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Alcune considerAzioni sullA glitticA post-AnticA: lA cosiddettA ...

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<strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong>: <strong>lA</strong> <strong>cosiddettA</strong><br />

«produzione dei <strong>lA</strong>pis<strong>lA</strong>zzuli»<br />

Ga b r i e l l a Ta s s i n a r i<br />

Abstract<br />

The well-known lapis lazuli set of gems, called “lapis lazuli workshop”, is a group of mass-produced gems, carnelians,<br />

aga tes and especially lapis lazulis, not attributed, often of low quality, engraved in sixteenth and seventeenth centuries.<br />

Their subjects and style may have been inspired by gems of the later Roman Empire; therefore they are frequently<br />

confused with ancient specimens. The output of these gems has been huge; one finds many such gems in each public<br />

and private collection; however most of them are yet unpublished. The question as to the provenance of the lapis lazuli<br />

group is not yet satisfactorily answered. The lapis gems with figures and those with heads were cut in the same<br />

workshops; the recurrent characteristics and the similarity of many products (they can be divided in some groups with<br />

a uniform style) points to a limited number of workshops situated in proximity to one another. Most scholars think<br />

that likely these gems come from somewhere in northern Italy, particularly Venice or Milan.<br />

1. Definizione, obiettivi e limiti del lavoro<br />

nell’ambito della glittica anonima <strong>post</strong>-classica<br />

– una realtà molto ampia, variegata e complessa,<br />

finora parzialmente nota, soprattutto per i secoli<br />

XV - prima metà del XViii – una delle produzioni<br />

più riconosciute è quella della cosiddetta «officina<br />

dei lapislazzuli». poiché gli esemplari sono<br />

assai numerosi, nelle pubblicazioni si incontrano<br />

molto frequentemente: talvolta sono stati oggetto<br />

di analisi, talaltra non si sono identificati. lo studio<br />

dei nuovi cataloghi che arricchiscono il panorama,<br />

ma, data la sede, spesso si limitano a riportare<br />

alcuni dati conosciuti, senza approfondire l’argomento,<br />

l’esame degli intagli della collezione conservata<br />

a Verona, ai civici Musei d’Arte, la visione<br />

di alcune raccolte pubbliche e private, inedite,<br />

mi hanno indotto ad affrontare uno studio specifico<br />

su tale produzione. infatti mi sembra giunto il<br />

momento di esaminare lo status quaestionis, ripercorrendo<br />

brevemente la storia degli studi, richiamando<br />

i punti salienti della problematica, benché<br />

alcuni di essi siano ben noti, presentando una serie<br />

di dati sistematizzati e rielaborati, tentando un<br />

bilancio, offrendo alcuni spunti per ricerche future<br />

e una serie di ipotesi di lavoro, che non paiono azzardate<br />

o arbitrarie, la cui validità potrà esser verificata<br />

dai prossimi studi.<br />

Ma problematico ed arduo si è rivelato, in vari<br />

casi, selezionare ed isolare gli esemplari appartenen-<br />

ti alla produzione dei lapislazzuli, riorganizzare ed<br />

elaborare il materiale per meglio delinearne i connotati.<br />

infatti la produzione in esame è solo una delle<br />

varie correnti stilistiche nell’ambito di una realtà<br />

poco conosciuta; la distinzione dalle altre correnti<br />

è spesso accettabile più in sede teorica che pratica.<br />

se il principale filo conduttore per individuare<br />

questa produzione rimane il lapislazzuli, ad esso<br />

si affiancano varie altre pietre, in primis la corniola,<br />

aumentando notevolmente la documentazione.<br />

tuttavia, un eccessivo ampliamento, giustificato<br />

dal copioso materiale, rischia di diventare onnicomprensivo<br />

e sfuggente ad ogni definizione. perciò,<br />

al fine di circoscrivere i contorni di una ricerca<br />

che si dilatava oltre i confini prefissati, ho scelto di<br />

rimandare ad altra sede l’analisi di quegli insiemi<br />

di gemme individuati, che hanno rapporti, più o<br />

meno stretti, con questa produzione, ma non sembrano<br />

ad essa riconducibili. si è comunque perfettamente<br />

consapevoli di come i criteri adottati possano<br />

parere opinabili e distinzioni e delimitazioni<br />

siano a volte non ben precisate. il presente contributo<br />

rispecchia lo stato degli studi; non ha certo la<br />

pretesa di offrire un quadro definitivo della produzione<br />

dei lapislazzuli, ma si pone come una riflessione<br />

su quegli aspetti che la ricerca consente attualmente<br />

di esaminare e discutere.<br />

Vanno perciò precisati il taglio dello studio e<br />

i suoi limiti, per giustificare delle omissioni che<br />

sono scelte deliberate. operata una definizione del


68<br />

campo di indagine, non si sono esaminate le varie<br />

iconografie nell’ambito della temperie figurativa<br />

dell’epoca, né, tranne qualche caso particolarmente<br />

significativo o fondamentale, è stato analizzato<br />

il modo in cui alcune di queste gemme erano spiegate,<br />

interpretate o discusse nei testi del periodo.<br />

infatti eruditi, esperti antiquari, collezionisti, che<br />

godevano di prestigio e fama, come, ad esempio,<br />

leonardo Agostini, paolo Alessandro Maffei o Antonio<br />

Francesco gori – che con il suo monumentale<br />

Museum Florentinum (1731-1732) poneva a disposizione<br />

di tutti le riproduzioni di oltre 1200 gemme<br />

e raccoglieva numerosi calchi di gemme, anche in<br />

lapislazzuli – mirano all’identificazione dei soggetti<br />

raffigurati sulle gemme attraverso interpretazioni,<br />

citazioni di fonti letterarie e iconografiche, congetture<br />

più o meno verosimili, fondate sul costume<br />

degli antichi o sull’autorità degli scrittori. le discussioni,<br />

i riferimenti eruditi, le disquisizioni morali, i<br />

commenti di tipo antiquariale, spesso ai nostri occhi<br />

aleatori o meglio oziosi, ma emblematici della<br />

cultura del tempo, se affrontati in modo adeguato e<br />

esaminati nel loro contesto, avrebbero fatto lievitare<br />

a dismisura il lavoro già voluminoso; e comunque<br />

non sarebbero serviti al fine di questo contributo.<br />

non sono stati presi in considerazione tutti i<br />

casi, antichi e non, in cui il lapislazzuli è stato usato<br />

per scopi chiaramente magici o comunque legati<br />

a contesti magici e rituali, che preferiscono il lapislazzuli,<br />

come appunto le gemme magiche.<br />

non sono stati esaminati anche quegli esemplari<br />

in lapislazzuli connessi in modo più o meno diretto<br />

con l’egitto, perché inquadrabili in un fenomeno,<br />

una tradizione ed un contesto culturale ben differente,<br />

che esula dallo scopo di questo studio.<br />

un altro spinoso problema – che mi riservo di<br />

indagare in futuro – riguarda le riproduzioni in vetro<br />

che imitano pietre incise in lapislazzuli. infatti<br />

in linea generale è arduo e spesso impossibile discernere<br />

esemplari in vetro antichi, realizzati nello<br />

stesso periodo degli originali, da quelli moderni,<br />

cioè eseguiti dopo vari secoli, e specie nel XViii<br />

secolo, quando vengono prodotte quantità cospicue<br />

di paste vitree 1 . comunque le imitazioni vitree del<br />

lapislazzuli (almeno quelle edite con la relativa immagine)<br />

non presentano le caratteristiche più tipiche<br />

della produzione qui esaminata.<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

così, oggetto di un prossimo contributo saranno<br />

i cammei in lapislazzuli: un insieme differente,<br />

spesso di alta qualità, che non mostra alcuna analogia<br />

con le peculiarità dell’officina dei lapislazzuli;<br />

sembra si possa definirla una produzione diversa.<br />

uno dei risultati più interessanti emersi dall’analisi<br />

dei pezzi – ma anche una delle difficoltà dalla<br />

ricerca – è che nell’ambito della produzione dei lapislazzuli<br />

si distinguono vari gruppi, a livello iconografico<br />

e stilistico, che si possono definire ‘insiemi’,<br />

‘correnti’, ‘filoni’. dunque, si evidenzia che<br />

pezzi, tra loro più o meno simili e a volte pressoché<br />

identici, si possono riunire e collocare in diversi ‘filoni’:<br />

ma, data la situazione degli studi, il tentativo<br />

di ricollegarli a singole ‘officine’ si potrebbe rivelare<br />

prematuro, più che arbitrario. potrebbero provenire<br />

da un solo atelier quegli intagli, in lapislazzuli<br />

e in corniola (ma anche in altri materiali), con<br />

tipi ricorrenti, resi nello stesso modo (ad esempio<br />

l’Amore stante del filone 1, gruppo B); il confronto<br />

tra le gemme è stringente, talvolta sino nei particolari,<br />

uguali. un altro esempio è un insieme di intagli<br />

con Vulcano al lavoro come fabbro che presenta<br />

uno schema compositivo comune (filone 1, gruppo<br />

d). Va però ribadito che non è una classificazione<br />

rigida: pezzi che presentano caratteristiche di più<br />

‘filoni’ (ad esempio per il tipo di panneggio o il profilo<br />

dei visi) evidenziano che si tratta comunque di<br />

un ‘comune denominatore’, cioè di una produzione<br />

assai vasta all’interno della quale si situano differenti<br />

correnti in relazione più o meno stretta.<br />

la divisione di questa produzione in filoni (non<br />

in ordine cronologico; contrassegnati da un numero)<br />

e in gruppi (contraddistinti da una lettera) – differenti<br />

ma contemporaneamente in rapporto – e la<br />

separazione dei pezzi, qui seguita, ha come obiettivo<br />

da una parte di evidenziare appunto il ‘comune<br />

denominatore’, dall’altra la varietà di motivi e<br />

di stili riscontrata, con tanti influssi e scambi iconografici<br />

e stilistici. Anche l’inserimento di alcuni<br />

intagli nell’ambito di questa produzione, che a prima<br />

vista potrebbe sembrare arrischiato, risulta invece<br />

giustificato in base al confronto con altri simili<br />

pezzi ormai senza dubbi ad essa attribuiti.<br />

delle variazioni iconografiche e stilistiche si è<br />

tenuto conto, evitando però di disperdersi nella<br />

creazione di una serie infinita di varianti – inte-<br />

1 per un’analisi delle numerose questioni relative alle varie imitazioni con il vetro delle pietre preziose, si veda da ultimo Ta ss<br />

i n a r i 2009a, pp. 171-174; Ta s s i n a r i 2009b; Ma G n i, Ta s s i n a r i 2009; Ta s s i n a r i 2010a.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

69<br />

se nell’accezione di particolarità più o meno significanti<br />

riscontrabili all’interno di pezzi con caratteristiche<br />

comuni – la cui utilità diviene, alla fine,<br />

nulla. perciò spesso si è preferito semplificare, evidenziando<br />

pochi filoni con più gruppi.<br />

comunque, le continue revisioni apportate ai<br />

gruppi sono la spia delle difficoltà incontrate (ad<br />

esempio si è oscillato tra il rischio di dividere troppo<br />

e troppo riunire) e testimoniano come la classificazione<br />

viene effettuata in virtù di criteri ovviamente<br />

non sempre oggettivi: è questo in realtà un<br />

limite comune a molte ricerche analoghe.<br />

si riscontra l’esistenza di filoni non solo nei lotti<br />

più cospicui di questi intagli, cioè quelli del Museo<br />

Archeologico nazionale di Madrid 2 , del Kunsthistorisches<br />

Museum di Vienna 3 , di Monaco (staatliche<br />

Münzsammlung) 4 , della collezione sloane al<br />

British Museum 5 , del Museo degli Argenti di Firenze<br />

6 , ma anche nei minori, come quelli dei civici<br />

Musei d’Arte a Verona 7 , dei civici Musei di udine<br />

8 , di nimega (provinciaal Museum g. M. Kam) 9 ,<br />

del Museo nazionale ungarico di Budapest 10 .<br />

l’allargamento dei confini di questa produzione<br />

(necessario, come dimostra questo studio) implica<br />

che vada cambiata la stessa definizione. tuttavia<br />

appare prematuro proporne una univoca e<br />

adeguata. senza dubbio va mantenuto il concetto di<br />

‘massa’, ‘di vasta scala’, evidente nel termine Massenware<br />

in Lapislazzuli e Massenware in Kar neol della<br />

zwierlein-diehl 11 . infatti il primo risultato lampante<br />

è la gran quantità dei pezzi.<br />

Manneristic Gems, come ha denominato questi<br />

intagli la Maaskant-Kleibrink 12 , è una caratterizzazione<br />

che punta più sullo stile. per comodità di riferimento,<br />

in questo studio sarà tenuta la definizione,<br />

ormai invalsa, di ‘officina’ o ‘produzione dei<br />

lapislazzuli’.<br />

senza pretesa di completezza si è cercato però<br />

di rintracciare e menzionare più esemplari possi-<br />

bili, per non perdere la massa di informazioni raccolte<br />

(talvolta ha prevalso la linea di un recupero<br />

dei dati sulla loro interpretazione che non sarebbe<br />

stata sicura), proprio per fornire elementi, anche<br />

quantitativi, per una più ampia ricostruzione<br />

di questa produzione glittica. i paragrafi sono strutturati<br />

in modo diverso, secondo le esigenze della<br />

ricerca. in molti casi è parso necessario ridurre le<br />

indicazioni al minimo, dando solo l’attuale collocazione,<br />

a volte la collezione (per lo più per pezzi<br />

inediti), la datazione (generalmente riportata in<br />

nota) fornita dal testo in cui la gemma è pubblicata,<br />

anche se non condivisa e/o errata; invece ho pro<strong>post</strong>o<br />

una datazione per gli intagli inediti o documentati<br />

solo da disegni (ad esempio quelli di gronovius,<br />

di de Wilde) o i calchi del gori e del tassie.<br />

si sono organizzate le citazioni in ordine alfabetico<br />

secondo il luogo di conservazione, prima in italia<br />

poi all’estero.<br />

dato lo scopo di questo studio, alcune immagini<br />

sono state prese dai testi, in cui le gemme sono<br />

pubblicate. si sono privilegiati gli esemplari più significativi,<br />

quelli più chiaramente leggibili, ma anche<br />

gemme inedite o tratte da testi dei secoli XVii<br />

e XViii. per non offrire un panorama limitato e selettivo<br />

è sembrato essenziale – sia in presenza di<br />

varianti sia di somiglianze stringenti – fornire più<br />

fotografie di esemplari analoghi. proprio a dimostrare<br />

affinità iconografiche e stilistiche si pubblicano<br />

le fotografie per insiemi omogenei, iconografici<br />

e stilistici, cercando, ove possibile, di presentare i<br />

pezzi dal più ‘classico’ al meno ‘classico’. ne risultano<br />

tavole che dovrebbero costituire un’utile integrazione<br />

visiva alle teorie qui es<strong>post</strong>e.<br />

2. Breve storia degli studi<br />

il primo a parlare della produzione dei lapislazzuli,<br />

attribuendola al XVi e XVii secolo, fu il<br />

2<br />

Ca s a l Gar C í a 1990.<br />

3<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991.<br />

4 AGDS i, 3; we b e r 1992; we b e r 2001.<br />

5<br />

Da lT o n 1915, passim; inediti (visione autoptica).<br />

6<br />

Ge n n a i o l i 2007.<br />

7<br />

Ta s s i n a r i 2009.<br />

8<br />

To M a s e l l i 1993; an C e s C h i 2006.<br />

le gemme <strong>post</strong>-classiche conservate nei civici Musei di udine sono in corso di studio da parte della sottoscritta.<br />

9<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986.<br />

10<br />

Ge s Z T e ly i 2000.<br />

11<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 25-26.<br />

12<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997.


70<br />

Furtwängler 13 . A proposito dei lapislazzuli ripetutamente<br />

impiegati nel tardo impero per sigilli e<br />

anche per talismani, osservava che grandi quantità<br />

di lavori in questa pietra venivano eseguiti in<br />

modo molto superficiale (allerflüchtigster) e grossolano<br />

(rohester) sulla scia di antichi motivi e perciò<br />

talvolta non erano facilmente distinguibili dai rozzi<br />

esemplari tardoromani. e lo studioso riconosceva<br />

che appartenevano all’epoca moderna e andavano<br />

ricollegati alla produzione in questione quegli<br />

intagli del suo catalogo di Berlino (egli scrive: nn.<br />

8733 e seguenti, ma per l’esattezza sono i nn. 8733-<br />

8821) da lui invece ritenuti antichi e classificati alla<br />

fine delle pietre antiche di ordinaria e cattiva esecuzione<br />

14 .<br />

già nel 1912 osborne doveva aver fatto sue le<br />

conclusioni del Furtwängler, quando sottolineava<br />

che era necessario un esame molto attento per discernere<br />

il grande numero di intagli in lapislazzuli<br />

imitanti l’antico, incisi in maniera grossolana, dai<br />

cattivi lavori del tardo impero, dal momento che la<br />

rozzezza era simile in entrambi i gruppi 15 .<br />

in seguito lo zazoff 16 , la Maaskant-Kleibrink 17 ,<br />

la casal garcia 18 e la zwierlein-diehl 19 hanno avuto<br />

il merito di aver richiamato l’attenzione su questa<br />

produzione.<br />

un passo in avanti nella ricerca è stato l’individuazione<br />

di vari elementi – iconografici e stilistici<br />

– che si rifanno, in modo più o meno diretto, alle<br />

opere di Valerio Belli, detto Valerio Vicentino (Vicenza<br />

1468-1546), e di giovanni Bernardi da castel<br />

Bolognese (1494-1553), i più notevoli e famosi incisori<br />

italiani del periodo, che hanno rivestito somma<br />

importanza nel panorama glittico 20 . la qualità,<br />

l’influenza e la fortuna di cui godevano le opere<br />

del Belli e del Bernardi le rendevano punto di riferimento;<br />

va quindi loro riconosciuto un apporto<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

determinante al repertorio glittico. così, ad esempio,<br />

un elemento tipico di vari intagli dei due Maestri,<br />

come il mantello che si allaccia sotto il collo<br />

con una scollatura a V, svolazzante al vento, viene<br />

alterato e reso con quella schematizzazione a doppia<br />

o tripla V sul davanti e con quella grossolana<br />

velificatio del panneggio, che è una delle caratteristiche<br />

dei pezzi di questa produzione.<br />

sono rilevanti due altri dati acquisiti dalla ricerca.<br />

il primo è che le stesse immagini sono intagliate<br />

in lapislazzuli e in corniola (e in altre pietre), cioè<br />

nelle medesime officine venivano realizzate gemme<br />

del tutto analoghe con pietre diverse.<br />

inoltre dalle stesse officine responsabili della<br />

produzione di intagli con figure proviene anche<br />

quella serie di intagli, prevalentemente in lapislazzuli<br />

e in corniola, con teste di profilo, con corone<br />

radiate o con tenie, prodotte in massa e che quindi<br />

formano nuclei molto consistenti (cfr. filoni nn.<br />

10-12). in particolare, per quanto riguarda le teste<br />

radiate, la Maaskant-Kleibrink rileva che esse<br />

possono aver avuto la loro ispirazione nelle monete<br />

di tetrico coniate in gallia nel iii secolo d.c.,<br />

molto popolari in renania, Britannia, olanda 21 ; la<br />

zwierlein-diehl 22 pensa anche possano esser copiate<br />

dalle gemme con la testa del sole. Ma ricordiamo<br />

che secondo la Vollenweider questa caratteristica<br />

tecnica di intaglio, espressiva e molto rozza, con<br />

l’estrema stilizzazione dei tratti fisionomici, risentiva<br />

dell’influsso della glittica sassanide e barbara e<br />

andava perciò attribuita al iii-iV secolo d.c. 23 . così,<br />

seguendo la Vollenweider, sono state datate al iiiiV<br />

secolo d.c. varie di queste teste, che invece sono<br />

da ricollegare alla produzione in lapislazzuli.<br />

Ma già Furtwängler riteneva testimonianza di<br />

un genere di lavori rozzi e numerosi del XVi-XVii<br />

secolo una corniola con una testa coronata, anche<br />

13 Fu r T wä n G l e r 1900, vol. iii, p. 362 e nota 1.<br />

14 Fu r T wä n G l e r 1896, pp. 320-322, nn. 8733-8821.<br />

15 os b o r n e 1912, p. 180.<br />

16 Za Z o F F 1983, p. 343, nota 295.<br />

17 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986; Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997.<br />

18 Ca s a l Ga r C í a 1990; Ch av e s Tr i s Ta n, Ca s a l Ga r C í a 1993, pp. 315-316.<br />

19 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 25-26; Zw i e r l e i n-Di e h l 1993.<br />

20 kr i s 1929, i, p. 59; Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 26; Ta s s i n a r i 1996.<br />

21 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. 88, 93. Va ricordato che la Maaskant-Kleibrink rileva che anche gli intagli con figure, di questa<br />

produzione, possono aver avuto la loro ispirazione dai rovesci delle monete, ad es. per il tipo di Atena-Minerva-roma stante<br />

o seduta: ibidem, p. 90, nn. 181, 183, 184.<br />

22 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 248.<br />

23 vo l l e n w e i D e r 1958, pp. 283-284; vo l l e n w e i D e r 1976-79, pp. 257-258, tav. 83, fig. 3, n. 269; vo l l e n w e i D e r 1983, pp. 187-188, n.<br />

238. però va sottolineato che in questi intagli non sono evidenti le caratteristiche della produzione.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

71<br />

se regolare e senza alcun indizio della produzione<br />

in esame, creduta infatti antica 24 .<br />

concludendo, sembra sorpassata la tesi della<br />

Vollenweider e corretta e ormai accettata la stessa<br />

datazione per le teste radiate e per le figure.<br />

3. Datazione<br />

giustamente – e sulla scia di quanto rilevato<br />

dal Furtwängler – la zwierlein-diehl sottolinea<br />

che proprio la fattura molto superficiale ( flüchtig è<br />

l’aggettivo che la studiosa usa per questa produzione),<br />

la qualità misera, l’uso di pochi strumenti<br />

fa sì che gli intagli della produzione in lapislazzuli<br />

appaiano simili ai rozzi intagli della più tarda età<br />

imperiale e che appunto a quell’epoca siano stati<br />

di frequente ascritti 25 . dunque per le analogie iconografiche<br />

e stilistiche con gli esemplari tardo-romani<br />

le gemme della produzione in esame sono<br />

state spesso (all’inizio degli studi, ma anche in seguito)<br />

con essi confuse. esempi significativi e sempre<br />

citati sono gli intagli, in lapislazzuli e in agata<br />

zonata, datati al più tardo iii secolo d.c., con Bonus<br />

Eventus (?) e con ercole contro cerbero 26 , e un<br />

diaspro verde, lavorato su entrambi i lati, su uno<br />

dei quali un giovane stante si appoggia con il gomito<br />

ad un pilastrino e in una mano protesa tiene<br />

un elmo, ascritto al iii o iV secolo d.c. 27 , che presentano<br />

una serie di caratteristiche stilistiche tipiche<br />

della produzione in questione, a cui appunto<br />

appartengono e a cui sono stati in seguito giustamente<br />

ricondotti 28 . così spesso era lasciato aperto<br />

il discorso sulla cronologia delle gemme dell’offi-<br />

cina dei lapislazzuli; per esempio la Mandrioli Bizzarri<br />

ascriveva al iii-iV secolo d.c. una corniola<br />

con il solito tipo dell’erote stante (filone 1, gruppo<br />

B) 29 e proponeva una datazione al iii-iV secolo<br />

d.c. o al XVii-XViii secolo per una serie di intagli<br />

in lapislazzuli, appartenenti appunto alla produzione<br />

in esame. Ancora recentemente si ipotizza<br />

che questo tipo dell’erote possa esser tardo-romano<br />

30 .<br />

per quanto riguarda la datazione della produzione<br />

in lapislazzuli, lo zazoff la assegna ai secoli<br />

XVii e XViii 31 . invece la Maaskant-Kleibrink osserva<br />

che se i lapislazzuli pubblicati dal noto filologo,<br />

professore e antiquario olandese iacobus gronovius<br />

(1645-1716), nella seconda parte delle sue<br />

due nuove edizioni (1695; 1707) dell’opera di Abraham<br />

gorlaeus (1549-1609; esperto antiquario e collezionista<br />

che pubblicò la sua ampia raccolta di<br />

anelli e gemme) 32 non furono tutti presi dalle raccolte<br />

del XVii secolo, ma anche da quella di gorlaeus,<br />

la loro datazione va anticipata e deve risalire<br />

al XVi o persino al XV secolo 33 . più di recente<br />

la studiosa ha ribadito i motivi per i quali questa<br />

produzione molto probabilmente è circoscritta<br />

principalmente al XVi secolo 34 . la zwierlein-diehl<br />

ritiene esatte queste considerazioni: le affinità stilistiche<br />

delle corniole incastonate nella piccola anfora<br />

di smalto, della metà del XVii secolo, a Vienna<br />

(Kunsthistorisches Museum), con gli intagli di<br />

lapislazzuli dimostrano che essi non possono esser<br />

nati più tardi della metà del XVii secolo; l’inizio<br />

della produzione si può porre nella prima metà<br />

del XVi secolo e lo sviluppo nell’ambito dello stesso<br />

secolo 35 .<br />

24<br />

Fu r T wä n G l e r 1900, p. 309, tav. lXVii, n. 31. l’intaglio è stato qui inserito nel filone n. 10, gruppo B. lo studioso citava come<br />

esempio un intaglio privo di immagine: Fu r T wä n G l e r 1896, p. 326, n. 9016 (cfr. anche ibidem, n. 9017, definito uguale).<br />

25<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 25; Zw i e r l e i n-Di e h l 1993, pp. 386, 393.<br />

26 rispettivamente Fu r T wä n G l e r 1896, p. 322, n. 8770 (senza illustrazione), tav. 62, n. 8792; Zw i e r l e i n-Di e h l 1969, p. 186, tav. 89,<br />

n. 515, pp. 190-191, tav. 92, n. 535. sono stati qui inseriti: il primo nel filone 1, gruppo A, il secondo nel filone 9, gruppo A.<br />

27<br />

se n a Ch i e s a 1966, p. 323, tav. XlVii, n. 928. l’intaglio è ripubblicato e datato al iii secolo d.c. in Aquileia 1996, p. 96, n. 183.<br />

la figura incisa su un lato è stata inserita nel filone 1, gruppo A, e la testa laureata dell’altro lato nel filone 11, gruppo c.<br />

28<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1970, p. 188; Za Z o F F 1983, p. 343, nota 295; Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 91; Ca s a l Gar C í a 1990, i, p. 73;<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 259, n. 2562; Ch av e s Tri s Ta n, Ca s a l Gar C í a 1993, p. 316; se n a Chi e s a 1996, p. 485 e nota 43; Ta s s i n a r i<br />

1996, p. 170; se n a Chi e s a 2005, p. 492, fig. 5.<br />

29<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, p. 90, n. 143.<br />

30<br />

Ge n n a i o l i 2007, p. 361, n. 486.<br />

31<br />

Za Z o F F 1983, p. 394, nota 40.<br />

32<br />

Gr o n o v i u s 1695.<br />

33<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. x, x i i-xiii.<br />

34<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, p. 236 e passim.<br />

35<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 26.


72<br />

ora sembra prevalente una datazione di questo<br />

complesso di intagli al XVi-XVii secolo 36 .<br />

A mio parere questa produzione va appunto<br />

contenuta nel XVi e nel XVii secolo, preferibilmente<br />

nella prima metà del XVii secolo, e comunque<br />

non arriva al XViii secolo, quando sarebbe stata<br />

troppo stridente nel panorama glittico noto, con<br />

un repertorio iconografico e stilistico assai differente<br />

e con il fenomeno degli incisori che firmano<br />

e divengono anche famosi. insomma questa produzione<br />

dovrebbe esaurirsi nell’ambito del XVii secolo.<br />

concludendo, vanno tutti ricondotti alla produzione<br />

in esame quegli intagli qui inseriti nei vari filoni,<br />

che invece sono stati ascritti al ii secolo d.c.,<br />

al iii secolo d.c. o addirittura al i secolo a.c.<br />

ricordiamo però – e rimane per ora un problema<br />

aperto – che esiste una produzione di età romana,<br />

spesso di qualità ‘bassa’, che appunto non è<br />

sempre distinguibile da quella non antica (cfr. paragrafo<br />

12).<br />

le generali e notevoli difficoltà di determinazione<br />

cronologica della glittica <strong>post</strong>-classica non consentono<br />

una datazione più circoscritta dei pezzi in<br />

esame.<br />

per quanto concerne la cronologia interna della<br />

produzione in lapislazzuli, non sembra giusto,<br />

tranne nei casi segnalati, stabilire la priorità di un<br />

filone o di un gruppo rispetto ad un altro. Forse<br />

però non è scorretto pensare che, in alcuni gruppi,<br />

siano cronologicamente più vicine al modello ‘classico’<br />

– antico o rinascimentale – quelle gemme che,<br />

con il loro impianto formale e rendimento stilistico<br />

più o meno accurato, gli si attengono fedeli così da<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

esser talvolta non agevolmente riconoscibili dalle<br />

antiche. perciò dovrebbero esser relativamente più<br />

tarde le gemme dove la resa generale è imprecisa,<br />

a volte proprio scadente. Ad esempio è probabile<br />

siano cronologicamente <strong>post</strong>eriori alcuni intagli del<br />

gruppo A del filone n. 1 che risultano più disorganici,<br />

più schematici e immiseriti 37 . Ma non va escluso<br />

che questo invece indichi diversa officina. lo prova<br />

un’altra totale semplificazione degli intagli del<br />

gruppo A del filone n. 1: un intaglio del filone n.<br />

8 38 che appartiene appunto ad una produzione dei<br />

paesi Bassi. lo stesso progressivo sfaldarsi e deteriorarsi<br />

della struttura si rileva in molti esemplari<br />

del lotto più cospicuo, quello del Museo Archeologico<br />

nazionale di Madrid, sia con le teste radiate<br />

(filone n. 10, gruppo A) sia con quelle laureate (filone<br />

n. 11, gruppo A).<br />

4. Il lapislazzuli<br />

l’indizio più usato, per identificare i pezzi della<br />

produzione in esame, è l’impiego del lapislazzuli 39 .<br />

opaco, dal caratteristico bellissimo colore azzurro o<br />

blu intenso, talora sbiadito e tendente al verde o al<br />

violaceo, non sempre uniforme, di frequente punteggiato<br />

di macchie biancastre e giallastre e giallo<br />

oro, per le picchiettature di pirite che creano un<br />

effetto maculato inconfondibile, corrisponde al Lapis<br />

sapphirus di plinio 40 , che ne dà una descrizione<br />

precisa, annotando le ‘scintille’ d’oro.<br />

i principali giacimenti di lapislazzuli – e di qualità<br />

ottima – sono situati nel Badakhshan, nell’Afghanistan<br />

settentrionale; altri ce ne sono in siberia<br />

36 Pl a T Z -ho r s T e r 1988, p. 566 (XVi-XVii secolo); Ca s a l Ga r C í a 1990, i, p. 74 (per alcuni intagli, non prima del XVii secolo);<br />

Gu e P i n 1990, p. 168 (XVii secolo o anche XVi secolo); Ch av e s Tr i s Ta n, Ca s a l Ga r C í a 1993, p. 316 (non prima del XVii secolo);<br />

se iD M a n n 1993 (XVi-XVii secolo); se n a Ch i e s a 1996, p. 484 (XVii secolo); se iD M a n n 1997, p. 152 (XVi - prima metà del XVii secolo);<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, pp. 236-237, 241 (XVi-XVii secolo); Ge s Z T e ly i 2000, pp. 86-87 (XVi-XVii secolo); we b e r 2001,<br />

passim (con varie datazioni ma sempre contenute nel XVi-XVii secolo); Ge n n a i o l i 2007, passim (per lo più XVii secolo); Tassinar<br />

i 2009 (XVi-XVii secolo). così la guiraud ha rivisto alcune sue posizioni e datazioni, giustamente riconducendo al XVi-XVii<br />

secolo e alla produzione in esame alcuni intagli già da lei considerati antichi. È il caso, ad es., di un’agata con Mercurio (?)<br />

appartenente al filone n. 5: cfr. nota 346 e tav. XXXViii d.<br />

si vedano inoltre, le datazioni nelle singole attestazioni.<br />

37 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, pp. 207-208, ii, pp. 118-119, nn. 164-166,168; Ta M M a 1991, p. 94, n. 172.<br />

38 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, p. 208, ii, p. 119, n. 171.<br />

39 per un’analisi del lapislazzuli, Mi n e r, eD e l s T e i n 1944-45; liPinsky 1975, pp. 297-300; Cav e n a G o biG n a M i Mo n e Ta 1980 4 , vol. ii,<br />

pp. 1101-1104; De v o T o 1985, pp. 87-88; Pa M Pa l o n i Ma rT e l l i 1988, pp. 270-271; vo n ro s e n 1988; vo n ro s e n 1990; De v o T o, Mol<br />

ay e M 1990, pp. 134-139, 186, 189-191, 227; Zw i e r l e i n-Di e h l 1992; Gi u s T i 1992, p. 270, tavv. 138-139; Ca s a n o va 1999, pp. 189-210;<br />

Mo r e T T i 2001, pp. 49, 95, 104-105; Ga G e T T i 2006, pp. 79-84; Zw i e r l e i n-Di e h l 2007, p. 306.<br />

40 per un esame delle fonti antiche, classiche e medievali, relative al lapislazzuli, cfr. Zw i e r l e i n-Di e h l 1992, pp. 390-391; Ga-<br />

G e T T i 2006, pp. 79-84.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

73<br />

(la scoperta di questi giacimenti, alla fine del ‘700,<br />

ne fece il maggior centro di esportazione in europa),<br />

nella zona del lago Baikal, nelle montagne del<br />

pamir sovietico; gli altri, sparsi nel resto del mondo,<br />

sono ben minori. determinante era la mediazione<br />

mesopotamica riguardo sia al controllo del commercio<br />

del lapislazzuli sia alla sua lavorazione: nel<br />

Badakhshan, dove nessuna officina è stata trovata,<br />

la pietra era solo estratta, sgrossata e tagliata.<br />

la struttura del lapislazzuli, la qualità e l’ineguaglianza<br />

dei suoi componenti (che hanno una<br />

durezza diversa, oscillando in media tra i 5 e 6, 5<br />

della scala di Mohs e i 3, con la conseguenza che<br />

spesso durante la lavorazione la pietra si scheggiava)<br />

creavano dei problemi, rendendo più difficile<br />

e delicato il lavoro sia nell’incisione sia nella<br />

lucidatura manuale. pertanto, in età antica e non,<br />

era considerato un materiale particolare, difficile<br />

da incidersi.<br />

senza entrare nel merito di un così interessante<br />

argomento come la ‘storia’ dell’impiego del lapislazzuli,<br />

ricordiamo solo che fu sempre uno dei minerali<br />

più apprezzati (la bellezza del colore è senza<br />

dubbio uno dei fattori che hanno determinato il suo<br />

pregio), costosi e richiesti, che non ha mai conosciuto<br />

periodi di oblio.<br />

È comunque raro rinvenire intagli e cammei in<br />

lapislazzuli in epoca greca 41 ed ellenistica 42 .<br />

non è fuor di luogo ricordare che il lapislazzuli<br />

è scarsamente impiegato anche per le piccole sculture<br />

antiche e – non casualmente – sembra riservato<br />

pressoché esclusivamente all’ambito imperiale e<br />

all’immagine di serapide 43 .<br />

il lapislazzuli è più frequente nelle gemme magiche<br />

e nell’ambito culturale egiziano, grazie anche<br />

alla connessione sincretistica Afrodite/iside/<br />

Hathor, relazione che si fonda probabilmente su<br />

una tradizione dell’antico egitto 44 .<br />

l’associazione con Venere torna anche in quelle<br />

pietre magiche in lapislazzuli dove Afrodite Ana diomene<br />

è accompagnata dall’appellativo arwrifrasi<br />

e da formule magiche che sono incantesimi d’amore;<br />

perciò almeno parte di queste gemme sono talismani<br />

d’amore 45 . e non è escluso che nelle immagini<br />

di principesse realizzate a tutto tondo in<br />

lapislazzuli si possa vedere anche una loro assimilazione<br />

a Venere 46 .<br />

così, su questa direttrice, si può avanzare l’ipotesi<br />

che nei vari esemplari della produzione in esame<br />

con le immagini di Venere, o comunque legate<br />

al suo mondo, l’uso del lapislazzuli abbia lo scopo<br />

di ‘aumentare’ la valenza erotica e la potenza<br />

fecondatrice e magica connessa alla sfera della raffigurazione.<br />

del resto, a proposito di un bellissimo<br />

cammeo in lapislazzuli con cristo inciso su un<br />

lato e Maria sull’altro, parte di un rosario, opera<br />

dell’officina di praga dei Miseroni, probabilmente<br />

una speciale commissione in cui la scelta della pie-<br />

41 Ad es. uno scaraboide con Venere nuda, accovacciata, con le braccia alzate a tenere un drappo, che le ricade sul davanti,<br />

datato al tardo V secolo a.c. (Fu r T wä n G l e r 1900, tav. Xii, n. 33 = wa lT e r s 1926, p. 65, tav. iX, n. 530 = ri C h T e r 1968, p. 93, n.<br />

302); ascritti alle gemme greco-persiane uno scaraboide con un leone, dato al iV secolo a.c. (sP i e r 1992, pp. 57-58, n. 111) e un<br />

intaglio con un leone, di stile globulare, del iii secolo a.c. (?), proveniente dall’india nord-occidentale, per cui si osserva che<br />

il materiale è “locale” (bo a r D M a n, vo l l e n w e i D e r 1978, pp. 46-47, tav. XXXV, n. 203).<br />

42 Ad es. un intaglio con testa barbata di perseo di Macedonia, assimilato all’eroe perseo, con elmo alato, con cresta a forma<br />

di testa di gallo, e spada (wa lT e r s 1926, p. 135, tav. XVii, n. 1183); un altro con un ritratto d’uomo, dai tipici attributi egizi,<br />

come la falsa barba e un elmo aderente, sormontato da un disco solare (anello di iii secolo a.c., pietra del ii secolo a.c.<br />

(?); wa lT e r s 1926, p. 136, tav. XVii, n. 1191 = ri C h T e r 1968, p. 165, n. 663 = Pl a n T Z o s 1999, p. 118, tav. 25, n. 141). cfr. inoltre,<br />

bo a r D M a n, vo l l e n w e i D e r 1978, p. 71.<br />

43 Zw i e r l e i n-Di e h l 1992, pp. 386-390; Ga G e T T i 2006, pp. 82-84, 227-230, 233-234, 238-241, 359-360, 367-368, 405, tavv. XX, XXii,<br />

liii, lVii, lViii, lXiV; Zw i e r l e i n-Di e h l 2007, p. 437, tav. 132, fig. 628, tav. 133, fig. 629. per una lista preliminare dei busti plastici<br />

di serapide, anche in lapislazzuli, v. ve y M i e r s 2009, pp. 26-27, nota 30.<br />

44 Zw i e r l e i n-Di e h l 1992, p. 392; Zw i e r l e i n-Di e h l 1992a, pp. 57-59, tavv. 2-3, n. 3; Ga G e T T i 2006, pp. 82-84; Zw i e r l e i n-Di e h l 2007,<br />

p. 213.<br />

45 per un’analisi degli intagli con Afrodite Anadiomene con iscrizione, si veda De l aT T e, De r C h a i n 1964, pp. 183-186, nn. 241,<br />

245; Mi C h e l 2001, pp. 52-53, tav. 11, nn. 77-80 (iii secolo d.c.; ove estesa bibliografia); Sylloge 2003, pp. 331-333, 335-337, nn.<br />

290, 292-293 (M. Monaca). cfr. anche Ga G e T T i 2002, pp. 207-208, n. 46; Ga G e T T i 2006, pp. 82-83. da notare che la stessa formula<br />

arwrifrasi si trova sul retro di un intaglio in lapislazzuli, eccezionalmente inciso con il fanciullo seduto sul fiore di loto,<br />

con cui parrebbe non avere relazione precisa; ma Horus o Harpocrate possono esser confusi con eros. cfr. De l aT T e, De r C h a i n<br />

1964, p. 113, n. 141.<br />

46 Ga G e T T i 2006, pp. 83-84. V. anche Zw i e r l e i n-Di e h l 1992, p. 392: a proposito dei ritratti delle donne della famiglia giulia in<br />

lapislazzuli la studiosa ricorda la connessione con Venere, che del resto era la dea protettrice della dinastia. cfr. anche Zw i e rl<br />

e i n-Di e h l 2007, p. 154.


74<br />

tra giocava un ruolo preciso, si ricorda la credenza<br />

dell’epoca riguardo alla magica azione del lapislazzuli<br />

sulle femmine gravide a cui portava una<br />

nascita fruttuosa 47 .<br />

5. Le altre pietre<br />

l’altra pietra prevalente nella produzione in esame,<br />

e talvolta pressoché esclusiva in alcuni filoni,<br />

risulta la corniola, come noto la pietra più usata e<br />

comune in tutte le epoche, grazie alle sue caratteristiche<br />

intrinseche. Ma, come è stato già notato 48 , il<br />

lapislazzuli e la corniola non sono gli unici materiali<br />

di questa produzione. Frequente è anche l’agata,<br />

spesso zonata; giustamente la zwierlein-diehl rileva<br />

che le agate zonate erano amate e richieste nel<br />

XVii secolo 49 . seguono a distanza il diaspro, l’eliotropio,<br />

il plasma, l’ametista e la sardonice; altre pietre<br />

attestate, ma di rado, sono il prasio, l’onice, il<br />

nicolo e il granato.<br />

6. Le caratteristiche stilistiche<br />

sono state più volte sottolineate le peculiarità<br />

stilistiche degli intagli di questa produzione: una<br />

strana pettinatura con i capelli a fiocchi, a formare<br />

una specie di cercine, o ritti (un curioso copricapo?<br />

una corona di lauro?), il profilo dei visi a semplificati<br />

tratti orizzontali, spesso schematici e marcati,<br />

che risultano quasi uguali, la singolare resa a solchi<br />

rotondi dei muscoli dell’addome e delle gambe,<br />

il rendimento a ‘salsiccia’ degli arti, le ginocchia<br />

stilizzate e quasi piegate, l’eccessiva accentuazione<br />

della parte inferiore del corpo delle figure stanti,<br />

esageratamente s<strong>post</strong>ata in fuori, i piedi leggermente<br />

sollevati dal suolo, i panneggi a elementi<br />

curvilinei alternati ad altri a V (in particolare a V<br />

sotto il collo), a volte piegati ad arco e fluttuanti,<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

con una serie di linee sinuose e superflue ad indicare<br />

la clamide svolazzante.<br />

tali caratteristiche sono più o meno spiccate,<br />

più o meno evidenti, appena percepibili, presenti<br />

in parte o anche addirittura assenti. comunque ci<br />

sono altre peculiarità, di solito non ricordate, come<br />

testimonia questo studio.<br />

uno dei motivi che ricorre più volte nella produzione<br />

in esame 50 è costituito dell’albero: in scene<br />

diverse, come sedile o riempitivo o come ramo<br />

d’albero che i personaggi tengono in mano.<br />

7. Una produzione di ‘massa’<br />

Questa produzione si rivela molto copiosa, anche<br />

solo da quanto è pubblicato. Ma va sottolineato<br />

che ci sono tanti esemplari inediti. zazoff ne indicava<br />

molti nella collezione del cabinet des médailles<br />

di parigi e osservava che quasi tutte le grandi<br />

raccolte ne possiedono almeno alcuni; solo a Kassel<br />

(Antikensammlung, staatliche Museen) ce ne sono<br />

più di un centinaio 51 .<br />

così a san pietroburgo, al Museo statale dell’ermitage,<br />

sono conservati circa duecento pezzi di<br />

questa produzione, con figure e con teste, pressoché<br />

tutti inediti: in lapislazzuli, ma anche in altre<br />

pietre, come la corniola, l’agata, il prasio; in molti<br />

casi la loro provenienza non è chiara 52 .<br />

Anche nel Museo nazionale ungarico di Budapest<br />

vi sono parecchi intagli con teste, appartenenti<br />

alla produzione 53 .<br />

un esempio illustre è la collezione Farnese al<br />

Museo Archeologico di napoli: un vasto complesso<br />

di gemme, rimasto unito, così da presentare affiancati<br />

pezzi antichi e moderni, buona parte dei<br />

quali è inedita 54 ; tra questi vi sono vari intagli in<br />

lapislazzuli. lo testimoniano, ad esempio, le impronte<br />

di intagli in lapislazzuli che l’incisore Francesco<br />

ghinghi (1689-1762) mandava, insieme alle<br />

sue lettere, ad Anton Francesco gori 55 .<br />

47 Prag um 1600 1988, p. 512, n. 382 (B. Bukovinska).<br />

48 cfr. ad es., Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 91, n. 184; Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 25; Ch av e s Tr i s Ta n, Ca s a l Ga r C í a 1993, p. 316;<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, p. 237. cfr. anche Fu r T wä n G l e r 1900, vol. ii, p. 308, n. 21.<br />

49 Zw i e r l e i n-Di e h l 1998, p. 379, n. 292.<br />

50 come del resto già osservato in Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. x i i; Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 258, n. 2558, pp. 262-263, n. 2578,<br />

p. 266, n. 2594.<br />

51<br />

Za Z o F F 1983, p. 343, nota 295, p. 394.<br />

52 devo queste informazioni alla gentilezza di sveta Kokareva, che ringrazio.<br />

53 ringrazio per questa informazione tamás gesztelyi.<br />

54<br />

Ga s Pa r r i 1995, p. 132; Ga s Pa r r i 2006, pp. 13, 18, 23, 27, nota 1.<br />

55 V. Ta s s i n a r i 2010c.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

75<br />

nel sommario catalogo delle gemme Farnese<br />

che si trovavano nel real Museo, compilato da<br />

pietro piovene intorno al 1730, su 1823 gemme, i<br />

lapislazzuli sono 28 56 . durante il regno di Ferdinando<br />

iV di Borbone furono preparate, assai probabilmente<br />

da Bartolomeo paoletti, specialista in materia<br />

57 , circa 600 riproduzioni in vetro delle gemme<br />

Farnese e inviate in dono alla zarina caterina ii<br />

a san pietroburgo, accompagnate da un inventario<br />

manoscritto, tuttora conservato al Museo statale<br />

dell’ermitage. in questo fascicoletto figurano tre<br />

lapislazzuli: uno è il cammeo con la testa di tiberio<br />

laureata, già nella collezione di Fulvio orsini 58 , un<br />

altro è un rilievo con una testa di fronte 59 e il terzo<br />

(non è specificato se intaglio o cammeo) è una<br />

testa di putto di fronte 60 . un’altra testa di fanciullo<br />

in rilievo in lapislazzuli, ora al Museo Archeo-<br />

logico di napoli 61 , potrebbe essere la testa di giovane,<br />

che figura nell’inventario della collezione di<br />

Fulvio orsini, datato al 1600 62 .<br />

un’altra famosa raccolta che annovera diversi<br />

pezzi della produzione in esame – editi di recente<br />

– è quella medicea, a Firenze, al Museo degli<br />

Argenti 63 .<br />

Analogamente, nell’ampia collezione di sir<br />

Hans sloane (1660-1753) conservata al British Museum,<br />

solo in parte edita, sono parecchi gli esemplari<br />

di questa produzione 64 .<br />

Va infine ricordato che vi sono anche gli intagli<br />

in lapislazzuli menzionati o pubblicati, ma senza illustrazione<br />

(non va perciò escluso che alcuni possano<br />

essere antichi). Basti citare gli intagli al British<br />

Museum 65 , quelli numerosi del Museo di Berlino 66 ,<br />

a Vienna, al Kunsthistorisches Museum 67 , a parigi,<br />

56<br />

sT r a Z Z u l l o 1979, pp. 76-78.<br />

57<br />

Pi r Z i o bir o l i sTe Fa n e l l i 2006, p. 101.<br />

58<br />

Pa n n u T i 1995, p. 162, n. 43; Gemme Farnese 2006, p. 130, fig. 204; Gi o v e, vi l l o n e 2006, p. 142, n. 124.<br />

59<br />

Pa n n u T i 1995, p. 164, n. 75; Gi o v e, vi l l o n e 2006, p. 147, n. 396 (senza immagine).<br />

60<br />

Pa n n u T i 1995, p. 167, n. 219.<br />

61<br />

Gi o v e, vi l l o n e 2006, p. 147, n. 411 (senza immagine).<br />

62<br />

De nol h a C 1884, p. 165, n. 265.<br />

63 numerose opere in lapislazzuli vengono elencate, senza illustrazione, in as C h e n G r e e n Pia C e n T i 1968, passim, ora pubblicate<br />

in Ge n n a i o l i 2007.<br />

64 la visione della collezione sloane mi è stata possibile grazie alla disponibilità e alla liberalità di Judy rudoe (Assistant<br />

Keeper, department of Medieval and Modern europe, British Museum) che qui ancora ringrazio. Va ricordato che alcuni degli<br />

esemplari sloane sono stati editi; cfr. nota seguente.<br />

65<br />

Da lT o n 1915, p. 82, n. 579 (testa di giove?), p. 90, n. 632 (Marte (?) seduto su una corazza tiene un elmo nella destra e afferra<br />

una spada nella sinistra; eliotropio, ma citato come appartenente alla produzione), p. 94, n. 662 (cupido stante tende il suo<br />

arco), p. 144, n. 988 (due figure con elmo, una seduta, l’altra stante), n. 993 (figura maschile stante con mantello fluttuante),<br />

n. 995 (figura femminile drappeggiata incedente, con bilancia), p. 145, n. 997 (leone), p. 146, n. 1010 (vaso con fiori), n. 1012<br />

(trofeo), nn. 1017-1019 (lettere): tutti gli intagli sono datati al XVii secolo o alla seconda metà del XVi - prima metà del XVii<br />

secolo e appartengono alla collezione sloane; wa lT e r s 1926, p. 157, n. 1406 (Hermes su un ariete, con borsa nella destra, caduceo<br />

nella sinistra), p. 163, n. 1464 (psiche (?), con lungo chitone e himation, tiene un piatto nelle mani e con la sinistra una<br />

piega del suo panneggio a cui è sospesa una farfalla dalle ali bruciate; nel campo, un tirso), p. 164, n. 1481 (eros stante, con<br />

un arco nella sinistra e un fiore (?) nella destra), p. 187, n. 1747 (Fortuna tiene un ramo nella destra e un timone nella sinistra),<br />

p. 230, n. 2234 (uomo nudo stante fa una libagione su un altare), p. 239, n. 2369 (montone); tutti gli intagli sono collocati tra<br />

le gemme greco-romane; solo per il n. 1464 si avanza l’ipotesi non sia antico.<br />

66<br />

Fu r T wä n G l e r 1896, pp. 320-322, 326, n. 8725 (tre divinità capitoline in trono), n. 8726 (Artemide cacciatrice), n. 8728 (Hermes<br />

su montone), n. 8729 (donna seduta davanti ad un altare?), n. 8731 (scorpione), n. 8732 (caduceo tra due spighe), nn.<br />

8734-8740, 8742-8746, 8748-8752 (tutti guerrieri stanti), nn. 8754-8756 (Atena), n. 8759 (figura femminile con scettro e ramo),<br />

n. 8761 (nike), nn. 8762-8763 (guerrieri), nn. 8764, 8766, 8768 (figure femminili con fiaccole (?), scettro o spada [?]), nn. 8771-<br />

8772 (figure maschili con armi), nn. 8773-8777 (eroti con arco, con ramo, davanti ad altare), nn. 8779-8784, 8786-8790 (figure<br />

sedute con in mano diversi oggetti), nn. 8793-8794, 8796-8797 (teste), nn. 8798-8799 (uccello davanti a un cespuglio), nn. 8800-<br />

8803 (ramo con melograne), n. 8804 (ciotola con pianta), nn. 8806-8821 (figure non specificate), n. 8938 (testa sconosciuta). Va<br />

precisato che non tutte le pietre sono lapislazzuli, ma si possono bene assegnare a questa produzione, perché Furtwängler li<br />

considera come un unico insieme, già da lui ritenuto antico e poi ricollegato alla produzione in questione. inoltre, ibidem, p.<br />

325, n. 8890 (zeus in trono con una nike in mano), p. 326, nn. 9019-9123 (tra le altre pietre, cinquanta lapislazzuli, senza indicazione<br />

di soggetto; dall’indice sono i nn. 9032-9082; XVi-XVii secolo), p. 333, n. 9342 (guerriero che tiene una testa nella<br />

sinistra, accanto l’iscrizione eA ticiA; XViii-XiX secolo).<br />

67<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 251, n. 2540 bis. la studiosa data i 23 intagli (anche in altre pietre, oltre al lapislazzuli) al XVi - prima<br />

metà del XVii secolo, riconducendoli alla produzione in esame.


