Numero 39 - Ricre.Org
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ALTA UOTA<br />
Anno 8 <strong>Numero</strong> <strong>39</strong> edizione Gennaio-Febbraio 2012<br />
Il <strong>Ricre</strong>atorio San Michele è iscritto nel Registro<br />
Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005<br />
Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121<br />
www. fvgsolidale.regione.fvg.it<br />
Segreteria telefonica e fax: 0431 35233 Sito internet: www.ricre.org<br />
Direttore responsabile: Andrea Doncovio Redattori: Simone Bearzot, Norman Rusin, Giuseppe Ancona, don Moris Tonso,<br />
Sandro Campisi, Vanni Veronesi, Sofia Balducci, Christian Franetovich, Marco Simeon, Alessandro Morlacco, Manuela<br />
Fraioli, Giulia Bonifacio.<br />
Responsabile web: Riccardo Rigonat Responsabile marketing: Alex Zanetti Stampa: Goliardica Editrice, Bagnaria Arsa<br />
Centro Giovanile di Cultura e <strong>Ricre</strong>azione “<strong>Ricre</strong>atorio San Michele” via Mercato, 1 - 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org<br />
L’ENERGIA DEL CUORE<br />
VOLONTARIATO: ARRICCHIRSI DONANDO<br />
Il volontariato è un’attività libera e gratuita svolta<br />
per ragioni private e personali, che può essere di<br />
solidarietà, di giustizia sociale, di altruismo o di<br />
qualsiasi altra natura.<br />
Può essere rivolto a persone in difficoltà, alla tutela della<br />
natura e degli animali, alla conservazione del patrimonio<br />
artistico e culturale. Nasce dalla spontanea volontà dei<br />
cittadini di fronte a problemi non risolti, o non affrontati,<br />
o mal gestiti dallo Stato e dal mercato. Per questo motivo<br />
il volontariato si inserisce nel ‘terzo settore’, insieme ad<br />
altre organizzazioni che non rispondono alle logiche del<br />
profitto o del diritto pubblico.<br />
Il volontariato può essere prestato individualmente in<br />
modo più o meno episodico, o all’interno di una organizzazione<br />
strutturata che può garantire la formazione<br />
dei volontari, il loro coordinamento e la continuità dei<br />
servizi.<br />
Questa è la definizione che offre un vocabolario enciclopedico<br />
del termine volontariato. Nulla da aggiungere per<br />
capire ciò di cui vogliamo parlare. Per meglio spiegare il<br />
termine non dovrei che ripetermi.<br />
Ciò che vorremmo comprendere meglio, ciò che ritengo<br />
valga la pena di approfondire sono quelle ragioni private<br />
e personali, sono cioè le motivazioni, le intenzioni, le<br />
emozioni e perché no le soddisfazioni che muovono il<br />
volontariato.<br />
Per chi riconduce la propria formazione alla cultura cristiana<br />
non esistono molte opzioni: l’impegno nel volontariato<br />
è una chiamata, personale ed individuale a cui rispondere<br />
secondo la propria coscienza.<br />
Il capitolo 25 del Vangelo di Matteo è molto chiaro: «In<br />
verità vi dico: tutte le volte che avete fatto ciò al più piccolo<br />
dei fratelli, l’avete fatto a me». Le parole sono ri-<br />
ferite al Figlio dell’uomo e quell’avete indica quando<br />
abbiamo sfamato, dissetato, vestito e ospitato.<br />
Credo quindi che sia scontato, per un cristiano, considerare<br />
il volontariato come il luogo dove spendere la<br />
vita. Come la capacità di riconoscere il volto di Cristo<br />
negli altri ed ancor più negli ultimi, nei più deboli.<br />
È proprio nel dare sollievo alle altrui sofferenze, nel<br />
combattere l’ingiustizia e l’indifferenza, nel sostenere<br />
il debole, nel dare voce agli umili, nell’indignazione<br />
per la prepotenza che trova senso la vita. Non si tratta<br />
quindi di una opzione, ma dell’unica via possibile.<br />
Non saper riconoscere il volto di Cristo, ovvero non<br />
sfamare, dissetare, vestire, ospitare ha un’unica conseguenza:<br />
“il fuoco eterno che è stato preparato per il<br />
diavolo”, continua il Vangelo di Matteo.<br />
Il senso della gratuità è diretta conseguenza. L’incarico<br />
che ci viene affidato, infatti, non è delegabile, ci è<br />
affidato in prima persona. Ciascuno secondo le proprie<br />
capacità ha il dovere di mettere a frutto i “ talenti” che<br />
gli sono affidati.<br />
Donarsi quindi secondo le proprie inclinazioni e sensibilità,<br />
in piena e totale gratuità, significa spendere quei<br />
talenti che abbiamo la responsabilità di moltiplicare,<br />
ed è proprio così. Chi fa esperienza di volontariato sa<br />
ben quanto ciò che viene restituito sia sempre più di ciò<br />
che viene dato.<br />
Come di consueto cercheremo di dare dell’argomento<br />
ampie testimonianze e di comprenderne i diversi aspetti.<br />
Con l’aiuto di esperti ed il supporto dei dati tenteremo<br />
di comporre una immagine fedele del volontariato<br />
e delle sue espressioni nel nostro territorio.<br />
GIUSEPPE ANCONA<br />
prosegue il<br />
DOPO<br />
SCUOLA!<br />
‘IMPARIAMO<br />
AD<br />
IMPARARE’<br />
tutte le info su<br />
.:. www.ricre.org .:.<br />
AUSA PAV p. 10 MATTEO COMUZZI p. 5 ANNA BUFFIN p. 5 TATIANA PERUZZI p. 4 MANOLA SGUBIN p. 4
2<br />
ALTA UOTA in uotattualità<br />
VOLONTARIATO<br />
NO PROFIT, VOLONTARIATO, ONG, ONLUS:<br />
NUMERI E GUIDA RAPIDA PER ORIENTARSI<br />
I SOGGETTI E LE STATISTICHE<br />
Sotto la denominazione ‘Enti No Profit’ si identificano<br />
tutte quelle organizzazioni (associazioni, circoli, comitati<br />
etc) che svolgono attività senza scopo di lucro: è questa<br />
la caratteristica fondamentale che le distingue da tutte le<br />
altre forme di associazione (società e cooperative non sociali).<br />
Nella grande famiglia del no-profit sono dunque compresi:<br />
• enti pubblici territoriali: comuni, province, regioni;<br />
• università e centri di ricerca;<br />
• ospedali e centri sanitari;<br />
• associazioni sportive;<br />
• cooperative sociali;<br />
• organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (ON-<br />
LUS), all’interno delle quali distinguiamo fra semplici<br />
associazioni di volontariato e <strong>Org</strong>anizzazioni Non<br />
REGIONI NUMERI<br />
Valle d’Aosta 199<br />
Piemonte<br />
3585<br />
Alessandria<br />
332<br />
Asti<br />
185<br />
Biella<br />
203<br />
Cuneo<br />
585<br />
Novara<br />
315<br />
Torino<br />
1626<br />
Verbano-Cusio-Ossola 199<br />
Vercelli<br />
140<br />
Lombardia<br />
7422<br />
Bergamo<br />
849<br />
Brescia<br />
1165<br />
Como<br />
505<br />
Cremona<br />
426<br />
Lecco<br />
<strong>39</strong>1<br />
Lodi<br />
153<br />
Monza Brianza<br />
510<br />
Milano<br />
2070<br />
Pavia<br />
402<br />
Sondrio<br />
200<br />
Varese<br />
751<br />
Trentino-Alto Adige 1540<br />
Bolzano<br />
766<br />
Trento<br />
774<br />
Veneto<br />
3760<br />
Belluno<br />
234<br />
Padova<br />
789<br />
Rovigo<br />
161<br />
Treviso<br />
6<strong>39</strong><br />
Venezia<br />
555<br />
Verona<br />
753<br />
Vicenza<br />
629<br />
Friuli Venezia Giulia 1181<br />
Gorizia<br />
150<br />
Pordenone<br />
256<br />
Udine<br />
464<br />
Trieste<br />
311<br />
Liguria<br />
1482<br />
Genova<br />
738<br />
Imperia<br />
<strong>39</strong>1<br />
La Spezia<br />
124<br />
Savona<br />
229<br />
alessiopaolo.pdf 20/04/2010 7.53.31<br />
REGIONI NUMERI<br />
Emilia-Romagna<br />
Bologna<br />
Ferrara<br />
Forlì-Cesena<br />
Modena<br />
Parma<br />
Piacenza<br />
Ravenna<br />
Reggio-Emilia<br />
Rimini<br />
Toscana<br />
Arezzo<br />
Firenze<br />
Grosseto<br />
Livorno<br />
Lucca<br />
Massa-Carrara<br />
Pisa<br />
Pistoia<br />
Prato<br />
Siena<br />
Umbria<br />
Perugia<br />
Terni<br />
Marche<br />
Ancona<br />
Ascoli Piceno<br />
Fermo<br />
Macerata<br />
Pesaro-Urbino<br />
Lazio<br />
Frosinone<br />
Latina<br />
Rieti<br />
Roma<br />
Viterbo<br />
Abruzzo<br />
L’Aquila<br />
Chieti<br />
Pescara<br />
Teramo<br />
Molise<br />
Campobasso<br />
Isernia<br />
ATTENZIONE AI FURBI<br />
In un articolo apparso su Repubblica il 2 luglio 2010, Davide<br />
Carlucci tracciava un quadro sconfortante del mondo noprofit<br />
in Italia: truffe, evasioni totali, paraventi dietro ai quali<br />
celare attività tutt’altro che senza fini di lucro. Si scopre<br />
così che dietro a titoli come «l’associazione ha come scopo<br />
l’organizzazione del tempo libero dei propri associati, attraverso<br />
l’offerta di una vasta gamma di giochi audiovisivi,<br />
quali videogame e biliardi, calcetti ecc, in un ambiente teso<br />
a stimolare la civile convivenza ed al rapporto tra i soci» si<br />
nasconde una sala giochi di Catania. Ci sono poi night club<br />
e privé inseriti nella Federazione italiana per la tutela dei<br />
Governative (ONG), queste ultime operanti nel campo<br />
specifico della cooperazione allo sviluppo.<br />
A loro volta le ONLUS si distinguono da tutti gli enti noprofit<br />
in base al soggetto beneficiario dell’attività, che<br />
dev’essere sempre terzo e non interno all’associazione<br />
(come accade per le società sportive, ad esempio). In Italia<br />
sono presenti oltre 235.000 enti no-profit: di queste,<br />
più di 32.000 sono ONLUS. Ancora, fra le oltre 235.000<br />
istituzioni no-profit, sul sito dell’Agenzia delle Entrate<br />
sono registrate al 31 dicembre 2011 42.724 aventi diritto<br />
al Cinque per Mille. Si badi che in questo elenco sono<br />
comprese anche università e cooperative, che di certo non<br />
sono associazioni di volontariato: tuttavia, oltre l’80% è<br />
costituito per l’appunto da ONLUS.<br />
<strong>39</strong>73<br />
916<br />
270<br />
424<br />
493<br />
460<br />
327<br />
362<br />
477<br />
244<br />
3014<br />
243<br />
963<br />
161<br />
2<strong>39</strong><br />
297<br />
112<br />
311<br />
203<br />
204<br />
281<br />
676<br />
530<br />
146<br />
1075<br />
417<br />
143<br />
87<br />
198<br />
230<br />
<strong>39</strong>92<br />
245<br />
285<br />
104<br />
3176<br />
182<br />
7<strong>39</strong><br />
204<br />
204<br />
193<br />
138<br />
318<br />
183<br />
135<br />
REGIONI NUMERI<br />
Campania<br />
Avellino<br />
Benevento<br />
Caserta<br />
Napoli<br />
Salerno<br />
Puglia<br />
Bari<br />
Barletta-Andria-Trani<br />
Brindisi<br />
Foggia<br />
Lecce<br />
Taranto<br />
Basilicata<br />
Materia<br />
Potenza<br />
Calabria<br />
Catanzaro<br />
Cosenza<br />
Crotone<br />
Reggio Calabria<br />
Vibo Valentia<br />
Sicilia<br />
Agrigento<br />
Caltanissetta<br />
Catania<br />
Enna<br />
Messina<br />
Palermo<br />
Ragusa<br />
Siracusa<br />
Trapani<br />
Sardegna<br />
Cagliari<br />
Carbonia-Iglesias<br />
Medio-Campidano<br />
Nuoro<br />
Ogliastra<br />
Olbia-Tempio<br />
Oristano<br />
Sassari<br />
2060<br />
232<br />
120<br />
263<br />
976<br />
469<br />
1942<br />
594<br />
137<br />
235<br />
331<br />
407<br />
238<br />
478<br />
150<br />
328<br />
1637<br />
193<br />
967<br />
64<br />
315<br />
98<br />
2517<br />
186<br />
129<br />
506<br />
126<br />
<strong>39</strong>6<br />
603<br />
168<br />
224<br />
179<br />
1134<br />
490<br />
75<br />
62<br />
99<br />
27<br />
81<br />
109<br />
191<br />
diritti e delle libertà (Federsex), misteriosa organizzazione<br />
che permette anche di «aprire un locale alternativo» con<br />
tanto di «certificazione per la somministrazione di bevande<br />
e alcolici». E ancora agriturismi, bar, ristoranti, alberghi,<br />
centri fitness e benessere, palestre: una galassia che, a quanto<br />
pare, sottrae allo Stato fra 1 e 2 miliardi di euro, pari al<br />
5-10% delle risorse mosse dall’economia sociale secondo<br />
il rapporto 2008 del Cnel-Istat (23 miliardi di euro). Il consiglio<br />
è sempre lo stesso: vigilare su chi ci chiede denaro e<br />
verificare che questo arrivi davvero nelle mani giuste.<br />
VANNI VERONESI<br />
‘UOMINI COME NOI’:<br />
UN’ATTIVITÀ SENZA SOSTA<br />
E ORA UN<br />
NUOVO MAGAZZINO.<br />
Inaugurazione sabato 17 marzo alle ore 11,<br />
in via Da Risieris nº 16<br />
Aiutare il prossimo… aiutando il prossimo! È l’esempio<br />
concreto dato dalle decine di uomini e donne come noi,<br />
ovvero tutti i volontari protagonisti da anni della tradizionale<br />
raccolta degli indumenti e dei materiali ferrosi,<br />
nonché del mercatino dell’usato i cui ricavati vengono<br />
devoluti alle missioni diocesane.<br />
Un’opera di volontariato che quest’anno festeggerà la<br />
quarantacinquesima candelina, regalandosi un’importante<br />
novità.<br />
Il prossimo 17 marzo, infatti, verrà inaugurato in via Da<br />
