Leggi - I Cistercensi
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NOTIZIE<br />
CISTERCENSI<br />
5-6<br />
SETTEMBRE-DICEMBRE<br />
1974<br />
ANNO VII<br />
Periodico bimestrale - Spedizione in Abbonamento Postale - Gruppo IV
NOTIZIE CISTERCENSI<br />
Direttore:<br />
P. Goffredo Viti<br />
Redazione:<br />
PP. Certosa di Firenze<br />
Consiglio di Redazione:<br />
P. Placido Caputo<br />
P. Malachia Falletti<br />
P. Vittorino Zanni<br />
Responsabile:<br />
Agostino Carlomagno<br />
Conto corrente 5/7219<br />
Periodico bimestrale di vita cistercense<br />
Abbonamento annuo: Italia L. 3.000<br />
Abbonamento annuo: Estero L. 4.000<br />
Amministrazione: Certosa del Galluzzo - 50124 Firenze - tel. 055/28.92.26
VITA MONASTICA E IMPEGNO BATTESIMALE.<br />
ANALISI ECCLESIOLOGICA<br />
di Salvatore Piga, O.C.S.O.<br />
L Battesimo e professione monastica<br />
« Cosa grande è il Battesimo ... liberazione dalla prigionia e remissione<br />
dei peccati, morte del peccato e rigenerazione dell'anima, veste<br />
luminosa, sigillo santo e incancellabile, veicolo che porta al cielo, gaudio<br />
di paradiso, caparra del regno e dono della figliolanza adottiva» 1. Per<br />
esso l'uomo, diventato una « nuova creatura» (2 Coro 5, 17), un solo<br />
essere « in Cristo» (Rom 6, 5; Gal 3, 27) capace di chiamare Dio con<br />
il nome di Padre (Gal 4, 6; IGv 3, 1-2), s'incontra col Cristo che<br />
trasforma la stessa realtà ontologica del redento non isolandolo di fronte<br />
al suo Dio ma incorporandolo e concorporandolo all'unico corpo di<br />
Cristo (ICor 12, 13), cosl che tutti quelli che sono battezzati in Cristo<br />
sono « uno solo» in Lui (Gal 3, 28).<br />
Il Battesimo è 1'« effeta (Mc 7, 34) che apre le orecchie del nostro<br />
cuore alla Parola evangelica annunciata nella Chiesa; è la circoncisione<br />
spirituale che si inserisce nel nuovo Popolo di Dio (Col. 2, 11 ss.); è<br />
la partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo (Rom 6, 3 ss).<br />
Grande cosa, dunque, questo sacramento ... «Tuttavia il Battesimo<br />
di per sé è soltanto l'inizio ed esordio, poiché esso tende interamente<br />
all'acquisto della pienezza della vita in Cristo» 2. Ecco perché<br />
il Concilio Vaticano II a più riprese ha ricordato che «tutti nella<br />
Chiesa sono chiamati alla santità» 3, facendo eco, in ciò, all'esplicito<br />
comando del Salvatore: «Siate dunque perfetti com'è perfetto il<br />
vostro Padre celeste» (Mt 5, 48).<br />
Tutti i cristiani sono « di Cristo» (ICor 3, 23), tutti sono « nel<br />
mondo» ma non più « del mondo» (Gv 17, 14), crocifissi come sono<br />
per il mondo (Gal 6, 14), e purtuttavia «fin dai primi tempi della<br />
Chiesa vi furono uomini e donne che per mezzo dei consigli evangelici<br />
intesero seguire Cristo con maggiore libertà ed imitarlo più da vicino,<br />
e condussero, ciascuno a loro modo, una vita consacrata a Dio» 4.<br />
Questi, specialmente i monaci, hanno cioè « aggiunto - con l'approva-<br />
1 CIRILLO DI GERUSALEMME, Le Catechesi; catec. preliminare, PG 33, 1065.<br />
2 Con. Ec. Vaticano II, Unitas reintegratia, n. 22.<br />
3 Lumen Gentium, n. 39.<br />
4 Perjectae Caritatis, n. 1; cfr. Lumen Gentium, n. 44.<br />
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zione della Chiesa - alla separazione formale dal mondo, una separazione<br />
materiale: concretizzando e significando la prima per mezzo della<br />
seconda » 5.<br />
Una « aggiunta» che riguarda però i mezzi atti a conseguire quella<br />
perfezione a cui tutti sono chiamati, e non la perfezione stessa. « È un<br />
errore mostruoso credere che il monaco debba menare una vita più<br />
perfetta di quella che altri possano sopportare ... la gente del mondo<br />
e i monaci hanno il dovere di tendere al medesimo vertice della perfezione<br />
» 6.<br />
I monaci, specialmente agli inizi, avevano chiara coscienza di non<br />
essere altro che cristiani che cercavano di vivere la « nuova vita» fino<br />
alle sue estreme conseguenze. «Essi volevano continuare la vita apostolica,<br />
la quale consiste nel seguire il Cristo, in una donazione senza<br />
riserve 7, in «un desiderio di vita evangelica integrale che è perciò<br />
rinuncia totale a tutto ciò che non è presentato dal Vangelo quaÌe ideale<br />
vissuto dal Cristo» 8. .<br />
In definitiva: « Quid est enim allud monachum fieri quam converti<br />
»? 9, si domanda S. Pier Damiano. I testi infatti che affermano<br />
essere il monaco null'altro che un cristiano che cerca la salvezza, sono<br />
altrettanto numerosi - negli scritti dei Padri - quanto quelli che<br />
esaltano la singolarità della sua vocazione.<br />
San Benedetto, per esempio, così conclude la sua Regola: «Noi<br />
abbiamo steso questa regola perché con la sua osservanza diamo prova di<br />
una certa probità di costumi o di essere almeno agli inizi della vita<br />
religiosa (initium conversationis) » lO, Null'altro propone perciò al monaco<br />
che « ritornare per il lavoro di obbedienza a Colui dal quale ci si<br />
era allontanati per l'accidia della disobbedienza» 11.<br />
Siquidem una est professio quam faciunt et christianus suscepturus<br />
baptisum et monachus suscepturus cucullam. Promittit se christianus<br />
obrenuntiare Satanae et omnibus pompis eius et omnibus operibus eius.<br />
Promittit monachus conversionem morum suorum et stabilitatem ad<br />
oboediendum Deo Non enim altius profitetur monachus quam promiserat<br />
christianus » 12.<br />
5 J. LECLERQ, Vie religeuse et vie contemplative, Paris 1969, p. 68.<br />
6 s. G. CRISOSTOMO, Adv. opposit. vito monast., 3, 14; PG 47, 372.<br />
7 V. WARNACH citato da H. V. BALTHASAR,Sponsa Verbi, Brescia 1969, p. 129.<br />
8 J. LEROY in AA. VV., Théologie de la vie monastique, Ligugé 1961, p. 427.<br />
9 S. PIER DAMIANO, op. 16, 3676.<br />
IO Regula Monachorum, cap. LXXIII.<br />
11 Id., Prologo.<br />
12 ODONE DI CANTERBURY, Sermone su San Benedetto, testo in « Studia Anselmiana<br />
», n. 31, p. 130.<br />
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C'è si tra i monaci e il mondo una separazione molto netta, perché<br />
« in un mondo che non li tratta più da nemici essi si sentono obbligati<br />
a vivere come nemici del mondo. Essi avvertono troppo bene che, in<br />
mancanza di questo, finirebbero presto per diventarne gli schiavi» !3.<br />
La separazione dal mondo non è però separazione dalla comunità<br />
ecclesiale ma piuttosto visibilizzazione della estraneità della Chiesa al<br />
mondo peccatore. Perciò « non è tanto la vita monastica alla fine del III<br />
secolo e all'inizio del IV, ad essere una novità, ma la vita adeguata<br />
a questo mondo della massa dei cristiani, nel momento in cui cessano<br />
le persecuzioni. I Monaci dal canto loro, non fanno altro che conservare,<br />
in mezzo a circostanze mutate, l'ideale intatto della vita cristiana dei<br />
primi giorni » 14, Essi sono nella Chiesa « coloro che realizzano in comune<br />
la forma della vita apostolica», dichiara Gregorio di Nissa nelle' sue<br />
Hypotypose, riassumendo cosi la primitiva e ininterrotta tradizione.<br />
« La vita monastica è semplicemente il luogo ove la Chiesa è maggiormente<br />
se stessa, perché tutto vi è organizzato affinché l'opera della<br />
salvezza affidatale porti tutti i suoi frutti. La sua ragion d'essere è quella<br />
di essere una scuola del servizio di Dio, una scuola di santità» 15, In<br />
questo contesto appare meno assurda l'affermazione attribuita a San<br />
Bernardo che « Extra claustrum nulla salus », perché - come dice un<br />
altro grande cistercense - nella professione monastica si realizza di<br />
nuovo « veritate » ciò che si è già compiuto « specie» nel Battesimo 16.<br />
II. Carattere battesimale vissuto dal monaco<br />
Il religioso « già col battesimo è morto al peccato e consacrato a<br />
Dio; ma per poter raccogliere più copiosi i frutti della grazia battesimale,<br />
con la professione dei consigli evangelici nella Chiesa, intende liberarsi<br />
dagli impedimenti che potrebbero distoglierlo dal fervore della carità<br />
e dalla perfezione del culto divino'» 17, Egli è chiamato ad essere uno<br />
scelto operatore del Regno e un segno della sua attuazione; per mezzo<br />
suo, infatti, la Chiesa ogni giorno presenta « Cristo ai fedeli e agli infedeli,<br />
o mentre egli contempla sul monte, o annuncia il Regno di Dio alla<br />
turbe, o risana i malati e i feriti e converte a miglior vita i peccatori, o<br />
13 L. BOUYER, Spiritualità dei Padri, Bologna 1968, p. 219.<br />
14 L. BoUYER, Spiritualità ..., op. cit., p. 216.<br />
15 P. DESEILLE in AA. VV., Tbeol. monast., op. cit., p. 522.<br />
16 GUERRICO D'IGNY, Serm. Epiph., 4, 7.<br />
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enedice i fanciulli e fa del bene a tutti, e sempre obbedisce alla volontà<br />
del Padre che lo ha mandato» 18.<br />
La molteplice opera di Cristo giustifica ed esige le diverse forme<br />
di vita religiosa che perpetuano nella Chiesa l'opera di Lui.<br />
Poiché c'è bensì diversità di carismi (e la consacrazione religiosa,<br />
secondo l'espressione della Lumen Gentium n. 42, è « l'eminente e prezioso<br />
dono della grazia divina» = carisma), ma è il medesimo Spirito<br />
di Cristo che per essi opera e dà a ciascuno per l'utilità di tutti (cfr.<br />
IC~r 12, 4 ss.). È questo Spirito che rende « salvifico » ed « ecclesiale»<br />
l'agire di ogni singolo religioso, anche del più nascosto eremita la cui<br />
vita è « nella sua essenza profonda, vita della Chiesa e sforzo per realizzare<br />
in sé quel misterioso rapporto Cristo-Chiesa, che è alla base della<br />
realtà comunitaria e metastorica della Chiesa» 19. Ogni consacrato « quando<br />
più fervorosamente si unisce a Cristo con questa donazione di sé che<br />
abbraccia tutta la vita, tanto più arricchisce la vitalità della Chiesa e rende<br />
il suo apostolato vigorosamente fecondo ~ 20, perché, in Cristo, anche l'eremita<br />
è Re, Sacerdote, Profeta.<br />
1. Monaco-Profeta<br />
«Cristo, il grande Profeta, il quale e con la testimonianza della<br />
vita e con la virtù della parola ha proclamato il regno del Padre, adempie<br />
il suo ufficio profetico fino alla piena manifestazione della gloria» 21<br />
anche per mezzo « del popolo santo di Dio che partecipa dell'ufficio profetico<br />
di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui,<br />
soprattutto per una vita di fede e di carità e coll'offrire a Dio un sacrificio<br />
di lode » 22.<br />
Alcuni poi sono chiamati alla suprema testimonianza del martirio<br />
« col quale il discepolo è reso simile al Maestro che liberamente accetta<br />
la morte per la salute del mondo, e a Lui si conforma nella effusione<br />
del sangue» 23. Placate le persecuzioni, lo Spirito non cessa di spingere<br />
dei cristiani generosi alla suprema testimonianza della perfetta assimilazione<br />
al Cristo, ottenuta non più mediante la morte a ciò che distoglie da<br />
18 Lumen Gentium, n. 44.<br />
18 Id., n. 46.<br />
19 MICCOLI in AA. VV., Theol. monast., op. cit., p. 466.<br />
20 Perjectae Caritatis, n. 1.<br />
21 Lumen Gentium, n. 35.<br />
22 Id., n. 12.<br />
23 Id., n. 42.<br />
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............--------------<br />
Lui. « Quia non tantum sanguis efIusus pro Deo martyrern facit, sed et<br />
qui tota die voluntatem perfecerit corde usque in finem, Ioco martyris<br />
erit » 24.<br />
L'analogia tra vita monastica e martirio è così profonda che, fin<br />
dalle origini, si è potuta formare una tradizione che vede nella professione<br />
religiosa (come già nel martirio) un secondo o rinnovato Battesimo.<br />
La vita monastica, nella sua essenza, appare nella Chiesa come profezia-segno:<br />
a) dell'attuazione del Vangelo quale lo vissero Gesù e l SUOl<br />
immediati discepoli;<br />
b) della efiimerarietà di questo mondo nel quale siamo ospiti<br />
e pellegrini (Eh Il, 13; IPt 2, 11);<br />
c) della presenza efficace del Regno di Dio tra noi (Le 17, 21).<br />
a) Testimonianza di vita evangelica.<br />
« Lo stato religioso più fedelmente imita e continuamente rappresenta<br />
nella Chiesa la forma di vita, che il Figlio di Dio abbracciò, quando<br />
venne nel mondo per fare la volontà del Padre, e che propose ai discepoli<br />
che lo seguivano» 25.<br />
Con la castità, la povertà e l'obbedienza, i religiosi seguono più<br />
speditamente Cristo che, per annunciare efficacemente l'avvento del<br />
Regno, volle essere vergine, povero, sottomesso.<br />
Per cui « se il matrimonio cristiano è figura dell'unione di Cristo<br />
e della Chiesa, la verginità, anche su questo punto le è superiore.<br />
Essa permette una unione che non si compie per mezzo della carne, ma<br />
per lo spirito. Essa non è semplicemente un'immagine di queste nozze<br />
mistiche, ma è la loro realizzazione» 26.<br />
«Nei dolori, nelle lotte, nella solitudine, ma anche nelle g101e,<br />
nelle vittorie e nell'efficacia del celibato, il cristiano può rivivere più<br />
da vicino quello che il Signore ha vissuto nella sua carne. È in questo<br />
senso che Sant'Ignazio parla del celibato « in onore della carne del Signore»<br />
(Ad Polyc. V, 2) 27.<br />
24 ... De monacbis perjectis, PL LXXX.<br />
25 Lumen Gentium, n. 44.<br />
]I, H. CROUZEL in AA. VV., Tbeol. monast., op. cit., p. 28.<br />
n M. THURIAN, Matrimonio e celibato, Brescia 1965, p. 107.<br />
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La povertà affettiva ed effettiva diventa visibile partecipazione<br />
« alla povertà di Cristo, il quale da ricco che egli era si fece povero pet<br />
amore nostro, allo scopo di farci ricchi con la sua povertà (cfr. 2 Cor<br />
8, 9; Mt. 8, 20) »28.<br />
Il monaco a cui, secondo San Benedetto, « non è lecito avere in<br />
suo potere neppure il proprio corpo e la propria volontà» 29, dà nella<br />
Chiesa testimonianza di una povertà operosa quando sostiene sé e i<br />
propri fratelli per mezzo del lavoro manuale, anzi, « allora sono veri<br />
monaci quando vivono del lavoro delle loro mani, come i Padri nostri<br />
e gli stessi Apostoli (cfr. 1 Cor 4, 13)>>30.<br />
«I religiosi con la professione di obbedienza offrono a Dio la<br />
completa rinuncia della propria volontà come sacrificio di se stessi, e<br />
per mezzo di esso in una maniera più salda e sicura si uniscono alla<br />
volontà salvifica di Dio» 31 imitando, in ciò, maggiormente Cristo, fatto<br />
obbediente fino alla morte (Fil. 2, 8).<br />
Senza l'amore obbediente non esiste comunità, ma anche il singolo<br />
religioso senza di esso non può essere sicuro del suo progresso spirituale,<br />
tanto che i Padri del Deserto. arrivarono a dire: « Se vedi un<br />
giovane che sale al cielo con la propria volontà, prendilo per i piedi e<br />
tiralo giù, gli fa bene» 32, perché «chi vive, nella sottomissione a un<br />
padre spirituale ha più grande ricompensa di colui che si ritira da solo<br />
nel deserto » 33.<br />
Tutti i religiosi cercano di conformarsi a Gesù ma «le virtù di<br />
Cristo che a noi appaiono le più intime: l'umiltà, l'obbedienza, la rinuncia,<br />
la preghiera segreta, nell'imitazione di Cristo nel deserto, hanno<br />
il sopravvento sulle virtù apostoliche propriamente dette e sono maggiormente<br />
ricercate dagli asceti e dalle comunità che hanno scelto di<br />
vivere in solitudine, realizzando le parole del profeta: - Ecco, io<br />
l'attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore - (Os 2, 13) »J4<br />
Il silenzio è l'ambiente del monaco. Il contemplativo, e ancor più la<br />
comunità monastica nel suo insieme, annuncia il Vangelo non tanto predicandolo<br />
quanto attuandolo. Il monaco si sforza più di essere che di fare.<br />
Egli è nella Chiesa il più povero di tutti, perché la vita contemplativa è<br />
l'assoluta recettività che non può preoccuparsi di dare, che sa che di<br />
28 Perjectae Caritatis, n. 13.<br />
29 Regola, cap. XXXIII.<br />
30 Id., cap. XLVIII.<br />
31 Perjectae Caritatis, n. 13.<br />
32 Apoftegmi, Nau 244.<br />
33 Id., Rufo 2.<br />
34 O. ROUSSEAu, Communauté ecclésiale et communauté monastique. In LMD<br />
(1957), 51, p. 23.<br />
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suo non ha niente, e che eventualmente dà nella misura in cui si perde in<br />
questo continuo dover ricevere ilflusso divino. Solo allora la sua povertà,<br />
che Gesù disse beata, diventa feconda, come fu feconda la' assoluta recettività<br />
di Maria dalla quale Cristo « procedens homo sine semine, largitus<br />
est nobis suam Deitatem »35. Solo così la vita monastica è - come disse<br />
S. Antonio ilGrande -1'« opus Dei », e perciò attività salvifica d'amore.<br />
Paradossalmente, la preoccupazione dell'effetto prodotto è completamente<br />
assente dai motivi del vero monaco. La sua testimonianza suppone<br />
infatti che egli normalmente viva separato dal mondo, in modo affettivo<br />
ed effettivo; egli testimonia non con la presenza ma con la sua assenza,<br />
che diventa per i fratelli un monito continuo di un Trascendente 36.<br />
Monachus non doctoris habet, sed plagentis oflicium, qui se vel<br />
mundum lugeat »37, anche se il Signore può a volte riservarsi il diritto<br />
di rinviare nella città colui che aveva chiamato nella solitudine per incontrarsi<br />
con Lui (cfr. 1 Re 19, 1 ss.).<br />
b) Testimonianza escatologica<br />
« Il monaco è colui che è' immune dal mondo e s'intrattiene continuamente<br />
con Dio solo: lo vede e ne è visto, lo ama e ne è amato,<br />
e diventa luce perché da Lui è illuminato in modo ineffabile ... » 38.<br />
Con verità si può dire che « la vita contemplativa è la resurrezione<br />
anticipata che segue la morte anticipata» 39.Una morte anticipata dalla<br />
continua rinuncia a se stessi; una resurrezione anticipata dalla ininterrotta<br />
visione del « deificum lumen »40, secondo quanto promette la Scrittura<br />
che dice: «Noi tutti che a faccia svelata, rispecchiamo la gloria del<br />
Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, salendo di gloria<br />
in gloria, conforme all'operazione del Signore che è Spirito» (2 Cor 3,<br />
18), fino a quando « saremo simili a Lui perché lo vedremo quale Egli<br />
è » (IGv 3, 2).<br />
La castità, la povertà e l'obbedienza realizzano in modo pieno il<br />
comando dell'Apostolo che dice di usare di questo mondo come se<br />
non ne godessimo (ICor 7, 29 ss.), e, mezzi eccellenti di santità, anticipano<br />
e manifestano l'escaton (cfr. Mc 12, 25).<br />
35 Breviario Romano, I antifona vespri I Gennaio.<br />
36 Cfr. A. DE VOGUE in AA. VV., Tbeol. Monast., op. cit., p. 234.<br />
37S. GIROLAMO, Contra Vigilant., 15, PL XXIII, 367.<br />
38 SIMONE IL Nuovo TEOLOGO, Inno III.<br />
39GIOVANNI CUMACO, Scala, PG 88, 667.<br />
40 S. BENEDETTO, Regola, prologo.<br />
223 -
Cosi, l'osservanza dei consigli evangelici e la potenza trasformatrice<br />
della contemplazione, fanno del monaco un « isangelos » che annuncia<br />
e aspetta continuamente il ritorno del Signore, nella preghiera<br />
continua, nelle veglie, nello sforzo ascetico e nella perpetua insoddisfazione<br />
dell'amore perché « contemplati est spei in hoc spatio per fidem,<br />
non rapraesentatio, nec possessio, sed expectatio» 41.<br />
c) Testimoni di una Presenza<br />
«Quel che abbiamo udito, quel che abbiamo veduto coi nostri<br />
occhi, quel che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato<br />
riguardo al Verbo di vita ... lo annunciamo anche a voi, affinché voi<br />
pure siate in comunione con noi» (IGv 1, 1 ss.).<br />
Quale più grande testimonianza può dare, nella Chiesa, il contemplativo<br />
che quella di aver incontrato Dio?<br />
Che cosa gli si chiede dalla Chiesa se non di vivere ogni giorno nella<br />
perseveranza «come vedendo Colui che è invisibile» (Eb 11, 27)?<br />
Solo allora egli è apostolo, perché il continuo contatto con « Colui<br />
che ha risuscitato Cristo dai morti» (Rom 4, 24) ne fà un testimone<br />
autentico della Resurrezione insieme con lo Spirito (cfr. At I, 22; Gv<br />
15, 26-27).<br />
E, non è forse, l'annuncio che «Gesù è Signore, la sintesi della<br />
fede cristiana (cfr. ICor 12, 3; At 2, 36)?<br />
E, la testimonianza che Cristo con la resurrezione ha sconfitto<br />
la morte e il peccato, non è il nucleo e la prova dell'Evangelo?<br />
Una testimonianza tanto più valida quanto più chi l'annuncia vive<br />
lui stesso da risuscitato, morto al mondo ma vivo per Iddio, capace di<br />
amare i fratelli fino al dono della propria vita (Gv 15, 13), poiché<br />
«chiunque ama Chi ha generato ama anche chi è nato da Lui»<br />
(IGv 5, I).<br />
Il monaco e la comunità monastica diventano allora figura e realizzazione<br />
della Chiesa che « è in Cristo come un sacramento o segno e<br />
.strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere<br />
umano» 42. È questa la città posta sul monte che non può rimanere<br />
nascosta (Mt 5, 14); che non ha bisogno di farsi conoscere, di farsi<br />
luce, «perché la gloria d'Iddio l'ha illuminata, e il suo luminare è<br />
41 TERTULLIANO, De resurr. XXXIII, 6; PL II, 947.<br />
42 Lumen Gentium n. 1.<br />
- 224-
l'Agnello» (Ap 21, 23). « Illuminato dallo Spirito, battezzato nel fuoco,<br />
chiunque tu sia ... tu sei Dio, sei la dimora, sei lo strumento, sei la<br />
luce della Divinità. Tu sei Dio: sei Dio, Dio, Dio» 43. Il monaco è<br />
allora divenuto veramente se stesso: uno con l'Uno.<br />
L'uomo, però, non si distrugge in Dio ma si completa. «L'esperienza<br />
spirituale non è solamente esperienza di Dio: essa è anzitutto<br />
esperienza dell'uomo, con tutta la miseria che è propria alla sua condizione.<br />
Essa è una conoscenza di sé in presenza di Dio, una presa di<br />
coscienza simultanea del bisogno di Lui che Egli ha messo nei nostri<br />
cuori, della incapacità in cui siamo di soddisfarlo senza di Lui, della<br />
difficoltà che noi proviamo a soddisfarlo anche con lui. Essa è una<br />
esperienza purificante» 44, e non un'evasione, perché «chiunque segue<br />
Cristo, l'uomo perfetto, si fa lui pure più uomo» 45.<br />
È in Cristo che l'uomo ritrova veramente se stesso e incontra, in<br />
modo nuovo, i fratelli: «Tra gli uomini regna la discordia: 'Egli è la<br />
nostra pace' (Ef 2, 14) ... Solo in Gesù siamo uno, solo tramite Lui<br />
siamo legati gli uni agli altri. Egli resta sempre l'unico mediatore» 46.<br />
L'affermazione che il monaco si separa dagli uomini per ritrovarli<br />
più pienamente in Dio non è perciò assurda, si basa infatti sulla verità<br />
teologica-esistenziale che solo in Dio, per Cristo, noi siamo veramente<br />
prossimo gli uni degli altri; si basa, inoltre, sulla costatazione che quanto<br />
più uno si inabissa in Dio, tanto più sente l'incessante e impegnativa<br />
domanda del Padre: «Dov'è tuo fratello? » (Gen 4, 9).<br />
2. Monaco-Sacerdote<br />
« Per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati<br />
vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio<br />
santo ... che esercita col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il<br />
ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, coll'abnegazione<br />
e l'operosa carità» 47. Questo sacerdozio regale trova la sua massima<br />
espressione nell'Eucarestia, alla quale tutti concorrono e nella quale<br />
tutte le attività dei fedeli, diventate « spirituali sacrifici graditi a Dio<br />
43 S. SERGIO DI RADONEZ, Inno.<br />
44 J. LECLERCQ, Vie religeuse et vie contemplative, op. cit., p. 145.<br />
45 Gaudium et Spes n. 41.<br />
46 D. BoNHOEFER, La vita comune, Brescia (4), 1972, p. 49.<br />
47 Lumen Gentium n. lO.<br />
- 225-
per Gesù Cristo, sono pnssimamente offerti al Padre assieme all'oblazione<br />
del Corpo del Signore » 48.<br />
La partecipazione al sacerdozio di Cristo si arricchisce ancor più<br />
quando un battezzato accetta di essere assimilato al Cristo anche mediante<br />
i consigli evangelici, per i quali offre a Dio, in olocausto, se<br />
stesso, nella totalità degli affetti (castità), dei beni (povertà), e del volere<br />
(obbedienza).<br />
Per questa «mortificazione» il consacrato, assieme al Cristo e<br />
ad imitazione di Lui, diventa « Sacerdos et Victima» (cfr Eb 9, 14),<br />
ed efficacemente, nella liturgia, nella vita di preghiera, nell'esercizio<br />
delle virtù, ottiene che Dio sia glorificato e gli uomini siano salvati.<br />
a) Vita sacramentale-liturgica.<br />
« Ufficio principale dei monaci è quello di prestare umile e insieme<br />
nobile servizio alla divina Maestà entro le mura del monastero ... dedicandosi<br />
interamente al culto divino» 49.<br />
Una comunità che si rifà alla primitiva Chiesa di Gerusalemme non<br />
può che essere « assidua all'insegnamento degli Apostoli, alle riunioni<br />
comuni, alla frazione del pane e alle preghiere» (At 2, 42). Una assiduità<br />
che è proficua, perché nessun'altra azione della Chiesa eguaglia, in eccellenza<br />
ed efficacia, l'attività liturgica so.<br />
Conseguentemente i Padri Conciliari hanno riconosciuto che « gli<br />
istituti dediti interamente alla contemplazione ... i cui membri si occupano<br />
solo di Dio ... conservano un posto assai eminente nel Corpo mistico<br />
di Cristo, pur nell'urgente necessità di apostolato attivo»» 51,<br />
perché «con le loro preghiere, penitenze e tribolazioni hanno la più<br />
grande importanza ai' fini della conversione delle anime » 52. E « poiché<br />
la vita contemplativa interessa la presenza della Chiesa nella sua forma<br />
più piena, è necessario che sia costituita dappertutto in tutte le nuove<br />
Chiese » 53.<br />
Le Chiese locali trovano nella comunità monastica, oltre all'aiuto<br />
fecondo, un segno eminente della Chiesa quale continua comunità di<br />
48 Id. n. 34.<br />
49 Perjectae Caritatis, n. 9.<br />
soSacrosanctum Concilium, n. 7.<br />
51 Perfectae Caritatis, n. 7; cfr. Christus Dominus, n. 35.<br />
52 Ad Gentes, n. 40.<br />
S3 Id., n. 18.<br />
- 226-
amore che manifesta l'avvento di Cristo (cfr. Gv 13, 35; 17, 21).<br />
La vita cenobitica, -la « santa koinonia », come la chiamava Pacomio<br />
- vissuta integralmente, è la perpetuazione continua e visibile -<br />
nella piccola Chiesa locale che è il monastero - della Eucarestia: sacramento<br />
di pietà, segno di unità, vincolo di carità 54.<br />
Nella sinassi eucaristica, nella liturgia delle ore, ma anche nei pasti<br />
comuni, nel comune lavoro manuale, come in ogni altra attività conventuale,<br />
« la comunità, come una famiglia unita nel nome del Signore,<br />
gode della Sua presenza (cfr. Mt 18, 20) »55.<br />
b) Vita di preghiera<br />
« La vita spirituale tuttavia non si esaurisce nella partecipazione<br />
alla sola Liturgia. Il cristiano, infatti, benché chiamato alla preghiera in<br />
comune, è sempre tenuto a entrare nella sua stanza per pregare il Padre<br />
in segreto (cfr. Mt 6, 6); anzi, secondo l'insegnamento dell'Apostolo,<br />
è tenuto a pregare incessantemente (cfr. ITs 5, 17)>>56.<br />
Fin dagli inizi della vita religiosa, il monaco è stato l'orante nella<br />
Chiesa, colui che più di ogni altro è chiamato a imitare « Cristo, che<br />
nei giorni della sua carne, offrì preghiere e suppliche ... insieme a forte<br />
grido e lacrime» (Eb 5, 7), e che, anche glorificato, «è sempre vivo<br />
per intercedere a nostro favore» (Eb 7, 25; IGv 2, 1 ss.).<br />
Il silenzio, le veglie, i digiuni e tutte le altre austerità della vita<br />