76<br />

al cabinet des Médailles 68 , a san pietroburgo, al<br />

Museo statale dell’ermitage 69 , nel tesoro del delfino,<br />

a Madrid, al Museo nazionale del prado 70 , al<br />

Museo correr a Venezia 71 , all’Historisches Museum<br />

di Basilea 72 , al thorvaldsen Museum di copenaghen<br />

73 , tra le gemme della collezione devonshire a<br />

chatsworth 74 o di quella praun, confluita nella collezione<br />

Mertens-schaaffhausen e dispersa (cfr. oltre),<br />

tra le impronte del cabinet reale a l’Aja 75 o<br />

tra gli intagli venduti all’asta 76 .<br />

senza relativa immagine vi sono intagli in lapislazzuli,<br />

per lo più dispersi, ma di cui si ha notizia<br />

77 ; oppure non si specifica se sono intagli o<br />

cammei 78 ; altri intagli sono conosciuti solo da disegni<br />

79 .<br />

un caso particolare è costituito dagli intagli<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

identificati dalla Maaskant-Kleibrink tra le gemme<br />

pubblicate da iacobus gronovius nella seconda<br />

parte delle sue due edizioni (1695; 1707) dell’opera<br />

di Abraham gorlaeus (cfr. supra) 80 . come infatti<br />

indicava lo stesso gronovius, riconoscente agli<br />

esperti conoscitori che l’avevano aiutato, tra cui J.<br />

georgius graevius e Johannes smetius, molte delle<br />

numerose gemme da lui aggiunte non appartenevano<br />

a gorlaeus, bensì erano prese da altri testi<br />

o da celebri collezioni del XVii secolo. e appunto<br />

tra le gemme incluse da gronovius ve ne sono parecchie<br />

di moderne. la cattiva resa degli intagli 81 e<br />

le brevi spiegazioni di gronovius non rendono facile<br />

riconoscere i pezzi della produzione in esame<br />

e attribuire con sicurezza le singole gemme ai vari<br />

filoni individuati in questa ricerca 82 .<br />

68 Ch a b o u i l l e T 1858, p. 77, n. 418 (= ba b e l o n 1897, pp. 245-246, n. 450) (su un lato un cammeo con il busto di Minerva armata,<br />

sull’altro un intaglio con una scena di offerta all’Amore: su un altare è la statua di cupido, nudo, che sembra benedire l’unione<br />

di due personaggi, avanzanti uno incontro all’altro, un giovane presentando nelle mani un’offerta e una fanciulla che fa<br />

un gesto d’assenso; XVi secolo), p. 331, n. 2410 (giulio cesare stante, coronato di alloro, tiene il globo del mondo e si volge<br />

verso un personaggio che lo segue; età moderna), p. 617, n. 3503 (cavaliere di corsa), n. 3504 (atleta nudo, inginocchiato, tiene<br />

una palma) (entrambi non datati, definiti lavori grossolani).<br />

69 dalla collezione di pierre crozat: Ma r i e T T e 1741, p. 20, n. 390 (testa di imperatore del tardo impero con corona radiata), p.<br />

26, n. 497 (teste femminili).<br />

70 iñ i G u e Z 1989, p. 66, n. 52 (leone e uccello), p. 67, n. 82 (busto di uomo coronato d’alloro), p. 68, n. 127 (Vittoria), n. 136 (bu-<br />

sto probabilmente femminile).<br />

71 la Z a r i 1859, p. 134, n. 628 (curzio a cavallo che si getta nella voragine; nel fondo piccole figure in atteggiamento di dolore,<br />

che escono da un tempio; definito come pezzo antico, non ben conservato).<br />

72 Historisches 1995, p. 102 (guerriero stante; attribuito all’italia settentrionale e al XVi - metà del XVii secolo).<br />

73 FossinG 1929, p. 238, n. 1769 (figura stante; lavoro molto rozzo, tra le gemme tardo-romane).<br />

74 sC a r i s b r i C k 2003, p. 73 (Annibale; non datato, ma si ricorda che il lapislazzuli era popolare nel XVi secolo).<br />

75 De Jo n G e 1837, p. 13, n. 302 (Minerva seduta tiene una vittoria), p. 31, n. 600 (lira d’Apollo), p. 32, n. 610 (sagittario), p. 62,<br />

n. 1118 (pavone); tutti ascritti ad età antica.<br />

76 sC a r i s b r i C k 1977, p. 9, n. 83 (ercole combatte contro Anteo; non antico), p. 11, n. 124 (Minerva stante con lancia e scudo; non<br />

antico); Fine Jewels 1992, p. 88, n. 375 (figura femminile e delfino; XVii secolo), p. 89, n. 382 (Venere tiene la mela d’oro portata<br />

da cupido; XVii secolo), p. 97, n. 433 (diana-selene; XVii secolo), p. 92, n. 402 (atleta; XViii secolo).<br />

77 Ma r s h a l l 1907, p. 189, n. 1203 (un uomo nudo stante di fronte a un altare fa una libagione; tardo-romano); Catalogue 1921,<br />

p. 19, n. 112 (leda e il cigno; dalla collezione di paolo ii. praun; antica?), p. 31, n. 219 (testa di caligola; dalla collezione Mertens-schaaffhausen;<br />

tra le gemme ellenistiche e greco-romane), p. 33, n. 234 (rozza testa femminile), p. 34, n. 241 (tempio con<br />

tre colonne ioniche su ogni lato e al centro una statua di un dio su un piedistallo), p. 36, n. 253 (colomba e una stella, rettangolare;<br />

tutti e tre gli esemplari tardo-romani); gu i r a u D 1988, p. 143, nota 42 (testa di un imperatore del Basso impero); Zw i e rl<br />

e i n-Di e h l 1994, p. 69 (un satiro; dalla collezione di paolo ii. praun); sP i e r, vassilika 1995, p. 91, p. 98, nota 4, p. 101, nota 62<br />

(una scena cristiana; considerata un “falso”).<br />

78 Illustrated Catalogue 1885, n. 11 (disegno di un busto di guerriero; non datato); Fe M M e l , he r e s 1977, p. 217, n. 5, p. 226, n. 5<br />

(giove seduto in trono con scettro e Vittoria; senza immagine, in un elenco di gemme antiche di Filippo Hackert, precedente<br />

il 1810); la Mo n i C a 2002, p. 70, n. 8, n. 11, p. 73, n. 93, n. 97, p. 74, n. 105 (inventario manoscritto seicentesco della collezione<br />

Boncompagni ludovisi; tutti i pezzi sono senza immagine e non datati: teste di commodo e crispina; teste di nerone con<br />

Agrippina; Morfeo giacente con il papavero; Venere e amore; due prigionieri legati a un albero).<br />

79 Ma r i e T T e 1750, vol. ii, n. 67 = Ch a b o u i l l e T 1858, p. 272, n. 2094 (testa di Faustina maggiore, moglie di Antonino pio; chabouillet<br />

non ne dà l’immagine e lo pone tra gli intagli antichi); gu i r a u D 1996, p. 196, tav. lXii, n. 964 (un personaggio nudo<br />

di fronte, in un anello di ii secolo d.c.).<br />

80 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. x i i-xiii e passim; Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, pp. 237, 241.<br />

81 per le forti critiche alle tavole di gronovius, v. Ta s s i n a r i 1994, p. 50.<br />

82 per i motivi suddetti non è stato possibile assegnare ai vari gruppi alcuni esemplari pubblicati da gronovius, qui citati per<br />

arricchire quantitativamente il panorama. si tratta di intagli in lapislazzuli e corniole con figure femminili sedute o maschili


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

77<br />

Analogamente le incisioni imprecise e trascurate<br />

dei volumi che illustrano la collezione di gemme<br />

raccolta da Johannes Martinus ebermayer (1664-<br />

1743), stimato commerciante di norimberga, sconsigliano<br />

di attribuire alla produzione in esame quegli<br />

intagli che forse le appartengono ma non sono<br />

in lapislazzuli 83 .<br />

Va infine sottolineato che gli studiosi dei secoli<br />

XVii-XViii talvolta usavano diverse definizioni<br />

per la stessa pietra, in questo caso il lapislazzuli.<br />

Ad esempio un intaglio (non inserito in questo studio)<br />

con ercole piegato, inginocchiato, soggiogato<br />

da cupido con una freccia in mano, è indicato dal<br />

Beger, che lo pubblica, in un testo come lapislazzuli<br />

84 , in un altro come smeraldo 85 .<br />

così, gori definisce ‘diaspro blu’ quattro intagli<br />

in lapislazzuli, uno con la raffigurazione di Alessandria,<br />

un altro con un busto femminile, forse giulia<br />

figlia di tito, il terzo con testa di satiro e siringa<br />

(cfr. oltre) e l’ultimo con giove (?) seduto con<br />

l’aquila ai piedi, documentato da un’impronta in<br />

gesso della raccolta di luisa rasponi Murat 86 . l’intaglio,<br />

già nella galleria di Firenze, è disperso (?),<br />

ma quasi sicuramente è giusta la diversa identificazione<br />

della pietra, appunto come ‘lapislazzuli’, data<br />

da tommaso puccini nel suo inventario (1799) 87 .<br />

concludendo – e tenendo presente tutti i limiti<br />

inerenti ad assumere, in vari casi, il lapislazzuli<br />

come unico indizio per individuare le gemme della<br />

produzione per cui ‘sfuggono’ gli intagli nelle altre<br />

pietre – il panorama è ben più ricco di quanto<br />

emerga dagli esemplari menzionati 88 .<br />

che la produzione dei lapislazzuli sia sempre<br />

anonima, così vasta e spesso di ordinaria esecu-<br />

zione, tanto da potersi definire di ‘massa’, si comprende<br />

inserendola in quel noto fenomeno di glittica<br />

corrente dei secoli XVi e XVii. Viene realizzata<br />

una schiera di cammei, per lo più piccoli, con busti<br />

di imperatori, papi, filosofi, negri, dame in guisa<br />

di cleopatra, Flora, diana, Venere, Menade e figure<br />

di tipo anticheggiante. Questa produzione di<br />

‘massa’ si spiega con la moda dell’uso del cammeo<br />

non come opera d’arte preziosa, ma come ornamento<br />

indossato in abiti e cappelli, incastonato<br />

in gioielli o applicato come decorazione sugli oggetti<br />

più diversi 89 .<br />

così, la zwierlein-diehl 90 ricorda che le corniole<br />

e i lapislazzuli della produzione in esame erano<br />

impiegati non tanto singolarmente, quanto in maniera<br />

decorativa. lo dimostrano la già citata anfora<br />

di smalto, della metà del XVii secolo, e una cassetta<br />

d’avorio del XVii secolo, conservate a Vienna,<br />

al Kunsthistorisches Museum, dove sono accostati<br />

pezzi antichi e non (quelli appunto dell’officina<br />

dei lapislazzuli), dis<strong>post</strong>i secondo un punto di vista<br />

puramente ornamentale, in una alternanza tra<br />

figure e teste (radiate e filosofi barbati).<br />

Anche in altri casi è possibile constatare che<br />

queste gemme erano inserite nel vasellame. Menzioniamo<br />

le varie coppe, piatti, boccali, coperchi in<br />

pietre dure e oro, databili all’incirca dalla metà del<br />

XVi secolo alla metà del XVii secolo, al louvre, su<br />

cui sono fissati intagli e cammei, con teste e figure,<br />

mescolati antichi e non, alcuni della produzione<br />

in esame, incastrati anche capovolti o all’interno<br />

o nella base 91 .<br />

o il cofanetto, opera francese (1630-1640), nel<br />

tesoro del delfino, al Museo nazionale del prado,<br />

stanti, con un oggetto in mano, a volte vicino a un’ara o circondate da rami, in un caso una vittoria stante incorona un vincitore<br />

di giochi, in un altro due figure stanti fanno un sacrificio; oppure sono teste femminili o maschili: Gr o n o v i u s 1695, p. 23,<br />

n. 201, p. 24, nn. 208, 217, p. 27, n. 242, p. 52, nn. 600-601, pp. 53-54, nn. 610, 611, 617, 623, p. 55, n. 637, pp. 56-57, nn. 650,<br />

652-654, 659, 661-663.<br />

83 Gemmarum affabre 1720, passim. per i giudizi negativi su questa opera, cfr. Ta s s i n a r i 1994, pp. 51-57.<br />

84<br />

be G e r u s 1685, p. 40, tav. XXXi.<br />

85<br />

be G e r u s 1696, pp. 34-35.<br />

86 7<br />

re i n a C h 1895, p. 32, tav. 28, n. 55 (= Go r i 1731-32, i, n. 55 ). la definizione del gori è seguita dal raspe (ra s P e 1791, p. 88,<br />

n. 955). per l’impronta rasponi Murat: Mon T e v e C C h i 1998, p. 47, n. 91.<br />

87 p. 328, n. 410 (visione autoptica).<br />

88 Ad es. potrebbero appartenere alla produzione in esame quei molti altri intagli nel Museo Archeologico nazionale di Madrid<br />

che la casal garcia non pubblica perché la loro modernità è evidente: Ca s a l Gar C í a 1990, p. 74.<br />

89 su questa produzione, cfr. ad es. Da lT o n 1915, pp. l x x v i-l x x v i i; kr i s 1929, pp. 90, 177, 180, tav. 97, nn. 418, 419, tav. 98, nn.<br />

416-417, tav. 117, n. 470; we n T Z e l 1958, pp. 294-296; Ga s Pa r r i 1995, p. 137; Ga s Pa r r i 1995a, pp. 422-424; se iD M a n n 1996, p. 259;<br />

as C h e n G r e e n Pia C e n T i 1997; we b e r 2001, p. 21; Ga s Pa r r i 2006, p. 18 e passim; he i n 2008, pp. 69-73.<br />

90<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 24-26, 246, tav. 181, n. 2540 bis; Zw i e r l e i n-Di e h l 1993, p. 390.<br />

91<br />

alCouFFe 2001, pp. 88-89, n. 23, pp. 184-186, n. 63, p. 380, n. 183, p. 398, n. 191, pp. 413-414, n. 197, pp. 421-422, n. 203 e<br />

passim.


78<br />

ricoperto di cammei di differenti epoche e incisori;<br />

inframmezzati tra i cammei ci sono vari medaglioni<br />

in lapislazzuli ovali lisci o in forma di conchiglia<br />

scanalata 92 .<br />

teste ritratto in lapislazzuli incastonate in oggetti<br />

sono ripetutamente menzionate negli inventari<br />

delle collezioni di Monaco, senza che si possa<br />

precisare il personaggio raffigurato 93 .<br />

infine, anche le dimensioni assai ridotte di varie<br />

di queste gemme provano il loro impiego decorativo.<br />

8. La localizzazione delle officine<br />

per ora non è risolta in modo soddisfacente la<br />

questione riguardo all’ubicazione delle officine produttrici<br />

di questi intagli. zazoff 94 la porrebbe forse<br />

a parigi, considerati i molti esemplari nella collezione<br />

del cabinet des Médailles. secondo la Maaskant-Kleibrink,<br />

lo stile si adatta con le generali<br />

tendenze manieristiche dell’arte dell’epoca e la<br />

fabbricazione può perciò esser attribuita a qualsiasi<br />

centro con note attività incisorie, come le città del<br />

nord italia, roma, praga o parigi 95 . Ma la studiosa<br />

rilevando giustamente un gran numero di questi<br />

intagli anche al Museo degli Argenti a Firenze,<br />

e in altre raccolte italiane, conclude a favore<br />

di una possibile produzione in italia 96 . inoltre osserva<br />

che la somiglianza di queste gemme conduce<br />

ad un limitato numero di officine situate vicine<br />

una all’altra. così la zwierlein-diehl pensa che le<br />

officine, presumibilmente poche e vicine, sarebbero<br />

da ricercare in italia settentrionale (Venezia? padova?);<br />

lo fa supporre il fatto che quasi tutti i numerosi<br />

intagli della produzione in esame, ora a Vienna,<br />

vengono dalla collezione del XVii secolo, prima<br />

conservata nel castello “il catajo” a este; dall’italia,<br />

dove fu realizzata la maggioranza delle gem-<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

me, antiche e pseudoantiche, esse si sarebbero diffuse<br />

in tutta europa 97 .<br />

Attualmente la maggior parte degli studiosi<br />

ritiene probabile che gli ateliers siano localizzati<br />

nell’italia settentrionale; in particolare talvolta si<br />

propone Venezia e padova 98 .<br />

non è certo il caso di affrontare qui l’analisi dei<br />

grandi centri della produzione glittica <strong>post</strong>-antica.<br />

ricordiamo solo che i più importanti in italia – che<br />

mantenne la sua supremazia fino al declino dell’incisione<br />

– sono roma, Firenze, Milano e Venezia.<br />

richiamiamo alcuni dati, deliberatamente limitati<br />

e strettamente pertinenti allo scopo della ricerca,<br />

che depongono a favore di una localizzazione settentrionale<br />

delle officine dei lapislazzuli; e precisamente<br />

a Venezia e a Milano.<br />

A Venezia era fiorente l’arte di contraffare le<br />

gemme con il vetro, che ben si prestava alla loro<br />

imitazione; e il patrimonio di conoscenze, tra cui<br />

le formule della falsificazione delle pietre preziose,<br />

era rigorosamente conservato segreto 99 . Venezia<br />

era centro di lavorazione del cristallo di rocca e<br />

delle pietre dure ed emporio per il commercio delle<br />

stesse. i traffici con l’oriente facevano arrivare nella<br />

città molti minerali che venivano lavorati grazie<br />

alle notevoli conoscenze tecnologiche. dal lapislazzuli<br />

si estraeva un pigmento molto ricercato per riprodurre<br />

il blu intenso, l’oltremare, così chiamato<br />

perché proveniva appunto da oltremare. A Venezia<br />

già nel ‘300 avveniva la preparazione di questo<br />

pigmento ricercato, raro, costoso, noto e apprezzato<br />

in tutta europa sino alla fine del ‘ 700. come recita<br />

una testimonianza di un miniaturista inglese<br />

vissuto nel ‘500: “the darkest and highest blew is<br />

ultermaryne of Venice” 100 .<br />

inoltre l’ambiente veneziano-padovano è quello<br />

in cui si forma il famoso Valerio Belli.<br />

Ma altri fattori inducono ad ipotizzare una collocazione<br />

delle officine a Milano.<br />

92 iñ i G u e Z 1989, pp. 59-63, n. 31 (cofanetto), pp. 60-63, nn. 14-15, 32-33, 39-40, 57-58, 70, 80-81, 87-88, 103-106, 110-113 (medaglioni)<br />

= ar b e T e Ta Mi r a 2001, pp. 230-232, n. 71 (cofanetto), pp. 230-232, nn. 14-17, 43, 52-55, 67-70, 101-104, 112-115 (medaglioni).<br />

93 we b e r 1992, p. 81, n. 27.<br />

94 Za Z o F F 1983, p. 343, nota 295.<br />

95 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, p. 237.<br />

96 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. x i i, 88, 91.<br />

97 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 25-26; Zw i e r l e i n-Di e h l 1993, p. 393.<br />

98 cfr. ad es. we i s s 1996, p. 165; Ta s s i n a r i 1996, p. 190; se n a Ch i e s a 1996, p. 484; Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, pp. 236-238; we b e r<br />

2001, passim (dove per molti intagli si specifica un’origine cisalpina); se n a Ch i e s a 2005, p. 492.<br />

99 cfr. da ultimo Ta s s i n a r i 2009b, pp. 389-391; Ta s s i n a r i 2010a, pp. 193-199, ove bibliografia precedente.<br />

100 la Z Z a r i n i 2003, pp. 164-165, 173, 175.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

79<br />

così Kris 101 , nel valutare l’influsso che hanno<br />

avuto i lavori del Belli e del Bernardi sull’evoluzione<br />

della glittica, insiste sull’importanza dell’opera<br />

del Bernardi nella cerchia milanese, per la somiglianza<br />

del linguaggio formale e del modo di<br />

lavorare.<br />

È nota la straordinaria fioritura dell’oreficeria<br />

milanese, specie nella seconda metà del XVi secolo,<br />

e l’insuperabile virtuosismo tecnico con cui si lavorava<br />

il cristallo di rocca, abilità in cui spiccarono<br />

celebri dinastie di orafi e intagliatori, come i Miseroni<br />

e i saracchi, o un incisore, ‘plasticatore’, medaglista<br />

come Annibale Fontana 102 . nel ‘500 Milano<br />

diventò il più qualificato centro di produzione<br />

di vasi in pietra dura, produzione che soddisfaceva<br />

le corti europee, che si disputavano i più illustri<br />

incisori. e non pochi sono gli oggetti – piatti,<br />

tazze, brocchette – in cui è impiegato il lapislazzuli,<br />

ascritti ai Miseroni, ai saracchi o ad Annibale<br />

Fontana 103 .<br />

da Milano si trasferirono a Firenze, al servizio<br />

dei Medici, dal 1572 i fratelli giovanni Ambrogio<br />

e gian stefano caroni e dal 1575 giorgio di cristofano<br />

gaffuri, acquistando fama nella lavorazione<br />

dei cristalli, dei vasi in lapislazzuli e dei cammei<br />

incisi 104 . essi operavano nelle botteghe granducali<br />

fiorentine, dove fu realizzata da Jaques Bylivelt,<br />

su disegno di Bernardo Buontalenti, quel capolavoro<br />

di fiasca in lapislazzuli (1583-84) con montatura<br />

d’oro e smalti policromi, ora al Museo degli Argenti<br />

105 . nello stesso Museo, nel tesoro dei Medici,<br />

sono numerosi i vasi e i vasetti con coperchio, tazze,<br />

coppe, ciotole, tutti sempre in lapislazzuli, ascritti<br />

soprattutto al terzo quarto e alla seconda metà<br />

del XVi secolo e sino alla fine del secolo, molti at-<br />

tribuiti a manifattura milanese (e talvolta più precisamente<br />

ai Miseroni), ma anche a quella fiorentina<br />

106 .<br />

un’altra tazza di lapislazzuli fu acquistata da<br />

cosimo i da gasparo Miseroni (1563 circa) ed è<br />

ora al Museo di Mineralogia dell’università di Firenze<br />

107 .<br />

il lapislazzuli, oltre che apprezzato per i vasi,<br />

era tra le pietre più usate nei mosaici e nei commessi<br />

di pietre dure, specialità della manifattura<br />

granducale fiorentina; perciò dovevano essercene<br />

grandi quantità, nel XVi secolo 108 .<br />

concludendo, ci sfuggono ancora molti elementi<br />

per poter stabilire con sicurezza la localizzazione<br />

precisa delle officine della produzione di lapislazzuli.<br />

né si riescono pienamente a valutare i veri<br />

motivi della presenza/assenza, dell’esiguità o del<br />

cospicuo numero degli esemplari di questa produzione<br />

in alcune collezioni.<br />

inoltre ricordiamo che quasi sicuramente non<br />

tutta la produzione in esame è stata realizzata in<br />

italia. infatti gli intagli del filone n. 8 assai probabilmente<br />

erano incisi, secondo la convincente ipotesi<br />

della Maaskant-Kleibrink, nei paesi Bassi, più<br />

tardi rispetto alla fabbricazione italiana, nel tardo<br />

XVi secolo e nella prima metà del XVii secolo.<br />

per quanto riguarda l’ipotesi che le officine siano<br />

poche e vicine, da questo studio emerge una<br />

gamma di situazioni: i pezzi possono essere pressoché<br />

identici o possono diversificarsi solo per lievi<br />

modifiche o per un differente rendimento stilistico<br />

e/o iconografico; oppure i particolari connotanti<br />

ricorrono in gemme di vari gruppi. senza dubbio<br />

si riscontrano scambi, influssi, trasposizioni, strette<br />

interdipendenze …<br />

101<br />

kr i s 1929, i, pp. 72-73 e passim. Quanto all’influsso del Belli sull’officina milanese dei sarachi, ibidem, pp. 111-112 e passim.<br />

102<br />

Di s T e l b e r G e r 1988, pp. 457-459; ve n T u r e l l i 1996, pp. 50, 53-54, pp. 202-204 (Miseroni; attestati dal 1453 al 1684), pp. 206-207<br />

(saracchi; notizie dal 1561 al 1617) e passim; ar b e T e Ta Mir a 2001, pp. 51-60; ve n T u r e l l i 2002, pp. 240, 246 e passim; Di s T e l b e r G e r,<br />

se i P e l 2002, pp. 79-99 e passim (r. distelberger) (bibliografia essenziale). sui Miseroni cfr. anche ve n T u r e l l i 2009, ad indicem.<br />

103 Ad es. iñ i G u e Z 1989, pp. 28, 252, n. 4 (= ar b e T e Ta Mir a 2001, p. 174, n. 40), pp. 132-135, n. 80 (= ar b e T e Ta Mir a 2001, pp.<br />

45, 49, 116-118, n. 10), p. 105, nn. 60-61 (= ar b e T e Ta Mir a 2001, pp. 45, 200-201, n. 56); ve n T u r e l l i 1996, pp. 98-99; Di s T e l b e r G e r,<br />

se i P e l 2002, pp. 176-178, n. 92, pp. 307-308, n. 191 (r. distelberger).<br />

104<br />

ve n T u r e l l i 1996, pp. 30, 56; Gi u s T i 1997, p. 381; Gi u s T i 2003, pp. 520, 523 (bibliografia essenziale). sui caroni cfr. anche ve n-<br />

T u r e l l i 2009, ad indicem.<br />

105 da ultimo, ve n T u r e l l i 2009, p. 73, n. 33, p. 208, tav. XVi, n. 33, ove bibliografia precedente.<br />

106 da ultimo, ve n T u r e l l i 2009, pp. 69-71, nn. 26-30, p. 72, n. 32, p. 93, nn. 43-44, p. 104, n. 60, p. 105, n. 62, p. 119, n. 70, pp.<br />

121-122, n. 75, p. 129, n. 86, pp. 205-207, tavv. Xiii-XV, p. 212, tav. XX, p. 219, tav. XXVii, p. 222, tav. XXX, p. 225, tav. XXXiii,<br />

pp. 254-256, nn. 135-138, p. 261, nn. 147, 149, pp. 267-269, nn. 157-160, p. 300, n. 238, p. 301, n. 241, p. 304, n. 247, p. 307, n.<br />

256, p. 313, n. 274, p. 323, n. 306, p. 330, n. 333.<br />

107<br />

Do l C i n i 2003; ve n T u r e l l i 2009, pp. 50-51, fig. 10.<br />

108<br />

Pa M Pa l o n i MarT e l l i 1988, pp. 270-271; Gi u s T i 1992, pp. 269-270, tavv. 138-139 (bibliografia essenziale).


80<br />

9. Le collezioni: alcuni dati<br />

l’esame delle collezioni in cui gli intagli della<br />

produzione si trovano possono fornire dati per delineare<br />

i percorsi delle gemme, per precisare le datazioni<br />

avanzate e anche per ipotizzare la localizzazione<br />

di eventuali officine.<br />

Va premesso che purtroppo in genere non è possibile<br />

ricostruire le raccolte di cui fecero parte originariamente<br />

gli intagli o che non si possono ancorare<br />

i pezzi ad un preciso momento di acquisto<br />

o che esso non risulta determinante o infine come<br />

siano ignote le modalità con cui le gemme sono entrate<br />

nella collezione.<br />

pertanto ricordiamo solo le collezioni principali<br />

o più documentate o i cui dati sono più significativi,<br />

tralasciando quelle informazioni che non risultano<br />

di una qualche utilità.<br />

innanzitutto sono assai rari i casi in cui si conosce<br />

il luogo di rinvenimento.<br />

tre intagli in corniola con teste laureate (i primi<br />

due appartenenti al filone n. 11 gruppo B, il terzo<br />

al gruppo c), già considerati antichi, sono stati recuperati<br />

uno vicino ad una villa, a Aiguefer (ouveillan,<br />

linguadoca) 109 , l’altro presso l’anfiteatro di<br />

Xanten 110 , e il terzo – definito giulio cesare – a londra<br />

nel tamigi, nel 1853 111 .<br />

Alcuni intagli in corniola e in lapislazzuli con<br />

figure, conservati a Budapest, al Museo nazionale<br />

ungarico, sono stati trovati a nyitracsalád, oggi in<br />

slovacchia, a Árpás, in Komitat sopron, a Kispetri,<br />

in Komitat Kolos, in romania (questo particolarmente<br />

interessante perché appartiene a un tesoro<br />

con diversi lavori d’argento del XVi-XVii secolo) e<br />

a eszék (osijek), in croazia 112 .<br />

nella valle inferiore del guadalquivir è stato<br />

rinvenuto un intaglio in lapislazzuli datato alla<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

fine del i secolo d.c. 113 ; altri nelle antiche città del<br />

Ponto Eusino 114 .<br />

Ma si ignora la provenienza della stragrande<br />

maggioranza delle gemme confluite nelle collezioni.<br />

le descrizioni molto sommarie dei 2436 esemplari<br />

della eterogenea collezione del Museo Archeologico<br />

nazionale di Madrid 115 non permettono di<br />

identificare con sicurezza le singole gemme. comunque,<br />

una parte viene dagli scavi di ercolano,<br />

di pompei e della spagna, un’altra da quella raccolta<br />

reale, che ha assorbito quasi tutti i pezzi stranieri,<br />

specie francesi, e ancora un’altra è frutto di<br />

numerosi acquisti da collezionisti di spagna, Francia<br />

e italia.<br />

sempre a Madrid, al prado, si custodisce quell’insieme<br />

(il tesoro del delfino) che Filippo (1683-<br />

1746) – monarca di spagna con il nome di Filippo<br />

V – ricevette come eredità di suo padre luigi (1661-<br />

1712), gran delfino di Francia, unico figlio superstite<br />

di luigi XiV ed erede della corona 116 .<br />

Vari intagli di questa produzione, ora al museo<br />

g. M. Kam di nimega, provengono dalla collezione<br />

(con molti esemplari di raccolte più antiche) riunita<br />

da p. ch. g. guyot, da lui donata alla città nel<br />

1850, come da quella del mercante g. M. Kam iniziata<br />

intorno al 1900 e poi lasciata allo stato 117 .<br />

Altri intagli appartengono alla raccolta, formata<br />

a nimega nella prima metà del XVii secolo, dal<br />

famoso antiquario Johannes smetius e dal figlio,<br />

inclusa anche tra le gemme pubblicate dal gronovius,<br />

venduta nel 1704 all’elettore palatino, Johann<br />

Wilhelm, e quindi ora a Monaco (staatliche Münzsammlung)<br />

118 .<br />

la collezione glittica conservata a Monaco risulta<br />

una delle più cospicue: è costituita dai beni della<br />

schatzkammer della residenza di Monaco, del-<br />

109 Gallia 1966.<br />

110<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1987, p. 41, tav. 14, n. 73. l’intaglio, ascritto dalla platz-Horster alla prima metà del i secolo d.c., è stato datato<br />

al XVi o al XVii secolo (se n a Chi e s a 1990, p. 485) o al XVi - prima metà del XVii secolo (Zw i e r l e i n-Di e h l 1990, p. 643).<br />

111<br />

ri C h T e r 1971, p. 97, n 461 = he n i G 1978, p. 247, tav. XV, n. 481. Henig datava questo intaglio al i secolo a.c. o più tardi, ma<br />

in seguito non lo ha più ritenuto romano (Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 88, n. 174).<br />

112<br />

Ge s Z T e ly i 2000, pp. 87-88, nn. 297, 300, 305, 308.<br />

113<br />

Ch av e s Tri s Ta n, Ca s a l Gar C í a 1993, pp. 330-331, n. 75, fig. 3, n. 75.<br />

114<br />

ki b a lT C h i T C h 1910, passim.<br />

115 per la storia della collezione glittica del Museo Archeologico, Ca s a l Gar C í a 1990, pp. 55-60; Ch av e s Tri s Ta n, Ca s a l Gar C í a<br />

1993, pp. 316-317. cfr. anche De Gabinete 1993.<br />

116 per un’analisi delle raccolte e dei vari aspetti del collezionismo di luigi XiV e di suo figlio luigi, gran delfino di Francia,<br />

ar b e T e Ta Mir a 2001, pp. 19-33 (pp. 33-38 fonti documentarie).<br />

117 per un’analisi delle collezioni del Museo cfr. Maa s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. ix-x i v; Gu e P i n 1990, p. 168.<br />

118<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. ix-x i i; Gu e P i n 1990, p. 168; we b e r 1992, pp. 15-16 e passim.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

81<br />

la famiglia bavarese dei Wittelsbach e dei principi<br />

elettori del palatino. per quanto riguarda la gran<br />

quantità di esemplari della produzione in esame<br />

(tra l’altro, come già notato 119 con numerosissimi e<br />

forti paralleli con i pezzi di Madrid), si è detto che<br />

una parte viene dalla collezione dell’elettore palatino<br />

Johann Wilhelm von der pfalz-neuburg (regnò<br />

1690-1716) 120 , che nella sua residenza a düsseldorf,<br />

tra il 1696 e il 1716, aveva formato una delle più<br />

famose raccolte tedesche (più di 400 gemme), di<br />

epoca barocca. probabilmente sua ispiratrice fu anche<br />

la seconda moglie, la figlia di cosimo iii Anna<br />

Maria luisa de’ Medici, di cui è noto il gran interesse<br />

per le gemme, che dopo la morte del marito<br />

ritornò a Firenze con gemme e gioiel li. non sono<br />

note le fonti di acquisto di Johann Wilhelm. sappiamo<br />

dei suoi buoni rapporti con il langravio Karl<br />

di Hessen-Kassel; entrambi potevano comprare dagli<br />

stessi agenti artistici; ma finora non vi è alcun<br />

dato di archivio al proposito. uno degli eredi di<br />

Johann Wilhelm, Karl theodor, nel 1785 trasferì la<br />

sua residenza a Monaco e vi portò la raccolta glittica.<br />

un altro blocco di Monaco, che conserva varie<br />

gemme della produzione in esame, viene dal principe<br />

abate del monastero di st. emmeram a regensburg,<br />

coelestin steiglehner 121 , appassionato<br />

collezionista di monete e pietre incise. si ignora<br />

la storia di questa raccolta, venduta al Münzkabinett<br />

nel 1812 – se era solo la collezione personale<br />

dell’abate o comprendeva anche una parte di più<br />

antiche raccolte del monastero, e le modalità di acquisto<br />

dei pezzi – che contiene 844 cammei e intagli<br />

antichi e non, e anche belle paste vitree di opere<br />

di artisti famosi come giovanni pichler (1734-1791)<br />

e nathaniel Marchant (1739-1816).<br />

conservato sempre a Monaco, ma di provenienza<br />

ignota, è un esemplare assai interessante<br />

per diversi aspetti. si tratta di un lapislazzuli inciso<br />

su entrambi i lati: in uno un cammeo con il busto<br />

di Anna d’Austria (1601-1666), moglie del re di<br />

Francia luigi Xiii, nell’altro un intaglio con Apol-<br />

lo e dafne, inserito nel gruppo F del filone 1 (tav.<br />

XXXiV g) 122 . secondo la Weber il cammeo si basa<br />

su una medaglia di Jean Varin, coniata intorno al<br />

1645, il cui retro mostra luigi XiV come bimbo,<br />

mentre l’intaglio è più antico del cammeo, probabilmente<br />

un lavoro francese del 1600 circa. comunque<br />

sia, questo esemplare testimonia come il lapislazzuli<br />

venisse usato per un cammeo ufficiale a<br />

cui non si disdegnava di associare una tipica figurazione<br />

della produzione in esame, di cui fornisce<br />

un terminus ante quem.<br />

tre collezioni costituiscono la base della raccolta<br />

glittica ai Musei di Berlino 123 : quella della corte<br />

di Brandeburgo, quella del Margravio di Ansbach<br />

e la collezione stosch.<br />

Va sottolineato che un terzo di tutti i lapislazzuli<br />

appartengono alla Kunstkammer della corte di<br />

Brandeburgo con circa 300 pietre, sostanzialmente<br />

radunata dai grandi principi elettori e da Federico<br />

i. nell’inventario molto sommario del 1649 non è<br />

citata la raffigurazione ma solo il materiale delle 67<br />

gemme, quasi tutti intagli (e tra questi anche lapislazzuli);<br />

nell’inventario del 1672 è documentata la<br />

succitata agata con ercole e cerbero; quindi è questo<br />

un utile terminus ante quem.<br />

nel 1696 lorenz Beger, conservatore e bibliotecario<br />

di corte di Heidelberg, pubblicò il suo Thesaurus<br />

Brandeburgicus Selectus: sive Gemmarum …: gran<br />

parte delle gemme ritenute da Beger antiche sono<br />

state più tardi riconosciute moderne.<br />

la collezione del Margravio di Ansbach, al Museo<br />

di Berlino dal 1758, presenta le caratteristiche<br />

dei gabinetti di gemme principeschi: è com<strong>post</strong>a di<br />

256 intagli e cammei, di cui vari moderni, ritenuti<br />

antichi a causa dei loro soggetti classici, e tra questi<br />

anche vari intagli in lapislazzuli.<br />

il poliedrico barone philipp von stosch (1691-<br />

1757) 124 , esperto ed insaziabile collezionista di gemme,<br />

prima a roma, poi a Firenze, riunì una eccezionale<br />

raccolta di cammei e intagli antichi e non,<br />

paste vitree e calchi; Winckelmann ne stese il catalogo.<br />

nel 1764 Federico ii comprò gemme, impron-<br />

119 Ca s a l Ga r C í a 1990, p. 73.<br />

120 we b e r 1992, pp. 11-16 e passim; we b e r 2001, pp. 13-14. cfr. anche se iD M a n n 1993.<br />

121 we b e r 1992, p. 13; se iD M a n n 1996a; we b e r 2001, pp. 16-17 e passim.<br />

122 we b e r 1992, pp. 22-23, 190-191, n. 243, tav. iii.<br />

123 per la storia della collezione, cfr. Fu r T wä n G l e r 1896, pp. v-x i; Zw i e r l e i n-Di e h l 1969, pp. 9-11; Gr ö s C h e l 1979, pp. 52-57; Gr ös<br />

C h e l 1981, pp. 98-99; Zw i e r l e i n-Di e h l 2007, pp. 271-272.<br />

124 da ultimo, Ta s s i n a r i 2009a, pp. 175-177; Ta s s i n a r i 2010, pp. 31-33.


82<br />

te e paste vitree: 3444 intagli di cui 887 pietre e paste<br />

riconosciute come moderne 125 . la straordinaria<br />

raccolta di stosch di 28000 impronte fu acquistata<br />

nel 1791 da James tassie che le utilizzò per le sue<br />

riproduzioni.<br />

Quattro intagli della collezione stosch, pubblicati<br />

da Winckelmann, sono in lapislazzuli 126 .<br />

pochi esemplari sono stati editi delle numerose<br />

gemme dei secoli XVi-XViii della collezione di<br />

Kassel (Antikensammlung, staatliche Museen) 127 ; si<br />

è già accennato come dei lapislazzuli ce ne siano<br />

più di un centinaio. nonostante le incisioni mediocri<br />

e sommarie dell’edizione dell’opera di Abraham<br />

gorlaeus, commentata dal gronovius, in qualche<br />

caso è stato possibile riconoscere che i pezzi della<br />

collezione glittica di gorlaeus sono ora a Kassel. la<br />

collezione glittica di Kassel, una delle più considerevoli<br />

in germania – nel 1767 ammontava a circa<br />

2500 intagli, per lo più, e cammei, antichi e moderni<br />

–, fu arricchita sia dal langravio Karl di Hessen-<br />

Kassel (1670-1730), che durante il viaggio in italia<br />

nel 1701 comprò dal nobile veneziano Antonio capello<br />

una collezione di gemme, molte non antiche,<br />

sia dal langravio Federico ii di Hessen (regnò dal<br />

1760 al 1785) nel suo viaggio in italia (1776-1777)<br />

e attraverso i suoi corrispondenti.<br />

Forniscono un utile terminus ante quem gli intagli<br />

in lapislazzuli appartenuti alla raccolta del commerciante<br />

e collezionista di norimberga paolo ii.<br />

praun (1548-1616). secondo von Murr, autore della<br />

descrizione del cabinet 128 , praun cominciò a collezionare<br />

all’età di 28 anni (nel 1576) in germania<br />

e in italia; già nel 1589 aveva in norimberga una<br />

raccolta rilevante di pitture, statue, busti, bassorilievi,<br />

bronzi, monete, disegni, curiosità, e, appunto,<br />

pietre incise e non. Va sottolineato che questa<br />

collezione – una delle più importanti, non principesche,<br />

del XVi secolo – è stata costituita soprat-<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

tutto in italia; in particolare la maggior parte delle<br />

gemme è stata acquistata a Bologna, dove praun<br />

morì. nella descrizione di von Murr sono elencate<br />

1163 gemme (1083 intagli e 80 cammei); prevalentemente<br />

gemme romane, ma anche etrusche, italiche<br />

e del rinascimento italiano. solo 5 cammei e 8 intagli<br />

von Murr ritiene siano moderni, mentre sono<br />

definiti greci o romani lavori sicuramente del XVi<br />

secolo, con soggetti antichi.<br />

dunque, tra le gemme considerate antiche vi<br />

sono quasi una trentina di intagli e due cammei<br />

in lapislazzuli. tutti senza immagini, questi esemplari<br />

mostrano una gamma ampia e varia di raffigurazioni:<br />

giove circondato dallo zodiaco, Minerva<br />

seduta con lancia o vittoria, Venere con cupido,<br />

cerere, leda e il cigno, iole con la clava di ercole,<br />

sacrifici, figure di Vittorie, cupidi, eroi, filosofi,<br />

astronomi, geni, teste di imperatori romani 129 .<br />

nel 1772 von Murr inviò 60 impronte a philipp<br />

daniel lippert, che le inserì nel suo supplemento<br />

del 1776; tra le paste vitree di lippert ora a Würzburg<br />

(Martin-von-Wagner-Museum der universität)<br />

che documentano 80 gemme della collezione<br />

praun, tra cui 26 gemme del XVi secolo, vi è un<br />

intaglio in lapislazzuli (cfr. oltre).<br />

comprata nel 1839 da sibylle Mertens-schaaffhausen<br />

(1797-1857), la raccolta praun condivise la<br />

sorte della vendita e dispersione della collezione<br />

Mertens-schaaffhausen.<br />

Molti intagli della produzione in esame, ora a<br />

Vienna, al Kunsthistorisches Museum, vengono o<br />

dalla collezione estense (la maggior parte) o da<br />

quella costituita dall’Arciduca Ferdinando che morì<br />

nel 1595 130 . il marchese tommaso, ultimo erede degli<br />

obizzi (morto nel 1803), impiegò il suo ingente<br />

patrimonio per trasformare il castello-villa, “il<br />

catajo”, dimora della famiglia a este, in un vero<br />

e proprio museo. grazie ai viaggi e ad una rete<br />

125<br />

Fu r T wä n G l e r 1896, pp. v i-v i i, 323-340, nn. 9423-9725. cfr. anche Zw i e r l e i n-Di e h l 1969, p. 9.<br />

126<br />

wi n C k e l M a n n 1760, ii, p. 61, n. 185 (= Fu r T wä n G l e r 1896, p. 325, tav. 63, n. 8903), ii, p. 76, n. 286 (= Fu r T wä n G l e r 1896, p.<br />

320, tav. 62, n. 8726), ii, p. 92, n. 397 (= Fu r T wä n G l e r 1896, p. 320, n. 8728), iV, p. 450, n. 331 (= Fu r T wä n G l e r 1896, p. 326, n.<br />

8938).<br />

127 sulla collezione glittica di Kassel, Za Z o F F 1965, pp. 1-6; Za Z o F F 1970, pp. 179-181; hö C k e r 1987-88, pp. 8-9. ulteriore bibliografia<br />

in Ta s s i n a r i 1994, pp. 50-51.<br />

128<br />

Mu r r 1797. per un’analisi del collezionista, della raccolta e delle sue vicende, si rimanda, oltre che a Mu r r 1797, a Zw i e rl<br />

e i n-Di e h l 1994; Zw i e r l e i n-Di e h l 1994a; Zw i e r l e i n-Di e h l 2007, p. 273.<br />

129<br />

Mu r r 1797, p. 274, n. 69, p. 276, n. 83, p. 280, n. 139, p. 281, nn. 146, 148, p. 282, n. 158, p. 283, n. 172, p. 291, n. 266, p. 293,<br />

n. 299, p. 295, nn. 338, 344, 349, p. 298, n. 377, p. 302, n. 458, p. 304, nn. 493-494, p. 310, n. 559, p. 314, nn. 620, 624, p. 315, nn.<br />

636, 646, p. 316, nn. 655, 662, p. 318, n. 686, p. 326, n. 771, p. 327, n. 792, p. 329, nn. 837, 840, p. 339, n. 1018.<br />

130 sulle due collezioni, cfr. Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 25-26; be r n h a r D-wa l C h e r 1991, pp. 28, 36-37. per un esame del marchese<br />

tommaso degli obizzi e della sua eterogenea collezione, Fa n T e l l i, Fa n T e l l i 1982; Fa n T e l l i 1988; Fava r e T T o 1989, p. 319.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

83<br />

di rapporti e corrispondenti estesi a tutta italia e<br />

anche fuori, il marchese otteneva uno straordinario<br />

numero di ogni sorta di oggetti, sulla cui qualità<br />

venivano sollevati dubbi; ma la raccolta, quantitativamente,<br />

era divenuta una delle ‘meraviglie’.<br />

Quanto alle gemme si trattava soprattutto di lavori<br />

della glittica italiana del XV e XVi secolo. Alla<br />

morte del marchese, dopo una lunga e travagliata<br />

storia attraverso una serie di passaggi di eredità<br />

tra gli estensi, le collezioni finirono a Vienna e<br />

in parte a Modena.<br />

per ciò che riguarda i lapislazzuli conservati a<br />

parigi, al cabinet des médailles, si tratta della raccolta<br />

glittica prima nel gabinetto del re 131 . Varie<br />

gemme vennero acquistate in italia dai commissari<br />

del re enrico iV, così come provenivano dall’italia<br />

molte delle pietre incise della collezione lasciata<br />

nel 1660 dal duca d’orleans, zio di luigi XiV. Ad<br />

arricchire la collezione contribuirono gli inviati nel<br />

levante, i doni di stranieri e altre raccolte, ad esempio<br />

quella famosa di nicolas-claude peiresc.<br />

Quanto agli esemplari della produzione al Museo<br />

del louvre, i primi acquisti noti del re luigi<br />

XiV datano al 1663, varie gemme sono entrate nella<br />

collezione del cardinale Mazzarino tra il 1653 e<br />

il 1661 o in quella del re luigi XV tra il 1684 e il<br />

1701 132 .<br />

conservata al Musée des Beaux-Arts di rennes<br />

è la raccolta dell’eclettico collezionista christophepaul,<br />

marchese di robien (1698-1756), uno degli ultimi<br />

grandi rappresentanti della politica, dell’erudizione<br />

e della letteratura provinciale francese 133 .<br />

A rennes, il suo celebre gabinetto di antichità e<br />

storia naturale veniva segnalato per l’ampiezza e<br />

la varietà degli oggetti, tra cui più di 200 intagli e<br />

cammei.<br />

Quasi tutti gli intagli di questa produzione conservati<br />

al British Museum vengono dalla collezione<br />

del medico e botanico sir Hans sloane (1660-<br />

1753) 134 . la sua raccolta, la maggior parte creata in<br />

circa quarant’anni, dal tardo 1680 al 1720, era una<br />

straordinaria miscellanea di oggetti, tra cui disegni,<br />

strumenti scientifici, fossili, conchiglie, piante,<br />

insetti, uccelli, pesci. sloane collezionava gemme<br />

(550 tra intagli e cammei) non per la loro qualità<br />

ma come esempi del mondo naturale e artificiale<br />

e per le informazioni che davano sulla storia del<br />

mondo. nella grande varietà delle pietre, spesso<br />

molto belle, vi è appunto il lapislazzuli. i soggetti<br />

includono, oltre ai molti classici e biblici, anche le<br />

diverse specie di animali, a volte incisi in pietre e<br />

nei colori appropriati. nel suo catalogo manoscritto<br />

sloane annotava il soggetto, la pietra e se ‘antica’<br />

o ‘moderna’. dalton data circa 230 gemme di<br />

sloane al XVi secolo o XVii secolo.<br />

Qualche altro intaglio della produzione conservato<br />

al British Museum appartiene alla collezione<br />

di charles townley acquistata nel 1814 135 . townley<br />

era interessato fondamentalmente al soggetto delle<br />

gemme e ne comprava in grandi quantità; pensava<br />

che tutte le sue gemme fossero antiche e una grande<br />

proporzione è ancora considerata tale.<br />

un discorso a sé meritano i lapislazzuli inseriti<br />

nella parure devonshire 136 , ritenuta il capolavoro<br />

della gioielleria vittoriana, conservata ancor intatta<br />

a chatsworth, parte di quella famosa collezione<br />

di gemme antiche e non, fondata da William,<br />

2° duca di devonshire (1673-1729). granville george<br />

leveson gower, 2° conte granville, nipote di<br />

William, 6° duca di devonshire, fu invitato a condurre<br />

la missione britannica a Mosca all’incoronazione<br />

dello zar Alessandro ii nel 1856. secondo lo<br />

spirito romantico del tempo, c. F. Hancock, gioielliere<br />

di londra incaricato di creare una parure per<br />

la contessa granville, incorporando gemme e diamanti<br />

della collezione devonshire, si ispirò al passato,<br />

così che la parure risulta stilisticamente eclettica,<br />

mescolanza di antico e moderno. essa consiste<br />

di sette pezzi, con incastonati più di 300 diamanti<br />

e 88 gemme selezionate (dal ii secolo a.c. al XViii<br />

secolo d.c. circa). e se il punto focale dei vari ornamenti<br />

è una gemma di rilevante qualità, forma<br />

131 sulla storia della collezione reale, Ma r i e T T e 1750, vol. i, passim, vol. ii, pp. i-x i; ba b e l o n 1897, pp. 112-174; avisseau-br o u s T e T<br />

1995, i, pp. 15-16.<br />

132 per la storia della collezione, alCouFFe 2001, pp. 11-31.<br />

133 cfr. Ta s s i n a r i 1994, pp. 64-65, ove precedenti riferimenti bibliografici.<br />

134 su sloane collezionista di gemme, cfr. ru D o e 1996, p. 198; ru D o e 2003, pp. 135-136 (bibliografia essenziale).<br />

135 sulla collezione di gemme townley, cfr. ru D o e 1996, p. 198; ru D o e 2003, p. 138 (bibliografia essenziale).<br />

136 per un’analisi del significato storico della commissione, delle caratteristiche di questo gioiello e dei singoli pezzi, sC a r i s b r i C k<br />

1979; sC a r i s b r i C k 1986 (con identificazione e datazione di tutte le 88 gemme); sC a r i s b r i C k 2003, pp. 68-70, 73; ba r k e r 2003, pp.<br />

320-326, n. 192. per un esame della ditta Hancock cfr. Ge r e 2002 (per la parure, pp. 46-48, 50-51, 57-58).


