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Settembre 2010 - Moked

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P2<br />

/ segue da P01<br />

umano l’uomo che è creato a immagine<br />

di Dio. L’uomo si giudica per se<br />

stesso e si definisce per le sue convinzioni<br />

e le sue azioni, non per le sue<br />

origini. L’erede di un assassino non è<br />

un assassino. I discendenti dello stesso<br />

Aman, secondo un midrash, stabilirono<br />

una yeshivah a Bene Berak.<br />

Nell’ebraismo l’orgoglio che deriva<br />

dalle proprie radici non consente che<br />

si coltivino illusioni di superiorità o<br />

pretese di privilegi in grazia dell’appartenenza<br />

etnico religiosa, che è piuttosto<br />

un motivo di maggiori obblighi<br />

e responsabilità. I Maestri di Israele<br />

ribadiscono con forza questo concetto<br />

quando affermano "mamzer talmid<br />

chacham kodem leCohen am aaretz"<br />

(Horaiot, 13 b). Un mamzer, un figlio<br />

di un rapporto incestuoso e adulterino,<br />

che si trova nella condizione sociale<br />

più umile all’interno del popolo ebraico,<br />

se studia e mette in pratica la Torah,<br />

ha cioè la precedenza su un Cohen,<br />

un sacerdote, parte della classe<br />

più nobile ed elevata, che sia invece<br />

ignorante. Per l’ebraismo il valore di<br />

un uomo non si misura per ciò che<br />

ha, e neanche tanto per ciò che è, ma<br />

piuttosto per ciò che fa ogni giorno.<br />

Ne è un esempio la storia di Ruth, la<br />

moabita, che dichiara: "il tuo popolo<br />

è il mio, il tuo Dio è il mio..." (Ruth<br />

1:16) e attua così la duplice scelta dell’integrazione<br />

religiosa e nazionale, assurgendo<br />

a paradigma di ogni conversione<br />

sincera e disinteressata. Ruth<br />

non aveva radici nobili, eppure non<br />

solo è il prototipo della conversione<br />

ma, come a evidenziare l’assenza di<br />

ogni preclusione, da lei la Torah fa discendere<br />

il Messia. Ma cos’è in realtà<br />

la conversione? Una fuga verso l’ignoto?<br />

Un riorientamento della volontà?<br />

Una metamorfosi dell’anima? Una trasfusione<br />

di memoria? Una misteriosa<br />

spinta ad autodistruggersi per potersi<br />

rinnovare? Qual è il ruolo che l’ambiente,<br />

l’educazione e la pressione del<br />

gruppo rivestono in una decisione del<br />

genere? Un primo aspetto della questione<br />

riguarda chi aspira al ghiur. Il<br />

candidato dev’essere consapevole di<br />

affrontare un percorso di studio, di<br />

applicazione e di assunzione d’identità<br />

totale. Dovrà entrare in comunità dalla<br />

porta principale e collocarsi nel modo<br />

più consono alle sue esigenze e alla<br />

sua personalità, secondo la visione<br />

realistica dei Maestri<br />

Ma prima di affrontare proposte di<br />

soluzione bisogna stabilire chiaramente<br />

alcune premesse per sgombrare il<br />

campo da pericolosi e demagogici<br />

malintesi. La questione del ghiur è<br />

stata affrontata troppo spesso da<br />

un’angolazione influenzata dai vissuti<br />

personali, sfociando spesso in una<br />

contrapposizione fortemente personalizzata<br />

fra il candidato gher e il singolo<br />

rabbino a cui è demandato di<br />

rappresentare e riconoscere all’aspirante<br />

l’identità ebraica. Questo incontro,<br />

che talora è stato un vero e proprio<br />

scontro, spesso si è risolto in una<br />

polemica improduttiva e distruttiva,<br />

a volte inficiata da logiche di schieramento.<br />

Si deve invece accettare che<br />

accompagnare un figlio di madre non<br />

ebrea verso il ghiur, significa preparare<br />

tutto il nucleo familiare, sia il genitore<br />

ebreo sia la madre non ebrea, verso<br />

POLITICA / SOCIETÀ<br />

una consapevolezza incondizionata<br />

della strada intrapresa e dell’impegno<br />

preso con il Beth Din (Tribunale rabbinico):<br />

la conversione del bambino/a<br />

richiede infatti una trasformazione radicale<br />

dell’atmosfera familiare che lo<br />

accoglierà. Da qui la necessità di coinvolgere<br />

entrambi i genitori nello studio<br />

e nell’applicazione delle mitzvot,<br />

strumento fondamentale per esprimere<br />

il senso dell’ebraismo e comunicarlo<br />

ai figli.<br />

Il processo non può essere solo trasmissione<br />

di nozioni, sensazioni interiori<br />

e storia passata, ma deve attivare<br />

una prassi e un vissuto, per raggiungere<br />

l’obiettivo della tevilàh, l’immersione<br />

nelle acque del mikveh che<br />

sintetizza tutto il processo.<br />

