Il tipico marsalese è un personaggio dai contorni ... - Marsala.it
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Cap.I La casa<br />
<strong>Il</strong> <strong>tipico</strong> <strong>marsalese</strong> <strong>è</strong> <strong>un</strong> <strong>personaggio</strong> <strong>dai</strong> <strong>contorni</strong> m<strong>it</strong>ologici: metà uomo e<br />
metà fondamenta di cemento; il suo rapporto con la casa, o meglio con le<br />
case, <strong>è</strong> talmente intimo e secolare che ormai ne delinea i <strong>contorni</strong> esistenziali.<br />
Le sue braccia sono finestre, i suoi occhi sono luci esterne, i capelli tetti per<br />
coprirsi e anche per stupire, le gambe piani in costruzione e verande –sempre<br />
in costruzione – il posteriore terrazze coperte e segrete, da svelare soltanto<br />
nell’intima sicurezza dell’oscur<strong>it</strong>à, i seni aiuole fior<strong>it</strong>e con fragranze<br />
tropicali, i trucchi sono sempre trucchi: servono per occultare ciò che non si<br />
poteva essere o fare e si <strong>è</strong> dovuto fare o diventare.<br />
La casa, nei confini geografici lilibetani, perde il suo significato etimologico.<br />
Non <strong>è</strong> più soltanto <strong>un</strong>a costruzione eretta per fini ab<strong>it</strong>ativi, ma qual<strong>un</strong>que sia<br />
la veste in cui si presenta all’esterno: fabbricato, palazzina, palazzo,<br />
appartamento, attico, villa, villino, casale o mansarda, <strong>è</strong> <strong>un</strong> feticcio d’ident<strong>it</strong>à<br />
ed <strong>un</strong> lasciapassare per l’etern<strong>it</strong>à.<br />
<strong>Il</strong> <strong>marsalese</strong> non solo ama le ab<strong>it</strong>azioni, <strong>è</strong> <strong>un</strong> tutt’<strong>un</strong>o con esse, le<br />
costruirebbe ov<strong>un</strong>que e com<strong>un</strong>que; se non ne possiede almeno due <strong>è</strong> già <strong>un</strong><br />
fall<strong>it</strong>o a trent’anni: il buon giorno si vede dal mattino e che futuro potrà mai<br />
avere chi, alla comparsa dei primi caldi, non <strong>è</strong> già pronto a “r<strong>it</strong>irarsi in<br />
campagna?”.<br />
<strong>Il</strong> secondo, e spesso il terzo alloggio, sono s<strong>it</strong>uati a pochi chilometri dal<br />
primo – quello più importante –che sol<strong>it</strong>amente si trova nel centro della<br />
piccola c<strong>it</strong>tadina. Ma questa apparente inspiegabile collocazione cessa di<br />
stupire allorquando si comincia a capire che le chiavi per decifrare il mistero<br />
del comportamento del <strong>marsalese</strong> non sono quelle della logica e della<br />
razional<strong>it</strong>à. Quando mai nella storia dei m<strong>it</strong>i e delle leggende ci <strong>è</strong> d’aiuto la<br />
matematica o la scienza del pensiero? Via, non scherziamo, e inoltriamoci in<br />
questo viaggio psico- socio- immobiliare.<br />
La casa di c<strong>it</strong>tà <strong>è</strong> il tempio in cui adorare il dio pagano dell’apparenza e della<br />
lussuria materiale, quello in cui non deve mancare “ il pezzo antico”, anche<br />
se magari non si ha molta dimestichezza con i sovrani francesi del settecento<br />
e dell’ottocento, e si pensa che il liberty sia <strong>un</strong>’elegante playboy inglese(.. “
che bello essere liberty.”. ed il decò <strong>un</strong>a variante di p<strong>it</strong>tura d’oltralpe( “….qui<br />
ci metterei <strong>un</strong>a mano di decò…”).<br />
L’imperativo categorico indica che non deve mancare l’antiquariato, perché<br />
fa chic, <strong>è</strong> di moda ed al dio del nuovo millennio non si può non obbedire.<br />
Nella “ prima ”casa le camerette dei figli devono essere coordinate, con<br />
tavoli da studio ergonomici e colorati, anche se poi i comp<strong>it</strong>i si fanno in<br />
cucina. <strong>Il</strong> salotto buono deve emulare, sia pure inconsapevolmente, la Nonna<br />
