San Aelredo, Sermone XLII - Nel giorno di Pentecoste
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Elredo<br />
<strong>Sermone</strong> <strong>XLII</strong><br />
<strong>Nel</strong> <strong>giorno</strong> <strong>di</strong> <strong>Pentecoste</strong><br />
CCCM II A Brepols 1989 , p 331-335.Cur. G.Raciti (1-14)<br />
Introduzione<br />
1. Ecco, io concluderò con la casa <strong>di</strong> Giacobbe una Nuova Alleanza, non come l’Alleanza<br />
che ho stipulato con i vostri Padri quando io li presi per mano per condurli fuori dalla terra d’Egitto<br />
–porrò la mia legge nel loro spirito, la scriverò nel loro cuore 1 . Sono costretto ad offrire qualcosa,<br />
almeno un po’ dalla mia povertà, per la costruzione <strong>di</strong> questa tenda spirituale. Ma considerando<br />
che questo e<strong>di</strong>ficio celeste in alcun rifulge <strong>di</strong> sapienza, in altri risplende per scienza, in altri<br />
fiammeggia con il doppio raggio della carità, in tutti è <strong>di</strong> un biancore incandescente per la castità<br />
angelica, e risplende rosseggiando come oro nelle <strong>di</strong>verse varietà delle virtù, quasi per un<br />
ornamento <strong>di</strong> pietre preziosissime, tanto che abbaglia lo sguardo <strong>di</strong> chi contempla. Considerando<br />
questo io arrossisco ad oscurare con l’utilità <strong>di</strong> questo sermone la splen<strong>di</strong>da varietà e la varia unità<br />
della tunica del nostro Giuseppe.<br />
2. Ma non sfugge alla vostra carità che spesso a molti colori preziosi e vari si è soliti<br />
sottoporre qualcosa <strong>di</strong> un po’ più oscuro così che al suo confronto gli altri appaiano più fulgi<strong>di</strong>.<br />
Forse dunque questo mio sermone servirà a questo, che quando vi avverrà <strong>di</strong> attingere alla<br />
dolcezza della coppa spirituale della scienza <strong>di</strong> qualcuno più eru<strong>di</strong>to – e chi non è più eru<strong>di</strong>to <strong>di</strong><br />
me? – ne gustiate maggiormente la dolcezza in paragone <strong>di</strong> questa acqua torbida che vi offro da<br />
bere. Questo vi ho detto perché non vi aspettiate <strong>di</strong> ascoltare da me qualcosa <strong>di</strong> grande o profondo<br />
e mi rinfacciate quel verso del poeta:<br />
“I monti partoriranno<br />
E nascerà un ri<strong>di</strong>colo<br />
topolino 2 ”<br />
3.E dal momento che lo Spirito <strong>San</strong>to è detto amore, carità, bontà, soavità e tutto ciò che<br />
può esser detto così dolce, colui che ne è abituato a gustare con maggior frequenza la soavità,<br />
parlerà <strong>di</strong> lui con una dolcezza che gli sarà quasi familiare. Chi sono io, infatti, per descrivere<br />
1 Cfr Ger 31, 31-32, 33 cit in Eb 8, 8b-9.<br />
2 ORATIO, Ars poetica, 239.<br />
1
l’eccellenza <strong>di</strong> questi giorni, per <strong>di</strong>re quale dolcezza ci doni, quale consolazione, quale speranza,<br />
quale sicurezza?<br />
1. Il dono dello Spirito, Amore del Padre e del Figlio, compen<strong>di</strong>a e<br />
compie la Legge.<br />
4. Quale segno più grande del suo amore ci poté offrire i l Signore nostro Gesù se non<br />
l’insinuare nelle nostre menti lo Spirito <strong>San</strong>to che è amore ed unità del Padre e del Figlio? In<br />
questo modo anche noi possiamo in qualche modo <strong>di</strong>ventare una cosa sola, in quell’unità, in quella<br />
carità nella quale essi sono essenzialmente una cosa sola, noi non per identità <strong>di</strong> sostanza, ma per<br />
adesione dello spirito, secondo la parola dell’apostolo che <strong>di</strong>ce: “Chi aderisce al Signore forma un<br />
solo Spirito con Lui.”<br />
5. Come avrebbe potuto offrire ai suoi figli il più grande affetto della compassione paterna<br />
se non rendendo più leggeri, con il compen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un unico precetto, i pesi della legge, che per noi e<br />
