Ernest - La Repubblica
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Domenica<br />
<strong>La</strong><br />
DOMENICA 12 GIUGNO 2011/Numero 330<br />
ERNEST HEMINGWAY<br />
HEMINGWAY<br />
1899 - 1961<br />
“Papà, è difficile scrivere?<br />
È difficile vivere?”<br />
“Bumby, un giorno<br />
capirai tutto per conto tuo”<br />
A cinquant’anni dalla morte<br />
una storia e un dialogo inediti<br />
tra l’autore di “Festa mobile”<br />
e il suo primo figlio<br />
L’importanza<br />
di chiamarsi<br />
<strong>Ernest</strong><br />
Il mio primo figlio, Bumby, e io passavamo molto tempo insieme<br />
nei caffè nei quali lavoravo quando lui era molto piccolo<br />
e abitavamo sopra la segheria. Veniva sempre con noi<br />
a Schruns nel Vorarlberg in inverno ma quando Hadley e io<br />
andavamo in Spagna durante l’estate passava quei mesi<br />
con la femme de ménage che lui chiamava Marie Cocotte e<br />
suo marito, che lui chiamava Touton, o al 10bis di Avenue des Gobelins<br />
dove avevano un appartamento o a Mur de Bretagne dove<br />
andavano per le vacanze estive di Monsieur Rohrbach. Monsieur<br />
Rohrbach era stato maréchal de logis chef ovvero sergente maggiore<br />
in servizio permanente nell’esercito francese e al momento<br />
del pensionamento ricopriva un incarico minore grazie al quale<br />
avevano tirato avanti con il salario suo e di Marie e atteso con impazienza<br />
il suo ritiro a Mur de Bretagne.<br />
(segue nelle pagine successive)<br />
EMANUELA AUDISIO<br />
di <strong>Repubblica</strong><br />
fare il furbo, racconta». Hemingway<br />
per i cronisti di sport è stato Shakespeare.<br />
E da ragazzi non si legge solo, si inseguono<br />
passi, si cerca la stessa strada, si dividono<br />
respiri. Si vuole arrivare vicino, sco-<br />
«Non<br />
prire, sentire. Come gli indiani che mettono<br />
l’orecchio a terra per intuire velocità e direzioni. C’era solo da<br />
scegliere un territorio: Africa, Spagna, Cuba, Key West, Parigi, in ordine<br />
sparso. Non solo posti, geografie, ma sale parto, concepimenti<br />
letterari, gestazioni. Hemingway faceva guerre: al mare, ai pesci,<br />
ai tori, ai leoni, tutto era un ring dove dare pugni e restare in piedi.<br />
Vincitori e vinti, avere e non avere, sparare e spararsi, ma col fucile:<br />
Cary Grant era più bravo di lui. Per questo era importante vedere.<br />
(segue nelle pagine successive)<br />
con gli articoli di MASSIMO NOVELLI e AMBRA SOMASCHINI<br />
cultura<br />
Le spie anti-Hitler nel cuore di San Pietro<br />
FILIPPO CECCARELLI<br />
spettacoli<br />
Sangue & spaghetti, l’Italia a Hollywood<br />
CLAUDIA MORGOGLIONE e VITTORIO ZUCCONI<br />
le tendenze<br />
Quando ritornano le dive a vita alta<br />
LAURA ASNAGHI<br />
i sapori<br />
San Marzano, patrono dei pomodori<br />
LICIA GRANELLO e CARLO PETRINI<br />
l’incontro<br />
Boy George, “Ho fatto visita al demonio”<br />
GIUSEPPE VIDETTI<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
32 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
la copertina<br />
Anniversari<br />
ERNEST HEMINGWAY<br />
(seguedalla copertina)<br />
Touton ebbe un ruolo importante<br />
negli anni formativi<br />
della vita di Bumby e quando<br />
c’era troppa gente alla<br />
Closerie des Lilas lo portavo<br />
in giro in carrozzina o più<br />
tardi andavamo a piedi al caffè in Place St-<br />
Michel dove lui studiava la gente e la vita<br />
indaffarata di quella parte di Parigi dove<br />
io scrivevo le mie cose con un café crème.<br />
Ciascuno aveva il suo caffè privato dove<br />
non invitava mai nessuno e dove andava<br />
a lavorare, o a leggere o a guardare la posta.<br />
Bumby cresciuto e diventato un ragazzino<br />
parlava un eccellente francese e,<br />
poiché era stato abituato a starsene assolutamente<br />
quieto e a non far altro che studiare<br />
e osservare mentre io lavoravo,<br />
quando vedeva che avevo finito mi confidava<br />
qualcosa che aveva imparato da<br />
Touton.<br />
«Tu sais, Papa, que les femmes<br />
pleurent comme les enfants pissent?»<br />
«Te l’ha detto Touton?»<br />
«Dice che un uomo non dovrebbe<br />
mai dimenticarselo».<br />
In un’altra occasione mi disse: «Papa<br />
sono passate quattro poulesmentre<br />
lavoravi che non erano niente<br />
male».<br />
«Che cosa ne sai tu di poules?»<br />
«Niente. Le guardo. Uno le<br />
guarda».<br />
«Che cosa ne dice Touton?»<br />
«Che non bisogna prenderle<br />
sul serio».<br />
«Che cos’è che bisogna<br />
prendere sul serio?»<br />
«Vive la France et les pommes<br />
de terre frites».<br />
«Touton è un grand’uomo»<br />
dissi.<br />
«E un grande soldato» disse<br />
Bumby. «Mi ha insegnato molto».<br />
«Io lo ammiro moltissimo»<br />
dissi.<br />
«Ti ammira anche lui. Dice<br />
che fai un métier molto difficile.<br />
Dimmi Papa è difficile scrivere?»<br />
«Qualche volta».<br />
«Touton dice che è molto<br />
difficile e che devo sempre<br />
averne rispetto».<br />
«Tu ne hai rispetto».<br />
«Possiamo passare dalla li-<br />
A PESCA<br />
Hemingway<br />
con il primogenito<br />
John (Bumby)<br />
e Patrick (Mousie)<br />
con un grosso tonno<br />
a Bimini nel 1935<br />
Cinquant’anni fa, il 2 luglio del 1961, decise di morire<br />
come aveva vissuto, con un eccesso. Nessuno più di lui aveva<br />
cambiato per sempre la letteratura e nessuno riuscì a costruire<br />
un mito di se stesso così longevo. Oggi, per ricordarlo,<br />
Mondadori pubblica una nuova versione di “Festa mobile”<br />
e gli inediti degli anni di Parigi. Ne anticipiamo due<br />
Hemingway<br />
<strong>Ernest</strong><br />
breria di Silver Beach andando a casa?»<br />
«Passeremo di lì e poi devo portarti a casa<br />
in tempo per il pranzo. Ho promesso di<br />
andare a pranzo con della gente».<br />
«Gente interessante?»<br />
«Gente» risposi.<br />
Era troppo presto perché mettessero<br />
in acqua le barche nei giardini del Luxembourg<br />
e così non ci fermammo a guardare<br />
e quando arrivammo a casa Hadley e io<br />
avevamo litigato per qualcosa riguardo la<br />
quale lei aveva avuto ragione e io avevo<br />
avuto torto sul serio.<br />
Caro Bumby, figlio mio,<br />
un giorno capirai tutto<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
ALBUM<br />
L’album di famiglia<br />
Si riconoscono<br />
Clarence, Marcelline<br />
ed <strong>Ernest</strong> a Windemere<br />
nel 1901e lo scrittore<br />
neonato. Sotto,<br />
la licenza di pesca<br />
spagnola. In copertina,<br />
il passaporto<br />
dello scrittore nel 1921<br />
«<strong>La</strong> mamma è stata cattiva. Papa l’ha<br />
sgridata» annunciò Bumby in francese<br />
con grande importanza ancora sotto l’influenza<br />
di Touton. Dopo che Scott aveva<br />
preso con buona frequenza a capitare lì<br />
ubriaco Bumby mi chiese molto seriamente<br />
una mattina quando lui e io avemmo<br />
finito di lavorare insieme al caffè di<br />
Place St-Michel: «Monsieur Fitzgerald è<br />
ammalato Papa?».<br />
«È ammalato perché beve troppo e non<br />
riesce a lavorare».<br />
«Lui non ha rispetto per il suo métier?»<br />
Scrittore, soldato e tour operator<br />
le mille vite di Mister Hem<br />
(segue dalla copertina)<br />
Chissà forse da qualche parte c’era un trucco nascosto. Magari<br />
anche a casa sua, quella da dove se n’era andato, stanco<br />
delle lezioni di violoncello che gli imponeva la madre. Oak<br />
Park, ovest di Chicago, sul lago Michigan. Casa vittoriana, ora trasformata<br />
in un museo, foto e lettere, viale di querce. Niente d’interessante,<br />
nostalgia zero. Del resto anche lui scrisse alla sorella:<br />
«Vieni via, c’è un mondo là fuori». Poco più in là ha vissuto e progettato<br />
l’architetto Frank Lloyd Wright e lo scrittore Edgar<br />
Rice Burroughs, creatore di Tarzan. Però a nord c’è il lago,<br />
quello misterioso di Campo indiano, dove Nick chiede: «È<br />
difficile morire, babbo?» e sempre lì c’è Horton Bay dove<br />
Hemingway scopre le quattro parole per dire basta, quando<br />
l’amore diventa freddo. «Non è più divertente». Lei è la<br />
Marjorie de <strong>La</strong> fine di qualcosa. A casa Hemingway nessun<br />
accenno al suicidio dello scrittore, come se lo sparo fosse un<br />
atto futile e maleducato, di quelli che sporcano la tappezzeria<br />
(si tolse la vita in garage, nell’Idaho, esattamente cinquant’anni<br />
fa, il 2 luglio 1961). Stesso gesto per padre, fratello,<br />
sorella, nipote (Margaux).<br />
<strong>La</strong> sua Africa. A Nairobi si fermava al New Stanley Hotel, albergo<br />
in centro, nel cui bar nel ’23 era stata servita la prima birra<br />
locale. Negli anni Settanta c’era un direttore italiano, che non<br />
sembrava molto affascinato dal premio Nobel, ricordava solo la<br />
sua ubriachezza. Per riprendersi meglio scalare il Kilimangiaro<br />
per via «della carcassa rinsecchita e congelata di un leopardo». Il<br />
giovane Holden si chiede dove vadano le anatre d’inverno a Central<br />
Park, è una domanda curiosa e assurda. Salinger è l’anti-Hemingway,<br />
forse non sarebbe esistito senza di lui: niente sport, anzi<br />
una schiappa, niente eroismi. Le anatre di Salinger fanno sorridere,<br />
il leopardo delle nevi del Kilimangiaro inquieta come re Lear.<br />
Hemingway si metteva al centro, s’impossessò del mondo, come<br />
se non fosse esistito prima di lui: spiegò l’America all’Europa e<br />
l’Europa all’America. Non era solo uno scrittore, ma un tour operator,<br />
faceva, lanciava luoghi, alberghi, bar: l’encierro a San Firmino,<br />
le soste al Café Iruña, magnifico esempio di liberty, l’hotel <strong>La</strong><br />
Perla a Pamplona. Mare, montagne, laghi, fiumi, savane. Fronti e<br />
trincee, guerre e liberazioni, tori e toreri, coraggi e paure. Generazione<br />
perduta e ritrovata. Fiesta, olè. Convinse mezzo mondo che<br />
per scrivere bisognava andare a Parigi. Rese attraente l’Africa prima<br />
della baronessa Isak Dinesen, in arte Karen Blixen, che co-<br />
EMANUELA AUDUSIO<br />
«Madame sua moglie non ne ha rispetto<br />
o ne è invidiosa».<br />
«Lui dovrebbe sgridarla».<br />
«Non è così facile».<br />
«Ci incontriamo con lui oggi?»<br />
«Sì, credo di sì»<br />
«E andrà avanti a bere tanto?»<br />
«Ha detto che non dovremmo bere».<br />
«Darò io il buon esempio».<br />
Quel pomeriggio quando Scott e io ci<br />
incontrammo con Bumby in un caffè<br />
neutrale era un giorno in cui Scott non beveva<br />
e ordinammo una bottiglia d’acqua<br />
FRANCIA E SPAGNA<br />
Gli altri documenti<br />
sono ricordi del periodo<br />
spagnolo e francese:<br />
una guida di Parigi,<br />
e un biglietto della corrida<br />
munque in Kenya c’era arrivata già da tempo (e non per turismo).<br />
Hemingway sapeva quando era il momento. E quel momento raccontava<br />
e reinventava. Non gli interessava la psicanalisi dal male,<br />
ma solo l’arrivo del colpo, la fitta del dolore. «Il vecchio sognava i<br />
leoni». Quando a Scott Fitzgerald morì il padre, l’amico <strong>Ernest</strong> gli<br />
scrisse: «Non sprecare materiale così ricco». Non era cinico, voleva<br />
solo che l’altro non si distraesse. Ma Scott non combatteva le frustrazioni,<br />
