Elle Decor 2008 - Fondazione Franco Albini
Elle Decor 2008 - Fondazione Franco Albini
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di Sonia Audoly - foto di <strong>Fondazione</strong><br />
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Un angolo di casa <strong>Albini</strong> datato 1938.<br />
Caratteristico di quegli anni il mix<br />
di opere d’arte a parete, in primo piano<br />
la poltrona a dondolo, un prototipo.<br />
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ELLE DECOR 1
Scala dell’edificio per uffici dell’Ina a<br />
Parma caratterizzati dal colore rosso,<br />
1950-54. Allestimento della Stanza per<br />
un Uomo della ditta Dassi alla VI<br />
Triennale di Milano, 1936. Un ritratto<br />
di <strong>Albini</strong>. Sotto: 1 scrittoio di Knoll,<br />
1958, in produzione; 2 libreria del<br />
1956/’57, Cassina; 3 poltrona di Arflex,<br />
1952, in produzione; 4 lampada del<br />
1968, Nemo; 5 seggiolina del 1949/’55,<br />
Cassina.<br />
2 ELLE DECOR<br />
Leggerezza è la parola cardine che lega tutti i progetti di <strong>Franco</strong> <strong>Albini</strong><br />
uno dei maestri del Novecento. Architetto, museografo, allestitore, ma<br />
prima di tutto designer. Il suo côté meno esplorato ma sicuramente<br />
quello che prediligeva. “Amava sfidare le leggi di gravità” - ricorda<br />
il figlio Marco, anche lui architetto. Quindi in molti dei suoi progetti<br />
si vedono tiranti, cavi e tensostrutture, come i bastoni usati per<br />
appendere i quadri di famiglia al centro della stanza o le improbabili<br />
librerie, dei veri e propri giochi di equilibrismo. “Ricordo la nostra casa<br />
in via De Togni” - sottolinea ancora il figlio - “dove un ritratto del ’700,<br />
sospeso tra due bastoni in mezzo all’ambiente, ruotando separava<br />
la sala da pranzo dal living. O anche il primo prototipo del Veliero, un<br />
insieme di piani di vetro sospesi a mezz’aria grazie a cavi sottili, tesi<br />
ad arte”. L’importante era non appoggiare per terra, non fare sentire<br />
il peso dell’oggetto. Prodotti tutti realizzati da artigiani ed ebanisti che<br />
costruivano pezzi unici da collaudare sul campo. E questa è un’altra<br />
curiosità che si evince dai racconti del figlio: “Le diverse abitazioni, tutte<br />
rigorosamente in affitto peché mio padre pensava che la proprietà non<br />
rendesse liberi, erano il vero e proprio banco di prova per i suoi pezzi<br />
d’arredo”. Con un sorriso ricorda infatti che il Cicognino - il servomuto<br />
che oggi Cassina riedita insieme ad altri pezzi, inserendo <strong>Albini</strong> nella<br />
collezione I Maestri - veniva testato, specialmente sulla stabilità<br />
delle tre gambe, non solo con i famigliari ma anche con gli ospiti, più<br />
volte sporcati dal contenuto di tazzine che perdevano l’equilibrio.<br />
O la poltrona Fiorenza - ancora oggi prodotta da Arflex - pensata<br />
1 Scrittoio <strong>Albini</strong> 2 Infinito 3 Fiorenza 4 AS1C 5 Luisa
4 ELLE DECOR<br />
La casa dell’architetto di via De Togni a<br />
Milano. Un progetto del 1940 con in<br />
primo piano la libreria Veliero e sul fondo<br />
il quadro centrale sospeso girevole.
inizialmente con una struttura di legno ridotta ai minimi termini e una<br />
cinghia che sosteneva la seduta al bracciolo. Soluzione più volte rivista<br />
a causa delle molteplici cadute di figli e amici. Fino agli anni ’50 non<br />
esisteva la produzione in serie e tutti gli arredi di <strong>Franco</strong> <strong>Albini</strong> facevano<br />
parte di studi pensati ad hoc per interni e committenti specifici,<br />
o di proposte sperimentali e innovative progettate per mostre<br />
e triennali. La linea guida era far convivere tradizione e modernità,<br />
materiali e stili - vetro, legno e acciaio; antico, contemporaneo e arte<br />
povera; quadri, arazzi e sculture - mixando e ricordando<br />
di ridurre al minimo costi e spazi. “Perché le case devono essere<br />
per tutti” - affremava il grande architetto. Il suo sogno era contrapporre<br />
semplicità a opulenza, essenzialità a ridondanza. Gli interni di <strong>Albini</strong><br />
infatti, a partire da quelli anni Trenta, abbandonano ogni preziosimo da<br />
salotto borghese, dando prova di straordinaria contemporaneità<br />
grazie alla riduzione geometrica e alla pulizia formale. Progetti che<br />
si concentravano sul disegno del singolo pezzo, assemblandone i<br />
dettagli, per arrivare al prodotto finale. “Sia nel progetto di design<br />
che nell’architettura” - riprende il figlio - “perchè per lui non esisteva<br />
differenza di scala”. Infatti, in entrambi i casi, il punto di partenza del<br />
progetto era sempre un particolare che attirava l’attenzione di <strong>Albini</strong>,<br />
che solo poi procedeva nel disegno dell’edificio. Un segno irripetibile,<br />
quello del Maestro, semplice e leggero, ancora oggi capace di<br />
sedurre, per la sua esplicita funzionalità. “Perchè il mondo non è fatto<br />
per avere ma per godere”.• www.fondazionefrancoalbini.com<br />
6 ELLE DECOR<br />
6 Cicognino 7 AM4Z 8 Primavera 9 AM2Z 10 Cavalletto<br />
Arredo del bar per l’aeroclub di Milano,<br />
1932. L’edificio dei grandi magazzini La<br />
Rinascente a Roma. Progetto del 1957-<br />
1961 firmato con Franca Helg.<br />
Le tre generazioni: <strong>Franco</strong>, Marco e<br />
Francesco <strong>Albini</strong>, tutti architetti. Sotto:<br />
6 servomuto del 1953, Cassina:<br />
7 lampada, Nemo; 8 poltrona del 1967<br />
prodotta ancora da Vittorio Bonacina;<br />
9 lampada, Nemo; 10 tavolo del 1950,<br />
Cassina.