116LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31in Cisalpina appare diffusa quasi esclusivamente inuna ristretta area della Venetia, e trova confronti inAltino stessa nel cd. mausoleo Marcello, ad Opitergium,Aquileia e forse Trieste 118 .Risulta chiaro anche da questa sommaria descrizioneche il contesto si presenta assai articolato, ilche implica l’analisi di una serie di aspetti architettonicie scultorei complessi che andrebbero affrontatiin toto: e ciò, com’è ovvio, non è possibilein questa sede. Prendo le mosse pertanto dal puntofondamentale su cui le opinioni degli studiosidiscordano, vale a dire la cronologia: alcuni hannoavanzato, sulla base dello stile dei capitelli, una datazionenella piena età augustea 119 ; altri propongonouna collocazione anteriore, che poggia sostanzialmentesulla presunta datazione dei due ritrattisuperstiti nell’epoca del secondo triumvirato o neglianni 40-20 a.C. 120 . Una datazione del monumentobasata sulle statue-ritratto mi pare assai problematica,se non altro perché nulla vieta di pensareche siano state utilizzate immagini eseguite in epocaprecedente. La trabeazione, e in particolare ilfregio, presenta aspetti interessanti, e sembra costituire nel panorama della decorazione architettonicanord-italica un caso a sé: su questo punto tuttaviaintendo ritornare in altra sede.Per quanto riguarda i capitelli, mi pare che unadatazione anteriore alla tarda età augustea sia difficilmentesostenibile: le foglie d’acanto con lobi dallefogliette esterne un poco sovrapposte, le zoned’ombra a forma di goccia marcate inferiormenteda un bordo appena rilevato, la costolatura centraleresa con senso plastico sono caratteristiche cherichiamano il tipo di acanto creato per le grandiiniziative monumentali urbane della media età augustea,e presto diffuso nell’architettura della Cisalpinaorientale (v. supra, n. cat. 14). Il termine diconfronto immediato per i capitelli del monumentoaltinate sono i già citati esemplari del tempio diRoma e Augusto a Pola, saldamente datati nel primoquindicennio del I sec. d.C. Come da tempo riconosciuto,essi mostrano una certa varietà sia nellaqualità di esecuzione che nella tipologia dell’acanto121 : alcuni presentano forme più morbide, lobimaggiormente incavati e fogliette più arrotondate122 , in altri le foglie sono più rigide, e rese conminore sensibilità naturalistica 123 . I capitelli nn. cat.15-18 vanno avvicinati piuttosto a questi ultimi, etrovano qualche altro confronto negli esemplari diminore qualità del cd. tempio orientale nella stessaPola, probabilmente coevi o di un decennio posteriori124 , in quelli più coloristici (e forse un pocopiù tardi) dell’Arco dei Sergi 125 , e al di fuori dellaX regio in sporadici esemplari nord-italici, come unpaio di pezzi privi di contesto al Museo Archeologicodi Milano 126 .Il capitello n. cat. 15, utilizzato come elementoterminale del monumento, si differenzia dai treesemplari di minori dimensioni del monopteros perun più accentuato gusto decorativo. Il kyma ionicoche orna il tondino dell’abaco (di norma accompagnatoda una baccellatura sul sottostante cavetto,qui liscio) rappresenta una delle soluzioni più frequentinei capitelli di età augustea e giulio-claudia,soprattutto di ambito provinciale 127 ; la fogliaprotezionale che copre il margine superiore di elicie volute, che fa la sua comparsa per la prima voltanell’architettura monumentale urbana dell’epoca118Sul tipo, talora detto “a baldacchino”, v. da ultimo Cavalieri Manasse 1990, p. 34 e nota 84; von Hesberg 1994, p. 159 ss.,con precedente bibl. Per il grande mausoleo altinate v. Marcello 1956, p. 36 ss.; Scarfì 1985, p. 147; Compostella 1993, p.132; Compostella 1996, p. 155 ss.; <strong>Tirelli</strong> 1998, col. 144 s., fig. 4. Ad Aquileia, il monumento dei Curii (Cavalieri Manasse1978, p. 83 ss., con precedente bibl.). Una cornice circolare ad Oderzo va riferita ad un monumento analogo: v. <strong>Tirelli</strong> 1997,p. 170 e fig. 2. Per Trieste v. gli elementi architettonici rinvenuti presso S. Giusto, in Verzár-Bass 1997, p. 125 s. Ad un monumentoanalogo in Emilia Romagna, senza confronti nella regione, rimanda forse una cornice curva al Museo Civico di Rimini:v. Ortalli 1997, p. 369 s.119Scarfì 1985, p. 132 ss. e nota 54 p. 157; <strong>Tirelli</strong> 1998, col. 173 e nota 89.120Denti 1991, p. 174; Compostella 1996, p. 150 s.121Heilmeyer 1970, p. 115 s.; Cavalieri Manasse 1978, pp. 177, 179 e nota 68; Fischer 1996, p. 81 ss.122Fischer 1996, p. 82 e tav. 17, a.123Fischer 1996, p. 82 e tav. 18, a.124V. supra, nota 114.125La datazione dell’arco nel 25-10 a.C. dedotta in base all’iscrizione contrasta con lo stile della decorazione architettonica ein particolare dei capitelli, posti tradizionalmente in età tiberiana (Heilmeyer 1970, p. 116 s.; Cavalieri Manasse 1978, p. 183ss.); per una cronologia leggermente anteriore v. Fischer 1996, p. 61 s.126Nibbi 2000, p. 187, figg. 3-4.127V. supra, p. 114 e note 105-107.