anzi le corteggiava: «Stare a letto e non dormire. Volere<br />
qualcuno che non viene. Cercare di piacere e non riuscirci».<br />
<strong>La</strong> casa di Hem a Cuba era la Finca Vigia, a San Francisco de Paula,<br />
nei dintorni della capitale. Scriveva in piedi, a matita. Di mattina.<br />
Poi a macchina sullo scrittoio. Accanto aveva ottomila libri e 57<br />
gatti. Aveva bisogno di fisicità: una nuotata in piscina, un po’ di<br />
boxe con i ragazzini e poi il baseball. «Se sei innamorato scrivi meglio».<br />
Lo ispirava anche l’hotel Ambos Mundos, dove c’era Esperancia,<br />
la vestale della chiave 511, camera con vista mare. Mojito e<br />
daiquiri sì. E altro consiglio: «Tenetevi lontani da telefoni e seccatori».<br />
Mai disperdersi, come Fitzgerald.<br />
Da Cuba a Key West in Florida, al numero 907 di Whitehead<br />
Street, la villetta antica, le palme, i banani, il luogo dove scrisse Addio<br />
alle armi, i famosi gatti polidattili, a sei dita, Snowball il suo preferito,<br />
ma soprattutto la piccola libreria in bagno. Dunque al cesso<br />
si legge. E gli occhialetti lasciati sul letto, un po’ come quelli (insanguinati)<br />
di John Lennon quando gli spararono davanti al Dakota.<br />
Hemingway aveva disciplina. «Ho riscritto 39 volte l’ultima pagina<br />
di Addio alle armi prima di essere soddisfatto». Trovare le parole<br />
giuste: correggersi, non accontentarsi, migliorarsi. Eliminare<br />
quello che non serve. <strong>La</strong> famosa teoria dell’iceberg: è grosso e si vede,<br />
ma quello che lo tiene in piedi è la parte invisibile che sta sotto.<br />
«Le cose esistono, capitano, molte le sai, altre le ignori, ma tramite<br />
la tua invenzione prendono una nuova vita. Si scrive per essere<br />
immortali». Allenarsi, essere onesti. Il talento è un padrone feroce,<br />
non dà libertà, regala splendida schiavitù. Non conta quello che<br />
bevi, come viaggi, cosa cerchi. Non c’è più quell’Africa, gli elefanti<br />
sono quasi estinti, non c’è più quella Spagna, la corrida in Catalogna<br />
è bandita, e sulla strada che scende dal passo di Navacerrada<br />
dove sul Puente de la Cantina, al chilometro 130 della statale, il partigiano<br />
Robert Jordan piazza la dinamite, non c’è nulla che ricordi<br />
la guerra civile e che la campana suona anche noi. Però, quando di<br />
notte cammini per il mondo, speri che i baristi abbiano letto Un<br />
posto pulito illuminato bene e non spengano presto la luce.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 33<br />
MEMORIAL DAY<br />
A sinistra, i piccoli Hemingway<br />
durante il Memorial Day nel 1907:<br />
il nonno Ansone è in uniforme,<br />
<strong>Ernest</strong> è il terzo da sinistra; sopra,<br />
Hemingway nel 1906<br />
minerale ciascuno.<br />
«Per me una demi-blonde» disse<br />
Bumby.<br />
«<strong>La</strong>sci che il bambino beva birra?»<br />
chiese Scott.<br />
«Touton dice che un pochino di birra<br />
non fa male a un ragazzo della mia età»<br />
disse Bumby. «Ma faccia un ballon».<br />
Un ballon era solo un mezzo bicchiere<br />
di birra.<br />
«Chi è questo Touton?» chiese Scott.<br />
Gli raccontai di Touton e di come<br />
avrebbe potuto saltar fuori dalle memorie<br />
di Marbot oppure di Ney, se questi<br />
avesse scritto le sue, e che incarnava il vecchio<br />
establishment militare francese che<br />
era stato distrutto più volte ma che ancora<br />
esisteva. Scott e io parlammo delle<br />
campagne napoleoniche e della guerra<br />
del 1870 che lui non aveva studiato e io gli<br />
raccontai alcune storie di ammutinamento<br />
nell’esercito francese e di come<br />
uomini dello stampo di Touton fossero<br />
un anacronismo ma anche una cosa di<br />
assoluto valore. Scott era appassionatamente<br />
interessato alla guerra 1914-18 e<br />
dal momento che avevo molti amici che<br />
vi avevano combattuto e qualcuno che<br />
aveva visto parecchie cose nei dettagli,<br />
queste storie gli fecero una grande impressione.<br />
Il discorso era ben al di là della<br />
portata di Bumby ma lui ascoltava attentamente<br />
e più tardi quando avevamo parlato<br />
di altre cose e Scott se n’era andato,<br />
pieno di acqua minerale e del proposito<br />
di scrivere bene e sinceramente, chiesi a<br />
Bumby perché aveva ordinato una birra.<br />
«Touton dice che un uomo deve prima<br />
di tutto imparare a controllarsi» disse.<br />
«Ho pensato che potevo dare il buon<br />
esempio».<br />
«Non è così semplice» gli dissi.<br />
«Neanche la guerra è semplice vero Papa?»<br />
«No. Molto complicata. Per adesso credi<br />
a quello che dice Touton. Più avanti<br />
scoprirai molte cose per conto tuo».<br />
«Monsieur Fitzgerald è stato mentalmente<br />
demolito dalla guerra? Touton mi<br />
ha detto che a molta gente è successo».<br />
«No. Lui no».<br />
«Sono contento» disse Bumby. «Può<br />
essere qualcosa di passeggero».<br />
«Non sarebbe una disgrazia se fosse<br />
stata la guerra a demolirlo mentalmente»<br />
dissi. «Molti dei nostri buoni amici lo sono<br />
stati. Poi qualcuno si è ripreso e ha fatto<br />
delle belle cose».<br />
«Touton mi ha spiegato che essere<br />
mentalmente demolito non è questione<br />
di disgrazia. C’era troppa artiglieria in<br />
quest’ultima guerra. E i generali erano<br />
tutti bestie».<br />
«È molto complicato» dissi. «Un giorno<br />
capirai tutto per conto tuo».<br />
«Intanto è bello che noi non abbiamo<br />
problemi di nostro. Non grossi problemi.<br />
Hai lavorato bene oggi?»<br />
«Molto bene».<br />
«Sono contento» disse Bumby. «Non ti<br />
posso aiutare in qualcosa?»<br />
«Tu mi aiuti molto».<br />
«Povero Monsieur Fitzgerald» disse<br />
Bumby. «È stato molto bravo oggi a restare<br />
sobrio e a non darti fastidio. Andrà a finire<br />
tutto bene per lui Papa?»<br />
«Lo spero» dissi. «Ma ha dei problemi<br />
molto gravi. A me sembra che abbia dei<br />
problemi quasi insormontabili come<br />
scrittore».<br />
«Sono sicuro che li sormonterà» disse<br />
Bumby. «È stato così gentile oggi e così<br />
giudizioso».<br />
Traduzione di Luigi Lunari<br />
Restored edition © 2009 Hemingway Foreing<br />
Rights Trust . All rights reserved<br />
© Arnoldo Mondadori Editore Spa, Milano<br />
Pubblicato per concessione dell'editore<br />
(segue nelle pagine successive)<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
la copertina<br />
Anniversari<br />
“Quando sei con una vuoi lei e quella che non è lì<br />
Quando sei con l’altra vuoi lei e quella che non è lì<br />
Quando sei con tutte e due le vuoi tutte e due e il fatto strano<br />
è che ti senti felice. In fondo è più facile rompersi le gambe<br />
che rompersi il cuore anche se dicono che oggi tutto si rompe<br />
e che dopo molti sono più forti nei punti dove si sono rotti”<br />
<strong>Ernest</strong><br />
Hemingway<br />
ERNEST HEMINGWAY<br />
Il primoanno nel Vorarlberg fu un<br />
anno innocente. L’ultimo anno<br />
fu un incubo e un anno assassino<br />
mascherato da quello più divertente<br />
di tutti. Fu in quell’anno che<br />
i ricchi si fecero vivi. I ricchi hanno<br />
sempre una sorta di pesce pilota che<br />
li precede, qualche volta è un po’ sordo,<br />
qualche volta un po’ cieco, ma è sempre<br />
lì che annusa con aria affabile e che li precede<br />
esitante.[...] A quei tempi io mi fidavo<br />
del pesce pilota come mi sarei fidato<br />
delle Rotte Velistiche Idrografiche Rivedute<br />
e Corrette per il Mediterraneo. Affascinato<br />
da questi ricchi io ero tanto fiducioso<br />
e tanto stupido quanto un cane<br />
da caccia voglioso di seguire qualunque<br />
uomo con un fucile, o come il maiale am-<br />
A FRANCIS<br />
A destra, Hemingway a quindici anni;<br />
a sinistra e nell’altra pagina,<br />
passaporti del ’25 e del ’21<br />
e la tessera da inviato di guerra del ’44<br />
Sotto, un biglietto per Pamplona<br />
e il dattiloscritto di Festa mobile<br />
con le parole dedicate a Francis Scott<br />
Fitzgerald: “Il suo talento era naturale<br />
come i motivi sulle ali di una farfalla”<br />
Amare due donne<br />
nell’inverno<br />
del mio rimorso<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
maestrato di un circo che finalmente ha<br />
trovato qualcuno che lo ama e lo apprezza<br />
per quello che è. Che ogni giorno<br />
dovesse essere una fiesta mi sembrava<br />
una splendida scoperta. Leggevo perfino<br />
ad alta voce la parte del romanzo che<br />
avevo riscritto, il che è più o meno il punto<br />
più basso a cui uno scrittore possa<br />
scendere e molto più pericoloso per lui<br />
come scrittore che sciare slegato su un<br />
ghiacciaio prima che le nevicate di pieno<br />
inverno coprano i crepacci. [...]<br />
Fu un inverno degli orrori. Prima che<br />
questi ricchi arrivassero si era già infiltrato<br />
tra noi un altro ricco che si era servito<br />
del più antico trucco probabilmente<br />
esistente. È quando una giovane donna<br />
non sposata diventa temporaneamente<br />
la migliore amica di un’altra giovane<br />
donna che è sposata, arriva a vive-<br />
re con il marito e la moglie e poi inconsciamente,<br />
innocentemente e implacabilmente<br />
decide di sposare il marito. [...]<br />
Il marito ha due affascinanti ragazze<br />
accanto a sé quando mette da parte il lavoro.<br />
Una è nuova e strana e se lui è sfortunato<br />
arriva ad amarle entrambe. Allora<br />
la più implacabile vince. Suona molto<br />
stupido. Ma amare davvero due donne<br />
al tempo stesso, amarle sinceramente, è<br />
la cosa più distruttiva e terribile che possa<br />
succedere a un uomo quando la donna<br />
non sposata decide di sposarsi. [...]<br />
Quando sei con una ami lei e quella<br />
che non è lì. Quando sei con l’altra ami lei<br />
e quella che non è lì. Quando sei con tutte<br />
e due le ami tutte e due e il fatto strano<br />
è che ti senti felice. Ma con il procedere<br />
delle cose quella nuova non si sente felice<br />
perché vede che le ami tutte e due an-<br />
Una nuova “Festa mobile”<br />
CARTEGGIO<br />
Sopra, la copertina di Festa<br />
mobile; a destra, le lettere<br />
tra Feltrinelli, Hemingway<br />
e Mondadori nelle quali<br />
lo scrittore declina l’offerta<br />
di cambiare editore<br />
e ribadisce la sua stima<br />
ad Arnoldo<br />
Aveva rinchiuso tutto lasciato tutto in tre bauli. Era la primavera del<br />
1928. Frammenti dimenticati, pagine dattiloscritte, appunti, libri,<br />
ritagli di giornale e vecchi vestiti. «Una capsula del tempo» scrisse<br />
<strong>Ernest</strong> Hemingway, materiale che lo aveva spinto, nell’estate del 1957, a lavorare<br />
a The Paris Sketches tra Cuba, Ketchum, la Spagna e Parigi. È da qui<br />
che nasce la nuova edizione di Festa mobile, da cui pubblichiamo in queste<br />
pagine due racconti inediti. Il libro, pubblicato negli Usa nel 2009, uscirà<br />
il 28 giugno in Italia negli Oscar Mondadori (224 pagine, 9 euro), con la premessa<br />
del figlio Patrick e l’introduzione del nipote, Seán. Figlio e nipote ripropongono<br />
una versione «più coerente» a quella dell’autore, diversa da<br />