Risieris 16 il nuovo magazzino che ospiterà tutta la mobilia<br />
offerta dalle famiglie cervignanesi e del mandamento,<br />
proprio in favore del mercatino UCN (Uomini Come Noi,<br />
per l’appunto).<br />
«Durante l’iniziativa del Mercatino dell’Usato che la parrocchia<br />
propone ogni anno attraverso l’organizzazione<br />
UCN nei mesi di aprile-maggio a favore delle missioni<br />
diocesane – spiega il coordinatore UCN, Sergio Odoni –<br />
è emersa l’esigenza di disporre di un luogo che fungesse<br />
da deposito, ma anche da sala espositiva per mobilia di<br />
ogni genere che le famiglie di Cervignano e del mandamento<br />
offrono gratuitamente per azioni di solidarietà.<br />
Un’esigenza che ha trovato risposta grazie alla sensibilità<br />
dell’amministrazione comunale che, oltre a patrocinare<br />
ogni anno la nostra iniziativa, ha messo a disposizione<br />
della parrocchia un locale di sua proprietà».<br />
L’occasione per fornire sostegno non solo alle necessità<br />
del continente africano, ma anche alle numerose famiglie<br />
del territorio.<br />
«Sempre più utenti – racconta Odoni – presentavano richiesta<br />
di poter disporre anche in altri periodi dell’anno di<br />
mobilia da utilizzare per l’arredo di casa: cucine, camere,<br />
salotti, divani, tavoli, sedie e quant’altro. Da qui l’idea del<br />
deposito permanente».<br />
Nello stabile di via Da Risieris trovano posto anche numerosi<br />
elettrodomestici, come lavatrici e televisori; inoltre<br />
è stata allestita un’area dedicata all’abbigliamento,<br />
mentre una stanza è adibita alla selezione dei materiali<br />
donati e alla spiegazione del loro funzionamento prima<br />
dell’esposizione.<br />
In un’altra area dedicata, infine, troverà posto il materiale<br />
di segreteria e logistico: tende e attrezzature varie utili<br />
all’organizzazione dell’operazione Uomini Come Noi.<br />
«Di norma – sottolinea Odoni – gli utenti sono famiglie<br />
di nazionalità comunitaria ed extracomunitaria ma anche<br />
persone che per svariati motivi hanno la necessita di arredare<br />
l’abitazione con poca spesa. L’organizzazione provvede<br />
al trasporto dei materiali con proprio automezzo e,<br />
nei casi di necessità, anche al montaggio dei mobili presso<br />
le abitazioni delle persone bisognose».<br />
Per il prossimo Mercatino dell’usato (in programma dal<br />
26 al 29 aprile e dal 4 al 6 maggio; la Raccolta si svolgerà<br />
il 5 e 6 maggio) le persone interessate potranno vi-
Alcune immagini del deposito.<br />
Sabato 17 marzo<br />
Inaugurazione deposito UCN<br />
in via Da Risieris 16<br />
Ore 11.00 Saluti e brevi interventi delle autorità<br />
Ore 11.30 Taglio del Nastro; a seguire visita<br />
dell’immobile e rinfresco.<br />
sionare i mobili presso il magazzino. Questo<br />
permetterà ai volontari dell’organizzazione<br />
di non dover trasportare, rimontare e smontare<br />
i mobili presso la sala parrocchiale, dove<br />
invece si potranno visionare su video sia la<br />
mobilia che le attrezzature ingombranti o pesanti<br />
depositate in magazzino.<br />
«Al momento – conclude Odoni – si eseguono<br />
consegne su specifiche richieste o segnalazioni.<br />
I responsabili non escludono in un<br />
prossimo futuro di poter aprire il magazzino<br />
ai visitatori una o due volte al mese in date<br />
predefinite: ciò dipenderà dall’adesione che le<br />
persone potranno garantire. Questo sarà deciso<br />
in una eventuale assemblea dei volontari».<br />
i numeri e la legislazione<br />
IL VOLONTARIATO, LE ONLUS E<br />
LA LEGISLAZIONE ITALIANA<br />
Stralci della legge quadro n. 266 del 1991 sul volontariato:<br />
i punti fondamentali<br />
Art. 2. Attività di volontariato<br />
1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve<br />
intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito,<br />
tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza<br />
fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di<br />
solidarietà.<br />
2. L’attività del volontariato non può essere retribuita in alcun<br />
modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono<br />
essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza<br />
le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro<br />
limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.<br />
3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma<br />
di rapporto di lavoro subordinato o autonome e con ogni altro<br />
rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui<br />
fa parte.<br />
Art. 3. <strong>Org</strong>anizzazioni di volontariato<br />
1. È considerato organizzazione di volontariato ogni organismo<br />
liberamente costituito al fine di svolgere l’attività di cui<br />
all’articolo 2, che si avvalga in modo determinante e prevalente<br />
delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri<br />
aderenti.<br />
2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma<br />
giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro<br />
fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico.<br />
3. Negli accordi degli aderenti, nell’atto costitutivo o nello statuto,<br />
oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse<br />
forme giuridiche che l’organizzazione assume, devono essere<br />
espressamente previsti l’assenza di fini di lucro, la democraticità<br />
della struttura, l’elettività e la gratuità delle cariche associative<br />
nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti,<br />
i criteri di ammissione e di esclusione e di questi ultimi,<br />
i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l’obbligo<br />
di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i<br />
contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione<br />
dello stesso da parte dell’assemblea degli aderenti.<br />
4. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori<br />
dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo<br />
esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento<br />
oppure occorrenti a qualificare o specializzare l’attività<br />
da esse svolta.<br />
5. Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante<br />
strutture proprie o, nelle forme e nei modi previsti dalla<br />
legge, nell’ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate.<br />
Art. 5. Risorse economiche<br />
1. Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche<br />
per il loro funzionamento e per lo svolgimento della<br />
propria attività da: contributi degli aderenti; contributi di privati;<br />
contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati<br />
esclusivamente al sostegno di specifiche e documentare<br />
attività o progetti; contributi di organismi internazionali; donazioni<br />
e lasciti testamentari; rimborsi derivanti da convenzioni;<br />
entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali.<br />
2. Le organizzazioni di volontariato, prive di personalità giuridica,<br />
iscritte nei registri di cui all’articolo 6, possono acquistare<br />
beni mobili registrati e beni immobili occorrenti per lo svolgimento<br />
della propria attività. Possono inoltre, in deroga agli articoli<br />
600 e 786 del codice civile, accettare donazioni e, con beneficio<br />
d’inventario, lasciti testamentari, destinando i beni ricevuti<br />
e le loro rendite esclusivamente al conseguimento delle finalità<br />
previste dagli accordi, dall’atto costitutivo e dallo statuto.<br />
3. I beni di cui al comma 2 sono intestati alle organizzazioni.<br />
Ai fini della trascrizione dei relativi acquisti si applicano gli<br />
articoli 2659 e 2660 del codice civile.<br />
4. In caso di scioglimento, cessazione ovvero estinzione delle<br />
organizzazioni di volontariato, ed indipendentemente dalla<br />
loro forma giuridica, i beni che residuano dopo l’esaurimento<br />
della liquidazione sono devoluti ad altre organizzazioni di volontariato<br />
operanti in identico o analogo settore, secondo le indicazioni<br />
contenute nello statuto o negli accordi degli aderenti,<br />
o, in mancanza, secondo le disposizioni del codice civile.<br />
seidonna.pdf 1 05/06/2011 22:36:21<br />
Art. 8. Agevolazione fiscali<br />
1. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato di cui<br />
all’articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e<br />
quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti<br />
dall’imposta di bollo e dall’imposta di registro.<br />
2. Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato<br />
di cui all’articolo 3, costituite esclusivamente per fini solidarietà,<br />
non si considerano cessioni di beni né prestazioni di servizi<br />
ai fini dell’imposta sul valore aggiunto; le donazioni e le<br />
attribuzioni di eredità o di legato sono esenti da ogni imposta<br />
a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i<br />
fini su indicati.<br />
3. All’articolo 17 della legge 29 dicembre 1990, n.408, come<br />
modificato dall’articolo 1 della legge 25 marzo 1991, n.102,<br />
dopo il comma 1-bis è aggiunto il seguente: “1-ter. Con i decreti<br />
legislativi di cui al comma 1, e secondo i medesimi principi<br />
e criteri direttivi, saranno introdotte misure volte a favorire<br />
le erogazioni liberali in denaro a favore delle organizzazioni<br />
di volontariato costituite esclusivamente ai fini di solidarietà,<br />
purché le attività siano destinate a finalità di volontariato, riconosciute<br />
idonee in base alla normativa vigente in materia e che<br />
risultano iscritte senza interruzione da almeno due anni negli<br />
apposti registri. A tal fine, in deroga alle disposizione di cui alla<br />
lettera a) del comma 1, dovrà essere prevista la deducibilità<br />
delle predette erogazioni, ai sensi degli articoli 10, 65 e 110<br />
del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto<br />
del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, e<br />
successive modificazioni e integrazioni, per un ammontare non<br />
superiore a lire 2 milioni ovvero, ai fini del reddito di impresa,<br />
nella misura del 50 per cento della somma erogata entro il limite<br />
del 2 per cento degli utili dichiarati e fino ad un massimo<br />
di lire 100 milioni.”<br />
4. I proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali<br />
non costituiscono redditi imponibili ai fini dell’imposta<br />
sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell’imposta<br />
locale sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale<br />
impiego per i fini istituzionali dell’organizzazione di volontariato.<br />
Sulle domande di esenzione, previo accertamento<br />
della natura e dell’entità delle attività, decide il Ministero delle<br />
Finanze con proprio decreto, di concerto con il Ministero per<br />
gli Affari Sociali.<br />
Art. 13. Limiti di applicabilità<br />
1. È fatta salva la normativa vigente per le attività di volontariato<br />
non contemplate nella presente legge, con particolare<br />
riferimento alle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo,<br />
di protezione civile e a quelle connesse con il servizio<br />
civile sostitutivo di cui alla legge 15 dicembre 1972, n.772.<br />
Cos’è una ONLUS: il decreto legge n. 460 del 4 dicembre<br />
1997<br />
ONLUS è un acronimo per <strong>Org</strong>anizzazione Non Lucrativa di<br />
Utilità Sociale, le cui caratteristiche sono determinate dal decreto<br />
legge n. 460 del 4 dicembre 1997. Secondo questa legge,<br />
possono diventare ONLUS solo i seguenti soggetti una volta<br />
iscritti alla relativa Anagrafe nazionale:<br />
• le organizzazioni di volontariato purché iscritte nei registri<br />
regionali delle organizzazioni di volontariato<br />
• le <strong>Org</strong>anizzazioni Non Governative<br />
• le cooperative sociali<br />
• i consorzi di cooperative sociali formati al 100% da cooperative<br />
sociali<br />
• le fondazioni<br />
• altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica<br />
Tali associazioni, comitati, fondazioni, società cooperative<br />
e altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica,<br />
devono dotarsi di statuti o atti costitutivi, redatti nella<br />
forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o<br />
registrata. La qualifica di ONLUS attribuisce la possibilità di<br />
godere di agevolazioni fiscali. I soggetti espressamente esclusi<br />
sono: enti pubblici, società commerciali, diverse da quelle<br />
