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Liberamente tratto da una storia vera - Ricerca e Cooperazione

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Il diritto allo sviluppo<br />

Potrebbe sembrare strano parlare di diritto allo sviluppo, chi<br />

negherebbe infatti ai Paesi del Sud del mondo un tale diritto?<br />

Non è esso ovviamente presente in tutti gli interventi a favore<br />

dei Paesi definiti, per l’appunto, in Via di Sviluppo?<br />

Eppure, nella pratica, molte contraddizioni mostrano che il<br />

diritto allo sviluppo non è stato (e per molti aspetti ancora non<br />

è) un’ovvietà all’interno delle politiche di sviluppo, almeno fin<br />

quando queste continuano a privilegiare gli interessi dei Paesi<br />

più ricchi a <strong>da</strong>nno di quelli più poveri.<br />

Ma in cosa consiste il diritto allo sviluppo?<br />

Il diritto allo sviluppo, sancito <strong>da</strong>lla Risoluzione<br />

dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel<br />

1986 e <strong>da</strong>lla Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei<br />

Popoli del 1981, è concepito come un processo economico,<br />

sociale, culturale e politico, tendente al miglioramento costante<br />

e progressivo del benessere dei popoli e degli individui.<br />

Per non fare del diritto allo sviluppo un contenitore vuoto,<br />

occorre tenere presente che esso si realizza solo attraverso la<br />

piena attuazione dei “diritti fon<strong>da</strong>mentali delle popolazioni locali”:<br />

diritto all’alimentazione, alla salute, all’istruzione, alla salvaguardia<br />

delle proprio patrimonio materiale e immateriale…<br />

Se negli anni ’70-80 molte popolazioni si sono giustamente<br />

battute per il riconoscimento del diritto alla proprietà della<br />

terra, <strong>da</strong>gli anni ‘90 a questo tema “materiale”, concreto, si sono<br />

accostate altre questioni che hanno condotto ad includere,<br />

nella riflessione sui diritti, anche i diritti sui beni immateriali,<br />

quali possono essere le conoscenze, la capacità di gestione<br />

delle risorse naturali, i ritrovati di tecnologie leggere, certe<br />

forme organizzative e istituzioni socio-economiche proprie di<br />

<strong>una</strong> popolazione.<br />

Se si considera che molte popolazioni indigene delle foreste<br />

tropicali, o delle savane africane, o infine delle zone semidesertiche<br />

di molti continenti, hanno accumulato nei secoli <strong>una</strong><br />

conoscenza molto approfondita di piante, tipi di terreni, possibilità<br />

di uso non costrittivo di animali eccetera, o se consideriamo<br />

in generale l’enorme capitale di saperi accumulato <strong>da</strong>lle<br />

popolazioni contadine di tutto il mondo, che attraverso i secoli<br />

hanno conservato e migliorato le risorse biologiche fon<strong>da</strong>mentali<br />

per l’agricoltura e l’alimentazione, appare allora evidente<br />

come diventi obbligatorio tenere conto di questo patrimonio<br />

nella fase di progettazione delle azioni di sviluppo.<br />

Per patrimonio di un gruppo umano o di <strong>una</strong> comunità si<br />

intende proprio l’insieme di beni materiali ed immateriali<br />

di cui è possibile disporre.<br />

Per lo sviluppo delle società marginali del mondo, si potrebbe<br />

dire che maggiore è la conoscenza e il patrimonio di cui <strong>una</strong><br />

28<br />

Un esempio di diritto alla Sviluppo<br />

Il movimento di Via Campesina<br />

Via Campesina è la più grande rete di movimenti contadini<br />

del mondo, il cui primo incontro fu realizzato in Belgio nel<br />

maggio del 1993, a essa si deve il principio di sovranità alimentare,<br />

proposto <strong>da</strong>l 1996 e oggi assunto <strong>da</strong> tutte le organizzazioni<br />

e istituzioni impegnate nella costruzione di modelli<br />

di sviluppo più equi.<br />

La proposta del movimento contadino parte <strong>da</strong>l riconoscimento<br />

che l’alimentazione è un diritto umano fon<strong>da</strong>mentale<br />

di tutti e tutte, che non può tollerare alcun limite e che comprende<br />

i seguenti diritti: di produzione dei propri alimenti, dell’accesso<br />

ad alimenti in quantità e qualità adeguate (cibo<br />

sano e sicuro), di alimentarsi secondo le proprie usanze e<br />

norme, di ricevere informazione vali<strong>da</strong> sul contenuto degli alimenti<br />

e di mantenere costumi alimentari e stili di vita sani.<br />

Il principio di sovranità alimentare mette in discussione le<br />

strategie di lotta contro la fame degli ultimi decenni basate<br />

sull’aumento della produzione e commercializzazione di alimenti<br />

sotto il controllo delle multinazionali agroalimentari che<br />

hanno provocato profondi cambiamenti sia dei metodi di produzione<br />

e commercializzazione degli alimenti sia degli stili<br />

alimentari. Senza ness<strong>una</strong> influenza sui problemi della fame<br />

e della povertà nel Sud del mondo, con queste politiche di sviluppo<br />

le popolazioni locali e i singoli Paesi hanno perso il controllo<br />

sugli alimenti a vantaggio delle multinazionali dei Paesi<br />

sviluppati.<br />

Per il concetto di sovranità alimentare protagonista dello sviluppo<br />

(almeno nel settore alimentare) non sono più gli interessi<br />

commerciali, ma la difesa del diritto all’alimentazione<br />

in tutti i suoi aspetti: rivalorizzazione del ruolo dei contadini,<br />

garanzia della sicurezza alimentare delle popolazioni<br />

del mondo, diritto all’accesso a risorse chiave come la terra,<br />

l’acqua, le sementi, il credito, l’assistenza tecnica e la formazione,<br />

creazione di catene produttive alimentari che siano<br />

ambientalmente e socio-culturamente sostenibili (rispetto dell’ambiente,<br />

delle culture, delle diverse tecniche di produzione<br />

e commercializzazione).<br />

società dispone, maggiore sarà la sua capacità di affrontare le<br />

sfide del futuro. Quindi ogni attività di promozione dello sviluppo<br />

che rispon<strong>da</strong> <strong>vera</strong>mente agli interessi e ai punti di vista<br />

dei “destinatari”, dovrebbe dimostrare di partire <strong>da</strong>l riconoscimento<br />

della conoscenza e del patrimonio locale.<br />

In molti casi il sistema economico e scientifico internazionale<br />

ha riconosciuto certe proprietà preziose di piante prima sconosciute,<br />

coltivate <strong>da</strong> certe società marginali. E quindi la protezione<br />

dei diritti di queste popolazioni nei confronti di tali<br />

beni che sono materiali e immateriali al tempo stesso è diventata<br />

indispensabile.

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