per i nostri padri erano risultati importabili? E rendendo poi perfetto in noi questo stesso precetto<br />
con l’infusione del suo Spirito <strong>San</strong>to? Poco prima per mezzo del Profeta era risuonata la sua<br />
promessa:<br />
“Ecco, - <strong>di</strong>ce – io concluderò con la casa <strong>di</strong> Giacobbe una nuova alleanza, non come<br />
l’Alleanza che ho stipulato con i vostri Padri”<br />
Qui vengono chiaramente in<strong>di</strong>cate quelle due realtà memorabili, cioè l’Antico e il Nuovo<br />
Testamento. L’Antico Testamento ha ancora un suo ruolo, il Nuovo invece viene annunciato per<br />
mezzo <strong>di</strong> una profezia.<br />
E con molta prudente attenzione non <strong>di</strong>ce: “Manderò”, non <strong>di</strong>ce “Darò”, ma “consumerò,<br />
porterò a perfezione 3 .<br />
6. La legge infatti è stata data per mezzo <strong>di</strong> Mosé, non portata a compimento, la legge<br />
infatti non ha portato mai nulla alla perfezione 4 (Eb 7, 9). La grazia e la verità invece che sono<br />
contenute nella Nuova Alleanza, sono state non soltanto date per mezzo <strong>di</strong> Gesù Cristo ma anche<br />
portate alla perfezione. La perfezione della legge infatti è la carità. La carità <strong>di</strong> Dio è stata <strong>di</strong>ffusa<br />
3 Cfr Ger 31 in Eb 8,9.<br />
4 Eb 7, 9.<br />
2
nei nostri cuori per mezzo dello Spirito <strong>San</strong>to che ci è stato dato 5 (Rom 5, 5). La carità viene<br />
osservata grazie all’infusione dello Spirito <strong>San</strong>to. L’osservanza della carità porta a perfezione la<br />
Nuova Alleanza<br />
“Ecco . <strong>di</strong>ce porterò a compimento con la casa <strong>di</strong> Giacobbe una Nuova Alleanza “ – cioè la<br />
vita perfetta che non era nell’Antica Alleanza la mostrerò nella Nuova e vi renderò perfetti e<br />
compiuti nella Nuova Alleanza.<br />
2. Il Nuovo Patto perfeziona l’Antico: la vita <strong>di</strong> Cristo si compie nel<br />
dono dello Spirito<br />
7. Poco dopo ci renderemo conto <strong>di</strong> che cosa ha dato il Nuovo Testamento in paragone<br />
dell’Antico 6 . Consideriamo ora con maggiore attenzione e vigilanza la parola “Concluderò”<br />
(consummo).<br />
<strong>Nel</strong>la nascita <strong>di</strong> Cristo infatti, nella sua Passione e Risurrezione è avvenuta la nostra<br />
redenzione; i questa missione dello Spirito <strong>San</strong>to è stata portata a compimento insieme in una<br />
sintesi conclusiva (con-summo).<br />
In ciò che ha sofferto come uomo per noi egli ci ha ricreato (RE-FECIT)<br />
In questa missione dello Spirito <strong>San</strong>to ci ha portato a perfezione (PER-FECIT).<br />
La sua vita sulla terra era un insegnamento per la nostra vita. Questa missione dello Spirito<br />
<strong>San</strong>to è la consumazione e il compimento della vita umana.<br />
8. <strong>Nel</strong>l’infanzia ha insegnato l’umiltà, nella prima giovinezza la religiosità, nell’adolescenza<br />
la scienza, nella giovinezza la fortezza. Con questa fortezza ha combattuto fino alla morte, e con la<br />
sua morte ha vinto la morte. E’ seguita la sua risurrezione, nella quale ci ha <strong>di</strong>schiuso il segreto o<br />
del suo <strong>di</strong>segno, ed è asceso al cielo innalzando la nostra intelligenza alle realtà celesti, ed oggi<br />
per mezzo dell’infusione dello Spirito <strong>San</strong>to ci ha donato la conoscenza della sapienza 7 , il<br />
compimento della carità, il perfetto adempimento della Legge .<br />
5 Rom 5, 5<br />
6 Eb 8,8.<br />
7 Is 11, 2-3<br />
3
3. L’infanzia <strong>di</strong> Cristo, beati i poveri<br />
9. <strong>Nel</strong>l’infanzia ci ha insegnato l’umiltà, che nasce per noi dal timore del Signore e dalla<br />
confessione dei peccati. Se, con amorosa attenzione lo u<strong>di</strong>amo gridare : “Convertitevi, si è<br />
avvicinato infatti il regno dei cieli 8 , è quasi come se l ascoltassimo <strong>di</strong>re, all’inizio della nostra ri-<br />
creazione: “Sia la luce!” 9 .<br />
