Circolazione stradale L´accertamento dello stato di ... - Edk Editore Srl

Gent.mo Abbonato, in questo numero proponiamo:
Circolazione stradale
L´accertamento dello stato di alterazione
dovuto all´assunzione di sostanze
stupefacenti o psicotrope. Note a margine
della sentenza della Corte di Cassazione,
Sez. IV Penale, 16 dicembre 2009, n. 48004
di Massimo Ancillotti
Leggi l´articolo
Circolazione stradale
Disciplina delle patenti straniere
di Manuela Nocentini
Leggi l´articolo
Procedimento sanzionatorio
Notifiche ai sensi dell´art. 140 c.p.c. e
modifiche in seguito alla sentenza della
Corte Costituzionale n. 3/2010
di Massimo Ancillotti
Leggi l´articolo
Normativa
L. 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010),
art. 2, comma 12 - E´ demandata alle regioni la facoltà di
prevedere che sia presentato il documento di regolarità
contributiva (DURC) per ottenere l´autorizzazione al
commercio ambulante.
Prassi
Circolare del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti 15 dicembre 2009, n. 107746 - Registri di
contabilizzazione dei materiali in custodia presso gli Studi di
consulenza automobilistica abilitati alle procedure
semplificate
Circolare del Ministero dell´interno 18 novembre
2009, n. 7170 - Legge 15 luglio 2009, n. 94 recante
"Disposizioni in materia di sicurezza pubblica"
Circolare del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti 18 maggio 2009, n. 0049984/08.03 - Carta di
qualificazione del conducente. Norme per il parco veicolare
e per lo svolgimento dei corsi delle autoscuole e dei centri di
istruzione automobilistica
Commercio e Polizia Amministrativa
Cessazione dell´attività e fine
dell´autorizzazione
Un soggetto può richiedere alla P.A. il rilascio di un titolo
autorizzatorio. Ma se decide di cessare l´attività dopo che la
P.A. gli ha rilasciato il titolo legittimante, che fine fa
l´autorizzazione? La questione è complessa ed
interessante, perché un caso così frequente ha bisogno di
essere correttamente inquadrato. In tal senso, tuttavia, un
valido aiuto viene dalla giurisprudenza, ed in particolare da
una sentenza del T.A.R. Campania che, un paio di anni fa,
ha espressamente esaminato il fatto.
di Marilisa Bombi
Leggi l´articolo
Commercio e Polizia Amministrativa
In azione - Illustrazione della modulistica
operativa
Disciplina relativa al settore del commercio (III)
Esercizi di vicinato:
Comunicazione irregolare e/o parziale per apertura,
trasferimento o ampliamento
Vendita prodotti di un settore merceologico diverso da
quello comunicato
di Roberto Capretta
Leggi l´articolo
Ambiente e Territorio
Futuro italiano circa la prevenzione del
traffico illecito di rifiuti: Sistema Informatico
di Tracciabilità dei Rifiuti (SISTRI)
di Rosa Bertuzzi
Leggi l´articolo
Giurisprudenza
Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29 dicembre
2009, n. 8997 - Obbligo per i vigili urbani di portare in
servizio le armi in dotazione
Corte di Cassazione, Sez. II Civile, sentenza 21
dicembre 2009, n. 26918 - Sospensione dei termini
processuali in periodo feriale
Corte di Cassazione, Sez. II Civile, sentenza 18
dicembre 2009, n. 26736 - Legittima la redazione del
verbale da parte di qualsiasi soggetto che faccia parte
dell´organo di Polizia Stradale procedente e sia abilitato a
compiere gli accertamenti
Per richiedere un nuovo abbonamento a PL.COM o rinnovare un abbonamento scaduto contattare l´agente EDK
di zona o scrivere al seguente indirizzo: info@edkeditore.it
NOVITA´ EDITORIALI
FORMULARIO DEL COMMERCIO E DEI PUBBLICI PRONTUARIO DELLE VIOLAZIONI AL TUSSLL
ESERCIZI
di Giancarlo Frattulillo
di Elena Fiore
Tutte le sanzioni previste dal D.Lgs. 81/2008 in un
La seconda edizione del volume è aggiornata a tutte
pratico formato (cod. 95900).
le recenti novità legislative nazionali e regionali.
(cod. 95894).
Descrizione completa
Descrizione completa
Pubblicazione settim.
in abbonamento
Registr. Trib. di Rimini
n. 21 del 27/10/2009
Direttore responsabile:
Andrea Penazzi
EDK Editore
www.edkeditore.it
Gerenza
n. 3
29/01/2010
Anno IV
"Autonoleggio con conducenti: serve il
bando del Comune"
ItaliaOggi
27 gennaio 2010
di Debora Alberici
Devono essere sequestrate le
autorizzazioni di autonoleggio con
conducente rilasciate dal Comune con
regolamento emesso in violazione delle
leggi di settore. È infatti obbligatorio per
l´Ente Locale, in ossequio alle norme e ai
principi comunitari, indire sempre un bando
di gara prima di rilasciare le nuove licenze.
A questa interessante conclusione è giunta
la Corte di Cassazione con la sentenza n.
3288 del 26 gennaio 2010.
INDICE PER AUTORE
INDICE TEMATICO
INDICE DEI QUESITI
Visualizza le pubblicazioni EDK in materia
di Polizia Locale, commercio e pubblici
esercizi

RUOLO E INGIUNZIONE FISCALE
I VEICOLI IN STATO DI FERMO, SEQUESTRO,
di Massimo Ancillotti
CONFISCA E ABBANDONO
Una guida operativa per orientarsi nella complessità di Massimo Ancillotti, Cataldo Lo Iacono e Antonella
delle procedure (cod. 93381).
Descrizione completa
Manzione
Un vademecum completo per la gestione operativa
della requisizione dei veicoli (cod. 93392).
Descrizione completa
AGENDA POLIZIA LOCALE E COMMERCIO 2010
Un organizer arricchito da approfondimenti, casi
pratici e quesiti tratti da PL.com (cod. 95924).
Descrizione completa
LA SICUREZZA DEI LOCALI PUBBLICI
di Marilisa Bombi
Gli indirizzi operativi per il rilascio delle
autorizzazioni e l´attivazione dei controlli (cod.
95917).
Descrizione completa
LA DISCIPLINA DELLA VIDEOSORVEGLIANZA
di Elena Fiore e Claudia Capucci
L´analisi della disciplina e le linee guida del
Garante, con indicazioni operative e modulistica
(cod. 93374).
Descrizione completa
PRONTUARIO DELLE VIOLAZIONI AL NUOVO CODICE
DELLA STRADA
di Massimo Ancillotti, Cataldo Lo Iacono e Antonella
Manzione
Le infrazioni e le sanzioni a portata di mano per un
pronto utilizzo su strada (cod. 95896).
Descrizione completa
CODICE DELLA STRADA
di Massimo Ancillotti, Cataldo Lo Iacono e Antonella
Manzione
L´opera, annotata e coordinata, propone anche il
Regolamento di attuazione e le leggi complementari
(cod. 94829).
Descrizione completa
MODULISTICA ACCERTAMENTO VIOLAZIONI C.D.S.
Verbali, blocchi e registri. Catalogo online:
www.edkeditore.it
EDK organizza
le seguenti giornate di studio:
LA SICUREZZA DEI LOCALI
E DEGLI SPAZI PUBBLICI
Relatrice:
Dott.ssa Marilisa Bombi
17 febbraio 2010
Vedelago (TV)
Sala Comunale
Piazza Martiri della Libertà, 16
23 febbraio 2010
Chiavenna (SO)
Comunità Montana Valchiavenna
Via C. Lena Perpenti, 8/10

Circolazione stradale
n. 3
29 gennaio 2010
L’ACCERTAMENTO DELLO STATO DI ALTERAZIONE DOVUTO ALL’ASSUNZIONE
DI SOSTANZE STUPEFACENTI O PSICOTROPE. NOTE A MARGINE DELLA
SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE, 16 DICEMBRE
2009, N. 48004
La recente sentenza del 16 dicembre 2009, n. 48004, offre lo spunto per tornare sul
tema dell’accertamento del reato che il codice della strada descrive in rubrica all’articolo
187, in maniera significativa, come “Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di
sostanze stupefacenti”, volendo significare con ciò una fattispecie ben definita, di non
semplice accertamento, dove lo stato di alterazione è di tutta evidenza riconducibile
all’uso di sostanze stupefacenti (o psicotrope).
Mentre è sufficientemente delineato il fenomeno dell’abuso di bevande alcoliche, che
configura il reato previsto e punito dall’articolo 186 del codice della strada, quando
connesso alla guida di qualsiasi veicolo sulle strade destinate alla circolazione pubblica,
meno rilevante, almeno in apparenza e in soli termini numerici, è il reato analogo legato
all’uso di sostanze assolutamente vietate, come gli stupefacenti, o a quelle il cui uso è
consentito nell’ambito dei protocolli medici per la cura di particolari patologie, come le
sostanze psicotrope, le quali possono essere invece prescritte, fermo restando il divieto
di guidare veicoli sotto il loro effetto. Questa diversa incidenza percentuale è solo in
parte legata alla minore diffusione delle sostanze illegali, rispetto alle bevande alcoliche,
poiché uno dei motivi che rendono il fenomeno meno evidente statisticamente risiede
nella maggiore difficoltà di individuare le sostanze assunte dal conducente e di correlare
l’alterazione alla presenza di queste nei liquidi biologici.
Riguardo alla possibilità di accertare il reato consistente nell’aver guidato in stato di
ebbrezza si è consolidato un indirizzo della giurisprudenza di legittimità che ormai ha
definitivamente attecchito anche nelle aule dei Tribunali ed ha resistito alla modifica
dell’articolo 186, comma 2, avvenuta ad opera del decreto legge 3 agosto 2007, n. 117
(G.U. 4/8/2007 n. 180), recante “Disposizioni urgenti modificative del codice della strada
per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione”.
In base alle conoscenze e all’esperienza dell’uomo medio, si è ritenuto che chiunque
possa verificare l’abuso di bevande alcoliche, apprezzandone l’effetto in base a sintomi
noti ai più. L’alito vinoso o comunque alcolico dà la percezione della sostanza assunta,
mentre il comportamento (andamento barcollante, guida pericolosa, etc.) ed i sintomi
(sudorazione eccessiva, loquela sconnessa, ecc.) ne testimoniano gli effetti negativi sulla
guida del veicolo, costituendo quell’ebbrezza alcolica sufficiente ad integrare il reato del
codice della strada, senza che sia necessaria, ai fini della sussistenza dell’illecito penale
previsto in termini generali dal comma 1 dell’articolo 186, una precisa quantificazione
dell’alcolemia.
Diverso e più complesso è invece l’accertamento del reato descritto in rubrica
dell’articolo 187 del codice della strada, per il quale non è sufficiente la sola presenza di

una alterazione comportamentale del conducente, né il solo rinvenimento nei liquidi
biologici dello stesso dei principi attivi contenuti nelle sostanze stupefacenti o
psicotrope. La giurisprudenza, sul punto, è assolutamente costante: tra le tante,
Cassazione penale, Sezione IV, 6 giugno 2007, Loffredo; Sezione IV, 7 febbraio 2007,
Macchiarelli; Sezione VI, 1 marzo 2006, Orsini; Sezione VI, 28 aprile 2006, Verdi. Più di
recente, questa interpretazione ha ottenuto nuovo conforto dalla medesima Sezione IV,
con la sentenza 9 luglio 2009, n. 28219, nella quale i giudici hanno ribadito il principio di
diritto secondo il quale “ai fini della configurabilità della contravvenzione di guida sotto
l'influenza di sostanze stupefacenti è necessario che lo stato di alterazione del
conducente dell'auto venga accertato attraverso un esame tecnico su campioni di liquidi
biologici, onde deve escludersi che lo stato di alterazione possa essere desunto da
elementi sintomatici esterni, come invece è ammesso per l'ipotesi di guida sotto
l'influenza dell'alcool, in quanto l'accertamento richiede conoscenze tecniche
specialistiche in relazione alla individuazione ed alla quantificazione delle sostanze”.
Della questione si era occupata a suo tempo anche la Corte Costituzionale, la quale, con
ordinanza 25 luglio 2001, n. 306 aveva ritenuto non irragionevole la distinzione operata
dal Legislatore tra il conducente in stato di ebbrezza da alcool, rispetto a quello in stato
di alterazione fisica e psichica correlata con l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope,
prevedendo due diverse ipotesi di reato e disciplinando in relazione alla seconda
peculiari forme di controllo, la cui esecuzione é inibita agli organi di polizia strada poiché
richiede conoscenze tecniche e specialistiche, anche per quanto riguarda la
qualificazione delle sostanze. Il differente trattamento riservato al conducente del
veicolo che si trovi in condizioni di alterazione psico-fisica derivante dall’influenza di
alcool - per il quale non é esperibile l’accompagnamento presso idonea struttura
pubblica per il prelievo di campioni di liquidi biologici, ma soltanto l’accertamento da
effettuarsi mediante analisi dell’aria alveolare espirata - trova giustificazione nell’attuale
stato delle conoscenze tecnico-scientifiche, che non hanno reso disponibile, per la
verifica dell’uso di sostanze stupefacenti, una strumentazione analoga a quella utilizzata
per il rilevamento dello stato di ebbrezza derivante dall’assunzione di sostanze alcoliche,
strumentazione che, pur essendo meno invasiva, permette riscontri immediati ed
affidabili. La stessa Corte Costituzionale, con sentenza 30 maggio 1996, n. 194, ha
ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 187, sollevata in
riferimento agli artt. 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 32, secondo
comma, della Costituzione, per cui all'agente è rimessa esclusivamente una valutazione
nel momento iniziale, in ordine a circostanze oggettive e sintomatiche che, per la loro
contingenza, egli soltanto può apprezzare, ed a lui, conseguentemente, viene attribuita
la facoltà di accompagnare il conducente per la sottoposizione al prelievo di liquidi
biologici e alla contestuale visita medica, senza che per questo si possa intendere violata
la libertà personale di quest'ultimo, considerato che egli non subisce coartazione alcuna,
potendosi rifiutare in caso di ritenuto abuso di potere da parte dell'agente (così in
sentenza).
Tutto questo sta quindi a significare che, se da un lato la valutazione dei sintomi da
parte dell’agente di polizia stradale può essere ritenuta sufficiente per l’accertamento
dell’ebbrezza alcolica di un conducente, senza necessità di un riscontro strumentale del
grado di alcolemia, parametro quest’ultimo indispensabile al solo fine dell’individuazione
della pena e delle sanzioni da applicare in relazione alle tre fasce di ebbrezza elencate
nell’articolo 186, comma 2, lettere a), b) e c), dall’altro, lo stato di alterazione di un
conducente, correlato all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, può essere accertato
solo con la qualificazione delle sostanze assunte e la contestuale visita medica che
consenta di ricollegare lo stato del conducente alle sostanze assunte, in un rapporto di
effetto-causa.
Non è difficile comprendere la differenza tra le due fattispecie previste e punite dagli
articoli 186 e 187, laddove si abbia presente la definizione giuridica di sostanza
stupefacente o psicotropa. Poco interessa ai fini della sussistenza del reato se il
conducente è alterato, né ha rilievo che lo stesso abbia assunto una sostanza che abbia
causato in lui uno stato di alterazione evidente. Quello che in primo luogo deve essere
accertato è la natura della sostanza assunta e per questo è fondamentale l’esame di
laboratorio sui liquidi biologici del conducente. Tali considerazioni discendono dal fatto
che una sostanza può causare l’alterazione di un soggetto senza per questo essere

definibile come sostanza stupefacente o psicotropa, in quanto non elencata delle tabelle
allegate al T.U. sugli stupefacenti.
Infatti, perché una sostanza possa dirsi stupefacente o psicotropa e per questo essere
vietata o comunque soggetta ad una prescrizione medica, è necessario che essa risulti
censita nelle tabelle allegate al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,
n. 309 (1). La stessa Corte di Cassazione, Sez. I Penale, con sentenza del 17 maggio
2007, n. 19056, ha ribadito la nozione legale di stupefacente, la quale esclude che si
possa definire stupefacente una sostanza per il solo fatto di poter alterare il
comportamento dell’assuntore e creare in lui una dipendenza, ma è necessario che
questa sia ricompressa in una delle tabelle realizzate ai sensi degli articoli 13 e 14 del
Testo unico, le quali contengono l'elenco di tutte le sostanze e i preparati indicati nelle
convenzioni e negli accordi internazionali e che vengono aggiornate con decreto del
Ministero della salute.
Quando si è accertato, con gli esami di laboratorio svolti sul prelievo dei liquidi biologici,
ovvero anche sul sangue prelevato con il consenso della persona sottoposta all’indagine,
che la sostanza rinvenuta rientra nella definizione legale di stupefacente o di sostanza
psicotropa, allora è necessario determinare che l’alterazione riscontrata sul conducente
è l’effetto dell’assunzione di droghe o di farmaci psicotropi.
Da ciò consegue che la sola presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope
nell’organismo di un conducente non è di per sé sufficiente a determinare la
responsabilità penale per la violazione dell’articolo 187 del codice della strada, poiché è
necessario dimostrare che il conducente è alterato per l’effetto contingente di tali
sostanze. La letteratura scientifica ha ormai chiarito, e ciò è patrimonio di conoscenza
comune, che i metaboliti di talune sostanze hanno una persistenza nell’organismo
umano ben superiore agli effetti causati nel soggetto che ne ha fatto uso, sicché ben si
può riscontrare presenza di cannabinoidi a distanza di 48 ore dalla loro assunzione,
quando è risaputo che gli effetti della marijuana hanno una intensità ed una durata
assai ridotte.
In tali casi, quando la presenza delle sostanze vietate è asintomatica, mai potrà dirsi
accertato il reato di cui all’articolo 187 del codice della strada, mentre invece questo
fattore potrà essere rilevante ai fini della segnalazione al prefetto competente in ragione
della residenza dell’assuntore dello stupefacente, per l’eventuale applicazione delle
sanzioni amministrative di cui all’articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309 e ai fini della segnalazione all’UMC per la decisione in merito alla
revisione della patente o del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore, ai sensi
dell’articolo 128 del codice della strada.
Da quanto sopra considerato discende che, in caso di rifiuto di sottoporsi agli
accertamenti ospedalieri, a differenza di quello che avviene per la guida in stato di
ebbrezza, non potrà ritenersi provato il reato di cui all’articolo 187 del codice della
strada, né la violazione amministrativa prevista dall’articolo 75 del decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ferma restando l’applicazione delle
pesanti sanzioni penali ed amministrative in ragione dell’articolo 187, comma 8 del
codice della strada.
Tutti i concetti sino a qui proposti in questo breve commento, su una materia che
meriterebbe un ben più ampio approfondimento, sono ripresi dalla più recente sentenza
del 16 dicembre 2009, n. 48004, per cui viene ribadito che le modalità per accertare in
reato in parola non possono essere se diverse da quelle previste dall’articolo 187 del
codice della strada e che, pertanto, affinché possa dunque affermarsi la responsabilità
dell'agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso
si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì bisogna dimostrare egli
guidava in stato d'alterazione causato da tale assunzione (Cass. IV, 33312/08, Gagliano
cit.).
Tuttavia, a differenza di quello che potrebbe desumersi dalla lettura dell’articolo 187,
secondo i giudici non è necessario l'espletamento di una specifica visita medica per
affermare la sussistenza della alterazione, ben potendo il giudice desumerla dagli
accertamenti biologici, unitamente alle deposizioni raccolte e dal contesto in cui il fatto
si è verificato.
Il giudice di prime cure, invece, a fronte di un riscontro positivo delle analisi sui liquidi
biologici, aveva ritenuto irrilevante la descrizione fatta dagli agenti, a quanto è dato di

conoscere dalla sentenza, concernente gli occhi luci e arrossati del conducente.
In verità, al di là del principio della libertà della prova e del libero convincimento del
giudice, qui pare di dover piuttosto sottolineare che, se la descrizione dei sintomi
consiste solo nell’arrossamento degli occhi, difficilmente si potrà arrivare ad una
sentenza di condanna, dato che l’alterazione deve essere riferibile alla capacità di guida
ed il solo arrossamento degli occhi non sembra da un lato un elemento tale di per sé
solo a far scemare la capacità di guida, ma soprattutto esso può essere causato da
molteplici fattori patologici (allergie, raffreddori, stati febbrili, congiuntiviti, etc.) o
traumatici (polvere, acidi, esalazioni, fotosensibilità, ecc.), del tutto avulsi
dall’assunzione di stupefacenti.
Comunque, la Corte cassa la sentenza e rinvia al giudice di merito competente per un
nuovo giudizio, tenendo conto della possibilità di espletare supplementi istruttori, anche
attraverso l'esercizio di poteri officiosi, in modo da poter stabilire la portata
dell’intossicazione in base all’elemento quantitativo riscontrato dall’esame dei liquidi
biologici, tenendo conto dei sintomi riscontrati dagli agenti.
__________
(1) (Gazzetta Ufficiale 31 ottobre 1990, n. 255 - S.O. n. 67) - Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
Massimo Ancillotti
Corte di Cassazione - Sez. IV Penale
SENTENZA 16 DICEMBRE 2009, n. 48004
1. Con sentenza dei 1° giugno 2007 il Giudice di Pace di Tirano, assolveva () dal reato di
cui all'art. 187 del codice della strada per essere stato colto alla guida della sua auto in
stato di alterazione psicofisica dovuta all'assunzione di cannabinoidi (fatto acc. in Livigno
il 10/1/2006).
Osservava il giudice di pace che benché le analisi biologiche svolte sulla persona
dell'imputato avessero dato esito positivo (79 ng\ml a fronte di consentito di 50 ng\ml),
non sussisteva alcuna valutazione medica sullo stato psicofisico dell'imputato attestate la
sua alterazione, non potendo a ciò supplire la deposizione dei verbalizzanti circa gli occhi
arrossati e lucidi che presentava l’imputato al momento del fermo.
2. Avverso la sentenza ha proposto appello il P.M., qualificato poi come ricorso dal
Tribunale di Sondrio, lamentando la violazione di legge ed il difetto di motivazione,
essendo giunto il giudice di pace al proscioglimento pur in presenza sia di elementi
sintomatici di responsabilità, su cui avevano deposto i verbalizzanti, che degli esiti degli
accertamenti biologici.
3. Con memoria depositata il 20\10\2009, il difensore dell'imputato chiedeva la
declaratoria di inammissibilità del ricorso ed, in subordine, il rigetto.
Va osservato che questa Corte ha di recente ribadito che la condotta tipica del reato
previsto dall'art. 187 del codice della Strada non è quella di chi guida dopo aver assunto
sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d'alterazione psico-fisica
determinato da tale assunzione. Perché possa dunque affermarsi la responsabilità
dell'agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso
si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato
d'alterazione causato da tale assunzione (Cass. IV, 33312\08, Gagliano).