cooperative, fondazioni bancarie, partiti e movimenti politici,<br />
sindacati, associazioni dei datori di lavoro e di categoria.<br />
VANNI VERONESI<br />
ALTA UOTA<br />
3<br />
in uotattualità
4<br />
ALTA UOTA in uotattualità<br />
AVIS:<br />
«PROMUOVERE IL<br />
DONO È LA NOSTRA<br />
MISSIONE»<br />
Tra le principali ricchezze di Cervignano c’è<br />
sicuramente la sua nutrita rete di associazioni.<br />
Tra queste, un ruolo importante è quello rivestito<br />
dall’AVIS (Associazione Volontari Italiani del<br />
Sangue), che da parecchi anni si occupa di promuovere<br />
la cultura del dono tra i cittadini. A dar<br />
voce agli associati sono UMBERTO BOLZICCO,<br />
da poco presidente della sezione cervignanese, e<br />
ALVARO PASCOLI, componente del direttivo da<br />
più di 10 anni, e segretario quasi da altrettanti.<br />
«Contiamo circa un centinaio di iscritti, che per<br />
una realtà come quella cervignanese non sono<br />
molti – spiegano- ma bisogna considerare che<br />
quasi tutti sono donatori effettivi, solo qualche<br />
associato non lo è più, per motivi di salute o per<br />
raggiunti limiti d’età».<br />
- Quali attività svolgete?<br />
«Il nostro principale interesse è quello di diffondere<br />
la donazione del sangue come atto di<br />
responsabilità e di altruismo. Crediamo che la<br />
cultura del dono del sangue sia un vero e proprio<br />
elemento di educazione civica, e per questo ci<br />
occupiamo anche di far propaganda nelle scuole,<br />
sia inferioriori sia superiori. I risultati sono positivi,<br />
perché in questi anni abbiamo avuto un buon<br />
numero di nuovi donatori provenienti dalle scuole<br />
superiori. L’AVIS non è l’unica associazione<br />
di donatori di Cervignano, c’è anche l’AFDS,<br />
con la quale abbiamo rapporti di collaborazione.<br />
Inoltre, talvolta organizziamo attività un po’ diverse:<br />
di recente si sono tenute gare di bocce e di<br />
pesca promosse dalla nostra associazione, sempre<br />
con l’obiettivo di diffondere la cultura della<br />
donazione».<br />
- Dunque, la vostra associazione si occupa di offrire<br />
agli associati anche occasioni ricreative?<br />
«Questo tipo di attività è molto minoritario: è<br />
vero, organizziamo qualche gita, oppure il pranzo<br />
e la cena sociale annuale, ma si tratta di aspetti<br />
tutto sommato marginali. Ogni cinque anni, in<br />
particolare, teniamo uno scambio con la nostra<br />
sezione gemella, in provincia di Lecco».<br />
- Che cosa vi ha spinto ad impegnarvi nel mondo<br />
del volontariato? Qual è secondo voi il senso profondo<br />
del fare volontariato?<br />
«Come tanti, ci siamo avvicinati alla donazione<br />
del sangue convinti che fosse un gesto semplice<br />
e importante. Abbiamo poi ritenuto che valesse<br />
la pena d’impegnare parte del nostro tempo per<br />
promuovere questa attività, in particolare tra i<br />
giovani. Sono loro infatti i primi destinatari dei<br />
nostri sforzi, per un innegabile problema di ricambio<br />
generazionale all’interno dell’associazione<br />
e fra i donatori in generale».<br />
- C’è qualche episodio che vi ha colpito particolarmente,<br />
che vi ha dato una motivazione in più<br />
per proseguire nel vostro percorso?<br />
«Possiamo citare soprattutto gl’incontri che abbiamo<br />
avuto con donatori di altre sezioni, in particolare<br />
a Chioggia e a Comacchio: ricordiamo la<br />
calorosissima accoglienza che abbiamo ricevuto.<br />
Sono episodi che fanno riflettere: in fondo, l’impegno<br />
e la dedizione verso il dono del sangue era<br />
l’unica cosa che ci accomunava a quelle persone,<br />
ma ciò bastava per sentirsi amici».<br />
- C’è chi accusa il mondo dell’associazionismo di<br />
essere troppe volte intriso di interessi politici e<br />
convenienza personale…che cosa ne pensate?<br />
«Se per politica s’intende aver contatti con altre<br />
persone o gruppi, questo fa sicuramente parte del<br />
gioco, e non crediamo affatto che sia negativo.<br />
Per quanto riguarda gli interessi personali, può<br />
darsi che qualcuno, in malafede, voglia farli entrare<br />
nella realtà associativa, ma non è certo il<br />
nostro caso. Pensiamo invece che il mondo del<br />
volontariato meriti di essere maggiormente valorizzato,<br />
anche da parte della stessa politica, e che<br />
i cittadini debbano essere spronati a impegnarsi<br />
attivamente in questo campo».<br />
ALESSANDRO MORLACCO<br />
VOLONTARIATO:<br />
AFDS:<br />
«SEMPRE IN PRIMA<br />
LINEA NELLA<br />
SOLIDARIETÀ»<br />
Il dono del sangue è innanzitutto un dovere<br />
civile. Questo ciò che emerge dalle parole<br />
di TATIANA PERUZZI, 41 anni, residente a<br />
Scodovacca. Da parecchi anni Tatiana unisce<br />
all’impegno di essere mamma e moglie un’attiva<br />
partecipazione al mondo delle associazioni<br />
di volontariato. «Per motivi affettivi – esordisce<br />
– sono legata a Villa Vicentina, e questo mi<br />
ha portato a far parte del Direttivo della locale<br />
sezione dell’AFDS».<br />
- In cosa consiste l’attività della sua associazione?<br />
«L’Associazione Friulana Donatori di Sangue<br />
(AFDS) è un’organizzazione che conta oltre<br />
50.000 iscritti, i quali con il gesto generoso e<br />
altruistico del dono del sangue e di emoderivati<br />
contribuiscono a salvare la vita a persone che<br />
necessitano di emotrasfusioni a causa di gravi<br />
malattie, di incidenti o di trapianti d’organo».<br />
- Cosa l’ha spinta a intraprendere questo percorso?<br />
«A 20 anni sono diventata donatrice spinta solo<br />
da un senso di dovere umano, senza pormi troppo<br />
il problema delle motivazioni che potessero<br />
esserci alla base: mi sembrava un gesto naturale.<br />
Dopo ventun anni lo confermo, anzi, credo<br />
che chi ha la fortuna di essere in buona salute<br />
dovrebbe sentirsi quasi obbligato a donare sangue!<br />
- Qual è, secondo lei, il senso profonde del fare<br />
volontariato?<br />
«Donare sangue o far parte di una qualsiasi attività<br />
che abbia una finalità di solidarietà sociale<br />
significa semplicemente essere persone dotate<br />
di una discreta educazione civile, culturale, sociale<br />
e sanitaria. Per fortuna, in Friuli di gente<br />
così ce n’è tanta, ed è grazie a loro che le associazioni<br />
come la nostra possono continuare a<br />
prosperare!».<br />
- Quali sono secondo lei gli aspetti negativi del<br />
mondo del volontariato?<br />
«L’unico aspetto ‘negativo’, ma che può essere<br />
considerato tale solo fino a un certo punto,<br />
è che dobbiamo insistere e lavorare parecchio<br />
sulla sensibilizzazione al dono del sangue.<br />
Spiace dirlo, ma qualche volta ci troviamo di<br />
fronte giovani (ma non solo), che devono lottare<br />
con la paura dell’ago o con uno stile di vita non<br />
proprio salutare (abuso di alcol, alimentazione<br />
scorretta, fumo, rapporti sessuali a rischio).<br />
Noi, nel nostro piccolo, ce la stiamo mettendo<br />
tutta a diffondere la cultura del dono già nelle<br />
scuole, fin dalla 5ª elementare, perché questi ragazzi<br />
possano diventare i donatori di domani!».<br />
- Quale bilancio si sente di tracciare, dunque, della<br />
sua attività di volontaria?<br />
«Sicuramente molto positivo. Finchè avrò salute<br />
continuerò a donare con convinzione e fiducia,<br />
forte del nostro motto: “non so per chi, ma<br />
so perché”. La cosa importante è non smarrire<br />
mai il senso di ciò che si fa. Con la stessa attenzione<br />
vorrei proseguire nel percorso di sensibilizzazione<br />
che la mia Sezione, insieme alle<br />
consorelle della Litoranea Orientale, sta conducendo<br />
in tutta la Bassa Friulana».<br />
ALESSANDRO MORLACCO<br />
«FARE IL VOLONTARIO<br />
TI RIEMPIE LA VITA…»<br />
MANOLA SGUBIN, SOCCORRITRICE<br />
NELLA CROCE VERDE<br />
Un’intensa esperienza nella Croce Verde,<br />
dai primi passi alla maturità: la testimonianza<br />
di chi opera in questa realtà<br />
consolidata da più di vent’anni a Cervignano.<br />
- Come hai cominciato la tua esperienza<br />
nel mondo del volontariato?<br />
«È iniziata quasi per caso, diciamo che<br />
ho sempre avuto lo spirito dell’altruismo<br />
e quindi col tempo ho cercato uno<br />
sbocco concreto e ho trovato nella Croce<br />
Verde la mia passione. Avevano attaccato<br />
la locandina nel panificio dove lavoro e<br />
da lì mi è venuto l’input per cominciare<br />
quest’avventura. Ho fatto il primo corso,<br />
successivamente quello pratico e dopodichè sono diventata volontaria a tutti<br />
gli effetti».<br />
- Cosa comporta questo tipo di volontariato?<br />
«Dal punto di vista fisico è parecchio impegnativo: il turno classico è di 7<br />
ore, mentre quello della notte è di 12 ore. Lo sforzo fisico è notevole, anche<br />
perché, pur non avendo figli, ho comunque un lavoro e degli impegni, per cui<br />
conciliare il tutto non è facile».<br />
- Qual è la gratitudine che si raccoglie in un servizio così tempestivo ma allo<br />
stesso tempo delicato?<br />
«Innanzitutto quando vai a casa ti lasci alle spalle tutti i pensieri e i problemi<br />
quotidiani: questo servizio ti fa toccare con mano i problemi e i disagi di tante<br />
persone e ti fa comprendere quanta sofferenza c’è in tante case. Riesci a percepire<br />
quali sono i veri valori che oggi sembrano essere persi. Nessuno ti chiede<br />
di fare il supereroe, basta poter donare un po’ del proprio tempo e soprattutto<br />
farlo non come fosse un peso».<br />
- Il volontariato può essere anche un punto di aggregazione e di amicizie molto<br />
forti…<br />
«Certamente, nel tempo ho avuto modo di stringere delle belle amicizie, spesso<br />
ci si trova fuori per cene o per passare delle serate assieme, quindi parte<br />
della tua vita, condividendo anche le piccole cose».<br />
- Raccontaci le prime esperienze sul campo…<br />
«La prima volta avevo il cuore in gola, c’era la paura di sbagliare e molta adrenalina,<br />
per fortuna ero affiancata dal mio tutor e ho superato le prime difficoltà.<br />
Avere una persona che ti spiega come gestirti agli inizi vuol dire tanto, perché<br />
hai modo di imparare come si deve operare in maniera corretta. Non sai mai<br />
quello che ti trovi davanti, ricordo che ai primi tempi mi è capitato di dover<br />
rianimare una persona anziana che purtroppo non si è salvata… Il dispiacere era<br />
tanto nonostante avessimo fatto tutta la procedura: ti rimane sempre quel senso<br />
di tristezza a livello umano».<br />
- Nel tempo queste sensazioni cambiano?<br />
«Anche dopo aver fatto duemila trasporti capisci da solo che sono tutti diversi<br />
gli uni dagli altri, ognuno con una persona e una storia dietro. Quando ti capita<br />
di prestare soccordo a qualcuno che ha avuto un incidente grave, e ti accorgi che<br />
è una persona che conosci, la componente emotiva può giocare brutti scherzi.<br />
L’anima del soccorritore rimane sempre, anche quando togli la divisa, se lo fai<br />
davvero col cuore ti rimane dentro l’istinto di metterti in gioco magari anche a<br />
tuo rischio e pericolo».<br />
- Che rapporto si instaura tra la persona soccorsa e il volontario?<br />
«Quando si tratta di trasporto di anziani per la dialisi, nasce un vero e proprio<br />
rapporto di amicizia e di scambio di battute: anche se queste persone stanno<br />
male trovano sempre la forza di sorridere insieme a te.<br />
Come volontaria, se la persona soccorsa per un qualsiasi incidente non si salva<br />
ci rimani sempre male, se riesci a salvarla ti rendi conto che anche se hai fatto<br />
poco in realtà hai fatto tanto… la tua decisione di fare volontariato ti gratifica<br />
proprio in questi momenti, e ti rendi conto che è una scelta giusta e altruistica.<br />
Questo fa la differenza tra un volontario con la ‘v’ maiuscola e una persona che<br />
lo fa per mettersi in mostra e magari poi abbandona la causa velocemente».<br />
- Il problema del ricambio generazionale immagino si avverta anche in questo<br />
contesto…<br />
«In Croce Verde passiamo dal volontario ultrasessantenne pensionato al volontario<br />
dai trent’anni in su, quindi manca la fascia di età tra i venti e i trenta. Non<br />
saprei dirti con certezza perché manchino i giovani, personalmente penso che<br />
manchi una cultura di fondo del volontariato e del darsi agli altri. Oggi i giovani<br />
sono più egoisti di un tempo, il volontario è una persona che non chiede niente,<br />