84<br />

e colore, è significativo che due intagli in lapislazzuli,<br />

assegnati al rinascimento, siano <strong>post</strong>i al centro:<br />

nella corona ercole barbato (o commodo) con<br />

la leontea, e nel pettorale un guerriero armato stante<br />

che tiene una clessidra e ha un leone accucciato<br />

ai suoi piedi. Ma altri lapislazzuli sono stati scelti<br />

per esser incastonati in questa parure, tutti ascritti<br />

al XVi secolo d.c.: due intagli nel diadema, una<br />

testa di claudio e un’aquila su una colonna, fiancheggiata<br />

da due stelle e l’iscrizione iVliVs cesAr;<br />

nel pettorale un cammeo con un busto di donna<br />

in foggia non antica.<br />

Alcuni dei pezzi qui esaminati, ora al Museo<br />

statale dell’ermitage, vengono dalla collezione<br />

d’orléans 137 , la cui formazione risale alla raccolta<br />

rinascimentale custodita nel castello di Heidelberg.<br />

nel 1685 il già citato lorenz Beger pubblicò il suo<br />

Thesaurus ex Thesauro Palatino Selectus: 111 gemme,<br />

una selezione delle più pregevoli, conservate nel<br />

castello di Heidelberg, la maggior parte realizzata<br />

nel rinascimento. dopo la distruzione del castello<br />

di Heidelberg, la dattilioteca passò all’ereditiera, la<br />

principessa palatina charlotte-elisabeth (liselotte),<br />

moglie di Filippo d’orléans, fratello di luigi XiV,<br />

che la aumentò molto. in seguito alla morte della<br />

principessa nel 1722, la raccolta fu trasmessa ai<br />

duchi d’orléans. il duca luigi iii d’orléans acquistò<br />

nel 1741 la celebre dattilioteca di pierre crozat,<br />

di cui Mariette preparò il catalogo: quasi 1400<br />

pezzi, la maggior parte antichi ma anche del XVi<br />

e XVii secolo.<br />

Alcuni casi si pongono come testimonianza di<br />

cosa ‘circolava’ sul mercato antiquario, soprattutto<br />

nel XiX secolo.<br />

Ad esempio nel catalogo della collezione di<br />

gemme, con l’annotazione della data d’acquisto e<br />

del prezzo pagato, dell’erudito, collezionista e amatore<br />

d’arte e di antichità abate carlo Antonio pullini,<br />

due intagli in lapislazzuli, uno con la testa di<br />

decio traiano, l’altro con il busto d’una baccante,<br />

sono stati comprati rispettivamente nel 1791 e<br />

nel 1797 138 .<br />

negli anni centrali dell’800 sono state acquistate<br />

137 Splendeurs 2000, pp. 14-26.<br />

138 Pa l M a ve n e T u C C i 1994, pp. 33-34.<br />

139 Ge r C k e 1970, p. 65.<br />

140 su Wellcome, ni C h o l l s 1983, pp. 7-8.<br />

141 he n i G 1975, pp. 1-3; sP i e r, vassilika 1995.<br />

142 per una ricostruzione della raccolta del garovaglio, Ma G n i, Ta s s i n a r i 2010.<br />

143 cfr. ad es. Ge n n a i o l i 2007, pp. 39-94.<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

da Friedrich Wieseler, con lo scopo di formare una<br />

raccolta istruttiva, le pietre e le repliche vitree di<br />

gottinga (università, Archäologisches institut) 139 .<br />

così, la cospicua raccolta glittica, ora al Fitzwilliam<br />

Museum di cambridge, di sir Henry solomon<br />

Wellcome, filantropo sostenitore della ricerca medica<br />

e collezionista, consiste di acquisti particolarmente<br />

intensi dal 1913 fino alla sua morte, nel<br />

1936 140 .<br />

l’altra raccolta (400 gemme circa), nello stesso<br />

Museo, fu costituita dal reverendo samuel savage<br />

lewis (1836-1891), insegnante, antiquario, bibliotecario<br />

del corpus christi college, che acquistava<br />

antichità nel corso dei suoi viaggi in italia, grecia<br />

e paesi orientali (ad esempio comprava a napoli,<br />

cherchel, Kerch, costantinopoli e specialmente<br />

smirne), dai suoi amici all’estero, alle aste di londra<br />

e parigi 141 .<br />

invece, in linea generale, non possiamo stabilire<br />

se la sua dattilioteca rifletta i percorsi dei viaggi<br />

di Alfonso garovaglio (1820-1905), a cui è tradizionalmente<br />

attribuita la collezione – oltre cento esemplari,<br />

tra intagli e cammei, antichi e non, classici e<br />

orientali, scarabei e repliche vitree –, conservata nel<br />

Museo civico Archeologico “giovio” di como 142 .<br />

Archeologo, collezionista, garovaglio intraprese<br />

diversi viaggi in egitto, siria, palestina, Mesopotamia;<br />

perciò possiamo ipotizzare anche l’oriente<br />

come suo mercato di rifornimento.<br />

per quanto concerne le altre collezioni italiane,<br />

la maggior messe di notizie riguardano la dattilioteca<br />

dei Medici. senza ripercorrere le vicende ampiamente<br />

note 143 , ricordiamo che parecchi esemplari<br />

della produzione dei lapislazzuli non sono stati<br />

rintracciati nei vari inventari redatti nell’arco della<br />

storia della collezione. ciò premesso, alcuni vengono<br />

menzionati nell’inventario, databile prima del<br />

1736, di sebastiano Bianchi, custode del medagliere<br />

e della dattilioteca granducale, e/o nell’inventario<br />

del 1786, a cura di giuseppe Bencivenni pelli, o<br />

nel manoscritto compilato nel 1838 da Michele Arcangiolo<br />

Migliarini, che rispecchia il riordino della<br />

galleria, da lui curato. un intaglio – le tre grazie,


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

85<br />

filone n. 9, gruppo d – è registrato tra le gemme<br />

di cosimo iii nell’inventario di luigi strozzi (1676).<br />

Qualche intaglio della produzione è stato pubblicato<br />

da leonardo Agostini nella sua opera Le gemme<br />

antiche figurate, appartenente alla sua raccolta o a<br />

quella dell’Abate pietro Andrea Andreini, entrambe<br />

passate nella dattilioteca medicea.<br />

sono in genere scarsi i dati utili relativi alle gemme<br />

delle altre collezioni italiane.<br />

purtroppo è impossibile specificare, su basi certe,<br />

quali intagli qui citati, conservati ai civici Musei<br />

d’Arte di Verona, appartengono alla collezione<br />

del conte Jacopo Verità (1744-1827) 144 . infatti attualmente<br />

non si distinguono le gemme Verità – più di<br />

1600 – confluite al Museo insieme ad altri, pur minori,<br />

lasciti. Quanto alle modalità di acquisizione<br />

delle gemme da parte del conte Verità, soprintendente<br />

al Museo Maffeiano, si può ricordare che nel<br />

1791 si era recato a roma, dove ritornò più volte,<br />

e vi è notizia di scavi da lui compiuti; altre gemme<br />

possono provenire dal mercato antiquario ‘locale’<br />

(pensiamo solo a due centri come Venezia ed<br />

Aquileia).<br />

È molto probabile che parecchie gemme della<br />

collezione del Museo civico Archeologico di Bologna<br />

siano state comperate a roma e a Aquileia 145 ,<br />

così come è presumibilmente formata da acquisti<br />

sul mercato antiquario romano la settecentesca collezione<br />

glittica riminaldi, donata al Museo di Ferrara<br />

e ivi conservata 146 .<br />

tutti i lapislazzuli del Museo Archeologico di<br />

padova vengono dalla collezione di Antonio piazza<br />

(1772-1844), notaio, avvocato e patriota; ma non conosciamo<br />

nulla circa la provenienza delle sue gemme<br />

147 .<br />

la maggior parte dei 225 pezzi conservati al<br />

Museo Archeologico di Bari è confluita in seguito<br />

ad acquisizioni effettuate negli anni tra il 1889<br />

e il 1903 148 .<br />

così, la raccolta di gemme dei civici Musei e<br />

gallerie di storia e Arte di udine è costituita da<br />

lasciti e donazioni di collezionisti locali: un numero<br />

consistente proviene dalla raccolta di luigi torrelazzi,<br />

orefice e gioielliere ben noto di udine che<br />

144 da ultimo, se n a Chi e s a 2009, pp. 1-6.<br />

145<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, p. 22.<br />

146 D’aG o s T i n i 1984, p. 11.<br />

147<br />

se iD M a n n 1997, p. 123; Pe l l e G r i n i 1997, pp. 124, 128-132.<br />

148<br />

Ta M M a 1991, p. 3.<br />

149<br />

To M a s e l l i 1993, pp. 19-20; an C e s C h i 2006, p. 115.<br />

morì nel 1893, altri da quella dell’udinese conte<br />

Francesco di toppo (1797-1883) 149 .<br />

10. i F i l o n i D e l l a P r o D u Z i o n e<br />

10.1. le figure e le scene<br />

Fi l o n e n. 1<br />

È il filone più numeroso e che presenta più spiccate<br />

quelle singolari caratteristiche stilistiche già illustrate<br />

e che qui si riassumono. tipica è la resa del<br />

profilo del viso schematico o semplificato, a marcati<br />

e stilizzati tratti orizzontali, della strana pettinatura<br />

con i capelli a fiocchi o ritti in alto, dei muscoli<br />

dell’addome a solchi rotondi o con una specie di<br />

globuli, delle estremità indicate in modo sommario<br />

e del panneggio ad arco.<br />

All’interno di questo filone si distinguono diversi<br />

gruppi di intagli stilisticamente e/o iconograficamente<br />

omogenei, talvolta numerosi, talaltra costituiti<br />

da pochissimi esemplari.<br />

Gruppo A<br />

gli intagli presentano, con lievi varianti, figure<br />

maschili nude, identificabili con un guerriero, con<br />

Marte, con roma (può esservi anche una commistione<br />

delle due iconografie), sedute su un pezzo<br />

di roccia, un tronco d’albero o una corazza, da cui<br />

talvolta salgono una serie di segmenti-raggi, resi<br />

come lance o frecce; una mano è posata sul tronco<br />

o tiene una lancia, l’altra protesa un elmo (da cui<br />

a volte si dipartono tipici raggi riempitivi: per rendere<br />

il cimiero?), una Vittoria, un ramo, una freccia<br />

o un oggetto non definibile da cui spesso pendono<br />

due lunghi nastri (forse i lembi del mantello); talvolta<br />

dal terreno spuntano delle piante e dei ciuffi<br />

d’erba; in un caso vi è una colonnina e una stella,<br />

in un altro un’ara accesa.<br />

in questo gruppo sono marcate le peculiarità stilistiche<br />

della produzione.


86<br />

predominano il lapislazzuli e la corniola, seguite<br />

dall’agata zonata; in un caso vi è il diaspro verde.<br />

Attestazioni<br />

Bari, Museo Archeologico 150<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 151<br />

Verona, civici Musei d’Arte 152 (tav. XXXi a; tav.<br />

liii a)<br />

Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung 153<br />

Braunschweig, Herzog Anton ulrich Museum 154<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum 155 (tav. XXXi b)<br />

gottinga, università, Archäologisches institut 156<br />

Kassel, Antikensammlung, staatliche Museen 157<br />

londra, British Museum, collezione sloane 158<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 159 (tav.<br />

XXXi c)<br />

Madrid, Museo nazionale del prado, tesoro del delfino<br />

160<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 161<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 162<br />

san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage 163<br />

ubicazione ignota, già collezione Macgowan (tav.<br />

XXXi d) 164<br />

ubicazione ignota 165<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 166<br />

in pochi intagli la figura è stante, con il busto di<br />

prospetto, le gambe e il viso di profilo, si appog-<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

gia con il gomito ad un pilastrino. Alcuni esemplari<br />

sono pressoché identici tra loro.<br />

Attestazioni<br />

Aquileia, Museo nazionale 167<br />

Firenze, Museo degli Argenti 168<br />

Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung 169<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 170<br />

leida, royal coin cabinet 171<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 172<br />

ubicazione ignota 173 (tav. XXXi e)<br />

Gruppo B<br />

un gruppo assai diffuso è costituito da intagli<br />

tra di loro del tutto simili per iconografia e stile:<br />

eroti stanti o incedenti con arco imbracciato nell’atto<br />

di scoccare la freccia, con le solite caratteristiche<br />

più o meno accentuate, come la tipica pettinatura a<br />

segmenti ritti, il profilo del viso espresso mediante<br />

tre-quattro tratti, le linee sinuose ad indicare la clamide<br />

svolazzante. unica variante di rilievo: in alcuni<br />

intagli l’erote sta su un basamento con sporgenze<br />

modanate o su un globo.<br />

le pietre, oltre al lapislazzuli e alla corniola,<br />

sono l’agata, il diaspro, l’ametista e l’eliotropio.<br />

150 Ta M M a 1991, p. 94, n. 172 (età moderna).<br />

151 Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i 1987, pp. 146-148, nn. 284-286 (iii-iV secolo o XVii-XViii secolo?).<br />

152 Ta s s i n a r i 2009, p. 155, tav. Xliii, n. 661 (XVi-XVii secolo).<br />

153 Fu r T wä n G l e r 1896, p. 321, tav. 62, n. 8785 (già ritenuto antico, poi ricollegato a questa produzione).<br />

154 se i l e r 2008, p. 195, fig. 158, prima fila, primo da sinistra (non datato).<br />

155 he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, pp. 324-325, n. 679 (XVi secolo).<br />

156 Ge r C k e 1970, p. 128, tav. 59, n. 363 (ii secolo d.c.).<br />

157 Za Z o F F 1983, p. 394, nota 40, tav. 130, n. 7 (XVii-XViii secolo).<br />

158 wa lT e r s 1926, p. 217, tav. XXVi, n. 2077 (tra le gemme greco-romane); inediti, inv. sl.A 155, inv. sl.A 196: visione autop-<br />

tica (XVi-XVii secolo).<br />

159 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, pp. 206-208, ii, pp. 114-115, 118-119, nn. 144-148, 164, 166-168 (età moderna).<br />

160 iñ i G u e Z 1989, p. 65, n. 17 (non datato).<br />

161 AGDS i, 3, p. 69, tav. 232, n. 2529 (iii-iV secolo d.c.), p. 103, tav. 262, n. 2783 (ii secolo d.c.); we b e r 2001, pp. 182, 206, nn.<br />

371-372, 444 (seconda metà del XVii secolo).<br />

162 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 89, n. 180 (= ibidem, p. x i i, fig. 6 = Gr o n o v i u s 1695, p. 53, n. 606) (XVi-XVii secolo).<br />

163 inv. i. 11344; inedito, cit. in we b e r 2001, p. 182, n. 371.<br />

164 ra s P e 1791, p. 679, n. 12655 (XVi-XVii secolo).<br />

165 Gr o n o v i u s 1695, pp. 29-30, nn. 272-273, pp. 52-53, n. 602 (XVi-XVii secolo).<br />

166 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 281, tav. 204, n. 2649 (XVi - metà del XVii secolo).<br />

167 se n a Ch i e s a 1966, p. 323, tav. XlVii, n. 928a (iii o iV secolo d.c.).<br />

168 Ge n n a i o l i 2007, p. 386, n. 546 (XVii secolo).<br />

169 Fu r T wä n G l e r 1896, p. 321, tav. 62, n. 8769, p. 322, n. 8770 (senza illustrazione = Zw i e r l e i n-Di e h l 1969, p. 186, tav. 89, n. 515)<br />

(già considerati antichi, poi ricondotti alla produzione dei lapislazzuli).<br />

170 Ge s Z T e ly i 2000, pp. 87, 168, n. 297 (XVi-XVii secolo).<br />

171 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, p. 238, fig. 9 (XVi-XVii secolo).<br />

172 we b e r 2001, p. 224, n. 518 (circa 1700).<br />

173 Gr o n o v i u s 1695, pp. 53-54, n. 615 (XVi-XVii secolo).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

87<br />

Attestazioni<br />

Aquileia, Museo nazionale 174<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 175 (tav. XXXi f )<br />

Firenze, Museo degli Argenti 176<br />

napoli, Museo Archeologico 177<br />

ravenna, Museo nazionale 178<br />

torino, Museo civico d’Arte Antica 179<br />

Bucarest, gabinetto numismatico dell’Accademia<br />

rumena 180<br />

gottinga, università, Archäologisches institut 181<br />

Kassel, Antikensammlung, staatliche Museen 182<br />

londra, British Museum, collezione sloane 183<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 184<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 185<br />

ubicazione ignota, già collezione dell’elettore palatino<br />

a Heidelberg 186<br />

ubicazione ignota, già collezione Vimercati sozzi,<br />

Bergamo 187 (tav. XXXi g)<br />

ubicazione ignota 188<br />

Valencia, Museo dell’università 189<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 190<br />

si inseriscono in questo gruppo dal punto di vista<br />

stilistico ma non sono eroti e hanno il panneggio<br />

ad arco i seguenti intagli in onice e in corniola:<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 191<br />

Gruppo C<br />

rientra nel filone 1 un insieme piuttosto omogeneo<br />

dal punto di vista iconografico, un po’ meno<br />

stilistico: una serie abbastanza nutrita di intagli che<br />

raffigurano un erote nudo, ad ali spiegate, stante<br />

o incedente, di prospetto, con il viso di profilo; di<br />

solito mette una mano sull’arco poggiato a terra,<br />

mentre con l’altra tiene una freccia o un ramo. gli<br />

intagli sono quasi sempre in lapislazzuli e in corniola,<br />

di rado in agata zonata.<br />

Attestazioni<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 192<br />

udine, civici Musei 193 (tav. XXXi h)<br />

Verona, civici Musei d’Arte 194 (tav. XXXi i; tav.<br />

XXXii a, b; tav. liii b)<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 195<br />

cluj, Museo Archeologico 196<br />

l’Aja, royal coin cabinet 197<br />

londra, British Museum, collezione sloane 198<br />

londra, Freud-Museum, collezione Freud 199<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 200<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 201<br />

Mosca, Museo puskin 202<br />

174 se n a Ch i e s a 1966, p. 320, tav. XlVi, n. 912 (età antica).<br />

175 Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i 1987, p. 90, n. 143 (iii-iV secolo d.c.).<br />

176 Ge n n a i o l i 2007, p. 361, n. 486, p. 386, n. 547, p. 410, n. 621 (iii-iV secolo d.c.? XVii secolo; prima metà del XViii secolo?).<br />

177 Gi o v e, vi l l o n e 2006, p. 143, n. 164 (senza immagine); visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

178 Ma i o l i 1971, pp. 41-42, nn. 39-40, tav. iii, 24 (iii-iV secolo d.c.?).<br />

179 bo l l aT i, Messina 2009, pp. 195-196, n. 142 (XVii-XViii secolo).<br />

180 Gr a M aT o P o l 1974, p. 53, tav. iX, n. 179 (età antica).<br />

181 Daktyliotheken 2006, p. 201, fig. 3, n. 34 (non datato).<br />

182 Za Z o F F 1983, p. 394, nota 40, tav. 130, nn. 4-5 (XVii-XViii secolo).<br />

183 inv. sl.A 178, inv. sl.A 199, inv. sl.A 203; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

184 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, pp. 203-204, ii, pp. 107-108, nn. 109-118 (età moderna).<br />

185 we b e r 2001, pp. 175-176, nn. 348, 350 (prima metà del XVii secolo).<br />

186 be G e r u s 1685, pp. 24-25, tav. XVi (non datato).<br />

187 Ta s s i n a r i c.s.a, n. 395 (XVi-XVii secolo).<br />

188 Gr o n o v i u s 1695, p. 50, nn. 568-569, p. 51, n. 583, p. 53, n. 614 (XVi-XVii secolo).<br />

189 al Fa r o Gi n e r 1996, pp. 106-108, tav. Xi, n. 46 (XiX secolo).<br />

190 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 283, tav. 205, n. 2661, n. 2662 (n. 2662 = Zw i e r l e i n-Di e h l 1993, pp. 391-393, fig. 30) (XVi - metà del<br />

XVii secolo).<br />

191 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. 90-91, nn. 184-185 (XVi-XVii secolo).<br />

192 Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i 1987, p. 145, n. 280 (iii-iV secolo o XVii-XViii secolo?).<br />

193 To M a s e l l i 1993, p. 155, tav. XXi, n. 396 (ii secolo d.c.?).<br />

194 Ta s s i n a r i 2009, p. 155, tav. Xliii, n. 663 (= se n a Ch i e s a 1996, p. 485, tav. iV, n. 9), n. 664, n. 665 (XVi-XVii secolo).<br />

195 Ge s Z T e ly i 2000, pp. 86, 167, n. 294 (XVi-XVii secolo).<br />

196 Te P o s u Dav iD 1960, p. 528, n. 13, fig. 1, n. 25 (ii-iii secolo d.c.).<br />

197 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1978, p. 363, tav. 176, n. 1148 (non datato).<br />

198 inv. sl.A 186, inv. sl.A 197; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

199 we i s s 2011, pp. 80-81, fig. 11, p. 112, n. 41 (XVi - metà del XVii secolo).<br />

200 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, pp. 204-205, ii, pp. 109-111, nn. 119, 126-132 (età moderna).<br />

201 AGDS i, 3, p. 72, tav. 235, n. 2555 (iV secolo d.c.); weber 2001, p. 176, nn. 351-352, p. 180, n. 364 (prima metà del XVii secolo).<br />

202 Fi n o G e n o wa 1993, p. 88, n. 60 (ii secolo d.c.).


88<br />

neris-les-Bains, Museo rieckotter 203<br />

ubicazione ignota, già collezione de Wilde 204<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 205<br />

Gruppo D<br />

All’interno dell’insieme in esame si distingue<br />

un gruppo di intagli con Vulcano (o un fabbro) al<br />

lavoro, di grande interesse perché dimostra come<br />

nel repertorio glittico la ricezione e l’interpretazione<br />

di un’opera di Valerio Belli o di giovanni Bernardi<br />

(la mancanza di firma rende impossibile dirimere<br />

la questione della paternità) ha determinato<br />

la creazione di questa iconografia 206 .<br />

Vulcano, seduto di profilo, alza il braccio col<br />

martello in atto di colpire, mentre con l’altra mano<br />

abbassata tiene in genere un elmo (talvolta non è<br />

chiaro il tipo di oggetto fabbricato) poggiato su un<br />

alto podio cilindrico che spesso funge da incudine.<br />

Vulcano è nudo, ma dalla spalla gli pende la clamide<br />

svolazzante che forma un’ampia curva (una<br />

velificatio più o meno pronunciata), ricade dietro il<br />

braccio e con un lembo sul femore. A questo schema<br />

comune vengono apportate le variazioni (alterazioni,<br />

addizioni o innovazioni) che fanno la specificità<br />

di un intaglio; ad esempio la scena può esser<br />

arricchita dall’aggiunta di un’altra figura stante,<br />

maschile o femminile o un erote.<br />

gli intagli si assomigliano così tanto che appare<br />

giustificato pensare ad una sola officina.<br />

le pietre sono: lapislazzuli, corniola, agata zonata.<br />

Attestazioni<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum 207 (tav. XXXii c)<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 208 (tav.<br />

XXXii d, e)<br />

Madrid, Museo nazionale del prado, tesoro del delfino<br />

209<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 210<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 211 (tav.<br />

XXXii f )<br />

ubicazione ignota, già collezione de Wilde 212<br />

solo in tre intagli Vulcano è stante:<br />

Firenze, Biblioteca Marucelliana 213<br />

Braunschweig, Herzog Anton ulrich Museum 214<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 215<br />

Gruppo E<br />

un altro piccolo gruppo prova l’influenza determinante<br />

dell’opera di Valerio Belli, ma nel processo<br />

di popolarizzazione e di volgarizzazione (e anche<br />

innovazione), la riecheggia tanto da lontano da non<br />

consentire di individuare il modello preciso.<br />

si tratta di figure femminili stanti, con il viso di<br />

profilo e spesso il corpo di prospetto, che tengono<br />

nella mano protesa un ramo di palma, di rado una<br />

freccia; o di eroti, in un caso <strong>post</strong>o su un basamento,<br />

che reggono una freccia, un cuore, un globo o un<br />

elemento vegetale o che si appoggiano alla freccia<br />

come bastone; oppure sono figure incedenti, verso<br />

un’ara, sacrificanti, o verso una fiaccola, Vittorie<br />

con il ramo di palma o con un erote (?). la derivazione<br />

e/o l’allusione al modello del Belli si coglie<br />

nel panneggio fluttuante o che forma un’ampia velificatio<br />

e ricade dietro il braccio, nonché nell’incedere<br />

delle figure.<br />

le pietre sono lapislazzuli, corniole, agate zonate,<br />

un eliotropio, un’ametista.<br />

203<br />

gui r a u D 1996, p. 86, fig. 57 (XVii-XViii secolo) (già datato al iii secolo d.c.: gu i r a u D 1988, p. 127, tav. XXiV, n. 365).<br />

204<br />

De wil D e 1703, pp. 50, 52-53, tav. 16, n. 58 (XVi-XVii secolo).<br />

205<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 249, tav. 179, n. 2540/33, pp. 283-284, tavv. 205-206, nn. 2663, 2664, 2673 (= Zw i e r l e i n-Di e h l 1993,<br />

pp. 391-393, fig. 29), nn. 2674-2675 (XVi - metà del XVii secolo).<br />

206 per un’analisi delle gemme di questo gruppo, con discussione riguardo alle singole composizioni, Ta s s i n a r i 1996.<br />

207<br />

ni C h o l l s 1983, pp. 44-45, nn. 205-206 (XVi-XViii secolo); he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, p. 324, n. 678 (XVi-XVii secolo).<br />

208<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, p. 206, ii, pp. 115-116, nn. 149-152 (età moderna).<br />

209<br />

iñ i G u e Z 1989, pp. 65, 68, n. 109 = ar b e T e Ta Mir a 2001, p. 347, senza immagine (non datato).<br />

210<br />

we b e r 2001, p. 191, n. 405 (XVii secolo).<br />

211<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 92, n. 189 (XVi-XVii secolo).<br />

212<br />

De wil D e 1703, pp. 121-122, tav. 35, n. 131 (XVi-XVii secolo).<br />

213<br />

Go r i ectypa, tav. Vi, ultima fila in basso, seconda da destra (impronta di ceralacca inedita; visione autoptica) (XVi-XVii se-<br />

colo).<br />

214 se i l e r 2008, p. 195, fig. 158, settima fila, quinto da sinistra (non datato).<br />

215 we b e r 2001, p. 182, n. 370 (secondo terzo del XVii secolo).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

89<br />

Attestazioni<br />

padova, Museo Archeologico 216<br />

udine, civici Musei 217 (tav. XXXii g)<br />

Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung 218<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 219<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 220<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 221<br />

Münster, collezione privata 222<br />

san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage 223<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 224<br />

ubicazione ignota, già collezione dehn-dolce 225<br />

ubicazione ignota, già collezione de Wilde 226 (tav.<br />

XXXii h)<br />

ubicazione ignota, da panticapeo (Kertsch) 227<br />

ubicazione ignota 228<br />

ubicazione ignota 229<br />

Gruppo F<br />

si colloca in questo filone un gruppo particolarmente<br />

interessante, già individuato dal Kris. lo studioso<br />

ne tratta nell’ambito di un’attività artigiana<br />

di scarsa qualità, da lui datata al XVi-XVii secolo 230 :<br />

scene mitologiche e religiose, immagini monotone<br />

e popolari, incise in modo spesso rozzo: flüchtig,<br />

aggettivo che si è visto ricorrente per denotare gli<br />

intagli della produzione dei lapislazzuli. Kris ricollega<br />

l’insieme all’italia settentrionale, in base alla<br />

comune parentela stilistica con i lavori degli incisori<br />

di cristallo milanesi del più tardo ‘500, specialmente<br />

con le opere della cerchia dei saracchi.<br />

A mio avviso che sia corretto l’inserimento di<br />

questi intagli nella produzione dei lapislazzuli e in<br />

uno stesso gruppo nel filone 1 è dimostrato dal preciso<br />

riscontro di alcuni elementi iconografici e stilistici<br />

con i gruppi precedenti.<br />

tra l’altro, ricordiamo che Furtwängler a proposito<br />

di un intaglio di Monaco, inserito in questo<br />

gruppo, lo riteneva una caratteristica testimonianza<br />

di un genere molto numeroso di lavori rozzi<br />

( flüchtig, aggettivo sempre ripetuto) del XVi e XVii<br />

secolo che privilegiano soprattutto il lapislazzuli,<br />

ma impiegano anche agate zonate e pietre verdi 231 .<br />

e citava gli intagli nn. 9019-9123 del suo catalogo<br />

di Berlino, che in quel testo collegava ai nn. 8733<br />

e seguenti, appunto della produzione dei lapislazzuli<br />

232 .<br />

Kris, pubblicando un intaglio in agata con un<br />

amore inginocchiato davanti ad un’ara sopra cui<br />

egli pone una pianta germogliante da un cuore,<br />

del Kunsthistorisches Museum di Vienna 233 (tav.<br />

XXXii i), segnalava che a Firenze si trovava una replica,<br />

assieme ad altre numerose pietre della stessa<br />

feconda officina. in effetti colpisce come lo stesso<br />

schema iconografico venga ripetuto in alcuni esemplari,<br />

con le varianti apportate che connotano la<br />

specificità del pezzo. si può pensare a schemi formali<br />

stereotipi liberamente com<strong>post</strong>i e variati.<br />

Ad esempio questo stesso amore inginocchiato<br />

davanti all’ara ritorna su quattro intagli, sempre<br />

in agata: il citato pezzo viennese, uno a Firenze,<br />

al Museo degli Argenti (tav. XXXiii a) 234 , un altro<br />

216<br />

se iD M a n n 1997, p. 152, n. 300 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

217<br />

To M a s e l l i 1993, p. 82, tav. Vii, n. 129 (fine ii-iii secolo d.c.), p. 156, tav. XXi, n. 399 (iii-iV secolo d.c. o età moderna). dubita<br />

dell’antichità dell’intaglio n. 129 anche la guiraud: gu i r a u D 1999, p. 706.<br />

218<br />

Fu r T wä n G l e r 1896, p. 321, tav. 62, n. 8760 (già considerato antico, di epoca tarda, poi ricondotto alla produzione dei lapislazzuli).<br />

219<br />

Ge s Z T e ly i 2000, pp. 86, 167, n. 293 (XVi-XVii secolo).<br />

220<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, pp. 203-206, ii, pp. 106, 109, 112-113, nn. 104, 120, 137-141, 143 (età moderna).<br />

221 AGDS i, 3, p. 82, tav. 245, n. 2639 (iii secolo d.c.); we b e r 2001, p. 175, n. 346, p. 181, nn. 368-369, p. 189, n. 401 (primo<br />

quarto - metà del XVii secolo).<br />

222 sT u P P e r i C h 1988, p. 294, n. 2, tav. 24, n. 5 (ii-iii secolo d.c.).<br />

223 ka G a n 1996, p. 79, fig. 64, p. 190, n. 106 (XVii secolo).<br />

224 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 282, tav. 205, n. 2658 (XVi - metà del XVii secolo).<br />

225 De h n, Do l C e 1772, tomo i, p. 90, n. 9; cassetta i (9), zolfo n. 9 (non datato).<br />

226 De wi l D e 1703, p. 101, tav. 28, n. 108 (XVi-XVii secolo).<br />

227 ki b a lT C h i T C h 1910, p. 37, tav. iii, n. 84 (non datato).<br />

228 Gr o n o v i u s 1695, p. 49, n. 545 (XVi-XVii secolo).<br />

229 Camées-Scarabées 1926, p. 19, tav. Vii, n. 258 (età moderna).<br />

230<br />

kr i s 1929, i, p. 91.<br />

231<br />

Fu r T wä n G l e r 1900, vol. ii, p. 308.<br />

232 gli intagli nn. 9019-9123 sono stati qui citati nella nota 66, perché pubblicati senza immagine e senza indicazione di soggetto.<br />

233<br />

kr i s 1929, i, pp. 91, 177, ii, tav. 99, n. 421.<br />

234<br />

Ge n n a i o l i 2007, p. 376, n. 516.


90<br />

a Monaco (tav. XXXiii b) 235 , a cui credo si può aggiungere<br />

un intaglio in sardonice, inserito in un<br />

coperchio di una coppa, al louvre 236 , e un intaglio<br />

al Museo statale dell’ermitage 237 . le varianti<br />

sono costituite da un amorino con un altro ramo<br />

che vola in alto nell’intaglio di Vienna e da una<br />

stella in mezzo alle nuvole nell’intaglio di Monaco.<br />

lo stesso particolare della stella circondata dalle<br />

nuvole compare su altri intagli del gruppo. una<br />

variante più accentuata è rappresentata da un altro<br />

intaglio, sempre in agata, a Firenze, al Museo degli<br />

Argenti 238 , dove lo stesso Amore inginocchiato accosta<br />

una fiaccola ad un triangolo <strong>post</strong>o sopra un<br />

basamento; in alto il sole in mezzo alle nuvole, sul<br />

suolo ciuffi d’erba (tav. XXXiii c).<br />

uguale è la composizione – cambiano solo alcuni<br />

particolari, ad esempio il cielo e la terra – su<br />

un intaglio in agata al Museo civico d’Arte Antica<br />

di torino 239 . Vito Messina sottolinea 240 che la<br />

scena deve avere una natura allegorica; alcuni dei<br />

simboli che la compongono trovano diverse spiegazioni<br />

nell’ambito del simbolismo massonico, ermetico-alchemico<br />

e esoterico. Ma osservando che<br />

questi elementi non compaiono nello stesso contesto,<br />

lo studioso ritiene opportuno far riferimento<br />

all’araldica, al repertorio delle cosiddette ‘imprese’,<br />

nonché alle marche tipografiche, ampiamente<br />

diffuse nel ‘500. lo studioso conclude che questa<br />

scena potrebbe simboleggiare l’amore domato (inginocchiato<br />

ha de<strong>post</strong>o le armi), che arde di fiamma<br />

divina e grazia (il sole androposopo).<br />

Analogamente l’Apollo e Marsia raffigurati su<br />

una corniola a Firenze (tav. XXXiii d) 241 , un diaspro<br />

a Madrid (tav. XXXiii e) 242 e un diaspro a Mona-<br />

235 we b e r 2001, p. 192, n. 407.<br />

236 alCouFFe 2001, pp. 421-422, n. 203 (senza immagine).<br />

237 inv. i 5577, inedito, cit. in we b e r 2001, p. 192, n. 407.<br />

238 Ge n n a i o l i 2007, p. 376, n. 517.<br />

239 bo l l aT i, Messina 2009, pp. 216-217, n. 185, p. 225.<br />

240 bo l l aT i, Messina 2009, pp. 216-217, n. 185.<br />

241 Ge n n a i o l i 2007, p. 389, n. 557.<br />

242 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, p. 202, ii, p. 104, n. 99.<br />

243 we b e r 2001, p. 193, n. 410.<br />

244 Ge s Z T e ly i 2000, p. 86, n. 295.<br />

245 Ca s a l Ga r C í a 1990, ii, n. 100.<br />

246 ki b a lT C h i T C h 1910, p. 51, tav. iX, n. 290.<br />

247 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, p. 202, ii, p. 105, n. 102.<br />

248 alCouFFe 2001, pp. 412-413, n. 196.<br />

249 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, p. 202, ii, p. 105, n. 101.<br />

250 Ge n n a i o l i 2007, p. 385, n. 543.<br />

251 he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, p. 325, n. 680.<br />

252 Collection Signol 1997, p. 59, n. 161.<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

co (tav. XXXiii f ) 243 sono pressoché uguali; solo la<br />

pettinatura delle figure di Monaco è più regolare,<br />

più ‘classica’.<br />

così del tutto simili, con qualche leggera variante,<br />

sono tre intagli, in corniola a Budapest 244<br />

(tav. XXXiii g), in lapislazzuli a Madrid 245 (tav.<br />

XXXiii h) e in agata trovato in crimea, ora disperso<br />

246 (tav. XXXiii i): sopra un podio Amore o Marte<br />

(?) stante posa una corona sopra la testa di un<br />

giovane stante, che tiene in una mano un ramo o<br />

una freccia, nell’altra una lancia; tra di essi a volte<br />

un’ara.<br />

un intaglio in lapislazzuli di Madrid (tav.<br />

XXXiV a) 247 – un amore vola portando una corona<br />

verso un personaggio adagiato su una roccia (?) tra<br />

elementi vegetali – si può ritenere la versione stilisticamente<br />

immiserita della stessa scena su un’agata<br />

al louvre 248 , dove l’amore scocca una freccia verso<br />

la figura femminile distesa.<br />

Anche un altro intaglio in lapislazzuli spagnolo<br />

(tav. XXXiV b) 249 potrebbe considerarsi la versione<br />

di qualità inferiore di un’agata a Firenze (tav.<br />

XXXiV c) 250 , dove Venere nuda stante abbraccia<br />

Amore in piedi su un’ara, tra i consueti elementi<br />

vegetali e atmosferici.<br />

Trait d’union tra l’iconografia del gruppo A e alcuni<br />

intagli di questo gruppo si può ritenere un’agata<br />

zonata di cambridge (tav. XXXiV d) 251 con un<br />

guerriero seduto su un trofeo, che tiene nella mano<br />

un elmo: stilema identico appunto al gruppo A; ma<br />

i particolari, come la stella tra le nuvole e i ciuffi<br />

d’erba, sono gli stessi del gruppo in esame e la<br />

corazza è uguale a quella su un intaglio di tours<br />

(dove compaiono anche la stella e i ciuffi d’erba) 252


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

91<br />

di questo gruppo con un giovane guerriero stante<br />

in tutto analogo ai guerrieri stanti del gruppo A<br />

(tav. XXXiV e).<br />

Quasi uguali sono la citata agata zonata di cambridge<br />

e un’agata a Firenze (tav. XXXiV f ) 253 , così<br />

come due intagli di Madrid 254 e uno di Monaco 255 .<br />

tutti questi indizi vanno interpretati come dati<br />

cronologici o vanno riferiti ad un discorso di officine?<br />

le dimensioni degli intagli del gruppo in esame<br />

sono sempre maggiori di quelle degli esemplari<br />

degli altri gruppi: da un minimo di 2,2 × 1,9 cm<br />

si giunge anche ai 4,6 × 3,6 cm. sono spiccate quelle<br />

singolarità stilistiche tipiche della produzione.<br />

le scene sono più complesse, piuttosto variate,<br />

ma con alcuni elementi che si ripetono; si nota<br />

una prevalenza di composizioni legate all’ambito<br />

amoroso.<br />

si tratta di Apollo e Marsia; Apollo tende la<br />

mano verso dafne che si sta trasformando in albero;<br />

Venere abbraccia Marte seduto su una corazza<br />

o Amore in piedi su un’ara; Venere accompagnata<br />

da due Amori; due figure maschili, spesso interpretate<br />

come eros e Anteros, colgono e tengono<br />

in mano alberelli e rami o si affrontano; Amore accanto<br />

a Vulcano seduto in atto di martellare; Amore<br />

inginocchiato accosta una fiaccola ad un triangolo<br />

o pone sopra un’ara una pianta che germoglia da<br />

un cuore, a volte in alto vola un altro Amore con<br />

un altro ramo; un Amore porta una corona o scocca<br />

una freccia verso una figura distesa; un Amore<br />

è piegato in avanti o verso un’ara a incoronare<br />

con una ghirlanda un cuore, a bruciare una frec-<br />

cia (?) o stante tiene un cuore o un ramo o suona;<br />

sopra un podio un Amore o Marte (?) stante posa<br />

una corona sopra la testa di un giovane stante, che<br />

tiene in una mano un ramo o una freccia, nell’altra<br />

una lancia; il trionfo d’Amore che aggioga ad un<br />

carro una coppia; una figura seduta su un tronco<br />

d’albero, tiene nella mano cinque serpenti davanti<br />

a un’ara accesa, nel campo due scorpioni e dei<br />

segni, di sopra corre sulle nuvole un uomo con il<br />

dito alzato; due figure di guerrieri in relazione tra<br />

loro; un guerriero seduto o stante, appoggiato con<br />

il gomito ad un pilastrino, tiene nella mano protesa<br />

un elmo o un ramo.<br />

spesso arricchiscono la scena piante di varie dimensioni<br />

e ciuffi d’erba; nel cielo, tra le nuvole, una<br />

stella, di rado il sole.<br />

prevalgono nettamente le agate, spesso zonate;<br />

vari sono i lapislazzuli, poche le altre pietre: corniole,<br />

sardonici, sarde, diaspri, eliotropi, plasmi.<br />

Attestazioni<br />

Firenze, Museo degli Argenti 256 (tav. XXXiii a, c, d;<br />

tav. XXXiV c, f )<br />

torino, Museo civico d’Arte Antica 257<br />

Braunschweig, Herzog Anton ulrich Museum 258<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 259 (tav.<br />

XXXiii g)<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum 260 (tav. XXXiV d)<br />

londra, British Museum, collezione sloane 261<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 262 (tav.<br />

XXXiii e, h; tav. XXXiV a, b)<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 263 (tav. XXXiii b,<br />

f; tav. XXXiV g-i)<br />

parigi, Musée del louvre 264<br />

rennes, Musée des Beaux-Arts 265<br />

253 Ge n n a i o l i 2007, p. 375, n. 514.<br />

254 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, p. 204, ii, p. 109, nn. 121-122.<br />

255 we b e r 2001, p. 177, n. 354.<br />

256 Ge n n a i o l i 2007, p. 375, nn. 513-514, p. 376, nn. 516-517, p. 385, n. 543, p. 389, n. 557 (prima metà del XVii secolo; XVii se-<br />

colo).<br />

257 bo l l aT i, Messina 2009, pp. 216-217, n. 185, p. 225 (fine XVi secolo).<br />

258 se i l e r 2008, p. 195, fig. 158, ultima fila, secondo e terzo da sinistra, p. 196, fig. 160, prima fila, primo da destra, seconda<br />

fila tutti e tre, ultima fila, in centro (non datati).<br />

259 Ge s Z T e ly i 2000, p. 86, n. 295 (XVi-XVii secolo).<br />

260 he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, p. 325, n. 680 (circa 1600).<br />

261 Da lT o n 1915, p. 92, n. 648 (senza figura; XVii secolo) = ru D o e 2003, p. 135, fig. 117, al centro. si veda anche Da lT o n 1915,<br />

p. 92, n. 649 (senza figura; XVii secolo); inv. sl.A 24 e inv. 1966, 1208.2 (inediti; visione autoptica) (XVi-XVii secolo).<br />

262 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, pp. 202-204, 206, ii, pp. 104-106, 109-110, 115, nn. 99-103, 121-125, 148 (età moderna).<br />

263 we b e r 1992, pp. 190-191, n. 243, tav. iii; we b e r 2001, pp. 160-161, n. 306 (= Fu r T wä n G l e r 1900, p. 308, tav. lXVii, n. 21), p.<br />

161, n. 307, pp. 176-178, nn. 353-355, p. 192, n. 407 (dal tardo XVi alla prima metà del XVii secolo).<br />

264 alCouFFe 2001, pp. 412-413, n. 196, pp. 421-422, n. 203, primo a destra in basso e senza immagine (in due coppe databili<br />

verso il 1650-1660).<br />

265 Robien 1972, pp. 25-26, n. 25 (iii-iV secolo d.c.).


92<br />

san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage 266<br />

tours, Musée des Beaux-Arts 267 (tav. XXXiV e)<br />

ubicazione ignota, trovati in crimea 268 (tav. XXXiii i;<br />

tav. XXXV a)<br />

ubicazione ignota 269<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 270 (tav. XXXii i;<br />

tav. XXXV b)<br />

Fi l o n e n. 2<br />

un altro filone numeroso è costituito dagli intagli<br />

con figure stanti maschili, meno di frequente<br />

femminili, col capo di profilo, di rado volto di tre<br />

quarti, il corpo di prospetto, per lo più nudo, a volte<br />

col solito panneggio svolazzante e con scollatura<br />

a V sul davanti, l’anca s<strong>post</strong>ata in fuori, le gambe<br />

unite o leggermente divaricate, spesso si appoggiano<br />

alla lancia o a un’asta con la destra, tengono<br />

un arco e/o posano la sinistra sullo scudo; possono<br />

aver in mano diversi attributi, tra cui la lancia<br />

e appunto l’arco, uno scettro, un timone, un ramo,<br />

una cornucopia, una spiga stilizzata, una freccia,<br />

una fiaccola, una cetra, il caduceo, una specie di<br />

trofeo (?); in qualche caso si appoggiano ad un pilastrino,<br />

posano su un piedistallo oppure tengono<br />

sul capo una patera con le offerte.<br />

Alcuni intagli presentano più marcate le caratteristiche<br />

della produzione (ad esempio il panneggio<br />

e il viso resi in modo schematico e tagliente, il<br />

corpo fortemente inarcato), altri meno, tanto che,<br />

di primo acchito, sembrerebbe azzardato attri buir li<br />

al l’officina dei lapislazzuli; altri ancora hanno una<br />

forma quasi disgregata.<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

inoltre gli intagli con le figure più ‘organiche’,<br />

più allungate, dal modellato più morbido e non<br />

accentuato sono molto simili e quasi assimilabili<br />

ai pezzi classificati nel filone 3. Qualche esemplare,<br />

infine, è analogo agli amori del gruppo c del<br />

filone 1.<br />

le figure degli intagli di questo filone non possono<br />

esser identificate o vengono interpretate le<br />

maschili come Marte, Mercurio, Apollo, poseidone,<br />

eracle, guerrieri o Muzio scevola (se tengono<br />

la mano sulla fiamma di un’ara vicino), le femminili<br />

come Venere, Abundatia, tyche-Fortuna, giunone<br />

(?), Bellona (?), cerere (?), personificazione della<br />

vittoria (?).<br />

prevalenti i lapislazzuli e le corniole, vi sono<br />

anche agate, eliotropi, diaspri, ametiste, sardonici,<br />

plasmi, nicoli e onici.<br />

Attestazioni<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 271 (tav.<br />

XXXVi e)<br />

como, Museo civico Archeologico “giovio” 272<br />

(tav. XXXV c)<br />

Ferrara, Museo civico 273<br />

Firenze, Biblioteca Marucelliana 274<br />

Firenze, Museo degli Argenti 275 (tav. XXXVi c)<br />

la spezia, Museo civico 276<br />

napoli, Museo Archeologico 277<br />

padova, Museo Archeologico 278<br />

pavia, università, Museo dell’istituto di Archeologia<br />

279<br />

perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria<br />

280 (tav. XXXVi f, h)<br />

roma, collezione santarelli 281<br />

roma, collezione privata 282<br />

266 ka G a n 1996, p. 79, figg. 62-63, 65, p. 190, n. 105A, 105B, 105c (XVii secolo). inv. i 5569, inv. i 5572, inv. i 5577, inediti, cit.<br />

in we b e r 2001, p. 161, nn. 306-307, p. 192, n. 407.<br />

267 Collection Signol 1997, p. 59, n. 161 (forse attorno al 1600).<br />

268 ki b a lT C h i T C h 1910, p. 51, tav. iX, nn. 286, 290 (non datati).<br />

269 Gr o n o v i u s 1695, p. 53, n. 609 (XVi-XVii secolo).<br />

270 kr i s 1929, i, pp. 91, 177, ii, tav. 99, nn. 420-421 (XVi-XVii secolo).<br />

271 Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i 1987, p. 108, n. 195 (ii secolo d.c.), pp. 145-149, nn. 279, 281-283, 287-289, 291-292 (iii-iV secolo d.c. o<br />

XVii-XViii secolo?), p. 159, n. 321 (età moderna).<br />

272 Ta s s i n a r i 2010b, pp. 171-173, fig. 12 (XVi-XVii secolo).<br />

273 D’aG o s T i n i 1984, p. 28, n. 24, p. 48, n. 83 (iii secolo d.c.; non datato, considerato non finito).<br />

274 Go r i ectypa, tav. Xii, n. 41, tav. XViii, n. 41 (impronte di ceralacca inedite; visione autoptica) (XVi-XVii secolo).<br />

275 Ge n n a i o l i 2007, p. 399, n. 584, pp. 414-415, nn. 635-637 (XVii secolo).<br />

276 se n a Ch i e s a 1978, p. 83, tav. iX, n. 61 (i secolo d.c.).<br />

277 Gi o v e, vi l l o n e 2006, p. 145, n. 283 (senza immagine); visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

278 se iD M a n n 1997, pp. 152-153, n. 299, n. 301(XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

279 To M a s e l l i 1987, pp. 79-80, 219, g26 (iii secolo d.c.).<br />

280 vi T e l l o Z Z i 2010, pp. 468-470, n. 566, n. 568 (XVi - prima metà del XVii secolo d.c.).<br />

281 De l bu Fa l o 2009, p. 19, n. 47/113g, p. 31, n. 47/87g (non datati).<br />

282 inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

93<br />

udine, civici Musei 283 (tav. XXXVi a, b; tav. liii c)<br />

Verona, civici Musei d’Arte 284 (tav. XXXV d-i; tav.<br />

XXXVi g; tav. liii d).<br />

Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung 285<br />

Bonn, rheinisches landesmuseum 286<br />

Braunschweig, Herzog Anton ulrich Museum 287<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum, collezione lewis<br />

288<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum, collezione Wellcome<br />

289<br />

collezione privata 290<br />

colonia, römisch-germanisches Museum 291<br />

gerusalemme, collezione Kloetzli 292<br />

gottinga, università, Archäologisches institut 293<br />

Kassel, Antikensammlung, staatliche Museen 294<br />

lione, collezione privata 295<br />

londra, British Museum, collezione sloane 296<br />

londra, Victoria and Albert Museum 297<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 298<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 299<br />

Montréal, Mcgill university 300<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 301<br />

parigi, Bibliothèque nationale, collezione séguin 302<br />

parigi, louvre 303<br />

tours, Musée des Beaux-Arts 304<br />

ubicazione ignota, acquistato a odessa 305<br />

ubicazione ignota 306 (tav. XXXVi d)<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 307<br />

Fi l o n e n. 3<br />

per le sue particolarità stilistiche, è parso più<br />

opportuno isolare questo filone nonostante sia esiguo<br />

e vicino al precedente. i profili dei visi sono<br />

di solito schematici, le figure allungate e sinuose,<br />

i panneggi con numerose linee sottili e superflue,<br />

talvolta svolazzanti. si tratta di figure stanti, maschili<br />

e femminili, a volte identificate come Fortuna-Minerva,<br />

con la cornucopia e il timone, Atena<br />

con lancia e scudo, iside-Atena, Marte, un guerriero<br />

armato o Muzio scevola accanto ad un altare;<br />

in un caso un guerriero seduto tiene nella mano<br />

protesa una vittoria alata; in un altro la figurazione<br />

è più complessa, con Vulcano seduto al lavoro<br />

e Atena stante.<br />

283 To M a s e l l i 1993, pp. 49, 54, tav. ii, n. 17, n. 35 (ii secolo d.c.; ii-iii secolo d.c.), pp. 155-156, tav. XXi, nn. 397-398 (iii-iV secolo<br />

d.c. o moderni?). Quanto all’intaglio n. 35, dubita sia antico anche la guiraud (gu i r a u D 1999, p. 706).<br />

284 Ta s s i n a r i 2009, pp. 155-156, tav. Xliii, nn. 662, 666-674 (XVi-XVii secolo).<br />

285 Fu r T wä n G l e r 1900, pp. 320-321, tav. 62, nn. 8733, 8747, 8753, 8757-8758; Zw i e r l e i n-Di e h l 1969, p. 185, tav. 89, n. 513 (già considerati<br />

antichi, poi ricondotti alla produzione dei lapislazzuli).<br />

286 Pl a T Z -ho r s T e r 1984, p. 58, tav. 12, n. 46, pp. 77-78, tav. 19, n. 71 (iii secolo d.c.).<br />

287 se i l e r 2008, p. 195, fig. 158, seconda fila, quarto da sinistra (non datato).<br />

288 he n i G 1975, p. 31, tav. 7, n. 99 (iii o iV secolo d.c.).<br />

289 ni C h o l l s 1983, pp. 44-45, nn. 203, 207 (XVi-XViii secolo).<br />

290 Ma r T i n, hö h n e 2005, p. 38, n. 52 (ii-iii secolo d.c.).<br />

291 kr u G 1981, p. 170, tav. 137, n. 7 (età moderna).<br />

292 Ma n n s 1978, p. 160, n. 28 (non datato).<br />

293 Ge r C k e 1970, p. 84, tav. 35, n. 70, p. 97, tav. 42, n. 158, p. 126, tav. 58, n. 348 (iii secolo d.c.; iV secolo d.c.).<br />

294 Za Z o F F 1983, p. 394, nota 40, tav. 130, n. 6 (XVii-XViii secolo).<br />

295 gu i r a u D 1988, p. 150, tav. XXXVii, n. 536A (iii secolo d.c.).<br />

296 inv. sl.A 54, inv. sl.A 147, inv. sl.A 177, inv. sl.A 182, inv. sl.A 192, inv. sl.A 193, inv. sl.A 202; inediti, visione autop-<br />

tica (XVi-XVii secolo).<br />

297 Vetrina 34, i, 16; bu r y 1982, p. 224, n. 16, senza illustrazione (metà del XViii secolo); visione autoptica.<br />

298 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, pp. 116, 129, ii, pp. 33, 41, nn. 168, 228-229 (ii-iii secolo d.c.); i, pp. 203, 205, 207-208; ii, pp. 106, 111-<br />

112, 116-119, nn. 105-106, 134-136, 155-163, 169 (età moderna).<br />

299 AGDS i, 2, p. 80, tav. 116, n. 1029 (ii-i secolo a.c.); AGDS i, 3, p. 29, tav. 200, n. 2270 (i secolo d.c.), p. 66, tav. 229, n. 2509<br />

(iii-iV secolo d.c.), p. 68, tav. 231, nn. 2522a, 2524 (iii secolo d.c.), p. 81, tav. 243, n. 2627 (ii-iV secolo d.c.), p. 91, tav. 252, n.<br />

2700, p. 104, tav. 262, n. 2789 (iii secolo d.c.); we b e r 1992, p. 204, n. 262 (i secolo a.c.), p. 211, n. 289 (i secolo a.c.), pp. 227-<br />

230, nn. 338, 349-351 (ii-iii secolo d.c.), p. 247, n. 382 (XVii secolo); we b e r 2001, pp. 179, 182-183, 196, nn. 359, 373-374, 415-<br />

416 (fine XVi - inizi del XVii secolo; prima metà del XVii secolo).<br />

300 Te e s 1993, p. 51, tav. Xiii, n. 68 (età imperiale, forse iii secolo d.c.).<br />

301 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 90, n. 181, p. 91, n. 187 (= ? Gr o n o v i u s 1695, p. 30, n. 284) (XV-XVii secolo).<br />

302 inv. n. 2682; inedito, cit. in we b e r 2001, p. 195, n. 414.<br />

303 Go n Z á l e Z-Pa l a C i o s 1997, p. 57, n. 11 (età moderna).<br />

304 Collection Signol 1997, p. 46, n. 121 (età moderna).<br />

305 ki b a lT C h i T C h 1910, p. 52, tav. iX, n. 304 (non datato).<br />

306 Gr o n o v i u s 1695, pp. 22-23, n. 198, 202, 204, 206-207, p. 30, n. 277, p. 31, n. 291, p. 49, nn. 543-544, p. 50, nn. 560, 571, p. 53,<br />

nn. 603-605, 612-613, p. 54, nn. 616, 622, p. 57, n. 660 (XVi-XVii secolo).<br />

307 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 282-283, tav. 205, nn. 2659-2660 (XVi - metà del XVii secolo).


