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Settembre 2010 - Moked

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P12<br />

DELLA PERGOLA da P09 /<br />

del collettivo societario, e il principio<br />

inderogabile dell’accettazione e<br />

dell’applicazione del complesso dei<br />

diritti e dei doveri civili rispetto a<br />

tutti i cittadini.<br />

Accanto a questo Israele ebraico e<br />

democratico potrà sorgere, se lo vorrà,<br />

uno stato arabo - palestinese sul<br />

quale va detto che, finora, la volontà<br />

autocostituente è mancata, subordinata<br />

com’è stata al pertinace rifiuto<br />

della statalità ebraica - israeliana.<br />

Ma al di là di ciò che i vicini decideranno<br />

per se stessi, Israele deve fare<br />

il possibile per uscire da quel vicolo<br />

cieco per cui l’emergenza difesa - sicurezza<br />

è normalità. Non si può, in<br />

proposito, ignorare del tutto idee,<br />

necessità e proposte che emergono<br />

dalla comunità internazionale. Il<br />

mondo è un grande condominio nel<br />

quale si deve pur convivere. L’interesse<br />

di Israele è quello di stringere<br />

alleanze strategiche, basate su obiettivi<br />

comuni, e le possibilità non<br />

mancano. Per concludere, con la<br />

scoperta di importanti riserve energetiche<br />

di fronte al lungomare, la<br />

posizione economica di Israele cambierà<br />

radicalmente. E con questo vedremo<br />

presto, anche in Israele, l’inizio<br />

della servile processione di politici,<br />

giornalisti e faccendieri stranieri<br />

abituati a confondere valori e morale<br />

con gli interessi del profitto.<br />

Tanto meglio per Israele.<br />

MINERBI da P11 /<br />

tiene opportuno immettere Israele<br />

nel blocco dell’euro. Le esportazioni<br />

israeliane nel prossimo avvenire saranno<br />

dirette per un terzo all’Europa,<br />

un terzo agli Stati Uniti e un<br />

terzo all’Estremo Oriente.<br />

La scoperta di grandi giacimenti di<br />

gas naturale nel braccio di mare<br />

prospicente ad Ashkelon e a Haifa<br />

lascia prevedere per l’avvenire l’indipendenza<br />

energetica, e farà di<br />

Israele un paese esportatore di gas.<br />

Gli introiti previsti superano i 50<br />

miliardi di dollari annui.<br />

Israele in definitiva è un bel paese,<br />

che attira i lavoratori stranieri, e nel<br />

quale i cittadini amano avere molti<br />

bambini. Yoram Ettinger faceva notare<br />

alla fine di maggio che nel periodo<br />

1995 - 2009 le nascite di bambini<br />

ebrei sono aumentate da 80 mila<br />

a 121 mila Inoltre il numero di<br />

bambini arabi ed ebrei per ogni donna<br />

sta convergendo a Gerusalemme<br />

verso i 3.9 bambini.<br />

Ma non mancano i problemi, primo<br />

fra tutti la corruzione con alcuni<br />

processi in corso. Per di più la coesistenza<br />

con la comunità ebraica haredì<br />

(ultrareligiosa) diventa sempre<br />

più difficile poichè i suoi giovani<br />

non si arruolano nell’esercito, non<br />

entrano nel servizio civico, non<br />

vanno a lavorare ma sono pronti a<br />

scendere in piazza per le dimostrazioni.<br />

Per di più nella cittadina Immanuel<br />

vogliono la separazione fra<br />

le bambine askenazite e quelle sefardite.<br />

Dove sono i rabbini che rimettano<br />

in carreggiata il loro gregge?<br />

La Flotilla e le regole del blocco navale<br />

ú–– Barbara<br />

Pontecorvo<br />

avvocato<br />

La vicenda che ha coinvolto Israele e<br />

che ha visto protagonista la nave<br />

turca Mavi Marmara (facente parte<br />

di un gruppo di navi denominate<br />

Freedom Flotilla, in rotta verso Gaza)<br />

può esser valutata, oltreché da<br />

un punto di vista politico, anche da<br />

un punto di vista giuridico, al fine<br />

di comprendere se Israele, nel reagire<br />

al dichiarato tentativo della Mavi<br />