non riceve nulla in cambio, quello che ti ripaga è ben altro…la certezza di aver<br />
contribuito nel tuo piccolo a fare del bene, ad aiutare chi ha bisogno o per una<br />
giusta causa. Nella società attuale spesso sembra che sia tutto dovuto, quasi<br />
come fosse obbligatorio avere qualcosa in cambio di un favore o di un aiuto».<br />
- Se dovessi convincere una persona scettica nei confronti del volontariato<br />
cosa le diresti?<br />
«Potrei ricordarle che tutti noi abbiamo una famiglia e che prima o poi potremmo<br />
aver bisogno di un servizio come il nostro, in futuro mi piacerebbe e spero che<br />
la croce verde sia supportata da persone che abbiano passione e che prendano a<br />
cuore questa missione col giusto spirito. Non dobbiamo considerare il soccorso<br />
come un peso, bensì come una ‘persona’».<br />
SANDRO CAMPISI
i protagonisti<br />
CARITAS<br />
IN ASCOLTO DEI BISOGNI DEI PIÙ DEBOLI<br />
«Il cuore e il silenzio sono due cose molto importante per coloro<br />
che offrono il servizio per la Caritas. Per quanto riguarda<br />
il silenzio siamo donne e per questo si corre un certo rischio,<br />
ma il Signore ci dona la forza per mantenerlo». ANNA<br />
BUFFIN, dalle origini dell’associazione è componente della<br />
Caritas di Cervignano del Friuli.<br />
- Da quanto tempo lavori per la Caritas?<br />
«Non si può usare l’espressione ‘da quanto tempo’ in quanto<br />
la Caritas, qui a Cervignano, è nata assieme a me e ad<br />
altre signore che si sono ritrovate per dare vita a un gruppo<br />
che rispondesse ai bisogni e alle difficoltà che si potevano<br />
incontrare sul territorio. Questo secondo l’intuizione e i suggerimenti<br />
del parroco di allora Don Nino Carletti, che ha<br />
risposto fedelmente a quanto Papa Paolo VI aveva previsto:<br />
riorganizzare il tema della carità.<br />
La Caritas è un organismo pastorale, non un gruppo, che<br />
opera nelle parrocchie in modo omogeneo con liturgia e catechesi.<br />
Sono molto importanti i momenti di preghiera e di<br />
gruppo: ora lavoriamo anche a livello di zona pastorale».<br />
- Come mai hai deciso di offrire il tuo servizio?<br />
«A vent’anni sono stata coinvolta in questa avventura che fin dal principio mi ha trovato disponibile e anche entusiasta<br />
di rispondere al comandamento ‘amatevi come io ho amato voi’.<br />
Questo succedeva nel 1976 e da quella volta siamo andati avanti fino ai giorni nostri, in cui la Caritas italiana ha<br />
compiuto 40 anni, noi qualcuno in meno».<br />
- Come mai la Caritas?<br />
«Il gruppo delle signore che si erano sentite motivate da questo invito del parroco si riuniva ogni primo martedì<br />
del mese per discutere e fare una riflessione sulla tematica della carità, prendendo in considerazione i casi che si<br />
erano presentati nel mese precedente e le situazioni di difficoltà di cui il parroco veniva a conoscenza. Il nostro<br />
apprendistato è iniziato visitando le famiglie.<br />
Ho partecipato a diversi convegni di Caritas ed è stato tutto un arricchirsi per essere sempre più preparati ad affrontare<br />
il lavoro. Siccome avevo più tempo degli altri, senza incarichi di famiglia, sono stata coinvolta anche nella Caritas<br />
Diocesana con la quale ho avuto una grande ed una importante formazione che ha appianato le mie debolezze<br />
e mi ha dato la carica per quello che stavo facendo. Nessuna di noi aveva fatto corsi per potersi approcciare con le<br />
persone che incontrava. In questo è stato molto di aiuto il parroco, che ci ha molto seguito e ci dava l’input giusto<br />
per andare in una o in un’altra famiglia. Così venivo a conoscenza di qualcosa di strano o di persone che avevano<br />
bisogno di sostegno e di visita nella nostra comunità».<br />
- Qual è il tuo operato all’interno dell’associazione?<br />
«Ora curo il Centro di Ascolto assieme alla signora Paola, un’altra componente della Caritas.<br />
Il mio personale vivere in Caritas mi ha portato negli anni ad avere un piede nell’amministrazione comunale,<br />
infatti facevo parte della commissione assistenza. Questo è stato per me un passo importante dal momento che<br />
l’assistente sociale arrivava in commissione con tutte le cartelle delle situazioni su cui discutere e mi sono trovata<br />
a conoscere perfettamente quasi tutte le situazioni che si presentavano anche al Comune. Conoscendo le opere che<br />
stava facendo il Comune e contemporaneamente la situazione presentata dalla gente che veniva da noi, svolgevo la<br />
funzione di mediazione. Se il Comune già assisteva, noi non potevamo fare altrettanto; quindi gli aiuti venivano<br />
valutati e nel caso di estrema necessità si interveniva.<br />
È venuto il tempo in cui la privacy ha portato assolutamente a non citare i nomi di coloro che avevano bisogno.<br />
L’assistente sociale arrivava in commissione a raccontare il caso e ci si trovava a dare un’opinione e discuterne<br />
senza conoscere le persone, ma spesso si venivano a conoscere lo stesso.<br />
Adesso invece l’amministrazione non fa più assistenza in questo modo. L’assistenza sociale lavora meglio, facendo<br />
agli interessati domande mirate che la Caritas non è autorizzata a fare. Per questo tra noi c’è una sorta di<br />
collaborazione».<br />
- Quali sono le motivazioni che spingono a continuare questo operato per la comunità?<br />
«Le motivazioni per continuare sono rimaste sempre vive, prima di tutto quella di essere di aiuto. Inoltre abbiamo<br />
imparato ad essere competenti nell’approccio con le persone e di incontrarle. Nei primi tempi si andava a trovare<br />
le persone che avevano bisogno di un aiuto a casa, poi abbiamo iniziato a fare la distribuzione della spesa dalla<br />
canonica e quindi a fare conoscenza con i bisogni e le varie situazioni di quel tempo, gli anni ’70. I bisogni non<br />
erano molto differenti da quelli di oggi, ma erano in numero minore».<br />
- Come mai?<br />
«Non c’era la crisi di lavoro di adesso. Quella volta inoltre non avevamo tanti fondi e si aiutava la gente prestandole<br />
piccole attenzioni».<br />
- Nel tempo trascorso in Caritas hai incontrato delle difficoltà?<br />
«Alle volte non si conoscevano bene le situazioni delle persone, per cui si era costretti ad andare un po’ a tentoni.<br />
Quando veniva presentato un caso mi sentivo sempre impotente perché ad andare in una casa non sapevo come<br />
presentarmi e cosa dire, quindi ero agitata.<br />
Nel mio trascorso di Caritas ho vissuto, non in prima persona ma molto da vicino, attraverso la guerra nei Balcani,<br />
la vita dei profughi nella caserma di Cervignano e tutto quanto era avvenuto nella trasmissione di fondi: beni sia<br />
per la Croazia che per la Bosnia passavano attraverso la Caritas diocesana, che era il punto di riferimento della<br />
Caritas nazionale in quel momento».<br />
- Come si svolge una giornata tipo in Caritas?<br />
«Non è ‘un giorno in Caritas’: i bisogni si presentano sempre nel giorno sbagliato in cui si opera. Capitavano o<br />
il sabato, o nelle feste. Il parroco era costretto a chiamare la persona addetta e quella doveva mettercela tutta per<br />
sopperire anche a situazioni che in quel momento non era possibile risolvere attraverso l’assistenza sociale. Questi<br />
servizi possono venire paragonati all’opera del Buon Samaritano, in fatto di elevazione di Spirito, infatti alla domenica<br />
era spiacevole dover fare servizio. Ma tutto quello che è possibile fare, si fa».<br />
- Quali sono le cose emozionanti che danno la forza di continuare ad essere d’aiuto?<br />
«Tutto quello che ho vissuto. È tutta una cosa emozionante e buona. Ho vissuto per uno scopo. Non essendomi<br />
sposata e non avendo famiglia, ho ritenuto di potermi dedicare completamente alla Caritas: considero questa una<br />
missione della mia vita.<br />
Quando ci si trova ad essere strumento per fare la volontà del Padre, si è portati ad essere più benevoli e accoglienti.<br />
Quando si perde la pazienza la si trova abbastanza presto. Questa è una cosa importante, infatti quando mi sono capitate<br />
delle cose che mi hanno demoralizzata, ho avuto la forza di ricominciare senza che la volontà mi venisse meno.<br />
Una cosa che mi ha molto colpito è stata vedere come le persone extracomunitarie che arrivano nel nostro paese si<br />
rispettino e si aiutino a vicenda, tra amici e familiari, quando si trovano in momenti di difficoltà. Cose del genere<br />
si vedono poco nella nostra realtà occidentale di oggigiorno, anche se le persone della nostra comunità sono molto<br />
vicine al gruppo della Caritas. C’è sempre qualcuno che si sente stimolato a dare una mano, e questo mi rende<br />
molto contenta di vivere a Cervignano».<br />
GIULIA BONIFACIO<br />
MATTEO COMUZZI<br />
CON ENTUSIASMO AL SERVIZIO DELLA COMUNITÀ<br />
«Per me volontariato è mettersi alla prova per sentirsi utili.<br />
Così facendo, io riesco a superare la timidezza e il senso<br />
di inferiorità che alle volte provo, anche a causa della mia<br />
disabilità fisica. Ogni attività che mi viene proposta nel mio<br />
fare volontariato mi aiuta a superare dei blocchi psicologici<br />
e mi aiuta a migliorare la stima in me stesso. Il ricreatorio<br />
è come una grande famiglia e ringrazio sempre tutti coloro<br />
che ne fanno parte, con particolare calore don Moris,<br />
Andrea Doncovio e Alex, che mi affianca durante le mie<br />
giornate trascorse al servizio della comunità.» Questo spiega<br />
MATTEO COMUZZI, classe 1974, che da più di un anno offre<br />
il suo servizio alla comunità del <strong>Ricre</strong>atorio San Michele, a<br />
Cervignano del Friuli.<br />
- Quando hai iniziato ad offrire questo servizio alla comunità?<br />
«Ho iniziato il 25 ottobre 2010».<br />
- Come mai hai deciso di fare volontariato per il <strong>Ricre</strong>atorio?<br />
«Il primo contatto con il volontariato non è stato con il<br />
<strong>Ricre</strong>atorio San Michele di Cervignano. Prima frequentavo<br />
la comunità missionaria di Villaregia di Pordenone ma, dal<br />
momento che il luogo è distante, cercavo qualche attività da<br />
svolgere per potermi rendere utile vicino casa.<br />
Inoltre da un po’ di tempo sono in cassa integrazione<br />
straordinaria, per cui sentivo l’esigenza di occupare il mio<br />
tempo rendendomi utile».<br />
- Come hai fatto a scoprire questa opportunità?<br />
«Ho cercato su internet ed è comparsa sul monitor la pagina<br />
del <strong>Ricre</strong>atorio. Un amico mi ha fatto conoscere don Moris,<br />
che mi ha riferito che stavano cercando dei volontari che<br />
potessero inserirsi all’interno del <strong>Ricre</strong>atorio. Il primo<br />
incontro con una persona che frequentava l’ambiente l’ho<br />
avuto con lui; in seguito ho conosciuto Andrea Doncovio, che<br />
non era ancora presidente del <strong>Ricre</strong>. Ho parlato con entrambi<br />
e mi hanno dato la possibilità di inserirmi in questa realtà così<br />
bella di Cervignano».<br />
- Il tuo primo impatto?<br />
«Buonissimo. Non mi sono sentito per niente a disagio! Mi<br />
piace vedere che all’interno del <strong>Ricre</strong>atorio gravitano tante<br />
associazioni e sono contento quando vedo i ragazzi che si<br />
impegnano nelle varie attività, anche assieme ai bambini. Il<br />
fatto che dei giovani vengano in <strong>Ricre</strong>atorio per donare il loro<br />
tempo non è così scontato».<br />
- In che cosa consiste il tuo aiuto qui?<br />
«Do una mano all’ufficio della segreteria del <strong>Ricre</strong>atorio.<br />
Le mie mansioni consistono nel controllare la gestione del<br />
campo in sintetico e aiutare nel fare sorveglianza. Gestisco<br />
anche la prenotazione della sala per attività o compleanni e<br />
mi occupo dei tesseramenti».<br />
- Il <strong>Ricre</strong>atorio è un luogo d’incontro molto importante non<br />
solo per coloro che fanno parte delle varie associazioni. Che<br />
sensazioni provi nel relazionarti con tante persone, anche di<br />
diverse fasce d’età, che frequentano il <strong>Ricre</strong>atorio?<br />
«Cervignano è una realtà più grande rispetto a Perteole, dove<br />
vivo, ma comunque mi trovo bene a contatto con la gente. Mi<br />
aiuta a vincere la timidezza e mi fa sentire utile».<br />
- Questo fatto ha cambiato la tua vita?<br />
«Sì. Ero un tipo abbastanza solitario e le uniche amicizie vere<br />