In breve, mentre per affermare la sussistenza della guida in stato di ebbrezza alcolica è
sufficiente che vi sia una prova sintomatica dell'ebbrezza, o che il conducente del veicolo
abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nel comma 2° dell'art. 186 del codice
della strada; per affermare la sussistenza della contravvenzione di cui all'art. 187 Codice
della strada è necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze
provino la situazione di alterazione psico-fisica.
Ciò perché l'uso di droga non può che essere accertato nei modi previsti dal comma
secondo dell'art. 187, attraverso cioè un esame tecnico su campioni di liquidi biologici,
non potendo desumersi da elementi sintomatici esterni (come invece è ammesso per
l'ipotesi di guida sotto l'influenza dell'alcool), in quanto l'accertamento richiede
conoscenze tecniche specialistiche in relazione alla individuazione ed alla quantificazione
delle sostanze (cfr. cass. IV, 14803/06, Petillo).
In questa ottica la differenza di disciplina tra l'art. 186 e 187 Codice della strada trova
una sua giustificazione razionale.
4.2. Nel caso di specie il giudice di merito, dopo avere precisato che la alterazione psicofisica
è un elemento costitutivo della fattispecie in disamina, ha evidenziato che dagli atti
processuali non emergevano elementi da cui desumere la sua sussistenza (in particolare
una specifica analisi medica), assolvendo quindi l'imputato.
Orbene va ricordato che questa Corte di legittimità, sebbene abbia affermato che ai fini
della configurabilità della contravvenzione di guida sotto l’influenza di sostanze
stupefacenti, è necessario che lo stato di alterazione del conducente dell'auto venga
accertato nei modi previsti dal comma secondo dello stesso articolo, attraverso un
esame tecnico su campioni di liquidi biologici, escludendo la rilevanza dei soli elementi
sintomatici esterni (cass. IV, 14803\06, Petillo), non pretende necessariamente
l'espletamento di una specifica analisi medica per affermare la sussistenza della
alterazione, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici, unitamente
alle deposizioni raccolte e dal contesto in cui il fatto si è verificato.
Ciò in perfetta assonanza con le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale, la
quale affrontando il tema della legittimità dell'art. 187 Codice della strada ha affermato
trovarsi "in presenza di una fattispecie che risulta integrata dalla concorrenza dei due
elementi, l'uno obiettivamente rilevabile rilevabile dagli agenti di polizia giudiziaria (lo
stato di alterazione), e per il quale possono valere indici sintomatici, l'altro, consistente
nell'accertamento della presenza nei fisiologici del conducente, di tracce di sostanze
stupefacenti o psicotrope, a prescindere dalla quantità delle stesse, essendo rilevante
non il dato quantitativo, ma gli effetti che l'assunzione di quelle sostanze può provocare
in concreto nei singoli soggetti" (C.Cost, ord. 277 del 2004).
Nel caso che ci occupa, il giudice di merito, a fronte degli esiti positivi delle indagini
biologiche e delle deposizioni dei verbalizzanti (rilevamento occhi lucidi ed arrossati del
conducente), ha giustificato l'assoluzione sulla base dell'assenza di una pretesa analisi
medica, senza dare un'adeguata motivazione della irrilevanza dei dati probatori già
acquisiti, a fronte di una fattispecie criminosa di reato di pericolo; senza valutare,
inoltre, la possibilità di espletare supplementi istruttori, anche attraverso l'esercizio di
poteri officiosi (cfr. Cass. V, 21232\09, D'Aloisio).
Il provvedimento impugnato va pertanto annullato e rinviato al giudice di merito
competente per un nuovo giudizio alla luce di quanto sopra indicato.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di Pace di
Tirano.
Così deciso in Roma il 4 novembre 2009.
Sentenza depositata il 16 dicembre 2009.

Circolazione stradale
DISCIPLINA DELLE PATENTI STRANIERE
n. 3
29 gennaio 2010
Per affrontare con la necessaria preliminare chiarezza l’argomento in discussione è
indispensabile tenere presente che tutto il complesso delle norme di cui, nell’immediato
prosieguo si tenta una sommaria ricostruzione, non si applica alla cosiddetta circolazione
internazionale, ossia a quel fenomeno rappresentato dalla occasionale e momentanea
circolazione in Italia con patenti rilasciate da qualsiasi Stato estero, prima della formale
acquisizione della residenza anagrafica. In questa fase sono applicabili solo le
disposizioni sull’obbligo della traduzione oltre, ovviamente, a quelle attinenti la verifica
della validità della patente e della sua adeguatezza in ordine al veicolo guidato,
potendosi, in caso di illeciti, ipotizzare violazioni financo relative alla stessa mancanza
del documento se rilasciato da un Paese non comunitario o aderente SEE, ovvero
limitate alla violazione dell’articolo 125 o 126 in caso di guida con patente non adeguata
al veicolo o scaduta.
Tanto premesso, entrando nel terreno della circolazione in Italia successiva alla
acquisizione della residenza anagrafica in Italia è ulteriormente necessario distinguere
tra patenti rilasciate da Stati UE o SEE (spazio economico europeo) e patenti rilasciate
da Stati extra-UE.
I titolari di patenti rilasciate da Paesi comunitari e appartenenti allo SEE possono
circolare in Italia con la patente straniera senza necessità di traduzione. Se la patente è
scaduta, si applica la sanzione di cui all’art. 126, comma 7, nuovo Codice della Strada.
Ai sensi dell’art. 136 nuovo Codice della Strada se i titolari di tali patenti acquistano la
residenza in Italia, possono chiedere la conversione od il riconoscimento della propria
abilitazione: non trattandosi di obbligo ma di facoltà, l’eventuale inadempimento non è
sanzionato. Dall’acquisto della residenza si applicano le disposizioni del n.C.d.S relative
alla scadenza, requisiti e rinnovo della patente secondo le seguenti modalità:
1) se la patente UE o SEE ha una scadenza: si calcola, in base all’art. 126 n.C.d.S, la
durata corrispondente alla categoria di patente e all’età del titolare e si aggiunge alla
data di acquisizione della residenza in Italia (es.: titolare

Se si tratta di documenti abilitativi alla guida non conformi a modelli di convenzioni
internazionali, devono essere accompagnate da traduzione, pena l’applicazione della
sanzione di cui all’art. 135 c. 2 e 4 n.C.d.S. Si possono ritenere conformi ai suddetti
modelli tutte le patenti che presentano una classificazione e ripartizione in categorie
analoga a quella presente nelle patenti italiane. La traduzione può essere effettuata dai
funzionari della sede diplomatica o consolare italiana all’estero o della sede italiana della
nazione interessata. E’ legittima la traduzione del perito, purchè giurata davanti a notaio
o cancelliere giudiziario.
Come detto in premessa se il titolare di patente rilasciata in uno Stato extracomunitario
non acquisisce la residenza in Italia, può guidare illimitatamente, a condizione che la
patente sia in corso di validità secondo le regole del Paese che l’ha rilasciata.
Come precisato dalla circolare del Ministero dell’interno dell’11/12/2007, n.
300/A/1/29353/111/84/1, per proseguire nell’esposizione occorre ulteriormente
distinguere tra patenti extra-UE convertibili o non convertibili.
Alle patenti extracomunitarie convertibili si applica l’art. 136 nuovo codice della strada ai
sensi del quale è possibile guidare con patente in corso di validità per un anno dal
conseguimento della residenza; decorso tale termine la patente deve essere convertita.
Alle patenti extracomunitarie non convertibili non si applica l’art. 136, bensì l’art. 135,
laddove prevede la possibilità di guidare con patente valida per un anno dal
conseguimento della residenza; decorso tale termine deve essere conseguita patente
italiana.
Alla luce di tale normativa:
1) se il titolare di patente extra-UE non convertibile:
- è residente in Italia da oltre un anno, si applica la sanzione penale di cui all’art. 116, c.
13;
- circola con patente scaduta (a prescindere dalla residenza), si applica la sanzione
penale di cui all’art. 116, c. 13;
2) se il titolare di patente extraUE convertibile:
- non ha acquistato la residenza in Italia e circola con patente scaduta, si applica la
sanzione di cui all’art. 126, c. 7;
- ha acquistato la residenza in Italia da non oltre un anno e guida con patente scaduta,
è sanzionato ai sensi dell’art. 126, c.7, richiamato dall’art. 136, c. 7;
- ha acquistato la residenza in Italia da oltre un anno e guida con patente valida, è
sanzionato ai sensi dell’art. 126, c.7, richiamato dall’art. 136, c. 7;
- ha acquistato la residenza in Italia da oltre un anno e guida con patente scaduta, è
sanzionato ai sensi dell’art. 116, c. 13 richiamato dall’art. 136, c. 6.
Si sottolinea che in caso di conversione di patente straniera, le limitazioni per i
neopatentati si calcolano dalla data del conseguimento della patente all’estero (riportata
sul retro della patente italiana formato card rilasciata per conversione, nel campo 10; il
rilascio per conversione è indicato dal codice 70). Se invece la patente straniera non è
convertibile, il titolare di patente italiana conseguita per esame è neopatentato a
decorrere dalla data del conseguimento di quest’ultima senza che rilevi la precedente
titolarità di patente straniera.
Per completezza d’informazione riportiamo di seguito l’elenco degli Stati citati.
PAESI UE
AUSTRIA, BELGIO, BULGARIA, CIPRO, DANIMARCA, ESTONIA, FINLANDIA, FRANCIA,
GERMANIA, GRAN BRETAGNA, GRECIA, IRLANDA, LETTONIA, LITUANIA,
LUSSEMBURGO, MALTA, PAESI BASSI, POLONIA, PORTOGALLO, REPUBBLICA CECA,
ROMANIA, SLOVENIA, SLOVACCHIA, SPAGNA, SVEZIA, UNGHERIA.
PAESI APPARTENENTI ALLO SPAZIO ECONOMICO EUROPEO (SEE)
ISLANDA, LIECHTENSTEIN, NORVEGIA.
PAESI EXTRA-UE LE CUI PATENTI SONO CONVERTIBILI
ALBANIA (1), ALGERIA, ARGENTINA, CROAZIA, EL SALVADOR (2), FILIPPINE,
GIAPPONE, LIBANO, MACEDONIA, MAROCCO, MOLDOVA, PRINCIPATO DI MONACO,
REPUBBLICA DI COREA, SAN MARINO, SVIZZERA, TAIWAN, TUNISIA, TURCHIA,
URUGUAY (3).
__________

(1) Accordo valido sino al 15 agosto 2014.
(2) Accordo valido sino al 19 settembre 2014.
(3) Accordo valido fino al 12 dicembre 2014.
PAESI EXTRA-UE PER I QUALI LA CONVERSIONE È CONSENTITA SOLO PER
ALCUNE CATEGORIE DI UTENTI
CANADA: personale diplomatico e consolare; CILE: diplomatici e loro familiari; STATI
UNITI: personale diplomatico e consolare e loro familiari; ZAMBIA: cittadini in missione
governativa e loro familiari.
PAESI EXTRA-UE LE CUI PATENTI NON SONO CONVERTIBILI
TUTTI GLI ALTRI.
Riassumendo:
Patente Situazione Sanzione Note
UE e SEE
Extra-UE
(convertibile
o non
convertibile)
Extra-UE
convertibile
Extra-UE
non
convertibile
Patente scaduta Art. 126, c. 7
Patente non conforme
ai modelli di
convenzioni
internazionali e non
accompagnata da
traduzione
Titolare non residente
in Italia e patente
valida
Titolare non residente
in Italia e patente
scaduta
Titolare residente in
Italia da oltre un anno
e patente valida
Titolare residente in
Italia da non oltre un
anno e patente
scaduta,
Titolare residente in
Italia da oltre un anno
e patente scaduta
Patente scaduta
(a prescindere dalla
residenza)
Titolare residente in
Italia da oltre un anno
Art. 135,
c. 2 e 4
Può circolare
illimitatamente
Art. 126, c. 7
Art. 136, c. 7
in rel. art. 126, c. 7
Art. 136, c. 7
in rel. art. 126, c. 7
Art. 136, c. 6
in rel. art. 116, c.
13
Art. 116, c. 13
Art. 135, c. 1
in rel. art. 116, c.
13
Non necessaria traduzione
né conversione.
Per l’applicazione dell’art.
126, c. 7: se il titolare non
è residente in Italia, si
tiene conto della data di
scadenza riportata sulla
patente; se il titolare è
residente in Italia, dalla
data di acquisizione della
residenza si calcola la
scadenza in base al nostro
C.d.S. e si confronta con
quella riportata sulla
patente, scegliendo tra le
due la scadenza che si
verifica prima.
Se la patente è scaduta o se
il titolare acquista la
residenza in Italia si veda la
ripartizione seguente tra
patente convertibile o non
convertibile.

Manuela Nocentini

Commercio e Polizia Amministrativa
CESSAZIONE DELL’ATTIVITÀ E FINE DELL’AUTORIZZAZIONE
n. 3
29 gennaio 2010
Un soggetto può richiedere alla P.A. il rilascio di un titolo autorizzatorio. Ma
se decide di cessare l’attività dopo che la P.A. gli ha rilasciato il titolo
legittimante, che fine fa l’autorizzazione? La questione è complessa ed
interessante, perché un caso così frequente ha bisogno di essere
correttamente inquadrato. In tal senso, tuttavia, un valido aiuto viene dalla
giurisprudenza, ed in particolare da una sentenza del T.A.R. Campania che, un
paio di anni fa, ha espressamente esaminato il fatto.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sez. III, con sentenza
depositata il 28 giugno 2004, n. 9717, ha specificatamente affrontato il caso della
riconsegna delle autorizzazioni, chiedendosi se la mera riconsegna dei documenti
attestanti il rilascio di una licenza possa assumere il valore di rinunzia tacita alla stessa e
se a tale comportamento consegua automaticamente l’estinzione della licenza. Secondo
il collegio, l’atto di impulso, con il quale il privato assume l’iniziativa di intraprendere una
determinata attività economica sottoposta ad un regime autorizzatorio, costituisce un
elemento imprescindibile rispetto al quale la pubblica amministrazione non può in alcun
modo ingerirsi. Spetta infatti esclusivamente al privato la decisione se intraprendere una
determinata attività economica, e quindi anche la eventuale decisione di cessare tale
attività. L’incidenza dell’intervento pubblicistico riguarda invece, ha sottolineato il
Giudice, la fase successiva a quella dell’iniziativa, la verifica cioè della sussistenza dei
presupposti legali per il rilascio della autorizzazione e quindi la regolamentazione
dell’esercizio dell’attività autorizzata.
Non può pertanto porsi in dubbio che la decisione del privato di cessare l’esercizio
dell’attività economica autorizzata, e cioè la sua rinunzia alla autorizzazione, incida sul
provvedimento autorizzatorio. La questione è tuttavia quella di stabilire quali effetti
ricondurre a tale rinunzia e in quale modo essi si producano. A giudizio del collegio, la
rinunzia della licenza non determina l’automatica caducazione o estinzione del titolo
autorizzativo. Infatti, in primo luogo va sottolineato, afferma la sentenza, che nessuna
norma espressamente riconnette alla rinunzia l’immediata caducazione della licenza; a
tali conclusioni non può nemmeno giungersi in via interpretativa, in relazione alle norme
in materia di revoca, o meglio decadenza dell’autorizzazione.
L’interesse dell’ordinamento, quale si evince dal tenore di dette norme nonché della
norma in tema di voltura, (il caso preso in esame riguardava un esercizio pubblico)
consentendo la prosecuzione dell’attività ad opera di un altro soggetto, purché abbia i
requisiti soggettivi, sembra infatti quello di evitare che un titolo autorizzativo rimanga
formalmente in vita nonostante non sia più esercitata da alcuno l’attività autorizzata. Il

venir meno della autorizzazione non è determinato, quindi, dal venir meno della volontà
da parte del titolare di proseguire l’attività autorizzata, ma esclusivamente al dato
oggettivo della cessazione dell’attività, o per constatata inattività prolungata o per il
venir meno dei requisiti soggettivi (iscrizione a determinati registri) da parte
dell’intestatario della licenza.
L’interesse pubblico perseguito, infatti, precisa ancora il collegio, è quello di garantire
che talune attività dei privati, giudicate di particolare rilevanza e per tale ragione
sottoposte a specifici controlli e in taluni casi a contingentamento, una volta autorizzate
siano effettivamente espletate. A tal fine si prevede la decadenza della licenza in caso di
cessazione dell’attività, in modo da rendere nuovamente disponibili per terzi istanti il
titolo autorizzativo, ovvero la voltura in caso di continuazione dell’attività da parte di
altro soggetto idoneo.
L’ordinamento, dunque, è indifferente al permanere della titolarità dell’attività (e quindi
della licenza) in capo al medesimo soggetto, purché si tratti di un soggetto legittimato,
ma si preoccupa di garantire la corrispondenza effettiva tra titoli autorizzativi rilasciati ed
attività effettivamente esercitate.
In questo quadro, la rinunzia di una licenza da parte del titolare non può avere alcun
effetto diretto ed automatico sul provvedimento autorizzatorio. Infatti, se la rinunzia è
inserita in una vicenda traslativa o successoria dell’attività commerciale, essa non
influisce in alcun modo sul provvedimento autorizzatorio, che non cessa di esistere ad
anzi viene volturato. Viceversa, quando la rinunzia è esclusivamente un atto abdicativo e
comporta quindi la cessazione dell’attività commerciale poiché non vi è nessun altro a
subentrare, è la cessazione dell’attività a determinare il venir meno del titolo che ha
perso la sua ragion d’essere e non la rinunzia in sé. Se infatti si volesse attribuire alla
rinunzia del titolare della licenza il potere di incidere in modo automatico con efficacia
caducante sul provvedimento amministrativo, si finirebbe per attribuire, in sostanza, alla
volontà del privato una capacità di disporre anche degli interessi pubblici e di interferire
con l’esercizio della potestà pubblicistica.
Pertanto, solo la definitiva cessazione di un’attività commerciale a seguito di rinuncia da
parte del titolare a continuare l’esercizio può produrre effetti sul provvedimento
autorizzatorio.
Tali effetti tuttavia non possono essere automatici, non essendovi alcuna norma che
espressamente li prevede come tali. Occorre infatti sempre che l’amministrazione, preso
atto della cessazione dell’attività per rinunzia, disponga con un contrarius actus il venir
meno degli effetti del provvedimento autorizzatorio. Non importa, evidenzia ancora il
Collegio, stabilire se esso dovrà essere dichiarato caducato o revocato, ciò che rileva è
che fino a che l’amministrazione non abbia espressamente pronunciato la caducazione o
la revoca, il titolo autorizzativo continuerà ad esistere nel mondo giuridico e potrà
quindi, eventualmente, essere oggetto di voltura, qualora successivamente, ma prima
del decorso del termine annuale al quale la legge riconnette la sua decadenza (questa sì
automatica), venga presentata idonea istanza di voltura.
Di seguito l’estratto della sentenza.
Marilisa Bombi
TA.R. Campania, Sez. III
SENTENZA 28 GIUGNO 2004, N. 9717