monastica, sono il crogiolo nel quale il contemplativo purifica il suo<br />
cuore per poter incontrare Dio nella preghiera.<br />
«E non si tratta di pregare fino a che Dio ascolti quello che gli<br />
domandiamo, ma fino a che noi riusciamo a capire quello che Dio vuole<br />
da noi» 57. La preghiera, infatti, nella sua essenza più profonda, è il<br />
gemito stesso dello Spirito che in noi grida: Abba, Padre! (Gal 4, 7),<br />
e che per noi sospira la piena realizzazione della redenzione che va attuando<br />
finché non giungiamo tutti alla pienezza del Cristo (cfr. Rom<br />
8, 23-27).<br />
A noi è chiesto di « non contristare lo Spirito Santo d'Iddio» (Ef<br />
4, 30), è chiesto di «acconsentire al disegno della salvezza compiuto<br />
nel Cristo, di domandare che esso si realizzi sempre più pienamente e,<br />
54 Cfr. S. CIRILLO ALES., Commento su Giovanni, PG 74, 557-564.<br />
55 Periectae Caritatis, n. 15.<br />
56 Sacrosanctum Concilium, n. 12.<br />
57S. KIERKEGAARD.<br />
- 227-
con ciò, di contribuirvi. Perché più si prega e più si partecipa alla salvezza,<br />
si è cioè più salvati e nel contempo, in una maniera misteriosamente<br />
efficace, più si salva» 58.<br />
Una vita delicata completamente all'orazione non fa del contemplativo<br />
un «inattivo» nella Chiesa: egli, infatti, «lotta continuamente<br />
per i fratelli nelle sue preghiere, affinché questi si mantengano perfetti<br />
e decisi a perseverare nel pieno adempimnto di voleri d'Iddio» (Col<br />
4, 12.)<br />
L'orante non evade dall'impegno apostolico della Chiesa ma è<br />
missionario con essa « perché Dio, quando è pregato, invia operai nelle<br />
sue messe (cfr. Mt 9, 38), apre lo spirito dei non cristiani perché ascoltino<br />
il Vangelo (cfr. At 16, 14), e rende feconda nei loro cuori la parola<br />
della salvezza (cfr. ICor 3, 7)>> 59.<br />
c) Vita di santità<br />
« Tutte le opere, le preghiere e le iniziative apostoliche ... il lavoro<br />
giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono sopportate con<br />
pazienza, diventano spirituali sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo<br />
(dr. IPt 2, 5)>> 60.<br />
Noi, battezzati, non ci apparteniamo più, siamo di Cristo, è Lui<br />
che vive in noi (cfr. Gal 2, 20) implicando tutto il nostro agire, anzi la<br />
stessa nostra vita nella sua interezza. Con i voti, il religioso riconosce su<br />
di sé questa sovranità del Signore e la accetta, coscientemente, fino alle<br />
sue estreme conseguenze, offrendosi totalmente a Dio.<br />
L'ascesi monastica - che si compendia poi nella continua e amorosa<br />
obbedienza, mediante la quale il monaco rinnega se stesso, prende ogni<br />
giorno la sua croce e segue il Cristo (Le 9, 23), completando nella sua<br />
carne ciò che manca ai patimenti di Lui, a pro' del suo corpo che é la<br />
Chiesa (Col I, 24) - fa della vita del consacrato, un continuo olocausto<br />
di lode e di propiziazione. Egli diventa così, a nuovo titolo, imitatore del<br />
Cristo, il quale « ci ha amati e per noi ha sacrificato se stesso, quale<br />
oblazione e sacrificio di soave odore a Dio» (Ef 5, 1-2).<br />
58 J. LECLERCQ, Vie religeuse et vie contemplative, op. cit., p. 134.<br />
59 Ad Gentes, n. 40.<br />
60 Lumen Gentium, n. 34.<br />
- 228-
3. Monaco-Re<br />
Cristo ha fatto dei suoi fedeli « un regno» (Ap 1, 6) comunicando<br />
loro « la sua potestà perché anch'essi nella libertà regale e con l'abnegazione<br />
di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato<br />
(cfr. Rom 6, 12), anzi, servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà<br />
e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire al quale è regnare» 61.<br />
Tutti nella Chiesa partecipano della regalità del Cristo, non soltanto<br />
perché nel Battesimo ricevono la potenza di sconfiggere in sé<br />
l'uomo vecchio, ma perché, ognuno a suo modo, riceve dallo Spirito<br />
quel carisma che « lo rende adatto e pronto ad assumere varie opere e<br />
Uffici, utili al rinnovamento e alla maggior espansione della Chiesa» 62.<br />
Anche la vita monastica, come sviluppo di quella battesimale, sarà<br />
perciò esercizio della regalità del Signore: nel dominio di sé, nel servizio<br />
ai fratelli, e nella vita nuova che già partecipa della pienezza del Regno.<br />
a) Dominio di sé<br />
« Quando colui che è nato da Dio s'è dato al Cristo, che abita in<br />
lui mediante la filiazione, egli resta fuori della portata del peccato» 63,<br />
acquista cioè quel dono dell'impeccabilità di cui parla la Scrittura quando<br />
dice: «Chi è nato da Dio non può peccare» (IGv 3, 6-9), perché<br />
« chi si lascia guidare dallo Spirito non segue più i desideri della carne»<br />
(Gal 5, 6).<br />
Si tratta, però di una impeccabilità non passiva: anche dopo il<br />
Battesimo siamo obbligati a una continua lotta al male che tenta di<br />
entrare in noi (cfr. Rom 7, 19-23). Finché è sulla terra, ogni cristiano<br />
vive in sé il mistero della Chiesa che è « insieme santa e sempre bisognosa<br />
di purificazione, e che mai tralascia la penitenza e il suo rinnovamento<br />
»64. Fatti oggetto di continue tentazioni, ogni giorno sperimentiamo<br />
che Cristo « non è venuto a portare la pace ma la spada» (Mt<br />
lO, 34) e che « il regno dei cieli si acquista con la forza, e sono i violenti<br />
che se ne impadroniscono» (Mt 11, 12).<br />
Il monaco si inoltra nel deserto, accetta la clausura del monastero,<br />
non per una semplice ricerca della tranquillità ma per essere maggior-<br />
61 Lumen Gentium, n. 36.<br />
62 Lumen Gentium, n. 12.<br />
63 ECUMENIO, PG 119, 684.<br />
64 Lumen Gentium, n. 8.<br />
- 229-
mente libero di combattere, in Cristo, contro il demonio, nemico dell'umanità.<br />
«Gli asceti, sulla scorta degli autori sacri, e indubbiamente<br />
del Cristo stesso, hanno riconosciuto questo fatto: solo la solitudine<br />
permette di scoprire, e dunque di affrontare, tutte le forze oscure ch'egli<br />
(l'uomo) porta in sé» 65. La prima vittoria che si deve conseguire è<br />
infatti quella su se stessi, perché « è dal di dentro, dal cuore degli uomini,<br />
che escono i cattivi pensieri ... » (Mc 7, 21). Coerentemente, perciò,<br />
«è monaco colui che in ogni cosa fa violenza a se stesso» 66 per assoggettarsi,<br />
nell'amore, al Cristo.<br />
Se il monaco tratta duramente il suo corpo e lo tiene sottomesso<br />
(cfr. rCor 9, 27), portando continuamente in esso lo stato di Gesù morente,<br />
è perché anche la vita di Gesù si manifesti nel suo corpo (2 Cor<br />
4, 10). Vive, perché in lui lascia vivere il Cristo (cfr. Gal 2, 20).<br />
La carità, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la<br />
fedeltà, la dolcezza, la temperanza, e, in una parola, il completo dominio<br />
di sé, non sono tanto il frutto dell'ascesi, anche se eroica, quanto frutto<br />
dello Spirito di Cristo (cfr. Gal 5, 22) che agisce pienamente in quelli<br />
che, nell'umiltà, si rendono disponibili alla sua azione trasformante. Ed<br />
è sempre per questo Spirito che tutte le mortificazioni, e la stessa continua<br />
mortificazione che è l'obbedienza totale, acquistano la loro misteriosa<br />
sicura fecondità, perché è in Gesù che il monaco « completa nella<br />
sua carne quel che manca ai patimenti di Cristo a pro' del suo corpo<br />
che è la Chiesa» (Col I, 24).<br />
b) serVIZIOai fratelli<br />
« Nessuno pensi che i religiosi con la loro consacrazione diventino<br />
estranei agli uomini o inutili alla città terrestre. Perché, anche se talora<br />
non assistono direttamente i loro contemporanei, li tengono tuttavia<br />
presenti in modo più profondo con la tenerezza di Cristo, e con essi<br />
collaborano spiritualmente, affinché la edificazione della città terrena<br />
sia sempre fondata nel Signore e sia a lui diretta, né avvenga che lavorino<br />
invano quelli che la stanno edificando »67.Così il Concilio giustifica<br />
agli occhi del mondo l'apparente inutilità della vita interamente consacrata<br />
alla contemplazione.<br />
Solo in un contesto di fede è comprensibile la vita monastica,<br />
6S L. BOUYER, Spiritualità dei Padri, op. cit., p. 229.<br />
66 Apoftegmi, Zaccaria 1.<br />
67 Lumen Gentium, n. 46.<br />
- 230-
ma già questo fatto mostra quanto essa sia essenziale nella Chiesa affinché<br />
i cristiani vedano in questa, prima di un'efficente organizzazione<br />
sociale, il mistero stesso del Verbo che per mezzo di essa continua,<br />
visibilmente e invisibilmente, la sua opera di salvezza. « La vera Chiesa<br />
ha la caratteristica di essere nello stesso tempo ... fervente nell'azione<br />
e dedita alla contemplazione» 68. L'una cosa esige l'altra, perché la<br />
Chiesa non può illuminare tu tti gli uomini, annunciando il Vangelo ad<br />
ogni creatura, se essa stessa non splende sempre più della luce che è il<br />
Cristo 69, mediante la santità e una maggiore conoscenza della Parola<br />
salvifica che annuncia. «Cresce, infatti, la comprensione, tanto delle<br />
cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione (ex contemplatione)<br />
e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr. 'Le<br />
2, 19. 51), sia con l'esperienza data da una più profonda intelligenza delle<br />
cose spirituali, sia con la predicazione ... » 10.<br />
I monaci sono chiamati, più degli altri fratelli, ad approfondire,<br />
nella contemplazione, la Divina Parola, affinché coloro che hanno il compito<br />
di annunciarla la presentino al mondo quale essa è: «viva ed<br />
efficace» (Eb 4, 12). E la approfondiscono non in una contemplazione<br />
meramente intellettuale, ma in un incontro continuo, nella fede, con il<br />
Dio vivente che attraverso la Scrittura parla agli uomini. Incontro che<br />
sfocia, poi, nella supplica e nella lode. E, anche in questo, la vita monastica<br />
è « al servizio del genere umano» (Pacomio).<br />
Uomini che hanno ricevuto il dono di facilmente e continuamente<br />
dedicarsi alla preghiera, cooperano all'attività redentrice del Cristo, in<br />
virtù del quale «il nostro servizio di lode ottiene a noi la' grazia che<br />
ci salva» 11. In più, l'azione di grazie, oltre che « fonte di salvezza », è<br />
segno di essa, perché manifesta il nuovo rapporto che l'uomo-Dio, Gesù<br />
Cristo, ha istaurato tra noi e il padre (cfr. Gal 4, 4-7; Rom 8, 16) .<br />
.« Nessuno, infatti, può dire - Gesù è Signore - se non per lo Spirito<br />
Santo» (ICor 12, 3). «E non si creda che i monaci rendano grazie a<br />
Dio, solo per se stessi; essi infatti ... ringraziano Dio per il mondo<br />
intero. E come padri di tutta la terra, elevano benedizioni per tutti» 12,<br />
compiendo così la funzione che fu già dei martiri: essere protettori dei<br />
popoli e degli individui.<br />
La stessa separazione dal consorzio urbano ha lo scopo di rendere<br />
68 Id., n. 2.<br />
69 Cfr. Lumen Gentium, n. 1.<br />
10 Dei Verbum, n. 8.<br />
11 Messale Romano, Prefazio comune IV: la lode, dono di Dio.<br />
12 S. G. CRISOSTOMO, In Mat. Hom., 55, 5.<br />
- 231-
questo servizio più efficace. I monaci, seguendo l'esempio del Salvatore, si<br />
ritirano in luoghi deserti per meglio pregare (cfr. Le 5, 16), consci di<br />
compiere con ciò una attività essenziale per la Chiesa, come riconobbero<br />
gli stessi Apostoli che istituirono i diaconi appunto per poter « essere<br />
assidui alla preghiera e al ministero della parola» (At 6, 4).<br />
c) Partecipi del Regno<br />
Il monaco che, « nulla anteponendo all'amore di Cristo, rinnega se<br />
stesso per seguire il Signore» 73, vive ormai totalmente nello spirito<br />
delle beatitudini evangeliche. Fattosi eunuco per ilRegno dei cieli (Mt 19,<br />
12), volontariamente povero e sottomesso, certo che la Parola di Dio non<br />
delude, di null'altra cosa si preoccupa se non di Dio, mentre tutto il resto<br />
gli è dato in sovrabbondanza (cfr. Mt 6, 33; 19, 27 ss.).<br />
E che altro può desiderare colui che, purificato il cuore col continuo<br />
esercizio dell'umiltà, sente interiormente il Cristo che gli dice: «Non<br />
temere, perché è piaciuto al Padre vostro di dare a voi il Regno (Le 12,<br />
32) e di farvene conoscere i misteri (M t 13, Il) »? Poiché « non vi è nessun<br />
che abbia abbandonato casa, moglie, fratelli, genitori, figli, per il<br />
Regno di Dio, che non riceva molto di più in questo tempo, e nel secolo<br />
avvenire la vita esterna» (Le 18, 30). E, che cos'é questo « molto di più»<br />
(Le), questo « centuplo» (Mt e Mc) - non disgiunto, però, dalle persecuzioni<br />
(Mc) - se non la partecipazione anticipata, anche se incompleta,<br />
alla vita del Regno? Regno che « non è mangiare e bere, ma la giustizia,<br />
la pace e il gaudio nello Spirito Santo» (Rom 14, 17).<br />
Partecipi del Regno ma ancora in cammino verso di esso, compensati<br />
col « centuplo» ma non privati delle difficoltà, i monaci riconoscono che<br />
la loro vita « non è successo e non cerca il successo. Essa non è che un<br />
mezzo tra gli altri per mantenere presente nel mondo, nella umiltà e<br />
talvolta nell'umiliazione, il mistero della morte e della risurrezione di<br />
Gesù» 74.<br />
Anche per il monaco più perfetto, « la barriera escatologica rizzata<br />
dalla Scrittura impedisce ogni personale anticipazione dalla sfera della<br />
fede a quella della visione, ogni stolta presunzione di poter realizzare<br />
questa nostra resurrezzione in Dio mediante ascensioni e tecniche per-<br />
73 S. BENEDETTO, Regola, cap. IV.<br />
74 J. LECLERCQ, Vie religeuse et vie contempl., op. cit., p. 200.<br />
- 232-
sonali. Essa è realizzata da Dio solo, che ha risuscitato il Figlio al momento<br />
giusto» 75.<br />
La nostra cooperazione a ciò consiste nell'essere crocifissi con Cristo<br />
(Gal 2, 19), e nell'essere crocifissi a noi e al mondo (Gal 6, 14).<br />
Che tutto ciò non sia facile lo riconosceva anche Cassiano, il quale<br />
« osa comparare il popolo dei monaci a Israele nel deserto: di tutta<br />
quella massa di uomini che è uscita dall'Egitto, due soltanto entrarono<br />
nella terra promessa! Gli altri sono ritornati in Egitto con il loro cuore.<br />
Così la grande maggioranza dei monaci non ha rinunciato che all'esterno,<br />
i cuori restano preda delle passioni e dei vizi. Per tutti questi l'esodo al<br />
deserto non è servito a niente» 76.<br />
BIBLIOGRAFIA - OPERE MAGGIORMENTE CONSULTATE<br />
- per l'aspetto ecclesiologico<br />
G. ELDAROV,La Chiesa, saggio di presentazione sistematica alla luce della «Lumen<br />
Gentium ». (Ad uso privato degli alunni, pro manuscripto), Roma 1972.<br />
- per la teologia monastica<br />
AA. VV., Théologie de la vie monastique, Ligugé 1961.<br />
JEAN LECLERcQ,Etudes sur le uocabulaire monastique du Moyen Age, «Studia Anselmiana<br />
», 48, Roma 1961.<br />
- Projession, baptéme et pénitence, in «Studia Anselmiana », .31, Roma 195.3,<br />
pp. 124-140.<br />
- Vie religeuse et vie contemplative, Paris 1969.<br />
A. VEILLEUX, La Liturgie dans te cenotibisme pacbomien au IV siecle, «Studia Anselmiana<br />
», 57, Roma 1968.<br />
H. U. VONBALTHASAR,Filosofia, cristianesimo, monacbesimo, in Sponsa Verbi, Brescia<br />
1969, pp . .327-362.<br />
L. BOUYER,Spiritualità dei Padri, Bologna 1968.<br />
S. BENEDETTO,Regula Monachorum, PL LXVI.<br />
75 H. U. V. BALTHASAR,Sponsa Verbi, Brescia 1969, p. 349.<br />
76 A. DE VOGUEin AA. VV. Theol. monast., op. cit., p. 230.<br />
- 233-
SANTI E BEATI DELLA BADIA CISTERCENSE<br />
DI SANTA MARIA DI SAMBUCINA<br />
di Francesco Ceraldi<br />
Tra mura dirute e pochi restanti archi in disfacimento, relitto di<br />
una barca che ha tanto annosamente navigato, appare oggi la Sambucina<br />
Badia Madre dell'Ordine Cistercense nel Meridione d'Italia, monumento<br />
d'arte e di fede, a sette km da Luzzi (Cosenza), a 870 metri<br />
sul livello del mare. Ed estende ancora, quale quercia dimessa ma non<br />
disfatta, le sue memorie sulla valle opima del Crati, fecondata dal nastro<br />
argenteo del fiume fino all'antica Sibari ed alle acque del sonante Ionio.<br />
Pellegrini d'amore, ricercatori di orme fatidiche, si sono attardati<br />
tra i ruderi poeti, storici ed artisti, dal Padula 1 a Paolo Orsi al prof.<br />
Marchese 2, per scoprire correnti di pensiero e aneliti di progresso, parlanti<br />
attraverso le rovine ... Chi non sa, però, quanto fervore di santità<br />
e mistiche ascese, 'quanti esempi di fedeltà religiosa, imbalsamarono del<br />
« buon profumo» di Cristo le alture e il Cenobio?<br />
Osserva il De Persiis, nella sua storia su Casamari: «Da Sambucina<br />
uscirono tanti monaci che avendo dato perfezione a sé) poterono<br />
correggere i popoli e renderli migliori» 3 Anche il servo di Dio Card.<br />
Ildefonso Schuster Arcivescovo di Milano, in tempi più recenti, da<br />
studioso ed asceta qual'era, s'interessava della Sambucina, chiedendo<br />
notizie sulla esistenza di reliquie o corpi di Santi, ricavati fra i restanti<br />
sopravanzi e le macerie. .<br />
In questa Badia voluta da Ruggero II per consolidare la Monarchia<br />
Normanna; presso S. Maria Nucis (sec VIII), filiale di uno dei primi<br />
monasteri benedettini dell'Italia Meridionale Santa Maria Martina Menna<br />
(albori del 550) 4; fin dal 1140-1141, i <strong>Cistercensi</strong> inviati da San<br />
Bernardo di Chiaravalle 5, innalzando Monastero e Chiesa tra la corona<br />
dei monti presilani, instaurarono la vita monastica sotto la loro regola,<br />
in ardore di pietà ed evangelica operosità.<br />
Il sacro tempio venne dedicato alla « Diva dei Cieli » Santa Maria<br />
I VINCENZO PADULA,Il Monastero della Sambucina, pubblicato nel 1842.<br />
2 G. MARCHESE, La Badia di Sambucina, Edizioni «Promessa », Lecce 1932.<br />
3 DE PERSIIS, vescovo di Assisi, «Storia di Casamari », p. 58.<br />
4 A. GRADlLONE, Storia di Rossano, Edit. MIT, Cosenza, p. 75.<br />
5 Archivio di Fossanova - Tavole Crono dell'Ordine Cisto - anni 1141-1142. (Per la<br />
datazione vd. P. GOFFREDO VITI, Le origini dell'abbazia di S. M. di Sambucina alla luce<br />
della critica delle fonti, in «Not. Cisto », VI (1973), pp. 163-185, N. d. R.).<br />
- 234-
Assunta, secondo la tradizione apparsa più volte tra i folti sambuchi,<br />
reggente tra le braccia il Divino Fanciullo. Notizie ricercate, in parte,<br />
da Pietro Scasilio, abate di Sambucina dal 1268 al 1275, completate<br />
poi da Cesare Calepino, Priore eletto nell'anno 1624, in un prezioso<br />
manoscritto oggi scomparso 6, tramandano nomi, avvenimenti, ricordi<br />
della vita di «Santi e Beati» balzati da questo Cenobio giganti ed<br />
annosi, a rinverdire la Chiesa e il loro Ordine, somiglianti ai larici<br />
superbi ed ai castagni digradanti.<br />
Centro irradiante di Santità<br />
I primi monaci, discepoli di San Bernardo, furono il Beato Sigismondo,<br />
San Colombano, Sant'Ugone, distaccati dalla badia spagnuola<br />
di Moreruola, per ricoprire dispettivamente le mansioni di Abate Priore,<br />
Maestro d'architettura e canto gregoriano nella novella fondazione di<br />
Santa Maria di Sambucina - Requisita Nucis 7. Tutti si assoggettarono<br />
alla costituzione abbaziale, prudente e severa, dettata da Sigismondo<br />
nel 1148 8 , E nello stesso anno il primo Abate morì, sepolto nella<br />
monumentale chiesa perché « in odore di santità ».<br />
San Colombano ebbe nel 1157 il governo dell'Abbazia di Corazzo,<br />
prima filiale di Sambucina 9, e Sant'U gone, nel 1167, quello di Santa<br />
Maria di Novara in Sicilia, fondata da una colonia Sambucinese, su invito<br />
di Re Guglielmo I lO. L'uno e l'altro rifulsero in zelo, purità di costumi<br />
ed evangelica povertà. San Colombano passò al cielo, nel 1168, San<br />
Ugo nel 1172, ottenendo ambedue riposo nelle chiese delle rispettive<br />
Badie. Per quest'ultimo i Novaresi decretarono unanimemente la elevazione<br />
agli onori degli altari, venerandolo tuttora quale Patrono.<br />
In un documento di Papa Urbano IV, vengono pure designati col<br />
titolo di «Beati» i monaci sambucinesi Teodoro, preposto nel 1185<br />
alla badia di Santa Maria della Mattina per riformarla, Aronchino<br />
vissuto nell'umiltà della perfezione monastica fino al 1189, Illuminato,<br />
volgarizzatore dei «Dialoghi» di San Gregorio Magno.<br />
Nel 1152, alla pace del nostro monastero trovò, per primo, serena<br />
6 C. CALEPINO,Breve descrittione del M011astero di Sambucina etc ..., manoscritto.<br />
7 Archivio dell'Abbazia cisto di Pione (Parma) - DI PIETRO, Ricerche storiche Su Novara<br />
di Sicilia.<br />
8 Cancelleria di Stato di Palermo. Monoscritto B. 159 - Diplomi Normanni dei sec.<br />
XI e XII, fol. 36, infrascritto V. 1.<br />
9 MANRIQUEZ,Annali Cist., Tomo 2 0 , cap. 8 n. 1, fol. 469.<br />
IO L. IANAUSCHEK,Originum <strong>Cistercensi</strong>um, Vienna 1887.<br />
- 235'-
accoglienza Gioacchino da Fiore 11, bello di fama e di figura dominante.<br />
Reduce pellegrino di terra Santa vi dimorò un anno 12, e poi Frate religioso<br />
più volte stette in comunione con Monaci sambucinesi, ch'egli<br />
candidamente dichiarò «più angeli che uomini», nitidi come il fiore<br />
del sambuco intorno 13.<br />
Di Gioacchino sono assai note le vicende mistiche e storiche.<br />
Qui basta ricordare che in Sambucina alimentò potentemente lo spirito<br />
esuberante avido di orazione, mortificazione, contemplazione, mai tralasciando<br />
l'angelica sua celebrazione della Messa, ricca di amore e<br />
lacrime 14. La castità fu la pupilla dei suoi occhi 15. Governando in fine<br />
l'Abbazia il secondo « pater abbas» Antonio, nella quiete indisturbata<br />
della Sambucina, centro florido di studi e preghiera, l'anno 1160, trovò<br />
pure riposo Pietro Lombardo, « Magister sententiarum », dopo la rinunzia<br />
all'arcivescovado di Parigi 16,<br />
Fulgori d'injule<br />
Due sacre infule s'intrecciano, ora, all'albero maestoso della Sambucina.<br />
Due intelligenze elette, due santi, due pastori d'anime: il<br />
beato Luca Campano, arcivescovo di Cosenza, ed il beato Bernardo,<br />
vescovo di Cerinzia. Di Luca, distinto per bontà di costumi, amore allo<br />
studio, spiccata tendenza all'architettura, v'è molto da dire. Vestll'abito<br />
cistercense a Casamari (1180), ove servì nell'ufficio di « scriba » Gioacchino<br />
da Fiore, e fu abate della Comunità « in val di Crati» nel 1197,<br />
caro « per dottrina e santità» al Papa Innocenzo III ed all'imperatore<br />
Enrico VI.<br />
Realizzò, subito, in linee austere e nuove la Chiesa ed il convento<br />
danneggiati da recenti scosse telluriche.<br />
Il G. DE LAURO,Magni dioinique Prophetae ..., Napoli 1660; A. SABA,Storia della<br />
Chiesa, voI. II, p. 439.<br />
12 G. GRECO, Cbronologia [oacbim Abbatis, p. 37, riportata dal bollandista Daniele<br />
Papebroch, negli «Acta Sanctorum », VII mali, p. 98 b.<br />
13 Luca Campano, scriba di Gioachino, «Beati Joachim Vitae Sjnopsis ». in «Acta<br />
Sanctorum », Venezia 1739, pp. 444-445.<br />
14 D. PAPEBROCH,Acta Sanctorum, voI. VII, maii, Anversa 1668, p. 93.<br />
IS F. UGHELLI, Italia Sacra, Venezia 1716, tomo IX, col. 206.<br />
16 MORONI,Dizionario, vol. 94, p. 89; MANRIQUEZ,Annali <strong>Cistercensi</strong>, tomo VI, a.<br />
1160, p. 7.<br />
11 La Badia di Acquaformosa (1197) trova si a 750 m. di altezza, in dioc, di Lungro.<br />
Nel 1247 detta Abbazia fondò lungo l'Appennino meridionale calabrese S. Sosti, il celebre<br />
Santuario di S. Maria del Pettoruto, anche oggi fiorente (Archivio Vaticano - Bolla di<br />
Innocenzo IV).<br />
- 236-
Guarito miracolosamente da balbuzie, confortò con l'eloquenza i<br />
Monaci) esortandoli nelle continue adunanze a raggiungere le cime<br />
immacolate della perfezione.<br />
Curò l'edificazione della Badia di Acquaformosa 17 scrisse una<br />
« biografia » di Gioacchino e gli « Annali », opera di cui oggi non si ha<br />
traccia; arricchì la Biblioteca, perfezionando in chiarezza ed armonia<br />
l'arte calligrafica gotica, donando vita al primo « scriptorium » 78. Saggi<br />
calligrafici sambucinesi si conservano a Casamari, nella bibliotec Vaticana<br />
19, nell'Archivio Sanseverino , nella Biblioteca Vivacqua di Luzzi<br />
con libri, codici, pergamene provenienti dalla Sambucina.<br />
Nel 1199 Luca Campano risultò eletto Arcivescovo dal capitolo di<br />
Cosenza, confermato da Papa Innocenzo III. Pastore di Cosenza) visitatore<br />
apostolico di Monasteri, predicatore della quarta «Crociata »,<br />
la sua attività si rivelò ovunque prodigiosa e restauratrice. Ai 30 di<br />
gennaio del 1222) fece consacrare da Nicolò Chiaramonte Cardinale Legato<br />
la .cattedrale cosentina rinnovata ad opera di maestranze sarnbucinesi;<br />
predicò nel 1199 la « Crociata» in Calabria e Sicilia e poi, nel<br />
1202, per tutta l'Italia; compose dissidi tra diversi Monasteri e l'Archimandria<br />
del « Patirion » di Rossano. E negli ultimi giorni, dopo ventidue<br />
anni di governo episcopale ricchissimi, onusto di fatiche e memorie,<br />
tornò in Sambucina, ai luoghi ed ai ricordi primi) addormentandosi nel<br />
Signore l'anno 1224 2 °.<br />
Successore di Luca nel regime dell'abazia dal 1202, il Beato Bernardo)<br />
«Pater abbas» sambucinese 21 cui si' attribuiscono particolari<br />
virtù, penitenze, grazie e miracoli, sciolse autorevolmente varie questioni,<br />
per incarico di Innocenzo III.<br />
Anima eletta e formata alla scuola del beato Gioacchino, racchiuse<br />
nel cuore delicatezze mistiche sbocciate tra il verde o le perpetue nevi dei<br />
monti. Il dono del portento seppe avvedutamente nasconderlo mentre<br />
gli fioriva spontaneo toccando le corolle o guardando i deboli. .. 22.<br />
Da Vescovo di Cerinzia, eletto nel 1209) intervenne particolarmente<br />
sereno, nella vertenza tra l'Archicenobio Florense e la Badia di Corazzo)<br />
18 I codici sambucinesi rivelano un'arte calligrafica superiore a quella di Farfa e<br />
Montecassino<br />
19 Codice Vat. Lat. 179, del sec. XII, sulla cui pagina sta scritto: «Liber Fratrum<br />
Sambucinae si quis eum futurus fuerit anathema sit ».<br />
20 Sulla lapide di Luca, al tempo di Pietro Scasilio, si leggeva: « Hic jacet Beatus<br />
Lucas nostrae familiae cist., mortus est MCCXXIV (20 sett.); cfr. G. FIORE, Martyr<br />
Calab., lib. 3°, p. 478.<br />
21 Cfr. Documento dell'Archivio Comunale di Luzzi, del 25 marzo 1519.<br />
22 G. FIORE, lib. l0, cap. 3, p. 72.<br />
237 -
in lite incresciosa e protratta per il diritto di padronanza sulla Chiesa di<br />
Calabro Maria 23.<br />
Esegui anche altre inchieste dietro comando e fiducia dello<br />
stesso Pontefice. Prese, in fine, parte, unito ad ottanta Abati<br />
al Concilio Lateranense del ·1215, per condannare, tra l'altro, il<br />
libro di Gioacchino: «Tractatus in Petrum Lombardum » 24 già condannato<br />
dall'Ordine Cistercense nel 1192. Mori l'anno seguente, 1216, ed<br />
i funerali furono il trionfo del « dies natalis » di questo fiore aulente<br />
trapiantato nei campi eterni 25.<br />
Flos in monte<br />
È meraviglioso, dal 1140 al 1220, ildisseminarsi di chiese e Monasteri<br />
nel mezzogiorno d'Italia, ad opera della Badia Sambucinese: sono<br />
i tempi fulgidi dell'Ordine Cistercense ed i recessi, le valli, i piani<br />
ricolrni d'erbe e di fiori s'ingigliano di Religiosi. Dalla chiesa madre alle<br />
filiali, quasi unica corolla inonda e profuma i luoghi: Santa Maria.'<br />
Le torri, dalla Sila ai monti peloritani, con le loro squille distese<br />
e diffuse intonano, a scuotere ville e contadini fino ai rivi discreti<br />