quella che, secondo loro, la moglie Mary aveva «snaturato». Sono otto racconti<br />
ambientati tra il 1921 e il 1926: la storia dello chaffeur francese dei Fitzgerald,<br />
una palestra di pugilato e poi il più cupo, Nada y pues nada, scritto<br />
in tre giorni, dal primo al 3 aprile 1961, meno di tre mesi prima di suicidarsi.<br />
Le foto di quelle memorie, ma anche quelle della Prima guerra mondiale,<br />
di Cuba, della Spagna, dell’Africa e di tutta una vita che illustrano queste<br />
pagine, sono invece tratte da Hemingway, la vie et ailleurs (di Mariel Hemingway<br />
— la nipote dello scrittore — e Boris Vejdovsky, docente di letteratura<br />
americana a Losanna). Da fine giugno il volume sarà disponibile in<br />
Europa per Michel <strong>La</strong>fon Paris, e a settembre in Italia per De Agostini (207<br />
pagine, 39 euro). Un album ricostruito attraverso la JFK Library di Boston.<br />
(ambra somaschini)<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
che se per il momento lo sta accettando<br />
suo malgrado. Quando sei solo con lei sa<br />
che l’ami ed è convinta che se qualcuno<br />
ama qualcuno non può amare nessun<br />
altro e tu non parli mai dell’altra per aiutarla<br />
e per aiutare te stesso anche se tu ormai<br />
sei al di là di ogni possibile aiuto.<br />
Tu non sai mai e forse neanche lei ha<br />
saputo quando ha preso la sua decisione<br />
ma a un certo punto nel bel mezzo dell’inverno<br />
ha cominciato a puntare stabilmente<br />
e implacabilmente al matrimonio;<br />
senza mai rompere l’amicizia<br />
con tua moglie, senza mai perdere i vantaggi<br />
della situazione, sempre preservando<br />
l’apparenza di una assoluta innocenza.[..]<br />
Era necessario che io lasciassi Schruns<br />
e andassi a New York per chiarire<br />
con chi dovessi pubblicare dopo il primo<br />
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 35<br />
I RAGAZZI<br />
Da sinistra, Hemingway e Bumby a Parigi nel ’24, i figli John, Patrick e Gregory<br />
a Key West nel ’35; lo scrittore ferito all’ospedale della Croce Rossa nel ’18 ;<br />
in basso a sinistra, le medaglie al valore (Per tutte le foto © JFK Library, Boston)<br />
Il gran rifiuto a Feltrinelli<br />
“Le sue parole sono sinistre”<br />
MASSIMO NOVELLI<br />
libro di racconti e quando tornai a Parigi<br />
avrei dovuto prendere il primo treno che<br />
mi portasse in Austria. Ma la ragazza di<br />
cui mi ero innamorato era a Parigi adesso,<br />
sempre a scrivere a mia moglie, e dove<br />
andammo e quello che facemmo e<br />
l’incredibile felicità, lancinante, ribelle,<br />
l’egoismo e la slealtà di tutto quello che<br />
facemmo, mi diedero una felicità tale e<br />
una felicità tanto impossibile da sopprimere<br />
e spaventosa che il nero rimorso<br />
arrivò e l’odio per il peccato e nessun<br />
pentimento, solo un terribile rimorso.<br />
Quando rividi mia moglie ferma sulla<br />
banchina mentre il treno entrava tra le<br />
cataste di tronchi in stazione, desiderai<br />
di essere morto senza aver mai amato altra<br />
donna che lei. Sorrideva, il sole sul suo<br />
bel volto abbronzato dalla neve e dal sole,<br />
il corpo ben fatto, i capelli d’oro rosso<br />
Le cose della vita andavano male, soprattutto in quello scorcio del<br />
1958, per <strong>Ernest</strong> Hemingway. Assillato da problemi esistenziali, torturato<br />
da malanni vari, ormai lavorava con estrema, penosa, fatica.<br />
Il 24 ottobre, mentre stava per interrompere la stesura di Festa mobile e la<br />
revisione del dattiloscritto-fiume de Il giardino dell’Eden, Alfred Rice, il suo<br />
rappresentante legale a New York, gli fece avere a Ketchum, nell’Idaho, una<br />
lettera ricevuta dall’agente letterario Fabio Coen. Quest’ultimo, rivolgendosi<br />
al romanziere su invito di Gian Giacomo Feltrinelli,<br />
esprimeva il «vivo desiderio del Signor Feltrinelli» di<br />
«pubblicare in Italia nella traduzione italiana una raccolta<br />
dei Suoi articoli sparsi in quotidiani e riviste nel corso<br />
della Sua carriera di scrittore».<br />
A rispondere per primo, per conto dello scrittore, fu l’avvocato<br />
di Manhattan. Poche parole, il 17 novembre, per<br />
chiarire che «il Signor Hemingway desidera per mio tramite<br />
informar<strong>La</strong> che egli non concederà l’autorizzazione, né a<br />
Feltrinelli né ad altri [...] ed anzi proibisce espressamente<br />
ogni pubblicazione del genere». Nove giorni dopo toccò all’autore<br />
di Addio alle armi che, sdegnato, volle informare di<br />
persona Arnoldo Mondadori, il suo editore italiano, della proposta<br />
fattagli dall’uomo che aveva appena pubblicato Il dottor<br />
Zivago del Nobel Boris Pasternak.<br />
Conservato con le altre carte nell’archivio della Fondazione<br />
Arnoldo e Alberto Mondadori, il biglietto con il<br />
«no» a Feltrinelli si spiegherebbe principalmente<br />
con l’amicizia e il consolidato rapporto di lavoro<br />
che univa Hemingway ai Mondadori. In particolare,<br />
ricorda Luisa Finocchi, che dirige la Fondazione,<br />
«era molto legato ad Alberto». Nella “lettera chiusa”<br />
spedita ad Arnoldo, però, risaltano un riferimento<br />
preciso alle supposte convinzioni politiche di Feltrinelli<br />
e di Coen, identificato a quanto sembra come<br />
membro di un partito di sinistra, e persino una battuta<br />
sul cognome di origine ebraica dell’agente letterario.<br />
Hemigway riassunse così la vicenda: «<strong>La</strong> corrispondenza<br />
parla da sola, e Lei certo saprà che tipo è Feltrinelli<br />
e come proteggere in queste circostanze i Suoi e<br />
i miei interessi. Coen, a parte il suo nome o il partito cui<br />
è iscritto, può essere ben definito dal tipo di lettere che<br />
scrive: le sue lettere sono sinistre. A lei comunque sarà<br />
ben noto questo genere di uomini se non l’uomo in questione».<br />
Cosa lo indusse, oltre al rapporto con Mondadori,<br />
a reagire così? <strong>La</strong> nevrosi? O forse il fatto che, in quel periodo,<br />
lo stesso Hemingway venisse ritenuto un comunista,<br />
amico di Castro, spiato dalla Cia e al centro di un presunto<br />
complotto orchestrato per ucciderlo?<br />
Nella lettera del 26 novembre, promise anche al grande<br />
editore di sperare «d’aver presto un nuovo libro da darLe».<br />
Commosso per la dimostrazione di lealtà nei suoi confronti,<br />
il vecchio Mondadori volle ringraziarlo. Gli scrisse il 12 dicembre: «Sono<br />
estremamente felice, e molto fiero, di questa sua nuova prova di fedele amicizia<br />
per me, di cui, naturalmente, non ho mai dubitato. Comunque, queste<br />
sono cose che hanno il potere di commuovermi profondamente ». E aggiunse:<br />
«Niente poteva rendermi più felice di sentirle menzionare il suo<br />
nuovo libro, e posso solo dirle che la promessa di spedirmelo presto, è il<br />
miglior regalo per Natale che io possa aver desiderato». Non lo riceverà.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
nel sole, lasciati crescere tutto l’inverno<br />
originali e bellissimi, e Mr Bumby fermo<br />
accanto a lei, biondo e sodo e con le sue<br />
guance d’inverno che sembrava un bravo<br />
ragazzo del Vorarlberg. «Oh, Tatie»<br />
disse, mentre la stringevo tra le braccia.<br />
«Sei tornato e hai fatto un viaggio meravigliosamente<br />
riuscito. Ti amo e ci sei<br />
mancato molto.»<br />
Io l’amavo e non amavo nessun’altra<br />
e vivemmo un delizioso momento magico<br />
finché restammo soli. Io lavorai bene<br />
e facemmo delle meravigliose gite, e<br />
fu solo quando fummo lontani dalla<br />
montagna in tarda primavera, e di ritorno<br />
a Parigi che l’altra storia ricominciò. Il<br />
rimorso era una bella e buona cosa e con<br />
un po’ di fortuna e se fossi stato un uomo<br />
migliore probabilmente avrebbe potuto<br />
risparmiarmi per qualcosa di peggio invece<br />
di essere il mio fedele e costante<br />
compagno per i tre anni successivi. [...]<br />
Il rimorso non mancò mai giorno o<br />
notte fino a che mia moglie non ebbe<br />
sposato un uomo molto migliore di<br />
quanto io sia mai stato o potessi essere e<br />
io seppi che era felice. Ma quell’inverno<br />
prima di sapere che sarei ricaduto nella<br />
malvagità ci divertimmo a Schruns e io<br />
mi ricordo tutto di quel momento e l’arrivo<br />
della primavera tra le montagne e<br />
quanto mia moglie e io ci amavano e fidavamo<br />
l’uno dell’altra e come eravamo<br />
felici che tutti i ricchi se ne fossero andati<br />
e come io credevo che fossimo di nuovo<br />
invulnerabili. Ma non eravamo invulnerabili<br />
e quella fu la fine della prima<br />
parte di Parigi, e Parigi non sarebbe mai<br />
più stata la stessa<br />
anche se era<br />
sempre Parigi e<br />
tu cambiavi<br />
mentre cambiava<br />
lei. Non<br />
tornammo<br />
più nel Vorarlberg<br />
e<br />
nemmeno i<br />
ricchi lo fecero.<br />
Credo<br />
che neanche<br />
il pesce<br />
pilota<br />
ci sia mai<br />
tornato.<br />
Lui aveva<br />
nuovi<br />
posti<br />
dove<br />
pilotare<br />
i ricchi<br />
e<br />
alla fine<br />
è diventato un ricco<br />
anche lui. [...]<br />
Ora più nessuno<br />
sale in alto con gli sci<br />
e quasi tutti si rompono<br />
le gambe ma<br />
forse in fondo è più<br />
facile rompersi le<br />
gambe che rompersi<br />
il cuore anche<br />
se dicono<br />
che oggi tutto si<br />
rompe e che a<br />
volte, dopo,<br />
molti sono più<br />
forti proprio<br />
nei punti dove si sono<br />
rotti. Adesso di questo non so più<br />
niente ma è così che era Parigi nei primi<br />
anni quando eravamo molto poveri e<br />
molto felici.<br />
Traduzione di Luigi Lunari<br />
Restored edition © 2009 Hemingway<br />
Foreing Rights Trust . All rights reserved<br />
© Arnoldo Mondadori Editore Spa,<br />
Milano. Pubblicato per concessione<br />
dell'editore<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
CULTURA*<br />
Anno 1939, Pio XII ordina di scavare sotto la basilica vaticana per trovare<br />
la tomba del primo apostolo. Ben presto il cantiere si trasforma in un covo<br />
di congiurati tedeschi e Alleati che vogliono abbattere il Führer e in un rifugio<br />
per ebrei perseguitati. Tra misteri, suggestioni, complotti e ricostruzione storica,<br />
un nuovo libro riapre la questione di papa Pacelli e dei suoi rapporti col nazismo<br />
FILIPPO CECCARELLI<br />
<strong>La</strong> congiura, la salvezza e forse<br />
la santità: comunque<br />
sottoterra. A parziale, ma<br />
sostanziale disdetta della<br />
neutralità della Santa Sede,<br />
tra il 1939 e il 1945 Pio XII<br />
congiurò contro Hitler e in seguito fece<br />
mettere in salvo diversi ebrei romani,<br />
convertiti e non, in quello stesso fantastico<br />
e impensabile luogo dell’ipogeo<br />
dove diciannove secoli prima era stato<br />
sepolto il primo pontefice della storia,<br />
quello che nell’iconografia possiede le<br />
chiavi del Paradiso.<br />
Papi, dunque, apostoli, nazisti, archeologia<br />
e spionaggio. Che già basterebbe.<br />
Ma quando le vicende si intrecciano<br />
nella città eterna, può anche accadere<br />
che nell’oscurità degli scavi sotto la<br />
basilica di San Pietro fioche lampade all’acetilene<br />