DIRITTO
La questione all’esame del collegio presenta tuttavia caratteri estremamente peculiari a
causa dei conflittuali rapporti intercorrenti tra i ricorrenti (G.M. e G.O.) e Z.M.R., che
hanno dato luogo a ripetuti interventi dell’autorità giudiziaria ordinaria in sede di azioni
possessorie aventi ad oggetto i beni aziendali organizzati per l’esercizio dell’attività di
albergo, bar ristorante denominato hotel … .
Come già riferito nella esposizione in fatto, il giudice ordinario ha riconosciuto al G.M. il
compossesso dei beni aziendali unitamente alla Z.M.R., prevedendo che essi dovessero
gestire insieme l’albergo … e che, in caso di disaccordo tra loro in ordine alla gestione
dell’azienda, le decisioni dovessero essere assunte da un amministratore terzo.
Tali provvedimenti giurisdizionali sono stati portati a conoscenza della amministrazione
comunale in data 9.9.2002 (v. la comunicazione del 7.9.2002 ricevuta in data 9.9.2002
allegata al ricorso).
Il comune di Meta ha quindi inviato a G.M. e a Z.M.R. una nota (prot. 12315 del
3.10.2002) con il quale segnalava che, essendo Z.M.R. l’unica titolare formale delle
licenze n. 260, 261, 261 del 19.7.1995 per l’esercizio dell’attività ricettiva e per
l’esercizio di attività di somministrazione di alimenti e bevande, per consentire la
gestione comune dell’attività occorreva procedere ad un’annotazione sulle licenze, per
effettuare la quale era necessario che il G.M. fosse in possesso dei requisiti previsti dalla
legge. Il comune formulava quindi l’espresso avvertimento che, in assenza di ulteriori
comunicazioni e regolarizzazioni, avrebbe considerato come unica titolare dell’esercizio
la Z., intestataria formale delle licenze.
In data 6 novembre 2002, con atto notarile, è stata costituita la società in nome
collettivo denominata “…” di … & C. s.n.c., della quale risulta essere socia anche Z.M.R.,
la quale ha conferito una quota sociale di 750.000/00 euro pari al 75% del capitale
sociale, mediante il conferimento della proprietà dell’azienda sita in …, consistente nel
complesso dei beni organizzati per l’esercizio dell’attività di albergo, bar ristorante
denominato hotel … . La Z. ha inoltre conferito alla società il compossesso dei beni
aziendali, nella misura del 50%.
In data 15.11.2002, la Z. consegnava al comune di Meta le autorizzazioni relative
all’esercizio dell’hotel ... .
In data 14.7.2003, quindi, in data 14.7.2003 G.O. ha chiesto, in qualità di procuratrice
generale di G.M., la voltura delle autorizzazioni commerciali già rilasciate alla Z.; il
comune, con il provvedimento impugnato, ha rigettato l’istanza di voltura sull’assunto
che le autorizzazioni commerciali, una volta riconsegnate all’autorità comunale,
sarebbero estinte.
Devono preliminarmente essere disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso
formulate dalla difesa società “...” s.n.c. e di Z.M.R. secondo le quali vi sarebbe carenza
della legittimazione attiva della G.O. poiché in caso di disaccordo nella gestione
dell’albergo la decisione spetterebbe, in base all’ordinanza del tribunale di Torre
Annunziata, all’amministratore terzo; inoltre, perché la sua asserita legittimazione si
fonderebbe solo su di una ordinanza interdettale resa nell’ambito di un giudizio
possessorio, nella quale si sarebbe erroneamente riconosciuta la successione nel
possesso del G.M. rispetto a quello esercitato dal genitore, mentre invece, esistendo tra
il de cuius del G.M. e la Z. una società di fatto, la morte di uno dei due soci non
determina la successione dell’erede nella qualità di socio ma la liquidazione della quota
spettante al socio defunto in favore dell’erede; infine in ragione del fatto che non
sarebbe giuridicamente configurabile il possesso di un’azienda.

Tali eccezioni sono infondate.
Va in primo luogo rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dai controinteressati,
la legittimazione processuale, nel presente giudizio, spetta al G.M., e alla sua
procuratrice generale, G.O., personalmente, e non all’amministratore terzo, deputato, in
ragione dell’interdetto possessorio, ad assumere le decisioni relative alla gestione
dell’albergo in caso di disaccordo tra i compossessori. All’amministratore terzo non
spetta infatti anche il potere di risolvere i conflitti tra le parti in ordine a profili non
strettamente connessi ad atti di gestione dell’azienda e quindi di decidere se adire
l’autorità giudiziaria amministrativa in vece del soggetto direttamente interessato in
ordine, peraltro, ad una questione che coinvolge non solo i rapporti interprivati ma
anche profili pubblicistici.
Per quanto attiene agli ulteriori profili di denunciata carenza di legittimazione, va rilevato
che la legittimazione ad agire dei ricorrenti trova il suo fondamento nel fatto della
avvenuta proposizione di una istanza di voltura a seguito della quale è stato emanato il
provvedimento impugnato. La legittimazione ad agire deve essere valutata
esclusivamente con riferimento alla prospettazione dei ricorrenti, senza entrare nel
merito della fondatezza della pretesa azionata. Dal momento che essi, affermandosi
titolari dell’interesse legittimo (pretensivo) all’ottenimento della voltura delle
autorizzazioni in questione in quanto compossessori dell’azienda alberghiera
dell’hotel ..., hanno presentato apposita istanza, sono legittimati ad adire l’autorità
giudiziaria per impugnare l’atto amministrativo di diniego, lesivo del loro interesse.
La questione se il riconoscimento, da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria, mediante
un interdetto possessorio, di una situazione di compossesso in capo al G.M. dell’azienda
dell’hotel ... lo legittimi o meno a chiedere alla amministrazione comunale un
provvedimento di voltura costituisce questione di merito, attenendo non alla
legittimazione processuale ma alla legittimazione sostanziale. Si tratta di questione che è
oggetto di valutazione da parte della amministrazione nel giudizio di delibazione della
ammissibilità dell’istanza, giudizio che peraltro nel caso di specie si è concluso
positivamente per i ricorrenti, la cui legittimazione non è stata contestata dalla
amministrazione, che anzi aveva sollecitato il G.M. a procedere alla annotazione del
proprio nome sulle licenze.
Venendo dunque all’esame del merito, il collegio osserva che i ricorrenti, nell’impugnare
il rigetto dell’istanza di voltura, contestano preliminarmente, nei primi tre motivi di
ricorso, l’assunto su cui il provvedimento impugnato si poggia: l’intervenuta estinzione
delle licenze a seguito della loro riconsegna agli uffici del comune.
La difesa del comune di Meta sostiene invece che le licenze commerciali sono rinunziabili
per facta concludentia mediante la riconsegna delle stesse all’autorità che le ha
rilasciate.
La questione che il collegio deve dunque affrontare è se la mera riconsegna dei
documenti attestanti il rilascio di una licenza possa assumere il valore di rinunzia tacita
alla stessa e se a tale comportamento consegua automaticamente l’estinzione della
licenza.
Il quadro normativo cui occorre far riferimento nel caso in esame è quello dettato dalla
legge n. 287 del 1991 per quanto attiene alle licenze di esercizio commerciale di
somministrazione di alimenti e bevande e alla legge n. 135 del 2001 per quanto attiene
alla licenza di esercizio ricettivo. Oggetto della presente controversia sono infatti - come
si è visto - sia licenze di tipo A e B per la somministrazione di alimenti e bevande che la
licenza di esercizio dell’attività ricettiva.
La disciplina contenuta in tali leggi è molto simile.
Quanto al rilascio della autorizzazione, l’art. 9 della legge n. 135 del 2001 prevede che

essa sia rilasciata dal sindaco a condizione che il richiedente sia iscritto nel registro delle
imprese turistiche e al rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in
materia edilizia, urbanistica, igienico - sanitaria e di pubblica sicurezza, nonché di quelle
sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici.
L’art. 3 della legge n. 287 del 1991 dispone che l'apertura e il trasferimento di sede degli
esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande sono soggetti ad
autorizzazione, rilasciata dal sindaco a condizione che il richiedente sia iscritto nel
registro degli esercenti commerciali, nel rispetto dei criteri e dei parametri atti a
determinare il numero delle autorizzazioni rilasciabili nelle aree interessate.
Quanto alla disciplina della revoca, la legge n. 135 del 2001 all’art. 9 prevede che
l'autorizzazione all’esercizio di una struttura ricettiva è revocata dal sindaco: a) qualora il
titolare dell'autorizzazione, salvo proroga in caso di comprovata necessità, non attivi
l'esercizio entro centottanta giorni dalla data del rilascio della stessa ovvero ne sospenda
l'attività per un periodo superiore a dodici mesi; b) qualora il titolare dell'autorizzazione
non risulti più iscritto nel registro delle imprese turistiche; c) qualora, accertato il venir
meno della rispondenza dello stato dei locali ai criteri stabiliti per l'esercizio dell'attività
dalle regioni o alle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia,
urbanistica e igienico - sanitaria, nonché a quelle sulla destinazione d'uso dei locali e
degli edifici, il titolare non abbia provveduto alla regolarizzazione nei tempi stabiliti.
L’art. 4 della legge 287 del 1991 stabilisce che l'autorizzazione alla somministrazione di
alimenti e bevande è revocata: a) qualora il titolare dell'autorizzazione medesima, salvo
proroga in caso di comprovata necessità, non attivi l'esercizio entro centottanta giorni
dalla data del rilascio ovvero ne sospenda l'attività per un periodo superiore a dodici
mesi; b) qualora il titolare dell'autorizzazione non sia più iscritto nel registro degli
esercenti commerciali; c) qualora venga meno la rispondenza dello stato dei locali ai
criteri stabiliti dal Ministro dell'interno.
In ordine alla voltura della licenza, la legge n. 135 del 2001 non contiene specifiche
previsioni, mentre l’art. 7 della legge n. 287 del 1991 prevede che il trasferimento della
gestione o della titolarità di un esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e di
bevande per atto tra vivi o a causa di morte comporta la cessione all'avente causa
dell'autorizzazione di cui all'articolo 3, sempre che sia provato l'effettivo trasferimento
dell'attività e il subentrante sia regolarmente iscritto nel registro di cui all'articolo 2
(R.E.C.).
Dall’esame delle norme sopra riportate emerge chiaramente che le licenze, le quali
vengono rilasciate a seguito di apposita istanza e previa verifica della sussistenza in
capo al soggetto richiedente di determinati requisiti, possono essere rinunziate.
L’atto di impulso, con il quale il privato assume l’iniziativa di intraprendere una
determinata attività economica sottoposta ad un regime autorizzatorio, costituisce un
elemento imprescindibile rispetto al quale la pubblica amministrazione non può in alcun
modo ingerirsi. Spetta infatti esclusivamente al privato la decisione se intraprendere una
determinata attività economica, e quindi anche la eventuale decisione di cessare tale
attività. L’incidenza dell’intervento pubblicistico riguarda invece la fase successiva a
quella dell’iniziativa, la verifica cioè della sussistenza dei presupposti legali per il rilascio
della autorizzazione e quindi la regolamentazione dell’esercizio dell’attività autorizzata.
Non può pertanto porsi in dubbio che la decisione del privato di cessare l’esercizio
dell’attività economica autorizzata, e cioè la sua rinunzia alla autorizzazione, incida sul
provvedimento autorizzatorio.
La questione è tuttavia quella di stabilire quali effetti ricondurre a tale rinunzia e in
quale modo essi si producano.
A giudizio del collegio, la rinunzia della licenza non determina l’automatica caducazione

o estinzione (come sostenuto dal comune di Meta) del titolo autorizzativo.
Infatti, in primo luogo va sottolineato che nessuna norma espressamente riconnette alla
rinunzia l’immediata caducazione della licenza; a tali conclusioni non può nemmeno
giungersi in via interpretativa, posto che la ratio che si evince dalle norme sopra citate
in materia di revoca, o meglio decadenza dell’autorizzazione.
L’interesse dell’ordinamento, quale si evince dal tenore di dette norme nonché della
norma in tema di voltura, consentendo la prosecuzione dell’attività ad opera di un altro
soggetto, purché abbia i requisiti soggettivi, sembra infatti quello di evitare che un titolo
autorizzativo rimanga formalmente in vita nonostante non sia più esercitata da alcuno
l’attività autorizzata. Il venir meno della autorizzazione non è determinato dal venir
meno della volontà da parte del titolare di proseguire l’attività autorizzata, ma
esclusivamente al dato oggettivo della cessazione dell’attività, o per constatata inattività
prolungata o per il venir meno dei requisiti soggettivi (iscrizione a determinati registri)
da parte dell’intestatario della licenza.
L’interesse pubblico perseguito, infatti, è quello di garantire che talune attività dei
privati, giudicate di particolare rilevanza e per tale ragione sottoposte a specifici controlli
e in taluni casi a contingentamento, una volta autorizzate siano effettivamente
espletate. A tal fine si prevede la decadenza della licenza in caso di cessazione
dell’attività, in modo da rendere nuovamente disponibili per terzi istanti il titolo
autorizzativo, ovvero la voltura in caso di continuazione dell’attività da parte di altro
soggetto idoneo.
L’ordinamento, dunque, è indifferente al permanere della titolarità dell’attività (e quindi
della licenza) in capo al medesimo soggetto, purché si tratti di un soggetto legittimato,
ma si preoccupa di garantire la corrispondenza effettiva tra titoli autorizzativi rilasciati ed
attività effettivamente esercitate.
In questo quadro, la rinunzia di una licenza da parte del titolare non può avere alcun
effetto diretto ed automatico sul provvedimento autorizzatorio. Infatti, se la rinunzia è
inserita in una vicenda traslativa o successoria dell’attività commerciale, essa non
influisce in alcun modo sul provvedimento autorizzatorio, che non cessa di esistere ad
anzi viene volturato. Viceversa, quando la rinunzia è esclusivamente un atto abdicativo e
comporta quindi la cessazione dell’attività commerciale poiché non vi è nessun altro a
subentrare, è la cessazione dell’attività a determinare il venir meno del titolo che ha
perso la sua ragion d’essere e non la rinunzia in sé. Se infatti si volesse attribuire alla
rinunzia del titolare della licenza il potere di incidere in modo automatico con efficacia
caducante sul provvedimento amministrativo, si finirebbe per attribuire, in sostanza, alla
volontà del privato una capacità di disporre anche degli interessi pubblici e di interferire
con l’esercizio della potestà pubblicistica.
Pertanto, solo la definitiva cessazione di un’attività commerciale a seguito di rinuncia da
parte del titolare a continuare l’esercizio può produrre effetti sul provvedimento
autorizzatorio.
Tali effetti tuttavia non possono essere automatici, non essendovi alcuna norma che
espressamente li prevede come tali. Occorre infatti sempre che l’amministrazione, preso
atto della cessazione dell’attività per rinunzia, disponga con un contrarius actus il venir
meno degli effetti del provvedimento autorizzatorio. Non importa, in questa sede,
stabilire se esso dovrà essere dichiarato caducato o revocato, ciò che rileva è che fino a
che l’amministrazione non abbia espressamente pronunciato la caducazione o la revoca,
il titolo autorizzativo continuerà ad esistere nel mondo giuridico e potrà quindi,
eventualmente, essere oggetto di voltura, qualora successivamente, ma prima del
decorso del termine annuale al quale la legge riconnette la sua decadenza (questa sì
automatica), venga presentata idonea istanza di voltura.
Questa soluzione interpretativa si impone in ragione dei principi della tipicità dei

provvedimenti amministrativi e della certezza nei rapporti giuridici. In assenza di una
esplicita previsione normativa, infatti, un provvedimento amministrativo non può cessare
di esistere senza l’adozione di un contrarius actus, che tale cessazione sancisca anche
nei confronti dei terzi.
Diversamente ragionando, si finirebbe per determinare una grave incertezza nei rapporti
giuridici sia per l’impossibilità di stabilire l’esatto numero delle licenze assentibili, nel
caso vi sia la previsione di un contingentamento, e sia perché diverrebbe assai arduo
individuare i titoli passibili di volturazione, in quanto non ancora decaduti né oggetto di
rinunzia.
In conclusione, può dirsi che la rinunzia alla licenza è solo significativa del venir meno
della volontà del titolare di proseguire la propria attività e, quindi, della sua
dichiarazione di disponibilità a non opporsi ad una eventuale voltura da altri
tempestivamente richiesta. Essa pertanto deve essere presa in considerazione dalla
amministrazione, ai fini della adozione di ulteriori provvedimenti, ma non è idonea a
determinare ex se la caducazione del provvedimento autorizzatorio.
Nel caso in esame, invece, l’amministrazione comunale ha in primo luogo erroneamente
ritenuto che la riconsegna dei titoli autorizzativi, effettuata da parte della Z.,
configurabile come una rinuncia per facta concludentia avesse determinato
conseguentemente la definitiva cessazione dell’attività autorizzata, nonostante fosse ben
a conoscenza, essendone stata informata dallo stesso G. con nota del 9.9.2002, del
fatto che la gestione dell’albergo ... era affidata anche al ricorrente G.M., il quale aveva
quindi titolo a proseguire l’attività, ottenendo l’intestazione della licenza, ed essendo
stato peraltro sollecitato in tale senso dallo stesso comune. L’amministrazione inoltre
non ha adeguatamente tenuto in considerazione in fatto che la Z. non aveva il potere di
disporre autonomamente delle licenze, di cui pure era formalmente unica intestataria,
dal momento che l’ordinanza interdettale del tribunale di Torre Annunziata del
28.6.2002, confermata poi in sede di reclamo, aveva previsto un reciproco diritto di veto
tra la signora Z. e G.M. in ordine all’intera attività di gestione dell’albergo ..., nella quale
non possono non essere ricompresi anche gli aspetti relativi alla disponibilità delle
licenze di esercizio dell’attività.
Inoltre, l’amministrazione ha del tutto omesso di provvedere circa la sorte delle licenze
restituite dalla Z., che non sono state né dichiarate decadute né revocate.
Il provvedimento di diniego impugnato è stato dunque assunto unicamente sulla base
del falso presupposto della intervenuta estinzione dei titoli autorizzatori pertanto esso è
illegittimo e deve essere annullato.
Stante la natura del vizio riscontrato, che travolge l’intera motivazione del
provvedimento, devono essere dichiarati assorbiti i restati motivi di impugnazione.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Commercio e Polizia Amministrativa
In azione - Illustrazione della modulistica operativa
Disciplina relativa al settore del commercio (III)
n. 3
29 gennaio 2010
ESERCIZI DI VICINATO
L’esercizio di vicinato è un esercizio per la vendita al dettaglio che ha, come limite
l’ampiezza della superficie di vendita. Quelli aventi superficie non superiore a 150 mq.
per i comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e quelli con superficie
non superiore a 250 mq. per i comuni con popolazione residente superiore a 10.000
abitanti.
TERZA PARTE
COMUNICAZIONE IRREGOLARE E/O PARZIALE PER APERTURA,
TRASFERIMENTO O AMPLIAMENTO DI UN ESERCIZIO DI VICINATO
L’apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie di un esercizio di
vicinato sono soggetti a compiuta comunicazione al Comune che deve contenere
dichiarazioni in merito al possesso dei requisiti morali e professionali (questi ultimi per il
solo settore alimentare), al rispetto dei regolamenti locali di polizia urbana annonaria
igienico-sanitaria, edilizi e delle norme urbanistiche e di destinazione d'uso, al settore o
settori merceologici, all’ubicazione del locale, alla superficie di vendita.
Guida ai modelli
Mod. 5 - Verbale di accertamento di violazione amministrativa
Nella descrizione della violazione, all’interno del verbale di accertamento di violazione,
indicare la dichiarazione (o le dichiarazioni) non effettuate:
- il possesso dei requisiti morali e professionali (questi ultimi per il solo settore
alimentare);
- il rispetto dei regolamenti locali di polizia urbana annonaria igienico-sanitaria, edilizi e
delle norme urbanistiche e di destinazione d'uso;
- il settore od i settori merceologici;
- l'ubicazione del locale;
- la superficie di vendita.
Mod. 5/a - Verbale d’ispezione (art. 13, L. 689/81)
Il verbale di ispezione deve essere redatto qualora l’accertamento sia eseguito presso i
locali di vendita e se sono presenti terze persone in qualità di potenziali clienti.
Mod. 5/b - Comunicazione all’ufficio competente del Comune

