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144-Yom Kippur - Pensieri di Torà

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<strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong> 10 Tishrè 5771, 17-18 Settembre 2010 N. <strong>144</strong><br />

Poichè ogni nascita<br />

è un miracolo,<br />

ogni vita,<br />

un regalo rinnovato<br />

giorno dopo giorno,<br />

poichè Yeu<strong>di</strong>th ha<br />

compiuto un anno,<br />

Borè Haolàm<br />

Ti ringraziamo.<br />

Si<br />

Si prega<br />

prega <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> non<br />

non trasportare<br />

trasportare questo<br />

questo opuscolo<br />

opuscolo<br />

fuori da dove fuori<br />

lo da<br />

si dove<br />

è preso lo si<br />

durante è preso<br />

lo Shabat<br />

durante <strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong><br />

EDITORIALE<br />

Elazar ben Durdaya merita il mondo futuro<br />

La torta è uscita male. Non ha lievitato. Tutta<br />

colpa del forno, <strong>di</strong>sse il pasticcere.<br />

L’operazione non è riuscita. Il paziente è<br />

ancora malato. Tutta colpa dei miei colleghi,<br />

<strong>di</strong>sse il chirurgo. I nostri figli si rifiutano<br />

<strong>di</strong> vivere ebraicamente. Sono privi <strong>di</strong> quei<br />

valori che avevamo noi una volta. Tutta<br />

colpa della società in cui viviamo, <strong>di</strong>ssero i<br />

genitori dei ragazzi.<br />

La torta è uscita male. Non ha lievitato. Ho<br />

<strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> mettere<br />

il lievito, ammise il<br />

pasticcere. Preparò<br />

un’altra torta, si ricordò<br />

<strong>di</strong> aggiungerci il<br />

lievito. E vinse il<br />

concorso per la<br />

migliore torta<br />

dell’anno.<br />

L’operazione non<br />

è riuscita. Il paziente<br />

è ancora<br />

malato.<br />

Ho sbagliato<br />

l ’ i n t e r v e n t o ,<br />

confessò il chirurgo.<br />

Riaprì i<br />

manuali <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina, si consultò<br />

con i propri colleghi. E gioì della<br />

guarigione dei propri pazienti. I<br />

nostri figli si rifiutano <strong>di</strong> vivere<br />

ebraicamente. Sono privi <strong>di</strong> quei<br />

valori che avevamo noi una volta.<br />

Tutta colpa nostra, della nostra<br />

educazione, dell’esempio che abbiamo<br />

loro dato, riconobbero<br />

piangendo i genitori dei ragazzi. Si<br />

sedettero con i propri figli, raccontando<br />

le proprie mancanze, si consigliarono<br />

con un rabbino, sperando<br />

nel suo giu<strong>di</strong>zio benevolo. Ballarono<br />

al matrimonio ebraico dei propri<br />

figli bene<strong>di</strong>cendo il momento in<br />

cui avevano deciso <strong>di</strong> ricercare le<br />

In Memoria <strong>di</strong> Reizi Rodal ה ” ע<br />

colpe dentro <strong>di</strong> sé. Di fronte a un errore possiamo<br />

comportarci come il primo pasticcere,<br />

il primo chirurgo, i primi genitori. E cercare <strong>di</strong><br />

addossare la colpa a tutto ciò che esiste al<br />

mondo. Al forno, ai colleghi, alla società.<br />

Tranne che a noi stessi.<br />

Difficilmente cambieremo <strong>di</strong> anno in anno,<br />

perché siamo già perfetti, tutto ciò che accade<br />

<strong>di</strong> negativo nella nostra vita è comodamente<br />

attribuibile a terzi. Che sollievo. Di<br />

fronte a un errore possiamo<br />

comportarci come il<br />

secondo pasticcere, il secondo<br />

chirurgo, i secon<strong>di</strong><br />

genitori. Chinare il capo e<br />

ammettere umilmente, che<br />

sì, è colpa nostra. E <strong>di</strong> nessun<br />

altro. <strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong> offre<br />

una meravigliosa e irripetibile<br />

opportunità. Di anno<br />

in anno ci costringe a guardare<br />

dentro a noi stessi e a<br />

ricercare i nostri errori. Ein<br />

hadavar talui ela bi, tutto<br />

<strong>di</strong>pende solamente da me,<br />

<strong>di</strong>sse Elazar ben Durdaya,<br />

che aveva vissuto per anni<br />

nella completa immoralità. E in quel momento,<br />

dal cielo, una voce <strong>di</strong>chiarò ‘Rabbi Elazar<br />

ben Durdaya merita il mondo futuro’.<br />

Tutto <strong>di</strong>pende da noi. E da nessun altro.<br />

Gmar chatimà tovà, che D-o conceda a ognuno<br />

<strong>di</strong> noi la forza spirituale <strong>di</strong> ammettere le<br />

