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I CAPITELLI ROMANI DI ALTINO * Luigi Sperti - Margherita Tirelli

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2007] FARFALLE NELL’EGEO103I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong> *<strong>Luigi</strong> <strong>Sperti</strong> - <strong>Margherita</strong> <strong>Tirelli</strong>AbstractThis paper deals with the Roman capitals coming from the ancient site of Altinum, near Venice. The evidence is preservedmainly in the local Archaeological Museum, and it is dated from the first half of the I century B.C. to the LateAntique period. A small group of Italic-Ionic and Italic-Corinthian capitals witness the growth of the necropoleis inthe Late Republican period. Most of the material belongs to monumental tombs of the Augustan and Julio-Claudianperiod; a few pieces were part of important public buildings of the same period, but the lack of extended excavationsin the urban area doesn’t allow to place this evidence in a topographical context.I capitelli della X regio sono stati oggetto di studiosin dalla metà del Novecento, ma solo in epocapiù recente – a partire soprattutto dalla metà deglianni Settanta – si sono poste le basi per una piùapprofondita valutazione della cultura architettonicadi questa regione, a cui concorrono, in diversamisura e a seconda delle fasi storiche, influssiprovenienti sia dalla capitale e dall’area centroitalica,sia dall’Oriente ellenizzato. Ancora più recentementesi sono affrontati, superando il tradizionaleapproccio tipologico e stilistico, temi e problematichedi più ampio respiro: tra questi in particolareil ruolo della committenza, l’individuazionedi maestranze, le forme e i modi di adeguamentodell’architettura pubblica e privata ai modelli urbani.Il primo studio sistematico di capitelli di uncentro della Venetia et Histria appare nel 1952, conil volume di V. Scrinari dedicato alle testimonianzedi Aquileia 1 , a cui seguì qualche anno dopo ilcatalogo degli esemplari presenti nelle città orientalidella regione, in particolare Trieste e Pola 2 . Iniziativeentrambe assai meritorie, che rispondevanoall’auspicio, ripetutamente avanzato sin dagli anni’30 da parte di storici dell’architettura antica, di avviareun censimento esaustivo dei capitelli romanidella penisola 3 ; ma che trovavano un serio limitenell’assenza di una indagine generale sullo sviluppostilistico e tipologico del capitello romano, sullesue varianti regionali, sui rapporti tra le architettureperiferiche e i modelli elaborati e diffusi in Romae in altri importanti centri artistici dell’Impero. Lostudio di W. D. Heilmeyer del 1970 sullo sviluppodel capitello corinzio canonico dalle origini tardorepubblicanesino al III sec. d.C. 4 , e la pubblicazionedi poco successiva da parte di P. Pensabene delcorpus dei capitelli ostiensi 5 (con cui per la primavolta è possibile valutare modi, tempi e forme dellaproduzione di un centro che per ovvie ragionipresenta forti consonanze con il panorama urbano)segnano nella storia degli studi un punto di svolta,che non tarda a riflettersi nelle ricerche dedicatealle singole realtà regionali: l’indagine sul Capitoliumdi Brescia getta luce sugli aspetti decoratividi uno dei più importanti complessi monumentalidella X regio della prima età imperiale 6 , mentrequella di G. Cavalieri Manasse sulla decorazionearchitettonica di Aquileia, Trieste e Pola dal periodotardo-repubblicano all’età giulio-claudia 7 consente* <strong>Margherita</strong> <strong>Tirelli</strong> ha scritto il capitolo su I contesti di provenienza (p. 125 s.); a <strong>Luigi</strong> <strong>Sperti</strong> è da ascrivere il resto.1Scrinari 1952.2Scrinari 1956.3Crema 1940; Cressedi 1957; un primo ragguaglio sui capitelli dell’Italia settentrionale compare all’interno dell’opera delKähler (1939, pp. 60, 68 e passim) dedicata ai capitelli renani.4Heilmeyer 1970; qualche breve paragrafo riguarda i capitelli della X regio: pp. 43 (Aquileia, Grado), 115 ss. (Pola), 131 ss.(Italia Settentrionale).5Pensabene 1973.6Frova, Rossignani, Cavalieri Manasse 1975.7Cavalieri Manasse 1977.


104LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31di delineare un quadro delle origini della plasticaarchitettonica della Venetia orientale che rimaneesemplare anche per l’area padana, e al contempopuntualizza importanti aspetti tipologici e stilisticidella produzione di Aquileia e dei centri vicini, chenei cataloghi precedenti erano rimasti in ombra 8 .Dall’inizio degli anni ottanta trovano pubblicazionealcune importanti raccolte museali: il catalogo deicapitelli del Museo Archeologico di Verona 9 presentaesemplari in parte pertinenti al teatro romano,in parte provenienti da edifici per lo più nonidentificabili, e viene ad integrare il lavoro pionieristicodi H. Kähler sulle porte urbiche della città 10 ;il Museo Archeologico di Pola rivela materiale insospettabilmentericco, databile in un arco cronologicoche va dalla prima età imperiale sino al IIIsec. d.C. 11 ; il riallestimento del Lapidario del MuseoArcheologico di Padova dà modo di rivedereuna serie di testimonianze architettoniche non particolarmentenumerosa se paragonata all’importanzadella città in età romana, ma comunque di uncerto interesse, soprattutto per la possibilità di ricostruireil partito decorativo di un paio di grandiedifici pubblici della prima età imperiale 12 . Lo spinosoproblema della decorazione architettonica ditradizione ellenistico-italica si ripropone in recentissimicontributi, dedicati ad un gruppo di capitelliionici di inusitata tipologia rinvenuti in condizionedi reimpiego a Feltre 13 , e alla riconsiderazione delmateriale architettonico (tra cui un frammento dicapitello ionico-italico e alcuni esemplari corinzioitalici)tratto in luce negli scavi del noto santuariotardo-repubblicano di Brescia 14 : caso del tutto eccezionalenel panorama dell’architettura norditalicadi II-I secolo a.C., sia per la possibilità di collegarei rinvenimenti ad un contesto archeologico articolatoe databile con buona approssimazione, sia perla ricchezza e lo stato di conservazione del materialedecorativo.In questo quadro sommariamente delineato (eche potrebbe essere facilmente ampliato 15 ) dellosviluppo della decorazione architettonica nella Cisalpinaorientale, si collocano i capitelli di Altino:un corpus di 54 pezzi tra interi e frammentari, ingran parte inediti 16 , comprendente alcuni esemplariionico-italici e corinzio-italici di età tardo-repubblicanae augustea, qualche capitello di tipo corinzioasiatico, e un folto gruppo di esemplari, soprattuttocorinzi, databili tra l’età augustea e l’età giulioclaudiao gli inizi dell’epoca flavia. Le ragioni diquesta forte concentrazione dell’evidenza architettonicanella prima età imperiale emergono implicitamentedalla storia degli scavi: come sottolineaopportunamente M. <strong>Tirelli</strong> nel capitolo dedicato aicontesti di provenienza (v. infra, p. 125), l’esplorazionearcheologica di Altino si è concentrata storicamentenelle aree necropolari, il cui materiale sicolloca quasi senza eccezioni tra la fine del I sec.a.C. e la fine del I sec. d.C. 17 . All’architettura funerariava attribuito inoltre un discreto numero di capitellicorinzi privi di dati sulla provenienza, chepresentano però similarità formali e tecniche conesemplari di provenienza certa tali da lasciare po-8Con conseguenze anche nell’ambito delle datazioni, talora divergenti da quelle proposte dalla Scrinari (v. supra, note 1 e 2).Per alcune puntualizzazioni sull’inquadramento cronologico dei capitelli aquileiesi v. inoltre Cavalieri Manasse 1977, p. 153ss.; von Hesberg 1981, p. 23; Cavalieri Manasse 1983, p. 140 e passim; <strong>Sperti</strong> 2005, pp. 305 ss., 312 ss.9<strong>Sperti</strong> 1983.10Kähler 1935, in particolare p. 181 s. sui capitelli.11Buršić-Matijašić 1984-85. Sui capitelli dei principali monumenti romani della città v. inoltre Fischer 1996, pp. 63 ss., 81 ss.e passim.12Padova romana 1994, in particolare Tosi 1994.13Cavalieri Manasse 2006.14Cavalieri Manasse 2002.15Si vedano ad es. Galliazzo 1977 (capitelli corinzi dal tea tro romano di Berga a Vicenza); Lopreato 1980 (capitelli severianidal Foro di Aquileia); Di Filippo Balestrazzi 2001 (capitelli al Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro); Michelini 2002(capitello corinzio a Trento); Ibsen 2006 (esemplari da centri dell’area del Garda).16La maggior parte dei capitelli è conservata al Museo Archeologico Nazionale di Altino; a questi vanno aggiunti alcuni esemplaridella collezione di Villa Canossa Reali a Dosson di Casier (Treviso), formata esclusivamente da materiale di provenienzaaltinate, in particolare elementi architettonici e sculture funerarie di varia tipologia; le sculture funerarie sono in parte edite,v. Compostella 1996, p. 143 e passim. Un primo censimento del corpus dei capitelli altinati è oggetto della tesi di laurea di L.Dengo (I capitelli romani di Altino, Università di Venezia, a.a. 2005-2006), che raccoglie la maggioranza degli esemplari qui esaminati,e sul quale è in parte basato il catalogo.17Cfr. <strong>Tirelli</strong> 1998, col. 137.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>105chi dubbi sul contesto originario: per lo più frammentinon particolarmente significativi di per sé,ma che contribuiscono comunque a precisare tempie modi dell’edilizia funeraria altinate. Egualmenteinsignificante dal punto di vista architettonico è ilframmento (n. cat. 43) tratto in luce di recente in localitàFornace nel corso delle indagini su un santuarioextraurbano fondato probabilmente nel VI sec.a.C. e frequentato ininterrottamente sino all’età imperiale18 ; trattandosi dell’unica testimonianza rinvenutanegli scavi che può essere posta in relazionecon la classe monumentale in esame, si è ritenutoopportuno segnalarlo, se non altro per le pur incerteindicazioni cronologiche che da esso possonoricavarsi. Gli esemplari riferibili all’area urbana,per le ragioni sopra esposte, costituiscono un gruppolimitato. Come sottolinea M. <strong>Tirelli</strong>, i dati sulleprovenienze non consentono di risalire a contestiarchitettonici precisi, ma la pertinenza di alcuni diessi a grandi complessi monumentali è confermatada qualche raro esemplare in marmo di notevolidimensioni. Nel catalogo vengono inseriti inoltredue capitelli ionici (nn. cat. 8, 9) che per l’inusualetipologia e caratteri stilistici sembrano riconducibilialla produzione rinascimentale di ispirazioneanticheggiante.Rimane infine da sottolineare che anche ad Altino,con ogni probabilità, l’età post-antica segnal’inizio di frequenti episodi di dislocazione e spostamentodi manufatti scultorei e architettoniciall’interno della città e negli immediati dintorni, ascopo di reimpiego o per altri motivi (v. infra, p.123 s.). Tale fenomeno, ampiamente documentatoper altri siti della Venetia – tra cui in particolareAqui leia 19 – suggerisce una certa cautela nell’attribuzionedei singoli pezzi ad ambiti pure generici,quali lo spazio monumentale/pubblico o quelloprivato delle necropoli: e ciò vale specialmente perun corpus come quello altinate, dove gli esemplaririferibili ad un contesto architettonico specifico sicontano sulle dita di una mano.Capitelli ioniciTra le prime manifestazioni dell’ordine ioniconell’architettura altinate quattro esemplari inediti,uno pressoché integro proveniente dalle necropolinord-est dell’Annia (n. cat. 1, tav. XIV, a), un frammentodi provenienza ignota (n. cat. 2, tav. XIV, b),e due capitelli di semicolonna molto frammentari(nn. cat. 3-4, tav. XIV, c, d ), arricchiscono il quadrodella diffusione del capitello ionico-italico in ItaliaSettentrionale. Il tipo del capitello ionico-italico sisviluppa sulla base di modelli peloponnesiaci creatinella seconda metà del V secolo, e conosce a partiredalla fine del III sec. a.C. una straordinaria fortunain Sicilia, in Italia meridionale (particolarmentea Pompei) e in ambiente centro-italico, mentre nellaCisalpina, con l’eccezione di qualche esemplaresporadico a Milano e Bologna, trova una certadiffusione soprattutto nella X regio, ed in particolaread Aquileia 20 . I capitelli ionico-italici di Aquileia,peraltro quasi tutti decontestualizzati, e piuttostoeterogenei per tipologia e stile, costituiscono digran lunga il gruppo più numeroso della Cisalpina21 : gli esemplari più antichi, avvicinabili per resae schema decorativo alla produzione sicula e centro-italica,risalgono alla fine del II sec. a.C., e costituisconola prima attestazione in Italia Settentrionale22 ; i più recenti dimostrano la persistenza deltipo, ridotto oramai ad una sorta di fossile formaledall’adozione del tipo canonico, sino all’età giu-18V. <strong>Tirelli</strong> 2004, p. 446, con precedente bibl.19V. ad es. <strong>Sperti</strong> 2003, col. 239 ss.; <strong>Sperti</strong> 2005, p. 305 ss.20Un primo inquadramento generale in Delbrück 1912, p. 155 ss.; per classificazione tipologica, diffusione regionale e sviluppostilistico del tipo in Italia v. Casteels 1976-77; da ultimo Ramallo Asensio 2004, p. 166 ss.; von Hesberg 2005, p. 149ss.; e soprattutto la recente monografia di S. Batino (2006). Sulle tecniche di fabbricazione Lauter 1998, in particolare p. 406s. Studi regionali: per Pompei v. Napoli 1950; su un raro esemplare fittile a Messina e sulla produzione sicula cfr. Campagna2003a. Per la Cisalpina manca un lavoro di sintesi: v. comunque De Maria 1983, p. 347 ss.; De Maria 2000, p. 290 s.; CavalieriManasse 2006, p. 125. A Milano si conservano due esemplari: v. Rossignani 1990, p. 333, nota 49; Sacchi et al. 2003, n.1.15 p. 92 s. fig. 30; Batino 2006, nn. 138-139, p. 102 s., tav. XV; per l’esemplare bolognese De Maria 1983, p. 348, tav. XV.4;De Maria 2000, p. 290; Batino 2006, n. 137, p. 101, tav. XV. La carta di distribuzione più aggiornata (Batino 2006, tav. I) è lacunosaper quanto riguarda le testimonianze norditaliche.21Scrinari 1952, nn. 1-6; Cavalieri Manasse 1977, p. 153 s., figg. 4-5; Cavalieri Manasse 1978, nn. 2-12, p. 44 ss., tavv. 1-5; n.46 a.b, p. 83 s., tav. 19-20; Batino 2006, nn. 143-154, p. 105 ss., tavv. XV-XVI. Per il noto capitello con dedica di Tampia L(uci)F(ilia) Diovei v. anche Fontana 1997, n. 16, pp. 98 ss., 190 s., fig. 12, con ulteriore bibl.22Cavalieri Manasse 1978, nn. 2-4, p. 44 ss., tavv. 1-2; Batino 2006, nn. 143-145, p. 105 s., tav. XV.


106LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31lio-claudia 23 . Alla produzione aquileiese va ascrittoinoltre un capitello inedito conservato nel giardinodella Villa Florio a Buttrio, presso Udine (tav.XV, a), databile nell’ultimo quarto del II sec. a.C.,la cui origine e cronologia sono confermate dallaspiccata similarità con due esemplari di Aquileia 24 .Con il quadro piuttosto ricco e articolato delle testimonianzeaquileiesi contrasta la sporadica diffusionedel tipo negli altri centri della Venetia: unesemplare nella vicina Concordia risale all’età augustea25 ; uno più antico a Bardolino, nel veronese,è databile entro la metà del I sec. a.C. 26 ; un gruppodi capitelli a Feltre, forse di età augustea, si distingueper la raffinata decorazione dell’abaco, sucui compaiono motivi figurativi come pelte, orologisolari, teste di uccello 27 : una particolarità senza parallelinell’ordine ionico-italico della Cisalpina, macon qualche confronto in ambito siculo, a Pompeie altrove 28 . Va ricordato ancora un capitello al MuseoArcheologico di Venezia (tav. XV, b) provenientedagli scavi ottocenteschi dell’Abbazia di Sant’Ilario,nei pressi dell’attuale Marghera (Venezia), che èrimasto escluso dalle ricerche sul tipo ionico-italicoin quanto pubblicato in un catalogo di materialescultoreo di età medievale 29 . Infine, un esemplaredi ridotte dimensioni attribuito ad una porta dellemura di Verona degli inizi del I sec. a.C. 30 , ed unframmento pertinente alle semicolonne delle auledel santuario tardo-repubblicano di Brescia, databileintorno al 70 a.C. 31 sono le uniche testimonianzecollegabili a complessi architettonici di datazionecerta. Rimane dunque assai problematica la cronologiadi questa classe di materiale, come è stato giàpiù volte sottolineato 32 , da un lato per l’assenza dicontesti archeologici certi, dall’altro perché la modestaevoluzione tipologica e stilistica e la varietàdei rapporti proporzionali non consentono di delineareneppure a grandi linee una seriazione cronologicaconvincente.Tali limiti valgono ovviamente anche per i casiin esame. Il capitello n. cat. 1 mostra una certa assonanzanella resa del kyma ionico e dell’astragalo,nella forma particolare delle volute (ispirate inparte al tipo detto “a corna di montone”, in partealle volute a canale convesso) e nel profilo dell’abaco,con qualche esemplare aquileiese databile nellaprima metà del I sec. a.C. 33 : tale datazione chepuò ritenersi valida, del tutto indicativamente, ancheper il pezzo altinate. In base alla provenienzadall’area necropolare, si può ipotizzare che facesseparte di una tomba ad edicola su podio. Si tratterebbein questo caso di una delle attestazioni piùantiche di architettura funeraria monumentale delcentro veneto.Il frammento n. cat. 2, per quanto consente divalutare il mediocre stato di conservazione, è difattura più grossolana. Il tondino dell’abaco ornatocon kyma ionico, derivato dal tipo canonico, ètestimoniato pur sporadicamente nella produzionedell’Italia centro-meridionale a partire da fine IV-IIIsec. a.C. 34 . In Cisalpina l’abaco decorato con ovolitrova confronto con il capitello al Museo Archeolo-23Monumento dei Curii: Cavalieri Manasse 1978, n. 46.a, p. 83, tavv. 19,3-20,1; Batino 2006, n. 154, p. 110, tav. XVI.24Il capitello di Buttrio è citato in Cavalieri Manasse 2006, nota 10; debbo la fotografia alla cortesia di Paolo Casari. Per iconfronti con i pezzi aquileiesi. v. Cavalieri Manasse 1978, nn. 3 e 4, p. 45 s., tav. 2; Batino 2006, nn. 144 e 145, p. 105 s., tav.XV.25Di Filippo Balestrazzi 2001, p. 215, fig. 3.26Cavalieri Manasse 1997b, p. 115, fig. 5, reimpiegato nella chiesa di S. Zeno.27Cavalieri Manasse 2006.28Batino 2006, ad es. nn. 27, 94, 162, 166.29Polacco 1981, n. 26 p. 39: alle misure qui riportate aggiungo il diametro inferiore (cm 52), che dimostra l’originario impiegoin un edificio di una certa importanza. Il pezzo fa parte di un nucleo di materiale eterogeneo di età romana reimpiegatonell’abbazia, e non è da escludersi che possa provenire da Altino stessa, che dal complesso monastico dista in linea d’aria circa20 km. A giudicare dagli elementi superstiti, sembra abbastanza simile ad esemplari di epoca relativamente avanzata, comeun capitello ad Aquileia datato intorno alla metà del I sec. a.C. (Cavalieri Manasse 1978, n. 9, p. 49, tav. 4,2).30Cavalieri Manasse 1998, p. 116, nota 23; per la struttura p. 113 ss.31V. ora Cavalieri Manasse 2002, p. 96 s., figg. 9-10. Un piccolo capitello ionico-italico di lesena rinvenuto nell’area della viaper Cremona (Cavalieri Manasse 1997a, p. 248 ss., fig. 6) è riferibile forse ad un monumento ad edicola. Per un altro esemplarebresciano di provenienza ignota v. Frova, Rossignani, Cavalieri Manasse 1975, p. 55, fig. 2; Batino 2006, n. 141, p. 103.32V. De Maria 1981, p. 584 s.; Cavalieri Manasse 2002, p. 97.33Cavalieri Manasse 1978, n. 5, p. 47, tav. 3,1; n. 8, p. 49, tav. 4.1; v. ora Batino 2006, rispettivamente n. 146, p. 106, tav. XV,e n. 149, p. 108, tav. XV.34L’esempio più antico in Batino 2006, n. 105, p. 82 s., tav. XII (Pietrabbondante, santuario precedente il complesso tempioteatro).Per altri casi v. Batino 2006, nn. 19, 155, 169, 170.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>107gico di Milano, databile alla metà del I sec. a.C. 35 ,e l’esemplare da Concordia al Museo Ar cheo lo gicodi Portogruaro, forse di età augustea 36 . Verrebbeda interpretare la resa schiacciata degli ovoli delkyma, dal profilo spigoloso e inelegante, come indicedi seriorità, attribuendo il pezzo altinate allafase tarda della produzione dello ionico-italico: main mancanza di elementi di giudizio meno aleatori,si può forse proporre una datazione, del tutto ipotetica,compresa tra la metà del I sec. a.C e i primidecenni del secolo successivo.I due capitelli ionico-italici di semicolonna nn.cat. 3 e 4 facevano parte in origine di un edificiodi cospicue dimensioni: il diametro di base consentedi ricostruire colonne con un fusto di circa4,5-5 metri 37 . Purtroppo lo stato di conservazionemolto lacunoso ci impedisce di valutare come meriterebberole testimonianze di uno dei primi interventimonumentali pubblici di rilievo della città.L’apparato decorativo conservato si riduce ad unaporzione kyma ionico e di astragalo, e a tracce disemipalmette oblique ai lati. Gli ovoli appuntiti eil contorno romboidale delle perline trovano confrontocon quelle di due capitelli aquileiesi postinegli ultimi decenni del II sec. a.C. 38 , che peraltrosi distinguono dai pezzi altinati per la presenza dipalmette verticali – un motivo che appare di normanegli esemplari più antichi. La forma delle scanalatureche ornano il sommoscapo della colonna, dalleestremità superiori arrotondate, si discosta dallasoluzione canonica in questa classe di capitelli,dove il sommoscapo mostra di norma scanalaturedalle estremità rettilinee 39 . Se questo tipo di scanalaturapuò essere considerato indizio di seriorità 40 ,si potrebbe proporre una ipotetica datazione nellaseconda metà del I sec. a.C.Nel corso del terzo venticinquennio del I sec.a.C., a fianco delle forme di tradizione italica, siafferma sia nei monumenti ufficiali che nell’architetturafuneraria privata il tipo di capitello ionicocanonico 41 . Gli ateliers di Altino adottano precocementele nuove soluzioni decorative provenientidalla capitale, come dimostra un notevole esemplarein calcare d’Aurisina (n. cat. 5, tav. XV, c, d)che, come vedremo, è da ascrivere ad un’officina lacui attività è documentata anche da un altro pezzodi provenienza altinate. Lo schema ornamentale,caratterizzato nella fronte da un rigoglioso cespod’acanto centrale che si sviluppa in due viticcisimmetrici lungo il canale delle volute, e nei lati dafoglie d’acanto alternate a foglie lisce cinte da unbalteo a scaglie, ha precedenti così simili nell’architetturamicroasiatica della prima e media età ellenistica,che la somiglianza non può essere casuale: ilcapitello del tempio di Apollo Smintheion a Chrysenella Troade (attuale Gülpinar), databile alla finedel III sec. a.C. 42 , presenta non solo lo stesso apparatodecorativo sulla fronte e sui lati, ma anche unasorprendente similarità in dettagli come il cespod’acanto al centro del canale delle volute, la formadei viticci dal corpo sfaccettato desinenti in semipalmettesottili, rese con accentuato gusto decorativo,o il kyma lesbico che decora i lati dell’abaco, eche nel pezzo altinate aggiorna la tipologia tradizionaleispirandosi a modelli in voga nella decorazionearchitettonica urbana di età augustea 43 .Capitelli che presentano un analogo schema decorativosono attestati a Roma sin dagli ultimi de-35Con kyma ionico e baccellatura rovesciata: v. Belloni 1958, n. 2, p. 25 s.; Batino 2006, n. 139, p. 102 s., tav. XV.36V. bibl. supra, nota 25.37Come indicazione di massima: in realtà i rapporti tra capitello e colonna sono molto variabili, a seconda dell’ordine, delperiodo e dell’area geografica. Sull’argomento v. comunque Pensabene 1973, p. 193 s.; Bingöl 1980, p. 132 ss. V. inoltre il casodel santuario di Brescia discusso in Cavalieri Manasse 2002, p. 98 ss.38V. bibl. supra, nota 24.39Come appare ad es. in uno dei pezzi aquileiesi più antichi, e in quelli tardi del monumento dei Curii: v. Cavalieri Manasse1978, rispettivamente n. 2, p. 44 s., tav. 1.2, e n. 46.a, p. 83, tav. 19,3-20,1.40Compaiono ad Aquileia in qualche capitello corinzio databile nella seconda metà del I sec. a.C.: v. Cavalieri Manasse 1978,n. 23, p. 57 s., tav. 10,1; e ad Altino in esemplari di età augustea come il capitello ionico n. cat. 5.41V. De Maria 2000, p. 291.42V. soprattutto Weber 1966, p. 103 ss., tav. 13,1-2, e p. 106 per la datazione; lo stesso in Bingöl 1980, n. 295, p. 236, tav.5; Ganzert 1983, p. 164, fig. 94. Schemi decorativi simili appaiono con variazioni più o meno sensibili in capitelli microasiaticiall’incirca contemporanei: v. ad es. i celeberrimi esemplari dell’Artemision di Sardi, in Bingöl 1980, n. 277, p. 35 s.,tav. 15.43V. Leon 1971, p. 245 ss., Bügelkymation di tipo A: v. ad es. una cornice all’antiquarium forense (Leon 1971, p. 245 s., tav.105.2), e un rilievo al Museo dei Conservatori (Leon 1971, p. 245 s., tav. 106,2). Sul Bügelkymation v. anche Ganzert 1983, p. 179ss.


108LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31cenni del I sec. a.C. 44 . Ma i confronti più prossimivanno cercati in Cisalpina: un paio di esemplaria Bologna 45 si diversificano da quello altinate solamenteper la differente decorazione dell’abaco eper l’assenza del viticcio sul canale delle volute;un frammento in marmo al Museo Archeologicodi Pola, databile in età augustea 46 , va avvicinatosia per lo schema decorativo che per la resa stilistica;tre capitelli rinvenuti negli scavi di via Brolettoa Milano, anch’essi di età augustea 47 , coincidonocon il pezzo in esame sin nei dettagli, da sembrarequasi prodotti di una stessa officina. Anche questiultimi, come il capitello altinate, paiono voler esibirenella scelta, nella disposizione e nella resa deisingoli dettagli decorativi l’intenzione di riproporre,attualizzandoli, i modelli della grande tradizionearchitettonica dell’Asia Minore ellenistica. Nonc’è certo bisogno di insistere sui rapporti dell’architetturadella Cisalpina – e in particolare dellaCisalpina orientale – con il Mediterraneo orientale48 . Vale la pena invece di sottolineare che nel casoin esame, mancando per quanto mi è noto esempisimili nell’Urbe, le relazioni con modelli ellenisticicui s’è accennato testimoniano probabilmente,come da tempo ipotizzato a proposito di capitellicorinzi nord-italici di epoca coeva 49 , rapporti diretticon aree di tradizione architettonica greca, senza lamediazione di Roma.Si tratta comunque di derivazioni colte ma disapore eclettico, che non escludono la compresenzadi tipologie, soluzioni e stilemi di diversa origineall’interno dello stesso manufatto. Nel caso del capitellodi Altino, il pulvino (tav. XV, d) è ornato dadue file di foglie d’acanto i cui lobi formano toccandosiuna successione di spazi triangolari, che è motivocaratteristico della decorazione architettonicaimpostasi a Roma nell’epoca del secondo triumvirato50 . Il nuovo linguaggio trova rapida diffusionein Italia e nelle province di più aggiornata culturaarchitettonica: nella Cisalpina esso viene recepito,con declinazioni originali e non sempre fedeliai modelli urbani, nella decorazione architettonicadei monumenti sepolcrali di Sarsina e di altri centridella VIII regio 51 ; mentre tra le città della Venetiasporadici esempi di stile più o meno analogo sitrovano a Padova 52 , ad Aquileia 53 , e in un capitelloal Museo Archeologico di Venezia, provenienteda Spinea 54 (tav. XVIII, c). Rispetto a questi esempituttavia, nel capitello altinate il motivo della successionedi zone d’ombra triangolari si esaspera inun disegno geometrizzante che trova i confronti piùvicini nell’acanto detto “à harpons” caratteristicodella decorazione architettonica della Gallia Narbonese,dove una serie di capitelli e trabeazioni pertinentiad edifici monumentali di età augustea – tracui in particolare le cornici dei cd. templi gemellidi Glanum, e soprattutto i capitelli del teatro di Arles– dimostra la recettività verso modelli urbani, eal contempo la capacità di elaborare tali modelli informe autonome 55 .44V. ad es. tre esemplari al Museo Nazionale Romano: v. Gallottini, Lupi 1991, nn. 115-117, p. 69 s.45Uno al Museo Archeologico, l’altro quasi uguale reimpiegato nella chiesa dei SS. Vitale e Agricola: v. Destro 1998, con bibl.precedente; considerati l’uno prodotto di età augustea, l’altro forse imitazione di età adrianea, De Maria 2000, n. 90, p. 315.46Jurkić Girardi 1970, n. 9, p. 38, tav. VII; Cavalieri Manasse 1978, p. 199 s., tav. 67; Buršić-Matijašić 1984-85, n. 4, p. 53s., tav. I.47Belloni 1958, nn. -, p. 69 ss.; Nibbi 2000, p. 188 ss., figg. 10-13, 21-22: unica differenza di rilievo, l’abaco decorato conScherenkymation.48V. ad es. Cavalieri Manasse 1977, e vari altri contributi negli atti dello stesso Convegno dedicato ai rapporti tra Aquileiae l’Oriente mediterraneo.49Heilmeyer 1970, p. 43, a proposito dei capitelli dell’arco di Augusto a Rimini e di qualche altro esemplare di area veneta;v. anche Tosi 1994, p. 60 s.50V. Heilmeyer 1970, p. 36 ss.; Pensabene 1973, p. 207 ss.; Viscogliosi 1996, p. 117 ss.51V. De Maria 1982, p. 142 ss.; De Maria 2000, pp. 291, 295.52Scotton 1994, n. A.6, p. 124, con datazione, a mio avviso troppo alta, alla metà del I sec. a.C. Il capitello faceva parte di unedificio porticato di area forense che ha restituito altri elementi architettonici (v. Tosi 1994, p. 54 ss.) e rappresenta, credo, lapiù antica testimonianza del tipo canonico della città. Un esemplare simile a Este, nei pressi di Padova, inedito, menzionatoin Heilmeyer 1970, p. 43.53V. il noto capitello corinzio riutilizzato nel Duomo come acquasantiera, da Aquileia: Scrinari 1952, n. 15, p. 27; Heilmeyer1970, p. 43; Cavalieri Manasse 1978, n. 26, p. 60, tav. 11,1 (ultimo ventennio del I sec. a.C.)54N. inv. MAV 267. Calcare. Un foro di incasso sopra l’abaco. Alt. cm 68, I corona cm 19, II corona cm 33, alt. abaco cm 8,diam. base cm 53. Menzionato in Forlati 1969, n. 17, p. 8; Heilmeyer 1970, p. 43 nota 185; Cavalieri Manasse 1978, p. 60.Ringrazio la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Veneziano per la concessione della pubblicazione della fotografia.55Fondamentale Roth-Congés 1983, in particolare p. 129 ss., fig. 33 (templi gemelli a Glanum) e figg. 35-36 (teatro di Arles);


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>109L’esemplare n. cat. 5 si colloca all’inizio dellaserie nord-italica dei capitelli ionici “normali” conapparato decorativo riccamente sviluppato, diffusisoprattutto in età augustea e giulio-claudia. Essosi può porre in un’epoca di poco successiva alletestimonianze urbane secondo-triumvirali, probabilmentein età augustea. Come s’è detto, la resadell’acanto presenta rispetto al modello una certasemplificazione: le stesse caratteristiche ricorronoin un capitello altinate coevo, l’esemplare corinzieggianten. cat. 51, che è da ascrivere probabilmentead una stessa officina, evidentemente specializzatanella produzione di manufatti caratterizzati da unaccentuato gusto decorativo, e dalla tendenza allariproposizione colta, retrospettiva ma opportunamenteaggiornata, di modelli greco-orientali di etàellenistica. Il capitello n. cat. 5 è stato rinvenuto inlocalità Fornasotti, e documenta dunque uno deiprimi interventi monumentali significativi di etàimperiale nell’area urbana.L’impiego dell’ordine ionico nell’architetturapubblica di epoca all’incirca coeva è testimoniataanche dal frammento n. cat. 6 (tav. XVI, a, b), in calcared’Aurisina, e pertinente ad un’esemplare chea giudicare dagli elementi superstiti doveva averelo stesso schema ornamentale della fronte e medesimedimensioni del precedente. La decorazionedel pulvino con larghe foglie dal margine ondulatocostituisce una delle infinite varianti del tipo confoglie lisce o foglie d’acanto orizzontali 56 , mentreil balteo a scaglie racchiuso da una decorazione atreccia riprende un motivo di origine ellenistica 57attestato anche in capitelli ionici augustei della Cisalpina,come i già ricordati esemplari a Bologna 58 .Sulla fronte il tralcio desinente in una semipalmettaa tre lobi, posto sul canale delle volute, si sviluppacon lobi d’acanto dal margine frastagliato percorsida sottili nervature che trovano confronti in capitellicorinzieggianti della prima età imperiale 59 , da cuisi può ricavare una datazione tra la fine del I sec.a.C. e l’inizio del successivo. Come nel caso precedente,il luogo di rinvenimento di questo frammentoindica che esso va riferito ad un interventomonumentale attuato nell’area urbana (v. infra,p. 126).Dall’età augustea in poi, il capitello ionico conoscenell’architettura altinate una lunga eclissi, perricomparire in forma schematizzata in un frammentodatabile nei primi decenni del III sec. d.C.(n. cat. 7, tav. XVI, c, d). Il pezzo rientra nella categoriadei capitelli ionici lisci, nei quali l’esecuzionedell’apparato ornamentale è stata eseguita sommariamente.Tale variante riflette un processo disemplificazione dei modi di produzione che risaleal I sec. d.C. testimoniato anche per i capitellicorinzi e compositi; essa risponde sostanzialmentead esigenze di economia, come dimostra l’utilizzodi elementi architettonici abbozzati soprattutto incontesti privati di minori esigenze monumentali,quali abitazioni private e magazzini 60 . Per quantomi è noto, la produzione di capitelli ionici lisci èattestata soprattutto a Roma, Ostia e dintorni 61 . Ilpezzo altinate, eseguito in una pietra identificabileforse con un calcare nero del Triveneto 62 , è moltoprobabilmente di produzione locale, ma in ItaliaSettentrionale non mi sono noti manufatti analoghi.La cronologia di questa classe di capitelli è necessariamentearticolata in archi temporali piuttosto ampli.Il frammento in questione conserva ancora nellarappresentazione pur schematizzata delle palmettela struttura dei capitelli canonici con apparato ornamentalescolpito 63 , e trova paralleli in esemplariurbani e ostiensi databili nella prima fase di questaparticolare produzione, in età severiana 64 .Nello spazio tra pulvino e abaco sono incise rovesciatele lettere P P. La siglatura di capitelli – dima un inquadramento già in Kähler 1939, p. 14 ss. V. inoltre Heilmeyer 1970, p. 43 ss., tav. 4,1-6; Viscogliosi 1996, pp. 120,205 ss., e passim. Forme simili, tramite rapporti ancora da indagare, si diffondono nella stessa epoca in Hispania: v. da ultimoRuiz de Arbulo et al. 2004, p. 128 ss. (capitelli del teatro di Tarragona).56Bingöl 1980, pp. 82 ss., 86 ss., 100 ss.; Herrmann 1988, pp. 39 ss., 66 ss.57Bingöl 1980, p. 75.58Destro 1998, figg. 2, 5.59Gans 1992, ad es. n. 40, p. 61.60In generale sul capitello ionico liscio cfr. Pensabene 1973, pp. 239 s., 250; Herrmann 1988, p. 52 ss.61Per Roma v. Herrmann 1988, loc. cit.; per Ostia v. Pensabene 1973, n. 133 ss., p. 43 ss., e n. 182 ss., p. 49 ss.62Debbo l’informazione alla cortesia di Lorenzo Lazzarini.63V. il tipo “Schematic capital with palmette-tail on the volute”, gruppo 2, in Herrmann 1988, p. 55 ss.64Cfr. un esemplare della Schola del Traiano a Ostia, in Pensabene 1973, n. 133, p. 43, tav. XI; un capitello riutilizzato nelchiostro dei SS. Quattro Coronati a Roma, in Herrmann 1988, p. 57, figg. 96-97.


110LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31solito corinzi – con lettere è un fenomeno ben attestatonel mondo romano, soprattutto a partire dalII sec. d.C. Le lettere venivano incise sulla superficiedell’abaco o della base, oppure, come in questocaso, su un lato dell’abaco. L’interpretazione di questelettere è discussa: in alcuni casi può trattarsi difirme abbreviate apposte dagli scalpellini, in altri disigle di riconoscimento utilizzate dagli ateliers perfacilitare la destinazione delle diverse partite di elementiarchitettonici 65 . Tra le testimonianze architettonichedella X regio, uno degli esempi più noti èla grande trabeazione della seconda metà o dellafine del II sec. d.C. ricostruita presso la banchinadel porto di Aquileia, la cui cornice reca incise letteregreche, interpretabili in via del tutto ipoteticacome sigle d’ordine 66 .Concludo questa rassegna dei capitelli ionici diAltino con due esemplari che costituiscono un problemaa sé. Si tratta di due capitelli a volute diagonalimolto rovinati (nn. cat. 8 e 9, tav. XVII, a, b),che facevano parte di una collezione privata formatada materiali provenienti da un’azienda agricoladell’area a nord-est di Altino attraversata dalla viaAnnia, e dunque probabilmente riferibili all’architetturanecropolare. Il resto del materiale di analogaprovenienza entrato a far parte delle raccoltedel Museo è databile soprattutto nel I sec. d.C. Idue pezzi presentano caratteristiche tipologiche estilistiche a dir poco eclettiche, e comunque difficilmenteinquadrabili nella produzione di età romana:le volute che fuoriescono oblique dal marginesuperiore dell’echino, dal sapore arcaistico, si accompagnanoad un astragalo dalle forme geometricheispirato a modelli in voga nella decorazionearchitettonica tardo-antica 67 . Il tipo di kyma ionicoarticolato in un ovolo centrale e due ovoli lateralimolto distanziati e coperti da semipalmette atrofizzateè attestato di frequente nei capitelli di IVsecolo 68 ; tuttavia lo schema qui proposto, con elementocentrale più grande che fa corpo unico conun improbabile fiore dell’abaco dal profilo trapezoidaleè, per quanto mi è noto, privo di paralleli.Egualmente inconsueta per l’età tardo-antica è ladecorazione a scanalature rudentate del sommoscapodella colonna.Un capitello al Museo Archeologico di Atri 69presenta una vaga affinità con i pezzi altinati per loschema delle volute e per la resa dell’astragalo. Maconfronti più puntuali vanno cercati a mio avvisoin capitelli del primo rinascimento veneziano cheelaborano liberamente modelli classici, come ad es.gli esemplari “ionicizzanti” disegnati da G. Buoraper il Chiostro dei Cipressi in S. Giorgio Maggiorea Venezia 70 . Non so dire ovviamente per quali viedue capitelli rinascimentali possano essere entratia far parte di una collezione di antichità romane.Va notato tuttavia che il listello del sommoscapodel n. cat. 8 presenta una resa fortemente irregolare,e altri segni di imperizia da parte dello scalpellinosi notano nell’astragalo di entrambi i pezzi.Si tratta probabilmente di manufatti di scarto, chequindi non trovarono impiego nell’edificio cui eranodestinati. Una volta confusi con il materiale dietà romana, l’effettiva (seppure superficiale) consonanzacon modelli classici fece in modo che venisseroconsiderati erroneamente antichi.Capitelli corinziCome in altri centri della Cisalpina orientale,anche ad Altino gli esempi più antichi del capitellocorinzio sono attestati nella variante italica. Misono noti solamente un paio di frammenti (nn. cat.10 e 11, tav. XVII, c, d), provenienti entrambi dallanecropoli nord-est dell’Annia: una documentazionedunque piuttosto scarna, che contrasta da unlato con la larga diffusione del tipo nella Cisalpinaorientale, dall’altro con il numero relativamenteelevato di esemplari ionico-italici. Il capitello corinzio-italicoè stato oggetto soprattutto negli ultimitrent’anni di numerose indagini, che ne hannomesso in luce, non senza posizioni in parte contrastanti,origine, diffusione e cronologia. Il tipo,di origine probabilmente siceliota, trova frequen-65In generale sul problema delle sigle v. Heilmeyer 1970, p. 20 s.; Pensabene 1973, p. 194 s.66Cavalieri Manasse 1983, p. 141 ss., e p. 144 s. sulle lettere; per la trabeazione v. anche <strong>Sperti</strong> 2003, col. 240 ss.67Sulla tipologia dell’astragalo v. Wegner 1957, p. 49 (Basilica di Massenzio).68Cfr. Herrmann 1988, ad es. figg. 207, 210, 243, 248, 252, 254-257, 260-262, 264-270.69Losito 1993, n. 327, p. 100, e nota 81.70Losito 1993, p. 147, fig. 500; il chiostro è datato 1512-1540. Il dettaglio delle volute che sorgono oblique da un kyma ionicodagli ovoli molto distanziati, con astragalo dalle forme geometriche, ricorre in qualche altro capitello di età moderna del Venetoe dell’Istria: v. una coppia di esemplari compositi di dubbia antichità al Museo Archeologico di Verona (<strong>Sperti</strong> 1983, nn.76-77, p. 77 s.), ed un capitello moderno impiegato nel lato Sud della Porta Gemina di Pola (Fischer 1996, tav. 14.c).