2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>117del secondo triumvirato 128 , diviene dall’età augusteain poi uno dei motivi decorativi più frequentinei capitelli della Cisalpina e della Gallia Narbonense,come dimostrano, tra gli esempi così innumerevoliche non vale la pena di citare 129 , anche icapitelli dei tre templi polesi ora ricordati; il caulicolosormontato da una coroncina di sepali, cheinizia a diffondersi in età augustea, trova confrontocon una serie di capitelli dei primi decenni delI sec. a.C., tra cui quelli già ricordati dell’Arco deiSergi 130 .I tre capitelli superstiti del monopteros nn. cat.16-18 hanno dimensioni che permettono di ricostruireun’altezza approssimativa delle colonne dim 3-3.50 131 . Essi ripropongono in forma semplificatalo stesso modello del capitello terminale (latidell’abaco lisci, elici e volute nude), con qualchevariazione nella scelta dei motivi decorativi: la piùusuale palmetta al posto della “Helixmanschette”, efiori dell’abaco a forma di bottone articolato in petaliin luogo del pistillo scanalato del n. cat. 15. Ipezzi sono di fattura abbastanza curata e uniforme,anche se piccole differenze intercorrono soprattuttonella resa delle volute e delle elici, che nel n. cat.16 sono separate da un sottile ponticello, un motivotipico della tarda età augustea e tiberiana 132 .La datazione del tempio di Roma e Augusto aPola costituisce il terminus post quem per il monumentoaltinate, che può collocarsi in un momentodi poco successivo, in epoca tiberiana.All’architettura monumentale delle necropolialtinati di epoca giulio-claudia va riferita qualchedecina di frammenti più o meno significativi conservatinei magazzini del Museo (nn. cat. 19-40),nonché un gran numero di foglie d’acanto frammentarie,che non sono state prese in considerazionein quanto la pertinenza a capitelli non era accertabile.Una rapida disamina delle provenienze delmateriale non lascia dubbi sugli originari contesti:tre quarti circa dei pezzi infatti (nn. cat. 19-21, 23-25, 30-36, 38, 39) sono stati rinvenuti in diverse areenecropolari, mentre i restanti sono di provenienzaignota. Questi frammenti vanno ascritti ad unaproduzione di capitelli corinzi sorprendentementeomogenea per materiale, tipologia e stile: essi nonportano nulla di nuovo alla storia della decorazionearchitettonica altinate, ma costituiscono comunqueuna testimonianza dell’edilizia funeraria dellaprima età imperiale che non può essere trascurata.Frammenti decorati da fiori dell’abaco mostrano inalcuni casi (n. cat. 19-21) una stretta somiglianzacon quelli del capitello terminale del mausoleo, inaltri (nn. cat. 22-24, tav. XXII, a) una più genericaconsonanza con soluzioni decorative usuali nellaproduzione nord-italica di età giulio-claudia 133 . Lastessa considerazione vale per la serie di frammentiche preservano un angolo dell’abaco e della volutasottostante, talora (n. cat. 26, tav. XXII, b) assai similiai capitelli nn. cat. 15-18, più spesso databili, perla forma più morbida e arrotondata delle foglietted’acanto, nella piena epoca giulio-claudia (ad es.nn. cat. 30, 38, 39). Sarebbe ovviamente di grandeinteresse poter recuperare in questo contesto i restidei capitelli corinzi pertinenti al grande mausoleoscoperto da J. Marcello nel 1952-53, e che in seguitosono andati dispersi 134 .In questo panorama di testimonianze incerte eparziali spiccano, se non altro per lo stato di conservazione,due esemplari di mediocre qualità, l’unopiuttosto frammentario (n. cat. 41, tav. XXII, c), l’altrointegro, di dimensioni minori, e incompiuto (n.cat. 42, tav. XXII, e), che documentano la produzionepiù corrente delle officine altinati dell’età giulioclaudia.Entrambi i pezzi sono scolpiti in un blocco128V. ad es. i capitelli del tempio del Divo Giulio nel Foro Romano: Viscogliosi 1996, p. 120 e fig. 147, con precedente bibl.129In generale sul motivo v. Wegner 1961, p. 263 s.; Strong, Ward Perkins 1962, p. 14; Heilmeyer 1970, p. 38 e passim; Nibbi2000, p. 186.130Fischer 1996, tav. 10, a. Il motivo è assai diffuso anche nella Narbonensis, come dimostrano ad es. la Maison Carrée a Nîmese l’ ”Arc admirable” ad Arles (Heilmeyer 1970, p. 107 ss., tavv. 40-41) e l’arco di Orange (Amy, Duval, Formigé 1962, p.21 s., tav. 65).131La proposta è del tutto indicativa: nell’architettura romana il rapporto tra altezza del capitello e della colonna varia sensibilmente,soprattutto in età augustea (v. Jones 1989, pp. 40 s., 53 ss.); non mi risulta vi siano indagini su tali rapporti nell’architetturafuneraria più meno coeva.132Pensabene 1973, p. 209.133Il fiore dell’abaco con larga corolla che ospita un pistillo di eterogenea foggia (esemplificativo il n. cat. 23, tav. XXII, a) trovadiversi confronti in capitelli di epoca augustea e giulio-claudia: v. ad es. Scrinari 1956, n. 10, p. 20 s.; Cavalieri Manasse1978, n. 27, p. 61; n. 36, p. 68.134Bibl. supra, nota 118. La menzione dei frammenti di capitelli in Marcello 1956, p. 49 e nota 1.
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