Nella descrizione della violazione, all’interno della Comunicazione agli uffici competenti
del Comune, indicare la dichiarazione (o le dichiarazioni) non effettuate:
- il possesso dei requisiti morali e professionali (questi ultimi per il solo settore
alimentare);
- il rispetto dei regolamenti locali di polizia urbana annonaria igienico-sanitaria, edilizi e
delle norme urbanistiche e di destinazione d'uso;
- il settore od i settori merceologici;
- l'ubicazione del locale;
- la superficie di vendita.
Clicca qui per scaricare i modelli n. 5, n. 5/a e n. 5/b
QUARTA PARTE
VENDITA PRODOTTI DI UN SETTORE MERCEOLOGICO DIVERSO DA QUELLO
COMUNICATO
L’apertura di un esercizio di vicinato è soggetta a compiuta Comunicazione al Comune
che deve contenere dichiarazioni in merito al settore o settori merceologici che si
vogliono porre in vendita. L'attività commerciale può essere esercitata con riferimento ai
settori merceologici alimentare e non alimentare.
Guida ai modelli
Mod. 6 - Verbale di accertamento di violazione amministrativa
Nella descrizione della violazione, all’interno del verbale di accertamento di violazione,
indicare compiutamente sia la merceologia dichiarata nella Comunicazione che quella
effettivamente posta in vendita nell’esercizio.
Mod. 6/a - Verbale d’ispezione (art. 13, L. 689/81)
Il verbale di ispezione deve essere recare l’esatta descrizione dei luoghi con particolare
cura di quelli ove la merce non comunicata è posta e se sono presenti terze persone in
qualità di potenziali clienti.
Mod. 6/b - Comunicazione all’ufficio competente del Comune
Nella descrizione della violazione, all’interno della comunicazione agli uffici competenti
del Comune, indicare compiutamente sia la merceologia dichiarata nella Comunicazione
che quella effettivamente posta in vendita nell’esercizio.
Clicca qui per scaricare i modelli n. 6, n. 6/a e n. 6/b
Roberto Capretta

Modello 5
VERBALE DI ACCERTAMENTO DI VIOLAZIONE AMMINISTRATIVA
INTESTAZIONE COMANDO
SEDE ……………………………………………...…………
VERBALE DI ACCERTAMENTO DI VIOLAZIONE n. ……………………………………….……………….
In data …………………………… dalle ore ……… alle ore ………
I VERBALIZZANTI ………………….……………………………………………………………………………………
HANNO ACCERTATO QUANTO SEGUE:
IL TRASGRESSORE:
Sig. ………………………………………………………….….. nato a ……………...…………..……………………….
di nazionalità ………………………………, il ……………... residente a …….………………………………………….
via/piazza ………………………………………….., identificato con …………………………. n. ……………………...
rilasciata il ……………… da ………………………….………………….. p.i./c.f……………………………………….
IL RESPONSABILE IN SOLIDO/IN CONCORSO:
Sig. ………………………………………………………….….. nato a ……………...…………..……………………….
di nazionalità ………………………………, il ……………... residente a …….……………………………….…………
via/piazza ………………………………………….., identificato con …………………………. n. ……………..……….
rilasciata il ……………… da ………………………….………………….. p.i./c.f……………………………………….
HA/HANNO VIOLATO LA NORMA DEGLI ARTICOLI 7, COMMA 2 E 22, COMMA 1 DEL D.LGS. N.
114/98 PERCHÈ:
in qualità di ….. , nei locali siti in località ….. via/piazza ..... , attivava (o trasferiva od ampliava) un esercizio di
vicinato per la vendita di ….. , senza aver provveduto a dichiarare nella comunicazione al Comune
(una o più delle seguenti notizie: il possesso dei requisiti morali e professionali, questi ultimi per il solo settore
alimentare - il rispetto dei regolamenti locali di polizia urbana annonaria igienico-sanitaria, edilizi e delle norme
urbanistiche e di destinazione d'uso - il settore od i settori merceologici - l'ubicazione del locale - la superficie di
vendita; vedi Guida al modello 5 - N.d.R.)
IL VERBALE È STATO CONTESTATO A …………………………………………………………………………...
IL VERBALE NON È STATO CONTESTATO IN QUANTO .………………………..……….……..………………
………………………………………………………………………………………………………………………………
DICHIARAZIONI DELLE PARTI: ...……………………………………………………………………………………..
………………………………………………………………………………………………………………………………
SANZIONE EDITTALE da €. 2582,00 a €. 15493,00
La violazione amministrativa può essere estinta mediante il pagamento in misura ridotta delle somme appresso indicate
entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notifica del presente atto (vedere indicazioni riportate a tergo).
PAGAMENTO IN MISURA RIDOTTA €. 5164,00
SPESE DI PROCEDIMENTO E NOTIFICA €. ……………..
PROVENTI AL COMUNE
AUTORITÀ COMPETENTE: SINDACO
NOTE: ………………………………………..…………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………………………
LE PARTI I VERBALIZZANTI
…………………………………. ………………………………….
………………………………….
L’interessato può proporre ricorso amministrativo all’Autorità competente entro 30 giorni dalla contestazione o dalla
notifica del presente verbale.

RELATA DI NOTIFICAZIONE
• Io sottoscritto ………………………………………………………………………..……….………………………………..…………………………
certifico di aver notificato il presente verbale a ……………………………………………...………………………………………….………….………
consegnandone copia nelle mani del destinatario
consegnandone una copia in busta chiusa e sigillata, recante il numero cronologico dell’atto in notificazione, nelle mani di ……….
……………………………….. in qualità di ……………………………………… come tale qualificatosi, presso la propria abitazione l’ufficio
………………….……...… , in via/piazza ………………………..…………………………………………...…..…………………………………….
IL NOTIFICATORE …………………….
Data ………………………..
• Io sottoscritto ………………………………………………………………………..……….………………………………..…………………………
certifico di aver notificato il presente verbale a ……………………………………………...………………………………………….………….………
consegnandone copia nelle mani del destinatario
consegnandone una copia in busta chiusa e sigillata, recante il numero cronologico dell’atto in notificazione, nelle mani di ……….
……………………………….. in qualità di ……………………………………… come tale qualificatosi, presso la propria abitazione l’ufficio
………………….……...… , in via/piazza ………………………..…………………………………………...…..…………………………………….
IL NOTIFICATORE …………………….
Data ………………………..
• Io sottoscritto ………………………………………………………………………..……….………………………………..…………………………
do atto di non aver potuto consegnare il presente atto al destinatario perchè all’indirizzo retroindicato è risultato:
ASSENTE alle ore …… e nessun’altra persona nello stabile ha potuto o voluto ricevere il presente atto (art. 140 c.p.c.). L’avviso di deposito è
stato affisso in busta chiusa e sigillata recante il numero cronologico dell’atto stesso: sotto la porta dell’abitazione; nella cassetta della posta;
TRASFERITO SCONOSCIUTO ……………………………………………….
IL NOTIFICATORE …………………….
Data ………………………..
Così come previsto dall’articolo 140 Codice di procedura civile, copia del presente verbale è stata depositata presso la Casa Comunale dalla data
indicata nel timbro apposto dall’Ufficio Notifiche, dandone avviso con Raccomandata A.R.
• INDICAZIONI PER IL PAGAMENTO
Le somme retro indicate debbono essere versate a favore dell’ufficio retro indicato mediante:
- Modello F23 dell’Agenzia dell’Entrate, da effettuarsi presso uno sportello bancario od uno sportello postale
- mediante ………………… intestato al Comune di ………………….
- mediante ………………… intestato alla Regione ………….……….
- mediante ………………… intestato alla Provincia di ...…………….
• NOTE
Articolo 2 legge n.689/81 - Capacità di intendere e di volere: Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non
aveva compiuto i diciotto anni o non aveva, in base al criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua
colpa o sia stato da lui preordinato. Fuori dei casi previsti dall'ultima parte del precedente comma, della violazione risponde chi era tenuto alla sorveglianza dell'incapace,
salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.
Articolo 6 legge n.689/81 – Solidarietà: Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene
immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la
cosa è stata utilizzata contro la sua volontà. Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all'altrui autorità, direzione o vigilanza, la
persona rivestita dell'autorità o incaricata della direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta,
salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto. Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di
personalità giuridica o, comunque di un imprenditore, nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido
con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta. Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l'intero nei
confronti dell'autore della violazione.
Articolo 17 legge n.689/81 - Obbligo del rapporto: Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione,
salvo che ricorra l'ipotesi prevista nell'art. 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all'ufficio periferico cui sono demandati
attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto. Deve essere presentato al prefetto
il rapporto relativo alle violazioni previste dal testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n.
393, dal testo unico per la tutela delle strade, approvato con regio decreto 8 dicembre 1933, n.1740 e dalla legge 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.
Nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all'ufficio regionale competente. Per le
violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al sindaco. L'ufficio territorialmente
competente è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione. Il funzionario o l'agente che ha proceduto al sequestro previsto dall'art. 13 deve immediatamente
informare l'autorità amministrativa competente a norma del precedenti commi, inviandole il processo verbale di sequestro. Con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Presidente del Consiglio del Ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, in sostituzione del decreto del Presidente
della Repubblica 13 maggio 1976, n. 407, saranno indicati gli uffici periferici dei singoli Ministeri, previsti nel primo comma, anche per i casi in cui leggi precedenti
abbiano regolato diversamente la competenza. Con il decreto indicato nel comma precedente saranno stabilite le modalità relative alla esecuzione del sequestro previsto
dall'art. 13, al trasporto ed alla consegna delle cose sequestrate, alla custodia ed alla eventuale alienazione o distruzione delle stesse; sarà altresì stabilita la destinazione
delle cose confiscate. Le regioni, per le materie di loro competenza, provvederanno con legge nel termine previsto dal comma precedente.
Articolo 18 legge n.689/81 - Ordinanza-ingiunzione: Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono
far pervenire all'autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell'art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.
L'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene
fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione
ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all'organo che ha redatto il
rapporto. Con l'ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo
stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l'ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca. Il pagamento è
effettuato all'ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento,
eseguita nelle forme previste dall'art. 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell'ufficio che lo ha ricevuto, all'autorità che ha emesso
l'ordinanza. Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero. La notificazione dell'ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall'ufficio che
adotta l'atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n.890. L'ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l'ordinanza che dispone la
confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l'opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con
la quale si rigetta l'opposizione, o quando l'ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l'opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene
inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.
• INFORMATIVA IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI EX ART. 13, D.Lgs. n.196/2003
Titolare del trattamento dei dati personali è …………………………………………………………….….. . I dati raccolti saranno trattati con modalità cartacee ed
informatiche da responsabili e incaricati del ………………………………………………………………………………………………………………………………………

PROTOCOLLO n. ………………………………
Modello 5/a
VERBALE D’ISPEZIONE (ART. 13, L. 689/81)
INTESTAZIONE COMANDO
SEDE ……………………………………………...…………
Oggetto: Verbale di ispezione di cose e luoghi diversi dalla privata dimora (art. 13, comma 1,
legge 24 novembre 1981, n. 689)
In data ……….. , alle ore ……. , in località ………………………………………………………..
noi sottoscritti ……………………………………………………………………………………….
avuta la presenza di ………………………………………. nato a ………………………………....
il ……….. , residente in …………………………………………………………………………….
identificato a mezzo di ……………………………………………………………………………… ,
in qualità di ………………………………………………………………………………………….
abbiamo effettuato ispezione dei locali siti in ..……………………………………………………..
perché su richiesta de …………………………………………………………………………….
di iniziativa ……………………………………………………………………………………….
rilevando (descrivere quanto visivamente accertato nonché l’eventuale presenza di terze persone) e
prendendo visione della documentazione inerente …………………………………...………..);
evidenziando conseguentemente la violazione delle norme di cui all’articolo 7, comma 2 del
D.Lgs. n. 114/98 per esercizio di vicinato per il quale non si è provveduto a dichiarare nella
comunicazione al Comune le notizie richieste (specificare).
Di quanto sopra è stato redatto il presente verba1e che, dopo lettura e conferma, viene sottoscritto
dall’intervenuto e dai verbalizzanti. Chiuso alle ore …… del ……… .
LE PARTI I VERBALIZZANTI
………………………. ………………………………….
………………………………….

Modello 5/b
COMUNICAZIONE ALL’UFFICIO COMPETENTE DEL COMUNE
INTESTAZIONE COMANDO
SEDE ……………………………………………...…………
PROTOCOLLO n. ………………………………
POSIZIONE n. …………………………………..
…………………………. , lì …………………
Al ……………………………………
……………………………………
SEDE
COMUNICAZIONE a carico di ………………………………………………………………………
nato a ………………………………… il …………… residente in ………………………………….
partita IVA ……………………………………... codice fiscale ………..…....……………………...
per ……………………..……………………………………………...…………………….…………
presso ………………………………………………………………………………………………….
Per dovere d’ufficio e per quanto di competenza, ai sensi dell’articolo 22, comma 6 del D.Lgs. n.
114/98, si comunica che la persona/società nominata in oggetto è stata perseguita con Verbale di
accertamento di violazione n. ...………………………………………………………..………………
da …………………….………………………………………………………….… in data …………
per il seguente motivo: in qualità di ….. , nei locali siti in località ….. via/piazza ..... , attivava (o
trasferiva od ampliava) un esercizio di vicinato per la vendita di ….. , senza aver provveduto a
dichiarare nella comunicazione al Comune
(uno o più delle seguenti notizie: il possesso dei requisiti morali e professionali, questi ultimi per il
solo settore alimentare - il rispetto dei regolamenti locali di polizia urbana annonaria igienicosanitaria,
edilizi e delle norme urbanistiche e di destinazione d'uso - il settore od i settori
merceologici - l'ubicazione del locale - la superficie di vendita; vedi Guida al modello 5/b - N.d.R.)
Osservazioni: ………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
IL DIRIGENTE
………………………………….

Modello 6
VERBALE DI ACCERTAMENTO DI VIOLAZIONE AMMINISTRATIVA
VERBALE DI ACCERTAMENTO DI VIOLAZIONE
n. ……………………………………….……………….
INTESTAZIONE COMANDO
SEDE ……………………………………………...…………
In data …………………………… dalle ore ……… alle ore ………
I VERBALIZZANTI ………………….……………………………………………………………………………………
HANNO ACCERTATO QUANTO SEGUE:
IL TRASGRESSORE:
Sig. ………………………………………………………….….. nato a ……………...…………..……………………….
di nazionalità ………………………………, il ……………... residente a …….………………………………………….
via/piazza ………………………………………….., identificato con …………………………. n. ……………………...
rilasciata il ……………… da ………………………….………………….. p.i./c.f……………………………………….
IL RESPONSABILE IN SOLIDO/IN CONCORSO:
Sig. ………………………………………………………….….. nato a ……………...…………..……………………….
di nazionalità ………………………………, il ……………... residente a …….……………………………….…………
via/piazza ………………………………………….., identificato con …………………………. n. ……………..……….
rilasciata il ……………… da ………………………….………………….. p.i./c.f……………………………………….
HA/HANNO VIOLATO LA NORMA DEGLI ARTICOLI 7, COMMA 1 E 22 COMMA 1 DEL D.LGS. N.
114/98 PERCHÈ:
in qualità di ….. , nei locali siti in località ….. via/piazza ..... , in un esercizio di vicinato, poneva in vendita
prodotti (specificare) di un settore merceologico diverso da quello comunicato al Comune (specificare) senza la
prescritta Comunicazione.
IL VERBALE È STATO CONTESTATO A …………………………………………………………………………...
IL VERBALE NON È STATO CONTESTATO IN QUANTO .………………………..……….……..………………
………………………………………………………………………………………………………………………………
DICHIARAZIONI DELLE PARTI: ...……………………………………………………………………………………..
………………………………………………………………………………………………………………………………
SANZIONE EDITTALE da €. 2582,00 a €. 15493,00
La violazione amministrativa può essere estinta mediante il pagamento in misura ridotta delle somme appresso indicate
entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notifica del presente atto (vedere indicazioni riportate a tergo).
PAGAMENTO IN MISURA RIDOTTA €. 5164,00
SPESE DI PROCEDIMENTO E NOTIFICA €. ……………..
PROVENTI AL COMUNE
AUTORITÀ COMPETENTE: SINDACO
NOTE: ………………………………………..…………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………………………
LE PARTI I VERBALIZZANTI
…………………………………. ………………………………….
………………………………….
L’interessato può proporre ricorso amministrativo all’Autorità competente entro 30 giorni dalla contestazione o dalla
notifica del presente verbale.