illuminino reliquie dimenticate<br />
in una cassetta, equivoci e beghe fra<br />
epigrafisti, bassi intrighi di curia e strategie<br />
geopolitiche. Per cui dalle reti dei pescatori<br />
del lago di Tiberiade, seguendo il<br />
racconto, si finisce per entrare, prima<br />
con diffidenza poi con appassionata curiosità,<br />
nelle grotte vaticane dove Pio XII,<br />
appena eletto, intende fare spazio per la<br />
tomba del suo predecessore. È la vigilia<br />
della Seconda guerra mondiale, ma poi<br />
GROTTA<br />
LA<br />
SEGRETA<br />
SANPIETRO<br />
DI<br />
Un bunker per fermare Hitler<br />
anche nei palazzi apostolici tutto si fa<br />
drammatico e fra ambasciatori inglesi e<br />
benefattori ebrei, cardinaloni fascisti e<br />
coraggiose suorine, si imbastisce una<br />
trama di audacie, delazioni, lacrime, sacramenti,<br />
bombardamenti, treni blindati,<br />
silenzi, preghiere e sotterfugi.<br />
Solo a Roma Barbara Frale, studiosa<br />
dei Templari e della Sindone, ricercatrice<br />
dell’Archivio Segreto Vaticano, poteva<br />
ambientare questo suo molto, forse<br />
troppo impegnativo Il principe e il pescatore<br />
(Mondadori, 360 pagine, 20 euro),<br />
a proposito del quale con inesorabile<br />
scetticismo romano si sarebbe addirittura<br />
portati a dire, ma non lo si dice: se<br />
non è vero, è molto ben inventato.<br />
E non suoni come discredito per un lavoro<br />
dichiaratamente e quindi onestamente,<br />
ma pure fin troppo risolutamente<br />
agiografico rispetto alla discussa figura<br />
di Pio XII. È che comunque la storia<br />
che qui è raccontata appare talmente<br />
ricca e suggestiva che il giornalismo l’accoglie<br />
d’istinto come una manna dal cielo;<br />
e più ancora le darà il benvenuto il<br />
mondo dalla fiction televisiva, che per i<br />
papi e i santi in questi momenti frivoli e<br />
spietati ha un indubbio interesse.<br />
Dunque, il Principe è papa Pacelli, in<br />
effetti il più valoroso e anche il più slanciato,<br />
ieratico e scenografico tra i patrizi<br />
romani, categoria invero da prendersi<br />
con le pinze. Mentre il Pescatore è San<br />
Pietro, già Simone, il primo degli apostoli,<br />
martire a testa in giù e fondatore di<br />
Santa Romana Ecclesia. I cui sacri resti a<br />
partire dal 1939 Pio XII ordina di cercare<br />
con personalissimo ardore, come antidoto<br />
all’intellettualismo modernista,<br />
nell’immensa necropoli sepolta sotto la<br />
basilica apostolica, che poi sono due,<br />
quella costantiniana e poi quella rinascimentale.<br />
E saranno ritrovate in effetti nei<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
LA NECROPOLI<br />
PIO XII<br />
Il luogo dove è sepolto<br />
il papa che ha ordinato<br />
la ricerca della tomba<br />
di San Pietro<br />
IL MAUSOLEO<br />
Sono tombe romane<br />
che risalgono dal 117<br />
al 161 dopo Cristo<br />
L’area dove sarebbe<br />
stato sepolto Pietro<br />
è contrassegnata<br />
come “Campo P”<br />
primi anni Cinquanta, queste sacre ossa<br />
attribuite a San Pietro, sia pure in forme<br />
avventurose, grazie soprattutto all’opera<br />
di Margherita Guarducci, in competizione<br />
con altri ragguardevoli personaggi<br />
che in parte seguitavano a cercarle nei<br />
posti sbagliati e in parte le avevano già<br />
trovate senza saperlo. Ma l’irresistibile<br />
novità da fare invidia a Dan Brown è che<br />
attorno ai grandiosi scavi nelle grotte vaticane,<br />
nel misterioso cantiere mantenuto<br />
aperto alla ricerca delle reliquie<br />
nelle viscere della cristianità finì per operare<br />
una vera e propria rete di spionaggio<br />
antinazista allestita da Pacelli all’insaputa<br />
della Segreteria di Stato e cioè dei<br />
cardinali Montini e Tardini, di cui tutto si<br />
può dire meno che fossero degli allocchi.<br />
Dopo di che, nel medesimo sottosuolo,<br />
tra pale, carriole, detriti, sarcofagi e i<br />
marmi dei magnifici mausolei pagani e<br />
cristiani, grazie a un’organizzazione gestita<br />
più o meno dagli stessi fidatissimi<br />
per conto del Papa, riuscirono a salvarsi<br />
la pelle centinaia e forse migliaia di ebrei,<br />
alcuni dei quali anche travestiti da operai<br />
scavatori e “sanpietrini”. E a questo<br />
punto occorre lealmente precisare: se<br />
LA BASILICA<br />
IL BALDACCHINO<br />
Realizzato<br />
dal Bernini<br />
tra il 1624<br />
e il 1633<br />
sotto Urbano VIII<br />
L’ALTARE<br />
Consacrato<br />
da Clemente VII<br />
nel 1594 è posto<br />
sulla verticale<br />
del sepolcro<br />
di Pietro<br />
LA TOMBA DI PIETRO<br />
LA RICOSTRUZIONE<br />
Un modello del “trofeo di Gaio”: un’edicola che segnava l'ingresso<br />
alla tomba dell'Apostolo. A fianco, un frammento del muro rosso<br />
su cui gli archeologi hanno decifrato la scritta “Pietro è qui”<br />
sulla figura di Pio XII e sul suo atteggiamento<br />
nei confronti del nazismo e degli<br />
ebrei non si fossero accumulati decenni<br />
di polemiche, controversie, dubbi e<br />
preoccupazioni la lettura de Il principe e<br />
il pescatore, che tra l’altro inizia con una<br />
citazione da una canzone di De André<br />
(«All’ombra dell’ultimo sole, s’era assopito<br />
un pescatore»), risulterebbe molto<br />
più serena. E forse anche il racconto<br />
scorrerebbe più leggero, senza iperprofusione<br />
documentaria e senza destare<br />
sospetti di lacune (una fra tutte, purtroppo:<br />
<strong>La</strong> Resistenza in convento di Enzo<br />
Forcella), né occhiute verifiche di fatti<br />
privi di riferimenti bibliografici o di<br />
eventuali forzature, senza soprassalti di<br />
sconforto perché l’autrice, in un passaggio<br />
un po’ così, ha anche citato i diari fasulli<br />
di Mussolini, e proprio sulla questione<br />
degli ebrei, dove il Duce guarda<br />
caso risulta particolarmente benigno.<br />
Perché la storia che qui si racconta è<br />
per sua natura incerta e contraddittoria<br />
e vive di suggestioni, di specchi, di astuzie<br />
che si sdoppiano in un gioco sempre<br />
più rischioso. Tutto ruota attorno a un<br />
IL LIBRO<br />
Sarà in libreria martedì 14 giugno Il principe<br />
e il pescatore. Pio XII, il nazismo<br />
e la tomba di San Pietro di Barbara Frale,<br />
storica e ricercatrice presso l’Archivio Segreto<br />
Vaticano. Il libro è pubblicato da Mondadori<br />
(360 pagine, 20 euro)<br />
LE FOTO<br />
Nell’altra pagina, uno dei mausolei<br />
sotto il Vaticano con la targa di Pio XII;<br />
sotto, la statua di San Pietro nelle grotte<br />
vaticane e l’interno della Basilica<br />
Tutto ruota attorno<br />
a due monsignori:<br />
l’economo Ludwig<br />
Kaas e il gesuita<br />
Robert Leiber<br />
ESPLORATORI<br />
In udienza da Pio XII nel ’43<br />
la squadra della “Fabbrica”<br />
Nel cerchio, Ludwig Kaas,<br />
mo a cui papa Pacelli, a lungo nunzio<br />
apostolico a Berlino e poi Segretario di<br />
Stato di Pio XI, ha affidato l’operazione di<br />
ritrovamento delle sante spoglie nel sottosuolo<br />
vaticano: Ludwig Kaas, già uomo<br />
politico del Partito popolare in Germania<br />
e ora economo e segretario della<br />
Reverenda fabbrica di San Pietro; l’altro<br />
è il coltissimo segretario personale di Pacelli,<br />
padre Robert Leiber, un gesuita che<br />
insegna all’università Gregoriana.<br />
Sono loro che lontano da sguardi indiscreti,<br />
in una Curia che già pullula di<br />
spie e delatori al servizio dei fascisti e dei<br />
nazisti, accolgono le periodiche visite di<br />
un agente segreto tedesco, Joseph Müller,<br />
a più riprese spedito a Roma da un<br />
gruppo di generali «senza svastica» che<br />
fin dal 1938 cospirano contro Hitler e che<br />
attraverso questa specialissima rete<br />
apostolica e sotterranea, nel senso autentico<br />
della parola, fanno arrivare agli<br />
alleati, attraverso l’ambasciatore britannico<br />
presso la Santa Sede sir D’Arcy<br />
Osborne, addirittura i piani di guerra del<br />
Führer, in vista di una possibile pace che<br />
salvaguardi l’integrità della Germania.<br />
Però poi tutto va in altra direzione. Ma<br />
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37<br />
LE GROTTE<br />
Dove sono sepolti:<br />
1 Giovanni Paolo II<br />
2 Giovanni Paolo I<br />
3 Paolo VI<br />
4 Bonifacio VIII<br />
contemporaneamente, anche se attraverso<br />
canali meno personali, direttive,<br />
note cifrate, circolari e contatti con benefattori<br />
la Santa Sede ingaggia una<br />
massiccia opera di assistenza agli ebrei,<br />
in un primo momento per farli emigrare<br />
attraverso la Società San Vincenzo e l’Opera<br />
San Gabriele; e poi per proteggerli,<br />
naturalmente in gran segreto, quando la<br />
persecuzione richiede di pagare riscatti,<br />
falsificare documenti e soprattutto nascondere<br />
le persone, anche dietro il cancello<br />
di bronzo, con i suoi intrepidi personaggi<br />
e i rischi del caso — vedi il progetto<br />
delle SS di sequestrare il Papa e trasferirlo<br />
nel Lichtenstein.<br />
E davvero non si ha alcun titolo per<br />
emettere giudizi definitivi su Pio XII: se<br />
abbia fatto tutto quel che poteva, e ancora<br />
meno è il caso di stabilire se meriti o<br />
meno la gloria degli altari. L’opinione<br />
più sensata è parsa di coglierla in una pagina<br />
molto felice in cui l’autrice ha ritenuto,<br />
e giustamente, di riportare la semplice<br />
testimonianza di sua nonna, Renata<br />
Baldini, che dopo il bombardamento<br />
degli Alleati sullo scalo San Lorenzo si ritrovò<br />
faccia a faccia, per strada, con il Papa<br />
giunto quasi in incognito a rendersi<br />
conto di persona, ma anche a pregare e<br />
dare una mano tra i feriti. Ebbene quell’uomo,<br />
quell’aristocratico, quel pontefice,<br />
le parve lì per lì «un povero cristo<br />
secco come un chiodo che non sapeva<br />
più dove mettersi le mani, con la città occupata<br />
dai tedeschi». Là dove la vera<br />
Maestà, più che ai principi, appartiene<br />
forse ai poveri cristi, ai loro necessari<br />
equivoci, alle loro gloriose sofferenze.<br />
paio di monsignori tedeschi, uno è l’uo- l’uomo di fiducia del Papa<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
SPETTACOLI<br />
L’ultima novità è la riscoperta del lato oscuro<br />
del Rinascimento. Ma prima de “I Borgia”,<br />
a breve sui nostri schermi direttamente dagli Usa,<br />
il Belpaese ha ispirato da sempre Hollywood<br />
Ecco perché, dall’antica Roma alla mafia,<br />
siamo quelli di sangue, corna e intrighi<br />
CLAUDIA MORGOGLIONE<br />
The<br />
Spaghetti e sangue. Tradimenti<br />
e omicidi. Toni accesi,<br />
colori forti, passioni esasperate.<br />
Un po’ Il Padrino, un<br />
po’ Cleopatra versione Liz<br />
Taylor. L’epica nostrana, recente<br />
o antichissima, la tv e il cinema internazionali<br />
la rappresentano così. A<br />
Hollywood, e non solo: raccontato da<br />
fuori i confini, attraverso lo schermo<br />
grande o piccolo, il Belpaese diventa un<br />
perfetto set di intrighi melò. Dalla Roma<br />
classica, da sempre ambientazione per<br />
film e serial a base di corna e congiure, al<br />