Un altro elemento essenziale è il percorso<br />

verso l’ebraismo per spinta interiore,<br />

e non per motivi dettati da<br />

considerazioni di natura genealogica,<br />

sociale, economica, o altro. Mancano<br />

oggi a livello nazionale strutture e istituzioni<br />

che garantiscano una forma-<br />

www.moked.it<br />

zione ebraica ai candidati gherim, soprattutto<br />

bambini. Tale carenza si avverte<br />

anche per quegli ebrei mumarim,<br />

non pochi, che vogliono far ritorno.<br />

I Tribunali rabbinici, pur avendo creato<br />

condizioni ebraiche favorevoli per<br />

l’accoglienza di queste famiglie, si trovano<br />

di fatto ad affrontare da soli un<br />

processo complesso e sempre più ampio.<br />

Nella maggior parte dei casi manca<br />

l’appoggio della comunità, intesa<br />

non come ente, ma come collettività,<br />

che dovrebbe sentire il dovere di entrare<br />

in relazione con queste famiglie.<br />

I Maestri sono molto attenti alle difficoltà<br />

di ordine psicologico che incontra<br />

il gher: "non opprimete il<br />

gher" (Esodo, 22), ingiunzione che il<br />

Tanà devè Eliahu Rabba, 27, interpreta<br />

come "non opprimerlo con le<br />

parole... non dirgli: ieri eri idolatra...<br />

e hai ancora la carne di maiale tra i<br />

denti, e tu adesso vuoi parlare con<br />

me?”. La Torah ci impone costantemente<br />

di destinare un affetto e un<br />

n. 9 | settembre <strong>2010</strong> pagine ebraiche<br />

Accogliere chi vuole essere fra noi<br />

ú–– Alfredo<br />

Mordechai<br />

Rabello<br />

giurista,<br />

Università Eb.<br />

di Gerusalemme<br />

Le decisioni sono state rinviate<br />

di sei mesi, periodo in cui<br />

si cercherà di arrivare ad un<br />

compromesso sulla legge sulle conversioni,<br />

il cui testo era stato preparato<br />

dal chaver hakeneset Rotem (del<br />

partito Israel Beitenu, il cui capo è il<br />

ministro degli Esteri Lieberman); si<br />

spera di poter così arrivare ad un<br />

LA TRADIZIONE ITALIANA E L’ORTODOSSIA<br />

L’abitudine a stare insieme<br />

ú–– Anna Segre<br />

insegnante Liceo<br />

Alfieri di Torino<br />

Nel dibattito sulle modifiche<br />

allo Statuto, pur in mezzo<br />

a proposte di ogni genere,<br />

si dà per scontato un ebraismo al 100<br />

per cento ortodosso. Questa è in effetti<br />

la tradizione italiana, ma non<br />

corrisponde più alla realtà presente<br />

oggi in Italia, dove, seppur ancora<br />

minoritarie, le comunità non ortodosse<br />

si stanno diffondendo. Parliamo<br />

di persone che in parte sono<br />

iscritte alle Comunità ebraiche, pagano<br />

le tasse, votano per i consigli<br />

delle comunità e per i delegati ai congressi<br />

UCEI; oppure hanno avuto<br />

compromesso fra le varie correnti<br />

dell’ebraismo americano ed israeliano.<br />

Ho trattato questo argomento in<br />

un articolo: (“Sulla recente problematica<br />

dei matrimoni misti e delle<br />

comversioni all’ebraismo, specialmente<br />

nello Stato di Israele” - Emor, 1,<br />

<strong>2010</strong>, pp. 63-80).<br />

Il problema ha incominciato a riguardare<br />

direttamente lo Stato di Israele<br />

da quando è stata pubblicata la legge<br />

una conversione non ortodossa, si<br />

considerano ebree e come tali sono<br />

percepite, per esempio dai mass media.<br />

E poi che fare con chi viene a<br />

vivere in Italia e proviene da paesi<br />

dove i non ortodossi sono la maggioranza?<br />

L’apertura a tutti delle<br />

scuole ebraiche paritarie credo sia<br />

garantita dalla legge italiana, ma cosa<br />

succede con i movimenti e<br />

gruppi giovanili? E chi può<br />

partecipare a un moked? Sono<br />

problemi pratici che<br />

ci si troverà ad affrontare<br />

sempre più<br />

spesso. D’altra parte includere semplicemente<br />

nell’UCEI le comunità<br />

non ortodosse potrebbe<br />

creare problemi ancora più complessi.<br />

Non è una semplice questione di<br />

pluralismo, apertura o rispetto reciproco.<br />

Possiamo avere nella stessa<br />

organizzazione alcuni che sono con-<br />

del ritorno (1950). Si tratta di una<br />

legge che permette ad ogni ebreo,<br />

previa domanda, di acquistare la cittadinanza<br />

israeliana e il diritto di risiedere<br />

in Israele. La legge, emanata<br />

il giorno dell’anniversario della morte<br />

di Teodor Herzl (20 Tammuz del<br />

5710-1950, integrata nel 1954 e ancora<br />

nel 1970), viene a sottolineare<br />

il carattere ebraico dello Stato, per<br />

cui ogni ebreo ha diritto di tornare<br />

siderati ebrei da tutti e altri che sono<br />

