre ore di ozio e di noia, come una volta. Perché io spero di guarire<br />

completamente entro il mese per potere coi primi di marzo partire col mio<br />

Reggimento (206°) per il campo di dovere. Le febbri è qualche giorno che<br />

sono cessate e da qualche giorno che vado gironzolando attorno, non più lontano,<br />

il fabbricato. E’ già molto se si pensa a quello che ho passato... 8<br />

A fine Marzo si annuncia la partenza per il fronte; <strong>Poledrelli</strong> scrive a Biolcati:<br />

Io ora sto bene; o vedo qualche lieve disturbo. Ma sono pronto per fare il mio<br />

dovere di soldato. Dopo una preparazione così lunga era ora! Al mio 206°<br />

Regg. c’è Regolo Roveroni, S. Tenente. Io sono ben voluto da tutti gli ufficiali<br />

della mia compagnia. Insomma sono contento. Vedo l’ora di andare al<br />

fronte. Questa è un’attesa febbrile. Forse<br />

andremo sul fronte del Trentino. Le<br />

mostrine nostre sono i colori di Trento. 9<br />

Nell’Aprile 1916 il Reggimento parte<br />

finalmente per il fronte degli Altipiani,<br />

dove andava addensandosi la minaccia<br />

della Strafexpedition austro-ungarica.<br />

<strong>Poledrelli</strong> giunge a Bassano l’8 Aprile<br />

e inaugura la stesura del suo breve<br />

diario di guerra, che qui riportiamo<br />

integralmente ed analizziamo storicamente.<br />

Comprende il breve tempo che<br />

va dall’Aprile del 1916 fino alla fine<br />

del Maggio, con l’angosciata narrazione<br />

della ritirata dal Trentino. Lo stile<br />

è quello abituale, pur se più nervoso e<br />

conciso.<br />

Lettera ad Angelica di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> del 2 settembre 1915. Abbazia di Pomposa . (Fondo<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>,<br />

Ferrara).<br />

8 Lettera del 19 febbraio 1916, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e<br />

l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

9 Lettera del 27 marzo 1916, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e<br />

l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara. .<br />

38


DIARIO DI GUERRA<br />

(8 Aprile – 22 Maggio 1916)<br />

8 Aprile<br />

Partenza da Lecco alle ore 15,30. Un po’ di inevitabile commozione presto<br />

soffocata dalla naturale giocondità giovanile. Molta gente alla stazione. Saluti.<br />

Sventolamenti di fazzoletti. W il 206. Fiori. Confetti. Scaldamano. Signorine.<br />

Signore. Uomini. Bambini. Soldati.<br />

9 Aprile<br />

Ore 9,30 arrivo a Bassano. 10 Verso il ponte del Trentino. Animazione militare<br />

per tutta la cittadina e relativi paesi circonvicini. Ufficiali di ogni grado e<br />

di ogni corpo. Automobili, motociclette, biciclette, camions. Tutto assorbito<br />

dal servizio militare. Si comincia a sentire la guerra. Quale differenza nella<br />

popolazione! Qui nessun saluto ci accoglie. La città mostra di ignorare<br />

il nostro arrivo. Nessuno di noi se ne meraviglia. Per diverse ragioni e le<br />

più importanti sono due: la prima perché si è digiuni e si hanno 20 km. di<br />

cammino da fare prima di raggiungere il nostro accantonamento. La seconda<br />

che è naturale che una città invasa completamente da truppe per e dal fronte<br />

non faccia accoglienza a qualche centinaio di uomini che arrivano. La marcia<br />

è stata disastrosa. Con uno zaino che pesa 40 kg., digiuni ed insonni, non<br />

si può pretendere una marcia ordinata come quando si facevano in tutt’altre<br />

occasioni, per istruzione. Non si poteva evitare questa marcia? Io credo di si.<br />

Ma diversamente à 11 pensato il comando. Pazienza. Non ostante a ciò, il morale<br />

delle truppe è sempre elevato. E ciò ancora questi coscritti che dimostrano di<br />

essere uomini prima del tempo. Sono le 4 e ancora si deve mangiare il primo<br />

rancio. Quasi tutti siamo digiuni. Durante la marcia sono stato colpito da un<br />

piccolo svenimento dovuto all’insolazione. 12<br />

10 Come sappiamo, l’area di adunanza della Brigata Lambro era attorno a<br />

Marostica. L’autore parla infatti, in seguito, di 20 km. da percorrere per giungere<br />

all’accantonamento, situato a Mason Vicentino, nei pressi di Marostica e a circa venti<br />

chilometri ad ovest di Bassano.<br />

11 Arcaismo ricorrente nell’autore. Sta per “ha”.<br />

12 Lo stesso giorno <strong>Poledrelli</strong> invia un articolo a “La Rivista”: “Sono uscito dall’ospedale di<br />

Celana guarito, guarito anche di spirito perché penso che a qualche cosa sarò utile anch’io. I<br />

miei compagni sono latinamente allegri e credono alla immancabile vittoria nostra sulle turbe<br />

degli Unni e dei mangiasego. Siamo accantonati in un suggestivo paesello, continuamente<br />

visitato dai velivoli nemici. Io confido che saranno tanto gentili da permettermi di poter provare<br />

sulle cucurbitacee craniche dei loro compagnoni le graziose meraviglie del mio fucile.” La<br />

Rivista, 13 Aprile 1916, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

39


40<br />

11 Aprile<br />

Oggi sono di guardia. Riposo assoluto<br />

durante il giorno. Ma nell’impossibilità<br />

quasi di dormire nella notte. Dobbiamo<br />

fare la guardia alla tenda dei prigionieri.<br />

Brutto mestiere. Io non discuto sulla<br />

giustizia o meno delle punizioni. Anzi,<br />

credo siano giuste. Ma quello che credo<br />

inopportuno è che altri soldati facciano i<br />

questurini ai propri compagni. Ciò ripugna<br />

alla coscienza e al sentimento dei miei<br />

commilitoni. Io per il primo. Non ci sono i<br />

poliziotti ed i carabinieri per disimpegnare<br />

questa odiata ma necessaria mansione?<br />

12 Aprile<br />

Piove. L’istruzione della mattina non si<br />

fa. Ed è la principale e la più faticosa.<br />

Nonostante, un senso di malinconia è<br />

diffuso fra i soldati. Si pensa ai nostri fratelli<br />

che sono nelle trincee. Nel pomeriggio<br />

cielo rischiarato, aria fresca. Si fa una<br />

passeggiata accompagnati da un aspirante.<br />

E si viene a casa verso le 4,30.<br />

13 Aprile<br />

Oggi cinquina e distribuzione del tabacco.<br />

Non solo, ma anche libero. Uscita nella<br />

mattinata per la comunione. La comunione<br />

non è stata fatta da quasi nessuno 13 . Si vede<br />

che il soldato italiano più che raccomandarsi<br />

a Dio si raccomanda al suo fucile.<br />

Diario di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>. (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di<br />

Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

13 Qui l’anarchismo anticlericale di <strong>Poledrelli</strong> trova un momento di libera uscita.


14 Aprile<br />

Questa mattina siamo usciti per eseguire una azione tattica. Ma il cielo, che<br />

era già minaccioso prima di partire, ci ha scaraventato dopo un due km.<br />

di marcia una valanga di grandine e di pioggia. Noi l’abbiamo presa tutta,<br />

finché dopo che il tempo aveva soddisfatto il suo capriccio siamo ritornati<br />

nell’accantonamento rinunciando all’azione tattica. Ma tutto ciò mi ha<br />

prodotto la febbre. Febbre che alle 4 del pom. Era a 38 ½ e che dalle 9 alla<br />

una pom. era certamente salita ai 40 gradi. Spero che non mi torturino anche<br />

le febbri artritiche. Sarebbe una disperazione.<br />

15 Aprile<br />

Oggi riposo. Febbre a 37 ½ gradi.<br />

16 Aprile<br />

Riposo. Febbre 39 gradi. Internamento in infermeria.<br />

17 Aprile<br />

Niente febbre. Speranza di uscire per domani.<br />

18 Aprile<br />

Niente febbre 14 .<br />

19 Aprile<br />

Uscita dall’infermeria. Si parla di partire in giornata. I preparativi sono in<br />

questo senso. Ma all’ultimo momento viene sospeso l’ordine.<br />

14 Lo stesso giorno <strong>Poledrelli</strong> invia una lettera ad Edmo Biolcati: “Mi sembri molto<br />

esagerato nelle tue lodi. Io non sono che un soldato, forse il peggiore nel senso<br />

diremo così tecnico, fra i milioni di altri sui quali l’Italia può contare. Oggi è molto<br />

facile, specie per noi, a fare il soldato giacché non esiste più quella disciplina di una<br />

volta e poi a dirti la verità ci trattano bene anche nel vitto: Caffé il mattino, pasta<br />

asciutta o in brodo il mezzo giorno, col suo bravo bicchiere di vino; brodo, carne<br />

formaggio e vino la sera. Aggiungi a questo tre sigari, un pacchetto di tabacco ed uno<br />

di sigarette e cinquanta soldi ogni 5 giorni, e dimmi un po’ se non siano trattati peggio<br />

dei principi? Vedi dunque che la vita di guerra non è poi così dura come si dice.<br />

Dunque: niente lodi. Le lodi debbono essere riservate a voi piuttosto, che rimanete<br />

sempre in più esiguo numero a combattere le facce fesse e ripugnanti dei neutralisti<br />

tedescheggianti ed austriacanti che per mettere la zizzania nel paese si sono fatti<br />

esentare dal servizio militare. … Noi siamo la milizia della morte e siamo in molti ad<br />

affrontare questa nemica leale mentre voi – milizia di galantuomini – siete in pochi<br />

ad affrontare un nemico che si può anche nascondere sotto un falso patriottismo.<br />

Onore a voi e coraggio”. Lettera del 18 aprile 1916, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea,<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi<br />

di Ferrara.<br />

41


21 Aprile<br />

L’ordine di partire è venuto per quest’oggi. Infatti si è partiti da Mason<br />

Vicentino alle 6 del mattino e si è arrivati a S. Caterina di Lusiana 15 alle 11 ant.<br />

5 ore di marcia, interrotte da brevi esperte soste, compiute magnificamente<br />

dal battaglione. Sono senza zaino. Così ci si avvicina sempre più alla linea di<br />

combattimento<br />

23 Aprile<br />

Pasqua triste. Non perché ci troviamo lontani dalle famiglie e perché insieme<br />

ad esse non possiamo mangiare il tradizionale ovo pasquale, ché la giocondità<br />

dei nostri anni giovanili ci ha ricompensato, se non ad usura, certo il necessario,<br />

la nostalgia famigliare. Pasqua triste perché la piova fitta, torrenziale, non ha<br />

lasciato nemmeno per un momento dal scendere dal cielo. Questa Pasqua ci<br />

induceva ai pensieri tristi. Per fortuna che si è giovani.<br />

24 Aprile<br />

Marcia.<br />

25 Aprile<br />

Corvée.<br />

27 Aprile<br />

Riposo e febbre 38,5.<br />

28 Aprile<br />

Febbre a 42. Sono entrato in infermeria per la seconda volta.<br />

29 Aprile<br />

Niente febbre. In queste ore di ozio leggo Leopardi. Il quale non mi convince.<br />

La morte resta sempre la più grande nemica degli uomini. Domandate al più<br />

disgraziato, al più infelice degli uomini se alla certezza delle sue disgrazie<br />

preferisce il nulla, o per lo meno l’incerto della morte. Caro buon gobbo, a<br />

te, alla tua filosofia tetra, preferisco quella del tuo collega Carducci. “Amate,<br />

amate, la vita è bella, finto l’avvenir”. E non à torto. Io che più volte sono stato<br />

a faccia con la morte lo posso ben dire! La mia speranza era sempre quella di<br />

15 Percorso di circa 20 km., in modesta salita. S. Caterina di Lusiana è situata ai piedi<br />

dell’altopiano dei Sette Comuni, a sud est di Asiago.<br />

42


staccarmi dalle sue morse. Quando mi portarono qui dentro ero mezzo morto,<br />

stavo male, avevo la febbre a 42 g. Ebbene, ho forse invocato, liberatrici, le<br />

forbici fatali della Parca? No! Invocavo colla mente, col cuore, la mamma e la<br />

fanciulla del mio cuore. Invocavo queste perché esse sono la ragione principe<br />

che mi fa amare, che mi fa idolatrare la vita. Mi sembrava che invocando questi<br />

angeli santi il dolore e la stessa vicina probabilità della morte si allontanassero<br />

da me. Ed ancora: perché io espongo in questi giorni giocondamente la<br />

vita? Perché sfido con serenità d’animo la morte? E ciò senza un lamento,<br />

senza una querela, anzi con intima gioia, con infinito piacere? La ragione è<br />

semplice: perché ritengo che il mio fucile compirà opere di giustizia, in quanto<br />

sopprimerà uomini che sono strumenti di prepotenti malsani che col loro sogno<br />

pazzo di dominare il mondo volevano rendere la vita insopportabile. Perché io<br />

sono anarchico convinto? Perché fermamente credo che l’anarchismo sia uno<br />

sforzo continuo, necessario, per il raggiungimento dell’anarchia, che sarà la<br />

società perfetta che permetterà agli uomini di vivere felici. Ecco perché anche<br />

quando ci sarà la pace io resterò sempre l’eterno pellegrino errante del grande<br />

ideale: rendere sempre più tollerabile, bella e santa la vita. E per questo lotterò<br />

sempre a costo della vita. Sicuro, perché la vita di un individuo vale la felicità di<br />

cento altri. Si dice: ma Leopardi, disgraziato per natura, sfortunato fin dal suo<br />

affacciarsi alla vita, misconosciuto dal padre che duramente lo trattava, deriso<br />

dai paesani ignari del suo genio, sfortunato nell’amore essendogli morta colei<br />

che amava 16 e fuggito dalle altre, essendo le donne vanitose per natura, poteva<br />

ragionevolmente esaltare la vita quando questa gli faceva gustare il suo calice<br />

amaro fino alla feccia lurida e schifosa? È vero tutto ciò, ma se non voleva<br />

esaltare la vita, se non lo poteva fare, doveva almeno cercare di renderla meno<br />

infelice. E forse col suo ingegno lo poteva. O piuttosto Leopardi ha creato<br />

quella sua tetra filosofia non per odio alla vita ma perché mancava di due<br />

essenziali qualità umane: la volontà e la speranza? Ciò è grave. “Chi non<br />

spera muore”, disse un poeta minore ma ben più sano del grande Leopardi.<br />

E chi manca di volontà manca del pane più saporoso della vita. Se di queste<br />

due qualità mancava il Leopardi, allora è giustificata la sua filosofia. La quale<br />

non sarà mai umana ma sarà e resterà sempre individuale. La conclusione mia<br />

personale è questa: Leopardi mi commuove ma non mi convince, Carducci mi<br />

esalta e mi convince. Io amo la vita ed odio la morte.<br />

16 Evidente equivoco, scaturito dalla lettura di “A Silvia” e frutto di una preparazione<br />

culturale poliedrica (si nota nell’autore curiosità e desiderio di conoscere, correlati ad<br />

un bagaglio di letture non banale) ma poco sistematica e approfondita.<br />

43


1 Maggio<br />

Uscita dall’infermeria con 8 giorni di riposo.<br />

5 Maggio<br />

Oggi un avvenimento singolare e triste à messo a rumore tutta la compagnia.<br />

Un nostro commilitone si è tolta la vita. Con due colpi di fucile, si è fatto<br />

saltare le cervella.<br />

Molte chiacchiere, infinite supposizioni. Nulla di concreto. Egli non ha lasciato<br />

scritto niente. Dopo lo spoglio della corrispondenza si era all’oscuro più di<br />

prima. Stanco della vita? O di questa vita? Ma!... Ogni commento è superfluo.<br />

6 Maggio<br />

Oggi funerali del nostro amico. Una squadra faceva gli onori militari.<br />

7 Maggio<br />

Questa mattina improvvisamente sono partite tutte 4 le sezioni mitragliatrici.<br />

Non si sa per dove. 17 Significa questa repentina partenza la prossima medesima<br />

anche per noi? Non si sa nulla. Ma sarebbe ora. Questa vita di vigilia scoraggia,<br />

annoia, fa troppo pensare.<br />

8 Maggio<br />

Marcia discretamente sopportata. Spero bene per l’avvenire della mia salute.<br />

9 Maggio<br />

Tiro a segno collettivo a squadre. La mia squadra 9° del 3° plotone della 10°<br />

compagnia 206° reggimento ha fatto 39 punti. 12 sagome. Il che significa che<br />

avremmo vinto il I° premio se non ci fosse stata un po’ di simpatica ... 18 fra<br />

gli ufficiali. In seguito a ciò il I° premio fu assegnato all’8° del 2° plotone. Il<br />

2° premio però è rimasto alla 9°...<br />

10 Maggio<br />

Questa mattina non ho sopportato la marcia. Sentendo che mi veniva la febbre<br />

mi sono fermato. Col caporale della mia squadra che mi accompagnava ci<br />

17 Era infatti appena pervenuto dal Comando Supremo, in vista dell’imminente<br />

offensiva austro – ungarica, l’ordine di assegnazione della Brigata Lambro alla 34°<br />

Divisione in linea davanti a Lavarone.<br />

18 Parola illeggibile: “......one”. Forse: competizione, emulazione. Detto in tono<br />

evidentemente polemico<br />

44


hanno fermato in una casa ospitale che mi ha ricoverato una prima volta, nella<br />

quale c’è una ragazza che non mi nasconde le sue simpatie. Nel pomeriggio il<br />

Tenente Oletta 19 , un ufficiale intelligente, simpatico e buono mi ha domandato<br />

notizie della mia salute. Avutale, mi disse che potevo lasciar a casa lo<br />

zaino e fermarmi quando credevo, perché egli non mi avrebbe certamente<br />

rimproverato. Tanto più ch’egli prevede che al fronte io non ci andrò. Egli<br />

credeva forse di darmi una consolazione con queste sue parole e m’ha recato<br />

dispiacere. Per deferenza lo ringraziai lo stesso.<br />

11 Maggio<br />

Seconda lezione di tiro. Altro successo della 9° squadra. Nessuno ha raggiunto<br />

i punti e le sagome che abbiamo fatto noi. 18 p. 12 s. Ma anche questa volta<br />

il I premio non ci fu assegnato. Comincia ad essere una indecenza. Sento<br />

che domani partiremo per Gallio, poco distante da Asiago. Questa sera sono<br />

andato a prendere commiato dalla fanciulla di Conco 20 . Si vedeva negli occhi il<br />

dolore per la mia partenza. Me l’ha detto: me crepa il cor. Anche a me dispiace.<br />

Quando à saputo che si va a Gallio m’ha promesso di venirmi a trovare per<br />

domenica. Intanto, la mattina seguente sarebbe venuta alla Bocchetta 21 per<br />

darmi l’ultimo saluto. Curioso e strano il caso che m’ha fatto conoscere questa<br />

fanciulla. In una marcia faticosa e lunga mi assalì la febbre e dovetti fermarmi.<br />

Questa mi raccolse e mi portò fino a casa sua dove da tutta la famiglia mi fu<br />

fatta festa.<br />

12 Maggio<br />

Per interessamento del Tenente Oletta, nella marcia di questa mattina non porto<br />

lo zaino. Credevo di partire con la compagnia, invece all’ultimo momento<br />

m’hanno messo di scorta al carreggio. È vero che di fatica ne ho fatta metà<br />

di meno, ma preferivo andare con la compagnia, insieme ai miei amici e per<br />

incontrare la Amelia. Ma la passeggiata è stata allegra lo stesso. Eravamo<br />

una brigata. Un caporale zappatore, Zanchi, tipo arguto e simpatico, un cap.<br />

mag. zap., <strong>Mario</strong>tti, un trentino pieno di buon senso e di ingegno. Ce la siamo<br />

passata discretamente. Per accorciare la via abbiamo attraversato un monte<br />

19 Nome non ben interpretabile: Oletta, Agletta, Aglietta, Oglietta?<br />

20 Località nei pressi di S. Caterina di Lusiana. Fra Amelia e l’autore, che vuole<br />

dimenticare il rapporto tormentato con Angelica, nasce un idillio che, con alterne<br />

vicende, si protrarrà fino ai primi mesi del 1917.<br />

21 Località a nord di S. Caterina di Lusiana, alle falde di Monte Bertiaga, sulla<br />

strada per Gallio e Asiago<br />

45


oscoso. 22 Ci siamo divertiti un mondo. Un fresco ristoratore attutiva il caldo<br />

prodotto dalla fatica. Dopo, avendo una discreta fame, andammo in cerca di<br />

una cantina. Ma era come una fiaba: cammina cammina e mai si arrivava.<br />

Finalmente, dopo un due ore di cammino<br />

sulla strada piana, non incontrando che qualche faccia proibita di montanari,<br />

circondata dai boschi montuosi, siamo arrivati a un’osteriola invasa da<br />

soldati di ogni arma che venivano e andavano al fronte. Ci siamo alla meglio<br />

accomodati ed abbiamo mangiato un po’ di umido, un po’ di pane e un<br />

bicchiere di vino. Verso le 8 siamo arrivati. Pulizia alle armi.<br />

13 Maggio<br />

Oggi riposo. Questa notte abbiamo dormito sulle nude tavole. Un male<br />

terribile alle ossa. Questa mattina sono andato a cercare ed ho trovato quella<br />

famiglia a cui sono stato raccomandato da Amelia. Grandi accoglienze. Se<br />

Carri di munizioni. (La Guerra, dalle raccolte del Reparto Fotografico del Comando<br />

Supremo del Regio Esercito, Milano, Treves, 1916. Archivio Associazione Culturale di<br />

Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

22 Arduo identificare il percorso compiuto dal gruppo di <strong>Poledrelli</strong>: una delle tante<br />

carrarecce che da Lusiana salgono verso Cima Echar e sboccano a nord nell’area di<br />

Gallio. La montagna boscosa di cui si parla è probabilmente il Bertiaga.<br />

46


dovessi rimanere qui qualche giorno passerei qualche buona ora. Ma è quasi<br />

certa la nostra partenza per domani.<br />

14 Maggio<br />

Infatti questa mattina alle 5,30 partenza per Ghertele 23 . 5 ore di cammino, 4<br />

delle quali sotto la pioggia. Abbiamo attraversato Asiago e ... 24 . Gli ultimi<br />

paesi e poi ci siamo trovati in zona di combattimento per una strada coperta da<br />

monti boscosi di pino. Qualche cosa d’incantevole. Alle 11,30 siamo arrivati<br />

a destinazione. Siamo ricoverati in una pineta che si assomiglia stranamente a<br />

una pagoda cinese. Ci hanno discretamente accomodati. Meglio che a Gallio,<br />

ove si dormiva sulle nude tavole, mentre qui si ha la paglia nuova e pulita.<br />