più contemporaneo tra i fenomeni tricolori<br />
trapiantati in territorio americano,<br />
quello mafioso: un filo conduttore<br />
attraversa prodotti tra loro differenti,<br />
nello stile e nel tempo. Dal titolo di una<br />
famosa pellicola inglese del 1969 (che ha<br />
avuto un remake nel 2003) potremmo<br />
definirlo The Italian Job: la nostra storia<br />
in chiave criminale, con corruzioni, nefandezze,<br />
eroi cattivi e carismatici. E con<br />
la costante ricerca di epoche passate da<br />
mettere in scena.<br />
L’ultima novità è la riscoperta del lato<br />
oscuro del Rinascimento: quest’anno,<br />
infatti, due diverse serie tv patinate narrano<br />
la medesima dinasty familiare, che<br />
risale alla seconda metà del 1400. Una<br />
delle due megaproduzioni è europea, si<br />
chiama I Borgia ed è ancora inedita: da<br />
noi Sky Cinema 1 trasmette in anteprima<br />
le due puntate iniziali il 10 luglio, e tutti e<br />
dodici gli episodi in novembre. I personaggi<br />
sono Rodrigo Borgia (che poi di-<br />
Job Un cinema<br />
venterà papa Alessandro VI), sua figlia<br />
incestuosa Lucrezia, il figlio condottiero<br />
Cesare: le loro gesta sono rappresentate<br />
in modo crudo, sgargiante. Il creatore di<br />
questa superfiction, l’americano di origini<br />
italiane Tom Fontana (già papà di un<br />
altro telefilm cult, Oz), ha rivelato i suoi<br />
modelli: «I Borgia sono l’equivalente<br />
delle famiglie mafiose: le dinamiche e le<br />
motivazioni sono le stesse. Ma tra le mie<br />
fonti d’ispirazione c’è anche la saga televisiva<br />
Dallas». Un incrocio spericolato,<br />
dalla Sicilia al Texas. L’altra serie è The<br />
di padrini, papi<br />
e gladiatori<br />
1 2 3 4 5 6<br />
Borgias, porta la firma prestigiosa di Neil<br />
Jordan e ha come interprete principale<br />
Jeremy Irons: la prima stagione si è conclusa<br />
il 22 maggio sul canale Usa Showtime<br />
(da noi c’è stata una lunga trattativa<br />
con <strong>La</strong>7, dagli esiti ancora incerti). E<br />
anche qui l’artefice dell’operazione ha<br />
mostrato di avere le idee chiare: «Il mio<br />
principale punto di riferimento è Il Padrino<br />
— ha detto Jordan — ed è interessante<br />
notare come Mario Puzo, lo scrittore<br />
dal cui libro è tratto il film, si sia a sua<br />
volta ispirato alle cronache sui Borgia».<br />
Una cerchio che si chiude, perfetto<br />
esempio di italian jobche travalica tempo<br />
e spazio.<br />
E non c’è solo il gioco di rimandi tra la<br />
Cosa Nostra trapiantata negli Usa di<br />
Francis Ford Coppola, e il Quindicesimo-Sedicesimo<br />
secolo nostrani. C’è anche<br />
la continua fascinazione per l’antica<br />
Roma. L’ultimo esempio tv — controverso,<br />
per le sue scene di sesso esplicito<br />
— è Spartacus: sangue e sabbia: i primi<br />
tredici episodi sono stati da poco proposti<br />
in Italia da Sky 1, e dal 25 agosto toc-<br />
cherà al prequel in sei puntate. Un successo<br />
planetario, esportato in ottanta<br />
paesi, Iran compreso. Il contesto è lo<br />
stesso reso immortale dal film omonimo<br />
di Stanley Kubrick (1960), ma a base di<br />
acrobazie erotiche e momenti macabri.<br />
Rob Tapert, che con Sam Raimi ha prodotto<br />
la serie (trasmessa oltreoceano su<br />
Starz), ha citato ancora l’epica mafiosa:<br />
«Ho cercato di unire il meglio di due momenti<br />
di grande televisione, I Soprano e<br />
Rome». Il primo riferimento è alle sei stagioni<br />
tv sui criminali italoamericani del<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
New Jersey, l’altro è alla fiction creata da<br />
Bruno Heller, e prodotta da Hbo, Bbc e<br />
Rai tra il 2005 e il 2007: coi suoi Fori imperiali<br />
ricostruiti a Cinecittà, con la sua<br />
trama a base di passioni fisiche e intrighi,<br />
è un perfetto esempio di Hollywood sul<br />
Tevere in salsa contemporanea. Più vicino<br />
alla Cleopatra della coppia Liz Taylor-<br />
Richard Burton che alla storia.<br />
È chiaro che questo filone antico romano<br />
o rinascimentale, con i suoi risvolti<br />
un po’ trash, non ha nulla a che vedere<br />
— sul piano della qualità — con i tre film<br />
7 8 9<br />
su Vito Corleone e famiglia. O col grande<br />
racconto della Little Italy newyorchese<br />
portato al cinema da Martin Scorsese, da<br />
Mean Streets a Quei bravi ragazzi. Ma se<br />
proprio il mondo scorsesiano è diventato<br />
la prima fonte d’ispirazione di una saga<br />
di altissimo livello come I Soprano, è<br />
indubbio che Il Padrino, con la sua dimensione<br />
eroica e spettacolare, ha influenzato<br />
— suo malgrado — tutto l’italian<br />
job. Anche quello di puro intrattenimento.<br />
Non a caso The Godfather (questo<br />
il titolo originale) è diventato perfino<br />
FILM E FICTION<br />
1. I Borgia (2011)<br />
la serie prodotta in Europa<br />
creata dall’americano<br />
Tom Fontana<br />
2. Spartacus: sangue<br />
e rabbia (2010)<br />
la miniserie in tredici<br />
episodi prodotta<br />
da Sam Raimi<br />
3. Rome (2005-2007)<br />
fiction di Bruno Heller<br />
e girata in studio<br />
a Cinecittà<br />
4. Il gladiatore (2000)<br />
di Ridley Scott<br />
con Russell Crowe<br />
5. I Soprano (1999-2007)<br />
la serie di David Chase<br />
con James Gandolfini<br />
6. Quei bravi ragazzi (1990)<br />
di Martin Scorsese<br />
con Robert De Niro<br />
7. Gli intoccabili (1987)<br />
di Brian De Palma<br />
con Kevin Costner<br />
8. Il padrino (1974)<br />
di Francis Ford Coppola<br />
con Marlon Brando<br />
e Al Pacino<br />
9. Quo Vadis (1953)<br />
di Mervyn LeRoy<br />
con Robert Taylor<br />
e Deborah Kerr<br />
un videogioco, che va ad affiancarsi a un<br />
social game online come Mafia Wars o a<br />
prodotti per console come Assassin’s<br />
Creed in cui si viaggia nella Roma dei<br />
Borgia. E Francis Ford Coppola, in qualche<br />
modo, si sente responsabile di questo<br />
eccesso di banalizzazione. Tanto da<br />
dichiararsi pentito di aver girato un prequel<br />
e poi un sequel del primo Padrino:<br />
«Non dovevo serializzarlo, un’opera<br />
d’arte non è come la Coca Cola: ve lo immaginate<br />
uno spin-off dell’Amleto?».<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39<br />
Ma quanta invidia<br />
dietro quegli stereotipi<br />
VITTORIO ZUCCONI<br />
Benvenuti, gentili telespettatori, nell’Italia che piace al<br />
pubblico americano. L’Italia delle tre «P» che assicurano<br />
successo ai serial televisivi o ai film: «Pasta, Papi e<br />
Padrini». Dalla Roma putrefatta dei Cesari alla Curia depravata<br />
dei Borgia, dal New Jersey desolato dei Sopranos ai Bravi<br />
Ragazzi di Scorsese, dai materassi dei Corleone ai diabolici<br />
intrighi del Codice Da Vinci, autori, produttori e sceneggiatori<br />
che vogliano vendere l’Italia al pubblico sembrano non potersi<br />
esimersi dal ricorso ai miti e al fascino inquietante di un<br />
popolo di pugnalatori, cortigiane, intriganti, avvelenatori, incestuosi,<br />
mafiosi e papponi. E, generalmente parlando, ladri.<br />
È un duello di stereotipi. Sulle rotte atlantiche, invisibili ai<br />
radar ma visibilissimi su schermi e teleschermi, incrociano da<br />
decenni flotte di luoghi comuni che viaggiano in direzioni opposte<br />
per far cassetta. Sono i protagonisti inevitabili di quelli<br />
che i tromboni chiamano «scambi culturali», ma che qui diventano<br />
reali, quotidiani, nazional-popolari, ben lontani dalle<br />
pinacoteche e dai seminari di accademici.<br />
Non c’è ostilità, tuttavia, né disprezzo in questa reciproca<br />
corrente di banalità sontuose e sordide che l’America e l’Italia<br />
si scambiano. Anzi. Nella insistenza monotona con la quale<br />
Hollywood riesuma puntualmente il peggio della storia italiana,<br />
e che ora ha portato in un serial tv visivamente sontuoso<br />
e carnalmente decomposto il truce regno di Alessandro VI<br />
e dei Borgia, c’è il sospetto di una segreta e impronunciabile<br />
ammirazione per un popolo che in millenni di corruzione, di<br />
caos, di malgoverno, di ipocrisia cattolica ha regalato al mondo<br />
tsunami di arte e di cultura immortali quali il puritanesimo<br />
dei Padri Fondatori sbarcati dal veliero Mayflower neppure<br />
avrebbero potuto immaginare. Anche nell’umiltà quotidiana<br />
del cibo, gli schermi della tv traboccano di show sulla<br />
cucina italiana, mentre non risultano programmi di successo<br />
sulle reti europee o italiane sulla preparazione di polpette<br />
di carne fritta.<br />
Se il luogo comune funziona sempre nello show business<br />
di massa, la stereotipizzazione dell’italiano furbastro e machiavellico,<br />
voltagabbana e avvelenatore, familista ed egoista<br />
suggerisce molto più che il titillare dei palati grossi. Dalla Dolce<br />
vita felliniana, archetipo dell’Italia sconfitta ma risorta in<br />
fretta alle glorie provinciali del piacere, alla riesumazione della<br />
Roma prima cesarea e poi rinascimentale, c’è lo stupore di<br />
una cultura calvinista che non riesce a capire come un popolo<br />
di peccatori spudorati possa non soltanto sopravvivere ai<br />
propri vizi ma, almeno in alcuni momenti della propria storia,<br />
prosperare.<br />
I Borgia, che pure erano spagnoli, sono dunque soltanto<br />
l’ultima incarnazione televisiva di un sentimento che si nasconde<br />
dietro l’apparente orrore. L’invidia. «Se rinasco, voglio<br />
fare il giornalista italiano» mi disse anni addietro Johnny<br />
Apple, uno dei grandi del New York Times, scoprendo durante<br />
un vertice che noi inviati italiani dibattevamo accanitamente<br />
sulla scelta del migliore ristorante nel quale cenare dopo<br />
il servizio mentre lui e i colleghi americani viaggiavano a<br />
panini e gazzosa da buffet.<br />
C’è chi si indigna, come fanno le lobby italo-americane, davanti<br />
a questa continua rappresentazione dell’Italia come un<br />
nido di vipere o un’incubatrice di padrini e picciotti da esportazione.<br />
Sbagliano. È sconfinata, paradossale, sdegnata ammirazione<br />
quella che sgocciola nei titoli di testa del serial The<br />
Borgias insieme con il sangue e ci si deve accontentare, visto<br />
che grandi serial o kolossal su mirabili figure di statisti italiani<br />
defunti o viventi sarebbero difficilmente proponibili. E sul<br />
presente, con un premier che «si è fottuto un’intera nazione»<br />
come ha scritto in copertina l’ultimo Economist, «The man<br />
who screwed an entire country», è più caritatevole sorvolare.<br />
Rodrigo Borgia, Papa Alessandro VI, fu un orribile esempio di<br />
simonia e di debauche nella Curia Romana. Fu eletto dallo<br />
Spirito Santo con la collaborazione di cardinali comprati a<br />
colpi di carovane di muli carichi d’oro e argento, l’11 agosto<br />
del 1492. Ma una settimana prima, dal porto di Los Palos de la<br />
Frontera, aveva fatto rotta verso Ovest un certo Cristoforo Colombo.<br />
Senza di lui, un italiano, gli americani non avrebbero<br />
mai scoperto quanto ci amino.<br />
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<strong>Repubblica</strong> Nazionale
40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