Per prima cosa <strong>di</strong>ce: “Sia la luce!” fino a che nei nostri cuori sorga la stella del mattino (1 Pt<br />
1, 19) e ci sia separazione tra la luce della nostra nuova vita e le tenebre dalla passata iniquità, e<br />
sarà sera, per la considerazione della nostra debolezza, e mattina, per l’inizio della nostra<br />
illuminazione.<br />
E così per lo Spirito <strong>di</strong> timore del Signore sarà per noi il primo <strong>giorno</strong>, quasi la nostra prima<br />
beatitu<strong>di</strong>ne, quella che i l Signore mostra dapprima con i l suo esempio nell’infanzia e poi con le<br />
parole nella pre<strong>di</strong>cazione, <strong>di</strong>cendo : «Beati i poveri <strong>di</strong> spirito – cioè gli umili, i timorati <strong>di</strong> Dio –<br />
perché è vostro i l regno dei cieli 10 ».<br />
4. Prima giovinezza, beati i miti<br />
10. <strong>Nel</strong>la prima giovinezza ci ha educato alla pietà. Ciò che noi chiamiamo “pietà” i greci<br />
chiamano cioè culto <strong>di</strong> Dio. Per questo è conveniente e adatto chiamare gli empi<br />
infedeli ed estranei al culto <strong>di</strong> Dio.<br />
A questo modo <strong>di</strong> render culto a Dio veniamo istruiti dall’indagine nelle Sacre Scritture. A<br />
questa ricerca ci ha elevato Gesù, fanciullo ancora do<strong>di</strong>cenne, sedendo nel tempio in mezzo agli<br />
anziani, ascoltandoli ed interrogandoli 11 .<br />
Ci sia dunque il firmamento per noi, secondo il comando <strong>di</strong> quella voce <strong>di</strong>vina, e si chiami<br />
cielo 12 , quel cielo <strong>di</strong> cui il salmista parla <strong>di</strong>cendo «Distende il cielo come una pelle » 13 , intendendo<br />
così la Sacra Scrittura, e stia in mezzo alle acque, operando una separazione tra le acque<br />
8<br />
Mt 2, 3.<br />
9<br />
Gn 1,1<br />
10<br />
Cfr Mc 5, 3; Lc 6, 20.<br />
11<br />
Lc 2, 46.<br />
12<br />
Gv 1, 6,8.<br />
13<br />
SL 103, 2.<br />
4
superiori e quelle inferiori, cioè tra la conoscenza degli angeli e quella degli uomini, così da essere<br />
inferiore al loro intelletto e superiore al nostro.<br />
11. E tuttavia non dobbiamo insuperbirci per questa possibilità <strong>di</strong> intelligenza, ma secondo<br />
l’esempio del Signore dobbiamo lasciare che la Parola <strong>di</strong> Dio ci renda miti, (Mitescamus: ci<br />
lasciamo ammansire, addomesticare dalle parole <strong>di</strong>vine) così che siamo mansueti, ascoltando e<br />
interrogando piuttosto che <strong>di</strong>scutendo.<br />
E sia sera per noi quando riflettiamo sulla nostra ignoranza, e sia mattina per l’illuminazione<br />
della grazia <strong>di</strong> Dio 14 , E così per lo spirito <strong>di</strong> pietà siamo vigilanti nel secondo <strong>giorno</strong> che è quasi la<br />
seconda beatitu<strong>di</strong>ne, come i l Signore ha detto: «Beati i miti perché possederanno la terra 15 ».<br />
5. Adolescenza: beati gli afflitti<br />
12. <strong>Nel</strong>l’adolescenza ci ha innalzato alla scienza. <strong>Nel</strong>l’adolescenza infatti ha ricevuto i<br />
battesimo e Lui che non aveva alcun peccato ha ricevuto il rime<strong>di</strong>o del peccato. Non ne aveva<br />
davvero bisogno, ma ci mostrava così la scienza che ci è necessaria. L’uomo infatti non ha<br />
bisogno <strong>di</strong> conoscere la natura delle erbe o il corso delle stelle: ha piuttosto bisogno <strong>di</strong> sapere chi<br />
sia, a che punto sia, dove ogni <strong>giorno</strong> manchi, quanto progre<strong>di</strong>sca e quanto regre<strong>di</strong>sca. E<br />
aumentando questa scienza aumenta anche il dolore 16 , cioè il dolore del suo pellegrinaggio, per la<br />
considerazione della sua superbia e i desiderio della sua patria, ed è un conforto per lui piangere<br />
ed esser lavato dalle proprie stesse lacrime quasi per un certo battesimo.<br />
13. Affinché così dalla Parola <strong>di</strong> Dio si raccolgano in un solo luogo le acque che sono<br />