Ciò non toglie però che ci siano quei tali animaletti 25 che a tutte le persone per<br />

bene mettono schifo, mentre su di noi compiono una funzione utile tenendoci<br />

svegli nelle ore noiose di sentinella. Questo paese è composto tutto o quasi di<br />

baraccamenti. Non si vede un borghese a pagarlo a peso d’oro.<br />

15 Maggio<br />

Riposo assoluto. Una notte così calma è un pezzo che non l’avevo passata. Ho<br />

dormito come un ghiro. Non si sa quanto ci si ferma ancora. Le chiacchiere sono<br />

molte. Chi dice che si va in trincea questa sera, chi afferma che ci fermeremo<br />

qui per qualche mese, altri dicono che saremo aggregati al genio e costruiremo<br />

trincere. Ma nessuno sa nulla. Sembra per un momento che quest’ultima ipotesi<br />

abbia più fondamento delle altre, perché ci hanno distribuito gli attrezzi per il<br />

cavo. Ma poi nell’ora del silenzio il Capitano ci venne ad avvisare di tenersi<br />

pronti per un eventuale allarme. Così si è ricaduti ancora una volta nel buio.<br />

Durante il giorno parecchi allarmi a causa degli aeroplani che passeggiano<br />

nello stretto spazio di cielo di questa vallata lasciato libero dalle montagne.<br />

Si sentono meravigliosamente lo scoppio di granate, di mine, di cannoni. 26<br />

Qualche spoletta di granata è arrivata sino qui. Niente da meravigliarsi: in<br />

linea retta siamo distanti dal fronte 3 km. Notizie giunte da Asiago dicono<br />

23 Località a nord ovest di Asiago e distante oltre 20 km. da Gallio.<br />

24 Toponimo incerto: sembra scritto Arorzo. Forse si tratta di Rotzo. In tal caso<br />

dovremmo supporre che la Brigata, per recarsi al Ghertele, non abbia percorso la<br />

strada più breve, quella di Val d’Assa (probabilmente intasata dalle salmerie e dal<br />

flusso logistico dell’esercito). La Brigata potrebbe invece aver allungato per Roana,<br />

in direzione Rotzo, svoltando poi a nord rasentando il Verena. Quindi si sarebbe<br />

dislocata nell’area boschiva fra il Verena e Ghertele.<br />

25 Evidentemente si parla dei pidocchi.<br />

26 Era appena iniziato il bombardamento che avrebbe preceduto l’attacco austriaco.<br />

47


che in quella città sono arrivati sraponeli 27 da 305 e che hanno recato parecchi<br />

danni. Di più preciso non si sa nulla.<br />

16 Maggio<br />

Riposo.<br />

17 Maggio<br />

Oggi siamo a lavorare a far trincee e reticolati. Siamo sotto il fuoco delle<br />

artiglierie nemiche. Abbiamo dovuto interrompere il lavoro due o tre volte<br />

perché le granate e gli sraponeli cadevano a poca distanza da noi.<br />

18 Maggio<br />

Oggi abbiamo continuato il lavoro di sera sempre accompagnato dal concerto<br />

delle nostre e nemiche artiglierie. Ho saputo che vicino a noi, in una baracca,<br />

c’è il comando del Generale 28 . Siamo nella località detta Val Mandrielle 29 .<br />

19 Maggio<br />

Idem di ieri. Questa mattina siamo partiti senza caffè e senza lavarci. Ciò per<br />

capriccio di un s. tenente, ma facevamo in tempo a prendere l’una e l’altra<br />

cosa. Sono piccole cose che però indispettiscono i soldati e gli fanno dire<br />

cose che fanno schifo. I signori ufficiali lo dovrebbero sapere. Quando siamo<br />

arrivati al solito posto una grande confusione regnava in quei reggimenti là<br />

accampati. Si raccontava che i ns. erano retrocessi di qualche km., che c’era<br />

stato un macello. Ma non si capiva nulla di nulla. Perché quelli che restano<br />

nelle retrovie raccontano più bugie loro che tutti i bugiardi del mondo. Il certo<br />

è che verso mezzogiorno le artiglierie nemiche hanno incominciato un fuoco<br />

indiavolato. 30 I proiettili cadevano a poca distanza da noi. Il nostro Capitano<br />

à dato l’allarme e tutti siamo corsi alle armi. Regnava un po’ di confusione.<br />

Ma è bastata la voce chiara e squillante del nostro Capitano per farci mettere a<br />

posto. Sotto il suo sguardo il quel momento noi tutti, anche gli incontentabili,<br />

27 Si tratta chiaramente degli shrapnel.<br />

28 Il Gen. Alessandro Angeli, comandante della 34° Divisione. Nella zona del<br />

Ghertele era situato il suo comando tattico.<br />

29 Casara delle Mandrielle, a quota 1593 m. La località è a mezza strada fra il Ghertele<br />

e il Costesin, a nord ovest del Verena. I lavori di trinceramento compiuti dal gruppo<br />

dell’autore si ricollegano al frettoloso rinforzo della II linea difensiva, colpevolmente<br />

trascurata per un anno dai comandi italiani.<br />

30 Dopo mezzogiorno iniziò la fase cruciale del bombardamento austriaco, volta a<br />

spianare la strada all’imminente assalto.<br />

48


Rincalzi. (La Guerra, dalle raccolte del Reparto Fotografico del Comando Supremodel Regio<br />

Esercito, Milano, Treves, 1916. Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong><br />

<strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

saremmo andati in qualunque luogo. Finalmente il fuoco nemico ha cessato.<br />

Ed è incominciato il nostro. I cannoni che avevamo vicino a noi sparavano a<br />

volontà. Negli intervalli si sentiva meravigliosamente il fuoco della fucileria<br />

e delle mitragliatrici. Siamo a 3 ¼ d’ora dalla prima linea. Finalmente in<br />

un momento di calma relativa si è saputa la verità. I nostri sono retrocessi<br />

di un centinaio di m. per portarsi in una posizione più sicura. Gli austriaci<br />

credendo a una ns. ritirata hanno fatto l’assalto. Ma le ns. mitragliatrici e la<br />

ns. fucileria li hanno fermati facendone un macello. Così è la versione che<br />

due sottotenenti che venivano dalla prima linea hanno dato al ns. Capitano. 31<br />

Con un’ora di viaggio siamo ritornati all’accantonamento. Il bilancio della<br />

giornata per la ns. compagnia è stato buono: nessuno morto, nessuno ferito.<br />

Ma le altre compagnie del ns. battaglione hanno contato parecchi feriti e due<br />

morti. Uno di questi è fratello di Negrini, ferrarese che è nella compagnia n.<br />

8 e nel plotone uno. Suo fratello non lo sa. Ma il sangue ha parlato. Perché<br />

appena è arrivato a casa è corso subito a chiedere informazioni di suo fratello.<br />

31 Si tratta probabilmente di un equivoco: il 19 Maggio gli assalti austriaci dovevano<br />

ancora iniziare.<br />

49


Gli hanno detto che è rimasto ferito. Ma lui già intuisce che era morto. Povero<br />

ragazzo. Piange e si dispera. Pazienza. Questo è il battesimo di fuoco del<br />

nostro reggimento. Speriamo che quei morti saranno ben vendicati dalla punta<br />

delle ns. baionette e dalla bocca dei ns. fucili. E saranno certamente vendicati.<br />

Arrivati a casa impariamo che il I e il II battaglione del reggimento sono già<br />

andati di rinforzo a quelli che sono in linea di combattimento. 32 Noi si ha<br />

l’ordine di tenerci pronti. Questa sera mi sono mezzo sborniato. Abbiamo<br />

bevuto in due due bottiglie di Marsala.<br />

Ho dormito profondamente. Mi sono svegliato per andare alla latrina. E questa<br />

notte il bombardamento è continuato più vivace del solito. Vedremo domani<br />

cosa succederà.<br />

20 Maggio<br />

È successo quello che si prevedeva. Verso le 10 siamo partiti per la prima<br />

linea. Vi siamo arrivati alle 2,30, stanchi e digiuni. Non si poteva sperare<br />

diversamente, in quanto che la necessità è superiore agli stringimenti di<br />

cinghia. Alle 4 abbiamo fatto l’assalto che si è ripetuto una seconda volta.<br />

Abbiamo conquistato una 50 metri di terreno. 33 La notte si è lavorato a far la<br />

trincea di prima linea. Io ero di sentinella alla mitragliatrice. Anche durante la<br />

notte si sono avuti due combattimenti di fucileria. Io ho fatto il mio dovere. Il<br />

bilancio della giornata è questo: pochi feriti, fra i quali uno dei più cari amici<br />

che abbia incontrato nella vita militare: Carlo Cielo; pochi morti, fra i quali il<br />

s. tenente Vito Pace della nostra compagnia.<br />

21 Maggio<br />

Giornata terribile, questa. 34 Nessun altro avvenimento della mia vita, per quanto<br />

32 Il 206° Lambro viene infatti mandato di rincalzo alla Brigata Salerno nell’area di<br />

Doss Marcai, tranne un battaglione che resta invece in Val Mandrielle come riserva<br />

divisionale a ridosso del minacciato Costesin.<br />

33 Sul Costone di Marcai il contrattacco, condotto da reparti della Brigata Salerno<br />

e della Brigata Lambro, riesce momentaneamente a contenere gli austriaci su Cima<br />

Mandriolo e Val Marcai.<br />

34 Sul Marcai un contrattacco, condotto dalla Brigata Salerno, da due battaglioni della<br />

Brigata Lambro e dagli alpini dell’Adamello, fallisce completamente; crolla la prima<br />

linea italiana fra Doss Marcai e Bosco Varagno; i resti delle truppe italiane (Brigata<br />

Salerno, battaglione Adamello, 155° e 206°) si ritirano. Contemporaneamente<br />

il Costesin è conquistato dalle truppe austro – ungariche, che nelle ore seguenti<br />

resistono a due contrattacchi italiani. Alle ore 12,00 l’artiglieria imperiale disperde<br />

sanguinosamente l’ultima azione italiana e determina la cattura di migliaia di<br />

prigionieri.<br />

50


possa essere strano e straordinario, potrà oscurare nella mia memoria questa<br />

data. Dei dolori nella mia vita ne ho passati. E non pochi. Di tutti i generi.<br />

Ma non da confrontarsi con questo nemmeno lontanamente. Monfortino 35 è<br />

un nome che suscita la rabbia in corpo per non averlo potuto conquistare. La<br />

ritirata è qualche cosa di ben più terribile, l’assalto alla baionetta al confronto<br />

di questa è un giocattolo. Doversi ritirare! Mi sembrava una cosa impossibile.<br />

Ma quando ho visto la mia compagnia quasi tutta fatta prigioniera dal nemico<br />

(ci sono stati parecchi vigliacchi che si sono dati volontariamente prigionieri),<br />

ma io non volevo essere fra costoro. 36 Non volevo che il mio nome fosse<br />

oscurato dal sospetto di vigliaccheria. Piuttosto che questo mi sarei fatto<br />

uccidere. E non mi rimaneva che un mezzo: quello di fuggire. Fuggire? Ma e il<br />

mio Capitano? Cosa aveva intenzione di fare? Date le ultime rabbiose fucilate<br />

al nemico corro al camminamento del mio Capitano e gli domando consiglio<br />

avvisandolo della fine che stava facendo la compagnia. Con lui c’era il s. tenente<br />

Roveroni di Ferrara, il quale si sporge un momento per vedere cosa succedeva.<br />

Vista la verità di quanto dicevo, ci siamo dati alla fuga. Non c’era altra via di<br />

salvezza. Strada facendo abbiamo incontrato il Maggiore, il Capitano della<br />

12° compagnia, lo S. M. del battaglione che facevano altrettanto. Si è raccolto<br />

più uomini che si poteva per fare una ritirata dignitosa. Ma in tutto si è in 30<br />

uomini. Nella fuga abbiamo avuto sempre alle spalle la mitragliatrice nemica<br />

e un cannoneggiamento terribile, impressionante, perlustrava il bosco. Non so<br />

ancora come nessuno ai quali ero insieme sia stato almeno ferito. Si vede che<br />

in quel momento noi tutti eravamo tanti Achille senza il vulnerabile tallone. Ad<br />

un certo punto il Maggiore ordina che gli armati del 206° facessero da vedetta<br />

nella ritirata. Io ero disarmato quindi non potevo far parte di questa piccola<br />

brigata, ma mi è sembrata inopportuna. Tanto inopportuna che mezz’ora dopo<br />

che noi si era partiti, questa ha dovuto fuggire di fronte al nemico che aveva<br />

con sé ogni ben di Dio di munizioni, mentre la ns. pattuglia, comandata da<br />

un sergente della nostra compagnia, Lombardo, era senza munizioni. E ci ha<br />

raggiunto quando noi eravamo già a destinazione. Siamo arrivati al di là del<br />

35 Toponimo di difficile localizzazione: potrebbe trattarsi del Fortino di quota 1857<br />

(detto Spitz Leve dai germanici e Camin dagli italiani) o di quello posto davanti a<br />

Marcai di Sotto. Secondo le relazioni militare, nello scacchiere della 34° Divisione i<br />

fortini propriamente detti erano tre: quello di quota 1857, di fronte a Forte Vezzena<br />

(presidiato inizialmente dagli alpini del battaglione Adamello), quello di Marcai di<br />

Sotto e quello del Costesin, su cui combattevano la Brigata Ivrea e il 205° Brigata<br />

Lambro.<br />

36 Notare come la concitazione del momento contorca la scrittura dell’autore,<br />

scardinandone i nessi sintattici.<br />

51


vecchio confine. Purtroppo mi si è stretto il cuore osservando che tante e tante<br />

vittime si erano immolate inutilmente. Le balze del Trentino erano coperte di<br />

morti e di sangue nostro. Si aveva vinto non gli austriaci, che sarebbe il meno,<br />

con questi ci si può misurare senza difficoltà sempre e ovunque, ma si era<br />

vinta la natura. 37<br />

Quale dolore dover ritirarsi. Basta, questa notte la ns. compagnia – 14 uomini<br />

in tutto compreso il Capitano – si dormirà in una stalla. 38 Pazienza. Durante la<br />

notte non si è potuto dormire.<br />

I commenti sulla ritirata erano infiniti e numerosi. Per serietà non ne prendo<br />

sul serio nessuno. Sono certo che se ci saranno dei responsabili e dei traditori<br />

saranno puniti.<br />

22 Maggio<br />

Si prosegue la ritirata del nostro reggimento. È quasi tutto decimato. Saremo<br />

in tutto 200. Durante la marcia mi ha preso la febbre. Il Capitano medico mi<br />

ha fatto un’urgenza d’entrata all’ospedale. Qui si chiude la fase eroica della<br />

mia vita. Si riaprirà? Speriamo che sì.<br />

I primi soccorsi ai feriti. (La Guerra, dalle raccolte del Reparto Fotografico del Comando<br />

Supremo del Regio Esercito, Milano, Treves, 1916. Archivio Associazione Culturale di<br />

Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara)<br />

37 L’autore qui si riferisce agli sforzi titanici compiuti, in un anno di guerra,<br />

dall’esercito italiano per dotare cime, conche e vallate di strade, fortini e ricoveri.<br />

38 La ritirata li ha condotti in una zona imprecisata fra Ghertele e Camporovere.<br />

52


COMMENTO STORICO<br />

LA BRIGATA LAMBRO SULL’ALTIPIANO DI ASIAGO<br />

La Brigata 39 , formata dal 205° e dal 206° reggimento, viene costituita il 4<br />

Aprile 1916 con zona di adunata fra Marostica e Nove di Brenta. Inizialmente<br />

costituisce, con la Brigata Taranto, la 48° Divisione (Gen. Gaetano Giardino).<br />

Il 22 Aprile viene invece aggregata alla 34° Divisione, che è in procinto<br />

di subire l’attacco austriaco; la Lambro viene dislocata nell’area fra Asiago,<br />

Gallio e Lusiana. Si tratta di una Brigata a pieno organico, che manca però di<br />

esperienza in guerra; è comandata dal Col. Brig. D’Antonio. Il 6 Maggio otto<br />

sezioni mitragliatrici della Brigata sono inviati in linea attorno ad Asiago; il 12<br />

Maggio è la volta del 205°, dislocato alle Mandrielle in rincalzo alle truppe di<br />

presidio al Costesin e incaricato dello scavo di una linea arretrata di contenimento.<br />

Contemporaneamente il Comando della Lambro e il 206° si spostano<br />

al Ghertele per difendere la linea arretrata fra Cima Mandriolo – Val D’Assa<br />

– Verena. Allo scoppio dell’offensiva austriaca i reparti della Lambro vengono<br />

inviati volta a volta nei settori critici del fronte; in particolare:<br />

il 206° combatte a Porta Manazzo, Marcai, Cima Portule e Bocchetta di Portule;<br />

il 205° è impiegato a Costesin, Castelletto e Brutta Bisa.<br />

Ma l’azione non porta a risultati e i reparti sono costretti a ripiegare gradualmente,<br />

con gravissime perdite in morti e dispersi (86 ufficiali e 3421 soldati).<br />

Il 26 Maggio il Col. Brig. D’Antonio viene silurato dal Comando Supremo<br />

e il comando della Brigata passa al Col. Brig. Francesco Saverio Grazioli. Il<br />

27 Maggio il 206° è inviato a Fontanelle per riorganizzarsi, mentre il 205°<br />

resta in linea a difesa del Turcio. Il 29 Maggio la Brigata è riunita nell’area di<br />

Lusiana, sotto la 28° Divisione; reparti del 206° combattono attorno a Monte<br />

Paù e Monte Corno.<br />

Agli inizi di Giugno la Brigata è infine aggregata alla 30° Divisione e spostata<br />

39 Ove non indicato altrimenti, fonte documentaria principale per queste notizie è:<br />

MINISTERO DELLA DIFESA, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Riassunti<br />

storici dei Corpi e Comandi nella Guerra 1915-1918, Brigate di Fanteria, Vol. 6°,<br />

Roma, 1928;<br />

per ulteriori informazioni vedasi anche:<br />

BAJ-MACARIO, Gianni, La Strafexpedition, Milano, Corbaccio, 1934<br />

GRAZIOLI, Francesco Saverio, In guerra coi fanti d’Italia, Roma, Libreria del<br />

Littorio, 1929<br />

PIEROPAN, Gianni, 1916 Le montagne scottano, Milano, Mursia, 1979<br />

SCHIARINI, Pompilio, L’Armata del Trentino, Milano, Mondadori, 1926<br />

SCHNELLER, Karl, 1916 Mancò un soffio, Milano, Arcana, 1984.<br />

53


nell’area di Grisignano per riordinarsi (si è infatti ridotta a due logori battaglioni).<br />

Il 20 Luglio, ricostituita a pieno organico, parte per il fronte carsico.<br />

NOTE STORICHE SULLA STRAFEXPEDITION NELLA ZONA<br />

MARCAI – COSTESIN<br />

54<br />

LE FORZE CONTRAPPOSTE<br />

ITALIA – LA 34° DIVISIONE IL 19 MAGGIO 1916<br />

Comandata dal Magg. Gen. Alessandro Angeli, era composta da:<br />

Brigata Ivrea (161° e 162° reggimento, Gen. Murari Brà);<br />

Brigata Salerno (89° e 90° reggimento, Magg. Gen. Fiorone);<br />

Brigata Lambro (205° e 206° reggimento, Col. Brig. De Antonio);<br />

battaglione alpini Adamello (su tre compagnie);<br />

45° e 46° Reggimento di Milizia Territoriale (Gen. Prestinari);<br />

un battaglione della R. Guardia di Finanza;<br />

7° battaglione presidiario;<br />

9° compagnia zappatori;<br />

1350 addetti ai servizi;<br />

100 pezzi d’artiglieria di piccolo calibro e 10 bombarde.<br />

In totale: 40.000 uomini (di cui 17.000 armati in prima linea), 78 mitragliatrici,<br />

48 pistole mitragliatrici, 300 ufficiali, 6.500 artiglieri.<br />

Il fronte della Divisione viene diviso in due sottosettori:<br />

1. Nord, dalla strada di Val d’Assa alla linea di cresta; assegnato alla Brigata<br />

Salerno e al battaglione Adamello, rincalzati da tre battaglioni del 206° Brigata<br />

Lambro;<br />

2. Sud, dalla strada di Val d’Assa a Casotto, alla confluenza del Torra nell’Astico;<br />

assegnato alla Brigata Ivrea, rincalzata dal 205° Brigata Lambro.<br />

In riserva di Divisione un battaglione del 206°, quattro battaglioni di Milizia<br />

territoriale e un battaglione Finanzieri.<br />

IMPERO AUSTROUNGARICO – IL III CORPO D’ARMATA<br />

Comandato dal Ten. Mar. Krautwald, era composto da tre Divisioni:<br />

22° Divisione Schützen (Magg. Gen. von Kochanowski) – 43° Brigata Landwher<br />

e 18° Brigata di fanteria, su 13 battaglioni (9.413 soldati), uno squadrone<br />

(105 sciabole), 22° Brigata d’artiglieria (10 batterie, 56 pezzi); è schierata<br />

in faccia a Marcai;<br />

28° Divisione Schützen (Ten. Mar. Schneider von Manns-Au) – 55° e 56°


Brigata di fanteria, su 13 battaglioni (10.954 soldati), uno squadrone (101<br />

sciabole), 28° Brigata d’artiglieria (11 batterie, 58 pezzi); ha il Costesin come<br />

obiettivo;<br />

6° Divisione (Ten. Mar. Principe di Schönburg) – 11° e 12° Brigata di fanteria,<br />

su 12 battaglioni (8.699 soldati), uno squadrone (115 sciabole), 6° Brigata<br />

d’artiglieria (12 batterie, 60 pezzi); sta in rincalzo a Lavarone.<br />

Artiglieria di Corpo d’ Armata: 13 batterie da montagna, 16 batterie di medio<br />

calibro, due batterie mortai da 240, sette batterie mortai da 305, una batteria<br />

cannoni da 350, una batteria obici da 380, due batterie obici da 420, una batteria<br />

contraerea, pezzi a presidio dei Forti.<br />

In totale 38 Battaglioni (29.066 soldati), tre squadroni di cavalleria (321 sciabole),<br />

321 pezzi d’artiglieria (198 leggeri, 77 di medio calibro, 26 di grosso<br />

e 20 in postazione fissa nei forti). In più, sono aggregati al Corpo d'Armata<br />

1 battaglione ciclisti, un gruppo pionieri, sette compagnie d’aviazione, una<br />

compagnia di palloni frenati.<br />

ANDAMENTO DEL FRONTE ITALIANO IL 19 MAGGIO 1916<br />

I linea: Fortino quota 1857 (Spitz Leve o Camin), Bosco Varagno, Doss Marcai<br />

(m. 1657), strada di Val d’Assa, Costesin (m. 1627), forra del Torra, Casotto<br />

(m. 435), Astico.<br />

II linea: Porta Manazzo (m.1840), Dosso di Sopra (m. 1731), Dosso di Sotto<br />

(m. 1635), Baitle (m. 1394), Verena (m. 2015), Civello (m. 1697), Campovecchio<br />

(m. 1600), Tola del Vescovo (m. 1510).<br />

III linea: Cima Portule (m. 2308), Monte Meatta (m. 1897), Forte Interrotto<br />

(m. 1392), Tagliata di Val d’Assa (m. 1060).<br />

SGUARDO CRONOLOGICO SUI FATTI NARRATI DA POLEDRELLI<br />

15 – 18 Maggio<br />

Inizia il fuoco austriaco sulle linee italiane. Le posizioni avanzate davanti a<br />