le tendenze<br />
Lei come lui<br />
Morbido e over, sfila sulle gambe<br />
di modelle e star, dalla Hepburn<br />
a Marianne Faithfull<br />
Ma si adatta altrettanto bene<br />
anche alla silhouette delle donne<br />
“normali”. A patto di seguire<br />
alcune accortezze. Ecco quali<br />
LAURA ASNAGHI<br />
Bentornatipantaloni ampi. Il massimo<br />
dello chic nel guardaroba di una donna<br />
sono i pantaloni over. Facili da indossare?<br />
Tutt’altro. Richiedono classe,<br />
stile e una andatura studiata nei<br />
dettagli per esaltare il movimento del<br />
pantalone sulla gamba. Nel mondo del cinema restano<br />
celebri i pantaloni di taglio maschile indossa- SINUOSA<br />
ti magnificamente da Katharine Hepburn o da Dia- Seta a go go per i pantaloni<br />
ne Keaton in moltissimi film di Woody Allen. Panta- di Aigner che si muovono<br />
loni maxi ma iperfemminili, da portare con l’attitu- sinuosi. L’accessorio top<br />
dine di una signora o ragazza snob.<br />
è la borsa con la tracolla<br />
Per questa estate, insieme ai jeans aderentissimi,<br />
modello “skinny”, il must have sono dunque i pantaloni<br />
alla garçonne, con cintura in vita, ispirati alla<br />
moda fine anni Settanta-primi Ottanta, da abbinare<br />
a top preziosi e camicie di seta. Data l’ampiezza,<br />
questo tipo di “braghe” possono dare la sensazione<br />
Comfort<br />
di mimetizzare bene qualche chilo di troppo. Ma at-<br />
&Il pantalone è leggero<br />
Chic<br />
tenzione a non esagerare. Fianchi troppo generosi<br />
possono creare sgradevoli effetti palloncino. Eppure,<br />
con tutti i rischi del caso, i pantaloni over, con la<br />
gamba larga, tornano a dominare la scena estiva. I<br />
modelli lanciati dagli stilisti sono sostanzialmente<br />
di due tipi. Uno ben tagliato e aderente sui fianchi,<br />
l’altro morbido e setoso come un prezioso pigiama.<br />
Quest’ultimo è quello più amato da Rochas, il marchio<br />
francese disegnato dall’italiano Marco Zanini,<br />
giovane creativo abile nell’esaltare una femminilità<br />
sofisticata e discreta. <strong>La</strong> donna Rochas ha un’allure<br />
romantica ma, nella moda di questa estate, è il pantalone<br />
di taglio maschile che ondeggia sulla gamba<br />
ad essere il più gettonato. Celine lo propone in versione<br />
minimalista, color verde acqua, da abbinare a<br />
una blusa T-shirt, di gusto sartoriale. Christian Dior<br />
punta al modello “Vestivamo alla marinara”, indossato<br />
con sandali dai tacchi alti e top molto sexy con<br />
una fantasia che ricorda i giochi d’acqua. Per Brioni<br />
quel che conta è l’abbinata camicia di seta, pantaloni<br />
e cintura dello stesso colore (la scelta va dal<br />
rosso passione, ai classici evergreen bianco o tabacco).<br />
Armani, da sempre grande fan del pantalone,<br />
realizzato con tessuto maschile, punta, per<br />
l’Emporio, ai modelli che si chiudono con la coulisse<br />
in vita. In questi casi la giacca è d’obbligo, purché<br />
piccola e ben sagomata. Tra i pantaloni over che<br />
hanno conquistato le pagine delle riviste di moda ci<br />
sono quelli di Jil Sander con colori fluo irresistibili e<br />
volumi spettacolari. Solo chi è altissima e sottile si<br />
può concedere il lusso di portare questi pantaloni<br />
con i sandali rasoterra. Viceversa il tacco 12 rappresenta<br />
la soluzione perfetta per avere un’andatura sinuosa<br />
e rendere il tutto più sexy, con le mani strategicamente<br />
infilate nelle tasche laterali. Versioni<br />
sempre molto chic, ma sportive, le offrono <strong>La</strong>coste<br />
(con i classici riferimenti al mondo del tennis), Stefanel<br />
(con proposte che combinano l’eleganza con NOTTURNA<br />
il comfort dei capi) e Dsquared (che unisce il blazer Sono ampi quanto una gonna<br />
bianco ai pantaloni kaki, da portare con le scarpe i pantaloni da sera Max Mara<br />
stringate).<br />
da indossare con una cinturina<br />
e una maglia color cipria<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
L’ILLUSTRAZIONE<br />
Two Women in Evening Slacks<br />
with Man di Rene Bouet-Willaumez<br />
del 1936, da Vogue Magazine<br />
© Condé Nast Archive/CORBIS<br />
ESSENZIALE<br />
Ecco la morbida eleganza<br />
dei pantaloni Stefanel:<br />
da indossare con un cardigan<br />
e una T-shirt bianca essenziale<br />
LA REGINA<br />
Katharine Hepburn ha sempre<br />
indossato i pantaloni maschili<br />
in modo impeccabile senza<br />
penalizzare la sua femminilità<br />
DISCRETA<br />
Inno alla discrezione<br />
per il tailleur pantalone di Boss<br />
Black reso romantico dalla blusa<br />
con drappeggio di fiori<br />
LA DIVINA<br />
Greta Garbo con blusa<br />
e pantaloni palazzo:<br />
contribuivano a darle<br />
un’allure ricercata e chic<br />
Maria Mària di Stefanel<br />
“Macché punitivo, semmai esalta il lato B”<br />
Maria Mària è la storica mente creativa di Stefanel, il marchio che calamita<br />
intorno a sé giovani talenti selezionati dalle scuole di moda di tutto il<br />
mondo. È con loro che Mària studia e mette a punto tutti i capi della collezione,<br />
compresi i nuovi pantaloni, morbidi e fluttuanti sulla gamba, ispirati a<br />
donne come Bianca Jagger, Marianne Faithfull, Diane Keaton, <strong>La</strong>uren Hutton,<br />
Katharine Hepburn.<br />
Mària, come si spiega questo revival del pantalone over?<br />
«Nella moda niente è casuale. Nell’aria c’è un desiderio di nuova femminilità,<br />
più autorevole e forte, decisamente meno bellona tutta curve. E il pantalone dalla<br />
gamba larga, nella sua classicità ed eleganza, è in grado di esprimere al meglio<br />
questa voglia di tornare a una femminilità dal fascino discreto».<br />
Ma il pantalone over non rischia di essere un po’ punitivo?<br />
«No, perché la forza di questi pantaloni è quella di essere tagliati in maniera<br />
tale da esaltare il “lato B”. Sì, perché il focus è tutto concentrato lì, sul sedere. E<br />
non a caso, nella nuova interpretazione che abbiamo fatto noi di questi pantaloni<br />
lo studio delle forme è stato determinante».<br />
Quanti tipo di pantaloni ampi avete elaborato?<br />
«Siamo arrivati a cinque modelli. C’è quello che noi definiamo “boyfriend”,<br />
ovvero il pantalone largo e sportivo. Poi c’è quello, intramontabile, con la gamba<br />
a zampa d’elefante. Il genere più “cool” è certamente quello indossato da don-<br />
SEMPLICE<br />
Una perfetta mise in bianco<br />
e nero di Liviana Conti,<br />
bocca e ciglia sulla T-shirt:<br />
omaggio alla femminilità<br />
LA MUSA<br />
Diane Keaton in abiti maschili<br />
con gilet nero e pantaloni ampi<br />
da uomo. <strong>La</strong> musa di Woody<br />
Allen, qui nel film Io e Annie<br />
SPORTIVA<br />
Un completo <strong>La</strong>coste<br />
che si ispira all’eleganza<br />
dei giocatori di tennis<br />
anni Trenta. Tutto è bi-color<br />
L’ANGELO<br />
Marlene Dietrich, Angelo<br />
azzurro del cinema<br />
in versione garçonne,<br />
con giacca e pantaloni<br />
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41<br />
SOFISTICATA<br />
Effetto “sophisticated lady”<br />
per il completo Brioni, color<br />
tabacco, con camicia in seta<br />
coordinata ai pantaloni<br />
ne come Marianne Faithfull, con tacco alto e gambe da gazzella. Ma Il modello<br />
più “democratco” e diffuso è quello “con la gamba dritta” amato dalle donne perché<br />
perdona qualsiasi difetto fisico. Infine, c’è il modello da jogging, ampio ma<br />
chiuso alla caviglia».<br />
Per esaltare al massimo questi pantaloni quali giacche e accessori scegliere?<br />
«Quando i pantaloni sono ampi, sono consentiti piccoli top, camicie bianche<br />
sciancrate, mini bomber e giacchini iper femminili. Il gioco delle proporzioni deve<br />
essere sempre rispettato altrimenti si rischiano disastri da un punto di vista<br />
estetico».<br />
Tacchi alti o bassi?<br />
«Se una donna ha la fortuna di essere alta, per evitare l’effetto giraffa, è meglio<br />
che opti per la scarpa bassa. Viceversa chi ha una statura media può concedersi<br />
i tacchi, a patto che li sappia portare con naturalezza».<br />
Con pantaloni così chic, qual è la borsa più adatta?<br />
«L’abbinata vincente è la borsa tracolla, di taglio classico, da portare a bandoliera.<br />
Questo è il tocco di modernità che rende i pantaloni over in sintonia con i<br />
tempi che viviamo. Viceversa la borsa con il piccolo manico farebbe troppo signora,<br />
vecchia maniera».<br />
(l. a.)<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
CLASSICA<br />
Giacca piccola e pantaloni<br />
con la coulisse in vita<br />
Il modello classico proposto<br />
da Emporio Armani<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
i sapori<br />
Made in Italy<br />
Pelato<br />
Selezionato e lavato<br />
in vasche, viene sbollentato<br />
a 90 gradi e poi sbucciato<br />
L’inscatolamento viene<br />
fatto con il proprio succo<br />
sottovuoto prima<br />
della pastorizzazione<br />
Protagonista del sugo che trasforma un piatto<br />
di spaghetti in un’esperienza da gourmand, non ha nulla<br />
a che vedere con le imitazioni estere dal gusto acido<br />
Varietà nata agli inizi del Novecento nel comune campano,<br />
ha forma allungata, colore acceso, profumo inebriante<br />
Questa è la stagione giusta per provarlo. In tutte le salse<br />
Succo<br />
Il cocktail dei dannati<br />
della dieta: limone, pepe,<br />
sale, salsa Worchester,<br />
tabasco e angostura<br />
Trasgressione alcolica<br />
con aggiunta di vodka<br />
nel Bloody Mary<br />
Passata<br />
<strong>La</strong> più amata dagli Italiani<br />
è frutto di una doppia<br />
lavorazione: dopo<br />
aver ricavato la polpa<br />
dai pomodori, si procede<br />
con la filtrazione<br />
e poi la concentrazione<br />
Polpa<br />
<strong>La</strong> scarsità di semi migliora<br />
il risultato della tritatura<br />
Grazie alla pressatura<br />
con dischi dai fori di calibro<br />
differente, si preparano<br />
anche cubetti<br />
e filetti di pomodoro<br />
San Marzano<br />
dei Cortellari, dentro la<br />
stanzuccia del mago, alla notte<br />
del sabato, Cicho il mago ritorna<br />
a tagliare i suoi maccheroni,<br />
(l’angelo) Jovanella di Canzio<br />
«Nellacasa<br />
gira la mestola nella salsa del pomodoro<br />
ed il diavolo con una mano gratta il formaggio e<br />
con l’altra soffia sotto la caldaia. Ma diabolica o angelica<br />
che sia la scoperta di Cicho, essa ha formato la felicità dei<br />
napoletani e nulla indica che non continui a farla nei secoli<br />
dei secoli».<br />
profumo inebriante. In mezzo a tonnellate di ibridi spicca<br />
per finezza di gusto, per la buccia sottile, che si stacca in un<br />
niente, per i pochissimi semi, per l’acidità inesistente.<br />
Una miscellanea di virtù che si esalta nella passata dal<br />
sapore morbido e finemente minerale, poco bisognosa di<br />
sale e allergica allo zucchero, correttore in molti sughi di<br />
pomodoro a rischio di bruciori di stomaco. Una produzione<br />
ancora limitata, punta di diamante dell’industria di trasformazione<br />
che fa capo all’Anicav (Associazione nazionale<br />
degli industriali delle conserve alimentari), fondata a<br />