94<br />

Questo gruppo mostra affinità più o meno strette<br />

con quegli intagli caratterizzati dalle figure snelle<br />

e slanciate, il panneggio svolazzante con linee sottili<br />

e estranee alla composizione, inseriti da Kris in<br />

quella produzione italiana di scarsa qualità, da lui<br />

datata al XVi-XVii secolo (cfr. supra, filone 1, gruppo<br />

F): per lo più grandi agate o eliotropi incisi con<br />

scene mitologiche e religiose, monotone, misere e<br />

spesso rozze immagini per il livello ‘popolare’ della<br />

controriforma 308 . infatti sono numerose le raffigurazioni<br />

religiose; Kris rileva che tali esemplari<br />

sono in tutte le maggiori collezioni e ritiene che<br />

si possa accettare come termine ante quem l’inizio<br />

del XVii secolo.<br />

in particolare, il gruppo in esame è stilisticamente<br />

simile a un intaglio in agata del Kunsthistorisches<br />

Museum di Vienna, con una scena allegorica<br />

di difficile interpretazione, che Kris data<br />

alla fine (?) del XVi secolo e per cui osserva che lo<br />

stile fa pensare a un modello tardoantico 309 (tav.<br />

XXXVi i).<br />

il filone 3 è stilisticamente affine anche a vari altri<br />

pezzi con raffigurazioni cristiane, tutti del XVi-<br />

XVii secolo e di produzione italiana, come un intaglio<br />

in eliotropio inciso su doppio lato, da una<br />

parte la crocefissione con la Madonna e Maddalena<br />

ai lati, dall’altro le stigmate di s. Francesco 310 , e<br />

un altro esemplare con le stigmate di s. Francesco<br />

e sul retro disegni gnostici 311 .<br />

nella prospettiva e nella direttrice di ricerca seguite<br />

in questo studio, mirate a cercare di cogliere<br />

l’esistenza di linee generali stilistiche e/o iconografiche<br />

e ad individuare e caratterizzare dei ‘filoni’,<br />

pare forse prematuro il tentativo, in mancanza di<br />

elementi sicuri, di connotare questi insiemi come<br />

appartenenti a diverse officine e/o produzioni.<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

dunque è a mio avviso preferibile una cauta posizione,<br />

cioè limitarsi a segnalare affinità significative,<br />

lasciando irrisolti alcuni interrogativi; in questo<br />

caso aperta la questione se gli intagli pubblicati dal<br />

Kris rientrino nella produzione dei lapislazzuli.<br />

le pietre sono: lapislazzuli, eliotropi, prasi, corniole<br />

e agate.<br />

Attestazioni<br />

torino, Museo civico d’Arte Antica 312<br />

Verona, civici Musei d’Arte 313 (tav. XXXVii a)<br />

Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung 314<br />

(tav. XXXVii c)<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 315<br />

rennes, Musée des Beaux-Arts 316<br />

ubicazione ignota, da panticapeo (Kertsch) 317<br />

ubicazione ignota, già collezione de Wilde 318 (tav.<br />

XXXVii b)<br />

Fi l o n e n. 4<br />

Questo filone è costituito da un insieme di intagli<br />

dai contorni non chiaramente definiti. gli esemplari<br />

sono accomunati dalle fattezze spesso regolari,<br />

dal modellato profondo, dal panneggio (di solito<br />

le figure indossano lunghe vesti) reso a solchi, a<br />

volte numerosi, netti, spessi, rotondi, ben levigati.<br />

si tratta di figure, soprattutto femminili, sedute o<br />

stanti, di rado incedenti, spesso con il corpo di prospetto,<br />

il capo di profilo e i tratti del viso a volte<br />

non indicati; di solito una mano è appoggiata sul<br />

sedile, su un’ancora o su una lancia, l’altra è protesa<br />

o sollevata e può tenere un oggetto (un frutto,<br />

una patera, un ramo di palma, una cornucopia,<br />

una lira, un uccello) o stringere la lancia o il caduceo<br />

(?); in un caso la figura tende la mano a qualcosa<br />

di non definibile (un’ara accesa [?], una cesta<br />

308 kr i s 1929, i, p. 91.<br />

309 kr i s 1929, i, pp. 91, 177, ii, tav. 99, n. 427.<br />

310 kr i s 1929, i, pp. 91, 177, ii, tav. 99, nn. 423-424.<br />

311 kr i s 1929, i, pp. 91, 177, ii, tav. 99, n. 426.<br />

312 bo l l aT i, Messina 2009, pp. 193-194, nn. 138-139, p. 224 (fine XViii secolo - XiX secolo).<br />

313 Ta s s i n a r i 2009, p. 156, tav. Xliii, n. 675 (= se n a Ch i e s a 1996, p. 485, tav. V, n. 2), n. 676 (XVi-XVii secolo).<br />

314 Fu r T wä n G l e r 1896, pp. 320-321, tav. 62, n. 8741, n. 8778 (già considerati antichi, poi riferiti alla produzione dei lapislazzuli).<br />

315 AGDS i, 3, pp. 79-80, tav. 242, n. 2614 (tardo iii secolo d.c.), p. 96, tav. 255, n. 2728 (iii-iV secolo d.c.); we b e r 1992, pp. 203-<br />

204, n. 261 (ii-iii secolo d.c.). per una discussione sull’identificazione da parte della Maaskant-Kleibrink dell’intaglio n. 2728<br />

tra quelli appartenenti alla collezione glittica di Johannes smetius, finita a Monaco (e dalla studiosa attribuito al XVi-XVii secolo)<br />

cfr. Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 116, App. 41; we b e r 1992, p. 204, n. 261. cfr. anche Zw i e r l e i n-Di e h l 1986, p. 299, n. 903,<br />

che ritiene difficilmente antica questa gemma di Monaco. l’intaglio n. 2614 è citato anche da al Fa r o Gi n e r 1996, pp. 103-104,<br />

come una cattiva copia <strong>post</strong>-rinascimentale.<br />

316 Robien 1972, pp. 43-44, n. 23, fig. a destra (non antico).<br />

317 ki b a lT C h i T C h 1910, p. 36, tav. iii, n. 76 (non datato).<br />

318 De wi l D e 1703, p. 98, tav. 27, n. 104 (XVi-XVii secolo).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

95<br />

di lana [?], uno scrigno con rotoli di libri [?]) e nel<br />

campo vi sono le scritte MAr e Hon. Alcuni pezzi<br />

presentano analogie iconografiche con gli esemplari<br />

del filone 1 gruppo A.<br />

Quando sono identificati i personaggi, vengono<br />

definiti giove, Mercurio, Apollo, giunone, Venere,<br />

Venere-roma, Minerva, Fortuna, speranza (?).<br />

le pietre sono quasi esclusivamente lapislazzuli<br />

e corniole (solo quattro agate e un diaspro rosso).<br />

il particolare tipo di panneggio a pieghe rilevate,<br />

grosse e rotonde rende simili alcuni di questi<br />

intagli ad altri inseriti nel filone seguente. per entrambi<br />

gli insiemi va ricordata un’importante osservazione<br />

della zwierlein-diehl. giustamente la<br />

studiosa, nonostante la forte differenza di qualità,<br />

rileva affinità stilistiche riguardo alle pieghe del<br />

panneggio tra un intaglio di lapislazzuli, qui inserito<br />

nel filone n. 5 319 , e un intaglio in agata zonata<br />

con la deposizione di cristo (tratto dalla placchetta<br />

del Moderno) che Kris ascrive intorno al 1500 e<br />

ritiene provenga da Venezia/padova 320 .<br />

Attestazioni<br />

Bari, Museo Archeologico 321<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 322<br />

collezione privata 323<br />

perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria<br />

324 (tav. XXXVii i)<br />

udine, civici Musei 325<br />

Verona, civici Musei d’Arte 326 (tav. XXXVii e, f )<br />

Berna, università, Antikensammlung 327<br />

Braunschweig, Herzog Anton ulrich Museum 328<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 329 (tav. XXXVii<br />

h)<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum 330 (tav. XXXVii g)<br />

colonia, duomo, Altare dei tre re magi 331<br />

gottinga, università, Archäologisches institut 332<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 333<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 334<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 335<br />

ubicazione ignota 336 (tav. XXXVii d)<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 337<br />

Xanten, collezione privata 338<br />

Fi l o n e n. 5<br />

Questo filone comprende intagli dalla fattura<br />

corsiva, dall’estrema stilizzazione e schematicità<br />

nel rendere i tratti del volto e la struttura del corpo,<br />

a linee incoerenti, il panneggio a pieghe grosse<br />

e rilevate. si tratta di figure maschili o femminili,<br />

sedute, una mano è sul sedile, l’altra protesa tiene<br />

un oggetto spesso non definibile, oppure sono<br />

stanti, possono avere nelle mani un oggetto, di frequente<br />

una fiaccola, o appoggiarsi alla lancia e posare<br />

l’altra mano sullo scudo.<br />

Varie figure sono interpretate come Marte, poseidone,<br />

cerere, Fortuna, Mercurio (?).<br />

già la zwierlein-diehl aveva sottolineato le affinità<br />

stilistiche tra alcuni intagli incastonati nella su<br />

319 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 26, 282, tav. 205, n. 2657 = Zw i e r l e i n-Di e h l 1993, pp. 392-393, fig. 31.<br />

320 kr i s 1929, i, pp. 42, 159, ii, tav. 29, n. 126. la Weber (we b e r 1992, p. 241, tav. ii, n. 370) accetta la collocazione del Kris<br />

dell’intaglio come ‘padovano-veneziano’, ma non la datazione, perché alcuni elementi, come il tipo di incisione, la resa dei<br />

corpi, dei capelli, dei visi, del drappeggio delle figure, dimostrano che la gemma è dei primi del XVii secolo.<br />

321 Ta M M a 1991, p. 52, n. 42 (ii-iii secolo d.c.).<br />

322 Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i 1987, p. 110, n. 204 (iii secolo d.c.).<br />

323 wa G n e r, bo a r D M a n 2003, p. 40, tav. 38, n. 241 (i secolo a.c. - i secolo d.c.).<br />

324 vi T e l l o Z Z i 2010, p. 472, n. 572 (XVi-XVii secolo d.c.).<br />

325 To M a s e l l i 1993, pp. 59-60, tav. iV, n. 53 (iii secolo d.c.).<br />

326 Ta s s i n a r i 2009, p. 156, tav. XliV, nn. 678-679 (XVi-XVii secolo).<br />

327 Götter und Heroen 2003, pp. 182-183, n. 640.25 (M. Müller) (iii secolo d.c., antico?).<br />

328 se i l e r 2008, p. 195, fig. 158, terza fila, quinto da sinistra (non datato).<br />

329 Ge s Z T e ly i 2000, pp. 87-88, 168, nn. 298, 300, 305 (XVi-XVii secolo).<br />

330 he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, p. 350, n. 733 (tardo XViii secolo).<br />

331 Zw i e r l e i n-Di e h l 1998, p. 379, n. 292 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

332 Ge r C k e 1970, p. 136, tav. 64, nn. 419-420 (ii-iii secolo d.c).<br />

333 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, p. 207, ii, p. 116, nn. 153-154 (età moderna).<br />

334 AGDS i, 3, pp. 60-61, tav. 224, nn. 2466-2467 (ii secolo d.c.), p. 80, tav. 243, n. 2620 (iii secolo d.c.), p. 133, tav. 292, n. 2978<br />

(età moderna [?]); we b e r 2001, p. 183, n. 376 (primo terzo del XVii secolo), p. 191, n. 406 (secondo terzo del XVii secolo), p.<br />

192, n. 408 (secondo quarto del XVii secolo).<br />

335 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 90, nn. 182-183 (XV-XVii secolo).<br />

336 Gr o n o v i u s 1695, p. 31, n. 292 (XVi-XVii secolo).<br />

337 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 247, tav. 177, n. 2540/8, p. 284, tav. 206, n. 2672 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

338 Pl a T Z -ho r s T e r 1994, p. 225, tav. 71, n. 369 (probabilmente XViii secolo).


96<br />

citata anfora di smalto della metà del XVii secolo,<br />

a Vienna, e altri appartenenti appunto alla produzione<br />

dei lapislazzuli e riuniti nel filone in esame;<br />

questi secondi tanto omogenei che la studiosa li ritiene<br />

incisi probabilmente dalla stessa mano 339 .<br />

prevalgono i lapislazzuli, seguono la sardonice,<br />

l’agata, il granato.<br />

Attestazioni<br />

Verona, civici Musei d’Arte 340 (tav. XXXViii a)<br />

Amburgo, Museum für Kunst und gewerbe 341<br />

colonia, römisch-germanisches Museum 342<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 343<br />

Valencia, Museo dell’università 344<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 345 (tav. XXXViii b,<br />

c)<br />

Vienne, Musée des Beaux-Arts 346 (tav. XXXViii d)<br />

Fi l o n e n. 6<br />

gli intagli di questo filone sono pochi e presentano<br />

meno accentuate le caratteristiche della produzione<br />

in esame. tuttavia il particolare profilo del<br />

volto, e in genere il rendimento stilistico, mostrano<br />

analogie con vari altri esemplari della produzione.<br />

sono raffigurati personaggi per lo più stanti o<br />

avanzanti, spesso identificati con Amore, con il viso<br />

di profilo, nudi, più di rado con un mantello; tra<br />

le mani possono tenere vari oggetti: un frutto, una<br />

palla, una freccia, un ramo, un tirso, un tridente,<br />

uno strumento musicale; in qualche caso reggono<br />

sul capo una patera con offerte, si avvicinano ad<br />

un’ara accesa o sono chini su un bacile, in atto di<br />

detergersi.<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

pressoché tutti gli intagli sono in lapislazzuli e<br />

in corniola, di piccole dimensioni (non superano<br />

1,4 × 1,1 cm) e hanno quasi sicuramente un uso decorativo.<br />

Attestazioni<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 347<br />

Verona, civici Musei d’Arte 348 (tav. XXXViii e, f )<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 349 (tav.<br />

XXXViii g)<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 350<br />

Mosca, Museo puskin 351<br />

ubicazione ignota 352<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 353<br />

Fi l o n e n. 7<br />

un gruppo esiguo, di difficile identificazione e<br />

delimitazione, è costituito da intagli che – per il<br />

loro stile caratteristico – talvolta si considerano non<br />

finiti. le figure, stanti o incedenti, hanno il corpo<br />

spesso reso in maniera sproporzionata, disorganica<br />

e molto sommaria, a volte come fosse una massa<br />

informe, il viso appena abbozzato o di profilo, delineato<br />

con due o tre tratti orizzontali; sono nude<br />

o indossano lunghi abiti, portano in mano attributi<br />

di frequente non identificabili, aste o bastoni. talvolta<br />

sono identificate come Fortuna con cornucopia<br />

e timone, cerere con fiaccola, Amore con arco<br />

o davanti ad altare, uomo armato che si appoggia<br />

ad un bastone.<br />

per i suoi caratteri non chiari e approssimativi,<br />

l’idea di lavoro non finito, questo filone si può<br />

confondere con un piccolo gruppo di gemme individuato<br />

nella raccolta dei civici Musei d’Arte di<br />

339 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 249, n. 2540/24, p. 282, n. 2651.<br />

340 Ta s s i n a r i 2009, p. 156, tav. XliV, n. 677 (XVi-XVii secolo).<br />

341 AGDS iV Hamburg, p. 382, tav. 262, n. 62 (iii secolo d.c.).<br />

342 kr u G 1981, p. 223, tav. 106, n. 274 (ii-i secolo a.c.).<br />

343 inv. 1977/45/41/1. inedito, cit. in al Fa r o Gi n e r 1996, p. 104, n. 44 (età moderna).<br />

344 al Fa r o Gi n e r 1996, pp. 103-104, tav. X, n. 44 (XiX secolo?).<br />

345 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 247-249, tav. 177, n. 2540/10, tav. 178, n. 2540/24, pp. 281-282, tavv. 204-205, nn. 2650-2657 (n.<br />

2657 = Zw i e r l e i n-Di e h l 1993, fig. 31) (XVi - metà del XVii secolo).<br />

346 gu i r a u D 1996, pp. 23, 25, figg. 5a-5b (già dato al i-ii secolo d.c. in gu i r a u D 1988, p. 107, tav. Xiii, n. 187) (XVi-XVii secolo).<br />

347 Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i 1987, p. 148, n. 290 (iii-iV secolo o XVii-XViii secolo?).<br />

348 Ta s s i n a r i 2009, p. 156, tav. XliV, nn. 680-682 (XVi-XVii secolo).<br />

349 Ge s Z T e ly i 2000, pp. 88, 169, nn. 308-310 (XVi-XViii secolo).<br />

350 we b e r 1992, p. 205, n. 264 (i secolo a.c.), p. 227, n. 339 (ii-iii secolo d.c.); we b e r 2001, pp. 175-176, 178-181, 196, nn. 349,<br />

356-358, 360, 362-363, 366-367, 418 (prima metà e secondo quarto del XVii secolo).<br />

351 Fi n o G e n o wa 1993, p. 91, n. 71 (ii secolo d.c.).<br />

352 Gr o n o v i u s 1695, p. 53, n. 608 (XVi-XVii secolo).<br />

353 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 283, tav. 205, n. 2666 (XVi - metà del XVii secolo).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

97<br />

Verona, ascritto al XVi-XVii secolo 354 a cui è stato<br />

unito – per le stesse caratteristiche tecniche e stilistiche<br />

– un altro al Museo civico Archeologico di<br />

Bologna, datato al iii-iV secolo 355 . si tratta di un<br />

insieme omogeneo, per lo più granati, contraddistinto<br />

appunto da personaggi non definibili e oggetti<br />

di incerta interpretazione, eseguiti in maniera<br />

estremamente semplificata e sommaria.<br />

le pietre di questo filone sono tutte corniole.<br />

Attestazioni<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 356<br />

Modena, Musei civici 357 (tav. XXXViii h)<br />

ubicazione ignota, già collezione Vimercati sozzi,<br />

Bergamo 358<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 359<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 360<br />

Fi l o n e n. 8<br />

gli intagli di questo filone si staccano, in modo<br />

più evidente, dalle gemme dei gruppi precedenti<br />

per il loro differente stile, goffamente e curiosamente<br />

rozzo. essi presentano figure maschili stanti,<br />

incedenti o sedute; il corpo è sottile, le teste, di<br />

profilo, sono piccoli globi da cui sporgono spesso<br />

alcuni tratti ad indicare i lineamenti; in mano possono<br />

tenere uno strumento musicale (che suonano),<br />

un elmo, un ramo, una serpe o un globo. Quando<br />

presente, la clamide forma grossolana velificatio<br />

resa con due linee parallele curve da cui fuoriescono<br />

una serie di raggi. A volte davanti può<br />

esserci un’ara fiammeggiante, una colonnina o un<br />

barile (?), l’incudine su cui la figura martella l’elmo,<br />

e dietro un albero. di rado la scena è arricchita<br />

da una seconda persona; in un caso identificabili<br />

come Apollo e Marsia, in un altro come due<br />

uomini intenti a tagliare e pigiare grappoli d’uva.<br />

eccezionale, dunque, è l’intaglio conservato a pe-<br />

rugia, con una composizione più complessa: l’imperatore<br />

seduto riceve l’omaggio di un barbaro inginocchiato<br />

di fronte a lui, che gli porge un globo,<br />

accompagnato da un soldato appoggiato ad una<br />

lancia (tav. XXXiX i).<br />

caratteristici di questo gruppo sono gli alberisedile<br />

resi come tronchi spezzati da cui si protende<br />

un singolo ramo 361 .<br />

c’è una relativa varietà nelle pietre usate: lapislazzuli,<br />

corniole, agate zonate, diaspri (per lo più<br />

verdi), plasmi e sardonici.<br />

Questo è il filone produttivo che, seguendo la<br />

Maaskant-Kleibrink, era probabilmente realizzato<br />

nei paesi Bassi, più tardi rispetto alla fabbricazione<br />

italiana, nel tardo XVi secolo e nella prima metà<br />

del XVii secolo 362 . A sostegno di questa tesi la studiosa<br />

adduce l’interesse per le gemme da parte dei<br />

collezionisti nei paesi nordici, interesse che è una<br />

ragione sufficiente per la produzione in loco. nei<br />

paesi Bassi molti collezionisti di gemme, monete,<br />

amuleti erano orefici, argentieri, incisori: producevano<br />

intagli e li vendevano.<br />

ricordiamo ad esempio Jacob de Wilde (1645-<br />

1721), autore anche di un libro sulla sua collezione<br />

di gemme (1703), in contatto con altri conoscitori<br />

olandesi, tra cui iacobus gronovius, J. georgius<br />

graevius e Johannes smetius 363 . Al filone n. 8 appartengono<br />

varie gemme della raccolta di de Wilde,<br />

che fu venduta il 5 aprile 1741 e che in gran parte<br />

è finita a l’Aja (royal coin cabinet).<br />

dunque, mi pare si possa pienamente condividere<br />

l’opinione della Maaskant-Kleibrink di una<br />

produzione nei paesi Bassi. e si potrebbe avanzare<br />

la suggestiva ipotesi che se i lotti più cospicui<br />

di questi intagli sono quelli del Museo Archeologico<br />

nazionale di Madrid e dei paesi Bassi la spiegazione<br />

va ricercata nel fatto di essere stati entrambi<br />

possedimenti degli Asburgo?<br />

354<br />

Ta s s i n a r i 2009, p. 163, tav. XlVii, nn. 725-728.<br />

355<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, pp. 112-116, nn. 210-226.<br />

356<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, pp. 111-112, nn. 206-209 (ii-iii secolo d.c.; iii secolo d.c.; iii-iV secolo d.c.).<br />

357<br />

Ca s a r o s a Gua D a G n i 1993, pp. 111-112, n. 54 (<strong>post</strong> ii-iii secolo d.c.).<br />

358<br />

Ta s s i n a r i c.s.a, n. 561 (XVi-XVii secolo).<br />

359<br />

Ge s Z T e ly i 2000, pp. 88, 169, n. 307 (XVi-XViii secolo).<br />

360<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 283-284, tav. 205, n. 2665, tav. 206, nn. 2668-2669, 2671, 2676-2678 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

361 ricordiamo un’osservazione della zwierlein-diehl (Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 258, n. 2558) secondo cui questo particolare<br />

tronco diviso in due è un tipico elemento delle gemme antichizzanti del XVi-XVii secolo.<br />

362<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, pp. 238-241, ove un esame dei vari motivi per sostenere quest’ipotesi.<br />

363 per un esame di de Wilde, la sua opera e la sua collezione, v. Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1978, pp. 15-21.


98<br />

Attestazioni<br />

Firenze, Biblioteca Marucelliana 364<br />

Firenze, Museo degli Argenti 365 (tav. XXXiX d)<br />

perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria<br />

366 (tav. XXXiX i)<br />

leida, royal coin cabinet 367 (tav. XXXiX b, f, h)<br />

londra, British Museum, collezione sloane 368<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 369 (tav.<br />

XXXiX c, e)<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 370<br />

ubicazione ignota, già collezione de Wilde 371 (tav.<br />

XXXViii i; tav. XXXiX a, g)<br />

ubicazione ignota 372<br />

Fi l o n e n. 9<br />

l’ultimo filone è quello che potremmo definire<br />

‘classicistico’, ‘antichizzante’, cioè che si attiene<br />

più fedelmente ai modelli antichi o rinascimentali<br />

che gli antichi imitano o riecheggiano. i pezzi che<br />

lo costituiscono si rifanno agli antichi, nella tematica<br />

e nello stile, talvolta così esattamente da poter<br />

‘ingannare’.<br />

in particolare per il gruppo d è arduo tracciare il<br />

confine e distinguere quando si tratta di motivi effettivamente<br />

antichi o di una loro ripresa fedelissima,<br />

ma più tarda di vari secoli. per individuare gli<br />

intagli e attribuirli a questa produzione il filo conduttore<br />

rimane il lapislazzuli; ma si è perfettamente<br />

consapevoli dei limiti di questa operazione.<br />

innanzi tutto il fatto di insistere sulla ‘modernità’<br />

di tanti lapislazzuli non può deformare la realtà<br />

a sfavore di una collocazione antica di vari esemplari.<br />

inoltre, poiché non si hanno criteri precisi<br />

per determinare con relativa sicurezza la cronologia,<br />

sono stati inseriti nell’ambito della produzione<br />

gli intagli con altre pietre solo quando vi fosse<br />

strettissima somiglianza iconografica e/o stilistica.<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

Ma con tale cautela, pur necessaria, non sono stati<br />

assegnati a questa produzione vari esemplari in<br />

altre pietre che probabilmente vi rientrano. tuttavia,<br />

adottare questo criterio empirico è sembrata,<br />

per ora, l’unica alternativa possibile.<br />

Gruppo A<br />

in questo gruppo gli intagli riproducono più<br />

o meno fedelmente e comunque si richiamano<br />

all’opera delle prestigiose personalità di Valerio Belli<br />

e giovanni Bernardi 373 . il Belli introdusse il canone<br />

formale classicistico, con la sua impronta di<br />

armonia e di misura, il Bernardi si distingue per<br />

maggior concitazione ed enfasi in scene movimentate<br />

e stipate di figure; ma frequenti sono i casi in<br />

cui l’attribuzione pro<strong>post</strong>a è tuttora discussa. infatti<br />

entrambi furono fecondissimi e abilissimi incisori<br />

in pietre dure e in cristallo di rocca, orefici, medaglisti;<br />

entrambi godettero di onori e di larga fama e<br />

operarono in una simile atmosfera artistica, prima<br />

in italia settentrionale e poi a roma. entrambi erano<br />

orgogliosi di servirsi dell’ispirazione, puntuale<br />

o vaga, e dell’imitazione dell’antico, di cui avevano<br />

assimilato i principi formali. entrambi utilizzarono<br />

le placchette per documentare e diffondere le loro<br />

opere e fornire un considerevole materiale di modello<br />

all’artigianato; e proprio grazie alle innumerevoli<br />

placchette di bronzo e piombo, spesso attestate<br />

in più esemplari e con varianti, derivate dalle loro<br />

incisioni, si conoscono la maggior parte delle numerose<br />

opere che sono oggi perdute o disperse.<br />

si tratta di soggetti classici, ‘all’antica’, religiosi<br />

e profani: scene ispirate al mito, alla storia, sacrifici,<br />

raffigurazioni bacchiche, battaglie, cacce e lotte;<br />

frequenti sono le figure femminili, allegoriche o<br />

364 Go r i ectypa, tav. Viii, n. 33 (impronta inedita di un intaglio in plasma; visione autoptica) (XVi-XVii secolo).<br />

365 Ge n n a i o l i 2007, p. 380, n. 530 (XVii secolo).<br />

366 vi T e l l o Z Z i 2010, p. 479, n. 582 (fine del XVi secolo - inizi del XVii secolo).<br />

367 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, p. 241, fig. 14 (= De wi l D e 1703, pp. 68, 70-71, tav. 21, n. 78; Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1978, p. 17, fig.<br />

2a-b), pp. 241-242, fig. 16 (= De wi l D e 1703, pp. 6-8, tav. 3, n. 9), pp. 241-242, fig. 17, p. 247, nota 59; Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1996,<br />

p. 85, n. 69, p. 196, n. 120 (= De wi l D e 1703, pp. 133-135, tav. 39, n. 145) (XVi-XVii secolo).<br />

368 inv. sl.A 102, inv. sl.A 184; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

369 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, pp. 208-209, ii, pp. 119-122, nn. 170-186 (età moderna).<br />

370 we b e r 2001, p. 190, n. 402 (secondo terzo del XVii secolo).<br />

371 De wi l D e 1703, pp. 68, 71, tav. 21, n. 81, pp. 127-129, tav. 37, n. 140, p. 136, tav. 39, n. 147 (XVi-XVii secolo).<br />

372 Gr o n o v i u s 1695, p. 38, n. 478, p. 49, n. 546 (XVi-XVii secolo).<br />

373 si danno qui solo alcune notizie sui due Maestri, essenziali allo scopo di questa ricerca.<br />

Belli e Bernardi vantano un’ampia bibliografia; rimando solo ai seguenti contributi specifici, recenti: Do n a T i 1989; bu r n s,<br />

Co l l a r e Ta, Ga s Pa r o T T o 2000; Do n a T i, Ca s a D i o 2004.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

99<br />

divinità greco-romane, di moduli allungati, di profilo,<br />

incedenti o danzanti, spesso con qualcosa in<br />

mano, dai panneggi classicheggianti, a volte fluttuanti<br />

e con mantello piegato ad arco.<br />

Assai complessi, problematici, ancora in parte<br />

da chiarire, sono sia la circolazione delle gemme<br />

dei due Maestri una volta immesse nel mercato, sia<br />

l’intreccio delle interrelazioni nella trasmissione dei<br />

motivi iconografici. comunque, attraverso le placchette<br />

ricavate, calchi, repliche e copie, di tutti i formati<br />

e materiali, queste opere di successo continuavano<br />

a girare oltre l’epoca di esecuzione, venivano<br />

più volte e a lungo riprodotte, in diverse dimensioni<br />

e con varianti, diffuse e rese popolari.<br />

proprio il processo di divulgazione e di volgarizzazione<br />

determina la produzione di molteplici repliche,<br />

con aggiunte o soppressioni di particolari,<br />

semplificazioni o riduzioni nella qualità, adattamenti<br />

… dunque le gemme di questo gruppo possono<br />

esser redatte in aree culturali diverse dalla creazione<br />

del prototipo, e non in base alla sua conoscenza,<br />

in momenti differenti e anche molto distanziati<br />

nel tempo. però forse non è scorretto ritenere che<br />

siano precedenti, cioè più ‘antiche’, quelle gemme<br />

che, con la loro qualità formale alta, sono fedeli al<br />

modello. invece dovrebbero esser relativamente più<br />

tardi gli esemplari dove l’iconografia è più o meno<br />

modificata e lo stile è impreciso e meno curato 374 .<br />

A questo proposito va specificato che se Belli e<br />

Bernardi si giovavano delle composizioni antiche,<br />

traendone iconografia e stile, è sembrato qui più<br />

opportuno indicare non il prototipo originale antico,<br />

spesso di difficile individuazione, al di là dei<br />

riferimenti generici, bensì la gemma del Belli o del<br />

Bernardi, cioè il modello che l’incisore cinque-seicentesco<br />

più aveva ‘sottomano’.<br />

un’ultima osservazione. tra le varie opere del-<br />

la celebre e ricca collezione del Belli – sculture,<br />

pitture, disegni, monete antiche, cristalli, intagli,<br />

cammei – vi erano anche corniole e lapislazzuli,<br />

purtroppo non meglio specificati 375 .<br />

in questo gruppo sono analizzati singolarmente<br />

i pezzi, spesso di dimensioni maggiori, e indicato<br />

il modello del Belli e/o del Bernardi. sono tutti<br />

intagli in lapislazzuli, tranne i pochissimi casi<br />

specificati.<br />

un intaglio con Vulcano barbato seduto, nudo<br />

con la clamide svolazzante, che alza il braccio col<br />

martello in atto di colpire un elmo, mentre sullo<br />

sfondo si stagliano due lance, datato erroneamente<br />

al ii-iii secolo d.c. 376 (tav. Xl a; tav. liii e), si differenzia<br />

dal modello – una gemma del Belli o del<br />

Bernardi, dispersa, ma testimoniata da una placchetta<br />

di bronzo 377 – solo per lievi particolari, come<br />

la mancanza delle ghirlande che ornano il sedile e<br />

il basamento su cui è <strong>post</strong>a l’incudine.<br />

presentano un’interessante modifica della figurazione<br />

del Belli/Bernardi tre intagli: uno in lapislazzuli,<br />

della collezione praun, testimoniato dai<br />

calchi di lippert 378 e di tassie 379 , e gli altri due, in<br />

agata, del tutto simili tra di loro, uno già appartenente<br />

a Johann Friedrich christ, a lipsia, disperso,<br />

sempre documentato dai calchi di lippert (tav.<br />

Xl b) e tassie 380 , l’altro a Monaco, datato alla prima<br />

metà del XVii secolo 381 . essi riflettono la commistione<br />

di due composizioni analoghe: uno ‘scambio’ di<br />

attributi tra l’iconografia di Vulcano al lavoro su<br />

un pezzo di armatura <strong>post</strong>o sull’incudine e quella<br />

di dedalo occupato a fabbricare l’ala. infatti Vulcano<br />

seduto forgia all’incudine un’ala, tenendola<br />

con una mano, come un pezzo di armatura. nel<br />

suo commento ai calchi del lippert, christ propone<br />

sia l’interpretazione di Vulcano intento alla sua<br />

opera, sia quella di dedalo. invece il lippert spie-<br />

374 si pone su questa direttrice l’osservazione della Maaskant-Kleibrink (Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, p. 238): esaminando lo sviluppo<br />

dei due temi nelle gemme del ‘500 – Apollo e Marsia e Vulcano alla forgia (questo è il filone 1, gruppo d) – si nota che<br />

gradualmente svanisce l’ “high taste”.<br />

375 cfr. Ta s s i n a r i 1996, pp. 180-181, ove riferimenti bibliografici. più in generale, Je s Ta Z 2000 (in particolare per le gemme, pp.<br />

164-165).<br />

376 Ta s s i n a r i 1996, pp. 164-165, fig. 9, ove correzione della datazione e bibliografia anteriore. È conservato a roma, ai Musei<br />

capitolini.<br />

377 Ta s s i n a r i 1996, pp. 164-166, fig. 10 (impronta della gemma), p. 174, fig. 14 (placchetta di bronzo attribuita a giovanni Bernardi);<br />

Ga s Pa r o T T o 2000, p. 363, n. 178 (data a Valerio Belli).<br />

378 li P P e rT 1755, n. 137.<br />

379 ra s P e 1791, p. 381, n. 6459.<br />

380 Ta s s i n a r i 1996, pp. 165-167, fig. 11, ove bibliografia e discussione se questa gemma appartiene alla collezione dell’antiquario<br />

Alfonso Miliotti (la cui Description fu pubblicata nel 1803), ora a san pietroburgo.<br />

381 we b e r 2001, p. 170, n. 333.


100<br />

ga i due calchi della sua dattilioteca come Vulcano<br />

che forgia un’ala per i calzari di Mercurio o per il<br />

fulmine di giove 382 (identificazione questa seguita<br />

dal raspe che non nomina dedalo) e interpreta una<br />

farfalla che vola sopra l’incudine nell’intaglio in lapislazzuli<br />

come l’immagine dell’anima e quindi del<br />

genio che mette il dio nel suo lavoro.<br />

l’intaglio di Monaco è ascritto alla prima metà<br />

del XVii secolo, mentre gli autori settecenteschi,<br />

come di consueto, non avanzano datazioni per gli<br />

altri due pezzi, che possono esser collocati nel XVi<br />

secolo.<br />

Manca appunto una divisione tra pezzi antichi<br />

e moderni nella cospicua dattilioteca del tedesco<br />

philipp daniel lippert (1702-1785): tre serie ordinate<br />

di 1000 bei calchi da gemme, che egli stesso<br />

realizzava, vendute nel 1755 e nel 1756 (con testo<br />

latino del filologo Johann Friedrich christ di lipsia)<br />

e nel 1762 (commentata dal filologo christian<br />

gottlob Heyne); seguirono una scelta di 2000 pezzi<br />

e un supplemento (1767; 1776) 383 .<br />

gli esemplari della dattilioteca di lippert sono<br />

presenti anche nella straordinaria collezione di 15800<br />

paste di vetro colorato, smalti bianchi e zolfi, accurate<br />

repliche di cammei e intagli, eseguite dal più famoso<br />

riproduttore di gemme James tassie (1735-1799),<br />

spiegate nel catalogo di rudolf erich raspe 384 .<br />

come spesso rilevato, la stessa composizione si<br />

può trovare su esemplari in diverse pietre. È il caso<br />

di una diana incedente, che tiene al guinzaglio un<br />

levriero e nell’altra mano una freccia, su un intaglio<br />

in lapislazzuli ascritto al XVii secolo 385 e su<br />

uno in agata zonata dato ai primi del XVii secolo<br />

386 . si tratta di un’imitazione fedele di un intaglio<br />

di giovanni Bernardi, documentato da una placchetta<br />

di piombo 387 .<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

in un intaglio del XVi-XVii secolo (tav. Xl c) 388<br />

una figura femminile incedente, identificata come<br />

la dea roma, tiene in una mano un globo, nell’altra<br />

uno scettro; ai suoi piedi uno scudo e delle lance<br />

(?). il soggetto deriva da un intaglio del Belli, ora<br />

documentato da una placchetta di piombo, con Minerva,<br />

che nella mano sollevata ha l’elmo e non il<br />

globo 389 .<br />

punto di riferimento sono le figure femminili, tipiche<br />

del repertorio del Belli, di profilo, incedenti,<br />

dai panneggi all’antica, spesso svolazzanti, di solito<br />

con qualcosa in mano, un piatto, un crivello, una<br />

torcia, o che si avvicinano ad un altare, ripetute, in<br />

molteplici versioni e con opportuni cambiamenti<br />

per adattarle alle differenti composizioni, diversamente<br />

definite salomé, tuccia, baccante … 390<br />

riecheggiano in modo immiserito tali figure del<br />

Belli (cfr. anche supra, filone 1, gruppo e) un intaglio<br />

in lapislazzuli di Madrid 391 , due in corniola a<br />

Bologna 392 e a Verona (tav. Xl d) 393 , e un altro in lapislazzuli,<br />

pubblicato dal gronovius (tav. Xl e) 394 .<br />

sono appunto figure femminili, di profilo, con le<br />

vesti fluttuanti e il mantello gonfiato ad arco, che<br />

portano qualcosa in mano, incedenti, in un caso<br />

verso un’ara, in un altro verso un vaso.<br />

un intaglio di Monaco, datato al secondo terzo<br />

del XVii secolo (tav. Xl f ) 395 , raffigura un eroe<br />

nudo seduto, nella mano protesa tiene una vittoria,<br />

ai suoi piedi elmo, corazza, scudi, lance. sebbene<br />

vi sia un modello antico, come Minerva/roma<br />

con la vittoria, sembra più giustificato presupporre<br />

una derivazione – con varianti come le armi e<br />

l’abbigliamento differenti – da un intaglio del Bernardi,<br />

un eroe con la Vittoria, documentato da una<br />

placchetta di bronzo 396 .<br />

pare lo confermi un particolare specifico, come<br />

382<br />

Ta s s i n a r i 1996, p. 166.<br />

383 su lippert, cfr. Zw i e r l e i n-Di e h l 1986, pp. 13-17; Daktyliotheken 2006, ad indicem (bibliografia essenziale).<br />

384 sui tassie cfr. Zw i e r l e i n-Di e h l 1986, pp. 17-19; Daktyliotheken 2006, ad indicem (bibliografia essenziale).<br />

385<br />

Da lT o n 1915, p. 84, tav. XXi, n. 595 (British Museum).<br />

386<br />

we b e r 1992, pp. 244-245, n. 377 (Monaco, staatliche Münzsammlung).<br />

387<br />

Do n a T i 1989, pp. 226-227, tav. ci.<br />

388<br />

Ge s Z T e ly i 2000, pp. 87, 168, n. 299 (Budapest, Museo nazionale ungarico).<br />

389<br />

Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 353, 516, n. 134. cfr. anche molto simile, ibidem, n. 133. l’intaglio n. 134 è spiegato come figura allegorica<br />

di guerriera in Do n a T i, Ca s a D i o 2004, p. 161, n. 178.<br />

390<br />

Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 343, 353-355, 506, 516-518, nn. 96, 132, 137-139, 144 (placchette di bronzo e di piombo).<br />

391<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, p. 97, ii, p. 22, n. 84 (dato al i secolo a.c.).<br />

392<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, p. 110, n. 202 (ascritto al ii-iii secolo d.c.).<br />

393<br />

Ta s s i n a r i 2009, pp. 156-157, tav. XliV, n. 683 (XVi-XVii secolo).<br />

394<br />

Gr o n o v i u s 1695, p. 50, n. 563 (XVi-XVii secolo).<br />

395 we b e r 2001, pp. 183-184, n. 377.<br />

396 Do n a T i 1989, pp. 230-231, tav. cVii.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

101<br />

il pilastro (a cui sono sospese armi) con in cima un<br />

globo, presente appunto nella placchetta del Bernardi,<br />

che ritorna in intagli, sempre di dimensioni<br />

notevoli, del tutto simili all’esemplare di Monaco,<br />

dove cambiano alcuni dettagli: uno in agata,<br />

ascritto probabilmente al XVii secolo (tav. Xl g) 397<br />

e l’altro tra i calchi del tassie, senza indicazione<br />

di pietra, ma di cui raspe sospetta l’antichità (tav.<br />

Xl h) 398 . su un esemplare al Museo Archeologico<br />

di napoli, anch’esso di grande formato, databile<br />

agli anni iniziali del XVii secolo 399 , con un cammeo<br />

inciso sull’altro lato, ritorna la stessa composizione<br />

con alcune innovazioni come la figura che<br />

regge un vaso, il mantello gonfiato ad arco, la colonna<br />

su cui arde un fuoco.<br />

Anche nel caso di un intaglio in lapislazzuli disperso,<br />

noto solo dalla tavola che ne dà gronovius<br />

400 (tav. Xl i), sembra più corretto individuare<br />

come modello non i prototipi antichi, ma gli intagli<br />

del Belli, che a quelli si ispirano, con la pace che<br />

brucia le armi. una figura femminile stante, panneggiata,<br />

tiene in una mano un grande ramo d’olivo<br />

o una cornucopia mentre con l’altra dà fuoco<br />

con una face accesa ad un trofeo di armi di fronte<br />

a lei. si tratta di uno dei motivi tipici del repertorio<br />

del Belli che ritorna su intagli, come uno in<br />

cristallo di rocca conservato a Braunschweig (Herzog<br />

Anton ulrich Museum) 401 , su placchette e su<br />

medaglie con varianti relative all’abbigliamento<br />

(mantello svolazzante o no), alle armi (lance, scudi,<br />

elmo, corazza), al pilastrino e alla cornucopia al<br />

<strong>post</strong>o del ramo d’ulivo 402 , come nell’intaglio pubblicato<br />

dal gronovius. purtroppo solo dalla tavola<br />

del gronovius non si può giudicare se e quanto<br />

l’intaglio in esame sia modificato rispetto all’esemplare<br />

belliniano 403 .<br />

una semplificazione e riduzione nella qualità di<br />

un intaglio del Belli 404 , nonché alterazione iconografica,<br />

è testimoniata da un intaglio del Museo<br />

degli Argenti a Firenze (XVii secolo) (tav. Xli a) 405 ,<br />

dove Apollo sta per prendere dafne che ha le braccia<br />

alzate già in parte tramutate in rami d’alloro,<br />

così come i capelli. Alcuni particolari dell’analogo<br />

intaglio del Belli sono stati soppressi – come l’arco<br />

e la faretra sulle spalle di Apollo – e altri aggiunti,<br />

pittorici, come i ciuffi d’erba e le pianticelle che<br />

si è visto elementi tipici del gruppo F del filone 1.<br />

così – ovvio ‘errore’ – anche le dita di una mano<br />

di Apollo vengono mutate in rami.<br />

Analogamente un intaglio con Venere incedente<br />

di profilo, con il panneggio al vento, che tiene<br />

una corona che cupido stante di profilo afferra per<br />

i nastri, della collezione di Brandeburgo, ora ai Musei<br />

di Berlino, inserita dal Furtwängler tra le pietre<br />

del XVi-XVii secolo 406 , richiama una gemma del<br />

Belli o del Bernardi, testimoniata da una placchetta<br />

di bronzo 407 .<br />

così, l’intaglio con Apollo stante che tiene una<br />

mano sulla lira appoggiata a terra e guarda Marsia<br />

seduto mentre suona il flauto, appartenente alla<br />

collezione di castro (roma) 408 , si differenzia solo<br />

per lievi particolari da un intaglio in calcedonio del<br />

Museo degli Argenti a Firenze, già ritenuto un lavoro<br />

fiorentino anonimo della metà del XVi secolo<br />

e ora ricondotto al Bernardi 409 ; del resto attribuita<br />

al Bernardi è l’analoga placchetta di bronzo 410 .<br />

un altro intaglio in calcedonio, appena diverso<br />

in qualche dettaglio dall’esemplare fiorentino, è<br />

397<br />

wa G n e r, bo a r D M a n 2003, p. 94, tav. 90, n. 659 (collezione privata).<br />

398<br />

ra s P e 1791, p. 456, n. 7846.<br />

399<br />

Ga s Pa r r i 1995a, pp. 421-422, n. 200.<br />

400<br />

Gr o n o v i u s 1695, p. 23, n. 198.<br />

401<br />

Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 228, 319, n. 18.<br />

402 per gli esemplari del Belli, la produzione artistica a lui contemporanea con questo soggetto, nonché il riferimento ai modelli<br />

antichi, Ga s Pa r o T T o 2000, p. 319, n. 18, p. 341, n. 90, p. 355, nn. 141-142, p. 374, n. 209.<br />

403 Analogamente, per quell’intaglio in lapislazzuli, non documentato da immagini, con la pace che appicca il fuoco alle armi,<br />

sul retro di un medaglione che reca sul lato anteriore una testa femminile in rilievo, già nella collezione crozat e ora al Museo<br />

statale dell’ermitage, a san pietroburgo (?): Ma r i e T T e 1741, p. 81, n. 1266.<br />

404<br />

Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 352, 515, n. 129 (placchetta di piombo).<br />

405<br />

Ge n n a i o l i 2007, p. 389, n. 556.<br />

406<br />

be G e r u s 1696, pp. 42-43 = Fu r T wä n G l e r 1896, p. 323, tav. 63, n. 8853.<br />

407<br />

Do n a T i 1989, p. 232, tav. ciX (attribuita al Bernardi); Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 363, 526, n. 174 (data al Belli).<br />

408<br />

Pi r Z i o bir o l i sTe Fa n e l l i 2009 (datato alla seconda metà del XVi secolo).<br />

409<br />

Ge n n a i o l i 2007, pp. 365-366, n. 493, tav. Xliii. per un esame della questione cfr. anche Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, pp. 241,<br />

246-247, nota 57.<br />

410<br />

Do n a T i 1989, pp. 216-217, tav. Xcii.