che ero riuscito a coltivare erano quelle allacciate all’interno<br />
della comunità di Villaregia; il problema è che la distanza<br />
non ha permesso di approfondirle. A Cervignano ho trovato<br />
quello che cercavo: sono contento delle amicizie che sono<br />
riuscito ad instaurare qui in <strong>Ricre</strong>atorio».<br />
GIULIA BONIFACIO<br />
ALTA UOTA<br />
5<br />
in uotattualità
6<br />
ALTA UOTA ba eka<br />
VERMICELLI AL RAGÙ DI TRIGLIE<br />
Pulite e spinate accuratamente, togliendo anche la codina,<br />
delle triglie medio-piccole. Quantità a piacere.<br />
Scaldate in un capace tegame, dell’ottimo olio sempre<br />
extra vergine di olive italiane (non di oli comunitari, in<br />
questo caso è scritto in caratteri piccolissimi in qualche<br />
parte recondita dell’etichetta), imbionditevi uno spicchio<br />
d’aglio che poi toglierete, passatevi le triglie aperte e, appena<br />
rosolate, spruzzatevi del vino bianco. Appena evaporato<br />
aggiungete della buona polpa di pomodoro, italiano,<br />
un po’ di prezzemolo, di peperoncino rosso (rifuggite<br />
dal micidiale pepe nero) e di origano, questo a seconda<br />
del gradimento. Ma almeno un pizzichino, a mio parere ci<br />
vuole, molti piatti di triglie al sugo lo richiedono. Aggiustate<br />
di sale; nel frattempo avete cucinato dei vermicelli<br />
che, scolati, verserete nel tegame, rigirateli fino a che si<br />
imbibiscano e servite. Buon appetito.<br />
PASSATO E PRESENTE<br />
NON È MAI TROPPO TARDI. Avendo meritato in disegno<br />
‘ornato’ sempre votazioni più vicino allo zero assoluto<br />
che relativo, mi è tornata alla mente la nota rubrica<br />
televisiva dei tempi andati, pronuba la frase allettante e<br />
‘solletichevole’ che descriveva il corso di disegno dell’Ute:<br />
«Come una semplice linea può prendere vita», dovuta,<br />
credo, ahi, ahi, alla bravissima docente Anna D’Agosti-<br />
Alta ucina<br />
i (si fa sempre per dire…)<br />
VITA VISSUTA E PRESENTE: NON È MAI TROPPO TARDI<br />
Un uomo che abita a circa 200 passi dal luogo di lavoro<br />
e i cui due più grandi piaceri alla fine della giornata<br />
di lavoro sono una cassetta di musica pop anni ’80 e un<br />
bicchiere di vino della propria vigna, coltivata e costruita<br />
con i risparmi di una vita. Lo stesso uomo è l’uomo chiave<br />
della multinazionale per cui lavora, e che al momento<br />
del tracollo è capace d’inventarsi un movimento finanziario<br />
per centinaia di miliardi di lire che porterà al più<br />
grande crack finanziario della storia europea del secondo<br />
dopoguerra. Si tratta del ragionier Botta, interpretato da<br />
Toni Servillo. È lui più di ogni altro il protagonista del<br />
Gioiellino (Andrea Molaioli, 2011), un film che racconta<br />
del tracollo finanziario della Parmalat, che prosciugò le<br />
tasche di migliaia di risparmiatori italiani.<br />
Manipolazione delle informazioni a danno dei cittadini,<br />
scambio di favori con molti rappresentanti di tutti i partiti<br />
politici, 14 miliardi di euro volatilizzati: il film di Molaioli,<br />
di Norman Rusin<br />
TERRE SENZA CONFINE<br />
Mercoledì sera sono stata ad<br />
ascoltare al Circolo Cerizza<br />
il poeta goriziano Giovanni<br />
Fierro.<br />
Nelle sue poesie Giovanni<br />
Fierro parla della quotidianità<br />
della sua vita e delle terre<br />
in cui questa è radicata:<br />
l’Isonzo, il Carso, San Michele, Caporetto, Gorizia.<br />
Luoghi con una storia forte e drammatica, fatta di persone,<br />
di culture, di incontri e di guerre.<br />
Nelle sue parole è forte il sentimento di appartenenza e il<br />
desiderio di raccontare una storia che, per noi friulani, è<br />
nis. È la volta buona che imparo a fare le vignette, pensai<br />
e, detto fatto, mi presento all’ora stabilita, ad iscrivermi.<br />
In quattro e quattr’otto, o meglio in uno ed uno due, grazie<br />
alla solerzia ed alla bravura dello staff dell’Ute, passo<br />
da una postazione ad una seconda, ed in un battibaleno,<br />
rispetto ad alcuni uffici pubblici e privati, mi trovo iscritto,<br />
munito di tessera, di istruzioni ed informazioni varie.<br />
All’ora d’inizio del corso, sono presente convinto di trovarmi,<br />
rapportandomi al campo calcistico di cui mi è più<br />
agevole la terminologia, se non insieme ad ‘amatori’ (non<br />
è un’allusione, egregia signora di cui al numero di dicembre,<br />
ma una categoria di sportivi che paga per giocare,<br />
senza rimborsi spese) o, tutt’al più a dilettanti di terza<br />
categoria (Strassoldo e Villa Vicentina) o di Eccellenza<br />
(Pro Cervignano). Ma pur sempre dilettanti. Ahimè, me<br />
meschino, mi trovo, credetemi, tra Pelè e Maradona, con<br />
Zoff, Yashin e Zamora, mitici numeri ‘uno’, Mazzola<br />
padre e figlio, Di Stefano, Rivera, Giggggirrriva e Matthews<br />
che la regina Elisabetta II nominò anche sir, Platini,<br />
Cruyff, Beckenbauer, Scirea, Baresi e qui mi fermo. Non<br />
solo, la new entry Marco, che si era dichiarato a mio livello,<br />
progettava e impostava bonsai e, se ben ricordo, anche<br />
mosaici, mentre il simpaticissimo Gianni, subito sciorinò<br />
sul banco una quantità di matite più vicina al centinaio<br />
che alla cinquantina, aggiungendo: «non sai quelle che ho<br />
a casa», che è anche la battuta finale della prima barzelletta<br />
della mia vita che ricordo dai tempi del liceo. (Que-<br />
presentato in questo momento della storia italiana, fa pensare<br />
al celebre verso del libro del Qoèlet «non c’è niente<br />
di nuovo sotto il sole». (1, 9) Per recuperare la speranza<br />
nella possibilità di raddrizzare questo paese rovesciato su<br />
un fianco, sedotto e poi abbandonato dai propri comandanti<br />
non resta che affidarsi alle parole dell’eterno cowboy:<br />
«Tutto ciò che conta ora è quello che ci sta di fronte» dice<br />
Clint Eastwood nella pubblicità girata per Chrysler-Fiat.<br />
Nel video di due minuti, l’ottantaduenne attore rilancia<br />
uno dei più influenti miti americani: non importa quante<br />
volte cadi, l’importante è quante volte ti rialzi. Il messaggio,<br />
costato milioni di dollari al gruppo guidato da<br />
Marchionne, è andato in onda durante il Superbowl, il più<br />
seguito spettacolo sportivo dell’anno negli Stati Uniti. Si<br />
calcola che circa 111 milioni di americani (e almeno un<br />
italiano) fossero davanti allo schermo quella sera (con le<br />
dita impiastricciate di ali di pollo in salsa piccante).<br />
LATTE, MESSAGGI<br />
E POSSIBILITÀ<br />
arteottica.pdf 15/02/2010 19.52.07 realemutua.pdf 1 20/02/2012 20:45:<strong>39</strong><br />
sta, sì, con palese allusione ma senza parolacce, come<br />
costumava un tempo). In conclusione prima del termine<br />
della lezione, tema il paesaggio, tutti i supposti ‘amatori’<br />
o dilettanti avevano disegnato un’opera d’arte. Ed io? Mi<br />
sono rifiutato di consegnare il mio elaborato, declassandomi<br />
ad ‘uditore’. Non solo, a conferma che l’Italia se<br />
non è più terra di santi e navigatori, (vedi Schettino), lo<br />
è certamente di artisti, poeti ed attori, ogni ‘opera d’arte’<br />
era accompagnata da poche note di elevato contenuto. Ad<br />
Majora.<br />
UN DETTO EVANGELICO AGGIORNATO. Sempre in<br />
tema di vita vissuta attuale, il supermercato è un luogo di<br />
incontri, in genere piacevoli, di scambi di opinioni e battute<br />
varie. Buona questa. Vi arrivo, spesso, sul filo dell’ora di<br />
chiusura e, cercando di farmi ‘perdonare’ dalla simpaticissima<br />
signora Dolores, dipendente del negozio, impegnata<br />
in varie attività, in un’occasione buttai là: «Beati gli ultimi…».<br />
«Eh, no – ribadì la Dolores, sorridendo, – al supermercato<br />
beati i primi…»; (certamente mi venne da pensare,<br />
perché hanno più scelta, ed accedono a qualche offerta<br />
speciale se in quantità ridotta, ma non ne ebbi il tempo),<br />
«… perché gli ultimi – proseguì seraficamente la Dolores –<br />
saranno picchiati». Non potei darle torto. Buon riso fa buon<br />
sangue. La battuta ha fatto il giro e, per quanto mi riguarda,<br />
cerco di accelerare il passo e, talvolta, anche di correre.<br />
ALBERTO LANDI<br />
OLTRE LO SP CCHIO EOLTRE SP CCHIO<br />
LO<br />
parte della nostra.<br />
Durante il dibattito, sorto a termine della lettura, per i<br />
partecipanti presenti era difficile figurarsi quanto si possa<br />
essere integrati e condizionati da una terra confinante con<br />
la propria.<br />
Un partecipante in particolare, milanese di nascita,<br />
dimostrava quanto fosse difficile per lui capire come si<br />
poteva convivere con questo amalgamarsi di persone,<br />
terre, lingue e culture.<br />
Noi probabilmente non ci pensiamo. La viviamo con<br />
normalità e naturalezza.<br />
Ho ricordato quando abbiamo accolto i bambini dell’ex<br />
Jugoslavia, ho ripensato a come il contatto diretto con chi<br />
Secondo Amy Davidson del Newyorker nel messaggio<br />
compare un elemento mai visto prima in America: il tempo.<br />
Eastwood porta alla coscienza degli americani l’idea<br />
che il tempo passi, che nulla sia eterno. «Inizia il secondo<br />
tempo, America», le parole con cui si chiude il messaggio,<br />
fanno luce sulle lancette che corrono per tutti, allo<br />
stesso modo: ogni cosa ha il proprio tempo, e prima o poi<br />
è destinata a finire. Ma finché siamo in campo, si può sempre<br />
giocare un ultimo pallone. Tramessa alle soglie della<br />
campagna elettorale americana, la pubblicità lascia aperta<br />
una lettura politica. E allora questo messaggio americano,<br />
con un cuore italiano, potrebbe attraversare l’Atlantico e<br />
diffondersi anche nello Stivale? Speriamo. Nel frattempo,<br />
di pubblicità in pubblicità, non posso fare a meno di<br />
pensare al gigantesco tabellone in cui una sensuale Anita<br />
Heckberg ossessiona Peppino De Filippo con il messaggio:<br />
«Bevete più latte! Il latte fa bene!» (Le tentazioni del<br />
dottor Antonio, di Federico Fellini in Boccaccio ’70).<br />
Edi Manuela Fraioli<br />
la guerra la stava vivendo aveva mosso il mio pensiero e<br />
segnatone il ricordo.<br />
La nostra è una terra ricca, ricca grazie alle persone che la<br />
abitano e che sopravvive alle carenze istituzionali grazie<br />
alla storia che racconta.<br />
Giovanni Fierro, “ Il riparo che non ho”,<br />
Le Voci della Luna<br />
I Mercoledì del Cerizza<br />
grazie a Francesca Genti e Manuela Dago<br />
http://www.facebook.com/groups/124856987567745/
UN DERBY TRIESTE-UDINE... A ROMA!<br />
Le finaliste dell’edizione 2011 del Premio di studio G. Sperduti sono state le due università della nostra regione<br />
Strasburgo, confine franco-tedesco, 5 febbraio 2012.<br />
Meno dieci gradi. Non che ora in Italia faccia molto più<br />
caldo, anzi: giù da noi soffia una bora assassina, mi dicono.<br />
Ma anche qui, con l’aria ferma o quasi, si crepa<br />
dal gelo. Cosa c’entra il derby Trieste-Udine con me che<br />
prendo il gelo a Strasburgo? È presto detto. Mi trovo qui<br />
per un mese di tirocinio presso la Corte Europea dei Diritti<br />
dell’Uomo, organismo che vigila sull’applicazione,<br />
nei paesi che vi aderiscono, della CEDU, la Convenzione<br />
europea dei diritti dell’Uomo, siglata a Roma nel 1950.<br />
Insieme a due compagni della facoltà di Giurisprudenza di<br />
Trieste, mi ‘godo’ questa trasferta come ricompensa per la<br />
vittoria del «Premio di studio Giuseppe Sperduti», una competizione<br />
accademica organizzata ogni anno dalla SIOI, la<br />
Società Italiana per l’<strong>Org</strong>anizzazione Internazionale.<br />
Il premio è indirizzato a tutte le Facoltà di Giurisprudenza<br />
e Scienze Politiche italiane, e consiste ogni anno nella<br />
simulazione di un caso pratico sotto la giurisdizione della<br />
Corte di Strasburgo. Mi spiego: gli estensori del bando<br />
redigono un caso fittizio, in una materia che tocca i diritti<br />
contemplati dalla CEDU, e propongono una situazione di<br />
ricorso di fronte alla Corte. Si ha sempre un ricorrente privato,<br />
che cita in giudizio il proprio Stato di appartenenza<br />
o residenza, che ha l’onere di preparare una difesa.<br />
Fra le università che aderiscono, si estrae a sorte chi sosterrà<br />
la parte dello Stato e chi quella del ricorrente. Ogni squadra<br />
prepara poi una memoria scritta e la invia alla SIOI. Dopo al-<br />
cuni mesi si scoprono i due finalisti, uno per parte processuale,<br />