Marmara di violare un blocco navale<br />

imposto dallo Stato ebraico, abbia o<br />

meno violato le norme di diritto internazionale<br />

che regolano la navigazione.<br />

Alla luce di questa analisi, sarà<br />

possibile valutare, con il medesimo<br />

rigore, la reazione israeliana.<br />

Israele ha istituito un blocco navale<br />

il 3 gennaio 2009, a 20 miglia dalla<br />

costa, in occasione dell’operazione<br />

Piombo fuso, svoltasi contro il regime<br />

di Hamas, nel territorio di Gaza.<br />

Al termine dell’operazione militare il<br />

blocco navale non è stato revocato e<br />

vige tuttora. Il blocco navale (naval<br />

blockade) è una misura classica di<br />

guerra, che può essere istituita in acque<br />

internazionali, al fine di impedire<br />

che dai porti di un paese in guerra<br />

possa entrare o uscire qualunque nave.<br />

Non essendo mai entrata in vigore<br />

la Dichiarazione di Londra del 26<br />

febbraio 1909 sul Diritto della guerra<br />

marittima che disciplinava il blocco,<br />

gli unici principi che regolano il<br />

blocco navale sono, nell’ordinamento<br />

italiano, la Legge di guerra del 1938<br />

(R.D. 1438/1938), che condanna il<br />

tentativo delle navi di forzare il blocco,<br />

e nel diritto americano, il Manuale<br />

della marina da guerra degli<br />

Stati Uniti, che tuttavia non è considerato<br />

una vera e propria fonte di diritto.<br />

La normativa è, comunque, insufficiente<br />

e per lo più il blocco navale<br />

viene ad esser disciplinato da norme<br />

di natura consuetudinaria.<br />

Le uniche caratteristiche richieste<br />

per il blocco navale sono l’effettività<br />

(la definizione in termini geografici<br />

della zona bloccata) e l’imparzialità<br />

(il mantenimento di una forza aeronavale,<br />

di cui possono far parte anche<br />

sommergibili, dedicata stabilmente<br />

in mare all’applicazione del<br />

blocco in modo imparziale nei confronti<br />

delle navi di qualsiasi bandiera).<br />

Come adempimento è richiesta la<br />

notifica – da parte dello Stato che lo<br />

impone – agli Stati terzi. Un blocco<br />

può essere imposto in mare, anche in<br />

acque internazionali, a patto che esso<br />

non impedisca l’accesso ai porti e alle<br />

coste degli Stati neutrali. Il blocco<br />

navale è soggetto certamente ai limiti<br />

del diritto umanitario: il blocco navale<br />

che miri ad affamare una popolazione<br />

civile, ad esempio, è vietato.<br />

La quarta Convenzione di Ginevra<br />

EDITORIALI / COMMENTI / LETTERE<br />

del 1949 esenta dal blocco le navi che<br />

trasportino medicamenti, mentre<br />

l’art. 70 del I Protocollo addizionale<br />

del 1977 (che, peraltro, Israele non<br />

ha mai ratificato), consente azioni<br />

umanitarie come l’invio di vestiario e<br />

altri beni indispensabili alla sopravvivenza<br />

della popolazione civile. Tutte<br />

le azioni appena prescritte, tuttavia,<br />

presuppongono il consenso delle<br />

parti del conflitto e, nel caso concreto,<br />

quello di Israele, che può decidere<br />

le modalità della consegna e la visita<br />

delle navi per accertare se effettivamente<br />

di aiuti umanitari si tratti.<br />

Con l’entrata in vigore della Carta<br />

delle Nazioni Unite del 1945, il blocco<br />

non viene consentito al di fuori<br />

dei casi di legittima difesa di cui alla<br />

stessa Carta: esso contrasta infatti<br />

con il principio che vieta il ricorso all’uso<br />

della forza nelle relazioni tra gli<br />

Stati, come mezzo di risoluzione dellecontroversieinternazionali.<br />

Israele aveva<br />

già fatto ricorso<br />

al blocco<br />

navale<br />

durante la<br />

guerra del<br />

Libano del 2006, terminato l’8 settembre<br />

2006. Quel blocco è stato riconosciuto<br />

come legittimo, poiché si<br />