102<br />

considerato un originale del Bernardi o di un atelier<br />

vicino all’artista 411 .<br />

e anche la già citata agata zonata con ercole<br />

contro cerbero, a Berlino, prima datata al più tardo<br />

iii secolo d.c. ma poi giustamente ricondotta<br />

alla produzione in questione 412 , si può confrontare<br />

(ad esempio per l’atteggiamento di ercole e il solito<br />

panneggio impoverito e schematizzato) con una<br />

gemma del Belli o del Bernardi con ercole e l’idra,<br />

documentata da una placchetta di piombo 413 .<br />

È ancora una placchetta di piombo sicuramente<br />

del Bernardi (all’esergo vi è la scritta io.Ber.F.) 414 a<br />

testimoniare il modello di un intaglio in eliotropio<br />

di Monaco, assegnato ai primi del XVii secolo 415 ,<br />

dove Marte siede, vicino alle sue armi, abbracciato<br />

da Venere, accompagnata da Amore (tav. Xli b).<br />

naturalmente l’esemplare di Monaco è diverso dal<br />

pezzo del Bernardi, sia per lo stile, sia per alcune<br />

incomprensioni iconografiche: si veda solo Amore<br />

che nella placchetta del Bernardi sospinge Venere<br />

verso Marte, mentre nell’intaglio di Monaco mette<br />

un ramoscello tra le gambe della dea. A proposito<br />

della diffusione di questa composizione attraverso<br />

le placchette, va ricordato un cammeo in onice, privo<br />

di firma (seconda metà del XVi secolo; Vienna,<br />

Kunsthistorisches Museum), con lo stesso soggetto<br />

ma diverso stilisticamente tanto da far ritenere<br />

probabile sia stato inciso non dal Bernardi, ma da<br />

un’altra mano 416 .<br />

già Mariette sospettava fosse una copia dall’antico,<br />

eseguita da un incisore del XV o XVi secolo 417 ,<br />

un intaglio del gabinetto del re, ora al cabinet des<br />

médailles, a parigi, documentato da un calco nella<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

collezione del tassie 418 , con Apollo seduto su una<br />

roccia, tenendo una lira appoggiata alla gamba, dietro<br />

di lui la faretra con le frecce, davanti due flauti<br />

piantati nel terreno (tav. Xli c). l’espressione del<br />

viso ha perso quel tocco ‘classico’, presente nel suo<br />

diretto modello, un intaglio del Belli o del Bernardi,<br />

documentato da una placchetta di piombo 419 .<br />

Allo stesso intaglio del Belli/Bernardi si rifà,<br />

con minime varianti, l’Apollo citaredo seduto di<br />

un intaglio, ipotizzato come moderno, al Museo Archeologico<br />

di Firenze 420 .<br />

in un intaglio di Monaco, datato ai primi del<br />

XVii secolo e interpretato come ercole e onfale (?)<br />

(tav. Xli d) 421 , la figura di ercole seduto ripete –<br />

immiserita – una composizione del Belli, che riscosse<br />

successo, come si vede dal gran numero di<br />

placchette: ercole al bivio, con Minerva, Venere e<br />

cupido 422 . ercole è l’esatta citazione dell’ignudo a<br />

destra del profeta gioele nella cappella sistina, secondo<br />

la convincente connessione con Michelangelo,<br />

notata dal Kris 423 . Analoga è la figura di orfeo<br />

su una corniola a Vienna, già creduta antica e ora<br />

data alla prima metà del XVi secolo 424 . nell’intaglio<br />

di Monaco la donna, che stante guarda ercole<br />

e tiene un ramo, è simile a varie figure femminili<br />

del Belli: a Venere, nella citata placchetta di ercole<br />

al bivio (principale differenza è che la dea porge<br />

una mano al piccolo cupido e nell’altra, abbassata,<br />

non ha nulla), e a una delle due donne che regge<br />

un serpente avvolto nel braccio sinistro, in una<br />

scena di discussa interpretazione 425 di una famosa<br />

placchetta in cui la figura maschile è ripresa da un<br />

altro schiavo della sistina 426 .<br />

411<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, pp. 240-241, figg. 12, 13, pp. 246-247, nota 57. l’intaglio è conservato a leida (royal coin cabinet).<br />

412 cfr. note 26 e 28.<br />

413<br />

Do n a T i 1989, p. 230, tav. cVi (data al Bernardi); Ga s Pa r o T T o 2000, p. 364, n. 184 (data al Belli).<br />

414<br />

ba n G e 1922, p. 119, tav. 72, n. 898; Do n a T i 1989, pp. 94-95, tav. XXiV.<br />

415<br />

we b e r 1992, p. 244, n. 376.<br />

416<br />

ei C h l e r, kr i s 1927, p. 107, fig. 53, tav. 25, n. 169.<br />

417<br />

Ma r i e T T e 1750, vol. ii, tav. Xii. l’intaglio è pubblicato tra i moderni in Ch a b o u i l l e T 1858, p. 317, n. 2298 (senza immagine)<br />

e tra le gemme problematiche e moderne in ri C h T e r 1971, p. 156, n. 729.<br />

418<br />

ra s P e 1791, p. 208, n. 2987, dove l’intaglio è ascritto al ‘500.<br />

419<br />

Do n a T i 1989, pp. 216-217, tav. Xci (Bernardi); Ga s Pa r o T T o 2000, p. 363, n. 177 (Belli).<br />

420 To n D o, va n n i 1990, p. 170, n. 53, p. 198.<br />

421 we b e r 2001, p. 162, n. 310.<br />

422 Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 350-351, 514, n. 124.<br />

423 kr i s 1929, i, p. 49, ii, tav. 35, nn. 154, 156 (disegno di Michelangelo).<br />

424 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 266, tav. 193, n. 2594; Zw i e r l e i n-Di e h l 1993, pp. 378-379, 381-382, fig. 8.<br />

425 Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 336-337, 501, n. 81.<br />

426 kr i s 1929, i, p. 49, ii, tav. 35, n. 153 (placchetta), n. 155 (disegno di Michelangelo).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

103<br />

edito dal Maffei (tav. Xli e) 427 , presente nelle<br />

raccolte di calchi del lippert, del tassie (tav. Xli f ),<br />

del cades 428 , documentato dalle placchette di bronzo<br />

429 , ma non rintracciato è un intaglio in lapislazzuli<br />

con una scena di sacrificio all’antica: una fanciulla<br />

ammantata, accompagnata da un sacerdote<br />

barbato, sacrifica sopra un altare su cui arde la<br />

fiamma; in secondo piano altre due figure, una maschile,<br />

l’altra femminile; nel campo un albero.<br />

se Maffei si giustifica di pubblicare un intaglio<br />

(in possesso del signor carlo Albani), perché lodevole<br />

e di perfetto disegno, ma in cui l’artista moderno<br />

non ha imitato bene il costume antico e il rito<br />

dei sacrificanti, raspe giustamente osserva che stile<br />

e maniera sono del Belli. infatti l’intaglio ripete<br />

– cambiando solo alcuni particolari – una composizione<br />

del Belli, documentata da una placchetta di<br />

bronzo 430 . del tutto simile a entrambi gli intagli una<br />

sardonice conservata a san pietroburgo, al Museo<br />

statale dell’ermitage 431 .<br />

un’altra scena di sacrificio all’antica compare su<br />

un intaglio in lapislazzuli disperso, già del cardinale<br />

Albani, documentato nelle raccolte di impronte<br />

del lippert e del tassie (tav. Xli g) 432 . un gruppo<br />

di sei figure (tra cui un giovane che porta una<br />

patera, un uomo barbuto con un’ascia sulla spalla,<br />

un altro col capo velato e una donna ammantata)<br />

accompagnano un toro al sacrificio, in direzione<br />

di un’ara raffigurata sulla destra; sullo sfondo<br />

un tempio con quattro colonne. raspe osserva che<br />

l’intaglio è nello stile del Belli. in effetti una placchetta<br />

di bronzo del Belli 433 è del tutto simile: principale<br />

differenza è il tempio, sempre tetrastilo ma<br />

con timpano triangolare. secondo gasparotto 434 la<br />

placchetta deriva dal calco modificato di un bell’intaglio<br />

in diaspro sanguigno conservato al British<br />

Museum che lo studioso crede possa esser del Belli.<br />

invece dalton, che pubblica l’intaglio del British<br />

Museum come eliotropio, lo dà al XVi secolo e a<br />

produzione italiana ma non lo attribuisce al Bel-<br />

li 435 . comunque l’intaglio in lapislazzuli del calco<br />

del tassie sembrerebbe uguale all’intaglio del British<br />

Museum.<br />

Gruppo B<br />

gli intagli di questo gruppo non suscitano dubbi<br />

riguardo alla loro ‘modernità’.<br />

la maggior parte di questi esemplari sono famosi<br />

o sono famosi i modelli; spesso sono presenti<br />

nelle più note raccolte di impronte e talvolta hanno<br />

riscontro nelle placchette e/o nelle medaglie.<br />

il trattato sulle pietre incise (1750) di pierre-<br />

Jean Mariette – collezionista, conoscitore di storia<br />

dell’arte e uno dei più celebri esperti di gemme del<br />

XViii secolo –, un influente e imprescindibile punto<br />

di riferimento, raccoglie le più belle e interessanti<br />

pietre incise del gabinetto del re di Francia. tra di<br />

es se vi è un intaglio, al cabinet des Médailles, noto,<br />

per ora, solo dalla tavola del Mariette (tav. Xlii a) e<br />

dal calco nella collezione del tassie (tav. Xlii b) 436 ;<br />

infatti chabouillet, che giustamente lo colloca tra<br />

gli intagli moderni, non ne dà l’immagine 437 . Mariette<br />

spiega la scena: caco, famoso brigante, tira<br />

un bue per la coda, facendolo entrare nella sua caverna.<br />

con questa astuzia egli svia i derubati, perché<br />

più essi seguono le tracce che sembrano loro<br />

indicare il cammino dei loro buoi, più essi si allontanano<br />

da dove gli animali sono stati condotti.<br />

ercole scopre lo stratagemma e libera il mondo da<br />

quell’insigne ladro. secondo il Mariette (ricordiamo<br />

la sua autorità indiscussa) è un lavoro assai mediocre,<br />

concepito interamente nel modo di pensare degli<br />

artisti di questi ultimi secoli; le figure principali<br />

sono copie, ma molto imperfette, dall’antico. e lo<br />

studioso sottolinea proprio quei particolari pittorici<br />

e/o narrativi, indizi appunto di modernità; qui<br />

una volpe, simbolo della frode, che si vede da lontano,<br />

e il fondo di paesaggio.<br />

probabilmente questo intaglio apparteneva alla<br />

427 MaFFei 1707-1709, vol. iV, p. 150, tav. XcVii.<br />

428 rispettivamente li P P e rT 1755, n. 955; ra s P e 1791, p. 493, n. 8390; Ca D e s, libro 61, n. 5, inst. neg. 61.2053.<br />

429 Mo l i n i e r 1886, p. 80, n. 302; ba n G e 1922, p. 113, tav. 71, n. 846.<br />

430 Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 347-348, 510, n. 113.<br />

431 Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 347, 510.<br />

432 rispettivamente li P P e rT 1755, n. 965; ra s P e 1791, p. 500, n. 8501.<br />

433 Ga s Pa r o T T o 2000, pp. 357, 520, n. 151.<br />

434 Ibidem.<br />

435 Da lT o n 1915, p. 121, tav. XXX, n. 831. un’ottima immagine in bu r n s, Co l l a r e Ta, Ga s Pa r o T T o 2000, p. 245.<br />

436 ra s P e 1791, p. 346, n. 5784.<br />

437 Ma r i e T T e 1750, vol. ii, tav. lXXXiX; Ch a b o u i l l e T 1858, p. 328, n. 2379 (senza immagine; tra gli intagli moderni).


104<br />

collezione di gemme di nicolas-claude Fabri de<br />

peiresc (1580-1637), studioso famoso per la sua vasta<br />

conoscenza dell’antichità. infatti peiresc in un<br />

suo manoscritto descrive un intaglio con questo<br />

soggetto 438 .<br />

Va rilevato che l’episodio era notissimo grazie<br />

a Virgilio che lo pone in relazione con la fondazione<br />

di roma. e infatti lo stesso motivo di caco che<br />

ruba i buoi di ercole tirandoli per la coda, inserito<br />

in una scena più complessa di paesaggio, con alberi,<br />

una città murata, un’altra testa di bue che fa capolino<br />

e in primo piano ercole che dorme, ritorna<br />

in placchette di bronzo di forme diverse e con varianti,<br />

firmate e non, del Moderno (galeazzo Mondella;<br />

Verona 1467-roma 1528) 439 .<br />

un intaglio del tutto particolare e strano (tav.<br />

Xlii e) è presente nella serie di calchi di cammei e<br />

intagli in zolfo rosso – esemplari tratti dalle più celebri<br />

raccolte italiane ed europee, tra cui la stosch,<br />

ma anche dalle minori – prodotta dalla famosa manifattura<br />

romana dehn-dolce, una delle quali, cui<br />

si farà qui riferimento, terminata entro la fine del<br />

1772, è conservata presso il gabinetto numismatico<br />

delle raccolte Artistiche di Milano 440 . Francesco<br />

Maria dolce nel suo catalogo, indispensabile accompagnamento<br />

dei calchi, spiega la scena in modo<br />

ridondante e appesantito, come spesso, da notazioni<br />

erudite. piritoo, amico di teseo, dopo aver ripudiato<br />

la moglie ippodamia, fece voto di non prenderne<br />

nessun’altra, se non era figlia di giove. così,<br />

piritoo e teseo scesero all’inferno per rapire proserpina,<br />

l’unica rimasta. piritoo venne ucciso e divorato<br />

dal cane cerbero e teseo rimase prigioniero<br />

di plutone, finchè venne liberato da ercole 441 . il<br />

calco di questo intaglio – che il dolce definisce un<br />

originale antico, nel museo dehn – è presente nelle<br />

raccolte di impronte del tassie 442 e dei paoletti,<br />

cioè di Bartolomeo e del figlio pietro, famosi per<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

produrre e commerciare serie di calchi di intagli e<br />

cammei, antichi e moderni 443 .<br />

Alcuni intagli in lapislazzuli sono pubblicati<br />

da leonardo Agostini, esperto e famoso antiquario,<br />

commissario delle Antichità di roma e del lazio,<br />

collezionista, che organizzava e dirigeva scavi<br />

e commerciava in oggetti antichi. il suo “le gemme<br />

antiche figurate” – primo volume edito nel 1657,<br />

secondo nel 1669; i due volumi sono riuniti e riorganizzati<br />

nell’edizione del 1686 –, con la collaborazione<br />

del suo amico, il celebre storiografo dell’arte,<br />

antiquario, erudito giovanni pietro Bellori, incontrò<br />

una straordinaria fortuna e divenne opera di riferimento,<br />

grazie anche al prestigio e all’autorità di<br />

cui godevano Agostini e Bellori. tradotta in latino<br />

dal gronovius, l’opera fu ristampata nel 1685, nel<br />

1694 e nel 1699; sono queste le edizioni più diffuse<br />

444 . infine vi è una ristampa allargata e arricchita<br />

delle più belle gemme dai musei romani o stranieri,<br />

con le spiegazioni dell’Agostini a cui paolo Alessandro<br />

Maffei ha aggiunto le sue osservazioni 445 .<br />

tipico esempio di una raffigurazione che dà adito<br />

a dotte esegesi, interpretazioni, riferimenti eruditi,<br />

citazioni di fonti letterarie e iconografiche, è un<br />

intaglio con una composizione complessa 446 (tav.<br />

Xlii c, d). una figura con in capo la sacra mitra<br />

con il fiore del loto, sedente in riva al fiume, che<br />

Agostini pensa sia il genio di Alessandria di egitto<br />

in forma di donna, appoggia il gomito sulla testa<br />

del nilo, tenendo lo scettro con una mano e<br />

posando l’altra sopra un paniere, pieno di grano,<br />

simbolo della fertilità di quella regione. il fanciullo,<br />

che pone la mano sul paniere, denota l’alimento<br />

del grano, necessario alla vita; dietro la testa del<br />

nilo c’è uno scorpione, per indicare che a novembre<br />

comincia la fecondità dell’egitto. sullo sfondo<br />

sono situati tre edifici, che possono esser sia i tre<br />

templi, dedicati a iside, osiride, Arpocrate, sia i fa-<br />

438 va n De r Me u l e n 1997, pp. 198-199, fig. 6, pp. 222-223, App. 2.12.7.<br />

439 da ultimo, rossi 2007, ove esame della scena e sua interpretazione, elenco degli esemplari e bibliografia precedente. rossi<br />

ritiene che questa placchetta sia stata eseguita intorno al 1487.<br />

440 sostanzialmente inedita, la collezione milanese è in corso di studio da parte della scrivente. la divisione della raccolta corrisponde<br />

alla descrizione e sistemazione del catalogo del dolce (che però manca). sulla manifattura dehn-dolce, cfr. Daktyliotheken<br />

2006, ad indicem; Ta s s i n a r i c.s., ove bibliografia.<br />

441 De h n, Do l C e 1772, tomo ii, p, p. 49, n. 53; cassetta p (15), zolfo n. 53.<br />

442 ra s P e 1791, p. 512, n. 8680.<br />

443 Pi r Z i o bi r o l i sT e Fa n e l l i 2007, p. 133, tomo ii, n. 183. sui paoletti e la loro collezione, cfr. da ultimo, ibidem, pp. 13-24.<br />

444 sull’Agostini, sull’intricato problema delle varie edizioni dell’opera, Ta s s i n a r i 1994, pp. 41-43, ove bibliografia anteriore.<br />

cfr. inoltre aG o s T i n i 1960; To n D o 1993, pp. 244-248.<br />

445 MaFFei 1707-1709.<br />

446 aG o s T i n i 1686, vol. ii, pp. 54-55, n. 87.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

105<br />

mosi granai di Alessandria, che provvedevano al<br />

mantenimento di roma. le barche in acqua indicano<br />

la particolare posizione di quel porto ricco e<br />

importante. Vi sono incisi anche vari animali con<br />

un pastore (essi significano gli armenti, i pascoli e<br />

l’opulenza della regione), e un coccodrillo, sacro,<br />

simbolo del nilo e dell’egitto. Agostini conclude<br />

che, se altri vuol interpretare i vari simboli e riconoscere<br />

la fertilità dell’Africa lascia a ciascuno il<br />

proprio parere. Maffei (tav. Xlii c) 447 aggiunge le<br />

sue osservazioni relative ai tre edifici (che secondo<br />

il raspe sono alveari) come templi e da chi furono<br />

fabbricati, esaminando il culto di Arpocrate, il simbolo<br />

del coccodrillo, le diverse raffigurazioni nelle<br />

medaglie di Alessandria.<br />

Appartenevano all’Agostini quegli esemplari<br />

privi della menzione del possessore e quindi anche<br />

questo. esso è stato pubblicato dal gori come<br />

diaspro blu 448 , è presente nelle collezioni di calchi<br />

del lippert 449 , del dehn (dolce nel suo prolisso ed<br />

erudito commento, menziona e riprende l’Agostini)<br />

(tav. Xlii d) 450 , del tassie 451 , del cades e dei<br />

paoletti 452 .<br />

nessuno mette in dubbio l’antichità di questo<br />

intaglio – pastiche; anzi lo si considera prezioso e<br />

tra i più curiosi dell’antichità. e infatti il problema<br />

cronologico, che ci assilla, non è generalmente<br />

motivo di preoccupazione per gli studiosi dei secoli<br />

XVi-XViii: prioritario è il soggetto rappresentato<br />

e la sua identificazione. così per un’esposizione<br />

adeguata di un intaglio pubblicato dall’Agostini<br />

(tav. Xlii f ) 453 che raffigura Venere o una nereide<br />

che nella destra sollevata tiene un ramo, portata da<br />

un mostro marino tra i flutti del mare, mentre un<br />

amorino la segue, sollecitando l’animale, l’Agostini<br />

e il Maffei sfoggiano erudite spiegazioni, osservazioni<br />

e citazioni di fonti.<br />

Analogamente domenico Augusto Bracci non<br />

fornisce una collocazione temporale dell’intaglio,<br />

che pubblica nel secondo volume (1786) della sua<br />

opera sulle gemme antiche firmate 454 (tav. Xliii a).<br />

Bracci ha donato in segno di gratitudine e amicizia<br />

al conte Alessandro di Voranzoff l’intaglio ‘di<br />

elegante lavoro’ che rappresenta, secondo i versi<br />

di Virgilio, riportati, Vulcano che alle preghiere di<br />

Venere comanda a un ciclope di forgiare le armi di<br />

enea. in questo intaglio Vulcano siede sopra una<br />

corazza, dietro alla quale vi è uno scudo, abbracciando<br />

Venere, nuda, in piedi a guardare il ciclope<br />

che siede e tiene il martello in atto di colpire l’oggetto<br />

che sta fabbricando, <strong>post</strong>o sopra un’incudine;<br />

sotto il sedile del ciclope sta cupido con l’arco<br />

tra le mani.<br />

la scena di Vulcano, in diverse versioni, che forgia<br />

armi o frecce per cupido, spesso alla presenza<br />

di Venere stante, che di frequente tiene la mano di<br />

cupido, di rado con altri dei, ricorre ripetutamente<br />

nella glittica, nelle placchette e in altre opere; è infatti<br />

una delle favorite in quel mondo rinascimentale<br />

di emblemi e personificazioni, caricandosi di<br />

valenze allegoriche e simboliche 455 .<br />

più semplice la composizione di un altro intaglio<br />

che raffigura Vulcano con il suo berretto e il<br />

martello, seduto sopra il tronco di un albero, e Minerva<br />

stante armata accanto a lui. Questo esemplare<br />

compare nella dattilioteca di lippert e tra le riproduzioni<br />

del tassie; raspe nel suo catalogo lo definisce<br />

una bella incisione (tav. Xliii b) 456 .<br />

un intaglio conservato a san pietroburgo, al<br />

Museo statale dell’ermitage, datato al XVii secolo<br />

(tav. Xliii c; tav. liii f ) 457 , reca un’inconsueta scena<br />

di sacrificio: una figura femminile panneggiata<br />

stante immola su un’ara fiammeggiante un ariete;<br />

accanto a lei un amore tiene una torcia accesa volta<br />

447 MaFFei 1707-1709, vol. iV, pp. 42, 44-45, n. XXX.<br />

448 re i n a C h 1895, p. 61, tav. 60, n. 52 (= Go r i 1731-32, ii, n. 52).<br />

449 li P P e rT 1762, n. 410.<br />

450 De h n, Do l C e 1772, tomo ii, o, p. 31, n. 33; cassetta o (14), zolfo n. 33.<br />

451 ra s P e 1791, p. 471, n. 8052, che dà un commento eccezionalmente lungo.<br />

452 Pi r Z i o bi r o l i sT e Fa n e l l i 2007, tomo i, p. 77, n. 709.<br />

453 aG o s T i n i 1686, vol. ii, pp. 25-26, n. 48 = MaFFei 1707-1709, vol. iii, pp. 13-14, n. 6.<br />

454 br a C C i 1786, p. 231, tav. XViii, n. ii. sul Bracci (Firenze 1717-1795), erudito mediocre, privo di capacità di giudizio e di nozioni<br />

storiche, ma con il merito di insistere sugli inganni delle false firme sulle gemme, e sulla sua opera, si rimanda a Pa r ise<br />

1971.<br />

455 per alcuni dei molteplici livelli di lettura del ‘successo’ del motivo iconografico di Vulcano nel rinascimento, v. Ta s s i n a r i<br />

1996, pp. 186-187.<br />

456 li P P e rT 1762, n. 97; ra s P e 1791, p. 383, n. 6474.<br />

457 Splendeurs 2000, p. 77, n. 32/13.


106<br />

verso l’alto. tralasciando le solite considerazioni ed<br />

elucubrazioni a proposito dell’amore da parte del<br />

Beger, che per primo pubblica l’intaglio, appartenente<br />

alla raccolta nel castello di Heidelberg 458 , per<br />

meglio comprendere la scena ricordiamo la sua interpretazione<br />

della gemma come sacrificio della cupidine,<br />

considerata la natura libidinosa dell’ariete;<br />

premio alla pietas della donna è l’amore onesto.<br />

priva di qualunque indicazione, la gemma è<br />

pubblicata anche da Michel philippe lévesque de<br />

gravelle, nella sua Recueil de pierres gravées antiques<br />

(paris 1732, 1737) 459 .<br />

un’altra gemma edita da lévesque de gravelle<br />

nella sua Recueil, e sulla cui antichità reinach nutriva<br />

dubbi 460 , apparteneva alla collezione Arundel,<br />

poi passata nella Marlborough e ora pubblicata 461 .<br />

si tratta di un intaglio con Mercurio nudo, con petaso,<br />

mantello e caduceo, che offre una borsa ad una<br />

donna drappeggiata, velata, seduta su una base di<br />

colonna, con una mano alzata. se lévesque de gravelle<br />

osservava che la donna non era caratterizzata,<br />

anche di recente si sottolinea che rimane oscuro<br />

il soggetto di questo intaglio, ascritto agli inizi<br />

del XVii secolo 462 .<br />

un intaglio di Monaco, dato a produzione italiana<br />

e al XVi secolo, raffigura una menade danzante,<br />

un pugnale nel petto, la testa piegata all’indietro,<br />

in atteggiamento estatico, con capelli, chitone<br />

e mantello al vento (tav. Xliii d) 463 . del tutto analogo<br />

un altro intaglio (impossibile stabilire, in base<br />

al disegno, se si tratta dello stesso) in lapislazzuli,<br />

pubblicato dall’Agostini e riedito dal Maffei (tav.<br />

Xliii e) 464 , conservato nel Museo di Marco Antonio<br />

sabbatini, famoso antiquario, erudito e abile commerciante,<br />

proprietario di pietre incise di altissima<br />

qualità 465 . Agostini lo definisce un eccellente lavo-<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

ro, spiega la scena, racconta il mito, citando la fonte<br />

antica. coreso non riuscendo in nessun modo<br />

a far sì che calliroe, vergine della calidonia, ricambiasse<br />

il suo amore, pregò Bacco che la punisse.<br />

per far cessare la morte dei calidoni, l’oracolo<br />

rispose che calliroe doveva esser sacrificata da<br />

coreso all’altare di Bacco, se non si fosse offerto<br />

in sacrificio nessuno al <strong>post</strong>o suo. Quando la fanciulla<br />

aspettava il colpo sull’altare, coreso, vinto<br />

dall’amore e dalla compassione, si uccise. calliroe<br />

pentita, volendo seguire nella morte quell’amante<br />

così fedele, si ferì il petto, come appunto nella gemma.<br />

nelle sue osservazioni Maffei ricorda un’altra<br />

differente versione.<br />

Questa raffigurazione (la qualità dell’immagine<br />

non consente di definire se è la stessa) compare in<br />

una placchetta di piombo ascritta agli inizi del XVi<br />

secolo 466 e, diversa solo per minimi particolari, su<br />

una matrice vitrea della collezione paoletti, spiegata<br />

appunto come calliroe che si uccide per amore<br />

di correso 467 .<br />

il riferimento più diretto dell’intaglio di Monaco<br />

e dell’Agostini – unica differenza che la figura non<br />

ha il pugnale piantato nel petto – è un bell’intaglio<br />

in corniola, nella raccolta medicea, pubblicato dal<br />

gori erroneamente come giacinto 468 , al Museo Archeologico<br />

di Firenze, datato al i secolo a.c. - i secolo<br />

d.c. 469 .<br />

Questo preciso tipo iconografico della Menade<br />

danzante in atteggiamento estatico non è diffuso<br />

solo in antico 470 , come dimostrano due intagli<br />

(non appartenenti alla produzione in esame) del<br />

tutto simili al già citato intaglio antico fiorentino:<br />

uno, ritenuto appunto una sua copia, in calcedonio,<br />

probabilmente della fine XVii - inizi del XViii<br />

secolo, del Museo degli Argenti di Firenze 471 , l’al-<br />

458 be G e r u s 1685, p. 106, tav. XlViii.<br />

459 re i n a C h 1895, p. 77, tav. 77, n. 84. giustamente reinach sospetta dell’antichità di questa pietra.<br />

460 re i n a C h 1895, p. 78, tav. 78, n. 9.<br />

461 Marlborough Gems 2009, p. 85, n. 134.<br />

462 Marlborough Gems 2009, ibidem.<br />

463 we b e r 1992, p. 236, n. 361.<br />

464 rispettivamente, aG o s T i n i 1686, vol. ii, p. 72, n. 17; MaFFei 1707-1709, vol. iV, p. 48, n. XXXiii.<br />

465 su sabbatini cfr. ad es. Mi C h e l i 2000, p. 545; Gu e r r i e r i bo r s o i 2004, p. 168.<br />

466 ba n G e 1922, p. 15, tav. 22, n. 107.<br />

467 Pi r Z i o bi r o l i sT e Fa n e l l i 2007, tomo i, p. 66, n. 538.<br />

468 re i n a C h 1895, p. 44, tav. 42, 87 1 (= Go r i 1731-32, i, 87 1 ) = Fu r T wä n G l e r 1900, pp. 196-197, tav. Xli, n. 28.<br />

l’Antiquario granducale giovanni Battista zannoni rileva (Za n n o n i 1824, vol. i, pp. 259-260, tav. 33, n. 3) che lo stile di questo<br />

intaglio è veramente egregio e la pietra – una corniola – è così bella e pura che il gori l’ha reputata un giacinto.<br />

469 To n D o, va n n i 1990, p. 168, p. 192, n. 34.<br />

470 confronti puntuali, ad es., in vo l l e n w e i D e r 1966, pp. 34-35, 101, tav. 26, n. 3, n. 4 (= n. 7).<br />

471 Ge n n a i o l i 2007, p. 406, n. 606.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

107<br />

tro in sardonice, del XVi secolo, al Museo statale<br />

dell’ermitage 472 .<br />

<strong>post</strong>o al centro – e quindi in una posizione preminente<br />

– del pettorale della parure devonshire,<br />

conservata a chatsworth, è un grande intaglio, dato<br />

al XVi secolo d.c., con un guerriero stante armato<br />

che appoggia sulle spalle la spada, tiene una clessidra<br />

e ha un leone accucciato ai suoi piedi 473 : il<br />

soggetto enigmatico può esser un emblema personale<br />

che si riferisce al valore strategico della pazienza<br />

e della forza.<br />

Al XVii secolo è datato un intaglio al British<br />

Museum, con un satiro che afferra una ninfa, che<br />

allunga il suo braccio verso un albero attorno a cui<br />

è un serpente 474 .<br />

un intaglio con i busti accollati di profilo di ercole<br />

e onfale (o Jole), ascritto a produzione italiana<br />

e al XVi secolo, al Museo statale dell’ermitage (tav.<br />

Xliii f; tav. liii g) 475 , il cui calco è presente nella<br />

collezione del tassie 476 , rappresenta una variazione<br />

di un intaglio noto. infatti in questo pezzo sono aggiunte<br />

la clava e la pelle di leone sulla schiena di<br />

ercole, ma è assente l’iscrizione, rispetto a un intaglio<br />

in corniola, firmato KARPO, a Firenze, nella<br />

collezione granducale 477 . Questo intaglio fiorentino<br />

era noto tramite paste vitree e calchi nelle più<br />

famose collezioni, come quella di stosch 478 , di lippert<br />

479 , di tassie 480 , di cades, dei paoletti 481 ; era anche<br />

riprodotto nei medaglioni in avorio 482 ; assai simile,<br />

ma senza la firma, una placchetta di bronzo<br />

data al XVi secolo 483 .<br />

un intaglio, giustamente considerato moderno,<br />

a new York, the Metropolitan Museum of Art 484 ,<br />

è inciso su entrambi i lati: da una parte il busto to-<br />

gato di Alessandro Magno di profilo con le corna<br />

di zeus Ammone; dall’altra Apollo e Venere stanti<br />

vicini, nudi; Apollo tiene la lira e si appoggia a un<br />

tronco d’albero, mentre un altro albero gli è accanto;<br />

Venere sta accarezzando Amore al suo fianco.<br />

particolarmente interessante e complesso è il<br />

caso di un intaglio con Mercurio con il caduceo in<br />

mano e Fortuna con la cornucopia, stanti uno accanto<br />

all’altro nell’atto di stringersi la mano, datato<br />

al XVii secolo, al Museo statale dell’ermitage<br />

(tav. Xliii g; tav. liii h) 485 . il pezzo è pubblicato<br />

dal Beger 486 che nel suo solito prolisso commento<br />

sottolinea che la dextrarum iunctio indica la concordia,<br />

il caduceo la pace e la cornucopia la felicità<br />

che da essa nascono; in base alle monete egli<br />

riconosce Marco Aurelio e Faustina, simbolo della<br />

concordia maritale. la stessa raffigurazione, con<br />

varianti – ad esempio è assente il timone di Fortuna,<br />

mentre la figura maschile è identificabile come<br />

l’imperatore, laureato – è riprodotta sul retro di una<br />

medaglia di bronzo firmata da cristoforo di geremia<br />

487 , orafo e medaglista, di Mantova, che svolse<br />

la sua attività a roma, dal 1456 alla morte, avvenuta<br />

prima del 22 febbraio 1476. si presume sia stata<br />

eseguita nel 1468 in occasione della visita a roma<br />

dell’imperatore Federico iii, per commemorare la<br />

pace della chiesa (rappresentata dalla figura femminile),<br />

come testimoniano le scritte CONCORDIA<br />

AVG. e PAX (?), racchiusa entro il caduceo; sul diritto<br />

il busto dell’imperatore diversamente identificato<br />

con Augusto o costantino.<br />

la figurazione in esame ha avuto una discreta<br />

‘fortuna’. infatti si ritrova anche sul rovescio di una<br />

medaglia di papa sisto iV attribuita a Andrea gua-<br />

472 Splendeurs 2000, p. 120, n. 120/27.<br />

473 sC a r i s b r i C k 1986, pp. 243, 248, tav. Xcib, n. 26.<br />

474 Da lT o n 1915, p. 105, tav. XXVi, n. 727.<br />

475 Splendeurs 2000, p. 109, n. 94/1.<br />

476 ra s P e 1791, p. 784, n. 15342.<br />

477 Pi r Z i o bi r o l i sT e Fa n e l l i 2007, tomo i, p. 73, n. 636. però l’intaglio non figura in nessuna delle recenti pubblicazioni delle<br />

collezioni fiorentine.<br />

478<br />

wi n C k e l M a n n 1760, ii, pp. 292-293, n. 1796 = Fu r T wä n G l e r 1896, p. 341, n. 9849.<br />

479<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1986, p. 287, tav. 150, n. 867.<br />

480<br />

ra s P e 1791, p. 208, n. 6019.<br />

481<br />

Pi r Z i o bir o l i sTe Fa n e l l i 2007, tomo i, p. 73, n. 636, ove riferimento anche alla collezione di calchi cades.<br />

482<br />

Pi r Z i o bir o l i sTe Fa n e l l i 1993, pp. 31-32, n. 7, fig. 38 (pesaro, Museo oliveriano), fig. 61 (già a castle Howard).<br />

483 ba n G e 1922, p. 17, tav. 22, n. 124.<br />

484 ri C h T e r 1920, pp. 201-202, tav. 84, n. 431.<br />

485 Splendeurs 2000, p. 75, n. 28/9.<br />

486 be G e r u s 1685, pp. 86-87, tav. XXVii.<br />

487 hi l l 1930, p. 197, tav. 127, n. 755. su cristoforo di geremia, ibidem, pp. 195-201.


108<br />

cialoti o guazzalotti (1435-1495) 488 , che la riprende<br />

esattamente da cristoforo di geremia, dove la<br />

figura allegorica femminile rappresenta la chiesa,<br />

come anche dichiarato dalla scritta ECCLESIA, così<br />

come su una medaglia, realizzata da un anonimo<br />

artista romano per guillaume de poitiers, ambasciatore<br />

francese presso papa innocenzo Viii (1489),<br />

dove l’imperatore è sostituito da Mercurio nudo<br />

con caduceo 489 .<br />

derivano dal retro della medaglia di cristoforo<br />

di geremia una serie di placchette di bronzo, che<br />

ne differiscono per l’aggiunta di un tripode tra le<br />

due figure e per la forma quadrangolare (forma che<br />

insieme alla cornice modanata suggerisce dovessero<br />

ornare un calamaio o uno scrigno), diversamente<br />

definite come Augusto e l’Abbondanza, Augusto<br />

o un imperatore e la concordia, allegoria della<br />

pace della chiesa 490 .<br />

leggermente diverso dall’intaglio dell’ermitage<br />

è l’esemplare testimoniato dai calchi dehn-dolce<br />

(la pace e l’Abbondanza; da un intaglio antico) 491<br />

(tav. Xliii h), tassie (spiegato come l’Abbondanza<br />

dà la mano a un imperatore romano in toga, che<br />

tiene un caduceo) 492 , cades e paoletti (la pace e<br />

l’Abbondanza) 493 .<br />

documentati dai calchi nella collezione del tassie<br />

sono un intaglio inciso su un lato con nettuno<br />

stante nel suo carro tirato da due cavalli, e<br />

dall’altro due mani unite con in mezzo un caduceo,<br />

due cornucopie e al di sotto l’iscrizione pAX<br />

(tav. XliV a) 494 ; un intaglio con Venere e Adone (?)<br />

stanti che si abbracciano (entrambi i pezzi appartenevano<br />

al barone von gleichen) (tav. XliV b) 495 ; un<br />

intaglio con una donna stante orante verso Artemide<br />

efesia, senza attributi (tav. XliV c) 496 .<br />

testimoniato solo dalla tavola di Jacob de Wil-<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

de 497 , prima nella sua collezione e ora disperso (?),<br />

è un intaglio con Muzio scevola in piedi, coronato<br />

dalla Vittoria, una lancia in una mano pone l’altra<br />

sul braciere ardente di fronte al re porsenna, seduto<br />

con scettro e una mano alzata (tav. XliV d).<br />

Gruppo C<br />

Anche questi intagli sono agevolmente riconoscibili<br />

come moderni. infatti l’iconografia antica<br />

è ripresa, ma a volte non pienamente compresa,<br />

è stata alterata o un po’ deformata; sono presenti<br />

particolari non documentati sugli analoghi esemplari<br />

antichi, la resa stilistica è di solito meno curata,<br />

sono aggiunte iscrizioni non chiare: indizi tutti,<br />

questi, che depongono appunto a favore della<br />

modernità.<br />

comunque si tratta di formule figurative antiche<br />

e schemi iconografici di solito noti: Afrodite seduta<br />

su una roccia ed eros che vola verso lei con<br />

le braccia aperte, nel campo le lettere G.P.Ω.; Apollo;<br />

Hermes incedente con caduceo e un grande cerchio;<br />

dioniso si appoggia al tirso; serapide stante<br />

con lo scettro; ercole contro Anteo; icaro vola sulle<br />

acque; eroti seduti, stanti (in un caso che ruba<br />

il miele, circondato da api) o correnti verso un’ara;<br />

figure maschili e femminili che tengono un ramo,<br />

un globo o un oggetto non ben definito; un vecchio<br />

astronomo seduto con una sfera davanti a sé e un<br />

compasso, che guarda il firmamento in cui la pirite<br />

rende il sole, la luna e le stelle.<br />

Attestazioni<br />

Ferrara, Museo civico 498<br />

padova, Museo Archeologico 499<br />

roma, collezione di castro 500<br />

488 hi l l 1930, p. 195, tav. 127, n. 753. per un esame di guacialoti, ibidem, pp. 192-195.<br />

489 hi l l 1930, p. 224, tav. 139, n. 864.<br />

490 Mo l i n i e r 1886, pp. 59-60, n. 90; ba n G e 1922, p. 83, tav. 41, n. 611; Ma C l a G a n 1924, pp. 46-47, tav. Xi, 7496-1881; rossi 1974,<br />

pp. 14-15, n. 20, fig. 24; To D e r i, va n n e l To D e r i 1996, p. 58, n. 95, ove ulteriore bibliografia e esemplari.<br />

491 De h n, Do l C e 1772, tomo i, K, p. 109, n. 70; cassetta K (10), zolfo n. 70.<br />

492 ra s P e 1791, p. 486, n. 8280.<br />

493 Pi r Z i o bi r o l i sT e Fa n e l l i 2007, tomo i, pp. 74-75, n. 669.<br />

494 ra s P e 1791, p. 183, nn. 2577-2578.<br />

495 ra s P e 1791, p. 384, n. 6501. citando un bel cammeo del barone von gleichen, Winckelmann ricorda che era il ciambellano<br />

del sovrano danese (wi n C k e l M a n n 1760, p. 139).<br />

496 ra s P e 1791, p. 153, n. 2077.<br />

497 De wi l D e 1703, p. 99, tav. 28, n. 105.<br />

498 D’aG o s T i n i 1984, p. 30, n. 30 (ii-iii secolo d.c.).<br />

499 se iD M a n n 1997, p. 152, n. 298 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

500 Pi r Z i o bi r o l i sT e Fa n e l l i 2009 (seconda metà del XVi secolo).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

109<br />

Verona, civici Musei d’Arte 501 (tav. XliV e, f; tav.<br />

liii i; tav. liV a)<br />

Berna, università, Antikensammlung 502<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 503<br />

londra, British Museum 504<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 505<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 506<br />

tours, Musée des Beaux-Arts 507<br />

ubicazione ignota, già collezione Arundel, poi Marlborough<br />

508<br />

ubicazione ignota, già collezione Montigny, poi southesk<br />

509<br />

ubicazione ignota, già collezione praun, poi story-<br />

Maskelyne 510<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 511<br />

Gruppo D<br />

più difficile è provare i sospetti di non antichità<br />

di queste gemme, perché si attengono fedelmente<br />

agli antichi modelli, nella tematica e nello stile, accurato.<br />

per identificare i pezzi come non antichi e<br />

attribuirli a questa produzione rimane per lo più,<br />

come unico rilevante indizio, il lapislazzuli, con tutti<br />

i limiti già esplicitati.<br />

significativo esempio di come non sono sicuri<br />

i criteri per distinguere gemme antiche/non antiche<br />

sono tre intagli, a copenaghen, a Verona e a<br />

Monaco 512 , con la cosiddetta Venus victrix, nel consueto<br />

schema iconografico: la dea stante seminuda,<br />

con le gambe avvolte in un mantello panneggiato,<br />

effigiata di spalle, con il gomito appoggiato<br />

a una colonnina, tiene in una mano un elmo o un<br />

ramo di palma, mentre con l’altra regge una lancia<br />

o un elmo, ai piedi della dea può esserci uno<br />

scudo; nell’intaglio di Monaco due eroti ai fianchi<br />

di Venere le offrono uno un elmo, l’altro una mela.<br />

gli intagli di Verona e Monaco sono incisi su due<br />

lati; sul retro recano il primo un fascio di fulmini,<br />

legato nel mezzo, il secondo l’iscrizione VenVs/<br />

Vic/triX (tav. XliV g; tav. liV b).<br />

tenendo presente che il soggetto di Venere vincitrice<br />

è attestato e frequente da età cesariana per<br />

tutta l’età imperiale ed ancora nel iii secolo d.c., e<br />

tutto quanto sopra osservato sull’associazione lapislazzuli<br />

– Venere – talismani d’amore, non è escluso<br />

che questi tre intagli, qui inseriti nella produzione,<br />

possano esser antichi 513 .<br />

Analogo è l’esempio costituito da un intaglio in<br />

lapislazzuli, con Venere nuda stante di profilo, piegata<br />

a scherzare con cupido in passo di danza vicino<br />

a lei (tav. XliV h). il pezzo apparteneva alla<br />

raccolta di paolo ii. praun che, si è già specificato,<br />

era formata da molte gemme non antiche. l’originale,<br />

disperso, è documentato da una pasta vitrea<br />

del lippert ora a Würzburg (Martin-von-Wagner-<br />

Museum der universität) 514 , da un calco nella collezione<br />

del tassie 515 e forse è la gemma pubblicata,<br />

senza indicazioni, da lévesque de gravelle, nella<br />

sua Recueil 516 . la zwierlein-diehl data l’intaglio<br />

al i secolo a.c. - i secolo d.c. 517 , reinach sospetta<br />

dell’antichità della gemma edita da lévesque de<br />

gravelle 518 . A mio parere la fortuna nel mondo rinascimentale<br />

del soggetto di Venere con cupido,<br />

501<br />

Ta s s i n a r i 2009, p. 157, tav. XliV, nn. 686-687 (XVi-XVii secolo).<br />

502<br />

vo l l e n w e i D e r 1984, pp. 274-275, n. 477 = Götter und Heroen 2003, pp. 70-71, n. 13 (d. Willers) (iV secolo d.c.).<br />

503<br />

Ge s Z T e ly i 2000, pp. 87, 168, n. 301 (XVi-XVii secolo).<br />

504<br />

wa lT e r s 1926, p. 157, tav. XiX, n. 1397, con iscrizione sul retro: ORCRAQOMCA NICAROPHS, p. 191, tav. XXiii, n. 1779,<br />

con iscrizione Aiei/neiKA (tra le gemme greco-romane) (= ve y M i e r s 2009, p. 297, iii. c19, tav. XV: età imperiale).<br />

505<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, pp. 153-154, ii, p. 53, n. 333 (ii-iii secolo d.c.); i, p. 206, ii, p. 113, n. 142 (età moderna).<br />

506 AGDS i, 3, p. 58, tav. 222, n. 2453 (tardo iii secolo d.c.), p. 72, tav. 235, n. 2556 (i-ii secolo d.c.); we b e r 1992, p. 215, n. 303<br />

(età tardoantica); we b e r 2001, p. 184, n. 378 (prima metà del XVii secolo).<br />

507 Collection Signol 1997, p. 16, n. 6 (età ellenistica o imperiale?).<br />

508 Marlborough Gems 2009, p. 101, n. 171 (età rinascimentale).<br />

509<br />

Ca r n e G i e 1908, vol. i, pp. 42-43, tav. iV, c 23 (età antica).<br />

510 Catalogue 1921, p. 27, tav. iii, n. 176 (tra le gemme ellenistiche e greco-romane).<br />

511<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 258, tav. 188, n. 2558, p. 267, tav. 194, n. 2599 (XVi - prima metà del XVii secolo; XVii secolo).<br />

512 rispettivamente FossinG 1929, p. 232, tav. XiX, n. 1724; Ta s s i n a r i 2009, p. 157, tav. XliV, n. 685; AGDS i, 3, p. 64, tav. 227,<br />

n. 2491.<br />

513 l’intaglio di Verona è stato pubblicato da Attilio Mastrocinque come antico, tra le gemme magiche: Sylloge 2007, p. 190, n. 13.<br />

514<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1986, p. 156, tav. 61, n. 334.<br />

515<br />

ra s P e 1791, p. 373, n. 6334.<br />

516<br />

re i n a C h 1895, p. 75, tav. 75, n. 16.<br />

517<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1986, p. 156, n. 334; Zw i e r l e i n-Di e h l 1994a, p. 378, n. 202.<br />

518<br />

re i n a C h 1895, p. 75, tav. 75, n. 16.