Napoli nel 1945. Tocca ai San Marzano, infatti, guidare la<br />
pattuglia dei pomodori da salsa di qualità, premiati nel<br />
Nelle pizze<br />
del maestro<br />
artigiano<br />
Enzo Coccia,<br />
patron di due locali<br />
in zona Vomero,<br />
Napoli,<br />
solo pomodori<br />
San Marzano<br />
e olio extravergine<br />
2000 con l’iscrizione nell’elenco delle Dop europee.<br />
LICIA GRANELLO<br />
Matilde Serao ambienta Il segreto del mago nella Napoli<br />
del 1220, quando la pummarola era conosciuta solo in<br />
Messico, Guatemala e Perù. Un artifizio letterario — la ricetta<br />
che identifica gli italiani nel mondo è stata ideata almeno<br />
quattro secoli più tardi — creato per dare il senso di<br />
un legame indissolubile.<br />
“Sugo” è termine generico: pomodoro, carne, pesce,<br />
verdure, funghi. Ma ilsugo, quello che può trasformare un<br />
semplice piatto di spaghetti in un’esperienza gastro-mistica<br />
richiede una varietà sola: il San Marzano.<br />
Forma allungata, colore acceso, consistenza polposa,<br />
Ben lo sanno Alfonso e Livia Iaccarino, due stelle Michelin<br />
sulle colline di Sorrento, i primi, vent’anni fa, ad appoggiare<br />
le ricerche sulla fiaschella originaria. Mentre in<br />
Costiera andavano di moda le penne salmone e vodka, gli<br />
Iaccarino trasformarono la campagna di Punta Campanella<br />
in un vero giardino di San Marzano — le piante disposte<br />
in file ordinate, sviluppate in verticale, come l’uva,<br />
irrigate in modo meticoloso, coltivate senza chimica, raccolta<br />
a scalare da luglio a settembre — per produrre la meravigliosa<br />
salsa con cui condire gli “spaghetti alla Don<br />
Alfonso”, piatto destinato a firmare la storia di uno dei ristoranti-culto<br />
della nuova cucina italiana.<br />
Se volete essere sicuri di non imbattervi in produzioni<br />
estere — siamo diventati il Paese d’elezione per la lavorazione<br />
dei concentrati da pomodori cinesi e californiani —<br />
cercate le etichette con sopra scritto San Marzano. Il santo<br />
protettore dei pomodori vi benedirà con un piatto di squisiti<br />
maccheroni al sugo o con una pizza Margherita d’autore,<br />
come dio dei buongustai comanda.<br />
<strong>La</strong> pizza<br />
Ingredienti<br />
1 litro d’acqua a temperatura ambiente<br />
• 50 gr. sale fino marino • 2 gr. lievito di birra fresco<br />
• 1,8 kg. farina • 800 gr. pelati San Marzano<br />
• 500-600 gr. fiordilatte tagliato a fette<br />
• Una spolverata di Parmigiano<br />
• Extravergine q.b. •<br />
Sciogliere sale e lievito nell’acqua e infine un cucchiaio d’olio<br />
Aggiungere la farina gradatamente. Impastare, da sotto in su<br />
Coprire con panno umido e far riposare per 12 ore a temperatura<br />
ambiente. Stendere l’impasto, schiacciare i San Marzano,<br />
amalgamare e disporre sulla pasta. Olio e poco sale Infornare<br />
max 20’. Formaggi e basilico. Cottura per ancora 15’<br />
Il protettore<br />
della pummarola<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
LA RICETTA<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
1720<br />
nasce la pizza<br />
napoletana<br />
1867<br />
Francesco Cirio presenta<br />
i pomodori in scatola<br />
Concentrato<br />
Dopo una prima<br />
eliminazione<br />
parziale<br />
di acqua e succo<br />
dalla polpa,<br />
si concentra<br />
il prodotto grazie<br />
all’evaporazione<br />
a bassa pressione<br />
Secco<br />
Nella tradizione<br />
artigiana, si fanno<br />
appassire al sole<br />
dopo averli<br />
aperti e salati<br />
In alternativa,<br />
asciugatura lenta<br />
a 65 gradi sulle<br />
placche dei forni<br />
Sugo<br />
Preparato<br />
con il più classico<br />
dei soffritti<br />
(cipolla, carota<br />
e sedano)<br />
o con spicchio<br />
d’aglio, è la salsamadre<br />
di tutte<br />
le pastasciutte<br />
DOVE DORMIRE<br />
HOTEL NAPPO<br />
Viale Roma (Salvo D’Acquisto)<br />
Tel. 081-955899<br />
Camera doppia da 55 euro<br />
colazione inclusa<br />
DOVE MANGIARE<br />
CASA DEL NONNO 13<br />
Via Caracciolo 13<br />
Mercato San Severino<br />
Tel. 089-894399<br />
Chiuso martedì,<br />
menù da 45 euro<br />
DOVE COMPRARE<br />
COOP. GIUSTIZIA E LIBERTÀ<br />
Via Ugo Foscolo, IV traversa<br />
Tel. 081-955483<br />
Ma nella corsa al low cost<br />
vincono i pomodori peggiori<br />
Gliaztechi chiamavano tomatluna piccola bacca<br />
selvatica, che avevano selezionato e incrociato<br />
fino a farla diventare più grossa e di buon<br />
sapore. Ma gli europei diffidavano, e apprezzarono il<br />
tomate portato dai conquistadores inizialmente solo<br />
come pianta ornamentale. Il pomodoro entra nei<br />
ricettari nel Settecento e solo un secolo dopo dilaga<br />
in tutti i ceti sociali. Protagonista di questa svolta fu<br />
Francesco Cirio, che presentò all’Esposizione Universale<br />
del 1867 a Parigi un’invenzione geniale: la<br />
conservazione in barattolo. Prima i pomodori si facevano<br />
solo essiccare e si mettevano sott’olio, Cirio li<br />
fece viaggiare in tutto il mondo, in ogni stagione.<br />
Il pomodoro, pelato e in scatola, diventa il simbolo<br />
di Napoli e, grazie agli orti fertilissimi ai piedi del<br />
Vesuvio, l’Italia diventa il primo esportatore mondiale.<br />
<strong>La</strong> varietà San Marzano — quasi sinonimo di<br />
pomodoro — prende il nome dal comune di San Marzano<br />
dove, agli inizi del 1900, viene segnalata e nel<br />
1996 ottiene una meritata Dop come “pelato”. L’area<br />
di produzione è di oltre 16 mila ettari, ma quelli coltivati<br />
sono poco più di cento e producono circa 60 mila<br />
quintali. Entrare in un campo di San Marzano maturo<br />
è un’esperienza unica: profumi che salgono dalla<br />
terra e sanno di erba falciata e di spezie. Profumi antichi<br />
che riportano ai tempi in cui le insalate sapevano<br />
di pomodoro e di sole e non erano miscugli immarcescibili.<br />
Eppure la quota di questa produzione<br />
nel panorama nazionale è irrilevante: il nostro Paese<br />
(senza contare quanto arriva dall’estero) produce<br />
due milioni di tonnellate di pomodoro da industria<br />
itinerari<br />
San Marzano (Sa) Napoli Salerno<br />
DOVE DORMIRE<br />
L’ALLOGGIO DEI VASSALLI<br />
Via Donnalbina 56<br />
Tel. 081-5515118<br />
Camera doppia da 85 euro<br />
colazione inclusa<br />
DOVE MANGIARE<br />
PIZZARIA LA NOTIZIA<br />
Via M. da Caravaggio 94/A<br />
Tel. 081-19531937<br />
Chiuso lun., aperto la sera,<br />
menù da 10 euro<br />
DOVE COMPRARE<br />
MASSERIA RUSCIANO<br />
Via Comun. Margherita 175<br />
Tel. 081-7405124<br />
CARLO PETRINI<br />
DOVE DORMIRE<br />
CASA MINERVA<br />
Via De Renzi 5<br />
Tel. 339-4489504<br />
Camera doppia da 60 euro<br />
colazione inclusa<br />
DOVE MANGIARE<br />
OSTERIA CANALI<br />
Via de’ Canali 34<br />
Tel. 338-8070174<br />
Chiuso domenica sera<br />
e lunedì sera<br />
menù da 30 euro<br />
DOVE COMPRARE<br />
ALIMENTARI MARCHETTI<br />
Via Arechi 25<br />
Tel. 089-231441<br />
pagato ai contadini 8-10 centesimi al chilo. Un prezzo<br />
insostenibile, se non fosse per gli aiuti pubblici, le<br />
alte rese e la meccanizzazione di tutte le fasi produttive.<br />
Il Consorzio del San Marzano stabilisce ufficialmente<br />
un prezzo di acquisto più alto — 42 centesimi<br />
al chilo — perché la coltivazione è manuale, dalla semina<br />
alla raccolta, ma il mercato non lo premia.<br />
Il mercato lo fanno i pomodori di serie B, nella corsa<br />
al ribasso che travolge i contadini di mezzo mondo<br />
in un baratro di cui non si vede fine. In questo quadro<br />
generale, nel 2000 Slow Food ha valorizzato con<br />
un Presidio il lavoro dei ricercatori del Centro ricerche<br />
Cirio, coordinati da Patrizia Spigno — che avevano<br />
conservato l’ecotipo storico del San Marzano — e<br />
di tre agricoltori che misero nuovamente a dimora<br />
l’ecotipo originario chiamato Smec 20: profumatissimo<br />
ma delicato, con la buccia sottile, meno produttivo<br />
delle altre varietà selezionate successivamente.<br />
Il progetto gode di un certo successo: dal primo<br />
ettaro si è passati a sei. I produttori sono diventati<br />
ventidue e spuntano un buon prezzo. <strong>La</strong> ragione del<br />
successo? <strong>La</strong> qualità, dovuta anche alla sostenibilità<br />
della coltivazione integrata, ma la chiave di volta è la<br />
filiera brevissima che salta i passaggi intermedi, dove<br />
i profitti degli agricoltori si riducono al lumicino.<br />
I coltivatori del presidio, riuniti in associazione, affidano<br />
la trasformazione a laboratori che garantiscono<br />
la cura artigiana indispensabile per lavorare il San<br />
Marzano. Si occupano direttamente della commercializzazione.<br />
Un piccolo esempioche fa riflettere.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 43<br />
13 minuti<br />
il tempo per sterilizzare<br />
i vasetti di passata<br />
800mila<br />
le tonnellate di pelati<br />
prodotti ogni anno in Italia<br />
Gazpacho<br />
Nella zuppa<br />
fredda<br />
andalusa: cipolla,<br />
peperone,<br />
paprika, pane<br />
ammollato, olio,<br />
aceto, sale<br />
e pepe. Il tutto<br />
frullato e colato<br />
Ragù<br />
Soffritto<br />
di pancetta<br />
per il macinato<br />
di manzo,<br />
battezzato<br />
con vino rosso<br />
Poi polpa<br />
e concentrato<br />
Cottura lenta<br />
Acqua<br />
Il liquido<br />
trasparente, ricco<br />
di umori vegetali,<br />
è ottenuto<br />
per colatura<br />
dei frutti tagliati<br />
e lasciati riposare<br />
su una garza<br />
in frigorifero<br />
<strong>Repubblica</strong> Nazionale
44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011<br />
l’incontro<br />
Sopravvissuti<br />
GIUSEPPE VIDETTI<br />
MILANO<br />
Amezzanotte la pista è deserta.<br />
Per il popolo dei<br />
nottambuli è ancora l’alba.<br />
I giovani cominciano<br />
a sciamare dentro la discoteca verso l’una,<br />
una processione nella buia periferia<br />
milanese prima di essere strappati al silenzio<br />
da quel suono denso sparato da<br />
un potente sistema hi-fi, un paradiso infernale<br />
dove si comunica a gesti e l’unico<br />
modo per stabilire una sintonia è abbandonarsi<br />
all’inesorabile unz-unz che<br />
investe i corpi come un tornado. Ai ragazzi<br />
non importa che stasera il dj sia<br />
un’ex popstar, uno che ha venduto milioni<br />
di copie, che oggi può permettersi<br />
di dire: «Se non ci fossimo stati Madonna<br />
e io non esisterebbe <strong>La</strong>dy GaGa». Il rito<br />
che si celebra in discoteca appartiene<br />
a un’altra religione, diverso da quello<br />
del concerto (ne ha in programma uno<br />
il 10 agosto in Sardegna, al Pata-Pata).<br />
Una signora fuori età cerca di farsi strada<br />
in quella massa di post adolescenti<br />
belli, eleganti e vistosi verso il camerino<br />
dove Boy George aspetta l’ora di salire in<br />
consolle. «Voglio un autografo, era un<br />
idolo ai miei tempi». Ma quel che resta di<br />
una pop star da milioni di copie vendute,<br />
quando il ciclone Culture Club invase<br />
le classifiche di mezzo mondo nei primi<br />
anni Ottanta, può ancora permettersi<br />