Luserna, troppo esposte, vengono sgombrate.<br />

19 Maggio<br />

Nel pomeriggio il fuoco s’intensifica e diventa a tappeto. Le trincee italiane di<br />

Marcai ne risentono terribilmente.<br />

20 Maggio<br />

Ore 5: bombardamento a tappeto della piana di Vezzena cui rispondono le artiglierie<br />

italiane di Porta Manazzo. All’alba scatta l’attacco austriaco, mentre<br />

il bombardamento opera su tutte le linee. Le artiglierie italiane inizialmente<br />

reagiscono.<br />

55


Settore Nord – Ad essere investito è inizialmente il Fortino di quota 1.857<br />

(Camin, o Spitz Leve), punto di controllo italiano presso Cima Vezzena: un<br />

battaglione Schützen. lo conquista, catturando due pezzi in caverna ed eliminando<br />

parte del Battaglione Adamello. Reparti del 3º Schützen. e del 73º<br />

reggimento occupano gli avamposti di Marcai di Sopra ma incontrano vivace<br />

resistenza. 40 Reparti dell’11º reggimento avanzano verso q. 1548 ma sono fermati<br />

entro un boschetto.<br />

Le vicine posizioni di cresta cadono, dopo resistenza accanita d’alpini e fanti<br />

dell’89°, alle 16,30.<br />

Bosco Varagno è investito dall’attacco fra le 9,00 e le 16,30. A quell’ora viene<br />

aggirato dall’alto e gli italiani ripiegano. Più a sud, i fanti del 90° schierati<br />

davanti a Forte Verle sono a loro volta investiti dall’assalto e ripiegano su Val<br />

Marcai tentandovi un assestamento. Un battaglione (I/206°) tenta un inutile<br />

contrattacco infranto dalle artiglierie imperiali.<br />

La situazione appare caotica, gli austriaci hanno già 2000 prigionieri.<br />

Pomeriggio: un centinaio di Landesschützen, al comando del ten. Enrich,<br />

dalla Valsugana si arrampica sulle pendici di Manderiolo sorprendendo alle<br />

spalle il presidio e reparti dislocati a Campo Manderiolo. A sera ridiscende a<br />

valle senza sfruttare il colpo di mano. A Cima Manderiolo, dopo l’attacco di<br />

sorpresa, viene dislocato il II/206° Lambro.<br />

Settore Sud – L’attacco imperiale scatta alle ore 9,00 e si concentra sul Costesin<br />

(nord est di Luserna). Nel pomeriggio l’IR 96° balza oltre le trincee di<br />

cemento armato di q. 1506 (davanti al Basson). La Brigata Ivrea deve cedere<br />

alcune posizioni ma resiste. Il 161°, parte del 162° e del 205° tentano alcuni<br />

contrattacchi, mentre le truppe di riserva sono avviate verso la prima linea.<br />

Nel primo pomeriggio il III/206° e truppe del 161° lanciano un nuovo contrattacco<br />

che, senza poter ricacciare il nemico, contribuisce però ad arrestarne la<br />

spinta. Ore 17: l’IR 87° supera le prime trincee del Costesin ma resta bloccato<br />

e respinto. A sera gli austriaci attaccano di nuovo, e inutilmente, le linee del<br />

Costesin.<br />

Notte: la resistenza del Costesin costringe Von Krautwald a far avanzare solo<br />

i reparti della 22° Divisione Schützen sul ciglione nord dell’altopiano. Sulle<br />

altre parti del fronte si attende l’alba.<br />

Giungono al Ghertele, dal Friuli, le prime compagnie della brigata Alessandria<br />

(il I battaglione verso Porta Manazzo, il II battaglione al Termine ed il III<br />

battaglione alle Mandrielle), per presidiare la linea di resistenza Cima Mandriolo<br />

– Valle Sparvieri – Osteria del Termine – Mandrielle, fungendo così da<br />

40 Si tratta probabilmente del contrattacco di cui parla <strong>Poledrelli</strong> nel diario.<br />

56


iserva tattica.<br />

Primi provvedimenti di Cadorna: il V Corpo d’Armata è sciolto, le truppe<br />

della 34° Divisione sono aggregate al XIV Corpo d’Armata.<br />

21 Maggio<br />

Ore 6: concentramento di fuoco spaventoso al centro della piana di Vezzena<br />

e sul Costesin. Alle ore 8,30 il comando di Divisione, resosi conto della situazione,<br />

ordina il ripiegamento sulla II linea con movimento per scaglioni<br />

partendo dalla sinistra: l’ordine giungerà però solo tre ore dopo.<br />

Settore Nord – Ore 12: contro la brigata Salerno, fra Doss Marcai e Bosco Varagno,<br />

scatta la 22° Divisione Schützen. Ore 14: a Marcai di Sotto un contrattacco,<br />

condotto dalla Brigata Salerno, da due battaglioni della Brigata Lambro<br />

e da alpini dell’Adamello, fallisce completamente; 41 il fronte italiano cede ed i<br />

primi reparti austriaci arrivano a Cost’Alta (q. 2050 di Manderiolo), occupata<br />

alle 23, fermandosi prudentemente prima di Porta Manazzo ancora in mano<br />

italiana.<br />

I resti delle truppe italiane (Brigata Salerno, battaglione Adamello, 155° e<br />

206°) si ritirano sulla linea Porta Manazzo – Dossi – Baitle. La linea, però, è<br />

solo abbozzata: le truppe, inseguite dal nemico, non la vedono e continuano<br />

la fuga. 42<br />

Settore Sud – Ore 8: una colonna di 4 battaglioni della 28° Divisione austriaca<br />

travolge i battaglione dell’Ivrea sul Costesin. I comandi delle Brigate in<br />

linea ordinano, intanto, un forte bombardamento delle linee austriache, quindi<br />

una reazione di fanteria. Sul Costesin gli imperiali ripiegano parzialmente.<br />

L’ultimo contrattacco italiano scatta alle ore 12,00: quattro battaglioni italiani<br />

(Brigata Alessandria in gran parte) contrattaccano il Costesin dalla dorsale su<br />

Vall’Assa e Camporosà. L’artiglieria austriaca disperde rovinosamente l’azione;<br />

gli italiani perdono 4000 prigionieri, oltre a 100 ufficiali; i resti ripiegano<br />

sulle Mandrielle, il Ghertele e Roana.<br />

Alla sera gli austriaci raggiungono le Mandrielle, Campo Poselaro, Cima<br />

Mandriolo e Porta Manazzo; tutta la 34° Divisione italiana è in piena ritirata<br />

su Camporovere. Ore 20.30: il gen. Angeli, comandante della 34° Divisione<br />

41 Dovrebbe trattarsi dell’attacco per riconquistare “Monfortino”, di cui parla<br />

<strong>Poledrelli</strong>.<br />

42 La ritirata di cui ci parla <strong>Poledrelli</strong>.<br />

57


Panorama della zona d’attacco del III C. A. dal forte Luserna schizzo n. 3. (BAJ-MACARIO,<br />

Gianni, La Strafexpedition, Milano, Corbaccio, 1934. Archivio Associazione Culturale di<br />

Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

italiana, segnala al XIV Corpo d’Armata la necessità di cedere Verena e Campolongo,<br />

arrestandosi sulla III linea (Portule – Meatta – Mosciagh – Camporovere<br />

– Val d’Assa – Punta Corbin). Ore 23.30: l’ordine italiano viene diramato<br />

previa autorizzazione del gen. Coardi di Carpenetto.<br />

Giungono a Portule reparti territoriali e della Lambro, ma trovano la linea da<br />

difendere sepolta dalla neve.<br />

22 Maggio<br />

Le perdite italiane sono enormi (Brigata Ivrea: 104 morti, 428 feriti e 2051<br />

dispersi o prigionieri; Brigata Salerno: 91 morti, 278 feriti e 3591 dispersi;<br />

Brigata Alessandria: restano solo 22 ufficiali e 1100 uomini, persi cinque battaglioni<br />

su sei).<br />

Mattino: un grosso reparto di Schützen si scontra a Cima Manderiolo con<br />

le reclute del II/206° e del II/155°, che retrocedono combattendo da Porta<br />

Manazzo su Cima Larici e giungono al Ghertele. Qui le truppe, stanche e<br />

logorate, ricevono il comando di risalire a presidio della linea Cima Portule –<br />

Bocchetta Portule.<br />

Ore 22: gli austriaci occupano Forte Verena. Ellison ordina agli austriaci di<br />

marciare su Portule lungo il costone. Il 26º Schützen occuperà Portule, il resto<br />

della 22° Divisione occuperà il costone sino a casera Meatta estendendosi a<br />

monte Mosciagh, Dorbellele e Zebio. Nell’arco si inseriranno la 6° Divisione<br />

imperiale ed una brigata della 28° Divisione (l’altra brigata occuperà la zona<br />

58


tra Rotzo e Roana).<br />

La maggior parte della 34° Divisione, dimezzata e stanca, dalla strada di Val<br />

d’Assa raggiunge nel pomeriggio Camporovere, Monte Rasta e Monte Mosciagh.<br />

Alcuni reparti del settore nord (89°, 155° e comando del 206°), schierati<br />

ai Dossi, ricevono l’ordine di ripiegamento in ritardo e si muovono per i<br />

sentieri di montagna; giungono a Forte Interrotto soltanto alla 24,00.<br />

23 Maggio<br />

Nebbia e pioggia. Ore 10: una compagnia Schützen del gruppo Ellison ed un<br />

reparto d’alta montagna travolgono i territoriali su Pòrtule, respingendo gli attacchi<br />

dei fanti del II/206° e del II/155° guidati dal Col. Cottone, comandante<br />

del 206°.<br />

Pomeriggio: Portule viene rinforzata da due battaglioni Schützen, mentre anche<br />

le cannoniere della Bocchetta sono neutralizzate. Bivacco austriaco a malga<br />

Larici.<br />

Il I K.u.K. austriaco si sta avvicinando al fronte, mentre sull’altopiano a Pennar<br />

giungono la brigata Lombardia ed alcuni battaglioni ciclisti.<br />

Il Gen. Coardi di Carpenetto, comandante del XIV Corpo d’Armata, è silurato<br />

da Cadorna per il ripiegamento, giudicato intempestivo; viene sostituito dal<br />

Gen. Lequio.<br />

24 Maggio<br />

La Brigata Alessandria e il II/206° riconquistano all’alba la Bocchetta di Portule,<br />

ma nel pomeriggio gli austriaci sfondano nuovamente il fronte ributtando<br />

gli italiani in rotta su Asiago.<br />

59


RELAZIONE DI UN COMANDANTE DI BATTAGLIONE<br />

DEL 206° REGGIMENTO<br />

(27 MAGGIO 1916)<br />

Schierato inizialmente a nord della testata di val d’Assa, in una zona molto<br />

montagnosa, aspra e tormentata, il ripiegamento di quel reggimento aveva<br />

incontrato difficoltà assai maggiori. I reparti avevano finito necessariamente<br />

per slegarsi; un battaglione dal fondo di val d’Assa era risalito a un colle laterale<br />

e là si era difeso strenuamente; un altro aveva brillantemente respinta<br />

una pericolosissima puntata offensiva nemica. Soprattutto disperata e tenace<br />

aveva dovuto essere la difesa della caratteristica posizione di quel colle incombente<br />

da uno dei fianchi della montagna sul corridoio della val d’Assa, e<br />

quindi assai utile minaccia contro il nemico che inseguiva i nostri per la valle.<br />

E difatti il nemico aveva dovuto distaccare molte forze per togliersi quella<br />

spina dal fianco, e si era accanito contro quel punto; lo aveva terribilmente<br />

bombardato; lo aveva attaccato da varie parti, ed era stato un vero miracolo<br />

se il battaglione, che aveva colà così lungamente resistito, avesse potuto ripiegare<br />

in tempo per sfuggire a totale cattura. 43<br />

43 GRAZIOLI, cit., pagg. 50-51; il testo si riferisce quasi sicuramente ai fatti d’arme<br />

di Cima Manderiolo e Cima Portule.<br />

60


IL PROTAGONISTA<br />

Caporale <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>.<br />

IX squadra – III plotone – 10° compagnia – IV battaglione<br />

206° reggimento (Col. Cottone)<br />

Brigata Lambro (Col. Brig. De Antonio)<br />

34° Divisione (Magg. Gen. Alessandro Angeli)<br />

V Corpo d’Armata (Ten. Gen. Gaetano Zoppi)<br />

poi XIV Corpo d’Armata (Gen. Edoardo Coardi di Carpenetto).<br />

Panorama delle alture a est di Gorizia. Punto di vista il castello. Allegato 7.<br />

(Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

61


CAPITOLO QUARTO<br />

1916 – 1917: DA COMO AL DOSSO DEL PALO<br />

Sulle vicende biografiche di <strong>Poledrelli</strong>, negli ultimi mesi di vita, abbiamo informazioni<br />

limitate e filtrate nella memoria; egli ha infatti cessato la scrittura<br />

di un diario in forma di taccuino. Invia invece molte lettere ad amici ed all’amata<br />

Angelica; ma, soprattutto, i maggiori contributi si ricavano dal giornale<br />

“La Rivista”, che si era incaricato di pubblicargli l’epistolario dal fronte.<br />

Riguardo ai giorni seguenti, il 22 Maggio 1916, ricaviamo notizie da un articolo<br />

de “La Rivista”:<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, del quale abbiamo avuto occasione di pubblicare alcune<br />

sue lettere e un articolo di impressioni, si è eroicamente battuto, appena uscito<br />

dall’ospedale di Celana in quel di Bergamo, sul conteso Trentino, dove<br />

infuria la rabbia austriaca. Veniamo a conoscenza per via indiretta che ha<br />

avuto la fortuna, nel fervore delle mischie, di trarre a salvamento il Capitano<br />

comandante della sua compagnia e un sottotenente ferrarese. Ora egli è<br />

ricoverato in un ospedale militare di Verona, non ferito, ma di nuovo colpito<br />

da febbri. Di questi giorni ha scritto alla sua mamma una lettera semplice,<br />

buona, italiana nel pensiero e nella sostanza.<br />

“Sono salvo – scrive – e ho fatto come ho potuto meglio il mio dovere. Non<br />

dubitare mamma … Appena cacciate di dosso queste maledette febbri che mi<br />

tormentano da tanto tempo, ritornerò in mezzo ai compagni, così bravi, così<br />

forti, così allegri di audacia e di fierezza italiana”.<br />

E poi, in fondo, un lamento burlesco:<br />

“I tedeschi mi hanno ridotto … come S. Quirino. Non ho più camicie, ne calze.<br />

Erano nello zaino, ma, lo zaino, dove sarà adesso? Nella furia della baruffa<br />

ho perduto anche … il borsellino. Non credere che sia questa una trovata da<br />

… soldato per commuovere la mamma buona. Parola d’onore: sono in bolletta!<br />

Potrei dirti altro di più eloquente? Mamma: che brutta cosa la guerra<br />

…tedesca. Ma come bella, come santa la nostra! Noi diventiamo più buoni;<br />

gli altri più bestiali, più feroci. Ma noi vinceremo, non c’è da dubitare. Viva<br />

sempre l’Italia nostra!” 1<br />

Inizia un periodo travagliato, di febbri continue e ricoveri in ospedali: ad Agosto<br />

entra all’ospedale di Como, dove è costretto a rimanere per due mesi. La<br />

1 La Rivista, 28 maggio 1916, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

Nel mese di Luglio pubblica altri due interessanti articoli, dedicati alla morte di Cesare<br />

Battisti e al pacifismo che va riaffiorando per stanchezza: i due testi in Appendice.<br />

63


lunga convalescenza gli consente di proseguire la propria attività giornalistica 2 .<br />

Soltanto nel Settembre 1916, parafrasando l’ultima riga del diario, si riapre<br />

effettivamente la “fase eroica” della vita di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>. Può infatti finalmente<br />

raggiungere nella zona di Gorizia la sua Brigata, partecipando a numerosissime<br />

azioni belliche nell’arduo compito di conquistare il monte San Marco,<br />

ed aprire la strada all’avanzata italiana in profondità verso le Alpi Giulie.<br />

<strong>Poledrelli</strong>, con il grado di Caporale, viene assegnato alla XII Compagnia del<br />

206° Reggimento. Il 3 Settembre 1916 scrive a un amico:<br />

Io sono qui di fronte alla vittoria, ho visitato quelle posizioni conquistate dai<br />

miei gloriosi commilitoni e ti giuro che essi sono degni del poema. Quello che<br />

si è fatto è qualche cosa di meraviglioso. Speriamo che uno di questi giorni<br />

si senta dire che un nuovo miracolo hanno compiuto il genio ed il valore italiano.<br />

3<br />

Ancor più interessante una lettera che <strong>Poledrelli</strong> invia agli amici ferraresi una<br />

volta tornato in trincea:<br />

Perché si ha un bel dire che questa non è guerra di eroismi individuali, ma<br />

un certo fegataccio ci vuole anche adesso. Non mi lamento di avere poco<br />

coraggio, ché, anzi, credo di averne per misurarmi col primo austriaco che<br />

mi verrà a tiro, ma non sono contento di me. Vorrei che mi si presentasse l’occasione<br />

per misurarlo alla prova come sul Trentino. In ogni modo speriamo<br />

bene. Intanto sappi che ti scrivo dalla prima linea. C’è odore, qui, di polvere<br />

e di vittoria. 4<br />

Di questo periodo della sua vita ci restano soltanto pochissime lettere, sufficienti<br />

però a farci rivivere lo stato d’animo di un combattente molto attento<br />

alla vita e alle opinioni dei soldati che incontra. Una lettera, spedita il 16 Settembre,<br />

tocca la “spinosa” questione della stanchezza e del bisogno di pace,<br />

che vanno diffondendosi; <strong>Poledrelli</strong> invece riafferma le proprie convinzioni:<br />

Questa sera forse il nostro reggimento andrà in riposo. Dove, non si sa, ma<br />

è certo che se lo merita, perché è quasi due mesi di vita di trincea. Lo sai che<br />

ho la fortuna di appartenere ad uno di quei reggimenti che primi sono entrati<br />

2 Ad esempio, il 20 Agosto pubblica su “La Rivista” un’intervista al Procuratore di<br />

Como Lino Ferriani.<br />

3 Lettera a Luigi Fabbri, GRECI, Luigi, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, l’operaio volontario di<br />

guerra. Lettere e diario alla vigilia della morte sul campo, cit., Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>,<br />

Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara.<br />

4 La Rivista, 5 luglio 1917; nel testo si riporta la data 30 Dicembre, ma si tratta<br />

evidentemente di un refuso (a Dicembre <strong>Poledrelli</strong> era in ospedale a Milano), Fondo<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>,<br />

Ferrara.<br />

64


in Gorizia? Spero che questo sia di buon auspicio per le battaglie del futuro.<br />

Perché questa guerra si deve vincere completamente. Non si deve lasciare a<br />

metà un’opera già magnificamente incominciata. Sarebbe un errore ed un delitto.<br />

Tanto sangue generoso sarebbe stato sparso invano. E questo non deve<br />

succedere. So che in Italia si parla con insistenza di una prossima pace. Male.<br />

Non si debbono creare illusioni. Quando la pace si affaccia sull’orizzonte oltre<br />

che dell’ulivo della pace deve essere munita del messaggio della vittoria.<br />

Perché io dico: ben venga la pace, purché sia vittoriosa, purché segni il completo<br />

schiacciamento dei governi centrali, purché rechi con se i germi di una<br />

nuova era di amore e di giustizia fra gli uomini. Se no, guerra sempre guerra. 5<br />

Gli scontri proseguono, ed il 1 Novembre 1916, sul monte San Marco, un forte<br />

bombardamento austro-ungarico determina il crollo della ridotta in cui sta di<br />

guardia <strong>Poledrelli</strong>; egli resta sepolto in stato di svenimento per due ore e viene<br />

ritrovato a fatica. Ne dà notizia pochi giorni dopo “La Rivista” 6 :<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> contuso.<br />

Sul Carso il 1° novembre, l’amico Capor. <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, venne sepolto<br />

sotto il crollo di una ridotta – in cui era di guardia – colpita da granate austriache.<br />

Venne dissepolto dopo due ore di faticoso lavoro e raccolto svenuto.<br />

Ora è all’Ospedale militare di riserva di Milano, “mezzo sconquassato” – ci<br />

scrive – “come un vecchio volgare arnese da cucina”. Spera però di guarire<br />

presto per ritornare al suo bello ed eroico reggimento. Auguri di sollecita<br />

guarigione all’amico carissimo.<br />

Nel Gennaio 1917, quando fa ritorno al Battaglione sempre acquartierato<br />

nell’area di Gorizia; al momento della partenza scrive a Luigi Fabbri:<br />

Sono in procinto di partire alla volta del mio glorioso Reggimento sul … Parto<br />

per la terza volta nella zona della morte, della gloria, con la medesima<br />

serena fede della prima volta. Mai come in questi ultimi giorni ho sentito<br />

che il posto mio è quello della zona di guerra. Era ormai troppo tempo che<br />

oziavo per la caserma, tanto che avevo vergogna di rimanere ancora qui,<br />

pensando che tanti miei valorosi compagni sono alla fronte… Mi consideravo,<br />

al cospetto di loro, e di fatto, se pure contro la mia volontà, lo ero, un – con<br />

rispetto parlando – imboscato… Ma, cosa vuoi, il mestiere del vigliacchetto<br />

non lo so imparare e non lo voglio imparare. Non sono un eroe per questo,<br />

5 Lettera a Luigi Fabbri del 16 settembre 1916, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong> e l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di<br />

Ferrara.<br />

6 La Rivista, 9 novembre 1916, Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione<br />

Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara.<br />

65


Monte San Marco - Saliente Bassi. (Collezione Nicola Persegati).<br />

ma non voglio che la mia coscienza abbia a rimproverarmi, domani, il dovere<br />

non compiuto o compiuto a metà… In questi giorni si parla con insistenza di<br />

una grande piaga che fa dolorare la gran madre nostra, l’Italia: quella degli<br />

imboscati. Il problema merita una energica radicale soluzione… Ma il genere<br />

imboscato, in sé, più che odio, indignazione, mi suscita commiserazione, disprezzo.<br />