110<br />

che ricorre ripetutamente e in scene diverse, caricandosi<br />

di valenze simboliche, nonché la presenza<br />

del lapislazzuli, induce ad ascrivere questo intaglio<br />

al XVi secolo.<br />

gli intagli di questo gruppo, dunque, si collocano<br />

perfettamente nell’ambito del repertorio figurativo<br />

‘classico’, riprendendo accuratamente un modello,<br />

antico, ma anche quattro-cinquecentesco. si<br />

tratta di soggetti diffusi, di divinità rappresentate<br />

con i loro attributi canonici, come Venere, zeus seduto,<br />

Apollo citaredo stante o seduto, poseidone<br />

seduto, Mercurio seduto o incedente, Marte con le<br />

armi o incoronato dalla Vittoria, Minerva armata<br />

seduta o stante che in mano solleva una nike o tiene<br />

una lancia o una coppa, Amore con arco e freccia,<br />

tauroctono o che brucia con una fiaccola le ali<br />

di una farfalla, leda e il cigno, le tre grazie, guerrieri<br />

stanti con le armi, o più generiche figure stanti,<br />

talvolta con oggetti non chiari in mano.<br />

A volte tradiscono l’innovazione (pur lieve) moderna<br />

alcuni particolari. È il caso, ad esempio, di<br />

un intaglio di Vienna, datato al XVii-XViii secolo<br />

519 , con onfale incedente con la testa abbassata,<br />

in parte coperta dalla pelle di leone, con gli attributi<br />

di ercole, la pelle di leone e la clava, motivo<br />

comunissimo sulle gemme, soprattutto nel i secolo<br />

a.c. - i secolo d.c. 520 .<br />

l’esemplare riprodotto può esser assai noto,<br />

come l’intaglio in corniola 521 , ascritto con grandi<br />

probabilità a Felix, incisore di età augustea, con<br />

Mercurio stante nudo, in parte coperto da un pan-<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

neggio, il viso di profilo, la destra alla bocca, nella<br />

sinistra abbassata il caduceo; perduto, già della<br />

collezione strozzi, era stato pubblicato dal gori 522 ;<br />

secondo Furtwängler 523 vi sono varie repliche su<br />

gemme molto ‘sospette’. e tra queste si può annoverare<br />

un intaglio inedito, in lapislazzuli, della collezione<br />

sloane, al British Museum 524 .<br />

una composizione famosa, imitata e replicata<br />

nel rinascimento 525 è l’Apollo e Marsia, già della<br />

collezione Medici, poi Farnese, ora al Museo Archeologico<br />

di napoli, un intaglio in corniola datato<br />

all’ultimo quarto del i secolo a.c. una modificazione<br />

e probabilmente semplificazione si ha con l’iconografia<br />

di Marsia stante che suona i flauti davanti<br />

ad Apollo con la lira, seduto su un tronco d’albero,<br />

come si riscontra su un intaglio, in lapislazzuli, già<br />

della collezione de Wilde 526 (tav. XlV a).<br />

un ultimo indizio depone a favore della non antichità<br />

di alcuni di questi pezzi: essi presentano dimensioni<br />

maggiori degli analoghi antichi.<br />

Attestazioni<br />

collezione privata 527<br />

Firenze, Museo degli Argenti 528<br />

Verona, civici Musei d’Arte 529 (tav. XliV g; tav.<br />

XlV c, d; tav. liV b, d, e)<br />

Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung 530<br />

copenaghen, thorvaldsen Museum 531<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 532<br />

Madrid, Museo nazionale del prado, tesoro del delfino<br />

533<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 534<br />

519 Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 268, tav. 195, n. 2604.<br />

520 per un esame di questo motivo, della sua diffusione nella glittica antica e del XViii secolo, v. da ultimo Ta s s i n a r i 2009a,<br />

pp. 196-198, tav. lV, nn. 854-859.<br />

521 Fu r T wä n G l e r 1900, p. 210, tav. Xliii, n. 71 (ove bibliografia precedente); vo l l e n w e i D e r 1966, p. 44, tav. 39, fig. 5.<br />

522 re i n a C h 1895, p. 37, tav. 34, 70 2 (= Go r i 1731-32, i, 70 2 ).<br />

523 Fu r T wä n G l e r 1900, p. 210.<br />

524 inv. 1959, 0209.52; visione autoptica.<br />

525 per un esame della fortuna di questo famoso intaglio nelle gemme e nelle placchette del rinascimento, rimandiamo solo a<br />

Ca G l i o T i, Ga s Pa r o T T o 1997; Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, pp. 238-241 (con particolare riferimento alle gemme dei paesi Bassi).<br />

526 De wi l D e 1703, pp. 155-156, tav. 44, n. 164. per un esame, Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, pp. 240-241.<br />

527 wa G n e r, bo a r D M a n 2003, p. 59, tav. 58, n. 415 (i secolo d.c.).<br />

528 Ca s a Z Z a, Ge n n a i o l i 2005, p. 305, n. 184 = Ge n n a i o l i 2007, p. 388, n. 554 (prima metà del XVii secolo).<br />

529 Ta s s i n a r i 2009, p. 157, tav. XliV, n. 684, n. 685, n. 688 (= se n a Ch i e s a 1996, p. 485, tav. iV, n. 10), n. 689 (XVi-XVii secolo).<br />

l’intaglio n. 688 è pubblicato come antico in Sylloge 2007, p. 193, n. 24 [A. Mastrocinque].<br />

530 Fu r T wä n G l e r 1896, p. 321, tav. 62, n. 8765 (già considerato antico, poi ricondotto alla produzione dei lapislazzuli).<br />

531 FossinG 1929, p. 232, tav. XiX, n. 1724 (età tardoromana).<br />

532 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, pp. 115-116, ii, p. 33, n. 167 (i-ii secolo d.c.).<br />

533 iñ i G u e Z 1989, pp. 64, 66, n. 27 (non datato).<br />

534 AGDS i, 3, p. 57, tav. 221, n. 2445 (ii secolo d.c.), p. 64, tav. 227, n. 2491 (ii-iii secolo d.c.); we b e r 1992, p. 236, n. 361 (XVi<br />

secolo); we b e r 2001, pp. 162-163, n. 311, pp. 183-185, nn. 375, 379-380, p. 223, n. 516 (ultimo quarto del XVi - secondo quarto<br />

del XVii secolo; intorno al 1700).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

111<br />

new York, the Metropolitan Museum of Art 535<br />

san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage 536 (tav.<br />

XlV b; tav. liV c).<br />

ubicazione ignota, già collezione de Wilde 537 (tav.<br />

XlV a)<br />

ubicazione ignota, già collezione pullini, torino 538<br />

ubicazione ignota, già collezione praun, poi Mertensschaaffhausen<br />

539 (tav. XliV h)<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 540<br />

Xanten, collezione privata 541<br />

10.2. Le teste<br />

Assai vasto è l’insieme di intagli costituito da<br />

teste maschili e femminili, di profilo, collocabili<br />

nell’ambito di una produzione ‘all’antica’, classificate<br />

come filosofi, poeti, sovrani/e, a<strong>post</strong>oli … la<br />

serie è numerosissima, con altrettante numerosissime<br />

varianti, sia stilistiche, sia relative ai tratti somatici,<br />

la pettinatura, i baffi e la barba; le teste possono<br />

esser assai vicine al modello classico, tanto da<br />

esser credute antiche, o discostarsene, più o meno<br />

decisamente, trasformandolo, con un effetto complessivo<br />

sempre diverso.<br />

Allo stato attuale degli studi questa serie non<br />

risulta avere connotati ben definiti. infatti in particolare<br />

per questo folto gruppo si rileva una mancanza<br />

di suddivisione.<br />

solo in parte è stata risolta 542 la questione antico/non<br />

antico che, nel caso degli intagli con le teste,<br />

è particolarmente delicata e complicata dalla<br />

dipendenza e dall’imitazione del modello e dai cosidetti<br />

ritratti di ricostruzione: cioè tipi creati e diffusi<br />

in antico spesso difficilmente si distinguono da<br />

riprese ‘moderne’, eseguite in base alla conoscenza<br />

o all’ispirazione dei pezzi antichi. così, per molte<br />

gemme l’analisi stilistica non può fare chiarezza e<br />

resta aperto o dubbio l’inquadramento cronologico.<br />

sembra ora necessario il tentativo di suddivi-<br />

dere gli esemplari, raggruppare quelli simili, individuare<br />

vari insiemi omogenei, dal punto di vista<br />

stilistico e iconografico (a volte i pezzi sono tanto<br />

simili che sembrano davvero incisi ‘da una stessa<br />

mano’), e definirne i caratteri. in questa fase della<br />

ricerca spesso non si riesce a cogliere pienamente il<br />

significato di analogie e differenze e si stenta a stabilire<br />

se esse possano o no esser ricondotte a eventuali<br />

diversi ateliers.<br />

e infatti per quanto riguarda le officine produttrici<br />

di alcuni di questi intagli sembra lasciato<br />

aperto il discorso. le loro strette affinità inducono<br />

a supporre che essi provengano dallo stesso atelier o<br />

comunque da ateliers vicini 543 . ricordiamo che le teste<br />

radiate (filone 10, gruppo A) appartengono alla<br />

produzione dei lapislazzuli e dovrebbero quindi venire<br />

dalle stesse officine. giustamente la zwierleindiehl<br />

544 rileva una somiglianza di stile tra le teste<br />

radiate e le teste di filosofi (filone 12, gruppo A) e<br />

anche alcune teste di sovrani con corona o con la<br />

tenia (filone 11, gruppo B). la studiosa ritiene probabile<br />

vengano dalle stesse o simili officine.<br />

si porrebbe nella stessa ottica la Maaskant-Kleibrink<br />

545 quando, accennando ai molti intagli raffiguranti<br />

teste in questa produzione dei lapislazzuli,<br />

considera insieme le teste radiate (filone 10, gruppo<br />

A) e quelle dei filosofi (filone 12, gruppo A).<br />

tuttavia, come precedentemente specificato, ancora<br />

più complesso che per le figure si rivela il tentativo<br />

di estrapolare dalla cospicua serie degli intagli<br />

con le teste quelli appartenenti alla produzione<br />

in esame. il solito criterio empirico – aver come<br />

filo conduttore il lapislazzuli – è qui particolarmente<br />

limitante e condizionante, poiché numerosissime<br />

sono le attestazioni in corniola.<br />

comunque, si è scelto di presentare alcuni insiemi<br />

più o meno ben definiti, che sembrano inquadrabili<br />

sicuramente nella produzione.<br />

535<br />

ri C h T e r 1920, pp. 190-191, tav. 81, n. 405 (età moderna).<br />

536 Splendeurs 2000, p. 116, n. 111/18 (fine del XVi - inizi del XVii secolo).<br />

537<br />

De wil D e 1703, pp. 155-156, tav. 44, n. 164 = Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, p. 239, fig. 11 (XVi-XVii secolo).<br />

538<br />

Mi C h e l i 1994, p. 117, pp. 173-174, n. 273 (considerato antico dal pullini, moderno dalla Micheli).<br />

539<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1986, p. 156, tav. 61, n. 334; Zw i e r l e i n-Di e h l 1994a, p. 378, n. 202 (i secolo a.c. - i secolo d.c.).<br />

540<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 268, tav. 195, nn. 2603-2604 (XVii secolo; XVii-XViii secolo).<br />

541<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1994, p. 224, tav. 71, n. 367 (XVii secolo [?]).<br />

542 per la discussione sulla collocazione cronologica di questi intagli, cfr. ad es. se n a Chi e s a 1978, pp. 102-103; Ta M M a 1991, p.<br />

79; Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 287-288.<br />

543 la Weiss (we i s s 1996, pp. 165-166) giustamente ritiene vengano da officine simili alcuni degli intagli qui citati.<br />

544<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 248-249, 287-288; Zw i e r l e i n-Di e h l 1993, p. 390.<br />

545 Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1997, p. 237.


112<br />

le classificazioni possono risultare a volte un<br />

po’ fittizie: le analogie, gli scambi, le strette interdipendenze,<br />

la molteplicità di ‘varianti’, fanno sì<br />

che i contorni di alcuni insiemi siano incerti e sfuggenti;<br />

e infatti l’assegnazione di un intaglio all’uno<br />

o all’altro gruppo può anche incontrare difficoltà,<br />

come già sottolineato per gli intagli con le figure.<br />

Fi l o n e n. 10<br />

È un filone cospicuo di intagli, con teste di profilo,<br />

con i lineamenti del viso più o meno semplificati<br />

e marcati, i capelli resi a trattini obliqui, mediante<br />

solchi paralleli più o meno profondi, e cinti<br />

da una corona radiata.<br />

Merita riproporre all’attenzione come le gemme<br />

con questo soggetto venivano spiegate dal gronovius,<br />

un autore in un certo senso rappresentativo<br />

della cultura del tempo. le interpretazioni sono<br />

differenti, anche se gli intagli hanno tutti la stessa<br />

raffigurazione: “Videtur Antiochi evergetae, qui e<br />

sidetes, caput”; “regum externorum vultus radiati<br />

iV radiis; ad quorum tamen alterum accedit Victorinus<br />

junior. An orientis, vel providentiae typos<br />

dicemus? Quales sunt in tristan. i, 464 6 2, 162”;<br />

“caput regis radiatum, altero oculo capti, certe obducti”.<br />

Gruppo A<br />

Questo è il gruppo più consistente e, nonostan-<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

te le leggere molteplici varianti 546 , il più omogeneo<br />

e standardizzato, come iconografia e come stile.<br />

le più numerose sono le teste radiate di profilo,<br />

con i tratti del viso molto schematici e spesso marcati;<br />

il busto, quando presente, è nudo e talvolta è<br />

reso con due-tre grossi incavi tondeggianti. sono<br />

spiegate come teste di reali o di Helios-sole.<br />

più di rado la caratteristica testa radiata è im<strong>post</strong>ata<br />

su un busto, con un panneggio segnato a<br />

grosse pieghe; a volte i capelli, sempre resi a trattini<br />

obliqui paralleli, scendono sulla nuca.<br />

Questi soggetti sono definiti giovani imperatori<br />

o semplicemente armati.<br />

le pietre sono per lo più corniole e lapislazzuli,<br />

seguite a distanza da agate e diaspri verdi.<br />

Attestazioni<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 547 (tav. XlV i)<br />

Ferrara, Museo civico 548<br />

Firenze, Museo degli Argenti 549<br />

torino, Museo civico d’Arte Antica 550<br />

Verona, civici Musei d’Arte 551 (tav. XlV e-h; tav.<br />

liV f, g)<br />

Bonn, rheinisches landesmuseum 552<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 553<br />

colonia, römisch-germanisches Museum 554<br />

Francoforte, Historisches Museum 555<br />

Hyères, Musée 556<br />

londra, British Museum, collezione sloane 557<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 558<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 559<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 560<br />

546 A quanto mi è noto, l’unico intaglio che si distacca fortemente (e che perciò si è preferito non inserire nelle attestazioni)<br />

è costituito da una corniola, non datata, con una testa di profilo, talmente schematica e stilizzata che la corona (?) e la barba<br />

sono rese a tratti: De l buFa l o 2009, p. 18, n. 47/27g (roma, collezione santarelli).<br />

547<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, p. 124, nn. 252-253, p. 155, n. 312 (iii-iV secolo d.c.; età antica?).<br />

548 D’aG o s T i n i 1984, p. 40, n. 59 (iii-iV secolo d.c.).<br />

549<br />

Ge n n a i o l i 2007, p. 377, n. 520, p. 446, n. 716, p. 453, n. 741, p. 501, n. 881 (XVii secolo).<br />

550<br />

bo l l aT i, Messina 2009, pp. 201-202, n. 153 (XVii?-XiX secolo).<br />

551<br />

Ta s s i n a r i 2009, p. 157, tav. XliV, nn. 690-691, tav. XlV, nn. 692-694 (XVi-XVii secolo).<br />

552<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1984, p. 119, tav. 32, n. 133 (non antico? iV secolo d.c.?).<br />

553<br />

Ge s Z T e ly i 2000, pp. 92, 175, n. 335 (XVi-XVii secolo).<br />

554<br />

kr u G 1981, p. 170, tav. 136, n. 4, tav. 137, n. 6 (non antico).<br />

555<br />

Fö r s C h n e r 1984, p. 44, nn. 17-19 (XiX secolo).<br />

556<br />

gui r a u D 1988, p. 92, tav. iV, n. 53 (iii secolo d.c.).<br />

557 inv. sl.A 31, inv. sl.A 47, inv. sl.A 60, inv. sl.A 61, inv. sl.A 77, inv. sl.A 85, inv. sl.A 86, inv. sl.A 156, inv. sl.A 158,<br />

inv. sl.A 173, inv. sl.A 180; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

558<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, pp. 195-197, ii, pp. 87-92, nn. 1-33 (età moderna).<br />

559<br />

we b e r 1992, p. 228, n. 343 (la datazione al ii-iii secolo d.c. è stata corretta dalla Weber (we b e r 2001, p. 185, n. 384) al XVii<br />

secolo; we b e r 2001, pp. 185, 187-189, nn. 384, 390-391, 394-398 (secondo quarto - metà del XVii secolo).<br />

560<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. 88-89, nn. 175, 176 (XVi-XVii secolo). cfr. ibidem, p. x i i, fig. 6, una di queste teste radiate pubblicate<br />

da gronovius.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

113<br />

norimberga, germanisches nationalmuseum 561<br />

poitiers, Musée sainte-croix 562<br />

rennes, Musée des Beaux-Arts 563<br />

san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage 564<br />

tours, Musée des Beaux-Arts 565<br />

ubicazione ignota 566<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum, da Carnuntum 567<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 568<br />

Gruppo B<br />

in alcuni intagli le fattezze dei visi sono più<br />

‘umane’, assomigliando così a vere teste di reali;<br />

di rado sono im<strong>post</strong>ate su un busto panneggiato.<br />

da notare che cambia anche la percentuale delle<br />

pietre e sono assenti i lapislazzuli: sono agate, corniole,<br />

un’ametista e – caso assai raro – un nicolo.<br />

Attestazioni<br />

udine, civici Musei 569 (tav. XlVi a)<br />

Alessandria, Museo 570<br />

Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung 571<br />

Berna, università, Antikensammlung 572<br />

Bonn, rheinisches landesmuseum 573<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum 574 (tav. XlVi b)<br />

Francoforte, Historisches Museum 575<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 576<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 577<br />

parigi, Museo del louvre 578<br />

ubicazione ignota, trovato a chersoneso 579<br />

Fi l o n e n. 11<br />

l’insieme più numeroso è costituito dalle teste<br />

cinte da una corona di lauro o da lunghe tenie o<br />

da nastri.<br />

Gruppo A<br />

le più vicine alle teste radiate sono le teste con<br />

i capelli resi a fitte striature parallele, talvolta dis<strong>post</strong>e<br />

a spina di pesce sulla calotta cranica, raccolti<br />

con lunghe tenie o nastri; ciocche ondulate possono<br />

circondare il viso, sempre sbarbato. i tratti fisionomici,<br />

maschili e femminili, di rado sono regolari,<br />

quasi sempre disorganici e schematici, a volte sommari,<br />

col naso molto pronunciato e grandi labbroni;<br />

il busto può essere tagliato, accennato o terminare<br />

con due-tre strane protuberanze; è nudo, solo<br />

in due casi è indicato il panneggio a grossi e sommari<br />

segmenti.<br />

nell’ambito di una relativa varietà, alcune teste<br />

sono molto simili e quasi uguali.<br />

prevale nettamente la corniola; le altre pietre<br />

sono: lapislazzuli, agate zonate, diaspri, eliotropi,<br />

sardonici.<br />

Attestazioni<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 580<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum 581 (tav. XlVi c)<br />

colonia, römisch-germanisches Museum 582<br />

561<br />

we i s s 1996, p. 165, n. 471 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

562<br />

gui r a u D 1988, p. 92, tav. iV, n. 54 (iii secolo d.c. [?]).<br />

563 Robien 1972, pp. 24-25, n. 24 (iii-iV secolo d.c.).<br />

564 inediti, citati in we b e r 2001, p. 185, n. 384.<br />

565 Collection Signol 1997, p. 22, n. 31 (epoca imperiale?).<br />

566<br />

Gr o n o v i u s 1695, p. 24, n. 214, p. 27, nn. 236, 237, p. 30, n. 275 (XVi-XVii secolo).<br />

567<br />

De M b s k i 2005, p. 123, tav. 70, n. 699 (iii secolo d.c.).<br />

568<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 248-249, tav. 178, n. 2540/17, tav. 179, n. 2540/25; Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 390, fig. 26 (XVi - prima<br />

metà del XVii secolo).<br />

569 inv. n. 755, inv. n. 833, inv. n. 1024; inediti; visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

570<br />

bo u s s a C, sTa r a k i s-ro s C a M 1983, p. 492, n. 102, fig. 101 (iV secolo d.c. o moderno?).<br />

571<br />

Fu r T wä n G l e r 1900, p. 309, tav. lXVii, n. 31 (XVi-XVii secolo).<br />

572 Götter und Heroen 2003, pp. 182-183, n. 640.23 (M. Müller) (ii-iii secolo d.c., antico?).<br />

573<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1984, p. 120, tav. 33, n. 134 (non antico? iV secolo d.c.?).<br />

574<br />

he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, p. 318, n. 665 (1600 circa?).<br />

575<br />

Fö r s C h n e r 1984, p. 55, n. 80 (XiX secolo).<br />

576<br />

we b e r 2001, p. 210, n. 457 (secondo terzo - metà del XVii secolo).<br />

577<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 88, n. 177, p. 93, n. 191 (XVi-XVii secolo).<br />

578<br />

alCouFFe 2001, pp. 398-399, n. 191 (pietra e montatura verso 1640).<br />

579<br />

ki b a lT C h i T C h 1910, p. 44, tav. Vi, n. 190 (età greco-romana).<br />

580<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, p. 126, n. 257 (iii-iV secolo d.c.).<br />

581<br />

he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, p. 287, n. 598 (XVi-XVii secolo).<br />

582<br />

kr u G 1981, p. 170, tav. 136, n. 1 (non antico).


114<br />

debrecen, déri Múzeum 583<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 584<br />

praga, Museo di letteratura ceca 585<br />

siviglia, collezione privata 586<br />

ubicazione ignota, da olbia 587<br />

Gruppo B<br />

Questo insieme è analogo al precedente ma le<br />

fattezze sono meno stilizzate, più umane, a volte<br />

ben delineate, con un effetto finale di buona qualità.<br />

il gruppo è estremamente variato ed eterogeneo.<br />

il volto, maschile, sempre privo di barba, può<br />

presentar lineamenti classici, più o meno dettagliati,<br />

o stilizzati e grossolani, con profilo schematico e<br />

grandi labbroni. i capelli, cinti da una corona d’alloro<br />

o da tenia che termina con nastri talvolta svolazzanti,<br />

sono indicati mediante le solite striature<br />

parallele (ma a volte sono molto più regolari e lisci)<br />

e talora sono lunghi e ricadenti a ciocche sul<br />

collo. il busto è tagliato sotto il collo e non finisce<br />

mai con quelle particolari protuberanze del gruppo<br />

precedente.<br />

Vengono identificate come teste di cesare, di un<br />

imperatore romano, di zeus, di Mercurio, di Apollo.<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

le corniole sono prevalenti; seguono le agate zonate,<br />

i diaspri verdi e rossi, i lapislazzuli, gli eliotropi,<br />

le ametiste, i plasmi.<br />

Attestazioni<br />

Bari, Museo Archeologico 588<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 589<br />

Firenze, Museo degli Argenti 590<br />

la spezia, Museo civico 591<br />

Modena, Musei civici 592 (tav. XlVi g)<br />

roma, collezione privata 593<br />

trieste, civici Musei di storia ed Arte 594<br />

udine, civici Musei 595 (tav. XlVi e, h-i)<br />

Verona, civici Musei d’Arte 596 (tav. XlVi f )<br />

Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung 597<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 598<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum, collezione lewis 599<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum, collezione Wellcome<br />

600<br />

Francoforte, Historisches Museum 601<br />

le Fief-sauvin, la ségourie, collezione privata 602<br />

londra, British Museum, collezione sloane 603<br />

londra, collezione phillips ltd, già collezione Harari<br />

604<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 605<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 606<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 607<br />

norimberga, germanisches nationalmuseum 608<br />

583<br />

Ge s Z T e ly i 1987, pp. 173-174, n. 102 (non antico).<br />

584<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, pp. 197-201, ii, pp. 92-93, 97-101, nn. 34, 40, 60-85 (età moderna).<br />

585<br />

or l i n s k i-ra i D l 2000-2001, pp. 96-97, figg. 1/1, 1/7 (ii secolo d.c.).<br />

586<br />

lo P e Z De la orD e n 1990, p. 137, tav. X, n. 95 (fine i secolo a.c. - 30 d.c.).<br />

587<br />

ki b a lT C h i T C h 1910, p. 43, tav. Vi, nn. 175, 177 (non datati).<br />

588<br />

Ta M M a 1991, pp. 84-85, n. 123 (età antica?).<br />

589<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, p. 125, n. 255 (ii-iii secolo d.c.).<br />

590<br />

Ge n n a i o l i 2007, p. 453, nn. 738-739 (XVii secolo).<br />

591<br />

se n a Chi e s a 1978, pp. 108-109, tav. XVi, n. 111 (fine i secolo a.c. - inizi i secolo d.c.). per una datazione non antica di questo<br />

intaglio e dei nn. 91, 100-102, 107-108, 110, 112-116 (v. oltre), cfr. he n i G 1979, p. 218.<br />

592<br />

Ca s a r o s a Gua D a G n i 1993, pp. 107-108, n. 34 (i-ii secolo d.c.).<br />

593 inedito, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

594<br />

Ci l i b e rTo 2008-2009, p. 132, fig. 2 (non datato).<br />

595 inv. n. 83, inv. n. 688, inv. n. 692, inv. n. 717, inv. n. 718, inv. n. 806, inv. n. 834, inv. n. 856, inv. n. 897, inv. n. 946, inv. n.<br />

985, inv. n. 1038, inv. n. 1044, inv. n. 1109, inv. n. 1115; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

596<br />

Ta s s i n a r i 2009, p. 157, tav. XlV, n. 696 (XVi-XVii secolo).<br />

597<br />

Fu r T wä n G l e r 1896, p. 322, tav. 62, n. 8795 (già considerato antico, poi ricondotto alla produzione dei lapislazzuli).<br />

598<br />

Ge s Z T e ly i 2000, pp. 92, 174, nn. 330, 334 (XVi-XViii secolo).<br />

599<br />

he n i G 1975, p. 79, tav. 22, n. 370 (età moderna).<br />

600<br />

ni C h o l l s 1983, pp. 44-45, n. 201 (XVi-XViii secolo).<br />

601<br />

Fö r s C h n e r 1984, p. 44, n. 16 (non datato).<br />

602<br />

gui r a u D 1988, p. 91, n. 42, fig. 5 (i secolo a.c.).<br />

603 inv. sl.A 152; inedito, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

604<br />

bo a r D M a n, sC a r i s b r i C k 1977, pp. 65-66, n. 151 (XVi secolo).<br />

605<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, pp. 197-199, ii, pp. 93-96, nn. 36-39, 41-57 (età moderna).<br />

606<br />

we b e r 1992, p. 217, nn. 308-310 (ii-iii secolo d.c.); we b e r 2001, p. 186, n. 387 (secondo terzo del XVii secolo).<br />

607<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. 87-89, nn. 172-174, 178 (XVi-XVii secolo).<br />

608<br />

we i s s 1996, p. 166, tav. 64, n. 473 (XVi - prima metà del XVii secolo).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

115<br />

ouveillan, collezione privata 609<br />

parigi, Museo del louvre 610<br />

saint-denis, tesoro 611<br />

tours, Musée des Beaux-Arts 612<br />

ubicazione ignota, già collezione Vimercati sozzi,<br />

Bergamo 613 (tav. XlVi d)<br />

ubicazione ignota, trovati a panticapeo (Kertsch) e a<br />

olbia, ponto eusino 614<br />

Xanten, collezione privata 615<br />

Xanten, regionalmuseum 616<br />

Gruppo C<br />

Questi intagli hanno le stesse caratteristiche<br />

del gruppo precedente, ma sono anche, sebbene<br />

di rado, femminili e soprattutto presentano una<br />

porzione più o meno ampia del busto, nudo, più<br />

spesso armato o con mantello drappeggiato, oppure<br />

indicato in modo sommario a grossi segmenti<br />

orizzontali e/o arrotondati: essi richiamano ritratti<br />

imperiali o di principi.<br />

Vengono definiti come busti di Apollo, di armati,<br />

di cesare, di uno dei dodici cesari, di un imperatore<br />

romano.<br />

le pietre sono varie: corniole, agate, lapislazzuli,<br />

eliotropi.<br />

Attestazioni<br />

Aquileia, Museo nazionale 617<br />

Firenze, Museo degli Argenti 618 (tav. XlVii a)<br />

Modena, Musei civici 619 (tav. XlVii f )<br />

perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria<br />

620 (tav. XlVii e)<br />

roma, collezione santarelli 621<br />

udine, civici Musei 622 (tav. XlVii b-d)<br />

Francoforte, Historisches Museum 623<br />

londra, British Museum 624<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale 625<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 626<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 627<br />

parigi, Museo del louvre 628<br />

tours, Musée des Beaux-Arts 629<br />

ubicazione ignota 630<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 631<br />

Xanten, collezione privata 632<br />

Gruppo D<br />

nonostante le varianti, questo gruppo è così<br />

standardizzato e omogeneo che si può pensare ad<br />

un’unica officina. perciò non si sono operate distinzioni,<br />

come invece in altri gruppi.<br />

si tratta di teste maschili e femminili di profilo,<br />

con barba o senza, il naso pronunciato, le lab-<br />

609<br />

gui r a u D 1988, p. 143, tav. XXXiii, n. 481 (-50 a.c. / +50 d.c.).<br />

610<br />

alCouFFe 2001, pp. 184-186, n. 63, pp. 398-399, n. 191 (XVi secolo; pietra e montatura verso 1640).<br />

611<br />

De Mon T e s q u i o u-Fe Z e n s a C, Ga b o r i T-Ch o P i n 1975, p. 154, n. 29, p. 162, fig. 54 (non datato).<br />

612 Collection Signol 1997, p. 15, n. 4 (epoca imperiale o imitazione moderna?).<br />

613<br />

Ta s s i n a r i c.s. a, n. 383 (XVi-XVii secolo).<br />

614<br />

ki b a lT C h i T C h 1910, p. 43, tav. Vi, nn. 183, 185 (non datati).<br />

615<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1994, p. 230, tav. 74, n. 386 (XVi secolo?).<br />

616<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1987, p. 41, tav. 14, n. 73 (prima metà del i secolo d.c.). per una più corretta datazione al XVi-XVii secolo,<br />

v. nota 110.<br />

617<br />

se n a Chi e s a 1966, p. 323, tav. XlVii, n. 928b (iii o iV secolo d.c.).<br />

618<br />

Ge n n a i o l i 2007, p. 449, n. 723, p. 467, n. 789 (XVii secolo; fine del XVii - inizio del XViii secolo?).<br />

619<br />

Ca s a r o s a Gua D a G n i 1993, pp. 108-109, n. 39 (XViii-XiX secolo).<br />

620<br />

vi T e l l o Z Z i 2010, p. 487, n. 596 (XiX secolo d.c.).<br />

621<br />

De l buFa l o 2009, p. 32, n. 47/104g (non datato).<br />

622 inv. n. 683, inv. n. 684, inv. n. 685, inv. n. 707, inv. n. 763, inv. n. 768, inv. n. 769, inv. n. 799, inv. n. 1046, inv. n. 1050, inv.<br />

n. 1065; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

623<br />

Fö r s C h n e r 1984, p. 44, n. 21 (non datato).<br />

624<br />

he n i G 1978, p. 247, tav. XV, n. 481 (già datato al i secolo a.c. o più tardi). per la correzione della datazione v. nota 111.<br />

625<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, p. 199, ii, p. 96, nn. 58-59 (età moderna).<br />

626<br />

we b e r 2001, pp. 185-186, 209, nn. 381-383, 385, 453 (secondo terzo - seconda metà del XVii secolo).<br />

627<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. 93-94, n. 194 (XViii secolo?).<br />

628<br />

alCouFFe 2001, pp. 421-422, n. 203, primo a sinistra in basso (pietra e montatura verso 1655-1660).<br />

629 Collection Signol 1997, p. 69, n. 197 (età moderna).<br />

630<br />

Gr o n o v i u s 1695, p. 53, n. 607 (XVi-XVii secolo).<br />

631<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 248-249, tav. 178, n. 2540/23, tav. 179, n. 2540/28 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

632<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1994, pp. 229-230, tav. 74, n. 383 (XViii secolo).


116<br />

bra sproporzionate, espresse con grosse linee, il collo<br />

robusto, che prosegue nell’accenno del busto, a<br />

volte panneggiato; i capelli resi a solchi paralleli,<br />

spessi o radi, possono esser cinti da una tenia, terminare<br />

in una crocchia in alto, in una coda o in<br />

una treccia sulla nuca; a volte la testa è coperta da<br />

un elmo, spesso con lungo lophos; di rado c’è una<br />

spada nel campo.<br />

la pietra è la corniola.<br />

Attestazioni<br />

Bari, Museo Archeologico 633 (tav. XlVii g)<br />

la spezia, Museo civico 634<br />

udine, civici Musei 635 (tav. XlVii h)<br />

Bucarest, gabinetto numismatico dell’Accademia<br />

rumena 636<br />

londra, Freud-Museum, collezione Freud 637<br />

ubicazione ignota, da olbia 638<br />

Gruppo E<br />

le teste di questo gruppo, sempre maschili e di<br />

rado con la barba, hanno i capelli resi a striature<br />

parallele, cinti sia da una corona radiata stilizzata<br />

sia da una tenia con le estremità svolazzanti. i lineamenti<br />

sono piuttosto regolari o stilizzati e sommariamente<br />

trattati; il busto è tagliato sotto il collo,<br />

più di rado panneggiato.<br />

le pietre sono la corniola (prevalente), l’agata,<br />

l’onice e il diaspro.<br />

Attestazioni<br />

Firenze, Biblioteca Marucelliana 639<br />

Modena, Musei civici 640 (tav. XlVii i)<br />

udine, civici Musei 641<br />

Autun, Musée rolin 642<br />

Bucarest, gabinetto numismatico dell’Accademia<br />

ru mena 643<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

Monaco, staatliche Münzsammlung 644<br />

Xanten, collezione privata 645<br />

Fi l o n e n. 12<br />

Questo insieme risulta numeroso e piuttosto caratterizzato,<br />

dal punto di vista iconografico e stilistico,<br />

per la peculiare resa della pettinatura e dei<br />

lineamenti fisionomici. le variazioni dallo schema<br />

compositivo e stilistico sono molteplici, ma circoscritte<br />

entro margini tali da poter riunire gli intagli<br />

in un solo filone.<br />

Gruppo A<br />

le teste, sempre maschili, generalmente hanno<br />

il profilo a tratti marcati, il naso evidenziato, le labbra<br />

più o meno pronunciate; i capelli, spesso cinti<br />

da una corona d’alloro, un diadema, una benda<br />

o una tenia, con nastri pendenti o fluttuanti, sono<br />

espressi con sottili linee parallele (assai di rado anche<br />

concentriche), lisci sulla calotta cranica e a ciocche,<br />

piatte o rilevate, dalle tempie alla nuca; oppure<br />

la testa è quasi calva, con pochi capelli resi mediante<br />

file di segmenti, formanti una corona dalle tempie<br />

alla nuca; la barba e i baffi (spesso presenti)<br />

sono resi a fitti trattini paralleli, o la barba è folta, di<br />

solito costituita da due o più ordini di ricci, talvolta<br />

termina con uno strano pizzetto o con una ciocca<br />

scom<strong>post</strong>a; il busto è tagliato alla fine del collo<br />

o è accennato o ne è data un’ampia porzione, dove<br />

spesso è indicato il panneggio della veste o il mantello,<br />

a volte reso con un ampio sinus.<br />

gli intagli di questo insieme sono interpretati<br />

come teste di filosofi (a volte con una ulteriore specificazione<br />

di ‘socrate’ poiché lo si considera un<br />

633<br />

Ta M M a 1991, pp. 85-90, nn. 125-140, 142-156 (età antica?).<br />

634<br />

Fo r M e n T i n i 1975, p. 71 (età romana).<br />

635 inv. n. 789, inv. n. 954, inv. n. 1083, inv. n. 1087, inv. n. 1105, inv. n. 1116, inv. n. 1118; inediti, visione autoptica (XVi-XVii<br />

secolo).<br />

636<br />

Gr a M aT o P o l 1974, p. 72, tav. XXi, n. 430 (età antica).<br />

637<br />

we i s s 2011, pp. 80-81, figg. 12-13, p. 112, nn. 42-43 (XVi-XViii secolo)<br />

638<br />

ki b a lT C h i T C h 1910, p. 43, tav. Vi, n. 179 (non datato).<br />

639<br />

Go r i ectypa, tav. Vi, n. 46 (impronta di ceralacca inedita; visione autoptica) (XVi-XVii secolo).<br />

640<br />

Ca s a r o s a Gua D a G n i 1993, p. 108, n. 37 (XViii secolo).<br />

641<br />

an C e s C h i 2006, pp. 119-120, figg. 14-15 (XVii-XViii secolo?); inv. n. 808, inv. n. 1092; inediti, visione autoptica (XVi-XVii<br />

secolo).<br />

642<br />

gui r a u D 1988, p. 144, tav. XXXiii, n. 490 (età antica?).<br />

643<br />

Gr a M aT o P o l 1974, p. 71, tav. XX, nn. 415-416 (età antica). V. anche kr u G 1976, p. 483.<br />

644<br />

we b e r 2001, p. 216, nn. 486-487 (tardo XVii secolo).<br />

645<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1994, p. 232, tav. 76, n. 391 (XVii-XViii secolo?).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

117<br />

tipo ispirato ai ritratti del filosofo), di a<strong>post</strong>oli (in<br />

particolare pietro e paolo), in rarissimi casi come<br />

imperatori, re o zeus.<br />

la pietra impiegata risulta in prevalenza assoluta<br />

la corniola; rari sono l’agata zonata, il diaspro,<br />

l’eliotropio.<br />

Attestazioni<br />

Adria, Museo nazionale 646<br />

Aquileia, Museo nazionale 647<br />

Bari, Museo Archeologico 648<br />

Bologna, Museo civico Archeologico 649<br />

como, Museo civico Archeologico “giovio” 650 (tav.<br />

XlViii c)<br />

Firenze, Biblioteca Marucelliana 651<br />

la spezia, Museo civico 652<br />

Milano, basilica di sant’Ambrogio, Altare d’oro 653<br />

Modena, Musei civici 654 (tav. XlViii d)<br />

perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria<br />

655 (tav. XlViii f, g)<br />

roma, collezione santarelli 656<br />

roma, collezione privata 657<br />

roma, Museo nazionale romano 658<br />

torino, Museo civico d’Arte Antica 659<br />

udine, civici Musei 660 (tav. XlViii e, h)<br />

Venezia, Museo Archeologico nazionale 661<br />

Verona, civici Musei d’Arte 662 (tav. XlViii a, b)<br />

Bucarest, gabinetto numismatico dell’Accademia<br />

rumena 663<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum 664 (tav. XlViii i;<br />

tav. XliX a-b)<br />

collezione privata 665<br />

colonia, duomo, Altare dei tre re magi 666<br />

colonia, römisch-germanisches Museum 667<br />

exeter, royal Albert Memorial Museum 668<br />

londra, British Museum, collezione sloane 669<br />

londra, mercato antiquario 670<br />

lubiana, Museo nazionale di slovenia 671<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 672<br />

norimberga, germanisches nationalmuseum 673<br />

saarbrücken 674<br />

spalato, Museo Archeologico 675<br />

tarragona, Museo nazionale Archelogico 676<br />

tours, Musée des Beaux-Arts 677<br />

646 inv. 21185. inedito, cit. in we i s s 1996, p. 166, n. 472.<br />

647 inv. 47878. inedito, cit. in se n a Chi e s a 1978, p. 103.<br />

648<br />

Ta M M a 1991, pp. 78-82, 99-101, nn. 101-103, 105-114 (età antica?), nn. 198, 200-201, 203 (età moderna).<br />

649<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, p. 66, nn. 71-72 (seconda metà e fine del i secolo a.c.), p. 168, n. 345 (età moderna).<br />

650<br />

Ta s s i n a r i 2010b, pp. 171-173, fig. 15; d3075 (inedito, visione autoptica) (XVi-XVii secolo).<br />

651<br />

Go r i ectypa, tav. XV (impronte di ceralacca inedite; visione autoptica) (XVi-XVii secolo).<br />

652<br />

se n a Chi e s a 1978, p. 96, tav. XiV, n. 91 (ii secolo d.c.), pp. 101-103, tav. XV, nn. 100-102 (metà e seconda metà del i secolo<br />

a.c.).<br />

653<br />

Ga G e T T i 2002, pp. 78-79, 83, nn. 7, 11; Ga G e T T i 2002b, pp. 29-30, figg. 4-5, nn. 9, 13 (XVii - prima parte del XiX secolo).<br />

654<br />

Ca s a r o s a Gua D a G n i 1993, p. 107, n. 31 (i secolo a.c.).<br />

655<br />

vi T e l l o Z Z i 2010, pp. 482-483, nn. 588-589 (XVi-XVii secolo d.c.).<br />

656<br />

De l buFa l o 2009, p. 33, n. 47/26g (non datato).<br />

657 inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

658 inv. 126316. inedito, cit. in se n a Chi e s a 1978, p. 103.<br />

659<br />

bo l l aT i, Messina 2009, pp. 209-211, nn. 168, 171, pp. 227-228, n. 203 (XViii-XiX secolo).<br />

660<br />

an C e s C h i 2006, pp. 120-121, fig. 16. inv. n. 720, inv. n. 756, inv. n. 767, inv. n. 798, inv. n. 812, inv. n. 944, inv. n. 1017, inv.<br />

n. 1078, inv. n. 1081, inv. n. 1088; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

661<br />

De Pao l i 2003 (XViii secolo?).<br />

662<br />

Ta s s i n a r i 2009, p. 157, tav. XlV, nn. 699-700 (XVi-XVii secolo).<br />

663<br />

Gr a M aT o P o l 1974, p. 71, tav. XX, nn. 409, 413 (età antica).<br />

664<br />

he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, p. 286, n. 597, pp. 297-298, n. 626 (XVii-XViii secolo).<br />

665<br />

Ma r T i n, hö h n e 2005, pp. 89-90, n. 139 (XViii-XiX secolo).<br />

666<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1998, pp. 381-382, nn. 294-295 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

667<br />

kr u G 1981, p. 170, tav. 136, n. 2 (non antico).<br />

668<br />

ho e y MiD D l e T o n 1998, p. 104, n. 84 (XVi-XViii secolo?).<br />

669 inv. sl.A 153, inv. sl.A 154, inv. sl.A 159, inv. sl.A 175, inv. sl.A 176; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

670 inediti; visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

671<br />

ne s T o r o v i Č 2005, pp. 37-38, tavv. 8, 15, n. 82 (probabilmente XVi-XVii secolo).<br />

672<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, pp. 94-96, nn. 198, 203 (XVi-XViii secolo).<br />

673<br />

we i s s 1996, pp. 165-166, tav. 64, n. 472 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

674<br />

he n k e l 1913, p. 125, n. 1360, tav. lXXVi, n. 222, tav. lii, n. 1360a (non datato).<br />

675 Antički Portret 1987, p. 189, n. 130 (ii secolo d.c.).<br />

676<br />

re C o M a i val l h o r aT 1982, pp. 38-39, n. 9 (ii-iii secolo d.c.).<br />

677 Collection Signol 1997, p. 16, n. 5, p. 63, n. 175 (epoca imperiale o imitazione moderna?).


118<br />

ubicazione ignota, già collezione Vimercati sozzi,<br />

Bergamo 678<br />

ubicazione ignota 679<br />

ubicazione ignota 680<br />

ubicazione ignota, acquistato a Kichinev 681<br />

Valencia, università 682<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum 683<br />

Xanten, collezione privata 684<br />

zagabria, Museo Archeologico 685<br />

Gruppo B<br />

Questo gruppo è variato. si tratta di teste con<br />

capelli, spesso cinti da tenia e in un caso raccolti in<br />

un ciuffo sulla sommità del capo, a linee parallele<br />

sulla nuca, di solito lunghi e fluenti, talvolta scompigliati,<br />

così come la barba. Quando il modellato è<br />

più regolare questi intagli sono assai vicini ai busti<br />

‘classicistici’ (filone 13).<br />

le teste di questo gruppo non sono identificate<br />

o ipoteticamente considerate come omero, giove,<br />

a<strong>post</strong>olo, barbaro.<br />

le pietre sono corniole, agate e lapislazzuli.<br />

Attestazioni<br />

Verona, civici Musei d’Arte 686 (tav. XliX c)<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum 687 (tav. XliX d)<br />

colonia, duomo, Altare dei tre re magi 688<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

colonia, römisch-germanisches Museum 689<br />

Karlsruhe, Badisches landesmuseum 690<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 691<br />

tours, Musée des Beaux-Arts 692<br />

zagabria, Museo Archeologico 693<br />

Gruppo C<br />

<strong>Alcune</strong> teste per lo più giovanili – maschili e<br />

femminili – presentano la tipica pettinatura a sottili<br />

linee parallele cinta da una tenia e il profilo più<br />

o meno schematico, ma non la barba che invece figura<br />

sempre nei gruppi precedenti.<br />

gli intagli non sono assolutamente uniformi: variano<br />

i lineamenti, i capelli, talvolta lunghi, e il busto,<br />

nudo, in qualche caso panneggiato.<br />

le pietre sono corniole, agate e diaspri.<br />

Attestazioni<br />

Bari, Museo Archeologico 694<br />

como, Museo civico Archeologico “giovio” 695 (tav.<br />

XliX e; tav. l c)<br />

la spezia, Museo civico 696<br />

udine, civici Musei 697 (tav. l a, d, e)<br />

Verona, civici Musei d’Arte 698 (tav. l b)<br />

Bonn, rheinisches landesmuseum 699<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 700<br />

nimega, provinciaal Museum g. M. Kam 701<br />

tours, Musée des Beaux-Arts 702<br />

678<br />

Ta s s i n a r i c.s.a, nn. 371, 381-382 (XVi-XVii secolo).<br />

679<br />

sT e r n b e r G 1988, p. 110, tav. XXXViii, n. 772 (primi del XViii secolo).<br />

680 Camées-Scarabées 1926, p. 22, tav. iX, n. 303, p. 23, tav. X, n. 325 (XViii secolo).<br />

681<br />

ki b a lT C h i T C h 1910, p. 47, tav. Vii, n. 235 (non datato).<br />

682<br />

al Fa r o Gin e r 1996, pp. 44-45, tav. ii, n. 8 (i secolo a.c.?).<br />

683<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 287-288, tav. 208, nn. 2694-2695 (= Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, pp. 390-391, figg. 27-28) (XVi - prima<br />

metà del XVii secolo).<br />

684<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1994, pp. 231-232, tav. 75, n. 389 (XVi - prima metà del XVii secolo).<br />

685 Antički Portret 1987, p. 190, n. 131; Arte e cultura 1993, p. 167, n. 240 (A. re n D i Ć -Mi o Č e v i Ć ) (ii secolo d.c.).<br />

686<br />

Ta s s i n a r i 2009, p. 157, tav. XlV, n. 697 (XVi-XVii secolo).<br />

687<br />

he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, p. 317, n. 661 (XViii secolo).<br />

688<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1998, p. 383, n. 296 (XViii secolo).<br />

689<br />

kr u G 1981, p. 209, tav. 94, n. 189 (i secolo d.c.).<br />

690 Antike Gemmen 1968, pp. 77-78, n. 4, fig. 7 (età antica).<br />

691<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 94, nn. 196-197 (XVii-XViii secolo?; XVi o XViii secolo?).<br />

692 Collection Signol 1997, p. 63, n. 174 (non datato).<br />

693 Arte e cultura 1993, p. 161, n. 216 (d. nemeth-ejrlich) (i secolo d.c.).<br />

694<br />

Ta M M a 1991, p. 84, nn. 121-122 (età antica?).<br />

695<br />

Ta s s i n a r i 2010b, pp. 171-173, fig. 13, fig. 14 (XVi-XVii secolo).<br />

696<br />

se n a Chi e s a 1978, pp. 109-110, tav. XVi, n. 113 (fine del i secolo a.c.).<br />

697 inv. n. 864, inv. n. 879, inv. n. 1036, inv. n. 1040, inv. n. 1047; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

698<br />

Ta s s i n a r i 2009, p. 157, tav. XlV, n. 698 (XVi-XVii secolo).<br />

699<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1984, p. 119, tav. 32, n. 132 (non antico?).<br />

700<br />

Ge s Z T e ly i 2000, pp. 92, 174, n. 332 (XVi-XViii secolo).<br />

701<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 93, n. 192 (XVi secolo?).<br />

702 Collection Signol 1997, p. 43, n. 107 (epoca imperiale o imitazione moderna?).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

119<br />

ubicazione ignota, già collezione Vimercati sozzi,<br />

Bergamo 703<br />

ubicazione ignota, acquistato a Kertch 704<br />

Vienne, Musée des Beaux-Arts 705<br />

Xanten, collezione privata 706<br />

zagabria, Museo Archeologico 707<br />

Gruppo D<br />

Questi intagli presentano teste, maschili e femminili,<br />

che indossano un copricapo o un elmo, solcato<br />

da linee, a volte concentriche; talvolta fuoriescono<br />

dall’elmo nastri, pendenti o svolazzanti. i<br />

lineamenti possono esser regolari o schematici e<br />

marcati, con o senza baffi e barba, i capelli, a volte<br />

lunghi, sono resi a ciocche o a tratti paralleli, anche<br />

grossi e rilevati, il busto è tagliato o panneggiato.<br />

Alcuni intagli sono identificati come Ares/Marte<br />

e Atena/roma.<br />

le pietre sono corniole e lapislazzuli; più di<br />

rado agate zonate e ametiste.<br />

Attestazioni<br />

Bari, Museo Archeologico 708<br />

la spezia, Museo civico 709<br />

Modena, Musei civici 710 (tav. l f )<br />

padova, Museo di Mineralogia dell’università 711<br />

perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria<br />

712 (tav. li c)<br />

udine, civici Musei 713 (tav. l g, h)<br />

Verona, civici Musei d’Arte 714 (tav. li a-b; tav. liV<br />

h, i).<br />

Autun, Musée rolin 715<br />

Bucarest, gabinetto numismatico dell’Accademia<br />

rumena 716<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico 717 (tav. li d)<br />

cambridge, Fitzwilliam Museum 718 (tav. li e)<br />

exeter, royal Albert Memorial Museum 719<br />

ubicazione ignota, già collezione pullini, torino 720<br />

ubicazione ignota, già collezione Vimercati sozzi,<br />

Bergamo 721<br />

ubicazione ignota 722<br />

ubicazione ignota 723<br />

ubicazione ignota 724<br />

Fi l o n e n. 13<br />

sono pochissimi gli intagli in lapislazzuli che<br />

raffigurano teste, da inserire nel filone qui definito<br />

‘classicistico’, ‘antichizzante’, cioè che riprende fedelmente<br />

i modelli antichi o vi si attiene.<br />

si tratta di: un busto di giovane panneggiato,<br />

al British Museum 725 ; due teste femminili di profilo<br />

con i capelli raccolti, a Bologna, Museo civico<br />

Archeologico 726 , e a nimega, provinciaal Museum<br />

g. M. Kam 727 ; ercole barbato (o commodo)<br />

con la leontea, inciso sul retro con uno scarabeo e<br />

la formula ABrAXAs, nella collezione devonshire,<br />

703<br />

Ta s s i n a r i c.s.a, n. 384 (XVi-XVii secolo).<br />

704<br />

ki b a lT C h i T C h 1910, p. 45, tav. Vi, n. 206 (età antica).<br />

705<br />

gui r a u D 1988, p. 145, tav. XXXiV, n. 501 (iii-iV secolo d.c.).<br />

706<br />

Pl a T Z -ho r s T e r 1994, p. 233, tav. 76, nn. 392-393 (XVi-XVii secolo?).<br />

707 Antički Portret 1987, p. 189, n. 128; Arte e cultura 1993, p. 167, n. 241 (A. re n D i Ć -Mi o Č e v i Ć ) (ii secolo d.c.).<br />

708<br />

Ta M M a 1991, p. 77, nn. 95-96, p. 80, n. 104, pp. 83-84, n. 119, p. 88, n. 141 (età antica?).<br />

709<br />

se n a Chi e s a 1978, p. 110, tav. XVi, n. 114, tav. XVii, n. 115 (fine del i secolo a.c.).<br />

710<br />

Ca s a r o s a Gua D a G n i 1993, p. 107, n. 32 (XViii secolo).<br />

711<br />

Za n e T T i n 2003, p. 99, fig. 15, in alto a sinistra (non datato).<br />

712<br />

vi T e l l o Z Z i 2010, p. 484, n. 591 (XVi-XVii secolo d.c.).<br />

713 inv. n. 694, inv. n. 842, inv. n. 859, inv. n. 1018, inv. n. 1058; inediti, visione autoptica (XVi-XVii secolo).<br />

714<br />

Ta s s i n a r i 2009, p. 157, tav. XlV, n. 695 (XVi-XVii secolo).<br />

715<br />

gui r a u D 1988, p. 144, tav. XXXiV, n. 492 (non datato).<br />

716<br />

Gr a M aT o P o l 1974, p. 66, tav. XVii, n. 350 (sul retro iscrizione), p. 72, tav. XXi, n. 430 (età antica).<br />

717<br />

Ge s Z T e ly i 2000, pp. 91, 174, nn. 328-329 (XVi-XViii secolo).<br />

718<br />

he n i G, sC a r i s b r i C k, whiTinG 1994, pp. 335-336, n. 704 (XVii-XViii secolo).<br />

719<br />

ho e y MiD D l e T o n 1998, p. 105, n. 85 (XViii secolo?).<br />

720<br />

Pa l M a ven e T u C C i 1994, p. 26, figg. 16-17; Mi C h e l i 1994, p. 119 (considerato antico dal pullini, moderno dalla Micheli).<br />

721<br />

Ta s s i n a r i c.s.a, n. 496 (XVi-XVii secolo).<br />

722<br />

Gr o n o v i u s 1695, p. 56, n. 651 (XVi-XVii secolo).<br />

723<br />

ki b a lT C h i T C h 1910, p. 66, tav. XiX, n. 509 (età moderna).<br />

724 Camées-Scarabées 1926, p. 21, tav. Viii, n. 286 (età moderna).<br />

725<br />

Da lT o n 1915, p. 156, tav. XXXVi, n. 1091 (XVi secolo).<br />

726<br />

Ma n D r i o l i biZ Z a r r i 1987, p. 126, n. 259 (iii-iV secolo d.c.).<br />

727<br />

Ma a s k a n T-kl e i b r i n k 1986, p. 89, n. 179 (XVi-XVii secolo).