argentini: Santa Maria.'<br />
Badie di Sambucina (1141), Corazzo (1157), Novara (1168), Roecadia<br />
(1176), Terrate (1178) tra l'immense foreste e la venustà degli<br />
abeti, Ligno Crucis (1184), Mattina (1185), Gàleso (1195) poetica e<br />
coronata di boschi, Asquaformosa (1197), Saggittario (1202) malinconica<br />
e solitaria: tutte dedicate a Santa Maria.'<br />
Il Duomo di Cosenza che è sambucinese e di stile romanico- cistercense,<br />
canta: Santa l'Vf.aria.'26.<br />
Permeati dello spirito mariano dell'Abate di Chiaravalle, i figli<br />
venuti in questa nostra terra tennero fervente il culto della Madre di<br />
Dio, quali api industriose più che l'arnie brulicanti e la fontana ilare<br />
del chios tro ...<br />
E con tutta verosomiglianza, adusi alle elevanti intuizioni dell'arte<br />
gotica-romanica-cistercense, i Monaci di Sambucina si spinsero -<br />
23 Cenobio già basiliano posto vicino le saline del Neto. Cfr. B. CAPPELLI, Itinerari<br />
Gioachimiti, p. 24; F. UGHELLI, Ital. Sacr., tomo 9.<br />
24 Cfr. C. OTTAVIANO,[oacbimi Abbatis Liber contra Lombardum,<br />
2S G. MARAFIOTI,Crono di Calab., lib. 4.<br />
26 Il Duomo di Cosenza è complesso dal punto di vista artistico, e rappresenta una<br />
fase dello stile gotico evoluta e complessa in paragone a quella primitiva manifestatasi<br />
alla Sambucina.<br />
- 238-
non concordi, chissà, con San Bernardo? - alle CIme della dottrina<br />
teologica dell'Immacolata.<br />
Sta il fatto che noi troviamo un San Ugo Abate dipinto ai piedi<br />
della Vergine Immacolata ... 27.<br />
I discepoli di Clairvaux trovarono la bassa Italia pullulante dei<br />
germogli di questo dogma, sparsi dai Monaci d'Oriente (sec. VIII) custodi<br />
delle chiare espressioni dell'antica liturgia di San Basilio (sec. IV).<br />
Non potevano, dunque non restare compenetrati e non dedicarsi a studi<br />
profondi, tanto sollecitati dal loro amore e spronati dal dissidio intellettuale<br />
promosso dalle idee contrarie di San Bernardo 28. La verità rifulse<br />
appieno alle loro menti? Ci pare di sì. E andiamo ancora avanti, con<br />
ardire.<br />
Pietro Lombardo, appartenente a corrente opposta, perché non<br />
avrebbe potuto sentirsi spinto a visitare il nostro Monastero, non per<br />
le idee trinitarie di Gioacchino, ma per la posizione favorevole del<br />
Cenobio di Sambucina al «dogma» dell'« immacolato concepimento»<br />
di Maria? 29 Il movente resterebbe più bello e meno discusso!<br />
Attività Poderosa<br />
San Ottolino, Priore del nostro Cenobio dal 1216 al 1219, per<br />
ordine dell'abate Ciferno fonda nel 1220, in luogo solitario e incantevole,<br />
la Badia di Sant'Angelo in Frigido, presso Mesuraca (Cz), secondo<br />
«modelli ed archittetto » sambucinese, ed ivi chiude l giorni «in<br />
sanctitate » nel 1229.<br />
Il Beato Domenico Flimùre da Bisignano 30, dotto e solerte raccoglitore<br />
di codici, attira in Sambucina uomini eminenti, tra cui il celebre<br />
giuriconsulto bolognese Francesco Accursio. Per opera sua la Biblioteca<br />
del Monastero, veramente imponente e grandiosa, s'arricchisce di<br />
« chartari» originali sui precedenti Monasteri Benedettini di Santa<br />
Maria Menna e Santa Maria Nucis. Pietro Scasilio, in una nota<br />
desunta dall'Archivio vescovile di Bisignano, parla di 322 codici, mentre<br />
27 A Jato della porta d'ingresso, fino al 1957.<br />
28 Lettera di San Bernardo : ad Canonicos Lugdunenses »: della sua idea furono<br />
anche Principi della teologia, S. Anselmo, Pietro Lombardo, Ugo di S. Vittore, Alessandro<br />
di Hales, S. Bonaventura, S. Alberto Magno, S. Tommaso. Questi teologi attribuirono<br />
alla Vergine santa solo la santificazione nel seno materno.<br />
29 DOUSCHON,Paruus 10m <strong>Cistercensi</strong>s, tomo IlO, p. 107; A. GIRAUD, manoscritto<br />
Abrégé de l'bistoire de Casamar, c. III, Arch. di Casamari; G. MARCHESE,La Badia di<br />
Sambucina, p. 69; A. PRATESI, Carte Latine di Abbazie Calabresi.<br />
30 Archivio di Stato di Napoli, vol. sui Monasteri, 1259 F. fol. 268.<br />
- 239-
don G. Buffolati e M. Guerra, vescovo di San Marco, enumerano addirittura<br />
4000 volumi in possesso dei Frati 31. Morì il Flimùre « in odore<br />
di santità» nel 1268, sepolto nella veneranda chiesa.<br />
Dal 1280 al 1351 vissero ed operarono santamente in Sambucina,<br />
ilBeato Tommaso Cassandra, (1280), predicatore splendido e penetrante;<br />
il Beato Nicola da Fellone (1302), fondatore del «Seminario monastico»<br />
presso la chiesa del Monastero di Santa Maria di Corato 32,<br />
approvato da Bonifacio VIII; San Leonardo (1348), umile nascosto<br />
religioso; il Beato Gualtiero Negen (1315), fondatore della «milizia<br />
monastica» 33; Sant'Ilario abate (1351), benemerito per la trascrizione<br />
di una stragrande moltitudine di libri.<br />
Specialità Sambucinese fu nel secolo XIV la fabbrica dell'inchiostro,<br />
di un bel nero rilucente, per copiatura di codici e manoscritti. In un<br />
volume della Biblioteca Vivacqua è descritta la particolare composizione<br />
chimica.<br />
L'influenza dei <strong>Cistercensi</strong> si fece sentire anche nel campo dell'agricoltura,<br />
dei commerci, dell'artigianato 34.<br />
San Telesjoro Eremita<br />
Dirigeva il Monastero il Pater abbas Lionardo Marchisio, quando<br />
nel 1356, venne in Sambucina Telesforo da Cosenza, Sacerdote integerrimo<br />
e di profonda intelligenza, eremita, studioso e profeta. Attratto<br />
dalla vergine solitudine e le chiare fonti, nei digiuni e nelle penitenze,<br />
pregava: la natura gli rivelava il respiro delle cose eterne, dall'odorata<br />
sparsa ginestra alle grandi margherite stupende, agli alberi, ai panorami<br />
lussureggianti e agli orizzonti sconfinati. Bramava conoscere gli<br />
avvenimenti futuri della Chiesa e supplicava ardentemente il Signore ...<br />
E nel giorno di Pasqua, 5 aprile 1357, un Angelo gli comandò di<br />
cercare i libri di San Cirillo e del Beato Gioacchino. Ubbidì e dopo affannose<br />
ricerche, ritrovò tutto nel luogo indicato, assieme agli scritti<br />
del Beato Luca Arcivescovo di Cosenza.<br />
31 Due notevoli manoscritti si conservano nella Biblioteca Vivacqua di Luzzi: «Trattato<br />
sulla ss. Trinità» di anonimo autore (sono 154 pagine, di fiitta scrittura, suddivise<br />
in 5 quesiti) e «Logica parva » (divisa in tre parti e comprendente 74 pagine).<br />
32 Monastero benedettino del 1040.<br />
33 Cfr. B. CAPPELLI,Archivio storico Calabria e Lucania.<br />
34 E. BONAIUTI,Gioacchino da Fiore, p. 108: «Le colonie monastiche valicando il<br />
non lontano confine del Regno normanno, portarono nel Mezzogiorno L'opera della colonizzazione<br />
agricola e la nuova arte religiosa. Fra queste fu la Sambucina, a Nord-Est<br />
di Cosenza».<br />
- 240-
S'immerse nello studio dei veggenti calabresi e dalle loro idee<br />
attinse la luce rischiaratrice dell'avvenire. Codici, manoscritti, cartari<br />
passarono sotto l'indagine profonda, l'interpretazione sottile, l'acuta<br />
sintesi della sua eccezionale intelligenza. Scrisse l'opera che lo rese<br />
celebre: «De magnis tribulationibus [uturis Ecclesiae » 35, volume di<br />
tanta risonanza da indurre, nel 1392, Enrico Laingstein, dotto teologo<br />
dell'Università di Parigi, a pubblicare una soda confutazione. Visse<br />
santamente e carico d'anni volò al premio, circa l'anno 1365. Il Martirologo<br />
Calabrese di Giovanni Fiore pone il trapasso di Telesforo Eremita<br />
al sei di settembre 36.<br />
Antesignani del Progresso<br />
Nel 1398 venne mandato dalla Santa Sede, per riordinare e ristabilire<br />
il fervore degli antichi Cenobiti, Stefano de Roma. Dopo otto<br />
anni, tra molti sforzi e pochi risultati, morì nel 1406, in odore di<br />
santità.<br />
L'ultimo degli Abati regolari della Sambucina fu Nicola Bugliotta<br />
nel 1410: un nome legato ad opere di bonifica spirituale e materiale.<br />
Due fatti importanti lo classificano tra gli antesignani dei miglioramenti<br />
sociali: la costruzione dell'acquedotto, di cui si vedono ancora ruderi<br />
dei tubi di argilla, ed i contratti agrari col sistema ideale della mezzadria,<br />
ispirata al nobile sentimento di protezione delle classi rurali 37.<br />
Il Bugliotta passò « in sanctitate » l'anno 1432.<br />
Seguirono Arnoldo Sarnionis, religioso di preclare virtù (1462);<br />
Lorenzo Giminianus, pio e profeta (t 1491); il beato Vittorio Gilius<br />
(t 1516), sepolto per la sua santità coi santi della Sambucina; Iosepbus<br />
Maurolis (t 1537), dotto consigliere dei Commendatari Sambucinesi.<br />
Il 5 marzo 1569, un tremendo uragano produsse avvallamento del<br />
terreno e rovina dell' Abbazia.<br />
Lucerne sul candelabro<br />
Degli Abati di « Sambucina-Requisita » sono stati già mensionati i<br />
Beati Sigismondo, Luca Campano, Bernardo, Domenico Flimùre, Nicola<br />
de Fellone, Gualterio Negen.<br />
35 L'opera fu pubblicata a Venezia nel 1516 e largamente diffusa (Encicl. Treccani,<br />
voI. 33, p. 437).<br />
36 Tomo 2 0 , 2 a , p. 477.<br />
37 Esiste nella Biblioteca Vivacqua un contratto su pergamena sambucinese del 1412.<br />
- 241-
Al secondo Abate Antonio seguì, nel 1168, il monaco Abate<br />
Domenico che passò a dirigere, in seguito, la Badia di Montecassino<br />
quale Pater-abbas; mentre il confratello minore, Ruggiero di Sambucina,<br />
nel 1165 venne nominato segretario personale del Pontefice Alessandro<br />
III, ed elevato, poi, a cardinale di Santa Romana Chiesa.<br />
Simone (1172), quarto Abate, fece costruire diverse badie dalle maestranze<br />
artistiche Sambucinesi tra cui quella magnifica di « Santo Spirito»<br />
di Palermo (1176), manifestazione sublime dell'arte cistercense in<br />
Sicilia. Le mura di questo Cenobio videro, allo stormo delle campane<br />
della chiesa, i sanguinosi « Vespri» siciliani, nel 1282.<br />
I tre Abati Guglielmo (1178), Rodolfo (1185), dal 1194 personale<br />
consigliere di Enrico VI di Svevia Re di Napoli e Sicilia, e Michele<br />
(1212) continuano, innalzando altri monasteri «ex novo» o restaurando<br />
esistenti, secondo «moduli cistercensi»: Santa Maria di Ligno<br />
Crucis (1184) nel cuore della Sila grande; Santa Maria delle Terrate<br />
presso Rocca di Neto in provincia di Catanzaro (1178); Santa Maria<br />
della Mattina, abbazia benedettina fondta nel 1086 di Normanni e<br />
rifatta nel 1184 sotto l'influsso artistico della Sambucina, per invito<br />
di Re Tancredi; Sant'Angelo in Frigido del 1220, sul dorso incantevole<br />
di una vasta montagna di Mesuraca (Catanzaro), ricca di seta e<br />
di damaschi. Al tempo dell'Abate Guglielmo si verificò il tremendo<br />
terremoto del 1184, di cui la Sambucina soffrì assai e la sua attività<br />
artistica cominciò ad ecc1issarsi.<br />
Gli abati Andrea (1220) e Bono (1222), dopo le sopravvenute<br />
rovine d'un vasto movimento franoso tra il 1220 ed il 1221, s'adoperarono<br />
molto e saggiamente pel mantenimento dei possessi e dipendenze<br />
della Badia.<br />
Chiude la serie luminosa degli Abati Pietro Scasilio, promosso<br />
vescovo di Bisignano nel 1276, e poi arcivescovo di Cosenza dal 1277<br />
al 1279. Al suo governo abbaziale si deve l'accurato lavoro di rimessa<br />
delle cadenti mura sambucinesi, la raccolta delle precedenti notizie<br />
storiche sul Cenobio, la conveniente sistemazione delle lapidi e sepolcri<br />
degli antichi Beati religiosi <strong>Cistercensi</strong>.<br />
Altri nomi di oscuri abati Sambucinesi-Mattinesi si rivelano dalle<br />
schede dei libri censuari dell'archivio vaticano. Dopo il 1440 succedono,<br />
in fine, gli abati Commendatari.<br />
38 Cfr. Cronica «Anonimo Cassinese ». p. 143, pubblicata da Caracciolo; «Pergamene<br />
sambucinesi », n. 9-10, pubblicate dal Bartoloni: archivio paleografico, fase. 60.<br />
39 Cfr. Diplomi Normanni, Anno XIV, fase. 60, 1954, Cart. di P. Scasilio, Archivio<br />
segr. Vaticano.<br />
40 PAOLO ORSI, Brutium, anni 1925-26.<br />
- 242
Ultimi sprazzi<br />
Con Cesare Calepino Priore (1624), torna la Sambucina a novella<br />
vita, ed, allontanati gl'indegni, vi rifiorisce, in certo modo, l'antica<br />
regola cistercense, il tempio ottiene restauro 42. L'opera di rinnovamento<br />
viene continuata dai due ultimi abati: Vittorio Federico (1658) e Giacinto<br />
Anito (1693) luzzesi.<br />
Alla solitudine dell'« antico ritiro» chiede, pure, soave dimora il<br />
principe D. Cesare Firrao, poeta luzzese, per scrivere e raccogliere<br />
preziose notizie sul Cenobio. E in Sarnbucina, nel 1714, trova onorata<br />
sepol tura 43.<br />
Sparse Vestigia<br />
Che resta oggi dell'armonia architettonica della Chiesa e dell'arte<br />
costruttiva del Monastero della Sambucina?<br />
Da lontano, tra il fogliame e le libellule azzurre, appare maestoso<br />
il portale (largo m. 5,10 ed alto m. 6,30) dai singolari motivi di decorazione<br />
indubbiamente di origine locale, assieme a qualche spiccante<br />
arco laterale in disfacimento. Nell'interno della Chiesa, v'é in piedi metà<br />
della navata centrale due archi più piccoli spezzati, i magnifici archi<br />
a sostegno della volta, il transetto e l'abside con le tre monofore eleganti<br />
e severe. La struttura è semplice e pienamente ogivale nello slancio.<br />
Di scultura sopravanza solamente una « mitria » intrecciata ad un<br />
baculo pastorale, collocata posteriormente sul muro esterno dell' attuale<br />
Sagrestia, con l'indicazione dell'anno 1662 e la scritta «D. Vitto Fed.<br />
Ab. F. F. Dominus Vittorius Federicus Abas Fieri Fecit »; due pile di<br />
travertino artisticamente intagliate, un capitello accanto a una nicchia<br />
ogivale (proveniente probabilmente da cenobio precistercense) parco<br />
di ornamenti a foglie di acanto spinoso (1184-1284), un altro di stile<br />
longobardico sotto un'arcata fatiscente. Restano tracce di pittura in due<br />
affreschi raffiguranti la Vergine col Bambino (seduta all'ombra del<br />
Sambuco - sec. XV) e San Bernardo 44. Ed è, infine, del sec. XVII un<br />
41 Notizia ricavata da un documento del 1784 trovato ira le carte dell'abate Longobucco<br />
di Luzzi.<br />
42 Iscrizione sul portale e sul frontale superiore della chiesa: « D. C. C. P. E. E.<br />
1625: DOMINUS CAESAR CALEPINUS PRIOR ECCLESIAM EREXIT ».<br />
43 Nacque il 2 giugno 1648. Poeta, storico, archeologo, accademico cosentino. Scrisse<br />
Le Rime, Lucca, presso Frediani, 1728.<br />
44 Ai piedi dell'affresco un nome: Orlandus Stames, il pittore; ed una data: 1401.<br />
_ 243 ._
classico ed originale dipinto che rappresenta l'Assunzione ed i dodici<br />
Apostoli, attribuito a Luca Giordano perché presenta le qualità caratteristiche<br />
del grande pittore napoletano. In sagrestia si trova pure un bell'armadio<br />
di stile quattrocentesco per arredi sacri, costruito in castagna,<br />
opera di artigianato locale.<br />
Sosta<br />
Se il pellegrino avrà pena d'attardarsi tra questi fatidici ricordi,<br />
sentirà sicuramente il melodico concetto delle armonie della fede<br />
intrecciarsi alle bellezze della terra e del cielo ... Con la potenza dello<br />
spirito che domina la materia, l'animo percorrerà mentalmente i secoli,<br />
mirando in ogni epoca spuntare dalle macerie avvolte di sterpi e coltre<br />
d'erbe selvagge, le inflorescenze bianche dell'ideale che non muore ...<br />
Corre oggi, in fondo alla valle del Crati, il treno ansante e snodasi<br />
l'autostrada brulicante di macchine; sepolti in una vita di tecnica e consumo,<br />
gli uomini non guardano più le alture. Il Santo col cuore in<br />
cielo pare un anacronismo, una stonatura d'altri tempi. ..<br />
Eppure dal gemito dei disoccupati, dalle spire stringenti d'una<br />
gioventù sfrenata e moribonda nello sguardo, dalle lotte, dalle rapine,<br />
e dai suicidi, una invocazione sale: e le mille mani protese e minacciose<br />
chiedono a Dio, alla sventura, alla stessa materia il Santo, più<br />
umano, più giusto, annunziante su, dai Cenobi dispersi, la pace e il<br />
lavoro, il perdono ...<br />
Gli archi restanti, solenni, sfidanti il tempo, porgono un invito<br />
aperto all'abbraccio; quell'arte che è vita, pazienza, respiro dell'anima,<br />
sembra una mano sporgente e decisa a fermare la corsa insipida dell'indifferenza<br />
al bello ...<br />
La voce del Profeta che benedettino o cistercense o florense, prese<br />
avvio dalla Sambucina e qui concepì una rinascita « memore forza ed<br />
amor novo spiritante »: il beato Gioacchino da Fiore, dalle cime assorte<br />
e dalla cortina di verde che la protegge, torna a riproporre il suo<br />
« verbo» di attesa ...<br />
È una voce anelante, un rimprovero alla « mala cupidigia », in<br />
quest'ora di crepuscoli umani, un fascino immateriale alla bestia degli<br />
istinti che l'esistenzialismo chiama progresso e civiltà. Gioacchino da<br />
Fiore, che a Dante fornì il simbolismo fecondo della terza cantica 45,<br />
45 F. ERMINI, Il simbolismo del Paradiso Dantesco, p. 7.<br />
- 244-
grida con la forza del « veltro » 46 assieme al poeta del Paradiso:<br />
« Uomini siate, e non pecore matte» 47 perché l'uomo abbandoni Circe<br />
e s'innamori ancora di Beatrice!<br />
46 Inf. c. l°, 10l.<br />
47 Parad. c. v=, 80.<br />
•<br />
- 245-
Jean de la Croix Bouton, O.C.S.O.<br />
STORIA DELL'ORDINE CISTERCENSE<br />
(diciannovesima puntata)<br />
PARTE QUARTA<br />
IL SECONDO SECOLO CISTERCENSE<br />
da Innocenzo III (1198) a Bonifacio VIIi (1294)<br />
1. EVOLUZIONE DELLO SPIRITO CISTERCENSE<br />
Allorché Innocenzo III fu assunto al trono pontificio (1198),<br />
Citeaux contava cento anni di vita. È molto nella storia d'un istituzione<br />
religiosa e soprattutto d'un Ordine che, diffuso in tutta la cristianità,<br />
contava allora più di cinquecento abbazie maschili. S'impone dunque un<br />
apprezzamento generale circa il periodo 1198-1294. Come il periodo<br />
precedente, quello di San Bernardo, esso costituisce ancora «l'epoca<br />
d'oro» di Citeaux, ma, come costateremo nel corso di questa narrazione,<br />
l'Ordine ha subito un'evoluzione. Il Cìteaux del 1220 è, sotto certi<br />
aspetti, ben diverso dal Citeaux del 1120. Non si può tuttavia parlare<br />
di decadenza. Il secolo XIII fu per l'Ordine un periodo di grande sviluppo,<br />
a tutti i livelli: la liturgia si arricchì di nuove officiature, l'architettura<br />
fiorì, la mistica diffonde focolai di vita, l'Europa diventa<br />
un'autentica schacchiera sulla quale i quadrati neri rappresentano le<br />
abbazie di monaci o di monache, le opere missionarie dei <strong>Cistercensi</strong>,<br />
sia di colonizzazione che di attività caritativa, sono presenti ovunque.<br />
È l'epoca della beatificazione di San Roberto (1122). È tuttavia da<br />
vedere se Roberto ed i suoi compagni, usciti da Molesme, Alberico,<br />
Stefano e gli altri, si sarebbero veramente trovati a loro agio in tanto<br />
numerose abbazie cistercensi, nelle quali la prosperità e sintomi di decadenza<br />
si fiancheggiavano al punto di compenetrarsi. Senza dubbio non<br />
bisogna prestare fede ai nemici dei monaci, (o d'un satirico come Walter<br />
Map). Tuttavia, quà e là si fanno strada delle gravi reticenze. Sono scevri<br />
di malizia i versi che, poco dopo il 1200, scriveva il castellano Ugo de<br />
Berzé. Egli rendeva omaggio al valore morale dei monaci bianchi, ma<br />
soggiungeva:<br />
« ... c)è mescolato fra loro tanto di quel male che se riescono a<br />
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mettere radici a danno dei loro vicini e pur di acquistare plauso,<br />
agiranno senza scrupoli ».<br />
(« La Bibbia al S.r de Barzé », Parigi, 1938, vv. 300-304).<br />
Ciò per stigmatizzare la loro cupidigia ed il loro spirito litigioso.<br />
È senza dubbio più caustico il monito di Innocenzo III agli Abati dei<br />
monasteri di La Ferté, Pontigny, Morimond e di Clairvaux, di mantenersi<br />
nella semplicità della loro Regola per non cadere nel ridicolo<br />
come i monaci dell'Ordine di Grandmont (22.XI.1202, PL. 214, col.<br />
1107-1108). È noto l'energico richiamo d'un successore di San Bernardo.<br />
Ma questa volta l'Abbate Giusto si rivolge ai suoi fratelli gli Abbati<br />
cistercensi, e non ai monaci di Cluny, allorché, in pieno Capitolo Generale<br />
di Citeaux, esclamava: «Chi non vede la vanitosa magnificenza<br />
dei nostri monasteri? E chi, vedendoli, non se ne scandalizza? Infatti,<br />
sotto l'aspetto artistico si direbbero ideati da Dedalo, per la loro<br />
vastità sembrano costruiti per dei giganti e quanto al loro costo ci<br />
vorrebbe la ricchezza d'un Salomone per coprirlo ... ».<br />
Ciononostante la Bolla «Parvus Fons », promulgata a metà del<br />
secolo da Clemente IV (1265), non fu una Bolla riformatrice. Nondimeno<br />
essa mette in rilievo l'esistenza, in seno all'Ordine, o almeno in<br />
taluni suoi membri, di uno spirito che non era di certo quello di<br />
Santo Stefano e della «Carta della Carità ». Esporremo le circostanze<br />
che hanno concomitato la promulgazione di questa Bolla, riservando alla<br />
trattazione successiva lo studio della seconda grande novità del secolo<br />
XIII: la fondazione del Collegio di San Bernardo a Parigi.<br />
Le origini della bolla «Parvus Fons »<br />
La discordia fra gli Abbati di Clteaux ed i Primi Quattro Padri<br />
è forse la pecca rilevante che offusca il Citeaux del secolo XIII.<br />
(Canivez, « Citeaux », col. 949). Nella trattazione n. 29, si è già detto<br />
ciò che s'intende dire con l'espressione « Primi Padri ». La loro importanza<br />
non cessò di crescere. Ora, il funzionamento normale della « Carta<br />
della Carità» esigeva, da parte degli Abbati, la dimenticanza di sé stessi<br />
e dei loro vantaggi personali. Allorché dei calcoli umani ed un certo<br />
spirito secolare slittavano negli ingranaggi della mirabile «Carta della<br />
Carità », l'intera costruzione cominciava a vacillare. Non si trattava<br />
ancora di incrinature rilevanti, quando nel 1202 Innocenzo III, con<br />
la sua Bolla « Quia qui ambulat» mise in guardia l'Abbate di Citeaux<br />
ed i Primi Quattro Padri contro le scissioni e la carenza di spirito uni-<br />
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tario. Ma nel 1215 I'Abbate di Citeaux, Arnaud Amalric, avendo<br />
voluto deporre uno dei Primi Padri senza il preventivo consenso degli<br />
altri, questi gli si opposero e pretesero che uno dei Primi Padri non<br />
potesse essere deposto se non con il consenso degli altri tre. In merito a<br />
ciò la « Carta della Carità» non aveva previsto tale ipotesi. La faccenda<br />
era sul punto di essere portata in sede di Concilio Laterano, ma Innocenzo<br />
III si oppose allo scopo di evitare uno scandalo a danno dell'Ordine<br />
che egli intendeva proporre come esempio a tutti i benedettini<br />
per l'organizzazione dei Capitoli Generali. Onorio III rinnovò la difesa<br />
dell'Ordine ed ammoni severamente i « Quattro Abbati» a non ripetere<br />
deliberazioni del genere. Ci fu un raffreddamento. Nel 1238 un<br />
Abbate dimissionario di Citeaux era stato accolto malamente a Pontigny.<br />
Il conflitto esplose nel 1263 a proposito della nomina dei Definitori.<br />
La faccenda è dettagliatamente esposta da J. B. Mahn in «L'Ordine<br />
Cistercense ed il suo governo », pp.232-238.<br />
Noi non ne esporremo che le grandi linee. L'Abbate di Citeaux<br />
Giacomo II eletto dai soli religiosi di Citeaux, ciò che costituiva un'alterazione<br />
della «Carta della Carità», pretendeva di respingere le proposte<br />
che gli facevano i suoi « 4 Primi Figli», eliminando un prelato<br />
della discendenza di Clairvaux, peraltro raccomandabile per i suoi meriti.<br />
A dispetto delle proteste dell'Abbate di Citeaux, egli optò per Filippo,<br />
che nel frattempo fu eletto alla sede vescovile di Saint-Malo. Filippo<br />
si recò immediatamente a Roma per chiedere al Papa di non ratificare<br />
questa elezione, ed approfittò per portare a conoscenza del Sommo<br />
Pontefice le difficoltà in cui si dibatteva l'Ordine. Il 15 marzo del 1264<br />
Urbano IV affidò al vescovo di Troyes, ad un benedettino e ad un<br />
domenicano l'incarico di riformare l'Ordine su queste basi: rispetto<br />
della « Carta della Carità », più severo controllo della gestione finanziaria<br />
dell'Abbazia di Citeaux, repressione di certi abusi, specie di quelli di<br />
cui l'Abbate di Citeaux si era reso colpevole, ecc. L'Abbate Giacomo II<br />
si rifiutò di sottostare ai provvedimenti presi, pretendendo perfino la<br />
«cura d'anime », che gli fu rifiutata. Fece appello a Roma. I giudici<br />
delegati costatarono nel loro rapporto che la maggior parte degli Abbati,<br />
unitamente ai Primi Padri, erano favorevolmente disposti nei riguardi<br />
della riforma, ma che l'Abbate di Citeaux vi era energicamente contrario.<br />
A questo punto Urbano IV venne a morte (2 ottobre 1264)<br />
È solamente il 9 giugno 1265 che il nuovo Papa, Clemente IV, eletto<br />
il 5 febbraio dello stesso anno, promulgò la Bolla « Parvus Fons » che<br />
offriva una soluzione ai vari problemi sollevati da Filippo di Clairvaux,<br />
senza peraltro chiudere in via definitiva la questione dell'elezione dei Definitori,<br />
un pò trascurata nel corso della polemica. Ecco come J. Canivez ha<br />
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iassunto le principali disposizioni della « Pervus Fons » (Testo tratto da<br />
« Nomasticon » del 1892, pp. 367-376): «La" Carta della Carità" ha<br />
subito dei ritocchi. I poteri dei Padri immediati sono notevolmente<br />
diminuiti. Nelle Abbazie vacanti, l'amministrazione è posta ormai nel<br />
convento, che è governato dal priore; il sigillo abbaziale è intanto affidato<br />
al Padre Immediato, eccetto quello di Citeaux che rimane sotto<br />
custodia del priore. Gli Abbati Figli non hanno ormai più voce attiva<br />
nell'elezione dell'Abbate Padre. Per l'elezione stessa si conserva ancora<br />
la forma semplice in uso dopo l'esordio dell'Ordine, con il consenso<br />
pontificio ad eludere le formalità prescritte dal can. 24 " Quia propter "<br />
del Concilio Laterano ... D'altronde si ingiunge al Padre immediato che<br />
presiede l'elezione di concedere piena libertà agli elettori e di dare<br />
conferma, ad elezione avvenuta, se l'eletto ne è degno. Le deposizioni<br />
degli Abbati non possono ormai essere poste in atto dal Padre immediato<br />
se non nei casi previsti dal diritto comune, ai quali si aggiunge il<br />
delitto di chi sollecita privilegi contrari alle costituzioni cistercensi. Nel<br />
caso che talune disposizioni siano ritenute necessarie per altri motivi,<br />
ciò lo stabilirà unicamente il Capitolo Generale. La questione dei<br />
Definitori ha avuto la soluzione seguente: il loro numero è fissato in<br />
venticinque; ciascuna delle prime fondazioni ne mette a disposizione<br />
cinque. L'Abbate di Citeaux ne sceglie quattro; ciascuno dei Quattro<br />
Primi Padri ne presenta cinque a scelta dell'Abbate di Citeaux, che ne<br />
elimina uno. Le visite canoniche dovranno effettuarsi in perfetta conformità<br />
con quanto prescritto dalla "Carta della Carità"; la nuova<br />
Bolla aggiunge solamente alcune precisazioni destinate a ridurre le<br />
spese causate alle Abbazie da visite eccessivamente lunghe e con il<br />
seguito di personale troppo numeroso» (Citeaux, col. 950). J. B. Mahn<br />
conclude a buona ragione: «Non si dovrebbe, a proposito di questa<br />