Speranza di Gozzaniana memoria. <strong>Il</strong> soggiorno <strong>è</strong> rigorosamente high tech,<br />
con l’impianto stereo audio e video dolby surro<strong>un</strong>d, anche se <strong>è</strong> di 15 metri<br />
quadri e quando si accende anche l’inquilino dell’ultimo piano pensa che sia<br />
venuta la vendetta divina che lo liberi dall’ingombrante vicino. Lo stereo hi<br />
fi con mp3, mp4 i pod ed altre diavolerie anglosassoni che, se confondono il<br />
nostro protagonista con le loro innumerevoli applicazioni pratiche, lo<br />
rendono partecipe dei moderni processi di globalizzazione.<br />
Che importa poi se il suo inglese <strong>è</strong> fermo alla classica “ the pen is on the<br />
table”, tanto i film americani sono doppiati e tutti devono tremare quando<br />
aziono il mio impianto, pensa il <strong>marsalese</strong>; la potenza virile che abbatte le<br />
barriere si fa ultrasuono e penetra gli anfratti più nascosti delle ultime<br />
rimostranze al nuovo che arriva e che tutti domina, volenti o nolenti.<br />
Ed i libri? Anche loro hanno il loro spazio nell’arredamento della casa di<br />
c<strong>it</strong>tà: la “cozzologia” –neologismo trash che indica l’esposizione dei dorsi<br />
colorati delle pubblicazioni in brossura o delle enciclopedie patinate –<br />
alberga in molte ab<strong>it</strong>azioni, facendo bella mostra di sé. Rassicura della<br />
progressiva ignoranza e crea l’alibi che permette di “non pensare ad altro”,<br />
come quando si fa l’elemosina a Natale per mettersi al riparo dagli<br />
incombenti sensi di colpa che, come fantasmi notturni ed alati, ci fanno tetra<br />
compagnia nelle notti in cui ,finalmente o per tragica fatal<strong>it</strong>à, si <strong>è</strong> davvero<br />
soli con se stessi.<br />
La casa in campagna invece, <strong>è</strong> <strong>un</strong> feticcio, <strong>un</strong> messaggio della potenza<br />
economica – spesso fallace ed inesistente – e tanto più esib<strong>it</strong>a. L’importante <strong>è</strong><br />
“r<strong>it</strong>irarsi quando finisce la scuola dei figli”, prendersi il fresco all’ombra<br />
degli alberi( ultimamente sono botanicamente corretti soltanto ulivi e palme,<br />
per la gioia del vendicativo p<strong>un</strong>teruolo rosso…occhio del diavolo o segnale<br />
divino?),e godersi, almeno in teoria, la tranquill<strong>it</strong>à della pace agreste.<br />
E’ <strong>un</strong>’usanza tramandata <strong>dai</strong> gen<strong>it</strong>ori: chi non ricorda il trasferimento in<br />
campagna con i carretti, trainati dal mulo, stracarichi di elettrodomestici,
pentole, tavoli, sedie e vest<strong>it</strong>i? C’era <strong>un</strong> alone romantico nel trasferirsi in <strong>un</strong><br />
altro mondo distante pochi chilometri. Ma allora ci si preparava mentalmente<br />
per il trasloco ed i pensieri diventavano sub<strong>it</strong>o d’estate, sapevano di canti di<br />
cicale e di spighe di grano piegate dal vento di scirocco, gli odori erano<br />
dell’uva matura di settembre con api ronzanti, e dell’erba p<strong>un</strong>gente che ci<br />
avvolgeva durante le passeggiate sotto i cieli infin<strong>it</strong>i d’agosto.<br />
Adesso, si dirà, i tempi sono cambiati, ma non tanto in ver<strong>it</strong>à. <strong>Il</strong> <strong>marsalese</strong> si<br />
trasferisce sempre, sol<strong>it</strong>amente, nel mese di giugno od al massimo di luglio,<br />
senza carri e muli, e senza traslochi elefantiaci dato che “lascia” le<br />
ab<strong>it</strong>azioni di villeggiatura complete di tutto: per la gioia dei topi a due zampe<br />
e delle finanziarie che a comode rate ci possiedono illudendoci di possedere .<br />
Ma le costruzioni sono quelle coloniche, a forma dell’antico “malaseno”,<br />
distanti tra loro e circondate da vigneti ed agrumeti( quest’ultimi chiamati,<br />
<strong>un</strong> tempo, semplicemente giardini?)<br />
No davvero, il novello <strong>marsalese</strong> della media borghesia, sia esso <strong>un</strong> parvenu<br />