RELATA DI NOTIFICAZIONE
• Io sottoscritto ………………………………………………………………………..……….………………………………..…………………………
certifico di aver notificato il presente verbale a ……………………………………………...………………………………………….………….………
consegnandone copia nelle mani del destinatario
consegnandone una copia in busta chiusa e sigillata, recante il numero cronologico dell’atto in notificazione, nelle mani di ……….
……………………………….. in qualità di ……………………………………… come tale qualificatosi, presso la propria abitazione l’ufficio
………………….……...… , in via/piazza ………………………..…………………………………………...…..…………………………………….
IL NOTIFICATORE …………………….
Data ………………………..
• Io sottoscritto ………………………………………………………………………..……….………………………………..…………………………
certifico di aver notificato il presente verbale a ……………………………………………...………………………………………….………….………
consegnandone copia nelle mani del destinatario
consegnandone una copia in busta chiusa e sigillata, recante il numero cronologico dell’atto in notificazione, nelle mani di ……….
……………………………….. in qualità di ……………………………………… come tale qualificatosi, presso la propria abitazione l’ufficio
………………….……...… , in via/piazza ………………………..…………………………………………...…..…………………………………….
IL NOTIFICATORE …………………….
Data ………………………..
• Io sottoscritto ………………………………………………………………………..……….………………………………..…………………………
do atto di non aver potuto consegnare il presente atto al destinatario perchè all’indirizzo retroindicato è risultato:
ASSENTE alle ore …… e nessun’altra persona nello stabile ha potuto o voluto ricevere il presente atto (art. 140 c.p.c.). L’avviso di deposito è
stato affisso in busta chiusa e sigillata recante il numero cronologico dell’atto stesso: sotto la porta dell’abitazione; nella cassetta della posta;
TRASFERITO SCONOSCIUTO ……………………………………………….
IL NOTIFICATORE …………………….
Data ………………………..
Così come previsto dall’articolo 140 Codice di procedura civile, copia del presente verbale è stata depositata presso la Casa Comunale dalla data
indicata nel timbro apposto dall’Ufficio Notifiche, dandone avviso con Raccomandata A.R.
• INDICAZIONI PER IL PAGAMENTO
Le somme retro indicate debbono essere versate a favore dell’ufficio retro indicato mediante:
- Modello F23 dell’Agenzia dell’Entrate, da effettuarsi presso uno sportello bancario od uno sportello postale
- mediante ………………… intestato al Comune di ………………….
- mediante ………………… intestato alla Regione ………….……….
- mediante ………………… intestato alla Provincia di ...…………….
• NOTE
Articolo 2 legge n.689/81 - Capacità di intendere e di volere: Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non
aveva compiuto i diciotto anni o non aveva, in base al criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua
colpa o sia stato da lui preordinato. Fuori dei casi previsti dall'ultima parte del precedente comma, della violazione risponde chi era tenuto alla sorveglianza dell'incapace,
salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.
Articolo 6 legge n.689/81 – Solidarietà: Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene
immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la
cosa è stata utilizzata contro la sua volontà. Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all'altrui autorità, direzione o vigilanza, la
persona rivestita dell'autorità o incaricata della direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta,
salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto. Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di
personalità giuridica o, comunque di un imprenditore, nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido
con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta. Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l'intero nei
confronti dell'autore della violazione.
Articolo 17 legge n.689/81 - Obbligo del rapporto: Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione,
salvo che ricorra l'ipotesi prevista nell'art. 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all'ufficio periferico cui sono demandati
attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto. Deve essere presentato al prefetto
il rapporto relativo alle violazioni previste dal testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n.
393, dal testo unico per la tutela delle strade, approvato con regio decreto 8 dicembre 1933, n.1740 e dalla legge 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.
Nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all'ufficio regionale competente. Per le
violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al sindaco. L'ufficio territorialmente
competente è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione. Il funzionario o l'agente che ha proceduto al sequestro previsto dall'art. 13 deve immediatamente
informare l'autorità amministrativa competente a norma del precedenti commi, inviandole il processo verbale di sequestro. Con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Presidente del Consiglio del Ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, in sostituzione del decreto del Presidente
della Repubblica 13 maggio 1976, n. 407, saranno indicati gli uffici periferici dei singoli Ministeri, previsti nel primo comma, anche per i casi in cui leggi precedenti
abbiano regolato diversamente la competenza. Con il decreto indicato nel comma precedente saranno stabilite le modalità relative alla esecuzione del sequestro previsto
dall'art. 13, al trasporto ed alla consegna delle cose sequestrate, alla custodia ed alla eventuale alienazione o distruzione delle stesse; sarà altresì stabilita la destinazione
delle cose confiscate. Le regioni, per le materie di loro competenza, provvederanno con legge nel termine previsto dal comma precedente.
Articolo 18 legge n.689/81 - Ordinanza-ingiunzione: Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono
far pervenire all'autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell'art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.
L'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene
fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione
ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all'organo che ha redatto il
rapporto. Con l'ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo
stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l'ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca. Il pagamento è
effettuato all'ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento,
eseguita nelle forme previste dall'art. 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell'ufficio che lo ha ricevuto, all'autorità che ha emesso
l'ordinanza. Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero. La notificazione dell'ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall'ufficio che
adotta l'atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n.890. L'ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l'ordinanza che dispone la
confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l'opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con
la quale si rigetta l'opposizione, o quando l'ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l'opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene
inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.
• INFORMATIVA IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI EX ART. 13, D.Lgs n. 196/2003
Titolare del trattamento dei dati personali è …………………………………………………………….….. . I dati raccolti saranno trattati con modalità cartacee ed
informatiche da responsabili e incaricati del ………………………………………………………………………………………………………………………………………

PROTOCOLLO n. ………………………………
Modello 6/a
VERBALE D’ISPEZIONE (ART. 13, L. 689/81)
INTESTAZIONE COMANDO
SEDE ……………………………………………...…………
Oggetto: Verbale di ispezione di cose e luoghi diversi dalla privata dimora (art. 13, comma 1,
legge 24 novembre 1981, n. 689)
In data ……….. , alle ore ……. , in località ………………………………………………………..
noi sottoscritti ……………………………………………………………………………………….
avuta la presenza di ………………………………………. nato a ………………………………....
il ……….. , residente in …………………………………………………………………………….
identificato a mezzo di ……………………………………………………………………………… ,
in qualità di ………………………………………………………………………………………….
abbiamo effettuato ispezione dei locali siti in ..……………………………………………………..
perché su richiesta de …………………………………………………………………………….
di iniziativa ……………………………………………………………………………………….
rilevando (descrivere quanto visivamente accertato nonché l’eventuale presenza di terze persone) e
prendendo visione della documentazione inerente …………………………………...………..);
evidenziando conseguentemente la violazione delle norme di cui all’articolo 7, comma 2 del
D.Lgs. n. 114/98 per esercizio di vicinato nel quale si ponevano in vendita prodotti (specificare)
di un settore merceologico diverso da quello comunicato al Comune (specificare) senza la
prescritta Comunicazione.
Di quanto sopra è stato redatto il presente verba1e che, dopo lettura e conferma, viene sottoscritto
dall’intervenuto e dai verbalizzanti. Chiuso alle ore …… del ……… .
LE PARTI I VERBALIZZANTI
………………………. ………………………………….
………………………………….

Modello 6/b
COMUNICAZIONE ALL’UFFICIO COMPETENTE DEL COMUNE
INTESTAZIONE COMANDO
SEDE ……………………………………………...…………
PROTOCOLLO n. ………………………………
POSIZIONE n. …………………………………..
…………………………. , lì …………………
Al ……………………………………
……………………………………
SEDE
COMUNICAZIONE a carico di ………………………………………………………………………
nato a ………………………………… il …………… residente in ………………………………….
partita IVA ……………………………………... codice fiscale ………..…....……………………...
per ……………………..……………………………………………...…………………….…………
presso ………………………………………………………………………………………………….
Per dovere d’ufficio e per quanto di competenza, ai sensi dell’articolo 22, commi 2 e 6 del D.Lgs.
n. 114/98, si comunica che la persona/società nominata in oggetto è stata perseguita con Verbale di
accertamento di violazione n. ...………………………………………………………..………………
da …………………….………………………………………………………….… in data …………
per il seguente motivo: in qualità di ….. , nei locali siti in località ….. via/piazza ..... , in un
esercizio di vicinato, poneva in vendita prodotti (specificare) di un settore merceologico diverso
da quello comunicato al Comune (specificare) senza la prescritta Comunicazione.
Osservazioni: ………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
IL DIRIGENTE
………………………………….

Procedimento sanzionatorio
n. 3
29 gennaio 2010
NOTIFICHE AI SENSI DELL’ART. 140 C.P.C. E MODIFICHE IN SEGUITO ALLA
SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 3/2010
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 3 del 14 gennaio 2010 è intervenuta
nuovamente in materia di notifiche e, specificatamente, sulla disciplina dell’art. 140
c.p.c. in caso di irreperibilità, incapacità o rifiuto di ricevere il plico.
Come certamente noto la notificazione degli atti, quanto meno nell’ambito delle attività
sanzionatorie di nostra più precipua competenza, è regolata da due diversi sistemi: la
notificazione tramite servizio postale ex legge 890/82 e la notificazione tramite messo
comunale o ufficiale giudiziario (o altro soggetto abilitato) secondo il complesso di
norme disciplinato dagli articoli 139 e ss. c.p.c. Si tratta di norme sostanzialmente simili
tutte finalizzate a realizzare, in modo formalmente corretto, l’obiettivo ultimo dell’attività
di notificazione degli atti che è, appunto, quello di notum facere, ossia di mettere a
conoscenza il destinatario del contenuto di un atto a lui diretto o, più precisamente, di
individuare meccanismi operativi che garantiscano, anche attraverso finzioni giuridici, la
formale conoscibilità degli atti medesimi. In questa logica la principale differenza tra i
due complessi normativi consiste nell’assenza nel sistema di notificazione tramite
servizio postale di un meccanismo di perfezionamento della notifica a soggetto
irreperibile, presente invece nell’altro sistema e costituito dal procedimento operativo
delineato dall’articolo 143 c.p.c. Ed è proprio questo il principale motivo per cui, in caso
di accertata irreperibilità del destinatario, il servizio postale restituisce al mittente il plico
affinché si proceda a notificazione ex codice di procedura civile, se del caso, con
l’affissione all’albo pretorio ex articolo 143 c.p.c. Ed è proprio questa la motivazione
della presenza, soprattutto nei comuni di grandi dimensioni, di sistemi ibridi di
notificazione dei verbali di contestazione in parte consegnati a Poste spa ed in parte
(ossia per gli atti restituiti da Poste in quanto diretti a destinatario irreperibile) gestiti
con affidamenti a ditte specializzate in notificazione di atti con espressa nomina di messi
comunali privati anche al di fuori di un rapporto di subordinazione lavorativa con il
comune, ovvero da parte di messi comunali o degli stessi appartenenti all’organo
accertatore tramite meccanismi che, sotto altro punto di osservazione, consentono
anche forme surrettizie, ancorché corrette, di integrazione salariale.
Non crea invece questa forma di difficoltà la notificazione a soggetto solo
momentaneamente assente, ma di cui si conosca in modo certo domicilio o residenza.
In questo caso è possibile l’attivazione di entrambe le procedure di perfezionamento
della notificazione: sia quella - più volte oggetto di interventi giurisprudenziali e di
modificazioni legislative - disciplinata dall’articolo 8, legge 890/82 - sia quella di cui
all’articolo 140 c.p.c. - su cui si innesta la pronuncia in epidermica osservazione.
Si ricorda che in quest’ultimo caso l’interpretazione seguita fino ad adesso anche dalla
Cassazione a sezioni unite (vedi sent. 13/01/2005, n. 458 o sent. 14/01/2008, n. 627)
considerava perfezionata la notifica con la semplice spedizione della raccomandata

prevista dalla norma in commento, senza preoccuparsi della necessità di prevedere un
termine per facilitare la conoscibilità del documento. Con questa interpretazione si era
creata una disparità di trattamento tra il destinatario di una notifica effettuata ai sensi
dell’art. 8 della L. 20/11/1982, n. 890 per cui la notifica si realizza per il destinatario solo
al momento del ritiro del piego depositato presso l’ufficio postale o comunque, in caso di
mancato ritiro, solo al decorso del decimo giorno successivo alla spedizione della
raccomandata (cosiddetta “compiuta giacenza”).
La diversità di momenti perfezionativi della notifica in passato era stata giustificata -
oltre che dalla diversità di tempi di redazione dei due complessi normativi - anche dalla
necessità di evitare pregiudizi per il soggetto notificante la cui posizione poteva
dipendere esclusivamente da comportamenti estranei alla sua sfera di influenza. Ma
dopo le sentenze della Corte Costituzionale 477/2002 e 1/2004 - poi recepite a livello
legislativo - con cui si è provveduto a distinguere tra momento perfezionativo per il
notificante (coincidente con l’esaurimento delle procedure poste sotto il diretto controllo
operativo dello stesso soggetto notificante) e per il destinatario (ricezione sostanziale o
formale dell’atto) ogni distinzione concettuale ha perso ogni giuridica giustificazione,
autorizzando, anche sotto angoli di osservazione meramente logici, la pronuncia in
osservazione.
E così con la sentenza n. 3/2010 la Corte Costituzionale ha sanato la suddetta disparità
ritenendo incostituzionale l’art. 140 c.p.c. nella parte in cui prevede che la notifica si
perfeziona per il destinatario con la mera spedizione della raccomandata informativa
anziché con il ricevimento della stessa o comunque decorsi dieci giorni dalla relativa
spedizione.
Si tratta di un sentenza che i costituzionalisti definiscono additiva con cui il termine di
perfezionamento della notifica di un verbale a soggetto assente coincide con quello di
effettiva ricezione o, in mancanza, con il decimo giorno successivo alla spedizione della
raccomandata o, con maggiore chiarezza, con l’undicesimo giorno successivo alla
spedizione della raccomandata, ricordando, appunto, il ben noto brocardo latino dies a
quo non computatur in termine, dies ad quem computatur in termine. E ciò in perfetto
(ma solo su questo aspetto) parallelismo con l’articolo 8 della legge 890/82 (compiuta
giacenza). Continua quindi il processo giurisprudenziale di progressivo allineamento
delle due procedure (art. 140 c.p.c. e art. 8, L. 890/82) iniziato con la sentenza 346/98,
ma non ancora completamente raggiunto attese altre marginali differenze in ordine alla
comunicazione di avvenuta notificazione in caso di consegna a soggetto diverso dal
destinatario – sempre prevista in caso di notificazione tramite servizio postale e
obbligatoria solo in un numero minore di ipotesi per l’articolo 140 c.p.c.
Tanto precisato proviamo adesso ad osservare, in estrema sintesi, le possibili proiezioni
operative sul terreno del diritto punitivo sanzionatorio di nostra competenza, con
attenzione particolare alle violazioni al nuovo codice della strada.
Intanto si abbia presente che le sentenze di parziale illegittimità della Corte
Costituzionale si applicano anche retroattivamente incontrando il solo limite delle
posizioni esaurite e completamente definite. Proiettando questo principio “sulle nostre
cose” ciò significa che non si potrà certamente fare “resuscitare” rapporti sanzionatori
ormai esauriti su cui ormai è intervenuta prescrizione o è avvenuto pagamento in misura
ridotta, ma certamente potranno essere fatte altre valutazione su verbali - ancorché già
in fase esecutiva - in relazione ai quali si discuta, della tempestività del termine di
perfezionamento della notifica. E così, per esempio, potrebbe non ritenersi impossibile
una diversa valutazione di ricorsi (se del caso ritenuti in prima battuta inammissibili
perché tardivi) o pagamenti in misura ridotta (non considerati all’origine tempestivi),
originariamente avvenuti fuori termine, ovvero la riattivazione, se del caso tramite lo
strumento dell’opposizione all’esecuzione, di momenti giurisdizionali di difesa. Ma sullo
scenario futuro dovremo ritornare con altri approfondimenti.
Analoghe valutazioni potranno essere effettuate - financo ad arrivare ad una
rimodulazione della somma dovuta dal trasgressore in sede esecutiva - per
l’individuazione del termine iniziale di divenuta efficacia esecutiva del verbale in vista di
un inevitabile successiva diversa quantificazione degli interessi di mora da inserire in
cartella esattoriale ai sensi dell’art. 27 della L. 689/81.
Per il futuro, anzi dal giorno di pubblicazione della sentenza, il termine per presentare
ricorso o effettuare pagamento in misura ridotta decorre invece, senza dubbio alcuno:

- dal giorno successivo a quello di effettiva ricezione della raccomandata, ovvero, in
caso di mancata ricezione:
- dall’undicesimo giorno successivo alla spedizione della raccomandata, sia se si è
proceduto tramite servizio postale, sia se è stata attivato il sistema di notificazione ex
articolo 140 c.p.c.
Massimo Ancillotti

Ambiente e Territorio
n. 3
29 gennaio 2010
FUTURO ITALIANO CIRCA LA PREVENZIONE DEL TRAFFICO ILLECITO DI
RIFIUTI: SISTEMA INFORMATICO DI TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI (SISTRI)
E’ stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 10 del 13 gennaio 2010 - serie generale n.
9 - il D.M. 17 dicembre 2009, a cura del Ministero dell’ambiente, recante “Istituzione del
sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 189 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009. (10A00043) (S.O. n. 10)”.
Il decreto si fonda su un preciso dato normativo: l’articolo 189, comma 3-bis, D.Lgs.
152/2006 (cui ha fatto eco, recentemente, l’articolo 14-bis, legge 102/2009).
L’Ordinamento avrà più strumenti a disposizione per combattere le criminalità
organizzate in materia ambientale, le imprese gestiranno tutto con la telematica.
Il sistema monitorerà una massa di rifiuti di 147 milioni di tonnellate all'anno, dalla fase
della produzione fino al trasporto e allo smaltimento, che verrà gestito dal comando dei
Carabinieri per la tutela dell'Ambiente
I produttori, trasportatori, intermediari, gestori dovranno dotarsi di un PC, iscriversi al
sistema, acquisire dalle Camere di Commercio una chiavetta dedicata che conterrà un
software specifico che sostituirà registri, formulari e MUD per ogni unità locale.
I trasportatori dovranno montare su ogni mezzo uno speciale box informatico, con GPS.
Il produttore dovrà registrare i rifiuti prodotti usando il software dedicato, con la
tempistica oggi prevista per i registri. Il dato verrà automaticamente inoltrato in tempo
reale al centro di controllo che sarà collocato presso i NOE, ISPRA, Ministero
dell'ambiente, Albo Nazionale Gestori Ambientali, Province, ecc.
La scrivente ha avuto l’opportunità di seguire le bozze operative di questo sistema,
altamente complesso, che porterà sicuramente alla riduzione di tutti i reati legati alle
attività organizzate del traffico illecito di rifiuti, e di tutti i c.d. reati di ecomafia.
Il Ministro dell’ambiente, nell’audizione di fronte alla Commissione d’inchiesta sul ciclo
dei rifiuti, la cosiddetta Ecomafia, ha illustrato le nuove misure da attuare in materia di
tutela ambientale, quali l'informatica, per garantire la tracciabilità dei rifiuti,
l'introduzione del “delitto ambientale” nel codice penale e il massimo livello di controllo
per le “navi dei veleni” che potrebbero essere state affondate dalla criminalità
organizzata.
In particolare, il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti ha come
obiettivo, per i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, (questi ultimi quasi il 90% del
totale dei rifiuti speciali) la sostituzione dell'attuale sistema cartaceo. «Una rivoluzione
informatica - ha sostenuto il Ministro durante una intervista - anche perche' l'attuale
sistema cartaceo consente di conoscere i dati relativi alla gestione dei rifiuti con circa
due o tre anni di ritardo rendendoli inutilizzabili ai fini dei controlli di legalità».Tutto il
sistema, chiamato “SISTRI” sarà collegato in rete e sarà possibile così seguire il
percorso dei rifiuti speciali in tempo reale. Il progetto si autofinanzierà perchè i diversi