costituzione di Clemente IV, parlare di una vera e propria riforma, ma<br />
piuttosto, come è detto nel prologo, di un provvedimento contingente<br />
destinato a placare una contesa in seno ad un Ordine la cui vita religiosa<br />
ed ascetica costituisce un esempio per tutti... La struttura amministrativa<br />
dell'Ordine, messa a punto da Clemente IV, si conserverà inalterata<br />
fino al 1411, quando, per la prima volta, s'interruppero i Capitoli<br />
Generali» (op. cit., p. 238).<br />
Dato che la questione dei Definitori non fu superata in modo<br />
chiaro dalla Bolla, si decise di riprenderla al successivo Capitolo Generale.<br />
Le due fazioni quella dell'abbate di Clairvaux e quella dell'Abbate<br />
di Citeaux si appellarono alla mediazione di Guy, Cardinale-prete di<br />
San Lorenzo « in Lucina », già Abbate di Citeaux, che era presente al<br />
Capitolo. Il Cardinale diede soddisfazione all'Abbate di Clairvaux, deci-<br />
- 249-
dendo che dei cinque candidati presentati a scelta dell' Abbate di Citeaux,<br />
due non potessero essere scartati; inoltre l'uno o l'altro dei «Primi<br />
Padri» assente invierebbe la lista di presentazione per mezzo di lettera,<br />
oppure darebbe mandato ad uno dei «suoi figli» di rappresentarlo.<br />
In caso di vacanza di una delle « prime figlie», l'Abbate di tale Abbazia<br />
sarà rimpiazzato dal primo Abbate della sua filiazione; la libera<br />
scelta nella « generazione » di uno dei suoi primi «figli» non competerà<br />
all'Abbate di Citeaux se non nel caso che l'Abba te della filiazione,<br />
assente dal Capitolo, non avrà né scritto, né delegato un suo rappresentante.<br />
Questa deliberazione, nebulosa e sottile, nota col nome di<br />
« Ordinatio Cardinalis S. Laurentii », ebbe il pieno consenso di ambedue<br />
le fazioni, che supplicarono il Sommo Pontefice di confermarla. Più<br />
per riguardo all'unità ed alla pace finalmente raggiunte, che in considerazione<br />
dell'arbitrato del Cardinale, Clemente IV accordò la sua approvazione.<br />
* * *<br />
La crisi del periodo 1263-1265 fu l'unica che scosse per un momento<br />
l'Ordine nel secolo XIII. Grazie alle sue leggi, che, a detta di Dom<br />
Berlière, costituivano un complesso meraviglioso, Citeaux poté sfuggire<br />
ai pericoli determinati da elezioni abbaziali infelici, sia a motivo dell'interferenza<br />
o delle violenze del potere secolare, sia per l'intromissione<br />
di individui incapaci e indegni, come pure per delle nomine carpìte<br />
all'autorità ecclesiastica sulla base di informazioni false. J. Canivez rileva<br />
giustamente a proposito degli Statuti dei Capitoli Generali che ciò che<br />
l'ha portato alla conoscenza del Capitolo sono le deficienze individuali<br />
e comunitarie, né più né meno le ombre del quadro. Queste ombre sono<br />
numerose, d'altronde dovute sovente a circostanze politiche ed economiche.<br />
L'energia con la quale i Capitoli hanno reagito è una sicura<br />
garanzia del fervore che regnava sempre nelle abbazie, nonostante la<br />
notevole diminuzione del numero dei conversi segnalata dal Capitolo<br />
Generale del 1274.<br />
IL COLLEGIO SAN BERNARDO DI PARIGI<br />
Tornando alla genuinità della Regola benedettina, i Fondatori di<br />
Citeaux hanno dato alla lettura il ruolo che San Benedetto le aveva assegnato<br />
nella giornata monastica, senz'altro. Nella trattazione n. 38 abbiamo<br />
tentato di caratterizzare la saggezza del monaco giusta il suo fine<br />
- 250-
specifico: la ricerca di Dio, il servizio del Signore. Questa vocazione di<br />
puri contemplativi fu quella dei <strong>Cistercensi</strong> nel corso di quasi tutto il<br />
secolo XII. Non si videro spesso (eccetto San Bernardo) partecipare<br />
alle grandi discussioni teologiche e scritturali del loro tempo, né Irequentare<br />
le Università. Ma verso la fine del secolo le cose cambiarono.<br />
Ascoltiamo J. B. Mahn: «Alla fine del secolo XII ed all'inizio del XIII,<br />
l'Ordine Cistercense ebbe il pesante compito di contrastare l'eresia<br />
che aveva invaso il mezzogiorno della Lingua d'Oca. In questa regione gli<br />
Abbati dovettero misurarsi con dei Càtari sottili ed istruiti; sovente<br />
essi si trovarono a corto di argomenti e constatarono l'insufficienza della<br />
loro preparazione dottrinale. Quando, per mettere un riparo al pericolo,<br />
San Domenico fondò il suo Ordine e che tanto lui che i suoi figli ebbero<br />
riportato degli strepitosi successi, che li induceva spesso a disprezzare i<br />
<strong>Cistercensi</strong>, a trattarli come ... dei «poveri imbecilli» (simplicitatem<br />
claustralem deridebant ...), questi si resero conto che i tempi erano<br />
mutati e che non bastava più stordire il mondo a forza di ascetismo.<br />
Bisognava o rinchiudersi definitivamente in clausura o approfondire il<br />
sapere. Non senza titubanza, fu scelta la seconda alternativa» (cfr. J. B.<br />
Mahn; « Il Papa Benedetto XII ed i <strong>Cistercensi</strong> », Parigi, Ed. Champion,<br />
1948, p. 51). F. E. Kwanten scrive: «Ovviamente i <strong>Cistercensi</strong> non vollero<br />
restare alla retroguardia, e dalla loro volontà di adattamento alle<br />
circostanze ebbe vita a Parigi il Collegio San Bernardo» (« Il Collegio<br />
San Bernardo di Parigi. Sua fondazione e suo esordio » in « Rivista di<br />
Storia Ecclesiastica », Lovanio, 1948, quaderno XLIII, pp. 443-472).<br />
L'inizio non sembrò sollevare alcuna difficoltà.<br />
Fondazione del Collegio<br />
Nel 1224 Matilde de Garlande, consorte di Matteo de Mortorency-<br />
Marly, donò all'Abbate di Clairvaux, Raoul, una casa ubicata in Parigi<br />
nel borgo di San Landry. Nel frattempo, siccome la casa veniva in qualche<br />
modo riedifìcata dall'Abbazia di S. Germain-des-Prés, il documento<br />
di fondazione non fu ufficialmente istruito che nel gennaio del 1227.<br />
Si tratta di un semplice piccolo alloggio. Dieci anni più tardi, Everardo,<br />
successore di Raoul sul seggio abbaziale di Clairvaux, chiese ed ottenne<br />
dal Capitolo Generale del 1237 la facoltà, per sé e per qualunque abbate<br />
che lo desiderasse, di inviare a Parigi dei chierici in tonaca e mantello<br />
bianchi allo scopo di poter beneficiare dell'insegnamento universitario.<br />
Il Capitolo autorizzò un monaco e due conversi a prendersi cura degli<br />
studenti nella casa di San Landry. L'Abbate Everardo mori l'anno sue-<br />
- 251-
cessivo; il suo successore, Guglielmo II, venne a morte nel 1242 nella<br />
prigione nella quale lo aveva rinchiuso l'imperatore Federico Il. Sarebbe<br />
stato riservato a Stefano di Lexington di portare a compimento il progetto,<br />
forse accarezzato dai suoi predecessori sul seggio abbaziale di<br />
Clairvaux, di stabilire il Collegio su solide basi.<br />
Per raggiungere il suo scopo, Stefano di Lexington si affiancò uno<br />
die suoi compatrioti, Jean Tolet, il quale, creato cardinale nel 1244,<br />
se ne fece il promotore presso il Papa Innocenzo IV. Con una Bolla,<br />
stesa a Lione e datata 5 gennaio 1245, Innocenzo IV, dopo di aver<br />
fatto l'elogio dell'Ordine, concesse all'Abbate di Citeaux ed agli altri<br />
abbati la facoltà di inviare a Parigi o altrove dei religiosi probi ed intelligenti<br />
per seguire i corsi di teologia, pur continuando a condurre<br />
vita regolare. Si verificò già allora qualche contrattempo? Checché ne<br />
sia, con una seconda Bolla, datata 4 settembre 1245, diretta agli Abbati<br />
di Citeaux, La Ferté, Pontigny, Clairvaux e Morimond nonché a tutti<br />
gli Abbati riuniti in Capitolo Generale, Innocenzo IV espose il suo<br />
desiderio, anzi ordine, di vedere dei cistercensi seguire i loro studi a<br />
Parigi dove avrebbero attinto la scienza da comunicare in seguito ai<br />
loro confratelli. A seguito dell'intervento di Innocenzo IV, il Capitolo<br />
Generale del 1245 prese due importanti provvedimenti la cui formulazione<br />
fu senza dubbio soppesata. « Per la gloria di Dio, l'onore dell'Ordine<br />
e lo splendore della Chiesa Universale », il Capitolo Generale,<br />
pur nel rispetto della libertà degli Abbati, decise di erigere un collegio<br />
teologico almeno in una abbazia per ogni provincia - ita quod ad<br />
minus in singulis provinciis provideatur abbatia una in qua habeatur<br />
studium Theologìae. Il tempo da dedicare agli studi era fissato così:<br />
dalle Calende di ottobre alla Pasqua, dopo la Messa conventuale fino<br />
alla merenda; dalla Pasqua alle Calende di ottobre dopo le Lodi fino<br />
al pranzo (salvo il tempo riservato all'assistenza o alla celebrazione della<br />
Messa), e di nuovo dalla fine dell'Ora di Nona fino alla cena (Statuto del<br />
1245, n. 3). D'altronde, per rispetto verso Sua Santità ed i Cardinali<br />
che, « pro dicto negotio », avevano fatto dei passi, il Capitolo accordò<br />
la facoltà di reggere permanentemente il collegio «per sollicitudinem<br />
Abbatis Claraevallis Parisium iam inceptum ». Nessun Abate sarà d'altronde<br />
obbligato ad inviarvi dei religiosi, ed il mantenimento degli<br />
studenti sarà a carico delle rispettive abbazie (idem n. 4). In tal modo<br />
sembra che il collegio fosse tollerato senza grande entusiasmo. Esso si<br />
sviluppò rapidamente grazie a protezioni dall'alto (Bolla del 19 giugno<br />
1246). Nell'ottobre del 1246 Innocenzo IV autorizzò il collegio<br />
- de gratia speciali - a ricevere dei novizi e dei fratelli conversi.<br />
Ma la casa di San Landry era troppo ristretta. L'Abbate di Clairvaux<br />
- 252-
si mise in relazione con il Capitolo di Notre-Dame che gli concesse<br />
un vigneto sulla strada di San Vittore. Su proposta dei canonici di San<br />
Vittore, fu effettuato uno scambio di questo vigneto con un terreno<br />
nel quartiere di Chardonnet (18 dicembre 1246). In progresso di tempo<br />
furono acquistati altri terreni, in modo che la proprietà immobiliare fu<br />
definitivamente costituita: essa aveva un'estensione di circa quattro<br />
ettari. Ora bisognava costruire. Dei benefattori concessero aiuti (il<br />
vescovo di Langres accordò quaranta giorni di indulgenza a tutti coloro<br />
che con le loro elemosine avessero dato un contributo alla costruzione<br />
del collegio). Gli edifici sorsero nel corso del 1249. Il progetto era quello<br />
classico delle abbazie cistercensi: chiesa rivolta ad oriente e edifici a forma<br />
di grande quadrilatero. In un primo tempo non ci si preoccupò della<br />
chiesa perché urgeva anzitutto dare un alloggio agli studenti. Un<br />
monaco di Clairvaux fu nominato dal suo Abbate Superiore del collegio,<br />
con il titolo di rettore. L'Istituto di Parigi era immediatamente soggetto<br />
all'abbazia di Clairvaux, della quale era parte integrante. È certo, per<br />
testimonianza del cronista Matteo Paris, che l'osservanza regolare vi<br />
era in grande considerazione. Clero e popolo erano concordi nell'elogiare<br />
la fedeltà dei cistercensi di Parigi nella custodia rigorosa della clausura<br />
e nell'osservanza delle altre pratiche della Regola. Il 26 agosto del 1250<br />
una Bolla conferì al collegio di Chardonnet i privilegi della Casa di San<br />
Landry. La Cappella ebbe il dono di un'insigne reliquia: il capo di<br />
San Giovanni Crisostomo. Il Capitolo Generale del 1257 concesse al<br />
collegio, nella ricorrenza della festa liturgica del grande Dottore, un'cfficiatura<br />
di «Due Messe e XII lezioni ». Stefano di Lexington volle<br />
coronare la sua opera procurandole un protettore. 10 trovò nella persona<br />
dello stesso fratello del re (San Luigi): con documento del 3 maggio<br />
1253, Alfonso conte di Poitiers e di Tolosa dichiarò solennemente di<br />
accettare il patronato del Collegio di San Bernardo, assumendosi l'impegno<br />
di versare una rendita annuale di 180 « lire parigine », sufficienti<br />
ad assicurare il mantenimento di venti monaci. Infine una Bolla del 28<br />
gennaio 1254 pose i cistercensi sul piede di parità dei Frati Predicatori<br />
e dei Minori. Il Papa riconosceva loro ufficialmente il diritto di predicare<br />
in pubblico. ogni qual volta ne fossero stati richiesti, e di tenere<br />
i corsi ordinari di teologìa, alla condizione di essere diplomati. Un<br />
documento dell'Università ci informa che su dodici cattedre di teologìa,<br />
sei erano riservate ai religiosi, fra i quali i monaci di Clairvaux sono<br />
menzionati al primo posto. Innocenzo IV confermò inoltre al Collegio<br />
il diritto di accogliere dei novizi (Bolla del marzo 1254) ma venne a<br />
morte nel dicembre dello stesso anno. È l'evento che sembra attendessero<br />
gli oppositori di Stefano di Lexington e della sua innovazione.<br />
- 253-
Reazione ed opposizione<br />
Secondo il cronista Matteo Paris, Stefano di Lexington fu deposto<br />
dal Capitolo Generale del 1255. E. Kwanten (studio citato p. 159)<br />
respinge questa citazione perché, egli dice, nessuna deliberazione dei<br />
Capitoli Generali ve ne fa allusione. A suo giudizio Stefano si dimise<br />
di propria volontà. È certo che nel 1255 « spossato dalla fatica e dalle<br />
preoccupazioni, dopo aver sofferto di molto, a causa della gelosia<br />
che nei suoi confronti nutrivano certi suoi confratelli, per i successi da<br />
lui conseguiti, e d'altronde animato dal desiderio di finire i suoi giorni<br />
nella tranquillità », Stefano abbandonò il pesante fardello della sua<br />
carica (l'Abbazia di Clairvaux e le sue numerose filiazioni) e si ritirò a<br />
Ourscamp, dove mori il 21 marzo 1260. Ma si deve forse andare<br />
più lontani ed ammettere che una sentenza di deposizione fu pronunciata<br />
contro 1'Abbate di Clairvaux? La Bolla di Alessandro IV il cui testo<br />
fu pubblicato da J. Canivez (« Auctarium D. Caroli de Visch, Bregenz,<br />
1927, p. 70) non è affatto concludente. Il Papa, avendo appreso che<br />
1'Abbate di Clairvaux affaticato dalla sua pesante carica desiderava di<br />
deporre il fardello pastorale al fine di ritrovare il riposo del suo spirito<br />
(« vacaret sibi »), aveva scritto al Capitolo Generale per dichiarare<br />
1'Abbate di Clairvaux, uomo di molto benemerito, inamovibile dalla sua<br />
carica, salvo specialissimo mandato della Santa Sede; tuttavia, di fronte<br />
all'Abbate di Citeaux, che metteva in rilievo i privilegi e il diritto dell'Ordine<br />
nei riguardi della deposizione e successione degli Abati, Alessandro<br />
IV revocò la sua decisione e consenti alla rinuncia dell'Abbate di<br />
Clairvaux. La questione giuridica sollevata da questa Bolla non è<br />
quella della deposizione di un Abbate (la « Carta della Carità» l'aveva<br />
prevista) ma quella di sapere se un abbate possa essere dichiarato inamovibile<br />
dalla S. Sede. D'altronde il solo fatto che la vertenza giuridica<br />
fu sollevata, lascia capire che il movimento di opposizione contro l'Abate<br />
di Clairvaux si era talmente rafforzato da agitare lo spettro di una<br />
deposizione. Desideroso comunque di testimoniare la sua stima al<br />
degno Abbate, Alessandro IV lo designò al governo di una diocesi in<br />
Inghilterra, ma allorché i messi pontifici si presentarono all'abbazia di<br />
Ourscamp, Stefano era moribondo. A Stefano di Lexington si rimproverò<br />
soprattutto di essersi rivolto al Papa senza essere sufficientemente<br />
autorizzato dal consenso dei propri confratelli, come pure di aver forzato<br />
la mano al Capitolo Generale. Per rendersi conto di ciò, è sufficiente<br />
di confron tare i termini usa ti nelle due decisioni del 1245: la<br />
prima che istituisce una scuola teologica in ciascuna abbazia per ogni<br />
provincia; la seconda che « concedeva» « pro reverentia Domini Papae et<br />
- 254-
aliorum cardinalium qui pro dicto scripserunt negotio » il proseguimento<br />
dell'opera del collegio parigino. Taluni Abbati gli erano fortemente<br />
contrari. L'Abbate di Villers, Arnolfo di Lovanio, (morto nel 1250),<br />
era solito dire: «un monaco è fatto per piangere, non per insegnare ».<br />
Altri Abbati poterono essere spaventati di fronte alla prospettiva di spese<br />
supplementari (ed effettivamente in seguito, quando l'istituzione si fu<br />
ben stabilizzata, i Capitoli Generali dovettero più d'una volta intimare<br />
agli Abbati, sotto pena di scomunica, di pagare le rette dei loro studenti).<br />
Certi avanzarono delle critiche fondate su ragioni speciose o poco<br />
onorabili: l'amor proprio, il timore di passare per ignoranti, la ripugnanza<br />
per il lavoro manuale. Stefano di Lexington sopportò tutte le<br />
critiche, che peraltro non impedirono all'opera di prosperare e di svilupparsi.<br />
Dopo l'esonero del Fondatore la struttura amministrativa non abbisognò<br />
affatto di essere modificata. Il Rettore rimase sotto la dipendenza<br />
dell'Abbate di Clairvaux. Tuttavia, dal 1248, i pieni poteri furono<br />
concessi anche all'Abbate di Citeaux. Tutte le questioni relative<br />
alle promozioni, ordinanze, variazioni e riforme dovevano essere<br />
definite di comune accordo tra gli Abbati di Citeaux e di Clairvaux.<br />
Questo movimento di simpatia nei confronti del Collegio ebbe come<br />
effetto nel 1321 il suo assestamento ed un'importante riordinamento<br />
effettuato dal Capitolo Generale del 1322.<br />
Ne parleremo nel periodo seguente, come pure tratteremo degli<br />
altri collegi istituiti sul modello di quello di Parigi: Montpellier et<br />
Estrella (1260), Tolosa e Oxford (1280, 1281), Metz (1322), tanto<br />
per citare i principali. Il movimento era iniziato.<br />
La perfezione liturgica<br />
La Liturgia cistercense, che si era andata formando lentamente nel<br />
corso del secolo XII fino alla redazione del « manoscritto-tipo» ( I ms<br />
Digione 114 [82] del quale la parte principale fu stesa fra il 1173 ed<br />
il 1191), conobbe nel secolo XIII un grande sviluppo. Tale arricchimento<br />
si attuò in due direzioni:<br />
1. con l'introduzione di nuove feste e di nuove ufficiature;<br />
2. attraverso una mitigazione delle regole austere formulate da Santo<br />
Stefano Harding.<br />
Ma si deve contemporaneamente mettere in rilievo che tali modifiche<br />
non determinarono un cambiamento sostanziale nei libri liturgici<br />
- 255-
non più che agli usi tradizionali dell'Ordine. Pertanto Don Andrea<br />
Malet ha ragione di scrivere che l'attaccamento dei nostri Padri alla<br />
tradizione non era un atteggiamento statico, ma una virtù radicata nella<br />
saggezza nella pietà filiale e derivata dal loro spirito di fede. Il culto dei<br />
Santi fa parte del culto di Dio, e quindi della Liturgia. In ogni epoca<br />
della storia della Chiesa ci sono stati dei Santi, si comprende quindi come<br />
il culto dei Santi sia soggetto alla legge del progresso. È ciò che compresero<br />
i nostri Padri» (La Liturgìa cistercense, Westmalle, 191, p. 17).<br />
Arricchimento del calendario<br />
In una sintesi che riepiloga l'articolo del canonico Trilhe (« Citeaux<br />
» nel Dizionario d'Archeologia cristiana e di Liturgia) Don<br />
Andrea Malet dimostra che il secolo XIII è quello che vide le più numerose<br />
aggiunte di feste al calendario dell'Ordine. D'altronde bisogna<br />
distinguere fra le feste prescritte per tutto l'Ordine, e quelle concesse<br />
unicamente alla tale abbazia o al tale paese. In linea di principio il<br />
Capitolo Generale non era favorevole all'introduzione di nuove feste.<br />
Esso voleva mantenere alla lettera la consuetudine degli usi antichi<br />
ed ordinari, base dell'uniformità nell'Ordine; intendeva di evitare di<br />
sopraccaricare il coro con la molteplicità delle ufficiature di XII lezioni,<br />
che allora erano le uniche conosciute; infine si preoccupava di non privare<br />
i defunti dei suffragi in uso nell'Ordine, dato che quelle feste di XII<br />
lezioni comportavano la soppressione dell'ufficio funebre. Tuttavia<br />
sussisteva un modo di soddisfare la pietà dei religiosi senza accrescere<br />
il loro « pensum servitu tis » (onere del servizio liturgico): vale a dire<br />
l'uso delle commemorazioni. Ma il Capitolo Generale del 1200 vietò<br />
di fare perfino una semplice commemorazione senza la sua autorizzazione.<br />
Ciononostante il Capitolo dovette in parecchi casi cedere a delle sollecitazioni<br />
venute dall'esterno. Eccone alcuni esempi. Nel 1217 l'Arcivescovo<br />
di Colonia chiese la celebrazione della Festa delle «Undicimila<br />
Vergini ». A questa stessa data, i Vescovi della Polonia domandarono<br />
la festa dei SS. Alberto e Venceslao per le abbazie delle loro diocesi.<br />
L'anno successivo, la solennità dei SS. Giovanni e Paolo fu decretata<br />
« de mandato Domini Papae ». Nel 1231 il re d'Inghilterra domandò<br />
la festa di San Edoardo per le abbazie del suo regno. Nel 1246 il<br />
Cardinale-Vescovo di Porto insistette per l'introduzione della festa di<br />
San Giovanni a Porta Latina ed il Cardinale d'Albano, unitamente al<br />
Vescovo di Liegi, chiesero la festa di San Lamberto. Nel 1255 i Frati<br />
Predicatori ottennero, grazie ad una Bolla di Innocenza IV, la celebra-<br />
- 256-
zione delle feste di San Domenico e di San Pietro di Verona. A loro<br />
volta i Frati Minori ebbero la festa del loro Fondatore, l'Abbate di Santa<br />
Genoveffa ottenne la commemorazione di questa Santa ecc. La presenza<br />
di reliquie insigni o semplici di quelle tenute in venerazione, sembrò<br />
a certi Abbaii un motivo sufficiente per chiedere l'autorizzazione a celebrare<br />
una festa speciale in onore del «loro santo ». Fu il caso di<br />
Clairvaux per San Malachla, di Larrivor per San Maurizio e suoi Compagni,<br />
di La Prée per le SS. Fausta ed Eustachia. Secondo D. Canivez, dal<br />
quale attingiamo questi particolari, gli statuti dei Capitoli fanno menzione<br />
di circa duecento di tali concessioni per il solo secolo XIII. Molte<br />
di queste feste furono estese a tutto l'Ordine (cfr. una lista in Trilhe, op.<br />
cito col. 1802, in nota).<br />
Parecchie feste esigono una speciale menzione. La festa della SS.<br />
Trinità, introdotta nel 1175, fu, nel 1230, elevata al ruolo di festa<br />
di Sermone, ma si specificò che il Sermone non doveva avere per oggetto<br />
il mistero « propter difficultatem materiae ». Nel 1239 la Chiesa francese<br />
si arricchi dell'insigne reliquia della Corona di Spine. Si compose<br />
un ufficio liturgico al fine di perpetuare la memoria di questo evento, e,<br />
nel 1240, il Capitolo Generale fu invitato dal re S. Luigi a adottare<br />
questa festa nelle abbazie di tutta la Francia. Il Capitolo Generale dell'anno<br />
successivo la prescrisse con il rito di «Due Messe ». Essa fu<br />
estesa a tutto l'Ordine nel 1292. La festa del « Corpus Domini» ebbe<br />
per promotrice una religiosa agostiniana di Mont-Cornillon, presso Liegi,<br />
la Beata Giuliana, che, perseguitata nel suo convento, ricevette ospitalità<br />
dalle monache cistercensi, specie quelle del monastero di Salzinnes,<br />
vicino a Namur, e morì a Fosses nel 1258 circondata dai monaci venuti<br />
da Villers-en-Brabant, che successivamente la seppellirono nella loro<br />
abbazia secondo la sua ultima volontà. La festa, celebrata nella diocesi<br />
di Liegi fino dal 1246, fu adottata dall'Abbazia di Villers e pure arricchita<br />
d'indulgenze dal Cardinale-Legato Ugo di Saint-Cher. L'Ordine<br />
fu pure posto in possesso d'un ufficio liturgico completo (vd. « L'ufficio<br />
liturgico completo), (vd. « L'ufficio cistercense per la Festa di Dio, messo<br />
a confronto con quello di San Tommaso », nella Rivista Benedettina,<br />
1910, XXVII, pp. 236-246). San Tommaso ne trasse ispirazione per il<br />
suo lavoro, ma a loro volta i <strong>Cistercensi</strong> adottarono gli inni composti dal<br />
Dottore Angelico. Tuttavia la festa non si diffuse nell'Ordine se non con<br />
grande lentezza. Gli statuti dei Capitoli Generali degli anni 1278, 1294<br />
e 1313, ci portano a conoscenza di monasteri che non l'avevano ancora<br />
in uso. Essa fu introdotta in tutto l'Ordine negli anni 1318 e 1319.<br />
- 257-
La Salve Regina<br />
Fra i nuovi pezzi liturgici, o meglio fra le nuove usanze che risalgono<br />
al secolo XIII, merita di essere citato il canto solenne della<br />
«Salve Regina» al termine della giornata monastica. L'« antifona di<br />
Puy» fu conosciuta nell'Ordine dopo San Bernardo. Era noto l'aneddoto,<br />
riferito da Aubri de Trois-Fontaines, secondo il quale l'Abbate di<br />
Clairvaux, dopo aver sentito cantare la « Salve Regina» nell'abbazìa di<br />
San Benigno di Digione, chiese al Capitolo Generale, verso il 1130, di<br />
introdurre questa antifona nell'Ordine (alla stessa epoca Pietro il Venerabile<br />
disponeva di cantare la « Salve» in tutto l'Ordine di Cluny durante<br />
la processione del giorno dell'Assunta). la « Salve » si trova negli<br />
antifonari cistercensi del secolo XIII quale antifona del « Magnificat » ai<br />
primi Vespri della Purificazione e ai secondi Vespri della Natività, e<br />
come antifona del « Benedictus » nella festa dell' Assunzione. La si cantava<br />
dunque quattro volte l'anno. Per la prima volta nel 1218 il<br />
Capitolo Generale dispose che fosse cantata quotidianamente dopo il<br />
capitolo a seguito del responsorio «Aspice Domini ». Quest'obbligo<br />
fu soppresso due anni più tardi ma fu deciso che la « Salve» sarebbe<br />
stata recitata separatamente con il versetto e l'orazione. Il Capitolo del<br />
1228 ripristinò ilcanto della « Salve» in chiesa, per impetrare protezione<br />
sui grandi obiettivi della Chiesa e della Francia, canto che doveva eseguirsi<br />
ogni venerdì dopo i salmi penitenziali che si recitavano dopo il<br />
capitolo dal 1194. Tale disposizione fu confermata l'anno successivo,<br />
1229, ed estesa a tutti i giorni dell'anno nel 1239. Nel 1241 la « Salve»<br />
fu stabilita immediatamente dopo l'Ora di Prima, prima dell'uscita dal<br />
coro; si doveva recitarla rivolti all'altare e fuori dagli stalli. Infine nel<br />
1251, su richiesta del re San Luigi, il Capitolo Generale decise che la<br />
« Salve» si sarebbe cantata dopo Compieta, con il versetto « Ave Maria»<br />
e l'orazione «Concedes nos », decisione che fu confermata nel 1252,<br />
su richiesta di Papa Alessandro IV. Numerosi altri Capitoli Generali<br />
accennano ancora al canto della « Salve» dopo Compieta (1272, 1325).<br />
Sembra tuttavia che l'uso di questo canto sia caduto in oblìo nel secolo<br />
XV, tanto che il Capitolo del 1436 ordinò di nuovo il canto della<br />
«Salve» dopo Compieta. Quanto al « Piccolo Ufficio» « de Beata », noto<br />
nell'Ordine fin dall'inizio come pratica di pietà facoltativa, la sua recita<br />
in coro sembra che sia stata generalizzata solo verso la metà del secolo<br />
XIV.<br />
- 258-
Cerimonie di culto<br />
Si sa con quale severità, allo scopo di prevenire ogni pericolo di<br />
rilassamento ed al fine di mantenere i religiosi nello spirito di semplicità<br />
e di povertà che si addice ai monaci, Santo Stefano Harding aveva<br />
bandito dalle chiese e dalle cerimonie liturgiche tutto ciò che sapeva<br />
di fasto e di vanità mondana. Ciò che è degno di rilievo è la fedeltà<br />
con la quale i cistercensi hanno osservato queste prescrizioni così austere.<br />
Tuttavia, nel periodo che noi stiamo studiando, si verificarono delle<br />
attenuazioni. Agli albori era vietato a chiunque l'uso di ornamenti di<br />
seta, perfino nelle grandi cerimonie. Ma nel 1152 fu accansentito agli<br />
abbati di fare uso di piviali di seta, peraltro solo per la cerimonia della<br />