nostre colpe e <strong>di</strong> ripartire serenamente alla<br />

ricerca della giusta strada.<br />

Gheula Canarutto Nemni<br />

Orari <strong>di</strong> <strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong> (Venerdì e Sabato 17 – 18 Settembre):<br />

Ti piacciono i <strong>Pensieri</strong> <strong>di</strong> <strong>Torà</strong>? Aiutaci con un offerta, ci aiuti a continuare ed a migliorare!<br />

chiama il 329-8044073 o manda un e-mail a RavRonnie@<strong>Pensieri</strong>DiTora.it<br />

ה “ ב<br />

Roma: 18:58 19:56<br />

Milano: 19:13 20:14


Venerdì 17 Settembre<br />

9 Tishrè<br />

Sabato 18 Settembre<br />

10 Tishrè<br />

LA GUIDA DI YOM KIPPUR<br />

Vigilia <strong>di</strong> <strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong><br />

Al mattino presto si fanno le kapparòt (espiazioni) che fungono da espiazione simbolica dei nostri peccati. Si fa roteare<br />

un volatile, un pesce o dei sol<strong>di</strong> – che poi verranno devoluti in beneficenza - sulla propria testa per tre volte pronunciando<br />

ogni volta la seguente frase (sui sol<strong>di</strong>):<br />

Ze Chalifatì, ze temurati, ze kaparatì, ze hakesef yelech litzedakà vaani elech lechaim tovìm aruchim uleshalom.<br />

È Opportuno immergersi nelle acque del mikvè per essere spiritualmente pronti al giorno speciale <strong>di</strong> <strong>Kippur</strong>.<br />

Alcuni hanno la consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> chiedere un pezzo <strong>di</strong> dolce <strong>di</strong> miele a un amico come a scongiurare la povertà. Questo<br />

gesto simbolico è volto ad augurarsi <strong>di</strong> non trovarsi mai in situazioni tanto <strong>di</strong>sperate da dover sollecitare sostegno<br />

materiale al prossimo.<br />

Si consuma un pasto festivo al fine <strong>di</strong> manifestare la nostra fede nella grazia Divina. All'ora <strong>di</strong> pranzo, il pasto<br />

dev'essere abbondante mentre quello che precede imme<strong>di</strong>atamente il <strong>di</strong>giuno sarà più leggero. Un'altra usanza da<br />

segnalare è quella della bene<strong>di</strong>zione dei genitori ai figli accompagnata dalla Bene<strong>di</strong>zione Sacerdotale -Birkàt Cohanìm.<br />

Dopo minchà si recita al chet, la confessione dei peccati.<br />

È usanza dare sol<strong>di</strong> in tzedakà con generosità poiché questa mitzvà protegge dai decreti negativi.<br />

Si accendono le candele prima del tramonto.<br />

Bene<strong>di</strong>zioni sulle candele:<br />

1. Ba-ruch A-tah Ado-nai E-lo-hei-nu Me-lech Ha-olam Asher Ki-deshanu Be-mitzvo-tav Ve-tzvi-vanu<br />

Le-hadlik Ner Shel Shabat veshel <strong>Yom</strong> Hakipurim.<br />

2. Ba-ruch A-tah Ado-nai E-lo-hei-nu Me-lech Ha-olam She-heche-ya-nu Ve-ki-yi-ma-nu Ve-hi-ghi-a-nu Liz-man Ha-ze<br />

Chi ha perso un caro accende un lume in questo momento e, in ogni caso, tutti accendono un lume in più. Le scarpe<br />

in pelle vanno tolte prima del tramonto.<br />

Il <strong>di</strong>giuno inizia prima del tramonto e si apre con la preghiera <strong>di</strong> Kol Nidrè - Kol Hanedarim. La <strong>Torà</strong> ingiunge alle<br />

donne dai 12 anni in su e agli uomini a partire da 13 anni <strong>di</strong> non mangiare e bere a <strong>Yom</strong>-Kippùr. Oltre a tutte le regole<br />

vigenti a Shabbàt, a Kippùr è proibito lavarsi, spalmare creme e calzare scarpe in pelle. E' inoltre vietata l'intimità coniugale.<br />