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>111te impiego sin dal III sec. a.C. in Italia centrale,meridionale (particolarmente a Pompei, dove sonopresenti più di 80 esemplari), in Sicilia e più sporadicamentein Sardegna, e inoltre a Creta, in AfricaProconsularis, nella penisola iberica 71 . In Cisalpinasi concentra quasi esclusivamente nelle regioniorientali 72 : in Aemilia la testimonianza più cospicuaè costituita dal gruppo di otto capitelli rinvenutinel colle a S. Lorenzo in Monte, ora al MuseoCivico di Rimini, e pertinenti forse ad una strutturatemplare 73 ; altri esemplari di tipo analogo sonopresenti in Rimini stessa 74 , a Faenza 75 , e a Bologna76 . Nella Venetia et Histria la maggior parte delmateriale si rinviene ad Aquileia 77 , a cui è da ascriverecon ogni probabilità anche un capitello ai CiviciMusei di Udine 78 ; completano il quadro dellaX regio un capitello ad Oderzo 79 ; un esemplare alMuseo Archeologico di Verona, sulla cui origine localeho espresso in passato qualche riserva che mipare ora possa essere superata 80 ; uno a Pola, moltosimile nell’accentuata stilizzazione dello schemadecorativo dell’acanto ad un capitello aquileiese diepoca tarda 81 ; e soprattutto gli elementi architettonicirinvenuti negli scavi del santuario di Brescia,tra cui una coppia di capitelli di pilastro e diversiframmenti pertinenti ad altri due o tre esemplari,databili nei decenni iniziali del I sec. a.C. 82 . Il complessosantuariale bresciano, come si è già ricordatoin precedenza, costituisce uno dei rarissimi casiin cui è possibile collegare un apparato decorativodi epoca tardo-repubblicana ad un contesto archeologicocerto. Per la datazione dei capitelli corinzioitalicidella Cisalpina valgono i medesimi limiti dicui s’è detto a proposito del capitello ionico-italico:con l’eccezione degli esemplari bresciani, il materialeè costantemente decontestualizzato, e le differenzeformali e proporzionali, non riflettendo unaevoluzione morfologica nel tempo, risultano cronologicamentepoco significative. Sulla base del confronto– comunque non privo di aspetti problematici– con esemplari di datazione relativamente certaappartenenti ad altre aree geografiche (in particola-71Una prima sintesi generale in Delbrück 1912, p. 155 ss.; cfr. in seguito Fagerlind 1932, p. 118 ss., in particolare p. 123 ss.;Weickert 1944, p. 205 ss.; Pensabene 1973, p. 203 s. (ma il tipo ad Ostia è assente); Drerup 1972-74, con particolare attenzioneverso la produzione provinciale e le forme più recenti; Cocco 1977 (testimonianze a Pompei, ma anche in Italia centrale e inCisalpina); De Maria 1981, pp. 575 ss., 603 ss., e De Maria 1983, p. 114 ss., entrambi focalizzati soprattutto sulla produzionedell’Italia Settentrionale; Nieddu 1985, p. 267 ss. sul problema delle origini del tipo. La monografia della Lauter-Bufe (1987),presenta una seriazione cronologica che ha suscitato fondati dubbi (si veda almeno la recensione di Pfanner 1989, critica anchesulla terminologia). Sui capitelli siciliani v. Villa 1988; per la datazione degli esemplari sicelioti più antichi, in contrasto con lacronologia della Lauter-Bufe, cfr. Campagna 2003b; per i capitelli cretesi e il ruolo dell’isola come ponte tra la Sicilia e Alessandriacfr. Rizzo 1984 (1988); sui rapporti degli esemplari cretesi con la Sicilia v. anche Portale 2002, p. 285 ss. Sui noti capitellidi Alessandria ispirati al tipo corinzio-italico e sui confronti in Sicilia, v. Pensabene 1993, p. 119, con precedente bibl.72Fa eccezione un gruppo di quattro esemplari a Milano, di cui si è recuperata di recente una delle basi: Rossignani 1990, p.329 ss., convincentemente attribuiti agli inizi del I sec. a.C. V. anche Belloni 1958, nn. 4-7, p. 28 ss.73De Maria 1981, p. 573, fig. 7; De Maria 1982, p. 118 ss., fig. 1; De Maria 1983, p. 345, tav. XV,1; De Maria 2000, p. 290: peril problema dell’ipotetico contesto monumentale v. ibid., nota 18.74De Maria 1981, p. 565 ss., figg. 1-3, forse da un monumento funerario; v. inoltre un altro esemplare di proprietà privatacitato a p. 120, e un grande capitello incompiuto, di recentissima pubblicazione, riutilizzato nella chiesa di S. Salvatore a Rimini:v. Capitanio 2007, p. 27, fig. 8.75De Maria 1981, p. 571, fig. 8; De Maria 1982, p. 120 s., fig. 2; De Maria 2000, n. 97 p. 318.76Reimpiegato nella chiesa di S. Giovanni in Monte: De Maria 1983, p. 347, tav. XV,3; De Maria 2000, p. 291.77Scrinari 1952, nn. 11-14, p. 25 ss.; Cavalieri Manasse 1977, p. 154 s., fig. 8; Cavalieri Manasse 1978, nn. 14-21, p. 52 ss.,tavv. 6-9.78Scrinari 1952, n. 12, p. 25 s.; Cavalieri Manasse 1977, p. 155.79Al Museo Civico: conservata solo la metà inferiore, v. <strong>Tirelli</strong> 1987, p. 360; De Maria 1981, p. 608 s., fig. 11.80<strong>Sperti</strong> 1983, n. 34, p. 40 s., con bibl. precedente. In mancanza di confronti e di testimonianze coeve nell’architettura veronese,ho ipotizzato che la presenza del capitello al Museo Archeologico fosse dovuta al collezionismo di età moderna, rappresentatoa Verona da figure di primissimo rango, come Scipione Maffei. Tuttavia il quadro dell’architettura tardo-repubblicanadella città è negli ultimi anni assai mutato: lo scavo in via Redentore, ad esempio, ha dimostrato che esemplari ionico-italicierano utilizzati sin dagli inizi del I sec. a.C. (bibl. supra, nota 30). D’altro canto, il disinteresse dei collezionisti di età modernaper le testimonianze architettoniche di età romana è ben noto, e dimostrato, proprio nel caso di Verona, dal fatto che la ricchissimaraccolta di antichità di Scipione Maffei conta appena due elementi architettonici (v. Cavalieri Manasse 1994, p. 31).Per tali motivi, il capitello in questione è a mio avviso più probabilmente di origine locale.81Fischer 1996, p. 9, nota 54, e tav. 4.c, un tempo nel chiostro dei Francescani, datato nella prima età augustea: da confrontarecon Cavalieri Manasse 1978, n. 21, p. 56, tav. 9,2.82Cavalieri Manasse 2002, p. 95 ss., figg. 1-8.


112LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31re con alcuni noti complessi pompeiani del cosiddetto“periodo del tufo”) si può porre la diffusionedel tipo nella Cisalpina in un arco cronologicoche va dagli ultimi decenni del II sec. a.C. sino allaprima età imperiale 83 .Il frammento n. cat. 10 faceva parte di un esemplaredi cospicue dimensioni. L’altezza dell’abaco(cm 12) è di per sé poco indicativa per ricostruirel’altezza totale, in quanto in questa classe di materialetale rapporto varia sensibilmente, anche inesemplari più o meno coevi 84 . Nel caso in questionepossono risultare più significativi il diametro dellavoluta (cm 19) e l’altezza complessiva di abaco e voluta(cm 37), che permette di ipotizzare un capitellodi circa cm 90: si tratta quindi di uno degli esemplaridi maggior dimensioni dell’Italia Settentrionale.Esso denuncia una qualità di esecuzione e un’accuratezzanella resa dei dettagli che nell’ambito dellaCisalpina trovano pochi confronti: le volute deltipo “a corna di montone”, usualmente rese nellamedia dei capitelli di stile analogo come un bloccouniforme tangente il margine inferiore dell’abaco,sono lavorate a giorno, con le spire collegate da tassellirettangolari, e ben staccate dall’abaco stesso. Lafoglia protezionale delle volute, di norma appenaabbozzata o del tutto assente, accompagna la curvaturadella voluta e si arriccia elegantemente versol’alto toccando l’angolo inferiore dell’abaco 85 . Lafoglia d’acanto rovesciata che occupa lo spazio inferioretra una voluta e l’altra è scolpita con grandeaccuratezza, in rilievo quasi “stiacciato” 86 .Ma l’elemento di distinzione più sorprendentedel frammento altinate è la decorazione del tondinocon un kyma ionico. Nei capitelli di tipo corinzioitalico,le modanature dell’abaco rimangono quasisenza eccezione lisce. Conosco solamente due esempiche possono essere in qualche modo avvicinati:un capitello fittile, tipologicamente anomalo, dallacollezione Biscari a Catania, concluso superiormenteda un abaco che presenta la canonica successionetondino-cavetto in ordine inverso 87 ; e il notissimogruppo di quattro capitelli figurati con scene dionisiachedella Casa dei capitelli figurati a Pompei,databili intorno al 120 a.C. 88 . Mi pare tuttavia checon questi precedenti l’esemplare altinate non abbianulla a che fare: esso sembra testimoniare inveceuna commistione di forme con il repertorio ornamentaledel capitello corinzio normale di età augusteae giulio-claudia, in cui la soluzione del tondinodecorato da una successione di ovoli conosce,soprattutto nella Cisalpina, larghissimo impiego 89 .Il frammento n. cat. 10 va dunque probabilmenteascritto al gruppo, assai eterogeneo per tipologia estile, dei capitelli che documentano un attardamentodel tipo. Appartengono a questa fase esemplaridagli esiti formali molto diversi, come qualche pezzoaquileiese che conserva pur con una certa disorganicitàlo schema tradizionale 90 ; un paio di esemplarida Italica, in cui la forma usuale dell’acantoitalico si accompagna alla presenza di caulicoli 91 ;o ancora i capitelli dei grandi monumenti funerariellenizzanti di Sarsina e di necropoli del Bolognese,in cui la tradizione italica sopravvive in dettagli secondari92 . Tutti questi esemplari si datano dalla secondametà del I sec. a.C. sino ai primi decenni delsuccessivo. Nel quadro ora delineato il frammentoaltinate, per quanto permette di giudicare lo statodi conservazione, occupa una posizione a sé: si83Cfr. De Maria 1981, p. 586 ss.; De Maria 1982, p. 115 ss.; De Maria 1983, p. 345; De Maria 2000, p. 290 s. Sugli esemplariaquileiesi v. Cavalieri Manasse 1978, p. 52 ss. La maggior parte dei capitelli nord-italici qui citati appaiono nello studio dellaLauter-Bufe (1987, nn. 44, 45, 169, 193-196, Aquileia; n. 198, Udine; nn. 46, 47, 199, Milano; n. 166, Verona; n. 197, Rimini)con datazioni troppo alte, su cui v. Cavalieri Manasse 2002, p. 97.84Il rapporto tra altezza abaco e altezza totale varia all’incirca da un minimo di 1 : 4,5 sino a 1 : 8, e anche oltre: cfr. Cocco1977, p. 89 e tabella A, p. 149 s.; Lauter-Bufe 1987, p. 21 e passim; Rizzo 1984 (1988) p. 168 ss.; Portale 2002, p. 281 ss. Perla Cisalpina v. De Maria 1981, p. 584 s.85Un particolare testimoniato anche negli esemplari più antichi, come alcuni esemplari fittili al Museo di Tindari: v. Lauter-Bufe 1987, nn. 27-29, p. 17 ss., tav. 9-11.86Il n. cat. 11, che a giudicare dalla voluta superstite doveva avere la stessa altezza (se non lievemente maggiore) del n. cat.10, presenta anch’esso il dettaglio dei tasselli nelle volute “a corna di montone”, ma è di minore qualità.87Lauter-Bufe 1987, n. 205, p. 59, tav. 44 a-c: catalogato tra le “sizilische Sonderformen”, e datato nel I sec. a.C. A causa dellasuccessione non canonica delle modanature dell’abaco, il kyma ionico si trova però sotto il cavetto.88Staub-Gierow 1994, p. 73, figg. 118 ss., con precedente bibl.89V. infra, a proposito dei nn. cat. 13 e 15.90Cavalieri Manasse 1987, nn. 19-21, p. 54 ss., tavv. 8-9, e p. 166 ss.91Drerup 1972-74, in particolare p. 96 ss.92De Maria 1981, p. 604 ss.; De Maria 1982, p. 118 ss.; De Maria 2000, p. 294 ss.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>113tratta infatti di un esemplare (peraltro di altissimaqualità, contrariamente alla maggioranza dei capitellicoevi di stile analogo) in cui lo schema tradizionaleviene “attualizzato” in un dettaglio secondario,qual è la decorazione del tondino dell’abaco,sulla base di una soluzione decorativa usuale neltipo canonico della prima età imperiale.Sarebbe interessante sapere a quale genere dimonumento era destinato un manufatto così conservativonella morfologia, e al contempo così raffinato.Se dimensioni e qualità di esecuzione farebberopensare ad un contesto pubblico, i dati sullaprovenienza (come anche quelli del n. cat. 11) indicanoal contrario che il frammento faceva partedi un monumento funerario, evidentemente didimensioni non comuni. Possiamo ipotizzare chesi tratti di capitelli corinzi terminali di monumentia cuspide, un genere di coronamento ben documentatonelle tombe sopra ricordate della necropolisarsinate della seconda metà del I sec. a.C. 93 , edanche, in un’epoca posteriore, ad Altino stessa 94 ead Aquileia 95 .Come accade in altri centri della Cisalpina, anchead Altino la produzione più tarda di capitellicorinzio-italici si affianca a quella di capitelli corinzicanonici. La comparsa del tipo cosiddetto“normale” nell’architettura della X regio si colloca,rispetto alle prime attestazioni monumentali in ambitourbano, in un’epoca assai precoce: un capitelloquasi integro e alcuni frammenti conservati alMuseo Archeologico di Aquileia 96 , ed un esemplaredi stile analogo a Trieste, ma probabilmente diorigine aquileiese 97 , dimostrano la pronta recezioneda parte degli ambienti periferici nord-italici deimodelli elaborati nella capitale tra la fine del II egli inizi del I sec. a.C., di cui l’esempio più noto emeglio conservato sono i capitelli importati dallaGrecia e rifiniti in loco posti in opera nel tempiorotondo del Foro Boario 98 .Rispetto ad Aquileia, le prime testimonianze altinatisono più sporadiche e senz’altro più recenti.Un frammento angolare di voluta (n. cat. 12, tav.XVIII, a) conserva una foglia di sostegno con lobi acinque fogliette a sezione angolare e dalle estremitàaguzze che presentano toccandosi il motivo delcerchietto e del triangolo (qui, come spesso altrove,con vertice superiore aperto), tipico della primaetà augustea, e documentato a Roma nei capitellidi alcune delle maggior iniziative monumentali,soprattutto di ambito religioso, del periodo 99 . Lostile decorativo protoaugusteo è attestato in areanord-italica da una serie non molto numerosa dicapitelli piuttosto eterogenei per funzione e stile,dagli esemplari impiegati in un monumento ufficialecome l’arco eretto da Augusto a Rimini nel27 a.C. 100 , a quelli che ornano tombe monumentali,come il sepolcro di Aefionius Rufus a Sarsina 101 .Esiti formali analoghi si trovano nella Venetia soprattuttoad Aquileia, anche se l’interpretazionedello schema decorativo dell’acanto dimostra taloranotevoli scarti: un capitello a pianta triangolareche fungeva da elemento terminale di un monumentofunerario 102 , e il noto esemplare marmoreoreimpiegato come acquasantiera nel Duomo diGrado 103 , con ogni probabilità proveniente da unmonumento pubblico, pur essendo verosimilmentecoevi, tradiscono una certa divergenza nella resaformale dell’apparato decorativo, che testimonia la93V. ad es. il capitello del monumento di A. Murcius Obulaccus, che peraltro si distacca sensibilmente dal tipo del corinzioitalico,e riflette piuttosto rielaborazioni periferiche di spunti tratti dalla tradizione del tipo canonico di età ellenistica: v. DeMaria 1982, p. 136 e fig. 14; De Maria 2000, p. 295. Sui monumenti a edicola cuspidata dell’Emilia Romagna v. anche Ortalli1997, p. 319 ss.94V. infra, a proposito del n. cat. 15.95V. il capitello del monumento dei Curii, in Cavalieri Manasse 1978, n. 46c, p. 84 ss., tav. 21,2; un’altro simile, in ibid., n.48, p. 87 s., tav. 22,3. Mausolei a tholos di tipo analogo sono attestati anche a Trieste, ma la documentazione è più lacunosa:v. Verzár-Bass 1997, p. 129 ss.96Il capitello in Scrinari 1952, n. 46, p. 43; von Hesberg 1981, p. 23, con datazione corretta; i frammenti in Cavalieri Manasse1977, p. 161 fig. 14; von Hesberg 1981, p. 23, figg. 8-9.97Cavalieri Manasse 1977, p. 160 s., fig. 12; von Hesberg 1981, p. 23, fig. 10.98Rakob, Heilmeyer 1973, p. 19 ss. Per un gruppo interessante di testimonianze ad Ostia v. Pensabene 1973, n. 203 ss., p. 53ss.99In generale v. Heilmeyer 1970, p. 44 ss. e passim; Pensabene 1973, p. 207 ss.; Viscogliosi 1996, p. 125 ss.100Heilmeyer 1970, p. 43 tav. 10,3; De Maria 1983, p. 358 ss.; De Maria 2000, p. 298.101Per i capitelli v. De Maria 1982, p. 142 ss., fig. 21.102Heilmeyer 1970, p. 43; Cavalieri Manasse 1978, n. 48, p. 87, tav. 22,3.103Heilmeyer 1970, p. 43; Cavalieri Manasse 1978, n. 26, p. 60, tav. 11,1.


114LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31compresenza di ateliers attivi nello stesso lasso ditempo in ambiti diversi, quali appunto l’architetturamonumentale e quella privata delle necropoli. Ladatazione negli ultimi decenni del I sec. a.C. pone ilframmento n. cat. 12 all’inizio della lunga serie dicapitelli corinzi canonici dei grandi mausolei erettiin età augustea e giulio-claudia nelle aree sepolcralilungo la via Annia.Dall’area delle necropoli proviene anche il frammenton. cat. 13 (tav. XVIII, b). A giudicare dall’ornatosuperstite lo stile delle foglie d’acanto è analogoa quello del precedente, anche se la resa dellefogliette tradisce una certa semplificazione. Dal n.cat. 12 si differenzia per il sovraccarico decorativismodell’abaco, che presenta modanature intagliatecon kyma ionico e Scherenkymation 104 . L’uso di accentuarel’importanza dell’abaco come elemento conclusivodel capitello è tipico dell’architettura norditalicadegli ultimi decenni del I sec. d.C. e degliinizi del successivo, soprattutto nella Venetia et Histria;tale soluzione, diffusa anche in ambito provinciale,trova scarsi riscontri in Roma, dove i modellielaborati nella prima e media età augustea e ripresiin età giulio-claudia prevedono di norma un abacocon modanature lisce 105 . Mentre il kyma ionicocostituisce la decorazione “canonica” del tondino,il cavetto offre una certa varietà di soluzioni: moltospesso è intagliato con una baccellatura 106 , piùraramente rimane liscio 107 , oppure presenta ornatinon canonici come Blattkyma 108 o un tralcio d’acanto109 . Rari anche i casi in cui il cavetto reca, comenel frammento in questione, uno Scherenkymation:nell’ambito della X regio mi sono noti solamente uncapitello a Verona di età giulio-claudia 110 , un esemplarecoevo al Museo Civico di Vicenza, attribuitoal teatro romano di Berga 111 , e due capitelli, uno dicolonna e l’altro di pilastro, al Museo Archeologicodi Este 112 . La maggior parte dei confronti citati sidata in epoca augustea o giulio-claudia: in epocaaugustea va collocato anche il n. cat. 13.Un riflesso dei mutamenti che segnano lo sviluppostilistico dell’acanto nella decorazione architettonicaurbana della media età augustea si avvertenel capitello in calcare d’Aurisina n. cat. 14(tav. XIX, a), rinvenuto in un'area corrispondente all’abitatoaltinate. La resa più morbida e naturalisticadell’acanto, dai lobi che si toccano senza sovrapporsi,con fogliette dalle estremità più arrotondate;la forma svasata della costolatura centrale, che abbandonai grafismi di età precedente e si articola innervature ben rilevate; le zone d’ombra tra lobi contiguia forma di goccia, che sostituiscono le rigide104Di forma simile al tipo “A” in Leon 1971, p. 263, ma semplificato nella parte centrale della cd. “forbice”; v. anche Wegner1957, p. 53 s.; Ganzert 1983, p. 190 s., sull’origine augustea del tipo.105In generale sulla diffusione dell’abaco ornato in Italia Settentrionale, nella Narbonensis e altrove, e sulla rarità di soluzionianaloghe a Roma, v. Wegner 1961, p. 264 ss.; Strong, Ward Perkins 1962, p. 14; Rossignani 1975, p. 62 e nota 4; Galliazzo1977, col. 53 ss.; Cavalieri Manasse 1978, p. 60 s. nota 2; Nibbi 2000, p. 186.106Nella X regio: il già ricordato capitello riusato come acquasantiera nel Duomo di Grado (v. bibl. supra, nota 103); “Propileicapitolini” a Trieste (Scrinari 1956, nn. 11-12, p. 20, detto “tempio romano”; Cavalieri Manasse 1978, n. 93.a, p. 116 s., tav.39,1-2); Arco dei Sergi a Pola (Wegner 1961, p. 263 ss., tav. 52.3; Traversari 1971, p. 61 ss., fig. 29 ss.; Fischer 1996, p. 58 ss.,tav. 10; per la datazione v. infra, nota 125); due esemplari al Museo Archeologico di Pola della seconda metà del I sec. d.C.(Cavalieri Manasse 1978, nn. 106-107, p. 136 s., tav. 48) e uno di epoca successiva reimpiegato nel Duomo (Scrinari 1956, n.28, p. 29); un capitello al Museo Concordiense di Portogruaro (Di Filippo Balestrazzi 2001, p. 216, fig. 4); un frammento dicapitello corinzio o corinzieggiante dal teatro Berga a Vicenza (Galliazzo 1977, col. 57 s., fig. 7); capitelli figurati di età antonininaa Brescia (Frova, Rossignani, Cavalieri Manasse 1975, p. 64, figg. 22, 23). Al di fuori della Venetia, l’uso dell’abacodecorato con ovoli e baccellatura sembra limitato sostanzialmente ad alcuni centri della Transpadana, in particolare Milano(v. Nibbi 2000, p. 185 s., nota 7, figg 1-2; v. anche Belloni 1958, n. 15 p. 35 s.) e Como (Rossignani, Sacchi 1993, n. 3, p. 102s., tav. 5,2). In ambito provinciale vari esempi in Wegner 1961, p. 265; per la Gallia Narbonense v. i noti esemplari dell’arcodi Orange (Amy, Duval, Formigé 1962, p. 21 s., tav. 65) e della Maison Carrée a Nîmes (Heilmeyer 1970, p. 107 ss., tavv. 40,41.1,3). Per qualche altro esempio nelle Gallie v. Tardy 2006, p. 290 s., fig. 2 (tempio di Mercurio sul Puy de Dôme); per laBaetica cfr. Ahrens 2005, p. 151, tav. 15. Sulla baccellatura v. Leon 1971, p. 274 s. (“Pfeifenstab”).107Nella X regio: il capitello altinate n. cat. 15 (tav. XIX, b), e quello al Museo Archeologico di Venezia, proveniente da Spinea(tav. XVIII, c), v. bibl. supra, nota 54. Schemi analoghi in ambito provinciale: v. ad es. i capitelli della “Maison des Antes” aGlanum, di età augustea, in Heilmeyer 1970, p. 111, tav. 7.4. V. anche il capitello corinzieggiante n. cat. 51.108V. un capitello al Museo Archeologico di Aquileia (Scrinari 1952, n. 21, p. 30) e uno a Pola (Scrinari 1956, n. 17, p. 24).Sul “Blattkyma” v. Leon 1971, p. 276.109V. i capitelli dell’arco di Augusto a Rimini, bibl. supra, nota 100.110<strong>Sperti</strong> 1983, n. 49, p. 45.111Galliazzo 1977, col. 50 ss., figg. 1-4.112Scotton 1992, p. 425 figg. 336-337.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>115sequenze degli occhi triangolari e circolari dei decenniprecedenti, riflettono innovazioni stilisticheche compaiono probabilmente per la prima voltanel tempio di Marte Ultore a Roma, e che non tardanoa diffondersi nell’Urbe stessa, negli immediatidintorni, in Campania, in Italia Settentrionale ein altri ambiti periferici 113 . Nella X regio la precocerecezione di questi modelli di origine urbana ètestimoniata in primis dagli esemplari in opera neltempio di Roma e Augusto a Pola, dedicato tra il 2a.C. e il 14 d.C., e attribuiti ad un atelier urbano, oa maestranze di formazione greco-orientale 114 . Rispettoai capitelli del monumento polese però, il n.cat. 14 tradisce in dettagli come il contorno angolosodelle zone d’ombra o le estremità appuntite dellefogliette l’opera di un lapicida, verosimilmentelocale, memore delle esperienze dei decenni precedenti.Il mediocre stato di conservazione della metàsuperiore non consente di valutare particolari importanti,come i caulicoli o l’elemento di raccordotra l’apice della foglia centrale della seconda coronae le elici. Quest’ultimo va identificato nel motivodella cd. Helixmanschette, sorta di stilizzazione delcalicetto da cui sorge il fiore dell’abaco che comparein luogo della ben più usuale palmetta, e chefa la sua comparsa in età augustea 115 . Un capitellocon apparato decorativo più ricco, di esecuzionepiù curata, ma molto simile nella resa dell’acantoe nelle proporzioni all’esemplare altinate si conservaa Portogruaro 116 : entrambi possono essere datatinei primi due decenni del I sec. d.C.In epoca tardo-augustea o tiberiana ha iniziouna produzione, decisamente standardizzata perdimensioni, tipologia e stile, di capitelli corinzi destinatiagli alzati dei monumenti funerari. A taleproduzione, che si colloca in un lasso di tempopiuttosto ristretto, probabilmente entro la metà delI sec. d.C., appartiene la grande maggioranza degliesemplari interi e frammentari conservati nel Museo.I capitelli nn. cat. 15-18 (tav. XIX, b; tav. XX, a-c)sono gli unici esemplari del corpus altinate riferibiliad un contesto architettonico definito, il noto mausoleoa baldacchino tratto in luce nel 1967 lungo iltratto nord-est della via Annia, a circa 2 km di distanzadalla città. I rinvenimenti hanno permesso diricostruire (tav. XXI) una grande tomba monumentalein calcare di Aurisina, alta circa 14 metri, compostada un basamento di circa 5 metri di larghezzascandito da lesene, su cui poggiava un monopterosdi diametro lievemente inferiore, con peristasi di 8colonne corinzie, di cui rimangono alcuni spezzonidei fusti e i capitelli nn. cat. 16-18. La trabeazioneè articolata all’esterno in un architrave a tre fasce,un fregio di inusitata tipologia decorato da cespid’acanto simmetrici che ospitano crateri baccellati,e una cornice sin troppo modesta per dimensioni,con mensole alternate a cassettoni ornati da fiori esima. All’interno, la trabeazione presenta la medesimasequenza di modanature, ma lisce. Il monopterosospitava tre immagini, di cui sopravvive integrala ben nota coppia di ritratti in marmo, uno maschilee uno femminile, conservati nel Museo. Il coronamento,di cui non si sono trovati resti, era probabilmentecostituito dal cono embricato usuale inmonumenti simili: l’unico elemento superstite è ilcapitello n. cat. 15, che serviva da base per un ulterioreelemento terminale (una pigna, nella ricostruzionegrafica qui proposta). Gli scavi hanno messoin luce i resti di un recinto con cancellata metallicadelimitato forse da due erme, e custodito da duestatue di cani, di cui si conserva un esemplare integro117 . Il monumento rientra in una tipologia che113In generale v. Strong, Ward Perkins 1962; Heilmeyer 1970, p. 25 ss.; Pensabene 1973, p. 208 ss. Per Ostia Pensabene 1973,loc. cit.; sulla derivazioni da modelli urbani di esemplari pompeiani, come quelli del tempio della Fortuna Augusta, v. Viscogliosi1996, p. 124 s., fig. 151; Heinrich 2002, pp. 28 ss., 64 s., K7 d-f. Per la Cisalpina v. ad es. alcuni esemplari a Milano, inNibbi 2000, p. 185 ss., I e II sottogruppo.114Heilmeyer 1970, p. 115 s., tav. 42, 1.2 (maestranze urbane); Cavalieri Manasse 1978, p. 177 ss., tavv. 63-65,1 (lapicidi grecoorientali).I capitelli del cd. tempio orientale a Pola, di tipo analogo, mostrano un irrigidimento dell’apparato decorativo cheG. Cavalieri Manasse (1978, p. 130 s.) ritiene indice di una datazione posteriore, da porre in età tiberiano-claudia. Per W.-D.Heilmeyer (1970, p. 116) e in seguito G. Fischer (1996, p. 86 s.), più convincentemente, le differenze della decorazione architettonicadei due complessi vanno imputate all’attività di diversi gruppi di maestranze operanti all’incirca nello stesso lassodi tempo (in Fischer 1996, p. 87, datazione del tempio orientale nel primo quarto del I sec. d.C.).115Cfr. Heilmeyer 1970, p. 64 s. Il motivo sopravvive sin oltre la metà del I secolo, ad es. nei capitelli corinzi del rifacimento,di età probabilmente neroniana, della frontescena del teatro di Verona: <strong>Sperti</strong> 1983, n. 20 ss., p. 29 ss.116Al Museo Nazionale Concordiese: v. Di Filippo Balestrazzi 2001, p. 216, fig. 4.117Scarfì 1968, p. 51, figg. 67-69; Scarfì 1985, p. 132 ss., figg. 118-126; Tombolani 1987, p. 341; Denti 1991, p. 173 ss., tavv.LII-LIII; Compostella 1993, pp. 125 s.; Compostella 1996, p. 146 ss., figg. 37 a-f; <strong>Tirelli</strong> 1998, col. 172 s., figg. 30-33; Denti2001, p. 277.


116LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31in Cisalpina appare diffusa quasi esclusivamente inuna ristretta area della Venetia, e trova confronti inAltino stessa nel cd. mausoleo Marcello, ad Opitergium,Aquileia e forse Trieste 118 .Risulta chiaro anche da questa sommaria descrizioneche il contesto si presenta assai articolato, ilche implica l’analisi di una serie di aspetti architettonicie scultorei complessi che andrebbero affrontatiin toto: e ciò, com’è ovvio, non è possibilein questa sede. Prendo le mosse pertanto dal puntofondamentale su cui le opinioni degli studiosidiscordano, vale a dire la cronologia: alcuni hannoavanzato, sulla base dello stile dei capitelli, una datazionenella piena età augustea 119 ; altri propongonouna collocazione anteriore, che poggia sostanzialmentesulla presunta datazione dei due ritrattisuperstiti nell’epoca del secondo triumvirato o neglianni 40-20 a.C. 120 . Una datazione del monumentobasata sulle statue-ritratto mi pare assai problematica,se non altro perché nulla vieta di pensareche siano state utilizzate immagini eseguite in epocaprecedente. La trabeazione, e in particolare ilfregio, presenta aspetti interessanti, e sembra costituire nel panorama della decorazione architettonicanord-italica un caso a sé: su questo punto tuttaviaintendo ritornare in altra sede.Per quanto riguarda i capitelli, mi pare che unadatazione anteriore alla tarda età augustea sia difficilmentesostenibile: le foglie d’acanto con lobi dallefogliette esterne un poco sovrapposte, le zoned’ombra a forma di goccia marcate inferiormenteda un bordo appena rilevato, la costolatura centraleresa con senso plastico sono caratteristiche cherichiamano il tipo di acanto creato per le grandiiniziative monumentali urbane della media età augustea,e presto diffuso nell’architettura della Cisalpinaorientale (v. supra, n. cat. 14). Il termine diconfronto immediato per i capitelli del monumentoaltinate sono i già citati esemplari del tempio diRoma e Augusto a Pola, saldamente datati nel primoquindicennio del I sec. d.C. Come da tempo riconosciuto,essi mostrano una certa varietà sia nellaqualità di esecuzione che nella tipologia dell’acanto121 : alcuni presentano forme più morbide, lobimaggiormente incavati e fogliette più arrotondate122 , in altri le foglie sono più rigide, e rese conminore sensibilità naturalistica 123 . I capitelli nn. cat.15-18 vanno avvicinati piuttosto a questi ultimi, etrovano qualche altro confronto negli esemplari diminore qualità del cd. tempio orientale nella stessaPola, probabilmente coevi o di un decennio posteriori124 , in quelli più coloristici (e forse un pocopiù tardi) dell’Arco dei Sergi 125 , e al di fuori dellaX regio in sporadici esemplari nord-italici, come unpaio di pezzi privi di contesto al Museo Archeologicodi Milano 126 .Il capitello n. cat. 15, utilizzato come elementoterminale del monumento, si differenzia dai treesemplari di minori dimensioni del monopteros perun più accentuato gusto decorativo. Il kyma ionicoche orna il tondino dell’abaco (di norma accompagnatoda una baccellatura sul sottostante cavetto,qui liscio) rappresenta una delle soluzioni più frequentinei capitelli di età augustea e giulio-claudia,soprattutto di ambito provinciale 127 ; la fogliaprotezionale che copre il margine superiore di elicie volute, che fa la sua comparsa per la prima voltanell’architettura monumentale urbana dell’epoca118Sul tipo, talora detto “a baldacchino”, v. da ultimo Cavalieri Manasse 1990, p. 34 e nota 84; von Hesberg 1994, p. 159 ss.,con precedente bibl. Per il grande mausoleo altinate v. Marcello 1956, p. 36 ss.; Scarfì 1985, p. 147; Compostella 1993, p.132; Compostella 1996, p. 155 ss.; <strong>Tirelli</strong> 1998, col. 144 s., fig. 4. Ad Aquileia, il monumento dei Curii (Cavalieri Manasse1978, p. 83 ss., con precedente bibl.). Una cornice circolare ad Oderzo va riferita ad un monumento analogo: v. <strong>Tirelli</strong> 1997,p. 170 e fig. 2. Per Trieste v. gli elementi architettonici rinvenuti presso S. Giusto, in Verzár-Bass 1997, p. 125 s. Ad un monumentoanalogo in Emilia Romagna, senza confronti nella regione, rimanda forse una cornice curva al Museo Civico di Rimini:v. Ortalli 1997, p. 369 s.119Scarfì 1985, p. 132 ss. e nota 54 p. 157; <strong>Tirelli</strong> 1998, col. 173 e nota 89.120Denti 1991, p. 174; Compostella 1996, p. 150 s.121Heilmeyer 1970, p. 115 s.; Cavalieri Manasse 1978, pp. 177, 179 e nota 68; Fischer 1996, p. 81 ss.122Fischer 1996, p. 82 e tav. 17, a.123Fischer 1996, p. 82 e tav. 18, a.124V. supra, nota 114.125La datazione dell’arco nel 25-10 a.C. dedotta in base all’iscrizione contrasta con lo stile della decorazione architettonica ein particolare dei capitelli, posti tradizionalmente in età tiberiana (Heilmeyer 1970, p. 116 s.; Cavalieri Manasse 1978, p. 183ss.); per una cronologia leggermente anteriore v. Fischer 1996, p. 61 s.126Nibbi 2000, p. 187, figg. 3-4.127V. supra, p. 114 e note 105-107.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>117del secondo triumvirato 128 , diviene dall’età augusteain poi uno dei motivi decorativi più frequentinei capitelli della Cisalpina e della Gallia Narbonense,come dimostrano, tra gli esempi così innumerevoliche non vale la pena di citare 129 , anche icapitelli dei tre templi polesi ora ricordati; il caulicolosormontato da una coroncina di sepali, cheinizia a diffondersi in età augustea, trova confrontocon una serie di capitelli dei primi decenni delI sec. a.C., tra cui quelli già ricordati dell’Arco deiSergi 130 .I tre capitelli superstiti del monopteros nn. cat.16-18 hanno dimensioni che permettono di ricostruireun’altezza approssimativa delle colonne dim 3-3.50 131 . Essi ripropongono in forma semplificatalo stesso modello del capitello terminale (latidell’abaco lisci, elici e volute nude), con qualchevariazione nella scelta dei motivi decorativi: la piùusuale palmetta al posto della “Helixmanschette”, efiori dell’abaco a forma di bottone articolato in petaliin luogo del pistillo scanalato del n. cat. 15. Ipezzi sono di fattura abbastanza curata e uniforme,anche se piccole differenze intercorrono soprattuttonella resa delle volute e delle elici, che nel n. cat.16 sono separate da un sottile ponticello, un motivotipico della tarda età augustea e tiberiana 132 .La datazione del tempio di Roma e Augusto aPola costituisce il terminus post quem per il monumentoaltinate, che può collocarsi in un momentodi poco successivo, in epoca tiberiana.All’architettura monumentale delle necropolialtinati di epoca giulio-claudia va riferita qualchedecina di frammenti più o meno significativi conservatinei magazzini del Museo (nn. cat. 19-40),nonché un gran numero di foglie d’acanto frammentarie,che non sono state prese in considerazionein quanto la pertinenza a capitelli non era accertabile.Una rapida disamina delle provenienze delmateriale non lascia dubbi sugli originari contesti:tre quarti circa dei pezzi infatti (nn. cat. 19-21, 23-25, 30-36, 38, 39) sono stati rinvenuti in diverse areenecropolari, mentre i restanti sono di provenienzaignota. Questi frammenti vanno ascritti ad unaproduzione di capitelli corinzi sorprendentementeomogenea per materiale, tipologia e stile: essi nonportano nulla di nuovo alla storia della decorazionearchitettonica altinate, ma costituiscono comunqueuna testimonianza dell’edilizia funeraria dellaprima età imperiale che non può essere trascurata.Frammenti decorati da fiori dell’abaco mostrano inalcuni casi (n. cat. 19-21) una stretta somiglianzacon quelli del capitello terminale del mausoleo, inaltri (nn. cat. 22-24, tav. XXII, a) una più genericaconsonanza con soluzioni decorative usuali nellaproduzione nord-italica di età giulio-claudia 133 . Lastessa considerazione vale per la serie di frammentiche preservano un angolo dell’abaco e della volutasottostante, talora (n. cat. 26, tav. XXII, b) assai similiai capitelli nn. cat. 15-18, più spesso databili, perla forma più morbida e arrotondata delle foglietted’acanto, nella piena epoca giulio-claudia (ad es.nn. cat. 30, 38, 39). Sarebbe ovviamente di grandeinteresse poter recuperare in questo contesto i restidei capitelli corinzi pertinenti al grande mausoleoscoperto da J. Marcello nel 1952-53, e che in seguitosono andati dispersi 134 .In questo panorama di testimonianze incerte eparziali spiccano, se non altro per lo stato di conservazione,due esemplari di mediocre qualità, l’unopiuttosto frammentario (n. cat. 41, tav. XXII, c), l’altrointegro, di dimensioni minori, e incompiuto (n.cat. 42, tav. XXII, e), che documentano la produzionepiù corrente delle officine altinati dell’età giulioclaudia.Entrambi i pezzi sono scolpiti in un blocco128V. ad es. i capitelli del tempio del Divo Giulio nel Foro Romano: Viscogliosi 1996, p. 120 e fig. 147, con precedente bibl.129In generale sul motivo v. Wegner 1961, p. 263 s.; Strong, Ward Perkins 1962, p. 14; Heilmeyer 1970, p. 38 e passim; Nibbi2000, p. 186.130Fischer 1996, tav. 10, a. Il motivo è assai diffuso anche nella Narbonensis, come dimostrano ad es. la Maison Carrée a Nîmese l’ ”Arc admirable” ad Arles (Heilmeyer 1970, p. 107 ss., tavv. 40-41) e l’arco di Orange (Amy, Duval, Formigé 1962, p.21 s., tav. 65).131La proposta è del tutto indicativa: nell’architettura romana il rapporto tra altezza del capitello e della colonna varia sensibilmente,soprattutto in età augustea (v. Jones 1989, pp. 40 s., 53 ss.); non mi risulta vi siano indagini su tali rapporti nell’architetturafuneraria più meno coeva.132Pensabene 1973, p. 209.133Il fiore dell’abaco con larga corolla che ospita un pistillo di eterogenea foggia (esemplificativo il n. cat. 23, tav. XXII, a) trovadiversi confronti in capitelli di epoca augustea e giulio-claudia: v. ad es. Scrinari 1956, n. 10, p. 20 s.; Cavalieri Manasse1978, n. 27, p. 61; n. 36, p. 68.134Bibl. supra, nota 118. La menzione dei frammenti di capitelli in Marcello 1956, p. 49 e nota 1.


118LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31unico con un sommoscapo ornato da scanalature,una pratica poco attestata negli esemplari coevi. Lefoglie del n. cat. 41 mostrano nell’accentuata verticalitàe nella rigidezza della costolatura centrale,nei lobi larghi e appiattiti sulla superficie del kalathos,nella resa amorfa delle fogliette, e nel profilostretto ed allungato delle zone d’ombra, le tipichecaratteristiche dell’acanto di età giulio-claudiaavanzata, e trovano numerosi confronti con esemplaria Trieste 135 , Verona 136 , Este 137 Milano 138 , tuttidatabili intorno alla metà del I sec. d.C. Il n. cat.42 è molto simile al precedente, ma le foglie, dailarghi lobi articolati in fogliette indistinte, sembranoperdere ulteriormente organicità. La sagoma abbozzatadel calicetto centrale, dei cauli e in un latodelle elici indicano che la lavorazione non è stataportata a termine e anche le foglie – il cui aspettosaponoso non trova, per quanto mi è noto, puntualiconfronti – mancano probabilmente dell’ultima rifinitura.Capitelli incompiuti sono ben noti anchenella Venetia, ma si tratta di solito, diversamentedal caso in questione, di manufatti lasciati in unoo più lati allo stato di bozza 139 . Il n. cat. 42 provieneda un recinto della necropoli nord-est dell’Anniatratto in luce nel 1971 che ha restituito alcuniblocchi della fronte, un’ara iscritta e il frammentodi un’altra iscrizione 140 . Il dato potrebbe essere indicativoanche per il n. cat. 41, di cui non si conoscela provenienza: tuttavia la pertinenza dell’esemplareincompiuto al recinto funerario è stata postain dubbio 141 , in quanto non è chiaro quale funzionepotesse avere in una struttura che non prevedealzato. Non è da escludere pertanto che vi sia cadutoaccidentalmente da una tomba monumentalesituata nelle vicinanze.All’incirca nello stesso periodo si colloca forseil minuscolo frammento di foglia d’acanto n. cat.43 (tav. XXII, d), che non meriterebbe menzione senon fosse per il fatto che è l’unica testimonianzatratta in luce nel corso degli scavi del santuario extraurbanoin località Fornace 142 riconducibile, almenoipoteticamente, ad un capitello. Se il frammento,come suggerisce per ipotesi M. <strong>Tirelli</strong>, va riferitoall’epistilio di una edicola eretta nel bosco sacro (v.infra, p. 126), si può dedurre una datazione dell’edificionegli anni intorno alla metà del I sec. d.C.Lo sviluppo del capitello corinzio dell’Italia Settentrionaletra la tarda età giulio-claudia e gli ultimitre decenni del secolo presenta, come già rilevatoda tempo 143 , caratteri autonomi rispetto aimodelli elaborati nell’Urbe, ed un gusto eclettico ein parte retrospettivo, dove elementi tipici dello stileflavio si accompagnano alla persistenza di formetradizionali dell’architettura di età augustea e giulio-claudia.Ai capitelli del pronao del Capitoliumdi Brescia, datato nei primissimi anni del regno diVespasiano 144 , va accostato un numeroso gruppodi esemplari simili, talora in marmo 145 , più spessoin calcare 146 , che mostrano soluzioni tipologichee stilistiche piuttosto omogenee: corone di fogliemolto aggettanti dal kalathos, con lobi incavati ezone d’ombra sottili poste in verticale; cauli pesan tie inclinati, con orlo decorato da una coroncina disepali, e articolato talora da solchi ad andamentotortile 147 ; stelo del fiore dell’abaco che sorge da unapalmetta, in luogo del calicetto usuale nel reperto-135Cavalieri Manasse 1978, n. 87, p. 112, tav. 36,3, al Museo Civico.136<strong>Sperti</strong> 1983, n. 40, p. 46, al Museo Archeologico.137Scotton 1992, p. 425, fig. 336, al Museo Archeologico.138Belloni 1958, n. 11, p. 32, al Museo Archeologico, tarda età giulio-claudia.139V. il già citato capitello dal teatro di Berga a Vicenza, in Galliazzo 1977, col. 50 ss., figg. 2, 4, di età giulio-claudia, e unocoevo a Trento, cfr. Michelini 2002, p. 356 s., fig. 1.140<strong>Tirelli</strong> 2008, n. 84, p. 66.141<strong>Tirelli</strong> 2008, loc. cit.142Sul santuario v. bibl. supra, nota 18.143Heilmeyer 1970, p. 131 ss.144Heilmeyer 1970, p. 132, tav. 46,2; Frova, Rossignani, Cavalieri Manasse 1975, p. 61 s., figg. 9-10; altri capitelli dal medesimocomplesso mostrano una resa stilistica alquanto differente: v. ibid., p. 63, e figg. 17-19.145Ad es. ad Aquileia, in Pensabene 1987, p. 396, fig. 11; lo stesso in Scrinari 1952, p. 34, n. 28; a Vicenza, dal teatro di Berga,in Galliazzo 1977, col. 50 ss., figg. 1-6.146V. un capitello a Museo Archeologico di Aquileia, in Scrinari 1952, n. 20, p. 30; Cavalieri Manasse 1978, n. 32, p. 64, tav.13; un altro nello stesso Museo, Scrinari 1952, n. 21, p. 30 s. Alcuni esemplari a Pola, v. Scrinari 1956, nn. 13-14, p. 22 s. (alVescovado di Ossero), e n. 16, p. 23 s.; a Trento, in Michelini 2002, con una troppo precoce datazione in età tiberiana; a Garda,in Ibsen 2006, p. 307 s. e fig. 1 (considerato erroneamente corinzio asiatico di età tardoantica). In generale sulla produzionenord-italica in calcare v. anche Pensabene 1972, p. 323.147V. i due esemplari aquileiesi e i due capitelli a Ossero, provenienti da Pola, citati nella nota precedente.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>119rio decorativo di età flavia 148 . In questa fase di transizionetra l’età giulio-claudia e la prima età flaviarientra anche il n. cat. 44 (tav. XXIII, a) che è il piùantico capitello corinzio in marmo del corpus altinate,ed uno dei pezzi di maggiori dimensioni 149 . Ilmediocre stato di conservazione non consente cheuna valutazione parziale, ma la resa accurata dellefoglie d’acanto e dei cauli, oltre che l’uso del marmo,indica che il manufatto è opera di maestranzedi non comune livello, probabilmente autoctone, ocomunque di formazione nord-italica. Non occorrechiamare in causa i dati sulla provenienza, peraltroincerti 150 , per ipotizzare che il manufatto eraimpiegato in un grande edificio pubblico, da porsinei decenni successivi alla metà del I sec. d.C.Coevo o di qualche decennio posteriore è un capitelloda semicolonna in marmo di ben più modesteambizioni monumentali (n. cat. 45, tav. XXIII, b),conservato nella villa Reali Canossa a Dosson (Treviso)ma proveniente, come tutta la collezione giàReali, da Altino 151 . Il capitello è lavorato in dueblocchi, una pratica dettata da ovvie ragioni economiche,di solito però testimoniata in esemplarimolto più grandi 152 , e che tende a scomparire dallametà del I sec. d.C. 153 . Lo stile delle foglie d’acantorichiama quello del n. cat. 44, ma con un più accentuatoslancio verticale, sottolineato dai profondisolchi di trapano che delimitano la costolaturacentrale, e dalla forma molto allungata delle zoned’ombra. Un capitello al Museo Civico di Como 154datato in età flavia costituisce il termine di confrontostilistico più prossimo, indicativo anche perla cronologia.I due esemplari esaminati costituiscono le ultimetestimonianze del capitello corinzio con acantomolle ad Altino: a questi segue, con una lacuna dicirca un secolo, un piccolo gruppo di capitelli corinzidi tipo asiatico, databili dalla seconda metà delII sino alla prima metà del IV sec. d.C. L’importazionein Occidente di capitelli di manifattura microasiatica,che nel corso del III secolo e soprattuttodall’età tetrarchico-costantiniana divengono il tipoegemone, è un fenomeno in generale ben noto e indagato155 , ma non per quanto riguarda la Cisalpina,regione per la quale manca persino un censimentopreliminare. La consistenza nelle regioni dell’ItaliaSettentrionale di tali prodotti di importazione,provenienti da pochi centri di produzione – tra iquali ebbero un ruolo di primissimo piano gli opificiattivi nell’isola del Proconneso – attende ancoraadeguata valutazione: indagini preliminari e perquanto mi è noto inedite, come quella riguardantela diffusione dei capitelli ad acanto spinoso in Romagna156 , lasciano intuire un panorama articolatoe complesso, dove compaiono, a fianco di manufattiimportati, imitazioni da parte di officine localiche utilizzano forme commiste a quelle dell’acanthusmollis, frequenti in particolare ad Aquileia 157 .Di fronte ad un quadro così evanescente e lacunosorisulta difficile proporre per gli esempi altinati – peraltroframmentari e molto rovinati – un inquadramentostilistico e tipologico sufficientemente documentato.Credo comunque di non essere lontanodal vero sostenendo che il piccolo capitello in marmon. cat. 47 (tav. XXIII, c) rappresenta una delleprimissime testimonianze dell’importazione di prodottidi origine asiatica nella Cisalpina. Le foglie diacanto spinoso della prima corona che si toccanocon le fogliette esterne creando un motivo romboidale,quelle della corona soprastante ben distanziatee separate da sagome geometriche, e le elici spiraliformiche serrano uno stelo del fiore dell’abaconascente da calicetto o una foglietta rientrano inun tipo frequentemente attestato a Roma e Ostia 158 ,148V. Frova, Rossignani, Cavalieri Manasse 1975, p. 61.149Sulla base delle dimensioni del frammento superstite, privo sia della base che della zona di abaco e volute, si può ricostruireuna altezza di circa cm 70-80.150Il capitello proviene dalla località Fornasotti, che corrisponde in parte all’abitato, ma anche all’area necropolare.151Sulla collezione v. supra, nota 16.152V. ad es. i capitelli della ricostruzione neroniana della frons scaeneae del teatro di Verona, in <strong>Sperti</strong> 1983, n. 20 ss., p. 29 ss.153Strong, Ward Perkins 1962, p. 12 s.154Rossignani, Sacchi 1993, n. 3, p. 102 s., tav. 5.155Fondamentale Pensabene 1986; v. anche Pensabene 1972, in particolare p. 335 ss.; sul corinzio asiatico a Roma v. Freyberger1990, p. 125 ss.; per Ostia Pensabene 1973, pp. 94 ss., 227 s., 235 ss. Sullo sviluppo del capitello corinzio ad acanto spinosoin Asia Minore sino al II sec. d.C. v. Heilmeyer 1970, p. 78 ss.156Regione in cui costituiscono il 41 per cento della totalità dei capitelli corinzi: v. De Maria 2000, p. 298.157Cfr. <strong>Sperti</strong> 2005, p. 312 ss.158Tipo 7 in Pensabene 1986, p. 310. Roma: ibid., loc cit., con bibl. Ostia: Pensabene 1973, nn. 349-350, p. 98 s., tav. XXXV, datatialla seconda metà del II sec. d.C.


120LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31ma soprattutto in Italia meridionale e in Sicilia 159 :la conformazione delle elici a spirale, che proseguenel solco della tradizione microasiatica della primaetà imperiale 160 , e antecede il processo di atrofizzazioneche prende piede in età severiana 161 , indicauna datazione nella seconda metà del II sec. d.C.L’unico puntuale confronto in ambito norditalico ame noto è un capitello proveniente dall’area urbanadi Sarsina, e riferibile forse ad un problematicocomplesso cultuale che vide occupate maestranzeafrodisiensi 162 . Il capitello n. cat. 47 va ascritto adun intervento edilizio di modesta entità, probabilmentedi edilizia privata; ma la datazione nella secondametà del II sec. d.C. illustra eloquentementela precocità con cui giungono ad Altino prodottidestinati, nel giro di qualche decennio, ad una straordinariafortuna commerciale in tutte le regionidell’Impero: tra i manufatti di tipo microasiaticopresenti nelle Venezie, non conosco nessun esemplare,a parte questo, databile con certezza primadegli inizi del III sec. d.C. 163 .Il processo che dai primi decenni del III secoloconduce alla progressiva atrofizzazione delle elicie in seguito alla loro scomparsa si può seguire inaltri due esemplari altinati, entrambi frammentari.Il n. cat. 48 (tav. XXIV, a) conserva solo la parte superiore,con elici e volute molto ridotte e schiacciatesotto l’abaco, come appaiono in capitelli asiaticidi diversa tipologia a partire dal III sec. d.C. 164 . Nelcapitello n. cat. 49 (tav. XXIV, b) le elici sono scomparse,e il kalathos è completamente avvolto sin sottol’orlo da due corone di foglie. L’acanto spinosomantiene ancora una parvenza di naturalismo, checontrasta con la compiuta dissoluzione tettonica, tipicadella produzione bizantina. Esemplari moltosimili sia nello stile dell’acanto che nella semplificazionedell’apparato decorativo sono diffusi particolarmentea Costantinopoli e in altri centri nellapars Orientis 165 , e indicano che il capitello altinateè un prodotto di importazione, databile in età tetrarchico-costantiniana.Capitelli corinzieggiantiLa produzione di capitelli corinzieggianti è attestatada alcuni esemplari ordinari, e da un capitello(n. cat. 51, tav. XXIV, c) che per particolaritàstilistiche e l’inusuale schema decorativo costituiscesenza dubbio uno dei casi più interessanti del corpusaltinate. L’elaborata combinazione di elementivegetali che occupano i due terzi superiori del kalathosripropone forme della tradizione tardoclassicaed ellenistica che contrastano con la resa del tuttoparticolare e vernacola delle foglie d’acanto postealla base del kalathos. Il Gans pone l’esemplare inquestione in un gruppo di “Kapitelle mit Stengelvoluten”piuttosto eterogeneo, dove compaiono fiancoa fianco capitelli molto diversi nel disegno generale,nella scelta dei singoli dettagli decorativi,e nella resa dell’elemento vegetale 166 . In realtà loschema decorativo del n. cat. 51 non ha alcun precisoparallelo all’interno della produzione dei capitellicorinzieggianti romani: la struttura di base(duplice corona di otto foglie ciascuna che occupa159Pensabene 1986, loc. cit. Per due esemplari probabilmente di reimpiego nella villa del Casale a Piazza Armerina v. Pensabene1971, p. 209 s., figg. 59-60, datati “ancora nel II sec. d.C.”160Cfr. Heilmeyer 1970, p. 79 ss.; Pensabene 1973, p. 227; v. anche manufatti asiatici importati a Roma in età adrianea: Freyberger1990, n. 300, p. 125, tav. 44, a.161Pensabene 1973, p. 235 ss.; Freyberger 1990, p. 127 s.162Museo Archeologico: Santoro Bianchi 1990, n. 1, p. 40 s., fig. 31, datato nella seconda metà del II sec. d.C. Il rapporto conil cd. Phrygianum potrebbe portare ad ipotizzare che si tratti di un pezzo eseguito in loco da maestranze orientali, ma tutta laquestione andrebbe rivista, riconsiderando anche l’inusitato apparato statuario. Un frammento di capitello al Museo Archeologicodi Verona presenta elici spiraliformi che rientrano nel tipo esaminato, ma è troppo esiguo per trarne giudizi sicuri: v.<strong>Sperti</strong> 1983, n. 58, p. 61, con datazione troppo bassa (seconda metà del III sec. d.C.); mentre un esemplare a Padova, pur avvicinabilenello schema decorativo al tipo, ha elici che si discostano da quelle usuali del gruppo, e potrebbe essere consideratoun’imitazione locale: Scotton 1994, E 18, p. 167; Tosi 1994, p. 67, con datazione alla fine del III sec. d.C., comunque troppoavanzata, sia che si tratti di un prodotto di importazione che della replica di un atelier autoctono.163Aquileia: Scrinari 1952, nn. 32-39; <strong>Sperti</strong> 2005, p. 312 ss.; Trieste e Pola: Scrinari 1956, n. 30-32; Verona: <strong>Sperti</strong> 1983, nn.59-63 e p. 81 ss. La stessa osservazione vale per i capitelli di Milano: v. Belloni 1958, nn. 31-34, 39, 41-45.164Pensabene 1973, p. 235 ss.; Pensabene 1986, ad es. tipo 9, p. 312.165V. Kramer 1997, tipo 2, p. 28 ss.; sul tipo anche Kautzsch 1936, p. 49 ss. Per confronti v. Kramer 1997, ad es. p. 29 ss., figg.37 (Istanbul) 44 (Antalia), 45 (Skopje), databili tra la fine del III sec. d.C. e i primi decenni del successivo. Sull’importazionedi capitelli bizantini in Italia v. Pensabene 1972, p. 342 ss.; Pensabene 1986, p. 347 ss.166Gans 1992, p. 9 ss., nn. 1-10, figg. 1-7.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>121circa un terzo del kalathos, dietro cui nascono volutea stelo ricoperte da lunghe foglie scanalate, earticolate in più segmenti da calici acantacei postidi profilo; stelo assiale intorno al quale si organizzal’elaborato viluppo di racemi e infiorescenze) richiama,mi sembra in modo esplicito, la tradizionedecorativa dei capitelli “canonici” e corinzieggiantidell’Ellenismo microasiatico e alessandrino: si vedanoad es. i raffinati esemplari del cd. Laodikebaudi Mileto, datati poco prima della metà del III sec.d.C. 167 , o quelli di qualche decennio successivi delsantuario tolemaico di Hermoupolis Magna 168 . Aquesta tradizione, che affonda le radici nell’architetturapeloponnesiaca di IV secolo, vanno ricondottianche singoli dettagli, come la forma particolaredelle volute, dallo stelo con foglie d’involucroscanalate, e articolato in più segmenti marcati daun calice acantaceo posto di profilo: una soluzioneestranea al repertorio ornamentale del capitellocorinzieggiante romano, dove le volute imitano dinorma la forma del caule tipica del capitello corinzionormale 169 .Queste forme dichiaratamente colte e retrospettivesi combinano con motivi vegetali e soluzionidecorative usuali nel repertorio del tipo corinzieggiantedi età imperiale, come i fiori quadripetali chesbocciano ai fianchi dello stelo assiale, o l’abaco decoratoda un kyma ionico 170 . Anche lo stile della fogliad’acanto è molto lontano da quello dei modelliellenistici: i lobi articolati in fogliette dall’estremitàappuntita, che generano una sequenza di zoned’ombra triangolari, richiamano immediatamenteil linguaggio decorativo del periodo del secondotriumvirato, di cui s’è già detto a proposito del capitelloionico n. cat. 5 (v. supra, p. 108). Ma comein quest’ultimo, ed in maniera persino più evidente,anche nell’esemplare in questione il trattamentodell’acanto si discosta sensibilmente dai caratteridistintivi di questa tipologia: qui la foglia si comprimein una sorta di cespo formato da tre lobiparalleli quasi accartocciati e dal margine rigidamentedentellato, dove il motivo della successionedelle zone d’ombra triangolari diviene pura astrazionegeometrica. Per tale aspetto esso va accostatoal tipo di acanto detto “à harpons”, evoluzionein forma esasperata di modelli secondo-triumviralitipica della Gallia Narbonese, largamente attestatain importanti monumenti di età augustea, come icd. templi gemelli a Glanum, o il teatro di Arles 171 .Formule decorative analoghe caratterizzate da unaccentuato gusto chiaroscurale trovano sporadicaapplicazione anche nell’architettura dell’Italia Settentrionale,come dimostrano ad esempio un capitellocorinzieggiante a Cremona, e gli esemplaridell’arco di Augusto a Susa 172 .Non è agevole tentare un inquadramento di uncapitello che fa uso di un linguaggio così eclettico,e che si distacca in modo così evidente dalla produzionestandard della Cisalpina. Come molti altriesemplari corinzieggianti di età augustea, è unacreazione individuale, e testimonia un momento diricerca e sperimentazione che conduce molto spessoad esiti originali e privi di paralleli puntuali. Ciòche distingue l’esemplare altinate è la concezionedi fondo, basata sullo schema di tradizione ellenisticadella doppia corona di foglie d’acanto da cuisorgono robusti steli scanalati che si dirigono a sorreggeregli angoli dell’abaco, combinato con un motivoassiale a viticci organizzati simmetricamenteintorno allo stelo del fiore dell’abaco. Un confrontoindicativo, che ci porta nuovamente nella GalliaNarbonense, sono i capitelli corinzieggianti chesormontano le quattro colonne “libere” poste agliangoli del cd. Ninfeo del “Santuario della Sorgente”a Nîmes, datato nei primi decenni dell’età imperiale173 . Nella resa della foglia d’acanto essi ripropongonomodelli urbani, identificati da alcuninel tempio di Apollo in circo 174 , da altri nell’Ara Pa-167Bauer 1973, pp. 121 s., tav. 31, 6.168Bauer 1973, p. 122, tav. 32, 5; Pensabene 1993, n. 43 ss., p. 324 s., tav. 8. Soluzioni decorative analoghe in capitelli corinzieggiantialessandrini, v. Pensabene 1993, p. 370 ss., n. 255 ss.169Gans 1992, p. 9.170V. infra, a proposito del frammento n. cat. 54.171V. bibl. supra, nota 55.172Gans 1992, p. 12 nota 44: rispettivamente n. 305, p. 160, fig. 89, e n. 310, p. 162, fig. 89.173Heilmeyer 1970, p. 113; von Hesberg 1981-82, p. 72; Gans 1990, p. 96, tav. 23,2; Gans 1992, n. 5, pp. 10, 13, fig. 6; Viscogliosi1996, p. 208, fig. 214. Sul santuario e la sua cronologia fondamentale Gans 1990, con precedente bibl.; v. anche Viscogliosi1996, p. 205 ss.174Heilmeyer 1970, loc. cit.; von Hesberg 1981-82, p. 72.175Gans 1990, p. 97; Gans 1992, p. 13.


122LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31cis 175 . Ma per altri aspetti, come le due corone difoglie da cui sorgono gli steli scanalati delle volute,si ispirano da vicino, a mio parere, ai capitelli“liberi” e corinzieggianti dell’Egitto ellenistico convolute e motivo liriforme 176 : e d’altra parte gli strettirapporti della decorazione architettonica del “Ninfeo”con l’architettura tolemaica sono ribaditi dallequattro colonne angolari decorate alla base del fustoda una corona di foglie d’acanto, secondo unoschema che trova in Alessandria i primi e più numerosiesempi 177 .Come nel caso del capitello n. cat. 51, gli esemplaridel “Ninfeo” di Nîmes uniscono una sintassisostanzialmente ellenistica a forme coeve, come lostile delle foglie d’acanto. Da questo punto di vistasia l’uno che gli altri possono essere avvicinatiad un gruppo di capitelli rinvenuti in Roma e nelLazio, tra cui in particolare un esemplare di altissimaqualità a Minturnae, che vanno ascritti probabilmentead un’officina urbana attiva nella prima etàaugustea, e che presentano una analoga mescolanzadi motivi antichizzanti e resa stilistica aggiornatadell’acanto 178 . Il tipo di acanto del capitello n.cat. 51 è identico a quello del pulvino del capitelloionico n. cat. 5 (v. supra, p. 109): anche in quest’ultimo,come s’è visto, sono presenti soluzioni decorativee motivi desunti dalla tradizione ellenistica.Entrambi i pezzi sono verosimilmente prodotti diuno stesso “atelier ellenizzante”, attivo in età augustea,e caratterizzato dal ricorso a forme colte eretrospettive riproposte in forma attualizzata. Laforma particolare dell’acanto, priva per quanto mi ènoto di confronti precisi, dimostra che si tratta probabilmentedi un atelier locale. La ripresa di modelliellenistici, d’altra parte, rientra in una tendenza benattestata nell’architettura della Venetia sin dalla finedel II sec. a.C. 179 , e non è un caso che il confrontopiù vicino per il capitello n. cat. 51 vada cercato nellaNarbonese, in una provincia cioè estremamenterecettiva verso la cultura figurativa e architettonicadell’Ellenismo orientale.Il capitello n. cat. 51 è privo di dati sulla provenienza.Con una altezza di 57 cm, si colloca tra gliesemplari di dimensioni vicine a quelle che il Gansdefinisce “monumentali”, in quanto raramente i capitellicorinzieggianti superano l’altezza di due piediromani 180 . Esso faceva parte di un edificio di unacerta importanza, probabilmente pubblico 181 .Il piccolo capitello marmoreo n. cat. 52 (tav.XXV, a) rientra nel numeroso gruppo dei capitellicon volute a “S”, una variante con precedenti in etàellenistica, e che trova largo impiego nell’architetturaromana dalla prima età imperiale sino all’epocaadrianea 182 . L’apparato decorativo dei capitelli conmotivo a doppia “S” è estremamente eterogeneosia nella resa del motivo principale, spesso vegetalizzato,che nella combinazione con elementi secondari.Il pezzo altinate presenta uno schema ornamentalemolto semplice, che trova confronto inalcuni capitelli di pilastrino di età augustea di dimensionianaloghe, come un esemplare un tempoall’Antiquarium Comunale a Roma 183 , e un gruppodi inconsueti capitelli interraso marmore di lesenaconservati in vari musei tedeschi, ma provenientida Roma 184 . A Pompei esempi simili per tipo edimensione erano utilizzati come coronamento dipiccoli pilastri decorati, riferibili a contesti pubblici,ma più spesso a case private 185 : se un uso analogoaveva anche il manufatto in questione, esso andrebbead aggiungersi alle numerose testimonianzedi arredo scultoreo di ambito domestico di Altino186 .Due frammenti completano il quadro dei capitellicorinzieggianti altinati. Nel n. cat. 53 (tav.XXV, b) le foglie interne dei calici, trasformate involute acantacee, piegano verso l’asse saldandosi176V. ad es. vari esempi corinzieggianti a Edfu e Alessandria, in Pensabene 1993, n. 257 ss., p. 371 ss., tav. 35.177Gans 1990, pp. 96, 98, tav. 23.1, con precedente bibl.; Viscogliosi 1996, p. 208 s.178Cfr. von Hesberg 1981-82, p. 62 ss.; Viscogliosi 1996, p. 209; per il capitello di Minturno v. anche Mesolella 2000, p. 84 s.179Cavalieri Manasse 1977; per la prima età imperiale v. Heilmeyer 1970, p. 43.180Gans 1992, p. 196.181Sui contesti architettonici dei capitelli corinzieggianti v. Gans 1992, p. 194 ss.182Fondamentale Gans 1992, p. 159 ss.; v. anche Ronczewski 1931, p. 95 s.; Pensabene 1973, p. 220 s.; sulla diffusione nellapenisola iberica Gutiérrez Behemerid 1983, p. 86 s., ma con vari esempi anche di ambito italico.183Gans 1992, n. 308, pp. 161, 166, fig. 92.184Gans 1992, n. 317, pp. 163, 167, figg. 90-91. Sulla tecnica ad intarsio v. ora Bonanni 1998 (p. 265, tav. 5,4 gli esemplari citati).185Gans 1992, p. 200.186Cfr. <strong>Tirelli</strong> 2001, p. 492 ss.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>123con un anello allo stelo del fiore dell’abaco: questoschema decorativo ricorre in un gruppo di esemplarida pilastro, databili tra l’età giulio-claudia e laprima età flavia, detti “Hüllkelchvolutenkapitelle” 187 .Il tipo è attestato con particolare frequenza nella Xregio a partire dall’età claudia: ricordo gli esemplarinon finiti della Porta dei Leoni a Verona 188 , i piccolicapitelli, sempre di età claudia, che ornano il monumentofunerario di via Mantova a Brescia 189 , eancora due esemplari di mediocre fattura ad Aquileia190 . Per la resa dell’acanto il n. cat. 53 trova confrontocon capitelli provenienti dal teatro romanodi Parma, posti entro la metà del I sec. d.C. 191 :tale datazione è indicativa anche per il pezzo altinate.Anche il frammento n. cat. 54 (tav. XXV, c) appartieneprobabilmente ad un capitello corinzieggiante,come indica la foglia acantacea a marginefrastagliato che si sovrappone al bordo inferioredell’abaco. L’abaco decorato con kyma ionico e baccellatura,frequente nei capitelli corinzi canonici 192 ,compare talvolta anche nei capitelli corinzieggianti:un anomalo esemplare di lesena ad Aquileia, databilenei primi anni del III sec. d.C. 193 , costituisceil termine di confronto più vicino sia per la decorazionedell’abaco che per la foglia che ne copre ilbordo. Considerato lo stato di conservazione delframmento, la datazione è ovviamente del tutto indicativa.Il capitello aquileiese potrebbe risultare significativoanche dal punto di vista cronologico,mentre il profilo rettangolare dei baccelli che ornanoil cavetto trova confronti con esempi urbani dietà antoniniana 194 : si può ipotizzare una datazionedi massima tra la metà del II sec. d.C. e gli inizidel successivo. Il pezzo proviene da un’area che siestende prevalentemente sull’abitato: le dimensionidel frammento lasciano supporre un esemplaredi notevoli dimensioni, certamente impiegato in unedificio pubblico.ConclusioniIl quadro generale del corpus dei capitelli altinatinella sua articolazione cronologica e nelle caratteristichetipologiche e stilistiche è pesantementecondizionato, come s’è detto in apertura, dalle vicendedegli scavi archeologici del sito, che si sonoconcentrati quasi esclusivamente sulle aree necropolari,tralasciando gran parte dell’abitato. La sproporzionetra la documentazione riferibile all’ambitofunerario rispetto all’edilizia monumentale e abitativaemerge, anche dal punto di vista statistico,dai dati sulle provenienze: dei 34 capitelli interi eframmentari di cui è nota l’area di rinvenimento,26 vanno attribuiti a monumenti sepolcrali. Un’ulteriorelimitazione – comune peraltro alla maggiorparte delle testimonianze architettoniche dei centridella Venetia – proviene dall’altissima percentualedei manufatti privi di un contesto monumentale:con l’eccezione del minuscolo e problematico frammentorinvenuto negli scavi del santuario di localitàFornace (n. cat. 43), gli unici capitelli riferibiliad un contesto architettonico sufficientemente notoed articolato sono i quattro esemplari superstiti delgrande mausoleo a baldacchino tratto in luce nel1967 lungo il lato nord-est della Via Annia (nn. cat.15-18). Va infine tenuta in conto anche la dispersionedel materiale epigrafico, scultoreo e architettonico,che dovette essere intensa già in epoca altomedioevale,e che è testimoniata dalla presenza diiscrizioni e monumenti funerari di presunta o accertataorigine altinate non soltanto nei centri circostanti– Torcello e Venezia in primis – ma anchein diversi musei italiani e esteri 195 . Per quanto riguardal’emigrazione di elementi architettonici, ilfenomeno sembra essere stato tutto sommato trascurabile.Non manca tuttavia qualche caso interessante:sarebbe importante, ad esempio, poter ricondurreal corpus altinate alcuni capitelli in calcare187Gans 1992, p. 71 ss., nn. 83-90: lista incompleta, cui sono da aggiungere almeno alcuni esemplari a Brescia e Parma (v. infra),e uno al Museo Nazionale di Napoli (Heinrich 2002, p. 79, S12).188Kähler 1935, p. 177 s., fig. 41; Gans 1992, n. 87, p. 73 s.189Cavalieri Manasse 1990, p. 42 ss., tipo 2, tav. 24,2. Sulla datazione del monumento v. ibid., p. 55 s.190Gans 1992, n. 88, p. 73 s., fig. 47; n. 90, p. 73 s.; il secondo anche in Scrinari 1952, n. 60, p. 50 s.: datati rispettivamente inetà giulio-claudia e nel terzo quarto del I sec. d.C.191Rossignani 1975, nn. 3, 4, p. 33 ss., tav. V.192Vari esempi supra, nota 106.193Scrinari 1952, n. 80 p. 60; v. anche un esemplare corinzieggiante, di qualche decennio precedente, con abaco ornato in manieraanaloga: ibid., n. 70, p. 55.194V. ad es. una cornice del tempio di Antonino e Faustina a Roma: Leon 1971, p. 275, tav. 99,4.195Per una panoramica sulle pietre erranti altinati v. Compostella 1996, p. 143 ss., e note 24-27.


124LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31(tre corinzi ed uno composito) conservati al MuseoProvinciale di Torcello 196 , la cui origine dal vicinocentro romano sembrerebbe se non altro verosimile:i pezzi sono datati tra la fine del I sec. d.C. e laprima metà del successivo, un periodo della storiadella decorazione architettonica altinate che presentaassai scarne attestazioni.Al periodo tardo-repubblicano va ricondotto ungruppo di capitelli numericamente esiguo. L’esemplarepiù antico è probabilmente il capitello ionicon. cat. 1, che faceva parte di un monumento funerariorisalente forse alla prima metà del I sec. a.C. 197 .L’architettura altinate di epoca tardo-repubblicanaè mal documentata ‒ come peraltro accade nellamaggior parte dei centri della Cisalpina 198 ; ma unaserie ben nota e studiata di elementi architettonicifittili, databili dalla fine del II sec. a.C., documentaeloquentemente iniziative monumentali di notevoleentità e ricchezza, in particolare nell’ambitodell’architettura templare 199 . Le rare testimonianzedi plastica architettonica lapidea di Altino tardorepubblicanasembrano limitate ai capitelli: mancanodel tutto, allo stato attuale delle indagini, elementiriferibili alle trabeazioni. Analoga situazionecaratterizza la documentazione di altre aree dellaCisalpina, ad es. in Aemilia o a Brescia, per le qualisi è ipotizzato convincentemente un’associazionedi capitelli lapidei con elementi fittili 200 , e nonè escluso che anche ad Altino la combinazione dielementi in pietra e coroplastica architettonica fossepratica usuale. Alla tradizione tardo-repubblicanafa capo anche il frammento n. cat. 10, in cui latradizionale tipologia del capitello corinzio-italicoè aggiornata con un abaco decorato da un inconsuetokyma ionico, ispirato ad uno schema decorativoben attestato nei capitelli corinzi canonici norditalicidella prima età imperiale. Il capitello facevaparte probabilmente di un monumento funerario,e documenta in modo esemplare il periodo di transizioneche vede da un lato il tramonto della tradizionerepubblicana, dall’altro l’introduzione deitipi normali ispirati a modelli urbani. Nella Cisalpinala progressiva affermazione del tipo ionico ecorinzio normale si colloca nei decenni successivialla metà del I sec. a.C. 201 , ma la tradizione italicasopravvive sino alla prima età imperiale, in particolarenell’ambito dell’architettura funeraria 202 . Laqualità e le dimensioni non comuni del n. cat. 10dimostrano la vitalità di queste tipologie inattualie destinate all’estinzione, la cui scelta dipendevaprobabilmente da implicazioni culturali che in granparte ci sfuggono.A fianco di queste tarde attestazioni dell’architetturaitalica compaiono nelle necropoli manufattiche testimoniano la diffusione delle nuove forme diorigine urbana. Il frammento di capitello corinzionormale n. cat. 12 si pone cronologicamente all’iniziodi una lunga serie, sorprendentemente omogeneaper tipologia e resa stilistica, che giunge all’incircasino alla metà del secolo. A questa produzionemediocre e di routine appartengono i capitelli delnoto monumento a monopteros nn. cat. 15-18, nonchéla maggior parte dei frammenti conservati alMuseo. Si tratta di norma di esemplari di modestedimensioni, che ripetono formule decorative standardizzate,e che rientrano appieno nel panoramadei capitelli della Cisalpina orientale di età augusteae giulio-claudia 203 : non potrebbe esservi contrastopiù marcato con la straordinaria ricchezza,l’originalità, la varietà di tipologie, forme, e soluzionidecorative delle sculture provenienti dagli stessicontesti 204 .Sullo sfondo della stanca produzione proto-imperialespiccano i due capitelli nn. cat. 5 e 51, uscitiverosimilmente da una stessa officina attiva inetà augustea, e specializzata in raffinati manufattidi gusto retrospettivo, che ripropongono in formeattualizzate schemi decorativi di tradizione ellenistica.Sulla cultura decorativa e i modelli di riferimentodi questo atelier “ellenizzante” si è già detto196Ghedini, Rosada 1982, nn. 55-56, p. 144 ss.197Per uno sguardo di insieme sull’architettura delle necropoli altinati v. Tombolani 1987, p. 336 ss.; <strong>Tirelli</strong> 1997; <strong>Tirelli</strong>1999, p. 10 ss.198Sull’urbanistica e l’architettura di Altino tardo-repubblicana v. da ultimo <strong>Tirelli</strong> 1999, p. 9 ss.; <strong>Tirelli</strong> 2004, p. 445 ss.199Tombolani 1985, p. 87; Strazzulla 1987, p. 263 ss.; <strong>Tirelli</strong> 1999, p. 14 s.200Cfr. De Maria 2000, p. 288; Cavalieri Manasse 2006, p. 125.201V. De Maria 2000, p. 291.202Come dimostrano ad es. i capitelli del monumento dei Curii ad Aquileia (bibl. supra, nota 23). Analoghe persistenze nellenecropoli pompeiane: v. Lauter-Bufe 1987, p. 81.203Cfr. le osservazioni di G. Cavalieri Manasse (1978, p. 171) sulle testimonianze aquileiesi coeve.204Una panoramica della scultura funeraria altinate in Scarfì 1985, p. 121 ss.; Compostella 1996, p. 135 ss.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>125in precedenza. Esso dimostra che l’influenza dellatradizione ellenistica nella scultura altinate dellaprima età imperiale non è attestata solamente in generimonumentali come le figure acroteriali a tuttotondo 205 , o la classe degli altari cilindrici a ghirlande206 , ma anche nella decorazione architettonica. Ilcapitello n. cat. 5, assieme ai nn. cat. 6, 14, 44 e 53,è uno dei pochi esempi riferibili all’architettura urbanadella prima età imperiale. Della consistenzamonumentale di Altino non sappiamo praticamentenulla: fonti scarne e di incerta pertinenza lascianointuire una città dotata di un teatro, di portici etempli 207 , il che ovviamente non ci stupisce affatto;e poco sappiamo anche dell’edilizia privata 208 , allaquale può essere riferito in via di ipotesi il piccolocapitello n. cat. 52.A partire dall’età flavia, le testimonianze del corpusaltinate divengono scarse e sporadiche. Il datoriflette fedelmente la storia delle ricerche archeologichedel sito: l’assenza di esplorazioni nell’areaurbana ci priva di una documentazione che dovevacontinuare, anche se probabilmente in tono minore,sino alla tarda antichità. Un capitello ionico liscio(n. cat. 7) databile forse in età severiana, rappresentala versione locale di un tipo diffuso unicamentein Roma e dintorni; più o meno allo stesso periodorimanda il frammento di un capitello corinzieggiantedi notevoli dimensioni, riferibile all’area urbana(n. cat. 54). Dalla seconda metà del II sec. d.C.ha inizio l’importazione di manufatti di provenienzaorientale, che il capitello corinzio asiatico n. cat.47, databile nella seconda metà del II sec. d.C., ciconsente di porre in un’epoca assai più precoce diquanto avvenga nella maggior parte dei centri dellaCisalpina, Aquileia compresa; mentre l’esemplaren. cat. 49, dallo schema decorativo semplificato,testimonia uno dei primi esempi dell’importazionedi capitelli bizantini in Italia Settentrionale.I contesti di provenienza (<strong>Margherita</strong> <strong>Tirelli</strong>)Il corpus dei capitelli altinati, che assomma intotale ad oltre 50 esemplari, rispecchia per quantoattiene i rispettivi contesti di provenienza, come delresto è logico, lo stato di fatto della ricerca archeologica,che per motivi oramai ben noti è stata finorarivolta in prevalenza all’esplorazione delle estesissimenecropoli e solo in minima parte a quelladella città antica 209 .L’area occupata dalla città municipale è tuttaviaben delineata grazie all’evidenza dei suoi limiticonfinari, che appaiono ribaditi lungo tutto il perimetroda un anello di corsi d’acqua. La fisionomiaurbana altinate tramandata dalle fonti, che nemettono in risalto la caratterizzazione di città d’acque,è stata significativamente confermata dai pochirinvenimenti di strutture pubbliche finora operatial suo interno: la porta-approdo settentrionale,il ponte attraversato dall’Annia nel settore meridionale,la banchina fluviale nei quartieri nord-orientali,alcuni edifici porticati prospicienti canali internied esterni. Tutta da affrontare è l’esplorazione deiprincipali edifici municipali. Documentata solo inminima parte risulta l’edilizia privata 210 .I capitelli riferibili all’area urbana, otto esemplariin totale, provengono principalmente dal vastoappezzamento occupato dall’azienda agricola checopre attualmente buona parte dell’estensione dellacittà romana, coincidente con le località Fornasottie Pezzacurta. Gli esemplari sono frutto sia didonazioni fatte all’atto dell’istituzione del Museo,che di ritrovamenti operati nel corso degli anni ’60del secolo scorso. I contesti di rinvenimento quindi,anche se genericamente localizzabili nel settoreurbano meridionale, non permettono di risalire adattribuzioni più puntuali, essendo le due localitàconsiderevolmente estese. Sembra comunque ipotizzabilel’esistenza in questo settore della città romanadi edifici pubblici, anche di prestigio, vistala presenza di esemplari in marmo, databili in unarco cronologico compreso tra l’età augustea e letàseveriana, come documentano il capitello ionico n.cat. 5, i corinzi nn. cat. 14 e 44, l’esemplare corinzioasiatico n. cat. 47, e il frammento di capitello corinzieggianten. cat. 54. Un altro indizio di ediliziapubblica proviene dall’area urbana centro-orienta-205Riferimento d’obbligo le statue di “Giganti” al Museo di Altino, attribuite ad un sepolcro o ad un monumento trionfale:Denti 1991, p. 165 ss.; Compostella 1996, p. 152 ss.; <strong>Tirelli</strong> 1997, p. 184 ss.; Verzár-Bass 2002, p. 160 ss.206Compostella 1996, p. 160 ss., con precedente bibl.207Cfr. Tombolani 1987, p. 331.208Sull’edilizia privata altinate v. Tombolani 1985, p. 81 ss.; Tombolani 1987, p. 332; <strong>Tirelli</strong> 2001. Per la forma urbis di Altinorimando comunque qui a seguire al contributo di M. <strong>Tirelli</strong>, su “I contesti di provenienza”.209Cresci Marrone, <strong>Tirelli</strong> 2006-07.210Per un panorama aggiornato dell’urbanistica altinate si veda <strong>Tirelli</strong> 2003.


126LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31le, riferibile presumibilmente ad età augustea, sullascorta del rinvenimento effettuato nell’area prossimaalla chiesa del capitello ionico n. cat. 6 211 .Dall’area del santuario messo in luce in localitàFornace, particolarmente avara di testimonianze relativealla decorazione architettonica, proviene infineun unico frammento di capitello, probabilmentecorinzio (n. cat. 43), databile in età giulio-claudia,che viene suggestivo ricondurre al colonnatodell’edicola che costituiva lo sfondo scenograficodel bosco sacro 212 .I capitelli riferibili a monumenti funerari, indubbiamentei più numerosi, provengono esclusivamentedagli scavi della necropoli della via Annia,a conferma di quanto già ipotizzato a riguardo dellamonumentalità del principale sepolcreto altinate,ambito privilegiato per gli intenti autorappresentatividella classe dirigente municipale 213 . Nell’ambitodi tale necropoli, esplorata nel segmento meridionalenegli anni ’50 del secolo scorso ed in quellosettentrionale tra il 1966 ed il 1984, sono documentati,come noto, monumenti a baldacchino, ad edicolaed a corpo cilindrico oltre a diverse tipologiedi recinti, allineati su entrambi i fronti stradali peralcuni chilometri 214 .Della maggior parte degli esemplari è purtroppoirrecuperabile il contesto puntuale di appartenenza,in quanto i capitelli vennero rinvenuti incrollo all’interno dei fossati che fiancheggiavano lavia o comunque non in corrispondenza delle fondazionidegli edifici funerari, come del resto in generalela quasi totalità degli altri elementi pertinentialla decorazione architettonica dei monumenti.Si discostano da questo sconfortante panoramasolo pochissimi contesti ricostruibili, di cui il casopiù rappresentativo è indubbiamente costituito dalgrande mausoleo a baldacchino, databile agli inizidel I secolo d.C., che si ergeva nella fascia meridionaledella necropoli nord-occidentale, a circa 2 kmdi distanza dalla città 215 . Tre capitelli corinzi (nn.cat. 16-18) sono infatti sicuramente pertinenti allatholos che soprastava il dado di base con una peristasiricostruibile di otto colonne alte circa 4 metri,mentre un quarto, di ben maggiori dimensioni matipologicamente assimilabile (n. cat. 15), costituivail coronamento della copertura a cono embricato.L’analisi stilistica e crono-tipologica oggetto di questolavoro propone ora il recupero di alcuni frammenti(nn. cat. 19-22) che, oltre che per le caratteristichetipologiche, anche in considerazione dellaclasse dimensionale, sembrano riconducibili al medesimocomplesso monumentale.Problematica al contrario risulta l’appartenenzarispettivamente dei capitelli nn. cat. 11 e 42, il primocorinzio-italico ed il secondo corinzio, all’apparatodecorativo di due recinti funerari 216 . Il censimentoe lo studio, recentemente condotti, di taleclasse monumentale 217 , largamente diffusa nellenecropoli altinati, ha prodotto infatti come risultatola ricontestualizzazione di non pochi elementiarchitettonici e decorativi riferibili a 27 recinti. Mase la relazione con stele, urne, altari ed altri elementidecorativi delle fronti apre nuove prospettivein ordine alla conoscenza di tale classe monumentale,resta invece difficile da spiegare la presenzadei due capitelli, cui si aggiunge il caso di un rocchiodi colonna 218 , in quanto indizi di una monumentalizzazionedagli sviluppi non facilmente ricostruibili.In generale la presenza all’interno delle necropolidell’Annia di numerosi esemplari di capitelliionici e corinzi, cui si aggiunge quella di altrettantonumerosi architravi variamente decorati e di dimensionidiverse 219 , viene a costituire un’ulterioretestimonianza, seppure per via indiretta, dell’esistenzadi mausolei a baldacchino e ad edicola,già noti attraverso la documentazione archeologicain entrambi i segmenti della necropoli, a norded a sud della città. La buona percentuale inoltredi esemplari corinzio-italici, oltre che la presenzadi un capitello ionico-italico, documentata presso-211Si segnala inoltre il capitello corinzio di imitazione n. inv. AL. 11431, proveniente anch’esso dall’area urbana, rara testimonianzadi edilizia medievale, databile al X-XI secolo.212Cipriano, <strong>Tirelli</strong> 2009 c.s.213<strong>Tirelli</strong> 1998, cc. 137-138, cui si rimanda anche per una rassegna bibliografica.214Per una sintesi delle principali evidenze monumentali: <strong>Tirelli</strong> 1998; “Terminavit sepulcrum” 2005; <strong>Tirelli</strong> 2008.215Da ultima <strong>Tirelli</strong> 1998, cc. 172-173 (con bibliografia precedente).216Recinti 56 e 84: <strong>Tirelli</strong> 2008, p. 59, 66. Al recinto 56 sono attribuibili anche due frammenti di cornici a cassettoni.217“Terminavit sepulcrum” 2005.218Recinto 73: <strong>Tirelli</strong> 2008, p. 63.219<strong>Tirelli</strong> 1998, c. 189.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>127ché esclusivamente all’interno del versante settentrionaledella necropoli nord-orientale, viene inoltread attestare la costruzione di edifici funeraridi notevole impegno architettonico, in particolarenel segmento più prossimo alla città, già nella secondametà del I secolo a.C. 220 , in linea del restocon la volontà di monumentalizzazione che caratterizzaAltino nel corso della prima età municipale.Per quanto riguarda infine il nucleo dei capitelliprivi di dati di provenienza, esemplari corinzi e ionici,tra cui il bellissimo esemplare corinzieggianten. cat. 51 della collezione già Reali 221 , databili perla maggior parte in età giulio-claudia, si lamentain particolare l’impossibilità di contestualizzare alcunisignificativi esemplari corinzio-asiatici databilitra la seconda metà del II e il IV secolo d.C. (nn.cat. 47-50), che avrebbero contribuito ad ampliareil ben modesto panorama dell’Altino di età medioimperialee tardoantica 222 .CatalogoI capitelli vengono presentati divisi per tipo (ionico, corinzio,corinzieggiante), e all’interno di ciascun gruppo in ordinecronologico. Le fotografie, quando non altrimenti specificato,sono dell’autore.1 - Capitello ionico-italico di colonna (tav. XIV, a).N. inv. AL. 3683. Calcare d’Aurisina. Alt. compresoil sommoscapo cm 22; altezza dal collarino cm 18;largh. abaco cm 47,5; alt. abaco cm 7; diam. volute cm 12;diam. base cm 32. Spezzato un angolo dell’abaco, lieviabrasioni diffuse.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latonord. Conservato nel magazzino III.Capitello ionico-italico a quattro facce uguali, lavoratocon il sommoscapo della colonna, delimitato da unprofilo ad astragalo. Kyma ionico con tre ovoli molto aderentiagli sgusci e separati da lancette; sugli ovoli lateralisi sviluppano semipalmette a tre lobi; volute “a cornadi montone” molto sviluppate, sormontate da una fogliadal margine ondulato; abaco con lati accentuatamenteinflessi, che presenta la sequenza canonica di listello ecavetto.Bibliografia: inedito.2 - Frammento di capitello ionico-italico (tav. XIV, b).N. inv. AL. 34572. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 20; largh. massima. cm 22. Si conserva solo un angolodell’abaco, con scheggiature; la estremità della fogliaprotezionale delle volute è spezzata.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.Esemplare analogo al precedente, ma di qualità inferiore:coppia di volute “a corna di montone” con fogliaprotezionale resa molto sommariamente; semipalmettee ovoli dell’echino di esecuzione approssimativa. Abacocon cavetto dal profilo concavo, e tondino decoratoda un kyma ionico con ovoli e sgusci dalle forme geometrizzanti.Bibliografia: inedito.3 - Capitello ionico-italico di semicolonna (tav. XIV, c).N. inv. AL. 6943. Calcare d’Aurisina. Alt. totale cm 36,alt. escluso sommoscapo cm 25, diam. base cm 52, alt.echino cm 9. Forti scheggiature e abrasioni sia sul latoprincipale, quasi illeggibile, che sui fianchi; i lati dell’abaconon si sono conservati.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.Capitello da semicolonna scolpito in un blocco unicocon il sommoscapo di colonna scanalata, conclusa da unastragalo di esecuzione, ove leggibile, poco omogenea.Ovoli appuntiti ben staccati da sgusci separati da lancette,semipalmette dalle estremità ricurve.Bibliografia: inedito.4 - Capitello ionico-italico di semicolonna (tav. XIV, d).N. inv. AL. 7054. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm34, lungh. massima cm 44. Si conserva una porzione delsommoscapo scanalato, un ovolo del kyma ionico e unaparte dell’astragalo corrispondente.Provenienza ignota. Conservato nei magazzini (box 8).Esemplare analogo per tipologia e misure al n. 3.Bibliografia: inedito.5 - Capitello ionico di colonna (tav. XV, c, d).N. inv. AL. 4. Calcare d’Aurisina. Alt. cm 31; largh.massima cm 47; alt. abaco cm 6; alt. echino cm 11, diam.volute cm 21, lungh. pulvino cm 44, diam. base cm 40.Una fronte con diffuse abrasioni ma sostanzialmenteconservata, quella opposta priva di parte dell’apparatodecorativo. Nel lato sinistro volute spezzate; diffuse220Nn. cat. 10, 11 (tenuta Albertini); n. cat. 1 (tenuta Ziliotto).221V. bibl. infra, p. 134.222Anche in questo caso si segnala la presenza di un esemplare di IX-X secolo, il capitello corinzio n. inv. AL. 34566.


128LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31abrasioni in tutta la superficie, abaco smussato in piùpunti.Proviene dalla località Fornasotti, che si estende prevalentementesull’area urbana. Conservato nella sala I.Scolpito in un blocco unico con il sommoscapo diuna colonna con 24 scanalature sormontato da un astragalo.Kyma ionico con cinque ovoli, di cui quelli lateraliparzialmente ricoperti da semipalmette dai lobi moltosottili; ovoli ben delineati e staccati da sgusci tramite unprofondo intaglio, e sgusci separati da lancette. Canaledelle volute ornato da un grosso cespo d’acanto ad andamentosimmetrico, che termina sulla prima spira dellevolute con una semipalmetta posta di profilo. Volute acanale concavo, delimitate da un sottile listello, e ornatenell’occhio da un fiore quadripetalo. Pulvino articolatoin foglie d’acanto orizzontali alternate a lunghe foglielanceolate di cui si vedono solo le estremità. I lobi dellefoglie d’acanto toccandosi formano una successione ditre o quattro occhi d’ombra di forma triangolare: identicomotivo appare anche nelle foglie d’acanto poste allabase del kalathos del capitello corinzieggiante n. cat. 51.Balteo a scaglie molto appuntite, serrate in ciascun latoda un astragalo. I lati dell’abaco sono decorati da Bügelkymation(Leon 1971, p. 245 ss.)Bibliografia: inedito.6 - Frammento di capitello ionico (tav. XVI, a, b).N. inv. AL. 6778. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 29; largh. massima cm 40,5; diam. voluta cm 20,5.Si conserva una voluta con parte dell’abaco e il relativopulvino per circa due terzi.Proviene località campo del Parroco a nord della chiesa,che si estende su parte dell’abitato. Conservato nelmagazzino III.Voluta con canale molto incavato e delimitato da unsottile listello, percorso da un tralcio d’acanto con fogliedal margine frastagliato desinente in una semipalmetta;occhio della voluta con un fiore dai petali appena abbozzati.Sul rocchetto foglie dal margine ondulato alternate afoglie lisce, e balteo a scaglie racchiuse da un ornamentoa treccia. Abaco con cavetto e listello.Bibliografia: inedito.7 - Frammento di capitello ionico liscio di colonna (tav.XVI, c-d).N. inv. AL. 34565. Calcare nero (v. supra, p. 109). Alt.massima cm 24; largh. massima cm 30; diam. voluta cm18; lungh. massima pulvino cm 28. Si conserva circa metàdi un lato e metà del rispettivo pulvino.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.Capitello liscio con tondino di base molto sviluppato,echino aggettante e un abaco articolato in cavetto elistello. Le palmette che sorgono nel canale delle volute siprolungano in forma di bozza sulla parte superiore dellevolute stesse. Sui lati rocchetto ornato da foglie lisce dalleestremità rilevate, e un balteo al centro ridotto ad unnastro a sezione semicircolare. Tra il rocchetto e l’abacosono incise due lettere, P P, alte cm 2,2.Bibliografia: inedito.8 - Capitello ionico a quattro facce di colonna (tav. XVII, a).N. inv. AL. 20692. Calcare. Alt. massima cm 23; largh.massima cm 41; alt. echino cm 11; diam. base cm 31. Capitellomolto danneggiato: spezzate tutte le volute, fortischeggiature nell’echino e nell’astragalo; lati dell’abacodel tutto abrasi.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia. Conservatonel magazzino III.Capitello con quattro facce uguali, scolpito in un bloccounico con il sommoscapo di una colonna decorata dascanalature rudentate, e concluso superiormente da unlistello di fattura molto approssimativa. Astragalo congrosse fusarole dal profilo rettangolare e perline lenticolaricollegate da sottili ponticelli; echino decorato daovoli molto distanziati, con sgusci separati da lancette;ovoli laterali coperti da semipalmette con le estremità arricciate,marcate da un foro di trapano. Dal kyma ionicosorgono obliqui i canali delle volute. Al centro di ciascunlato dell’abaco vi era probabilmente un fiore.Bibliografia: inedito.9 - Capitello ionico a quattro facce di colonna (tav. XVII, b).N. inv. AL. 20693. Calcare. Alt. massima cm 23; largh.massima cm 31; alt. echino cm 11. Spezzate tutte le volutee i lati dell’abaco. Ampie scheggiature nell’echinoe nell’astragalo, che presenta un segmento non finito.Abrasioni diffuse sulla parti superstiti.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia. Conservatonel magazzino III.Esemplare analogo per tipologia e dimensioni al n.8.Bibliografia: inedito.10 - Frammento di capitello corinzio-italico (tav. XVII, c).N. inv. AL. 3870. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm37; alt. abaco cm 12; lungh. massima cm 24; diam. volutacm 19. Si conserva un angolo dell’abaco, con le sottostantivolute, dalle estremità spezzate.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia. Conservatonel magazzino III.Frammento di capitello corinzio-italico di notevolequalità d’esecuzione, con voluta “a corna di montone”lavorate a giorno le cui spire sono collegate da tasselliquadrangolari; foglia protezionale dal margine ondulato,con la punta arricciata a toccare l’angolo dell’abaco.Sotto le volute è scolpita a bassissimo rilievo una fogliad’acanto, rivolta verso il basso. Abaco articolato in un altocavetto e in un tondino ornato da kyma ionico con ovoliben staccati, posti entro sgusci separati da lancette.Bibliografia: inedito.11 - Frammento di capitello corinzio-italico (tav. XVII, d).N. inv. AL. 3534. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 26; largh. massima cm 21; diam. voluta cm 22. Rimaneuna coppia di volute con parte della foglia protezionale.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>129Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latonord, recinto 56: v. qui sopra il contributo di M. <strong>Tirelli</strong>,I contesti di provenienza, p. 126 (ma la pertinenza delframmento al recinto funerario è problematica). Conservatonel magazzino II.Frammento pertinente ad un capitello di tipo analogoal n. 10, di fattura meno accurata, e di dimensioni maggiori.Come il precedente, presenta volute “a corna dimontone” lavorate a giorno, con spire unite da tasselli.Bibliografia: inedito.12 - Frammento di capitello corinzio (tav. XVIII, a).N. inv. AL. 6728. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm25; largh. massima cm 16. Si conserva una voluta con partedella foglia d’acanto sottostante, e l’angolo dell’abaco,spezzato nella parte superiore.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia. Conservatonel magazzino III.Voluta dal canale concavo; la foglia d’acanto sottostantepresenta lobi dalle fogliette aguzze, percorse daun solco assiale, con zone d’ombra circolari.Bibliografia: inedito.13 - Frammento di capitello corinzio (tav. XVIII, b).N. inv. AL. 11643. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 12,5; largh. massima cm 17,5. Si conserva un angolodell’abaco con le relative volute e la foglia di sostegno;abrasioni diffuse sui lati dell’abaco.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia. Conservatonel magazzino I.Foglie d’acanto con lobi dalle fogliette aguzze, zoned’ombra a goccia; le volute, dall’andamento poco elegante,sono rese come un semplice nastro. I lati dell’abaco,modanati con la sequenza canonica di cavetto e tondino,sono decorati con Scherenkymation (v. Leon 1971, p. 263)e un kyma ionico dagli ovoli espansi, posti in sgusci separatida lancette.Bibliografia: inedito.14 - Capitello corinzio di colonna (tav. XIX, a).N. inv. AL. 7. Calcare d’Aurisina. Alt. cm 58; I coronacm 16; II corona 29; diam. base cm 46. Molto danneggiatonella zona superiore. Elici solo in parte conservate,volute e lati dell’abaco totalmente abrasi, cauli visibili inun solo lato. Diffuse scheggiature e abrasioni nelle duecorone di foglie.Proviene dalla località Pezzacurta, che si estende suparte dell’abitato. Conservato nei magazzini (box 8).Foglie d’acanto con lobi formati da tre fogliette a sezioneangolare percorse da un solco mediano con zoned’ombra a forma di goccia, e costolatura centrale che siallarga verso il basso. Caulicoli lievemente inclinati versol’esterno, sormontati da una corona di sepali. Dallasommità della foglia centrale della seconda corona sorgeun elemento di raccordo con il margine inferiore dellefoglie d’acanto che accompagnano le elici, e che ricordavagamente la forma di un calice. Il motivo, detto “Helixmanschette”(Heilmeyer 1970, p. 64 s.) è inteso comestilizzazione del calicetto da cui sorge lo stelo del fioredell’abaco. Elici dall’andamento incerto, concluse al centroda un ricciolo aggettante. Lavoro di qualità piuttostomediocre.Bibliografia: inedito.Fotografia: neg. M. A. 14760.15 - Capitello corinzio terminale di monumento funerario (tav.XIX, b).N. inv. AL. 671. Calcare d’Aurisina. Alt. cm 77; I coronacm 23; II corona cm 40; alt. abaco cm 11; diagonaledell’abaco cm 130; diam. base cm 61. Spezzate tre volutee le elici su due lati, un angolo dell’abaco, parte delleestremità delle foglie della prima e della seconda corona.Abrasioni diffuse, in particolare sugli ornati dell’abaco.Tracce di restauro antico sulla estremità di una fogliadella seconda corona, e su un lato dell’abaco. Le traccedi colore rosso un tempo rilevate (v. Scarfì 1985, p. 132)oggi sono scomparse.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latosud. Conservato nel giardino antistante il Museo.Elemento terminale del grande mausoleo a baldacchinorinvenuto lungo la necropoli nord-est dell’Annia(tav. XXI). Kalathos con due corone di foglie d’acanto, conlobi inferiori composti da tre fogliette e lobi mediani daquattro fogliette a sezione lievemente angolare, che formanotoccandosi zone d’ombra ogivali. Le due coroneoccupano la metà dell’altezza complessiva del capitello.Cauli inclinati verso l’esterno e conclusi da un orlo decoratoda una coroncina di sepali. Una foglia a due lobisorge dal caulicolo nascondendo la parte inferiore di elicie volute; queste sono ornate ciascuna da una foglia postadi profilo dal margine frastagliato, e concluse da un riccioloaggettante. Su ciascun lato, la foglia centrale dellaseconda corona genera un elemento di raccordo in formadi calice (“Helixmanschette”), che tocca il margine inferioredelle elici. Abaco dai lati elegantemente inflessi e conmodanature canoniche, tondino decorato da kyma ionicocon ovoli e lancette. Fiori dell’abaco a forma di pistilloscanalato con andamento a “S”, e di bottone con un forocentrale. Al centro della faccia superiore dell’abaco è ricavatoun incavo rettangolare lungo cm 9, che serviva afissare l’elemento soprastante.Bibliografia: Scarfì 1968, p. 51; Scarfì 1985, p. 132 e fig.121; Tombolani 1987, p. 341; Denti 1991, p. 174; Compostella1993, p. 125; Compostella 1996, p. 147, fig. 37, d; <strong>Tirelli</strong>1998, col. 172 s., e nota 89; Denti 2001, p. 277.16 - Capitello corinzio di colonna (tav. XX, a).N. inv. AL. 668. Calcare d’Aurisina. Alt. cm 41; I coronacm 11; II corona cm 19; alt. abaco cm 6,5; diagonaledell’abaco cm 72; diam. base cm 34. In buono stato diconservazione: spezzata una voluta; abrasioni sui lati esui fiori dell’abaco.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latosud. Conservato nel giardino antistante il Museo.Il capitello è inserito nella ricostruzione parziale del


130LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31monopteros del grande mausoleo a baldacchino rinvenutolungo la necropoli nord-est dell’Annia, cui appartiene ancheil n. cat. 15 (tav. XXI). Due corone di foglie d’acantocon lobi a tre o quattro fogliette a sezione angolare, chesi toccano senza sovrapporsi generando zone d’ombraa forma di goccia. Cauli lievemente inclinati e conclusisuperiormente da un ornamento a treccia. Dai cauli sidipartono foglie poste di profilo, che nascondono granparte dello stelo di elici e volute. Queste ultime presentaestremità aggettanti “a cavatappi”. Sopra la foglia assialedella seconda corona una palmetta, da cui sorge lostelo del fiore dell’abaco. L’abaco ha lati inflessi e modanaticon tondino e cavetto, ed è ornato al centro di ciascunlato da fiori che si articolano in un largo calice difoglie con un pistillo dall’andamento a “S”. Sulla superficiedell’abaco, in luogo dell’usuale scamillus (Pensabene1973, p. 192), compare un piano d’appoggio circolaredel diametro di cm 34, che corrisponde esattamente allalarghezza dell’architrave soprastante.Bibliografia: v. n. cat. 15.17 - Capitello corinzio di colonna (tav. XX, b).N. inv. AL. 669. Calcare d’Aurisina. Alt. cm 41; I coronacm 11; II corona cm 19; alt. abaco cm 6; diagonaledell’abaco cm 72; diam. base cm 33,5. Spezzati due angolidell’abaco con le rispettive volute, e due fiori dell’abaco.Leggere abrasioni nelle due corone d’acanto.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latosud. Conservato nel giardino antistante il Museo.Il capitello è inserito nella ricostruzione parziale delmonopteros del grande mausoleo a baldacchino rinvenutolungo la necropoli nord-est dell’Annia, cui appartengonoanche il nn. cat. 15-16 (tav. XXI). Uguale al precedente:lievi differenze nella posizione delle elici (qui tangenti),e nella resa delle palmette protezionali dello stelo delfiore dell’abaco.Bibliografia: v. n. cat. 15.18 - Capitello corinzio di colonna (tav. XX, c).N. inv. AL. 670. Calcare d’Aurisina. Alt. cm 40; I coronacm 10,5; II corona cm 20,5; alt. abaco cm 6; diagonaledell’abaco cm 72; diam. base cm 34. In buono statodi conservazione: qualche sbrecciatura nelle volute,nelle estremità delle foglie delle due corone, e nei fioridell’abaco.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latosud. Conservato nel giardino antistante il Museo.Il capitello è inserito nella ricostruzione parziale delmonopteros del grande mausoleo a baldacchino rinvenutolungo la necropoli nord-est dell’Annia, cui appartengonoanche il nn. cat. 15-17 (tav. XXI). Analogo ai due precedenti:se ne differenzia per il coronamento dei caulicoli,che presenta sepali in luogo dell’ornamento treccia, e peri fiori dell’abaco a forma di bottone.Bibliografia: v. n. cat. 15.19 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 3859. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 18,5; largh. massima cm 15. Parte del fiore dell’abaco;estremità delle fogliette spezzate.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latonord. Conservato nel magazzino III.Il frammento faceva parte di un capitello analogo aln. cat. 15.Bibliografia: inedito.20 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 3856. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 14,5; largh. massima cm 23,5. Parte centrale del fioredell’abaco.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latonord. Conservato nel magazzino II.Frammento analogo al n. cat. 19: faceva parte di uncapitello molto simile anche nelle dimensioni al n. cat.15.Bibliografia: inedito.21 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 774. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm13; largh. massima cm 9. Fiore dell’abaco con lato dellacorolla danneggiato.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino II.Fiore dell’abaco identico per tipo e dimensioni a quellidei capitelli nn. cat. 16-18.Bibliografia: inedito.22 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 14594. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 40; largh. massima cm 18. Rimangono il fiore dell’abaco,un breve segmento del lato dell’abaco e l’elice destra.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.Il frammento faceva parte di un capitello molto simileper dimensioni e ornato al n. cat. 16.Bibliografia: inedito.23 - Frammento di capitello corinzio (tav. XXII, a).N. inv. AL. 30927. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 22; largh. massima cm 16,5. Si conserva parte di un’elice,il fiore dell’abaco e una breve porzione dell’abaco.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia. Conservatonel magazzino III.Fiore dell’abaco con pistillo centrale contornato dapetali separati da sottili zone d’ombra; elici unite da untrattino.Bibliografia: inedito.24 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 450. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm7; largh. massima cm 9. Rimane il fiore dell’abaco, privodella parte inferiore.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latosud. Conservato nel magazzino II.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>131Simile al precedente ma più elaborato nella formadel pistillo ornato da piccoli fori di trapano e da tre sottilifoglioline.Bibliografia: inedito.25 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 3837. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 9,5; largh. massima cm 5,5. Rimane parte del fioredi abaco, con petali frammentari.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latonord. Conservato nel magazzino II.Fiore dell’abaco con bottone centrale e sei petali, inseritoin una corolla di fogliette quadrilobate.Bibliografia: inedito.26 - Frammento di capitello corinzio (tav. XXII, b).N. inv. AL. 759. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm20; largh. massima cm 17. Si conserva un angolo dell’abacocon parte della sottostante voluta e della foglia di sostegno.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino II.Per dimensioni, profilo dell’abaco, forma delle volutee resa dell’acanto va accostato ai capitelli nn. cat. 16-18.Bibliografia: inedito.27 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 814. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm36; largh. massima cm 15. Rimane parte di un angolodell’abaco, della voluta sottostante e della foglia di sostegno.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino II.Frammento di un capitello molto simile al precedente.Bibliografia: inedito.28 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 34683. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 23; largh. massima cm 14. Rimangono parte dell’abaco,dal lato fortemente abraso, delle elici, la parte superioredella palmetta centrale, e l’orlo di un caule.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.La decorazione dell’orlo del caule a sepali, la palmettacentrale e la forma delle elici e della foglia di sostegnorichiamano quelli dei capitelli nn. cat. 16-18.Bibliografia: inedito.29 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 34604. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 30; largh. massima cm 14. Rimangono la parte inferioredel lato dell’abaco e una voluta con foglia di sostegno.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.Frammento di un capitello di dimensioni maggioridella media, con volute che si sovrappongono al margineinferiore dei lati dell’abaco; lo stile dell’acanto si allinea aquello della produzione altinate di età giulio-claudia.Bibliografia: inedito.30 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 3838. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm28; largh. massima cm 18. Si conserva un angolo dell’abacocon le sottostanti volute e parte delle foglie di sostegno.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latonord. Conservato nel magazzino II.Frammento confrontabile ai precedenti, con voluteche si sovrappongono al margine inferiore dei latidell’abaco. Le foglie d’acanto dai lobi incavati, con fogliettedalle estremità arrotondate e a sezione concava,indicano una datazione in età giulio-claudia.Bibliografia: inedito.31 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 3702. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm20; largh. massima cm 15. Rimane un angolo dell’abacocon i riccioli delle corrispondenti volute.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latonord. Conservato nel magazzino II.Analogo al precedente, ma con volute tangenti al bordoinferiore dell’abaco.Bibliografia: inedito.32 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 389. Calcare d’Aurisina. Alt. tot. massimacm 11; largh. massima cm 10. Rimane un angolo dell’abacocon i riccioli delle corrispondenti volute; superficieabrasa in più punti.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latosud. Conservato nel magazzino II.Analogo al n. cat. 31.Bibliografia: inedito.33 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 12738. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 19; largh. massima cm 15. Si conserva un angolodell’abaco con parte delle volute e delle foglia d’acantosottostanti.Proviene dall’area delle necropoli sud-ovest dell’Annia,scavi J. Marcello. Conservato nel magazzino III.Frammento di un capitello con volute che si sovrappongonoall’abaco, come nei nn. cat. 29 e 30: qui però illato dell’abaco è più basso, e sproporzionato rispetto alledimensioni delle volute.Bibliografia: inedito.34 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 12737. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 12; largh. massima cm 10,5. Rimane un angolodell’abaco con parte delle volute sottostanti.


132LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31Proviene dall’area della necropoli sud-ovest dell’Annia,scavi J. Marcello. Conservato nel magazzino III.Frammento di capitello analogo ai nn. cat. 31e 32.Bibliografia: inedito.35 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 12736. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 20; largh. massima cm 14,5. Rimane un angolodell’abaco con parte delle volute sottostanti.Proviene dall’area delle necropoli sud-ovest dell’Annia,scavi J. Marcello. Conservato nel magazzino III.Framento di capitello analogo ai nn. cat. 31, 32, 34.Bibliografia: inedito.36 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 530. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm7; largh. massima cm 15. Si conserva parte dell’abaco contracce della voluta sottostante.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia. Conservatonel magazzino II.Frammento molto esiguo: a giudicare dalle modanaturedell’abaco probabilmente riferibile ad un capitello ditipo analogo ai nn. cat. 31, 32, 34, 35.Bibliografia: inedito.37 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 779. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm10; largh. massima cm 15. Si conserva il ricciolo di unelice con parte della foglia di sostegno.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.La forma del ricciolo dell’elice, e il tipo di acanto, afogliette un poco appuntite e a sezione lievemente triangolare,richiama i capitelli nn. cat. 16-18.Bibliografia: inedito.38 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 396. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm10; largh. massima cm 11. Rimangono il ricciolo di un’elicee un lobo della foglia di sostegno sottostante.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latosud. Conservato nel magazzino II.Elice di forma simile a quella del precedente, maacanto con fogliette dalle estremità arrotondate e a sezioneconcava.Bibliografia: inedito.39 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 523. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm12; largh. massima cm 14. Rimangono il ricciolo di un’elicee un lobo della foglia di sostegno sottostante.Proviene dalla necropoli nord-est dell’Annia, latosud. Conservato nel magazzino II.Identico al precedente.Bibliografia: inedito.40 - Frammento di capitello corinzio.N. inv. AL. 784. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm11; largh. massima cm 12. Si conservano il ricciolo diun’elice tracce della foglia di sostegno sottostante.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino II.Frammento poco leggibile, con un’elice di tipo similea quella dei frammenti nn. cat. 37-39.Bibliografia: inedito.41 - Frammento di capitello corinzio di colonna (tav. XXII, c).N. inv. AL. 14596. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 36; largh. massima cm 28; alt. I corona cm 14; alt. IIcorona cm 22. Rimangono una porzione del sommoscapoe del collarino, una foglia della I e una della II corona.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.Il capitello è scolpito in un blocco unico con il sommoscapodi un fusto scanalato concluso da un tondinoaggettante. Le foglie superstiti delle due corone presentanouna costolatura rigida con nervature separate da sottilisolchi verticali, lobi da tre/cinque lobi molto appiattitisulla superficie del kalathos, fogliette a sezione leggermenteconcava ed estremità arrotondate, zone d’ombradi forma stretta e allungata.Bibliografia: inedito.42 - Capitello corinzio di colonna (tav. XXII, e).N. inv. AL. 3739. Calcare d’Aurisina. Alt. totale cm44; alt. dal collarino cm 35; alt. I corona cm 11; alt. II coronacm 20; alt. abaco cm 4; diam. base cm 27. Spezzatii lati dell’abaco, tutte le volute, e parte delle punte dellefoglie. Il capitello è incompiuto: su un lato non sonofinite le elici, su tutti e quattro i lati i caulicoli e il calicettocentrale sono rimasti allo stato di bozza. La mancanzadell’ultima rifinitura si nota anche nelle due coronedi foglie, dalla costolatura centrale e le zone d’ombraappena delineate. La resa imprecisa e asimmetrica delleelici, evidente nel lato presentato in fotografia, è forse ilmotivo per cui la lavorazione del manufatto non è stataportata a termine.Proviene da un recinto della necropoli nord-estdell’Annia, lato nord: ma la pertinenza al contesto è dubbia(v. bibliografia). Conservato nel magazzino III.Scolpito come il precedente in un blocco unico con ilsommoscapo del fusto scanalato. Foglie d’acanto dai lobimolto espansi e appiattiti sulla superficie del kalathos,molto simili a quelle del n. cat. 41, per quanto l’assenzadell’ultima rifinitura li renda ancora meno naturalistici.I caulicoli sono tozzi e leggermente inclinati; l’elementodi protezione del fiore dell’abaco va identificato forsecon una palmetta. Esemplare analogo al precedente n.cat. 41, ma di dimensioni minori.Bibliografia: <strong>Tirelli</strong> 2008, n. 84, p. 66.43 - Frammento di capitello corinzio (?) (tav. XXII, d).N. inv. AL. 49642. Calcare d’Aurisina. Alt. massimacm 12, largh. massima cm 10,5. Rimane parte di una fogliad’acanto.


2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>133Proviene dall’US 1222 dello scavo del santuario inlocalità Fornace (v. bibl. supra, nota 18). Si conserva neimagazzini del Museo.Unico frammento di acanto proveniente dagli scavidel santuario tratto in luce in località Fornace: la sua pertinenzaad un capitello corinzio è ovviamente dubbia.Lobo d’acanto con fogliette che formano zone d’ombrastrette ed allungate, simili a quelle dei due esemplariprecedenti nn. cat. 41, 42.Bibliografia: inedito.44 - Capitello corinzio di colonna (tav. XXIII, a).N. inv. AL. 2. Marmo. Alt. massima cm 51; alt. massimaI cm 16; alt. massima II corona cm 30. Si conservaparzialmente intatta solo la parte con le foglie della secondacorona e i caulicoli: quasi del tutto perduta la primacorona e tutta la zona di elici e volute.Provenienza ignota: probabilmente dalla località Fornasotti,che si estende in prevalenza sull’area urbana.Conservato nella sala I.Capitello con due corone di acanto dai lobi ad imbuto,fogliette dall’estremità arrotondate, zone d’ombra trai lobi a forma di goccia molto allungata, e poste quasiverticalmente; costolatura centrale marcata da due canalidi trapano, cauli obliqui con scanalature tortili, e orloarticolato in sepali. Lo stelo del fiore dell’abaco sorge dauna palmetta.Esemplare di qualità superiore alla media dei capitellialtinati, caratterizzato da un apparato vegetale cheaggetta decisamente dal piano del kalathos, con forti effettichiaroscurali.Bibliografia: inedito.45 - Capitello corinzio di semicolonna (tav. XXIII, b).N. inv. GR 87. Marmo. Alt. massima cm 24, alt. I coronacm 9, alt. II corona cm 18, diam. base cm 26. Il pezzo,destinato ad una semicolonna, è lavorato in due parti, enella zona posteriore presenta un incasso con tracce dipiombo. Spezzata la maggior parte delle punte delle fogliedi entrambe le corone. Manca circa metà del bloccosuperiore: delle elici si conserva il bordo inferiore.Provenienza ignota. Conservato nella villa CanossaReali a Dosson di Casier (Treviso).Due corone di foglie d’acanto di un tipo molto similea quello del capitello precedente, con lobi a imbutoarticolati in fogliette concave separate da solchi sottili,e zone d’ombra strette e allungate. Cauli decorati da foglietteconcave e orlo a petali, da cui si dipartono due foglied’acanto poste di profilo. Lo stelo del fiore dell’abacosorge da un calicetto centrale seminascosto dalla estremitàdella foglia assiale della seconda corona.Bibliografia: inedito.46 - Capitello (corinzio?) di colonna.N. inv. AL. 20182. Calcare. Alt. massima cm 37. Esemplareridotto allo stato di bozza informe, reso del tuttoilleggibile a causa forse di una prolungata esposizioneagli agenti atmosferici.Provenienza ignota. Conservato nei magazzini (box8).Intuibile la sagoma del kalathos, con tracce dell’apparatodecorativo così vaghe che non è possibile identificarela tipologia.Bibliografia: inedito.47 - Capitello corinzio asiatico di colonna (tav. XXIII, c).N. inv. AL. 6. Marmo. Alt. cm 34; alt. I corona cm13; alt. II corona cm 19; diam. di base cm 21. Esemplarericomposto da due frammenti, con apparato decorativomolto rovinato: estese scheggiature e abrasioni su tuttala superficie, in particolare sulle foglie della seconda corona,sulla zona di elici e volute, sui lati dell’abaco.Proviene dalla località Fornasotti, che si estende inprevalenza sull’area urbana. Conservato nella sala I.Due corone di foglie di acanto spinoso con foglietteappuntite e a sezione angolare: nella prima corona le foglietteesterne dei lobi mediani si toccano, nella secondale foglie sono distanziate e separate da sagome di sfondodi forma trapezoidale. Cauli poco rilevati e a sezionetriangolare, elici rese con un nastro che si avvolge a spiraleintorno ad un occhio marcato da un foro di trapano.Bibliografia: inedito.48 - Frammento di capitello corinzio asiatico di colonna (tav.XXIV, a).N. inv. AL. 34568. Marmo. Alt. massima cm 24; largh.massima cm 44. Si conservano su due lati opposti uncalice e parte delle elici; perdute tutte le volute e granparte dei lati dell’abaco.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.I pochi resti dei calici da cui sorgono elici e volutemostrano fogliette dall’estremità aguzza e a sezione angolare.Elici e volute ridotte ad un nastro appiattito eschiacciato sull’orlo del kalathos.Bibliografia: inedito.49 - Capitello corinzio asiatico di colonna (tav. XXIV, b).N. inv. AL. 34569. Marmo. Alt. massima cm 25; alt.abaco cm 7; largh. abaco cm 42. Conservata solo un lato,con una parte delle foglie della prima corona, la secondacorona, e la zona di elici e volute e l’abaco, che ha il fiorespezzato. Scheggiate le punte delle foglie della primacorona, abrasioni diffuse sui lati dell’abaco.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.Foglie d’acanto spinoso con fogliette dalle estremitàaguzze e sezione angolare. Le foglie della prima coronasi toccano formando sagome di sfondo triangolari.Le estremità delle foglie della seconda corona giungonosin quasi all’orlo del kalathos, concluso da un alto listello.Scomparsi i cauli e le elici; le volute, ridotte ad un nastroappiattito, sorgono da dietro la foglia assiale dellaseconda corona, e intersecano il bordo inferiore dell’aba-


134LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31co. Quest’ultimo aggetta notevolmente rispetto al kalathos,e ha lati articolati con un cavetto e un listello moltosemplificati.Bibliografia: inedito.50 - Frammento di capitello corinzio asiatico.N. inv. AL. 34760. Marmo. Alt. massima cm 15; largh.massima cm 8,5. Angolo di abaco con lati scheggiati: siconserva solo parte della voluta sottostante.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.La voluta superstite, ridotta ad un nastro appiattito eatrofizzato, è simile a quella dell’esemplare n. cat. 49.Bibliografia: inedito.51 - Capitello corinzieggiante di colonna (tav. XXIV, c).Senza n. inv. Calcare d’Aurisina. Alt. cm 57; alt. coronacm 20; alt. abaco cm 8; diam. base cm 51. Esemplarein buono stato di conservazione: spezzate le estremitàdelle volute, lievi abrasioni diffuse soprattutto sullefoglie della corona.Provenienza ignota. Riutilizzato nel portico della villaCanossa Reali a Dosson di Casier (Treviso).La base del kalathos è avvolta da due corone di otto foglied’acanto ciascuna disposte su due piani, che occupanocirca un terzo dell’altezza complessiva. Le foglie sonoarticolate in un lobo centrale e due laterali ad andamentoinnaturalmente verticale, percorsi da un solco assiale, ecomposti da fogliette aguzze a sezione angolare che formanotoccandosi una successione di tre o quattro zoned’ombra triangolari: identico trattamento geometrizzantedell’acanto si trova nelle foglie del pulvino del capitelloionico n. cat. 5. Dietro le foglie sorgono su ciascun latodue volute con stelo scanalato e ornato da calici posti diprofilo. Le coppie di volute convergono verso gli angolidell’abaco. La zona centrale di ogni lato è occupata dauna complessa combinazione di elementi vegetali: allabase un calice si apre in due racemi laterali che passanodietro le volute, desinenti in una semipalmetta che decoralo spazio compreso tra le due volute angolari. Dalcalice si genera un robusto stelo del fiore dell’abaco chepresenta un elemento centrale ricoperto da brattee, e dueracemi simmetrici, ritmati da calici, che disegnando unsemicerchio si incurvano per il peso di fiori quadripetali,mentre un’infiorescenza più piccola si insinua nel triangolodi risulta tra i racemi e le volute. Lo stelo sostieneun fiore a tre sepali che sboccia poco sotto l’orlo del kalathos,e si sviluppa in un calice ornato da un grosso pistilloa forma di pigna. Lati dell’abaco modanati con cavettoliscio e tondino con kyma ionico.Bibliografia: Valentinis 1893, p. 36, tav. X, 1; Gans 1992,n. 4, pp. 10, 12 s., fig. 3.52 - Capitello corinzieggiante di pilastrino (tav. XXV, a).N. inv. AL. 34622. Marmo. Alt. cm 21; lato base cm17; alt. abaco cm 4; lato abaco cm 27. Stato di conservazionediscreto: mancano due volute, e si notano lievischeggiature diffuse, soprattutto lungo la base. La parteposteriore è lavorata a gradina. Il piano di posa reca unforo di forma irregolare, e sopra l’abaco compare un foromolto largo e profondo.Provenienza ignota. Conservato nel magazzino III.Capitello a base quadrata con tre lati che recano lostesso schema decorativo: foglie d’acanto dai lobi conmargine frastagliato coprono gli angoli sotto le volute;al centro uno stelo sorgente da un calice si apre in unagemma schiusa, sotto al quale sorgono due volute neltipico motivo “a doppia S” che si sovrappongono appenaal margine inferiore dell’abaco. Tra l’orlo del kalathose l’abaco si sviluppa un’alta fascia, occupata ai lati dainastri delle volute. Sull’abaco, modanato con un alto cavetto,un fiore privo di collegamento con il motivo sottostante.Bibliografia: inedito.53 - Frammento di capitello corinzieggiante di pilastro (tav.XXV, b).N. inv. AL. 3. Calcare d’Aurisina. Alt. massima cm25; largh. massima cm 30; alt. abaco cm 6,5. Rimane laparte superiore di un lato, fortemente scheggiata nellevolute e nell’abaco.Provenienza incerta: probabilmente dalla località Fornasotti,che si estende prevalentemente sull’area urbana.Conservato nella sala I.Nonostante la lieve curvatura del kalathos, il frammentofaceva parte di un capitello di pilastro, in quantorientra in una tipologia (cd. “Hüllkelchvolutenkapitelle”:Gans 1992, p. 71 ss.) rappresentata unicamente daesemplari a base quadrangolare. Da un piccolo calicedischiuso sorge uno stelo del fiore dell’abaco, a cui sisaldano tramite un anello due volute acantacee che nasconoda due calici simmetrici (uno conservato; dell’altrotracce). Abaco modanato con tondino e cavetto, fiorecon petali percorsi da un solco sottile, e bottone centrale.Bibliografia: inedito.54 - Frammento di capitello corinzieggiante (tav. XXV, c).N. inv. AL. 8. Marmo. Alt. massima cm 17; lungh.massima cm 40, alt. abaco cm 11. Rimane parte dell’abaco,con una foglia sottostante. Abrasa gran parte del kymaionico sul tondino.Proviene dalla località Fornasotti, che si estende inprevalenza sull’area urbana. Conservato nella sala I.Abaco con tondino decorato da kyma ionico e cavettocon baccellatura, cui si sovrappone una foglia d’acantodal margine frastagliato. Sulla superficie dell’abaco i restidi uno scamillus (Pensabene 1973, p. 192) segnano lazona portante del capitello.Bibliografia: inedito.


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TAV. XIV [RdA 31, 2007]SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>a)b) c)d)a) n. cat. 1; b) n. cat. 2; c) n. cat. 3; d) n. cat. 4.


SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>[RdA 31, 2007] TAV. XVa)(bc)d)a) Burio (Udine), Villa Florio, capitello ionico-italico; b) Venezia, Museoarcheologico, capitello ionico-italico; c) n. cat. 5; d) n. cat. 5.


TAV. XVI [RdA 31, 2007]SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>a) b)c) d)a) n. cat. 6; b) n. cat. 6; c) n. cat. 7; d) n. cat. 7.


SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>[RdA 31, 2007] TAV. XVIIa)b)c) d)a) n. cat. 8; b) n. cat. 9; c) n. cat. 10; d) n. cat. 11.


TAV. XVIII [RdA 31, 2007]SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>a)b)c)a) n. cat. 12; b) n. cat. 13; c) Venezia, Museo Archeologico, capitello corinzio.


SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>[RdA 31, 2007] TAV. XIXa)b)a) n. cat. 14; b) n. cat. 15.


TAV. XX [RdA 31, 2007]SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>a)b)c)a) n. cat. 16; b) n. cat. 17; c) n. cat 18.


SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>[RdA 31, 2007] TAV. XXIRicostruzione del mausoleo a baldacchino della necropoli nord-orientaledella via Annia, scala 1:50 (disegno di Elena De Poli).


TAV. XXII [RdA 31, 2007]SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>a) b)c) d)e)a) n. cat. 23; b) n. cat. 26; c) n. cat. 41;d) n. cat. 43; e) n. cat. 42.


SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>[RdA 31, 2007] TAV. XXIIIa)b)c)a) n. cat. 44; b) n. cat. 45; c) n. cat. 47.


TAV. XXIV [RdA 31, 2007]SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>a)b)c)a) n. cat. 48; b) n. cat. 49; c) n. cat. 51.


SPERTI, TIRELLI - I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>[RdA 31, 2007] TAV. XXVa)b)c)a) n. cat. 52; b) n. cat. 53; c) n. cat. 54.

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