trattava di una guerra tra due Stati.<br />

Nel caso del conflitto di Gaza, si<br />

tratta invece di uno scontro tra uno<br />

Stato (Israele) e un entità di fatto,<br />

giuridicamente non riconosciuta<br />

(Hamas). Di qui la difficoltà di inquadrare<br />

quel conflitto, per quanto<br />

reale e violento, nel novero delle<br />

guerre, come intese dal diritto. Di<br />

questi casi i precedenti sono praticamente<br />

inesistenti. Gli unici precedenti<br />

che ci offre la storia sono di<br />

blocchi navali imposti in porti controllati<br />

dagli insorti da parte di go-<br />

RAVENNA da P11 /<br />

Faitlovich Berman, sorella del “padre<br />

degli ebrei etiopi”, nella casa di<br />

Rehovot, rievocante la sua missione<br />

negli anni venti ad Addis Abeba e<br />

l’amicizia con l’avvocato Carlo Alberto<br />

Viterbo, reincontrato poi a<br />

Gerusalemme in casa di Leo Levi,<br />

ospite con Tamrat Immanuel, affascinante<br />

personalità, uno dei ragazzi<br />

etiopi adottati nella Firenze di<br />

rav Margulies, il grande protettore<br />

nel primo Novecento della comunità<br />

riscoperta. Operazione Moshe, Operazione<br />

Shelomo e alyoth minori,<br />

tappe di un’ascesa a Sion, nel significato<br />

più ampio del termine, sognata<br />

nei tucul dell’altipiano del<br />

Gondarino fino alla realtà non facile<br />

di una kehillah di oltre centomila<br />

anime, costantemente all’ordine del<br />

giorno dei media. Come ogni alyah<br />

che l’ha preceduta, quella degli ebrei<br />

di Etiopia è stata caratterizzata da<br />

difficoltà di accoglimento e di adattamento.<br />

Senza tema di maldicenza<br />

www.moked.it<br />

verni legittimi. Il primo è il blocco<br />

dei porti confederati durante la guerra<br />

civile americana (1861). Esempi<br />

più recenti riguardano il blocco dei<br />

porti del Biafra da parte della Nigeria<br />

(1967), o quello dei porti croati<br />

da parte della Repubblica federale di<br />

Jugoslavia (1991). Di regola il blocco<br />

dei porti controllati dagli insorti<br />

comporta il riconoscimento di belligeranza<br />

degli stessi, con tutte le conseguenze<br />

che ne derivano: i terzi dovrebbero<br />

osservare le norme sulla<br />

neutralità ed applicare regole restrittive<br />

in materia di fornitura di materiale<br />

bellico.<br />

Che cosa accade in caso<br />

di violazione di un blocco<br />

navale? Partendo dal<br />

presupposto che il blocco<br />

sia legittimo (e, di regola,<br />

per esser illegittimo,<br />

la sua illegittimità deve<br />

esser accertata e dichiarata), una nave<br />

mercantile battente qualsiasi bandiera<br />

che tenti di violarlo o lo violi<br />

può essere dirottata nel porto dello<br />

Stato che lo ha imposto per il deferimento<br />

a un Tribunale amministrativo<br />

e, qualora resista alla cattura o<br />

non obbedisca all’ordine di dirottamento,<br />

può essere attaccata. Applichiamo<br />

questi principi ai fatti dello<br />

scorso maggio. La Freedom Flotilla<br />

ha espresso il proposito di forzare il<br />

blocco israeliano e, per giorni, Israele<br />

ha chiesto alle navi di far scalo nel<br />

porto di Ashdod, per poterne controllare<br />

il carico. La marina israeliana ha<br />

fermato senza incidenti cinque della<br />

debbo rilevare i problemi specifici di<br />

questi fratelli che incontriamo nelle<br />

nostre strade e, finalmente, nei corridoi<br />

delle università.<br />

Con franchezza denunciamo le incomprensioni<br />

e I tentativi di esclusione<br />

nei loro confronti da parte di<br />

istituti scolastici e di municipalità<br />

senza dubbio determinati dalle caratteristiche<br />

razziali e dalle diversità<br />

culturali e sociali. Lo scardinamento<br />

delle strutture della comunità<br />

ha causato tragedie traumatiche.<br />

