122LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31cis 175 . Ma per altri aspetti, come le due corone difoglie da cui sorgono gli steli scanalati delle volute,si ispirano da vicino, a mio parere, ai capitelli“liberi” e corinzieggianti dell’Egitto ellenistico convolute e motivo liriforme 176 : e d’altra parte gli strettirapporti della decorazione architettonica del “Ninfeo”con l’architettura tolemaica sono ribaditi dallequattro colonne angolari decorate alla base del fustoda una corona di foglie d’acanto, secondo unoschema che trova in Alessandria i primi e più numerosiesempi 177 .Come nel caso del capitello n. cat. 51, gli esemplaridel “Ninfeo” di Nîmes uniscono una sintassisostanzialmente ellenistica a forme coeve, come lostile delle foglie d’acanto. Da questo punto di vistasia l’uno che gli altri possono essere avvicinatiad un gruppo di capitelli rinvenuti in Roma e nelLazio, tra cui in particolare un esemplare di altissimaqualità a Minturnae, che vanno ascritti probabilmentead un’officina urbana attiva nella prima etàaugustea, e che presentano una analoga mescolanzadi motivi antichizzanti e resa stilistica aggiornatadell’acanto 178 . Il tipo di acanto del capitello n.cat. 51 è identico a quello del pulvino del capitelloionico n. cat. 5 (v. supra, p. 109): anche in quest’ultimo,come s’è visto, sono presenti soluzioni decorativee motivi desunti dalla tradizione ellenistica.Entrambi i pezzi sono verosimilmente prodotti diuno stesso “atelier ellenizzante”, attivo in età augustea,e caratterizzato dal ricorso a forme colte eretrospettive riproposte in forma attualizzata. Laforma particolare dell’acanto, priva per quanto mi ènoto di confronti precisi, dimostra che si tratta probabilmentedi un atelier locale. La ripresa di modelliellenistici, d’altra parte, rientra in una tendenza benattestata nell’architettura della Venetia sin dalla finedel II sec. a.C. 179 , e non è un caso che il confrontopiù vicino per il capitello n. cat. 51 vada cercato nellaNarbonese, in una provincia cioè estremamenterecettiva verso la cultura figurativa e architettonicadell’Ellenismo orientale.Il capitello n. cat. 51 è privo di dati sulla provenienza.Con una altezza di 57 cm, si colloca tra gliesemplari di dimensioni vicine a quelle che il Gansdefinisce “monumentali”, in quanto raramente i capitellicorinzieggianti superano l’altezza di due piediromani 180 . Esso faceva parte di un edificio di unacerta importanza, probabilmente pubblico 181 .Il piccolo capitello marmoreo n. cat. 52 (tav.XXV, a) rientra nel numeroso gruppo dei capitellicon volute a “S”, una variante con precedenti in etàellenistica, e che trova largo impiego nell’architetturaromana dalla prima età imperiale sino all’epocaadrianea 182 . L’apparato decorativo dei capitelli conmotivo a doppia “S” è estremamente eterogeneosia nella resa del motivo principale, spesso vegetalizzato,che nella combinazione con elementi secondari.Il pezzo altinate presenta uno schema ornamentalemolto semplice, che trova confronto inalcuni capitelli di pilastrino di età augustea di dimensionianaloghe, come un esemplare un tempoall’Antiquarium Comunale a Roma 183 , e un gruppodi inconsueti capitelli interraso marmore di lesenaconservati in vari musei tedeschi, ma provenientida Roma 184 . A Pompei esempi simili per tipo edimensione erano utilizzati come coronamento dipiccoli pilastri decorati, riferibili a contesti pubblici,ma più spesso a case private 185 : se un uso analogoaveva anche il manufatto in questione, esso andrebbead aggiungersi alle numerose testimonianzedi arredo scultoreo di ambito domestico di Altino186 .Due frammenti completano il quadro dei capitellicorinzieggianti altinati. Nel n. cat. 53 (tav.XXV, b) le foglie interne dei calici, trasformate involute acantacee, piegano verso l’asse saldandosi176V. ad es. vari esempi corinzieggianti a Edfu e Alessandria, in Pensabene 1993, n. 257 ss., p. 371 ss., tav. 35.177Gans 1990, pp. 96, 98, tav. 23.1, con precedente bibl.; Viscogliosi 1996, p. 208 s.178Cfr. von Hesberg 1981-82, p. 62 ss.; Viscogliosi 1996, p. 209; per il capitello di Minturno v. anche Mesolella 2000, p. 84 s.179Cavalieri Manasse 1977; per la prima età imperiale v. Heilmeyer 1970, p. 43.180Gans 1992, p. 196.181Sui contesti architettonici dei capitelli corinzieggianti v. Gans 1992, p. 194 ss.182Fondamentale Gans 1992, p. 159 ss.; v. anche Ronczewski 1931, p. 95 s.; Pensabene 1973, p. 220 s.; sulla diffusione nellapenisola iberica Gutiérrez Behemerid 1983, p. 86 s., ma con vari esempi anche di ambito italico.183Gans 1992, n. 308, pp. 161, 166, fig. 92.184Gans 1992, n. 317, pp. 163, 167, figg. 90-91. Sulla tecnica ad intarsio v. ora Bonanni 1998 (p. 265, tav. 5,4 gli esemplari citati).185Gans 1992, p. 200.186Cfr. <strong>Tirelli</strong> 2001, p. 492 ss.