del benessere economico od il figlio della classe di mezzo, non ama troppo le<br />
vecchie costruzioni rurali; anche nella dimora di campagna infatti, non deve<br />
mancargli nulla, meglio allora se <strong>è</strong> costru<strong>it</strong>a a schiera, con recinti di finto<br />
legno che delim<strong>it</strong>ano spazi angusti ed insignificanti, e muri così esili da<br />
sembrare evanescenti, che lasciano trapelare gli altrui sbalzi d’umore per fare<br />
sembrare meno ripugnanti i propri.<br />
Cosa c’<strong>è</strong> di più rassicurante della mancanza di original<strong>it</strong>à, dell’essere<br />
omologati nella grigia ma avvolgente villettopoli urbana? Ed allora via con<br />
le case tutte uguali, con gli infissi in alluminio anodizzato( che non si<br />
rovinano mai), magari anche vicine al mare, con i lidi costru<strong>it</strong>i in mezzo alle<br />
case abusive e gli ingressi al mare privati o privatizzati.<br />
Si, ma la pace del riposo pomeridiano? E le passeggiate stellate? roba da<br />
romantici- neo crepuscolari- esaltati, malinconici e pedanti. <strong>Il</strong> sano<br />
tambureggiare delle torture pseudo musicali emesse <strong>dai</strong> disk-jokey<br />
improvvisati che allietano le notti estive, non saranno il massimo della<br />
privacy, ma ormai si vive in veloc<strong>it</strong>à, senza mai fermarsi, talmente che per<br />
ricordarci di mangiare lentamente( e cio<strong>è</strong> in maniera banalmente normale),<br />
hanno addir<strong>it</strong>tura inventato <strong>un</strong>’associazione internazionale dal nome,<br />
anch’esso, fatalmente, anglosassone:” slow food” che anche nel <strong>marsalese</strong> ha<br />
trovato sub<strong>it</strong>o facili profeti e miriadi di emulatori.
I bambini dei vicini strep<strong>it</strong>ano, i mar<strong>it</strong>i e le mogli si rinfacciano i loro<br />
rispettivi fallimenti esistenziali ,ebbene? Questa <strong>è</strong> la v<strong>it</strong>a moderna, la<br />
globalizzazione della campagna, la terza via della villeggiatura, il futuro che<br />
si fonda, in realtà rinnegandole, sulle radici del passato.<br />
Apparire di essere opulenti, felici, completi di tutto ciò che di materiale si<br />
può possedere, a costo di notti insonni e rate infin<strong>it</strong>e da pagare. Se tutti lo<br />
fanno <strong>un</strong> motivo dovrà pur esserci o no? Ed allora basta interrogarsi, di farsi<br />
male con stupidi esercizi da intellettuali senza ventura; via alle grigliate che<br />
non sanno più di niente, olezzate come sono da quelle dei vicini e dal<br />
ristorante abusivo pseudo- ambulante di turno.<br />
Via con le cene- cambiali che alla scadenza devono essere onorate , a costo di<br />
attorcimenti gastro-intellettivi e le risate stampate nella faccia dell’ipocrisia,<br />
via con i pomeriggi dei bambini e le giocate a carte tra <strong>un</strong> morso di zanzara e<br />
l’altro.<br />
La mediocr<strong>it</strong>à ,d’altronde, <strong>un</strong>a volta raggi<strong>un</strong>ta non <strong>è</strong> facile da perdere,<br />
soprattutto quando regala sicurezza. Che bello non pensare in maniera<br />
diversa dagli altri, fare le stesse cose, frequentare gli stessi posti, vedere<br />
sempre le stesse facce, parlarsi addosso.<br />
Cosa mi manca in fondo, pensa il <strong>marsalese</strong> in vacanza, se non me stesso?<br />
Ma io chi sono in realtà se non lo specchio di quello che vedo di fronte ai<br />
miei occhi? Ed allora, via con le scale colorate di noia o con il poker serale –<br />
in cui fingere di non impegnarsi per i soldi ma soltanto per il piacere di stare<br />
in compagnia – e chi più non ne ha più non ne metta.<br />
<strong>Il</strong> m<strong>it</strong>o continua, e se anche il figlio del <strong>marsalese</strong> ha la villetta in campagna<br />
entra nella leggenda perpetuandola e rinnovando se stesso fino all’etern<strong>it</strong>à.<br />