Che uomo può essere costui? Un mezzo uomo, un quarto di uomo, ed<br />

allora che gusto c’è vivere in quel modo? Cosa vuoi che ti dica, se io dovessi<br />

scampare alla morte, a costoro preferirei l’ultimo fantaccino, magari incosciente,<br />

che ha partecipato a qualche fatto d’armi…. 7<br />

E il 28 Gennaio 8 :<br />

Ti dirò che gli ultimi avvenimenti diplomatici, mi hanno certamente lasciato<br />

indifferente. La pace? “Verrà quando sarà finita la guerra” diceva un mio<br />

soldato. Filosofia lapalissiana sana ed onesta. Ma certo che verrà solo quando,<br />

attraverso vittorie nostre, la libertà e la giustizia saranno assicurate nel<br />

mondo.<br />

Alla notizia dell’inizio della rivoluzione in Russia le sue speranze attingono<br />

nuova linfa 9 :<br />

7 La Rivista, 25 gennaio 1917, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

8 Il Fascio, 28 gennaio 1917, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

9 Il Fascio, 25 marzo 1917, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

66


Seguo, in quanto si può, le capriole americane. Credi a me che tutto questo<br />

crea nei soldati combattenti, nei quali naturalmente è vivissimo il desiderio<br />

di una bella pace, nausea. La pace verrà, e speriamo presto, ma non sarà<br />

decisa dalla diplomazia dei neutri, ne dalle stupide querimonie dei piccoli<br />

mascalzoncelli schiavi dei mustacchi di Guglielmone, ma sarà lo sforzo eroico,<br />

contemporaneo del soldato dell’Intesa, combattente sul fronte unico, e<br />

dal conseguente sforzo finanziario dei popoli. Sono orgoglioso e lieto per gli<br />

avvenimenti in Russia.<br />

Sullo sfondo c’è sempre Angelica; i tormenti sentimentali, che nasconde agli<br />

amici e ai compagni, sono ben presenti nel suo cuore. Le scrive un’importante<br />

epistola:<br />

Io sono qual fui sempre, costantemente innamorato di voi. Ho provato, non ve<br />

lo nascondo, di dimenticarvi;<br />

ho provato ad amare una fanciulla<br />

10 che mi adorava, ne<br />

sono certo, ma non ho potuto.<br />

Non ho potuto riscaldare<br />

colla ipocrisia il cuore mio.<br />

Quando io abbracciavo lei,<br />

cercavo di confondere i sensi<br />

ed i sentimenti nei suoi baci,<br />

mi accorgevo che il cuore<br />

mio ne sentiva un’amarezza<br />

infinita. Ed avevo disgusto di<br />

me stesso. Tanto che per liberarmi<br />

dell’amore di questa<br />

fanciulla e liberare la mia coscienza<br />

dai rimorsi, ho dovuto<br />

abbandonarla inventandone<br />

io stesso il motivo. Ma non<br />

importa che mi dilunghi oltre.<br />

Sono certo, troppo certo che<br />

vi immaginiate quello che fu<br />

Lettera ad Angelica di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> dalla zona di guerra 8 aprile1917. (Fondo <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

10 Si tratta certamente di Amelia, la ragazza di Conco incontrata nel 1916. Il rapporto<br />

era proseguito per alcuni mesi, fino al distacco a causa di Angelica.<br />

67


il mio stato d’animo per comprendermi e per compatirmi. 11<br />

<strong>Poledrelli</strong> continua il suo messaggio descrivendo ad Angelica la sua vita al<br />

fronte:<br />

È dura, sì, la vita che noi si conduce, è disseminata di disagi, che con abnegazione<br />

si sopportano e di pericoli che con serenità si affrontano. La via che noi<br />

si deve percorrere. Ma il fine, la meta che si deve raggiungere è così radiosa<br />

e così superiore che vale quanto noi si soffre, quanto noi si perde in sangue<br />

ed energia. Vale anche la nostra infelicissima vita di mortali, lasciatemelo<br />

pur dire, parlo per me, egoista! Parlo della mia esistenza che non è mai stata<br />

illuminata da un raggio di letizia, se non di felicità; parlo per me, che l’amore<br />

mi ha portato pene sanguigne. 12<br />

Toni analoghi, di angoscia commista a volontà, troviamo in un’altra missiva<br />

ad Angelica:<br />

Anch’io certe notti mi sveglio di soprassalto e mi si impadronisce una volontà<br />

infinita di morire, di finirla con questa vita piena di emozione, di disagi, di<br />

dolori, di pericoli e di ben rare seppur grandi soddisfazioni. Ma subito mi<br />

riaffiora il senso del dovere, della necessità non per me ma sibbene per la patria<br />

e per l’idea, alle quali ruberei un soldato, per la mamma mia adorata che<br />

forse morirebbe di crepacuore, per gli amici tutti. Forse sarà anche per voi,<br />

causato dal vostro sensibile sentimento che non può sopportare con serenità<br />

la lontananza della persona amata. 13<br />

Il 9 Maggio scrive a Luigi Fabbri:<br />

In questi momenti si fa il capitolo decisivo della storia umana e non è difficile<br />

che qualche artefice di questa cada nell’esercizio delle sue funzioni. Ma<br />

speriamo che almeno per quanto che riguarda gli amici nostri ciò non debba<br />

accadere e che a guerra lietamente finita ci si trovi tutti inneggiare alle fortune<br />

dell’Italia nostra e dell’umanità affrancata dal pericolo del selvaggio<br />

teutonico. Il mio valoroso e bello reggimento batte le medesime posizioni di<br />

quello di Zanin 14 ed ha ragione di scrivervi di preparare le bandiere. Non so<br />

cosa possa accadere. Perché nulla si sa e se sapessi qualche cosa nulla vi<br />

direi. Solo vi basti sapere che nei soldati c’è il convincimento, la persuasione,<br />

che proviene dalla fede nella propria forza morale e materiale che sul Colle<br />

11 Lettera autografa dell’8 Aprile 1917, Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione<br />

Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara.<br />

12 Id.<br />

13 Lettera autografa del 15 Aprile 1917, Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione<br />

Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara.<br />

14 Si tratta dell’amico e concittadino Giovanni Vincenti, detto Zanin, corrispondente<br />

de “L’Avvenire”.<br />

68


di San Giusto pianteremo la nostra bandiera. Mi raccomando di tenermi un<br />

bicchiere di quel famoso vino. La mia salute è ottima come il mio morale. 15<br />

Il giorno successivo scrive a Giuseppe Longhi :<br />

Io che sono qui in una buca, che attendo solo un ordine per sortire e per offrire<br />

la mia vita in olocausto all’idea dell’umanità e della giustizia, ti dico: il<br />

tuo dovere è quello di rimanere. Chi potrà con giovanile audacia sventolare la<br />

nostra bandiera, che potrà con vigore di fede, meglio e più forte del tuo difendere<br />

la nostra idea dagli attacchi subdoli e vili dei nostri nemici interni molto<br />

più disprezzabili della canaglia dell’Imperatore Carlo? La nostra provincia<br />

ha bisogno, ha necessità che un giovane rimanga con la sua fede italiana e<br />

umana a neutralizzare l’opera nefasta, idiota, austriaca del neutralismo rosso<br />

e nero. E se tu parti, se anche tu te ne vai, chi rimane? I nostri nemici avrebbero<br />

il campo libero, rimarrebbero indisturbati nella loro opera oscena. Quindi<br />

accetta il mio consiglio: rimani! Gli scagnozzi gettano alle tue calcagne il<br />

verme della diffamazione? E tu fregatene. L’affetto e la solidarietà dei tuoi<br />

Cartolina di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> alla sorella Camilla dalla zona di guerra 16 aprile 1917.<br />

(Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong><br />

<strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

15 La Rivista, 13 maggio 1917; anche in GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong> e l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di<br />

Ferrara.<br />

69


amici conta di meno che la stima dei gesuiti? Ti dico: rimani! Perché l’opera<br />

tua è inutile o quasi come soldato; è necessaria come cittadino. 16<br />

Poi all’amico <strong>Mario</strong> Busatti racconta l’incontro con Zanin a Gorizia:<br />

…incontrai il giorno 17 in Piazza del Municipio a Gorizia: Zanin. Non puoi<br />

immaginare la vivissima gioia che entrambi ci invase. Ambedue scalcinati<br />

perché di ritorno dalla trincea. Io avevo la giubba e i pantaloni sforacchiati<br />

dalle caramelle di fabbrica austriaca. Lui mezzo stralancato per la caduta<br />

contratta in una corsa verso il nemico. E così noi due campioni di Ferrara<br />

ci siamo accompagnati andando a bere un caffé nel migliore e più elegante<br />

Caffé di Gorizia. Abbiamo insieme rievocati i giorni del beato cincischiare e<br />

insinuare ferrarese. E poi ci siamo lasciati… 17<br />

Di quel ultimo incontro, ricorda il Zanin:<br />

Ci abbracciammo e baciammo, in Gorizia … In quell’incontro mi disse ciò<br />

che ripeteva agli amici che da Mathausen non mi avrebbe mai scritto perché<br />

sarebbe rimasto sempre o vivo o morto, prigioniero mai. 18<br />

Verso gli ultimi di Maggio 1917, prima del ritorno in prima linea: il suo Battaglione<br />

è acquartierato in riva all’Isonzo, alle falde del monte Sabotino. Racconta<br />

un commilitone 19 :<br />

Prima di vederlo, udii una delle sue caratteristiche larghe risate. Stava in<br />

quel momento a cavalcioni di un parapetto, tagliando, in tante parti, per i<br />

suoi soldati, un pezzo di formaggio. Dopo gli abbracci e baci, combinammo<br />

di rivederci ancora quando il suo battaglione sarebbe andato in trincea… La<br />

sera desiderata e triste venne. Quando mi vide uscì dalle file e, dopo essere<br />

avvenuto quello che si può bene immaginare, prese la corsa per ritornare ancora<br />

nelle file; ma, fatti pochi metri, si voltò indietro gridando a me, che ero<br />

rimasto lì sconsolato: Salutam Frara!…<br />

Il susseguirsi di assalti sul monte San Marco porta <strong>Poledrelli</strong> presso la località<br />

“Dosso del Palo”, nel settore a nord-ovest del monte. Il 31 Maggio scrive<br />

all’amico Ugo Gaini:<br />

Il paese, la grande maggioranza di esso non è degno dell’ora che si attraversa.<br />

Il paese non sente la tragicità morale della guerra, non si rende conto dei<br />

grandi sacrifici che i suoi figli sopportano al fronte e perciò si perde nelle qui-<br />

16 Lettera del 10 maggio 1917, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e<br />

l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

17 Lettera del 17 maggio 1917, GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e<br />

l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

18 Gazzetta Ferrarese, 29 giugno 1917, Biblioteca Comunale Ariostea, Ferrara.<br />

19 Corriere Padano, 3 giugno 1927, Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione<br />

Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara.<br />

70


squilie di una politichetta di provincia, nei pettegolezzi di farmacia paesana e<br />

… si tratta di quella parte ignobile che della guerra sfrutta i disagi economici<br />

ed il sangue sparso, per una bassa speculazione elettorale e di parte… Ti<br />

posso garantire, amico mio, che la parte più sana, più degna, più nobile della<br />

nazione è qui alle frontiere, è l’esercito combattente; sono questi magnifici<br />

soldati, brontoloni e scontenti di tutto e di tutti, ma che di fronte al nemico, in<br />

combattimento, sanno serenamente morire, compiendo, con abnegazione, il<br />

difficile dovere loro. Lo so io, che ho avuto la grande fortuna di essere attore<br />

e spettatore, nello stesso tempo, delle loro insuperabili gesta. Quindi per un<br />

uomo di mente e di cuore, malgrado che quivi la pelle sia in pericolo, la vita<br />

morale è più bella e più sopportabile…. 20<br />

Poi, il 1 Giugno, invia agli amici del Caffé Milano una cartolina di saluti scritta<br />

a matita dalla trincea, il suo ultimo messaggio:<br />

Coraggio e avanti. 21<br />

Tre giorni dopo, il 3 giugno 1917, sul San Marco imperversa un forte fuoco<br />

d’artiglieria a spazzare le linee, molto contorte e spesso intersecantisi fra loro;<br />

tra il crepitio delle mitragliatrici e il rombo delle bombarde a sconvolgere<br />

reticolati ed opere di difese, si susseguono attacchi e contrattacchi. Gli austriaci<br />

si impossessano di una trincea improvvisata. I fanti del 206° reagiscono<br />

immediatamente, giungendo ad un corpo a corpo sanguinoso. Al termine<br />

dello scontro si registrano vari caduti: fra i tanti un ventiquattrenne ferrarese,<br />

biondo, non molto alto, di nome <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> 22 . Quando si iniziano a raccogliere<br />

feriti e cadaveri, il corpo di <strong>Poledrelli</strong> viene cercato inutilmente.<br />

Le cause della morte restano a lungo incerte: l’amico e commilitone Giovanni<br />

Vincenti inizialmente afferma che sarebbe stato colpito mortalmente da una<br />

scheggia di granata mentre era in trincea, in una fase di sosta dei combattimenti.<br />

23<br />

A distanza di alcuni giorni però lo stesso Vincenti assume informazioni da<br />

testimoni sul campo: <strong>Poledrelli</strong> è stato colpito alla fronte da una pallottola e<br />

sepolto nel terreno dai sommovimenti provocati dal bombardamento. 24<br />

Il suo cadavere non verrà comunque mai ritrovato.<br />

20 GRECI, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>…, cit.<br />

21 La Rivista, 5 luglio 1917, cit.<br />

22 La data della morte del <strong>Poledrelli</strong> non è certa. Negli articoli di giornale e negli<br />

atti ufficiali si parla del 3 o 4 giugno 1917. Noi siamo propensi per il 4 giugno come<br />

risulta dal suo Foglio Matricolare.<br />

23 La Gazzetta Ferrarese, 29 giugno 1917, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara.<br />

24 La Rivista, 12 Luglio 1917; vedi anche in GRECI, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>…, cit.<br />

71


La notizia della sua morte giunge a Ferrara a inizio luglio, sotto forma di una<br />

fredda notifica ufficiale:<br />

Deposito 67° Reggimento Fanteria<br />

Ufficio Informazioni n. 976 di prot. I<br />

Como 25 giugno 1917<br />

OGGETTO: Comunicazione di morte al Sig. Sindaco di Ferrara<br />

Compio il doloroso incarico di partecipare alla S. V. la morte del caporale<br />

<strong>Poledrelli</strong> <strong>Mario</strong> di N.N. del 206° Fanteria, classe 1893, avvenuta il 3 giugno<br />

1917 in zona di guerra in seguito a ferita. La S.V. è pregata di comunicare con<br />

i dovuti riguardi la fatale notizia alla famiglia del caduto, esprimendo sentito<br />

condoglianze a nome di questo comando. 25<br />

Moltissimi amici di <strong>Poledrelli</strong> sentiranno il bisogno di esprimere il proprio ricordo<br />

del caduto, anche attraverso interessanti articoli sui giornali cittadini 26 .<br />

Nel 1925 verrà redatto infine l’Atto di Morte 27 :<br />

L’anno millenovecentoventicinque addi trenta maggio a ore nove e minuti<br />

quaranta nella casa comunale io rag. Lino Genta, segretario delegato dal<br />

sindaco con atto ventidue ottobre 1923 approvato ufficiale di stato civile del<br />

comune di Ferrara, avendo ricevuto dal Ministero della Guerra, copia atto di<br />

morte ho qui per intero esattamente trascritto: estratto dell’atto di morte del<br />

Caporale <strong>Poledrelli</strong> <strong>Mario</strong>, iscritto nel registro degli atti di morte in tempo<br />

di guerra del 206° fanteria, a pag. 91 ed al n. 793 d’ordine. L’anno 1917 il<br />

giorno 4 del mese di giugno nel San Marco di Gorizia mancava ai vivi alle ore<br />

_ in età di anni 24 il Caporale <strong>Poledrelli</strong> <strong>Mario</strong> 206° Fanteria III Compagnia,<br />

Distretto Militare di Ferrara, nato ad Argenta (17/7/1893 Ferrara), figlio di<br />

N.N. e di Giovanna Silvia, celibe, morto in combattimento. L’ufficiale di amministrazione<br />

incaricato della tenuta del registro firmato V. Birichilli<br />

I testi firm.to S. Tenente Rizzo Giuseppe. Soldato Lazzaroni Lazzaro<br />

Detta copia munita del mio visto viene inserita nel volume degli allegati a<br />

questo registro.<br />

25 GRECI, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e l’interventismo ferrarese,<br />

Archivio Storico Università degli Studi di Ferrara.<br />

26 Vedasi un’antologia di testi in Appendice.<br />

27 UFFICIO STATO CIVILE – COMUNE DI FERRARA Volume “Atti di Morte”<br />

Parte II, Serie C., pag. 269 (Redattore Lino Genta), GRECI, Luigi, Tesi di Laurea,<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi<br />

di Ferrara.<br />

72


48° Divisione, veduta su quota 171 e quota 200. (Ufficio Storico Stato Maggiore<br />

dell’Esercito, Roma).<br />

73


COMMENTO STORICO<br />

NOTE STORICHE SULLA BATTAGLIA PER IL SAN MARCO<br />

LE FORZE CONTRAPPOSTE NELLA X BATTAGLIA DELL’ISONZO<br />

(12 MAGGIO – 10 GIUGNO 1917)<br />

ITALIA – LA 48° DIVISIONE<br />

Comandata dal Magg. Gen. Francesco Saverio Grazioli, era composta da:<br />

Brigata Taranto (143° e 144° reggimento, Gen. Santarnecchi)<br />

Brigata Lambro (205° e 206° reggimento, Gen. Rognoni)<br />

Brigata Messina (93° e 94° reggimento, Gen. Ferrari)<br />

52° Artiglieria da Campagna;<br />

LXXIII battaglione Genio.<br />

Il fronte della Divisione è situato immediatamente al ridosso orientale di Gorizia,<br />

dal colle di Castagnavizza alle falde meridionali del San Marco.<br />

IMPERO AUSTROUNGARICO – LA 14° DIVISIONE DI FANTERIA<br />

Comandata dal Magg. Gen. von Szende, era composta dalla 27° e 28° Brigata<br />

fanteria.<br />

LA BRIGATA LAMBRO DA OSLAVIA AL SAN MARCO<br />

Allo scoppio della VI Battaglia dell’Isonzo, il 6 Agosto 1916, la Brigata Lambro<br />

28 , aggregata alla 24° Divisione (VI C.orpo d'Armata, III Armata), è schierata<br />

fra il torrente Peumica e il Vallone dell’Acqua; il settore, a mezza via fra<br />

San Floriano e Oslavia, è detto Lenzuolo Bianco (il nome deriva dai ruderi<br />

d’una casa bianca che, di lontano, davano l’impressione d’un lenzuolo steso<br />

ad asciugare). Il compito principale della Brigata è conquistare q. 188, per<br />

convergere sul Dosso del Bosniaco e calare a Peuma ed all’Isonzo. Q. 188 viene<br />

conquistata dal 205°; il Dosso del Bosniaco cede anch’esso dopo strenua<br />

28 Ove non indicato altrimenti, fonte documentaria principale per queste notizie è:<br />

MINISTERO DELLA DIFESA, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Riassunti<br />

storici dei corpi e comandi nella guerra 1915 – 1918, Brigate di Fanteria, vol. 6°,<br />

Roma, 1928.<br />

Per ulteriori informazioni vedasi anche:<br />

GRAZIOLI, Francesco Saverio, In guerra coi fanti d’Italia, Roma, Libreria del Littorio, 1929<br />

LONGO, Luigi Emilio, Francesco Saverio Grazioli, Roma, SME Ufficio Storico, 1989<br />

PINCHETTI, Rodolfo, Isonzo 1917, Milano, Corbaccio, 1934<br />

PRIMICERJ, Giulio, 1917 Lubiana o Trieste?, Milano, Arcana, 1986.<br />

75


esistenza. La sera del 7 Agosto la Brigata è vittoriosa su tutta la linea, seppur<br />

con gravi perdite (33 ufficiali e 1200 soldati); ha catturato un migliaio di prigionieri<br />

e molte armi. Lo stesso giorno 7 Agosto viene aggregata alla 43° Divisione<br />

e trattenuta sulle linee conquistate, mentre forze fresche sono lanciate<br />

a proseguire l’avanzata. Il 10 Agosto la Lambro, riorganizzata, tocca l’Isonzo<br />

in zona Peuma e costruisce una passerella sul fiume: riesce così lanciare alcuni<br />

reparti a nord di Gorizia, verso Salcano, Kromberg e il Monte San Gabriele.<br />

Presso il Cimitero viene però arrestata dal fuoco delle mitragliatrici austriache<br />

poste sul San Gabriele e sul colle di Castagnevizza. Dal 14 al 24 Agosto tenta<br />

inutilmente lo sfondamento delle linee nemiche: il comportamento in battaglia<br />

vale ai due reggimenti la Medaglia d’Argento al valor militare. Il 25 Agosto le<br />

truppe sono inviate a riposo a Pri Fabrisu. Nel mese di Settembre la Brigata è<br />

tuttavia ancora impegnata in alcuni combattimenti in zona Casa Rossa; scrive<br />

in quei giorni Grazioli (appena promosso Maggiore Generale):<br />

Non hanno più aspetto umano. Sono laceri a brandelli avendo dovuto superare<br />

sotto il fuoco i reticolati nemici, infranti sì ma ancora aggrovigliati. Barbe<br />

e capelli da selvaggi… biancheria proprio scomparsa; la maggior parte portano<br />

camicie da donna sbracciate e con pizzi, trovate a Gorizia. Roba da far<br />

ridere e piangere. E pure hanno l’occhio ardito e quando passo fra loro mi<br />

guardano sorridendo, pieni di coraggio e di fiducia. 29<br />

Il 15 Ottobre 30 la Brigata viene infine assegnata all’espugnazione dell’area<br />

settentrionale del San Marco (linea q. 102 – Casa Rossa – Casa Scoperchiata).<br />

Il San Marco, cardine strategico del sistema di alture ad est di Gorizia,<br />

in posizione centrale fra il Panowitz e il torrente Vertoibizza, rappresentava<br />

un bastione austroungarico contro cui l’esercito italiano si sarebbe scontrato<br />

a lungo e inutilmente. Le condizioni stesse di sussistenza dei fanti erano<br />

tremende: dominati dall’alto dal nemico, colpiti d’infilata dal San Gabriele e<br />

dalle cime attigue, vivevano in trincee precarie, dove in Autunno la pioggia<br />

s’infiltrava allagando tutto e determinando frane continue. Il 28 Ottobre scatta,<br />

inutilmente, il primo attacco italiano 31 ; il 7 Novembre la Lambro prende<br />

parte ad un nuovo attacco in forze contro le linee austriache: il 206° occupa q.<br />

100, Casa Due Pini e s’arrampica verso q. 171 dove è costretta ad arrestarsi.<br />

La Brigata è poi inviata a riposo fino al 14 Novembre, quando un contrattacco<br />

29 LONGO, cit., pag. 82.<br />

30 Sono i giorni in cui <strong>Poledrelli</strong> torna al fronte, aggregato alla III Compagnia, I<br />

Battaglione 206° Reggimento.<br />

31 Nel corso dei bombardamenti susseguenti <strong>Poledrelli</strong> resta sepolto dal crollo di una<br />

ridotta.<br />

76


austriaco impone il ritorno sul San Marco: il 206° riesce a riprendere le posizioni<br />

perdute al prezzo di 18 ufficiali e 530 soldati. Le truppe possono infine<br />

scendere a riposo, a Subida, per riorganizzarsi.<br />

Nel Gennaio 1917 32 la Brigata ritorna sulle sue posizioni; i combattimenti si<br />

riaccendono il 9 Febbraio, quando un attacco imperiale determina la perdita di<br />

alcune trincee a Casa Due Pini e a q. 102: un contrattacco, condotto anche da<br />

due plotoni di Arditi, ristabilisce ben presto la situazione (perdite: 9 ufficiali<br />

e 350 soldati). Nei mesi di Marzo e Aprile la Lambro è a riposo a Subida; il 4<br />

Maggio alcuni Battaglioni 33 sono inviati a Gorizia; il 6 Maggio l’intera Brigata<br />

è nuovamente sul San Marco per tentare lo sfondamento della linea austriaca<br />