2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>123con un anello allo stelo del fiore dell’abaco: questoschema decorativo ricorre in un gruppo di esemplarida pilastro, databili tra l’età giulio-claudia e laprima età flavia, detti “Hüllkelchvolutenkapitelle” 187 .Il tipo è attestato con particolare frequenza nella Xregio a partire dall’età claudia: ricordo gli esemplarinon finiti della Porta dei Leoni a Verona 188 , i piccolicapitelli, sempre di età claudia, che ornano il monumentofunerario di via Mantova a Brescia 189 , eancora due esemplari di mediocre fattura ad Aquileia190 . Per la resa dell’acanto il n. cat. 53 trova confrontocon capitelli provenienti dal teatro romanodi Parma, posti entro la metà del I sec. d.C. 191 :tale datazione è indicativa anche per il pezzo altinate.Anche il frammento n. cat. 54 (tav. XXV, c) appartieneprobabilmente ad un capitello corinzieggiante,come indica la foglia acantacea a marginefrastagliato che si sovrappone al bordo inferioredell’abaco. L’abaco decorato con kyma ionico e baccellatura,frequente nei capitelli corinzi canonici 192 ,compare talvolta anche nei capitelli corinzieggianti:un anomalo esemplare di lesena ad Aquileia, databilenei primi anni del III sec. d.C. 193 , costituisceil termine di confronto più vicino sia per la decorazionedell’abaco che per la foglia che ne copre ilbordo. Considerato lo stato di conservazione delframmento, la datazione è ovviamente del tutto indicativa.Il capitello aquileiese potrebbe risultare significativoanche dal punto di vista cronologico,mentre il profilo rettangolare dei baccelli che ornanoil cavetto trova confronti con esempi urbani dietà antoniniana 194 : si può ipotizzare una datazionedi massima tra la metà del II sec. d.C. e gli inizidel successivo. Il pezzo proviene da un’area che siestende prevalentemente sull’abitato: le dimensionidel frammento lasciano supporre un esemplaredi notevoli dimensioni, certamente impiegato in unedificio pubblico.ConclusioniIl quadro generale del corpus dei capitelli altinatinella sua articolazione cronologica e nelle caratteristichetipologiche e stilistiche è pesantementecondizionato, come s’è detto in apertura, dalle vicendedegli scavi archeologici del sito, che si sonoconcentrati quasi esclusivamente sulle aree necropolari,tralasciando gran parte dell’abitato. La sproporzionetra la documentazione riferibile all’ambitofunerario rispetto all’edilizia monumentale e abitativaemerge, anche dal punto di vista statistico,dai dati sulle provenienze: dei 34 capitelli interi eframmentari di cui è nota l’area di rinvenimento,26 vanno attribuiti a monumenti sepolcrali. Un’ulteriorelimitazione – comune peraltro alla maggiorparte delle testimonianze architettoniche dei centridella Venetia – proviene dall’altissima percentualedei manufatti privi di un contesto monumentale:con l’eccezione del minuscolo e problematico frammentorinvenuto negli scavi del santuario di localitàFornace (n. cat. 43), gli unici capitelli riferibiliad un contesto architettonico sufficientemente notoed articolato sono i quattro esemplari superstiti delgrande mausoleo a baldacchino tratto in luce nel1967 lungo il lato nord-est della Via Annia (nn. cat.15-18). Va infine tenuta in conto anche la dispersionedel materiale epigrafico, scultoreo e architettonico,che dovette essere intensa già in epoca altomedioevale,e che è testimoniata dalla presenza diiscrizioni e monumenti funerari di presunta o accertataorigine altinate non soltanto nei centri circostanti– Torcello e Venezia in primis – ma anchein diversi musei italiani e esteri 195 . Per quanto riguardal’emigrazione di elementi architettonici, ilfenomeno sembra essere stato tutto sommato trascurabile.Non manca tuttavia qualche caso interessante:sarebbe importante, ad esempio, poter ricondurreal corpus altinate alcuni capitelli in calcare187Gans 1992, p. 71 ss., nn. 83-90: lista incompleta, cui sono da aggiungere almeno alcuni esemplari a Brescia e Parma (v. infra),e uno al Museo Nazionale di Napoli (Heinrich 2002, p. 79, S12).188Kähler 1935, p. 177 s., fig. 41; Gans 1992, n. 87, p. 73 s.189Cavalieri Manasse 1990, p. 42 ss., tipo 2, tav. 24,2. Sulla datazione del monumento v. ibid., p. 55 s.190Gans 1992, n. 88, p. 73 s., fig. 47; n. 90, p. 73 s.; il secondo anche in Scrinari 1952, n. 60, p. 50 s.: datati rispettivamente inetà giulio-claudia e nel terzo quarto del I sec. d.C.191Rossignani 1975, nn. 3, 4, p. 33 ss., tav. V.192Vari esempi supra, nota 106.193Scrinari 1952, n. 80 p. 60; v. anche un esemplare corinzieggiante, di qualche decennio precedente, con abaco ornato in manieraanaloga: ibid., n. 70, p. 55.194V. ad es. una cornice del tempio di Antonino e Faustina a Roma: Leon 1971, p. 275, tav. 99,4.195Per una panoramica sulle pietre erranti altinati v. Compostella 1996, p. 143 ss., e note 24-27.
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