120<br />

a chatsworth 728 ; un busto coperto da elmo, da cui<br />

fuoriescono i lunghi capelli, con una maschera sulla<br />

visiera (Minerva? Alessandro Magno?), dalla collezione<br />

stosch, ora ai Musei di Berlino 729 ; un busto<br />

di Atena elmata a rennes, Musée des Beaux-Arts 730 .<br />

A Firenze, al Museo degli Argenti, sono conservati<br />

un intaglio con una figura femminile effigiata<br />

a metà, la cornucopia tra le mani e il chitone allacciato<br />

sulla spalla, variamente interpretata come<br />

baccante, cerere, personificazione dell’Abbondanza<br />

731 , e un altro busto panneggiato, di profilo, di<br />

baccante, con corona di foglie tra i lunghi capelli 732<br />

(tav. li f ). nonostante l’identificazione non compaia<br />

nella scheda relativa, si può affermare che la<br />

seconda gemma è uno di quegli intagli dell’Agostini<br />

733 , già appartenente alla sua raccolta, quindi<br />

passato in quella granducale.<br />

invece non figura nelle pubblicazioni delle collezioni<br />

medicee un altro intaglio edito dall’Agostini 734<br />

e poi dal Maffei (tav. li g) 735 che merita un’attenzione<br />

particolare: due teste affrontate, identificate e<br />

commentate come germanico e Agrippina, simbolo<br />

dell’amore coniugale tenace, una coppia d’eroi,<br />

unita da egual valore e dalla fine infelice, bersaglio<br />

della tirannide. le due teste sono copiate da una<br />

moneta – un aureo dell’ottobre-dicembre 54 d.c. –<br />

con nerone e sua madre iulia Agrippina 736 . Ma nerone<br />

certo ha brutta fama; perciò si è scelto di definirlo<br />

germanico, aggiungendogli la barba, per dar<br />

l’idea di ‘anzianità’.<br />

non è chiaro il rapporto tra questo intaglio e<br />

un altro pezzo, già della collezione stosch, descritto<br />

dal Winckelmann, come un intaglio in lapislazzuli<br />

con due teste, di nerone giovane e della madre<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

Agrippina 737 e dal Furtwängler come una pasta vitrea<br />

blu con due punti d’oro, imitante il lapislazzuli,<br />

con una testa di un romano non barbato di fronte<br />

ad una testa femminile con pettinatura all’Agrippina<br />

738 .<br />

10.2.1. Gli altri intagli con teste<br />

sono stati qui riuniti quegli intagli che presentano<br />

caratteristiche tali da non poter esser inseriti<br />

in nessun gruppo, ma che tuttavia, in alcuni casi,<br />

condividono elementi dei filoni n. 11 e n. 12.<br />

un gruppo esiguo di intagli con teste femminili<br />

e maschili, imberbi, presenta una pettinatura<br />

variata, ma sempre resa con le solite striature più<br />

o meno evidenti e grosse, senza corona, né tenia;<br />

i profili sono più o meno schematici e marcati, di<br />

solito il busto è tagliato, in qualche caso è loricato.<br />

le pietre sono: corniola, lapislazzuli, agata, eliotropio,<br />

plasma. sono attestati a Ferrara, Museo civico<br />

739 , a roma, collezione santarelli 740 , a Madrid,<br />

Museo Archeologico nazionale 741 e a Monaco, staatliche<br />

Münzsammlung 742 .<br />

un rendimento a linee parallele e incrociate caratterizza<br />

un intaglio in lapislazzuli, con un busto<br />

maschile di tre quarti con i capelli pettinati all’indietro,<br />

la barba a pizzetto, il vestito guarnito di<br />

pelliccia (Monaco, staatliche Münzsammlung). la<br />

Weber ipotizza sia il ritratto del re carlo i di inghilterra<br />

e lo data al secondo quarto del XVii secolo<br />

743 .<br />

la stessa resa a linee grosse e rilevate si riscontra<br />

nella barba, capelli, cresta dell’elmo e panneggio<br />

728 sC a r i s b r i C k 1979, fig. 4; sC a r i s b r i C k 1986, p. 251, n. 79 (dato al rinascimento).<br />

729 Fu r T wä n G l e r 1896, p. 325, tav. 63, n. 8903 (XVi-XVii secolo).<br />

730 Robien 1972, pp. 43-44, n. 24 (non antico).<br />

731 Ge n n a i o l i 2007, p. 387, n. 550 (XVii secolo).<br />

732 Ge n n a i o l i 2007, p. 391, n. 562 (XVii-XViii secolo).<br />

733 aG o s T i n i 1686, vol. i, p. 32, n. 32.<br />

734 aG o s T i n i 1686, vol. i, p. 44, n. 81.<br />

735 MaFFei 1707-1709, vol. i, p. 26, n. 20.<br />

736 su T h e r l a n D 1984, i, p. 150, n. 1.<br />

737 wi n C k e l M a n n 1760, iV, p. 444, n. 240.<br />

738 Fu r T wä n G l e r 1896, p. 142, tav. 26, n. 3187.<br />

739 D’aG o s T i n i 1984, p. 40, n. 58 (iii-iV secolo d.c.).<br />

740 De l bu Fa l o 2009, p. 19, n. 47/86g (non datato).<br />

741 Ca s a l Ga r C í a 1990, i, pp. 201-202, ii, pp. 101-103, nn. 86-96 (età moderna).<br />

742 we b e r 1992, p. 229, n. 344 (ii-iii secolo d.c.); we b e r 2001, p. 187, nn. 392-393 (prima metà - secondo quarto del XVii seco-<br />

lo).<br />

743 we b e r 2001, pp. 31, 34, 186, n. 388.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

121<br />

in un busto di armato, dal profilo regolare, identificato<br />

con Ares, di un intaglio in lapislazzuli, ascritto<br />

a epoca moderna, in una collezione privata 744 .<br />

due intagli quasi uguali, uno in agata, l’altro in<br />

lapislazzuli (moderni; Madrid, Museo Archeologico<br />

nazionale), recano un busto di armato di profilo,<br />

senza barba, a tratti pronunciati, uno strano elmo<br />

dal pennacchio reso come una fronda d’albero, la<br />

corazza a linee grosse (tav. lii a) 745 .<br />

singolare l’intaglio in diaspro variegato (new<br />

York, the Metropolitan Museum of Art) 746 con due<br />

teste barbate unite, di profilo, una a sinistra, l’altra<br />

a destra, im<strong>post</strong>ate su un solo busto togato; il profilo<br />

è regolare ma i capelli e la barba sono resi con le<br />

solite linee parallele e fitte. uno zolfo di questo intaglio,<br />

già nella collezione stosch, poi in quella del<br />

tassie, è spiegato come giano (tav. lii b) 747 .<br />

11. Gli intagli di soggetto cristiano<br />

sono pochi gli intagli cristiani sicuramente attribuibili<br />

alla produzione in lapislazzuli.<br />

pressoché identici sono gli intagli con la Madonna<br />

stante con in braccio gesù bambino benedicente:<br />

due intagli in lapislazzuli, uno a Firenze,<br />

Museo degli Argenti (seconda metà del XVi secolo)<br />

748 , l’altro a Monaco, staatliche Münzsammlung<br />

(ultimo quarto del XVi o primo quarto del XVii secolo)<br />

749 (tav. lii c), e uno in diaspro verde a Madrid<br />

(Museo Archeologico nazionale) 750 che la casal<br />

garcia situa non prima del XVii secolo e ritiene<br />

giustamente opera dello stesso incisore di un intaglio<br />

in corniola con s. Francesco che riceve le stig-<br />

mate 751 . Ad essi assai probabilmente se ne può aggiungere<br />

un altro in lapislazzuli 752 .<br />

del tutto simile alla Madonna è un intaglio in<br />

corniola con s. Andrea (seconda metà del XVi - prima<br />

metà del XVii secolo; Vienna, Kunsthistorisches<br />

Museum) 753 (tav. lii d).<br />

tutti questi intagli sono inseribili nel filone n.<br />

2.<br />

ricordiamo un intaglio in agata con la crocefissione,<br />

ascritto al XVii secolo 754 , affine al gruppo<br />

F del filone n. 1, e quegli intagli con raffigurazioni<br />

cristiane, del XVi-XVii secolo, stilisticamente simili<br />

al filone n. 3.<br />

non rientrano in nessuno dei filoni individuati<br />

altri esemplari in lapislazzuli: un intaglio con una<br />

figura maschile in tunica corta che minaccia con il<br />

sacro labaro un serpente antropomorfico, che alza<br />

le braccia in gesto di sottomissione, dalla collezione<br />

lewis, al Fitzwilliam Museum di cambridge,<br />

datato al iV secolo d.c. 755 o al XiX secolo 756 , un altro<br />

intaglio non antico, acquistato insieme al precedente,<br />

nella stessa collezione lewis, ma ora non<br />

più a cambridge, con una figura inginocchiata che<br />

alza una croce e alcune scritte 757 ; un rilievo rettangolare<br />

con cristo in trono in maestà, con il vangelo<br />

e ai lati della testa le lettere greche ic Xc (Xi-Xiii<br />

secolo; collezione guy ladrière) 758 ; un’altra placca<br />

non antica in rilievo con il monogramma di cristo<br />

e pesci (new York, the Metropolitan Museum of<br />

Art) 759 ; il cosiddetto ‘phocas’, il busto di fronte di<br />

un imperatore barbato e coronato, con una mano<br />

alzata a reggere un globo con una croce, classificato<br />

come un ritratto moderno copiato dalle monete,<br />

già nella collezione Montigny 760 ; un intaglio con il<br />

744<br />

he n i G, whiTinG 1987, p. 43, n. 472.<br />

745<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, p. 203, ii, p. 107, nn. 107-108.<br />

746<br />

ri C h T e r 1920, p. 184, tav. 80, n. 388 (iii secolo d.c.).<br />

747<br />

ra s P e 1791, p. 78, n. 773.<br />

748<br />

Ge n n a i o l i 2007, pp. 480-481, n. 834. sull’altro lato di questo intaglio è incisa una crocefissione.<br />

749<br />

we b e r 2001, p. 163, n. 312.<br />

750<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, pp. 74, 210, ii, p. 124, n. 200.<br />

751<br />

Ca s a l Gar C í a 1990, i, pp. 74, 210, ii, p. 124, n. 201.<br />

752<br />

Gr o n o v i u s 1695, p. 49, n. 547.<br />

753<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l 1991, p. 287, tav. 208, n. 2690 = Zw i e r l e i n-Di e h l 1993, pp. 392-393, fig. 33.<br />

754 san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage: ka G a n 1996, p. 79, fig. 66, p. 190, n. 107.<br />

755<br />

he n i G 1975, p. 39, tav. 9, n. 141.<br />

756<br />

sP i e r, vassilika 1995, p. 91, fig. 7.<br />

757<br />

sP i e r 2007, p. 179, tav. 134, X 96.<br />

758 The Art of Gem 2008, pp. 175, 348-349, n. 201.<br />

759<br />

sP i e r 2007, p. 182, tav. 136, X 141.<br />

760<br />

sP i e r 2007, p. 173, tav. 130, X 23.


122<br />

monogramma del nome di gesù con sopra la croce<br />

e sotto tre chiodi della crocefissione (problematico<br />

o non antico; Museo civico di Ferrara) 761 .<br />

12. Gli intagli in lapislazzuli di età ‘antica’<br />

si è già sottolineato come non è assolutamente<br />

agevole, quando proprio nulla depone a favore<br />

della non antichità, distinguere gli intagli in lapislazzuli<br />

di età romana. il problema è più spinoso e<br />

complicato da affrontare di quanto possa sembrare.<br />

infatti non è corretto stabilire una correlazione<br />

diretta lapislazzuli – produzione di massa/moderna,<br />

né giudicare tutte erronee le datazioni antiche<br />

e ascrivere le attestazioni appunto a questa produzione<br />

e al XVi-XVii secolo. perciò appare veramente<br />

arbitrario assegnare tutti gli intagli in lapislazzuli<br />

alla produzione in esame.<br />

innanzi tutto ricordiamo che intagli in lapislazzuli<br />

– senza dubbio pochissimi, ma questa è la sorte<br />

comune a tutta la glittica – sono stati ritrovati in<br />

contesti da scavo, antichi 762 .<br />

inoltre teniamo presente tutto quanto sopra<br />

sottolineato in relazione al lapislazzuli. il carattere<br />

propiziatorio e profilattico attribuito al lapislazzuli<br />

può costituire un indizio appunto di antichità; ma<br />

tale valore non sempre è evidente.<br />

il lapislazzuli, raramente impiegato per le piccole<br />

sculture antiche, è comunque e non a caso riservato<br />

quasi esclusivamente all’ambito imperiale<br />

(cfr. supra paragrafo 4). Questa connessione non va<br />

dimenticata e induce ad una certa attenzione a determinare<br />

la datazione delle teste di reali o principi<br />

in lapislazzuli.<br />

un caso emblematico è un bell’intaglio in lapislazzuli,<br />

con un busto femminile panneggiato,<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

dall’elaborata acconciatura, guarnita da un diadema,<br />

conservato a Firenze, al Museo degli Argenti 763<br />

(tav. lii e). l’intaglio è pubblicato dal gori che lo<br />

definisce “diaspro blu” e giulia, figlia di tito (?) 764 .<br />

creduto antico da sebastiano Bianchi e giuseppe<br />

pelli Bencivenni (ricordiamo: esperti studiosi e custodi<br />

del medagliere e della dattilioteca granducale)<br />

che identificarono il busto con giulia, figlia di<br />

tito, la resa dell’incisione e la pietra fanno propendere<br />

gennaioli per una datazione intorno ai primi<br />

decenni del XVii secolo. Molto probabilmente<br />

lo studioso ha ragione, ma a mio avviso non è da<br />

escludere si tratti di un lavoro antico, sulla base appunto<br />

di quanto rilevato a proposito delle piccole<br />

sculture di principesse realizzate in lapislazzuli e<br />

la loro assimilazione a Venere.<br />

un altro esempio significativo è un intaglio in<br />

lapislazzuli con una testa di profilo coronata, già<br />

conservato nella dattilioteca dell’erudito e collezionista<br />

carlo Antonio pullini (torino 1746-1816) 765 .<br />

pullini specifica che esso compariva tra le impronte<br />

di Federico dolce 766 , cioè del figlio di Francesco<br />

Maria dolce, erede della manifattura dehn-dolce,<br />

in roma. nella sua lunga spiegazione erudita,<br />

Francesco Maria dolce definisce il calco in zolfo<br />

rosso dehn-dolce tratto da un antico intaglio in<br />

lapislazzuli e lo identifica come la testa dell’imperatore<br />

M. Aurelio claudio, detto il gotico, mentre<br />

non sa cosa significano le due lettere male incise,<br />

A d 767 (tav. lii f ). invece Federico dolce, nel suo<br />

testo che accompagna l’impronta in scagliola della<br />

gemma in esame, riconosce l’effigie di claudio<br />

il gotico, ipotizza che le due lettere potrebbero significare<br />

il titolo ‘divo Augusto’ e osserva che il lavoro<br />

senza espressione e il cattivo disegno evidenziano<br />

quanto fossero infelici le belle arti nei tempi<br />

di tale imperatore 768 .<br />

761 D’aG o s T i n i 1984, p. 51, n. 90.<br />

762 Ad es. sC h M iD T 1971, pp. 219-220, tav. 20, n. 5 (satiro nudo; seconda metà del ii - prima metà del iii secolo d.c.); gu i r a u D<br />

1988, p. 157, tav. Xli, n. 586 (cacciatore con un bastone sulla spalla a cui sono sospesi i suoi trofei; da un tesoro sotterrato<br />

nella seconda metà del iii secolo d.c.).<br />

ricordiamo anche un frammento subcilindrico di lapislazzuli, purtroppo di età indefinita, tra le 28 gemme provenienti dall’area<br />

della crypta Balbi, a roma; il materiale è stato sepolto nel Vii secolo d.c. (più precisamente tra 650 e 700 d.c.), ma le gemme<br />

sono più antiche, collocabili tra la fine dell’età repubblicana e il Vii secolo d.c. cfr. an D r e o Z Z i, Gr a Z i a n i, sa G u ì 1996, pp.<br />

175-188, in particolare p. 178, n. 16.<br />

763<br />

Ge n n a i o l i 2007, pp. 426-427, n. 670.<br />

764<br />

Go r i 1731-32, i, 6 (= re i n a C h 1895, p. 18, tav. 7, 6).<br />

765<br />

Mi C h e l i 1994, pp. 111, 117, 125; Pu l l i n i 1994, p. 260, n. 37 (senza immagine).<br />

766 sull’opera di Federico dolce, cfr. da ultimo Ta s s i n a r i c.s.<br />

767<br />

De h n, Do l C e 1772, tomo iii, pp. 52-53, n. 191; cassetta AA (25), zolfo n. 191.<br />

768 Descrizione 1792, iV, n. 177.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

123<br />

il calco di questo intaglio è presente anche nelle<br />

raccolte di impronte del tassie 769 e dei paoletti 770 ,<br />

sempre definito claudio il gotico, mentre è spiegato<br />

come Appio claudio nella collezione cades<br />

conservata al gabinetto numismatico delle raccolte<br />

Artistiche di Milano 771 .<br />

il pullini ritiene l’intaglio la testa di decio traiano<br />

e lo crede antico; la Micheli lo considera moderno<br />

772 ed è presumibile lo sia, anche se, in effetti,<br />

nulla lo svela.<br />

così, un intaglio con la testa di un imperatore<br />

romano di profilo, laureato, dallo stile squadrato e<br />

rude, tipico dell’età tetrarchica, datato appunto dal<br />

Furtwängler intorno al 300 d.c. 773 , viene da spier 774<br />

classificata come un’opera moderna che copia un<br />

ritratto di una moneta.<br />

Analogamente un altro intaglio con la testa di<br />

un imperatore romano improntata dallo stile caratteristico<br />

dei successori di costantino (identificato<br />

come costante ii, graziano, onorio, Valente o Valentiniano)<br />

è considerato antico dal Furtwängler 775 ,<br />

non antico e basato su una moneta da spier 776 .<br />

Vi sono intagli in lapislazzuli di cui non è mai<br />

stata messa in discussione l’antichità.<br />

Va sottolineato – e non sembra casuale in base a<br />

quanto osservato sul lapislazzuli – che questi esemplari<br />

sono riservati alla sfera reale/imperiale o sono<br />

connessi in modo più o meno diretto con l’egitto,<br />

per soggetto o ambito culturale.<br />

proviene appunto dall’egitto l’intaglio a parigi,<br />

al cabinet des médailles, identificato dal plantzos<br />

come il consueto busto di ercole con il capo coperto<br />

dalla pelle di leone 777 e dalla Vollenweider come un<br />

giovane principe assimilato a Alessandro Magno e<br />

datato agli inizi del i secolo a.c. 778 . sempre al cabinet<br />

des médailles sono conservati l’intaglio con<br />

il ritratto di Juba i, re di numidia (60-46 a.c.), con<br />

tenia, clamide e lo scettro sulla spalla 779 , e quello<br />

con la testa di un imperatore romano di profilo, laureato,<br />

con lettere al di sotto del busto, ii, e davanti,<br />

oA, ascritto probabilmente a dopo il iV secolo<br />

d.c.: si rileva che questo pezzo, dall’incisione rude<br />

e sommaria, si inserisce nel quadro dei contorniati<br />

e degli intagli tardi, attraverso cui l’aristocrazia romana<br />

ricordava il buon tempo antico 780 .<br />

d’altra parte è risaputo come l’artista ‘moderno’<br />

possa imitare in modo preciso l’iconografia antica,<br />

evitando alterazioni, rielaborazioni, fraintendimenti,<br />

cioè quegli ‘errori’ che lo svelano. È questo<br />

il caso di un intaglio in lapislazzuli con un motivo<br />

antico – ercole in lotta con il leone nemeo – nella<br />

collezione di W. gedney Beatty, a new York 781 . saremmo<br />

stati ‘traditi’ senza la preziosa testimonianza<br />

di osborne 782 , che dichiara l’intaglio esser opera<br />

di Mariano Macceroni, un incisore della seconda<br />

metà dell’800, che, copiando dalla serie di calchi<br />

cades di intagli e cammei, incideva seguendo fedelmente<br />

iconografia e stile antichi 783 .<br />

un caso ancora più problematico e non facilmente<br />

risolvibile è costituito dagli intagli in lapislazzuli<br />

con animali, oggetti e lettere. se mancano<br />

indizi connotanti non si riesce a classificare tali<br />

esemplari. ed infatti nei testi si verifica una gamma<br />

di datazioni – quando vengono fornite 784 –: età<br />

769<br />

ra s P e 1791, p. 663, n. 12101.<br />

770<br />

Pi r Z i o bir o l i sTe Fa n e l l i 2007, tomo iii, p. 227, n. 285.<br />

771 tra i calchi della maniera latina, seconda epoca, cassetta 40, n. 1996.<br />

772 V. nota 765.<br />

773<br />

Fu r T wä n G l e r 1900, p. 231, tav. XlViii, n. 34.<br />

774<br />

sP i e r 2007, p. 172, tav. 130, X 15.<br />

775<br />

Fu r T wä n G l e r 1900, p. 231, tav. XlViii, n. 38. di entrambi i pezzi non è specificata l’attuale collocazione.<br />

776<br />

sP i e r 2007, p. 173, tav. 130, X 18.<br />

777<br />

Pl a n T Z o s 1999, p. 127, tav. 59, n. 393.<br />

778<br />

vo l l e n w e i D e r 1995, vol. i, pp. 52-53, n. 34, vol. ii, p. 29, n. 34.<br />

779<br />

Ma r i e T T e 1750, vol. ii, n. 91; ra s P e 1791, p. 562, n. 9653; Ch a b o u i l l e T 1858, p. 268, n. 2062; ri C h T e r 1968, p. 166, n. 668; Pl a n T-<br />

Z o s 1999, p. 117, tav. 23, n. 130.<br />

780 vo l l e n w e i D e r, avisseau-br o u s T e T 2003, vol. i, p. 60, n. 63, vol. ii, p. 55, n. 63.<br />

781 os b o r n e 1912, p. 195, p. 389, tav. XXXii, n. 3.<br />

782 Ibidem.<br />

783 di Macceroni non è noto nulla. oltre alla menzione in osborne, viene citato solo come incisore di gemme contemporaneo<br />

a roma, in Fo r r e r 1930, vol. Viii, suppl., p. 1.<br />

784 non vengono datati i seguenti esemplari. Maschera satirica, con zampogna (Firenze, già collezione granducale: Za n n o n i<br />

1824, vol. ii, pp. 36-37, tav. 40, 3); re i n a C h 1895, p. 29, tav. 23, 47 1 (= Go r i 1731-32, i, 47 1 ); maschera di commedia (gergovia:<br />

gu i r a u D 1988, p. 189, tav. lViii, n. 893); uno scorpione, un uccello davanti a una croce (da ana e da panticapeo (Kertsch):


124<br />

repubblicana 785 , ii-iV secolo d.c. 786 , XVi-XVii secolo<br />

787 , età moderna 788 .<br />

concludendo, in assenza di elementi sicuri e/o<br />

di particolari significativi, è sembrata la più corretta<br />

una cauta posizione: semplicemente qui di seguito<br />

elencare, indicando i soggetti, non distinguendo figure/teste,<br />

una serie di intagli in lapislazzuli, per i<br />

quali il tentativo di classificazione antico/moderno<br />

apparirebbe infondato e azzardato.<br />

Attestazioni<br />

collezione privata Yüksel erimtan: divinità femminile<br />

non identificata, stante, con un ramo in mano<br />

(ii secolo d.c.) 789<br />

collezione privata: Fortuna con modius e cornucopia<br />

(fine del i secolo d.c.) 790<br />

collezione privata: busto di un’imperatrice romana,<br />

con corona (non datato) 791<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

Firenze, Museo degli Argenti: busto femminile panneggiato<br />

(antico o inizi del XVii secolo) 792 (tav.<br />

lii e)<br />

Firenze, già collezione granducale: testa di satiro con<br />

siringa (non datato) 793<br />

perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria:<br />

Minerva Pròmachos; Vittoria alata (ii-iii secolo<br />

d.c.; i-ii secolo d.c.) 794 (tav. lii g, h)<br />

Alnwick castle, collezione duca di northumberland:<br />

eroe nudo inginocchiato, con scudo e una corta<br />

spada (iV secolo a.c. o non datato) 795<br />

Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung: Marte<br />

stante tiene una lancia, nella mano sollevata<br />

un globo (?), per terra elmo e scudo (età imperiale)<br />

796<br />

Bloomington, indiana university Art Museum: Mercurio<br />

stante, con caduceo e borsa; ai piedi un gallo,<br />

ai lati una stella e un crescente lunare (i-iV secolo<br />

d.c.) 797<br />

chabournay, collezione laurent Bricault: busto di se-<br />

ki b a lT C h i T C h 1910, p. 33, tav. ii, n. 39, p. 53, tav. X, n. 315); melograno (già collezione Vimercati sozzi, Bergamo: Ta s s i n a r i c.s.a,<br />

n. 473); un pesce, uno scorpione, un vaso con fiori, un uccello sopra una tartaruga (?) (Gr o n o v i u s 1695, p. 23, n. 199, p. 54, nn.<br />

618-619, p. 57, n. 655); questi ultimi tutti di ubicazione ignota.<br />

785 scrofa (tours, Musée des Beaux-Arts: Collection Signol 1997, p. 78, n. 237); montone davanti a due spighe (philadelphia,<br />

università della pennsylvania, Museum of Archaeology and Anthropology: be r G e s 2002, p. 35, tav. 22, n. 103; i secolo a.c. - i<br />

secolo d.c.).<br />

786 Albero su cui si attorciglia una vite o un serpente; due forconi incrociati; un papavero (?) (Monaco, staatliche Münzsammlung:<br />

AGDS i, 3, p. 45, tav. 212, n. 2368; i secolo d.c.; we b e r 1992, p. 222, nn. 325-326; età imperiale; ii secolo d.c.); montone<br />

(Malibu, J. paul getty Museum: sP i e r 1992, p. 140, n. 384; ii-iii secolo d.c.); oca presso un altare; vasi (Bologna, Museo civico<br />

Archeologico: Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i 1987, pp. 118, 122, nn. 235, 245-246; ii-iV secolo d.c.); leoni; due topolini (Madrid, Museo<br />

Archeologico nazionale: Ca s a l Ga r C i a 1990, i, pp. 169, 177, ii, pp. 64, 70, nn. 405-406, 448; iii-iV secolo d.c.); nave (Berlino,<br />

staatliche Museen, Antikensammlung: Fu r T wä n G l e r 1896, p. 320, tav. 62, n. 8730; età imperiale); uccello (copenaghen, thorvaldsen<br />

Museum: FossinG 1929, p. 244, tav. XXi, n. 1827; età tardoromana); due pesci affrontati e un’ancora; lettere; monogramma<br />

(Berlino, staatliche Museen; collezione privata; ubicazione ignota: sP i e r 2007, p. 43, tav. 29, n. 231, p. 84, tav. 59, n. 481, p.<br />

195, M 38, tav. 151, M 39 (senza figura); età tardoantica-protocristiana); due pesci (tours, Musée des Beaux-Arts: Collection Signol<br />

1997, p. 84, n. 264; età imperiale?).<br />

787 Aquila con le ali aperte su una colonna tuscanica, fiancheggiata da due stelle e l’iscrizione iVliVs cesAr (chatsworth,<br />

collezione devonshire: sC a r i s b r i C k 1986, pp. 250-251, n. 67, tav. Xciiid; XVi secolo); lepre; anatre; tazze con foglie (Monaco,<br />

staatliche Münzsammlung: we b e r 2001, pp. 163-164, nn. 314-316, pp. 166-167, nn. 326-327 (il n. 327 è una corniola, ma è identica<br />

al n. 326); ultimo quarto del XVi secolo - prima metà del XVii secolo); fallo alato; brocca fallica (padova, Museo Archeologico:<br />

se iD M a n n 1997, pp. 152-153, nn. 304-305; XVii secolo).<br />

788 lettera W sormontata da una stella (Bologna, Museo civico Archeologico: Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i 1987, p. 167, n. 340); tre frecce<br />

incrociate rivolte verso il basso dove è un cuore, ai lati due stelle (Ferrara, Museo civico: D’aG o s T i n i 1984, p. 50, n. 89);<br />

uccello; papaveri; stella a sei punte; stella e cuore; lettere; anagramma (Madrid, Museo Archeologico nazionale: Ca s a l Ga r C i a<br />

1990, i, pp. 185-186, 209-210, ii, pp. 75-76, nn. 488-491, pp. 122-123, nn. 190, 193-197).<br />

789 ko n u k, ar s l a n 2000, p. 119, n. 95.<br />

790 Ch av e s Tr i s Ta n, Ca s a l Ga r C í a 1993, pp. 330-331, n. 75, fig. 3, n. 75.<br />

791 el-Mo h s e n el-kh a C h a b ab D 1963, p. 155, n. 24, tav. XXVi, 7.<br />

792 Ge n n a i o l i 2007, pp. 426-427, n. 670.<br />

793 Za n n o n i 1824, vol. ii, pp. 36-37, tav. 40, 3; re i n a C h 1895, p. 29, tav. 23, 47 1 (= Go r i 1731-32, i, 47 1 ).<br />

794 vi T e l l o Z Z i 2010, pp. 228-229, n. 242, p. 259, n. 287.<br />

795 ra s P e 1791, p. 436, n. 7481; kn i G h T 1921, p. 20, tav. iV, n. 90 (iV secolo a.c.); Pi r Z i o bi r o l i sT e Fa n e l l i 2007, tomo ii, p. 126,<br />

n. 67 (spiegata come Achille ferito).<br />

796 Fu r T wä n G l e r 1896, p. 320, tav. 62, n. 8727. del tutto probabile sia l’intaglio pubblicato dal Beger, che lo interpreta come imperatore<br />

(be G e r u s 1696, pp. 133-134). cfr. anche ibidem, p. 136, n. 3045: eros davanti a un albero spoglio; datato dal Furtwängler<br />

a età romana, privo di illustrazione.<br />

797 be r ry 1968, p. 61, n. 111.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

125<br />

rapide e busto di iside; al di sopra una stella e<br />

un crescente lunare, al centro un sistro (ii-iii secolo<br />

d.c.) 798<br />

copenaghen, thorvaldsen Museum: Atena armata e<br />

un’altra dea si tengono le mani, tra di esse un<br />

maia le; pastore stante si appoggia al suo bastone,<br />

accompagnato da una capra rampante su un<br />

albero (tra le gemme tardoromane) 799<br />

londra, British Museum: busto maschile barbato,<br />

laureato, panneggiato (tra le gemme greco-romane)<br />

800<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale: scena di sacrificio<br />

con due eroti; Vibia sabina; Antonino pio;<br />

atleta (i secolo d.c.; iii secolo d.c.) 801<br />

Madrid, Museo nazionale del prado, tesoro del delfino:<br />

busto femminile (non datato) 802<br />

péronne, Museo, collezione danicourt: un satiro tiene<br />

un tirso e un grappolo, dietro di lui un albero<br />

di vite, davanti un cesto pieno di grappoli (iii<br />

secolo d.c.) 803<br />

san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage: busto<br />

di serapide (età imperiale) 804<br />

tours, Musée des Beaux-Arts: busto di imperatore<br />

(età imperiale?) 805<br />

ubicazione ignota, già collezione pullini, torino: testa<br />

di decio traiano o claudio il gotico; busto di<br />

baccante coronata d’edera (considerati antichi dal<br />

pullini, moderni dalla Micheli) 806 (tav. lii f )<br />

ubicazione ignota, già collezione rothschild: giove<br />

fiancheggiato da due divinità, al di sotto poseidone<br />

emerge dall’oceano, bordo con i simboli dello<br />

zodiaco (ii-iii secolo d.c.) 807<br />

ubicazione ignota, già collezione seriman, Venezia:<br />

buon pastore con dodici figure e scritte, tra cui<br />

probabilmente ICQC (gemma cristiana) 808<br />

ubicazione ignota, già collezione von gleichen: Marte<br />

gradivo che porta un trofeo (non datato) (tav.<br />

lii i) 809<br />

ubicazione ignota, già collezione Wellington: Melpomene<br />

tiene una maschera tragica; iside con il suo<br />

scettro (età romana) 810<br />

ubicazione ignota: zeus-serapide stante (ii secolo<br />

d.c.) 811<br />

ubicazione ignota: busto di donna velato (tra le gemme<br />

greco-romane) 812<br />

ubicazione ignota (san pietroburgo, Museo statale<br />

dell’ermitage?): due busti maschili identificati<br />

come crisippo e come Vitellio (non datati) 813<br />

Ringraziamenti<br />

798 ve y M i e r s 2009, p. 309, V.AAB 6, tav. XVii.<br />

799 FossinG 1929, p. 226, tav. XiX, n. 1669, p. 238, tav. XX, n. 1768.<br />

800 wa lT e r s 1926, p. 213, tav. XXVi, n. 2039.<br />

801 Ca s a l Ga r C i a 1990, i, pp. 135, 157-158, 162, ii, pp. 44, 56, 59, 122-123, nn. 256, 350-351, 369.<br />

802<br />

iñ i G u e Z 1989, pp. 64, 66, n. 25.<br />

803<br />

bo a r D M a n 2003, n. 65.<br />

804<br />

ve y M i e r s 2009, p. 278, i.g 4, tav. 31.<br />

805 Collection Signol 1997, p. 68, n. 194.<br />

806<br />

Mi C h e l i 1994, pp. 116-117, 260, n. 37 (senza immagine), pp. 195-196, n. 19 (24).<br />

807 Treasures 2003, p. 20, n. 5.<br />

808<br />

sP i e r 2007, p. 82, n. 467.<br />

809<br />

ra s P e 1791, p. 426, n. 7351 (ma è stato scritto, errato, n. 7451).<br />

810<br />

sC a r i s b r i C k 1977, p. 12, n. 145, p. 24, n. 391.2.<br />

811<br />

ve y M i e r s 2009, p. 359, Vi. dA 12, tav. 66.<br />

812 Camées-Scarabées 1926, p. 11, tav. iii, n. 137.<br />

813<br />

be G e r u s 1685, pp. 67-68, tav. X, pp. 83-84, tav. XXiV.<br />

desidero esprimere la mia riconoscenza a Adriano<br />

Maggiani e luigi sperti, che hanno accolto questo<br />

studio, nonostante sia un po’ eccentrico rispetto<br />

alla linea della “rivista di Archeologia”, accettando<br />

così di superare quella barriera antico/non antico,<br />

comoda, ma spesso, soprattutto nel caso delle<br />

gemme, artificiosa.<br />

per aver autorizzato l’utilizzo a fini scientifici<br />

delle fotografie delle gemme ringrazio paola Marini,<br />

direttore dei Musei civici di Verona, Margherita<br />

Bolla, curatore del Museo Archeologico al teatro<br />

romano e del Museo Maffeiano di Verona, denise<br />

Modonesi, già conservatore della sezione numismatica<br />

dei civici Musei d’Arte di Verona, lanfredo<br />

castelletti, già direttore dei Musei civici di<br />

como, isabella nobile e Marina uboldi, conservatori<br />

del civico Museo Archeologico “giovio” di<br />

como.<br />

sono grata a Maurizio Buora, già direttore dei<br />

civici Musei di udine, per avermi affidato lo studio<br />

delle gemme <strong>post</strong>-classiche conservate negli stessi<br />

Musei, per avermi permesso di citarle e pubblicarle,<br />

nonché per avermi inviato le fotografie delle<br />

gemme edite in To M a s e l l i 1993.<br />

una particolare menzione, gradita e doverosa,


126<br />

spetta a rodolfo Martini, conservatore del gabinetto<br />

numismatico delle raccolte Artistiche di Milano,<br />

per la sua consulenza numismatica, per facilitarmi<br />

in ogni modo lo studio delle collezioni di<br />

calchi ivi conservate e per avermene consentito la<br />

pubblicazione.<br />

ringrazio sentitamente Judy rudoe (Assistant<br />

Keeper, department of Medieval and Modern europe,<br />

British Museum), che mi ha permesso l’esame<br />

della collezione sloane al British Museum.<br />

con grande gentilezza tamás gesztelyi (università<br />

di debrecen) mi ha inviato le fotografie delle<br />

gemme da lui pubblicate (Ge s Z T e ly i 2000), fornendomi<br />

l’informazione che nel Museo nazionale ungarico<br />

di Budapest vi sono parecchi intagli, con teste,<br />

della produzione dei lapislazzuli.<br />

con altrettanta squisita cortesia claudia Wagner<br />

(FsA Beazley Archive, classics centre, oxford), mi<br />

ha mandato le fotografie delle gemme nel Fitzwilliam<br />

Museum di cambridge (edite in he n i G, sC ar<br />

i s b r i C k, whiTinG 1994), dell’intaglio in collezione<br />

privata (pubblicato in wa G n e r, bo a r D M a n 2003),<br />

nonché dei calchi di gemme della collezione di James<br />

tassie (Beazley Archive: http://www.beazley.<br />

ox.ac.uk) con il relativo permesso di pubblicarle.<br />

devo alla disponibilità di sveta Kokareva (department<br />

of Western european decorative Art, Museo<br />

statale dell’ermitage, san pietroburgo) le informazioni<br />

riguardo ai pezzi, inediti, di questa<br />

produzione conservati in quel Museo.<br />

per l’autorizzazione alla pubblicazione delle fotografie<br />

di gemme edite, ringrazio Alfred Bernhard-<br />

Walcher (stv. direktor, Kunsthistorisches Museum,<br />

Antikensammlung, Vienna), Virgine durand (Vienne,<br />

Musée des Beaux-Arts), Vladimir Matveyev<br />

(deputy director, Museo statale dell’ermitage, san<br />

pietroburgo), olga novoseltseva (Manager rights<br />

and reproductions office, Museo statale dell’ermitage,<br />

san pietroburgo), Francesca piccinini (di-<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

rettrice, Museo civico d’Arte di Modena), cristina<br />

stefani (Archivio fotografico del Museo civico<br />

d’Arte di Modena).<br />

desidero esprimere i miei più vivi ringraziamenti<br />

ad Annalisa zanni (direttrice del Museo poldi<br />

pezzoli di Milano) e Andrea di lorenzo (conservatore<br />

di pittura e Arti decorative dello stesso<br />

Museo) per avermi affidato lo studio e la pubblicazione<br />

del taccuino di disegni, conservato al Museo<br />

poldi pezzoli, che documenta parte della collezione<br />

glittica del conte paolo Vimercati sozzi (1801-<br />

1883).<br />

Ho avuto la possibilità di fotografare e pubblicare<br />

le gemme edite da iacobus gronovius nella sua<br />

opera (Gr o n o v i u s 1695) grazie alla cortesia di rina<br />

la guardia (direttore del centro di Alti studi sulle<br />

Arti Visive, della Biblioteca d’Arte, della Biblioteca<br />

Archeologica e numismatica di Milano), nonché<br />

la gemma edita in br a C C i 1786, grazie a isabella<br />

Fiorentini (direttore della Biblioteca trivulziana di<br />

Milano).<br />

ringrazio riccardo gennaioli per le fotografie<br />

tratte dal suo libro (Ge n n a i o l i 2007); giovanni<br />

Frumusa per la fotografia e le indicazioni relative<br />

all’intaglio pubblicato dal Formentini, conservato<br />

al Museo civico di la spezia; elisabetta gagetti<br />

per le scannerizzazioni di fotografie dai libri della<br />

sua ricca biblioteca.<br />

Molto del mio lavoro di questi anni non sarebbe<br />

stato possibile senza Fabrizio slavazzi, per il suo<br />

aiuto costante e amichevole, lo scambio di idee,<br />

l’accesso alla sua eccezionale biblioteca.<br />

infine un particolare ringraziamento a paolo<br />

Vitellozzi, affascinato come me dallo straordinario<br />

mondo delle gemme, che mi ha consentito sia la visione<br />

della sua opera mentre era in corso di stampa<br />

(Gemme e Cammei della Collezione Guardabassi nel<br />

Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria a Perugia)<br />

sia la pubblicazione di alcune fotografie.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

127<br />

tav. XXXi<br />

elenco delle tAVole<br />

a) intaglio in lapislazzuli. Figura maschile, seduta su di un trofeo di armi (corazza, due lance e scudo) a cui si appoggia<br />

con una mano; con l’altra protesa tiene un elmo. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 661 (Foto e.<br />

ceolin); b) intaglio in lapislazzuli. Figura maschile, seduta su di un trofeo di armi (corazza, tre lance e scudo?) a cui si<br />

appoggia con una mano; con l’altra protesa tiene un elmo. cambridge, Fitzwilliam Museum. Beazley Archive (Foto B.<br />

Wilkins); c) intaglio in lapislazzuli. Figura maschile, seduta su di un tronco d’albero, tiene nella mano protesa un elmo.<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale. da Ca s a l Ga r C í a 1990, ii, p. 118, n. 166; d) intaglio in lapislazzuli. Figura maschile,<br />

seduta su di un tronco d’albero, tiene nella mano protesa una Vittoria. ubicazione ignota, già collezione Macgowan.<br />

calco nella raccolta tassie. ra s P e 1791, n. 12655. Beazley Archive, oxford university; e) intaglio in lapislazzuli.<br />

Figura maschile stante si appoggia ad una colonnina e tiene un elmo nella mano protesa; dietro la colonnina alcune<br />

armi (?). ubicazione ignota. da Gr o n o v i u s 1695, pp. 53-54, n. 615; f ) intaglio in corniola. erote incedente con clamide<br />

svolazzante e arco imbracciato nell’atto di scoccare la freccia. Bologna, Museo civico Archeologico. da Ma n D r i o l i biZ-<br />

Z a r r i 1987, p. 90, n. 143; g) intaglio in lapislazzuli. erote incedente con clamide svolazzante e arco imbracciato nell’atto<br />

di scoccare la freccia. ubicazione ignota, già collezione Vimercati sozzi, Bergamo. Ta s s i n a r i c.s.a, n. 395; h) intaglio<br />

in lapislazzuli. erote stante con arco (?) e freccia (?). udine, civici Musei. Foto Musei; i) intaglio in lapislazzuli. erote<br />

stante mette una mano sull’arco poggiato a terra, mentre tiene una freccia (?) nell’altra. Verona, civici Musei d’Arte.<br />

Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 663 (Foto e. ceolin).<br />

tav. XXXii<br />

a) intaglio in corniola. erote stante mette una mano sull’arco poggiato a terra, mentre tiene nell’altra una freccia. Verona,<br />

civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 664 (Foto e. ceolin); b) intaglio in agata zonata. erote stante mette<br />

una mano sull’arco poggiato a terra, mentre tiene nell’altra una freccia. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009,<br />

tav. Xliii, n. 665 (Foto e. ceolin); c) intaglio in corniola. Vulcano (o un fabbro) sembra ma non è seduto, poggia solo<br />

l’ampia curva del suo mantello; alza il braccio col martello (?) in atto di colpire un oggetto, non chiaro, poggiato su un<br />

podio cilindrico; sullo sfondo due lance oblique e una serie di ghirlande (?) dritte e capovolte. cambridge, Fitzwilliam<br />

Museum. da Ta s s i n a r i 1996, p. 163, n. 7, fig. 6; d) intaglio in agata zonata. Vulcano (o un fabbro), con la clamide che<br />

forma un’ampia curva, seduto di profilo, alza il braccio col martello in atto di colpire un elmo poggiato su un podio<br />

cilindrico. Madrid, Museo Archeologico nazionale. da Ta s s i n a r i 1996, pp. 161-162, n. 1, fig. 1; e) intaglio in corniola.<br />

Vulcano seduto di profilo, con la clamide che forma un’ampia curva, alza il braccio col martello in atto di colpire un<br />

elmo poggiato su un podio e tenuto da un erote. Madrid, Museo Archeologico nazionale. da Ta s s i n a r i 1996, p. 162, n.<br />

3, fig. 3; f ) intaglio in agata zonata. Vulcano seduto di profilo, con la clamide che forma un’ampia curva, alza il braccio<br />

col martello in atto di colpire un elmo (?) poggiato su un podio. sullo sfondo una figura maschile nuda (Achille?<br />

enea? un guerriero?) stante, di profilo, una lancia in una mano, tocca con l’altra uno scudo verticale. nimega, provinciaal<br />

Museum g. M. Kam. da Ta s s i n a r i 1996, pp. 162-163, n. 5, fig. 4; g) intaglio in corniola. Figura femminile stante,<br />

con panneggio ad arco, tiene nella mano protesa un ramo di palma; nel campo in basso una stella. udine, civici Musei.<br />

Foto Musei; h) intaglio in corniola. Figura femminile, con panneggio ad arco, incedente, tiene nella mano protesa<br />

una patera (?) sopra una face accesa, nell’altra mano uno scettro e un ramo. ubicazione ignota, già collezione de Wilde.<br />

da De wi l D e 1703, tav. 28, n. 108; i) intaglio in agata. Amore inginocchiato davanti ad un’ara sopra cui egli pone<br />

una pianta germogliante da un cuore; in alto un altro Amore vola portando una corona, in basso piante e ciuffi d’erba.<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum. da kr i s 1929, tav. 99, n. 421.<br />

tav. XXXiii<br />

a) intaglio in agata. Amore inginocchiato davanti ad un’ara sopra cui egli pone una pianta germogliante da un cuore;<br />

sul suolo piante e ciuffi d’erba. Firenze, Museo degli Argenti. da Ge n n a i o l i 2007, p. 376, n. 516 (su concessione del Ministero<br />

per i Beni e le Attività culturali); b) intaglio in agata zonata. Amore inginocchiato davanti ad un’ara sopra cui<br />

egli pone una pianta germogliante da un cuore; in alto una stella in mezzo alle nuvole, sul suolo ciuffi d’erba. Monaco,<br />

staatliche Münzsammlung. da we b e r 2001, p. 192, n. 407; c) intaglio in agata zonata. Amore inginocchiato accosta<br />

una fiaccola ad un prisma <strong>post</strong>o su un basamento; in alto il sole tra le nuvole, in basso ciuffi d’erba. Firenze, Museo<br />

degli Argenti. da Ge n n a i o l i 2007, p. 376, n. 517 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali); d) intaglio<br />

in corniola. Apollo con la lira incede verso Marsia seduto e legato ad un albero. Firenze, Museo degli Argenti.<br />

da Ge n n a i o l i 2007, p. 389, n. 557 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali); e) intaglio in diaspro.<br />

Apollo con la lira incede verso Marsia seduto e legato ad un albero. Madrid, Museo Archeologico nazionale. da Ca-


128<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

s a l Ga r C í a 1990, ii, p. 104, n. 99; f ) intaglio in diaspro. Apollo con la lira incede verso Marsia seduto e legato ad un<br />

albero. Monaco, staatliche Münzsammlung. da we b e r 2001, p. 193, n. 410; g) intaglio in corniola. Amore stante su un<br />

podio posa una corona sopra la testa di un giovane stante, che tiene in una mano un ramo, nell’altra una lancia. Budapest,<br />

Museo nazionale ungarico. Ge s Z T e ly i 2000, p. 86, n. 295; h) intaglio in lapislazzuli. Marte (?) stante su un podio<br />

posa una corona (?) sopra la testa di un giovane stante, che tiene in una mano un ramo, nell’altra una lancia; tra<br />

di essi un’ara fiammeggiante. Madrid, Museo Archeologico nazionale. da Ca s a l Ga r C í a 1990, ii, p. 104, n. 100; i) intaglio<br />

in agata. Amore stante su un podio posa una corona sopra la testa di un giovane stante, che tiene in una mano<br />

una freccia, nell’altra una lancia; tra di essi un’ara. ubicazione ignota. da ki b a lT C h i T C h 1910, tav. iX, n. 290.<br />

tav. XXXiV<br />

a) intaglio in lapislazzuli. un amore vola portando una corona verso un personaggio adagiato su una roccia (?) tra elementi<br />

vegetali. Madrid, Museo Archeologico nazionale. da Ca s a l Ga r C í a 1990, ii, p. 105, n. 102; b) intaglio in lapislazzuli.<br />

Venere nuda stante abbraccia Amore in piedi su un’ara, tra piante e ciuffi d’erba; nel cielo una stella tra le nuvole.<br />

Madrid, Museo Archeologico nazionale. da Ca s a l Ga r C í a 1990, ii, p. 105, n. 101; c) intaglio in agata. Venere nuda<br />

stante abbraccia Amore in piedi su un’ara, tra piante e ciuffi d’erba; nel cielo una stella tra le nuvole. Firenze, Museo<br />

degli Argenti. da Ge n n a i o l i 2007, p. 385, n. 543 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali); d) intaglio<br />

in agata zonata. guerriero, seduto su un trofeo, afferra con una mano la lancia e tiene nell’altra un elmo; in alto<br />

una stella tra le nuvole, in basso ciuffi d’erba. cambridge, Fitzwilliam Museum. Beazley Archive (Foto B. Wilkins);<br />

e) intaglio in agata zonata. guerriero stante si appoggia col gomito ad una colonnina e tiene nella mano protesa un<br />

elmo; in alto una stella tra le nuvole, in basso sul suolo erboso corazza, scudo e lance. tours, Musée des Beaux-Arts.<br />

da Collection Signol 1997, p. 59, n. 161; f ) intaglio in agata. guerriero, seduto su di un trofeo di armi, tiene nella mano<br />

protesa un elmo e nell’altra un’asta; in alto una stella tra le nuvole, in basso ciuffi d’erba. Firenze, Museo degli Argenti.<br />

da Ge n n a i o l i 2007, p. 375, n. 514 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali); g) intaglio in lapislazzuli.<br />