(azione sussidiaria nei piani di Capello relativi alla X Battaglia dell’Isonzo).<br />

Il 206° opera a nord (Casa Diruta – q. 171 – q. 200), il 205° deve attaccare<br />

la cima (q. 227) e le pendici meridionali, per calare in piano. Il 14 Maggio,<br />

dopo un intenso fuoco d’artiglieria, il III/206° attacca q. 200, mentre il II/206°<br />

raggiunge Casa Due Pini, Dosso del Palo e q. 171. Più a sud, il I/205° e il<br />

III/205° arrivano a q. 200 e q. 100. Le perdite sono gravi (38 ufficiali e 1618<br />

soldati), ogni ulteriore avanzata è impossibile e i nemici contrattaccano continuamente.<br />

Il 17 Maggio la Brigata è inviata a Villanova di Monte Fortin per<br />

riorganizzarsi. Torna in linea negli ultimi giorni di Maggio. Nella notte sul 3<br />

Giugno 34 gli austriaci, previo breve ma violento fuoco d’artiglieria, colgono lo<br />

schieramento della Lambro in un momento critico (il II/205° e il I/206° stanno<br />

effettuando la reciproca sostituzione) e assaltano Dosso del Palo, riuscendo a<br />

infiltrarsi nella valletta a est del bosco ed a conquistare la trincea fra Casa Rossa<br />

e q. 100. L’arrivo di rincalzi italiani blocca l’offensiva, riconquistando parte<br />

del terreno perduto e catturando 3 ufficiali, 40 soldati e una mitragliatrice.<br />

Alla sera un nuovo attacco italiano ristabilisce definitivamente la situazione.<br />

Il 23 Giugno la Brigata è inviata a riposo fra Pradis e Subrida. Fra il 19 e il<br />

22 Agosto, durante la XI Battaglia dell’Isonzo, tenta nuovamente di conquistare<br />

il San Marco, ma tutti gli sforzi sono vanificati dalla ferrea resistenza<br />

austriaca. Il 31 Agosto la Brigata è inviata sulla Bainsizza centrale, nel settore<br />

di Okroglo; qui viene colta dalla crisi di Caporetto: si ritira lungo l’asse Jelenik<br />

– Plava – Madrisio – Ponte della Priula. Il 21 Novembre la Lambro viene<br />

disciolta dal nuovo Comando Supremo.<br />

32 <strong>Poledrelli</strong> ritorna in quei giorni in linea.<br />

33 Fra cui il I/206° di <strong>Poledrelli</strong>, che si attenda alle falde del Sabotino.<br />

34 Si tratta della circostanza che determina l’uccisione di <strong>Poledrelli</strong>. Resta purtroppo<br />

indefinita la data precisa della sua morte: alcune fonti riferiscono del 3 Giugno (al<br />

sopravvenire dell’attacco austriaco e dei primi contrattacchi italiani); altre, fra cui<br />

l’estratto di morte e il foglio matricolare, recitano la data del 4 Giugno (nel corso dei<br />

successivi contrattacchi italiani di assestamento della linea).<br />

77


La Rivista, 12 luglio 1917. In memoria di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>. (Archivio Associazione Culturale<br />

di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

DAL DIARIO STORICO DEL 206° REGGIMENTO – BRIGATA LAMBRO:<br />

LA GIORNATA DEL 3 GIUGNO 1917 (ESTRATTO)<br />

Dopo la grande offensiva del maggio contro il S. Marco il Reggimento, sceso<br />

a Boatina per un brevissimo periodo di riordinamento, ritornava in trincea<br />

nello stesso S. Marco con l’ordine di rafforzare la nuova linea raggiunta,<br />

ancora non salda perché da poco tempo strappata al nemico…<br />

Nella notte sul 3 doveva avvenire il cambio fra il I/206° ed il II/205°e si erano<br />

anche ordinati ingenti trasporti di materiale specie cavalli di frisia per completare<br />

la linea delle difese accessorie non sufficientemente robuste.<br />

Alle ore 22,30 35 movimento per il cambio già iniziato, come pure il trasporto<br />

di materiali al quale erano adibiti circa quattrocento uomini.<br />

Alle 23 un violento bombardamento nemico fatto con medi calibri – barilotti<br />

si abbatte nelle nostre occupazioni di Dosso del Palo – Boscone sconvolgendo<br />

le difese, producendo perdite non lievi, sorprendendo in piena crisi di movimento<br />

le corvé addette al trasporto dei materiali ed il I° Battaglione che si<br />

accingeva al cambio.<br />

35 Ovviamente del 2 giugno.<br />

78


Il Monte San Marco, allegato 1, foglio 2. (Archivio Associazione Culturale di Ricerche<br />

Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

Simultaneamente al bombardamento e al tiro di interdizione, fatto con estrema<br />

violenza sui camminamenti di accesso e sul rovescio delle linee, reparti<br />

d’assalto austriaci di forza imprecisata, ma certamente notevole, attaccano<br />

le nostre linee nella Valletta ad est del Boscone (vedi schizzo) e il punto di<br />

saldatura tra il 206° ed il 205° a nord di Dosso del Palo (vedi schizzo).<br />

Le nostre truppe, che occupano i posti avanzati sulla fronte della ex caverna<br />

austriaca, 2° Compagnia 206° più quelli del Genio che sono intenti ai lavori<br />

di rafforzamento, non fanno in tempo ad arretrare nella linea di resistenza,<br />

impedendo così alle truppe che la presidiano ad aprire il fuoco contro il ne-<br />

79


mico che avanza – il quale, infiltrandosi a nord dell’ex appostamento austriaco<br />

per mitragliatrice (Boscone) scende e riesce ad occuparlo, nonostante la<br />

resistenza dei nostri che reagiscono con estrema violenza all’attacco nemico.<br />

Con l’appostamento il nemico riesce ad occupare un centinaio di metri di<br />

trincea della prima linea (Lunetta).<br />

Ma viene trattenuto poi fermato alla destra dalla tenace resistenza del 2°<br />

Plotone della 2° Compagnia che sbarra la trincea con sacchetti a terra guardando<br />

con una squadra il fianco sinistro minacciato.<br />

Il tempestivo e pronto accorrere dei rincalzi, costituiti dalla 3°Compagnia del<br />

206° riesce ad impedire ogni ulteriore progresso del nemico 36 .<br />

Verso le ore 4 del giorno 3, giunti i primi rinforzi, consistenti in due plotoni<br />

della 6° Compagnia del 205° fanteria, viene fatta avanzare da Dosso del Palo<br />

verso la caverna mitragliatrice del Boscone, e alla mercè d’efficace concorso<br />

di tali truppe fresche e nonostante il persistente bombardamento nemico, il<br />

nemico venne ricacciato dalla linea della Lunetta. Gli si catturano anche tre<br />

ufficiali, una quarantina di soldati e una mitragliatrice.<br />

Per tutta la giornata continua il violento fuoco nemico che già aveva distrutto<br />

le armi della 287° Compagnia – sconvolti i camminamenti d’accesso non del<br />

tutto rimessi in efficienza dopo l’offensiva del Maggio.<br />

Alla sera del 3 giugno (alle ore 20,30) si sferra il nostro contrattacco, accuratamente<br />

preparato nella giornata, per ritogliere al nemico il dominio che<br />

ancora teneva della Valletta interposta tra Casa Rossa e Casa quota 100.<br />

Dopo breve, ma violenta preparazione d’artiglieria le truppe del I/206° con<br />

due plotoni arditi del 205° Fanteria (10° e 11° Compagnia) attaccano con<br />

bello impeto, e riescono di slancio ad occupare la vecchia linea Boriani, riconquistando<br />

tutto il terreno perduto nel contrattacco austriaco del due, migliorando<br />

l’occupazione nostra immediatamente a nord del Dosso del Palo.<br />

Contemporaneamente all’attacco del I/206° le truppe del 205° contemporaneamente<br />

contrattaccano e giovarono non poco a ristabilire il collegamento<br />

tra i due reggimenti.<br />

Alle ore 21,30 tutta la linea è ripristinata e malgrado i reiterati attacchi nemici<br />

che si protraggono fino al cinque giugno le balde truppe del Reggimento<br />

sanno tenere quanto il nemico aveva loro momentaneamente sottratto. 37<br />

36 Si tratta del contrattacco a cui partecipa <strong>Poledrelli</strong>, restandovi poi ucciso.<br />

37 206° Reggimento di Fanteria. Diario storico militare, giugno – luglio 1917.<br />

Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito Roma.<br />

80


BOLLETTINO DI GUERRA AUSTRIACO DEL 3 GIUGNO 1917<br />

Nella regione del San Marco, presso Gorizia, i reparti del capitano Sonnewend<br />

rigettarono con un’energica puntata il nemico dalle trincee più avanzate.<br />

Esso lasciò in nostra mano 10 ufficiali, 500 uomini e 4 mitragliatrici. 38<br />

BOLLETTINO DI GUERRA ITALIANO DEL 4 GIUGNO 1917<br />

Sulle pendici occidentali del San Marco il nemico, dopo aver completamente<br />

spianato con tiri delle sue artiglierie le difese della nostra nuova linea, riuscì<br />

con un attacco in forze a penetrare in alcuni elementi avanzati. Arrestato dal<br />

pronto accorrere dei rincalzi, venne da un successivo contrattacco nettamente<br />

respinto con gravi perdite sulle sue posizioni. Lasciò nelle nostre mani 82<br />

prigionieri, di cui 3 ufficiali. 39<br />

MONTE SAN MARCO<br />

Il Gen. Grazioli ci descrive efficacemente la situazione tattica in cui la Brigata<br />

Lambro era venuta a trovarsi:<br />

La collina di San Marco si affaccia bruscamente sulla piana di Gorizia come<br />

un parapetto elevato lungo circa due chilometri. Prima della guerra (come è<br />

ritornata ad esserlo ora) era davvero una vaga altura, dalle forme tenui e ondulate,<br />

cosparsa di graziose cascine campestri, tutta coperta da folta boscaglia,<br />

mèta di piacevoli gite pei cittadini di Gorizia. Così disposta in traverso<br />

fra la ridente valletta, dal nome suggestivo di val di Rose, che la separa dalle<br />

vicine colline del Panovitz e le molto più basse colline di Sober fiancheggianti<br />

il corso della Vertoibizza, presenta, a chi la guarda dal piano, il profilo caratteristico<br />

di un leone accovacciato a cui manchi la testa. Il versante verso<br />

il piano è il più ripido; il versante opposto declina invece ondulato e assai<br />

più dolce e solcato da profonde valli boschive verso la conca di Aisovizza. La<br />

massima quota si eleva all’incirca di 200 metri sul piano di Gorizia…<br />

Su questa altura di San Marco si era irrigidita dunque la nuova linea di contatto<br />

fra noi e gli austriaci, con un tracciato e in una situazione così stravaganti,<br />

come se, nel corso fluttuante della battaglia, un’improvvisa ondata di<br />

freddo intenso avesse cristallizzate bizzarramente le due fronti strettamente<br />

avvinghiate nella lotta, e quindi senza nessun criterio logico offensivo o difensivo…<br />

… noi eravamo dovunque, inizialmente, in posizione molto svantaggiosa.<br />

38 In PRIMICERJ, Giulio, 1917 Lubiana o Trieste?, Milano, Arcana, 1986, pag.<br />

300.<br />

39 Id.<br />

81


Il Monte San Marco visto dal castello di Gorizia. (Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito, Roma).<br />

A sinistra, verso la città, perché, per quanto padroni del versante, non eravamo<br />

ancora padroni delle quote di cresta; a destra poi, cioè sul triangolo<br />

ferroviario, in condizioni ancora peggiori perché … il nemico ci dominava<br />

completamente dalle falde soprastanti del monte, come da un balcone che ci<br />

sovrastasse sulla testa…<br />

… eravamo anche soggetti al fuoco concentrato di tutte le artiglierie avversarie,<br />

non soltanto di fronte, ma anche di infilata e peggio ancora di schiancio,<br />

perché dal m. Santo o dal S. Gabriele, e dal margine settentrionale del Carso,<br />

quelle artiglierie ci tiravano quasi alle spalle, rendendoci ben amara la<br />

vita…”. 40<br />

Trattando le vicende vissute sul San Marco, il Gen. Grazioli si sofferma anche<br />

sulla posizione detta Dosso del Palo:<br />

… la nona battaglia dell’Isonzo… non fu per noi, sul San Marco, che una rettifica<br />

delle posizioni fino allora raggiunte, ottenuta, sotto piogge torrenziali,<br />

con ripetuti attacchi parziali diretti a strappare palmo a palmo al nemico brevi<br />

tratti di terreno potentemente fortificati. In questa circostanza però truppe<br />

della mia brigata riuscirono a conquistare la tanto contrastata quota 171 e il<br />

vicino dosso del palo, così chiamato perché sopra di esso giaceva rovesciato<br />

un gigantesco sostegno di ferro a traliccio, abbattuto da un colpo di cannone,<br />

e che aveva fatto parte di una conduttura elettrica ad alto potenziale scaval-<br />

40 GRAZIOLI, cit., pagg. 171-179.<br />

82


cante il monte. Entrambe queste due posizioni, prese e riprese più volte in seguito,<br />

costituirono in certo qual modo, e per molto tempo, fra i due avversari<br />

sul San Marco, il pomo principale della discordia ed il luogo dove più folta<br />

cadde la messe di vite umane inesorabilmente falciate dalle mitragliatrici e<br />

dalle artiglierie delle due parti. 41<br />

41 Id., pagg. 210-211.<br />

83


Diploma della Croce di Guerra di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>. (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio<br />

Associazione Culturale di Ricerche Storiche <strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>, Ferrara).<br />

84


CONCLUSIONE<br />

IL “MISTERO” DI MARIO POLEDRELLI<br />

Termina qui il nostro breve excursus sulla vita di <strong>Poledrelli</strong>, che abbiamo delineato<br />

il più possibile attraverso quel che è rimasto delle sue parole, delle sue<br />

idee, dei suoi scritti 1 .<br />

La risultante complessiva, agli occhi di uomini d’oggi, è piuttosto contraddittoria,<br />

sotto certi versi sconcertante.<br />

Chi era veramente <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>?<br />

Un semplice eroe di guerra, morto a ventiquattro anni, celebrato dai concittadini<br />

con l’intestazione d’una via e d’una scuola?<br />

Un precursore della nuova società che il conflitto avrebbe generato, come ci<br />

spiegano i testi commemorativi redatti durante il ventennio?<br />

Un anarcoide protofascista, memorabile solo per la capacità di offendere gli<br />

avversari e ricevere mercede dai suoi finanziatori massoni, come lasciano invece<br />

intendere i recenti testi storiografici orientati politicamente a sinistra?<br />

Forse tutte queste cose insieme; ma anche altro ancora, se soltanto proviamo<br />

a calarci nell’epoca in cui si svolse la vicenda.<br />

Forse <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> è un personaggio emblematico, nel bene e nel male, di<br />

tutte le incertezze e di tutti gli equivoci di una società in ebollizione, bisognosa<br />

di catarsi, incapace di trovare soluzioni costruttive alla propria impellente<br />

ricerca di certezze.<br />

Le contraddizioni epidermiche del politico–soldato <strong>Poledrelli</strong> ci lasciano stupiti,<br />

proprio perché era forse lui il primo ad esserne stupito; e infatti lo vediamo<br />

continuamente porsi domande, darsi risposte, scuotere se stesso per<br />

imprimersi l’acquisita convinzione circa la verità delle sintesi faticosamente<br />

afferrate.<br />

Il suo originale anarco–individualismo forse non è che questo: una confusa<br />

idea di stampo ottocentesco (ricordiamo, nel suo diario del 1916, l’attestata<br />

ammirazione per Carducci), commista d’aneliti plurimi: amore, riscatto, giustizia,<br />

appartenenza non discriminata a un popolo, risarcimento dei torti subiti,<br />

affermazione individuale, pace assoluta.<br />

Un’idea tanto confusa da costringere il portavoce ad arrangiamenti complicati<br />

ogni qual volta le diverse spinte entravano in contraddizione.<br />

Così: l’ordine militare è necessario, ma il sistema di controllo e punizione è<br />

1 In Appendice il Lettore potrà trovare diversi scritti del protagonista, nonché, in<br />

conclusione, alcuni interessanti contributi di vari autori, a lui dedicati e redatti dopo<br />

la sua morte.<br />

85


sbagliato; l’organizzazione gerarchica non convince, ma va comunque sopportata<br />

in nome del bene collettivo da perseguire; lo stato stesso, infine, nei<br />

suoi canoni sabaudi e cadorniani, assume le vestigia di un talora fastidioso<br />

ma necessario fardello per addivenire al processo rivoluzionario supremo: la<br />

guerra vittoriosa e il riscatto.<br />

Non dissimili, del resto, dovevano essere i pensieri di tanti protagonisti coevi:<br />

da Filippo Corridoni a Cesare Battisti, da Pietro Nenni a Benito Mussolini:<br />

salvo che in tutti costoro la strategia militante, supportata da una cultura più<br />

organica, andava già assumendo canoni più realistici e smaliziati.<br />

La caratteristica più interessante di <strong>Poledrelli</strong> sta invece proprio qui: in un misticismo<br />

violento e ingenuo insieme, frutto della realtà provinciale ferrarese,<br />

di esperienze biografiche difficili e di una formazione sofferta ed inquieta.<br />

Cartolina Brigata Lambro, 206° Reggimento Fanteria. (Collezione privata).<br />

86


A PPENDICE<br />

TESTI DI MARIO POLEDRELLI<br />

1<br />

KROPOTKINE<br />

Gazzettino Rosa, 3 novembre 1914 (Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara);<br />

poi in La Guerra Sociale – Settimanale Anarchico Interventista di Milano,<br />

diretto da Edoardo Malusardi (Greci, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

e l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di<br />

Ferrara).<br />

La guerra di cui siamo spettatori dolenti è da molti considerata alla stregua<br />

di una grande rivoluzione. E’ incerto che tale sia nei riguardi delle istituzioni<br />

politiche ed economiche che governano le sorti dell’umanità in questo lasso<br />

di tempo. Ciò dipende dalle sorti militari dei due gruppi di potenze che sono<br />

in litigio. Ma quello che è certamente, incompatibilmente vero è il fatto che<br />

questa guerra ha rivoluzionato le posizioni teoriche e pratiche dei partiti e la<br />

coscienza degli individui. I frutti di trenta anni di propaganda teorica spicciola<br />

fatta dai partiti di avanguardia, astrazione fatta di quella a carattere dinamico<br />

e rivoluzionario, sono caduti miseramente nel vortice sanguinoso di questo<br />

immenso macello. D’altra parte, è bene constatarlo, a questo inaspettato urto<br />

hanno vittoriosamente resistito quelli che sono i canoni principali, fondamentali<br />

e classici che formano i movimenti rivoluzionari odierni. Crisi dunque.<br />

Quanti, al principio di questa guerra hanno compreso l’angosciosa verità di<br />

quelle pagine che Giuseppe Mazzini scrisse allorché la sua altissima mente e<br />

l’animo suo eletto furono visitate dal dubbio, martoriandogli, straziandogli,<br />

dilaniandogli la coscienza. Perfino quell’uomo, che sembrava il più rigido,<br />

il più intransigente, il più simpaticamente settario fra i socialisti italiani, ha<br />

dovuto confessare le oscillazioni della sua coscienza. Perciò ogni partito, ogni<br />

individuo avrà affannosamente cercato, in mezzo a tanta tenebra creata da sì<br />

immani avvenimenti, una luce chiara, un faro sicuro che servisse da guida in<br />

questa intricata topografia… ideale. E gli anarchici, incalzati dalla stessa crisi,<br />

dallo stesso dubbio degli altri partiti e individui, hanno anche loro cercato la<br />

loro luce, il loro faro. E l’hanno trovato. La luce che essi cercano venne agitata<br />

con mano sicura da un vegliardo: Pietro Kropotkine.<br />

Al primo anarchico che incontrate, domandategli quale precisa finalità egli<br />

con la sua propaganda ed azione rivoluzionaria si propone di raggiungere.<br />

Indubbiamente vi mostrerà: “la conquista del pane”, che è lo schema esatto,<br />

preciso, matematico di quella società dell’oro che è nelle sue aspirazioni, nei<br />

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suoi sogni. Domandategli ancora con quali criteri storici, morali, filosofici egli<br />

ha demolito la struttura di questa società. Certamente vi farà conoscere “La<br />

guerra rivoluzionaria” che è una nuova, originale anarchica interpretazione di<br />

quel grande avvenimento che fu la rivoluzione francese del 1789; “Lo stato”<br />

che è la più completa, suffragata da prove e documenti storici irrefutabili,<br />

critica dello stato moderno; “Le memorie di un rivoluzionario” che oltre ad<br />

essere la tragedia commossa e commovente di un anima, di un intelletto superiori,<br />

è anche la storia viva, il pastello brillante della società russa dal 1840<br />

ai giorni nostri, ed è anche la storia del movimento rivoluzionario latino degli<br />

ultimi 30 anni; “La morale anarchica” che è la distruzione di tutte le ipocrisie,<br />

di tutte le menzogne religiose, economiche, sociali che si celano dietro<br />

l’appellativo di morale; “La società moderna e l’anarchia”, che è un assalto,<br />

brillantissimo, forte di cultura, poderoso per lo stile, contro Bergson, i filosofi<br />

dell’intuizione o, come li chiama sarcasticamente G. P. Lucini, i filosofi del<br />

press’a poco. Tutte queste sono le opere migliori che Pietro Kropotkine ha<br />

dato nel campo anarchico. Ma la sua attività cerebrale non finisce qui: sconfina<br />

nel campo scientifico. (…) Come il nostro Mazzini lasciò la letteratura<br />

per l’Italia irredenta. Così Kropotkine come il suo compatriota Leone Tolstoi<br />

lasciò la scienza per l’umanità irredenta. Ebbe torto? Giorgio Brandes opina<br />

che si. Crediamo che gli atti di questi grandi non debbano essere giudicati<br />

così definitivamente e recisamente. Evaso in un modo che ha del fantastico<br />

e del miracoloso con la complicità di scienziati, di rivoluzionari, di amici,<br />

parenti, dalla tetra fortezza di Pietro e Paolo, si rifugiò a Londra cortese<br />

ed ospitale sempre con tutti gli agitatori, con tutti gli apostoli di qualunque<br />

causa. Per campare la vita scrive articoletti per la grande rivista geografica:<br />

Nineeteuch Century. Ma poi desideroso di viaggiare corre in Francia, dove,<br />

per avere preso parte a movimenti rivoluzionari, viene imprigionato e condannato<br />

dal governo di Napoleone il piccolo; in Svizzera dove viene, per lo<br />

stesso motivo, espulso. Ma qui, nel mondo latino, dove ancora fervono fra i<br />

rivoluzionari le polemiche suscitate da Bakunine e Marx, egli diventa definitivamente<br />

anarchico. E nell’anarchismo, che fino ad allora erano sole idee non<br />

chiare, indefinite di Giuseppe Prudhon e di Michele Bakunine, fa un’opera<br />

scientifica di sistemazione, di critica, di ricostruzione. E con Carlo Caffiero,<br />

Andrea Costa, Enrico Malatesta, Eliseo, Elia e Paolo Reclus, Giovanni Grado,<br />