che si affrontano in una fase orale (una vera simulazione<br />
di un processo), presso la sede della SIOI a Roma, di fronte a<br />
una commissione di eminenti professori di tutta Italia.<br />
Non lo dico davvero per falsa modestia, ma io e i miei<br />
colleghi (studenti solo del secondo anno) avevamo deciso<br />
di partecipare al Premio solamente per gioco, o meglio,<br />
per imparare qualcosa di utile su come preparare una difesa:<br />
ma in ogni caso senza alcuna ambizione di vittoria.<br />
Quando a settembre fui contattato dalla Segreteria della<br />
SIOI che mi comunicava che l’Università di Trieste da<br />
noi rappresentata risultava finalista, stavo pitturando casa<br />
in canottiera e pantaloncini, e dire che non me l’aspettavo<br />
sarebbe riduttivo.<br />
Per di più il caso beffardo ci aveva riservato una sorpresa:<br />
l’altra finalista sarebbe stata l’Università di Udine. Anche<br />
se forse non è il caso di parlare di caso, se mi passate la<br />
ripetizione: penso infatti che questo derby, più che opera<br />
della sorte, sia il risultato di quello che è l’ottimo livello<br />
medio dell’istruzione pubblica della nostra regione. Dato<br />
che peraltro è comprovato anche da svariate statistiche<br />
dell’Ocse, che da anni pone il FVG ai primi posti in Europa<br />
per livello della formazione primaria e secondaria.<br />
Ma torniamo alla finale: un’esperienza davvero memorabile.<br />
Alla fine, dopo un’accesa discussione orale, riuscimmo<br />
a strappare per pochi punti la vittoria: e beffardo è<br />
stato davvero il destino che ha fatto sì che io, da friulano,<br />
fossi uno dei fautori della vittoria della storica avversaria<br />
Altritempi<br />
Gabriele D’Annunzio a Cervignano durante la Prima Guerra Mondiale<br />
(fonte: http://www.lagrandeguerra.info)<br />
burba.pdf 15/02/2010 13.46.06 peterpan.pdf 15/02/2010 13.47.50<br />
Trieste, che è invece mia patria accademica.<br />
La parte che dovevamo sostenere era quello dello Stato<br />
italiano, citato in giudizio da un gruppo di Rom, che<br />
censuravano come discriminatorio una norma italiana<br />
sull’accesso ad alloggi di edilizia pubblica. Questo insomma<br />
il caso fittizio: nel merito, poco da dire, avevamo<br />
torto marcio. E se si fosse trattato di una vera udienza, con<br />
ogni probabilità avremmo perso, nonostante la nostra giaculatoria<br />
dialettica e i tentativi di far dichiarare irricevibile<br />
il ricorso. Ma la commissione della SIOI per fortuna<br />
non giudicava il cosa, ma il come: per fortuna!<br />
E così grande è stata la soddisfazione nell’essere premiati<br />
presso la sede della Società in Piazza Venezia (con vista sul<br />
Vittoriale!) da un mostro sacro come Giovanni Conso, presidente<br />
della SIOI e venerabile giurista, già Ministro della Giustizia<br />
e Presidente della Corte Costituzionale. Un novantenne<br />
che a metà della cerimonia si alza e annuncia: «Scusate, devo<br />
andare un attimo al Quirinale dal Presidente, torno presto»,<br />
per poi tornare come promesso per i saluti e le foto di rito.<br />
Insomma, un’esperienza inaspettata, e che ora mi permette<br />
di essere qui nel gelo di Strasburgo, a fare un tirocinio cui<br />
molti aspirerebbero. La fortuna non ci è mai venuta meno,<br />
questo lo sappiamo, ma da questa esperienza ho imparato<br />
qualcosa che prima non credevo fosse vero, perfezionista<br />
come sono: e cioè che alla volte capitano occasioni cui non si<br />
potrebbe mai essere davvero pronti. Bisogna buttarsi e basta.<br />
MARCO SIMEON<br />
ALTA UOTA<br />
7<br />
ba eka
8<br />
ALTA UOTA i più uotati<br />
DA UN’IDEA IL PRESEPE. DAL PRESEPE UN IMPEGNO<br />
Comprendo che parlare di Presepe alla soglia della quaresima<br />
può sembrare fuori tempo, ma prima non ho ritenuto<br />
farlo per scaramanzia: in tutta sincerità non ero sicuro che<br />
ce l’avremmo fatta.<br />
Mi riferisco al Presepe che è comparso nel periodo natalizio<br />
all’interno del nostro Duomo. Vi racconto la sua<br />
storia. Come spesso accade, tutto nasce quasi per caso da<br />
un’idea che accende una passione, che contagia un gruppo<br />
di amici che poi ne fanno una sfida da vincere a tutti i<br />
costi e che alla fine riempie i cuori di soddisfazione e di<br />
buoni proposti per il futuro.<br />
Da lungo tempo tra gli amici che ogni anno si ritrovano<br />
per allestire un piccolo carro di Carnevale ricorreva l’idea<br />
di riprendere con impegno la tradizione del presepe<br />
che si era un po’ spenta a Cervignano. E così alla fine della<br />
scorsa estate, presa la decisione, ci siamo avventurati<br />
nell’impresa.<br />
In effetti rispetto alle più famose e blasonate realizzazioni<br />
conosciute avevamo una difficoltà in più: la mancanza di<br />
una localizzazione stanziale.<br />
Infatti ha assorbito molte energie e condizionato molte<br />
Guglielmo Zorzenon, classe 1923, è nato a Belvedere, ha<br />
vissuto qui fino al 1950 e poi si è trasferito a Cervignano,<br />
a Mossa, a Scodovacca e attualmente vive a Farra d’Isonzo,<br />
località Mainizza. Ha lavorato come contadino,<br />
come dipendente di una ditta di Torviscosa, e poi è entrato<br />
nell’ANAS. Di seguito il suo racconto di uno spezzone<br />
della storia di Cervignano.<br />
«A Cervignano lavoravo<br />
come mezzadro<br />
presso la<br />
famiglia Piani, che<br />
possedeva molti<br />
campi sparsi per<br />
il territorio cervignanese.<br />
Lavoravo<br />
con le regole della<br />
mezzadria, quindi<br />
vivevo in una casa<br />
fornita da loro nella<br />
piazzetta dove<br />
c’è la chiesa di San<br />
Girolamo: ancora<br />
oggi c’è la casa,<br />
ormai diroccata, dove ho abitato in quel periodo. Molte<br />
donne venivano da noi insieme ai bambini, per poter bere<br />
un po’ di latte fresco, infatti potevamo tenere degli animali<br />
da cortile. Ricordo che quando stavo per sposarmi<br />
volevo smettere di lavorare lì, ma serviva un documento<br />
per lavorare da qualche altra parte… alla fine sono dovuto<br />
andare fino dal sindaco! Anche mia sorella abitava lì ed<br />
ha imparato a cucire, faceva la sarta da Pellegrini, un negozio<br />
di abbigliamento, per accorciare o sistemare i vestiti<br />
dei clienti che compravano qualcosa nel negozio». Prima<br />
di questi ricordi cervignanesi, però, ci sono i ricordi<br />
del periodo della guerra: «Nei primi mesi del 1943 sono<br />
partito da Belvedere per andare prima a Trieste, e poi in<br />
Jugoslavia. Ero nel plotone dei mortai da 8, a tiro corto.<br />
Mettevo la spoletta per far esplodere il colpo, mi ricordo<br />
che al soldato davanti a me tremavano troppo le mani: in<br />
effetti era un lavoro pericoloso perché se qualcosa andava<br />
storto, ti scoppiava in mano. Io però non avevo più paura<br />
perché sapevo che lì morivano tante persone ogni giorno<br />
e allora se anche fosse scoppiato… ‘pazienza’. Ricordo<br />
un soldato, Scopelitti di Siracusa: aveva un figlio che non<br />
aveva mai visto perché non poteva tornare a casa perché<br />
là erano già arrivati gli americani. Spesso mi mostrava la<br />
foto e si dispiaceva di non poterlo vederlo dal vivo. Un<br />
giorno eravamo in un’osteria e bevevamo del vino con<br />
l’aranciata. C’era una collina dove si vedeva una casa<br />
capocasale.pdf 15/02/2010 19.42.54<br />
vecchia; io ero di schiena rispetto alla collina, un altro<br />
scelte la necessità di realizzare una struttura modulare e<br />
trasportabile, ma fortunatamente la disponibilità di un<br />
posto dove poter lavorare ed una buona dose di spirito di<br />
adattamento hanno contribuito a risolvere brillantemente il<br />
problema. Anzi, ha permesso a chi ha partecipato di formare<br />
un gruppo, di esprimere abilità diverse, ma anche diverse<br />
sensibilità, contribuendo ad accrescere una comune passione<br />
che ha saldato ancor più amicizie vecchie e nuove.<br />
Dal progetto iniziale al risultato finale, ciò che si voleva<br />
esprimere non doveva suscitare stupore, meraviglia o<br />
soggezione, ma trasmettere emozioni, rendere visibile la<br />
presenza di un Dio che si fa bimbo in mezzo agli uomini.<br />
In effetti proprio chi lo ha realizzato è stato il primo a<br />
coglierne difetti e spazi di miglioramento. È ben chiaro<br />
quali siamo le modifiche ha apportare, ma sono anche<br />
diverse le idee per una futura evoluzione, che ha tutto il<br />
sapore di un impegno per gli anni a venire.<br />
È un impegno che ci prendiamo, ma anche un’apertura al<br />
contributo di chiunque voglia cimentarsi nell’impresa: al<br />
prossimo Natale.<br />
GIUSEPPE ANCONA<br />
la ban a della memoria<br />
GUGLIELMO ZORZENON di Sofia Balducci<br />
soldato era di lato e Scopelitti di fronte. Nell’abitazione<br />
c’erano dei cecchini partigiani che hanno sparato verso di<br />
noi e Scopelitti è morto tra le mie braccia».<br />
Un altro ricordo: «per un periodo dormivamo in un castello,<br />
ma per entrare dovevamo passar davanti alla casa di<br />
un contadino. Io ero già malato da un po’ e dentro la casa<br />
c’era un vecchio a cui donavo le mie sigarette: per questo<br />
motivo mi avevano preso in simpatia e mi volevano<br />
bene, mi hanno portato a casa, mi davano da mangiare e<br />
da bere…mi avevano preso come un figlio anche se eravamo<br />
uno contro l’altro, perché avevano capito che non<br />
volevo fare del male a nessuno.<br />
Dopo l’armistizio mi hanno portato su un camion senza<br />
telo, solo con le sponde. Io ero malato e non sapevano<br />
come sistemarmi, finché hanno deciso di mettermi in uno<br />
scatolone, legato in un angolo del camion. Il nostro mezzo<br />
di trasporto, però, è stato sequestrato dai partigiani che<br />
volevano tutto il carico, quindi ho continuato a piedi e ho<br />
incontrato un gruppo di soldati jugoslavi che mi hanno<br />
preso in simpatia e mi hanno accompagnato verso l’Italia.<br />
Ricordo che ero per terra, malato, con la barba lunga e mi<br />
hanno puntato un faro in faccia, urlando «italiano? con<br />
il Re o con Mussolini?». Se avessi risposto “Mussolini”<br />
il mitra sarebbe già stato pronto a sparare. Questi soldati<br />
volevano aiutarmi perché avevano capito la mia condizione<br />
e mi hanno portato in una famiglia che mi ha accolto e<br />
mi ha sfamato per qualche giorno, finché mi hanno affidato<br />
a un altro gruppo di soldati e via via mi avvicinavo al<br />
confine con l’Italia. Ricordo un partigiano jugoslavo, padre<br />
di due figlie, che mi ha detto che gli avevano bruciato<br />
tutto e che non possedeva più niente. Inoltre devo dire che<br />
io mi sono salvato sia perché ero malato, sia perché non<br />
avevo mai espresso opinioni in modo avventato; chi si dimostrava<br />
più spavaldo contro i soldati jugoslavi lasciava<br />
subito la pelle, infatti mi ricordo che c’erano dei giovani<br />
papaveriepapere.pdf 19/04/2010 16.40.11<br />
militari di 16 anni o poco<br />
più che erano stati chiamati<br />
fuori e uccisi a bruciapelo.<br />
Una volta giunto a Opicina<br />
sono stato tradito da un italiano.<br />
Al mio arrivo c’erano un tedesco e un fascista italiano;<br />
quest’ultimo mi ha indirizzato verso dove c’erano<br />
quelli destinati al campo di concentramento in Germania.<br />
Invece la Croce Rossa mi ha salvato proprio perché avevo<br />
la pleurite, e quindi la febbre molto alta, mangiando stentatamente<br />
da settimane (mi ero trovato costretto a mangiare<br />
anche lumache). Ricordo che alle 5.40 sono partiti i<br />
sani e alle 6.40 i malati. Ma siamo rimasti lì in tre, tra cui<br />
io. Un tedesco ci diceva –Raus! intendendo che la Croce<br />
Rossa era già passata. Successivamente ci hanno messo<br />
su una branda e caricati su una camionetta, in cui ho detto<br />
all’autista che conoscevo una famiglia a Trieste dove potevano<br />
portarmi. Anche gli altri due miei compagni sono<br />
stati accolti in un seminario, finché sono stati recuperati<br />
dalle famiglie. Uno dei due era di Padova e ha detto che<br />
sarebbe subito andato a fare una preghiera a Sant’Antonio.<br />
Quando sono tornato a casa, mio papà mi ha fatto<br />
portare a Grado in ospedale e il dottore mi ha detto che<br />
ero molto malato. Dopo la mia guarigione avevo due scelte:<br />
prendere le armi o lavorare per i tedeschi, avevo già le<br />
carte e infatti ho lavorato per la TOT per due anni».