soggetti saranno obbligati a versare un contributo annuo e l'Italia, ''sarà il primo Paese
in Europa ad attivare questo sistema". Sul fronte degli eco-reati, nei primi mesi del 2010
sarà presentato un decreto legislativo che condurrà all'introduzione nel nostro codice
penale tutta la parte relativa ai delitti ambientali, da anni in sospeso tra i cassetti del
nostro governo.
Sistri è l’acronimo che indica il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei
rifiuti. Il nuovo sistema che il Ministero dell’ambiente ha messo in atto, tramite il
Decreto Ministeriale in vigore a far data dal 14 gennaio 2010, ha lo scopo di eliminare
MUD, registri e formulari, cioè tutta la carta che da anni affolla e complica l’operatività
dei produttori e dei gestori di rifiuti.
Il decreto si fonda su un preciso dato normativo: l’articolo 189, comma 3-bis, D.Lgs.
152/2006 (cui ha fatto eco, recentemente, l’articolo 14-bis, legge 102/2009, che si
affronteranno in calce).
Sarà comunque un sistema altamente oneroso, e quindi sarà difficile avere l’intero
territorio, e quindi tutte le aziende iscritte, sull’intera nazione: il contributo annuo di un
produttore di rifiuti pericolosi oscilla tra 120 e 400 euro, mentre quello di un impianto di
stoccaggio tra 500 a 2.000 euro. A questi si aggiungono i costi per il caricamento dei
dati. Sarebbe tutto più semplice se il software fosse disponibile gratuitamente (magari
sul sito del Ministero dell’ambiente) e se, per l’hardware, venissero definite e rese
accessibili le specifiche tecniche degli strumenti necessari a realizzare il sistema. Al
momento, comunque, non è stata prevista alcuna sanzione a carico degli inadempienti
al sistema. Si resta , comunque, in attesa, di atti legislativi attuativi in merito.
Il tutto in omaggio alle regole auree della concorrenza e del mercato.
Bisogna anche immaginare che ogni guasto dell’apparecchiatura blocca il lavoro
quotidiano con costi e disagi enormi. Il decreto ha comunque previsto tale ipotesi, con
l’intervento degli operatori del sistema SISTRI. Si pensi, ad esempio, anche alla gestione
dei rifiuti prodotti fuori dall’unità locale (cantieri, manutenzioni, bonifiche, ecc.), quindi
in un luogo privo di allacciamento stabile alla rete. Certo, c’è sempre la chiavetta, ma
anche le zone d’ombra, e tutto risulta un po’ più difficile.
Molti obiettano che le imprese piccole e piccolissime (vera colonna vertebrale del
sistema economico italiano) non dispongono di strumenti, competenze e tempo
necessari per gestire sistemi informatizzati; sul punto, però, è facile eccepire che
sopperiranno le associazioni di categoria.
Certamente, la partenza non sarà indolore (registrazione, risposta, codice pratica, ritiro
token USB e Black Box presso la CCIA o la sezione Albo gestori, PIN, PUK, username e
password, certificato digitale, firma elettronica, Comitato di vigilanza e controllo) ma,
gradualmente, è possibile che il tutto giunga a buon fine.
Ferme restando le riserve sulla onerosità del sistema, esso presenta - in prospettiva -
non banali vantaggi. Si spera, a questo punto, a che i controlli su strada non
diminuiscano. Infatti, se è vero come è vero che il SISTRI contribuirà alla tracciabilità
dei rifiuti, è anche vero che se qualcuno non si dota del sistema o non accende il
dispositivo, nessuno potrà mai controllare quel carico. Neanche il SISTRI che resterebbe
solo un altro testimone (costosissimo) dell’incerta cesura tra ordine e caos.
Per quanto riguarda la norma legislativa di riferimento, essa si concretizza nell’art 189,
comma 3-bis, D.Lgs. 152/2006, a seguito la novella apportata dal D.Lgs. 4/08, i soggetti
obbligati alla comunicazione annuale del MUD - Modello Unico di Dichiarazione
ambientale, nel momento in cui verrà istituito dall’ISPRA (Istituto Superiore Per la
Ricerca Ambientale) quale organo delegato ai censimenti nazionali dal Ministero
dell’ambiente, in collaborazione con i C.C.T.A. (Carabinieri Tutela dell’ambiente) e con i
NOE (nucleo carabinieri operativo ecologico), il sistema SISTRI, i privati saranno
obbligati ad aderire al Sistema Informatico di Controllo della Tracciabilità dei Rifiuti.
In base alla disamina della norma, art 14-bis, L. 3 agosto 2009, n. 102, si nota che la
predetta legge affida al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
entro la data del 14 febbraio 2010 (l’obbligo di legge sono i 180 giorni dalla data di
entrata in vigore della legge), i compiti di determinare le tempistiche e le modalità di
attivazione del sistema, informazioni da fornire ai diversi soggetti, modalità di fornitura e
di aggiornamento dei dati, modalità di interconnessione ed interoperabilità con altri
sistemi informativi, modalità di elaborazione dei dati, le modalità con le quali le
informazioni contenute nel sistema informatico dovranno essere detenute e messe a

disposizione delle autorita' di controllo, l'entità dei contributi.
Norme di riferimento
1) Legge Finanziaria 2007 (art. 1, comma 1116)
2) D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, art 2, comma 24 (in modifica all’art. 189, comma 3-bis,
D.Lgs. 152/2006)
3) L. 3 agosto 2009, n. 102, art. 14-bis
4) Direttiva UE 2008/98/CE relativa ai rifiuti
La L. 3 agosto 2009, n. 102, intitolata "Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonchè proroga di
termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali", all’art. 14-bis -
Finanziamento del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti - viene
sancito espressamente che entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, con uno o più decreti finalizzati all'istituzione di un sistema
informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, di cui al predetto articolo 189 del
D.Lgs. n. 152 del 2006, definisce, anche in modo differenziato in relazione alle
caratteristiche dimensionali e alle tipologie delle attività svolte, eventualmente
prevedendo la trasmissione dei dati attraverso modalità operative semplificate, in
particolare i tempi e le modalità di attivazione nonché la data di operatività del sistema,
le informazioni da fornire, le modalità di fornitura e di aggiornamento dei dati, le
modalità di interconnessione e interoperabilità con altri sistemi informativi, le modalità di
elaborazione dei dati, le modalità con le quali le informazioni contenute nel sistema
informatico dovranno essere detenute e messe a disposizione delle autorità di controllo
che ne facciano richiesta, le misure idonee per il monitoraggio del sistema e per la
partecipazione dei rappresentanti delle categorie interessate al medesimo monitoraggio,
anche attraverso un apposito comitato senza oneri per il bilancio dello Stato, nonché
l'entità dei contributi da porre a carico dei soggetti di cui al comma 3 del predetto
articolo 189 del D.Lgs. n. 152 del 2006 a copertura degli oneri derivanti dalla
costituzione e dal funzionamento del sistema, da versare all'entrata del bilancio dello
Stato.
SISTRI, Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, diventerà
obbligatorio entro luglio/settembre 2010, date differenziate a seconda della tipologia di
azienda, per produttori, trasportatori, intermediari, gestori, i quali dovranno dotarsi di
un PC, iscriversi al sistema tramite sito internet (www.sistri.it) in funzione dal 14
gennaio 2010, acquisire dalle Camere di Commercio una chiavetta, c.d. token USB
dedicata per ogni unità locale, la quale conterrà un software specifico che sostituirà
registri, formulari e MUD.
I trasportatori dovranno montare sugli auto mezzi un box informatico, c.d. Black Box
con GPS incorporato per il rilevamento della posizione del veicolo.
Il produttore dovrà registrare i rifiuti solamente utilizzando il software dedicato, con la
medesima tempistica per i registri.
I dati verranno automaticamente trasferiti in tempo reale al centro di controllo gestito
dai NOE, ISPRA, Ministero dell'ambiente, Albo Nazionale Gestori Ambientali, Province,
ecc.
Per avere maggiori informazioni si dovrà aspettare l’emanazione del decreto ministeriale,
in programma prossimamente, ma ad oggi non ancora emanato.
In base alla normativa, le imprese entro un termine di 45/60 giorni dovranno iscriversi al
sistema, successivamente trascorsi 90 giorni per istallare delle apparecchiature e ancora
30 giorni per la formazione del personale.
Rosa Bertuzzi

Commercio e Polizia Amministrativa
n. 3
29 gennaio 2010
DOCUMENTO DI REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA (DURC) PER OTTENERE
L’AUTORIZZAZIONE AL COMMERCIO AMBULANTE
E’ demandata alle regioni la facoltà di prevedere che sia presentato il documento di
regolarità contributiva (DURC) per ottenere l’autorizzazione al commercio ambulante: le
regioni possono stabilire le modalità con cui i comuni possono verificare il possesso del
documento e la sua regolarità. L’autorizzazione è rilasciata anche a chi ha ottenuto la
rateizzazione del debito contributivo. E’, infine, prevista la sospensione
dell’autorizzazione per sei mesi se il DURC non viene presentato annualmente.
L. 23 DICEMBRE 2009, N. 191
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2010)
(G.U. 30 dicembre 2009, n. 302 - S.O. n. 243)
Art. 2
Disposizioni diverse
12. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 28, il comma 2-bis è sostituito dal seguente:
«2-bis. Le regioni, nell'esercizio della potestà normativa in materia di disciplina delle
attività economiche, possono stabilire che l'autorizzazione all'esercizio di cui al comma 1
sia soggetta alla presentazione da parte del richiedente del documento unico di
regolarità contributiva (DURC), di cui all'articolo 1, comma 1176, della legge 27
dicembre 2006, n. 296. In tal caso, possono essere altresì stabilite le modalità
attraverso le quali i comuni, anche avvalendosi della collaborazione gratuita delle
associazioni di categoria riconosciute dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro,
possono essere chiamati al compimento di attività di verifica della sussistenza e
regolarità della predetta documentazione. L'autorizzazione all'esercizio è in ogni caso
rilasciata anche ai soggetti che hanno ottenuto dall'INPS la rateizzazione del debito
contributivo. Il DURC, ai fini del presente articolo, deve essere rilasciato anche alle
imprese individuali»;
b) all'articolo 29, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. L'autorizzazione è sospesa per sei mesi in caso di mancata presentazione
annuale del DURC, di cui al comma 2-bis dell'articolo 28».

n. 3
29 gennaio 2010
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Dipartimento per i trasporti la navigazione ed i sistemi informativi e statistici
Direzione generale per la motorizzazione - Divisione 5
CIRCOLARE 15 DICEMBRE 2009, N. 107746
Oggetto: Registri di contabilizzazione dei materiali in custodia presso gli Studi
di consulenza automobilistica abilitati alle procedure semplificate
Com’è noto, gli Studi di consulenza automobilistica abilitati alle procedure semplificate
(“STA”, rilascio delle autorizzazioni alla circolazione di prova, rilascio delle targhe e dei
documenti di circolazione dei ciclomotori) hanno l’obbligo della tenuta di appositi registri
per la contabilizzazione delle targhe e della modulistica in loro custodia.
Atteso che detti registri sono attualmente redatti in forma cartacea, e considerato altresì
il rilevante numero delle tipologie di materiali oggetto di contabilizzazione, gli operatori
di settore hanno qui segnalato la necessità, al fine di consentire una più agevole
annotazione ed archiviazione dei dati contabili, di poter gestire i registri stessi in formato
elettronico, così come del resto già consentito, in forza delle vigenti disposizioni del
codice civile, per la tenuta dei registri e delle scritture contabili attinenti all’esercizio
dell’attività di consulenza automobilistica.
Al riguardo, ritenendo condivisibili le ragioni di natura organizzativa che motivano la
richiesta e non sussistendo, nel caso di specie, disposizioni normative che ostino
all’accoglimento della stessa, si dispone quanto segue.
A) Registri gestibili in formato elettronico
Gli Studi di consulenza automobilistica hanno facoltà di gestire in formato elettronico i
registri di contabilizzazione relativi:
1. alle targhe di immatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi;
2. alle targhe per ciclomotori;
3. alle carte di circolazione;
4. ai certificati di circolazione per ciclomotori;
5. ai tagliandi di aggiornamento delle carte di circolazione;
6. ai tagliandi di aggiornamento dei certificati di circolazione per ciclomotori;
7. alla modulistica per la stampa delle autorizzazioni alla circolazione di prova.
B) Modalità di tenuta dei registri in formato elettronico
Gli Studi di consulenza hanno facoltà di individuare il software, tra quelli reperibili sul
mercato, che presenti le caratteristiche necessarie per la tenuta dei registri di
contabilizzazione dei materiali nel rispetto delle istruzioni operative diramate da questa

Amministrazione in materia.
Gli Studi di consulenza hanno altresì facoltà di individuare i supporti informatici per
l’archiviazione dei dati di contabilizzazione.
C) Prescrizioni
Nei registri tenuti in formato elettronico, le annotazioni relative alla contabilizzazione dei
materiali debbono essere effettuate secondo i medesimi criteri fissati per la tenuta dei
registri cartacei.
Si richiamano, pertanto, le istruzioni già impartite con le seguenti circolari:
- circolare 27 novembre 2000, n. B/78/2000/MOT - allegati 5 e 6, circolare 12 giugno
2001, n. 884/M360/2001, paragrafo 2 - allegati 3, 4, 5 e 6 (per la contabilizzazione dei
materiali relativi alla procedura “STA”);
- circolare 3 luglio 2006, n. 14085/RU - cap. IX - par. B.2 e allegato 6 (per la
contabilizzazione dei materiali relativi alla procedura di rilascio dei documenti di
circolazione per ciclomotori);
- circolare 4 febbraio 2004, n. 4699/M363 - par. 7.2 e allegati 2 e 3 (per la
contabilizzazione della modulistica relativa al rilascio delle autorizzazioni alla circolazione
di prova).
Entro la fine dell’orario di apertura al pubblico del giorno lavorativo successivo, gli Studi
di consulenza debbono provvedere alla stampa dei dati di contabilizzazione relativi ai
materiali utilizzati per le operazioni svolte il giorno lavorativo precedente.
La stampa deve avvenire su fogli numerati progressivamente, per la cui messa in uso
occorre previamente che ciascun foglio sia timbrato e vistato dal funzionario
responsabile del competente UMC e che nell’ultima pagina venga apposta la seguente
dicitura: “Il presente documento riproduce la registrazione in formato elettronico
effettuata dallo Studio di consulenza ……………….., consta di numero …. pagine ed è
riferito all’anno …...”, seguita dalla data, dalla firma del funzionario responsabile e dal
timbro dell’Ufficio.
L’osservanza delle illustrate prescrizioni sarà oggetto di verifica, da parte dei competenti
UMC, nel corso delle attività di controllo sul corretto svolgimento delle attività svolte
dagli Studi di consulenza abilitati alle procedure semplificate.
In tale contesto, le commissioni di controllo potranno richiedere, laddove lo Studio di
consulenza non vi abbia già provveduto, la stampa delle registrazioni effettuate il giorno
lavorativo precedente.

Ministero dell'interno
CIRCOLARE 18 NOVEMBRE 2009, N. 7170
n. 3
29 gennaio 2010
Oggetto: Legge 15 luglio 2009, n. 94 recante "Disposizioni in materia di
sicurezza pubblica"
Si fa seguito alla circolare 27 agosto 2009, n. 4820 con la quale sono state fornite
indicazioni operative in relazione alla normativa in oggetto con riferimento alle modifiche
apportate al T.U. sull'immigrazione.
Al riguardo, l'art. 1, comma 19, della legge n. 94/2009, nel modificare l'art. 29 del T.U.,
D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, in materia di ricongiungimento familiare, ha introdotto, fra
l'altro, alcune novità relative al requisito dell'idoneità dell'alloggio necessaria per poter
avviare la richiesta del nulla osta al ricongiungimento familiare.
In particolare, la nuova la formulazione dell'art. 29, comma 3 del T.U., D.Lgs. 25 luglio
1998, n. 286, ha soppresso il riferimento ai parametri stabiliti dalle leggi regionali in
materia di edilizia residenziale pubblica, ai fini della verifica dell'idoneità dell'alloggio.
Atteso che gli Sportelli Unici per l'Immigrazione hanno segnalato interpretazioni
differenti da parte dei Comuni riguardo alla citata disposizione, sentito il Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali e allo scopo di individuare parametri di
idoneità abitativa uniformi su tutto il territorio nazionale, si fa presente che i Comuni,
nel rispetto della propria autonomia, nel rilasciare la certificazione relativa
all'idoneità abitativa, possono fare riferimento alla normativa contenuta nel
D.M. 5 luglio del 1975 del Ministero della sanità che stabilisce i requisiti
igienico-sanitari principali dei locali di abitazione e che precisa anche i
requisiti minimi di superficie degli alloggi, in relazione al numero previsto
degli occupanti.
Tale riferimento risulterebbe anche coerente con la direttiva dell'UE, recepita con legge
dello Stato, in materia di ricongiungimento familiare, la quale dispone che, per
l'autorizzazione al ricongiungimento familiare, la legge nazionale debba o possa imporre
la verifica della disponibilità di un alloggio considerato normale che corrisponda alle
norme generali di sicurezza e di salute pubblica in vigore; pertanto si potrà considerare
idoneo un alloggio che corrisponda ai parametri generalmente stabiliti per tutta la
cittadinanza, su tutto il territorio nazionale.

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale
Direzione generale per la motorizzazione
CIRCOLARE 18 MAGGIO 2009, N. 0049984/08.03
n. 3
29 gennaio 2010
Oggetto: Carta di qualificazione del conducente. Norme per il parco veicolare e
per lo svolgimento dei corsi delle autoscuole e dei centri di istruzione
automobilistica
Con circolare n. 115651/08.03 del 20 dicembre 2007 la scrivente Direzione Generale ha
precisato, sulla base del combinato disposto del paragrafo 2.1 all'allegato 1 della
direttiva 2003/59/CE e del punto 5.2 dell'allegato II alla direttiva 2000/56/CE che i
veicoli già inseriti nel parco veicolare delle autoscuole, rispondenti ai requisiti previgenti
alla data di entrata in vigore della medesima direttiva 2000/56/CE, possono essere
utilizzati fino alla data dell'11 ottobre 2010 anche per le esercitazioni pratiche dei corsi di
formazione iniziale per il conseguimento della carta di qualificazione del conducente.
Con l'entrata in vigore della direttiva 2008/65/CE, recepita con il D.Lgs. 22 dicembre
2008, n. 214, il suddetto termine è stato prorogato fino al 30 settembre 2013.
Per quel che concerne, invece, lo svolgimento del corso di formazione iniziale per il
conseguimento della carta di qualificazione del conducente, le autoscuole che
aderiscono ad un consorzio che ha formato un centro di istruzione automobilistica
possono svolgere la parte teorica del corso, demandando la parte pratica al centro di
istruzione stesso. In tal caso, il nulla osta è rilasciato - dalla competente Direzione
Generale territoriale - all'autoscuola che sarà responsabile anche di eventuali irregolarità
commesse dal centro di istruzione automobilistica.
L'allievo che l'autoscuola conferisce al centro di istruzione automobilistica deve essere
iscritto nel registro del centro stesso. L'allievo non conferito al centro di istruzione
automobilistica non potrà svolgere esercitazioni sui veicoli del centro stesso.

Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29 dicembre 2009, n. 8997
n. 3
29 gennaio 2010
Il Consiglio di Stato, dopo ampie oscillazioni giurisprudenziali, prende
posizione netta in favore del divieto di partecipazione a concorsi per vigili
urbani ove il comune interessato abbia adottato un regolamento
sull’armamento che preveda come obbligatorio l’usod elle armi per
l’espletamento di determinati servizi collegati alla qualifica di agente di P.S.
Il supremo organo di giustizia amministrativa sostiene inoltre che pur
rientrando nella discrezionalità dell'Ente Locale l'individuazione dei servizi di
polizia municipale che vanno svolti in forma armata, vi è un obbligo per tutti
gli addetti in possesso della qualifica di pubblica sicurezza di portare le armi
in dotazione durante l'espletamento del servizio allorché il Prefetto ne faccia
motivata richiesta.
Ne consegue che, dovendo il vigile-agente di p.s. portare le armi ove addetto
a servizi da svolgere in forma armata, per specifica deliberazione comunale o
per esplicita richiesta del prefetto, non può acquisire detta qualifica il
soggetto in capo al quale sussiste, in base agli artt. 9 della L. n. 772/72 e 15
della L. n. 230/1998, una totale e permanente preclusione all'utilizzo delle
armi.
L'ineludibile collegamento tra la qualifica di agente di pubblica sicurezza e il
possesso dell'arma è, altresì, confermato, sul piano operativo, dal fatto che,
ai sensi dell'art. 3 del D.M. n. 145 del 1987, il numero complessivo delle armi
in dotazione alla polizia municipale, con il relativo munizionamento, equivale
a quello degli addetti forniti della qualifica di agente di pubblica sicurezza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 193 del 2005, proposto da:
I.A., rappresentato e difeso dall'avv. ...;
contro

G.G., rappresentato e difeso dall'avv. ...;
nei confronti di
Comune di Novi Velia;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania - Salerno, Sez. I, n. 1854/2004, resa tra le parti,
concernente CONCORSO PER LA COPERTURA DI UN POSTO DI ISTRUTTORE DI
VIGILANZA - CAT. C.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2009 il dott. Giancarlo Montedoro e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in appello in epigrafe indicato il signor I.A. chiedeva l’annullamento o la
riforma della sentenza del T.A.R. Campania - Salerno, Sezione I, n. 1854 del 2004 con la
quale era stato accolto il ricorso proposto dalla signora G.G. contro il Comune di Novi
Velia e nei confronti di Antonio Iannuzzi, per l’annullamento della determina del
direttore generale del Comune di Novi Velia n. 11 del 25 novembre 2002, con cui
venivano approvati gli atti concorsuali e veniva nominato il sig. I.A. nel posto di
istruttore di vigilanza - cat. C nonché del provvedimento della commissione di concorso,
reso nella seduta del 9 novembre 2002, nella parte in cui dichiarava il signor Iannuzzi
vincitore del concorso e della determina del Direttore Generale nella parte in cui
ammetteva al concorso il signor I.A. ed, eventualmente, dell’ art. 4, lett. F) del bando di
concorso e dell’art. 35 del regolamento di polizia municipale, nonché infine per la
declaratoria del diritto della signora G.G. ad essere dichiarata vincitrice del concorso.
Il ricorso di primo grado della signora Guzzo impugnava i predetti provvedimenti,
specificando in punto di fatto che la ricorrente aveva partecipato al concorso pubblico,
per titoli ed esami, bandito dal Comune di Novi Velia, per la copertura di un posto di
istruttore di vigilanza Cat. C.
La ricorrente in primo grado sottolineava di essersi classificata seconda in graduatoria,
con punti 75, subito dopo il controinteressato Iannuzzi, dichiarato vincitore con punti
77,25.
Deduceva la ricorrente i seguenti motivi : 1) violazione degli artt. 3 e 5 della legge 7
marzo 1986 n. 65, del D.M. 4 marzo 1987 n. 145, degli artt. 1 e 15 della legge 8 luglio
1998 n. 230 e del regolamento di polizia municipale e dell’art. 97 Cost. nonché eccesso
di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria e contraddittorietà, in quanto il
controinteressato avrebbe dovuto essere escluso dal concorso quale obiettore di
coscienza; in via subordinata violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241,
dell’art. 12 del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 e dell’art. 3 del bando di concorso e dell’art.
97 Cost. ed eccesso di potere per disparità di trattamento per mancata
predeterminazione dei criteri valutativi della prova orale.
Il T.A.R. Campania - Salerno, con la sentenza impugnata, ha ritenuto fondato il ricorso.
La premessa della decisione è costituita dall’art. 15 comma 7 della legge n. 230 del 1998
che dispone “a coloro che sono stati ammessi a prestare servizio civile è vietato
partecipare ai concorsi per l’arruolamento nelle Forze armate, nell’Arma dei carabinieri,
nel Corpo della Guardia di Finanza, nella Polizia di Stato, nel Corpo di Polizia
penitenziaria e nel Corpo Forestale dello Stato, o per qualsiasi altro impiego che
comporti l’uso delle armi.”
A sua volta – hanno osservato i giudici di primo grado – il regolamento di polizia
municipale del comune resistente stabilisce che gli addetti al servizio di polizia
municipale sono tenuti a svolgere le funzioni di polizia giudiziaria e di polizia di
sicurezza, tanto che a ciascuno di essi deve essere data in dotazione un’arma,

ivestendo la qualità di agente di pubblica sicurezza.
Il Comune resistente si è difeso sostenendo che, nel lavoro del vigile urbano, l’uso delle
armi è solo eventuale.
Il T.A.R. ha ritenuto l’argomento inconferente, alla luce anche della mera potenzialità di
poter essere adibito, per necessità di servizio, a funzioni di agente di pubblica sicurezza.
L’appello sostiene che la sentenza di primo grado si baserebbe sul presupposto erroneo
secondo cui, colui che assume la qualifica di vigile urbano deve poter necessariamente
esercitare le funzioni di polizia giudiziaria e di sicurezza.
Il regolamento comunale prescrive, come già la legge n. 65 del 1986, che le funzioni di
polizia di pubblica sicurezza sono conferite agli addetti al servizio di polizia municipale
con apposito provvedimento prefettizio adottato all’esito di apposito procedimento.
Quindi non tutti coloro che rivestono la qualifica di vigile urbano assumono, all’esito del
procedimento eventualmente attivato dal Sindaco, la qualifica di agente di pubblica
sicurezza che assume una portata soltanto eventuale.
Poi l’interpretazione dell’art. 15, comma 7 della legge 8 luglio 1998 n. 230 deve essere
quella per cui l’impiego non accessibile all’obiettore è quello e solo quello che comporti
necessariamente ed obbligatoriamente l’uso delle armi.
E’ pacifico invece che il possesso della qualifica di vigile urbano non comporti il possesso
della qualifica di agente di pubblica sicurezza e che, quest’ultima qualifica, a sua volta,
non comporti quale conseguenza automatica, l’obbligo di portare le armi.
Tanto che l’art. 15 comma 1 del regolamento di Polizia municipale del Comune di Novi
Velia prevede che “agli addetti al corpo di polizia municipale, con le modalità previste
dall’art. 7 comma 5, del presente regolamento, è data in consegna l’arma, così come
previsto dal D.M. interno n. 145 del 4 marzo 1987, emanato ai sensi della legge n. 65
del 1986”.
L’art. 5 comma 5 della legge (nulla disponendo l’art. 7 comma 5 del regolamento che
non esiste) prevede che “gli addetti al servizio di polizia municipale, ai quali è conferita
la qualità di agente di pubblica sicurezza, possono, previa deliberazione in tal senso del
Consiglio Comunale, portare, senza licenza, le armi, di cui possono essere dotati in
relazione al tipo di servizio, nei termini e nelle modalità previsti dai rispettivi
regolamenti, anche fuori dal servizio, purché nell’ambito territoriale dell’ente di
appartenenza e nei casi di cui all’art. 4. Tali modalità e tali casi sono stabiliti, in via
generale, con apposito regolamento, approvato con decreto del Ministro dell’Interno,
sentita l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia. Detto regolamento stabilisce anche
la tipologia, il numero delle armi in dotazione e l’accesso ai poligoni di tiro per
l’addestramento al loro uso”.
Anche da questa norma si evincerebbe che il possesso dell’ arma è solo eventuale ed
all’esito di un ulteriore procedimento; trattandosi di una mera facoltà rimessa alla
valutazione del competente organo deliberativo.
In sostanza l’obiettore di coscienza potrebbe ben fare il vigile urbano senza attribuzione
della qualifica di agente di pubblica sicurezza.
L’art. 15, comma 3 del regolamento comunale citato dal giudice di prime cure sarebbe
applicabile ai soli vigili in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza ma non
potrebbe essere inteso nel senso che i servizi indicati dalla medesima norma (vigilanza,
polizia stradale, ordine pubblico, polizia giudiziaria e servizi di vigilanza e protezione
della casa comunale) debbano essere svolti con le armi da tutti i vigili urbani.
Il bando di concorso, poi, non aveva previsto, da parte dei candidati, il possesso dei
requisiti per ottenere la qualifica di agente di pubblica sicurezza.
Nessuno si è costituito per il Comune mentre resiste l’odierna appellata (già ricorrente e
vincitrice in primo grado).
DIRITTO
L’appello è infondato.
La prima eccezione proposta dalla parte appellata attiene alla tardività dell’appello.
Si rileva che la sentenza sarebbe stata notificata al sig. I.A. presso il procuratore
domiciliatario in data 19 ottobre 2004 per cui il termine per proporre appello sarebbe
scaduto il 18 dicembre 2004.
L’appello sarebbe stato notificato dal sig. Iannuzzi solo in data 28 dicembre 2004.

Si sostiene che il trasferimento dello studio del domiciliatario presso cui aveva eletto
domicilio l’appellata non varrebbe a giustificare l’insanabile ritardo della notifica
dell’appello.
Si lamenta la circostanza relativa alla mancata autorizzazione del Consiglio di Stato ad
effettuare una notifica tardiva al nuovo domicilio.
L’eccezione è infondata.
E’ stato affermato in giurisprudenza che, nel caso in cui la parte vittoriosa in primo
grado non abbia provveduto a comunicare il nuovo domicilio, la notifica presso il
precedente domicilio impedisce la decadenza ove l'impugnazione sia rinotificata nel
nuovo domicilio del procuratore costituito, ancorché dopo la scadenza del termine breve
(Cons. Stato, Sez. IV, sent. 2 novembre 2004, n. 7072).
Ebbene, nel caso di specie la parte vittoriosa in primo grado ha provveduto alla notifica
della sentenza senza dichiarare una residenza o un domicilio diversi da quelli del primo
grado.
E, a fronte di ciò, l’appellante, preso atto che la prima notifica presso il domicilio eletto
non era andata a buon fine, ha provveduto ad effettuare una seconda notifica, sia pure
a termine scaduto.
L’appellata si è poi costituita.
E’ vero che si è ritenuta non idonea la costituzione dell’appellato a sanare la deficitaria
azione dell’appellante, ma ciò per il caso in cui la parte appellante abbia tentato la
notifica presso il domicilio eletto in primo grado e, non essendosi la notifica perfezionata
per trasferimento del domiciliatario, in presenza dell’ onere dell'appellante di procedere
ad una nuova notifica del medesimo atto presso il nuovo domicilio del procuratore
costituito in primo grado, se del caso giovandosi della remissione in termini conseguente
alla necessità di rinotificare l'atto presso un indirizzo non comunicato, nulla sia
avvenuto.
In assenza di tale attività la notifica si è detto è inesistente e la costituzione
dell’appellato non vale a sanarla (C.d.S. IV 14luglio 2004 n. 5082).
Ma nel caso in cui la notifica sia stata prima tentata senza andare a buon fine nel
termine di legge (nella specie risulta la relata, in data 17 dicembre 2004, di “ omessa
notifica perché l’avv. Sofia si è trasferito”) e poi sia stata nuovamente effettuata al
nuovo domicilio del procuratore, non reso noto all’atto della notifica della sentenza, in
tal caso, stanti i doveri processuali gravanti sulle parti in termini di lealtà, ben può
essere concesso l’errore scusabile senza darsi rilievo alla tardività.
Per individuare il luogo dove notificare l'appello si devono infatti prendere in
considerazione le dichiarazioni rese dalla controparte nell'atto di notificazione della
sentenza o quelle del giudizio di primo grado (ai sensi dell'art. 330 comma 1 c.p.c.),
restando a carico della controparte l'onere di portare a conoscenza dell'altra parte ogni
modifica di tale luogo; pertanto, in mancanza delle comunicazioni sopradette, la
notificazione dell'impugnazione nel domicilio del procuratore scelto per il giudizio di
primo grado, anche se non andata a buon fine a causa del trasferimento del
domiciliatario, impedisce la decadenza dall'impugnazione per decorrenza del termine,
sempreché venga rinnovata nel nuovo luogo del procuratore (Consiglio Stato, sez. IV,
14 maggio 1999, n. 846).
Ciò essendo avvenuto nella specie comporta il rigetto dell’eccezione di tardività.
Va poi esaminata l’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse, per non aver
l’appellante Iannuzzi impugnato autonomamente la deliberazione di Giunta comunale n.
14 del 19 gennaio 2006 con la quale il Comune di Novi Velia ha riformulato, in pendenza
dell’appello, la graduatoria di merito dichiarando vincitrice la sig.ra G.G.
Si sostiene che, non avendo il Comune adottato l’atto facendo riserva rispetto all’esito
dell’appello, l’atto in questione non sarebbe travolto dall’accoglimento dell’appello e,
conseguentemente, lo Iannuzzi non potrebbe conseguire alcun vantaggio
dall’impugnazione proposta.
Si è ritenuto da parte del Consiglio di Stato, circa la diversa ma analoga questione della
possibilità per l’amministrazione di presentare appello nonostante abbia adempiuto alla
sentenza di primo grado che “la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado,
favorevole al dipendente, da parte della Pubblica amministrazione datrice di lavoro,
anche quando la riserva d'impugnazione non venga dalla medesima a quest'ultimo resa
nota, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione ai sensi

del combinato disposto di cui all'art. 329, c.p.c. ed all'art. 28, L. 6 dicembre 1971, n.
1034, trattandosi di mero adempimento di un ordine giudiziale e quindi di un
comportamento posto in essere in esecuzione della sentenza di primo grado non
sospesa dal Consiglio di Stato e che conserva la sua naturale esecutività (Consiglio
Stato, Sez. IV, 18 dicembre 2008, n. 6368).
Se ciò è stato ritenuto per sancire la possibilità dell’amministrazione di impugnare
sentenze eseguite, a fortiori deve ritenersi che il controinteressato soccombente in
primo grado non sia onerato ad impugnare tali atti di esecuzione.
In sostanza l'esecuzione, anche spontanea, di una sentenza o di un’ ordinanza cautelare
non costituisce attività di autotutela e non può comportare il venir meno della res
litigiosa (Cga 5 giugno 2008 n. 508).
Non è necessario che l’amministrazione, quando esegue le sentenze dei giudici
amministrativi, inserisca la clausola di riserva dell’esito dell’appello (che non avrebbe
avuto senso nella specie poiché l’amministrazione è rimasta volutamente in posizione
“agnostica” mentre l’appello era stato già proposto dal controinteressato).
A configurare l’acquiescenza rebus ipsis ac factis ovvero ad onerare il controinteressato
del dovere di impugnare atti sopravvenuti occorrono dei fatti che siano indice di un
concreto ed autonomo ripensamento della pubblica amministrazione rispetto alle scelte
prima adottate (quale l’adozione di un atto di autotutela diretto ad eliminare del tutto
dal mondo giuridico la sequenza procedimentale sulla quale si fonda la pretesa azionata
ad es. l’annullamento del concorso od un suo riesame del tutto autonomo rispetto al
dictum giudiziale).
In conclusione anche se l’amministrazione non ha poi impugnato la sentenza, occorre
notare che ciò è avvenuto per autonoma scelta processuale dell’amministrazione, che
non onera il controinteressato in pendenza di giudizio ad impugnare gli atti esecutivi
della sentenza di primo grado, in difetto di un chiaro atto di autotutela che rimuova le
determinazioni prima adottate.
Nel merito l’appello è infondato.
Non si ignora l’esistenza di un precedente della Sezione che depone in senso favorevole
per l’appellante.
Si tratta del decisum che ha ritenuto legittima l'ammissione ad un concorso a posti di
vigile urbano di un obiettore di coscienza non essendo da alcuna disposizione normativa
prescritto l'uso delle armi da parte del vigile (Consiglio Stato, sez. V, 21 giugno 2007, n.
3336).
La sentenza citata era stata preceduta da altra decisione, che muovendo dalla
considerazione per cui ai sensi dell'art. 5, L. 7 marzo 1983, n. 65, il vigile urbano non
consegue automaticamente la qualità di agente di pubblica sicurezza concludeva nel
senso che fosse illegittima la mancata nomina del vincitore di un concorso motivata con
riferimento alla dichiarazione dell'interessato di essere obiettore di coscienza. (Consiglio
Stato, Sez. V, 27 giugno 1994, n. 718).
Tuttavia il Collegio, anche in considerazione della peculiarità della presente fattispecie,
che riguarda uno specifico regolamento comunale che considera – come vedremo –
normale il possesso di armi da parte dei vigili in servizio per l’ente locale, ritiene
necessario rimeditare tale orientamento.
Occorre quindi ricostruire analiticamente la normativa.
Ai sensi dell'art. 9 L. n. 772/72 "a coloro che siano stati ammessi a prestare servizio
militare non armato o servizio sostitutivo civile è permanentemente vietato detenere ed
usare le armi e munizioni, indicate rispettivamente negli articoli 28 e 30 del testo unico
della legge di pubblica sicurezza".
Secondo, poi, l'art. 15 L. n. 230/98 "a coloro che sono stati ammessi a prestare servizio
civile è vietato detenere ed usare le armi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a),
nonché assumere ruoli imprenditoriali o direttivi nella fabbricazione e
commercializzazione, anche a mezzo di rappresentanti, delle predette armi, delle
munizioni e dei materiali esplodenti ... A coloro che sono stati ammessi a prestare
servizio civile è vietato partecipare ai concorsi per l'arruolamento nelle Forze armate,
nell'Arma dei Carabinieri, nel Corpo della Guardia di Finanza, nella Polizia di Stato, nel
Corpo di Polizia Penitenziaria e nel Corpo forestale dello Stato o per qualsiasi altro
impiego che comporti l'uso delle armi".
Dalle disposizioni richiamate risulta che l'obiettore di coscienza non può detenere ed

utilizzare armi né partecipare ai concorsi per impieghi che comportino l'uso delle stesse.
Il Collegio ritiene che tra le funzioni per le quali è necessariamente previsto l'uso delle
armi vi siano quelle di pubblica sicurezza che possono essere conferite ai vigili urbani
come previsto dall'art. 5 L. n. 65/86 secondo cui "il personale che svolge servizio di
polizia municipale, nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei limiti delle
proprie attribuzioni, esercita anche ... funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza ai sensi
dell'art. 3 della presente legge".
Sul piano logico l'ineludibile nesso tra utilizzazione delle armi e funzioni di pubblica
sicurezza consegue alla connessione di queste ultime con le attività di vigilanza,
prevenzione e repressione di reati ed il possibile uso delle armi, quale mezzo di
coercizione indispensabile per il perseguimento di tali finalità, che ne deriva (così C.d.S.
Sez. IV n. 6247/00).
Tale necessaria connessione è, poi, espressamente desumibile dalla stessa disciplina
concernente l'esercizio delle funzioni di agente di pubblica sicurezza da parte del vigile
urbano il quale, in tale qualità, dipende operativamente dalla competente autorità di
pubblica sicurezza nel rispetto di eventuali intese fra detta autorità e il Sindaco come
previsto dall'art. 5, comma 4, L. n. 65/86.
In particolare, secondo l'art. 2 comma 1° del D.M. 4 marzo 1987 n. 145, recante norme
concernenti l'armamento degli appartenenti alla polizia municipale ai quali è conferita la
qualità di agente di pubblica sicurezza, "con regolamento dell'Ente di appartenenza,
osservate le disposizioni della L. 7 marzo 1986 n. 65, quelle vigenti in materia di
acquisto, detenzione, trasporto, porto, custodia e impiego delle armi e delle munizioni,
nonché quelle del presente regolamento, sono determinati i servizi di polizia municipale
per i quali gli addetti in possesso delle qualità di agente di pubblica sicurezza portano,
senza licenza, le armi di cui sono dotati, nonché i termini e le modalità del servizio
prestato con armi".
Ai sensi del comma 3 del citato articolo, poi, "per motivi particolari di sicurezza e tenuto
conto degli indici locali di criminalità, il prefetto può chiedere al Sindaco che tutti gli
addetti alla polizia municipale in possesso della qualità di agente di pubblica sicurezza
prestino servizio armato".
Dalle norme ora richiamate si evince chiaramente che, pur rientrando nella
discrezionalità dell'Ente locale l'individuazione dei servizi di polizia municipale che vanno
svolti in forma armata, vi è un obbligo per tutti gli addetti in possesso della qualifica di
pubblica sicurezza di portare le armi in dotazione durante l'espletamento del servizio
allorché il Prefetto ne faccia motivata richiesta.
Ne consegue che, dovendo il vigile-agente di P.S. portare le armi ove addetto a servizi
da svolgere in forma armata, per specifica deliberazione comunale o per esplicita
richiesta del prefetto, non può acquisire detta qualifica il soggetto in capo al quale
sussiste, in base agli artt. 9 L. n. 772/72 e 15 L. n. 230/98, una totale e permanente
preclusione all'utilizzo delle armi (così C.d.S. sez. IV n. 6247/00; C.d.S. sez. I parere n.
837/99; T.A.R. Lazio - Roma n. 1597/05; T.A.R. Abruzzo - Pescara n. 459/99; T.A.R.
Toscana n. 490/94; T.A.R. Lombardia - Brescia n. 263/94).
L'ineludibile collegamento tra la qualifica di agente di pubblica sicurezza e il possesso
dell'arma è, altresì, confermato, sul piano operativo, dal fatto che, ai sensi dell'art. 3 del
D.M. n. 145 del 1987, il numero complessivo delle armi in dotazione alla polizia
municipale, con il relativo munizionamento, equivale a quello degli addetti forniti della
qualifica di agente di pubblica sicurezza.
Ritenuto, pertanto, che il collegamento tra uso delle armi e funzioni di pubblica sicurezza
preclude l'esercizio di queste ultime all'obiettore di coscienza, stante il divieto previsto
dagli artt. 9 L. n. 772/72 e 15 L. n. 230/98 in precedenza citati, deve, allora, essere
accertato se l'espletamento di tali funzioni rientri necessariamente o meno nelle
mansioni del vigile urbano e, quindi, se a tale impiego possa accedere colui che ha
prestato il servizio civile sostitutivo.
Il Collegio ritiene che la questione non possa essere risolta in astratto ma debba tenere
conto – come correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata - della concreta
disciplina che ciascun comune ha previsto per le mansioni del posto di vigile urbano da
ricoprire con la procedura concorsuale eventualmente contestata (per la necessità del
riferimento alla disciplina dell'ente locale: C.d.S. Sez. V ord. n. 3180/03; la sentenza qui
impugnata T.A.R. Campania - Salerno n. 1854/04; T.A.R. Abruzzo - Pescara n. 459/99).