Giacomo Guillaume, fonda giornali, e in Svizzera e in Francia e in Italia e in<br />

Spagna. E’ in questi giornali che egli scrive i primi articoli, sostiene le prime<br />

battaglie. E C. Arold 1 dice che il “sistema di Pietro Kropotkine è la concezione<br />

scientifica dell’anarchia”. Ed ancora oggi malgrado che la sua tarda età non<br />

1 Arold – l’essenza dell’anarchismo<br />

88


gli permetta di dare all’azione il suo contributo personale pure continua con<br />

una profusione che sorprende per un uomo di 74 anni, la sua attività intellettuale.<br />

La sua produzione ha la caratteristica comune a tutti i grandi: l’unità,<br />

la coerenza. L’avv. Luigi Molinari si è meravigliato come il Kropotkine inciti<br />

i rivoluzionari ad aiutare anche fattivamente il blocco di potenze che fanno<br />

capo alla Triplice Intesa contro l’imperialismo prussiano. E’ proprio il caso<br />

di dire che le meraviglie sono fuori posto, sono inutili. Pietro Kropotkine fu<br />

sempre contro il caporalismo. Il libertario non può avere simpatia per l’autoritarismo;<br />

il rivoluzionario non può andare d’accordo con il conservatore. La<br />

lotta troppo ignorata o meglio troppo mal conosciuta fra Michele Bakunine e<br />

Carlo Marx non fu una volgare bega personale come si vuol far credere, ma fu<br />

la lotta del federalismo contro l’accentramento, del rivoluzionarismo contro il<br />

riformismo, dell’anarchismo, infine, contro l’ultima incarnazione teorica dello<br />

stalinismo che si incarnava nella social-democrazia tedesca rappresentata da<br />

Carlo Marx. Pietro Kropotkine è anarchico e siccome la libertà anarchica è<br />

umana, è universale, è superiore alle classi, così egli ha sempre espressa la sua<br />

simpatia per tutte le nazioni oppresse. E naturalmente in questa guerra egli è<br />

per la Francia e il Belgio invasi dalla Germania; è per la Serbia invasa aggredita<br />

dall’Austria. Pietro Kropotkine è un rivoluzionario, è un intellettuale. Egli<br />

crede con Victor Hugo che il libro scalzi l’edificio di menzogne, di ipocrisie,<br />

di oppressione che è l’attuale società. Considerato quindi che la Francia sia<br />

nelle aspirazioni politiche del suo popolo, sia nella cultura è all’avanguardia<br />

della civiltà moderna, egli è per la Francia. Unico suo rammarico è quello di<br />

non potere essere utile a quella nazione anche con il concorso personale. In<br />

forza di queste ragioni egli proclama: 2 “E’ proibito di restare neutrali poiché<br />

nel caso attuale la neutralità non sarebbe che complicità in favore del pugno<br />

di ferro tedesco”.<br />

Possono i gretti di cuore o i pigri di cervello, anche se anarchici, non capire<br />

l’ideale bellezza del pensiero di Pietro Kropotkine, ma la verità che dalle sue<br />

parole sgorga non si arresta di fronte alla loro impotenza celebrale, passa oltre<br />

e si afferma nella storia, senza di loro, contro di loro. Noi oggi con Pietro Kropotkine,<br />

Amilcare Cipriani, Giovanni Vaillant e mille altri illustri sconosciuti,<br />

gridiamo la strofa di Enotrio Romano 3 :<br />

E sol tra i casi della pugna orrendi<br />

E flutti d’aste e fulminose spade<br />

Nel vasto sangue popolar discendi<br />

O Libertade.<br />

2 Il Resto del Carlino e La Stampa del 16 ottobre 1914<br />

3 Pseudonimo adottato da Giosuè Carducci. La poesia sotto riportata è “Alla libertà”<br />

(Juvenilia).<br />

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2<br />

LE IDEE ANARCHICHE E LA GUERRA<br />

L’Internazionale di Parma, diretto da Alceste De Ambris, 9 gennaio 1915 (lo<br />

stesso articolo viene riproposto, con lievi modifiche, il 30 gennaio). (Greci,<br />

Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> e l’interventismo ferrarese, Archivio<br />

Storico Università degli Studi di Ferrara).<br />

Perché io comprendo l’anarchismo come la più alta, la più disinteressata, la<br />

più sublime espressione della solidarietà umana; l’anarchismo che per me,<br />

non è un partito come il socialista che non vede e non conosce altri interessi,<br />

altra realtà che non sia la classe o il partito come il nazionalista che, non vede,<br />

che non conosce altri interessi che non siano quelli ristretti nei limitati confini<br />

di una nazione; ma, senza negare e l’una e l’altra, non va oltre di essa per<br />

arrivare alla meta dell’umanità libera e redenta. La lotta di classe è una realtà<br />

che gli interessati sofismi della borghesia e quelli pietisti delle varie scuole<br />

cristiane non possono sopprimere. La lotta di classe è un apportato della moderna<br />

civiltà capitalistica. In questa lotta noi siamo per la classe operaia non<br />

solo perché è la più sfruttata e tiranneggiata dalle classi dirigenti e detentrici<br />

dei mezzi di produzione e lavoro, ma anche e, starei per dire, soprattutto perché<br />

possiede, malgrado siano assopiti dal narcotico riformista, conservatore<br />

e religioso – tale uno spirito rinnovatore che non ha nelle altre classi. Noi<br />

crediamo che il trionfo della classe sia il trionfo dell’umanità sulla barbarie<br />

perché il sentimento del giusto le è famigliare, come non lo può essere nella<br />

borghesia, che la consapevolezza del dominio soffoca in essa ogni sentimento<br />

nobile e generoso; che il sentimento del giusto può essere presente nei pensieri<br />

delle classi inferiori che formano il quinto stato perché vivono una vita che è<br />

al di fuori e sotto ogni senso di dignità, di moralità, di umanità. Solo dunque<br />

alla classe lavoratrice, se educata alla scuola della rivoluzione spetta il grande,<br />

magnifico compito di iniziare l’era di migliori destini per l’umanità. Ne’ si<br />

può negare la realtà della nazione. L’herveismo della prima maniera è fallito.<br />

La guerra attuale si è incaricata di fargli un funerale. E’ un funerale di terza<br />

classe. La nazione – diceva Giuseppe Mazzini, con il conforto di Michele<br />

Bakunine – diventa tanto più sacra quanto più è minacciata. La prova più lampante,<br />

più inequivocabile è in questo torno di tempo. Tradita l’Internazionale<br />

dall’imperialismo ipocrita dei socialisti tedeschi, ogni partito, ogni individuo<br />

dei singoli paesi è tornato alla nazione. Io non posso negare di essere nato in<br />

Italia e quindi rinnegare il genio di questa terra che, da Spartaco ai Comuni<br />

dell’Evo Medio, da Giuseppe Mazzini a Garibaldi, fino a Carlo Cafiero ed alla<br />

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gloriosa internazionale, ha dato tanta parte di se stesso alla superiore causa<br />

dell’umanità. E’ per questo che io mi sento di difendere l’Italia anche – e diciamola<br />

la verità – sotto le insegne del Signor Vittorio Emanuele.<br />

Dunque la mia consapevolezza di italiano e la mia coscienza di anarchico mi<br />

consigliano un atteggiamento che è la naturale conseguenza della mia educazione<br />

e della mia anima anarchica: contro la neutralità, per la guerra. Contro la<br />

neutralità che nella collettività come negli individui è, nella maggioranza dei<br />

casi impotente di comprendere i grandi problemi umani della vita moderna;<br />

contro la neutralità che nel governo è vigliaccheria generata dalla paura di perdere<br />

il potere già traballante dalle giornate rosse del giugno scorso; 4 contro la<br />

neutralità della borghesia. Per la guerra contro la Germania che difende il feudalismo,<br />

contro la moderna civiltà capitalistica, che difende il passato contro<br />

l’incalzante e rivoluzionario avvenire; contro la Germania che rappresenta un<br />

attentato perenne con la sua cultura, con i suoi 420 alla libertà politica intellettuale<br />

e morale verso la quale marcia con passo sicuro e baldanzoso l’Europa<br />

civile. Per la guerra contro l’Austria che con i suoi popoli soggetti, uniti solo<br />

dalla forza del pugno di ferro militare della Casa d’Asburgo e dall’ingranaggio<br />

amministrativo, rappresenta nel mondo la più odiosa e ripugnante delle<br />

tirannie. Insomma non si vuol capire che noi questa guerra la consideriamo<br />

se non una guerra dell’avvenire, certamente del presente contro il passato che<br />

vuol risuscitare e dominare per mezzo e con la forza delle armi teutoniche.<br />

Può darsi – e non lo è perché la borghesia non vuole la guerra – che questa<br />

guerra sia considerata dalla borghesia come una guerra di difesa dei suoi interessi,<br />

delle sue ricchezze minacciate dalla rapacità dei loro colleghi tedeschi.<br />

Ed allora si ha questo risultato che del resto non sarebbe affatto strano che<br />

mentre i popoli della Triplice Intesa versano il sangue in difesa di interessi<br />

capitalistici, lo versano anche in difesa del movimento rivoluzionario minacciato<br />

dalla Germania conservatrice.<br />

Ma questa, mi par già di sentire obbiettare da qualche neutralista rivoluzionario<br />

(conciliate i termini) è una guerra democratica che può averci tutt’al più<br />

spettatori passivi. Spettatori passivi? Ma come potete restare incerti, con le<br />

mani alla cintola, buddistici ammiratori dell’ombelico di fronte a si grande<br />

carneficina? Ma chi paga le spese più doloranti e più gravi non è forse il proletariato?<br />

Ed allora non vi sono che due vie naturali, logiche, umane. Non c’è<br />

posto per una terza che possa conciliare l’inconciliabile. O contro la guerra,<br />

ed allora, perché così ora si presenta la sensazione, fare la rivoluzione, e non<br />

4 Accenna al violento e sanguinoso sciopero generale del giugno 1914<br />

91


solo in Italia, ma risuscitarla anche e specialmente nelle nazioni belligeranti.<br />

(Ma ciò è impossibile e materialmente e moralmente). O in favore della guerra<br />

perché dalle zolle concimate dai sudori, dalle lacrime, dai dolori, dal sangue<br />

dei proletari, maturino, più che sia possibile frutti di libertà e di benestare<br />

per quelli che rimangono. Ma, lo ripetiamo, la neutralità denota vigliaccheria<br />

od impotenza. In quanto poi ad essere, questa guerra che combattono i popoli<br />

della Triplice Intesa, a carattere democratico è una tale verità che noi ci<br />

guardiamo bene dallo mentire. Diciamo di più: è la ragione principe che ci fa<br />

essere intervenzionisti. (…)<br />

3<br />

LA DICHIARAZIONE<br />

L’Internazionale, 10 aprile 1915 (Greci, Luigi, Tesi di Laurea, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

e l’interventismo ferrarese, Archivio Storico Università degli Studi di<br />

Ferrara).<br />

La monarchia italiana non rinuncia al suo sistema storico. Nell’ora in cui l’interesse<br />

nazionale reclama il gesto liberatore che può darci un glorioso diritto<br />

di cittadinanza tra i popoli vessilliferi di progresso; l’ambigua politica dinastica,<br />

tende invece alla soddisfazione di meschini egoismi che ci ribadiranno ai<br />

polsi le antiche catene di servitù verso gli imperi centrali. Noi sentiamo perciò<br />

il dovere di suggellare oggi la nostra e l’altrui responsabilità con una parola<br />

chiara e definitiva. Dal giorno in cui scoppiava il grande conflitto che dilania il<br />

mondo, abbiamo fatto violenza a noi stessi, imponendo una tregua alla nostra<br />

azione di parte, non già perché avessimo rinunziato alle idee rivoluzionarie;<br />

ma perché per l’ulteriore affermazione dei principi nostri, abbiamo riconosciuto<br />

la pregiudiziale necessità della guerra contro il militarismo oppressore<br />

accampato nel cuore dell’Europa ed in pari tempo della rivoluzione delle<br />

questioni di nazionalità secondo giustizia. Le ragioni di intervento che noi<br />

affermiamo sono quelle stesse che Asquith ripeteva alla Camera dei Comuni<br />

in Inghilterra nel suo discorso del 1 marzo p.p. con le memorabili parole: noi<br />

non dovremmo mai ringuainare la spada sino a quando il Belgio non avrà tutto<br />

e anche più di quanto ha sacrificato, fino a quando la Francia non sarà definitivamente<br />

al sicuro contro la minaccia di una aggressione, sino a quando i diritti<br />

delle nazioni minori d’Europa non saranno fissati su una basa intangibile, sino<br />

a quando la prepotenza militare della Prussia non sarà completamente distrutta.<br />

Queste parole dimostrano che il programma del nostro interventismo non<br />

ha nulla di utopistico e che può benissimo essere accettato anche da uno stato<br />

92


monarchico, che non metta gli interessi dinastici al di sopra degli interessi<br />

nazionali; che esso è particolarmente vero per l’Italia, poiché riassume le più<br />

alte e legittime aspirazioni della nostra nazionalità, che d’altra parte rientrano<br />

perfettamente nel vasto quadro delle aspirazioni mondiali verso un più giusto<br />

assetto dell’Europa in base al riconoscimento del diritto di nazionalità per<br />

tutti i popoli. All’intervento così concepito, che non può esplicarsi altrimenti<br />

che con la rottura violenta della Triplice Alleanza e la guerra contro gli Imperi<br />

Centrali a lato della Triplice Intesa, noi siamo pronti a dare tutto il nostro<br />

appoggio, accettando di condividerne le responsabilità nella forma più leale:<br />

diciamo cioè che qualora la monarchia dichiarasse la guerra che noi auspichiamo<br />

sentiremo il dovere collettivo di continuare fino a vittoria raggiunta<br />

nella tregua rivoluzionaria, ed il dovere personale di accorrere sui campi di<br />

battaglia per offrire il nostro sangue alla causa della libertà dei popoli, contro<br />

il militarismo teutonico. Ma con eguale franchezza diciamo che ne sangue,<br />

ne tregua possiamo promettere per ogni altra azione che la monarchia avesse<br />

in animo di svolgere compromettendo l’Italia nelle viltà e nelle speculazioni<br />

tristi di una politica obliqua e usuraia. La grave responsabilità della guerra può<br />

essere da noi accettata soltanto per altissime ragioni ideali (la rivendicazione<br />

dei diritti di tutte le nazionalità) e per la necessità di abbattere un ostacolo<br />

formidabile al progresso umano (il militarismo tedesco); ben altro dovere ci<br />

detta l’eventualità che l’Italia ufficiale abbia a fare il gioco della Germania<br />

con qualche diversivo sostanzialmente ostile alla Triplice Intesa. In questo<br />

caso, non l’opposizione passiva, ma la più vivace opposizione attiva di tutte<br />

le nostre forze, ci si imporrebbe come un dovere assoluto. E lo stesso dovere<br />

compiremo contro ogni mercato della nostra neutralità a base di compensi territoriali.<br />

Noi diciamo che la sola neutralità onesta, anche se imbelle, è quella<br />

che non chiede di essere pagata. La neutralità che specula sui conflitti nei quali<br />

gli altri profondono sangue e ricchezze, è la neutralità di Sylok 5 . Un popolo<br />

non può ricavare da una simile politica usuraia che odio e disprezzo, entrambi<br />

ben meritati. Perciò se anche le trattative avviate da Bullow potessero darci,<br />

cosa impossibile, i più larghi compensi territoriali noi affermeremo pur sempre<br />

la nostra decisa ed assoluta opposizione all’ignobile traffico dell’onore<br />

italiano, dividendo fin d’ora la responsabilità nostra da una simile vergogna<br />

che dovrà pesare tutta intera ed esclusivamente sulla monarchia restando a noi<br />

il compito di fargliela scontare con la più sollecita severità. Questo anche nel<br />

5 Personaggio de “Il mercante di Venezia” di Shakespeare. Nel finale si arrende per non<br />

perdere il proprio denaro e la propria casa.<br />

93


caso non difficile che la baratteria venisse condita con un simulacro di guerra<br />

sul tipo di quella che nel 1886 ci coprì d’onta e di ridicolo. Riassumiamo:<br />

la tregua della nostra azione rivoluzionaria può durare soltanto se la monarchia<br />

dimostri di volere l’intervento dell’Italia nella guerra europea, ponendosi<br />

direttamente contro gli imperi centrali in base al programma enunciato da<br />

Asquith nella camera dei comuni in Inghilterra il 1 marzo u.s. In questo caso<br />

accetteremo di condividere la responsabilità della guerra e riconosceremo il<br />

dovere di offrire il nostro sangue per il conseguimento della vittoria, persuasi<br />

che la distruzione del militarismo tedesco ed il risolvimento delle questioni di<br />

nazionalità compensi il grave sacrificio con lo spianarci la via alle conquiste<br />

future. In ogni altro caso (neutralità mercanteggiante e diversivo coloniale)<br />

noi saremo irriducibilmente contro la speculazione monarchica. Non solo rifiutando<br />

ogni solidale responsabilità e negando il nostro personale concorso,<br />

ma rivendicando fin d’ora il diritto e il dovere della opposizione rivoluzionaria<br />

alla ignominia che si meditasse di compiere per interessi dinastici ai danni<br />

della nazione e della libertà dei popoli.<br />

4<br />

CESARE BATTISTI<br />

La Rivista, 23 luglio 1916 (Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara)<br />

“Un augurio”<br />

La legge della tradizione non si smentisce: il cadavere di Cesare Battisti è<br />

stato impiccato dalla augusta imperiale carcassa di Vienna. La quale odia di<br />

un odio cieco, profondo, incosciente tutto quanto sa di Italiano. Cesare Battisti,<br />

assertore, aperto leale della Italianità di Trento, propugnatore convinto<br />

efficace del nostro intervento che ci ha redenti, di fronte al mondo ed a noi<br />

stessi dalla ignominia giolittiana nella quale da tanti anni eravamo immersi;<br />

soldato valoroso nell’ora del cimento e martire invitto nell’ora della morte. A<br />

Lui caduto fra le grinfie della iena absburghese non poteva capitare di meglio.<br />

Ciò è nell’ordine ferocemente logico delle cose. L’impiccagione di Guglielmo<br />

Oberdan a Trieste e quella di Cesare Battisti a Trento hanno giustificato<br />

vieppiù il diritto di queste città di appartenere alla gran madre Italia. Dante,<br />

genio vigile della nostra stirpe, ha già benedetto al loro martirio e consacrato<br />

coi versi immortali e veggenti la loro gloria imperitura. Oggi noi salutiamo<br />

in Cesare Battisti il simbolo più completo della nostra guerra. Non solo egli<br />

amava, con tutta la forza della sua anima gagliarda la sua Trento e la sorella di<br />

sventura, Trieste; non solo egli non voleva la liberazione della bicipite aquila,<br />

94


ma amava anche l’Umanità sofferente e per questo accettava la guerra nostra,<br />

come guerra di redenzione dall’incubo del militarismo prussiano. Perché non<br />

bisogna dimenticarlo, nemmeno gli avversari lo debbono dimenticare: Cesare<br />

Battisti era socialista. Socialista alla buona maniera italica e latina, socialista<br />

come Carlo Pisacane, che prima di immolarsi per la redenzione della Patria,<br />

scrisse quel magnifico testamento politico che è il Saggio della Rivoluzione,<br />

che dovrebbe essere il vademecum di ogni buon socialista italiano che non<br />

abbia subita l’influenza della barba del filosofo di Treviri 6 ; socialista come<br />

Blanqui che quando il suolo di Francia era minacciato dalle ferrate zampe dei<br />

teutonici, lasciava, senza esitare, la penombra della congiura per correre, col<br />

fucile in pugno, a difendere la sua terra. Cesare Battisti pensava come quei<br />

grandi che sull’altare della Internazionale non dovevasi sacrificare la Patria.<br />

L’Internazionale deve essere la Confederazione delle nazioni libere ed indipendenti.<br />

In questo senso egli era internazionalista. Si sa, non era un socialista<br />

che giurasse sul verbo di Costantino. Per questo si spiega come l’Avanti non<br />

si sia sentito in dovere di fare un commento sulla sua fine orrenda e gloriosa.<br />

Ogni parola da parte di questi tedeschi mascherati da Italiani sarebbe stata una<br />

profanazione. Per parte nostra non piangeremo lo scomparso, che è entrato,<br />

per la strada del più grande ed atroce martirio, nella legione degli Immortali.<br />

No: sarebbe un diminuirne la sua figura. Auguriamoci piuttosto che l’ultimo,<br />

il più scalcinato fra i fantaccini meravigliosi d’Italia possa colla baionetta,<br />

che fin qui ha conosciuto le informi natiche e i garretti veloci dei mangiasego,<br />

trapassare il cuore duro e peloso del bandito fra i banditi, del delinquente fra i<br />

delinquenti: Francesco Giuseppe. E ciò per l’igiene del mondo e per la dignità<br />

umana.<br />

5<br />

I SACERDOTI DELLA PAURA<br />

La Rivista, 27 luglio 1916 (Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara)<br />

Ho letto su di un giornale socialista un titolo significativo e discretamente stupido:<br />

Vogliamo la pace. Premetto che non ho letto l’articolo; il titolo bastava<br />

per intuire quanto conteneva il testo dell’articolo. E la censura lascia passare.<br />

Crediamo che volere la pace oggi, come oggi, significhi commettere un delitto<br />

di lesa patria e di lesa umanità. Non è umano invocare la pace proprio<br />

in questo momento di risveglio fattivo degli eserciti alleati. Invocare la pace<br />

6 Karl Marx.<br />

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proprio e solo adesso in cui sembra che i tedeschi le piglino sul serio è volere<br />

la pace tedesca contro quindi anche alla logica – se di logica si può parlare<br />

in questo caso – sinceramente neutralista. Ma la censura è tutta occupata a<br />

stuprare il pensiero degli interventisti del Popolo d’Italia. Tutto ciò per quanto<br />

riguarda le considerazioni sulla presente situazione. Ma a prescindere da tutto<br />

ciò possiamo garantire che la propaganda di vigliaccheria che questa gente<br />

cerca di diffondere in mezzo alle classi lavoratrici non è pericolosa al regolare<br />

svolgimento della nostra guerra. Quei signori vogliono la pace? Perché? Si<br />

dice perché i marki teutonici fanno presa sul sentimento dei novelli apostoli.<br />

Non lo sappiamo; ne c’importa di saperlo. Ma il certo, l’evidente è che<br />

questa gente desidera, invoca, vuole (non nel senso dinamico della parola) la<br />

pace solo perché la guerra turba la loro piccolissima mante di gretti borghesi<br />

dell’Ideale. Essi ora sono contro la guerra per la stessa ragione che ieri erano<br />

contro ad ogni movimento che anche lontanamente odorasse di rivoluzione.<br />

Questi spregevoli batraci sono contro la prima e la seconda perché dell’una e<br />

dell’altra hanno paura. Paura non dirò, non mi azzardo a dirlo fisica, ma paura<br />

di questi grandi fatti perché essi producono sempre convulsioni ideali e morali<br />

nel movimento umano. Hanno paura della guerra, paventano la rivoluzione<br />

perché queste turbano il quieto vivere. Sono gli eroismi della poltrona. Sono<br />

i nemici della vita. Infatti che cosa hanno fatto essi per rendere rispettabile il<br />

loro neutralismo? Nulla. Chiacchiere. Ma il gesto, il fatto, l’incidente anche,<br />

che li possa fare assurgere al diritto di non sentirsi gridare: vigliacchi! Non<br />

esiste. Inutile, sono i teorizzatori della vigliaccheria. Sono i sabotatori insidiosi,<br />

subdoli, i commemoratori indegni, gli eroi prudentemente sibillini dei<br />

conversari privati, sono gli allarmisti mezzo idioti, sono i gesuiti del socialismo.<br />