In caso <strong>di</strong> seri problemi <strong>di</strong> salute è necessario consultare un rav prima del <strong>di</strong>giuno per sapere se è possibile o meno<br />

somministrare dei me<strong>di</strong>cinali.<br />

Giorno <strong>di</strong> <strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong><br />

Molti hanno l’usanza <strong>di</strong> indossare vestiti bianchi poiché in questo giorno siamo paragonati agli angeli; vi è anche<br />

l’usanza <strong>di</strong> non indossare gioielli d’oro per non ricordare il peccato del vitello d’oro nel giorno del giu<strong>di</strong>zio.<br />

<strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong>, il giorno più santo e solenne del calendario ebraico e il giorno nel quale siamo più vicini al Sign-re,<br />

è un giorno de<strong>di</strong>cato alla preghiera e all’introspezione. Inizia alla sera con Kol Nidrei - Kol Hanedarìm e arvìt;<br />

prosegue poi al mattino con la preghiera <strong>di</strong> shachrít che include la lettura del Sefer <strong>Torà</strong>, Yizkor, Musàf e la Bene<strong>di</strong>zione<br />

Sacerdotale. La tefillà pomeri<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> minchà include la lettura del Sefer <strong>Torà</strong> e della haftarà <strong>di</strong> Giona.<br />

La preghiera conclusiva è quella <strong>di</strong> Neillà (chiusura), quando le Porte del Cielo vengono chiuse, al termine<br />

della quale si suona lo Shofàr. Dopo arvìt e la recitazione della Havadalà si può rompere il <strong>di</strong>giuno. Appena<br />

finito <strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong> si usa già cominciare a costruire la Sukkà, per <strong>di</strong>mostrare l’apprezzamento delle Mitzvòt.<br />

Gmar Chatima tovà a tutti<br />

i nostri lettori e a tutto am Israel!


BOTTA E RISPOSTA<br />

COME SI FA A DIGIUNARE<br />

DI SHABAT?!<br />

Domanda: Visto che è proibito<br />

<strong>di</strong>giunare <strong>di</strong> Shabbat, cosa si fa<br />

quando i due giorni coincidono<br />

come accade quest’anno? Si <strong>di</strong>giuna<br />

o no?<br />

Risposta: Effettivamente quando<br />

un <strong>di</strong>giuno coincide con<br />

Shabbat, esso viene posticipato<br />

alla domenica successiva,<br />

(tranne il <strong>di</strong>giuno <strong>di</strong> Ester che<br />

viene osservato il Giove<strong>di</strong> precedente<br />

poiché Purim cade <strong>di</strong><br />

Domenica). Tuttavia, a <strong>di</strong>fferenza<br />

degli altri <strong>di</strong>giuni, quello <strong>di</strong><br />

<strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong> non viene posticipato,<br />

bensì osservato anche se<br />

<strong>di</strong> Shabbat. La fonte <strong>di</strong> questo<br />

precetto si trova in Levitico<br />

16,31 chiama questo giorno<br />

“Shabbat Shabbatòn”, il<br />

“Sabato dei Sabati”, suggerendo<br />

che <strong>Kippur</strong> ha la priorità<br />

su Shabbat.<br />

Secondo alcuni insegnamenti<br />

chassi<strong>di</strong>ci, la coincidenza<br />

<strong>di</strong> questi due giorni<br />

non ci priva dei piaceri solitamente<br />

offerti dallo Shabbat,<br />

quali il cibo, il riposo<br />

ecc, piuttosto, l’estrema<br />

santità del giorno <strong>di</strong> <strong>Kippur</strong><br />

ottiene lo stesso risultato<br />

anche se in una<br />

maniera più elevata. Seguono<br />

due spiegazioni<br />

ulteriori su questo concetto.<br />

1) il Re Davide <strong>di</strong>ce nel<br />

Salmo 33, 18-19 “Ecco<br />

l’occhio del Sign-re è <strong>di</strong>retto<br />

verso coloro che Lo<br />

PENSIERO DI YOM KIPUR<br />

<strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong> e le relazioni proibite<br />