Ciò – sul piano metodologico – è ammesso anche dalla decisione CdS V n. 3336 del
2007 che pure aveva concluso in senso favorevole all’assunzione dell’obiettore di
coscienza quale vigile urbano, esaminando ed interpretando, sul piano delle
concretezze, il regolamento di Polizia Municipale in quella fattispecie rilevante.
Orbene va considerato che il vigente regolamento di Polizia Municipale del Comune di
Novi Velia, approvato con deliberazione consiliare n. 42 del 30 dicembre 1999,
espressamente prevede che la polizia locale sia tenuta ad espletare funzioni di polizia
giudiziaria e di sicurezza .
Prevede che il Sindaco comunichi i dati anagrafici degli addetti al servizio di polizia
municipale (senza esclusione alcuna) al Prefetto per l’acquisizione della qualifica di
agente di pubblica sicurezza.
All’art. 15 (rubricato “armamentario individuale”) prevede che agli addetti al corpo di
Polizia Municipale (anche qui si noti: senza esclusioni di sorta), con le modalità previste
dall’art. 7 comma 5 del presente regolamento, è data in consegna l’arma così come
previsto dal D.M. Interni n. 145 del 4 marzo 1987 emanato ai sensi della legge n. 65 del
1986.
Lo stesso regolamento poi prevede che l’arma sia necessaria per i servizi esterni di
“vigilanza, polizia stradale, ordine pubblico, polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza e,
comunque, per i servizi di vigilanza e protezione della casa comunale”.
In sintesi, per il Comune di Novi Velia, non si prevede l’ eventualità di un servizio di
polizia municipale che non sia “normalmente” armato, pur non potendosi escludere, che,
per evenienze particolari, un addetto alla Polizia Municipale, non abbia i requisiti per
conseguire la qualifica di agente di pubblica sicurezza (ad es. intervenute condanne
penali in pendenza di procedimenti disciplinari ecc.).
Il bando di concorso prevedeva significativamente l’adempimento degli obblighi previsti
dalla legge sul reclutamento militare per i soggetti di sesso maschile (art. 4 lett. f).
Ne consegue, che, in presenza di un regolamento comunale che imponga come normale
il servizio armato degli addetti alla polizia municipale, l’obiettore di coscienza incorra
nella preclusione di cui all’art. 15 della legge n. 230 del 1998.
Sussistono per la peculiarità e la novità del caso, e per la presenza di oscillanti
precedenti giurisprudenziali, i presupposti per la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in
epigrafe respinge l'appello .
Compensa integralmente le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2009 con l'intervento
dei Magistrati: (...)
Depositata in Segreteria il 29/12/2009.

n. 3
29 gennaio 2010
Corte di Cassazione, Sez. II Civile, sentenza 21 dicembre 2009, n. 26918
Sospensione dei termini processuali in periodo feriale: non si applica ai
procedimenti di opposizione all'esecuzione, come stabilito dall’art. 92 del R.D.
30 gennaio 1941, n. 12, a quelli di opposizione agli atti esecutivi e di
opposizione di terzo all'esecuzione, di cui agli artt. 615, 617 e 619 c.p.c.
FATTO E DIRITTO
Il giudice di pace di () con sentenza del 26 ottobre 2005 accoglieva l'opposizione
proposta da () avverso SESIT Puglia s.p.a. - ora E.TR. Esazione Tributi s.p.a. - per
l'annullamento di quattro cartelle di pagamento relative a contravvenzioni al Codice della
Strada. Rilevava che fondatamente era stata eccepita la mancanza di "valida notifica"
delle cartelle stesse.
E.TR. Esazione Tributi spa ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 13 dicembre
2006, al quale il () ha resistito con controricorso.
Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio, il
procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ritenendo
la sentenza soggetta ad appello perché relativa a giudizio in tema di opposizione
all'esecuzione. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Nello scritto conclusivo, la società E.TR. sostiene che la esatta qualificazione giuridica
della domanda proposta non sia quella di opposizione all'esecuzione, perchè il giudice di
pace la avrebbe qualificata come opposizione - ad avviso di mora e cartella - ex legge n.
689 del 1981.
Per stabilire il rimedio esperibile è indispensabile ricordare che secondo la
giurisprudenza di questa Corte l'identificazione del mezzo di impugnazione esperibile
contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta in base al principio
dell'apparenza, e cioè con riferimento esclusivo alla qualificazione dell'azione proposta
effettuata dal giudice a quo, sia essa corretta o meno, e a prescindere dalla
qualificazione che ne abbiano dato le parti;
tuttavia, occorre altresì verificare se il giudice "a quo" abbia inteso effettivamente
qualificare l'azione proposta, o se abbia inteso compiere con riferimento ad essa, una
affermazione meramente generica. In tal caso, ove si ritenga che il potere di
qualificazione non sia stato esercitato dal giudice a quo, esso può essere legittimamente
esercitato dal giudice ad quem, e ciò non solo ai fini del merito, ma anche
dell'ammissibilità stessa dell'impugnazione (Cass. nn. 11012/07; 4507/06). Nel caso di
specie il giudice di pace ha omesso di qualificare espressamente il tipo di opposizione
proposta, né può dirsi, come sostiene parte ricorrente, che la qualificazione come
opposizione a sanzione amministrativa sia desumibile dal mancato esame dell'eccezione

di incompetenza da essa sollevata in comparsa di costituzione, ove aveva sostenuto che
al giudice di pace è funzionalmente sottratta la cognizione in tema di esecuzione forzata
e relative opposizioni. Questo rilievo era in linea di principio errato, giacche in materia di
procedimento civile esecutivo, nelle cause di opposizione ex art. 615 e 617 c.p.c., di
opposizione di terzo all'esecuzione e per le controversie distributive di cui all'art. 512
c.p.c., la competenza per valore e per territorio (già distribuita prima del 19 febbraio
1999 tra tribunale, pretore e giudice di pace, e successivamente a tale data tra tribunale
e giudice di pace) è verticalmente ripartita, a partire dal 2 giugno 1999 (data di efficacia
del D.Lgs. n. 51 del 1998), tra Tribunale e giudice di pace, trovando con riferimento ad
esse applicazione i criteri generali del valore e del territorio propri dell'ordinario giudizio
di cognizione (Cass. n. 13757/02). Dunque il giudice di pace può aver ignorato
l'eccezione di incompetenza e trattenuto la causa sulla base del criterio del valore della
pretesa esecutiva, relativa, si ricorda, a contravvenzioni al codice della strada .
Questa Corte deve quindi procedere all'esame della materia del contendere, quale
considerata dal giudice a quo, per stabilire il tipo di opposizione introdotta. Mette conto
precisare in punto di fatto che dalla sentenzasi comprende che "l'atto impugnato", cioè
dal quale è scaturita l'opposizione non è "la comunicazione di avvenuta iscrizione
ipotecaria", come voleva E.TR. in comparsa di costituzione, ma le cartelle esattoriali e
che i motivi di censura considerati dal giudicante erano: 1) la mancata notifica delle
cartelle e 2) la violazione delle norme a tutela del ricorrente "per omessa indicazione del
termine e dell'Autorità cui è possibile ricorrere". Va inoltre puntualizzato che avverso la
cartella esattoriale (come anche degli altri atti esecutivi ad essa successivi) emessa ai
fini della riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice della
strada sono ammissibili:
a) l'opposizione ai sensi della legge n. 689 del 1981, allorché sia mancata la
notificazione dell'ordinanza-ingiunzione o del verbale di accertamento di violazione al
Codice della Strada , al fine di consentire all'interessato di recuperare il mezzo di tutela
previsto dalla legge riguardo agli atti sanzionatori;
b) l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., allorchè si contesti la legittimità
dell'iscrizione a ruolo per omessa notifica della stessa cartella, e quindi per la mancanza
di un titolo legittimante l'iscrizione a ruolo, o si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla
formazione del titolo; c) l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., qualora si
deducano vizi formali della cartella esattoriale o del successivo avviso di mora. (Cass. n.
9180/06) Il giudice di pace ha ritenuto fondato il primo motivo, perchè ha considerato
inidonea la prova dell'avvenuta notifica delle cartelle, fornita producendo gli avvisi di
ricevimento senza la attestazione di conformità agli originali.
Orbene, è agevole comprendere come i motivi considerati dalla sentenza impugnata non
avevano funzione recuperatoria dell'opposizione al provvedimento sanzionatorio, ma
riguardavano un vizio ricorribile con opposizione ex art. 615 c.p.c. (mancata notifica
della cartella) o ex art. 617 c.p.c. (incompletezza della cartella stessa). Nè diverso è il
giudizio in relazione agli altri motivi dedotti in opposizione, come elencati dal ricorso per
cassazione a pag. 2. Colà si riferisce che il () aveva esposto "mancata indicazione delle
date di notifica degli atti accertativi, genericità e carenza di motivazione del
provvedimento impugnato (cioè, si badi, le cartelle) privo dell'indicazione dell'ente
impositore, nullità dell'accertamento della violazione, decadenza dei termini di iscrizione
a ruolo, mancata indicazione dell'autorità cui ricorrere e dei termini, prescrizione della
pretesa impositiva, perenzione delle cartelle notificate essendo decorso un anno senza
che fossero state seguite dall'avviso di mora".
Tutti questi motivi non investono la mancata notifica dell'atto sanzionatorio (ordinanza o
verbale) che avrebbe potuto legittimare un'opposizione con funzione recuperatoria,
sicchè potevano spiegare rilevanza solo quali vizi della procedura esecutiva intrapresa -
da far valere ex art. 617 c.p.c. - o quali fatti idonei a paralizzare la pretesa (prescrizione,
perenzione, etc.), da opporre ai sensi dell'art. 615 c.p.c.
La sentenza impugnata è quindi riferita a controversia che poteva avere questa duplice
valenza. In entrambi i casi il ricorso per cassazione qui proposto risulta inammissibile.
A tali diverse forme di tutela corrispondono distinti mezzi di impugnazione: il ricorso per
Cassazione è esperibile nella ipotesi di opposizione ex art. 617 c.p.c. - mentre nella
ipotesi di opposizione all'esecuzione, la sentenza di primo grado è impugnabile mediante
il rimedio processuale dell'appello. Orbene, rispetto all'opposizione all'esecuzione,

l'odierno ricorso era precluso dalla mancata impugnazione in appello. Quanto
all'opposizione ex art. 617 c.p.c., il ricorso per Cassazione è inammissibile perchè
tardivo.
La sospensione dei termini processuali in periodo feriale indicata dalla legge 7 ottobre
1969, n. 742, art. 1, non si applica infatti ai procedimenti di opposizione all'esecuzione,
come stabilito dall’art. 92 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, (ordinamento giudiziario), a
quelli di opposizione agli atti esecutivi e di opposizione di terzo all'esecuzione, di cui agli
artt. 615, 617 e 619 c.p.c., ed a quelli di accertamento dell'obbligo del terzo di cui
all'art. 548 del citato codice (Cass. n. 6103/06). Nel caso in esame la sentenza del 26
ottobre 2005 doveva quindi essere impugnata entro un anno, senza poter beneficiare
della sospensione feriale. Il ricorso è stato invece notificato nel dicembre 2006, tenendo
conto dei 46 giorni di sospensione, non applicabili nella specie.
Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna
alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro .. per onorari, Euro … per
esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso il 15 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre.

n. 3
29 gennaio 2010
Corte di Cassazione, Sez. II Civile, sentenza 18 dicembre 2009, n. 26736
Legittima la redazione del verbale da parte di qualsiasi soggetto che faccia
parte dell'organo di polizia stradale procedente, e sia abilitato, in siffatta
qualità, a compiere gli accertamenti di competenza dell'organo stesso.
RITENUTO IN FATTO
che in data 21 novembre 2004 la Polizia locale del Comune di .. notificava alla xxxx s.r.l.
un verbale di accertamento e contestazione della violazione dell'art. 146 commi 3 e 3bis,
del codice della strada commessa in xxxx, per avere l'autocarro xxxx, di proprietà
della predetta società, transitato lungo la xxxx, all'altezza del civico n. xxxx,
proseguendo la marcia, nonostante il semaforo proiettasse la luce rossa;
che avverso detto verbale la società xxx proponeva opposizione;
che l'adito Giudice di pace di (), con sentenza depositata il 21 novembre 2005, ha
rigettato la proposta opposizione, rilevando che "nessuno dei motivi addotti ... risulta di
alcuna rilevanza giuridica" ed in particolare precisando:
- che il verbale notificato corrisponde a quello depositato (giacché la mancata
sottoscrizione - o la sottoscrizione da parte di soggetto diverso da quello che ha
compiuto l'accertamento - non inficia l'atto, trattandosi di procedure informatizzate);
- che non vi è alcuna illegittimità nel porre a carico del ricorrente le spese di notifica,
poichè l’articolo 18 della L. n. 689 del 1981, pone a carico del trasgressore il pagamento
delle spese;
- che, quanto all'art. 126 bis del codice della strada, "l'avviso della decurtazione dei
punti non risulta dal verbale allegato dal Comune di () nè nell'unico foglio di due
allegato dalla ricorrente";
- che, "quanto, infine, ai motivi aggiunti nelle note conclusive, come l'inesistenza
dell'art. 201-bis c.p.c., gli stessi sono tardivi e la relativa eccezione può essere sollevata
d'ufficio, attenendo alla regolarità del processo";
che per la cassazione della sentenza del Giudice di pace la xxxx ha proposto ricorso,
sulla base di tre motivi;
che l'intimato Comune di … non ha svolto attività difensiva in questa sede.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il primo motivo (violazione dell'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., in relazione agli artt. 112,
113, 132 e 163 c.p.c., e agli artt. 145 e 201 del codice della strada) la ricorrente si duole
che il Giudice di pace non abbia esaminato il motivo di opposizione relativo alla
illegittimità del verbale per mancata contestazione immediata;

che in particolare, ad avviso della ricorrente, erroneo sarebbe il rilievo secondo cui tale
eccezione sarebbe stata sollevata soltanto in occasione del deposito delle note difensive;
che il motivo è manifestamente infondato;
che, al riguardo, occorre premettere che, in materia di opposizione ad ordinanza
ingiunzione, il ricorso per cassazione che denunzi il mancato esame, da parte del giudice
di merito, di un motivo dell'opposizione può condurre alla cassazione della sentenza
impugnata soltanto se, vertendo su questione di diritto, esso sia fondato, atteso che, nel
caso di sua infondatezza, lo iato esistente tra la pronuncia di rigetto ed il mancato
esame della censura deve essere colmato dalla Corte di Cassazione facendo uso del
proprio potere di correzione della motivazione della sentenza, integrando la decisione di
rigetto mediante l'enunciazione delle ragioni di diritto che sostengono il provvedimento
opposto, senza necessità di rimettere la causa ad altro giudice affinché dichiari
infondato il motivo non esaminato (Cass., Sez. II, 12 aprile 2006, n. 8561);
che, nel merito - ancorché sia esatto che la società xxx, sin dall'atto introduttivo dinanzi
al Giudice di pace, e quindi tempestivamente, si sia doluta della mancanza di
contestazione immediata - la denunciata nullità del verbale non sussiste;
che, difatti, il verbale da correttamente atto che nella specie la contestazione immediata
non era necessaria, versandosi in uno dei casi previsti dall'art. 201 comma 1 bis del
codice della strada (a nulla rilevando che detto verbale citi, per mera aberratio ictus,
l'art. 201 bis del codice della strada anzichè il comma 1 bis dell'art. 201 cit.);
che con il secondo motivo, deducendosi violazione dell'art. 360 nn. 3, 4 e 5, c.p.c., in
relazione agli artt. 145 e 146 del Codice della Strada e all'art. 384 rel. reg. esec. del
codice della strada, in riferimento all'art. 201 del codice della strada, si censura che sia
stata ritenuta la legittimità dell'accertamento, nonostante questo sia stato effettuato
mediante l'utilizzazione di un apparecchio di rilevamento automatico, senza la presenza
dell'organo di polizia;
che il motivo è inammissibile, perché con esso si veicola, per la prima volta nel giudizio
di cassazione, una ragione di illegittimità del verbale di accertamento che, dal testo della
sentenza impugnata, non risulta essere stata fatta valere con il ricorso in opposizione
dinanzi al Giudice di pace;
che, del resto, nel ricorso si afferma che "la difesa della soc. xxx aveva contestato la
validità di tale modus operandi", ma non si precisa, in violazione del principio di
autosufficienza, in quale atto del giudizio di merito tale contestazione sia stata effettuata
per la prima volta;
che con il terzo motivo (violazione dell'art. 360 nn. 3, 4 e 5, c.p.c., in relazione all'art.
200 del codice della strada, all'art. 393 reg. esec. del codice della strada. e all'art. 476
cod. pen.) la ricorrente si duole che la copia del verbale di accertamento della violazione
prodotto in copia in giudizio dal delegato del Sindaco sia diversa dalla copia notificata al
trasgressore, mancando nella prima alcune parti presenti invece nella seconda ed
essendo diversi i nominativi degli agenti (nel primo comparendo come verbalizzante xx e
come operatore del procedimento informatico yy;
nel secondo essendovi l'indicazione come verbalizzante di xx. e come responsabile del
procedimento informatico di xxx);
che il motivo è manifestamente infondato;
che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. I, 19 novembre 2003, n. 17546), in
tema di violazioni del codice della strada, qualora non sia possibile la contestazione
immediata dell'infrazione, al trasgressore (ed ai soggetti con questo obbligati in solido al
pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria) deve essere notificato il verbale
della contestazione, sottoscritto da persona appartenente all'ufficio o al comando, anche
diversa da quella che ha proceduto all'accertamento, e può consistere sia in uno degli
originali o in una copia autentica del verbale di accertamento, sia in un verbale diverso
rispetto a quest'ultimo, purchè in esso siano specificati gli elementi indispensabili a
garantire la completezza della contestazione e ad assicurare l'esercizio del diritto di
difesa, e soltanto l'inidoneità a questo fine delle indicazioni contenute nel verbale può
cagionare la nullità dell'ordinanza ingiunzione;
che, alla luce di tale indirizzo giurisprudenziale, al quale il Collegio intende dare
continuità, non rileva la circostanza che, nella copia del verbale depositato in giudizio dal
Comune, sia indicato il nominativo di xx come operatore del procedimento informatico,
laddove nel verbale notificato alla società compare il diverso nominativo di yy nella

qualità (oltre che di verbalizzante) di responsabile del procedimento informatico, tanto
più che l’art. 385 del D.P.R. n. 495 del 1992, recante il regolamento di attuazione del
nuovo Codice della Strada, nel disciplinare le modalità della contestazione non
immediata di cui all'art. 201 del codice della strada, prevede che il verbale sia redatto
dall'agente accertatore, espressione, questa, che rende legittimo il compimento di tale
attività da parte di qualsiasi soggetto che faccia parte dell'organo, e sia abilitato, in
siffatta qualità, a compiere gli accertamenti di competenza dell'organo stesso;
che, del resto, il mancato riferimento, nella copia del verbale prodotto dal Comune, alla
(minacciata) decurtazione dei punti patente alla società proprietaria del veicolo è
evidentemente da ricollegare all'ottemperanza, da parte degli uffici comunali, alla
sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale del 24 gennaio 2005, n. 27, che ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 126-bis del Codice della Strada nella parte
in cui disponeva che nel caso di mancata identificazione del conducente quale
responsabile della violazione, la segnalazione dovesse essere effettuata a carico del
proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunicasse, entro trenta giorni dalla
richiesta, all'organo di polizia procedente, i dati personali e della patente del conducente
al momento della commessa violazione;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che nessuna statuizione sulle spese deve essere emessa, non avendo il Comune
intimato svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta, il ricorso.
Così deciso il 30 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2009.