Apollo tende la mano verso dafne che si sta trasformando in albero. Monaco, staatliche Münzsammlung.<br />

da we b e r 1992, pp. 190-191, n. 243; h) intaglio in agata zonata. eros e Anteros (?) colgono e tengono in mano alberelli<br />

e rami Monaco, staatliche Münzsammlung. da we b e r 2001, pp. 160-161, n. 306; i) intaglio in agata. Figura maschile,<br />

seduta su un tronco d’albero, tiene nella mano cinque serpenti davanti a un’ara accesa; nel campo due scorpioni e<br />

dei segni, in alto corre sulle nuvole un’altra figura maschile con il dito alzato. Monaco, staatliche Münzsammlung. da<br />

we b e r 2001, pp. 177-178, n. 355.<br />

tav. XXXV<br />

a) intaglio in corniola. due figure maschili, una seduta su una roccia (?) dietro la quale vi è un albero, un’altra stante<br />

con una freccia in mano. ubicazione ignota. da ki b a lT C h i T C h 1910, tav. iX, n. 286; b) intaglio. una coppia è aggiogata<br />

ad un carro sul quale sta in piedi Amore con una spada in mano e nell’altra una bilancia; nel campo un cuore trafitto<br />

da frecce, sul suolo fiori e ciuffi d’erba. Vienna, Kunsthistorisches Museum. da kr i s 1929, tav. 99, n. 420; c) intaglio<br />

in corniola. Figura maschile nuda stante tiene una freccia in una mano. como, Museo civico Archeologico “giovio”.<br />

Ta s s i n a r i 2010b, p. 172, fig. 12; d) intaglio in corniola. guerriero nudo stante si appoggia all’asta e tiene forse un arco<br />

nella mano abbassata. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 666 (Foto e. ceolin); e) intaglio in corniola.<br />

guerriero nudo stante si appoggia alla lancia e posa una mano sullo scudo. Verona, civici Musei d’Arte. Tassin<br />

a r i 2009, tav. Xliii, n. 667 (Foto e. ceolin); f ) intaglio in corniola. guerriero nudo stante si appoggia all’asta e tiene<br />

una frusta (?) nella mano. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 668 (Foto e. ceolin); g) intaglio in<br />

corniola. guerriero nudo stante si appoggia all’asta e posa la mano abbassata sullo scudo. Verona, civici Musei d’Arte.<br />

Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 671 (Foto e. ceolin); h) intaglio in corniola. ercole stante impugna l’arco con una mano<br />

e poggia l’altra sulla clava a terra. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 672 (Foto e. ceolin); i) intaglio<br />

in corniola. Armato stante con asta in una mano, braccio al fianco, manto rigonfio ad arco. Verona, civici Musei<br />

d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 673 (Foto e. ceolin).<br />

tav. XXXVi<br />

a) intaglio in lapislazzuli. Figura maschile stante, nuda, con un braccio flesso e alzato e in mano un oggetto tondo, l’altro<br />

abbassato tiene un ramo con foglie; per terra è ritta una fiaccola (?). udine, civici Musei. Foto Musei; b) intaglio<br />

in lapislazzuli. Figura maschile stante, nuda, tiene nelle mani due attributi non chiari. udine, civici Musei. Foto Musei;<br />

c) intaglio in lapislazzuli. Muzio scevola stante tiene una mano sulla fiamma di un’ara e con l’altra stringe un’asta.<br />

Firenze, Museo degli Argenti. da Ge n n a i o l i 2007, p. 415, n. 637 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività<br />

culturali); d) intaglio in lapislazzuli. Muzio scevola stante tiene una mano sulla fiamma di un’ara e con l’altra stringe<br />

un’asta. ubicazione ignota. da Gr o n o v i u s 1695, p. 23, n. 207; e) intaglio in eliotropio. Muzio scevola stante tiene la<br />

mano sulla fiamma di un’ara e con l’altra stringe un’asta. Bologna, Museo civico Archeologico. da Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i<br />

1987, p. 147, n. 287; f ) intaglio in corniola. Apollo citaredo incedente, con un lungo mantello sulle spalle. perugia, Museo<br />

Archeologico nazionale dell’umbria. vi T e l l o Z Z i 2010, p. 468, n. 566 (Foto p. Vitellozzi); g) intaglio in lapislazzuli.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

129<br />

Figura femminile stante, in un lungo chitone, tiene un bastone in una mano e una spiga o una fronda nell’altra. Verona,<br />

civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 662 (Foto e. ceolin); h) intaglio in corniola. cerere stante, con scettro<br />

e fiaccola o tyche con timone. perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria. vi T e l l o Z Z i 2010, pp. 469-470, n.<br />

568 (Foto p. Vitellozzi); i) intaglio in agata. Figura femminile incedente porta tra le mani una patera con offerte (?) verso<br />

un’altra figura femminile (?) stante che ha in mano una freccia e nell’altra un ramo; tra le due figure un vaso con<br />

rami; in alto delle stelle, in basso ciuffi d’erba. Vienna, Kunsthistorisches Museum. da kr i s 1929, tav. 99, n. 427.<br />

tav. XXXVii<br />

a) intaglio in eliotropio, frammentario. Fortuna-Minerva stante, con elmo e chitone, tiene in una mano la cornucopia,<br />

nell’altra il timone. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 675 (Foto e. ceolin); b) intaglio in agata.<br />

Fortuna-Minerva stante, con elmo e chitone, tiene in una mano un ramo, nell’altra il timone. ubicazione ignota, già<br />

collezione de Wilde. da De wi l D e 1703, tav. 27, n. 104; c) intaglio in lapislazzuli. Vulcano seduto, in atto di martellare<br />

un oggetto che però manca; accanto a lui Atena stante. Berlino, staatliche Museen, Antikensammlung. da Tassinar<br />

i 1996, pp. 163-164, n. 8, fig. 8; d) intaglio in corniola. Figura femminile, incedente di profilo, porta un ramo in una<br />

mano. ubicazione ignota. da Gr o n o v i u s 1695, p. 31, n. 292; e) intaglio in corniola. Mercurio stante solleva una patera<br />

e stringe il caduceo (?). Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 678 (Foto e. ceolin); f ) intaglio in<br />

corniola. Minerva (?) stante, con chitone e himation, in una mano sollevata tiene la lancia, nell’altra un frutto. Verona,<br />

civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 679 (Foto e. ceolin, g. Fogliata); g) intaglio in corniola. Figura femminile<br />

stante posa una mano su un’ancora, tiene l’altra sollevata con un dito puntato verso l’alto. cambridge, Fitzwilliam<br />

Museum. Beazley Archive (Foto B. Wilkins); h) intaglio in corniola. Figura femminile seduta che nella mano protesa<br />

tiene un ramo di palma. Budapest, Museo nazionale ungarico. Ge s Z T e ly i 2000, p. 169, n. 305; i) intaglio in agata<br />

striata. Venere-roma, seduta su una corazza cui sono appoggiati due scudi, alza le braccia e posa la mano sulla lancia;<br />

davanti a lei una fiiaccola accesa. perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria. vi T e l l o Z Z i 2010, p. 472, n.<br />

572 (Foto p. Vitellozzi).<br />

tav. XXXViii<br />

a) intaglio in agata. guerriero nudo, stante, si appoggia alla lancia e posa una mano sullo scudo. Verona, civici Musei<br />

d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 677 (Foto e. ceolin); b) intaglio in lapislazzuli. Figura femminile incedente, nella<br />

mano protesa tiene una tazza (?) sopra un altare a forma di colonna (?) e nell’altra mano una fiaccola (?). Vienna,<br />

Kunsthistorisches Museum. © Kunsthistorisches Museum Wien, Antikensammlung (Foto i. luckert); c) intaglio in lapislazzuli.<br />

Figura maschile, seduta, protende una mano verso un sostegno non precisabile e appoggia l’altra al sedile.<br />

Vienna, Kunsthistorisches Museum. © Kunsthistorisches Museum Wien, Antikensammlung (Foto i. luckert); d) intaglio<br />

in agata zonata. Figura maschile, seduta, in una mano protesa tiene una patera (?); dietro un caduceo (?). Vienne,<br />

Musée des Beaux-Arts. Foto Musées de Vienne; e) intaglio in corniola. personaggio stante nudo, di profilo, con un oggetto<br />

non definibile. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 680 (Foto e. ceolin); f ) intaglio in corniola.<br />

eros avanzante, di profilo, tra le mani tiene un frutto o una palla. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009,<br />

tav. XliV, n. 682 (Foto e. ceolin); g) intaglio in corniola. Amore stante, di profilo, con le mani stese tiene un tridente.<br />

Budapest, Museo nazionale ungarico. Ge s Z T e ly i 2000, p. 169, n. 310; h) intaglio in calcedonio. Figura stante con un’asta<br />

in una mano e un bastone (?) nell’altra. Modena, Museo civico d’Arte. Modena, Archivio fotografico del Museo civico<br />

d’Arte (Foto g. roncaglia); i) intaglio in agata zonata. Figura maschile seduta su un tronco d’albero su cui appoggia<br />

una mano; nell’altra protesa tiene un elmo. Madrid, Museo Archeologico nazionale. da Ca s a l Ga r C í a 1990, ii, p.<br />

119, n. 171.<br />

tav. XXXiX<br />

a) intaglio in corniola. Figura maschile seduta su un tronco d’albero in atto di suonare uno strumento. ubicazione ignota,<br />

già collezione de Wilde. da De wi l D e 1703, tav. 39, n. 147; b) intaglio in agata. Figura maschile inginocchiata, con<br />

panneggio ad arco, in atto di suonare uno strumento. leida, royal coin cabinet. da De wi l D e 1703, tav. 3, n. 9; c) intaglio<br />

in diaspro zonato. Figura maschile seduta su un tronco d’albero con un albero tra le mani. Madrid, Museo Archeologico<br />

nazionale. da Ca s a l Ga r C í a 1990, ii, p. 120, n. 176; d) intaglio in corniola. Mercurio seduto su un tronco<br />

d’albero su cui appoggia una mano; nell’altra protesa tiene il caduceo; al di sotto un elemento vegetale. Firenze, Museo<br />

degli Argenti. da Ge n n a i o l i 2007, p. 380, n. 530 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali);<br />

e) intaglio in diaspro. Figura maschile seduta su un tronco d’albero con un globo tra le mani. Madrid, Museo Archeologico<br />

nazionale. da Ca s a l Ga r C í a 1990, ii, p. 120, n. 177; f ) intaglio in agata verde (?). una figura maschile stante taglia<br />

uno dei grappoli d’uva, un’altra li pigia in una tinozza. leida, royal coin cabinet. da De wi l D e 1703, tav. 39, n.<br />

145; g) intaglio in lapislazzuli. Figura maschile incedente, con panneggio ad arco, tiene in mano una serpe. ubicazione<br />

ignota, già collezione de Wilde. da De wi l D e 1703, tav. 37, n. 140; h) intaglio in corniola. Apollo stante posa una<br />

mano sulla lira e l’altra su un tronco d’albero; Marsia suona, seduto su un tronco d’albero. leida, royal coin cabinet.<br />

da De wi l D e 1703, tav. 21, n. 78; i) intaglio in sardonice. l’imperatore, seduto, riceve l’omaggio di un barbaro inginoc-


130<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

chiato che gli porge un globo; sulla destra un soldato; sullo sfondo un albero. perugia, Museo Archeologico nazionale<br />

dell’umbria. vi T e l l o Z Z i 2010, p. 479, n. 582 (Foto p. Vitellozzi).<br />

tav. Xl<br />

a) intaglio in lapislazzuli. Vulcano barbato, seduto di profilo, alza il braccio col martello in atto di colpire un elmo collocato<br />

su una piccola incudine <strong>post</strong>a su un basamento cilindrico; sullo sfondo si stagliano due lance. roma, Musei capitolini.<br />

da Ta s s i n a r i 1996, pp. 164-165, n. 9, fig. 9; b) intaglio in agata. Figura maschile (Vulcano o dedalo) barbata,<br />

seduta di profilo, alza il braccio col martello per forgiare un’ala collocata su una piccola incudine <strong>post</strong>a su una roccia.<br />

disperso, già appartenente a Johann Friedrich christ, a lipsia. calco nella collezione di philipp daniel lippert (Foto<br />

istituto Archeologico germanico, roma); c) intaglio in lapislazzuli. Figura femminile incedente, con mantello ad arco,<br />

tiene in una mano protesa un globo e nell’altra uno scettro (?); ai suoi piedi uno scudo e delle lance. Budapest, Museo<br />

nazionale ungarico. Ge s Z T e ly i 2000, p. 168, n. 299; d) intaglio in corniola. Figura femminile, di profilo, con veste<br />

svolazzante e mantello ad ampio arco, incedente a braccia tese in avanti, porta una benda (?) tra le mani; davanti a lei<br />

un’asta (?) o una colonnina (?). Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 683 (Foto g. Fogliata); e) intaglio<br />

in lapislazzuli. Figura femminile, incedente di profilo, con veste svolazzante e mantello ad ampio arco, porta nella<br />

mano protesa un fiore (?); davanti a lei un vaso di fiori. ubicazione ignota. da Gr o n o v i u s 1695, p. 50, n. 563; f ) intaglio<br />

in lapislazzuli. eroe nudo seduto, nella mano protesa tiene una Vittoria; ai suoi piedi elmo, corazza, scudi, lance; davanti<br />

un pilastro con in cima un globo. Monaco, staatliche Münzsammlung. da we b e r 2001, pp. 183-184, n. 377; g) intaglio<br />

in agata. eroe nudo, seduto, nella mano protesa tiene una Vittoria; dietro di lui un elmo, davanti un pilastro<br />

con in cima un globo e sotto corazza, scudi, lance. collezione privata (Foto c. Wagner); h) intaglio. eroe nudo, seduto,<br />

nella mano protesa tiene una Vittoria; davanti un pilastro con in cima un globo. ubicazione ignota. calco nella raccolta<br />

tassie. ra s P e 1791, n. 7846. Beazley Archive, oxford university; i) intaglio in lapislazzuli. Figura femminile stante,<br />

panneggiata, appoggiata ad un pilastrino, tiene una cornucopia mentre con l’altra mano brucia con una face accesa<br />

un trofeo di armi di fronte a lei. ubicazione ignota. da Gr o n o v i u s 1695, p. 23, n. 198.<br />

tav. Xli<br />

a) intaglio in lapislazzuli. Apollo stante sta per prendere dafne con le braccia alzate già in parte mutate in rami di alloro.<br />

Firenze, Museo degli Argenti. da Ge n n a i o l i 2007, p. 389, n. 556 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività<br />

culturali); b) intaglio in eliotropio. Venere abbraccia Marte seduto, Amore tiene in mano un ramo; una corazza<br />

è appesa ad un albero. Monaco, staatliche Münzsammlung. da we b e r 1992, p. 244, n. 376; c) intaglio in lapislazzuli.<br />

Apollo seduto tiene una lira appoggiata alla gamba; dietro di lui la faretra con le frecce; davanti due flauti piantati nel<br />

terreno. parigi, cabinet des médailles. calco nella raccolta tassie. ra s P e 1791, n. 2987. Beazley Archive, oxford university;<br />

d) intaglio in lapislazzuli. una figura femminile stante (onfale?) tiene un ramo e guarda ercole seduto con la<br />

clava. Monaco, staatliche Münzsammlung. da we b e r 2001, p. 162, n. 310; e) intaglio in lapislazzuli. scena di sacrificio:<br />

una fanciulla ammantata e un sacerdote barbato sacrificano sopra la fiamma di un altare; in secondo piano due figure,<br />

una maschile e una femminile; nel campo un albero. disperso. da MaFFei 1707-1709, vol. iV, tav. XcVii; f ) intaglio<br />

in lapislazzuli. scena di sacrificio: una fanciulla ammantata e un sacerdote barbato sacrificano sopra la fiamma di un<br />

altare; in secondo piano due figure una maschile e una femminile; nel campo un albero. disperso. calco nella raccolta<br />

tassie. ra s P e 1791, n. 8390. Beazley Archive, oxford university; g) intaglio in lapislazzuli. scena di sacrificio: un gruppo<br />

di sei figure (tra cui un giovane con una patera, un uomo barbuto con un’ascia sulla spalla, un altro col capo velato<br />

e una donna ammantata) accompagnano verso un’ara un toro al sacrificio; sullo sfondo un tempio tetrastilo. disperso,<br />

già del cardinale Albani. calco nella raccolta tassie. ra s P e 1791, n. 8501. Beazley Archive, oxford university.<br />

tav. Xlii<br />

a) intaglio in lapislazzuli. il brigante caco tira un bue per la coda; sullo sfondo un paesaggio con una volpe e degli alberi.<br />

parigi, cabinet des médailles. da Ma r i e T T e 1750, vol. ii, tav. lXXXiX; b) intaglio in lapislazzuli. il brigante caco<br />

tira un bue per la coda; sullo sfondo un paesaggio con una volpe e degli alberi. parigi, cabinet des médailles. calco<br />

nella raccolta tassie. ra s P e 1791, n. 5784. Beazley Archive, oxford university; c) intaglio in lapislazzuli. una figura<br />

femminile (il genio di Alessandria di egitto?), sedente in riva al fiume, appoggia il gomito sulla testa del nilo, tiene<br />

lo scettro con una mano e posa l’altra sopra un paniere, pieno di grano, su cui pone la mano anche un fanciullo; sullo<br />

sfondo tre edifici (templi o i granai di Alessandria), un coccodrillo e vari animali con un pastore; in basso barche in acqua.<br />

disperso, già della collezione di leonardo Agostini. da MaFFei 1707-1709, vol. iV, n. XXX; d) intaglio in lapislazzuli.<br />

una figura femminile (il genio di Alessandria di egitto?), sedente in riva al fiume, appoggia il gomito sulla testa<br />

del nilo, tiene lo scettro con una mano e posa l’altra sopra un paniere, pieno di grano, su cui pone la mano anche un<br />

fanciullo; sullo sfondo tre edifici (templi o i granai di Alessandria), un coccodrillo e vari animali con un pastore; in basso<br />

barche in acqua. disperso, già della collezione di leonardo Agostini. calco in zolfo rosso dehn-dolce, Milano, gabinetto<br />

numismatico, raccolte Artistiche, cassetta o (14), n. 33. Foto gabinetto numismatico; e) intaglio in lapislazzuli.<br />

piritoo, amico di teseo, viene ucciso e divorato dal cane cerbero, all’inferno. disperso, già del museo dehn. calco


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

131<br />

in zolfo rosso dehn-dolce, Milano, gabinetto numismatico, raccolte Artistiche, cassetta p (15), n. 53. Foto gabinetto<br />

numismatico; f ) intaglio in lapislazzuli. Venere o una nereide tiene un ramo, portata da un mostro marino tra i flutti<br />

del mare; un amorino la segue, sollecitando l’animale. disperso, già della collezione di leonardo Agostini. da Ma F-<br />

F e i 1707-1709, vol. iii, pp. 13-14, n. 6.<br />

tav. Xliii<br />

a) intaglio in lapislazzuli. Vulcano seduto sopra una corazza, dietro alla quale vi è uno scudo, abbraccia Venere, nuda,<br />

in piedi a guardare il ciclope seduto a forgiare un’arma (?) <strong>post</strong>a sopra un’incudine; sotto il sedile del ciclope sta cupido<br />

con l’arco. già del conte Alessandro di Voranzoff. da br a C C i 1786, tav. XViii, n. ii; b) intaglio in lapislazzuli.<br />

Vulcano con il martello, seduto sopra il tronco di un albero, Minerva stante armata accanto a lui. calco nella raccolta<br />

tassie. ra s P e 1791, n. 6474. Beazley Archive, oxford university; c) intaglio in lapislazzuli. Figura femminile stante sacrifica<br />

su un’ara fiammeggiante un ariete; accanto a lei un amore tiene una torcia accesa. san pietroburgo, Museo statale<br />

dell’ermitage. Foto Museo; d) intaglio in lapislazzuli. Menade incedente, con un pugnale nel petto, la testa piegata<br />

al l’indietro, in atteggiamento estatico. Monaco, staatliche Münzsammlung. da we b e r 1992, p. 236, n. 361; e) intaglio in<br />

lapi slazzuli. Menade incedente, con un pugnale nel petto, la testa piegata all’indietro, in atteggiamento estatico (calliroe<br />

si ferisce il petto). già nel Museo di Marco Antonio sabbatini. disperso (o forse da identificare con l’intaglio precedente).<br />

da MaFFei 1707-1709, vol. iV, n. XXXiii; f ) intaglio in lapislazzuli. Busti di profilo di ercole e onfale (o Jole).<br />

san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage. Foto Museo; g) intaglio in lapislazzuli. Mercurio con il caduceo in mano<br />

e Fortuna con la cornucopia, stanti uno accanto all’altro, si stringono la mano. san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage.<br />

Foto Museo; h) intaglio in lapislazzuli. la pace e l’Abbondanza. calco in zolfo rosso dehn-dolce, Milano, gabinetto<br />

numismatico, raccolte Artistiche, cassetta K (10), n. 70. Foto gabinetto numismatico.<br />

tav. XliV<br />

a) intaglio in lapislazzuli. su un lato nettuno stante nel suo carro tirato da due cavalli; sull’altro lato due mani unite<br />

con in mezzo un caduceo, due cornucopie e al di sotto l’iscrizione pAX. calco nella raccolta tassie. ra s P e 1791, nn.<br />

2577-2578. Beazley Archive, oxford university; b) intaglio in lapislazzuli. una figura femminile e un’altra maschile<br />

stanti si abbracciano (Venere e Adone?). calco nella raccolta tassie. ra s P e 1791, n. 6501. Beazley Archive, oxford university;<br />

c) intaglio in lapislazzuli. una figura femminile stante, orante verso Artemide efesia. calco nella raccolta tassie.<br />

ra s P e 1791, n. 2077. Beazley Archive, oxford university; d) intaglio in lapislazzuli. Muzio scevola in piedi tiene<br />

una lancia in una mano e pone l’altra sul braciere ardente di fronte al re porsenna, seduto con scettro e una mano alzata;<br />

in alto vola una Vittoria con una corona su Muzio scevola. disperso, già collezione de Wilde. da De wi l D e 1703,<br />

tav. 28, n. 105; e) intaglio in lapislazzuli. Figura maschile incedente tiene un oggetto indefinito in una mano protesa;<br />

accanto un albero. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 686 (Foto e. ceolin); f ) intaglio in lapislazzuli.<br />

roma (?), con elmo, regge un globo; un braccio e una gamba sono tese in avanti. Verona, civici Musei d’Arte.<br />

Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 687 (Foto e. ceolin); g) intaglio in lapislazzuli. Venere vincitrice stante, di spalle, seminuda,<br />

con il gomito si appoggia a una colonnina; tiene in una mano un elmo, mentre con l’altra regge una lancia, ai piedi<br />

della dea uno scudo. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 685 (Foto e. ceolin, g. Fogliata); h) intaglio in lapislazzuli. Venere<br />

nuda stante, di profilo, piegata a scherzare con cupido. disperso, già collezione praun. calco nella raccolta tassie.<br />

ra s P e 1791, n. 6334. Beazley Archive, oxford university.<br />

tav. XlV<br />

a) intaglio in lapislazzuli. Marsia stante suona i flauti davanti ad Apollo con la lira, seduto su un tronco d’albero. ubicazione<br />

ignota, già collezione de Wilde. da De wi l D e 1703, pp. 155-156, tav. 44, n. 164; b) intaglio in lapislazzuli. le tre grazie.<br />

san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage. Foto Museo; c) intaglio in lapislazzuli, spezzato. Minerva stante, con<br />

elmo e lungo chitone, solleva in una mano una nike, nell’altra abbassata tiene l’asta. Verona, civici Musei d’Arte. Tassin<br />

a r i 2009, tav. XliV, n. 684 (Foto e. ceolin); d) intaglio in lapislazzuli. un erote o una Vittoria sacrifica un toro, sollevandone<br />

la gola. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 689 (Foto e. gagetti); e) intaglio in corniola, scheggiato.<br />

testa di re con corona o di Helios, di profilo. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 691 (Foto e.<br />

gagetti); f ) intaglio in corniola. testa di re con corona o di Helios, di profilo. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009,<br />

tav. XlV, n. 692 (Foto e. gagetti); g) intaglio in lapislazzuli. testa di re con corona o di Helios, di profilo. Verona, civici<br />

Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 693 (Foto e. gagetti); h) intaglio in lapislazzuli. testa di re o di Helios, di profilo.<br />

Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 694 (Foto e. gagetti); i) intaglio in agata zonata. Busto maschile<br />

armato con testa radiata di profilo. Bologna, Museo civico Archeologico. da Ma n D r i o l i bi Z Z a r r i 1987, p. 155, n. 312.<br />

tav. XlVi<br />

a) intaglio in corniola. Busto maschile panneggiato con testa di profilo con corona. inv. n. 1024; inedito. udine, civici<br />

Musei. Foto Musei; b) intaglio in corniola. testa maschile di profilo con corona. cambridge, Fitzwilliam Museum.


132<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

Beazley Archive (Foto B. Wilkins); c) intaglio in lapislazzuli. testa di profilo con i capelli cinti da una tenia. cambridge,<br />

Fitzwilliam Museum. Beazley Archive (Foto B. Wilkins); d) intaglio in corniola. testa maschile di profilo con i capelli<br />

cinti da una corona di alloro. ubicazione ignota, già collezione Vimercati sozzi, Bergamo. Ta s s i n a r i c.s.a, n. 383;<br />

e) intaglio in corniola. testa maschile di profilo con i capelli cinti da una tenia. inv. n. 717; inedito. udine, civici Musei.<br />

Foto Musei; f ) intaglio in lapislazzuli, scheggiato. testa maschile di profilo con i capelli cinti da una corona di alloro.<br />

Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 696 (Foto g. Fogliata); g) intaglio in diaspro rosso. testa<br />

maschile di profilo con i capelli cinti da una tenia; nel campo un caduceo (?). Modena, Museo civico d’Arte. Modena,<br />

Archivio fotografico del Museo civico d’Arte (Foto g. roncaglia); h) intaglio in corniola. testa maschile di profilo con<br />

i capelli cinti da una tenia. inv. n. 83; inedito. udine, civici Musei. Foto Musei; i) intaglio in corniola. testa maschile<br />

di profilo con i capelli cinti da una tenia. inv. n. 806; inedito. udine, civici Musei. Foto Musei.<br />

tav. XlVii<br />

a) intaglio in eliotropio. Busto maschile di profilo armato, con i capelli cinti da una corona di alloro. Firenze, Museo<br />

degli Argenti. da Ge n n a i o l i 2007, p. 449, n. 723 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali); b) intaglio<br />

in corniola. Busto maschile di profilo panneggiato, con i capelli cinti da una corona di alloro. inv. n. 763; inedito.<br />

udine, civici Musei. Foto Musei; c) intaglio in corniola. Busto maschile di profilo panneggiato, con i capelli cinti da<br />

una corona di alloro. inv. n. 1065; inedito. udine, civici Musei. Foto Musei; d) intaglio in corniola. Busto maschile di<br />

profilo panneggiato, con i capelli cinti da una corona di alloro. inv. n. 769; inedito. udine, civici Musei. Foto Musei);<br />

e) intaglio in corniola. Busto femminile di profilo, con i capelli raccolti dietro la nuca in uno chignon da cui discende<br />

un doppio nastro. perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria. vi T e l l o Z Z i 2010, p. 487, n. 596 (Foto p. Vitellozzi);<br />

f ) intaglio in corniola, scheggiato. Busto femminile di profilo, con i capelli che terminano in un alto chignon e cinti<br />

da un diadema (?). Modena, Museo civico d’Arte. Modena, Archivio fotografico del Museo civico d’Arte (Foto g.<br />

roncaglia); g) intaglio in corniola. testa femminile di profilo, con i capelli che terminano in una crocchia in alto e cinti<br />

da una tenia. Bari, Museo Archeologico. da Ta M M a 1991, p. 90, n. 152; h) intaglio in corniola. testa maschile di profilo,<br />

coperta da un elmo. inv. n. 1118; inedito. udine, civici Musei. Foto Musei; i) intaglio in calcedonio. testa maschile<br />

di profilo con corona stilizzata e capelli avvolti intorno ad un cercine (?). Modena, Museo civico d’Arte. Modena, Archivio<br />

fotografico del Museo civico d’Arte (Foto g. roncaglia).<br />

tav. XlViii<br />

a) intaglio in corniola. Busto maschile panneggiato di profilo, con barba e baffi; la testa è quasi calva, con pochi capelli.<br />

Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 699 (Foto e. gagetti); b) intaglio in agata zonata, scheggiato.<br />

Busto maschile panneggiato di profilo, con barba e baffi; la testa è quasi calva, con pochi capelli. Verona, civici Musei<br />

d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 700 (Foto e. gagetti); c) intaglio in corniola. Busto maschile panneggiato di profilo,<br />

con barba, baffi e capelli cinti da un nastro. como, Museo civico Archeologico “giovio”. Ta s s i n a r i 2010b, p. 172, fig.<br />

15; d) intaglio in diaspro rosso. Busto maschile panneggiato di profilo con barba, baffi e capelli cinti da un nastro. Modena,<br />

Museo civico d’Arte. Modena, Archivio fotografico del Museo civico d’Arte (Foto g. roncaglia); e) intaglio in<br />

corniola. Busto maschile panneggiato di profilo con barba, baffi e capelli cinti da un nastro. inv. n. 190; inedito. udine,<br />

civici Musei. Foto Musei; f ) intaglio in corniola. Busto maschile panneggiato di profilo, con barba e baffi; la testa è in<br />

parte calva, con ciocche di riccioli che circondano la nuca. perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria. vi T e ll<br />

o Z Z i 2010, pp. 482-483, n. 588 (Foto p. Vitellozzi); g) intaglio in corniola. Busto maschile di profilo con barba e capelli<br />

cinti da un diadema. perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria. vi T e l l o Z Z i 2010, p. 483, n. 589 (Foto p. Vitellozzi);<br />

h) intaglio in corniola. Busto maschile di profilo con barba e baffi. inv. n. 1081; inedito. udine, civici Musei.<br />

Foto Musei; i) intaglio in calcedonio. Busto maschile di profilo con barba, baffi e capelli cinti da una tenia. cambridge,<br />

Fitzwilliam Museum. Beazley Archive (Foto B. Wilkins).<br />

tav. XliX<br />

a-b) intaglio in corniola. Busto maschile panneggiato di profilo con barba, baffi e capelli cinti da una tenia; sul retro le<br />

insegne della famiglia Johnson. cambridge, Fitzwilliam Museum. Beazley Archive (Foto B. Wilkins); c) intaglio in lapislazzuli.<br />

Busto maschile panneggiato, testa di profilo, con barba fluente e capelli lunghi e raccolti in parte in un ciuffo<br />

sulla sommità del capo. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 697 (Foto e. gagetti); d) intaglio in<br />

agata. testa maschile di profilo, con barba fluente e capelli lunghi cinti da un nastro. cambridge, Fitzwilliam Museum.<br />

Beazley Archive (Foto B. Wilkins); e) intaglio in corniola. testa maschile giovanile di profilo con folti capelli. como,<br />

Museo civico Archeologico “giovio”. Ta s s i n a r i 2010b, p. 172, fig. 13.<br />

tav. l<br />

a) intaglio in corniola. testa maschile giovanile di profilo con folti capelli. inv. n. 1047; inedito. udine, civici Musei.<br />

Foto Musei; b); intaglio in corniola. testa maschile giovanile di profilo con capelli cinti da una tenia. Verona, civici


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

133<br />

Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 698 (Foto e. gagetti); c) intaglio in corniola. testa giovanile di profilo con<br />

lunghi capelli cinti da una tenia. como, Museo civico Archeologico “giovio”. Ta s s i n a r i 2010b, p. 172, fig. 14; d) intaglio<br />

in corniola. testa giovanile di profilo con lunghi capelli cinti da una tenia. inv. n. 864; inedito. udine, civici Musei.<br />

Foto Musei; e) intaglio in corniola. testa di giovane di profilo con i capelli cinti da una tenia e raccolti in uno chignon.<br />

inv. n. 879; inedito. udine, civici Musei. Foto Musei; f ) intaglio in corniola. Busto panneggiato, testa maschile di<br />

profilo con baffi e barba, coperta da un elmo. Modena, Museo civico d’Arte. Modena, Archivio fotografico del Museo<br />

civico d’Arte (Foto g. roncaglia); g) intaglio in corniola. Busto panneggiato, testa maschile di profilo con baffi e barba,<br />

coperta da un elmo. inv. n. 1018; inedito. udine, civici Musei. Foto Musei; h) intaglio in agata zonata, mancante di<br />

una parte inferiore. Busto panneggiato, testa di profilo che indossa un elmo, da cui fuoriescono lunghi capelli. inv. n.<br />

694; inedito. udine, civici Musei. Foto Musei.<br />

tav. li<br />

a-b) intaglio in lapislazzuli esagonale con un foro, inciso su entrambi i lati con una testa maschile di profilo con elmo (?).<br />

Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 695 (Foto e. gagetti); c) intaglio in corniola. testa maschile di<br />

profilo, barbata, con elmo. perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria. vi T e l l o Z Z i 2010, p. 484, n. 591 (Foto p.<br />

Vitellozzi); d) intaglio in corniola. Busto panneggiato, testa maschile di profilo coperta da un particolare copricapo. Budapest,<br />

Museo nazionale ungarico. Ge s Z T e ly i 2000, p. 174, n. 328; e) intaglio in corniola, frammentario. testa maschile<br />

di profilo con elmo. cambridge, Fitzwilliam Museum. Beazley Archive (Foto B. Wilkins); f ) intaglio in lapislazzuli.<br />

Busto femminile panneggiato, di profilo, con corona di foglie tra i lunghi capelli. Firenze, Museo degli Argenti. da<br />

Ge n n a i o l i 2007, p. 391, n. 562 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali); g) intaglio in lapislazzuli.<br />

una testa maschile e una femminile affrontate, identificate come germanico e Agrippina. disperso, già della collezione<br />

di leonardo Agostini. da MaFFei 1707-1709, vol. i, p. 26, n. 20.<br />

tav. lii<br />

a) intaglio in lapislazzuli. Busto maschile armato di profilo, con uno strano elmo e pennacchio. Madrid, Museo Archeologico<br />

nazionale. da Ca s a l Ga r C í a 1990, ii, p. 107, n. 108; b) intaglio in diaspro variegato. due teste barbate unite, di<br />

profilo, una a sinistra, l’altra a destra, im<strong>post</strong>ate su un busto togato (giano?). new York, the Metropolitan Mu seum<br />

of Art. calco nella raccolta tassie. ra s P e 1791, n. 773. Beazley Archive, oxford university; c) intaglio in lapislazzuli. la<br />

Madonna stante con in braccio gesù bambino benedicente. Monaco, staatliche Münzsammlung. da we b e r 2001, p. 163,<br />

n. 312; d) intaglio in corniola. s. Andrea stante. Vienna, Kunsthistorisches Museum. © Kunsthistorisches Mu seum Wien,<br />

Antikensammlung (Foto i. luckert); e) intaglio in lapislazzuli. Busto femminile panneggiato, di profilo, con un’elaborata<br />

pettinatura. Firenze, Museo degli Argenti. da Ge n n a i o l i 2007, pp. 426-427, n. 670 (su concessione del Ministero per<br />

i Beni e le Attività culturali); f ) intaglio in lapislazzuli. Busto maschile con barba e baffi, panneggiato, di profilo, con<br />

corona; al di sotto due lettere A d (imperatore M. Aurelio claudio, il gotico). disperso. calco in zolfo rosso dehn-dolce,<br />

Milano, gabinetto numismatico, raccolte Artistiche, cassetta AA (25), n. 191. Foto gabinetto numismatico; g) intaglio<br />

in lapislazzuli. Minerva incedente, con elmo corinzio e lungo peplo, impugna la lancia, mentre l’altro braccio proteso<br />

sorregge lo scudo. perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria. vi T e l l o Z Z i 2010, pp. 228-229, n. 242 (Foto<br />

p. Vitellozzi); h) intaglio in lapislazzuli. Vittoria alata incedente, con lungo chitone, con una mano sorregge una corona,<br />

con l’altra impugna una fronda di palma che porta in spalla. perugia, Museo Archeologico nazionale dell’umbria. vi-<br />

T e l l o Z Z i 2010, p. 259, n. 287 (Foto p. Vitellozzi); i) intaglio in lapislazzuli. Marte gradivo che porta un trofeo; nel campo<br />

una stella. ubicazione ignota, già collezione von gleichen. calco nella raccolta tassie. ra s P e 1791, n. 7351 (ma è scritto,<br />

errato, n. 7451). Beazley Archive, oxford university.<br />

tav. liii<br />

a) intaglio in lapislazzuli. Figura maschile, seduta su di un trofeo di armi (corazza, due lance e scudo) a cui si appoggia<br />

con una mano; con l’altra protesa tiene un elmo. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 661 (Foto<br />

e. ceolin); b) intaglio in lapislazzuli. erote stante mette una mano sull’arco poggiato a terra, mentre tiene una freccia<br />

(?) nell’altra. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 663 (Foto e. ceolin); c) intaglio in lapislazzuli.<br />

Figura maschile stante, nuda, con un braccio flesso e alzato e in mano un oggetto tondo, l’altro abbassato tiene<br />

un ramo con foglie; per terra è ritta una fiaccola (?). udine, civici Musei. Foto Musei; d) intaglio in lapislazzuli. Figura<br />

femminile stante, in lungo chitone, tiene un bastone in una mano e una spiga o una fronda nell’altra. Verona, civici<br />

Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. Xliii, n. 662 (Foto e. ceolin); e) intaglio in lapislazzuli. Vulcano barbato, seduto di<br />

profilo, alza il braccio col martello in atto di colpire un elmo collocato su una piccola incudine <strong>post</strong>a su un basamento<br />

cilindrico; sullo sfondo si stagliano due lance. roma, Musei capitolini. da Ta s s i n a r i 1996, pp. 164-165, n. 9, fig. 9;<br />

f ) intaglio in lapislazzuli. Figura femminile stante sacrifica su un’ara fiammeggiante un ariete; accanto a lei un amore<br />

tiene una torcia accesa. san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage. Foto Museo; g) intaglio in lapislazzuli. Busti<br />

di profilo di ercole e onfale (o Jole). san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage. Foto Museo; h) intaglio in lapislazzuli.<br />

Mercurio con il caduceo in mano e Fortuna con la cornucopia, stanti uno accanto all’altro, si stringono la mano.


134<br />

gABriel<strong>lA</strong> tAssinAri [rdA 34<br />

san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage. Foto Museo; i) intaglio in lapislazzuli. Figura maschile incedente tiene<br />

un oggetto indefinito in una mano protesa; accanto un albero. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV,<br />

n. 686 (Foto e. ceolin).<br />

tav. liV<br />

a) intaglio in lapislazzuli. roma (?), con elmo, regge un globo; un braccio e una gamba sono tese in avanti. Verona, civici<br />

Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 687 (Foto e. ceolin); b) intaglio in lapislazzuli. Venere vincitrice stante,<br />

di spalle, seminuda, con il gomito si appoggia a una colonnina; tiene in una mano un elmo, mentre con l’altra regge<br />

una lancia, ai piedi della dea uno scudo. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 685 (Foto e. ceolin,<br />

g. Fogliata); c) intaglio in lapislazzuli. le tre grazie. san pietroburgo, Museo statale dell’ermitage. Foto Museo; d)<br />

intaglio in lapislazzuli, spezzato. Minerva stante, con elmo e lungo chitone, solleva in una mano una nike, nell’altra<br />

abbassata tiene l’asta. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XliV, n. 684 (Foto e. ceolin); e) intaglio in lapislazzuli.<br />

un erote o una Vittoria sacrifica un toro, sollevandone la gola. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009,<br />

tav. XliV, n. 689 (Foto e. gagetti); f ) intaglio in lapislazzuli. testa di re con corona o di Helios, di profilo. Verona, civici<br />

Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 693 (Foto e. gagetti); g) intaglio in lapislazzuli. testa di re o di Helios, di<br />

profilo. Verona, civici Musei d’Arte. Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 694 (Foto e. gagetti); h-i) intaglio in lapislazzuli esagonale<br />

con un foro, inciso su entrambi i lati con una testa maschile di profilo con elmo (?). Verona, civici Musei d’Arte.<br />

Ta s s i n a r i 2009, tav. XlV, n. 695 (Foto e. gagetti).


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

135<br />

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parma, 4 marzo - 21 maggio 1995; galleria nazionale<br />

di capodimonte, napoli 30 settembre - 17 dicembre 1995;<br />

Haus der Kunst, Monaco di Baviera, 1 giugno - 27 agosto<br />

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Gemmarum affabre 1720, Gemmarum affabre sculptarum thesaurus<br />

quem suis sumptibus haud exiguis nec parvo studio collegit<br />

Io. Mart.ab Ebermayer Norimbergensis. Digessit et recensuit<br />

Io.Iacobus Baierus Philos. et Med. Doctor huiusque in Acad. Altorf.<br />

Professor Primarius, norimbergae.<br />

Gemme Farnese 2006, Le gemme Farnese, a cura di c. gasparri,<br />

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ex Thesauro Mediceo et privatorum Dactyliothecis Florentiae,<br />

Florentiae.<br />

Go r i A. F. ectypa, Anton Francesco gori, Gemmarum antiquarum<br />

ectypa, due tomi con impronte di ceralacca di gemme<br />

antiche e non antiche per lo più inedite (visione autoptica),


138<br />

conservati nella Biblioteca Marucelliana a Firenze, tra i manoscritti<br />

di Anton Francesco gori (A XXXii-XXXiii).<br />

Götter und Heroen 2003, Im Glanz der Götter und Heroen. Meisterwerke<br />

antiker Glyptik aus der Stiftung Leo Merz, Kunstmuseum<br />

Bern, Ausstellung vom 16. oktober 2003 bis 8. Februar<br />

2004, herausgegeben von d. Willers, l. raselli-nydegger,<br />

Mainz am rhein.<br />

Gr a M aT o P o l M. 1974, Les pierres gravées du Cabinet Numismatique<br />

de l’Académie Roumaine (collection latomus, 138),<br />

Bruxelles.<br />

Gr o n o v i u s J. 1695, Abrahami gorlaei Antverpiani dactyliothecae<br />

Seu Annulorum sigillarium quorum apud Priscos tam<br />

Graecos quam Romanos usus, E Ferro, Aere, Argento & Auro<br />

Promptuarii, pars prima collectis aliunde & ineditis & editis Annulorum<br />

figuris auctior, cum explicationibus Jacobi Gronovii. Pars<br />

secunda seu variarum gemmarum quibus antiquitas in signando<br />

uti solita, scalpturae, triplo quam fuerunt, partim antehac ineditarum,<br />

partim ex scriptis eruditorum virorum collectarum numero<br />

locupletiores, cum succinta singularum explicatione Jacobi Gronovii,<br />

lugduni Batavorum.<br />

Gr ö s C h e l s. g. 1979, Die Gemmensammlung Berlins bis zu<br />

Friedrich dem Großen, in Berlin und Die Antike, Ausstellung,<br />

Berlin 22 April - 22 Juli, pp. 52-66.<br />

Gr ö s C h e l s. g. 1981, Die antiken Gemmen und Kameen der<br />

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Ausstellung, Berlin, pp. 98-108.<br />

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139<br />

li P P e rT P. D. 1755, Dactyliothecae Universalis signorum exemplis<br />

nitidis redditae Chilias sive scrinium milliarium primum. Delectis<br />

gemmis antiquo opere scalptis plerisque eisque fere hodie praedicatione<br />

et notitia multorum in omni Europa clarissimis exemplo<br />

de museis in massa quadam terrea candida petito expressit ordinavit<br />

edidit Philippus Dan. Lippert Dresd. Stilum adcommodabat<br />

intellegendis que per coniecturam argumentis litteras nonnullas<br />

prae fatus quoque de rei gemmariae veteris gratia singulari Joh.<br />

Frider. Christius Prof. Artium Publicus, lipsiae.<br />

li P P e rT P. D. 1762, Dactyliothecae Universalis signorum exemplis<br />

nitidis redditae Chilias Tertia sive scrinium milliarium tertium.<br />

Delectis gemmis expressit ordinavit edidit Philippus Dan. Lippert<br />

Dresd. Stilum adcommodavit Christian Glottob Heyne, lipsiae.<br />

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Modeller, arranged and described by R. E. Raspe; and illustrated<br />

with Copper-Plates. To which is prefixed an Introduction on the<br />

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141<br />

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“lanx”. rivista elettronica della scuola di specializzazione<br />

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di Federico Dolce a Trieste, in AttiMusTrieste 2006-2008, n. 22-<br />

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Ta s s i n a r i g. c.s.a, La collezione di gemme di Paolo Vimercati Sozzi<br />

(1801-1883): un suo taccuino di disegni conservato al Museo<br />

Poldi Pezzoli a Milano, c.s.<br />

Te e s e. A. 1993, La collection des antiquités gréco-romaines de<br />

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15 november - 23 december.<br />

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nel Museo Nazionale del Bargello, Firenze.<br />

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To M a s e l l i c. 1993, Le gemme incise di età romana dei Civici Musei<br />

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To n D o l. 1993, Le gemme delle raccolte Agostini, in Technologie<br />

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To n D o l., va n n i F. M. 1990, Le gemme dei Medici e dei Lorena<br />

nel Museo Archeologico di Firenze, Firenze.<br />

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pp. 195-227.<br />

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nel Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria a Perugia,<br />

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vo l l e n w e i D e r M.-l. 1976-79, Musée d’Art et d’Histoire de Genève.<br />

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ii. Les portraits, les masques de theâtre, les symboles politiques.<br />

Une contribution à l’histoire des civilisations hellénistique<br />

et romaine, Mainz am rhein.<br />

vo l l e n w e i D e r M.-l. 1983, Catalogue raisonné des sceaux, cylindres,<br />

intailles et camées. Vol. iii. La collection du Révérend Dr.<br />

V. E. G. Kenna et d’autres acquisitions et dons récents, Mainz<br />

am rhein.<br />

vo l l e n w e i D e r M.-l. 1984, Deliciae Leonis. Antike geschnittene<br />

Steine und Ringe aus Privatsammlung, Mainz am rhein.<br />

vo l l e n w e i D e r M.-l. 1995, Camées et intailles. Tome I. Les Portraits<br />

grecs du Cabinet des médailles. Catalogue raisonné, i-ii,<br />

paris.<br />

vo l l e n w e i D e r M.-l., avisseau-br o u s T e T M. 2003, Camées et intailles.<br />

Tome II. Les Portraits romains du Cabinet des médailles.<br />

Catalogue raisonné, i-ii, paris.<br />

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ancient written sources, partille.<br />

vo n ros e n l. 1990, Lapis lazuli in archeological contexts, Jonsered.<br />

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london.<br />

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we b e r i. s. 2001, Geschnittene Steine aus altbayerischem Besitz.<br />

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we i s s c. 1996, Antike Gemmen in Deutschen Sammlungen. Band<br />

V. Die antiken Gemmen der Sammlung Friedrich Julius Rudolf<br />

Bergau im Germanischen Nationalmuseum, Nürnberg, nürnberg.<br />

we i s s c. 2011, «geschnittene steine gekauft». Antiken Gemmen<br />

aus dem Besitz von Sigmund Freud, in Freud und die Antike,<br />

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we n T Z e l H. 1958, s.v. Glittica (Rinascimento e mondo moderno),<br />

in Enciclopedia Universale dell’Arte, Firenze, vol. Vi, pp.<br />

294-298.<br />

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Baron de Stosch dediée a son Eminence Monseigneur le Cardinal<br />

Aléxandre Albani par M. l’Abbé Winckelmann Bibliothecaire de<br />

son Eminence, Florence.<br />

Za n e T T i n B. 2003, I minerali, in Cristalli e gemme. Realtà fisica<br />

e immaginario, simbologia, tecniche e arte, Atti del Convegno<br />

di studio promosso dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti<br />

(Venezia 28, 29 e 30 aprile 1999), a cura di b. zanettin, Venezia,<br />

pp. 83-104.<br />

Za n n o n i g. B. 1824, Reale Galleria di Firenze. Serie V. Cammei<br />

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Za Z o F F p. 1965, Gemmen in Kassel, AA i, pp. 1-115.<br />

Za Z o F F p. 1970, Antike Gemmen in Deutschen Sammlungen.<br />

Band iii. Die Gemmensammlung der Staatlichen Kunstsammlungen<br />

Kassel, Wiesbaden.<br />

Za Z o F F p. 1983, Die antiken Gemmen, München.<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l e. 1969, Antike Gemmen in Deutschen Sammlungen.<br />

Band ii. Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz,<br />

Antikenabteilung, Berlin, München.<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l e. 1986, Glaspasten im Martin-von-Wagner-<br />

Museum der Universität Würzburg, i, München.<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l e. 1990, Recensione a gertrud platz-Horster,<br />

Die antiken Gemmen aus Xanten im Besitz des Niederrheinischen<br />

Altertumsvereins, des Rheinischen Landesmuseums Bonn, der Katholischen<br />

Kirchengemeinde St. Viktor und des Regionalmuseums<br />

Xanten, Bonn 1987, “gnomon” 62, pp. 641-644.<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l e. 1991, Die antiken Gemmen des Kunsthistorischen<br />

Museums in Wien. Band iii. Die Gemmen der späteren<br />

römischen Kaiserzeit, Teil 2: Masken, Masken-Kombinationen,<br />

Phantasie- und Märchentiere, Gemmen mit Inschriften, Christliche<br />

Gemmen, Magische Gemmen, Sasanidische Siegel, Rundplastik<br />

aus Edelstein und verwandten Material, Kameen, München.<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l e. 1992, Das Lapislazuli-Köpfchen am Herimannkreuz,<br />

in Kotinos. Festschrift für Erika Simon, herausgegeben<br />

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Zw i e r l e i n-Di e h l e. 1992a, Magische Amulette und andere Gemmen<br />

des Instituts für Altertumskunde der Universität zu Köln.


2010] <strong>Alcune</strong> <strong>considerAzioni</strong> <strong>sul<strong>lA</strong></strong> <strong>glitticA</strong> <strong>post</strong>-<strong>AnticA</strong><br />

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des Paulus Praun. Die Inventare von 1616 und 1719. “Quellen<br />

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pp. 69-83.<br />

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nürnberg 3.3. - 15.5.1994, nürnberg, pp. 375-380.<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l e. 1998, Die Gemmen und Kameen des Dreikönigenschreines.<br />

Der Dreikönigenschrein im Kölner Dom, Band i.1<br />

(denkmäler deutscher Kunst. die großen reliquienschreine<br />

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von A. Wolff und r. lauer, Köln.<br />

Zw i e r l e i n-Di e h l e. 2007, Antike Gemmen und ihr Nachleben,<br />

Berlin.


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