la finestra sul ortile<br />
Semplici occhiate buttate qua e là di Simone Bearzot<br />
ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO<br />
(Proust non averne a male)<br />
Nota introduttiva: il seguente articolo è volutamente e<br />
spudoratamente celebrativo di concetti e situazioni retrò<br />
e riconducibili a un Piccolo Mondo Antico che probabilmente<br />
esiste solo nella mente dell’autore. Fatti e persone<br />
sono reali ma vistosamente romanzati.<br />
Varennes-Vauzelles non ha grandi motivi per essere ricordata<br />
o citata. Il nome rimanda vagamente a un cavallo<br />
che un tempo vinceva gare su gare e che oggi si dedica<br />
ad altre faccende più triviali e divertenti. Per il resto, si<br />
tratta di una semplice cittadina nel mezzo della Francia,<br />
senza particolari pregi.<br />
In questo paesino c’è un albergo. Non è un albergo normale,<br />
però. Sembra uscito da un tempo antico. Ci sono<br />
capitato un po’ per caso, dopo una settimana passata tra<br />
tristi palazzine simili a motel da hard-boiled americano e<br />
strutture postmoderne dove tutto si apre con una chiave-<br />
tesserina e una serie di codici.<br />
L’albergo è una vecchia casa colonica, qualcuno sostiene<br />
si tratti del vecchio castello del paese. Non un castello<br />
che spicca, in ogni caso. Però il resto è uno spettacolo. Il<br />
resto sono il Vecchietto e la Vecchietta. Anzi, la Vecchietta<br />
e il Vecchietto, in rigoroso ordine di importanza. Come<br />
tutte le cose che funzionano su questa Terra, difatti, a comandare<br />
è lei, senza ombra di dubbio. La Vecchietta è<br />
la strega cattiva di Biancaneve, solo in versione buona<br />
e sorridente. Ha la faccia segnata dalle rughe come un<br />
capo sioux, i capelli grigi raccolti in due trecce, una veste<br />
sobria addosso. Unica concessione alla femminilità, lo<br />
smalto rosso sulle unghie delle mani. Si muove veloce<br />
per l’androne come un’ape operosa.<br />
Dopo giorni di impersonalità alberghiera e fredde mac-<br />
chine-da-reception, l’accoglienza della Coppia è un’epifania.<br />
Chiedono com’è andato il viaggio, mi accompagnano<br />
alla stanza, si premurano di telefonare al ristorante<br />
più vicino per riservarmi un tavolo, scusandosi allo stesso<br />
tempo per l’assenza di un bistrot nell’albergo. La chiave<br />
è di metallo, pesante; i mobili di legno scuro.<br />
La mattina seguente sono lì, nell’androne. Mi ricordano<br />
la regina Elisabetta e il principe Filippo: lei un passo<br />
avanti, a dirigere le operazioni con stile e qualità. Lui<br />
un passo indietro, a sorridere, fare qualche banale commento<br />
mattutino e cercare di limitare i danni e le gaffes.<br />
Portano in tavola cioccolata calda, pane fresco e delle<br />
piccole marmellate, di quelle col tappo a quadri rossi e<br />
bianchi tipo tovaglia. Ciliegie e arance amare.<br />
Ci voleva proprio.<br />
LE SUORE DI SAN GIUSEPPE:<br />
una presenza importante nella nostra comunità<br />
Lo scorso 20 giugno 2011 Cervignano si è arricchita di una<br />
presenza molto importante che certo non passa inosservata:<br />
dal Kenya sono arrivate Suor Veronica, Suor Petronilla<br />
e Suor Maria, tre sorelle dell’ordine di San Giuseppe<br />
di Mombasà. Quest’ordine fu fondato nel 1938 in Kenya<br />
nella diocesi di Mombasà dal vescovo missionario John<br />
Hefferman insieme alle suore missionarie del “Sangue<br />
prezioso” in particolare da Suor Amodea, madre superiore<br />
e suora missionaria tedesca, per rispondere a un esigenza<br />
che in quegli anni si stava facendo sempre più urgente,<br />
cioè avere un aiuto spirituale per la gente del posto, un aiuto<br />
che fosse “familiare” cioè che capisse la lingua, gli usi<br />
e le tradizioni locali e potesse al meglio sostenere le persone<br />
in difficoltà economica e spirituale. Mombasà è una<br />
città con una forte presenza cristiana ma anche islamica.<br />
L’ordine prende il nome dalla figura di Giuseppe in quanto<br />
lo stile di vita delle suore rispecchia quello del falegname<br />
di Nazareth: vita semplice, di servizio e di preghiera. San<br />
Giuseppe è anche il patrono di Mombasà.<br />
Oggi l’ordine consta di 270 suore locali; la maggioranza<br />
di queste operano in Kenya, solo alcune di loro sono<br />
missionarie in terra d’Africa, Tanzania, in America ed in<br />
Europa nella quale ci sono tre comunità: una a Vienna,<br />
una a Latisana (dal 2005) e una a Cervignano dal 2011.<br />
La comunità delle suore qui a Cervignano è stata voluta<br />
dal Parroco Don Dario, in quanto una realtà parrocchiale<br />
come la nostra sentiva l’esigenza di una presenza così<br />
particolare, che potesse aiutare i sacerdoti nell’evangelizzazione<br />
e nel sostegno di tutti i parrocchiani.<br />
Così il 20 giugno 2011 è nata questa comunità formata<br />
attualmente da tre sorelle:<br />
Madre superiora locale è Suor Veronica, nata in Kenya a<br />
Nairobi il 29.09.1971, primogenita di 9 fratelli. Ha sostenuto<br />
e concluso gli studi a Nairobi, ed è stata consacrata<br />
nel 1995 a Mombasà nella casa madre. Il suo primo incarico<br />
è stato di aiuto nella scuola di formazione, poi nel 1997<br />
si è trasferita in una parrocchia del nord-est del Kenya. In<br />
questi anni ha sostenuto il diploma di “educazione/religione”<br />
che l’ha portata nel 2000 a lavorare nelle scuole cattoliche<br />
in Kenya per promuovere la religione. Nel 2003 ha<br />
fatto i voti perpetui a Mombasà; per due anni era incaricata<br />
dell’ufficio pastorale dell’arcidiocesi di Mombasà, prima<br />
di partire missionaria in Italia nella parrocchia di Latisana<br />
nel 2005. Il 20 giugno 2011 è arrivata nella nostra comunità<br />
e il suo incarico attuale è di aiuto pastorale, in particolare<br />
nell’ambito degli anziani, ammalati e nella catechesi.<br />
Suor Mary Immaculate (Suor Maria) nata il 27.06.1960 a<br />
Kisumu, penultima di 13 fratelli; ha sostenuto e concluso<br />
gli studi in Kenya. Consacrata nel 1991 a Mombasà ha prestato<br />
servizio per diversi anni in molte parrocchie o comunità<br />
keniote come catechista e sacrista: a Nairobi 1991-92, a<br />
Malindi fino al 1994. Torna alla casa madre a Mombasà nel<br />
1998 dove va in diverse parrocchie a esercitare il suo ministero,<br />
nel 2007 viene trasferita in Tanzania fino al 2011,<br />
quando insieme alle sorelle dell’ordine di San Giuseppe arriva<br />
a Cervignano. Il suo incarico è nell’ambito della catechesi,<br />
della liturgia e aiuto-assistente dell’Azione Cattolica.<br />
Suor Petronilla, nata il 04.08.1984 a Mombasà, seconda<br />
di 8 fratelli; ha seguito e concluso gli studi a Mombasà<br />
compresa la specializzazione di 3 mesi in informatica.<br />
Consacrata nel 2007, l’anno dopo viene mandata in Tanzania<br />
come catechista e sacrestana in alcune parrocchie<br />
delle diocesi; nel 2009 torna alla casa madre a Mombasà<br />
per poi arrivare a Cervignano il 20 giugno 2011 insieme<br />
a Suor Maria e Suor Veronica. Il suo ruolo pastorale qui<br />
a Cervignano è nell’ambito della catechesi, insegnante<br />
nell’asilo parrocchiale “Maria Immacolata” e aiuto-assistente<br />
nel gruppo dell’AGESCI.<br />
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VOLLEY: L’AUSA PAV CAMPIONE REGIONALE UNDER 18<br />
LA SUA STORIA, FINO ALLA VITTORIA<br />
La squadra si è formata nel 2005 e ha cominciato la sua attività partecipando al doppio<br />
campionato provinciale under 13 misto, del quale ha vinto il girone del Trofeo Friuli,<br />
e regionale under 14.<br />
Considerato che per la maggior parte degli atleti era in assoluto la prima esperienza<br />
pallavolistica, non avendo partecipato al minivolley, l’inizio è stato sicuramente positivo.<br />
Di questa prima compagine facevano parte: Mennillo, Soranzo, Resta, Russillo e Fabrissin,<br />
tutti del 1994, Paviot, Rizzi e R. Pellizzari del 1993, S. Pellizzari e Villani del<br />
1995, Grendene, Leone e Scarel del 1992.<br />
L’anno seguente, usciti dalla rosa per limiti d’età i giocatori del 1992, il gruppo rimanente<br />
prende parte nuovamente al campionato di under 14 regionale, non sfigurando<br />
assolutamente al cospetto di formazioni molto più titolate.<br />
Nel campionato 2007/08, forti dell’esperienza maturata nelle due stagioni precedenti,<br />
i ragazzi di Cervignano si classificano al 3° posto regionale assoluto. A questo punto<br />
fanno parte della squadra gli atleti del 1994 e del 1995.<br />
La loro prima volta nel campionato under 16, porta il secondo posto provinciale ed il<br />
quinto regionale: comincia la maturazione del gruppo a cui si unisce Luca Salice.<br />
Sei degli atleti sono chiamati a far parte della Rappresentativa Provinciale under 15<br />
di Udine che va a vincere il Trofeo delle Province 2009: Nunzio Mennillo risulterà<br />
miglior schiacciatore e Stefano Soranzo miglior palleggiatore della manifestazione.<br />
Saranno sempre loro a far parte della Rappresentativa Regionale under 16 partecipante al Trofeo delle Regioni 2009.<br />
Nel secondo anno di under 16 la squadra di Cervignano si classificherà al secondo posto Provinciale e Regionale. Mennillo e Soranzo<br />
ancora convocati in Rappresentativa Regionale.<br />
L’anno seguente, 2010/2011, vede l’Ausa Pav impegnata nel campionato di under 18 con un onorevole 4° posto regionale finale e campione<br />
Provinciale.<br />
Gli stessi ragazzi impegnati nell’under 18, con un paio di inserimenti, disputano il campionato regionale di serie C, per fare esperienza<br />
per il futuro.<br />
L’esperienza si sa, serve sempre. È così che quest’anno arriva il primo titolo regionale per la società di Cervignano: di fronte al pubblico<br />
delle grandi occasioni il 6 gennaio 2012 i magnifici 12 dell’Ausa Pav si sono laureati campioni regionali under 18.<br />
Dopo un campionato sempre in testa, i ragazzi al V.B. Gemona lasciano la leadership della regular season all’ultima gara. Scaramanzia?<br />
Dicono che chi vince la regular season non vince il titolo…<br />
Ha vinto il gruppo, la volontà, la determinazione: ma anche la tecnica e la tattica. Gli atleti del coach Michaela Cecot non sono certamente<br />
i più fisici del campionato, ma fra di loro c’è una “magia” che solo chi ha sperimentato può capire: molte volte nello sport di squadra non<br />
vince chi ha il talento assoluto tra le proprie fila, ma chi riesce nelle occasioni importanti a “mettere giù” il punto decisivo.<br />