sotto i cielo, 17 cioè i pensieri terreni e mutevoli, ed appaia l’asciutto, la terra del nostro cuore 18 ,<br />
assetata del suo Dio e che riceve la pioggia della compunzione che viene dal cielo 19 . «La terra<br />
produca germogli verdeggianti, erbe che producono seme, e alberi da frutto che facciano sulla<br />
terra frutto con i l seme 20 », che dal seme del pensiero producano i l frutto della buona azione 21 , e<br />
14 Gn 1, 8; Is 11, 2.<br />
15 Mt 5,4.<br />
16 Qo 1, 18.<br />
17 Gn 1,9; Sl 142,6.<br />
18 Sl 62, 3.<br />
19 Gn 1, 11, 12.<br />
20 Gn 1, 11, 12.<br />
5
sia in noi sera per il timore della nostra fragilità e sia mattina per la speranza della consolazione<br />
<strong>di</strong>vina.<br />
E così per lo Spirito <strong>di</strong> Scienza si illumini per noi il terzo <strong>giorno</strong>, cioè la terza beatitu<strong>di</strong>ne,<br />
nella quale i l Signore <strong>di</strong>ce: «Beati quelli che piangono, perché proprio loro saranno consolati».<br />
6. Giovinezza. Beati gli affamati <strong>di</strong> giustizia<br />
14. <strong>Nel</strong>la giovinezza ci ha mostrato la fortezza, insegnandoci così ad aver fame e sete della<br />
giustizia, così che per la giustizia non temiamo né <strong>di</strong> sopportare la persecuzione né la morte.<br />
Ma perché non ci inorgogliamo per l’osservanza della giustizia e non siamo spezzati per la<br />
grandezza della persecuzione appaiono nel firmamento della Sacra Scrittura le due luci maggiori:<br />
la lice maggiore per regolare i <strong>giorno</strong>, cioè l’esempio del Salvatore stesso, perché non ci faccia<br />
insuperbire il <strong>giorno</strong> umano, e la luce minore per regolare la notte e le stelle, cioè l’esempio della<br />
pazienza della chiesa perché la notte dell’avversità non ci abbatta.<br />
E per quanto per la considerazione che ci viene dagli uomini sia sera, per la memoria della<br />
ricompensa <strong>di</strong>vina viene mattino, e così dallo spirito <strong>di</strong> fortezza appare per noi il quarto <strong>giorno</strong>, cioè<br />
la quarta beatitu<strong>di</strong>ne, in cui i l Signore <strong>di</strong>ce «Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia<br />
perché saranno saziati».<br />
(Il sermone è incompiuto)<br />
Da Gesù <strong>di</strong> Nazareth, <strong>di</strong> Joseph Ratzinger<br />
pag 122-1255<br />
Le Beatitu<strong>di</strong>ni<br />
Ma ora si pone la questione fondamentale: è giusta la <strong>di</strong>rezione che ci in<strong>di</strong>ca il Signore<br />
nelle Beatitu<strong>di</strong>ni e nei moniti a esse contrapposti? E davvero male essere ricchi, sazi, ridere,<br />
essere apprezzati? Per la sua rabbiosa critica del cristianesimo Friedrich Nietzsche ha fatto leva<br />
proprio su questo punto. Non sarebbe la dottrina cristiana che si dovrebbe criticare: sarebbe la<br />
21 Gn 1, 19.<br />
6
morale del cristianesimo che bisognerebbe attaccare come «crimine capitale contro la vita». E con<br />
«morale del cristianesimo» egli intende esattamente la <strong>di</strong>rezione che ci in<strong>di</strong>ca il Discorso della<br />
montagna.<br />
«Quale è stato fino ad oggi sulla terra il più grande peccato? Non forse la parola <strong>di</strong> colui<br />
che <strong>di</strong>sse: "Guai a coloro che ridono!"?». E contro le promesse <strong>di</strong> Cristo <strong>di</strong>ce: noi non vogliamo<br />
assolutamente il regno dei cieli. «Siamo <strong>di</strong>ventati uomini - vogliamo il regno della terra».<br />
La visione del Discorso della montagna appare come una religione del risentimento, come<br />
l'invi<strong>di</strong>a dei codar<strong>di</strong> e degli incapaci, che non sono all'altezza della vita e allora vogliono ven<strong>di</strong>carsi<br />
esaltando il loro fallimento e oltraggiando i forti, coloro che hanno successo, che sono fortunati.<br />
All'ampia prospettiva <strong>di</strong> Gesù viene contrapposta un'angusta concentrazione sulle realtà <strong>di</strong><br />