La parashà <strong>di</strong> Acharèy-Mòt, che viene letta <strong>di</strong> <strong>Yom</strong><br />

kippur presenta un paradosso: all’inizio tratta <strong>di</strong><br />

<strong>Yom</strong> Kippùr, il giorno più solenne dell’anno, durante<br />

il quale il popolo ebraico “assomiglia agli angeli”.<br />

In questo giorno “essi si purificano innanzi a D-o”. In<br />

seguito, la fine della parashà avverte: «Non svelare<br />

la nu<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tuo padre, non svelare la nu<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tua madre…<br />

Non compiere nessuna <strong>di</strong> queste abominazioni».<br />

Queste non sono a <strong>di</strong>r vero colpe che potrebbero<br />

essere attribuite a creature che assomigliano ad<br />

angeli! Perché, dunque, i due argomenti vengono<br />

inclusi nella stessa parashà?<br />

Concentrarsi sul dopo<br />

La risposta si trova nell’allusione evocata dal nome<br />

stesso <strong>di</strong> questo capitolo della <strong>Torà</strong>: “Acharèy” che<br />

significa “dopo” e nel suo primo versetto: «E D-o<br />

parlò a Mosè dopo la morte dei due figli <strong>di</strong> Aronne<br />

quando si avvicinarono a D-o e che morirono». Il<br />

giorno del Perdono ogni ebreo “si avvicina a<br />

D-o”. Tuttavia, questa esperienza non è fine a sé<br />

stessa. Occorre soprattutto concentrarsi su quanto<br />

accadrà dopo. Il modo col quale ci siamo avvicinati<br />

al Sig-re deve influire sui giorni e sulle settimane<br />

che seguono. Le più profonde aspirazioni della nostra<br />

anima e i momenti spirituali più elevati della<br />

nostra esperienza religiosa devono essere collegati<br />

alle realtà della nostra esistenza materiale. La spiritualità<br />

non appartiene ad una <strong>di</strong>mensione aggiunta,<br />

separata dalla nostra quoti<strong>di</strong>anità, anzi, essa è un<br />

mezzo <strong>di</strong> elevazione della quoti<strong>di</strong>anità. Fondendo<br />

la realtà fisica e la realtà spirituale, permettiamo <strong>di</strong><br />

raffinare il mondo, <strong>di</strong> imbeverlo <strong>di</strong> santità e <strong>di</strong> trasformarlo<br />

in Residenza per la Presenza Divina.<br />

Una carica per il servizio quoti<strong>di</strong>ano<br />

Ciò spiega la lettura dei brani inerenti alle relazioni<br />

vietate enunciate dalla parashà, nella quale, peraltro,<br />

vengono descritti i servizi dei sacrifici <strong>di</strong> <strong>Yom</strong><br />

Kippùr. Infatti, questi <strong>di</strong>vieti vengono letti durante<br />

gli uffici <strong>di</strong> <strong>Yom</strong> Kippùr. Viviamo tutti momenti come<br />

nel Giorno del Perdono nei quali il nostro cuore<br />

si rivolge all’Alto, nei quali ci sentiamo più uniti alla<br />

nostra anima e a D-o e nei quali pren<strong>di</strong>amo le <strong>di</strong>stanze<br />

dalle nostre preoccupazioni materiali. Ma<br />

anche in quei momenti i nostri occhi devono al contempo<br />

essere rivolti verso il basso. La forza spirituale<br />

<strong>di</strong> quelle ore particolarmente solenni deve essere<br />

usata per ricaricare il servizio <strong>di</strong>vino quoti<strong>di</strong>ano ed<br />

incitarci ad agire secondo i desideri <strong>di</strong> Hashèm, persino<br />

in contesti bassi dove potremmo essere tentati<br />

a seguire un altro cammino.<br />

Questo da la forza ad ogni ebreo per portare il risveglio<br />

del giorno Solenne anche nei giorni normali del<br />

resto dell’anno.<br />

Likutè Sichot<br />

temono, a coloro che sperano<br />

nella Sua bontà, per salvare le<br />

loro anime dalla morte e soste-<br />

nerli durante la carestia.” Le parole<br />

ebraiche per “sostenerli durante<br />

la carestia” בערב םתויחהל<br />

possono anche essere tradotte<br />

come: “mantenerli con<br />

la fame”. Interessantemente,<br />

l’aspetto spirituale della carestia<br />

si riferisce al desiderio<br />

dell’anima <strong>di</strong> avvicinarsi al<br />

Sign-re, desiderio che deriva<br />

dalla realtà che l’anima è “una<br />

parte <strong>di</strong> D-o in alto” (Giobbe<br />

31:2, Tanya cap 2), e che desidera<br />

sempre riunirsi con la<br />

sua Fonte. Durante <strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong><br />