Nulla di più. Non il gesto dell’ervismo sublimatore di ogni ideale e di<br />

ogni convincimento. Macché eroismo, ma nemmeno sacrificio, ma nemmeno<br />

disturbo. Io rivoluzionario ed anarchico ricordo questa gente sempre contro<br />

ogni nostro movimento e quando non erano gli alleati naturali dei nostri avversari<br />

e quando non erano gli strumenti della bassa polizia ci chiamavano:<br />

cicloni devastatori; pazzoidi, criminali, o, per lo meno, ragazzacci senza criterio<br />

e senza testa. Già perché noi abbiamo sempre tentato di dare al movimento<br />

proletario un contenuto morale e spirituale. Non i piccoli vani aumenti, non le<br />

infime diminuzioni di orario si invocava. Tutt’al più questo era il mezzo per<br />

dare al proletario un anima rivoluzionaria, cercavamo di educarlo alla scuola<br />

del sacrificio, dell’eroismo e della solidarietà. Ecco perché regolarmente, in<br />

ogni movimento, il nostro programma era lo sciopero generale di solidarietà<br />

da estendersi dalla classe operaia, a tutta la nazione. Perché tutti dovevano far<br />

96


atto di fattiva solidarietà colla categoria o colla classe che era in agitazione.<br />

Erano disastri? Forse. Ma quasi sempre lo scopo morale, educativo era ottenuto.<br />

Il resto poco ci interessava. Dall’altra parte invece gli scioperetti anemici<br />

di categoria, alimentati dalla elemosina quattrinaria delle altre categorie. Lo<br />

sciopero languiva. Il deputato, l’autorità intervenivano. Il compromesso era<br />

fatto e firmato. Gli operai ritornavano al lavoro più avviliti di prima, come<br />

cani bastonati. I dirigenti erano contenti. Ne più ne meno essi cercavano. Questo<br />

tran tran era il loro sogno ideale. Le cooperative facevano il resto. Queste<br />

avevano il compito preciso di svirilizzare del tutto le masse operaie. La<br />

cooperativa è il bastone riformista fra le ruote del carro proletario. Era più<br />

che la pace: il Nirvana, l’Eldorado. Quiete, vita stagnante nelle paludi della<br />

collaborazione di classe, del ministerialismo e ministeriabilismo. Concordia<br />

fra socialismo e monarchia. Il concubinaggio più osceno imperava. E’ stato<br />

il diabolico capolavoro di Giovanni Giolitti. Tutto questo in tempo di pace.<br />

Ma quando il volerei quei di Germania e d’Austria cominciava a profilarsi ed<br />

a prender forma, sullo sfondo del cielo europeo, i segni evidenti del grande,<br />

immenso dramma che noi viviamo, un brivido di paura si insinuò e si impadronì<br />

nel corpo avariato del movimento cosiddetto socialista. La paura fu così<br />

grande, così immensa in questa gente che non ebbe più facoltà di ragionare e<br />

di commuoversi. Furono sordi ai gridi di dolore del Belgio piccolo ed eroico,<br />

della Serbia aggredita, della Francia smembrata. Non hanno capito subito ne lo<br />

capiscono ora che il trionfo dello imperialismo tedesco sul mondo significava<br />

la fine di ogni movimento rivoluzionario e di progresso; la fine di ogni civiltà;<br />

lo scempio di ogni sentimento di bontà e di umanità. Naturalmente essi fecero<br />

di tutto perché l’Italia non intervenisse. L’Italia doveva rimanere neutra. Dalla<br />

neutralità si potevano trarre tanti benefici economici. L’Italia poteva prosperare.<br />

Le cooperative potevano lavorare. I cooperatori arrotondarsi sempre più la<br />

pancetta. Bel sogno. C’era dalla loro Giolitti, il complice ed esecutore di tutti<br />

i delitti commessi contro l’onore dell’Italia, volevano ridotta l’Italia alla stregua<br />

della Grecia indegna e della sorella ed infida Romania. Ma i marki di Bullow<br />

e la vigliaccheria del Partito Socialista e il comprensibile austriacantismo<br />

del Partito Clericale non valsero. La grande proletaria aveva finito di dormire;<br />

cominciava a muoversi. La settimana rossa, scarlatta era servita a qualcosa.<br />

Il popolo nel suo fine intuito comprese il posto dell’Italia nel conflitto Europeo.<br />

E dalle piazze d’Italia proclamò: guerra all’Austria e alla Germania!<br />

Il movimento interventista – fusione di tutti i cuori italianamente buoni – si<br />

affermava sulle piazze d’Italia. Il suo più grande poeta consacrava, in orazioni<br />

divine, i diritti e i doveri di nostra gente. Il popolo comprese il poeta, il poeta<br />

97


comprese il popolo. Dal giorno dell’inaugurazione in Quarto, del Monumento<br />

al leggendario Duce, l’Italia potevasi considerarsi nazione belligerante. I quietisti<br />

erano pazzi di dolore e di paura. Avevano persino, coll’aiuto di Giolitti e<br />

di un prefetto Giolittiano, tentato le barricate. Una caricatura informe. Quale<br />

differenza invece nelle masse educate al sacrificio dalla scuola rivoluzionaria.<br />

Nelle folle dove il soffio rivoluzionario è passato la nostra guerra, quando non<br />

fu acclamata, esaltata come guerra di liberazione, fu accettata come inevitabile<br />

e dura necessità. E si videro operai delle città e contadini dei più ignoti<br />

villaggi accorrere volontari a vestire la divisa del soldato italiano, che prima<br />

di allora aveva un significato di oppressione, ma che adesso significava: difesa<br />

della civiltà, dell’umanità, della patria. Due mentalità, due correnti, due<br />

anime. I rivoluzionari accettano la guerra senza paura perché credono che essa<br />

sia agli effetti pratici, anche una rivoluzione morale, sociale e politica. Gli<br />

altri, i riformisti, i quietisti, i poltroni dell’azione e del pensiero sono contro la<br />

rivoluzione e la guerra per paura del domani. Perché essi si sentono liquidati.<br />

Questo grande cataclisma insegna come si conquistano il diritto alla vita e<br />

alla libertà. Essi saranno sempre gli spostati di ogni periodo d’azione. Ora che<br />

c’è la guerra vogliono la pace. Ad ogni costo. Però non arriveranno mai alla<br />

pace attraverso la rivoluzione. Sono stati magnificamente definiti: imboscati<br />

di ogni guerra e di ogni rivoluzione.<br />

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TESTI DEDICATI A POLEDRELLI<br />

1<br />

LA MORTE DI MARIO POLEDRELLI<br />

La Rivista, 5 luglio 1917 (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione<br />

<strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>)<br />

La Stampa<br />

Di lui scrive Giovanni Vincenti sulla Gazzetta Ferrarese:<br />

“Il 3 giugno, sul monte S. Marco, è morto, in seguito a ferita, il caporale <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong>. Il reggimento, al quale apparteneva, ebbe la sorte, nella passata recente<br />

offensiva di essere tra quelli che mossero, per primi, all’assalto. Ritornò<br />

incolume dalla mischia furibonda coi superstiti della sua provata compagnia,<br />

come era tornato da altri combattimenti. Ed ora, forse, in una sosta della trincea,<br />

una scheggia di granata gli inferse una ferita che lo trasse subitamente<br />

alla morte. Ci abbracciammo e baciammo, in Gorizia, per l’ultima volta, la<br />

sera stessa che ritornava in trincea, verso gli ultimi di maggio. In quel incontro<br />

mi disse ciò che ripeteva agli amici che da Mathausen non mi avrebbe<br />

mai scritto perché sarebbe rimasto sempre o vivo o morto, prigioniero mai.<br />

L’amico carissimo, non ancora ventiquattrenne, sentì, fin dai giovani anni,<br />

prepotente in lui la passione politica, e quella del giornalismo. Fu socialista<br />

rivoluzionario: collaborò, assiduamente, a molti giornali della sua tendenza,<br />

diede intelligente attività disinteressata ai movimenti della sua frazione. Nelle<br />

lotte economiche fu naturalmente sindacalista. Prima di essere chiamato alle<br />

armi era il corrispondente da Ferrara del Popolo d’Italia. Era interventista sincero<br />

e purissimo, assertore convinto, tenace della propria idea, per la quale,<br />

qui, fu modesto e prezioso fautore delle manifestazioni del maggio 1915, ed<br />

alla fronte diede generosamente la vita. Ho detto generosamente perché la sua<br />

costante malferma salute sarebbe stato motivo per lui da ottenere l’inabilità:<br />

generosamente perché l’estinto era uno di quei soldati che, calmi, sereni, sorridenti,<br />

compivano, in trincea, più del proprio dovere. Era una anima buona,<br />

semplice, idealista. Noi piangiamo la sua perdita e mandiamo un reverente<br />

saluto alla sua memoria”.<br />

Vincenti Giovanni<br />

Il Popolo d’Italia:<br />

“<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> si trovava alla fronte dal principio dell’anno scorso. Come<br />

una missione egli aveva accettata la sua nuova vita di combattente. Aveva<br />

capita questa guerra nel suo valore, nel suo significato, nella sua ragione; ed<br />

99


egli, simbolo di una grande fede e di una volontà indomita aveva anche trovata<br />

nella forza dell’animo virtù nuove di resistenza pel suo corpo. Dalla fronte<br />

scriveva di frequente agli amici. Ricordava le ore di lotta, ricordava i momenti<br />

di ansia e di timori. Trovava anche, egli che si dibatteva in una furia orrenda di<br />

fiamme, energia per incitare i suoi concittadini a perseverare nella loro azione<br />

interna. Apostolo vero di questa guerra, faceva sentire ancora e sempre la sua<br />

voce come consiglio, come monito, come speranza. Mai nessuna debolezza,<br />

mai nessun dubbio, mai nessun accenno a stanchezza od a timori: continui la<br />

guerra, ma si vinca, questo era l’appello del giovane popolano. <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

non era iscritto a nessun partito. Passava per un anarchico ed egli teneva<br />

a questa sua idea. Ma era un anarchico esteta e si distaccava dai suoi correligionari.<br />

Era un idealista. Guardava molto in alto. Ecco perché lo nauseavano i<br />

politicanti in cerca di fortuna, di successi, di stipendi. Egli dava la sua attività,<br />

la sua intelligenza, la sua volontà senza scopo di beneficio personale, ispirato<br />

solo dall’ideale”.<br />

2<br />

IN MEMORIA DI MARIO POLEDRELLI<br />

La Rivista, 12 luglio 1917 (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione<br />

<strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>)<br />

Una lettera della madre di <strong>Poledrelli</strong><br />

La mamma del nostro <strong>Mario</strong> ci scrive:<br />

Ferrara, 4.7.17<br />

Preg.mo Signore,<br />

voglia perdonarmi se ho mancato di cortesia, se non ho potuto riceverla. Non è<br />

certo mia colpa, poiché per quanto immensa sia la sciagura che mi ha colpita,<br />

pure mi sento abbastanza forte per ricevere uno dei più cari amici del mio povero<br />

<strong>Mario</strong>. E’ stato per un riguardo verso una mia figlia, la quale, dal giorno<br />

che arrivò la triste notizia, è talmente addolorata che il dolore le si rinnova<br />

ogni qualvolta si parla di lui. Mio egregio signore, non so davvero come esprimermi<br />

per meglio ringraziarla di tanta gentilezza e per tutto il cordoglio che<br />

mi addimostra in questa mia luttuosa circostanza. So che voleva molto bene al<br />

mio povero <strong>Mario</strong> e accetto di vero cuore le sue sincere condoglianze e quelle<br />

della sua distinta famiglia. Ah si! Era molto buono il mio povero figliolo ed<br />

era amato da quanti lo conoscevano. E’ stata una perdita dolorosissima, ma lei<br />

ha ragione, non bisogna compiangerlo poiché egli ha sacrificato con animo<br />

fiero e generoso la sua giovane vita per una più grande Italia. Grazie infinite di<br />

100


tutto quello che ha fatto per lui, grazie anche agli amici che così sinceramente<br />

compiangono la sua perdita, a nome di tutta la mia famiglia. Gradisca i miei<br />

ossequi<br />

Dev.ma<br />

Silvia <strong>Poledrelli</strong><br />

Colpito in fronte<br />

Giovanni Vincenti, ci scrive dalla zona di guerra, in data 4 del corr.:<br />

Oggi stesso ho cominciato ad assumere precise informazioni sulla morte<br />

dell’amico <strong>Mario</strong>. Egli è morto in trincea il giorno 4 di giugno, colpito in<br />

fronte da una palla austriaca. Mi resta a sapere dove è stato sepolto e se solo<br />

o con altri. Probabilmente è esclusa questa seconda ipotesi. Ti scriverò poi,<br />

non appena cioè avrò completate le indagini. T’abbraccio assieme agli amici.<br />

Vincenti<br />

3<br />

IN MEMORIA DI MARIO POLEDRELLI<br />

La Rivista, 19 luglio 1917 (Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara)<br />

Italo Balbo, ricoverato ferito in un ospedaletto da campo ci manda:<br />

Dall’Ospedaletto 01<br />

Carissimo Fabbri,<br />

apprendo ora all’Ospedaletto, ove mi trovo da qualche giorno per una leggera<br />

ferita, la terribile notizia della morte di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>. Non ti sto a dire<br />

quale dolorosissima impressione ne abbia riportato. Qualche tempo fa avevo<br />

chiesto sue nuove a Gaini e mi illudevo che la buona salute ritrovata dal povero<br />

<strong>Mario</strong> nella faticosa vita del soldato, fosse un segno di fortuna. Invece<br />

la sorte ce lo ha voluto rapire fra tanti buoni, fra tutti altri eroi … Lo ricordo<br />

sempre come un fratello, nel gruppo degli amici del Milano, fra i commilitoni<br />

del Battaglione Volontari, sempre ricco di entusiasmo e di superba idealità,<br />

amico sincero ed affezionato. Ti sarò riconoscente se mi saprai dire qualcosa<br />

della sua fine. – Sono sicuro che sarà morto bene, da quel valoroso che è<br />

sempre stato in ogni atto della sua vita, ma penso che mi riuscirà di conforto<br />

la conferma della sua fine eroica. Addio, salutami gli amici tutti, ed abbiti un<br />

fraterno abbraccio dal tuo<br />

Italo Balbo<br />

101


4<br />

MARIO POLEDRELLI<br />

La Rivista, 8 agosto 1917 (Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara)<br />

Il 4 di agosto p. ricorrono due mesi dalla morte eroica del nostro indimenticabile<br />

amico <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Giuseppe Longhi, dalla scuola di Modena, ci<br />

manda in memoria un lungo articolo, del quale, per esigenza di spazio, siamo<br />

costretti a pubblicare soltanto in parte.<br />

Conoscevo da poco <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>. Da tre anni circa. Ma questo non lungo<br />

periodo mi è bastevole per comprenderne il carattere e la generosità dell’animo.<br />

Ricordo che me lo indicò, un giorno, un socialista ufficiale. Fino allora<br />

non ne sapevo che il nome. Ecco come: mi trovavo nella tribuna della stampa<br />

del Consiglio Comunale per assistere ad un interessante seduta. Non ricordo<br />

bene di quale questione si trattasse, certo so che nel pubblico c’era un po’ di<br />

fermento. Fra gli altri vedevo gestire ed accalorarsi un ragazzo, piccolo, magro,<br />

con due occhi vividi. Portava intorno al collo chiusa in parte da un colletto<br />

floscio bianco, una grande cravatta nera … Chiesi al mio vicino chi fosse.<br />

Mi rispose con un certo dispetto, come se lo avessi seccato con una domanda<br />

indiscreta: E’ <strong>Poledrelli</strong>. Un anarchico! Non correva in quel tempo buon sangue<br />

fra socialisti ed anarchici. Non chiesi di più al mio informatore. E però<br />

mi proposi di conoscere meglio e di persona il terribile petroliere. L’occasione<br />

venne da se. Si pubblica in quel torno di tempo a Ferrara un giornaletto, redatto<br />

da un gruppo di studenti: Il Gazzettino Rosa. Facevo parte anch’io della<br />

redazione, insieme ad Enea Ferraresi, sindaco socialista ed interventista, il<br />

più giovane sindaco che contasse in Italia il partito socialista, ed a Germano<br />

Manini, un altro glorioso caduto, apostolo entusiasta della nostra guerra nazionale.<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> aveva un articolo da pubblicare e si rivolse a me.<br />

Accettai l’articolo dopo averlo passato, assieme, al vaglio della discussione.<br />

Era un esame diligente, giudizioso dell’opera di Kropontkine. Ne esaltava<br />

la figura e, più che altro, ne poneva in chiaro il suo pensiero nei riguardi<br />

della guerra. L’anarchico russo era per la guerra. <strong>Poledrelli</strong> citava il maestro<br />

ai discepoli che battevano in Italia tutt’altra strada. Quanta sincerità e calore<br />

poneva <strong>Poledrelli</strong> nelle affermazioni della sua fede e quanto profondo era il<br />

suo convincimento attorno alla ineluttabilità del nostro intervento. <strong>Poledrelli</strong><br />

non fu interventista soltanto perché ne agitava l’animo una forte audacia ed<br />

una ferma volontà di agire, ma fu interventista per misurato consiglio, per<br />

serena riflessione, per una grande bontà di cuore. E’ stato interventista quan-<br />

102


do io e con me molti altri, non si era perfettamente convinti della necessità<br />

della guerra. Egli era interventista anche quando Mussolini, sull’Avanti, era<br />

di tutt’altro parere. <strong>Poledrelli</strong> aveva una sua luce ideale per giuda, procedeva<br />

per la sua via senza dubbi senza ondeggiamenti, senza timori, franco e risoluto<br />

sempre purché fosse nella sua coscienza il pensiero di agire in conformità dei<br />

suoi pensieri, delle sue idee, della sua fede. Ma l’ora precipitava. La battaglia<br />

incominciava aspra, virulenta, decisiva. <strong>Poledrelli</strong> era sempre in prima linea,<br />

deciso ad assumere qualunque responsabilità. Impiegato, allora, all’Unione<br />

Sindacale che non aveva ancora manifestati i propri propositi, <strong>Poledrelli</strong> si<br />

elevò contro tutti, contro le incertezze e le indecisioni e contro il suo stesso<br />

interesse personale. Non aveva compiuto studi regolari. Si era fatto da se: fra<br />

il sole che brucia e la polvere della strada. Ed aveva imparato a vivere. Aveva<br />

una buona conoscenza dei vari problemi economici e sociali. Discuteva con<br />

brevità, con competenza, con sicurezza, scriveva bene. La sua prosa era tutto<br />

sangue, tutto muscoli. Non era un oratore. Fu Segretario del nostro Fascio<br />

Interventista. Lavorò con fede, con entusiasmo, sino alla vigilia della guerra.<br />

Dichiarata la guerra, partì volontario. Poi fu incorporato , disciolto il corpo<br />

dei volontari ciclisti nel 73° Reggimento Fanteria Brigata Lombardia portata<br />

più volte all’ordine del giorno e decorata della medaglia d’oro al valore. Mi<br />

scriveva tutte le settimane. Pretendevo che mi scrivesse: vi era tanta sincerità e<br />

tanto affetto nelle sue lettere. Le conservo tutte come una reliquia. Passò poi al<br />

206° Reggimento. Emigrò in vari ospedali. Lo ricoverarono a Ferrara, nell’Ospedale<br />

Militare. Magro, febbricitante, pallido, ma il suo animo era sempre<br />

sereno, la sua volontà sempre decisa. Ritornò rimesso alla meglio, ardeva di<br />

tornare alla fronte. Venne promosso caporale. Non parlava mai di sé; molto<br />

dei suoi soldati, forti, decisi, che non conoscevano viltà. Le sue lettere erano<br />

un esaltazione della patria. Ferito, emigrò di nuovo per gli ospedali. Volle guarire,<br />

e guarì ritornando ad aggiustare i conti con il nemico. Ora dorme il sonno<br />

eterno assieme ad altri uomini come lui caduti per un ideale. Ma egli vive nel<br />

ricordo degli amici che lo hanno amato di fraterno amore; vive nella riconoscenza<br />

dei suoi concittadini. E non deve essere compianto, così come vuole la<br />

madre di lui dolorante ed orgogliosa del suo sacrificio. Ah si! Era molto buono<br />

il suo povero figliolo ed era amato da quanti lo conoscevano. E’ stata una perdita<br />

dolorosissima, non bisogna compiangerlo poiché egli ha sacrificato con<br />

animo fiero e generoso la sua giovane vita per la più grande Italia.<br />

Giuseppe Longhi<br />

103


A ricordo del sessagesimo della morte di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, fu pubblicata la<br />

seguente epigrafe dettata dall’avv. Raul Bernardello:<br />

4 Giugno – 4 Agosto<br />

Nelle trincee del Carso<br />

ove<br />

con serena compostezza e ferrea pertinacia<br />

batteva alle porte del suo destino<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

fulminato dal piombo dei barbari<br />

ebbe esaudito il voto<br />

del volontario olocausto<br />

Ne brama d’allori ne spirito d’ avventura<br />

ne patti di fazione<br />

lo vollero soldato del Popolo in armi<br />

Oscuro in sua inopia<br />

modesto e raccolto in sua gioventù<br />

sdegnoso di vincoli partigiani<br />

non obbedì<br />

che all’anima sua ribelle e generosa<br />

per tutto offrire alla Società e alla Patria<br />

a lui madri non benigne<br />

Al sacrificio così classicamente eroico<br />

s’inchinano oggi amici e compagni di fede<br />

alteramente lieti<br />

che il nuovo esempio esalti e purifichi<br />

la causa della libertà e del diritto.<br />

5<br />

NEL DECIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE<br />

DI MARIO POLEDRELLI<br />

Corriere Padano, 3 giugno 1927 (Fondo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, Archivio Associazione<br />

<strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>)<br />

Il 3 giugno del 1917, a Dosso del Palo, sul martoriato San Marco, in vista del<br />

conteso Sabotino e delle rive dell’Isonzo sgretolate dalla mitraglia, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>,<br />

volontario di guerra, popolano e soldato, con tutti gli impulsi generosi<br />

che dal suolo plebeo la Patria esprime, cadeva di fronte al nemico, sotto il<br />