quaggiù: la volontà <strong>di</strong> sfruttare adesso il mondo e tutte le offerte della vita, <strong>di</strong> cercare il cielo<br />
quaggiù e in tutto ciò non farsi inibire da nessun tipo <strong>di</strong> scrupolo.<br />
Molto <strong>di</strong> tutto questo è passato nella coscienza moderna e determina in gran parte il modo<br />
in cui oggi si percepisce la vita. Così il Discorso della montagna pone la questione dell'opzione<br />
fondamentale del cristianesimo e, da figli del nostro tempo, avvertiamo la resistenza interiore<br />
contro quest'opzione - anche se non siamo insensibili <strong>di</strong> fronte all'elogio dei miti, dei misericor<strong>di</strong>osi,<br />
degli operatori <strong>di</strong> pace, degli uomini sinceri. Dopo le esperienze dei regimi totalitari, dopo il modo<br />
brutale con cui essi hanno calpestato gli uomini, schernito, asservito, picchiato i deboli,<br />
compren<strong>di</strong>amo pure <strong>di</strong> nuovo coloro che hanno fame e sete <strong>di</strong> giustizia; riscopriamo l'anima degli<br />
afflitti e il loro <strong>di</strong>ritto a essere consolati. Di fronte all'abuso del potere economico, <strong>di</strong> fronte alla<br />
crudeltà del capitalismo che degrada l'uomo a merce, abbiamo cominciato a vedere più<br />
chiaramente i pericoli della ricchezza e compren<strong>di</strong>amo in modo nuovo che cosa Gesù intendeva<br />
nel metterci in guar<strong>di</strong>a dalla ricchezza, dal <strong>di</strong>o Mammona che <strong>di</strong>strugge l'uomo prendendo alla gola<br />
con la sua mano spietata gran parte del mondo. Sì, le Beatitu<strong>di</strong>ni si contrappongono al nostro<br />
gusto spontaneo per la vita, alla nostra fame e sete <strong>di</strong> vita. Esigono «conversione» - un'inversione<br />
<strong>di</strong> marcia interiore rispetto alla <strong>di</strong>rezione che prenderemmo spontaneamente. Ma questa<br />
conversione fa venire alla luce ciò che è puro, ciò che è più elevato, la nostra esistenza si <strong>di</strong>spone<br />
nel modo giusto.<br />
Il mondo greco, la cui gioia <strong>di</strong> vivere si rivela in modo meraviglioso nell'epopea omerica, era<br />
tuttavia profondamente consapevole del fatto che il vero peccato dell'uomo, la sua minaccia più<br />
intima è la hybris: l'autosufficienza presuntuosa, in cui l'uomo eleva se stesso a <strong>di</strong>vinità, vuole<br />
essere lui stesso il suo <strong>di</strong>o, per essere completamente padrone della propria vita e sfruttare fino in<br />
fondo tutto ciò che essa ha da offrire. Questa consapevolezza che la vera minaccia per l'uomo<br />
consiste nell'autosufficienza ostentata, a prima vista così convincente, viene sviluppata nel<br />
Discorso della montagna in tutta la sua profon<strong>di</strong>tà a partire dalla figura <strong>di</strong> Cristo.<br />
7
Abbiamo visto che il Discorso della montagna è una cristologia nascosta. Dietro <strong>di</strong> essa c'è<br />
la figura <strong>di</strong> Cristo, <strong>di</strong> quell'uomo che è Dio, ma che proprio per questo <strong>di</strong>scende, si spoglia, fino alla<br />
morte sulla croce. I santi, da Paolo a Francesco d'Assisi fino a madre Teresa, hanno vissuto<br />
questa opzione mostrandoci così la giusta immagine dell'uomo e della sua felicità. In una parola:<br />
la vera «morale» del cristianesimo è l'amore. E questo, ovviamente, si oppone all'egoismo - è un<br />
esodo da se stessi, ma è proprio in questo modo che l'uomo trova se stesso. Nei confronti<br />
dell'allettante splendore dell'uomo <strong>di</strong> Nietzsche, questa via, a prima vista, sembra misera,<br />
ad<strong>di</strong>rittura improponibile. Ma è il vero «sentiero <strong>di</strong> alta montagna» della vita; solo sulla via<br />
dell'amore, i cui percorsi sono descritti nel Discorso della montagna, si <strong>di</strong>schiude la ricchezza della<br />
vita, la grandezza della vocazione dell'uomo.<br />
8