loro benedizione (prescrizione rammentata nel 1195).<br />
L'uso delle dalmatiche però era escluso, anche se la Messa era<br />
cantata da un vescovo. Il divieto di indossare piane te di pura seta fu<br />
rinnovato nel 1183. Tale divieto fu conservato nel 1226 riguardo alle<br />
pianete acquistate, invece fu acconsentito l'uso delle pianete di pura<br />
seta derivanti da donazioni (infatti sembra che l'abituale generosità<br />
dei benefattori dovesse ammettere questa eccezione). Nel 1256 il<br />
Capitolo Generale permise l'uso del canopeo di seta per ornare il<br />
tabernacolo nelle solennità maggiori. L'anno successivo, 1257, con<br />
una Bolla del 20 giugno Papa Alessandro IV concesse agli Abbati<br />
cistercensi la facoltà di fare uso di piviali di seta per le processioni, e<br />
ai diaconi e suddiaconi quella di indossare dalmatica e tunicella nelle<br />
feste principali, sempreché gli Abbati accettino tale favore « dummodo<br />
hujusmodi specialis gratia sit vobis placita et accepta» (testo riferito da<br />
Mahn in «L'Ordine cistercense::: » p. 270). È interessante notare<br />
la risposta del Capitolo Generale: «Ad preces et admonitionem sanctissimi<br />
patris nostri Summi Pontificis qui super hoc scripsit Capitulo<br />
Generali », fu deciso che gli Abbati potevano fare uso di piviale, per<br />
tutte le processioni, come pure per la professione dei novizi, e che i<br />
ministri assistenti all'altare potevano indossare dalmatiche e tunicelle<br />
ma limitatamente alle Messe celebrate dall'Abbate (1257, n. 3). L'anno<br />
successivo la prescrizione fu confermata (con l'autorizzazione di portare<br />
dalmatiche e tunicelle anche se l'Abbate, che avrebbe dovuto presiedere<br />
alla celebrazione, fosse stato assente, tuttavia il Capitolo aggiungeva<br />
prudentemente: ... « ma dato che le novità si devono ammettere più in<br />
senso restrittivo che estensivo, il Capitolo vieta nel modo più assoluto<br />
di acquistare, ed a qualsiasi membro dell'Ordine, di indossare piviali,<br />
dalmatiche e tunicelle che siano comunque ornati con decorazioni strane,<br />
preziose o di colori vivaci» (1258, n. 5).<br />
- 259-
Queste innovazioni liturgiche non andarono più oltre. È solo nel<br />
secolo seguente che entrarono in scena i «pontificali », il diritto di<br />
conferire certi ordini sacri ed altre usanze. Quanto ai libri liturgici, a<br />
parte l'aggiunta di alcuni nuovi uffici, (ad esempio quello del SS. Sacramento),<br />
essi non subirono pressoché alcun cambiamento, e tali si manterranno<br />
fino al secolo XVII. Don Andrea Malet ha ragione di scrivere:<br />
«Dunque per la durata di cinque secoli l'Ordine conservò intatta la<br />
sua liturgìa. Quale vitalità! Durante questo tempo la Liturgia Romana fu<br />
soggetta ad ogni sorta di vicende. D'onde veniva questo vigore così<br />
tenace? Dalla venerazione che i nostri Padri nutrivano per la tradizione<br />
ed inoltre dalla vigilanza dei Capitali Generali» (op. cito p. 16). Quanto<br />
spesso i Capitali Generali ricordano agli Abbati ed ai monaci di mantenersi<br />
nell'alveo della tradizione tracciata dai loro Padri: «quod antiqua<br />
forma cantandi a Beato Padre nostro Bernardo tradita, simpliciter observetur<br />
», 1320 n. 9! Il suggerimento conserva tutta la sua attualità e<br />
non si può che sottoscrivere alle assennate riflessioni del Reverendo<br />
Padre (Don Andrea Malet), che, dopo aver esposte le vicende della<br />
Liturgia Romana, sempre incostante, si rammarica della predilezione di<br />
certi spiriti « amanti delle novità e carenti di stima per la tradizione »,<br />
che sollecitano l'abbandono delle formule liturgiche cistercensi per<br />
adottare le novità romane» (id. p. 18).<br />
IL FIORIRE DELL'ARCHITETTURA<br />
La storia dell'architettura cistercense, come quella delle ongmi<br />
dell'Ordine, deve essere divisa in periodi. Si è detto che Santo Stefano<br />
o San Bernardo si sarebbero di molto sorpresi se si fossero trovati in<br />
certe abbazie del loro Ordine nel secolo XIII o XIV. Esiste dunque<br />
un'architettura cistercense « del secondo periodo », della quale vale la<br />
pena di saggiare ed apprezzare il valore.<br />
Il primitivo spirito si è evoluto, tuttavia sarebbe ingiusto parlare<br />
di cedimento o di decadenza dell'arte. Le opere architettoniche cistercensi<br />
del secolo XIII sono dei capolavori. Tuttavia è doveroso rilevare<br />
che spesso esse non hanno più quel carattere di semplicità e di contenutezza<br />
delle opere primitive. Questo particolare è cospicuo e controllabile<br />
soprattutto nella planirnetrìa delle chiese e nelle dimensioni degli edifici.<br />
- 260-
Sviluppo della pianta delle chiese<br />
Nella sua opera dal titolo « Collezione di piante delle chiese cistercensi<br />
», il Padre A. Dimier ha giustamente messo in rilievo l'ovvia<br />
ragione che determinò taluni cistercensi ad ampliare le loro chiese:<br />
aumentando il numero delle cappelle visto il continuo accrescersi dei<br />
sacerdoti. Le primitive chiese cistercensi non disponevano che di pochi<br />
altari, ordinariamente tre. Ora, dato che nell'antica disciplina non si<br />
potevano celebrare senza necessità e nel medesimo giorno, due messe<br />
sullo stesso altare, la carenza di altari si fece rapidamente sentire. Si<br />
iniziò dunque con la costruzione di due cappelle in ciascuno dei bracci<br />
del transetto. Successivamente si prolungarono i bracci del transetto al<br />
fine di sistemarvi tre cappelle su ciascun lato. Essendo risultata insuffidente<br />
anche questa disposizione, vennero costruite delle cappelle sulla<br />
parte occidentale del transetto, in seguito in ciascuna delle estremità, ed<br />
infine all'intorno dell'abside. La terza chiesa di Pontigny conta tredici<br />
cappelle aprentisi sulla navata semicircolare dell'abside. La scrittrice<br />
d'architettura Signora Ildegarda V. Beur ha pubblicato uno studio dal<br />
titolo «L'evoluzione della pianta delle chiese cistercensi in Francia, in<br />
Germania e in Inghilterra» (riportato da « Citeaux in de Nederlanden »,<br />
1957, VIII, 269-289, corredato di piante). L'autrice distingue quattro<br />
periodi nell'evoluzione della pianta delle chiese. Secondo essa, il primo<br />
periodo è caratterizzato dalla persistenza nell'arte cistercense di<br />
elementi mutuati dall'architettura locale. Le prime chiese erano costruzioni<br />
modeste, prive di particolare carattere. In Francia erano<br />
generalmente provviste di una sola navata. In Germania fin dall'inizio<br />
si constata della struttura basilicale, vale a dire con navata fiancheggiata<br />
da contrafforti più bassi. Il secondo periodo, che ha inizio con la metà del<br />
secolo XII, è contrassegnato dall'influsso della pianta di Clairvaux-II e<br />
di Fontenay. È il periodo classico, con la navata sostenuta da bassi contrafforti<br />
e con il transetto sopra ciascun braccio dal quale si aprono<br />
a oriente due cappelle delimitate da un muro diritto. Questa pianta-tipo<br />
di Fontenay si affermò poco a poco in Germania e soprattutto in Inghilterra.<br />
Il terzo periodo, che ebbe inizio alla fine del secolo XII, coincide<br />
con l'irradiarsi dell'arte gotica dell'Ile de France. È questo periodo che<br />
interessa particolarmente qui.<br />
È caratterizzato dall'aumento del numero delle cappelle sia ad<br />
occidente come alle estremità del transetto, sia tutt'intorno all'abside a<br />
seguito dell'aggiunta di un «collaterale» o navata semicircolare dell'abside<br />
stessa. Così, ad esempio, a Ebrach, in Franconia (1200-1282)<br />
l'abside rettangolare è circondata da un deambulatorio rettangolare apren-<br />
- 261-
tesi su una corona di quattordici cappelle quadrate. Si vede anche svilupparsi,<br />
a fianco della pianta del coro quadrato o rettangolare, un coro<br />
terminante con un emiciclo o con un poligono, che veniva circondato da<br />
cappelle limitate da un muro circolare o bombato. Il quarto ed ultimo<br />
periodo, che contraddistingue la seconda metà del secolo XIII e il secolo<br />
XIV, vede l'architettura cistercense rinunciare a poco a poco ai suoi<br />
caratteri peculiari. In Francia i manìaci delle costruzioni subirono<br />
sempre di più l'influsso predominante dell'arte gotica delle cattedrali<br />
e delle grandi chiese. Così essi furono indotti ad adottare completamente<br />
la soluzione dello stile delle cattedrali, con cappelle irradiantisi a emiciclo<br />
o a poligono. Così ad esempio, Longpont e Royaumont ripropongono,<br />
su scala ridotta, la pianta della cattedrale di Soissons, Ourscamp<br />
quella della cattedrale di Noyon. Così pure si citano in Germania delle<br />
cattedrali alle quali si ispirarono numerose abbazie cistercensi. L'esempio<br />
fu meno seguìto in Inghilterra, tuttavia è certo che in quest'ultimo<br />
periodo, nel quale le chiese abbaziali cistercensi vengono costruite sullo<br />
stile delle cattedrali, si è ben lungi dai modesti edifici primitivi, ed i<br />
cosidetti « oratori» cistercensi gareggiano in ampiezza con le vaste chiese<br />
,p<br />
abbaziali benedettine.<br />
Splendore delle costruzioni<br />
L'aumento delle chiese con le loro molteplici cappelle si giustifica<br />
facilmente a causa dell'accresciuto numero dei monaci celebranti. Non<br />
v'è da ridire sotto questo pro:6.1o.Nella sua « Apologia » San Bernardo<br />
non aveva ecceduto nel rimproverare. ai cluniacensi le dimensioni delle<br />
loro chiese, ben sapendo che in materia non sussiste una regola assoluta.<br />
Lui stesso fu costretto ad ammettere un giorno che Clairvaux si era<br />
costruito «con parsimonia di spazio». «La dimensione delle chiese è<br />
un problema di buon senso e di moderazione. Ma si deve convenire<br />
che nel secolo XIII queste virtù difettarono, di quando in quando, ai<br />
cistercensi. Si deve andare oltre ed affermare, con uno specialista<br />
dell'architettura cistercense: «si può ben sostenere che i <strong>Cistercensi</strong><br />
furono spesso succubi della tentazione di strafare» (E. P. Evnotrx, in<br />
« L'architettura delle chiese cistercensi in Germania », Parigi, 1952, p.<br />
172). Verso il 1150, a Ourscamp, fu demolita la chiesa primitiva e sostituita<br />
con un edificio più ampio. Cosa normale. Ancora vivente San<br />
Bernardo, lo stesso provvedimento era stato adottato a Clairvaux: lo<br />
esigeva l'elevato numero dei religiosi. Ma verso il 1180 venne aggiunto<br />
a questa costruzione un ampio coro circondato da un deambulatorio.<br />
- 262-
Fin dal 1188 il Capitolo Generale fu costretto a prendere dei provvedimenti<br />
per impedire alle abbazìe di indebitarsi a causa di progetti di<br />
costruzioni lussuose. Due anni dopo fu necessario rinnovare tali direttive.<br />
Queste disposizioni non furono però ben accolte, ed i successivi<br />
Capitoli ritennero prudente di apportarvi delle mitigazioni. Tuttavia<br />
nel 1192 il Capitolo Generale punì con tre giorni di colpa leggera<br />
l'Abbate di Clairvaux, Garnier de Rochefort, «per non essere stato<br />
in grado, durante la visita regolare dell'abbazia di Vaucelles, di far<br />
sospendere la costruzione d'una chiesa troppo lussuosa, che per molti era<br />
motivo di scandalo ». Fu deciso che l'Abbate incriminato doveva portarsi<br />
sul luogo della costruzione, accompagnato dagli Abbati di Foigny<br />
e di Ourscamp, allo scopo di prendere i provvedimenti necessari per<br />
sopprimere tutto ciò che non era conforme alla semplicità dell'Ordine.<br />
Ciò peraltro non impedì che Vaucelles possedesse fra poco un'autentica<br />
cattedrale di 132 m. di lunghezza e di un'altezza imponente. I Capitoli<br />
si sforzarono in tutti i modi di arrestare questo andazzo di cose. Cosi nel<br />
1213 un decreto vietò, fra l'altro, la superfluità degli edifici. Nel 1231 si<br />
ribatte il chiodo a proposito delle costruzioni lussuose, che, dice un altro<br />
decreto, «sono di pregiudizio alla probità dell'Ordine ». Nel 1240 il<br />
Capitolo rammenta che non si devono erigere edifici troppo vasti e lussuosi.<br />
Tuttavia non osava di impedire la continuaizone dei lavori già<br />
in corso che non si sarebbero potuti interrompere. «Queste velleità,<br />
labili e prive di fermezza, non ebbero alcun risultato », scrive Padre<br />
Dimier (op. cito p. 41).<br />
Una leggenda vuole che negli ultimi anni del secolo XII, l'Abbate di<br />
Citeaux, in visita ad una santa religiosa in fama per le sue rivelazioni,<br />
le abbia chiesto di pregare il Buon Dio di farle conoscere ciò che,<br />
nell'Ordine di Citeaux, vi fosse di maggiormente contrario alla purezza<br />
della vita religiosa. La santa chiese tempo, e, dopo aver di molto pregato,<br />
rispose all'Abbate che tre cose nell'Ordine recavano maggiormente offesa<br />
alla Divina Maestà: l'immensa estensione dei possedimenti terrieri,<br />
il carattere vanitoso delle costruzioni ed il tono ricercato del canto.<br />
Fino dal secolo XIII si cominciò a rimproverare ai <strong>Cistercensi</strong> le loro<br />
chiese grandiose e magnifiche. Hélinand de Froidmont si fa eco di queste<br />
critiche in uno dei suoi sermoni: «Perché voi <strong>Cistercensi</strong>, dice la<br />
gente, voi avete abbandonato tutto e fatto professione di moderazione<br />
e di povertà, perché dunque costruite degli edifici così sontuosi e<br />
superflui? Voi avreste potuto, anzi dovuto, lasciare da parte tutto ciò<br />
e darne il prezzo equivalente ai poveri! Lo so bene che voi rispondete:<br />
« Ma noi costruiamo per il futuro e niente v'è che non sia indispensabile:<br />
non vi sono né dipinti, né sculture, né colonne che siano<br />
- 263
inutili. Valgono più le grandi costruzioni In vista di cospicui raccolti<br />
che non una farragine di capannucce. Per riparare dagli incendi e dalle<br />
intemperie valgono assai più i muri di pietrame. D'altronde, queste<br />
grandi costruzioni, che tengono al riparo i raccolti, non sono destinate<br />
solo ai monaci, ma pure al poveri ed ai pellegrini ». Sia pure. Ma<br />
queste attenuanti non hanno consistenza per certe nostre abbazie, che,<br />
grazie a delle risorse segrete, sono in grado di costruire dei palazzi<br />
per gli ospiti, delle fortezze al posto di muri normali, dei torrioni a<br />
forma di refettori, degli accampamenti al posto di dormitori, dei<br />
templi a guisa di capitoli, dei castelli a modo di chiese e dei granai che<br />
sono autentiche palazzine. Ben a ragione i secolari si fanno beffe di noi,<br />
mentre sarebbe stato tanto semplice, senza tutto questo cumulo di<br />
costruzioni, mangiare in un refettorio, ricevere i poveri in un ospizio,<br />
ammassare il grano in un granaio, pernottare in un dormitorio, dire la<br />
colpa in un capitolo e recitare l'ufficio divino in una chiesa» (Hélinard<br />
de Froidmont «I sermone nella festa d'Ognissanti », P. L. 212, col.<br />
677 ABC). Hélinard esagerava un poco, di certo, ma M. B. de Warren,<br />
in uno dei migliori lavori scritti su tale argomento, dice eloquentemente:<br />
«pochi testi, dopo quelli di San Bernardo, sono cosi rivelatori<br />
del dramma della coscienza cistercense. L'ideale stimola imperiosamente,<br />
mentre invece la necessità della vita materiale, le contingenze<br />
sociali e l'evoluzione storica impongono con la forza. Incessante duello!<br />
Ed anche rivalità necessaria; perché se giorno verrà che essa venga meno,<br />
significherà che i religiosi hanno perduto di vista l'essenziale e che si<br />
sono comodamente assopiti nel benessere materiale, divenuto, se non<br />
proprio un fine, per lo meno parte integrante e necessaria» [« Bernardo<br />
ed i primi <strong>Cistercensi</strong> di fronte al problema dell'arte» in « Bernardo di<br />
Clairvaux », pp. 520-521). «Nulla v'è che sia indispensabile », soleva<br />
dire l'interlocutore Hélinad. Con rare eccezioni, è vero. Da un lato il<br />
genio cistercense riuscì a conservare in larga misura le tradizioni dell'Ordine<br />
mettendo al bando pitture, sculture ed ornamenti superflui, dall'altro<br />
ha saputo fare di costruzioni minori di pratica utilità, quali<br />
un'officina od un semplice granaio, dei capolavori che suscitano l'ammirazione<br />
degli archeologi e di quanti sanno apprezzare il bello. Citiamo<br />
anche le considerazioni di M. Marcel Aubert: «È soprattutto per la loro<br />
volontà di semplicità forte e poderosa, per la loro abilità di costruttori,<br />
per lo spirito di logica che domina in tutti i loro edifici, per<br />
l'utilizzazione delle volte, per loro tramite ovunque diffusi, particolarmente<br />
la crociera di ogive, - C. Enlard ha messo in evidenza il<br />
cospicuo ruolo che essi ebbero nel quadro dell'espansione dell'arte gotica<br />
francese in Europa - fu dunque per tutti questi titoli e motivi che<br />
- 264-
l'influsso dei <strong>Cistercensi</strong> si fece sentire tanto in Spagna che nel Portogallo,<br />
come in Svezia ed in Irlanda. I muratori ammiravano le belle<br />
costruzioni cistercensi, questi nuovi procedimenti, questa tecnica impeccabile;<br />
sovente vi è fra loro chi lavora nei cantieri delle abbazie cistercensi<br />
e vi imparano il modo di perfezionare le proprie capacità professionali<br />
... Lo spirito dell'architettura cistercense, spirito logico, sincero<br />
ed innovatore, ha contribuito in larga misura allo sviluppo della architettura<br />
religiosa nel Medio Evo, sia in Francia che oltre i suoi confini»<br />
(M. AUBERT,« L'architettura cistercense », II, 215 e 216).<br />
I GRANDI CENTRI DI VITA MISTICA (1)<br />
Il secolo XIII - il secondo secolo cistercense - fu come il XII<br />
un'epoca di intensa pietà. L'ombra di San Bernardo e degli altri Dottori<br />
cistercensi rifulge in tutto l'Ordine e ben oltre. Una religiosa agostiniana,<br />
la Badessa Giuliana di Mont Cornillon, aveva letto, riletto e meditato i<br />
sermoni sul « Cantito dei Cantici », al punto di saperne a memoria una<br />
ventina. Gli innumerevoli conventi di monache, che a quel tempo pullulavano<br />
un pò dappertutto, per un motivo o per l'altro erano tutti<br />
sotto il nome di San Bernardo. Questa intensa vita interiore si manifesta<br />
attraverso i «leggendari », cioè raccolte di «leggende» o vite di<br />
santi personaggi, e per mezzo di pubblicazioni di carattere spirituale.<br />
Certi monasteri, e perfino certe ragioni sono degli autentici centri di<br />
irradiamento spirituale. Merita di citare, oltre a Citeaux e Clairvaux,<br />
talune abbazie come Himmerod in Germania e Villers-en-Brabant -<br />
Villers la Santa - Aywières ed altre, che furono delle vere scuole di<br />
santità.<br />
I santi<br />
Si è preteso che un Capitolo Generale del secolo XIII abbia disposto<br />
la sospensione della causa del Beato Arnolfo di Villers, morto nel<br />
1228, e che si sia opposto per principio ad ogni nuova domanda di<br />
canonizzazione, allo scopo di evitare che, causa il loro stragrande numero,<br />
i santi avessero da creare pregiudizio alla loro venerazione, «ne<br />
multi tudine , sancti vilescerent in Ordine ». Il P. Serafino Lenssen, che<br />
ha dimostrato che un simile decreto capitolare non è mai esistito, fa<br />
un'importante distinzione fra i luoghi della canonizzazione e il culto<br />
locale. Se l'Ordine conta pochi santi canonizzati ufficialmente, in compenso<br />
enumera un grandissimo stuolo di personaggi aventi un culto 10-<br />
- 265-
cale (vds. in « Compendio storico sulla venerazione dei santi cistercensi<br />
nell'Ordine di Citeaux », Raccolta O.C.R. n. VI, VII, VIII, 1939,<br />
1940, 1946, e, stampati a parte, Tilburg, Raccolta, specialmente a p. 31).<br />
Non è nostra intenzione di insistere sul culto tributato agli Abbati di<br />
Citeaux. A Clairvaux erano in venerazione tutti i grandi discepoli di<br />
San Bernardo. Fra i santi personaggi morti nel secolo XIII, sono da<br />
menzionare S. Tibaldo des Vaux-de-Cernay, morto nel 1247, Giovanni<br />
di Montmirail-à-Longpont (t 1217), Alessandro di Foigny, Adamo di<br />
Perseigne (t 1221), Margherita della Séauve, ecc. L'indice del II voI.<br />
dell'opera «Hagiologium Cistercense» riporta due liste relative ai<br />
membri dell'Ordine di Citeaux illustri per la loro pietà e per le loro<br />
virtù, e precisamente gli « Hemmenrodenses » (con gli « Heisterbacenses<br />
») e i « Villarienses ». I primi sono in numero di 15, i secondi<br />
26. Per Buona parte vissero nel secolo XIII. Himmerod e Heisterbach<br />
in Germania, e Villers-en-Brabant furono dei focolai di alta spiritualità.<br />
Nella sua opera « L'agiografia cistercense nella Diocesi di Liegi », Suor<br />
S. Roisin esamina a lungo il valore della « Chronica Villariensis monasterii<br />
» e delle «Gesta sanctorum Villariensium ». Questi documenti<br />
presentano un notevole interesse al fine di farci conoscere il genere di<br />
spiritualità che era in onore non solo nelle grandi abbazie brabantesi<br />
ma presso tutte le comunità cistercensi, sia maschili che femminili delle<br />
quali si possedono delle «Vite », come le abbazie di Aulne, di<br />
La Cambre, di Aywjères, di La Ramée, di Florival, di Val-des-Vierges,<br />
di Nazareth, di Parc-aux-Dames, di Val-des-Roses e di Herkenrode.<br />
« ... Nell'amore spirituale del Verbo fino alla divinità una e trina,<br />
la maggioranza dei monaci, si fermava, è vero, a mezza strada; ma,<br />
se si deve prestar fede alla «Cronaca» ed agli «Atti» di Villers, ve<br />
n'ha uno stuolo ben nutrito che progredirono nella mistica e le « vitae »<br />
limpide, contenute in questi compendi biografici, dimostrano che almeno<br />
quattro «beati» raggiunsero l'onore supremo. Simone d'Aulne, dopo<br />
sette anni di incessanti preghiere, ottenne di contemplare la Divinità<br />
ed ottenne la cognizione della somiglianza fra le anime dei giusti ed il<br />
loro Creatore, come pure una scienza profonda dei più alti misteri della<br />
fede. Abondo e Arnolfo penetrarono negli abissi della Trinità. L'estasi<br />
di Arnolfo, illustrazione perfetta della dottrina bernardiniana, merita di<br />
trattenere la nostra attenzione. Questo converso desiderava, nientedimeno,<br />
che di poter vedere Dio faccia a faccia; Cristo gli apparve nei misteri<br />
dell'Incarnazione e della Redenzione, gli svelò gli splendori della<br />
corte celeste dove stava assisa in trono la Vergine; ma nulla poteva<br />
saziarlo appieno sino a che, infine, Dio gli si rivelò nella sua Essenza<br />
e nelle sue Persone. Quanto al converso Pietro, sembra proprio che<br />
- 266-
abbia raggiunto questa fusione della volontà personale con il divino<br />
beneplacito nella quale San Bernardo ravvisa l'ideale dell'unione mistica.<br />
« Simili esperienze sono tali da deporre in favore della preminenza<br />
mistica dei monaci; e se le monache, in merito, s'avvantaggiano nei<br />
confronti dei monaci, ciò deve affermarsi per la frequenza più che per la<br />
sublimità delle loro estasi. La loro esistenza trascorre fra continui rapimenti<br />
dai quali attingono, in maniera sempre più intima, la comprensione<br />
dei misteri divini e, particolarmente, di quello della SS Trinità.<br />
Perché esse nutrono una grande devozione per le Tre Persone; ne abbiamo<br />
la prova nelle loro sublimi conversazioni, nella scelta che fanno<br />
delle loro letture, nella recita di ore liturgiche supplementari, e, fatto<br />
da evidenziare, la speciale forma della loro pietà verso la Vergine, che<br />
esse considerano «l'Amante particolarmente amata della SS Trinità ».<br />
Beatrice, metodica fino nelle più alte manifestazioni della sua vita<br />
interiore, fa ricorso all'onnipotenza del Padre, sostegno della sua debolezza<br />
e salvaguardia contro il peccato; alla sapienza del Figlio, luce della<br />
sua cecità e della sua ignoranza; alla clemenza dello Spirito Santo, ordìnatore<br />
e moderatore dei suoi più intimi affetti. Come Ida di Nivelles e<br />
Ida di Léau, essa penetra l'essenza del mistero, e, come più tardi la<br />
monaca di Val-des-Roses, ella gioisce di una visione intellettuale della<br />
Trinità in un rapimento che la solleva al coro dei Serafini, È ancora<br />
Beatrice, che, nella sua autobiografia e nel suo piccolo trattato sui<br />
sette gradi dell'amore, ci consegna la chiave della mistica cistercense<br />
femminile. Il «Liber Vitae» descrive le vicende d'un'ascensione spirituale<br />
dopo i primi tocchi della Grazia e gli errori di una volontà<br />
ben disposta ma male sostenuta dall'assenza del discernimento degli<br />
spiriti, fino al tormento di un amore talmente violento da sembrare<br />
talvolta che confini con la pazzia, così impetuoso da atterrare lo stesso<br />
corpo e da paralizzarlo. Una visione di pace si delinea nelle ultime pagine,<br />
nelle quali viene analizzata l'unione della volontà umana con quella<br />
divina - sottolineiamo l'analogia con la mistica maschile - e l'amore<br />
perfetto del soggetto verso Cristo secondo il detto di San Bernardo che<br />
Beatrice aveva meditato: «Ci sono molti che desiderano di patire per<br />
Cristo, ma pochi che siano disposti ad imitarlo perfettamente. « Il suo<br />
trattato dal titolo «Seven manieren van minne », non è altro che il<br />
riassunto sistematico di questo lungo cammino verso la santità »... (S.<br />
Roisin, op. cito pp. 117-118). L'autrice descrive questi sette gradi, che<br />
mettono in evidenza l'alta spiritualità di Beatrice di Nazareth, ed ella<br />
cosi conclude: «I giudizi ragranellati dal complesso dei documenti<br />
agiografici consentono di dedurre che i mistici cistercensi liegesi, tanto<br />
monaci che monache, raggiunsero le vette più alte della vita unitiva,<br />
- 267-
vale a dire la visione intellettuale della Trinità, l'unione dello spirito e<br />
della volontà con Dio. Questi grandi contemplativi vivevano in continuità<br />
la dottrina bernardiana, ma preludevano anche Ruysbroeck e la<br />
mistica tedesca del secolo XIV, contrassegnata dai grandi nomi di Suso<br />
e di Tauler » (p. 121).<br />
Gli autori spirituali<br />
Questa scorsa, troppo breve, sarebbe incompleta se non si facesse<br />
menzione della grande massa degli autori spirituali cistercensi del secolo<br />
XIII. Se ne conosce un centinaio. J. Canivez ce ne dà un elenco nel suo<br />
studio sull'Ordine di Citeaux (col 958-959). Vi sono menzionati dei<br />
dottori in teologìa di Parigi (che P. Glorieux ha evidenziati nel suo<br />
« Repertorio dei Maestri di Teologìa di Parigi nel secolo XIII»), autori<br />
di sermoni, poemi ed altre opere di spiritualità, ed infine vi si citano<br />
cronisti ed autori di «Vite dei Santi» (agiografie). Non è questa la<br />
sede per lo studio di tali opere; ci limiteremo a mettere in rilievo, con il<br />
P. Camillo Hontoir, il posto d'onore tenuto dall'Eucarestia nella pietà<br />
cistercense particolarmente in quella del secolo XIII. In ordine di data<br />
il primo dei trattati cistercensi sull'Eucarestia è quello di Guglielmo di<br />
Saint-Thierry, composto a Signy, fra il 1141 ed il 1145.Isacco dell'Etoile<br />
(t 1169) e Baldovino di Ford (t 1190) composero pure trattati<br />
sull'Eucarestìa. Nel secolo XIII Gerardo di Liegi, Abbate di Val-Saint-<br />
Lambert (t 1254), espose diffusamente, nella sua opera dal titolo<br />
«Doctrina cordis », la parte che occupa il Sacramento dell'Altare nel<br />
processo mistico dell'unione del cuore con Dio. Si deve pure citare<br />
tutto un florilegio di poemi e di inni, fra i quali le composizioni di<br />