Ecco questo è successo ai ragazzi dell’Ausa Pav che, fra ricambi generazionali, uscite di scena e nuovi arrivi, hanno sbaragliato la concorrenza.<br />
Meritano di essere tutti elencati in stretto ordine alfabetico: Brunato, Cordenos, Di Biase, Gerdol, Meneguzzi, Mennillo, S. Pellizzari,<br />
Resta, Russillo, Salice, Soranzo, Tardivo.<br />
LIVIO NONIS<br />
LABORATORIO CREATIVO<br />
ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA<br />
‘MARIA IMMACOLATA’<br />
Carta velina e poco altro. Materiali ‘poveri’, anche di riciclo: sono questi i mezzi da<br />
cui Carmen Dorigo (la signora con la camicia a quadri al centro della foto) trae le sue<br />
creazioni.<br />
Creativa di chiara fama e da anni formatrice nella didattica delle attività manipolative,<br />
la signora Dorigo è stata invitata dalle maestre della nostra scuola dell’infanzia parrocchiale<br />
a tenere un laboratorio a Cervignano.<br />
L’incontro, cui hanno partecipato maestre di varie scuole della zona e non solo, si è<br />
svolto presso la scuola dell’infanzia alla fine dello scorso ottobre.<br />
Si è trattato di un’occasione per molte educatrici di apprendere nuove tecniche da<br />
applicare anche con i bambini, per stimolare la loro fantasia e creatività: nella foto,<br />
le partecipanti con i fiori di carta velina, vero cavallo di battaglia di Carmen Dorigo.<br />
MANDI LUIGINO<br />
Lo scorso gennaio è mancato Luigino Saggin,<br />
per molto tempo collaboratore del <strong>Ricre</strong>.<br />
Lo ricordiamo così.<br />
Quante volte abbiamo visto Luigino aprire il campo da calcio del <strong>Ricre</strong>atorio<br />
per far giocare i bambini e ragazzi, quante volte li guardava e stava attento<br />
che non si facessero male, quante volte li ha richiamati e sgridati per il loro<br />
comportamento a volte scorretto, per le bestemmie, per i danni che facevano<br />
insegnando loro il rispetto per l’altro e per il luogo che stavano frequentando,<br />
l’educazione e lo stare insieme con gli altri… Signore, nel suo piccolo e a suo<br />
modo Luigino è stato con i più piccoli, li ha aiutati, accolti e voluto bene nonostante<br />
le incomprensioni che a volte potevano nascere. Tu Signore, che ci insegni<br />
e dici: «ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo dei miei fratelli più<br />
piccoli, l’avete fatta a me», accogli Luigino nel tuo Regno e donagli la giusta<br />
ricompensa nei cieli, la felicità eterna che solo con Te può ottenere.<br />
Grasie Luigino, grasie pal to prezios servisi in ricreatori. Tu ses stat il guardian<br />
dal ciamp di balon, ma soredut il nestri guardian, il custode dei bambini, ragazzi,<br />
giovani e adulti che frequentano e lavorano nel nostro ricreatorio. Ci hai<br />
fatto compagnia nei pomeriggi meno affollati, ci hai fatto ridere, ci hai aiutato<br />
ad aver cura delle persone e della struttura del ricre. Tu ses stat un di no.<br />
GLI AMICI DEL RICRE
Cervignanesi nella storia<br />
di VANNI VERONESI QUINTA PUNTATA<br />
Un cervignanese protagonista dell’Unità d’Italia<br />
«All’alba partenza da Quarto»: la prima volta che lessi<br />
questa frase ero in quinta elementare. Ricordo perfettamente<br />
dove: era una scheda di approfondimento del mio<br />
sussidiario, chiamato Moduli in primo piano. Questa frase,<br />
appunto, mi è rimasta impressa: era l’inizio del Diario<br />
della spedizione dei Mille di Ippolito Nievo. Molti anni<br />
dopo avrei scoperto che in realtà recitava diversamente:<br />
«Maggio, 6. All’alba partenza da Genova», ma fu appunto<br />
dal rione di Quarto che partì la Spedizione dei Mille.<br />
La premessa è d’obbligo: nell’articolo che state leggendo,<br />
c’è una fetta non trascurabile della mia personalità. Perché,<br />
lasciatemelo dire, siamo tutti d’accordo che quello<br />
degli Asburgo fu un impero illuminato... e se è per questo<br />
qualche mio avo morì, nella Prima Guerra Mondiale,<br />
combattendo con (e per) la divisa austriaca, ma le mie<br />
passioni sono tutte rivolte verso il Risorgimento e, quindi,<br />
l’Italia.<br />
Nel 2008, le Edizioni della Laguna diedero alle stampe,<br />
grazie anche al contributo dell’Associazione ‘Cervignano<br />
Nostra’, un saggio di Alessandra Rea: Uno fra Mille. Vita<br />
di Cesare Michieli garibaldino. Un libro appassionante e<br />
allo stesso tempo esemplare nella ricerca delle fonti: un<br />
ritratto interessante di un cervignanese che fece parte della<br />
celebre Spedizione dei Mille. Non sapevo nulla di lui;<br />
da allora, sono ancora più legato alla mia città: perché di<br />
Cesare Michieli dobbiamo andare orgogliosi.<br />
Foto 1.<br />
“Fede di nascita e di battesimo”<br />
di Cesare Michieli (6 settembre 1838).<br />
Dal gruppo Facebook di Artemisia Eventi.<br />
luilei 83x26.pdf 15/02/2010 13.45.19<br />
CESARE MIChIELI<br />
Una vita avventurosa<br />
Il 6 settembre 1838 a Campolongo al Torre nasce Cesare<br />
Augusto Daniele, figlio di Tomaso Michieli e Giuseppina<br />
Zuccari. Campolongo, così come Cervignano, è compresa<br />
nei territori friulani sotto il controllo dell’Impero<br />
Austro-ungarico, ma la famiglia Michieli è filoitaliana:<br />
anche da noi si respira aria di Risorgimento. Un fatto legato<br />
alle élite borghesi? Certo, ma fu così in tutta Italia:<br />
né questo può sminuire il peso di un evento epocale, forse<br />
l’unico evento di cui gli Italiani siano stati protagonisti e<br />
non soggetti passivi.<br />
Cesare frequenta il liceo classico di Udine; in città soggiorna<br />
spesso presso la casa di Pacifico Valussi, grande<br />
giornalista e attivista risorgimentale. Al termine degli<br />
studi liceali si iscrive all’Università di Padova: Scienze<br />
Fisiche e Matematiche. Si trasferisce poi a Pavia, ateneo<br />
fervente di italianità, dove la presenza, alcuni decenni<br />
prima, di Ugo Foscolo ha lasciato un segno indelebile.<br />
E intanto la Storia procede. Ѐ l’aprile del 1860 e a Genova<br />
Giuseppe Garibaldi sta riunendo un folto gruppo di<br />
volontari per tentare un’impresa ai limiti del possibile:<br />
invadere il Sud Italia, annientare i Borboni e annettere<br />
il Meridione al Piemonte, magari puntando dritto verso<br />
Roma. Cesare prende dunque una decisione, all’insaputa<br />
dei genitori: si arruola fra i futuri Mille che daranno vita<br />
alla celebre Spedizione.<br />
Il 6 maggio del 1860 è il gran giorno: «All’alba partenza<br />
da Quarto», per l’appunto. L’11 maggio i Mille sbarcano<br />
a Marsala, in Sicilia: cominciano così le pagine emozionanti<br />
che tutti abbiamo letto sui libri. A Calatafimi, Cesare<br />
prende il comando della sua compagnia al posto del capitano,<br />
morto in battaglia; a Palermo entra per primo in città,<br />
con sessanta studenti di Pavia al seguito; il 27 maggio<br />
è protagonista della battaglia del ponte dell’Ammiraglio;<br />
a Milazzo, il 20 luglio, viene ferito a una mano, ma fortunatamente<br />
non è nulla di grave; l’8 agosto è fra i 130 valorosi<br />
che passano lo Stretto di Messina per puntare verso<br />
Reggio Calabria ed espugnare Forte Cavallo; a ottobre<br />
viene nominato luogotenente del Corpo dei Volontari del<br />
I Reggimento Bersaglieri Garibaldi e nello stesso mese<br />
viene ferito da una scheggia di bomba nella sanguinosa<br />
battaglia del Volturno. Ma oramai la Spedizione è finita,<br />
con enorme successo: il Sud è parte di un nuovo regno.<br />
A Teano, Garibaldi saluta Vittorio Emanuele II «Re d’Italia»,<br />
consegnandoli il Meridione. A dicembre il Corpo<br />
dei Volontari viene sciolto: Cesare può tornare agli studi e<br />
così si laurea a Parma in ingegneria. Ma i suoi ardori non<br />
sono spenti: c’è ancora il suo Nord-Est da annettere all’Italia,<br />
c’è ancora Roma, c’è ancora Trento... Per questo, si<br />
iscrive alla Scuola di applicazione d’artiglieria a Torino,<br />
dove si diploma con il grado di sottotenente d’Artiglieria.<br />
Il ritorno in Friuli e la Terza Guerra d’Indipendenza<br />
Nel 1866 Cesare ha già ottenuto la cittadinanza del Regno<br />
d’Italia, anche se continua a vivere in territorio austriaco:<br />
tuttavia, qualcosa si muove. Per continuare l’opera di unificazione,<br />
perso l’aiuto della Francia, la neonata Italia si<br />
allea con la Prussia contro il nemico comune: l’Austria.<br />
Ne nasce la cosiddetta Terza Guerra d’Indipendenza, che<br />
però inizia malissimo per lo stato savoiardo: Cesare sente<br />
che è ora di agire e così si arruola il 3 giugno a Firenze,<br />
ancora sotto Garibaldi, e viene nominato Luogotenente<br />
nel Terzo Reggimento Volontari Italiani. Viene ferito<br />
nell’assalto del monte Suello il 6 luglio, ma continua a<br />
comandare la sua truppa fino all’attacco finale e alla conquista<br />
della posizione. La Terza Guerra d’Indipendenza<br />
si conclude meglio del previsto: nonostante l’Italia abbia<br />
perso contro l’Austria, la vittoria schiacciante dell’alleata<br />
Prussia garantisce ai Savoia il dominio sul Veneto dopo il<br />
trattato di pace.<br />
Gli ultimi anni e la morte<br />
Il 1866 segna, però, un cambiamento nella vita di Cesare<br />
Michieli: quella al monte Suello è la sua ultima battaglia.<br />
Si ritira dunque nella Bassa Friulana per curare gli interessi<br />
delle sue terre: si sposa a Gorizia il 5 febbraio 1877<br />
con Emilia Ursula Carolina Marizza. Il perché di questo<br />
Foto 2.<br />
Fotografia di Cesare Michieli<br />
(dal gruppo Facebook di Artemisia eventi).<br />
ritiro è misterioso, ma c’è chi ha avanzato l’ipotesi di una<br />
disillusione politica: una delusione provocata dalla piega<br />
autoritaria del nuovo stato unitario, traditore degli ideali<br />
repubblicani e libertari per i quali lo stesso Cesare aveva<br />
combattuto. Un sentimento comune a molti patrioti: chi<br />
ha visto il film Noi credevamo, eccezionale capolavoro di<br />
Mario Martone, sa di cosa parlo.<br />
Il 19 ottobre 1889, Cesare si spegne a Cervignano nella<br />
Casa Lenassi, accanto alla Chiesa di S. Michele Arcangelo,<br />
dove oggi una lapide posta dall’Associazione ‘Cervignano<br />
Nostra’ ne ricorda la presenza. La sua tomba, nel<br />
cimitero di Gorizia, giace in stato di abbandono: spetta<br />
a noi tutti mantenere viva almeno la memoria storica di<br />
Cesare Michieli.<br />
Foto 3.<br />
Alessandra Rea, Uno fra Mille. Vita di Cesare<br />
Michieli garibaldino, Mariano del Friuli 2008.<br />
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