quando I bisogni e I desideri<br />

dell’anima vengono messi<br />

a nudo, questa fame, questo<br />

ricerca della spiritualità bastano<br />

a saziare una persona. Il<br />

giorno più santo dell’anno ebraico<br />

siamo quin<strong>di</strong> alimentati<br />

dall’essenza del nostro rapporto<br />

intrinseco con D-o, anziché<br />

con i carboidrati o le proteine.<br />

2) Il bisogno umano e fisico <strong>di</strong><br />

nutrimento proviene dalla<br />

necessità dell’anima <strong>di</strong> ricevere<br />

energia dalle scintilla Divine<br />

esistenti in ogni creazione<br />

fisica. Questo perché l’anima<br />

ha <strong>di</strong>versi livelli e solamente<br />

I livelli più bassi trovano<br />

espressione nel mondo, tali<br />

livelli dell’anima necessitano<br />

<strong>di</strong> un nutrimento spirituale<br />

che proviene da vari<br />

tipi <strong>di</strong> cibi. Tuttavia,<br />

l’essenza dell’anima è molto<br />

più elevate <strong>di</strong> queste<br />

scintille, perciò non ha<br />

bisogno <strong>di</strong> essere rafforzata<br />

ulteriormente, quin<strong>di</strong><br />

durante <strong>Yom</strong> <strong>Kippur</strong>,<br />

quando questa essenza<br />

è rivelata ed espressa in<br />

ogni ebreo, non è necessario<br />

bere ne mangiare.<br />

Likkutei <strong>Torà</strong>.<br />

Rav Naftali Silberberg<br />

per gentile concessione<br />

<strong>di</strong> Chabad.org


R<br />

abbi Elishà ben Avuyà fu un illustre<br />

eru<strong>di</strong>to che visse nel II° sec. dell’Era<br />

Volgare. Fu l’unico fra i redattori del<br />

Talmùd a <strong>di</strong>ventare eretico. Fu soprannominato<br />

dai colleghi “Achèr-l’altro”, il rinnegato,<br />

l’apostata. Un giorno profanò lo Shabbàt<br />

passeggiando a cavallo nella città <strong>di</strong> Gerusalemme.<br />

Rabbi Meìr, suo ex allievo e l’unico<br />

ad essergli rimasto fedele serbando la speranza<br />

che un giorno sarebbe<br />

tornato ad Hashèm, gli<br />

camminava vicino. Ad un<br />

tratto, Achèr si accorse che<br />

avevano sorpassato i limiti<br />

permessi a Shabbàt e lo<br />

fece notare all’ex allievo:<br />

«Meìr, torna in<strong>di</strong>etro, ho<br />

misurato la <strong>di</strong>stanza percorsa grazie ai passi<br />

del mio cavallo. Abbiamo raggiunto i limiti<br />

permessi a Shabbàt, da qui in poi non puoi<br />

piu continuare». Meìr rispose: «Anche tu, fai<br />

marcia in<strong>di</strong>etro». Questa frontiera invisibile<br />

era, ovviamente, molto più <strong>di</strong> una semplice<br />

delimitazione geografica della città. Essa<br />

simbolizzava la linea <strong>di</strong> demarcazione tra<br />

due <strong>di</strong>mensioni: fede e eresia, ebraismo e<br />

empietà. Rabbi Meìr, felice <strong>di</strong> constatare che<br />

il suo maestro non aveva affatto <strong>di</strong>menticato<br />

il suo passato, ne approfittò per supplicarlo<br />

<strong>di</strong> tornare in<strong>di</strong>etro, <strong>di</strong> riabbracciare le sue<br />

ra<strong>di</strong>ci. Ma Elishà rispose: «Non posso tornare.<br />

Un giorno presi il mio cavallo. Era <strong>Yom</strong> Kippùr<br />

che quell’anno cadeva a Shabbàt. Mi<br />

fermai presso il Kodèsh Hakodashìm (n.d.t: il<br />

Sancta Sanctorum del Tempio) e u<strong>di</strong>i una<br />

voce <strong>di</strong>vina che mi <strong>di</strong>ceva ‘Torna a Me, oh<br />