104


tricolore strenuamente difeso. Per noi questo operaio quasi fanciullo, che dona<br />

senza rimpianti la vita per un Italia degna della sua storia, assurge a simbolo<br />

di quel sacrificio collettivo che ha innalzato la gioventù nostra a simbolo purissimo<br />

di una idealità vivente e palpitante. Egli era dei nostri fin dai giorni in<br />

cui l’Italia piegava a forza la fronte superba davanti all’incalzare della bestia<br />

trionfante; egli era dei nostri, quando dalla metropoli lombarda, Benito Mussolini,<br />

divinando il futuro, rompeva gli indugi e trasformava in eroi quanti<br />

ancora non soffocati dal fango saliente, tendevano alla redenzione di nostra<br />

stirpe; egli è con noi oggi in cui l’Italia, debellato intorno a se il multiforme<br />

nemico, forte, sicura, fidente, procede sulle grandi vie che il Console romano<br />

per essa tracciava verso trionfi immortali. Noi ricordiamo <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> in<br />

questo decennale come si ricorda il dolce amico lontano, col quale dividevamo<br />

ore di soave intimità e di serena letizia. Ricordiamo la sua anima sensibile<br />

ad ogni sofferenza umana e la sua mente tutta rivolta verso le alte idealità<br />

della giustizia e del bene. Forse egli non ebbe la precisa divinazione di ciò<br />

che sarebbe divenuta la Patria nostra dopo il supremo cimento della guerra;<br />

ma ebbe certo le misteriose intuizioni delle anime nobili che mai perdettero<br />

la fede negli alti destini di nostra gente; e forse esalando l’ultimo respiro, di<br />

fronte all’Alpe contesa, egli sentì non vano, il suo sacrificio perché anche in<br />

quell’ora estrema, la fede che lo aveva sorretto e guidato in tutta la breve vita<br />

operosa, forse lo consolò di un ultimo sorriso; ed egli certo fu uno dei tanti che<br />

si spense con gli occhi aperti verso il divino abbagliante fulgore dell’ideale.<br />

Dolce nella memoria è quindi per noi la sua figura risorgente fra le nebbie del<br />

passato e aleggiante intorno circonfusa nella melanconia dei ricordi. Dolce<br />

perché umile e semplice e vivificata da un profondo spirito di bontà e sincerità<br />

e perché meritatamente sublimata dalla luce dell’epopea. Nel decennale della<br />

morte eroica di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, il gagliardetto fascista si piega in segno di<br />

devozione verso un precursore della Fede che ci infiamma e ci esalta e ci rincuora<br />

a perseverare nelle opere che onorano la Patria.<br />

Il popolano soldato<br />

Cade oggi, 3 giugno, il decimo anniversario della morte in guerra di <strong>Mario</strong><br />

<strong>Poledrelli</strong>. Verso la fine di maggio del 1917, il primo battaglione dell’8° Fanteria,<br />

al quale appartenevo, trovavasi acquartierato nelle villette del gran viale<br />

Francesco Giuseppe in Gorizia in attesa di dare il cambio ad un altro battaglione<br />

che era già nelle trincee delle colline che si ergono a breve distanza dalla<br />

Piazza del Cristo di detta città. Saputo che in riva all’Isonzo, di fronte al Sabotino,<br />

trovavasi nelle baracche, colà costruite, il battaglione del 206° fanteria,<br />

105


al quale il Caporale <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> apparteneva, non resistetti di andare a<br />

trovarlo. Prima di vederlo, udii una delle sue caratteristiche larghe risate. Stava,<br />

in quel momento, a cavalcioni di un parapetto, tagliando, in tante parti, per<br />

i suoi soldati un pezzo di formaggio. Dopo gli abbracci e baci, combinammo<br />

di vederci ancora quando il suo battaglione sarebbe andato in trincea. Attesi,<br />

invano, allo scopo, per qualche sera davanti il Municipio di Gorizia. La sera<br />

desiderata e triste venne. Quando mi vide, uscì dalle file; e, dopo essere avvenuto<br />

quello che si può immaginare, prese la corsa per ritornare ancora nelle<br />

file; ma, fatti pochi metri, si voltò indietro gridando a me, che ero rimasto lì<br />

sconsolato: Salutam Frara, perché poco prima, gli avevo manifestati il desiderio<br />

di chiedere la licenza, dopo l’imminente periodo della trincea. Sono quelle<br />

le ultime parole che ho udito da lui. Intanto sul martoriato Monte San Marco<br />

non cessava l’accanimento nemico. In una delle consuete sanguinosissime<br />

azioni, che costarono tante giovinezze all’Italia, <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> fu travolto<br />

da una granata nella località detto Dosso del Palo, come seppi, per caso, il<br />

giorno dopo la morte di lui. Io ed il cav. <strong>Mario</strong> Busatti, cercammo di avere<br />

maggiori notizie presso il comando del Reggimento a Putrida; ed io credetti<br />

di essere più fortunato avendo incontrato, durante la prigionia, ferito con me,<br />

nell’ospedale di Udine un maresciallo dello stesso reggimento; ma invano. Il<br />

luogo della battaglia è stato la stessa sua tomba senza nome. <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong><br />

era figlio di povera gente; cuor d’oro in un corpo malaticcio. Professava idee<br />

politiche estremiste; ma fu uno di quelli che soffocarono le proprie idee per<br />

l’interesse supremo della Patria. Fece parte, dapprima, di quel gruppo battagliero<br />

di giovani, fra i quali Italo Balbo e l’attuale primo magistrato della<br />

città, che ebbe per bandiera il Gazzettino Rosa diretto da Germano Manini, e<br />

fu promotore di tutte le manifestazioni cittadine per l’entrata in guerra dell’Italia.<br />

Dichiarata la guerra, quantunque in condizioni cagionevoli di salute, si<br />

arruolò volontario in quel corpo V.C.A. il quale, se fu, poi, disciolto perché<br />

militarmente non poteva essere utile in una guerra come quella che si andava<br />

a fare, costituiva, però, un bel esempio di dedizione spontanea della prima ora<br />

alla patria. Disciolto il corpo predetto <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> non credette di avere<br />

terminato il suo compito: ed andò volontario nel gran teatro della guerra e diede<br />

in olocausto la sua vita. Non è più tornato fra noi; ma, se fosse tornato, abbiamo<br />

la consolante certezza che avendo visto qualche sacrificio di vite umane<br />

e di ricchezza sia costato rendere unita nei suoi confini la Patria, si sarebbe<br />

sdegnosamente rifiutato di cooperare per dividerla e dilaniarla. Il Municipio<br />

ha dato il nome di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> ad una via della città.<br />

G. V.<br />

106


FOGLIO MATRICOLARE DI POLEDRELLI MARIO<br />

MATRICOLA: 28331 ANNO: 1893<br />

DATI E CONTRASSEGNI PERSONALI<br />

Figlio di: N. N.<br />

e di <strong>Poledrelli</strong> G. Silvia<br />

Nato il: 17 luglio<br />

a San Nicolò di Argenta<br />

Circondario di: Ferrara<br />

Capelli colore: castani<br />

Capelli forma: lisci<br />

Occhi: grigi<br />

Colorito: roseo<br />

Dentatura: sana<br />

Arti e professione: pubblicista<br />

Se sa leggere: si<br />

Se sa scrivere: si<br />

Ha estratto il N. 274 nella leva 1896<br />

quale inscritto nel Comune di Argenta<br />

Mandamento di: Ferrara<br />

Circondario di: Ferrara<br />

ARRUOLAMENTO, SERVIZI, PROMOZIONI<br />

4 luglio 1915: soldato volontario nel Corpo V. C. A. per la durata della guerra<br />

(art. 101 legge reclutamento)<br />

4 luglio 1915: reale ciclista in detto assegnato alla 3° zona di difesa costiera<br />

26 ottobre 1915: soldato di leva 1° categoria classe 1893<br />

già riformato e rivisitato a senso del decreto luogotenenziale 1-8-1915<br />

distretto militare di Ferrara continuando il servizio volontario intrapreso per<br />

la durata della guerra visto l’art. 101 della legge, ma con l’obbligo di compiere<br />

la ferma di leva<br />

[Parte cancellata con righe rosse sul foglio matricolare:]<br />

Chiamato alle armi …… e giunto 23 novembre 1915<br />

Tale nel 73° Regg. Fanteria 10 dicembre 1915<br />

7 novembre 1915: rinviato al centro di mobilitazione (circolare rif. Comando<br />

Supremo 31 ottobre 1915)<br />

18 novembre 1915: prosciolto dall’arruolamento volontario contratto per la<br />

guerra perché congedato dai reparti delle milizie volontarie (Decreto Luogotenenziale<br />

29 ottobre 1915 n. 1545) con l’obbligo di presentarsi alle armi<br />

107


all’atto della chiamata alle armi dei militari già riformati della sua classe e<br />

categoria<br />

23 novembre 1915: chiamato alle armi<br />

10 dicembre 1915: e giunto tale nel 73° Reggimento Fanteria<br />

1 gennaio 1916: tale nel 206° Reggimento Fanteria<br />

6 aprile 1916: giunto in territorio dichiarato in istato di guerra<br />

8 maggio 1916: partito da territorio dichiarato in istato di guerra per malattia<br />

8 maggio 1916: tale nel deposito del 67° Reggimento Fanteria<br />

19 agosto 1916: giunto in territorio dichiarato in istato di guerra tale nel 206°<br />

Reggimento Fanteria foglio n. 219 dell’ 11 – 8 – 1916 del Comando Divisione<br />

Territoriale di Milano<br />

20 ottobre 1916: Caporale in detto<br />

4 giugno 1917: morto in combattimento in seguito a ferite al S. Marco Gorizia<br />

come da atto di morte iscritto all’allegato 793 e ordine del registro negli atti<br />

di morte del 206° Reggimento Fanteria<br />

Verificato<br />

Ferrara, 1 luglio 1918<br />

L’Ufficiale di Matricola<br />

CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO<br />

Campagna 1916 – 1917 – 1915<br />

Si approva l’aggiunta sulla campagna di guerra per l’anno 1915<br />

Autorizzato a fregiarsi della medaglia di benemerenza volontari guerra brevetto<br />

n. 8788 del 10 – 3 – 1931<br />

108


FONTI BIBLIOGRAFICHE<br />

LIBRI<br />

ACERBI, Enrico, Strafexpedition maggio giugno 1916, Valdagno,G. Rossato,<br />

1992<br />

ASSOCIAZIONE NAZIONALE EX V.C.A., Cenni storici del Corpo<br />

Nazionale Volontari Ciclisti Automobilisti<br />

BAJ-MACARIO, Gianni, La Strafexpedition, Milano, Corbaccio, 1934<br />

BAJ-MACARIO, Gianni, Kuk-Vodice-Monte Santo, Milano, Corbaccio, 1933<br />

BENCIVENGA, Roberto, La campagna del 1916, Udine, Gaspari, 1998<br />

BERTELLI, Gian Paolo, Inutile strage o quarta guerra di indipendenza. I<br />

caduti di Ferrara e provincia della Grande Guerra, Ferrara, 2006<br />

BOLLATI, Ambrogio, Gorizia e le battaglie dell’autunno 1916, Milano,<br />

Corbaccio,1935<br />

CORNER, Paul, Il Fascismo a Ferrara 1915-1925, Bari, Laterza, 1974<br />

DEL BIANCO, Giuseppe, La Guerra e il Friuli, Lavagno, Del Bianco, 2001<br />

DE FELICE, Renzo, Mussolini il rivoluzionario 1883 – 1920, Torino, Einaudi,<br />

1995<br />

GRAZIOLI, Francesco Saverio, In guerra coi fanti d’Italia, Roma, Libreria<br />

del Littorio, 1929<br />

LONGHI, Giuseppe, Cammin facendo ….. su la mia contrada, Bologna,<br />

Grafiche Mignani, 1972<br />

LONGHI, Giuseppe, La mia contrada, Bologna, Grafiche Mignani, 1971<br />

LONGO, Luigi Emilio, Francesco Saverio Grazioli, Roma, SME Ufficio<br />

Storico, 1989<br />

LUPARINI, Alessandro, Anarchici di Mussolini, Montespertoli, M.I.R., 2001<br />

MARAGNA, Luciano, Ferrara e la Grande Guerra. Vicende civili e militari<br />

1915 – 1918, Ferrara, 2009<br />

MEREGALLI, Carlo, Grande Guerra sull’Altipiano di Asiago, Bassano del<br />

Grappa, Bassotti, 1997<br />

MINISTERO DELLA DIFESA, Comando del Corpo di Stato Maggiore –<br />

Ufficio Storico,<br />

L’Esercito Italiano nella Grande Guerra (1915 – 1918), Vol. IV: Le Operazioni<br />

del 1917, Tomo 1°,<br />

Roma, 1940<br />

MINISTERO DELLA DIFESA, Stato Maggiore Esercito,Ufficio Storico,<br />

L’Esercito Italiano nella Grande Guerra (1915 – 1918), Vol. IV: Le Operazioni<br />

del 1917, Tomo 2°, Roma, 1954<br />

MINISTERO DELLA DIFESA, Comando del Corpo di Stato Maggiore,<br />

Riassunti storici dei corpi e comandi nella guerra 1915 – 1918, Brigate di<br />

Fanteria, vol. 6°, Roma, 1928<br />

109


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PIEROPAN, Gianni, 1914 – 1918 storia della Grande Guerra, Milano,<br />

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ROVERI, Alessandro, Dal sindacalismo rivoluzionario al fascismo, Firenze,<br />

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SCARDINO, Lucio, Itinerari di Ferrara moderna, Firenze, Alinea, 1995<br />

SCHIARINI, Pompilio, L’Armata del Trentino, Milano, Mondadori, 1926<br />

SCHNELLER, Karl, 1916 Mancò un soffio, Milano, Arcana, 1984<br />

SEMA, Antonio, La Grande Guerra sul fronte dell’Isonzo, Gorizia, Editrice<br />

Goriziana, 1995<br />

SITTI, Renato – PREVIATI, Lucilla, Ferrara: il regime Fascista, Milano, La<br />

Pietra, 1976<br />

STAMPA QUOTIDIANA<br />

Kropotkine, in “Gazzettino Rosa, 3 novembre 1914<br />

A noi e per noi, in “Gazzettino Rosa”, 18 novembre 1914<br />

Preludio di Rivoluzione, in “Gazzettino Rosa, 27 novembre 1914<br />

Contro la disoccupazione, in “L’Internazionale”, 16 gennaio 1915<br />

Le idee anarchiche e la guerra, in “L’Internazionale”, 30 gennaio 1915<br />

Neutralismo, in “L’Internazionale”, 27 febbraio 1915<br />

Conversazione, in “L’Internazionale”, 13 marzo 1915<br />

L’anima di Tanino …, in “L’Internazionale”, 20 marzo 1915<br />

La dichiarazione, in “L’Internazionale”, 10 aprile 1915<br />

La bancarotta del neutralismo, in “L’Internazionale”, 24 aprile 1915<br />

Offese alla dinastia, in “La Provincia di Ferrara”, 27 aprile 1915<br />

In memoria della … Sanglante, in “L’Internazionale”, 1 maggio 1915<br />

La dimostrazione di ieri sera, in “Gazzetta Ferrarese, 18 maggio 1915<br />

I manifesti proibiti dalla Prefettura, in “La Provincia di Ferrara”, 18 maggio<br />

1915<br />

Processo … sfumato, in “La Rivista”, 23 maggio 1915<br />

I volontari ciclisti, in “La Rivista”, 25 novembre 1915<br />

Per onorare Germano Manini e per ritemprare, nel dolore, le energie, in<br />

“Gazzettino Rosa”, novembre 1915<br />

110


Verso la Caserma con i coscritti di Ferrara, in “La Rivista”, 16 dicembre<br />

1915<br />

Natale in caserma, in “La Rivista”, 27 dicembre 1915<br />

Dal campo dell’onore e della gloria, in “La Rivista”, 13 aprile 1916<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La Rivista”, 28 maggio 1916<br />

Sul campo della gloria e dell’onore. La morte del Rag. Ivo Zucchini, in “La<br />

Rivista”, 16 luglio 1916<br />

Cesare Battisti, in “La Rivista”, 23 luglio 1916<br />

I sacerdoti della paura, in “La Rivista”, 27 luglio 1916<br />

Dopo la guerra. (Intervista con Lino Ferriani), in “La Rivista”, 20 agosto<br />

1916<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong> contuso, in “La Rivista”, 9 novembre 1916<br />

Lino Ferriani, in “La Rivista”, 14 dicembre 1916<br />

Come scrivono i nostri soldati. Una lettera di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La<br />

Rivista”, 25 gennaio 1917<br />

Dalle trincee e dalle caserme, in “Il Fascio”, 28 gennaio 1917<br />

Gli avvenimenti in Russia, in “Il Fascio”, 25 marzo 1917<br />

Dalle trincee, in “La Rivista”, 13 maggio 1917<br />

La morte di un ferrarese alla guerra, in “Gazzetta Ferrarese”, 29 giugno 1917<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La Provincia di Ferrara”, 30 giugno 1917<br />

Porpurea primavera italica. La morte di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La Rivista”, 5<br />

luglio 1917<br />

In memoria di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La Rivista”, 12 luglio 1917<br />

In memoria di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La Rivista”, 19 luglio 1917<br />

In memoria di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La Rivista”, 26 luglio 1917<br />

Come è morto <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La Rivista”, 1 agosto 1917<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La Rivista”, 8 agosto 1917<br />

Sottoscrizione <strong>Poledrelli</strong>, in “La Rivista”, 13 settembre 1917<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “Il Fascio”, 2 giugno 1918<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “La Rivista”, 6 giugno 1918<br />

Nel decimo anniversario della morte di <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, in “Corriere<br />

Padano”, 3 giugno 1927<br />

Memorie eroiche. <strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, l’operaio volontario di guerra. Lettere e<br />

diario alla vigilia della morte sul campo, in “Corriere Padano, s.d.<br />

111


COLLANA PUBBLICAZIONI SULLA GRANDE GUERRA<br />

A CURA DI ENRICO TREVISANI E DONATO BRAGATTO<br />

Podgora 1915<br />

Dante Tumaini “Un soldato tra tanti”<br />

a cura di Enrico Trevisani<br />

Ferrara 2000<br />

Flondar 1917<br />

Bruno Pisa, 425° Compagnia Mitragliatrici<br />

a cura di Stefano Chierici<br />

Ferrara 2001<br />

San Marco 1917<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Poledrelli</strong>, 206° Reggimento Fanteria Brigata Lambro<br />

a cura di Donato Bragatto e Andrea Montesi<br />

Ferrara 2002<br />

Monte Zebio 1917<br />

<strong>Mario</strong> Pazzi, 152° Reggimento Fanteria Brigata Sassari<br />

a cura di Stefano Chierici e Donato Bragatto<br />

Ferrara 2004<br />

Vodice 1917<br />

Enrico Torazzi, 261° Reggimento Fanteria Brigata Elba<br />

a cura di Donato Bragatto e Roberto Massetti<br />

Ferrara 2005<br />

Piave 1918<br />

Edoardo Avellini, 145° Reggimento Fanteria Brigata Catania<br />

a cura di Donato Bragatto e Enrico Trevisani<br />

Ferrara 2006<br />

Caporetto 1917-Piave 1918<br />

Marcello Barbè, 118° Batteria da 65 Montagna<br />

a cura di Stefano Chierici e Donato Bragatto<br />

Ferrara 2007<br />

113


1915 – 1916 dal Carso all’Altopiano di Asiago<br />

Baroncini Lelio, 17° Reggimento Fanteria Brigata Acqui<br />

a cura di Donato Bragatto e Enrico Trevisani<br />

Ferrara 2008<br />

Studio su Caporetto di Pier Luigi Casati 1919<br />

Jama Planina – Polounik – Ternova – Stol<br />

a cura di Donato Bragatto e Andrea Montesi<br />

Ferrara 2009<br />

Si ringraziano: Nicola Persegati; Giordano Fildani; Lorenzo Cappellari,<br />

Massimo Contento, Flavio Rabar, Marco Vaccari, Alessandra Polati, Giorgio<br />

Bragatto, Gian Paolo Bertelli, Patrizio Cazzaro (Associazione Culturale<br />

<strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong> Ferrara); Enzo Zanotti; Fabio Romanini; Roberto Todero<br />

(Associazione Culturale F. Zenobi Trieste); Riccardo Fortunato (Associazione<br />

Storica Cimeetrincee Venezia); Marco Mantini (Gruppo Ricerche e Studi<br />

sulla Grande Guerra della Società Alpina delle Giulie – Sezione di Trieste<br />

del Club Alpino Italiano); Anna Maria Quarzi e Violetta Fini dell’Istituto di<br />

Storia Contemporanea Ferrara; Maria Grazia Chiarelli, Responsabile Ufficio<br />

Protocollo Archivio Posta e Zaghini Caterina, Servizio Archivi dell’Università<br />

degli Studi di Ferrara; Luca Taddia della Biblioteca Comunale Ariostea di<br />

Ferrara.<br />

114


L’ Associazione Culturale di Ricerche Storiche “<strong>Pico</strong> <strong>Cavalieri</strong>” ha sede in<br />

Ferrara presso i locali della Lega Navale Italiana, sito in Via Traversano, 29.<br />

Gli incontri aperti a tutti, soci e non, si tengono il primo mercoledì di ogni<br />

mese dalle ore 21,00 alle ore 23,00.<br />

L’ Associazione è nata da un incontro di appassionati della storia avvenuto<br />

quasi per caso nel marzo del 1999, ed è stata costituita ufficialmente l’anno seguente.<br />

Da tale data ha iniziato una cospicua attività di ricerca sul territorio, ha<br />

inoltre aderito a numerose iniziative promosse da Enti locali e non, e collabora<br />

assiduamente con il Centro di Documentazione Storica del Comune di Ferrara.<br />

Oltre alle attività culturali, basate soprattutto sulla ricerca storica finalizzate<br />

alla realizzazione all’ allestimento di mostre fotografico-documentarie,<br />

alla pubblicazione di volumi, monografie, cataloghi, ed alla programmazione<br />

di incontri e proiezioni, in particolare segnaliamo il ciclo di videoconferenze<br />

dal titolo “Serate al Museo” che si sono svolte fino al novembre 2008 nei locali<br />

del Museo del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara e “Sulle tracce<br />

della Grande Guerra” presso l’aula didattica del comitato provinciale della<br />

Croce Rossa Italiana dal novembre 2009. E’ tenuto in particolare rilievo il<br />

settore escursionistico, iniziato nel settembre del 1999 con la prima gita sui<br />

campi di battaglia del Carso, a cui sono seguite molte altre gite in tutte le zone<br />

interessate dal conflitto (Altopiano d’Asiago, Altipiani di Lavarone, Folgaria,<br />

Luserna, Massiccio del Grappa, Alto Garda, Dolomiti, Carnia, Alto e Medio<br />

Isonzo).<br />

L’Associazione raccoglie diari, lettere, fotografie e ogni altro materiale inerente<br />

la vita dei soldati nelle due guerre mondiali per realizzare pubblicazioni,<br />

mostre e per creare un archivio della memoria senza scopo di lucro.<br />

Eventuali informazioni si possono ricevere ai seguenti numeri telefonici:<br />

0532-464184 338/9194022 Donato Bragatto (Presidente), ed è possibile visitarci<br />

sul sito www.picocavalieri.it e www.picocavalieri.org<br />

115


116<br />

SI RINGRAZIANO PER LA COLLABORAZIONE:<br />

G I O I E L L E R I A<br />

Franco Campagnoli<br />

dal 1952<br />

MASI TORELLO (FE)

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