una guardia del corpo, e la signora non<br />
arriverà mai a quella porticina (salvo poi<br />
avventarsi su George quando l’artista<br />
attraversa il corridoio per raggiungere il<br />
suo angusto teatrino).<br />
«Intorno al 1987 ho scoperto il potere<br />
della musica dance e ho cominciato a lavorare<br />
come dj. Il successo dei Culture<br />
Club si era affievolito, la musica era<br />
cambiata», racconta Boy George, che<br />
tra due giorni compie cinquant’anni.<br />
Siamo in una stanza insonorizzata all’interno<br />
del cubo di suono. Dalla sala<br />
arrivano solo i bassi, un inquietante<br />
stump stump che fa tremare ogni cosa.<br />
George, che prima di riciclarsi come dj<br />
ha attraversato l’inferno (depressione,<br />
droga, due arresti, galera, foto di lui calvo<br />
e col doppio mento sbattute in prima<br />
pagina dai tabloid), ha un make up pesante<br />
che cancella rughe e dolori. In-<br />
Boy George<br />
dossa un cappellone verde col teschio<br />
glitterato in fronte, eye liner degno di<br />
Nefertari. Ha perso quasi tutto ma non il<br />
buonumore. <strong>La</strong> risata è quella di sempre,<br />
sguaiata e contagiosa. «Alla fine del<br />
decennio le cose erano completamente<br />
cambiate e a un certo punto mi sentii<br />
schizzato fuori. Ero disperato. Mi veniva<br />
la voglia di sbattere la testa contro il<br />
muro in cerca di un’ispirazione che fosse<br />
in linea coi tempi. A quel punto l’acid<br />
house venne in mio soccorso. Era la musica<br />
che aveva ridefinito il paesaggio sonoro<br />
di Londra, che aveva cambiato il<br />
ritmo di tutti i club della capitale. Era più<br />
di una moda, era un movimento, ed era<br />
eccitante farvi parte. Anche per me che<br />
ero stato una pop star partecipare ai rave<br />
clandestini fu una sorta di liberazione.<br />
Per la prima volta dopo tanti anni mi<br />
sentivo di nuovo un essere umano».<br />
Boy George (al secolo George Alan<br />
O’Dowd, figlio di irlandesi trapiantati<br />
nel Regno Unito) non ha mai perso un<br />
pollice di popolarità in patria. Nel 2002,<br />
secondo un sondaggio della Bbc, era al<br />
numero 46 delle persone più amate<br />
d’Inghilterra, appena sei posti sotto<br />
Charles Dickens. Sulla sua storia hanno<br />
scritto un musical, Taboo, che è andato<br />
in scena per due anni nel West End e per<br />
oltre tre mesi a Broadway. Ma la vita post<br />
- Culture Club di George è stata travagliatissima:<br />
arrestato per possesso di<br />
eroina nel 1986; denunciato nel 1995 da<br />
Kirk Brandon dei Theatre of Hate (George<br />
rivelò nella sua autobiografia che erano<br />
stati amanti); nel 2005, finite le repliche<br />
di Tabooa Manhattan, viene beccato<br />
con la cocaina in casa dopo che aveva<br />
chiamato la polizia per denunciare un<br />
furto con scasso (che poi si rivelò falso);<br />
due anni fa si becca quindici mesi di carcere<br />
per aggressione e sequestro di persona<br />
ai danni di Audun Carlsen, un<br />
escort che aveva “dimenticato” ammanettato<br />
nel suo appartamento dopo un<br />
gioco erotico. Le foto di George, trascurato<br />
e pingue in divisa da galeotto, fecero<br />
il giro del mondo. Chiunque ne sarebbe<br />
uscito a pezzi. Non lui. «Quando<br />
sbarcai a New York per Taboo mi divertii<br />
da matti, ma dopo le cento repliche<br />
avrei fatto meglio a ritornare a casa. Invece<br />
indugiai, restai in città senza niente<br />
da fare e troppo tempo a disposizione.<br />
Incominciai a cazzeggiare in giro, tornai<br />
nei soliti posti… in cerca della solita cosa,<br />
sì insomma, tornai a far visita al demonio,<br />
volevo vedere da vicino se era<br />
così cattivo come dicevano». Scoppia in<br />
una risata esagerata che gli lascia una<br />
buona dose di rossetto sui denti davanti.<br />
«Quando fui catapultato nel firmamento<br />
del pop avevo diciannove anni.<br />
Non mi rendevo neanche conto di dove<br />
Con i Culture Club negli anni Ottanta<br />
invase le classifiche. Poi la depressione,<br />
la droga, la galera, fino alle foto di lui<br />
calvo e col doppio mento sbattute<br />
in prima sui tabloid<br />
Chiunque ne sarebbe<br />
uscito a pezzi, lui no<br />
E ora che ha cinquant’anni<br />
dice: “Ero solo andato<br />
a far visita al demonio,<br />
volevo vedere<br />
se era così cattivo come dicevano<br />
Ma non sono finito: io supero<br />
le tragedie ridendoci su”<br />
stessi andando e cosa volessero da me.<br />
L’altra sera un amico mi ha chiesto: col<br />
senno di poi consiglieresti a qualcuno di<br />
diventare famoso? Una domanda scivolosa.<br />
Difficile rispondere. Se allora avessi<br />
avuto la saggezza che ho oggi avrei certo<br />
affrontato tutto con maggiore equilibrio,<br />
mi sarei divertito e non mi sarei fatto<br />
troppe seghe mentali. Da giovane invece<br />
non riesci ad apprezzare le cose che<br />
hai. Tutto quello che ti arriva dalla vita —<br />
anche se è un dono enorme — ti sembra<br />
dovuto. A vent’anni è tutto un fottuto<br />
dramma. Anche se hai una casa magnifica<br />
e milioni di sterline sul conto corrente».<br />
<strong>La</strong> vita infatti non era facile neanche<br />
all’epoca dei Culture Club. George aveva<br />
una tresca con il batterista Jon Moss e<br />
pretendeva di mantenerla segreta. «Già,<br />
“Ho vagato a lungo<br />
tra buddismo<br />
e induismo<br />
Ora so che esiste<br />
un’energia superiore,<br />
che ognuno di noi<br />
è un pezzetto di Dio<br />
Ogni fottuta cosa<br />
è un pezzetto di Dio”<br />
FOTO CORBIS<br />
quello ingarbugliò non poco le cose. Fu<br />
un incubo nell’incubo», ammette. «In<br />
realtà tutti sapevano — gli altri del gruppo,<br />
i discografici, il management — ma<br />
facevano finta di non vedere. Come una<br />
mamma che sa che il proprio figlio è gay<br />
ma non ne vuole parlare — finché non<br />
ne parli è come se non fosse vero. È l’atteggiamento<br />
della società nei confronti<br />
degli omosessuali. <strong>La</strong> mia storia “segreta”<br />
con Moss rendeva ogni cosa complicata:<br />
prenotare gli alberghi, scendere a<br />
colazione insieme. Ma c’era anche il lato<br />
divertente, l’entusiasmo di una passione<br />
travolgente. Io sono uno che<br />
quando finisce l’amore resta legato ai<br />
suoi uomini. Credo di amare Jon più<br />
adesso di allora. Si è sposato, ha divorziato,<br />
è padre. Mi prendo cura di lui più<br />
adesso di allora. Spogliato dalla passione<br />
e dai drammi, l’amore che resta è puro,<br />
disinteressato. Non voglio farci sesso,<br />
non voglio sposarlo, ma mi piace e ci<br />
tengo a lui. Non è anche questa una specie<br />
d’amore?».<br />
Il pensiero vola agli anni d’oro, quando<br />
il look dei new romantic — la corrente<br />
più edonistica che la storia del pop ricordi<br />
— diventò la cosa più cool di Londra.<br />
«E del mondo», ribatte George. «Anche<br />
con l’Italia fu amore a prima vista, altro<br />
che Take That!». Racconta senza pudore<br />
(come all’epoca confessò di aver<br />
avuto un flirt con Elton John) di aver perso<br />
la verginità proprio con un italiano.<br />
Aveva sedici anni, era un punk annoiato<br />
su un sedile della metropolitana di Londra.<br />
Il signore di fronte, impeccabile nel<br />
suo Burberry, gli fece delle avance. «Rischiò<br />
grosso», scherza George, «l’età del<br />
consenso per gli omosessuali era diciotto<br />
anni all’epoca. Mi disse che si chiamava<br />
Dany, che era un cantante famoso.<br />
Non ho mai saputo se fosse vero, probabilmente<br />
no. Ricordo solo che era tenerissimo,<br />
mi baciava le dita e mi cantava<br />
canzoni italiane con una bellissima<br />
voce. Per farla breve: quella stessa notte<br />
mi portò a una festa molto trendy. C’era<br />
anche il mimo Lindsay Kemp, che ora vive<br />
in Italia. Ho rivisto Lindsay sette anni<br />
fa, ricordava ogni particolare: “Hey, ma<br />
tu non eri l’amante di Dany?”».<br />
Racconta che l’omosessualità non è<br />
mai stata un vero problema. Fece coming<br />
out in famiglia a quindici anni, e<br />
nessuno ne fece un dramma. «Mia madre<br />
è la mia eroina», mormora. «Anche<br />
mio padre, pace all’anima sua, cercò in<br />
tutti i modi di aiutarmi. Era un uomo<br />
brillante, ma anche una contraddizione<br />
vivente. Sapeva essere dolcissimo e terribile.<br />
Imprevedibile, come me. Non sono<br />
uno imprevedibile io? Era un piacione,<br />
aveva una bella voce quando cantava.<br />
Mia madre, poveretta, ne ha dovute<br />
ingoiare… Pensi che dopo quarantatré<br />
anni di matrimonio la piantò per un’altra.<br />
Non riuscivo a crederci. Il più grande<br />
crimine che abbia commesso. Io avevo<br />
quarant’anni quando vidi mia madre distrutta<br />
per quell’abbandono inaspettato.<br />
Lei lo amava, quando è morto si è occupata<br />
di tutto. Mi disse: l’ho odiato,<br />
quando mi ha lasciato ho smesso di<br />
amarlo all’istante… ma io sono una persona<br />
per bene, è pur sempre mio marito,<br />
il padre dei miei figli. Mamma ha una<br />
morale di ferro. Ora che è anziana si è totalmente<br />
rifugiata nella religione, non si<br />
perde una messa né un battesimo o una<br />
comunione di qualsiasi lontano parente.<br />
Dopotutto siamo irlandesi e abbiamo<br />
anche un prete in famiglia, padre Richard».<br />
Si abbandona a un’altra risata.<br />
«Vede, quando si parla di equilibrio io<br />
vacillo. <strong>La</strong> mia vita non è propriamente<br />
equilibrata. Ma è la mia vita. Ti accorgi<br />
della differenza fra l’io malato e quello<br />
sano solo quando esci fuori dal tunnel,<br />
dopo i periodi di disintossicazione o di<br />
detenzione. Allora pensi: come ho potuto<br />
farlo? come ci sono cascato? Non ho<br />
avuto la religione cattolica cui appoggiarmi<br />
come mia madre. Ho vagato tra<br />
buddismo e induismo, poi mi sono reso<br />
conto che c’è un’energia superiore di cui<br />
tutti facciamo parte, che ognuno di noi è<br />
un pezzetto di Dio. Ogni fottuta cosa a<br />
questo mondo è un frammento di Dio».<br />
Lo chiamano. È l’ora di far scatenare<br />
la pista. «Non sono finito. L’anno prossimo<br />
riunirò i Culture Club per il trentennale»,<br />
annuncia. «Anche se i tabloid<br />
mi hanno sempre dipinto come un fottuto<br />
depresso, sono uno che sa sopravvivere<br />
a una tragedia e anche riderci sopra.<br />
Quelli non hanno capito che sbattendomi<br />
in prima pagina mi hanno fatto<br />
solo la grazia di sopravvivere come celebrità.<br />
Ma credete a me, sono più di un<br />
titolo a cinque colonne». Alla fine del set<br />
una ragazza gli porge l’invito della serata<br />
da autografare. C’è una foto di George<br />
con il viso avvolto da un telo blu come<br />
un tuareg. In primo piano gli occhi bellissimi,<br />
viola come quelli di Liz. Gli occhi<br />
che allo scrittore Piervittorio Tondelli<br />
(che sul mensile Rockstar firmava una<br />
rubrica intitolata Culture Club) fecero<br />
scrivere (e si riferiva a Boy): «Ogni generazione<br />
ha la Taylor che si merita».<br />
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<strong>Repubblica</strong> Nazionale