figlio smarrito, eccetto Acher’. Così - dedusse<br />

Elishà - D-o perdona tutti i pentiti, salvo Elishà<br />

ben Avuyà. Io - declamò Elishà - capo<br />

della comunità d’Israele, l’ho tra<strong>di</strong>ta. Io che<br />

sapevo tanto e che peccai altrettanto, ho<br />

fatto del male. Per me non c’è ritorno possibile».<br />

Questo fu il suo tragico destino.<br />

Che messaggio contiene questo triste capitolo<br />

dell’epoca talmu<strong>di</strong>ca? Quel richiamo<br />

non contrad<strong>di</strong>ce uno dei principi fondamentali<br />

dell’ebraismo in base al quali tutti, proprio<br />

tutti, possono pentirsi? Perché, chiede il<br />

Talmùd, Achèr scelse <strong>di</strong> calvalcare proprio a<br />

<strong>Yom</strong> Kippùr, il giorno piu sacro dell’anno e<br />

precisamente nel Kodesh Hakodashìm, il<br />

luogo più sacro della Terra d’Israele? Inoltre,<br />

se D-o non desiderava il ritorno <strong>di</strong> Elishà<br />

perché mai si rivelò a lui? E perché la voce<br />

espresse innazitutto parole stimolanti quali<br />

STORIA<br />

«Torna a me, ecc., ecc. » per poi concludere<br />

con una terribile sentenza «eccetto Achèr»?<br />

Al fine <strong>di</strong> chiarire questi interrogativi, il Talmùd<br />

suggerisce <strong>di</strong> porsi ulteriori domande: a<br />

chi erano rivolte quelle parole? Con quale<br />

nome il Sig-re interpellò il Saggio errabondo?<br />

Lo chiamo Elishà ben Avuyà oppure<br />

Achèr, il suo pseudonimo? La risposta è semplice:<br />

Hashèm lo chiamo Elishà ben Avuyà<br />

quando gli <strong>di</strong>sse «Torna a me, oh figlio smarrito»<br />

mentre il termine «eccetto» era destinato<br />

a «Achèr-l’altro», con il quale cercava <strong>di</strong><br />

persuaderlo a sbarazzarzi <strong>di</strong> «Achèr», della<br />

personalita estranea, la veste falsa. Il Sig-re<br />

stava semplicemente spiegandogli che egli<br />

non era quell’Achèr lì e che la fonte del suo<br />

conflitto interiore stava nel fatto che egli<br />

identificava la sua essenza a Achèr. L’essere<br />

umano reca in sé numerose contrad<strong>di</strong>zioni.<br />

La nostra fede incontra a volte crisi esistenziali.<br />

Così vanno le cose nel nostro mondo<br />

<strong>di</strong>fficile. Il dramma subentra quando cominciamo<br />

ad amalgamare il nostro male con la<br />

nostra natura, ovvero quando sostituiamo la<br />

nostra anima con «Achèr». Il senso<br />

dell’appello dall’Alto è il seguente:<br />

«Riavvicinati a Me, figlio mio perduto, lascia<br />

Acher <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> te! Non sei Achèr! E non considerarti<br />

piu quale tale! Sei il mio figlio prezioso!»<br />

Purtroppo Elishà si sviò pensando<br />

che Achèr e lui formassero una sola persona.<br />

E non riuscì mai a trovare la pace interiore.<br />

Le stesse parole <strong>di</strong>vine che si rivolsero ad<br />

Elishà interpellano ogni ebreo ogni <strong>Yom</strong><br />

Kippùr per in<strong>di</strong>cargli: «Non sei prigioniero<br />

del passato; puoi prendere un nuovo slancio;<br />

torna, figlio mio. D-o non abbandona mai e<br />

ha fiducia nei Suoi figli». Questo messaggio<br />

rende il Giorno del Perdono concepibile. La<br />

nozione <strong>di</strong> Teshuvà, <strong>di</strong> pentimento, non esisterebbe<br />

se non fossimo consapevoli del<br />

fatto che, a prescindere dal carattere delle<br />

nostre colpe, quando ci rivolgiamo al Sig-re<br />

con sincerità e rammarico, nuove chances ci<br />

vengono offerte. Gli altri possono perdere<br />

fiducia in noi, noi stessi possiamo dubitare<br />

delle nostre capacità, come accadde ad Achèr.<br />

Non il Sig-re. Anche se temiamo la prospettiva<br />

<strong>di</strong> inciampare nel futuro, ancora e<br />

ancora, non importa, quello che conta è:<br />

«Riconosci la tua vera personalita, Elishà,<br />

torna a Me, figliolo ». Montando a cavallo<br />

<strong>di</strong>etro al Kodesh Hakodashìm e a <strong>Yom</strong> Kippùr,<br />