Finché esisterà la stupida van<strong>it</strong>à il <strong>marsalese</strong> vivrà felice e contento e mai<br />
tempi furono più fecondi per il nostro affezionato fenotipo.<br />
Anche nella c<strong>it</strong>tà, d'altronde, l’arch<strong>it</strong>ettura <strong>è</strong> ormai <strong>un</strong> idolo immaginario dei<br />
benpensanti, non c’<strong>è</strong> alc<strong>un</strong> serio intervento programmato per conciliare<br />
l’opera dell’uomo con la storia e l’ambiente circostanti; le costruzioni<br />
ottocentesche, quelle liberty e di ispirazione neoclassica sono state, per la<br />
maggior parte, demol<strong>it</strong>e per fare posto ad innaturali blocchi di cemento che<br />
mercificano il senso estetico e colpiscono al cuore le original<strong>it</strong>à del luogo.<br />
Ness<strong>un</strong>o sforzo ecologico, ness<strong>un</strong>a relazione con l’esterno, ma <strong>un</strong> malsano<br />
tecnicismo con risposte standardizzate che disperdono la compless<strong>it</strong>à delle<br />
varie epoche costruttive ed in defin<strong>it</strong>iva distruggono l’<strong>un</strong>iversale valore
dell’umanesimo: e così <strong>dai</strong> quartieri ghetto di Amabilina a quelli, appena più<br />
integrati di Sappusi, si <strong>è</strong> gi<strong>un</strong>ti al caos negativo dell’assoluta mancanza di<br />
cr<strong>it</strong>eri guida urbanistici. Ness<strong>un</strong>o sforzo di relazionarsi al contesto<br />
circostante, né sui materiali usati, né sul rispetto della divers<strong>it</strong>à degli ab<strong>it</strong>anti<br />
che andrebbero sempre ascoltati allorquando si tratta di intervenire sugli<br />
spazi v<strong>it</strong>ali.<br />
Poiché le strutture edificate organizzano i luoghi fisici e condizionano la v<strong>it</strong>a<br />
degli ab<strong>it</strong>anti, i modelli urbanistici non dovrebbero nutrirsi di arroganza e di<br />
stupide ripetizioni senz’anima, ma basarsi sulle reali esigenze dei corpi<br />
sociali interessati allo sviluppo dei quartieri di volta in volta interessati.<br />
Al contrario, a <strong>Marsala</strong> tali direttrici di intelligente buonsenso sono miraggi<br />
ben l<strong>un</strong>gi dall’essere minimamente sfiorati , dato che anche nelle vie del<br />
centro, più o meno allargato, i mostri di calcestruzzo, comodo rifugio per il<br />
<strong>marsalese</strong> neo borghese- cap<strong>it</strong>alista, di vario colore e foggia, mortificano la<br />
vista e l’intelligenza dell’osservatore che non rin<strong>un</strong>cia a guardare con gli<br />
occhi della mente.<br />
Tinte ignobili, fin<strong>it</strong>ure avventate e squilibri stilistici gozzovigliano per le<br />
strade, per gli angoli e le piazzette che offrivano riparo, imperversano nelle<br />
prime periferie, per proseguire ininterrottamente, da veri trionfatori, senza<br />
che si levi <strong>un</strong> grido di dolore che non sia quello soffocato delle anime<br />
sensibili destinate ad ingrossare le fila delle minoranze libere e pensanti.<br />
Aperture in alluminio anodizzato, balconate in ferro battuto soppiantate da<br />
anonime piattaforme in cemento, persiane in legno sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e da avvolgibili in<br />
plastica, facciate <strong>dai</strong> colori improbabili ed improponibili, mortificano con la<br />
loro petulante bruttezza lo sguardo estetico, omogeneizzando gli stili in <strong>un</strong><br />
<strong>un</strong>ica desolante pattumiera del buon senso, prima ancora che dei rudimenti<br />
del senso urbanistico della c<strong>it</strong>tà.<br />
Se tutto diviene merce, allora anche i tecnici si trasformano in longa manus<br />
dei palazzinari senza scrupoli e senz’anima, per la gioia dei centri di potere<br />
che spartiscono la succulenta torta dell’attiv<strong>it</strong>à edilizia, con licenza di<br />
mortificare il terr<strong>it</strong>orio di cui dovrebbero , invece, essere timidi e rispettosi<br />
interpreti ed interlocutori.