Matteo, predicatore di Rievaulx in Inghilterra (t verso il 1220), di<br />
Gisleberto d'Orval, di Corrado di Brundelsheim, Abbate di Heilsbronn<br />
(t 1321) e di numerosissimi trattati o poemi anonimi che si rinvengono<br />
nelle raccolte cistercensi. Scrittori cistercensi che fecero epoca nella letteratura,<br />
come Erberto di Torrès, Corrado di Eberbach e soprattutto<br />
Cesario di Heisterbach danno un posto particolare alla devozione eucaristica<br />
ai fini dell'incremento della pietà: la IX parte del «Dialogus<br />
miraculorum », dedicata per intero all'Eucarestia, comprende ben 67<br />
capitoli. È questo il momento di mettere in rilievo l'intima relazione<br />
fra la Badessa Giuliana di Mont-Cornillon, scelta dal divino volere per<br />
la missione di introdurre nella Chiesa la festa di Gesù-Ostia, ed i nostri<br />
monasteri di Robertmont, Val-Benòit, Val-Notre-Dame, Salzinnes e<br />
VilIers nel quale ebbe sepoltura il 7 aprile del 1258. C'è nondimeno un<br />
- 268-
nome che merita una speciale menzione, perché è poco conosciuto: quello<br />
di Filippo di Rathsamhausen (c. c. 1245-1320), monaco di Pairis-en-<br />
Alsace, studioso e Maestro di Teologìa del Collegio San Bernardo di<br />
Parigi, Abbate di Pairis nel 1310 ed infine vescovo di Eichstatt nel<br />
1306, autore di alcune « Vite» di santi, nonché di opere teologiche ed<br />
ascetiche permeate di tenera pietà, delle quali, purtroppo, numerose<br />
sono andate perdute. Citiamo con piacere il suo «Commentario sul<br />
Magnificat », composto fra il 1280 ed il 1306, cioè durante il suo soggiorno<br />
a Pairis, un «Commento al Salmo 4 «Cum invocarem », un<br />
«Trattato sulla preghiera », due «Esposizioni sul Pater noster »,<br />
un'« Omelìa sul Vangelo intravit Jesus in quoddam castellum », ed<br />
infine un « Trattato sull'Eucarestia» che non ebbe il tempo di comporre,<br />
ma del quale ci lasciò la trama. Scrive infatti: «Di conseguenza come<br />
abbiamo promesso e fiduciosi del divino aiuto, tratteremo i seguenti<br />
argomenti: della sua possibilità, delle meraviglie in Esso contenute,<br />
delle qualità che devono possedere i comunicandi, dell'utilità di ricevere<br />
il Cristo Eucaristico, del modo di assumerlo e della sprezzante sazietà<br />
che accusano certuni che trascurano questo Cibo ». (Dokt. Andreas Bach<br />
in «Das Theologisch-aszetische Schrifttum des Eichstatter Bischofs<br />
Philipp von Rathsamhausen. Eichstatt, 1948 (Untersuchung und Text ..<br />
ausgabe), pp. 507). In queste due «Esposizioni sul Pater Noster»<br />
egli aveva a più riprese parlato dell'Eucarestia con un fervore comunicativo<br />
ed in un modo notevolmente chiaro e metodico. La devozione<br />
a Maria poi non tiene nei cuori dei cistercensi del secolo XIII un posto<br />
meno cospicuo di quello che ebbe nel precedente secolo XII. Oltre a<br />
Cesario d'Heisterbach, il cui «Dialogus miraculorum» è già stato<br />
citato, merita di essere particolarmente messo in evidenza; egli vive<br />
con la Santa Vergine, si onora di essere in sua compagnia e, come egli<br />
dice, « di balbettare le sue lodi» (J. B. Auniord e R. Thomas, « Citeaux<br />
e Nostra Signora », in «Maria », voI. II, p. 617). Ogero di Locedio<br />
(t1214) non è meno affettuoso nelle sua tenerezza per Maria, come pure<br />
Stefano di Salley (1252) nelle sue «Meditazioni» sulle quindici allegrezze<br />
di Maria. Degni di menzione anche Alano di Lille (t 1202-1203),<br />
Elinando di Froidmont (1212), ecc. Fra gli autori spirituali dell'Ordine<br />
cistercense, un posto di riguardo lo meritano le sante monache del<br />
monastero di Helfta, S.ta Mechtilde (t1298) e S.ta Gertrude (t 1302).<br />
Per la verità, queste sante possono rivendicarle tanto i benedettini che<br />
i cistercensi, e dicevano di appartenere all'Ordine di Citeaux (« Nos<br />
Gertrudis-si tratta di Gertrude di Hackeborn, sorella di San Mechtilde,<br />
- Dei gratia Abbatissa in Helpede totusque conventus Cisterciensis<br />
Ordinis ...) (vds. Dokt. P. Marco Dombi in « Waren die heilige Gertrud<br />
- 269-
und Mechtild Benediktinerrinen oder Cistercienserinnen? » in « Cistercienser<br />
Chronick, 25 Jahrg. 1 Sept. 1913, pp. 257-268, che cita un<br />
certo numero di testi del secolo XIII nei quali Helfta è qualificato come<br />
« Cisterciensis Ordinis » o « Grysei Ordinis »). Il « Libro della Grazia<br />
Speciale» e « L'Araldo del Divino Amore» sono fra le opere preferite<br />
dalle monache e dai monaci dell'Ordine. Rimane ancora un altro testimone;<br />
peraltro oggi poco conosciuto e poco letto - ma che nel passato<br />
godette di grande popolarità - un teste, dicevamo, della mistica cistercense:<br />
il misterioso romanzo che ha per titolo «La Queste du saint<br />
Graal » composto' fra il 1214 ed il 1227.<br />
I GRANDI CENTRI DI VITA MISTICA (II)<br />
Il Graal<br />
Nella sua .« Cronaca universale », che si ferma al 1204, Elinando<br />
di Froidmont riporta il racconto di una visione che avrebbe avuto un<br />
eremita di Bretagna, visione che aveva per oggetto Giuseppe d'Arimatea<br />
e il « Graal ». A questo proposito Elinando dava una definizione della<br />
parola « graal », che cominciava a diffondersi: «Gradalis autem sive gradale<br />
Gallice dicitur scutella lata et aliquantulum profunda ... et dicitur<br />
vulgari nomine « graalz » (PL., 212, col. 815). Questo piatto era chiamato<br />
cosi per il fatto che il contenuto era gradevole «res grata» a<br />
mangiarsi. Elinando avrebbe' ben voluto procurarsi questo racconto,<br />
scritto in francese, ma unicamente alcuni grandi personaggi ne possedevano<br />
un manoscritto, ed egli non fu in grado di averlo.<br />
Un mondo magico<br />
In nome di « graal » apparve per la prima volta in « Perceval », romanzo<br />
del poeta della Champagne Cristiano di Troyes, scritto verso il<br />
1180-1190. Perceval era figlio di un celebre cavaliere del Galles. Non<br />
contava che due anni quando subì la perdita del padre e dei fratelli<br />
uccisi in un combattimento. Sua madre si ritirò con lui in una<br />
foresta che faceva parte dei loro possedimenti, decisa a sottrarre il figlio<br />
dai pericoli che già le avevano fatto perdere il marito ed i suoi due figli,<br />
nonché di tenerlo nella ignoranza assoluta circa quelli intrighi cavallereschi.<br />
È per distogliere Perceval da tale ignoranza e per farlo pervenire<br />
- 270-
a ciò che la scienza della cavalleria aveva di più nobile ed eroico che il<br />
poeta ha dato mano a questo romanzo, che, a giusto titolo, è detto<br />
«romanzo educativo », ed in ciò è riuscito in maniera superlativa. Il<br />
« Perceval » è la narrazione della nascita di un cavaliere, e del suo addestramento<br />
a tutto ciò che è grande e nobile. Questa genesi si realizza<br />
attraverso ogni sorta di avventura, ed il poeta moltiplica le peripezie che<br />
tengono il lettore col fiato sospeso. Ma ecco che al verso 2994, Perceval<br />
giunge al castello del « Re Peccatore» ed assiste alla straordinaria apparizione<br />
del « Graal »: «Vennero allora due altr, valletti, che tenevano<br />
nelle loro mani dei candelabri di oro zecchino, cesellati artisticamente;<br />
questi valletti erano bellissimi; sopra ciascun candeliere bruciavano<br />
almeno dieci candele. Con i valletti incedeca una fanciulla, che recava<br />
nelle due mani un « graal », essa era bella, nobile e ben agghindata.<br />
Quando la fanciulla entrò con il « graal », rifulse una luce cosi intensa,<br />
che le candele perdettero la loro, come perdono la luminosità le stelle<br />
al sorgere del sole o della luna. Al seguito di questa fanciulla ne veniva<br />
un'altra che recava una patena d'argento. Il «graal» che precedeva<br />
era di oro finiss.1mo, e su di esso erano poste delle pietre preziose di<br />
ogni genere, le più pregiate e rare che si possono trovare nel mare o<br />
sulla terra: senza il minimo dubbio queste pietre del « graal » sorpassavano<br />
in bellezza tutte le altre. Al pari della lancia (che stava passando,<br />
portata da un valletto, una lancia bianca al cui vertice brillava una goccia<br />
di sangue vermiglio) anche ilcorteo si trovò davanti alletto del Re Peccatore<br />
e passava da una stanza all'altra; il giovane lo vide ma non ebbe l'ardire<br />
di chiedere chi veniva servito con il «graal», perché teneva fissa nella<br />
memoria la parola del sapiente probiviro (che gli aveva insegnato a<br />
diffidare dell'eccessivo parlare) ». (« Perceval » ed. A. Hilka). Il « Perceval<br />
», ultimo romanzo di Cristiano di Troyes, e suo capolavoro, restò<br />
incompiuto. La penna cadde dalla mano dell'Autore al verso 10601.<br />
Forse si riservava di dare alla fine la chiave del mistero. Tuttavia al verso<br />
6422 il velo che copre il « Graal » si solleva un poco; un eremita fa<br />
sapere a Perceval che il «Graal» racchiude un'« Ostia », nutrimento<br />
affatto spirituale sufficiente per conservare la vita. La « conquista di questo<br />
santissimo vaso» assicura i più grandi benefici spirituali e diventa<br />
in qualche maniera il simbolo della perfezione cristiana perché essa<br />
non può realizzarsi se non con la purezza dei costumi, il coraggio a<br />
tutta prova e la fede. Cristiano di Troyes afferma di aver rintracciato<br />
la fonte di questa storia in un libro prestatogli dal suo protettore,<br />
Filippo di Alsazia, conte di Fiandra (quale libro?), ciò che lo indusse a<br />
dare alla sua opera il titolo di « Perceval» o « Il Conte del Graal ».<br />
Una volta creato il tema del « graal » ebbe un successo prodigioso in<br />
- 271-
tutte le letterature (perché le imitazioni tedesche, inglesi, islandesi,<br />
tialiane, spagnole sono tutte, più o meno, delle traduzioni dell'originale<br />
francese). Esso ha preso in meno di cent'anni le proporzioni di un grande<br />
ciclo che s'inserisce nel ciclo dei «Cavalieri della Tavola Rotonda »,<br />
di origine celtica, il cui iniziatore fu Wace, con il suo romanzo « Brut»<br />
o « Le Gesta dei Brètoni» composto verso il 1155. Fra i continuatori<br />
di Cristiano di Troyes, « Perceval » sarà sempre un parente intimo del<br />
famoso re Arturo, l'eroe di tutti i romanzi della «Tavola Rotonda ».<br />
Fin dal 1195 un poeta della Franca Contea, scrivano del signore<br />
feudatario Gualtiero di Montbéliard, scrisse una «Storia del Graal»<br />
che fornisce una precisazione sbalorditiva: il « Graal » è il calice della<br />
Cena, con il quale Gesù celebrò la Pasqua nella casa di Simone e nel<br />
quale Giuseppe di Arimatea raccolse sul Calvario il sangue che grondava<br />
dal Divin Corpo. Dopo la morte di Gesù, il « Graal» sarebbe servito<br />
come vaso di cui avrebbe fatto uso Giuseppe di Arimatea in prigione, per<br />
mettervi ciò di cui si nutriva; in seguito sarebbe stato portato dal « Ricco<br />
Peccatore» (suo cognato) in un paese selvaggio dell'occidente chiamato<br />
« Vaus d'Avaron ». Roberto di Boron riprende lo stesso tema nei suoi<br />
romanzi in prosa: «Giuseppe di Arimatea» e « Merlin » (« Merlin »<br />
era detto « L'incantatore », fondatore della « Tavola Rotonda» a imitazione<br />
di quella di Giuseppe di Arimatea e della « Tavola del Cenacolo »)<br />
ed un nuovo « Perceval », chiamato «Didot-Perceval » che comprende<br />
una «Inchiesta sul Graal» ed un racconto della «Morte Artu ». -<br />
In Germania Wolfram di Eschenbach scrisse, verso il 1201-1205, un<br />
« Perzival », molto diverso dal « Perceval » di Cristiano di Troyes e la<br />
cui fonte principale sarebbe il racconto di un certo Kyot il Provenza le,<br />
del quale nulla si sa. Dalla Provenza il racconto sarebbe pervenuto in<br />
terra tedesca nella sua vera forma. Nel poema di Wolfram, « Parzival »<br />
riuscì a diventare il « Re del Graal » nel bel mezzo di un incantesimo di<br />
colori e di scene abbaglianti che sembrano influenzate dagli splendori dell'oriente<br />
e di Bisanzio. In Francia, al contrario, i continuatori di Cristiano<br />
di Troyes - se ne contano almeno quattro - si perdono in episodi<br />
interminabili che occupano più di 60.000 versi, senza per altro chiarire<br />
di molto il mistero del « Graal ». Da rilevare tuttavia che nella « Continuazione<br />
Gauvain» la «lancia che sanguina» viene identificata con<br />
quella del soldato Longino che trafisse il costato di Cristo. - Molto più<br />
interessante è il «Lancellotto in prosa» che si riallaccia ad un'altra<br />
opera di Cristiano di Troyes, « Il Lancelotto o Cavaliere alla Carretta »,<br />
e che continua la « Storia di Merlin» in un mondo incantato di fate e<br />
di castelli magici. L'eroe si chiamava Lancellotto. A motivo dei suoi<br />
amori peccaminosi con la regina Ginevra, moglie di re Arturo, egli non<br />
- 272-
giungerà mai a conquistare n « Graal » ma ecco che l'autore mette in<br />
scena un nuovo personaggio, Galaad, il cavaliere immacolato al quale, e<br />
solo a lui, sarà riservato di portare a termine le avventure del « Graal ».<br />
Il mistero del Santo Graal<br />
È tutto un grandioso complesso semi-pagano e semi-cristiano, al<br />
tempo stesso fantastico ed umano, un ammasso di tradizioni celtiche e<br />
di leggende misteriose che sarà ripreso in due romanzi, decisamente superiori,<br />
dal punto di vista cristiano, alle opere precedenti. Uno s'intitola<br />
« Perlesvaux », opera anonima di un maestro scrittore, che svela il<br />
mistero del «Santo Graal»: la Presenza reale, circonfusa però da<br />
un'atmosfera guerriera: quella delle crociate. - Il secondo romanzo è<br />
« Il mistero del Santo Graal », un'opera mistica che esalta la Grazia,<br />
l'Eucarestia, la Messa, l'amore di Dio e l'unione divina.<br />
È chiamato « ilromanzo di Citeaux ». Fu composto alla stessa epoca<br />
del « Perlesvaux », cioè verso il 1220, « in un ambiente affatto sottomesso<br />
all'influenza cistercense », quantunque non sia assolutamente certo<br />
che l'autore - uno scrivano della corte del conte di Champagne -<br />
sia stato proprio un monaco cistercense. Che i <strong>Cistercensi</strong> si siano interessati,<br />
come del resto lo erano tutti gli uomini più colti dell'epoca, della<br />
Tavola Rotonda e delle vicende del « Graal » esistono delle prove manifeste<br />
.. Un novizio cistercense del monastero di San Elredo confessò al<br />
suddetto incognito autore che per l'addietro si era sentito commosso fino<br />
alle lacrime, sentendo i raccolti di re Arturo, laddove i sermoni ed i<br />
canti che parlavano di Dio lo lasciavano indifferente. Cesario di Heisterbach<br />
narra che un giorno l'Abbate Gevardo, vedendo i suoi monaci<br />
sonnecchiare in capitolo, interruppe il discorso ed annunciò: «Ascoltate,<br />
fratelli miei, ascoltate!, voglio raccontarvi una storia stupenda: c'era una<br />
volta un re chiamato Arturo »... All'istante tutte le teste lo fissarono e<br />
tutti gli occhi erano rivolti a lui. D'altronde l'Ordine contava nelle sue<br />
file vecchi trovatori e trovieri quali Elinando di Froidmont, Folco di Marsiglia,<br />
o Thoronet, Perdigon da Aiguebelle ecc. All'abbazia di Hauterive,<br />
la biblioteca possedeva un « Lancelotto ». « Il mistero del Santo Graal »<br />
rimette in scena i nomi conosciuti e familiari: il re Arturo, Perceval,<br />
Gauvin, Bohort, Lancelot, Gallad, ma la atmosfera è chiaramente spirituale<br />
e soprannaturale. Le citazioni e le allusioni bibliche, particolarmente<br />
nei riguardi del libro dell'« Apocalisse », sono numerosissime.<br />
Il P. Ireneo Valléry-Radot ha fatto nelle «Collectanea» dell'O.C.R.<br />
del 1956 un esposto di notevole interesse circa « Il mistero del Graal ».<br />
- 273-
Non è nostra intenzione di riproporlo. Ci limiteremo ad insistere sull'importanza<br />
di quest'opera ai fini della comprensione della mistica<br />
cistercense. «Sotto l'apparenza delle gesta cavalleresche, scrive A.<br />
Pauphilet, vi è esposta la grande avventura dell'uomo. È un quadro della<br />
vita cristiana, quale poteva osservarla, o sognarla, una coscienza del<br />
secolo XIII. «(Studio sul mistero del Santo Graal, Parigi, 1921, p. 26).<br />
Quest'avventura deve condurre l'uomo fino al vertice dell'amore divino.<br />
D'altronde vi si può distinguere l'aspetto ascetico e quello mistico ».<br />
L'autore del" Mistero di Graal" aveva avuto questa intuizione profonda:<br />
che il monaco ed il cavaliere perseguiva la stessa finalità»<br />
(P. Ireneo in « Collect. » op. cito p. 330). Infatti il monaco è «cavaliere<br />
di Cristo », «miles Christi ». Il verbo «militare» è menzionato<br />
sette volte nella Regola di San Benedetto, che convince il monaco a<br />
dar mano alle gloriose armi dell'obbedienza. La vita dell'uomo sulla<br />
terra è un combattimento (Job. VII, 1), e la vita eterna è un regno da<br />
conquistare a prezzo di strenua lotta. TI grande pericolo che insidia il<br />
monaco è quello di credersi « un arrivato ». « Se l'opera della conversione,<br />
dice ancora P. Ireneo, perde il suo gusto di avventura, se « L'al<br />
di Là » cessa di essere presente, 11 monaco corre il rischio di diventare ben<br />
presto un onesto funzionario dell'Altissimo, che abbandona semispento<br />
il suo desiderio di perfezione. A immagini di torpore, di noia e<br />
di pigrizia si devono sostituire immagini di battaglia e di vittora.<br />
È perché sapeva ciò, che l'autore del «Graal» ha voluto conferire<br />
alla vita cistercense tutta l'attrattiva di una eroica conquista» (ib. p.<br />
332). « Il mistero di GraaI » gli ricorda l'invito del Maestro, che è al<br />
tempo stesso invito ed ordine: «Amice ascende superius ». (Luc. XIV,<br />
10). - Ma c'è di più. Riprendendo l'idea-madre, il filo conduttore di<br />
Pauphilet, di conoscere cioè l'influenza di Citeaux, E. Gilson analizza<br />
la spiritualità peculiare del «Mistero », mettendola a confronto con<br />
quella di San Bernardo, concludendo con un'illuminazione intellettuale,<br />
per mezzo del « Mistero del Graal », della stessa dottrina bernardiniana<br />
dell'Amore divino. In uno studio magistrale, Myrrha Lotborodine dimostra<br />
che il « Mistero» si riferisce non tanto alla mistica affettiva di<br />
San Bernardo, quanto a quella più « intellettualistica » di Guglielmo di<br />
Saint-Thierry. « Il mistero» si attua attraverso una serie di illuminazioni<br />
che fanno procedere l'anima nella conoscenza dei misteri della Fede fino<br />
a giungere alla manifestazione dello stesso Dio Trino. Questa ascesa<br />
mistica si realizza attraverso tre grandi tappe, come onde crescenti e che<br />
si frammischiano: I. « Corbénic », castello del « Graal », prima riconpensa<br />
« gratis data» per i lavori e le pene, concomitata dal fiorire della<br />
Grazia nella gioia, «Corbénic» dove si sviluppa la grandiosa liturgia<br />
- 274-
del «Graal », officiata dai figli di Giuseppe d'Arimatea, con l'apparizione<br />
di Cristo e, come quadro finale, la rinnovazione della Cena degli<br />
Apostoli (Rivelazione della Presenza Reale nel Sacramento). II. «La<br />
nave di Salomone », stupendo rigòglio di simboli che uniscono l'antico<br />
ed li nuovo Israele, nave indistruttibile costruita per il Principe della<br />
Saggezza con il legname del paradiso terrestre, nave che è la Chiesa, e<br />
recante a bordo la Vergine Reale, nave che fluttua verso la Gerusalemme<br />
Celeste (Rivelazione dell'Incarnazione e della Redenzione perpetuate<br />
tramite la Chiesa). III. « Sarraz », la Gerusalemme Celeste, il Palazzo<br />
Spirituale, culla del « Graal », dove Gallad dopo un'ultima prova e dodici<br />
mesi di orante attesa contempla, durante la Messa che viene celebrata<br />
in onore della Madre di Dio, Mediatrice che unisce la terra al cielo,<br />
« ciò che lingua non può dire, né cuore immaginare », e muore rendendo<br />
a Dio la propria anima che gli Angeli trasferiscono in Cielo. « In<br />
galaad, e per suo mezzo, si placa, nel cuore dell'Età di Mezzo, I'inestinguibile<br />
nostalgia e si perfeziona la promessa scritturale destinata quaggiù<br />
a tutti i puri di cuore: la « Visio Dei », con l'ingresso nella gloria<br />
della universale « Comunione dei Santi» (M. Lot-Borodine in « I grandi<br />
segreti del Santo Graal », pubblicati in «La luce del Graal, Studi e<br />
Testi sotto la direzione di Renato Nelli, Parigi, 1951, pp. 151-174).<br />
Opera di rara potenza evocativa, «Il Mistero del Graal», romanzo<br />
cistercense, merita un posto speciale nel contesto dei grandi capolavori<br />
mistici.<br />
(Traduzione dal francese di P. FULVIO ANDREOTTI, O. Cist.)<br />
- 275-
FLORILEGIO<br />
SAN BERNARDO, Apologia a Guglielmo di Saint Thierry<br />
CONTRO L'ORNATO ED IL LUSSO DEGLI ABITI. xo.<br />
Si va a cercare, per vestirsi, non ciò che è più utile, ma ciò che è<br />
più fino; non ciò che ripara dal freddo, ma ciò che spinge ad insuperbirsi,<br />
non - secondo la Regola - «ciò che di più scadente si può<br />
trovare» 98 ma ciò che di più bello e di più vario si può ostentare.<br />
Oh misero me, monaco qualunque! Perché ancora mi tocca vivere<br />
e vedere a che punto è arrivato l'Ordine nostro, il primo che fu nella<br />
Chiesa, anzi dal quale cominciò la Chiesa; ordine di cui nessuno è, sulla<br />
terra, più simile agli ordini angelici, nessuno è più vicino a quello che<br />
è nei cieli, in Gerusalemme madre nostra, sia per lo splendore della<br />
castità che per l'ardore della carità; ordine istituito dagli Apostoli,<br />
iniziato da coloro che tanto spesso Paolo chiama santi? 99 E tra costoro<br />
siccome nessuno riteneva alcunché di proprio, tutto si divideva secondo<br />
i bisogni di ciascuno - come sta scritto - e non secondo quello che,<br />
per capriccio, uno potesse volere.<br />
E siccome si riceveva solo il necessario, non si ammetteva nulla<br />
d'inutile: quanto più non s'ammetteva nulla di ricercato, nulla di superbo!<br />
« Ciò che era necessario» sta scritto 100 e cioè, riguardo ai vestiti,<br />
ciò che serve per coprire la nudità e riparare dal freddo.<br />
Credi tu che andassero a cercare di vestirsi di seta 101 o che occorressero<br />
duecento denari per parare una mula? Credi che avessero il<br />
letto coperto di pelli di gatto o di stuoie di vari colori 102 quando ciascuno<br />
riceveva soltanto il necessario?<br />
98 Regola di S. Benedetto, cap. 55.<br />
99 Veramente l'Ordine Benedettino non è, in ordine di tempo, il primo di tutta ]a<br />
Chiesa, ma solo della Chiesa Latina. In questo senso S. Benedetto è chiamato il legislatore<br />
del monachesimo occidentale. In Oriente era già molto diffuso dal secolo IV, V la Regola<br />
di S. Pacornio, e poi quella di S. Basilio, la quale ultima è tuttora seguita dai monaci bizantini<br />
e russi. Verosilmente qui S. Bernardo parla della vita religiosa in genere, che -<br />
come tale - si fonda sui consigli evangelici, e quindi risale a S. Paolo e a Gesù Cristo.<br />
100 Atti II, 45.<br />
101 Nello «Statuto» 16.0 Pietro il Venerabile aveva decretato: «Ut nullus fratrum<br />
pannis, qui dicuntur galabrumi vel isembruni vestiatur ». E ne portava la ragione: « quod<br />
multi nostrorum - dice - non aliter quarn saeculares homines, sericis variis ve! grisiis<br />
vestium generibus se cornebant » (sic.). Nel testo S. Bernardo usa le due parole « galabrunum<br />
aut isembrunum » di cui non sono riuscito a trovare il corrispondente in italiano,<br />
e che ho tradotto con la parola generica «di seta» perché probabilmente non si tratta<br />
che di speciali lavorazioni di questa materia.<br />
102 Anche di queste coperte preziose, che si andavano a cercare sui mercati dell'Afri-<br />
- 276-
lo credo che non si badasse molto al prezzo, al colore, alla cura<br />
degli abiti dove era stato tanto incessante lo studio della santità dei<br />
costumi, della carità vicendevole e del profitto nella virtù. Sta scritto<br />
difatti: «La moltitudine dei credenti era un cuor solo ed un'anima<br />
sola 103 ».<br />
Dov'è adesso quella ricerca dell'uguaglianza? Siamo tutti rivolti<br />
all'esterno, e lasciati in disparte i veri ed eterni beni del regno di Dio<br />
che è dentro di noi, andiamo a cercare fuori una vana consolazione di<br />
cose vane e cattive, e non solo abbiamo perduto la virtù dell'antica religione,<br />
ma non ne abbiamo più neppure l'apparenza.<br />
Ecco, anche il nostro abito (lo dico con dolore) che era insegna<br />
di umiltà, è portato dai monaci dei nostri tempi in segno di superbia.<br />
Ormai a malapena troviamo nei nostri paesi di che ci degniamo<br />
vestirei, Il soldato ed il monaco si spartiscono dalla medesima stoffa<br />
la clamide e la cocolla.<br />
Qualsiasi persona del secolo, quantunque di condizione elevata,<br />
fosse anche re, fosse anche imperatore non sdegnerebbe i nostri vestiti<br />
se fossero adatti alla forma del suo abito!<br />
Tu mi dirai che la religione non sta nell'abito, ma nel cuore.<br />
Benissimo. Ma se tu, quando vuoi comprare una cocolla giri per<br />
la città, vai intorno per le piazze, percorri i mercati, scruti le case dei<br />
negozianti, rimescoli tutta la loro mercanzia, dispieghi grossi cumoli di<br />
stoffe, le stringi fra le dita, le guardi, le esponi ai raggi del sole, e rigetti<br />
tutto ciò che è troppo grossolano, troppo scolorito, e se una stoffa<br />
ti piace per la sua bontà e bellezza subito di affanni a procurar tela a<br />
qualunque prezzo, dimmi, tutto questo lo fai senza pensarci, oppure ci<br />
pensi? Quando, contro la Regola, vai cercando con ogni diligenza non<br />
ciò che è più scadente, ma ciò che si trova di più raro e di più prezioso,<br />
tutto questo lo fai senza saperlo, o lo fai appositamente?<br />
Senza dubbio, escono dal tesoro del cuore tutti i vizi che poi<br />
appaiono all'esterno.<br />
Un cuore vano, dà un aspetto di vanità al corpo, e la superfluità<br />
esteriore è il segno della vanità interiore. Abiti lussuosi e molli indicano<br />
la mollezza dell'animo.<br />
ca e della Spagna, e si acquistavano a prezzi altissimi, si trovano accenni negli «statuti »<br />
di Pietro il Venerabile. I «barracani» di cui parla S. Bernardo (che ho tradotto « stuoie»)<br />
erano ampi mantelli bianchi di lana di capra, ancora adesso in uso presso gli Arabi e che<br />
probabilmente si usavano come coperte. Per l'ornamento del letto le costituzioni benedettine<br />
permettevano soltanto delle ruvide stuoie chiamate cilizi, di colore bianco e nero,<br />
che servissero al bisogno e non al lusso, e che non fossero contrarie allo spirito di povertà<br />
monastica.<br />
103 Atti IV, 32-35.<br />
- 277-
Non si curerebbe tanto il corpo se prima non si fosse abbandonato<br />
lo studio delle virtù che devono ornare l'anima.<br />
PERCHÈ I SUPERIORI NON CORREGGONO I VIZI DEI SUD-<br />
DITI. - CONTRO IL LUSSO DEI PRELATI. xr.<br />
Mi meraviglio, mentre la Regola dice che tutte le mancanze dei<br />
discepoli ricadono sul maestro 11M e il Signore per bocca del Profeta<br />
dice che sarà chiesto conto al pastore del sangue di coloro che muoiono<br />
in peccato 105, mi meraviglio come i nostri abbati permettano certe cose.<br />
Ma forse è perché (appena oso dirlo) nessuno ha il coraggio di rimproverare<br />
per quelle cose in cui sa di non essere irreprensibile.<br />
È umano il non adirarsi con gli altri in ciò in cui si è indulgenti<br />
con se stessi. Ma io parlerò: sarò detto presuntuoso ma voglio dir la<br />
verità.<br />
Come si è oscurata la luce del mondo? Come è diventato insipido<br />
il sale della terra? Coloro la cui vita doveva esser per noi via della vita,<br />