ebrei solo per qualcuno? Chi avrebbe<br />

diritto a diventare consigliere o presidente<br />

dell’Unione? Inoltre in Italia<br />

sono decisamente più numerosi gli<br />

ebrei provenienti da ambiti culturali<br />

in cui è scontato che l’ebraismo ortodosso<br />

sia l’unico possibile.<br />

Se allargassimo l’UCEI in una direzione,<br />

rischieremmo di perdere i pezzi<br />

dall’altra.<br />

Possiamo avere<br />

due o più Unioni?<br />

Anche questa<br />

è una soluzione praticata<br />

in altri paesi, ma<br />

che pare difficile con i nostri<br />

numeri. E poi chi rappresenterebbe<br />

gli ebrei di fronte allo Stato? Al di là<br />

della praticabilità c’è da chiedersi:<br />

sarebbe un modello auspicabile? Personalmente<br />

preferisco il modello italiano.<br />

“Due ebrei, tre opinioni, una<br />

IN ISRAELE SI LAVORA A UNA NUOVA NORMATIVA<br />

Le conversioni e la legge<br />

in Israele, dando una veste giuridica<br />

al sionismo e venendo a regolare il<br />

rapporto tra il popolo ebraico della<br />

Diaspora e di Israele. La legge apriva<br />

le porte di Israele all’immigrazione<br />

ebraica dopo la Shoah per ogni ebreo<br />

sopravvissuto o in pericolo (“stato rifugio”).<br />

La aliyah avviene tramite il<br />

visto di olé, accordato appunto ad<br />

ogni ebreo che desideri trasferirsi in<br />

Israele, a meno che non vi sia oppo-<br />

amore speciali al convertito. Il comandamento<br />

“Veahavta et hagher”,<br />

“Amerai il gher”, lo straniero amico,<br />

ricorre decine di volte nella Bibbia.<br />

Così, nel Talmud, il comandamento<br />

“veahavta”, che ci ordina di amare il<br />

gher, lo straniero che ha cessato di<br />

essere uno straniero, è inteso in termini<br />

puramente religiosi e giuridici.<br />

Nell’accettare la Legge ebraica, il convertito<br />

riceve anche la storia ebraica.<br />

È come se gli venisse data una nuova<br />

memoria, che sostituisce la sua. A nessuno<br />

è lecito rammentare al convertito<br />

il suo passato. Esso cessa semplicemente<br />

di svolgere un qualsiasi ruolo<br />

o di esistere. L’atto della conversione<br />

trasforma il convertito in un neonato,<br />

un nuovo genere di bambino senza<br />

legami con i suoi genitori biologici.<br />

Per questo i Maestri del Talmud hanno<br />

fatto tutto ciò che era in loro potere<br />

per evitare che il convertito all’ebraismo<br />

potesse sentirsi escluso o<br />

messo al margine dalla comunità<br />

ebraica. Il convertito non deve mai<br />

keillah” era l’efficacissimo titolo escogitato<br />

per un raduno della Fgei (Federazione<br />

giovanile ebraica italiana)<br />

di alcuni anni fa. Un motto che riassume<br />

in modo esemplare il segreto<br />

dell’ebraismo italiano, e anche il valore<br />

ideologico, e non solo pratico,<br />

di questo modello. In ogni città<br />

un’unica Comunità che è la casa di<br />

tutti, in cui a volte è necessario discutere<br />

ma in cui è possibile il confronto,<br />

in cui ognuno può conoscere<br />

modi di vivere l’ebraismo diversi dai<br />

propri. E poi, nessuna necessità di<br />

“etichettarsi”: svegliarsi un sabato<br />

mattina e recarsi a un bet haKnesset<br />

e il sabato dopo sceglierne un altro,<br />

liberamente, perché tutti appartengono<br />

a un’unica Comunità.<br />

Vivere in tanti mondi separati che<br />

non comunicano tra loro non è vero<br />

pluralismo. Per questo molti cercano<br />

si salvare a tutti i costi il modello italiano.<br />

A volte chi suggerisce soluzioni<br />

“facilitanti” (per le conversioni o per<br />

altro) è accusato di volere un ebraismo<br />

non ortodosso, mentre, al contrario,<br />

sono tentativi, forse goffi e ingenui<br />

ma sicuramente in buona fede,<br />

sizione del ministro dell’Interno, che<br />

teme che il richiedente possa operare<br />

contro il popolo ebraico o che possa<br />

mettere in pericolo l’ordine pubblico:<br />

trattandosi di un diritto fondamentale,<br />

la facoltà del ministro di rifiutare<br />

è sottoposta ad un controllo rigoroso<br />

della Corte suprema. Nel presentare<br />

la legge alla Knesset David Ben Gurion<br />

affermò, fra l’altro: “Non è lo<br />

Stato di Israele che accorda all’ebreo<br />

il diritto di tornare in Israele. Questo<br />

diritto ha preceduto l’esistenza stessa<br />

dello Stato ed è lui che ne ha permesso<br />

la ricostruzione. Questo diritto<br />

ha la sua fonte nel legame che non<br />

è mai venuto meno fra il popolo e la

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