E non è terminato il ritorno di tutti<br />

coloro che reclamano la propria<br />

ebraicità nel Corno d’Africa.<br />

Io ritengo che assisteremo ad un<br />

processo di inserimento graduale da<br />

parte della nuova generazione. Sta a<br />

noi a conservare il patrimonio spirituale<br />

e di valori, nonostante la modernità<br />

livellatrice, di una gente che<br />

ha tramandato una propria essenza<br />

ebraica nell’isolamento millenario<br />

dalle altre membra del Popolo di<br />

Israele.<br />

n. 9 | settembre <strong>2010</strong> pagine ebraiche<br />

sei navi della Flotilla e solo l’ultima,<br />

la nave Mavi Marmara ha ripetutamente<br />

rifiutato di esser ispezionata.<br />

Israele ha affermato di aver allora deciso<br />

di estendere il blocco delle acque<br />

territoriali da 20 miglia a 68 (per il<br />

diritto internazionale, la possibilità<br />

di estendere il blocco è possibile se il<br />

paese che lo imposto rischia di subire<br />

un attacco di una nave ostile). L’attacco<br />

ed il successivo dirottamento<br />

della nave è avvenuto a circa 70 miglia<br />

dalla costa, quindi a circa 50 miglia<br />

dalla linea di blocco originario.<br />

Il diritto internazionale consente di<br />

prendere le misure necessarie non solo<br />

quando una nave attraversi la linea<br />

di blocco, ma anche quando si<br />

verifichi il “tentativo” di una sua<br />

violazione.<br />

Bisogna, quindi, vedere quale condotta<br />

configuri un vero e proprio<br />

tentativo di forzare il blocco, per<br />

giustificare l’assunzione di quelle<br />

misure e, soprattutto, l’attacco. L’essere<br />

in rotta per la costa bloccata e<br />

nelle vicinanze della linea di blocco,<br />

oppure è sufficiente che la nave sia<br />

semplicemente in rotta per la costa<br />

bloccata, anche se distante dalla linea<br />

di blocco? Il diritto internazionale<br />

non fornisce risposte univoche.<br />

La decisione è, dunque, demandata<br />

alla Commissione d’inchiesta che<br />

avrà il compito di valutare la portata<br />

di questi aspetti, che saranno determinanti.<br />

Se la Mavi Marmara, in<br />

navigazione a 70 miglia dalla costa,<br />

sarà giudicata responsabile di un<br />

tentativo di violazione di blocco,<br />

l’azione armata israeliana, di cui resta<br />

comunque da verificare la proporzionalità,<br />

è legittima e la resistenza<br />

opposta dai passeggeri illecita.<br />

Altrimenti, i passeggeri della<br />

Mavi Marmara, opponendosi all’azione,<br />

sono legittimamente ricorsi<br />

al diritto di legittima difesa.<br />

Fa riflettere e sperare che l’inchiesta<br />

si concluda nel modo più favorevole<br />

per Israele, il fatto che il Consiglio di<br />

sicurezza dell’ONU, subito riunitosi<br />

il 31 maggio, non abbia adottato alcuna<br />

risoluzione. Esiste solo una dichiarazione<br />

del presidente del Consiglio<br />

di sicurezza, del giorno successivo,<br />

in cui il Consiglio si è dichiarato<br />

dispiaciuto per le vittime causate<br />

dall’azione militare israeliana in acque<br />

internazionali, ma che ha poi<br />

condannato gli atti di violenza, consumati<br />

da entrambe le parti, cioè sia<br />

da Israele sia dai passeggeri della<br />

Mavi Marmara. Nella dichiarazione<br />

viene chiesto l’immediato rilascio<br />

delle navi e dei civili a bordo delle<br />

stesse ed è contenuta la richiesta del<br />

Segretario generale di istituire una<br />

commissione d’inchiesta conforme<br />

agli standard internazionali (senza<br />

che sia richiesta, tuttavia, che la<br />

commissione sia internazionale).<br />

Il governo israeliano ha subito istituito<br />

una commissione d’inchiesta<br />

interna con due osservatori internazionali,<br />

che non prenderanno parte<br />

alla votazione delle sue conclusioni.

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