dandoci esempi di superbia nelle loro azioni - ciechi - diventano<br />
guida di ciechi.<br />
Che esempio d'umiltà è mai (per non dir altro) viaggiare con tanta<br />
pompa di cavalcature, con tanta abbondanza di servitori, che il corteggio<br />
d'un Abbate basterebbe per due Vescovi? San bugiardo, se non ho<br />
visto un Abbate condurre sessanta cavalli e più nel suo seguito 106.<br />
Vedendoli passare, li crederesti non padri di monasteri, ma signori<br />
di castelli, non rettori di anime, ma principi di province. E comandano<br />
104 Regola, cap. II.<br />
105 Ezech. III, 18.<br />
106 Probabilmente parla di Sugero, abbate di S. Dionigi, celeberrima abbazia benedettina<br />
a due miglia da Parigi, santuario per eccellenza della dinastia dei Capeti, tomba dei<br />
Re di Francia fino agli ultimi tempi, fondata da Dagoberto, re dei Franchi nel secolo X.<br />
S. Dionigi era diventato un centro di litigi, dove la mancata clausura e la mondanità<br />
avevano portato ad una grande dissipazione, non del tutto aliena dalla condotta dell'Abbate,<br />
il quale - come consigliere del Re - non si sapeva sempre sottrarre alle abitudini<br />
della corte e alle adulazioni degli uomini. S. Bernardo alzò per primo il grido di allarme<br />
in questo scritto e in altre lettere successive, e Sugero capi molto presto la lezione, tanto<br />
che nel 1127 mise mano energicamente alla riforma, cominciando da se stesso. Furono<br />
rimessi in onore i digiuni, le salmodie, il silenzio, la clausura, il lavoro. Ci rimangono<br />
alcune lettere di S. Bernardo all'abbate di S. Dionigi, dalle quali traspare la sua gioia per<br />
il cambiamento avvenuto, e nella quali gli fa le più vive felicitazioni: « Ieri - diceva -<br />
io abbaiavo audacemente; oggi, davanti al bene non so tacere ». La riforma di S. Dionigi<br />
fu seguita da altri monasteri del Nord della Francia. Era l'influenza di Chiaravalle che si<br />
allargava. All'Abbate Sugero si deve la costruzione di quel gioiello d'arte gotica che è la<br />
Basilica di S. Dionigi, celebre per le sue vetrate simboliche: costruzione che pero fu rimproverata<br />
da S. Bernardo, come si vede nel capitolo seguente.<br />
- 278-
di portar pannolini, coppe, bacini, candelabri, e bisacce stracariche, non<br />
pagliericci, ma ornamenti per i letti. Appena si allontanano quattro leghe<br />
dalla propria casa, e non si muovono senza tutto il loro bagaglio, quasi<br />
dovessero andare in guerra o passare per il deserto ove non si può<br />
trovare il necessario.<br />
Non si potrebbe usar lo stesso recipiente per l'acqua da lavarsi<br />
le mani e per il vino? Non fa luce ugualmente la lucerna, anche se non<br />
la metti sul tuo candelabro d'oro o d'argento? Non puoi dormire anche<br />
se non hai un materasso soffice o una coperta lussuosa? Non può lo<br />
stesso servitore custodirti il cavallo, servirti a tavola e preparar ti il<br />
letto? E perché poi non portiamo con noi anche tu tto il necessario<br />
ad una così gran moltitudine di garzoni e di animali per non aggravare<br />
gli ospiti? 107.<br />
CONTRO IL LUSSO NELLE CHIESE. xrr.<br />
Ma questo è poco: passiamo a cose maggiori, ma che colpiscono<br />
di meno perché più usate.<br />
Lascia da parte l'immensa altezza delle chiese, la smoderata loro<br />
lunghezza, l'inutile larghezza, le sontuose ornamentazioni e le vaghe<br />
pitture, le quali - mentre attirano a sé lo sguardo di chi prega - ne<br />
impediscono l'affetto e mi ricordano l'antico rito dei Giudei. Ma<br />
lasciamo andare, si fa ad onor di Dio.<br />
Però io - monaco - rivolgo a monaci la stessa domanda che<br />
rivolgeva un pagano a pagani: «Ditemi, o pontefici, che ci fa l'oro nel<br />
santuario? »108. lo vi dico: «Ditemi, o poveri, se siete tali, che ci fa<br />
l'oro nel santuario? » Uno è il motivo che possono averne i vescovi,<br />
e un altro è quello che hanno i monaci.<br />
Sappiamo che i vescovi, essendo debitori ai sapienti ed agli ignoranti,<br />
eccitano la devozione del popolo materiale con ornamenti mate-<br />
107 Dante Alighieri evidentemente si ispira a S. Bernardo, quando nel Canto XXI<br />
del Paradiso (vv. 130-135) fa dire a S. Pier Damiano: '<br />
«Or voglion quinci e quindi chi i rincalzi<br />
i moderni pastor, e chi li meni,<br />
tanto son gravi, e chi di dietro li alzi.<br />
Copron dei manti loro i pala/reni,<br />
si che due bestie uan sott'una pelle:<br />
oh! pazienza che tanto sostentil ... »,<br />
Non occorre rilevare che la critica sulla bocca di S. Bernardo e sulla bocca di Dante<br />
acquista un valore ed un sapore diverso.<br />
108 «Dicite, pontifices, in sancto quid facit aurum? », Persio, satira II v. 69.<br />
- 279-
iali non potendo fare con ornamenti spirituali. Ma noi che siamo usciti<br />
di mezzo al popolo, che per Cristo abbiamo abbandonato le cose belle<br />
e preziose del mondo, che abbiamo riputato fango tutto ciò che risplende<br />
alla vista, che diletta l'udito, che profuma soavemente, che è dolce<br />
al palato, che è piacevole al tatto, e tutti i diletti corporali per guadagnare<br />
Cristo, di chi intendiamo eccitar la devozione con queste cose?<br />
che frutto ne andiamo ricercando? L'ammirazione degli stolti o le elemosine<br />
dei semplici? O pel fatto che siamo commisti fra i gentili abbiamo<br />
imparato le loro opere, e serviamo ancora ai loro idoli? 109. Per parlar<br />
chiaro, forse tutto questo, è portato all'avarizia, che è servitù degli<br />
idoli, e non si cerca il frutto, ma l'elemosina? Se mi domandi: «In qual<br />
modo? » - « In modo meraviglioso » ti rispondo.<br />
Si sparge il bronzo con tale arte che si moltiplica. Si spende per<br />
aumentarlo, e la profusione produce l'abbondanza. Alla vista di quelle<br />
dispendiose, ma meravigliose vanità, gli uomini sono più portati a dare<br />
che a pregare.<br />
Cosi le ricchezze si attingono dalle ricchezze, cosi il denaro attira<br />
denaro, perché - non si sa per qual motivo - dove si vedon più<br />
ricchezze, si dà più volentieri.<br />
Gli occhi godono 110 nel vedere le Reliquie coperte di oro, e le borse<br />
si aprono. Si mostra una bellissima statua di qualche santo o santa e<br />
si crede tanto più santa quanto meglio è colorata.<br />
I fedeli corrono a baciare e sono invitati a dare; si ammirano più<br />
quelle cose perché son belle, che non si venerino perché son sacre.<br />
Si mettono in chiesa, non delle corone, ma delle ruote gemmate,<br />
piene di lampade, ma che non risplendono meno per le pietre che vi<br />
sono incastonate. Vediamo, al posto dei candelabri, quasi degli alberi,<br />
fabbricati con molto bronzo e con arte meravigliosa, che non sfavillano<br />
meno per le gemme che per le candelle che portano.<br />
Cosa credi che si cerchi in tutte queste cose? La compunzione dei<br />
penitenti, o l'ammirazione di chi guarda?<br />
109 Il Mabillon nota: ciò che S. Bernardo dice dei Cluniacensi era tutto vero ma non<br />
era tutto vizio, specialmente ciò che riguarda la grandezza e l'ornamento delle chiese.<br />
Bernardo stesso, e più tardi i suoi religiosi, ne costruiranno di bellissime. La prima di<br />
Chiaravalle era piccola e disadorna e, diventata ben presto insufficiente per i settecento<br />
monaci dell'Abbate e per le altre persone che vi accorrevano, ne incomincò un'altra molto<br />
ampia, maestosa nella sua linea, per quanto senza ornamenti d'oro, di sculture, di<br />
marmo, di intarsi sulle pareti e sul pavimento.<br />
Uno dei pochi ornamenti permessi etano delle Croci di legno dipinto, ma erano escluse<br />
tutte le superfluità che - secondo il Santo - deformavano la purezza primitiva dell'Ordine,<br />
mancavano alla povertà ed erano causa di curiosità e di distrazione.<br />
110 Letteralmente: Gli occhi ingressano...<br />
- 280
o vanità delle vanità, non più vana che cattiva!<br />
La chiesa risplende nelle pareti, ed è miserabile nei poveri.<br />
Riveste d'oro le sue pietre, e lascia nudi i suoi figli. Con i denari dei<br />
poveri si serve agli occhi dei ricchi. I curiosi trovano di che dilettarsi,<br />
ed i poveri non trovano di che sfamarsi.<br />
Perché almeno non abbiamo riverenza per le immagini dei Santi,<br />
di cui è ricoperto il pavimento che i piedi calpestano? Spesso capita<br />
di sputare in faccia ad un angelo, oppure i calci di passanti colpiscono<br />
la faccia di qualche santo.<br />
E se non si ha pietà delle immagini sacre, perché non si avrà<br />
almeno pietà di quei bei colori? Perché stai a decorare ciò che subito<br />
si dovrà sporcare? Perché dipingi ciò che è necessario calpestare?<br />
Cosa valgono quelle belle figure, se dovranno essere imbrattate continuamente<br />
di polvere? Che servono queste cose a dei monaci, a dei poveri,<br />
a degli uomini spirituali?<br />
Qualcuno potrebbe rispondere al verso del poeta che ho ricordato,<br />
con quelle parole del Profeta: «Signore, ho amato lo splendore della<br />
tua casa e il luogo dove abita la tua gloria » 111. Sono d 'accordo: lasciamo<br />
che questo si faccia in chiesa, perché se anche son cose nocive per gli<br />
uomini vani ed avari, non lo sono per i semplici ed i devoti 112.<br />
Ma nei chiostri, dinanzi ai fratelli che leggono, che fa quella<br />
ridicola mostruosità, quella mirabile bellezza deforme e bella deformità?<br />
Che ci stanno a fare le immonde scimmie? Che cosa i feroci leoni?<br />
Che cosa i centauri mostruosi? Che cosa i mezzi uomini? Che cosa<br />
le tigri dalla pelle variegata? Che cosa i soldati che combattono? Che<br />
cosa i cacciatori che suonano il corno?<br />
Potresti vedere sotto una sola testa molti corpi, e poi in un sol<br />
corpo molte teste; si vede qui un quadrupede con una coda di serpente,<br />
là un pesce con una testa di quadrupede. Qui una bestia raffigura un<br />
cavallo ma la metà posteriore è una capra; là un animale cornuto ha un<br />
dorso di cavallo.<br />
111 Salmo, 25, 8.<br />
112 Riportiamo a questo riguardo il giudizio del Goyan (Vita di S. Bernardo, cap. III),<br />
al quale possiamo tutti sottoscrivere pienamente: « Allorché si vide Sugero, nella decorazione<br />
di S. Dionigi, risuscitare dopo tre secoli e mezzo di oblio, il vecchio simbolismo mistico,<br />
che svolgeva sotto lo sguardo dei fedeli la concordanza dei due Testamenti, non poso<br />
siamo fare a meno di pensare che S. Bernardo dovette sentire qualche indulgenza per queste<br />
preoccupazioni pedagogiche dell'arte, e che vi fossero certe convergenze tra la sua concezione<br />
della decorazione delle chiese Vescovili, e il bel verso in cui Sugero, tentando<br />
di definir l'arte, ci mostra «il nostro debole spirito che si eleva fino al vero attraverso<br />
le realtà sensibili ». In fondo tutti e due si accordavano nell'ammettere che la bellezza<br />
doveva essere traduttrice di verità ... ».<br />
281 -
Vi si vede dovunque tanta e così strana varietà di forme, che si è<br />
più spinti a leggere sui marmi che sui codici, e a passare il giorno intero<br />
ad ammirare tutte queste cose, più che a meditare la legge di Dio.<br />
Oh mio Dio! se non vi vergognate delle sciocchezze, perché almeno<br />
non vi riescono le spese?<br />
MEZZI PER ALIMENTARE LA MUTUA CARITÀ E PACE. CHI<br />
PASSA DA UN ORDINE ALL'ALTRO È INSTABILE. xnr.<br />
La materia abbondante mi suggeriva di aggiungere ancora molte<br />
altre cose, ma me ne dissuadono le mie troppe occupazioni e la tua<br />
troppa frettolosa partenza, o fratel Ogerio, che non puoi né fermarti di<br />
più, né partire senza questo mio ultimo opuscolo 113.<br />
Faccio come vuoi tu, e ti lascio andare ed abbrevio il mio scritto,<br />
tanto più che son più utili poche cose in pace che molte con scandalo.<br />
Volesse il cielo che avessi scritto queste poche senza scandalo!<br />
So bene che, rimproverando i vizi, offendo i viziosi. Tuttavia, se Dio<br />
lo vuole, può essere che 'cl qualcuno, a cui temo aver fatto dispiacere,<br />
avrò invece fatto piacere se cesserà di esser vizioso: cioè, se è austero<br />
quando cesserà di criticare, e se è rilassato quando abbandonerà le<br />
superfluità: se ciascuno tiene il bene che ha e non giudica chi ne tiene<br />
un altro; se chi è già buono non invidia i migliori, e chi crede di far<br />
meglio non disprezza il bene degli altri; se coloro che possono vivere più<br />
austeramente non disprezzano e non imitano quelli che non lo possono,<br />
e coloro che non lo possono ammirano quelli che possono, senza tentare<br />
di imitarli temerariamente. Come non è lecito a coloro che professarono<br />
una regola più severa discendere ad un'osservanza più larga, per non esser<br />
apostati, cosl non conviene a tutti passare da un bene minore ad uno<br />
maggiore per non precipitare.<br />
So che alcuni, appartenenti ad altre Congregazioni e ad altri Istituti<br />
sono venuti al nostro Ordine, hanno chiesto e vi sono entrati: costoro,<br />
agendo così, hanno lasciato scandali ai loro e ne han portato a noi,<br />
perché quanto turbano gli altri con la loro temeraria partenza, altrettanto<br />
turbano noi con la loro condotta poco edificante.<br />
Siccome disprezzarono superbamente lo stato in cui erano e<br />
presumettero temerariamente di poter fare ciò che invece non erano<br />
113 Ogerio era un canonico regolare del Monastero di Monte S. Eligio, presso Arras.<br />
S. Bernardo era unito a lui da tenera amicizia, e gli indirizzò molte lettere; Ogerio poi fu<br />
abbate di S. Niccolò del Prato, presso Tournay.<br />
- 282-
capaci, Dio, con giusto fallimento, dimostrò la loro ignavia. perché<br />
impudentemente abbracciato e sono miseramente tornati a ciò che per<br />
leggerezza avevano lasciato.<br />
Quando sono giunti ai nostri chiostri - più perché erano stanchi<br />
del loro Ordine che per desiderio del nostro - mostrano quel che<br />
sono, andando da voi a noi, e da noi a voi con irrefrenabile leggerezza,<br />
e dànno scandalo a noi, a voi ed a tutti i buoni.<br />
Sebbene noi conosciamo alcuni di costoro, che incominciarono per<br />
ispirazione' di Dio e perseverarono fortemente con la Sua Grazia, è più<br />
sicuro però perseverare per la buona via che abbiamo scelto, piuttosto<br />
che andare a cominciare dove poi non potremo perseverare. Tutti<br />
insieme studiamo piuttosto il modo per il quale secondo il consiglio<br />
dell'Apostolo, « tutte le cose siano fatte nella carità» 114.<br />
Questo è il nostro pensiero riguardo al Vostro Ordine e riguardo<br />
al nostro; queste cose son solito dirle ai nostri ed ai vostri, non tanto<br />
a vostro riguardo, quanto piuttosto a voi: di questo non ho migliore<br />
testimonio di voi stessi, o di qualcuno che mi conosce come mi- conoscete<br />
voi.<br />
Ciò che nel vostro Ordine c'è di lodevole lo lodo e lo raccomando;<br />
se c'è qualcosa da rimproverare, sono solito spingere voi e gli altri miei<br />
amici ad emendarlo. Questa non è detrazione, ma carità.<br />
Prego e supplico continuamente che voi facciate sempre lo stesso<br />
con noi. Vi saluto 115.<br />
114 I Coro XVI, 14.<br />
115 Immenso fu il bene procurato da quest'opera di S. Bernardo, non solo per i. au·<br />
neacensi, ma anche per altri monasteri non benedettini nella' Francia e fuori. Di qui co<br />
minciò quella cordialità, e si risaldò sempre più quella unione tra monaci bianchi e neri,<br />
fondata sullo spirito religioso, fino a scambiarsi reciprocamente nei Capitoli generali concovati<br />
per le necessarie riforma. Gli statuti emanati talvolta erano fatti propri anche dai<br />
Papi e poi proposti per il bene di tutta la Chiesa.<br />
- 283-
CRONACA<br />
1. CAPITOLO GENERALE DELL'ORDINE CISTERCENSE<br />
CASAMARI 17-27 SETTEMBRE 1974<br />
Il Capitolo Generale dell'Ordine Cistercense è stato celebrato<br />
nell'Abbazia di Casamari dal 17 al 27 settembre di quest'anno, sotto<br />
la presidenza del 79 0 abate cistercense, il Reverendissimo Padre Abate<br />
Sigardo Kleiner. Il Capitolo Generale è la riunione più importante<br />
dell'Ordine, ed ha come scopo di esaminare lo stato attuale delle singole<br />
Congregazioni e delle case non riunite in Congregazione che lo<br />
compongono, correggere le possibili deviazioni e soprattutto dare nuovo<br />
impulso e nuova vitalità all'intero Ordine, dirigendolo con leggi rispettose<br />
del pluralismo delle forme di vita, e incrementando la vita spirituale<br />
di tutti i religiosi che fanno parte della famiglia cistercense.<br />
Partecipanti<br />
I Padri Capitolari convocati erano 64, ma alcuni di essi sia per la<br />
situazione politica dei paesi in cui si trovano, o per cattiva salute non<br />
hanno potuto partecipare.<br />
Gli abati erano 28, 4 i Priori conventuali, 4 i Priori Amministratori<br />
e 24 delegati eletti dai membri delle singole Congregazioni. Le<br />
nazioni rappresentate erano: Austria, Belgio, Brasile, Canadà, Cecoslovacchia,<br />
Etiopia, Francia, le due Germanie, Italia, Iugoslavia, Polonia,<br />
Spagna, Svizzera, Stati Uniti, Ungheria, Viet-Nam.<br />
Per la prima volta sono state ammesse, anche se come semplici<br />
uditrici e quindi senza diritto di voto, le rappresentanti delle monache:<br />
otto abbadesse di diversa nazionalità.<br />
Stato dell'Ordine<br />
L'ordito sul quale si è tessuta la trama del Capitolo Generale<br />
sono state le relazioni presentate dai Vari Abati Presidi delle singole<br />
Congregazioni, sulle condizioni presenti, statistica del personale, attività,<br />
difficoltà, problemi più urgenti e gravi che si pongono all'attenzione e<br />
sui tentativi più o meno riusciti per risolverle.<br />
- 284-
Secondo gli ultimi dati presentati al Capitolo Generale l'Ordine<br />
Cistercense è cosi composto:<br />
Problemi<br />
Casa generalizia . monaci 2 nOVIZI O<br />
Congregazione di Austria. » 262 » 4<br />
Congregazione di Mehrerau » 170 » 5<br />
Congregazione di S. Bernardo . » 61 » 3<br />
Congregazione Belga-Olandese » 93 » O<br />
Congregazione di Sénanque » 73 » 9<br />
Congregazione Boema . » 20 » O<br />
Congregazione di Zirc » 133 » O<br />
Congregazione di Casamari » 183 » 23<br />
Congregazione di Aragona » 43 » 3<br />
Congregazione Polacca » 105 » 5<br />
Congregazione del Brasile » 70 » 1<br />
Congregazione del Viet-nam » 143 » 32<br />
Fuori Congregazione » 13 » 4<br />
Totale » 1371 » 89<br />
Monache <strong>Cistercensi</strong> 1426 nOVIZIe23<br />
I problemi delle varie Congregazioni trovano il loro fondamento<br />
nelle varie difficoltà delle chiese locali in cui sono inserite. I monansteri,<br />
infatti, non sono delle oasi avulse dal contesto sociale e religioso in cui<br />
vivono, e di conseguenza devono affrontare le stesse difficoltà e gli stessi<br />
problemi degli altri religiosi e cristiani con cui convivono.<br />
Uno dei problemi molto sentito da tutte le Congregazioni (se si<br />
eccettua la Congregazione del Viet-Nam e i monasteri etiopici della<br />
Congregazione di Casamari) è quello delle vocazioni che diminuiscono<br />
ogni giorno di più e che pongono un punto interrogativo alla sopravvivenza<br />
di alcuni monasteri. Questa difficoltà è doppiata e aggravata dalla<br />
seconda: le defezioni dalla vita religiosa e dalla vita saoerdotale che<br />
aprono delle ferite difficilmente rimarginabili nelle case religiose.<br />
- 285-
La liturgia<br />
«Poiché nulla si deve anteporre all'Opus Dei, non certo per la<br />
superiorità del tempo accordatogli, ma per la sua intrinseca dignità », il<br />
Capitolo ha dedicato una parte notevole del suo tempo alla riforma della<br />
liturgia. Il pluralismo liturgico e la lingua volgare nella liturgia ha reso<br />
molto problernatica se non impossibile la regolamentazione unitaria in<br />
questo campo. Il Capitolo si è quindi limitato a dare dei quadri, a proporre<br />
dei modelli che ogni monastero dovrà fare propri e adottare secondo<br />
le proprie necessità e possibilità.<br />
Lavoro legislativo<br />
L'importante lavoro del rifacimento delle Costituzioni dell'Ordine<br />
è già stato espletato dal Capitolo Generale precedente. In questo Capitolo<br />
si sono corretti alcuni punti per adattare il testo ai mutamenti<br />
del diritto comune, e per ovviare ad alcune manchevolezze affiorate nell'esperimento<br />
quinquennale fatto nell'Ordine.<br />
Lavoro formativo<br />
Il Capitolo si è proposto di trattare sotto i suoi vari aspetti il<br />
tema della «Carità» per proporre a tutti i confratelli delle linee di<br />
riflessione su questa virtù fondamentale della vita cristiana e quindi<br />
anche della vita religiosa e monastica. Al termine di questa riflessione<br />
ha suggerito a tutti i monasteri dell'Ordine di dedicare qualche tempo<br />
alla meditazione dei testi evangelici, della Regola e degli scritti dei<br />
nostri Padri riguardanti questa virtù; considerare ciò che si deve fare<br />
o evitare perché la carità aumenti nella vita comunitaria, perché secondo<br />
guistizia possiamo testimoniarla nel mondo che circonda il monastero,<br />
e per aiutare quei confratelli che maggiormente sono provati dall'indigenza<br />
e dall'isolamento.<br />
Decisioni<br />
Oltre alle decisioni già ricordate riguardo alle Costituzioni e alla<br />
Sacra Liturgia, il Capitolo ha preso altri provvedimenti e fatto altre<br />
decisioni:<br />
1. Erezione canonica del Monastero di Osseg-Rosenthal della Congregazione<br />
Boema, nella Germania orientale;<br />
- 286-
2. Elevazione del tributo generalizio a 11.000 lire pro capite per i<br />
monaci e a 5.500 per le monache. Per i monasteri in terra di<br />
Missione e dei paesi del terzo mondo il tributo è stato ridotto ad un<br />
terzo;<br />
3. Riconferma del Procuratore Generale nella persona del P. Abate<br />
don Gregorio Battista;<br />
4. Elezione dei Padri Sinodali: 1) P. Policarpo Zakar, 2) P. Thomas<br />
Denter, 3) P. Bruno Schneider, 4) P. Malachia Falletti, 5) P. Norberto<br />
Cools;<br />
5. Elezione della Commissione per la revisione delle Costituzioni rinnovate<br />
delle Congregazioni: 1) P. Policarpo Zakar, 2) P. Gregorio<br />
Battista, 3) P. Goffredo Venuta, 4) P. Malachia Falletti, 5) P. Colombano<br />
Sphar. .<br />
Conclusione'<br />
Alla chiusura della solenne assise il P. Abate Generale ha concluso<br />
i lavori con le seguenti parole: «Il nostro lavoro non termina col<br />
terminare del Capitolo Generale. Il fardello che portiamo sulle spalle<br />
è di tradurre nella vita quotidiana non alcuni decreti del Capitolo che<br />
riguardano l'amministrazione o le istituzioni giuridiche, ma il fedele e<br />
paziente lavoro di quotidiana conversione e avanzamento nell'amore<br />
di Dio e dei fratelli ».<br />
P. MALACHIA FALLETTI<br />
2. DAL BREVE «PACIS NUNTIUS»<br />
Decennale della proclamazione di San Benedetto a Patrono<br />
principale dell'Europa<br />
24 Ottobre 1974<br />
È trascorso ormai un decennio da quando Paolo VI, il 24 ottobre<br />
1964, nel consacrare la ricostruita, monumentale Abbazia di Montecassino,<br />
proclamava San Benedetto da Norcia Patrono Principale dell'intera<br />
Europa. Per la rinnovata Basilica, che raccoglie le tanto venerate spoglie<br />
del Santo Patriarca fu un avvenimento grandioso degno delle tradizioni<br />
- 287-
millenarie del famoso Cenobio, faro perenne di luce cristiana nel<br />
mondo intero.<br />
In tale rilevante circostanza storica il Pontefice emanava il Breve<br />
«Pacis nuntius », che sanciva il valore della proclamazione di San<br />
Benedetto, Patriarca del Monachesimo Occidentale e Padre dell'Europa<br />
cristiana a Patrono, illustrando con la sua stessa alta parola il profondo<br />
significato della solenne proclamazione Cassinese.<br />
Da detta indimenticabile celebrazione, svoltasi con tutta la ricchezza<br />
del rito liturgico e che ebbe a suscitare una vastissima eco nel<br />
mondo, nell'anno 1968si costitull'Associatio « Sancti Benedicti Patroni<br />
Europae », la quale si ispira nella sua attività alle dichiarazioni paoline<br />
del testo del Breve.<br />
Per la storia, alla fondazione dell'« Associatio » si riunirono nel<br />
Principato di Monaco, attorno al Vescovo Mons. Jean Rupp - ora<br />
Pro-Nunzio Apostolico in Iraq - i seguenti Monaci: P. Abb. Baccetti<br />
della Congregazione Benedettina Vallombrosana; P. Abb. Zilianti della<br />
C. B. Olivetana; P. Dom Roy, della C. B. di Francia, Abate du Fontgombault;<br />
P. Dom Kleiner Abate Generale dell'Ordine Cistercense.<br />
A Presidente dell'organizzazione veniva eletto il P. Dom Guido Luigi<br />
Bentivoglio, S.O.Cist., Arcivescovo di Catania.<br />
L'« Associatio » iniziava da quella fattiva riunione un'intensa azione,<br />
in base ai punti basilari fissati dallo Statuto redatto nella lingua<br />
madre, cioè il latino, che i Benedettini diffusero nell'Europa cristiana.<br />
Infatti, durante i secoli numerose schiere monastiche di Benedettini<br />
irradiarono tra i popoli la luce del Vangelo nella parlata ufficiale della<br />
Chiesa.<br />
Da evidenziare i punti salienti di fede dell'« Associatio »: Integritas<br />
fidei; pia fidelitas erga Sedem Apostolicam; fidelis conseruatio thesauri<br />
traditionis catbolicae, protectio et incrementum scholarum cbristianarum;<br />
opus imbuedi I nstitutiones cbristiana lege; provectio laboris<br />
manuum spiritu christiano imbuendi, Oecumenismi germani exercitium;<br />
spiritus missionalis promotio. Insegnamento di spiccata spiritualità<br />
particolarmente oggi, ove assistiamo ad una voluta demolizione del<br />
maestoso patrimonio della civiltà latino-cristiana ed a tanto disordine<br />
morale e materiale.<br />
Nella parola di Paolo VI a Montecassino spicca una frase incisiva,<br />
che sintetizza tutto il valore immenso della vita di San Benedetto:<br />
« Messaggero di Pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà e soprattutto<br />
araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in<br />
Occidente ». Titoli prestigiosi, che hanno fatto di San Benedetto Abate<br />
il Padre e Patrono di tutta l'Europa, poiché per opera sua e del suo<br />
- 288-
Ordine i Monaci diffusero la nostra fede ovunque «per cui l'Europa<br />
fu la cristianità ».<br />
Un decennale di cosi elevato valore storico, civile e morale, come<br />
l'Apostolicus Brevis « PACIS NUNTIUS »; non poteva non essere ricordato<br />
presso il celeberrimo Monastero di Montecassino, cosi onusto di<br />
gloria e da una « Associatio » il cui nome deriva dall'atto papale della<br />
proclamazione di San Benedetto «Europae Patroni ».<br />
Per la decennale ricorrenza di questo grande evento, il 27 Ottobre<br />
1974 ha avuto luogo a Montecassino un pio pellegrinaggio di devoti<br />
all'Abbazia, di amici e di aderenti all'« Associatio ». È stato questo<br />
motivo di esultanza, di venerazione per San Benedetto presso le sue<br />
spoglie e di preghiere per la pace.<br />
3. CERTOSA DI FIRENZE<br />
X CONVEGNO DI STUDI SU SAN BERNARDO<br />
DI CHIARAVALLE<br />
FERRUCCIO REGGIANI<br />
In occasione dell'VIII centenario della canonizzazione di San<br />
Bernardo (lettera di Alessandro III del 18 gennaio 1074), con il patrocinio<br />
dell'Ordine Cistercense, e organizzato dal «Centro d'Incontro»<br />
della Certosa di Firenze, si è svolto nei restaurati magnifici locali della<br />
Certosa di Firenze un « Convegno di Studi su San Bernardo di Chiaravalle»<br />
dal 6 al 9 novembre 1974.<br />
Il Convegno, come ha sottolineato l'Abate Generale dell'Ordine<br />
Cistercense nella sua prolusione, ha offerto l'occasione per conoscere ed<br />
ascoltare i più eminenti studiosi di San Bernardo, distintisi in questi<br />