Achèr <strong>di</strong>mostrò <strong>di</strong> credere in Hashèm.<br />

Un Ribelle dal Cuore puro<br />

La Storia <strong>di</strong> Elishà ben Avuya<br />

Altrimenti avrebbe scelto altri momenti e<br />

altri luoghi. La voce celeste implorava il fondo<br />

del suo cuore. Succede a tutti noi <strong>di</strong> respingere<br />

il Creatore, ma Lui non ci respinge<br />

mai. A volte siamo i Suoi figli ribelli, mentre<br />

Lui rimane sempre il nostro Padre ricettivo.<br />

In questa vicenda riportata dal Talmùd,<br />

l’appello <strong>di</strong> Hashèm a Elishà ben Avuyà incarna<br />

una verità maestosa e universale della<br />

con<strong>di</strong>zione umana. D-o non abbassa mai le<br />

braccia in quanto sa che siamo capaci, sempre,<br />

<strong>di</strong> riparare il male da noi commesso ed<br />

elevarci in seguito molto al <strong>di</strong> sopra. Consci<br />

delle nostre attitu<strong>di</strong>ni, attingiamo forze trascendenti<br />

in grado <strong>di</strong> risollevarci e <strong>di</strong> raddrizzarci<br />

nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> debolezza e depressione,<br />

“ Riconosci la tua vera personalità, Elisha,<br />

torna verso <strong>di</strong> Me, oh figlio smarrito..”<br />

fidandoci del potenziale della nostra anima<br />

molto più <strong>di</strong> quanto non cre<strong>di</strong>amo in noi<br />

stessi.<br />

A questo proposito è interessante riportare<br />

un aneddoto avvenuto in epoca più recente<br />

in Israele. Il generale israeliano e Ministro<br />

della Difesa Moshè Dayàn si <strong>di</strong>chiarava ebreo<br />

profondamente laico. L’8 giugno 1967,<br />

durante la Guerra dei Sei Giorni, il Muro Occidentale<br />

fu liberato. Quando il generale si<br />

avvicinò al Kotel, il suo viso fu inondato da<br />

lacrime <strong>di</strong> emozione. Un reporter israeliano<br />

gli chiese: «Generale Dayàn, perché piange?<br />

Si sente ancora ebreo? Questo Muro non<br />

rappresenta niente per Lei !» E Dayàn ribatté:<br />

«Ieri ero l’ebreo piu laico <strong>di</strong> Israele. Domani<br />

sarò l’ebreo più laico <strong>di</strong> Israele. Ma oggi, sono<br />

santo quanto l’ebreo più pio <strong>di</strong> Israele !»<br />

Nelle venticinque ore più sante dell’anno,<br />

anche noi siamo santi. La nostra anima ci<br />

interpella, ci supplica <strong>di</strong> nutrirla, <strong>di</strong> rinforzarla,<br />

<strong>di</strong> prendere nuovi avvii. E come se affirmassimo:<br />

«A partire da oggi stesso sono<br />

pronto a cambiare vita, ad apportare cambiamenti<br />

benefici alla mia vita». Ordunque!<br />

Osiamo questi risvolti, cominciamo da qualche<br />

cosa, da qualsiasi cosa. Scegliamo una<br />

mitzvà, un qualsivoglia comandamento che<br />

fungerà da nuovo punto <strong>di</strong> partenza. Diciamoci:<br />

«Da oggi sono pronto a cambiare per<br />

fare spazio a più spiritualità, a piu ebraismo».<br />

Dacché a <strong>Yom</strong> Kippùr, se prestiamo bene<br />

ascolto, u<strong>di</strong>remo la voce celeste che ci invita<br />

dolcemente a tornare a Casa.<br />

Di Dov Greenberg<br />

Responsabile: Rav Ronnie Canarutto. Hanno collaborato: P. Bahbout, M. Bentolila, S. Canarutto, D. Klagsbald, R. Rahmani

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