ultimi decenni per una conoscenza ampia e profonda della personalità e<br />
dell'opera del Santo Abate di Chiaravalle, figura alle volte sconcertante,<br />
ma sempre attraente: attraente e sconcertante nella tensione bipolare<br />
del suo animo, l'ardore apostolico e l'amore mistico che lo portò a chiamarsi<br />
la « chimera del suo secolo ».<br />
La prima relazione, letta dal prof. Adriaan Bredero, dell'Istituto teologico<br />
di Tilburg (Olanda), studiava la correlazione tra fenomeno cultico<br />
e fenomeno storico in San Bernardo. L'illustre relatore si domandava se,<br />
a seguito della sua canonizzazione, Bernardo risulti comprensibile come<br />
figura storica: che rapporto ci fu tra la venerazione di Bernardo come<br />
santo e la sua esistenza terrena? furono la sua vita e la sua virtù causa<br />
- 289-
della sua venerazione, o non fu, almeno in parte, la venerazione di cui<br />
fu oggetto subito dopo la morte, ad influire sulla storia e ad influenzare<br />
unilateralmente il giudizio su Bernardo come personaggio storico? La razionalizzazione<br />
teologica del fenomeno della santità è cosa legittima; ma<br />
lo storico non accetta come cosa legittima che la santità gli sia presentata<br />
come un risultato prefissato, risultato che dovrebbe invece scaturire<br />
dalla ricerca su un santo come persona storica.<br />
La seconda relazione fu letta dal prof. Piero Zerbi dell'Università<br />
Cattolica di Milano, e verteva su San Bernardo e il Concilio di Senso<br />
Il relatore, forse il massimo studioso di San Bernardo in Italia, annunciava<br />
un ampio studio sul Concilio di Sens che è in fase di elaborazione<br />
molto avanzata, e si scusava quindi se poteva rimanere deluso chi si attende<br />
un disegno chiarito e definito in tutti i particolari, cosa del resto<br />
comprensibile per il fatto che il breve tempo di una relazione non si<br />
presta a così vasto progetto.<br />
Nonostante questi limiti programmatici, la relazione dello Zerbi<br />
era seguita attentamente e riscuoteva generale ampia soddisfazione.<br />
In essa, al di là della polemica fra due personalità forti ed affascinanti,<br />
si profilava il contrasto tra due metodi, due scuole, addirittura due<br />
mondi di cultura e di spiritualità: quello di Abelardo e quello di Bernardo.<br />
Due mondi che si incontrano e si scontrano drammaticamente<br />
nell'aula di Sens: Bernardo legge i «capitula» incriminati, i vescovi<br />
li condannano, Abelardo replica fulmineo, si appella al Papa e se ne<br />
va immediatamente. A seguito di una massiccia offensiva epistolare<br />
sferrata da Bernardo, il Papa conferma le delibere di Sens, e ordina che<br />
Abelardo venga chiuso in una casa religiosa e i suoi libri siano bruciati.<br />
Il filosofo, stanco e amareggiato, è avvolto dall'abbraccio di Pietro il<br />
Venerabile, abate di Cluny, Bernardo prosegue la sua corsa impetuosa.<br />
Terza relazione: San Bernardo e Gilberto vescovo di Poitiers,<br />
letta da uno studioso di fama internazionale, il prof. Nicolaus Haring<br />
del Pontifical Institute of Medieval Studies di Toronto (Canada).<br />
L'autore trattò l'argomento destreggiandosi con abilità e consumata<br />
esperienza tra le formule trinitarie, le sottili distinzioni, e le precise<br />
definizioni di substantia que e substantia qua, substantia nominis e<br />
qualitas nominis, forma e persona: espressioni queste in parte coniate<br />
da Gilberto, in parte ereditate da Boezio e da Sant'Agostino, che formavano<br />
argomento di dotte discussioni tra le varie scuole teologiche<br />
del secolo XII. È esatto dire il Padre è Dio? ovvero Dio è il Padre?<br />
II processo si tenne a Reims e a Parigi. Sia a Parigi che a Reims<br />
intervenne Bernardo, il quale forse non vedeva l'utilità pratica di<br />
- 290
tante sottigliezze grammaticali, e a un certo punto dichiarò: quidquid<br />
est in dea deus est, tutto ciò che è in Dio è Dio, ma Gilberto non<br />
accettò questo principio. E quando Bernardo asseri: Sono convinto che<br />
alta essenza o natura di Dio divenne incarnata, Gilberto accettò la proposizione<br />
a patto che vi si aggiungesse ma nel Figlio. Di Gilberto<br />
furono condannati quattro errori: egli si sottomise alla decisione del<br />
papa presente al processo e ritornò alla sua diocesi cum ordinis integritate<br />
et honoris plenitudine.<br />
La relazione affidata al prof. Giles Constable dell'Università di<br />
Harvard (USA) aveva per oggetto Cluny, Citeaux, La Chartreuse: San<br />
Bernardo e la diversità delle forme di vita religiosa nel secolo XII.<br />
n relatore faceva rilevare la tendenza insita nel monachesimo del secolo<br />
XII a spaccarsi secondo linee di preoccupazioni e di interessi individualistici<br />
e a presentarsi non più organizzato secondo un unico modello<br />
o ideale. Le varie forme di vita religiosa che appaiono allora, corrispondono<br />
a diverse necessità spirituali, per cui Cluny si distingue per la<br />
preghiera liturgica, Citeaux per il lavoro manuale, La Chartreuse per<br />
la vita solitaria, Grandmont per la povertà evangelica, Prémontré per il<br />
ministero sacerdotale.<br />
Bernardo fu tra i primi a difendere la legittimità delle varie forme<br />
di vita religiosa; e pur deplorando le dispute tra i diversi gruppi di<br />
monaci, paragonò la Chiesa alla principessa « vestita di abiti variegati»<br />
del salmo 44, al mantello di molti colori senza cucitura di Giuseppe, alla<br />
casa di Dio, unica ma con molte mansioni. Ciò, almeno in teoria.<br />
Perché in pratica San Bernardo fu convinto che il metodo cistercense<br />
fosse migliore di ogni altro: tanto che, come scrive il Dimier, si è<br />
tentati di credere che a volte egli non sia lungi dal pensare che non<br />
esiste salvezza al di fuori di Clteaux.<br />
La relazione affidata al prof. Derek Baker dell'Università di Edimburgo<br />
(Inghilterra) sviluppava uno dei tanti episodi della vita della<br />
Chiesa nel secolo XII, in cui San Bernardo si trovò protagonista:<br />
l'elezione del vescovo di Y ork,<br />
Alla morte del vecchio vescovo Thurstan, tre tentativi di elezione<br />
fallirono per varie cause. n quarto tentativo cadde su Fitzherbert, decano<br />
del capitolo di York, uomo dai contorni non ancora ben chiariti: da<br />
una parte accusato di simonia, di incontinenza, di usurpazione, dall'altra<br />
canonizzato da Onorio III nel 1226. A Fitzherbert, sebbene già eletto,<br />
investito, consacrato, da una fazione contraria fu opposto Henry de<br />
Murdac, cistercense. La disputa di York assunse dimensioni europee:<br />
San Bernardo vi svolse un ruolo di primo piano a favore di Murdac,<br />
avvantaggiato per il fatto che sulla cattedra di Pietro sedeva in quegli<br />
- 291-
anni un pontefice che nei suoi anni giovanili aveva profondamente<br />
subìto l'influenza del suo abate; i sostenitori di Fitzherbert complicarono<br />
ancor più le cose con la folle decisione di saccheggiare i possedimenti<br />
di Murdac. Ma il fattore che portò alla definitiva sconfitta di Fitzherbert<br />
fu la tenace ostinazione di Bernardo . Forse non erano in errore coloro<br />
i quali si lamentavano allora perché non Eugenio, ma Bernardo, era<br />
il vero papa: almeno in questo caso. La lunga disputa che ebbe luogo<br />
poco dopo la fondazione delle prime comunità cistercensi nel Nord, ne<br />
minacciò seriamente lo sviluppo; fu messa in crisi quella regola monastica<br />
che aveva fatto tanta impressione al primo apparire dei cistercensi in<br />
York nel 1132. D'altra parte, la prolungata disputa di York fece sì<br />
che gli occhi degli ecclesiastici del Nord si concentrassero su Roma.<br />
E il fatto che il papato, appena riemerso dal recente scisma, sia riuscito<br />
in quella occasione a dimostrare effettivamente la propria autorità,<br />
costituisce una pietra miliare nello sviluppo del potere papale nell'ambito<br />
della chiesa occidentale. Ed è giusto che ciò vada accreditato a<br />
San Bernardo, anche se non rientrava nei suoi piani.<br />
Alla profonda convinzione di San Bernardo, secondo la quale il<br />
modello cistercense era superiore ad ogni altra forma di vita monastica,<br />
si ricollega in qualche modo l'oggetto della relazione del padre olivetano<br />
Giorgio Picasso, professore all'Università Cattolica di Milano:<br />
San Bernardo e il « transitus » dei monaci da un monastero all'altro.<br />
Il problema, poco avvertito fino allora, si caricava di nuovi significati<br />
quando dal secolo XI in poi l'ordine monastico conobbe successive<br />
riforme, non de] tutto simili nell'interpretare la medesima Regola di<br />
San Benedetto. n
E dichiara: «lo Bernardo, se da una cosa buona fossi passato ad una<br />
migliore, e poi osassi tornare indietro, non solo sarei un apostata, ma<br />
avrei buoni motivi per temere di non essere adatto al regno dei cieli ».<br />
La relazione letta dal cistercense Denis Farkasfalvy, professore<br />
all'Università di Dallas (USA), ebbe per oggetto la conoscenza di Dio<br />
secondo San Bernardo. Il relatore, sebbene ammetta egli stesso che il<br />
tema è troppo vasto per essere trattato in una semplice relazione, si<br />
propone di affrontarlo globalmente per mettere in luce la coerenza<br />
interna del pensiero bernardiano, non senza aver prima accennato, in<br />
una rapida visione critica, alle opere pubblicate negli ultimi decenni<br />
sull'argomento.<br />
Degno di nota tra gli altri è il punto d'avvio dal quale, secondo<br />
D. Farkasfalvy, parte San Bernardo: l'uomo, che per natura è « capace<br />
di Dio », attualizza questa sua «capacità» quando prende coscienza<br />
del suo vero essere e incontra il suo vero volto interiore. Peccando<br />
l'uomo si porta fuori di se stesso, verso le cose sensibili che causano<br />
la sua alienazione e lo fanno rassomigliare ai bruti distruggendo in lui<br />
l'immagine di Dio; la conversione, sull'esempio del figliol prodigo, è<br />
il primo passo verso il ritorno in se stesso e verso la conoscenza di Dio:<br />
dal momento della « conversione », la conoscenza di Dio e quella di se<br />
stesso procedono di pari passo. Si, anche prima della « conversione» si<br />
può giungere alla conoscenza di Dio attraverso la natura, dato che il<br />
mondo è come un libro nel quale ognuno può leggere la sapienza di<br />
Dio; ma Bernardo non afferma mai che l'uomo può di fatto arrivare in<br />
concreto ad una vera cognizione di Dio senza il previo atto della conversione.<br />
Tuttavia, questo spiritualismo spinto ed appassionato non<br />
conduce Bernardo a sottovalutare i segni sensibili della salvezza e in<br />
particolare l'Incarnazione del Figlio di Dio. Bernardo è perfettamente<br />
conscio che la struttura divino-umana della storia sacra e del Verbo<br />
Incarnato è indispensabile al composito umano. Il relatore conclude<br />
affermando che, secondo lui, il pensiero di Bernardo è attualmente più<br />
valido di quanto generalmente non si pensi, perché il ruolo della riflessione,<br />
dell'esperienza religiosa, del simbolismo e dei segni nella conoscenza<br />
di Dio è compreso ai nostri giorni in una maniera nuova e più<br />
aperta che in altre epoche del passato.<br />
La relazione del benedettino padre J. Leclercq, studioso universalmente<br />
noto, verteva su psicologia e vita spirituale in San Bernardo.<br />
Bernardo è un santo, ma è anche un uomo, e come uomo va valutato<br />
nel modo più obiettivo possibile, anche se la storia può sembrare una<br />
scienza profanatrice che non si arresta di fronte a deficienze, difetti,<br />
peccati. Di Bernardo si è parlato, generalmente, con molta ammirazione.<br />
- 293-
Oggi molti storici tendono ad essere più severi nei suoi riguardi.<br />
È possibile un giudizio equanime? I suoi scritti contengono elementi<br />
sufficienti per un'analisi psicologica? Il relatore tenta di studiare alcuni<br />
comportamenti del santo che rivelino i suoi conflitti interiori, per<br />
vedere se e in quale misura egli ha saputo risolverli. La sicurezza' che<br />
alle volte Bernardo ostentava nel risolvere alcune fra le maggiori<br />
« crisi» del suo tempo, era vera sicurezza, o non era forse una innata<br />
timidezza che metteva subito in azione un meccanismo di difesa e lo<br />
portava ad agire per reazione, fino a renderlo aggressivo nell'affermare<br />
la propria autonomia? È possibile stabilire, e in che senso, una evoluzione<br />
nello sforzo di conciliare il suo temperamento con il suo ideale?<br />
Ha saputo Bernardo utilizzare tutti i dinamismi psichici di un uomo<br />
di carne e di sangue, integrandoli nell'ideale che si è prefisso? Sembra<br />
di poter dire che Bernardo ha realizzato questa integrazione, anche se<br />
essa gli richiese uno sforzo continuo e non fu mai completamente raggiunta.<br />
In questo campo, la riuscita consiste nello sforzo e suppone<br />
l'accettazione dell'insuccesso. Bernardo era cosciente di non essere perfetto:<br />
non' solo lo sapeva, ma lo diceva, lo scriveva, e voleva che lo<br />
si sapesse. La santità non sopprime i contrasti. Bernardo conobbe l'applauso<br />
delle folle e l'approvazione dei grandi. Ma ciò per cui ha<br />
mostrato di essere un santo fu la conoscenza delle proprie deficienze e<br />
la fedeltà nel seguire Cristo nonostante queste.<br />
Il prof. Ettore Paratore dell'Università di Roma, affrontando la<br />
sua relazione su San Bernardo scrittore, non si perita di affermare che<br />
l'aspetto preminente della personalità di San Bernardo è appunto quello<br />
di maestro di stile, tanto che (aggiunge il relatore citando J. Leclercq)<br />
« si è tentati di pensare non ad una predicazione orale, ma ad un lavoro<br />
di composizione letteraria, di redazione». La struttura linguistica,<br />
stilistica, espressiva, i suoi modi compositivi, il suo originalissimo stile,<br />
resero il santo un maestro incomparabile del suo secolo, un modello<br />
preciso e ben individuabiIe nella storia del latino medievale. Dopo aver<br />
lamentato la mancanza a tutt'oggi di uno studio sistematico della lingua<br />
e dello stile di Bernardo, il relatore afferma, forse troppo apoditticamente,<br />
che il nostro santo non ha apportato alcun arricchimento effettivo<br />
della problematica teologica, ma la sua importanza è nel poderoso<br />
sviluppo del restauro della disciplina ecclesiastica: da ciò nasce lo<br />
straripamento, la prevalenza assoluta dei valori oratori nella sua attività<br />
di scrittore. Nell'abate di Chiaravalle, il compiacimento per i più<br />
raffinati ritrovamenti espressivi trova accenti di cosi attento e sottile<br />
calcolo da persuaderei che l'autore dovesse spesso abbandonarsi all'allettamento<br />
degli artifici formali. II prof. Paratore passa quindi ad esami-<br />
- 294-
nare alcuni brani bernardiani per sottolineare che il tessu to stesso lessicale<br />
sfoggia un'eleganza fondata sulla più collaudata tradizione, e la<br />
sapienza retorica vi assume il predominio assoluto, relegando l'argomentazione<br />
teologica in un sottofondo appena avvertibile sotto gli scoppiettii<br />
di una pirotecnica verbale· in cui si sfoga la commossa pietà<br />
religiosa dello scrittore. Il relatore conclude ventilando l'idea che Dante<br />
abbia riecheggiato di proposito, facendolo parlare, lo stile di San Bernardo.<br />
Dante aveva inteso alla perfezione le caratteristiche dell'oratoria<br />
bernardiana, ed aveva avvertito che tutti quei raffinati artifici si purificano<br />
nel fuoco di un dirompente impeto religioso e ad esso assiduamente<br />
servono.<br />
Vero interesse suscitò la comunicazione del prof. Ferruccio Gastaldelli,<br />
del Pontificio Ateneo Salesiano, circa l'edizione italiana delle opere<br />
di San Bernardo. Questa iniziativa, attesa da più parti, è legata all'incontro<br />
del dr. Raffaele Mattioli di Milano con l'abbazia di Chiaravalle<br />
Milanese. L'edizione italiana comprenderà tutte le opere di San<br />
Bernardo e sarà condotta sull'edizione critica curata da Dom J. Leclercq<br />
e Henry Rochais, il cui testo sarà riprodotto a fronte. Essa sarà distribuita<br />
in nove volumi, alcuni dei quali saranno divisi' in vari tomi.<br />
Ogni opera sarà accompagnata da un breve commentario e preceduta da<br />
una adeguata introduzione. Il primo volume, che comprenderà pure<br />
una introduzione generale, andrà in stampa presumibilmente nel 1976;<br />
gli altri seguiranno di anno in anno. Nella ricerca dei collaboratori,<br />
il prof. Gastaldelli dice di aver trovato entusiasmo, perché le opere di<br />
San Bernardo costituiscono un incontro privilegiato e dànno il piacere<br />
di sentire un forte pensiero cristiano espresso in una lingua degna dei<br />
suoi più alti modelli classici.<br />
La Segretaria del Convegno sta curando la pubblicazione degli<br />
Atti del Convegno di Studi su San Bernardo, che vedranno la luce nei<br />
prossimi mesi: ad essi sarà riservato un numero, o più numeri, della<br />
nostra rivista «Notizie <strong>Cistercensi</strong> ».<br />
P. VITTORINO ZANNI<br />
- 295-
SOMMARIO DELL'ANNATA 1974<br />
N. 1-3:<br />
P. MALACHIAFALLETTI,Comunità di base e vita nella chiesa<br />
Definizione di comunità di Base .<br />
Motivo dell'esistenza delle comunità di Base.<br />
a) Nel mondo politico italiano.<br />
b) Nella chiesa<br />
c) Nella comunità religiosa.<br />
d) In genere per tutti i gruppi.<br />
Le comunità di Base in Italia .<br />
1. Comunità confessanti<br />
Testimonianza prevalentemente religiosa con carattere<br />
verticale-orizzontale<br />
Testimonianza prevalentemente politica con carattere<br />
orizzontale-verticale<br />
Impegno socialista .<br />
Ilprossimo ricco<br />
Lotta alla chiesa<br />
Elemento essenziale: la gioia<br />
2. Comunità di vita<br />
Fondamento della vita comune<br />
Conclusione<br />
MARIATERESA BERNINI,Il monastero di Santo Spirito nell'architettura<br />
agrigentina all'epoca dei Chiaramonte .<br />
Florilegio, SANBERNARDO,Apologia a Guglielmo di Saint<br />
T hierry (IO) .<br />
I Bernardo e i suoi non sono detrattori dell'Ordine<br />
di Cluny .<br />
II San Bernardo si scusa e loda l'Ordine Cluniacense<br />
III La varietà degli Ordini non deve pregiudicare il<br />
vincolo di carità .<br />
IV Chi abbraccia per la professione un Ordine solo abbraccia<br />
tutti gli altri per la carità<br />
V Severa requisitoria contro i religiosi invidiosi e<br />
detrattori degli altri Ordini .<br />
FERRUCCIOREGGIANI,L'Associatio Sancti Benedicti Patroni<br />
Europae<br />
296<br />
Pago 1<br />
» 2<br />
» 3<br />
» 3<br />
» 3<br />
» 4<br />
» 5<br />
» 6<br />
» 7<br />
» 7<br />
» 13<br />
» 14<br />
» 16<br />
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» 21<br />
» 22<br />
» 24<br />
» 26<br />
» 28<br />
» 35<br />
» 36<br />
» 39<br />
» 40<br />
» 43<br />
» 46<br />
» 48
P. BENEDETTO FORNARI, Luca Campano, un grande ciociaro<br />
CRONACA, Certosa di Firenze<br />
P. ANTONIO FUSCIARDI, Genealogia della famiglia di San<br />
Bernardo dal secolo IX al XX .<br />
Prolusione<br />
I Panorama storico della Borgogna e di Fontaines<br />
1. Sguardo panoramico della Francia<br />
2. La Storia della Borgogna<br />
3. Come si presenta Fontaines .<br />
4. I ruderi del castello e il santuario<br />
II Osservazioni sulla genealogia di Tesselino e sue<br />
notizie biografiche<br />
1. Identificazione di Tesselino e critica genealogica<br />
2. Luogo della provenienza di Tesselino .<br />
3. Identificazione di natura onomastica<br />
4. Seconde nozze di Eva, madre di Tesselino .<br />
5. Tesselino « Sorus » signore e cavaliere .<br />
6. Tracce biografiche di Tesselino .<br />
III Genealogia degli antenati di Aletta e sue tracce<br />
biografiche<br />
Tavola dei discendenti di Tesselino e Aletta.<br />
IV Rilievi sulla genealogia dal XII al XX secolo .<br />
JEAN DE LA CROIX BOUTON, Storia dell'Ordine Cistercense<br />
(diciassettesima pun tata)<br />
Citeaux nella cristianità<br />
- La Cristianità.<br />
- Vie di penetrazione<br />
- Incorporazioni e fondazioni<br />
- Il ricordo di San Bernardo .<br />
La scacchiera cistercense .<br />
- Statistiche<br />
- Circoscrizioni ecclesiastiche.<br />
- Fondazioni cistercensi nel Nord e nell'Est<br />
- Nei paesi scandinavi .<br />
- Nei paesi mediterranei.<br />
- Nel vicino oriente .<br />
Le monache cistercensi<br />
- Benedettine o cistercensi?<br />
- Trasferimenti e cambiamenti di nome<br />
- 297-<br />
Pago 51<br />
» 59<br />
» 64<br />
» 64<br />
» 64<br />
» 64<br />
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» 85<br />
» 89<br />
» 89<br />
» 89<br />
» 90<br />
» 91<br />
» 92<br />
» 93<br />
» 93<br />
» 94<br />
» 95<br />
» 100<br />
» 102<br />
» 104<br />
» 106<br />
» 106<br />
» 108
- Un'abbazia di monache cistercensi: Vignogoul<br />
Citeaux e il papato<br />
- Roma e Citeaux .<br />
- Privilegi<br />
- Delegazioni e legazioni .<br />
Citeaux e l'episcopato .<br />
- Le prime abbazie cistercensi e il vescovo diocesano<br />
- L'esenzione<br />
- I vescovi cistercensi<br />
Recensioni<br />
N.4:<br />
P. PLACIDOCAPUTO, I rapporti tra l'abbazia di Casamari<br />
e la « Badia Grande» di Santo Spirito in Agrigento .<br />
1. Influsso di Casamari nell'Italia Centro-Meridionale<br />
2. Fondazione del Partenio di Santo Spirito .<br />
3. La posizione giuridica del Partenio attraverso i<br />
secoli. '.<br />
4. Il sistema eçonomico di Santo Spirito nel Medioevo<br />
5. Programma di vita monastica: ora et labora .<br />
CRONACA<br />
Certosa di Firenze:<br />
1. Incontri giovanili 1974<br />
2. Convegno di studi su San Bernardo di Chiaravalle<br />
Abbazia di Piona: Celebrazione di San Benedetto Patrono<br />
d'Europa<br />
- Abbazia di Casamari<br />
Florilegio, S. BERNARDO,Apologia a Guglielmo di Saint<br />
Thierry (H") .<br />
VI Rimprovero contro chi giudica e calunnia il tenore<br />
di vita dei cluniacensi .<br />
VII L'esercitazione spirituale è più utile di quella<br />
corporale .,<br />
VIII Rimprovero dei vizi dei cluniacensi nascosti sotto<br />
il nome di virtù .<br />
298<br />
Pago 109<br />
» 110<br />
» 110<br />
» 112<br />
» 113<br />
» 115<br />
» 115<br />
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» 117<br />
» 120<br />
Pago 129<br />
» 129<br />
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»<br />
»<br />
»<br />
»<br />
146<br />
148<br />
150<br />
151<br />
» 153<br />
» 153<br />
» 155<br />
» 157
IX Paragone tra l'intemperanza dei cluniacensi e<br />
l'astinenza degli antichi monaci<br />
JEAN DE LA CROIX BOUTON, Storia dell'Ordine Cistercense<br />
(diciottesima puntata)<br />
Cìteaux e le crociate .<br />
- La prima crociata (1096-1099).<br />
- La seconda crociata (1146-1149)<br />
- La terza crociata (1188-1192)<br />
Clteaux e gli scismi<br />
- Lo scisma di Anacleto II<br />
- Lo scisma di Vittore IV .<br />
- I cistercensi e Alessandro III<br />
<strong>Cistercensi</strong>, Benedettini e Canonici Regolari<br />
- Il punto di vista del monachesimo tradizionale<br />
- Associazioni di preghiere .<br />
- Cambiamenti di monasteri e cambiamenti di Ordine<br />
Citeaux e i principi .<br />
- Citeaux e la famiglia reale di Francia<br />
- Citeaux e i sovrani d'Europa .<br />
- Donazioni e favori .<br />
Citeaux e gli Ordini religiosi militari<br />
- I Templari<br />
- La Cavalleria spagnola .<br />
ASSOCIATIO SANCTI BENEDICTI EUROPAE PATRONI, Atti<br />
della prima manifestazione del gruppo romano: .<br />
BRUNO BALESTRIERI, Parole di presentazione dell'inno e<br />
del suo autore<br />
PIETRO PALAZZINI, San Benedetto padre dell'Europa.<br />
.<br />
PHILIPPE ROUILLARD, Saint Benoù et la cioilisation occidentale<br />
.<br />
1. L' expérience personelle de saint Benoit .<br />
2. Le ròle du monachisme en Europe dans le passé<br />
3. Le message de Saint Benoit aux hommes de notre<br />
temps<br />
D. SIGHARDKLEINER, Parole conclusive.<br />
N.5-6:<br />
Pago 159<br />
» 163<br />
» 163<br />
» 163<br />
» 163<br />
» 165<br />
» 167<br />
» 167<br />
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» 172<br />
» 172<br />
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» 174<br />
» 177<br />
» 177<br />
» 179<br />
» 180<br />
» 181<br />
» 182<br />
» 183<br />
» 187<br />
» 189<br />
» 197<br />
» 204<br />
» 205<br />
» 206<br />
» 208<br />
» 210<br />
SALVATORE PIGA, O.C.S.O., Vita monastica e impegno<br />
battesimale. Analisi Ecclesiologica . Pago 217<br />
- 299-
I. Battesimo e professione monastica<br />
II. Carattere battesimale vissuto dal monaco<br />
1. Monaco-Profeta<br />
a) Testimonianza di vita evangelica<br />
b) Testimonianza escatologica<br />
c) Testimoni di una presenza<br />
2. Monaco-Sacerdote<br />
a) Vita sacramentale-liturgica<br />
b) Vita di preghiera<br />
c) Vita di santità<br />
3. Monaco-Re<br />
a) Dominio di sé<br />
b) Servizio ai fratelli<br />
c) Partecipi del Regno<br />
Bibliografia<br />
FRANCESCO GERALDI, Santi e beati della Badia Cistercense<br />
di Santa Maria di Sambucina<br />
Centro irradiante di Santità<br />
Fulgori d'infule .<br />
Flos in monte<br />
Attività poderosa<br />
San Telesforo Eremita<br />
Antesignani del progresso<br />
Lucerne sul candelabro<br />
Ultimi sprazzi<br />
Sparse Vestigia<br />
Sosta<br />
JEAN DE LA CROIX BOUTON, Storia dell'Ordine Cistercense<br />
(diciannovesima puntata) .<br />
Il secondo secolo cistercense. Da Innocenzo III (1198)<br />
a Bonifacio VIII (1294) .<br />
1. Evoluzione dello spirito Cistercense<br />
- Le origini della bolla «Parvus Fons»<br />
Il Collegio San Bernardo di Parigi .<br />
- Fondazione del Collegio<br />
- Reazione ed opposizione .<br />
- La perfezione liturgica<br />
- Arricchimento del Calendario<br />
- 300-<br />
Pago 217<br />
» 219<br />
» 220<br />
» 221<br />
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» 229<br />
» 230<br />
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» 236<br />
» 238<br />
» 239<br />
» 240<br />
» 241<br />
» 241<br />
» 243<br />
» 243<br />
» 244<br />
» 246<br />
» 246<br />
» 246<br />
» 247<br />
» 250<br />
» 251<br />
» 254<br />
» 255<br />
» 256
- La salve Regina<br />
- Cerimonie di culto<br />
Il fiorire dell'architettura .<br />
- Sviluppo della pianta delle chiese<br />
- Splendore delle costruzioni .<br />
I Grandi centri di vita mistica (I) .<br />
- I Santi<br />
- Gli autori spirituali<br />
I Grandi centri di vita mistica (II) .<br />
- Il graal<br />
- Un mondo magico .<br />
- Il mistero del Santo Graal<br />
Florilegio, S. BERNARDO,Apologia Guglielmo di Saint<br />
Thierry (III)<br />
X Contro l'ornato ed il lusso degli abiti .<br />
XI Perché i superiori non correggono i vizi dei sudditi.<br />
Contro il lusso dei prelati .<br />
XII Contro il lusso delle chiese .<br />
XIII Mezzi per alimentare la mutua carità e pace. Chi<br />
passa da un Ordine all'altro è instabile .<br />
CRONACA<br />
1. Capitolo Generale dell'Ordine Cistercense, Casamari<br />
17-27 Settembre 1974 (P. Malachia Falletti) .<br />
2. Dal Breve « Pacis Nuntius » (Ferruccio Reggiani<br />
3. Certosa di Firenze: Convegno di studi su San<br />
Bernardo di Chiaravalle (P. Vittorio anni)<br />
Sommario dell'annata 1974 "<br />
- 301-<br />
Pago 258<br />
» 259<br />
» 260<br />
» 261<br />
» 262<br />
» 265<br />
» 265<br />
» 268<br />
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» 270<br />
» 270<br />
» 273<br />
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» 276<br />
» 278<br />
» 278<br />
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» 284<br />
» 287<br />
» 289<br />
» 296